Araberara - 9 Luglio 2010 Araberara - 9 Luglio 2010 58 BUIO IN SALA Bicentenario della nascita Mario Sigismondi costava 335 lire: poi fu la volta di bratto O Tempora o Mores “CASTRO” La piccola Capri del Lago d’Iseo 1913: la falciatrice meccanica Osborne arrivò a Clusone... in Triumph Alex Giovè Si rimane subito coinvolti e avvolti in uno degli scenari più belli del Lago d’Iseo, Castro, un piccolo paese vicino alla più nota Lovere ma a cui nulla deve invidiare. Camminando lungo la strada che costeggia il lago si apre un paesaggio intenso, dove lo sguardo si rincorre da Pisogne a Iseo passando dal Corno 30 Passi a Montisola, fermandosi senza fiato davanti all’”Orrido”, la montagna tagliata a vivo direttamente sul lago, il segno deciso della natura che ha voluto imporre la sua presenza; ricco di prospettive e tagli fotografici diventa il percorso salendo la “Rocca” mentre all’interno poche vie si intrecciano in un labirinto medioevale. E a fare da culla al sogno paesaggistico c’è un’economia a livello internazionale; nomi molto noti come Intermon, Lucchini, Apple sono il grande sfondo alle varie realtà artigianali ed imprenditoriali, dalla merceria alla progettazione, alla quale perché non consigliare un abbonamento ad Edizioni Condé Nast, si sa, lo stile è qualcosa di globale e ne abbiamo così bisogno. Non mancano servizi, parcheggi, bar, parrucchieri, alimentari, farmacia, poste, uffici, trasporti. Un punto di approdo per le famiglie, per i giovani che animano e offrono il loro lavoro per il territorio e investono nel territorio; certo la strada è ancora lunga per l’Alto Sebino ma qui si cammina a buon ritmo. Una realtà piccola ma densa, il punto di partenza per il turista dinamico, il giusto luogo per programmare le varie escursioni e scoprire tutto ciò che di bello le valli bergamasche e bresciane hanno da regalare; ideale uno nei numerosi b&b, come il fresco di restor, “Vulcano Village”, un complesso che si sviluppa dal borgo verso il lago, ristorante, pizzeria, bar; un mood decisamente particolare nel periodo estivo con i tavoli in piazzetta. Non si può dire d’aver mangiato la pizza se non si è seduti da “El Cantù” tanto grande da non vedere il piatto, con birra e caffè si arriva a spendere 10 €. Ma la ristorazione al coperto deve cedere il passo perché il protagonista in estate è il “casoncello”, tipico piatto della tradizione bergamasca; c’è solo la scegliere tra le varie “sagre” che una dopo l’altra si passano il testimone per tutta l’estate. Una nota stonata si sente al ricordo della “Caster Vino” l’evento per molti festaioli e amanti della bevanda di Bacco che veniva sorseggiata nelle vecchie cantine aperte per l’occasione, chiusa a causa dei soliti personaggi analfabeti che non sapendo leggere confondevano la parola degustazione con devastazione, ma il giovane fermento non si ferma ed ecco nascere il “Mojito Party”. Molto e molto ancora da scoprire a “Castro”, difficile consigliare una Manolo Blahnik sarebbe poco capita ed indicata per raggiungere la vicina chiesetta di “San Lorenzo” ma una maglia di cachemire è indispensabile al calar del sole, per un clima ideale, fresco anche nelle ore più calde grazie all’”Ora” il vento tanto amato dai velisti. UP…in Castro L’indiscutibile forza grafica ha reso Mac leader del mondo. “Air” il MacBook di Apple, grande e sottile quanto un formato A4 con prestazioni da A0. Oggi da “italian project”, il punto vendita ed assistenza della ”mela californiana”, essenziale nello stile con ampie vetrate che aprono la visione alla rete globale. Dentro e fuori tutto si mischia per gli amanti del surf, reale e virtuale. Prezzo: da 1.401,00 € 1 Nelle foto: 1. La falciatrice meccanica a Clusone 2. Testata