n. 1 - aprile 2009 Dir. Resp. e Propr.: don Luigi Ferrari - Redazione c/o Parrocchia di Fontanaluccia (Mo) - Tel. 0536 964186 [email protected] Pubblicazione con approvazione ecclesiastica Stampato presso La Nuova Tipolito - Felina (RE) BOLLETTINO DEL VICARIATO XI SANTA MARIA DEI MONTI In questo numero… • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Cristo nostra Pasqua si è immolato 2 Dalla redazione 3 Un inverno di quelli di una volta 5 Adorazione eucaristica mese di maggio 8 150 anni di Croce Rossa 9 Avere un amico come Dossetti 10 I 40 anni del Coro Val Dolo 12 Franz Jagerstatter 14 Don Davide da Londra 16 La dottrina sociale della Chiesa 17 Un carnevale diverso 20 Il Ponte dei sospiri 22 Accoglienza Sahrawi 24 I miei primi “extra” 25 Sermig: la bontà è disarmante 27 Incroci di speranza. Educare 28 Auguri al vicino di casa 29 L’antica Pieve di Minozzo 30 Vi racconto qual è il mio sogno 31 Primavera… La luce del Signore Risorto faccia crescere i germi di bene presenti nelle nostre comunità Buona Pasqua! Cristo nostra Pasqua si è immolato (1Cor 5,7) N oi uomini di oggi, gente dai mille pensieri per la testa, superficiali e distratti, fermiamoci con calma sulla parola che salva, sul mistero di luci e di speranza che è la Pasqua. Se celebrare la Pasqua è solo un momento di riposo e di vacanza, un piccolo ferragosto anticipato, una scampagnata, non serve a nulla. Se celebrare la Pasqua invece significa rivivere l’opera della salvezza, operata dal Signore, allora una riflessione si impone con uno sguardo sulla nostra vita. Che significato ha la presenza del Cristo Risorto? Fare Pasqua significa accostarsi a Cristo, purificarsi dai peccati, riconciliarsi col Signore, ricevere il suo Corpo per noi immolato. A Pasqua ascolta l’invito pressante della Chiesa che è madre e ti dice: “Confessarsi e comunicarsi almeno a Pasqua”. C’è di mezzo la tua salvezza eter- O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umilità profonda. Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen. --San Francesco d’Assisi davanti il crocifisso che parla na. Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, pensate alle cose di lassù e non a quelle della terra. Rivestiti dell’uomo nuovo e pensa a quell’orizzonte celeste dove sfolgora il sole di Dio, quel sole perfetto che non ha tramonto e ci fa felici per sempre noi pellegrini verso l’eterno. Buona Pasqua Don Raimondo Zanelli Pasqua di Resurrezione (1992) Al riverbero del sole nascente un grido risuonò sulla via di Sionne: morte e vita caducità e mistero si fusero in un inno di tripudio infinito. Andreino Riotti Dalla redazione sciamo per Pasqua, è un momento di passaggio: una nuova stagione, dall’inverno alla primavera, dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, il Cristo Risorto ci accompagna e ci fa vedere le cose in maniera nuova così come ha fatto per i discepoli di Emmaus. <chiediamo al Signore Risorto uno sguardo nuovo e Benevolente per cogliere quelle cose buone, belle e vere che ha seminato Dio nella nostra terra, tra la nostra gente. Poi c’è anche se appena abbozzato il tema del sogno: potrebbe essere una rubrica costante del giornalino che montagna sogniamo? Magari un po’ visionari nel senso di guardare un po’ più là per scoprire quel futuro che già è germinalmente nella realtà che viviamo. Sentiamo questo tema perchè andremo a votare per i nuovi amministratori nei comuni di Toano, di Villa Minozzo e di Frassinoro. ci si aspetta amministratori che abbiano veramente a cuore il bene comune delle famiglie e del territorio. Ai nuovi amministratori chiediamo che siano preoccupati più del FIL (felicità interna lorda della nostra gente) che del PIL (prodotto interno lordo); viviamo una realtà di crisi economica che però deve farci scoprire quel che di vero c’è nei nostri stili di vita; allora forse dobbiamo vincere l’egoismo è cercare un stile di vita più comunitario nel senso di mettere U insieme i doni che Dio ci ha fatti.. Certo la mentalità borghese e liberale non ci aiuta, nelle caratteristiche del montanaro ci sono alcune virtù nobilitate dalla fatica e sudore; che non vanno dimenticate, quella fedeltà chiamerei rocciosa che sfida le intemperie e gli inverni rigidi: fare la spalata, quel fare la legna nel bosco, tagliarla, portarla a casa, metterla a po- Via Crucis di Gova Le tavole sono state realizzate su computer mac direttamente con un programma che si chiama painter 8. Quando mi è stato chiesto di realizzare le tavole per una via crucis ho accettato con molto interesse, non certo economico visto che il lavoro è stato eseguito a titolo completamente gratuito, bensì per la sfida di realizzare graficamente e in un modo moderno i quadri della passione di Gesù. Non nego di non essere un credente o meglio diciamo che sono un uomo molto “curioso” e da sempre interessato alla religione, sia da un punto di vista sociale che storico, ed è molto da questo punto di vista che ho disegnato i quadri. Ho pensato molto alla sofferenza, al dolore, alla via della espiazione anche fisica e molto umana che ha portato Gesù di Nazaret fino alla croce e alla sua morte. Un dolore ed una espiazione non per un suo peccato, ma per i peccati di tutta l’umanità. Questo spirito di sacrificio estremo mi ha sempre molto colpito, morire per gli altri, non per qualcuno in particolare, non per un amico o per un parente, cosa che sarebbe forse più normale, bensì per tutto genere umano. In tempi come questi di egoismo sfrenato credo che sia ancora oggi una lezione per tutti, credenti e non. Spero che questo mio pensiero emerga dai disegni, se così fosse il risultato sarebbe stato raggiunto. Mauro Moretti sto, mettere a posto sentieri e stare attenti ai corsi d’acqua. Se togliamo o non diamo valore a queste cose ci facciamo del male e non aiutiamo le nuove generazione a crescere con la spina dorsale robusta. Certo ci sono anche altri aspetti nei nostri paesi della cultura il canto, il disegno, la poesia, nel volontariato, tutte cose che ci nobilitano, speriamo di pescare sempre più quegli aspetti artistici della nostra gente che rendono la nostra vita più bella, e in un certo senso ci fanno scoprire l’anima della nostra terra delle nostre comunità. Una vera sfida per noi vicariato 11 è il fatto che sembra un puzzle non si capisce bene l’immagine che ne scaturisce mettendo insieme toanese, minozzese e alta val dolo e d’asta. Abbiamo nel mese di maggio il mandato missionario a Don Davide, è bello poter pensare che và in India anche a nome nostro, lo inviamo anche noi sapendo che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” ma coscienti che in questo senso di cooperazione di chiese e scambio di doni certamente ci arricchiremo. La ricchezza della missione sta proprio perchè il vangelo va annunciato a tutte e genti e questo animo di cattolicità ci deve aiutare a vivere anche qui con spirito missionario valorizzando ogni persona e doni che abbiamo sul nostro territorio. Abbiamo notizia di qualche iniziativa pastorale nelle parrocchie e speriamo che sempre di più si possa conoscere gli uni la vita degli altri e quel che di buono ogni comunità ha fat- to e sta programmando, poi se Dio ci dà la grazia riusciremo a programmare insieme e con più scioltezza. Don Luigi Ferrari FdC NOTA Chi volesse scrivere o fare dei commenti o criticare diamo alcuni riferimenti per ogni zona [email protected] zona di Villa Minozzo [email protected] Alta Val Dolo e Val d’Asta [email protected] zona di Toano Chi volesse mandare un fax e contattarci per telefono 0536 968146 (segreteria). La prossima uscita è prevista per il mese di giugno. TRIDUO PASQUALE E’ il culmine dell’anno liturgico E sso racchiude l’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli, la sera del Giovedì Santo, la Passione e Morte in Croce il venerdì Santo e la Risurrezione il Mattino di Pasqua. Nell’Ultima Cena Gesù si dona ai suoi nel segno del Pane e del Vino espressione del suo Amore per noi. Il Venerdì Santo vede Gesù che soffre umiliazioni, scherni, sofferenze fisiche e morali fino alla Morte di Croce che era riservata ai riufiuti della società di allora: Gli schiavi e i traditori, sempre per amore nostro. Il giorno di Pasqua vede la Risurrezione di Gesù che è la vittoria sulla morte e sul peccato, sul nostro egoismo perchè possiamo vivere una vita riconciliata con Dio e i fratelli, nell’amore. Nella Passione di Nostro Signore Gesù, ha un ruolo determinante la folla, perchè non si tratta di un rito di sangue a cui si assiste passivi, ma di un autentico e volgare linciaggio. Quanto al Venerdì Santo va affermato con forza che proprio per questo Gesù si è Incarnato. Si sarebbe incarnato comunque, ma avendo l’umanità molto peccato, l’Incarnazione non poteva non condurre a quel giorno, in quanto: “ Tu non gradisci il sangue di tori ed agnelli ma un corpo mi hai preparato”. E la Resurrezione ne è la logica conseguenza dal momento che: “ Imparò l’obbedienza dalle cose che patì e per questo è stato esaudito”. Dai teologi macchiaccini Luciano e Ugo Un inverno di quelli di una volta S u preciso incarico di don Luigi e un po’ per la mia personale inclinazione a fare il grillo parlante, mi accingo a fare qualche riflessione a commento degli avvenimenti di questi ultimi mesi. Nei giornali seri – o presunti tali – la faccenda ha un nome impegnativo e altrettanto serio: l’editoriale. Ora, siccome credo che il nostro bollettino sia, nel suo genere, molto serio, anche io non mi sottraggo all’obbligo di commentare le più recenti notizie. Non è che manchi materiale, anzi, possiamo dire che ne abbiamo viste di tutti i colori. Provo a fare una rapida e personale selezione, elencando sinteticamente quello che abbiamo letto o visto in questi mesi: - Si moltiplicano gli episodi di violenza sulle donne, con relativa caccia al Rumeno o, più in generale, al diverso/straniero. - E’ ricominciato il Grande Fratello. - Il problema sicurezza viene strumentalizzato da tutti, ma sempre al grido No a strumentalizzazioni. - Gli operai Inglesi manifestano contro i lavoratori Italiani impegnati in Inghilterra. - Luxuria ha vinto l’Isola dei famosi, da cui si deduce che è più facile vincere un reality TV che le elezioni. - La guerra irrompe nella striscia di Gaza e i bambini muoiono sotto le bombe. - Gli arbitri stanno falsando il campionato di calcio. - E’ in corso un grande dibattito, con relativi cortei contrapposti, bandiere bruciate, slogans e qualche scontro fisico. Tema: sono più condannabili i razzi di Hamas o le bombe al fosforo degli Israeliani? - Obama sbaglia la formula del giuramento. - Ben pochi riflettono sul fatto che sia i razzi, sia le bombe non producono risultati molto apprezzabili. - Si avanzano le prime ipotesi di riforma della giustizia Italiana, cominciando, chissà perché, da un giro di vite sulle intercettazioni. - Kakà rimane al Milan perché è un bravo ragazzo e non pen- sa solo ai soldi. - Si affacciano interessanti e bizzarre riflessioni sull’olocausto. La più recente parla delle camere a gas interpretandole come camere di disinfestazione. - Le frane sconvolgono la Calabria e anche il nostro Appennino. - A Milano cadono 12,03 cm. di neve. E’ il caos e viene invocato l’intervento della protezione civile. Bortolaso porta il sale. - I semafori delle multe erano truccati - La vita e la morte delle persone sono importanti quando spostano voti o possono diventare strumento di lotta politica. - Mourinho è più bravo con i giocatori o con i giornalisti? - Si apre un grande dibattito: che fare dei pericolosi cani randagi del Ragusano? Qualcuno propone l’adozione da parte di alcune famiglie. Prego, si accomodi. - Le squadre di calcio Inglesi eliminano quelle Italiane: forse perché i loro giocatori parlano ( e guadagnano) di meno e corrono di più. Come avete visto, ho mescolato, alla rinfusa, alcune delle notizie che hanno occupato giornali e TV in questi ultimi mesi. Non ho fatto classifiche o graduatorie per importanza. Certo, se ci togliessimo lo sfizio di valutare e misurare lo spazio ad esse dedicato dai media, potremmo fare delle scoperte assolutamente sconvolgenti. Sullo sfondo, però, rimane