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Michele Tagliabracci
Domenico Federici, sacerdote della Congregazione di San Filippo Neri
Parte dell’antico complesso di San Pietro in Valle
è stata nel tempo destinata ad ospitare la biblioteca comunale di Fano, nata con il lascito alla
Congregazione dei Padri Filippini della collezione libraria di Domenico Federici.
Nell’Oratorio era già presente un piccolo fondo di
volumi appartenente alla famiglia De Cuppis, destinato al prestito, ma la gestione di tale servizio presentava numerose difficoltà per l’assenza di una semplice
organizzazione biblioteconomica: non esistevano né
un elenco completo dei libri dati in deposito né un
registro sistematico dei prestiti. Accadde pertanto che
il proprietario del fondo prese a reclamare la mancata restituzione di alcuni volumi dati in prestito senza però aver documenti che attestassero la presenze
di quelle stampe nel fondo della Congregazione. Di
contro la Congregazione non poteva mostrare le cedole di prestito, non rilasciate poiché il De Cuppis
aveva richiesto nelle ricevute delle “clausole” rifiutate
dai Filippini. Dobbiamo pertanto ipotizzare che tale
servizio ebbe modesta e breve natura1.
Tornando al Federici (1633-1720), la sua vita è
sinteticamente caratterizzata da tre lunghi periodi,
l’ultimo dei quali trascorso tra i padri dell’Oratorio: la formazione (1633-1667), il periodo veneziano come Residente Cesareo (1667-1681), il suo
rientro a Fano nella Congregazione (1681-1720)2.
Senza addentrarsi in dettagli biografici, è possibile
affermare che la cultura religiosa e artistica dell’abate, formatesi prima del suo rientro a Fano, abbiano
indotto in maniera naturale il Federici a scegliere tra
le varie congregazioni presenti in città proprio l’Oratorio di San Filippo Neri.
Domenico aveva già avvertito il desiderio di abbracciare la vita ecclesiastica durante la sua detenzione in
Tirolo (1660-1663), dandocene testimonianza nel
titolo del sonetto composto in quel periodo Giorno
anniversario dell’autore carcerato, ma senza colpa immaginabile e risoluto a farsi religioso3. Il sacerdozio avvenne qualche anno più tardi, il 26 febbraio 16644.
La concezione filosofica del Federici appare saldamente guidata dal pensiero tomistico e aristotelico
perfino nelle più evidenti e desuete interpretazioni
fallaci di alcuni fenomeni fisici e chimici5; la sua
erudizione teologica risulta approfondita e sostanzialmente radicata nella tradizione scolastica6.
Tale sincretismo, per uno studioso formatosi nel
tardo barocco, è solo apparentemente anacronistico. Federici non si trova in netto ritardo rispetto
al pensiero medievale e neppure in forte anticipo
sulla rinascita del neo-tomismo italiano, ma il suo
approccio filosofico, per quanto particolare, è comune a molti liberi pensatori di questo periodo di
transizione, educati da una cultura assolutamente
formale ma proiettati verso il secolo dei lumi. La
consapevolezza dell’abate di trovarsi in un periodo
di forti destabilizzazioni concettuali ha esasperato
il suo ritorno alla tradizione secolare.
Il tentativo di razionalizzare il proprio paradigma
filosofico trova espressione nel notevole interesse
dell’abate per diverse discipline scientifiche come
la fisica, la geografia, l’astronomia.
I numerosi riferimenti nelle opere poetiche e nei discorsi pubblici in cui viene citato il cannocchiale come
strumento utile per discernere il vero dalle credenze,
ponendosi in antitesi alle convinzioni cosmologiche
teorizzate dal maestro di Stagira, sono evidenti indizi
di autonomia intellettuale e spirito critico7.
Federici si applicò empiricamente negli studi scientifici servendosi di numerosi strumenti inventariati
alla sua morte e rinvenuti nei locali dell’Oratorio:
termometri, barometri, bilancini, un cannocchiale,
compassi, righe, squadre e altri utensili matematici,
ferri chirurgici, un microscopio, una sfera armillare,
due coppie di globi realizzate da Vincenzo Maria
Coronelli (1650-1718)8.
Tra il Federici e il Coronelli, membri della prima società geografica del mondo (l’Accademia Cosmografica
degli Argonauti), si instaurò una profonda e duratura
amicizia basata sulla stima reciproca: nel 1697 l’abate,
effigiato nella serie di Ritratti de’ celebri personaggi del
Coronelli, fece pubblicare a sue spese l’opera9.
La coppia di globi coronelliani della misura di un piede e mezzo, non più presente in Biblioteca Federiciana
a differenza della coppia da tre piedi e mezzo, fu costruita nel 1696 e dedicata a Guglielmo III d’Inghilterra; va probabilmente identificata in quella descritta
nel secolo scorso da Santini e in possesso dei conti
Castracane degli Antelminelli di Fano10.
Il globo celeste conservato nella biblioteca fanese presenta una caratteristica comune alle “sfere”
prodotte nel 1693. In precedenza il geografo aveva
A fronte
Ritratto di Domenico Federici, Biblioteca Federiciana
di Fano
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Un illustre fanese del Seicento: Domenico Federici (1633-1720)*
Particolare del ritratto di
Domenico Federici, Biblioteca Federiciana di Fano
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Nacque a Bargni, castello facente allora parte del territorio fanese, nel 1633. In età giovanile si spostò in
diverse città (Roma, Venezia, Innsbruck) per approfondire la sua formazione letteraria e l’eperienza negli
incarichi di segretariato. A Roma allacciò quei raporti
di fiducia e rappresentanza che lo condussero alla corte
austriaca dove è attestata la sua presenza nell’Accademia fondata da Leopoldo I per la diffusione della cultura italiana oltralpe.
Dopo un soggiorno romano finalizzato a condurre
alcuni affari per l’Arciduca del Tirolo conclusi senza
buon esito, fu richiamato nei territori asburgici; forse
anche a causa di una accesa rivalità tra i cortigiani fu
accusato di tentato avvelenamento e condannato nel
1660 alla detenzione a vita nel carcere di Rattenberg.
Nel 1662 la sua pena fu commutata nei lavori forzati
da svolgersi presso la rocca di Neuhäsl, presidio sottoposto all’assedio dei turchi. L’anno successivo, approfittando della caduta della roccaforte, riuscì ad evadere
contando anche su amicizie intrecciate con importanti membri della nobiltà.
Nel 1664 Federici fece un breve rientro a Fano dove conseguì il sacerdozio e immediatamente tornò a Vienna,
ospitato dal guardadame dell’imperatrice Eleonora. Grazie a tale familiarità con la reggente riuscì in breve
tempo a far emergere le sue capacità letterarie; vide infatti pubblicare in quegli anni i frutti della sua attività di
librettista cesareo (precursore in tale compito dello Zeno e del Metastasio) e di panegirista e politologo (a favore
della Spagna contro la Francia di Luigi XIV).
Nel 1667 Federici mise in atto un rischioso piano di sottrazione di documenti riservati veneziani a vantaggio
della diplomazia austriaca. Benchè scoperto, tale operazione dissipò ogni dubbio sulla sua fedeltà alla Corona,
tanto da essere prescelto a ricoprire il delicato incarico di Residente Cesareo presso la Repubblica Serenissima
(1667-1679). Tale mansione prestigiosa evitò l’ennesimo processo al Federici.
I documenti istruttori per l’accusa di furto contengono un’importante biografia. La magistratura veneziana
sottolinea che la carica d’abate vantata dal Federici (tradizionalemente conseguita nel 1654) sia stata ricoperta
in maniera illegittima per favorirsi la fuga dalla rocca di Neuhäsl caduta sotto il controllo turco.
Federici venne dunque accolto in un clima di giustificabile ostilità dal Senato di Venezia ma riuscì con le sue
capacità politiche e diplomatiche a portare a termine con successo il suo incarico.
