Araberara - 9 Luglio 2010
Araberara - 9 Luglio 2010
58
BUIO IN SALA
Bicentenario della nascita
Mario Sigismondi
costava 335 lire:
poi fu la volta di bratto
O Tempora o Mores
“CASTRO”
La piccola
Capri del
Lago d’Iseo
1913: la falciatrice
meccanica Osborne
arrivò a Clusone...
in Triumph
Alex Giovè
Si rimane subito coinvolti e avvolti in uno
degli scenari più belli del Lago d’Iseo, Castro, un piccolo paese vicino alla più nota
Lovere ma a cui nulla deve invidiare. Camminando lungo la strada che costeggia il
lago si apre un paesaggio intenso, dove lo
sguardo si rincorre da Pisogne a Iseo passando dal Corno 30 Passi a Montisola, fermandosi senza fiato davanti all’”Orrido”,
la montagna tagliata a vivo direttamente
sul lago, il segno deciso della natura che
ha voluto imporre la sua presenza; ricco
di prospettive e tagli fotografici diventa il
percorso salendo la “Rocca” mentre all’interno poche vie si intrecciano in un labirinto
medioevale. E a fare da culla al sogno paesaggistico c’è un’economia a livello internazionale; nomi molto noti come Intermon,
Lucchini, Apple sono il grande sfondo alle
varie realtà artigianali ed imprenditoriali,
dalla merceria alla progettazione, alla quale perché non consigliare un abbonamento
ad Edizioni Condé Nast, si sa, lo stile è
qualcosa di globale e ne abbiamo così bisogno. Non mancano servizi, parcheggi,
bar, parrucchieri, alimentari, farmacia, poste, uffici, trasporti. Un punto di approdo
per le famiglie, per i giovani che animano e offrono il loro lavoro per il territorio
e investono nel territorio; certo la strada è
ancora lunga per l’Alto Sebino ma qui si
cammina a buon ritmo. Una realtà piccola
ma densa, il punto di partenza per il turista
dinamico, il giusto luogo per programmare
le varie escursioni e scoprire tutto ciò che
di bello le valli bergamasche e bresciane
hanno da regalare; ideale uno nei numerosi b&b, come il fresco di restor, “Vulcano
Village”, un complesso che si sviluppa dal
borgo verso il lago, ristorante, pizzeria, bar;
un mood decisamente particolare nel periodo estivo con i tavoli in piazzetta. Non si
può dire d’aver mangiato la pizza se non si
è seduti da “El Cantù” tanto grande da non
vedere il piatto, con birra e caffè si arriva a
spendere 10 €. Ma la ristorazione al coperto
deve cedere il passo perché il protagonista
in estate è il “casoncello”, tipico piatto della
tradizione bergamasca; c’è solo la scegliere
tra le varie “sagre” che una dopo l’altra si
passano il testimone per tutta l’estate. Una
nota stonata si sente al ricordo della “Caster
Vino” l’evento per molti festaioli e amanti
della bevanda di Bacco che veniva sorseggiata nelle vecchie cantine aperte per l’occasione, chiusa a causa dei soliti personaggi
analfabeti che non sapendo leggere confondevano la parola degustazione con devastazione, ma il giovane fermento non si ferma
ed ecco nascere il “Mojito Party”. Molto e
molto ancora da scoprire a “Castro”, difficile consigliare una Manolo Blahnik sarebbe
poco capita ed indicata per raggiungere la
vicina chiesetta di “San Lorenzo” ma una
maglia di cachemire è indispensabile al calar del sole, per un clima ideale, fresco anche nelle ore più calde grazie all’”Ora” il
vento tanto amato dai velisti.