la vera grande notizia che tutti coinvolge e tocca: la crisi economica è in atto e non occorreranno mesi per superarla ma, nella migliore delle ipotesi, qualche anno. Detto in parole più semplici e chiare, dobbiamo abituarci all’idea che potremmo diventare più poveri. Confesso che, di fronte a questo panorama per certi versi desolante, mi sono cadute le braccia e ho pensato di lasciar perdere. Poi ci ho ripensato e ho trovato una chiave di lettura che mi facesse ritrovare un minimo di ottimismo e di speranza: mi sono buttato sulla meteorologia. Mi spiego: tutti noi che abbiamo la fortuna di vivere quassù siamo stati messi alla prova, in questi mesi, da un inverno freddo e nevoso come da anni non si vedeva. Da Novembre a Febbraio, praticamente ogni giorno, una spruzzatina di neve, poi una bella gelata, poi ancora neve, un po’ di vento e di umidità per compattarla bene, e avanti così. Basta incontrare qualche persona anziana e l’argomento del colloquio è scontato: questo è proprio un inverno di quelli di una volta. E giù considerazioni sulle stagioni che una volta erano precise e decise, sull’inLa neve verno che deve essere freddo e nevoso se poi si vuole una La neve soffice come piume. primavera tiepida e un’estate La neve che stupisce come il calda. trucco di un mago. Ecco, è stato proprio durante una chiacchierata con un anLa neve ti avvolge in uno ziano che ho avuto la folgospettacolo bianco, la neve fredda, che si scioglie in razione: certo, l’inverno è di quelli di una volta, siamo noi una mano. che non siamo più gli stessi. La neve candida, è bianchissima! Chiarisco meglio: cinquanta/sessanta anni fa l’inverno La neve è un incanto! più che una stagione era una Barbara Conforti, 8 anni pausa. Era il tempo del ripo27 dicembre 2008 so, della tregua nel lavoro nei campi, delle lunghe serate al caldo buono delle stalle, delle famiglie riunite, dei bambini con le guance rosse e la candela al naso, dei nonni con la pipa davanti al camino a raccontar favole. Non voglio diventare banale e malinconico, però, davvero l’inverno di allora era una stagione che non aveva fretta e non aveva bisogni, era un momento in cui, espletate le faccende nella stalla e spalata la neve, ci si poteva concedere alle cose forse più importanti e vere della vita: la famiglia, gli amici, parlare con i bambini e vederli crescere, leggere, coltivare passioni o inclinazioni. Ahimè, il nostro inverno non è più così. Noi siamo costretti a viverlo come fosse un’estate, sempre di corsa, fra il nostro lavoro e i nostri bisogni, più o meno indotti. La neve e la cattiva stagione diventano un ostacolo, un impedimento alla mobilità, alla fretta, alle tante cose che abbiamo in scaletta nella giornata. Una volta, quando nevicava, si girava gallone o si metteva un ciocco nel camino, oggi si è costretti a mettere la sveglia mezz’ora prima per spalare la neve e tirare fuori la macchina dal garage. E poi cominciano giornate piene di rabbia: di solito si parte con alcune maledizioni alla neve ammucchiata dai trattori del comune nella stradina d’accesso a casa nostra, si continua stramaledicendo il sindaco o l’assessore competente che non ha salato a sufficienza una curva pericolosa, si prosegue la bottiglia mezza piena. Nes- pagni di viaggio, in grado di sacramentando con i giornali suno di noi, e nemmeno io, dare una mano se necessario, che arrivano con ore di ritardo, pensa che i nostri nonni stes- la capacità di dare il giusto per concludere con attacchi di sero meglio di noi e avessero peso e significato alle cose di fegato per gli appuntamenti una vita più facile. Anzi, loro ogni giorno, la saggezza di che saltano perché qualcuno hanno davvero provato la fame stabilire le priorità e accontenha paura delle strade gelate. vera. Però, nei ricordi dei vec- tarsi del possibile senza rincorNon ho bisogno di dilungarmi chi, viene fuori una serenità di rere sogni disperati. Ecco, tutti oltre. Tutti noi abbiamo messo comportamento, una fiducia atteggiamenti che sembrano a dura prova fegato e bile per nel futuro, una visione pacata fare a pugni con la sfrenata qualche centimetro di neve in anche di fronte a grandi diffi- corsa della nostra moderna sopiù e qualche minuto da recu- coltà che a noi manca per qual- cietà dove tutti sembrano voler perare nell’agenda degli impe- che centimetro di neve in più. tutto, dove si inseguono sogni gni quotidiani. Mi verrebbe da dire che loro esagerati, dove il mito volere è E qui torno al punto, cioè alla sapevano vivere meglio ma potere risuona in ogni messagnotizia da commentare riguar- questa è una banalità. Allora gio della politica e dei media, do la crisi economica. provo a fare qualche ulteriore dove la pubblicità non informa Intendo dire che, probabilmen- precisazione: il diffuso sen- ma indirizza e obbliga, dove te, il fatto di diventare più po- timento religioso e la fiducia i modelli di comportamento veri ci obbligherà a fare delle nella Provvidenza, la conside- sembrano sempre essere soscelte. Saremo costretti a valu- razione degli altri come com- vradimensionati o irraggiuntare l’importanza delle gibili. cose e dei nostri com- L’inverno incantato Eppure, non credo sia portamenti. difficile, oggi, viveNon voglio essere frainre bene con noi stessi Ho visto l’inverno. teso: non sono contento come vivevano i nostri che la nostra economia nonni. Basterebbe usaE’ luccicante regredisca e ci si offrare la testa e stabilire le no meno possibilità di come la brina nell’erba. priorità. Per fortuna, lavoro e occupazione. abbiamo molte cose in E’ magico Intendo dire, però che, più di loro, non ultima negli ultimi anni, ave- come il bruco che diventa farfalla. la possibilità di essere vamo forse sacrificato informati e capire meImpreziosisce troppo della nostra vita glio gli avvenimenti. ad una frenetica rin- ghiacciando gli aghi dei pini. Senza arrabbiarci tropcorsa di bisogni che, po e avendo l’accortezspesso, non erano nep- Pacifica za di chiedere aiuto a pure nostri ma indotti e con la neve delicata il mondo di silenzio. chi ci è vicino. Non doforzati, semplicemente vrebbe essere poi così per seguire il ritmo del Quando credi che parli difficile. progresso e dei consu- è solo il rumore dei cristalli di ghiaccio. In questa prospettiva mi. e con questa speranza, Barbara Conforti, 8 anni Provo a spiegarmi anbuona crisi a tutti. Gennaio 2009 cora meglio e a vedere Adorazione eucaristica nel mese di maggio “Venite a me…” arissimi fratelli e sorelle in Cristo, il Signore Gesu’ nella sua morte e risurrezione dona la salvezza ad ogni uomo che soffre, rinnovando la gioia, la speranza e la forza di una vita rinnovata. E’ veramente è una gioia grande! Quest’anno celebriamo l’Anno dedicato a San Paolo e sarà questo grande Apostolo a illuminare la nostra preghiera e le nostre riflessioni. Il mese di Maggio trascorrerà in pieno tempo pasquale, tempo della gioia nell’attesa del dono dello Spirito Santo, dono che ci infonde il coraggio per vivere una vita cristiana che segua le orme del nostro Signore e Maestro, come San Paolo ce ne ha dato l’esempio: “Siate miei imitatori, fratelli come io lo sono di Cristo” Nel cuore di Paolo avvolto dalla luce del Signore, nascono due domande importanti: Chi sei, Signore? Che cosa devo fare, Signore? Alla prima domanda il Signore gli rivela il suo Volto nella persona di coloro che Paolo perseguitava. Alla seconda il Signore indica la via della comunità come luogo di riconciliazione e di rinascita, luogo dove lasciarsi guidare alla conversione e ripartire per la nuova missione. Ora anche noi con le nostre comunità, avvolti dalla luce della Pasqua, appena celebrata, facciamo nostre queste domande C e ci chiediamo: quale volto il Signore Gesù rivela oggi alla nostre famiglie e alle nostre Chiese, in quale situazione si fa riconoscere? Quali sono le strade che oggi il Signore ci indica per lasciarsi guidare e rinascere a una nuova missione? Con questi desideri vogliamo metterci in adorazione giorno e notte di Gesu’ per imparare da Lui ad amare, ad accogliere la volonta’ del Padre, ogni giorno e in ogni situazione di vita. Questo mese di adorazione alla Madonna di Pietravolta raccoglierà le preghiere, le suppliche, le lacrime, le gioie, i “grazie” di tutti. Invocheremo la pace per il mondo, chiederemo la consolazione del Signore per tutti coloro che soffrono e vivono nella disperazione, affideremo a sua Madre i diaconi che il 30 maggio verranno ordinati sacerdoti, ringrazieremo il Padre per tutte le meraviglie che compie nella nostra vita e in quella dei nostri fratelli, ... chiederemo che ci converta il cuore! Quindi invitiamo tutti a partecipare a qualche momento di Adorazione personale o comunitaria, soprattutto chiunque desideri cercare nel Signore Gesù la vera sorgente della vita e della gioia. Iniziamo il 1°Maggio alle ore 10,30 con la Celebrazione Eucaristica e concludiamo il 30 Maggio Madonna di Pietravolta Orari della giornata Ore 7 Lodi Mattutine Colazione Ore 10,30 S. Messa Ore 12,30 Pranzo Ore 16Santo Rosario Ore 18Vespri Ore 19 Cena Ore 21Compieta segue SILENZIO fino al mattino * Durante il mese di maggio la S.Messa festiva del sabato sera è sospesa. La S.Messa domenicale sarà alle ore 11,30. eccetto il 24/05, che sarà nel pomeriggio. Per conferma, informarsi. * Nelle giornate di mercoledì alla Casa di Preghiera si svolgono giornate di noviziato, quindi gli orari possono avere delle variazioni. La S.Messa è sempre preceduta dal suono della campana. * Offriamo a quanti lo desiderano la possibilità di trascorrere con noi l’intera giornata, fermandosi anche per i pasti e per la notte, previo avviso. * CHIEDIAMO L’AIUTO DI TUTTI PER LE ORE NOTTURNE D’ADORAZIONETRA MERCOLEDI’ E GIOVEDI’ * Per ogni informazione potete chiamarci tel 0536 968469 o scrivere a cdcpietravolta@ gmail.com Domenica 10 maggio Pellegrinaggio delle Famiglie del nostro VicariatoXI VILLA MINOZZO-TOANO ALTA VAL DOLO E D’ASTA ore 11,30 Santa Messa segue pranzo insieme, nel pomeriggio “Dialogo in Famiglia” scambio fraterno tra le famiglie presenti e alle ore 18 Vespri. Vi aspettiamo numerosi con i bambini e i ragazzi. 150 anni di Croce Rossa l 2009 si preannuncia come un anno di fondamentale importanza per la Croce Rossa Italiana, così come per l’intero Movimento Internazionale di Croce Rossa, in quanto vengono a sovrapporsi una serie di anniversari che rimarcano il peso storico della maggiore organizzazione umanitaria mondiale. E’ difficile, per chi scrive, riassumere in poche righe 150 anni di storia, di solidarietà, di sacrificio, di servizio all’umanità... di evoluzione… perché in origine nacque per portare soccorso ai feriti in guerra, ma oggi la Croce Rossa è la più importante Associazione umanitaria al mondo. E noi italiani dovremmo sentirci particolarmente onorati, perché l’idea della Croce Rossa e di creare una società di pubblico soccorso, nacque proprio nel nostro paese in oc- I casione della Battaglia di Solferino… Nel 1859 un giovane di origine svizzera di nome Henry Dunant si recò, per motivi di interesse, a Solferino (MN) per incontrare l’imperatore Napoleone III che si trovava impegnato ad aiutare l’Italia nella guerra contro l’Austria… Una volta giunto su questi campi di battaglia il giovane Dunant si trovò di fronte ad uno spettacolo orribile, quella che oggi viene definita la battaglia più sanguinosa di tutta la storia, migliaia e migliaia di uomini (almeno 300.000) tra morti e feriti e pochi medici inviati dall’esercito che non potevano essere sufficienti per portare soccorso a tutti… La maggior parte dei feriti vennero trasportati a Castiglione, un paese limitrofo, dove fu Dunat insieme agli abitanti del luogo, a prodigarsi per allevia- re le sofferenze di quei poveri soldati; Castiglione divenne un grande ospedale e tutte le chiese ed i palazzi erano colmi di feriti… Tornando a casa, Dunant portò con sé un ricordo indelebile di quell’orribile scenario di guerra e scrisse un libro, “Ricordo di Solferino”, in cui denunciò la vergognosa assenza di adeguati soccorsi sanitari ed invitò a far sì che “Solferino” non si ripetesse più, e che gli uomini che