Negli anni trascorsi nella Repubblica lagunare, centro culturale tra i più attivi d’Europa, il Federici provvide
a costituire quella ricchissima “libraria” che al termine della sua missione diplomatica portò con sé a Fano nel
1681. Già nel 1678 aveva richiesto di ritirarsi tra i preti dell’Oratorio di S. Filippo Neri, decisione maturata
anche in seguito alla frequentazione della Congregazione filippina di Venezia.
Vanno ricordati tra gli interventi più importanti e generosi del Federici a beneficio del complesso di San Pietro
in Valle, le commissioni a proprie spese della scaffalatura e della decorazione della Sala dei Globi che costituisce
ancora oggi l’ambiente più nobile e il nucleo originario della Biblioteca Federiciana.
Due anni dopo (1683) il Vescovo di Fano, il bolognese Mons. Angelo Ranuzzi, che apprezzava grandemente la
vasta dottrina unita all’operosità e fermezza evangelica del Federici, non esitò ad affidargli l’incarico di sovrintentente spirituale (il Vicario era sempre un forestiero) per tutto il periodo della Nunziatura in Francia a cui il
Ranuzzi (eletto poi Cardinale) fu destinato dal Pontefice.
Con il successivo abbandono della Diocesi fanese da parte del Ranuzzi (1688), il Federici concluse i suoi impegni amministrativi ricoprendo la carica di preposto della Congregazione di San Filippo Neri (1701-1704);
in seguito si dedicò interamente ai suoi studi, fino a quando lo colse la morte più che ottuagenario nel 1720.
Del Federici ci restano a stampa le seguenti opere: l’opuscolo poetico Nell’ingresso al monastero, i libretti per
melodrammi e oratori L’onore trionfante, L’Elice, Gli affetti pietosi sul Sepolcro di Cristo, L’ambizione punita e
La caduta di Salomone (musicati dai Maestri Ziani e Draghi), i panegirici L’eliotropio della gloria e Il colosso
della virtù, e il trattato politico La Verità vendicata da i sofismi di Francia, tutti editi a Vienna dallo stampatore
Cosmerovio nel triennio 1665-1667. Ultima opera attribuita al Federici ma pubblicata con lo pseudonimo
Theophylus Novalckindus è il breve un breve saggio alchemico intitolato Phosphorus Hermeticus, stampata
a Fano da Francesco Gaudenzi (1683)
In massima parte inedite sono invece rimaste le sue poesie, così come tutti i trattatelli filosofici di ispirazione
tomistica (Dell’Anima, Controversiae Fidei, Della Filosofia universale, Della Filosofia volgare, Della Politica),
i dialoghi poetici (Gli Atomi, L’Anima e il Cielo) e la commedia Eurilla, oltre ad un’altra commedia anepigrafa
e una non piccola parte delle sue lettere e dispacci: materiale tutt’oggi conservato presso la Biblioteca Federiciana.
(FB-MT)
A sinistra
Frontespizio de Gli affetti
pietosi per il sepolcro di Cristo
di Domenico Federici
(Vienna 1666)
A destra
Frontespizio de L’ambizione
punita di Domenico Federici
(Vienna 1667)
* La presente scheda redatta da Franco Battistelli, tratta parzialmente dal volume di A. Deli (a cura di), Fano nel Seicento, Fano 1989,
p. 327, è stata integrata ed aggiornata dall’autore e da Michele Tagliabracci.
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LA CHIESA DI SAN PIETRO IN VALLE A FANO
A sinistra:
Sala dei Globi, Biblioteca
Federiciana di Fano
A destra:
Domenico Federici, Ritratti
de’ celebri personaggi (Venezia
1697) di Vincenzo Coronelli
utilizzato dei globi celesti basati sulle incisioni di
un modello realizzato da Jean-Baptiste Nolin per
un globo gigante “convesso” con l’intenzione, mai
realizzata, di rendere la “sfere” apribile. Pertanto lo
spettatore per avere una corretta corrispondenza
tra volta celeste e riproduzione sul globo (all’anno
1700), avrebbe dovuto immaginarsi prospetticamente di trovarsi all’interno del globo stesso.
Il Coronelli per far fronte alle numerose critiche
mosse per la soluzione adottata nella realizzazione del
globo celeste, ristampò in maniera speculare le costellazioni, creando a tutti gli effetti dei globi “concavi”.
Per rilanciare la vendita propose l’acquisto del globo
celeste ad un prezzo ribassato soprattutto a coloro
che avevano in precedenza acquistato od ordinato un
globo celeste “convesso”. Probabilmente il Federici
approfittò di queste promozioni per l’acquisto della
coppia di globi da un piede e mezzo11.
Dello stesso geografo veneziano si menziona anche una mappa con veduta dal mare della città di
Fano12. In tale rappresentazione, tra le caratteristiche interessanti per il presente studio, si nota che
la Biblioteca Federiciana assume massima rilevanza
nella legenda come unico edificio a essere annotato
in maiuscolo; inoltre è possibile scorgere nella veduta panoramica cittadina, il tamburo di San Pietro in
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Valle ancora privo della cupola, proprio in costruzione negli anni di realizzazione dell’incisione.
Tornando alle discipline studiate e “praticate”
dall’abate va ricordata l’alchimia: in una copia della raccolta epistolare denominata Segreto Federiciano sono attestati i vani tentativi di trasformare i
metalli vili in oro13.
Federici vedeva nell’Oratorio dei Padri Filippini un
ambiente ideale per coltivare i suoi studi senza le
pressioni e i sospetti sulla sua integrità morale che
lo avevano accompagnato nel periodo di formazione
presso la corte imperiale e il suo mandato presso la
Repubblica di Venezia.
Egli aveva sicuramente colto lo spirito riformistico e
vivace che andava sviluppandosi attorno San Pietro in
Valle, senza dimenticare che la Congregazione sorta
sul pensiero informale e diretto di San Filippo Neri
non prevedeva rigide gerarchie ecclesiastiche.
L’affinità caratteriale tra il Federici e i Padri dell’Oratorio emerge anche in un’affermazione dell’abate
Peyra «L’abbé Federici estoit le ministre plus passionné de la maison d’Autriche, mais je crois qu’il s’est
retiré de son service peu satisfait et que ç’à esté un
des motifs de son entrée chez les PP. de l’Oratoire»14.
Durante la sua permanenza tra i sacerdoti di San Pietro in Valle, l’abate si dimostrò curioso anche verso
DOMENICO FEDERICI, SACERDOTE DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FILIPPO NERI
altre forme di orazione come il Quietismo, pensiero
divulgato da Miguel da Molinos e osteggiato da numerosi teologi; si sottolineano pertanto la continua
ricerca dell’abate di un percorso spirituale indipendente dalle prese di posizione ufficiali della Chiesa e il
clima liberale che doveva pervadere l’Oratorio fanese
per consentire tali approfondimenti poco ortodossi.
Federici aveva chiesto e ottenuto nel 1675 la cittadinanza fanese dal Consiglio Generale della città15, nel 1678 aveva manifestato alla Congregazione
l’intenzione di trasferirsi assieme alla sua preziosa
biblioteca16.
Sul finire dell’anno successivo l’abate comunica al
Collegio veneziano il termine dei suoi impegni presso la Repubblica e viene prescelto il suo successore,
il conte Francesco Ulderico Della Torre di Gradisca:
il 27 gennaio del 1680 il Senato congeda l’abate dai
suoi incarichi ufficiali17.
L’ingresso tra i padri dell’Oratorio avviene esattamente l’anno successivo: «Dalla Residenza per l’Imperatore in Venetia passò a questa Congregatione di Fano
il Signor Abbate Domenico Federici l’anno 1681,
accettato in parola sin dall’anno 1678, e poi proposto
formalmente, et accettato con voti concordi sotto li
24 Gennaio dello stesso anno 1681, come a cogniti e
per fama, e per le informationi del P. Giovan Battista
Bedetti della Congregatione di Venetia, e per le rare
sue virtù, che lo rendevano palese da per tutto»18.