de «La Vita Rustica», 1913 Giampiero Valoti 2 Scheda Le “signore” dell’agricoltura La prima volta era stata sperimentata in pianura, sui vasti prati di Bariano e di Caravaggio. Qui, su terreno regolare, libero di sassi o da altri ostacoli che avrebbeda «Il Lavoro bergamaro potuto rendere malagevole il lavoro, la falciatrice meccanica sco», 28 luglio 1898 «La nostra compagnia era Osborne che la Federazione dei infiorata dalla presenza delle Consorzi Agrari di Piacenza imgentili signore B. che sanno portava direttamente dall’America in un gran numero di esemplari altamente apprezzare la vera vita dei campi, non isdegnane il Consorzio di Bergamo vendo di occuparsi di faccende deva sul nostro territorio, aveva agricole e interessandosi con dato esito «soddisfacentissimo». viva simpatia d’ogni progresEra il 1898, al taglio del fieno so colturale. maggengo, di questi giorni. Al Questi costumi nelle nostre primo esperimento in Bergama- signore sono purtroppo rari sca di falciatura meccanica assi- e di questo difetto molti mali stettero i proprietari dei terreni provengono alla macchina condotti a prato di vicenda, alcu- sociale. Le cosiddette signore ne distinte signore che non disde- di società preferiscono dedignavano occuparsi di agricoltura carsi agli abiti sfarzosi pei (vedi scheda), il meccanico della pubblici passeggi e ritrovi, o ditta produttrice, i mezzadri che alla decorazione dei salotti conducevano i fondi, diversi cu- di ricevimento: ambiscono e riosi. soffrono per diventare preLa falciatrice era trainata da sidentesse di questo o quel due cavalli; il movimento delle comitato, o patronesse nelle due ruote di ferro metteva in moto gare sportistiche. Non pensai denti seghettati della lama fal- no all’alto mandato che pociante; il conduttore, seduto sul trebbero avere nella vita civimini seggiolino della macchina, le occupandosi dell’istruzione guidava i cavalli con le redini ed agraria, dell’allevamento dei aveva a portata di mano una leva bachi, delle operazioni della per mezzo della quale poteva latterie, della corte dei polli, dare il via all’azione della barra dei lavori dell’orto e del giarfalciante o interromperla. Anche dino, delle api e degli animali l’altezza da terra del taglio pote- domestici. Al mucchio di miva essere facilmente regolata e la serie che oggi si devono laOsborne effettuava comunque un mentare si potrebbe allora in taglio molto radente al terreno, a gran parte rimediare!» 17 mm. Si calcolava che in una giornata di lavoro la macchina potesse tagliare l’erba di 50 pertiche di terreno, vale a dire oltre tre ettari. Un risultato che faceva impallidire l’opera del più esperto e robusto falciatore tradizionale munito di ranza, la falce fienaia. L’esito positivo dell’esperimento in pianura spinse il Consorzio Agrario di Bergamo, che aveva sue succursali in molte località della provincia tra le quali Albino, Gazzaniga, Clusone, Sant’Andrea di Vilminore, Lovere, Sarnico e Trescore Balneario, a propagandare il nuovo mezzo anche attraverso «La Vita Rustica», il bollettino mensile che pubblicava. In alta valle Seriana la Osborne giunse quindici anni più tardi, nella primavera del 1913 e fu provata sui prati di Clusone, come si vede nella fotografia scattata per l’occasione. Qualche tempo dopo un esemplare funzionava regolarmente a Bratto, con piena soddisfazione dell’acquirente. La falciatrice costava 335 lire, una somma certo notevole ma non enorme per quegli anni in cui un’operaia tessile guadagnava due lire al giorno, un operaio metallurgico o cementiero poco più di tre. Per utilizzarla però era necessario disporre di due cavalli da tiro e questo rappresentava il vero ostacolo per molti mezzadri o piccoli proprietari