valorosamente si battono per la loro bandiera non fossero abbandonati ad una morte atroce. Le autorità di quel tempo rimasero molto colpiti da questo scritto, e di lì a poco tempo iniziò a maturare l’idea di una società di pubblico soccorso che portasse assistenza ai feriti di guerra senza distinzione di nazionalità; questa società venne poi contraddistinta con il simbolo della Croce Rossa, la bandiera svizzera con i colori invertiti, per rendere onore al giovane Dunant. Oggi la Croce Rossa opera ovunque vi sia sofferenza portando la sua esperienza ed il suo spirito di solidarietà e fratellanza, restando sempre fedele all’impegno del suo fondatore Henry Dunant :”placare tutte le sofferenze umane senza distinzione di nazionalità, di razza, di religione, di condizione sociale o di appartenenza politica”. Nel corso degli anni si è evoluta e sviluppata.. Il 2009 vedrà infatti ricorrere, oltre al 150° anno della nascita dell’idea di Croce Rossa, il 90° anno della nascita della Federazione Internazionale di Croce Rossa (FICR), che è l’organo permanente di rappresentanza e consulenza delle 186 Società Nazionali che ne fanno parte, e il 60° anno dell’adozione delle Quattro Convenzioni di Ginevra, che sono il corpo giuridico fondamentale del diritto internazionale umanitario. Oggi essa rappresenta una forza di più di 300 milioni di persone in 186 paesi, animate dalla stessa generosità e unite da sette principi fondamentali: UMANITA’ – IMPARZIALITA’ – NEUTRALITA’ – INDIPENDENZA- VOLONTARIATO- UNITA’ – UNIVERSALITA’. Opera in tutto il territorio mondiale attraverso le sue sei Componenti: i Volontari del Soccorso, il Corpo Militare, la Sezione Femminile, le Infermiere Volontarie, I Pionieri ed i Donatori di sangue, svolgendo svariate attività volte alla tutela ed al rispetto della dignità umana. Barbara Valenti 10 Avere un amico come Giuseppe Dossetti H o la fortuna e, aggiungo, anche l’orgoglio di avere ancora mio papà, Mario Giorgini, geometra, classe 1915, Solognese a denominazione d’origine; una vita lunga che si è dipanata in uno spaccato di storia intenso e difficile soprattutto a cavallo della seconda guerra mondiale quando, dopo le scellerate alleanze del fascismo, una guerra persa (perché dagli Alleati, dopo l’euforia della liberazione, ci fu fatto notare che la guerra l’avevamo persa) e una sanguinosa e fratricida guerra civile in via di definizione, occorreva ricostruire anche gli edifici ma soprattutto le coscienze. Fu in questo periodo che mio papà (Carmine da partigiano) fu coinvolto, più dal punto di vista amministrativo che politico, nelle vicende della nascente Democrazia Cristiana nella montagna Reggiana ed ebbe l’opportunità di conoscere Giuseppe Dossetti (Benigno da partigiano), presidente “disarmato” (aveva sempre rifiutato le armi) del CLN di Reggio Emilia, più anziano di lui di due anni, personaggio di grande rigore morale e di profonda ispirazione cristiana che godeva di un credito politico illimitato; nel luglio del 45’ fu convocato a Roma il congresso del partito e Dossetti, che insieme a Fanfani, La Pira e Lazzati si riconosceva in una concezione etica della politica (Montanelli li definì “sinistra integralista della DC), giunse a Roma a lavori congressuali conclusi e, ciò nonostante, fu eletto vice-segretario del partito, per così dire, “in contumacia”; arrivò in ritardo a causa di un incidente stradale occorso alla vettura sui cui viaggiava insieme ad altre tre persone, una delle quali era mio padre; Dossetti era davanti insieme ad un ingegnere delle “Reggiane” che guidava, mio papà era dietro con un altro partecipante Castelnovese al congresso; nei pressi di Grosseto, all’alba, presumibilmente a causa di un colpo di sonno del conduttore, la vettura uscì di carreggiata, abbatté un giovane platano (allora erano giovani anche i platani) andandosi a schiantare contro quello successivo; i ricordi delle teste e delle facce insanguinate sono ancora vivi (non c’erano ancora cinture e tanto meno air bag), soprattutto Dossetti era finito con vio- lenza contro il parabrezza e per quanto non avesse ferite serie, era una maschera di sangue; mio papà si limitò a dare una testata al tetto della vettura ma, considerati i suoi trent’anni, fu la vettura ad avere la peggio. Tutti ricorsero a cure mediche e sul posto restò solo mio papà che fece trainare la vettura incidentata da una pariglia di buoi fino ad una vicina officina; a Roma era andato anche per riprendere il lavoro lasciato prima della guerra all’ACEA la società romana degli acquedotti che poi dovette abbandonare per l’esiguità dello stipendio che non gli consentiva di vivere lontano da casa. L’esperienza dell’incidente insieme alla condivisione degli ideali cristiani, avevano creato però le condizioni per un rapporto di stima e di amicizia profonde; mio papà finì poi a lavorare a Ligonchio per l’Edisonvolta Spa, progettò e tracciò elettrodotti e gallerie per captare acque utili al sistema di centrali idroelettriche; Dossetti, più volte, per attivismo politico o solo per amicizia, venne a Ligonchio e sempre gradito ospite a casa dei miei genitori dove faceva lunghe chiacchierate con mia nonna Maria; non è escluso che abbia tenuto sulle ginocchia mio fratello e forse anche me. Il mio orgoglio per mio papà si estende naturalmente anche a questa sua prestigiosa amicizia; Dossetti, laureato in giurisprudenza a soli ventuno anni a Bologna e subito dopo professore di diritto ecclesiastico alla “Cattolica” di Milano, fu uno dei 75 esperti chiamati a redarre la Carta Costituzionale e si occupò in sottocommissione della prima parte, quella Il Signore della fonte Il silenzio e l’ascolto “vivono sul monte”, bevono a due mani ad una fonte che sgorga leggera. C’è ombra, un silenzio “imbevuto di suoni” e una luce, che filtra tra i rami. Il “Signore della fonte” riempie della sua Parola l’animo, e quel fiasco di vetro, che tra le braccia porti verso casa, scendendo piano per non rompere il fiasco, e il silenzio. Franca Zanni Esercizi Spirituali 6-7-8 marzo 2009 “poetica” dei diritti e dei doveri; non condivise, per fedeltà all’ispirazione evangelica, il pragmatismo e l’atlantismo di De Gasperi, partendo dall’irrinunciabile presupposto che “al centro” ci deve essere sempre l’uomo; la sua esperienza politica, come sappiamo, nonostante l’affidabilità e gli alti incarichi ricoperti, si concluse presto per lasciare spazio a quella religiosa nella quale la sua sensibilità e profondità trovarono un habitat migliore; prese i voti ma continuò a criticare la politica che deludeva la “povera gente” e Dio solo sa quanto avrebbe potuto incidere in positivo se la sua non fosse stata una voce che chiamava nel deserto della DC. Anche alle gerarchie ecclesiastiche comunque non sfuggì la sua preziosa esperienza giuridica e fu il Cardinale Lercaro, nel 60’, a richiamarlo dall’eremo di Monteveglio per collaborare alla costruzione del Concilio Vaticano II voluto da Papa Giovanni. Su questo argomento scriverei molto più a lungo ben conoscendo molti particolari dai racconti di mio papà ma mi fermo qui; se ci sono due “valori” che informano la mia concezione del mondo, su due piani solo apparentemente diversi, sono proprio la Costituzione e il Concilio e mi dà un’emozione enorme essere stato sulle ginocchia di una “grande anima” come Giuseppe Dossetti. Lino Giorgini 11 CORO VAL DOLO 40 anni di tradizione corale in terra toanese ra un freddo Gennaio del 1967 quando lassù, a Toano un gruppetto di persone, animate dalla voglia innata del canto che si perde nel tempo, decisero di formare un coro vero e proprio. Fu così che si decise di mettere a capo di questi cantori un personaggio che almeno sul piano musicale ne avesse da dire più di loro: Mario Fontanesi carpinetano di origine, che allora era nella vicina Cavola in veste di direttore e docente del corso di orientamento musicale. Dopo alcuni mesi di prove ecco il debutto nel marzo del 1968 in occasione di una recita della Compagnia Filodrammatica del centro di lettura del capoluogo montano. Il coro si esibì tra un intervallo e l’altro interpretando alcune cante note ai toanesi. Il successo fu incoraggiante anche se probabilmente il vero successo fu in parte tributato dalla nostalgia del pubblico all’aver udito quei canti , piuttosto che dalla preparazione tecnico/vocale del coro. Da allora il coro si rimboccò la maniche ed iniziò un duro lavoro che ben presto venne colmato dalla prima trasferta importante: il 16° Festival di Mossale PR dal quale si prese spunto per organizzare nello stesso anno il 1° Festival dell’Appennino Reggiano. Da qui il Coro iniziò una brillante ed intensa carriera, anche E 12 per l’unicità del proprio repertorio di canti, che ben presto divenne un vero emblema della coralità regionale sicuramente grazie al contributo del maestro Fontanesi. Nel 1970 divenne coro ufficiale dell’ANA partecipando a quasi tutte le adunate nazionali e provinciali dalla Sicilia alla Valle d’Aosta . Non mancano le tourneè all estero, (1977- 1987 Francia 1977 Spagna,1990 Inghilterra, 1982 Germania) in particolare quella del Belgio dove nel dicembre del ‘72 il coro Val dolo portò i saluti ai tanti emigrati in terra fiamminga . Commovente la Messa della Mezzanotte nella cattedrale di Liegi e memorabili i concerti tenuti in quasi tuta la nazione. Nel 1972 il coro fu promotore assieme ad altre realtà corali emiliane alla costituzione dell’Associazione Emiliano/Ro- magnola cori A.Er.Co. Ma il destino vuole che anche nei migliori gruppi non manchino i momenti più tristi; il più doloroso fu sicuramente quello della scomparsa del Maestro Fontanesi avvenuta il 7 Marzo 1980.Già da tempo ammalato, sul letto d’ospedale si raccomandava ai coristi più anziani di continuare l’attività anche se problemi e ostacoli si fossero presentati nel corso del tempo. Qui il coro subì una grave perdita non solo come maestro e valido direttore ma, con la morte di Mario, si eclissò una parte di quella grande eredità che attraverso i canti appresi in quei 15 anni di lavoro assieme permise al coro di rimanere unito. Iniziarono così, verso la fine degli anni ‘80, una serie di avvenimenti che portarono alla diaspora di quello che fu il primo nucleo corale originario. Per svariate esigenze, diciamo di tipo musicale, o per voglia di cambiare “genere” o per rifiuto inconscio di manifestare le proprie origini musicali, nascono gruppi corali ciascuno con stile ed impronta diversi; forse per la voglia di rinnovarsi, forse per identificarsi meglio in un tipo di repertorio a loro più consono. Cosa rimane del Coro Val Dolo, non esiste più? E’ un domanda che si è posta l’opinione pubblica toanese, in particolare in questi ultimi anni quando con il nascere di altre realtà corali nel territorio, si è persa un po’ la vera identità corale toanese. Si sono udite e si odono espressioni corali differenti, vecchie generazioni con le nuove che condividono la passione per il canto sia popolare che quello “popolare d’autore” ; in verità le polemiche non si sono ancora spente: esistono ancora i tradizionalisti e gli innovatori, ma questo in fondo è il carburante che fa andare la “macchina” vocale dei gruppi sia ufficiali che non. Quello più importante però, è quello che se esistono la polemiche, le critiche le discussioni al bar e in piazza, significa che la parola “coro” è ancora sulla bocca di tutti; e quando se ne parla sia positivamente o negativamente vuol dire che l’argomento sta’ ancora a cuore a parecchi e da ciò si deduce che la “macchina” è ancora in fase operativa . Un grande musicista dell’epoca diceva: “l’importante è che se ne parli: in bene o nel male, l’importante e che se ne discuta”. Ma certamente, quello che porta l’eredità più importante lasciata dal maestro Fontanesi e dell’antico coro Val Dolo è il Coro Matildico Val Dolo. Dal nome non si direbbe che si vogliono mantenere le antiche origini, ma l’aggettivo che richiama la grande contessa Matilde di Canossa, non è stato messo per rifiutare l’eredità del Val Dolo, anzi per valorizzarne e proseguirne l’operato abbracciando con i componenti attuali un più ampio territorio denominato