La nota trasmessa da Jacopo Ligi ci fornisce un’interessante dato: a “garanzia” del Federici si annoverano
le informazioni fornite da padre Giovan Battista Bedetti di San Marino19.
Assieme ai sacerdoti Ermanno Stroiffi ed Agostino
Nani, Bedetti aveva fondato una Casa oratoriana
nella Repubblica veneziana (10 giugno 1662), fornendola di una raccolta documentaria caratterizzata
soprattutto da un fondo musicale.
L’attuale biblioteca dei Padri Redentoristi di Santa
Maria della Consolazione presso il ponte della Fava
di Venezia trae le sue origini dalla biblioteca settecentesca eretta ed accresciuta da quei Filippini della
Congregazione dell’Oratorio.
Tale Congregazione, dedita tradizionalmente alle
attività corali e strumentali, a partire dal 1667 aveva cominciato a tenere pubbliche rappresentazioni
degli oratori sacri.
Chiesa di Santa Maria della
Fava (Venezia)
209
LA CHIESA DI SAN PIETRO IN VALLE A FANO
Nel 1715 veniva edificato un nuovo edificio annesso alla chiesa per l’educazione religiosa dei giovani
costituito, come a San Pietro in Valle, da biblioteca
e cappella20.
Ciò che aveva spinto l’abate Federici a “ritirarsi”
presso l’Oratorio di San Pietro in Valle non era stata
solo l’affinità della propria concezione religiosa con
quella dei Padri Filippini.
È nota infatti la sua prestigiosa e fiorente attività
presso la corte imperiale di librettista e poeta lirico.
Diverse opere musicate da Pietro Andrea Ziani
(1616-1684) e Antonio Draghi (1634-1700) ottennero un discreto successo e contribuirono certamente a sostenere il Federici nel travagliato periodo del
suo incarico come residente cesareo.
L’Oratorio aveva stimolato ed attratto non solo
la maggior parte del mecenatismo artistico fanese
del XVII secolo ma anche un discreto numero di
letterati: Vincenzo Nolfi, Camillo Montevecchio,
Gioseffo, Giovan Francesco, Ludovico, Pier Francesco e Pier Maria Marcolini, Cintio Leone Alavolini, provenivano da famiglie che avevano nel
tempo contribuito alla fabbrica di San Pietro in
Impresa dell’Accademia degli
Scomposti
210
Valle e figurano assieme al Federici come membri
dell’Accademia degli Scomposti.
Non sono da escludere commistioni e influenze tra
la lirica religiosa (lauda musicale) dei Filippini e la
produzione prettamente profana degli accademici sebbene, come citato da Franco Battistelli21, gli
Scomposti avessero acclamato dal 1646 come protettrice la Madonna Santissima di Loreto e stabilito
che, nella ricorrenza tradizionale della traslazione
della Santa Casa (10 dicembre), si dovesse celebrare
la ricorrenza con un discorso, la narrazione di due
miracoli e idonee composizioni poetiche22; da sempre il culto oratoriano era legato alla celebrazione
mariana come dimostrato anche dalle cappelle di
San Pietro in Valle dedicate alla Vergine.
Federici dunque scelse la Congregazione di San Filippo Neri per i connotati religiosi, culturali e artistici che, assieme al nascente splendore architettonico
di San Pietro in Valle richiamavano, con le debite
proporzioni, il fasto della corte imperiale e la vivacità dell’ambiente veneziano. L’Oratorio inoltre non
imponeva voto di povertà e i sacerdoti potevano ritirarsi dalla Congregazione senza complesse formalità.
DOMENICO FEDERICI, SACERDOTE DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FILIPPO NERI
Trascorsi due anni dal suo ingresso tra i padri, l’abate
venne chiamato a ricoprire l’incarico di «soprastante
al governo spirituale della Chiesa di Fano» da Angelo Maria Ranuzzi (1626-1689), vescovo di Fano nel
decennio 1678-1688 e inviato come nunzio straordinario presso la corte di Luigi XIV23.
Ranuzzi aveva scelto il Federici per diversi motivi:
la sua esperienza diplomatica internazionale, il suo
spiccato orientamento anti-francese, la sua neutralità (e indifferenza) nelle diatribe tra i nobili locali.
L’abate dovette pertanto interrompere la permanenza di riposo e studio presso la Congregazione per
dedicarsi alle questioni politiche e religiose, fungendo
da intermediario per il Ranuzzi, con la diocesi fanese e la Santa Sede.
L’incarico di guida del “governo spirituale” della città
procedeva non senza difficoltà: la classe nobiliare si
dimostrava riluttante a rispettare le severe indicazioni del nunzio sulla condotta disciplinare all’interno
dei monasteri e intendeva, a differenza del Ranuzzi e
del Federici stesso, impiegare le rendite del Collegio
«Nolfi» per sanare i debiti della fabbrica del porto24.
Il Federici fu mandato personalmente a Roma nel
1684 per discutere con Innocenzo XI della situazione della Chiesa di Fano e della gestione economica
del Collegio «Nolfi»25. Nell’anno successivo fu di
nuovo inviato dal Ranuzzi a confrontarsi col pontefice per la questione delle rendite alla Corona francese delle sedi vescovili vacanti, ma l’abate, valutata
la situazione, preferì non affrontare la problematica.
Nel frattempo era cresciuta la stima di Innocenzo
XI che, assieme al nunzio, premeva affinché il Federici accettasse il vescovado: l’abate non accolse la
proposta che venne nel tempo riposta anche a causa
dei legami d’amicizia tra l’abate e il vescovo di Jesi,
l’oratoriano cardinale Pier Matteo Petrucci (16361701), esponente di spicco del Quietismo italiano26.
Il Ranuzzi, terminata la nunziatura straordinaria in
Francia, partì alla volta di Roma per partecipare al conclave. Nel tragitto fu derubato e ammalatosi si ritirò
nel settembre del 1689 presso l’Oratorio di San Pietro
in Valle dove morì al cospetto di Domenico: per via
testamentaria lasciò un podere al Collegio «Nolfi», denaro alla sagrestia del Duomo di Fano (in cui espresse
desiderio di essere sepolto), una somma agli amici e
consiglieri Francesco Gasparoli e Domenico Federici27.
A sinistra:
Angelo Maria Ranuzzi,
incisione
A destra:
Pier Matteo Petrucci,
incisione
211
LA CHIESA DI SAN PIETRO IN VALLE A FANO
Conclusi gli impegni pubblici, l’abate si dedicò ai suoi studi lasciando una considerevole quantità di opere poetiche e riflessioni filosofico-religiose inedite tra le quali si citano
Qualche sermone religioso e qualche trattatello di
geografia e medicina, Glosse marginali alla Bibbia,
Orazioni giaculatorie per tutte le azioni quotidiane,
Della filosofia universale, Della morale filosofica,
numerosi appunti e approfondimenti di filosofia
morale, Filosofia volgare, Della Politica, Controversiae fidei, Errori sulla nuova meditazione o orazione
di quiete, Fascicoli di logica28.
Sono da attestare anche interessi in ambiti più controversi: nel 1683, con lo pseudonimo Theophilus
Novalkindus, aveva dato alle stampe a Fano l’opera
alchemica Phosphorus Hermeticus (presso la stamperia del Gaudenzi) e approfondì, come testimoniato
da un suo breve Discorso di grafimanzia, anche lo
studio della nascente grafologia29.
Padre Jacopo Ligi, memorialista dei Filippini di
Fano, fornisce pochi aneddoti riguardanti il Federici nel lungo periodo trascorso in Congregazione.