UP…in
Castro
L’indiscutibile forza grafica ha reso Mac
leader del mondo. “Air” il MacBook di
Apple, grande e sottile quanto un formato
A4 con prestazioni da A0. Oggi da “italian
project”, il punto vendita ed assistenza
della ”mela californiana”, essenziale nello
stile con ampie vetrate che aprono la visione alla rete globale. Dentro e fuori tutto
si mischia per gli amanti del surf, reale e
virtuale. Prezzo: da 1.401,00 €
1
Nelle foto: 1. La falciatrice meccanica a Clusone
2. Testata de «La Vita Rustica», 1913
Giampiero Valoti
2
Scheda
Le “signore”
dell’agricoltura
La prima volta era stata sperimentata in pianura, sui vasti prati
di Bariano e di Caravaggio. Qui,
su terreno regolare, libero di sassi
o da altri ostacoli che avrebbeda «Il Lavoro bergamaro potuto rendere malagevole il
lavoro, la falciatrice meccanica sco», 28 luglio 1898
«La nostra compagnia era
Osborne che la Federazione dei
infiorata
dalla presenza delle
Consorzi Agrari di Piacenza imgentili
signore
B. che sanno
portava direttamente dall’America in un gran numero di esemplari altamente apprezzare la vera
vita dei campi, non isdegnane il Consorzio di Bergamo vendo di occuparsi di faccende
deva sul nostro territorio, aveva agricole e interessandosi con
dato esito «soddisfacentissimo».
viva simpatia d’ogni progresEra il 1898, al taglio del fieno so colturale.
maggengo, di questi giorni. Al
Questi costumi nelle nostre
primo esperimento in Bergama- signore sono purtroppo rari
sca di falciatura meccanica assi- e di questo difetto molti mali
stettero i proprietari dei terreni provengono alla macchina
condotti a prato di vicenda, alcu- sociale. Le cosiddette signore
ne distinte signore che non disde- di società preferiscono dedignavano occuparsi di agricoltura carsi agli abiti sfarzosi pei
(vedi scheda), il meccanico della pubblici passeggi e ritrovi, o
ditta produttrice, i mezzadri che alla decorazione dei salotti
conducevano i fondi, diversi cu- di ricevimento: ambiscono e
riosi.
soffrono per diventare preLa falciatrice era trainata da sidentesse di questo o quel
due cavalli; il movimento delle comitato, o patronesse nelle
due ruote di ferro metteva in moto gare sportistiche. Non pensai denti seghettati della lama fal- no all’alto mandato che pociante; il conduttore, seduto sul trebbero avere nella vita civimini seggiolino della macchina, le occupandosi dell’istruzione
guidava i cavalli con le redini ed agraria, dell’allevamento dei
aveva a portata di mano una leva bachi, delle operazioni della
per mezzo della quale poteva latterie, della corte dei polli,
dare il via all’azione della barra dei lavori dell’orto e del giarfalciante o interromperla. Anche dino, delle api e degli animali
l’altezza da terra del taglio pote- domestici. Al mucchio di miva essere facilmente regolata e la serie che oggi si devono laOsborne effettuava comunque un mentare si potrebbe allora in
taglio molto radente al terreno, a gran parte rimediare!»
17 mm. Si calcolava che in una
giornata di lavoro la macchina potesse tagliare l’erba di 50 pertiche
di terreno, vale a dire oltre tre ettari. Un risultato che faceva impallidire l’opera del più esperto e robusto falciatore tradizionale munito
di ranza, la falce fienaia. L’esito positivo dell’esperimento in pianura
spinse il Consorzio Agrario di Bergamo, che aveva sue succursali in
molte località della provincia tra le quali Albino, Gazzaniga, Clusone, Sant’Andrea di Vilminore, Lovere, Sarnico e Trescore Balneario,
a propagandare il nuovo mezzo anche attraverso «La Vita Rustica»,
il bollettino mensile che pubblicava. In alta valle Seriana la Osborne
giunse quindici anni più tardi, nella primavera del 1913 e fu provata
sui prati di Clusone, come si vede nella fotografia scattata per l’occasione. Qualche tempo dopo un esemplare funzionava regolarmente a
Bratto, con piena soddisfazione dell’acquirente. La falciatrice costava
335 lire, una somma certo notevole ma non enorme per quegli anni in
cui un’operaia tessile guadagnava due lire al giorno, un operaio metallurgico o cementiero poco più di tre.