appunto matildico, dal quale oltre a Toano fa parte anche il territorio circostante. Dal Marzo del 1997 in queste zone matildiche, ci stiamo dedicando alla ricerca del canto popolare locale, proprio come era lo spirito del coro Val Dolo: melodie e testi rinchiusi nella memoria oramai di pochissimi “informatori” che, con il passare del tempo certamente si sarebbero perduti. In queste terre così ricche di tutto ciò, dove la tradizione del canto si perde nell’oscurità del tempo, si è partiti all’approfondimento di questo genere, sulle orme del maestro Fontanesi…. Nel ricercare le vecchie melodie da tanti informatori, ci ha permesso di potere al meglio interpretare i canti: lo spirito del contenuto e la struttura dei brani sono elementi che teniamo molto in considerazione quando si tratta di elaborare ed arrangiare un pezzo. Dopo la riunificazione del Coro Val Dolo nel 1995 memori di aver interpretato oltre al repertorio “classico” e alle musiche di vari autori, un repertorio già con “un’approvazione della critica”, abbiamo deciso di dare un’impronta più nostra, non solo come modo di cantare, (che già da tempo avevamo ereditato) ma anche di produrre un nostro repertorio di melodie raccolte dagli informatori e di 13 quelle giacenti nell’archivio del Val Dolo che il medesimo coro aveva accantonato. Negli ultimi due anni di lavoro, abbiamo già riscontrato, in particolare dalla critica, (quella vera!) una certa “approvazione” di quanto stiamo facendo, nel nostro territorio e anche fuori dai confini naturali dell’Emilia, un numero sempre più crescente di pubblico, sta comprendendo la nostra voglia di crearci una propria identità musicale e stilistica. Particolare attenzione va tributata al pubblico giovane che, richiamato da questo stile di canto forse, ci sta spingendo a continuare nel nostro percorso: questo grazie a chi ci sostiene, ai coristi che ne fanno e che ne hanno fatto parte e a chi, ci auguriamo, entrerà a farne parte. Attualmente il coro guidato dal M.o Andrea Caselli che lo dirige dal 1995, è costituito da circa 20 elementi ha al suo attivo numerose esibizioni tra le quali sono da menzionare i concerti più importanti come quello dei 25 anni di fondazione dell’associazione cori Emilia Romagna, dove il Val Dolo ha rappresentato la prov. di RE; diverse le adunate nazionali degli alpini: RE, GE, BS, AO, una tournèe in Francia nell’Ottobre del 2003. Nell’estate del 2004 è stato pubblicato un libro dal titolo “Dei Montanari il Canto” curato dal Direttore, dove in più di 200 pagine sono racchiuse le musiche frutto della ricerca etnomusicologica fatta dal coro a partire dalle musiche della tradizione emiliana alle musiche sacre locali nonché all’attuale repertorio del coro con le musiche del 14 M° Fontanesi e del M° Caselli con nuove composizioni corali. Per tutto l’anno duemilasette il coro è stato impegnato per i festeggiamenti dei 40 anni della sua fondazione, con un ciclo di concerti e rassegne. Il coro è organizzatore di alcune rassegne corali che vengono svolte nei mesi estivi nei comuni di Carpineti e Toano; dal 1997 fa parte stabilmente del cast dello spettacolo teatrale “Mia Cara Madre” ideato dall’attrice di origini toanesi Ivana Monti. Il gruppo si riunisce per la prova settimanale, tutti i mercoledì dalle 21 alle 23 presso la sala parrocchiale attigua alla Chiesa di San Prospero a Cerrè Marabino. Per chi volesse farci visita, siamo disponibili ad accogliere persone volenterose con un minimo di attitudine al canto che vogliono conoscere questo tipo di attività a carattere non solo culturale ma soprattutto formativo e di aggregazione. Per info contattare il coro attraverso il sito web www.corovaldolo.it Nessuno ha il potere di asservire la coscienza altrui C ome ogni anno, si ricorda il 20 marzo del 44’, con la commemorazione dell’eccidio di Cervarolo, si cerca di tener viva la memoria della resistenza della lotta contro l’ideologia nazi-fascista e della sofferenza di tanti innocenti. Il rifiuto del fascismo in Italia, trova nei paesi di lingua tedesca una opposizione altrettanto forte (anche se meno appariscente) al regime nazista. Il 9 agosto a Berlino Franz Jagerstatter sale al patibolo per avere rifiutato di seguire la follia militare nazista, e ciò dopo mesi di umiliazioni e torture che non riuscirono ad allontanarlo dalla convinzione che “a nessuno sulla terra è dato il potere di asservire la coscienza altrui”. Aveva chiesto, pur di essere esonerato dal servizio militare, di far parte del servizio sanitario; non gli fu accordato. Per seguire la propria coscienza Franz rifiuta i consigli di sacerdoti e dello stesso vescovo che gli dicono che non sta a lui decidere se la guerra sia giusta o no; ciò è prerogativa dei governanti. Franz non può accettare questo punto di vista perchè si sente personalmente colpevole se collabora all’uccisione di innocenti e alla conquista e sterminio di popoli e nazioni da parte di un regime nazista senza Dio. Franz Jagerstatter è nato in Austria nel 1907 a pochi chilometri di distanza dal luogo di nascita di Hitler; il buon seme e la zizzania che crescono nello stesso campo. Contadino, padre di tre figlie, trova nella sposa un grande aiuto nella fede e vita cristiana. Sagrestano in parrocchia, resta deluso dall’atteggiamento della Chiesa in occasione dell’annessione dell’Austria da parte di Hitler: nel 1938 i vescovi austriaci avevano invitato il popolo a votare in favore dell’annessione. Nel 1940/41 entra nell’esercito tedesco come autista; nella primavera del ‘41 può tornare in famiglia. Da allora gli sarà sempre più chiaro di non potere collaborare con un regime che uccide innocenti e combatte la religione: di qui il rifiuto di tornare mesi dopo in caserma con la conseguente incarcerazione e le sofferenze sino al patibolo, L’Eucaristia e la lettura del Vangelo sono la sua forza; la 1ª lettera di San Giovanni Apostolo (Dio è Amore) un suo tema ricorrente. Nella stessa prigione in cui è rinchiuso Franz a Berlino, due anni dopo passerà un altro cristiano, il pastore Dietrich Bonhoffer, anche lui condannato a morte per resi- 20 marzo 1944 Scese pietosa l’ombra della sera a coprire quell’aia insanguinata, era vigilia di primavera e già l’ala di morte era passata. Lacrimando una donna inginnocchiata elevava all’Eterno una preghiera, “ Dio onnipotente giusto ed immortale, fà che mai torni al mondo un giorno tale!” Costantino Zambonini stenza al regime nazista. Franz Jagestatter è stato dichiarato Beato da Benedetto XVI il 23 ottobre del 2007. Da alcuni suoi scritti: Scrivo con le mani legate ma è meglio così che se fosse incatenata la volontà. Talvolta Dio ci mostra apertamente la sua forza, che egli dona agli uomini che lo amano e non preferiscono la terra al cielo. Nè il carcere nè le catene e neppure la morte possono separare un uomo dall’amore di Dio e rubargli la sua libera volontà… Voglio raccontare subito una cosa che mi è successa in una notte di gennaio del 1938. Era quasi mezzanotte, ero a letto senza dormire, benchè non fossi malato. Ad un tratto nel dormiveglia mi venne mostrato un bel treno che girava intorno ad una montagna. Oltre agli adulti c’era un gran numero di ragazzi che accorreva per salire sul treno e non si riusciva quasi a fermarli. (Dei pochi che non facevano parte della compagnia preferisco non parlare o scrivere) Poi improvvisamente una voce mi disse: “questo treno conduce all’inferno”. E subito ebbi l’impressione che qualcuno mi prendesse per mano. “E adesso noi andiamo in purgatorio”, mi disse la stessa voce. Qui ciò che io ho visto e sperimentato come sofferenza è terribile, e se questa voce non mi avesse detto che andavamo in purgatorio, avrei creduto di trovarmi all’inferno. E’ probabile che siano passati solo alcuni secondi, durante i quali io ho visto tutto ciò. Poi sentii ancora un rumore sordo, vdi una luce e tutto scomparve. Sveglia subito mia moglie e le raccontai tutto quanto era accaduto. Prima di quella notte non avevo mai immaginato che le sofferenze del purgatorio potessero essere così. All’inizio questo treno che correva mi risultava piuttosto misterioso, ma più passava il tempo più si svelava anche il suo significato. Ed oggi mi sembra che questo quadro non rappresenti altro che il nazismo che in quel tempo irrompeva violentemente ... solo pochi giorni prima era apparsa sui giornali la notizia che si era aggiunti 150.000 nuovi membri alla gioventù hitleriana. 15 Da Londra, il nostro inviato C arissimi tutti, amici del Sentiero 31, vi scrivo dal mio “Esilio a Londra”, dove sto studiando inglese in preparazione alla mia partenza in India. “Come canteremo i canti del Signore in terra straniera?” dice il Salmo. Ma con Gesù Cristo, ogni terra straniera è diventata per noi una patria da abitare e allo stesso tempo ogni patria è per noi una terra straniera dove pellegrini dobbiamo camminare verso la patria del cielo. Londra è molto bella, ma non sono qua per questo! La preparazione per la lingua è in vista del impegno che il Signore mi sta chiedendo a fianco delle Case della Carità in India. Il passaggio credo che sarà abbastanza impegnativo sia per la cultura, che per la lingua, il cibo e la quantità della gente, la varietà delle religioni, lo stile di vita ... e questo allora richiede anche da parte vostra un impegno tutto particolare di preghiera per affiancare questo passaggio. Il Vescovo Adriano nell’incontro che ho avuto in dicembre ha indicato diverse realtà della missione indiana e mostrato i vari impegni che essa comporta. Lui l’ha visitata già due volte. Là sono presenti 4 comunità della Casa della Carità (quelle nate a Fontanaluccia per intenderci). Tre sono a Mumbai (attuale nome della vecchia Bombay) e una in Kerala. A Mumbai una è la Casa dei Fratelli della Carità dove andrò a vivere, nello 16 “slum” (quartiere povero) di Malad East, le altre due sono Case dove sono le Carmelitane Minori della Carità. Molto distanti tra loro ma raggiungibili in qualche ora. La città di Mumbai conta circa 19 milioni di persone (un miliardo e 200 milioni circa l’India intera). La casa in Kerala è a circa 1800 km di distanza nel sud dell’India, una zona molto diversa per paesaggi, lingua e cultura. In India le lingue ufficiali sono 22: le più diffuse l’inglese e l’hindi che dovrò imparare una volta arrivato là. Intanto il bagaglio lo preparo con l’inglese poi verrà il resto. Ma nel mio bagaglio vorrei anche mettere le vostre preghiere per tutta quella missione, il vostro affetto e tanta provvidenza di Dio. Penso di aver ricevuto tanto dalle parrocchie in cui ho operato finora e credo che già questo è un tesoro prezioso di umanità, di fede e di grazia che non posso tralasciare e dimenticare: i tanti volti, le storie personali, i piccoli e la loro simpatia e gli anziani e la loro tenerezza, i giovani e la Dedicato a don Davide Don Davide parte, va lontano, con una valigia, e un bagaglio a mano, un po’ di roba da tener vicina: una maglia, un libro, una coroncina. Dai monti un verde saluto, dai parrocchiani un arrivederci, parlato e muto. ma chissà come paga Nostro Signore i missionari... segna mesi o ore? Ci si deve fidare e, non scordarsi di pregare. Magari i preti e i frati, non rischiano di essere rimpatriati...! Il Vangelo, da vivere e portare può attraversare sempre, cieli e mare. Franca Zanni del Roncadello loro esuberanza, gli adulti e le loro preoccupazioni e speranze. Sono convinto che partire è anche un po’ morire, ma come diceva il vangelo della 5° domenica di Quaresima, questo per poi non rimanere soli, ma rinascere e portare molto frutto”. E’ questa la promessa di Dio per me e per voi. E questo penso che possa bastare. La Pace sia con voi. Da Londra per ora è tutto. By Don Davide (don Da per gli amici) VICARIATO S. MARIA NEI MONTI N° 11 DOMENICA 3 MAGGIO SALUTO A DON DAVIDE CASTAGNETTI fdc E MISSIONARIO IN PARTENZA PER L’INDIA PROGRAMMA ore 17.45 Ritrovo nella parrocchia dei Ss. Quirico e Giulitta a Villa Minozzo ore 18.00 Celebrazione della S. Eucaristia presieduta da don Davide e concelebrata dai sacerdoti del vicariato ore 19.15 Ritrovo per saluti e buffet nel salone