Ricorda il permesso concesso al Federici di costruire a sue spese un piccolo ripostiglio nell’orto per riporvi gli agrumi; un furto di denaro e oro perpetrato da Ferdinando Laddi introdottosi nella camera
Frontesipizio del Phosphorus
Hermeticus (Fano 1683) di
Theophylus Novalckindus
[Domenico Federici]
212
dell’abate; l’acquisto della casa di Giacomo Torelli
(prospiciente in via Forestieri agli alloggi dei Filippini) per sollevare i «Padri della Congregazione
dalla schiavitù troppo fastidiosa d’incontrar donne
in faccia alle finestre della propria casa»30.
Nel luglio 1681 è registrata la donazione di un
«Calice grande d’argento con figure smaltate lavorato in Germania»31.
La munificenza dell’abate non si limita alla Congregazione: nel 1683 una lapide affissa sulla cappella di San Ticiarino Martire a Bargni menziona
il Federici come committente della struttura religiosa adiacente la propria abitazione32. La cappella presenta «un decente altare di pietra dell’Isola
con timpano, mensole, sporti e paliotto aperto nel
mezzo e traversato da sbarrette indorate, perché
l’occhio rimiri le ossa e i varii frammenti e il sangue d’un martire [S. Ticiarino] che là entro posa»33.
Il Federici intervallava la sua presenza nella Congregazione con alcuni brevi soggiorni presso Bargni, attestati dalla corrispondenza col Ranuzzi, il
quale a proposito dell’edificazione della cappella
dileggiava l’abate scrivendo «Gl’ornamenti di pietra da lei fatti nella Chiesa di Bargni richiedono
una cuppola, mà ciò non si potrà fare c’hal mio
ritorno, e all’hora concertaremo il disegno. Mà ella
tanto nella Chiesa che nella casa hormai vorrà superare la cattedrale, e la casa di Fano; quest’è un
poco troppo»34.
Domenico Federici inizia a trattare sul finire del
1687, a beneficio della Congregazione, l’acquisto di un terreno con abitazione presso Sant’Andrea in Villis in cui aveva collocato molti volumi
e diverse antichità tra cui numerosi reperti provenienti dagli scavi di ricostruzione del palazzo
vescovile (1680-1682)35.
Il Billi ricorda «diversi idoli di marmo, cioè un
Iside di marmo nero, due torsi di Mercurio, alti
ciascuno due piedi, una Vesta di statura minore,
e un capo al naturale, quali tutti furono dati al
sig. Abbate Federici, il quale li conserva nella sua
villa di S. Andrea, eccetto l’Iside che donò ad un
cavaliere suo amico»36.
La tenuta va probabilmente identificata con l’attuale Villa Sant’Anna (la cappella privata è dedicata
alla santa); la famiglia Federici ne risulta proprie-
DOMENICO FEDERICI, SACERDOTE DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FILIPPO NERI
taria fino alla vendita nel 1847 alla contessa Fanny
Wiseman37. Pertanto è possibile ipotizzare che
a beneficio dei Padri Filippini fossero previsti solo
i proventi del possedimento terriero di Sant’Andrea
in Villis, oltre ai beni privati del Federici conservati
nella villa al momento della sua morte e donati per
via testamentaria.
Nel 1696 la fabbrica di San Pietro in Valle procede con la copertura della cupola affidando
il lavoro all’architetto romano Girolamo Caccia
dopo che i lavori si erano protratti tra indecisioni e lunghe pause: il tamburo e il cornicione erano già stati realizzati da Giovanni Maria
Pazzaglia dopo la commissione che risale al 1626.
Al pagamento della cupola parteciparono la Congregazione, lo stesso Caccia e numerosi privati tra
cui Domenico Federici con il contributo di 37
scudi e 20 baiocchi38.
Si menziona anche la commissione al pistoiese
Luigi Garzi nel 1699 per la realizzazione del quadro d’altare per la cappella Uffreducci, raffigurante
l’apparizione della Vergine a San Filippo Neri (vedi
immagine a p. 219)39. Due anni più tardi, Federici
venne nominato preposto della Congregazione,
carica che coprì fino al 170440.
Nel 1703 l’abate aveva provveduto a donare le “credenze” per conservare le numerose reliquie dell’Oratorio tra cui una realizzata per preservare due teste e
busti d’argento raffiguranti rispettivamente Filippo
Neri (contenente i precordi del santo, certificati da
Giovanni Morganti) e la Madonna, collocando tali
credenze a «riempire i Laterali della Cappella del
Santo Padre»41.
Attorno a questo periodo il Ligi ricorda che il Federici
viveva in Congregazione settuagenario, «passato a tutte le probationi, dispensato dalle cariche»42.
Nel 1706 è testimoniata la donazione di un crocifisso
ligneo, collocato nella cappella Marcolini43.
All’anno successivo risalgono i lasciti di una lampada
d’argento dal peso di circa 2 libbre per l’altare del Santissimo Crocifisso, un manuale “da coro”, un antifonario44, alcuni camici “solenni”45 e un «Paliotto bianco
di raso ricamato con seta e oro per l’Altare del Santo
Padre Filippo Neri; al quale Paliotto aggiunse nell’anno 1709 anche una Pianeta del medesimo lavoro»46.
Dopo tale data terminano le accurate testimonianze del
Ligi sull’abate redatte, come ricordato nell’introduzione
alle memorie, «Al beneficio de Posteri, onde non restino
oscure le memorie di tanti Benefattori, che ha havuto questa
Congregazione di Fano […]»47.
Villa Federici, Bargni (Serrungarina)
213
LA CHIESA DI SAN PIETRO IN VALLE A FANO
L’abate si spense a 87 anni, il 20 novembre 1720,
dopo essere stato assistito per alcuni anni da un
sacerdote e un servitore48.
Il forte legame tra l’abate e l’Oratorio è attestato anche dal preziosissimo patrimonio lasciato in eredità
ai Padri Filippini: la collezione di volumi che andrà a
costituire il fondo principale dell’odierna Biblioteca
Federiciana, importanti dipinti, un lascito in denaro
per l’incremento del patrimonio librario, la sontuosa
scaffalatura realizzata da Francesco Grimaldi (completata da Giovan Battista Fontana) e l’affrescatura
della sala (dipinta da Pietro Rocco) per la loro conservazione49, mobili preziosi50, i globi coronelliani,
una collezione di 400 medaglie, talmente preziosa e
selezionata da essere definita nel 1696 da Carlo Emanuele Fontana un “Museo delle Medaglie”51.
Nel 1735 la Congregazione dei Vescovi e Regolari trasmettono al vescovo di Fano la richiesta
dei Padri Filippini di alienare alcuni mobili e
quadri “superflui”, appartenuti al Federici, per
far fronte alle spese di San Pietro in Valle (abiti
e restauri)52. I quadri, conservati per la maggior
parte nell’abitazione di Sant’Andrea in Villis,
Villa Sant’Anna, Sant’Andrea in Villis (Fano)
214
dopo la perizia del pittore Giuseppe Foschi vengono valutati 447 scudi. Nell’elenco compaiono
interessanti dipinti di Pietro Liberi, una tela originale raffigurante un “ratto” di Pietro da Cortona e una «Iezabelle divorata dai cani originale del
Girolamo», forse riconducibile ad una riproduzione della Gezabele di Luca Giordano.
L’identificazione di una tela con Il ratto delle Sabine
di Pietro da Cortona merita un adeguato approfondimento. Sebbene il Foschi la identifichi come originale, il prezzo contenuto e l’assenza di altre informazioni nella storiografia locale attinenti alla presenza di
un capolavoro del famoso maestro toscano ridimensionano l’attendibilità della perizia.
L’opera, commissionata dopo il 1626 dalla famiglia
Sacchetti, è oggi esposta nei Musei capitolini (fondati
nel 1471 ma aperti al pubblico nel 1734). La vendita
in blocco dei quadri dei Sacchetti ai musei avvenne nel
1747. Non c’è dubbio che il dipinto posseduto dal Federici sia una copia benché attorno al quadro graviti la
leggendaria figura del mercante d’arte Fabrizio Valguarnera, famoso per la sua ricca collezione conseguita con
l’acquisto di opere pagate con diamanti rubati o falsi.