della valle. La macchina poi esplicava tutte le sue potenzialità su prati falciabili di grandi dimensioni che permettevano l’agevole manovra degli animali e del mezzo. Il Consorzio ricordava che là dove era stata già utilizzata aveva stupito gli acquirenti per i brillanti risultati e non aveva fatto registrare inconvenienti di sorta, ad esclusione dell’ovvia sostituzione di alcuni denti della lama falciante, consumati dall’uso. Per altro il prezzo di vendita comprendeva anche una lama di scorta. Il venditore raccomandava agli agricoltori di dotarsi anche del voltafieno Triumph e del ranghinatore costruito dalla stessa ditta della falciatrice. Così il corredo per la fienagione dell’azienda agricola bergamasca di inizio secolo XX sarebbe stato completo. Come spesso accade, lo sviluppo di un settore economico, provocò la caduta di un altro. La progressiva meccanizzazione della falciatura e della mietitura comportò l’inizio dell’inarrestabile decadenza dell’industria di estrazione e lavorazione delle pietre coti che proprio nella bassa valle Seriana aveva avuto per secoli il suo centro produttivo. Ricorre, questo anno, il bicentenario della nascita di Luigi Torelli, nato a Villa di Tirano il 10 febbraio 1810, figura tra le principali del Risorgimento italiano, ma pressoché sconosciuta al grande pubblico. Fino a qualche generazione fa, gli alunni delle nostre scuole ne sentivano almeno parlare, e ne vedevano la faccia austera, quando si recavano all’immancabile (allora!) gita scolastica agli Ossari di Solferino e di San Martino, perché il Torelli è stato proprio, nel 1870, il fondatore della Società che ancora oggi gestisce e cura i musei ed i luoghi della memorabile battaglia del 24 giugno 1859, che diede inizio al processo di unificazione dell’Italia. Per avere un’idea di che persona fosse, fin da giovane, basti ricordare che da studente a Vienna aveva ideato un progetto per liberare il duca di Reichstadt, cioè il figlio di Napoleone, che egli vedeva, ogni giorno più magro (muore il 22 luglio 1832), durante le passeggiate, per aiutarlo a ritrovare sé stesso e il suo rango e per farlo centro e strumento di una sollevazione dell’Italia, la quale avrebbe così conquistato quell’indipendenza, che il grande imperatore non aveva voluto attuare; diventato impiegato del governo austriaco del Lombardo Veneto, ne approfittò, prima di dimettersi, per studiare a fondo il sistema burocratico imperiale, per poterlo poi meglio combattere; ricercato dalla polizia austriaca, che gli aveva tolto il passaporto per il suo appoggio giovanile all’insurrezione dei polacchi, girò per l’impero con documenti falsi, spacciando il suo certificato di nascita, scritto in tedesco, per il passaporto; che durante le Cinque giornate di Milano fu l’uomo che salì sul tetto del duomo per sventolarvi la prima bandiera tricolore. colare. Ma il governo di Torino, già nel gennaio successivo gli annunciò il suo trasferimento come prefetto della difficile Palermo. In una lettera all’amico Ricasoli, da Bergamo, il 21 gennaio 1862, racconta, tra altro, del disagio per la moglie, la quale rilevò quanta differenza correva a rappresentar qui, ove si trovava pari ed era già benevisa, con Palermo, ove havvi tanta aristocrazia… Per ora non potrà venire con me; io farò ogni possibile per essere costì il 26, per imbarcarmi il 28 a Genova. Iddio, che legge nei cuori, sa che non è la vanità che mi spinge e ti assicuro che mi duole assai ad abbandonare Bergamo. Imito te, che tutto sacrifichi all’Italia (380). Dopo una prima esperienza nel capoluogo siciliano, fu poi prefetto di Pisa, di nuovo a Palermo (dove fronteggiò in prima persona la rivolta del settembre 1866 (anche avvalendosi del