parrocchiale. La dottrina sociale della chiesa, l’eredità della tradizione e le nuove sfide l 13 marzo 2009 si è tenuto a Villa Minozzo, nel salone parrocchiale, un incontro col prof Giorgio Campanini sul tema “La dottrina sociale della chiesa, l’eredità della tradizione e le nuove sfide “ Si è trattato del primo degli incontri dedicati alla dottrina sociale della chiesa, intesa come struttura di mediazione tra fede e politica. Secondo il relatore, la dottrina sociale della Chiesa non ha esaurito la propria funzione storica, ma è al contrario chiamata ad affrontare i nuovi scenari del XXI secolo. La mediazione antropologica tra la fede e la prassi trova il suo “luogo” naturale nella Dottrina sociale della Chiesa, intesa come punto d’incontro fra i nuovi problemi emergenti dalla storia e l’insieme delle verità perenni che la Chiesa custodisce e annunzia. La coscienza cristiana deve cogliere I dalla Dottrina sociale la valenza antropologica e l’intrinseca capacità di autorivelazione dell’uomo a se stesso (e della società a se stessa), ma in funzione dell’edificazione di una società più giusta che sia un primo modello di una nuova città che, nella misura in cui sarà autenticamente città dell’uomo, sarà in qualche modo anche l’anticipazione della città di Dio, nei limiti in cui la giustizia storica possa realmente preludere alla giustizia escatologica (giustizia ultima, della fine dei tempi). Il prof. Campanini nella sua relazione ha attinto abbondantemente al suo ultimo libro “La dottrina sociale della Chiesa le acquisizioni e le nuove sfide”. Nella sequenza dei capitoli del suo volume, l’autore espone l’apporto che viene alla dottrina sociale dal “movimento cattolico”, dalla discussione Campanini Giorgio, docente di Storia delle dottrine politiche nell’Università di Parma e di dottrina sociale della Chiesa nella facoltà teologica di Lugano, è studioso del pensiero politico cattolico dell’Ottocento (con particolare attenzione al Rosmini) e del Novecento (Mounier e Maritain, Sturzo e Mazzolari). 17 sui “modelli di società”, dal pensiero politico cattolico, dal modo in cui si è progressivamente precisata la valutazione cattolica del capitalismo. L’autore si è soffermato poi sui contenuti degli ultimi capitoli in cui vengono indicati i temi nuovi che la Dottrina sociale deve mettere oggi all’ordine del giorno. Il banco di prova nel terzo millennio sarà costituito dalla capacità di dare una risposta ai nuovi problemi emergenti e, tra questi, quelli della democrazia e della globalizzazione, della questione ambientale e delle nuove forme di guerra. Nella nuova prospettiva aperta dal Concilio vaticano II e nella consapevolezza delle responsabilità che incombono sia sul laicato sia sulle chiese locali, non sarà soltanto la Chiesa universale, nella sua specifica espressione di magistero pontificio, a dovere rispondere a questo insieme di nuove domande di senso. Se è legittima l’attesa di formulazioni sistematiche al più alto livello magisteriale, nella forma dell’enciclica, ciò non dovrebbe condurre a ignorare o a mortificare l’iniziativa e l’inventiva del laicato cattolico e delle Chiese locali, da sempre – ma con specifica autocoscienza dopo il Vaticano II – “luoghi” autentici di elaborazione di una dottrina sociale dinamica, articolata, capace di farsi carico delle diverse e sempre più variegate situazioni esistenti nel mondo. A questo proposito nella Octogesima adveniens, Paolo VI scriveva: “Spetta alle comuni- 18 tà cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principii di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell’insegnamento sociale della Chiesa”, in modo da individuare” le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche, ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi”. Il prof. Campanini, nel dibattito che ha fatto seguito al suo intervento, ha cercato di porre in evidenza alcune essenziali questioni di metodo, legate al contesto storico della formazione graduale, nel tempo, del corpus del magistero sociale della Chiesa e, soprattutto, al rapporto fra dottrina sociale e scienze umane. Remo Zobbi Maestre veramente “uniche” H o tra le mani un libro di lettura per le scuole rurali risalente al 1905. l’opuscolo, dal titolo “Semenza d’oro”, segue due fratellini, Tonino e Marietta, (tra virgolette citazioni dalla prefazione) “due contadinelli, or buoni or cattivelli, rozzi e gentili”, e li accompagna in un misto di educazione civica ed “educazione del sentimento in armonia con l’amore per la vita dei campi”. Sempre nella prefazione è riassunto lo scopo dell’insegnamento: “Noi siamo al cospetto d contadinelli di vasti paesi e di sperdute frazioni, prossimi alle città o dispersi lontano lontano, quasi fuori da ogni comunicazione, contadinelli veri figliuoli della terra, selvaggetti anzi che no, i quali dobbiamo amorosamente dirozzare e a poco a poco ingentilire, senza pretendere di iniziarli al raffinamento di una vita intellettuale che li toglierebbe alla rustica sanità e al vigoroso amore di un lavoro che rappresenta una tra le più vitali risorse della prosperità nazionale”. Il mio ricordo va alle mie maestre anni cinquanta: Clara Magnani, Rossi Teresa, Pedrazzoli Anita e Margherita; maestre uniche, perché le esigenze, i programmi, il mondo di allora, i mezzi a disposizione non richiedevano e concedevano di più. Le lingue si studiavano nelle medie, non c’erano computer, la televisione nasceva in quel periodo. Le mie maestre (che ricordo con affetto e riconoscenza) erano però veramente “UNICHE” per la capacità di destare interesse, per il sacrificio che accompagnava il loro lavoro, per la mancanza o limitatezza dei mezzi a disposizione. La scuola rurale e la scuola del dopoguerra: due visioni diverse, l’una intenta a dare il minimo indispensabile, senza però aprire uno spiraglio ad un altro, forse miglior futuro: i “contadinelli” ricevano un’istruzione, ma restino contadini; l’altra con una visione più ampia, una scuola uguale per tutti, aperta al futuro. Mi lascia al quanto perplesso il parziale ritorno al passato nel nuovo ordinamento scolastico: maestro unico, grembiulino, voto in condotta, tagli nel personale e nei finanziamenti. Non sarà un ritorno alla scuola rurale o alla scuola degli anni cinquanta; già il fatto, però, che l’orario non sia per tutti uguale ( da 24 a 27 a 30 a 40 ore settimanali, a seconda delle possibilità) porta a discriminazioni e a trattamenti diversi che influiranno sullo sviluppo dei giovani. Pari opportunità e uguaglianza verranno a mancare e sulla pelle degli studenti si apre negli anni a venire la possibilità di altre “riforme” scolastiche. Gianni b. Sapete qual è quella cosa che prima faceva PLIN PLIN PLIN e poi ALE OH OHALE’ OH OH? E’ un lavandino che prima perdeva e poi vinceva Ugo Berto di Quara C’è un uomo qui a Quara, si chiama Berto Costi, che durante la guerra era nascosto con gli altri uomini nel buco della terra perchè c’erano soldati che guardavano sulla collina. Qualche uomo aveva la febbre e molto bisogno di acqua. Berto ha scelto di andare a prendere l’acqua per tutti, strisciando sopra la terra come un serpente. Nel frattempo una bomba esplode e uccide tutti gli altri uomini. La mia amica che mi ha raccontato questa storia ha chiesto: “Era destino che Berto si fosse salvato? La ricompensa perchè ha fatto bene per un altro?!”. Abbiamo incontrato Berto di persona, di nome Alberto nato a Levizzano. il paese di don Peppino Lugari che fu parroco a Romanoro nel nostro vicariato. La storia di guerra è stata una occasione, ci ha raccontato Berto: E’ una fola troppo lunga. Del 41 abbiamo fatto la ritirata in Albania, nel reggimento 4° battaglione Corpo di Armata fanteria motorizzata Bolzano. Eravamo sopra Vallona in postazione ad una mitragliatrice, c’era un ferito che gridava e aveva sete, quando sono stato lì non ho avuto nessun ordine, ma sono saltato come un “cavret” a portargli da bere; quando sono tornato ho trovato tutti i miei compagni morti per un colpo di artiglieria, la mitragliatrice intatta e tutti morti dal gran colpo. Nuater siamo stati nel Dodacaneso a Corfù, non a Cefalonia dove sono stati uccisi in 10mila. L’8 settembre è venuto l’armistizio: dal porto di Gorazzo siamo stati ai confini della Grecia, poi sono arrivati i carri armati tedeschi ci hanno portati prigionieri ad Hannover in Germania. E lì sapevo poche parole di tedesco, e ho sempre cercato di obbedire. C’era gente che aveva molta fame tra i prigionieri, allora andavo a raccogliere le ortiche attorno alla fabbrica e poi le cucinavo e gliele davo da mangiare “um bris prun”. Uno di questi che ho aiutato mi ha scritto una pagina «Un giorno e una notte tra la vita e la morte». Ci ha fatto piacere incontrare Berto perchè ha una grande memoria ed è bello aver visto quanto bene è riuscito a esprimere anche in un tempo cattivo come quello della guerra. Questi anziani sono certamente un grande tesoro dei nostri paesi. 19 Un Carnevale diverso L ’occasione della preparazione dei bambini della Prima Comunione e dei ragazzi della Cresima, ha fatto vivere al nostro piccolo paesino , momenti di vera gioia, di comunione, e, perche’ no, anche di riflessione. Tutto il gruppo, composto di 8 bambini della Comunione e 8 ragazzi della Cresima, accompagnati dalla straordinaria catechista, Lucia Cavalletti, da alcuni genitori e dalla Preside dell’Istituto comprensivo Scolastico di Toano, Silvia Razzoli, ha fatto visita alla Casa della Carità di Castellarano - “ E’ stato un pomeriggio indimenticabile – raccontano i ragazzi – dove abbiamo potuto conoscere meglio la realtà delle case della Carità, dei loro ospiti , delle Sorelle della Carità, della fitta rete di volontari che, a turni, donano un po’ del loro tempo per aiutarle nel loro costante impegno di accu- 20 dire, nutrire, ed amare questi ospiti. − Sì, la cosa che maggiormente ci ha colpiti è il clima di amore e di serenità che regna in questo ambiente (ecco perchè vengono definite “case”!!!!) , nonostante le dure realtà che ognuno degli ospiti porta con sé. − Ci hanno ospitato con gioia, tanta serenità ed un forte senso di accoglienza , rappresentato dai loro semplici “sorrisi”. − Eravamo partiti con l'idea di essere noi a portare qualcosa a loro, perchè avevamo deciso di donare loro il ricavato della vendita di un libro , intitolato “Raccontami nonno” di Silvia Razzoli, che era stato venduto in occasione della Festa dell'Agricoltura a Corneto. Ed invece sono stati loro ad arricchire noi, dandoci l'occasione di poter riflettere su diverse delle nostre convinzioni, soprattutto relative alla Vita e alla “Dignita' dell' Uomo” . − Forti di questa esperienza, ci e' rimasto il desiderio di ripeterla, e l'occasione si è presentata solamente qualche settimana dopo, con il Carnevale. − Assieme a genitori ed amici di Corneto, abbiamo organizzato un carnevale diverso, per portare un po' di gioia a persone sofferenti e meno fortunate di noi. Non a caso abbiamo scelto di rappresentare “Robin Hood” la meravigliosa storia che tutti conosciamo, ma questa volta consapevolmente scelta per quello che rappresenta: un individuo che “rubava” ai ricchi per donare ai poveri, per restituire ai sofferenti un po' di serenità, a costo della propria vita. − Siamo dunque andati alla Casa della Carità di Cagnola, nei pressi di Castelnovo ne' Monti, passando con loro l'intero pomeriggio: rappresentando loro, anche grazie alla maestria del racconto curata dal nostro Don Raimondo, la bella storia di Robin Hood, e condividendo con loro la merenda. − Sulla via del ritorno, essendo ancora molto carichi dell'energia ricevuta nella Casa, abbiamo fatto visita anche alla cara Irene Berretti, una donna esemplare, che per moltissimi anni è stata la perpetua di Don Raimondo, che si trova ricoverata alla R.S.A. , da quasi due anni. Anche lei ci ha donato sorrisi e riconoscenza, la stessa riconoscenza che noi abbiamo ed avremo sempre verso di lei. − Sono state esperienze davvero toccanti; ci siamo resi conto di quante persone siano meno fortunate di noi, e che basta davvero poco per renderle felici! − Abbiamo toccato con mano la “Santità” delle Sorelle della Casa della Carità, che con abnegazione e dedizione svolgono la loro Missione, occupandosi degli ospiti per tutte le loro necessità, necessità che spesso comportano anche parecchia fatica, dato l'esiguo rapporto tra suore e numero degli ospiti. - Sempre con il sorriso sul- le labbra ed una inesauribile energia fisica, passano dal lavoro di infermiere, a quello di animatrici, da donne delle pulizie, a cuoche professioniste, da persone di culto, ad esperte Due carabinieri trovano due pinguini per strada e si presentano al marasciallo dei carabinieri e dicono: “Abbiamo trovato questi pinguini per strada che ne facciamo?” e il Maresciallo: “Portateli allo Zoo!”