DOMENICO FEDERICI, SACERDOTE DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FILIPPO NERI
Il Ratto compare infatti nell’inventario dei beni
posseduti dal Valguarnera al momento della morte
avvenuta nel 1632; pertanto, se tale dato fosse corretto si dovrebbe ipotizzare una momentanea vendita della preziosa tela di Pietro da Cortona da parte della famiglia Sacchetti. Ad ogni modo, se mai
contesa ci fu attorno alla tela, questa si svolse su
piani politici ed economici superiori alle possibilità
del sacerdote di Bargni.
La figura dello sprezzante collezionista siciliano
che aveva avuto l’ardore di mettere in mostra i suoi
beni (spesso conseguiti in maniera truffaldina) nella
chiesa di Santa Maria di Costantinopoli a Roma
suscitò l’interesse anche di Leonardo Sciascia.
Riflettendo sui diamanti non trovati al momento
della morte del Valguarnera, alla veloce dispersione della collezione e ai nobili coinvolti, lo scrittore
non esitò a «sospettare che sbirri e giudici vi abbiano anche in quel caso preso ricorso»53.
Stessa sorte parve toccare a numerosi beni dei Filippini. Aldo Deli ricorda la sottrazione di monete,
medaglie, strumenti scientifici e soprattutto libri
preziosi, come quella attuata da Pietro Fradelloni
che prese nella biblioteca varie opere per donarle al
generale Lecchi, durante il periodo napoleonico54.
Uno studio di Luigi Masetti ripropone due ricevute rilasciate dai comandanti francesi preposti a
requisire i beni di San Pietro in Valle55. Nell’elenco
compaiono pregevoli incunaboli, come l’edizione
di Plinio stampata a Roma su pergamena (1470) o
un Dante pubblicato a Milano (1478), opere rare
o sconosciute (come la Mispnevotomachia), manoscritti e due preziosi quadri, raffiguranti Gesù nella
consegna delle chiavi a San Pietro di Guido Reni e
un San Giovanni Battista del Guercino.
Il Masetti osserva che molti altri testi furono prelevati, constatando che «Mancano memorie precise del numero dei volumi involati, ciò nonostante
valendomi delle annotazioni sull’indice [ovvero sul
catalogo manoscritto della Biblioteca Federiciana] con questa semplice dicitura portato via dai
Francesi»56.
Si menziona inoltre un documento archivistico che
attesta ironicamente la particolare premura con cui
«Sul finire del regno Italico furono consegnate le
chiavi del suddetto Museo ad alcuni amatori d’an-
tichità, perché ne avessero cura. Difatti i medesimi
n’ebbero la cura migliore che si potesse desiderare,
perché temendo che oggetti di tanto pregio non
fossero custoditi abbastanza in una Libreria quasi
pubblica, se li portarono seco e di questo fatto n’ebbero dai Fanesi non pure approvazione, ma istigazione, e lo stesso dicasi delle migliori opere della
Biblioteca, che ebbero lo stesso destino e fortuna
del Museo»57.
Se si esclude l’infelice vendita dei quadri nel 1735,
seppur regolare, è possibile attestare una depredazione costante a scapito del patrimonio della Congregazione durata quasi due secoli.
Gli Oratoriani furono ufficialmente espulsi nel
1809 (con la soppressione degli ordini religiosi) dal
complesso di San Pietro in Valle che nel frattempo
era stato considerato patrimonio statale, escludendo così ogni forma di controllo municipale.
Tale increscioso fenomeno subì un inevitabile arresto solo nel secolo successivo, grazie ad opportuni
provvedimenti legislativi e catalografici dei beni
librari e artistici.
Adizione da parte dei Padri
Filippini di San Pietro in
Valle dell’eredità Federici,
Archivio Curia Vescovile
(Fano)
215
LA CHIESA DI SAN PIETRO IN VALLE A FANO
Ritratto di Domenico Federici,
Fano, Biblioteca Federiciana
216
DOMENICO FEDERICI, SACERDOTE DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FILIPPO NERI
Note
1. J. Ligi, Storia della Congregazione dell’Oratorio di Fano, conservato nella Biblioteca Comunale Federiciana di Fano (BFF),
Manoscritti Federici, n. 76, pp. 110-112 . Nella cittadina fanese esisteva già una biblioteca pubblica aperta nel 1622 da
Padre Bartolomeo Cimarelli, guardiano di Santa Maria Nova,
cfr. M. Bonifazi, La publica libreria, in G. Volpe – S. Bracci (a
cura di), La chiesa di Santa Maria Nuova a Fano : dalle origini
agli ultimi restauri, Fano 2009, pp. 219-231.
2. Per una sintetica biografia dell’abate cfr. M.G. Marotta, Domenico Federici, in Dizionario biografico degli Italiani, v. XLV,
Roma 1995, pp. 622-624.
3. BFF, Manoscritti Federici, n. 18.
4. Archivio Storico Diocesano di Fano (ASDF), Archivio Curia Vescovile (ACV), Ordinatorum, 1656-1666.
5. Si vedano ad esempio le errate conoscenze di chimica organica e fisiologia esposte nell’opera manoscritta Trattato curioso
sopra la generazione e corruzione delle cose, incluso nel volume
intitolato Filosofia volgare, BFF, Manoscritti Federici, n. 31,
6. G. Rossi, Il pensiero filosofico-religioso dell’abate Domenico Federici, in “Studia Picena”, IV, 1928, pp. 1-30. L’autore, esaminando le opere filosofiche dell’abate, scorge i prodromi della rinascita scolastica che si svilupperà a pieno solo nel secolo successivo.
7. Si vedano il dialogo poetico di argomento astronomico,
BFF, Manoscritti Federiciani, n. 18, Il cielo: «[I cristalli] sì perfetti che il saggio tosco fabbricò con l’arte, […] che tace ogni
ragion il senso», o il discorso d’insediamento al Senato veneziano, Archivio di Stato di Venezia (ASV), Collegio, Esposizione de’ Principi, registro 75, cc. 58-60: «Si danno, Eccellentissimi Padri, alcune immagini colorite che paiono informi e
scontorte, eppure chi le mira nel seno di quel vetro che si chiama cilindro, le conosce diritte e di perfettissima forma [...]»
8. ASDF, ACV, Adizioni eredità, busta 1, n. 4, 1721. La documentazione comprende tre fascicoli: l’adizione dell’eredità
Federici dei Padri Filippini, l’inventario dei beni del Federici
conservati nella Congregazione, l’inventario dei beni della tenuta di Sant’Andrea in Villis.
9. V. Coronelli, Ritratti de’ celebri personaggi, raccolti nell’Accademia Cosmografica degli Argonauti, dedicati all’illustrissimo, e
reverendissimo signore Domenico Federici da Fano, Venezia 1697.
10. G. Santini, Cimeli stereografici e cartografici in Fano, in
“Fani Civitas”, Fano 1964, pp. 23-26.
11. Nel recente articolo di N. Scianna, Indagine sui grandi
globi a stampa di Vincenzo Coronelli : Seconda parte: Il globo
celeste, in Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze,
“Nuncius : Annali di storia della scienza”, n. 1 a. XV (2000),
pp. 235-257, il globo celeste fanese viene inserito come esemplare appartenente alla prima edizione di “sfere concave”. Alcuni studi definiscono occasionalmente il globo “convesso”:
immagini anteriori al restauro (1964-1965) possono aver tratto in inganno l’esame delle costellazioni che sembrano presentare dei chiaroscuri, tratto tipico delle produzioni “convesse”.
La pulizia delle incisioni ha riportato i disegni allo stato originale, tratteggiati senza ombreggiature. L’analisi comparata dei
cartigli delle numerose edizioni coronelliane ha individuato
definitivamente il globo celeste fanese come “concavo”.
