NELLA LINEA DI FAGLIA TRA EST E OVEST
Più difficili furono i rapporti con Trieste che, in seguito alle vicende belliche, con Venezia Giulia, Istria e
Dalmazia, si trovò stritolata dalla linea di faglia, lungo la quale l’imperialismo anglo-americano si scontrava
con il nazionalismo iugoslavo, sostenuto dall’Unione Sovietica. Entrambi i contendenti fecero leva sui diversi
interessi in campo, sfruttando i contrasti interetnici1.
Trieste era un importante centro industriale, che vantava una tradizione socialista e comunista con una forte
impronta internazionalista, fondata su consolidati rapporti tra le differenti nazionalità che, dalla fine
dell’Ottocento, sotto l’amministrazione di Vienna, connotavano il proletariato di quelle zone. La tradizione
internazionalista era talmente radicata, che neppure la sanguinaria pulizia etnica fascista era riuscita a
distruggerla; nondimeno vennero poste premesse destinate a essere poi sfruttate a fondo dai nazionalcomunisti
iugoslavi. Ma prima, questi ultimi dovettero eliminare ogni voce di dissenso.
Nel 1942, a Fiume alcuni militanti comunisti, tra cui Giacomo Rebez2, avevano costituito un organismo che
si definì Partito Comunista Internazionale, sostenendo la lotta di liberazione degli iugoslavi, in particolare dei
croati. Dopo il 25 luglio 1943, si fecero strada le rivendicazioni territoriali – di cui si fece portavoce il partito
comunista sloveno –, riguardanti, oltre al litorale istriano-dalmata, con Fiume e Zara, anche il territorio
giuliano, con Trieste e Gorizia.
Nell’estate del 1943, la Federazione comunista di Trieste, pur sostenendo l’unità di lotta contro il
nazifascismo, avanzò una posizione internazionalista, contrapponendo il concetto di autodeterminazione dei
popoli (enunciato fin dal 1915 da Lenin) alle annessioni per mezzo delle armi, come avrebbero fatto i titini.
Fautore dell’auto-determinazione era il segretario regionale Luigi Frausin3, che ebbe il sostegno di Natale
Kolarich4; entrambi, nel giro di qualche mese, furono uccisi dai nazifascisti, probabilmente in seguito a
delazioni interessate 5 . Con loro scomparvero anche Lelio Zustovich 6 – fucilato nell’ottobre 1943 dai
nazionalcomunisti croati –, Zeffirino Pisoni7, Giacomo Silvestri8 e altri militanti internazionalisti, anarchici,
libertari e partigiani disertori delle file di Tito9. Per evitare l’accusa di nazionalismo, il PCI uscì dal Comitato
di Liberazione Nazionale della Venezia Giulia e prospettò – obtorto collo – l’adesione delle province
giuliane alla futura Iugoslavia socialista.
Compiuta l’epurazione dei dissidenti, i nazionalcomunisti iugoslavi poterono scatenare una nuova pulizia
etnica, questa volta contro gli italiani, ricorrendo al metodo fascista delle foibe. Dapprima furono colpite
persone più o meno compromesse con il regime fascista, ma presto furono colpiti anche proletari, in un
1
UN OPERAIO TRIESTINO, Regione Giulia focolaio di opposti nazionalismi, «Battaglia Comunista», a. II, n. 8, 16-23 marzo 1946.
Di Rebez è disponibile una breve testimonianza sulla sua attività nel PCd’I, in GIACOMO REBEZ, Votazione quasi segreta, Centro di
Ricerche Storiche Rovigno, «Quaderni», vol. III, 1973, p. 422.
3
Luigi Frausin (Franz), nato a Muggia (Trieste) il 21 giugno 1898, carpentiere. Dirigente di primo piano del movimento operaio
triestino, nel 1921 promosse la fondazione del PCd’I. Perseguitato dal governo fascista, nel 1927 fu costretto a emigrare; nel
1933, rientrato in Italia, fu arrestato, incarcerato e poi confinato. Tornato in libertà nell’agosto 1943, partecipò alla lotta contro i
nazifascisti nella Venezia Giulia. Arrestato per una delazione, fu trucidato dai tedeschi nel settembre del 1944. GALLIANO FOGAR,
Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, Irsml-Fvg, Trieste 1999, passim.