Per utilizzarla però era necessario disporre di due cavalli da tiro e
questo rappresentava il vero ostacolo per molti mezzadri o piccoli proprietari della valle. La macchina poi esplicava tutte le sue potenzialità su prati falciabili di grandi dimensioni che permettevano l’agevole
manovra degli animali e del mezzo. Il Consorzio ricordava che là dove
era stata già utilizzata aveva stupito gli acquirenti per i brillanti risultati e non aveva fatto registrare inconvenienti di sorta, ad esclusione
dell’ovvia sostituzione di alcuni denti della lama falciante, consumati
dall’uso. Per altro il prezzo di vendita comprendeva anche una lama
di scorta. Il venditore raccomandava agli agricoltori di dotarsi anche
del voltafieno Triumph e del ranghinatore costruito dalla stessa ditta
della falciatrice. Così il corredo per la fienagione dell’azienda agricola
bergamasca di inizio secolo XX sarebbe stato completo. Come spesso
accade, lo sviluppo di un settore economico, provocò la caduta di un
altro. La progressiva meccanizzazione della falciatura e della mietitura comportò l’inizio dell’inarrestabile decadenza dell’industria di
estrazione e lavorazione delle pietre coti che proprio nella bassa valle
Seriana aveva avuto per secoli il suo centro produttivo.
Ricorre, questo anno, il
bicentenario della nascita di Luigi Torelli, nato a
Villa di Tirano il 10 febbraio
1810, figura tra le principali
del Risorgimento italiano,
ma pressoché sconosciuta al
grande pubblico.
Fino a qualche generazione fa, gli alunni delle nostre
scuole ne sentivano almeno
parlare, e ne vedevano la
faccia austera, quando si
recavano all’immancabile
(allora!) gita scolastica agli
Ossari di Solferino e di San
Martino, perché il Torelli
è stato proprio, nel 1870, il
fondatore della Società che
ancora oggi gestisce e cura i
musei ed i luoghi della memorabile battaglia del 24
giugno 1859, che diede inizio al processo di unificazione dell’Italia.
Per avere un’idea di che
persona fosse, fin da giovane, basti ricordare che da
studente a Vienna aveva
ideato un progetto per liberare il duca di Reichstadt,
cioè il figlio di Napoleone,
che egli vedeva, ogni giorno
più magro (muore il 22 luglio
1832), durante le passeggiate, per aiutarlo a ritrovare
sé stesso e il suo rango e per
farlo centro e strumento di
una sollevazione dell’Italia,
la quale avrebbe così conquistato quell’indipendenza,
che il grande imperatore non
aveva voluto attuare; diventato impiegato del governo
austriaco del Lombardo Veneto, ne approfittò, prima
di dimettersi, per studiare a
fondo il sistema burocratico
imperiale, per poterlo poi
meglio combattere; ricercato
dalla polizia austriaca, che
gli aveva tolto il passaporto
per il suo appoggio giovanile
all’insurrezione dei polacchi, girò per l’impero con
documenti falsi, spacciando
il suo certificato di nascita, scritto in tedesco, per il
passaporto; che durante le
Cinque giornate di Milano
fu l’uomo che salì sul tetto
del duomo per sventolarvi
la prima bandiera tricolore.
colare. Ma il governo di Torino, già
nel gennaio successivo gli annunciò
il suo trasferimento come prefetto
della difficile Palermo.
In una lettera all’amico Ricasoli,
da Bergamo, il 21 gennaio 1862,
racconta, tra altro, del disagio per
la moglie, la quale rilevò quanta
differenza correva a rappresentar
qui, ove si trovava pari ed era già
benevisa, con Palermo, ove havvi
tanta aristocrazia… Per ora non
potrà venire con me; io farò ogni
possibile per essere costì il 26, per
imbarcarmi il 28 a Genova. Iddio,
che legge nei cuori, sa che non è la
vanità che mi spinge e ti assicuro
che mi duole assai ad abbandonare
Bergamo. Imito te, che tutto sacrifichi all’Italia (380).
Dopo una prima esperienza nel
capoluogo siciliano, fu poi prefetto
di Pisa, di nuovo a Palermo (dove
fronteggiò in prima persona la rivolta del settembre 1866 (anche
avvalendosi del garibaldino bergamasco Gabriele Camozzi, allora
deputato del collegio di Trescore,
al quale aveva affidato il comando
della Guardia Nazionale palermitana), per cui ebbe la seconda medaglia d’oro al valor civile), quindi a
Venezia. Nominato senatore già nel
1860, creato conte dal re Vittorio
Emanuele II nel 1874, Luigi Torelli
muore nella sua casa di Tirano il 14
novembre 1887.