garibaldino bergamasco Gabriele Camozzi, allora deputato del collegio di Trescore, al quale aveva affidato il comando della Guardia Nazionale palermitana), per cui ebbe la seconda medaglia d’oro al valor civile), quindi a Venezia. Nominato senatore già nel 1860, creato conte dal re Vittorio Emanuele II nel 1874, Luigi Torelli muore nella sua casa di Tirano il 14 novembre 1887. Gli scritti Si contano ben 132 tra volumi ed opuscoli di cui è autore: gli argomenti sono i più vari, sempre legati a problemi estremamente concreti, sia quando descrive avvenimenti legati al Risorgimento, sia quando parla di storia, di politica, di amministrazione pubblica o di assistenza agli emigranti, di malattie come la lue o la malaria, di agricoltura o di rimboschimento, di viticoltura o di peronospora, di trafori delle Alpi o del taglio del canale di Suez, di pulizia delle sponde dell’Arno o dei canali di Venezia, della bonifica dell’agro romano o del convertire le lagune in un vivajo di ostriche. Scorrendo quel cospicuo elenco di scritti, uno potrebbe credere di trovarsi di fronte ad un uomo che abbia passato la intera sua vita tra i libri o su una cattedra universitaria, spettatore invece che diretto partecipe degli avvenimenti maggiori del suo tempo. Nel corso della ricerca in corso per conoscere qualcosa della sua brevissima permanenza nella nostra città, l’attenzione è caduta su alcune delle lettere che Torelli ha scambiato con non pochi dei protagonisti dell’unificazione italiana, quelli che sono (meglio, erano) ricordati anche sui testi scolastici di una volta. Alcune osservazioni di centocinquant’anni fa, colte qua e là nella copiosa corrispondenza, sembrano dirci che il tempo si sia fermato: si parlava, allora come oggi, di raccomandazioni, di parlamento esautorato, di abuso dei decreti legge, delle… indiscrezioni alla stampa, persino di manovra economica. Ci è sembrato di un qualche interesse presentarle così come le abbiamo trovate: ovviamente ciascuno le potrà giudicare secondo la propria sensibilità, sensibilità anche… politica. Ci lusinghiamo solo di pensare, nonostante tutto, che almeno i nomi di Alessandro Manzoni, Quintino Sella, Bettino Ricasoli non siano del tutto sconosciuti. Lettera di Alessandro Manzoni Alessandro Manzoni a Luigi Torelli. Milano, 14 febbraio 1864. Pregiatissimo signore e amico, Se la lettera che mi prendo la somma libertà d’accluderLe, non merita considerazione, Ella non ha che a buttarla nel fuoco, come avrei dovuto fa io, se non mi fosse balenato in mente che anche la non impossibilità di promuovere un bene, aiutata dalla confidenza di cui Ella m’onora, mi può essere un motivo bastante perché ardisca d’importunarla. La lettera lascia a me un’impressione di sincerità. È vero che la storia somiglia a troppe altre; ma son cose che possono essere materia d’invenzione appunto perché qualche volta sono vere. L’uomo, com’Ella vedrà, si rivolge a me per un soccorso diretto, o per una raccomandazione che gli procuri un mezzo stabile di sussistenza. Il primo non m’è permesso da dei bisogni ai quali non poteri senza colpa sottrarre alcuna parte del mio disponibile. Arrischio la seconda per il caso difficile senza dubbio, ma, ripeto, non impossibile ch’Ella possa avere qualche nicchia da collocarvi questo infelice; ben inteso quando concorrano le qualità essenziali di moralità e d’abilità. Com’Ella può credere, mi guardo bene dal partecipare a lui il passo che ardisco fare. E Lei me lo perdona? Ne prendo fiducia dalla bontà ch’Ella mi ha sempre dimostrata e alla quale corrispondo, se non altro, con inalterabile e affettuoso ossequio. Suo devotissimo servitore e amico, Alessandro Manzoni. Lettera a Ricasoli Luigi Torelli a Bettino