12. V. Coronelli, Teatro delle citta e porti principali dell’Europa,
in pianta, in profilo, ed in eleuatione, descritte, e pubblicate ad vso
dell’Accademia cosmografica degli Argonauti, v. I/2, Venezia 1697.
13. BFF, Manoscritti Federici, n. 226: Varie notizie particolari
intorno al Segreto Federiciano in tante lettere disposte secondo gli
anni e la data ricopiate dagli originali.
14. Acta nuntiaturae gallicae. Correspondance du Nonce en France Angelo Ranuzzi (1683-1689) edité par Bruno Neveu, Roma
1973, tomo I (1683-1686), Introduzione, p. 8, nota 21.
15. Sezione Archivio di Stato di Fano (SASF), Consigli, n. 75.
16. J. Ligi, op. cit., p. 109.
17. Per la nomina del nuovo segretario cfr. ASV, Collegio,
Esposizione de’ Principi, reg. 81, c. 55 t.; per la comunicazione della licenza definitiva del Federici dal suo incarico cfr.
ASV, Senato, Corti, reg. 56, c. 198.
18. J. Ligi, op. cit., p. 650.
19. Non sappiamo esattamente quali rapporti intercorressero
tra l’abate e il padre filippino di Venezia; è ricordata dal Billi
una “villeggiatura” del Federici con i Padri dell’Oratorio veneziano nel 1673, cfr. A. Billi, Ricordo storico di Bargni e Saltara,
Bargni 1866, p. 95. I rapporti tra i due Filippini proseguirono
almeno fino al 1684: una lettera del Bedetti datata in tale anno
esorta il Federici ad abbandonare le sue ricerche alchemiche,
cfr. BFF, Manoscritti Federici, n. 45.
20. Per le informazioni su Giovan Battista Bedetti cfr. Biblion
Centro Studi Onlus, Fondo antico di Santa Maria della Consolazione detta “della Fava”, [http://www.biblioncentrostudi.it/
biblion-centro-studi-venezia-realizzazioni.php?pag=1&cat=5,
30/05/2012]. Sulla fondazione della chiesa cfr. F. Corner,
Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello, Padova 1758, pp. 90-91. Per il recupero del fondo antico
manoscritto di Santa Maria della Fava cfr. Regione del Veneto, Il fondo musicale manoscritto di S. Maria della Fava a
Venezia,[http://smcfava.regione.veneto.it/pages/pres_2.htm,
30/05/2012]: «Il Fondo musicale manoscritto della chiesa di
S. Maria della Consolazione, detta della Fava, attualmente
custodito dai Padri Redentoristi, è testimonianza dell’intensa attività di rappresentazione di oratori e musica sacra caratteristica della missione della Congregazione dei Filippini.
Soggetta nel 1674 alla giurisdizione del Patriarca di Venezia
con la concessione dell’autorità apostolica di Clemente X, la
Congregazione caratterizzava la propria attività spirituale e di
formazione cristiana attraverso la promozione e lo sviluppo
di attività corali e strumentali. Tale realtà assunse un rilievo
notevole a partire dal 1667, con l’inizio della rappresentazione
pubblica degli oratori sacri, come testimoniato da documenti
d’archivio della Casa [...]».
21. F. Battistelli, L’Accademia degli Scomposti : Capitoli e attività, in A. Deli (a cura di), Fano nel Seicento, Fano 1989, p. 202.
22. A. Mabellini, L’Accademia degli Scomposti, in “Fanestria”,
Fano 1937, pp. 138, 151.
23. Archivio di Stato di Bologna (ASB), Fondo Ranuzzi, Corrispondenza particolare di mons. Ranuzzi (1666-1688). Come giustamente sottolineato da A. Deli l’abate non poteva essere considerato
il vicario del vescovo poiché «in quelle lettere sono molti gli avvisi
che il Federici doveva trasmettere al vicario», cfr. A. Deli, L’abate
Domenico Federici, in F. Battistelli (a cura di), Biblioteca Federiciana
: Fano, Fiesole 1994, p. 17 e relativa nota 24. L’incarico di vicario
generale fu ricoperto da Lorenzo Castellari (1683-1688).
217
LA CHIESA DI SAN PIETRO IN VALLE A FANO
24. A. Deli, Il Collegio Nolfi, in Idem (a cura di), op. cit., 1989,
pp. 134-137.
25. A testimonianza del forte legame tra la Congregazione e
il Collegio va ricordato che il preposto dell’Oratorio sedeva
tra i superiori dell’istituto e aveva la facoltà di scegliere tre dei
dodici giovani che potevano essere ammessi a frequentare gli
studi, cfr. Ibid., p. 134.
26. Il porporato e il Federici si erano probabilmente conosciuti
frequentando i sacerdoti della Congregazione dei Filippini di
Venezia. Le orazioni sono fortemente connotate da tematiche
quietiste: il Petrucci risulta librettista per La vendita del cuore
umano musicate da Giovanni Legrenzi, autore di quattro orazioni presenti a Fano e inviate a Venezia nel 1700. È attestata la
presenza del Petrucci a Venezia nel 1678, anno in cui il Federici chiede di essere ammesso nella Casa fanese, cfr. C. Steffan,
L’oratorio veneziano tra Sei e Settecento: fisionomia e contesto, in
P. Besutti (a cura di), L’oratorio musicale italiano e i suoi contesti
: (secc. XVII-XVII), Firenze 2002, pp. 430-432, 434.
27. A. Deli, Una predizione al vescovo Ranuzzi, in Idem (a cura
di), op. cit., 1989, p. 129 e relativa bibliografia.
28. BFF, Manoscritti Federici, nn. 18, 25, 26, 38, 31, 36, 65, 77, 88.
29. BFF, Manoscritti Federici, n. 84.
30. A. Deli, L’abate Domenico Federici, in F. Battistelli (a cura di),
op. cit., 1994, p. 19 cita J. Ligi, op. cit., pp. 660, 672, 366.
L’acquisto dell’abitazione non fu una semplice trattativa e l’abate fu in seguito costretto a cederla: Lelio Forestieri, confinante
del Torelli, voleva ampliare la propria casa e offrì 100 scudi più
del Federici agli eredi Torelli. La questione passò in mano al vescovo che decise di mettere all’incanto la proprietà. Intervenne
Francesco Gasparoli che intendendone far dono alla Congregazione appoggiando l’iniziativa del Federici offrì 820 scudi.
A questo punto il Forestieri pensò assieme agli eredi Torelli,
di creare un “finto” atto di vendita anteriore all’asta voluta dal
vescovo per una somma di 850 scudi. Il Gasparoli, volendo liberare dall’impaccio il Federici e il vescovo, decise di lasciare
l’abitazione al Forestieri. Non soddisfatto, Lelio chiese di acquistare anche una parte dei magazzini dell’Oratorio. Avendo
ricevuto risposta negativa si diede ad alcuni “dispetti”, creando
ad esempio una nuova stalla ubicata poco distante dall’unico
ingresso della Congregazione e sotto le stanze dei Padri Filippini. In seguito cedette l’ex abitazione Torelli a Giuseppe Cenni,
ma a dir dei Ligi, proseguì nel creare fastidi agli oratoriani, cfr.
J. Ligi, op. cit., pp. 366-367.
31. J. Ligi, op. cit., p. 91.
32. L’iscrizione, «D. O. M. / ac S. Ticiarino M. / Dominicus
de / Fridericis / D. D. D. / an D. MDCLXXXIII» viene citata
in A. Billi, op. cit., p. 82.