. Dopo due ore tornano ancora coi pinguini e il maresciallo dice: “E allora?” E i carabinieri rispondono: “Li abbiamo portati allo zoo, li possiamo portare anche al cinema?” Luciano musiciste, da “psicologhe” ad econome, da Padre a Madre per la tenerezza dispensata...... Vorremmo insignirle della Laurea in Umanità e Bontà.... − Ci siamo chiesti da dove traggano tutta quella forza, qual'è la motivazione che le spinge ad occuparsi di persone che la nostra societa “relega” ai margini, e che invece loro accolgono e trattano come “esseri Umani pari agli altri” e la risposta è stata una sola: “l'amore di Dio” ; hanno accolto il messaggio evangelico, mettendolo in pratica ogni giorno, con grande umiltà. − Beh! Concludendo, sono state giornate davvero significative per noi, che difficilmente riusciremo a dimenticare e vorremmo aggiungere un'altra piccola riflessione, che è stata quasi una scoperta: ci è piaciuto moltissimo lo spirito di gruppo, lo stare insieme (perchè no, anche divertendoci) bambini, giovani, catechista, adulti e genitori, accomunati da un'unica, bella esperienza di solidarietà. I giovani di Corneto 21 Tradimenti e vil raggiri, gesta d’armi e goliardia, narra questa storia mia ovvero il “Ponte dei sospiri” omincia così l’introduzione dell’omonimo Maggio, opera di un valente autore da tempo passato a miglior vita quale fu Teobaldo Costi di Secchio di Villa Minozzo e, narrante una vicenda molto romanzata della Venezia del Cinquecento, con sullo sfondo il celeberrimo ponte che unisce il Palazzo Ducale alle famigerate prigioni dei Piombi. Fu detto così perché i prigionieri che lo percorrevano a condanna avvenuta, sospiravano amaramente guardando spesso per l’ultima volta il favoloso scenario della Laguna. Il ponte di cui vogliamo parlare, per quanto “sospirato” quasi quanto l’originale, unirà a montaggio avvenuto due anonimi tratti della Fondovalle Dolo, scavalcando la tristemente famosa Frana di Valoria che, dall’inizio di questo secolo, continua a rendere impervia la tranquilla vita della nostra cara e sfortunata valle. Trattasi di una frana molto antica come hanno affermato i geologi vedendo emergere dall’argilla in movimento dei grossi tronchi di abete di centinaia d’anni, però solo negli ultimi tempi pare avere un conto in sospeso col territorio sempre più martoriato. Nell’Ottocento, stando alle memorie dei vecchi e ai pochi documenti presenti, non avvenne C 22 nulla di particolare, grazie sicuramente alla cura certosina operata dai nostri nonni nella regimazione delle acque e alla loro costante presenza sul posto. Nel 1956 e poi nel 1984 si ebbero le prime rovinose colate che si ricordano a memoria d’uomo, con campi resi inservibili e case crollate ( il mulino Cappelletti con l’attigua abitazione del mugnaio), ma è stato nel 2001 che la sponda modenese del fiume Dolo ha cambiato fisionomia, con un movimento di terra talmente imponente da assurgere al poco invidiato primato di maggior frana regionale. E sì che in fatto di frane l’Emilia Romagna non si è mai fatta mancare nulla! La viabilità interrotta totalmente per 52 giorni e parzialmente per altri 45 creò un profondo disagio nella popolazione, obbligando pendolari, studenti, agricoltori e quant’altro, a lunghe percorrenze laddove bastavano pochi minuti. Per non parlare delle attività produttive, bar, ristoranti e negozi presenti sul territorio, che pagarono sicuramente il conto più salato. Successivamente, la viabilità principale e poi le secondarie furono risistemate adeguatamente con un grosso esborso economico da parte degli enti preposti, ma poi nell’autunno del 2005, inattesa in quanto l’annata non era stata particolarmente piovosa, la frana si rimise in movimento, sconfessando quanti dicevano che sarebbe restata in letargo più a lungo come le volte precedenti. In poche settimane dalla sommità del monte Modino raggiunse la fondovalle, interrompendola dal 6 Novembre per 92 lunghissimi giorni, in quello che fu anche un inverno particolarmente rigido e nevoso. Rispetto alla volta precedente avvenuta nella tarda primavera e in estate (come pure nel 1984 quando la strada non fu mai interrotta), il clima contribuì ad elevare il disagio patito da Romanoro, Rovolo e dintorni a livelli mai conosciuti in precedenza, tanto da insinuare nella mente di qualcuno l’amletico dubbio se valeva la pena di continuare a restare quassù. Il latte delle aziende agricole del Favale e di Isola raggiungeva il Caseificio di Romanoro passando da Quara e Gova sulla sponda reggiana del fiume Dolo; gli studenti di Romanoro e Rovolo frequentanti le Scuole Superiori di Sassuolo, partivano alle 5,30 e passavano da Frassinoro per essere in aula alle 8 ; i tanti pendolari verso la bassa vissero un inverno da tragedia greca. Per non parlare delle poche (per fortuna) emergenze sanitarie, obbligate ad un tragitto da caccia al tesoro prima di giungere a destinazione. Fu a questo punto che si iniziò a parlare di un ponte per bypassare la frana, larga nel punto più stretto poco più di 100 metri. Dapprima apparve ai più come una battuta da bar, ma poi pensandoci bene si manifestò ben presto la soluzione più plausibile e definitiva, nella nella dovuta considerazione che la frana di Valoira quando sembra che si sia scaricata riprende a scendere più minacciosa di prima, sia che piova tanto come che piova poco. Il ponte, quindi, che ho chiamato goliardamente “dei Sospiri”, ricordando tutte le volte che ho sospirato guardando da Gova l’immane ferita inferta dal fato alla nostra sponda della vallata, è un manufatto di ferro del peso di 800 tonnellate che attende ormai soltanto di essere posizionato sui piloni in calcestruzzo costruiti ai lati della frana. È stato previsto a due corsie di transito più una corsia pedonale ed ha una lunghezza totale di 160 metri. Il costo previsto inizialmente ammontava a circa 5 milioni di euro, ma i molti ritardi nella sua gestazione dovuti a diatribe incrociate fra Provincia e Regione sulle competenze del caso, ci fanno presumere che sicuramente lieviterà. Ma per dirla alla Macchiavelli “è il fine che giustifica il mezzo” e l’importante è che sia montato quanto prima e possa essere percorribile almeno per il prossimo inverno, considerando che, in quello testè concluso, si è avuta l’ennesima interruzione totale della viabilità per oltre 70 giorni, con tutti i problemi causati nelle due volte precedenti. Alcuni miei amici dicono che una volta ultimato sarà come un quadro d’autore appeso a una parete di frasche, essendo la fondovalle Dolo con tutte le sue buche e i suoi sommovimenti inadeguata ad una simile opera pubblica, ma vadano a spiegarlo a coloro che in questi 8 anni hanno dovuto sobbarcarsi tutti i disagi citati. Convinto che ci risolverà l’annoso problema (altrimenti dovremo scappare di notte impugnando bandiera bianca) una volta per tutte, resta solo da chiederci perché ci siano voluti quasi tre anni per un simile manufatto, potendo contare sui mezzi meccanici di oggi, quando per costruire la Diga di Fontanaluccia con 12 kilometri di galleria, una Vasca di Carico sotterranea di 22000 metri cubi, il piano inclinato con condotte forzate ed infine la Centrale Idroelettrica di Farneta, impiegarono 5 anni, dal 1924 al 1928, con l’ausilio principale di picconi e badili! Ci piacerebbe saperlo. Lorenzo Aravecchia 23 Accoglienza estiva bambine e bambini Sahrawi organizzazione dei soggiorni di accoglienza delle bambine e dei bambini Sahrawi sono stati avviati nell’estate del 1999 a Guastalla. Nel 2000 l’Associazione “Jaima Sahrawi per una soluzione giusta e non violenta del Sahara occidentale” si è costituita formalmente, e nell’estate di quell’anno si è occupata di organizzare interamente l’accoglienza di un gruppo di dieci bambini più un’accompagnatrice. In questa seconda occasione i bambini hanno trascorso l’intero periodo (due mesi: luglio ed agosto) a Reggio Emilia e Provincia ed ha visto coinvolte numerose realtà locali: famiglie, Associazioni, Enti. Nel 2003 si è accentuato e consolidato il processo avviato negli anni precedenti, che ha portato alla costituzione di una rete di accoglienza fondata su molteplici unità autonome ma comunicanti. Il percorso di accoglienza dell’Associazione reggiana di solidarietà con il Popolo Sahrawi è un percorso di accoglienza “misto”, cioè metà in famiglia e metà in struttura. Questo tipo di percorso permette ai bambini di instaurare un rapporto “privilegiato” con alcune famiglie, senza però rinunciare all’opportunità di condividere con i propri amici un’esperienza di gruppo. L’organizzazione di un percorso con queste caratteristiche, insieme alla individuazione delle famiglie ospitanti è piuttosto impegnativo. Infatti allo scopo di rendere il più positiva possibile l’esperienza di accoglien- accertamenti e cure mediche; - allontanarsi dal clima torrido dell’estate del deserto; - nutrirsi con alimenti freschi e variati; informare e promuovere in loco una migliore conoscenza da parte di chi ospita della cultura, delle tradizioni e della storia del Popolo Sahrawi. L’ 24 za, sia per le famiglie che per i volontari, è necessario preparare l’accoglienza attraverso l’organizzazione di incontri, proiezioni di diapositive, per fornire informazioni sul Popolo Sahrawi, sulla sua storia, sugli usi e costumi del deserto. L’Associazione oltre a ricevere contributi da alcune Amministrazioni Locali, si autofinanzia realizzando iniziative pubbliche di raccolta fondi che permettono di coprire parte delle ingenti spese del progetto (biglietti aerei, assicurazioni, trasferimenti…). Scopo dell’accoglienza è quello di favorire la conoscenza tra bambini/e Sahrawi e bambini/e Italiani/e coinvolgendo gli adulti nel rispetto delle diversità culturali. I/Le bambini/e potranno così: allacciare nuovi rapporti di amicizia con coetanei locali; - conoscere lingua e tradizioni locali; - godere di una fase di accoglienza incentrata su Carissime Famiglie di Toano, Villa Minozzo, Val d’Asta e Val Dolo se siete disponibili a partecipare all’accoglienza di 10 bimbi del Sahrawi nel mese di luglio (periodo di due o tre settimane) contattateci: 0536 968164 (segreteria), scrivete una email: fontanalucciadon@tin. it oppure 346 2381039 (Ester) e per saperne di più su sito: http://jaimasahrawi.altervista.org/ Una esperienza di accoglienza Non è facile ricordarsi che le esperienze più importanti e più gratificanti spesso sono quelle che all’inizio ci costano fatica e sacrificio: le nostre scelte nascono troppe volte dall’istintivo bisogno di cercare la strada più comoda e meno impegnativa. Forse è un istinto di sopravvivenza oppure semplice egoismo ma il risultato finale è quello di lasciarsi scappare esperienze importanti. L’accoglienza dei bambini Sahrawi all’inizio può apparire come una scelta coraggiosa: aprire la propria famiglia a bambini così piccoli, che vengono da una terra così diversa dalla nostra può sembrare un’impresa troppo grande. Ma se si trova la forza di superare questi primi ostacoli, se si ha la fortuna di lasciarsi coinvolgere e di buttarsi con un po’ di sana incoscienza, alla fine tutti i nostri fragili muri si sgretolano di fronte all’innocente gioia di queste instancabili pesti. Nei primi giorni non mancano le difficoltà di inserimento che variano molto in base al carattere dei singoli bambini. Le difficoltà maggiori sono rappresentate dall’enorme diversità tra il nostro e il loro mondo: all’inizio i bimbi sembrano