TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Sommario • Il nuovo welfare sanitario G.Ferrucci ____________________pag.2 • Nasce ATLASS P.L.Lopalco ____pag.6 • Un pap-test a tappeto per la donne pugliesi M.Petroli, M.Tetesi______ pag.8 • Giornate Triggianesi di Ortopedia____________________pag.13 • Encefalopatia Sponfiforme Bovina (BSE) M.Troiano _____________pag.15 • Il cittadino, utente o cliente dei servizi? A.Aquilino____________pag.24 • Sistemi di qualita’: opportunita’ o minaccia per i medici pugliesi? G. Perilli_____________________pag.36 • Evoluzione dei sistemi di gestione in sanità G.Ceriani ______________pag.38 • Storia e sviluppi della certificazione ISO 9000 S.Cucarachi_________pag.40 • Marker tumorali: indagine conoscitiva G.Ceriani ________________pag.41 Scientifico • A.D.P. nella AUSL TA/1 G Ronzino, ed altri_____________pag.42 • La Terapia termale nell’insufficienza venosa cronica (I.V.C.) • Ruolo diagnostico e terapeutico dell’enteroscopia nella preatica clinica A.De Ceglie, ed altri _________pag.49 • Anemia in uremici cronici: qual’è il trattamento piu’ efficace? A.Valerio _________________pag.51 • Terapia termale in età pediatrica V. Goffredo___________________pag.54 • Educazione Alimentare e Domanda di Alimenti eneticamente Modificati per la Prima Infanzia. M. Panumzio, ed altri __________pag.62 • L’epidemiologia dell’infezione da HIV-1 G.Buccoliero, ed altri_____pag.66 TuttoSanità Anno 9° n. 49 - Novembre -Dicembre 2000 Reg. Trib. Bari n. 1062 del 23-9-1991 Direttore Editoriale MINO GRASSI Direttore Responsabile ENZO LORUSSO Direttore Scientifico MARIO DE LENA Copertina e Grafica: CREATTIVA di Massimo Danza (Bari) • Editore THOLOS EDITRICE • Stampa TIPOLITOGRAFIA RADIO Direzione, redazione (Putignano) e pubblicità Via Col di Lana, 53 Tel. /Fax 080.4327182 Sito web: www.tuttosanita.it e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] Abbonamento annuo TuttoSanità: L. 30.000 C.C.P. 16809709 intestato a: “Tholos Editrice” - Via Col di Lana, 53 Alberobello (Ba) La Direzione non si assume la responsabilità delle inserzioni pubblicitarie. Dati e notizie riportati su TuttoSanità possono essere ripresi citando la fonte. Editoriale Un 2001 amaro per la sanità pugliese Si profila un 2001 amaro per la sanità pugliese. Il federalismo fiscale partito nel nostro Paese nello scorso gennaio ha rimescolato le carte, introducendo diversi elementi di innovazione ma, soprattutto, la responsabilizzazione finanziaria delle Regioni. In Puglia la situazione si presenta più delicata che non in altre regioni per via dello stato di dissesto finanziario in cui versa l’Ente, che lo costringe a pagare ad un pool di banche circa 600 miliardi all’anno a copertura dei mutui contratti a suo tempo per coprire il famoso “buco” finanziario accumulato negli anni delle “gestioni allegre”. Il bilancio della Regione Puglia è quindi “ingessato” e non consente pertanto di far ricorso a fondi propri per coprire eventuali splafonamenti della spesa sanitaria che si dovessero verificare alla fine del 2001. E’ sulla base di questi presupposti che è stata partorita nello scorso novembre la Legge Regionale n. 28 di variazione al bilancio 2000 della stessa Regione, che ha introdotto, com’è noto, paletti duri nell’intento di sottoporre la spesa prodotta dalle Aziende Sanitarie ad una rigida cura dimagrante. E questo nonostante che il Fondo Sanitario assegnato alla Puglia per il 2001 sia superiore a quello dello scorso anno, anche se la regione continua ad essere pesantemente penalizzata dai criteri di riparto dello stesso fondo che continua a privilegiare, secondo la impostazione data dall’ex Ministro Bindi, il parametro della quota pesata. Ovviamente i paletti introdotti dalla L.R. 28/2000 non bastano, anche perché occorre evitare che a farne le spese del tutto siano i cittadini nel momento in cui viene consentito loro di poter usufruire di servizi sanitari ridimensionati o, peggio, che possono essere venuti meno del tutto. Le Aziende Sanitarie si trovano a dover fare i conti