Gli scritti
Si contano ben 132 tra volumi ed
opuscoli di cui è autore: gli argomenti sono i più vari, sempre legati
a problemi estremamente concreti,
sia quando descrive avvenimenti
legati al Risorgimento, sia quando
parla di storia, di politica, di amministrazione pubblica o di assistenza
agli emigranti, di malattie come la
lue o la malaria, di agricoltura o
di rimboschimento, di viticoltura
o di peronospora, di trafori delle
Alpi o del taglio del canale di Suez,
di pulizia delle sponde dell’Arno o
dei canali di Venezia, della bonifica dell’agro romano o del convertire
le lagune in un vivajo di ostriche.
Scorrendo quel cospicuo elenco
di scritti, uno potrebbe credere di
trovarsi di fronte ad un uomo che
abbia passato la intera sua vita tra
i libri o su una cattedra universitaria, spettatore invece che diretto
partecipe degli avvenimenti maggiori del suo
tempo.
Nel corso della ricerca in corso per conoscere qualcosa della sua
brevissima permanenza nella nostra città,
l’attenzione è caduta
su alcune delle lettere
che Torelli ha scambiato con non pochi dei
protagonisti dell’unificazione italiana, quelli
che sono (meglio, erano) ricordati anche sui
testi scolastici di una
volta.
Alcune osservazioni di centocinquant’anni fa, colte qua e là nella
copiosa corrispondenza, sembrano
dirci che il tempo si sia fermato: si
parlava, allora come oggi, di raccomandazioni, di parlamento esautorato, di abuso dei decreti legge,
delle… indiscrezioni alla stampa,
persino di manovra economica.
Ci è sembrato di un qualche interesse presentarle così come le
abbiamo trovate: ovviamente ciascuno le potrà giudicare secondo
la propria sensibilità, sensibilità
anche… politica. Ci lusinghiamo
solo di pensare, nonostante
tutto, che almeno i nomi di
Alessandro Manzoni, Quintino Sella, Bettino Ricasoli
non siano del tutto sconosciuti.
Lettera di
Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni a
Luigi Torelli. Milano, 14 febbraio 1864.
Pregiatissimo signore e
amico,
Se la lettera che mi prendo
la somma libertà d’accluderLe, non merita
considerazione,
Ella non ha
che a buttarla
nel fuoco, come
avrei dovuto fa
io, se non mi
fosse balenato
in mente che
anche la non
impossibilità di
promuovere un
bene,
aiutata
dalla confidenza di cui Ella
m’onora, mi può essere un
motivo bastante perché ardisca d’importunarla.
La lettera lascia a me
un’impressione di sincerità.
È vero che la storia somiglia
a troppe altre; ma son cose
che possono essere materia
d’invenzione appunto perché
qualche volta sono vere.
L’uomo, com’Ella vedrà, si
rivolge a me per un soccorso
diretto, o per una raccomandazione che gli procuri un
mezzo stabile di sussistenza.
Il primo non m’è permesso
da dei bisogni ai quali non
poteri senza colpa sottrarre
alcuna parte del mio disponibile. Arrischio la seconda
per il caso difficile senza
dubbio, ma, ripeto, non impossibile ch’Ella possa avere
qualche nicchia da collocarvi questo infelice; ben inteso
quando concorrano le qualità essenziali di moralità
e d’abilità. Com’Ella può
credere, mi guardo bene dal
partecipare a lui il passo che
ardisco fare.
E Lei me lo perdona? Ne
prendo fiducia dalla bontà
ch’Ella mi ha sempre dimostrata e alla quale corrispondo, se non altro, con inalterabile e affettuoso ossequio.
Suo devotissimo servitore
e amico, Alessandro Manzoni.
Lettera a Ricasoli
Luigi Torelli a Bettino Ricasoli. Pisa, 24 luglio 1864.
Pregiatissimo amico,
…Non credo essere fra
quelli che si lasciano abbattere facilmente d’animo, ma
è qualche tempo che sono
preso anch’io da malinconia.
La povera Italia ha una Camera che è impossibile idearla peggiore; un Ministero
vigliacco alla stomachevolezza.