33. A. Billi, op. cit., p. 82. Nel 1693 il chierico Pier Domenico Federici (figlio del fratello Evangelista) chiede di essere
promosso al suddiaconato e lo zio Domenico si fa garante del
patrimonio necessario e gli affida la piccola cappella di Bargni,
cfr. Alessandro Billi, Ricordo storico di Bargni e Saltara, Bargni,
Giovanni Lana, 1866, pp. 86-87. Nel 1706 l’abate “impegna”
un ulteriore patrimonio per Evangelista Federici (fratello di
Pier Domenico), cfr. Alessandro Billi, Ricordo storico di Bargni
e Saltara, Bargni, Giovanni Lana, 1866, p. 87. Probabilmente
il chierico va identificato con Domenico Evangelista Federici,
figlio del terzo fratello di Domenico, Arcangelo.
218
34. A.M. Ranuzzi, Lettere da Parigi a Domenico Federici:
1683-1687, Roma 1988, p. 24.
35. L’acquisto, ventilato dal Ranuzzi, sembra essere stato in
un primo momento proposto senza realizzazione al Collegio
«Nolfi», cfr. A.M. Ranuzzi, op. cit., p. 337. Sulla ricollocazione
dei reperti archeologici cfr. A. Deli, L’abate Domenico Federici, in
F. Battistelli (cura di), op. cit., 1994, p. 19 e relativa bibliografia.
36. A. Billi, Monumenti dell’episcopio fanestre, Fano 1864, p. 7.
37. SASF, Notarile, notaio M. De Angelis, v. Q, atto
14/07/1847. Sulla storia di villa Sant’Anna cfr. P. Persi –
E. Roccato, Ville e casini di delizie nelle campagne di Fano,
Urbino 1997, pp.79-84.
38. J. Ligi, op. cit., pp. 80-81.
39. Per la storia, le decorazioni e le reliquie della cappella
Uffreducci cfr. J. Ligi, op. cit., pp. 66-81
40. Durante la permanenza del Federici si susseguirono come
preposti Tomaso Grifoni (1677-1678), Giovan Battista Brisighelli (1678-1680), Jacopo Ligi (1680-1683), riconfermato
per un altro mandato triennale rinunziò nel 1684, Giuseppe Uliassi (1684-1686, rieletto fino al 1689), Ottavio Oriani (1689-1692), Jacopo Ligi (1692-1695), Ottavio Oriani
(1695-1698), Jacopo Ligi (1698-1701), Domenico Federici
(1701-1704), Jacopo Ligi (1704-1707), riconfermato per un
altro triennio; il registro del Ligi si ferma a tale dato. Fino al
1659 i preposti fanesi venivano tradizionalmente eletti ogni
tre anni nel giorno di San Gregorio (12 marzo) ma adeguandosi allo slittamento dell’elezione nella Congregazione di
Roma, spostarono tale cerimonia al sabato in Albis (primo sabato dopo Pasqua) a partire dalla nomina di Luigi Ficeni (15
aprile 1662), cfr. J. Ligi, op. cit., pp. 703-704.
41. J. Ligi, op. cit., p. 46.
42. Ibidem, p. 651.
43. Ibidem, pp. 82-83, 97.
44. Ibidem, p. 92.
45. Ibidem, pp. 80-81.
46. Ibidem, p. 90.
47. Ibidem, p. 1.
48. Tale dato è attestato dalle disposizioni testamentarie del
Federici, cfr. SASF, notaio A. Guardinucci, 1720, H, pp. 713-716;
una parte dell’eredità fu destinata ai poveri di Bargni, paese
natale dell’abate.
49. La stanza, oggi conosciuta come “Sala dei Globi”, occupava
l’ambiente soprastante a quello che era definito “nuovo oratorio”,
attualmente sede della Sezione dell’Archivio di Stato di Fano.
50. J. Ligi, op. cit., p. 650.
51. C.E. Fontana, La nobile, e virtuosa Italia mostrata in epilogo, e dedicata all’altezza di Dorotea Sofia principessa di Neuburgo serenissima duchessa di Parma, Parma 1696, pp. 86-87.
La raccolta di medaglie e monete è confluita parzialmente nella sezione numismatica del Museo Archeologico e Pinacoteca
del Palazzo Malatestiano di Fano, in parte dispersa probabilmente durante il secolo successivo, culminato con le famigerate spoliazioni napoleoniche. Alessandro Billi sottolinea che la
biblioteca, il museo e la tenuta di Sant’Andrea furono realizzate dal Federici a vantaggio della Congregazione e della città
di Fano, e realizzate con le somme accumulate in tanti anni di
servizio alla corte cesarea a cui vanno aggiunte le donazioni ricevute dai pontefici, dal Ranuzzi, da altri “sommi personaggi”
DOMENICO FEDERICI, SACERDOTE DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FILIPPO NERI
e dalle entrate dell’abbazia, cfr. A. Billi, op. cit., p. 97. Sulla
storia dell’Abazia di San Martino di Waska e la relativa nomina ad abate del Federici, cfr. M. Tagliabracci, L’avventurosa
vita di Domenico Federici, in “Nuovi Studi Fanesi”, n. 24/25
(2010-2011), pp. 27-104.
52. Il documento, conservato nell’Archivio della Curia Vescovile della Diocesi di Fano, è stato trascritto in appendice nel
presente volume da Giuseppina Boiani Tombari.
53. Sul Valguarnera cfr. lo studio fondamentale di J. Costello, The twelve pictures “ordered by Velasquez” and the trial of
Valguarnera, in “Journal of the Warburg and Courtauld Insitutes”, XIII (1950), n. 3/4, pp. 237-284, ed anche, L. Sciascia, Diamanti, in Académie de France à Rome, Roma 1630 :
il trionfo del pennello : Villa Medici, 25 ottobre 1994 - 1 gennaio
1995, Milano 1994, pp. 15-21. Gli atti del processo a Fabrizio
Valguarnera ed il testamento, rinvenuti da E. Fumagalli, rivelano aspetti interessanti per conoscere la personalità del nobile
siciliano e sono pubblicati fra i documenti del catalogo della
citata mostra, Ibid., pp. 229-235.
54. A. Deli, I Preti dell’Oratorio a Fano, in F. Battistelli (a cura
di), op. cit., 1994, p. 28 e relativa bibliografia in nota 17.
55. L. Masetti, Memorie sulla Biblioteca Comunale di Fano denominata Federiciana, Fano 1873, pp. 9-10:
«REPUBBLICA FRANCESE, Libertà – Eguaglianza, Fano
2 Ventoso e 5° anno della Repubblica.
Il sottoscritto secondo gli ordini ricevuti dal cittadino Monge
Commissario deputato delle Arti e secondo l’autorità a lui data
dal Generale in capite, come apparisce dalla sua lettera in data
28 Piovoso, sono andato nel Convento dei monaci Filippini,
e avendo lor chiesto ove stava la Biblioteca, mi condussero in
essa, ed io allora feci dare i seguenti libri – il Plinio in pergamena – un manoscritto che à per titolo Osservazioni sopra il
1. libro di Cornelio Tacito – un altro manoscritto che à per
titolo Il Coeli firmiani de falsa religione liber primus.
Essendo poi andato nella Chiesa del detto convento mi sono
fatto dare il quadro dell’altare rappresentante Gesù Cristo che
dà le chiavi a S. Pietro di Guido Reni, nella seconda cappella
a mano sinistra il quadro rappresentante S. Giovanni Battista
del Guercino: di tutto ciò ho formato processo verbale alla presenza del cittadino Caisel Comandante della Città, dei cittadini Rodolfo Ferri e Luigi Zagarelli membri della municipalità
e abbiamo sottoscritto col Superiore della Congregazione.
Al suddetto documento mancano le firme. Il superiore della Congregazione o Preposto era il P. Michele Bibiena Bolognese.
Secondo gli ordini del Generale Sakugrè la municipalità darà
suoi ordini affinché il cittadino Tourles Commissario possa liberamente visitare e prendere tuttociò che giudicherà a proposito della Biblioteca dei Padri dell’Oratorio tanto di manoscritti quanto di codici nella scanzia sigillata nell’ultima camera».