comprensibilmente spaesati ed in difficoltà. La mancanza di una lingua comune rappresenta poi un macigno pesante specialmente nei primi giorni. Ma tutte le nostre difficoltà ad accogliere diventano piccole di fronte alla loro grande capacità di accogliere noi: da questi bimbi impariamo subito la semplicità e la bellezza di costruire un legame forte con persone sconosciute. Sono infatti loro che ci lasciano essere genitori adottivi anche se solo per poche settimane: la loro capacità di affidarsi a noi, la loro contagiosa voglia di giocare, la loro irrefrenabile energia, il loro affetto mai nascosto non possono che spazzare via tutte le piccole difficoltà per lasciare spazio alla gioia dell’accoglienza. Anche il problema della lingua passa in secondo piano perchè la capacità di comunicare di un bambino va oltre il linguaggio verbale: i sorrisi, i musi, le smorfie, i gesti possono comunicare più di mille parole. Tutto questo porta ad un importante arricchimento: la fatica dell’accoglienza viene sbriciolata dalla gioia di un esperienza che insegna tanto a chi ha la forza di mettersi in gioco. Infine la scoperta di un mondo tanto diverso dal nostro che, attraverso questi piccoli ambasciatori, entra nelle nostre vita con prepotenza: tante sono le cose che noi diamo per scontate e che per loro sono incredibili, tante le piccole abitudini che ci portano a scoprire uno stile di vita così lontano dal nostro e dal quale possiamo imparare tanto. Unitamente a tutto ciò c’è la bellezza di riscoprire la gioia della piccola comunità: è di grande aiuto infatti unire le forze organizzando serate o giornate insieme con due o più famiglie che accolgono i bambini Sahrawi. Questo facilità nella gestione dei bimbi che possono stare insieme tra di loro ma dona anche la possibilità alle famiglie stesse di confrontarsi e di passare qualche ora insieme. In una società come la nostra dove troppo spesso le famiglie vivono chiuse nel loro nucleo, la riscoperta della piccola comunità non può che essere l’ennesima opportunità che l’accoglienza dei bimbi Sahrawi ci può regalare Ciao, Valerio I miei primi “extra” (…ovvero: nei miei primi 40 anni che “extra” ho incontrato) ’68--> ’78 ero piccolo, non ho moltissimi ricordi dell’infanzia ma credo che “extra” era un termine abbastanza inusuale per l’epoca, forse lo si vedeva in qualche etichetta d’abbigliamento indossata dai grandi: XL oppure XXL, pensavo che fosse una delle solite parole americane, importate per l’occasione, che andavano molto di moda in televisione… ’78 --> ’88 sono anni di cruciali e forti cambiamenti del fisico ma non solo: che intensità di vita tra i 10 e i vent’anni, vero? Quante esperienze e trasformazioni, nuove amicizie e incon- tri un po’ dappertutto, più la conoscenza di alcuni “extra”: il primo è stato un certo Carol, un uomo straniero che arrivava da un paese freddo, oltre la cortina di ferro, dal cognome impronunciabile e ancor più, 25 inscrivibile… poi, per nostra “comodità”, prese due nomi italiani, Giovanni & Paolo, ciò ci semplificò la vita per oltre 25 anni, di grazia…; il secondo veniva da molto più lontano e non era proprio umano, lo chiamavamo E.T. ed è stato il primo “extra-“ di qualcosa… della terra nella fattispecie, un personaggio (questo sì americano) dal testone grosso e un dito lungo che si illuminava, era molto simpatico e tenero; la terza fu una famiglia di marocchini (6 qua e 2 rimasti a studiare nel paese d’origine) che don Luigi aiutò ad insediarsi nel paesello (Rovolo)… profeticamente lo fece! per darci una svegliata, chiamarci a mettere in discussione alcune “certezze” culturali, introdurci nel corso della storia e diventare grandi… ’88 --> ’98 la politica e i grandi ideali in questo decennio la fanno da padrona! Prima cade il muro di Berlino e poi, con il trattato di Maastricht (paesone che pochi hanno capito in quale parte dei Paesi Bassi sia…) diventiamo tutti cittadini dell’Unione Europea e veniamo ad esporre nelle sedi istituzionali non solo la bandiera nazionale, il classico tricolore, ma pure quella blu con le dodici stelle gialle in cerchio. Da allora (1993) spariscono gli stranieri di una volta e compaiono sulla scena, in modo sempre più eclatante, gli “extra-comunitari”! Gente olivastra, nera, gialla, pellerossa (pochi, nei film western perlopiù…), albanesi e un po’ di badanti dalla pelle chiara che da noi hanno sempre caldo anche d’inverno… Anche nel calcio, lo sport nazionale per eccellenza, è tutto un gran fermento, spostamento di giocatori e cartellini… l’Inter perde delle partite in coppa 26 con nemmeno “l’odore” di un italiano in squadra e la nazionale francese vince i mondiali con una parte prevalente di africani in campo... naturalizzati ovviamente! ‘98 --> ’08 all’inizio del terzo millennio si passa dalla Lira all’Euro e finalmente condividiamo qualcosa di molto pratico e concreto, riconoscibile direi, con tante altre nazioni a noi vicine. Viaggiare e comperare non è più un problema, è facile e piacevole, tant’è che le spese diventano subito “extra”, anche per prodotti che non sono molto più “extra”, cioè superiori in qualità, da prima del cambio della moneta… e i risparmi o i bilanci famigliari non quadrano più! Per incrementare non ci resta che lavorare e, lavora oggi lavora domani, nei servizi sociali del Comune di Modena vedo arrivare sempre più di queste persone diverse per fisionomia, lingua e cultura a “batter cassa”, chiedendo di tutto e di più: casa, lavoro, servizi, contributi, scuole, ecc… domandano insomma tutto quello che noi abbiamo… solo che i regolamenti sono ancora quelli di una volta e, di conseguenza, nelle graduatorie ci passano avanti perché loro hanno famiglie numerose, spesso monoreddito, non hanno soldi o beni da parte, lavorano percependo redditi mediamente più bassi, l’impiego è talvolta precario e più insicuro, capita che siano soli a migliaia di chilometri da casa e dalle loro famiglie e quindi non sempre hanno una rete di assistenza e d’aiuto che li sostenga nei momenti di difficoltà. Quando incontriamo qualcuno di questi uomini non dimentichiamo che se avesse potuto garantire un futuro migliore a se stesso e ai suoi cari rimanendo dov’era ci sarebbe certamente rimasto e consideriamo per noi che solo la fortuna, o il destino propizio, ci ha fatti nascere in questo territorio che abitiamo. 2008 --> siamo in un mondo globale, “extra-ordinaro” per tante cose, ad esempio per le infinite possibilità e potenzialità di comunicare: le televisioni, i telefonini e internet ci mettono in relazione, in tempo reale, con il sapere e l’informazione, possiamo vedere, sentire , parlare e scrivere potenzialmente con persone sparse in ogni dove del pianeta. Eh... sì! Siamo fregati! Non possiamo più tirarci “fuori”, pensare e dire che non sappiamo o che non ci tocca ciò che avviene fuori dalle nostre 4 mura; “io non c’entro” o “non mi interessa” sparirà dal vocabolario… forse dobbiamo rispolverare il senso del termine latino “extra” = “fuori” ed avere il coraggio di uscire, andare controcorrente, avere quel pizzico di “fuori di testa” che ci sproni a cambiare il mondo, in meglio ovviamente! Per mandarlo a rotoli ci sono già in tanti che si sono dati e si danno molto da fare… Il capitalismo, l’individualismo, il consumismo, il materialismo, alla stregua del comunismo, del fascismo o nazismo che sia si sono rivelate ideologie e sistemi fallimentari per l’uomo, che lo portano a grandi tragedie e sofferenze come le guerre. E’ importante riscoprire l’umanesimo, oltre le religioni, dove ogni uomo, ciascuno di noi, ha la stessa dignità dell’altro, indipendentemente da tutto e soltanto perchè appartenente al genere umano. Modena, lì 6 dicembre 2008 La bontà è disarmante… tutti al Sermig! I l Sermig è nato a Torino come servizio missionario giovani, alcune famiglie si proponevano di fare delle attività per aiutare i poveri del sud del mondo. Nel corso degli anni, impegnandosi in questo, si accorsero che la povertà era presente anche nella loro realtà. Così guidati da Ernesto Olivero hanno chiesto l’autorizzazione di occupare l’arsenale militare ottenuto con fatica nel 1982. Con l’aiuto e il lavoro di tanti giovani ed amici l’arsenale militare è stato trasformato mattone dopo mattone in arsenale della pace. Ed è qui che noi giovani di Fontanaluccia e Villa Minozzo abbiamo partecipato al campo di lavoro dal 27 al 30 dicembre 2008. Dopo un allegro viaggio in treno siamo arrivati a Torino. All’entrata dell’arsenale della pace ci è venuto incontro Raffaele, la nostra guida per il tempo del campo, che ci ha accompagnato nella visita della struttura. Ogni giorno, dopo la preghiera, ci venivano proposti laboratori di approfondimento su temi riguardanti la società e lavori manuali per contribuire ai progetti di sviluppo che il Sermig ha in varie parti del mondo. Questa esperienza ci ha permesso di allargare il nostro sguar- do ad altre realtà e guardare le difficoltà in modo diverso e a prestare maggiore attenzione agli altri. Un momento molto toccante è stata la cena dei popoli in cui noi 500 ragazzi siamo stati divisi nei paesi del mondo secondo le percentuali di ricchezza, quindi circa una ventina sedevano al tavolo con cibo e acqua in abbondanza e i restanti 480 con un cucchiaio di riso. Questa situazione ha scatenato le più diverse reazioni, dal rovistare nei pattumi dove i ricchi buttano l’abbondanza, al rubare dai tavoli o addirittura restare seduti a subire la situazione. Tutto ciò ha suscitato in noi un grande senso di rispetto e ingiustizia per i poveri. COSA CI SIAMO PORTATI A CASA? Tanto. Certo tanti grandi spunti su temi come mondialità e povertà, ma anche tanti piccoli atteggiamenti concreti come l’attenzione allo spreco dell’acqua anche solo nel lavarsi i denti e del cibo. 27 Incroci di speranza. Educare omenica 1° marzo ’09 nel rinnovato tecnologico salone parrocchiale di Villa Minozzo, un buon numero di famiglie (erano presenti circa 80 persone) del nostro vicariato di S. Maria nei Monti, ha vissuto due ore formative e piacevoli in compagnia di don Vittorio Chiari e di Sergio Procopio Clown. Don Vittorio Chiari, per chi ancora non lo conosce, è stato responsabile della pastorale giovanile diocesana a Reggio Emilia, è ora responsabile del Centro Salesiano di Arese, conosciuto anche come “casa dei barabitt”, dove lavora con i ragazzi e i giovani in difficoltà. E’ anche conferenziere, pubblicista e scrittore di numerosi libri sui problemi dei giovani e sul teatro, di cui è esperto. Nel corso del pomeriggio don Vittorio, nel suo dire, si è attenuto, oltre che alla sua grande esperienza in campo educativo, ai contenuti del suo ultimo libro dal titolo “Incroci di speranza. Educare”. Il volume raccoglie un repertorio di riflessioni che, partendo da situazioni concrete personalmente incontrate o desunte dai giornali, tracciano una pedagogia della vita quotidiana, che impegna anzitutto i genitori in una delicata responsabilità. Si parla di famiglia e rapporto genitori-figli, di scuola e bullismo, dì preghiera e sofferenza, di attualità nazionale e internazionale. Si afferma con forza che non esistono ragazzi cattivi o difficili, ma solo D 28 quelli in difficoltà, per le tante carenze in campo educativo ed affettivo, che hanno sofferto e li hanno fatti smarrire nella vita. Scrive nel suo libro don Vittorio:” Sono semplicemente ragazzi “cambiati” come anni fa eravamo “cambiati” noi agli occhi dei nostri papà e mamme e dei nostri educatori. I nostri ragazzi sono immersi in un mondo che ha incrinato le nostre certezze di adulti, introducendo tecnologie che hanno modificato la comunicazione e creato “nuove solitudini”, nuovi stili di vita, desideri e bisogni, che non sono più profondi ma superficiali, commerciali, sedotti come sono dal mondo affascinante delle cose, del divertimento, del denaro. Sono cambiati i bambini, ma siamo cambiati anche noi adulti. Si pensi all’aumento delle famiglie multiproblematiche, improbabili, segnate dal precario, alle famiglie costituite da single con uno o due figli, ai quali si ha paura di mettere dei paletti, perché potrebbero scappare di