Ricasoli. Pisa, 24 luglio 1864. Pregiatissimo amico, …Non credo essere fra quelli che si lasciano abbattere facilmente d’animo, ma è qualche tempo che sono preso anch’io da malinconia. La povera Italia ha una Camera che è impossibile idearla peggiore; un Ministero vigliacco alla stomachevolezza. È divenuto un umile servo della sinistra. La votazione delle 1.000 lire ai Garibaldini, in momenti in cui il Ministero si lascia togliere lo stretto necessario in altri rami di servizio pubblico, e si lascia dire che i prodi di San Martino appartengono ad altro ordine di cose; la scandalosa discussione della Legge Comunale, abbandonata quando saltò il capriccio al primo deputato di non andare avanti, e poi il modo più che scandaloso col quale fu condotto il processo Bastogi; tutto questo, ti assicuro, è un complesso che toglie la lena e rende melanconici perché fa pensare ove andremo con tanta impudenza da una parte e vigliaccheria dall’altra… Lettera di Quintino Sella Quintino Sella a Luigi Torelli. 13 luglio 1865. Caro amico, …È veramente cosa spiacevole che non si possa dire cosa in Consiglio dei Ministri, la quale non sia tosto riferita nei giornali… Lettera di Ricasoli/2 Bettino Ricasoli a Luigi Torelli, 19 dicembre 1865. Caro amico, Vedi tu pure se puoi impegnare il Ministro Sella a prorogare l’attuazione del Decreto sulle Tesorerie ad un mese o due, tanto per dar tempo al Parlamento di discutere e votare la legge. V’è una profonda ripugnanza tra i Deputati a menar buono che il potere esecutivo ponga in esecuzione una Legge prima che sia votata dal Parlamento. Io non posso accusare un sentimento, che ha per fine di mantenere salde le prerogative del Parlamento. Se la cosa è utile, il Mini- I nostri CRE/1 - Villa d’Ogna-Piario-Oltressenda (Ci-Ba) 28 giugno data ufficiale dell’inizio del CRE 2010 in tutta la Diocesi di Bergamo. Titolo di questa edizione “sotto-sopra-così in cielo così in terra”. Un grande logo con i colori della madre terra e della volta celeste campeggia in tutti gli oratori che hanno aderito all’iniziativa. Curiose le magliette ufficiali degli animatori “anima-tori e anima-terra” con un bel toro disegnato sul petto. Per loro anche i bermuda a quadretti e invece cappellini multicolor per tutti i ragazzi a seconda delle età. Partiamo da Villa d’Ogna per il nostro classico tour-estivo tra i CRE della bergamasca. Tutto è pronto nella casa della comunità che ospita nuovamente le centinaia di iscritti provenienti anche da Piario e da Oltressenda Alta. Unico dell’alta valle che ospita anche i piccolissimi dell’asilo. Incontenibili ed emozionati sotto il berrettino rosso arrivano accompagnati da mamme e nonne che li affidano alle mani delle animatrici, tra le quali ci sono a “garanzia” anche alcune maestre e la cuoca. Volti rassicuranti che fanno da punto di riferimento per la nuova avventura. Giallo il colore dei “ragazzi” che vanno dalle elementari alla prima media e nessun copricapo per i simpatici ribelli del CRE ADO (..lescenti). In tutto 220 giovanissimi guardati a “vista” da una trentina di animatori. Mamme comprese. Don Luigi Zanoletti è sorridente nella sua tenuta IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI Il conte Luigi Torelli (1810-1887), patriota, Prefetto di Bergamo (1861) ideò la Funicolare Fondò la Società di Solferino e San Martino Si potrebbe continuare. Luigi Torelli fu più volte ministro, fu governatore di Sondrio, da dove fu promosso, nel novembre del 1861, prefetto di Bergamo (nell’elenco dei prefetti del regno d’Italia, esposto nel salone del nostro palazzo del governo, il suo cognome è erroneamente scritto: Forelli, e credo che l’attuale prefetto, il dottor Camillo Andreana, stia già provvedendo