È divenuto un umile servo
della sinistra. La votazione
delle 1.000 lire ai Garibaldini, in momenti in cui il
Ministero si lascia togliere
lo stretto necessario in altri
rami di servizio pubblico, e
si lascia dire che i prodi di
San Martino appartengono
ad altro ordine di cose; la
scandalosa discussione della
Legge Comunale, abbandonata quando saltò il capriccio al primo deputato di non
andare avanti, e poi il modo
più che scandaloso col quale
fu condotto il processo Bastogi; tutto questo, ti assicuro, è un complesso che toglie
la lena e rende melanconici
perché fa pensare ove andremo con tanta impudenza
da una parte e vigliaccheria
dall’altra…
Lettera di
Quintino Sella
Quintino Sella a Luigi Torelli. 13 luglio 1865.
Caro amico,
…È veramente cosa spiacevole che non si possa dire
cosa in Consiglio dei Ministri, la quale non sia tosto
riferita nei giornali…
Lettera di Ricasoli/2
Bettino Ricasoli a Luigi
Torelli, 19 dicembre 1865.
Caro amico,
Vedi tu pure se puoi impegnare il Ministro Sella a
prorogare l’attuazione del
Decreto sulle Tesorerie ad
un mese o due, tanto per dar
tempo al Parlamento di discutere e votare la legge.
V’è una profonda ripugnanza tra i Deputati a menar buono che il potere esecutivo ponga in esecuzione
una Legge prima che sia votata dal Parlamento. Io non
posso accusare un sentimento, che ha per fine di mantenere salde le prerogative del
Parlamento.
Se la cosa è utile, il Mini-
I nostri CRE/1 - Villa d’Ogna-Piario-Oltressenda
(Ci-Ba) 28 giugno data
ufficiale dell’inizio del CRE
2010 in tutta la Diocesi di
Bergamo. Titolo di questa
edizione “sotto-sopra-così in
cielo così in terra”.
Un grande logo con i colori della madre terra e della
volta celeste campeggia in
tutti gli oratori che hanno
aderito all’iniziativa. Curiose le magliette ufficiali degli animatori “anima-tori e
anima-terra” con un bel toro
disegnato sul petto. Per loro
anche i bermuda a quadretti e invece cappellini multicolor per tutti i ragazzi a
seconda delle età. Partiamo
da Villa d’Ogna per il nostro
classico tour-estivo tra i
CRE della bergamasca. Tutto è pronto nella casa della
comunità che ospita nuovamente le centinaia di iscritti
provenienti anche da Piario
e da Oltressenda Alta.
Unico dell’alta valle che
ospita anche i piccolissimi dell’asilo.
Incontenibili ed emozionati sotto il
berrettino rosso arrivano
accompagnati da mamme
e nonne che li affidano alle
mani delle animatrici, tra
le quali ci sono a “garanzia”
anche alcune maestre e la
cuoca. Volti rassicuranti
che fanno da punto di riferimento per la nuova avventura. Giallo il colore dei
“ragazzi” che vanno dalle
elementari alla prima media e nessun copricapo per
i simpatici ribelli del CRE
ADO (..lescenti). In tutto
220 giovanissimi guardati
a “vista” da una trentina di
animatori. Mamme comprese. Don Luigi Zanoletti è
sorridente nella sua tenuta
IL SEGRETO
DEI SUOI
OCCHI
Il conte Luigi Torelli (1810-1887), patriota,
Prefetto di Bergamo (1861) ideò la Funicolare
Fondò la Società di Solferino e San Martino
Si potrebbe continuare.
Luigi Torelli fu più volte ministro, fu governatore
di Sondrio, da dove fu promosso, nel novembre del
1861, prefetto di Bergamo
(nell’elenco dei prefetti del
regno d’Italia, esposto nel
salone del nostro palazzo
del governo, il suo cognome
è erroneamente scritto: Forelli, e credo che l’attuale
prefetto, il dottor Camillo
Andreana, stia già provvedendo per la rettifica).
Scrive da Lugano, il 28
settembre 1861, all’amico
Bettino Ricasoli: Accetto con
riconoscenza l’idea di poter
impiegare la mia persona
in sfera meno ristretta… (Si
era più volte lamentato di
essere confinato lontano dal
centro politico del Paese).