casa, famiglie in ostaggio dei genitori, famiglie spesso banalizzate, sottostimate dagli stessi amministratori pubblici, che alla famiglia riservano scarse attenzioni”. In un altro brano sempre parlando dei giovani dice:” Chiedono punti di riferimento veri, obbligano a cercare itinerari educativi, che non tendono a imporre loro delle norme, ma a renderli responsabili della libertà, con riferimento alla coscienza, all’autenticità dell’amore, alla dimensione del vivere tra gli altri, evitando ogni degrado etico, le idolatrie della ricchezza e del sesso, l’emarginazione e la violenza. … La chiesa parla di nuova educazione e nuova evangelizzazione…mette l’uomo, la persona al centro dell’universo, ma con al vertice Gesù Cristo l’uomo nuovo”. Don Vittorio ha avuto anche la sensibilità di incoraggiare e sostenere le famiglie che a Villa e a Minozzo si sono rese disponibili a praticare l’ospitalità, accogliendo nelle loro case nel momento del pranzo una volta la settimana, alunni per consentire loro di partecipare a progetti pomeridiani organizzati nella scuola. Mi piace accostare a questo gesto di amore gratuito quanto dice dell’accoglienza S. Paolo: “Non dimenticate l’spitalità; alcuni praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo” Eb. 13,2. L’incontro si è concluso con un momento decisamente divertente animato da Sergio Procopio, amico di don Vittorio co-fondatore dell’associazione culturale Barabba’s Clown, presso il Centro Salesiano di Arese e formatosi artisticamente attraverso i corsi di Pierre Bayland e Marcel Marceau. Il clown è riuscito a portare gli adulti, anche se per un tempo intenso ma troppo breve, a scoprire che il bambino innocente che è in ognuno di loro può tornare a vivere, capace ancora di ridere e di divertirsi, semplicemente gettando la maschera che ogni giorno viene indossata, per rendere al mondo l’immagine che questo ci chiede. Remo Zobbi E’ GIORNO DI FESTA Auguri al vicino di casa uardati con un misto di simpatia, compressione, distacco e, a volte, sentimenti razzisti, li incontriamo quotidianamente per strada, sui mezzi pubblici, sul lavoro, nella scuola: i concittadini Mussulmani. Nel confronto quotidiano è più forte il nostro atteggiamento critico, rispetto alla volontà di capire qualcosa del loro mondo, delle loro abitudini, del loro modo di vivere. E’ la paura che l’Altro ed il Diverso tolga a noi qualcosa, mentre l’Altro ed il Diverso sono vere occasioni di arricchimento. Un amico Mussulmano, il 24 dicembre mi ha sorpreso augurandomi Buon Natale. Ho deciso di ricambiare la sorpresa e, magari, aiutare anche altri a fare altrettanto con i vicini di casa di religione Mussulmana. Ho così trascritto ( con qualche breve spiegazione) le feste principali del calendario Islamico. I mesi dell’anno Islamico sono dodici e si basano sul ciclo lunare: ogni mese inizia con la luna nuova. Nel mondo Islamico l’anno 2009 corrisponde al 1430: l’Era Mussulmana ebbe inizio il primo giorno del mese di Muharram dell’anno in cui Muhammad emigrò dalla Mecca a Medina (15 luglio del 622 d.c.). per il mondo Islamico è la Nuova Era-Hijra. L’anno 1430 ha avuto inizio il 28 dicembre 2008 con il primo giorno del mese di Muharram. G Il decimo giorno del mese di Muharram, i Mussulmani Sciiti celebrano l’ A’shura in ricordo della morte di Hussein, uno dei due nipoti di Mharram. Nella notte tra l’undici e il dodici del mese di Rabi’Al-Awwal (8-9 marzo) si ricorda la nascita di Muhammad (Ma wild). Il 24 giugno è il primo giorno del mese di Rajab, mese in cui regna la tregua di Dio e in cui è sacrilegio fare fare la guerra. Nella notte tra il 24/25 giugno si ricorda il compimento di Muhammad (Regaib Kandili). La notte tra il 19/20 luglio (26/27 del mese di Rajab) ricorda l’ascesa notturna di Muhammad, da vivo, in cielo (Mi’Raj). La notte tra il 5/6 agosto (14/15 del mese di Sha’Ban) è la notte dell’Assoluzione (Laylat al-bara’a): Dio scende verso la terra per perdonare i peccati degli uomini. Il 21 agosto corrisponde al primo giorno del mese di Ramadan, il mese più importante, in cui si pratica il digiuno (Sawn) dall’alba al tramonto; dopo il tramonto si mangia, si festeggia e si canta. La Notte tra il 15/16 settembre (26/27 del mese di Ramadan) ricorda la notte del Destino (Laylat al-qadr), notte in cui l’Angelo Gabriele rivelò il Corano a Muhammad. Questa notte è definita nel Corano la più preziosa di mille mesi. I giorni dal 24 al 26 novembre (7-9 del mese di Dhu Al-Hijja) sono consacrati al pellegrinaggio (Hajj) alla Mecca. Dal 27 al 30 novembre (10-13 Dhu Al-Hajj) si celebra la festa del sacrificio di Abramo (EidAl-Adha); il ricordo del montone sacrificato da Abramo, le famiglie che possono uccidono un agello e lo dividono in tre parti: una per loro, una per i vicini, l’altra per i poveri. Il 17 dicembre è il primo giorno del mese di Muharram e si festeggia il Ra’s al Sana, Capodanno Islamico 1431. Queste poche righe vogliono essere un piccolo contributo alla comprensione e al rispetto della cultura e la religione di persone che da decenni sono diventati vicini di casa e nostri compagni di viaggio. Gianni Beltrami (Cervarolo) 29 L’antica Pieve di Minozzo antica Pieve di Minozzo, posta come un vero balcone sul nostro appennino, alle pendici del monte Prampa e con di fronte la Pietra di Bismantova, è una delle più belle e antiche chiese della nostra montagna. Dedicata a S. Maria Assunta, risale alla prima metà del secolo XV°, dopo che la precedente, di cui si hanno notizie già a partire dal X° secolo, cadde in rovina a causa di una frana verso il torrente Prampola. Minozzo ha avuto la fortuna di annoverare tra i suoi figli lo studioso e storico Mons. Francesco Milani che, con le sue minuziose e preziose ricerche, ha ricostruito la storia della Pieve e della Podesteria di Minozzo dalla loro origine fino ai giorni nostri. L’importanza di Minozzo e del suo enorme plebanato, che si estendeva fino all’anno 1.781 da Cinquecerri fino a Costabona e San Bartolomeo, deriva in buona parte dal fatto che, a partire dal 1.429 viene inglobata tra i possedimenti estensi e da allora assunse l’importante ruolo di centro della Podesteria della val d’Asta e dell’alta val Dolo, mantenendo questa funzione fino al 1.815, allorché sarà Villa a diventare sede del Comune. Inizialmente la chiesa venne costruita a navata unica con copertura in “piagne”, sorretta L’ 30 da una struttura portante in legno, con capriate ingentilite da semplici decorazioni. La struttura subisce nei secoli successivi sostanziali modificazioni fino ad arrivare, nella seconda metà del 1.800, alla costruzione del nuovo campanile incorporato nella facciata. La chiesa così come la possiamo ammirare oggi, a tre navate e con le preziose decorazioni della navata centrale e del presbiterio è il frutto dell’operosità del parroco don P. Maseroli, all’inizio del secolo ventesimo. La struttura sacra venne poi seriamente danneggiata dal terremoto del 1920, ma il parroco, insieme alla sua comunità, ricostruì immediatamente ciò che era stato distrutto o danneggiato. Infine, a partire dal 1993, l’attuale parroco don Adelmo Costanzi, “con un intervento esemplare dei paesani” e con contributi da parte della Regione, della Fondazione Manodori, della Cassa Diocesana e dell’Amministrazione comunale di Villa Minozzo, ha dato inizio ad importanti lavori di restauro della Pieve su progetto e direzione lavori dell’Architetto Fausto Bisi. I lavori hanno riguardato dapprima il restauro dei cicli pittorici coi misteri del Signore e con la riproduzione della Cena del Leonardo nella lunetta sopra l’arco del presbiterio, riportandoli al loro iniziale splendore. Si è proceduto poi al rifacimento del tetto per impedire le infiltrazioni dell’acqua, alla sostituzione dei serramenti, al rifacimento dell’impianto elettrico, che così tanto contribuisce alla valorizzazione dei dipinti interni, e di riscaldamento a pannelli radianti, nonché alla sostituzione del pavimento, che risultava parecchio dissestato. Si può dire con orgoglio che questa antica pieve è tornata al suo antico splendore e che le sacre funzioni che in essa si svolgono ispirano a chi vi assiste un profondo senso di sacro e di mistero come i dipinti che dall’alto ti sovrastano. Giuseppe Fontana Vi racconto qual è il mio sogno Io sogno un appenino coltivato, là dove sia possibile, così da avere anche un maggior controllo sul territorio. Sogno allevamenti di mucche e pecore, rigorosamente biologici. Sogno un’economia locale a chilometro zero, per cui qui si consumano i prodotti di qui prima che di altre zone di Italia. Sogno che vengano rimessi in produzione i castagneti, che si vendano castagne e farina e che i boschi possano essere facilmente percorsi per passeggiate e gite. Sogno che coi resti della pulizia dei boschi vengano alimentate centrali a biomassa che possono, per esempio, scaldare gliedifici pubblici di qualcuno dei nostri paesi. Sogno investimenti seri nelle energie rinnovabili, fotovoltaico ed eolico. Sogno lo sviluppo di un artigianato tipico, come la lavorazione del legno e del sasso. Sogno un turismo rispettoso degli equilibri del nostro territorio. In un momento come questo in cui il sistema produttivo che abbiamo conosciuto fino ad ora mostra tutti i suoi limiti mi sembra sbagliato continuare a inseguire quel modello di sviluppo. Mi pare invece che siamo in un momento favorevolissimo per osare, per sperimentare nuove strade che, rispettando la nostra identità di montagna, ci portino comunque ad immaginare un futuro. Ci sono realtà che da tempo hanno fatto questo passo coraggioso e sono state premiate. In altre condizioni, certamente, come può essere l’esempio di Varese Ligure. Però da queste esperienze si può trarre da declinare secondo la nostra specifica condizione. Chissà che in questo momento di crisi orientarsi in questa direzione non possa significare diventare attrattivi per chi nelle città fa fatica a vivere, tra lavori precari e mutui/affitti alle stelle, ed offrire una speranza e una prospettiva al territorio e non solo.... Claudia Vago Se vi nasce una bimba o un bimbo mandate la foto, data di nascita, paternità e maternità a [email protected] e provvederemo a pubbicarne la notizia nei prossimi numeri del giornale! Stampato su carta riciclata al 100% certificata Ecolabel e Angelo Blu nel rispetto dell’ambiente 31 ••••••••Notizie in breve •••••••• Ordinazioni diaconali per due candidati al sacerdozio in Cattedrale, sabato 2 maggio alle 17. Nella celebrazione, che avviene alla vigilia della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, verranno ordinati diaconi Luigi Orlandini, di S. Ilario e aspirante alla Comunità sacerdotale Familiaris Consortio, e Robero Ruozi di Bagnolo. Inoltre saranno istituiti lettori Carlo Menozzi e Lorenzo Zamboni, anch’essi di Bagnolo. Don Davide Castagnetti, dei Fratelli della Carità, dopo la Comunione, riceverà il mandato in partenza per il servizio pastorale in India. • • • Ordinazione Presbiterale di sei giovani in Palasport a Reggio, sabato 30 maggio, vigilia di Pentecoste, alle ore 20.30. Tra i quali abbiamo il nostro Fratello della Carità don Gianluca Bergamaschi che ha fatto il noviziato e molti anni alla Macchiaccia ed è conosciuto nel nostro vicariato. Preghiamo per lui e gli altri diaconi che si stanno preparando al sacerdozio. ••• Campeggio estivo dal 22 luglio al 31 luglio 2009 per ragazzi/ e dalla 3ª media alla 5 superiore a LUTAGO - VALLE AURINA Quota di partecipazione 280 € (Sconti per fratelli). Iscrizione entro il 31 maggio presso Elena Castellani Preghiera di Giuseppe Venturelli (Toano) Oh Signore che hai promesso la salvezza, a chi in Te vive e crede, aumenta la nostra fede. Questa prece vien dal cuore, esaudisci, o Signore. Ascolta la nostra voce, aiutaci a portare la nostra piccola croce. Per i meriti della Tua morte e resurrezione, allontana da noi la tentazione. Del mattino e della sera, accetta la nostra umile preghiera. Per me che al Tuo incontro mi avvicino, in Paradiso tienimi anche l’ultimo posticino. Perdona le mie mancanze e i miei difetti, fa che quel giorno sia anch’io far i Tuoi eletti 32