per la rettifica). Scrive da Lugano, il 28 settembre 1861, all’amico Bettino Ricasoli: Accetto con riconoscenza l’idea di poter impiegare la mia persona in sfera meno ristretta… (Si era più volte lamentato di essere confinato lontano dal centro politico del Paese). Un posto nel centro, perché credo sia dove più si può operare e sussidiarti, era un po’ il mio sogno dorato, ma, d’altra parte, all’infuori del Consiglio di Stato, non saprei io stesso dire quale mi possa convenire . d’altra parte, la provincia che mi offri è vasta ed ha buoni elementi. Io mi metto a tua disposizione, fa quanto credi ed impiegami ove credi che possa essere utile ed accetto; anche Bergamo. Ma devi permettermi di restar almeno sino a metà novembre in Valtellina per finire molte cose avviate. Accolto con favore dalla popolazione, cominciò fin dai primi giorni l’opera in favore dell’agricoltura e lanciò l’idea della futura funi- Don Luigi, riconfermato parroco a Villa d’Ogna guida il CRE con 220 ragazzi e 30 animatori estiva e al microfono presenta tutto lo staff e fa le dovute raccomandazioni di rito: “E’ un bel numero anche quest’anno. 250 tra tutti, una bella responsabilità ma sono contento…”. Ci sono anche i bambini di Piario e Oltressenda “Quest’anno abbiamo anche il pulmino che va a prenderli in paese, altri 500 euro...“. Che contributi avete dai comuni? “1.400 dal comune di Villa d’Ogna”. Per? “Deve bastare per tutto, trasporto, disabili…”. Per il re- sto? Il Don cambia argomento: “Siamo anche riusciti a mantenere la stessa quota di iscrizione di sempre, mai aumentata e grazie a una trattativa con le strutture saranno minori i costi delle famiglie per le gite classiche a Gardaland e all’Acqua Splash”. Il Don continua a sorridere. È contento anche di veder riconfermata la sua parrocchia a Villa d’Ogna. C’erano infatti voci insistenti sulla sua partenza. “Il Vescovo mi ha riconfermato ancora qui, l’ho annunciato ufficialmente durante la messa. Credo proprio sia perché io porti a termine il progetto oratorio”. A che punto siamo? “Stiamo approntando il progetto esecutivo poi cominceranno i lavori”. Mentre par- liamo arriva trafelato anche Tiziano, inseparabile aiutante del Don. Tiziano Legrenzi classe 1987, sempre al fianco di Don Luigi dal suo arrivo il 10 ottobre 1999,diventerà Diacono nel 2011 e sacerdote nel 2012. 59 Regia: Juan Josè CAMPANELLA Int.: Ricardo DARIN, Soledad VILLAMIL,Guillermo FRANCELLA Prod.: ARG, 2009 Toresal stro non ha da temere che non possa prevalere: ma restiamo sul terreno costituzionale. Provocare oggi una crisi ministeriale mi pare né conveniente né utile per alcuno… Lettera di Ricasoli/3 Bettino Ricasoli a Luigi Torelli, Ferranuova, 16 giugno 1874. Mio caro amico, …Il Senato, a parer mio, si è ben condotto in queste ultime sue sedute rispetto alle proposte di legge per nuove spese. Dio voglia che si dia principio ad un sistema, in fatto di spese, più giudizioso che non fu quello passato. I l paese stesso ha bisogno di essere richiamato a pensare ed a riconoscere la verità, che per riordinare un patrimonio qualunque è giocoforza sottostare ad un periodo più o meno lungo di giudiziose economie; e che una Nazione non potrà mai farsi e mantenersi prospera se non si dà tutta al lavoro e se il prodotto del lavoro non stesse in due parti: quella destinata al risparmio per comporre il capitale, e l’altra per mantenersi e vivere convenientemente. Non è a dire di quanto danno sia stato l’improvviso sistema, seguito fin qui, di spendere, spendere e spendere e far debiti per spendere e debiti del cento contro settanta riscosse. Così un lavoro qualunque è venuto più caro di sopra del 40%... C’è un’altra Italia, al di là dell’Equatore. In basso