4
Natale Kolarich, nato a Muggia (Trieste) il 24 dicembre 1908, calzolaio. Esponente del PCd’I; come Frausin, fu internato dal 1932 al
1943. Arrestato dai nazi-fascisti, fu fucilato nella Risiera di San Sabba (Trieste) il 18 giugno 1944. GALLIANO FOGAR, Trieste in
guerra. Società e Resistenza 1940-1945, op. cit., passim.
5
I retroscena dell’uccisione dei comunisti triestini e istriani, emersero nel 1948, nel corso di un processo a carico alcuni esponenti
titini del movimento sindacale triestino, che non avevano saputo adeguarsi al nuovo corso, Disertori alla sbarra, «Battaglia
Comunista», a. IV, n. 43, 7-14 dicembre 1948. La vicenda fu successivamente approfondita: La questione Frausin e il
partigianesimo nella Venezia Giulia, Ibidem, a. V, n. 43, 16-23 novembre 1949. Cfr. la documentazione fornita da ROBERTO
GREMMO, La fondazione del “Partito Comunista Internazionale” a Fiume nel 1942 ed i contrasti fra Togliattiani e Titini, «Storia
Ribelle», n. 2, Primavera 1996, p. 97. Cfr. anche PATRICK KARLSEN, Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 19411955, Università degli Studi di Trieste. Scuola dottorale in Scienze Umanistiche, Università degli Studi di Trieste, Anno
accademico 2007-2008, Realatore Chiar.ma Prof. Anna Maria Vinci, pp. 18 e ss.
6
Lelio Zustovich, fin dal 1921 era uno degli esponenti comunisti più in vista nel circondario di Albona d’Istria; organizzatore della
prima resistenza ai tedeschi, fu arrestato dal servizio di sicurezza del movimento partigiano e poi fucilato (e «infoibato»), come
«nemico del popolo». GALLIANO FOGAR, Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, op. cit., p. 121.
7
Zeffirino Pisoni nacque a Calavino (Trento), il 26 agosto 1873; si trasferì poi a Trieste, era insegnante elementare. Da giovane, fece
parte della corrente austro-marxista del Partito Socialdemocratico Austriaco. Nel 1921 aderì al PCd’I; durante il Ventennio fu
arrestato ed escluso dall’insegnamento. Scrisse un opuscolo in cui denunciava lo sciovinismo fascista. Nel luglio 1943 concordò con
Giacomo Silvestri la formazione del Comitato dei partiti antifascisti italiani a Trieste. Nel gennaio 1944 fu arrestato e internato a
Dachau, dove morì, il 18 gennaio 1945. GALLIANO FOGAR, Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, op. cit., pp. 152-153.
CPC, busta 4011.
8
Giacomo Silvestri nato a Trieste nel 1902, era impiegato comunale. Membro del CLN triestino, combatté nella brigata
Garibaldi-Trieste. Nel novembre 1944 fu arrestato, senza alcuna motivazione, da partigiani sloveni del IX Corpus e
consegnato all’OZNA (Odeljenje za Zaštitu NAroda – Dipartimento per la protezione del popolo), che lo fucilò. GALLIANO
FOGAR, Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, op. cit., pp. 23 e 142. CPC, busta 4810, fascicolo 037879.
9
Cfr. Sulla tragedia delle foibe, «Il Comunista», n. 95, maggio 2005; Foibe. Il macabro trionfo dell’ideologia nazionalista, Edizioni
Prometeo, Milano, 2006. A proposito di foibe, Nucleo Comunista Internazionalista, Roma, 2008.
2
massacro che aveva come unico scopo la pulizia etnica. L’esito fu un clima di accesi odi nazionalisti, in cui
il proletariato venne frantumato, perdendo ogni ombra di autonomia politica. Alla campagna xenofoba dei
nazionalcomunisti iugoslavi, quelli italiani risposero con una campagna altrettanto xenofoba quando, nel
luglio 1948, con una rapida giravolta, il PCI si adeguò al diktat sovietico contro Tito, divenuto «lacché
dell’imperialismo USA».
Nell’orrendo gioco al massacro, che per oltre cinque anni sconvolse queste terre, una delle poche voci a
uscire dal coro fu il Partito Comunista Internazionalista, presente a Trieste con alcuni militanti scampati,
prima allo squadrismo fascista e alla repressione statale, poi alle purghe staliniste e titine, tra cui
Francesco Saverio Sustersich. Costoro, coerenti con l’orientamento internazionalista, fornirono preziose
testimonianze – prive di pregiudizi ideologici – su quanto stava avvenendo, cogliendo sul nascere anche la
speculazione democratica che, in tempi più recenti, ha saputo sfruttare a proprio vantaggio la denuncia dei
massacri allora avvenuti10.