Un posto nel centro, perché credo sia dove più si può
operare e sussidiarti, era un
po’ il mio sogno dorato, ma,
d’altra parte, all’infuori del
Consiglio di Stato, non saprei io stesso dire quale mi
possa convenire . d’altra parte, la provincia che mi offri è
vasta ed ha buoni elementi.
Io mi metto a tua disposizione, fa quanto credi ed impiegami ove credi che possa
essere utile ed accetto; anche
Bergamo. Ma devi permettermi di restar almeno sino a
metà novembre in Valtellina
per finire molte cose avviate.
Accolto con favore dalla
popolazione, cominciò fin
dai primi giorni l’opera in
favore dell’agricoltura e lanciò l’idea della futura funi-
Don Luigi, riconfermato parroco a Villa d’Ogna
guida il CRE con 220 ragazzi e 30 animatori
estiva e al microfono presenta
tutto lo staff e fa le dovute raccomandazioni di rito: “E’ un bel
numero anche quest’anno. 250
tra tutti, una bella responsabilità ma sono contento…”.
Ci sono anche i bambini di
Piario e Oltressenda “Quest’anno abbiamo anche il pulmino
che va a prenderli in paese,
altri 500 euro...“. Che contributi avete dai comuni? “1.400
dal comune di Villa d’Ogna”.
Per? “Deve bastare per tutto,
trasporto, disabili…”. Per il re-
sto? Il Don cambia argomento:
“Siamo anche riusciti a mantenere la stessa quota di iscrizione di sempre, mai aumentata e
grazie a una trattativa con le
strutture saranno minori i costi
delle famiglie per le gite classiche a Gardaland e all’Acqua
Splash”.
Il Don continua a sorridere.
È contento anche di veder riconfermata la sua parrocchia
a Villa d’Ogna. C’erano infatti voci insistenti sulla sua
partenza. “Il Vescovo mi ha
riconfermato ancora qui, l’ho
annunciato ufficialmente durante la messa. Credo proprio
sia perché io porti a termine il
progetto oratorio”. A che punto
siamo? “Stiamo approntando
il progetto esecutivo poi cominceranno i lavori”. Mentre par-
liamo arriva trafelato anche
Tiziano, inseparabile aiutante
del Don. Tiziano Legrenzi
classe 1987, sempre al fianco
di Don Luigi dal suo arrivo il
10 ottobre 1999,diventerà Diacono nel 2011 e sacerdote nel
2012.
59
Regia: Juan Josè CAMPANELLA
Int.: Ricardo DARIN, Soledad
VILLAMIL,Guillermo FRANCELLA
Prod.: ARG, 2009
Toresal
stro non ha da temere che
non possa prevalere: ma
restiamo sul terreno costituzionale.
Provocare oggi una crisi ministeriale mi pare né
conveniente né utile per alcuno…
Lettera di Ricasoli/3
Bettino Ricasoli a Luigi
Torelli, Ferranuova, 16 giugno 1874.
Mio caro amico,
…Il Senato, a parer mio, si
è ben condotto in queste ultime sue sedute rispetto alle
proposte di legge per nuove
spese. Dio voglia che si dia
principio ad un sistema, in
fatto di spese, più giudizioso
che non fu quello passato. I
l paese stesso ha bisogno di essere richiamato a
pensare ed a riconoscere la
verità, che per riordinare
un patrimonio qualunque è
giocoforza sottostare ad un
periodo più o meno lungo di
giudiziose economie; e che
una Nazione non potrà mai
farsi e mantenersi prospera
se non si dà tutta al lavoro e
se il prodotto del lavoro non
stesse in due parti: quella
destinata al risparmio per
comporre il capitale, e l’altra
per mantenersi e vivere convenientemente.
Non è a dire di quanto
danno sia stato l’improvviso
sistema, seguito fin qui, di
spendere, spendere e spendere e far debiti per spendere
e debiti del cento contro settanta riscosse. Così un lavoro qualunque è venuto più
caro di sopra del 40%...