a sinistra, più o meno dove finiva la novella mensile del libro “Cuore”, quel “Dagli Appennini alle Ande” che sfido chiunque a riscrivere con lo stesso pathos ed il medesimo thrilling a più di cent’anni dalla pubblicazione.Si chiama Argentina, piaccia o dispiaccia. E’ piena di fascisti, lo so, e quegli italiani sono scappati dopo l’ultima guerra, e sono tornati, dopo quarant’anni, soltanto sulla potenza del denaro e null’altro. L’Argentina, sì, la patria di Alfredo DI STEFANO e di Omar SIVORI e della mia collega Yanina, l’Argentina del mate e del Capodanno con le maniche corte, l’Argentina che gode stille di pioggia australe e che piange sangue umano, come nessun altro Paese al mondo mai, come se le distese della pampa permettessero di asciugare le lacrime ed i ghiacci della Patagonia di anestetizzare il dolore di molteplici generazioni. Difficile tirare a campare la vita di ogni giorno, fino magari alla sospirata pensione. Provate a dirlo all’ispettore Benjamin Esposito, di chiare origini napoletane, che è appena andato a godersi la meritata pensione. Una vita di casi risolti, quella dell’ispettore Esposito, fedele servitore dello Stato, al di là del colore del regime. Tranne uno, quello di una bella ragazza, violentata e uccisa nel 1974, proprio nei mesi in cui Peron era in vita (ancora per poco...) e Hugo Glaria rovinava la pace calcistica con l’Inghilterra, durante l’amichevole primaverile boreale, con una graffiata carogna nel muso di Emlyn HUGHES, capitano della Nazionale di Sua Maestà, e destinato, meno di 30 anni dopo, ad una morte infame, in braccio alla sclerosi laterale amiotrofica (SLA, all’appello di Sue Fetenzie). Non vinse nulla l’albiceleste ai Mondiali tedeschi di quell’estate, in cui chi ora scrive passò pomeriggi di malinconie e di ripetizioni di latino, e nulla più. Anzi, arrivarono una serie di frustate dall’Olanda di Cruyff e la morte di Peron, celebrata con il lutto in un inutile pareggio di fronte alla ferrea DDR, in una delle tante serate piovose di quel Mondiale, a Gelsenkirchen, giusto in mezzo alla Ruhr. E nella vecchia Europa solo nella Ruhr può piovere in luglio, anche se non fose morto Peron... Nel frattempo, in Argentina, agivano i patrioti. Sì, insomma, quelli che dell’Alleanza Anticomunista Argentina, che si adoperavano a fare scomparire igli oppositori della democrazia, ad i loro successori, magari non ancora nati... Siamo alle soglie del Capodanno del Terzo Millennio, in Argentina, e l’ispettore Espsito tollera bene le maniche corte. Molto meno il ricordo di quella bella figliola alla quale qualcunio, su mandato di Qualcun Altro, tolse il diritto a vivere una esistenza normale e ad amare le persone che aveva scelto e desiderate. Si tira a campare, e i terroristi flottano fra destra populista del moribondo Peron ( che l’amante della moglie aiuterà a morire) e destra nazista, in mano ai Tre Mostri delle Forze Armate, gli stessi che nel 1982 costringewranno i progressisti di tutto il mondo a tifare per la THATCHER e per le corazzate di Sua Maestà, mentre i Tre Stronzi osservavano le Falklands col binocolo, e più tardi dalla cella di una prigione. Che cosa impedì la soluzione del dilemma? La Storia oppure l’interesse del Potere Quotidiano, e Amen? Ancora una volta la constatazione che ad Hollywood, piaccia o dispiaccia, se ne intendono di cinema, soprattutto altrui. Anni fa toccò alle “Vite degli altri” tedesco, stavolta l’Oscar è andato strameritatamente ai nostri fratelli argentini, e non ci riferiamo agli amici di Peron e dei generali, ma a chi, ogni ano nel mese di Maggio, va a consacrare le vite smarrite, perdute e vendute ai prepotenti A noi, poveri agnostici, non resta che sperare davvero in Dio..