«REPUBBLICA FRANCESE, Libertà – Eguaglianza, Fano
23 Ventoso anno 5°.
Io sottoscritto confesso aver ricevuto dai Padri dell’Oratorio di
S. Filippo di Fano i libri o manoscritti della 3. scanzia dell’ultima camera ove erano stati sigillati al di fuori dal cittadino
Dorel, e sono i seguenti, cioè Storia Ecclesiastica di Eusebio –
Dante stampato a Milano – Due Sacre Scritture – Marsilio Ficino – Mispnevotomachia [sic] – Note di Clemente XIV – Vita
della monaca Serio – Lettere di Pietro Delfino – Diversi ma-
noscritti – Opere di San Giovanni Crisostomo. TOURLES»
56. Ibidem, p. 8.
57. SASF, Famiglie fanesi, II, 5, citato in A. Deli, I Preti
dell’Oratorio a Fano, in F. Battistelli (a cura di), op. cit., 1994,
pp. 28-29.
Luigi Garzi, La Madonna e
il Bambino appaiono a San
Filippo Neri, c. 1699, Fano,
Museo archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano
219
La Federiciana del Federici
“Godo ch’ella fabbrichi a Bargni perché le sarà di molto sollievo il trattenersi ivi tal volta, et io spero
di ritornarvi anch’un giorno, se piace a Dio di mantenermi in vita dopo uscito di questo pelago nel
quale son per entrare attendendosi la Corte a Versaglia”1. Così scriveva da Orleans il vescovo Ranuzzi,
nunzio apostolico in Francia alla corte del Re Sole, all’abate Domenico Federici, che da due anni
era tornato nella sua terra ed era tanto prodigo di consigli diplomatici quanto ben deciso a rifuggire
impegni e incarichi. Come ha recentemente raccontato Michele Tagliabracci, padre Domenico ne
aveva viste abbastanza2. Adesso viveva con gli oratoriani, aveva la sua grande ‘libraria’, gli strumenti
scientifici, il suo museo di reperti storici e si concedeva qualche piccolo viaggio: “era ben giusto – gli
scrive il vescovo Ranuzzi da Parigi – che havendo veduto, e praticato tanta parte di mondo il più bello, mostrasse anco desiderio di vedere una Republica [San Marino] ch’in Italia è molto riguardevole
per la sua piccolezza. Sarà entrata in quelle grotte dov’in tempo d’estate si beve il vino freddo come
nel ghiaccio”3.
Gli interessi di Domenico erano numerosi, infatti non aveva portato a Fano soltanto i libri ma anche
diversi strumenti scientifici e altri utensili preziosi che gli servivano per le sue avventure di laboratorio, se è vero, come sembra, che sotto lo pseudonimo di Theophylus Novalckindus si cela proprio
il fondatore della Federiciana, un alchimista alla ricerca del suo “lapis philosophorum” oltre che un
uomo alla ricerca di quiete. Curioso di natura e apprendista stregone, diplomatico e poeta, religioso
e filosofo, drammaturgo (per musica) e bibliofilo, in fondo Domenico Federici era animato da un
sogno di universalità, realizzato nel microcosmo di carta che lo rappresentava, cioè una bibliotecamuseo. La bibliofilia risulta evidente per la rarità di molte opere della sua raccolta, alcune giunte fino
a noi altre trafugate nel corso dei secoli e delle vicissitudini storiche, ma la bibliofilia da sola non
spiega quel carattere di universalità che invece era esplicito nell’Advis di Gabriel Naudé, un’opera
antesignana di bibliografia e biblioteconomia ancora oggi presente nella libreria dell’abate4.
Risulta subito evidente, infatti, che Federici sapeva come costruire una raccolta libraria in grado di
fornire risposte in ogni settore della conoscenza e che ha perseguito questo scopo con grande rigore
filologico, spendendo una fortuna ma con un impegno che non è mai venuto meno. Nelle lettere del
Ranuzzi da Parigi abbiamo testimonianze di questa assidua ricerca: “ Spero che V. R. abbia ricevuto
ben conditionate le opere stampate di nuovo di Sant’Agostino. Si stampano altri libri buoni, ma sono
così cari, che non so se torni conto provedersene. Quant’à ferri vorrei sapere s’ella vuole forbici, cortelli, stuccetti, o pure martelletti, tanagliette, morse; e se vuol spendere in una forbice sola liscia una
mezza doppia, essendovi così belle, e buone, ma più care assai ch’in Germania”. Pochi anni dopo, e
sempre dallo stesso epistolario, possiamo leggere altre informazioni vescovili: “Le opere dell’ Abb. Siri
consistono, per quant’ho inteso, in 25 volumi, cioè 15 d’historia, e 10 di memorie recondite, e fra
questi volumi due sono difficili da trovarsi … Nondimeno un libraro ha detto che potrebbe havergli
tutti, ma per ultimo prezzo ne vuole 150 franchi”5. L’opera di Vittorio Siri è stata acquistata.
Nella Federiciana si trova anche il Tracté des plus belles bibliotèques di Louis Jacob de Saint-Charles
(1608-1670) insieme a numerose e celebri bibliografie, cioè libri che parlano di altri libri, queste
biblioteche senza muri che illustravano tutto quello che era stato pubblicato su ogni argomento dalle
tipografie dell’epoca, e nelle lingue allora più diffuse: oltre al latino, il francese, lo spagnolo, il tedesco
e ovviamente l’italiano. In effetti, analizzando la mappa delle raccolte librarie di Domenico Federici6,
si nota il numero davvero molto alto di edizioni estere del XVI e XVII secolo.
Una seconda riflessione riguarda l’organizzazione delle raccolte stesse, suddivise per classi, con un
cartiglio posto sopra le scansie: Historici Prophani e Politici, Historici Sacri, Theologi Dogmatici etc.
Non mancano i libri proibiti, per i quali Federici aveva ottenuto una dispensa dalle autorità ecclesiastiche, e abbondano le opere scientifiche, in ogni campo delle scienze (fisiche, astronomiche,
mediche, eccetera) e delle arti applicate, con una attenzione ai libri di viaggio e di geografia, visto
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(Qui e nella pagina seguente)
Interni della Biblioteca Federiciana in alcune foto d’epoca
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che l’abate era membro della veneziana “Accademia Cosmografica degli Argonauti”. Della stessa associazione faceva parte il celebre cartografo veneziano Vincenzo Coronelli, che gli firma una dedica
su uno dei due globi che oggi si possono ammirare in Federiciana, appunto nella Sala dei Globi. In
verità i globi erano 4, ma dei due più piccoli si sono perse le tracce.
Per concludere, la Federiciana del Federici aveva un progetto ben chiaro, quello di rappresentare la
cultura della propria epoca e delle epoche passate, selezionando gli autori migliori e anche le edizioni
più accurate e pregiate, non tanto per un’ossessione bibliofila, quanto per un disegno di universalità
che forse proveniva da una sua complessa (e complicata) esperienza delle cose del mondo e forse da
un desiderio di compensazione.
(MF)
1. A. M. Ranuzzi, Lettere a Domenico Federici (1683 – 1687), a cura di Francesco Maria Cecchini, Edizioni di storia e letteratura,
Roma 1988, p. 19.
2. M. Tagliabracci, L’avventurosa vita di Domenico Federici, in “Nuovi studi fanesi” n. 24 (2010-2011).
3. A. M. Ranuzzi, op. cit., p. 33.
4. G. Naudé, Advis pour dresser une bibliothèque, Paris, chez F. Targa, 1627 (1644).
5. A. M. Ranuzzi, op. cit., p. 338.
6. M. Ferri, La biblioteca dell’abate e la libreria del numismatico: Domenico Federici e Giuseppe Castellani, in Collectio Thesauri, a cura
di Mauro Mei, Regione Marche, Ancona 2005. Le ricerche in corso di Michele Tagliabracci confermano la straordinaria competenza
di Domenico Federici nella costruzione di raccolte bibliotecarie.
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Domenico Federici, sacerdote della Congregazione di San Filippo