Sustersich era nato in una famiglia operaia nel popolare rione San Giacomo di Trieste; militò dapprima nella
Gioventù socialista e, nel 1921, aderì al PCd’I, entrando nella redazione del «Lavoratore». Perseguitato,
percosso e arrestato dai fascisti non si piegò mai, come non si piegò alle lusinghe dello stalinismo e del titismo.
Subito dopo la fine della guerra, aderì al PCINT. e fondò la sezione triestina11.
Altra figura di spicco del movimento operaio triestino, fu Piero Bullo, che lavorò per 35 anni nella
Fabbrica Macchine Sant’Andrea (motori navali), dove era largamente stimato come instancabile difensore
degli interessi operai e anche per le sue competenze professionali. Dopo la Prima guerra mondiale, aveva
sostenuto la formazione del partito comunista. In quegli anni, era stato destituito dal posto di capo-officina
per essersi rifiutato di svolgere la funzione di guardiano dei lavoratori, che la direzione aziendale voleva
imporgli12.
Militante di vecchia data era anche Giovanni Sincovich che, nell’esilio in Francia e Belgio, visse
l’esperienza della Frazione13.
Inizialmente, la sezione triestina ebbe sede presso il Caffé Friuli, in via Tarabocchia, una consuetudine
allora abbastanza diffusa; coerente con l’orientamento internazionalista, comprendeva militanti italiani e
slavi, od oriundi slavi, come è precisato in un articolo che denunciava la speculazione sui cambi, ordita dal
governo iugoslavo ai danni dei lavoratori istriani14. Sensibili agli avvenimenti locali, che assumevano spesso
rilievo internazionale, i militanti fornirono numerosi contributi a «Battaglia Comunista», presentati nella
rubrica Osservatorio Triestino (a volte Corriere o Quadrante Triestino). La sezione intervenne nei principali
insediamenti industriali della città, tra cui i cantieri navali, che vantavano una combattiva tradizione di lotta.
In seguito, le difficoltà economiche indussero alcuni militanti a emigrare in Australia, fattore che, unitamente
al mutato clima politico, finì per ridurre la presenza internazionalista al lumicino15.
A Trieste, la situazione politica era resa molto intricata dai contrasti tra Governo Militare Alleato (AMG)
e il PCI allora filo titino – diretto dal vecchio agente della NKVD Vittorio Vidali –, che aveva causato la
formazione di due sindacati: i Sindacati Uniti e i Sindacati Giuliani, entrambi fautori della collaborazione
con le direzioni aziendali, come avvenne all’ILVA all’inizio del 1946; dopo di che, a partire dai Cantieri
Giuliani, gli operai cercarono di imporre propri rappresentanti16.
Conseguenze deleterie ebbe la contrapposizione tra i Sindacati Uniti, filo titini, e i Sindacati Giuliani
riconosciuti dalla CGIL come Camera Confederale del Lavoro nel gennaio 1946, legati allo schieramento dei
partiti non comunisti (PSIUP, Pd’A e DC) e favorevoli alla soluzione italiana della vertenza territoriale.
Gli internazionalisti condussero la difficile battaglia per l’indi-pendenza politica del proletariato,
combattendo l’esaltazione nazionalista del PCI che, dopo aver sostenuto lo sciovinismo sloveno, passò
disinvoltamente a quello italiano. Il risultato fu quello di disorientare il proletariato, lasciandolo disarmato
di fronte alla reazione padronale che, nel 1947, impose una massiccia ondata di licenziamenti17. Il clima
10
Cfr. (ARO), Gli sciacalli del C.L.N. dell’Istria a Trieste, «Battaglia Comunista», a. IV, n. 32, 22-29 settembre 1948.
Militante comunista dal 1921, nel dopoguerra, Francesco (o Saverio) Sustersich sostenne con passione l’attività del PCINT.,
fornendo al giornale costanti contributi, che denotano una grande attenzione su quanto stava avvenendo nella città giuliana,
cogliendo anche piccoli episodi, che descrisse nelle sue corrispondenze, firmate spesso SASU (Saverio Sustersich). Nel 1952,
seguì la tendenza Bordiga-Maffi; morì nel 1959. Tra i suoi contributi, cfr. per es. F. S., Quadrante Triestino, «Battaglia
Comunista», a. III, n. 30, 26 novembre-3 dicembre 1947. Necrologio, «il programma comunista», a. VI, n. 10, 3-17 giugno 1959.