C’è un’altra Italia, al di là dell’Equatore. In basso a sinistra, più o meno
dove finiva la novella mensile del libro
“Cuore”, quel “Dagli Appennini alle
Ande” che sfido chiunque a riscrivere
con lo stesso pathos ed il medesimo
thrilling a più di cent’anni dalla pubblicazione.Si chiama Argentina, piaccia o dispiaccia. E’ piena di fascisti, lo
so, e quegli italiani sono scappati dopo
l’ultima guerra, e sono tornati, dopo
quarant’anni, soltanto sulla potenza del
denaro e null’altro.
L’Argentina, sì, la patria di Alfredo DI
STEFANO e di Omar SIVORI e della mia collega Yanina, l’Argentina del
mate e del Capodanno con le maniche
corte, l’Argentina che gode stille di
pioggia australe e che piange sangue
umano, come nessun altro Paese al
mondo mai, come se le distese della
pampa permettessero di asciugare le
lacrime ed i ghiacci della Patagonia
di anestetizzare il dolore di molteplici
generazioni. Difficile tirare a campare la vita di ogni giorno, fino magari
alla sospirata pensione. Provate a dirlo all’ispettore Benjamin Esposito, di
chiare origini napoletane, che è appena andato a godersi la meritata pensione. Una vita di casi risolti, quella
dell’ispettore Esposito, fedele servitore
dello Stato, al di là del colore del regime. Tranne uno, quello di una bella
ragazza, violentata e uccisa nel 1974,
proprio nei mesi in cui Peron era in
vita (ancora per poco...) e Hugo Glaria
rovinava la pace calcistica con l’Inghilterra, durante l’amichevole primaverile
boreale, con una graffiata carogna nel
muso di Emlyn HUGHES, capitano
della Nazionale di Sua Maestà, e destinato, meno di 30 anni dopo, ad una
morte infame, in braccio alla sclerosi
laterale amiotrofica (SLA, all’appello di Sue Fetenzie). Non vinse nulla
l’albiceleste ai Mondiali tedeschi di
quell’estate, in cui chi ora scrive passò
pomeriggi di malinconie e di ripetizioni di latino, e nulla più. Anzi, arrivarono una serie di frustate dall’Olanda
di Cruyff e la morte di Peron, celebrata
con il lutto in un inutile pareggio di
fronte alla ferrea DDR, in una delle
tante serate piovose di quel Mondiale,
a Gelsenkirchen, giusto in mezzo alla
Ruhr. E nella vecchia Europa solo nella
Ruhr può piovere in luglio, anche se
non fose morto Peron...
Nel frattempo, in Argentina, agivano i patrioti. Sì, insomma, quelli che
dell’Alleanza Anticomunista Argentina, che si adoperavano a fare scomparire igli oppositori della democrazia,
ad i loro successori, magari non ancora
nati... Siamo alle soglie del Capodanno del Terzo Millennio, in Argentina, e
l’ispettore Espsito tollera bene le maniche corte. Molto meno il ricordo di
quella bella figliola alla quale qualcunio, su mandato di Qualcun Altro, tolse
il diritto a vivere una esistenza normale
e ad amare le persone che aveva scelto
e desiderate. Si tira a campare, e i terroristi flottano fra destra populista del
moribondo Peron ( che l’amante della
moglie aiuterà a morire) e destra nazista, in mano ai Tre Mostri delle Forze
Armate, gli stessi che nel 1982 costringewranno i progressisti di tutto il mondo a tifare per la THATCHER e per le
corazzate di Sua Maestà, mentre i Tre
Stronzi osservavano le Falklands col
binocolo, e più tardi dalla cella di una
prigione. Che cosa impedì la soluzione
del dilemma? La Storia oppure l’interesse del Potere Quotidiano, e Amen?
Ancora una volta la constatazione che
ad Hollywood, piaccia o dispiaccia,
se ne intendono di cinema, soprattutto
altrui. Anni fa toccò alle “Vite degli
altri” tedesco, stavolta l’Oscar è andato strameritatamente ai nostri fratelli
argentini, e non
ci riferiamo agli
amici di Peron e
dei generali, ma a
chi, ogni ano nel
mese di Maggio,
va a consacrare
le vite smarrite,
perdute e vendute ai prepotenti
A noi, poveri
agnostici, non
resta che sperare
davvero in Dio..
Scarica

58-59 - Araberara