12
Piero Bullo morì nel 1953, cfr. Necrologio, «il programma comunista», a. II, N. 14, 23 luglio-24 agosto 1953.
13
Giovanni Sincovich, «Il programma comunista», a. X, n. 24 gennaio 1961.
14
SASU, Storia di un’infamia, «Battaglia Comunista», a. IV, n. 26, 27 luglio-4 agosto 1948.
15
[RICCARDO SALVADOR], Ricordi di un militante, Partito Comunista Internazionale, Schio, 1991, p. 77.
16
Lettere triestine, L’esperienza della collaborazione, «Battaglia Comunista», a. II, n. 4, 9-16 febbraio 1946; Nazionalismo e
sindacati nella Regione Giulia, Ibidem, a. III, n. 18, 3-10 settembre 1947.
17
Per un’indipendente azione di classe, «Battaglia Comunista», a. II, n. 17, 26 maggio-8 giugno 1946; Osservatorio Triestino,
«Liberà sindacale», Ibidem, a. IV, n. 7, 19-26 febbraio 1948; PEMAR, Quelli che sanno dove attaccare il cappello, Ibidem, a. IV,
n.12, 31 marzo-6 aprile 1948, echi della polemica con i Sindacati Unici.
11
politico era reso infido da iniziative contrapposte, finanziate da Roma e da Belgrado, che il PCINT.
denunciò senza esitazione, rivendicando la ferma tradizione internazionalista dei comunisti triestini,
mentre il PCI spacciava per internazionalismo la lotta contro Tito18.
In questi frangenti, gli internazionalisti avevano individuato il pericolo di decomposizione del
movimento di classe, il cui primo passo era la degenerazione del glorioso giornale proletario, «Il
Lavoratore», della cui redazione Sustersich aveva fatto parte19.
Nel maggio 1947, il clima operaio divenne ancora più torbido. Passato all’opposizione, il PCI accentuò lo
scontro con il Governo Militare Alleato del Territorio Libero di Trieste, istituito in base al trattato di pace
firmato dall’Italia a Parigi il 10 febbraio 1947. E, appena l’occasione si prestava, fomentava strumentalmente le
manifestazioni operaie. Il 15 settembre 1947, in seguito all’uccisione prima di una bambina e poi di alcuni
operai da parte dei fascisti, i Sindacati Uniti proclamarono uno sciopero, che fu boicottato dalla Camera del
Lavoro, causando scontri tra operai che, nei Cantiere San Marco e nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico, si
protrassero per una decina di giorni. Questi episodi furono pretesto prima per l’intervento della polizia e poi per
tre licenziamenti20.
18
Marasma politico a Trieste, «Battaglia Comunista», a. III, n. 6, 15-31 marzo 1947. SUSTERSICH, Da Trieste. Un bubbone al Fronte
dell’Indipendenza, Ibidem, a. III, n. 13, 21 giugno-5 luglio 1947: evidenzia il gioco del nazionalismo italiano nella costituzione
del Fronte dell’Indipendenza. Osservatorio Triestino, «Antifascismo», Ibidem, a. IV, n. 7, 19-26 febbraio 1948: denuncia la
collusione tra il PCI e gli sciovinisti sloveni dell’Osvobodilna Fronta, «ben conosciuti in diverse carceri e costituenti il rovescio
della medaglia nazional-fascista d’allora». Nel fuoco della polemica, ci fu un’appassionata difesa di Giuseppe Tuntar, comunista
triestino del 1921, Il Primo Congresso del Partito. Falsi, bugie a calunnie democristiane, Ibidem, a. IV, n. 17, 6-13 maggio
1948. Le deleterie conseguenze del nazionalismo, indussero i comunisti di Trieste a inviare al PCINT. un fermo invito, contro
ogni cedimento, A proposito di durezza. Per l’internazionalismo, Ibidem, a. III, n. 25, 22-29 ottobre 1947; Perle giapponesi,
Ibidem, a. IV, n. 26, 27 luglio-4 agosto 1948.
19
SUSTERSICH, Trieste: Lettera al «Lavoratore», «Battaglia Comunista», a. III, n. 10, 15-25 maggio 1947.
20
Gli insegnamenti dello sciopero di Trieste, «Battaglia Comunista», a. III, n. 23, 7-14 ottobre 1947; Il proletariato ha sempre torto, Ibidem,
a. III, n. 27, 5-15 novembre 1947.
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