con i debiti rivenienti dagli esercizi finanziari precedenti. La gestione delle ex USL a tutto il 1994 non è purtroppo ancora chiusa. Le pendenze relative al 1998, 1999 e 2000 premono. I fornitori del Servizio sanitario sono in grossa difficoltà e si moltiplicano le azioni legali per ottenere il ristoro dei crediti vantati. Ecco perché si parlava in apertura di 2001 amaro per la sanità pugliese. L’anno corrente sarà sicuramente un anno di delicato rodaggio verso il nuovo sistema di federalismo fiscale appena partito, indipendentemente dalle eventuali modifiche che saranno apportate al Decreto Legislativo n. 56/2000 finalizzate ad una rimodulazione del modello che tenga maggiormente conto delle situazioni oggettive in cui versano le Regioni del Sud. Tutti sono chiamati a fare la loro parte fino in fondo. A cominciare dalla Regione che deve subito mettere mano alla rivisitazione del Piano di riordino ospedaliero, agganciandolo strettamente al nuovo scenario che si è configurato e che si va configurando e alla attuazione della seconda fase del programma di edilizia sanitaria. S’impone, quindi, una verifica degli indici di utilizzo degli ospedali, evitando nel contempo accuratamente lo sciagurato fenomeno di nosocomi che, a distanza di pochi chilometri l’uno dall’altro, erogano la stessa tipologia di prestazioni e mirando a garantire, invece, quei servizi per i quali siamo tributari verso le realtà sanitarie delle altre Regioni. Di pari passo deve procedere l’adozione da parte del Consiglio Regionale una volta per tutte del Piano Socio Sanitario, un’altra “araba fenice” che ci trasciniamo da decenni e che invece deve fotografare la tipologia della sanità che vogliamo nella nostra regione nel triennio di riferimento, in modo che anche gli amministratori che subentreranno successivamente abbiano un dato certo cui fare riferimento, evitando così improvvisazioni ed estemporaneità. Ma senza andare troppo lontano, a cominciare dai direttori generali delle Aziende sanitarie che potranno procedere speditamente e risolutivamente verso quegli accorpamenti, riconversioni o quant’altro si dovesse rendere necessario, per far sì che la razionalizzazione complessiva dall’offerta sanitaria erogata sia effettivamente incisiva. Per fare tutto ciò, come dicevamo pocanzi, occorre un colpo d’ala, occorre che ognuno faccia la sua parte compiutamente e fino in fondo. Questa volta non si tratta solo di un impegno ma di una necessità. Lo impone questo modello federalistico che è oramai una tendenza irreversibile destinata a consolidarsi sempre di più. Ignorare o sottovalutare questa realtà potrebbe essere molto pericoloso. A meno di non voler entrare nell’ottica di far pagare ticket aggiuntivi ai cittadini pugliesi…. . 1 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. “Il nuovo welfare sanitario a discapito del diritto alla salute?” Alcune riflessioni dopo l’entrate in vigore della recente L.R. n. 28/00 * Gianni Ferrucci La recente Legge Regionale n° 28 del 22.12.2000 “Variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2000” approvata dal nostro consiglio Regionale sancisce drastiche (e probabilmente inevitabili) norme in materia di razionalizzazione, contenimento e qualificazione della spesa sanitaria. L’aspetto fortemente limitante di questa normativa è certamente rappresentato da quanto espresso nell’art.23 in cui si limitano le dotazioni organiche ed il personale delle Aziende Sanitarie e l’art. 24 che puntualizza vincoli finanziari per i Direttori Generali e conseguenti provvedimenti di decadenza dell’incarico in situazione di disavanzo dell’Azienda Sanitaria amministrata. Il ricorso ad una normativa di tale identità non può che indurci a riflettere sull’eccesso di libertà erogativa dei sistemi sanitari aziendali regionali che ha visto, negli ultimi anni, il crescere dei costi e degli sprechi soprattutto determinati da investimenti non-programmati delle Aziende Sanitarie e degli amministratori delle stesse. Ma, al di là delle recriminazioni sulle trascorse gestioni, merita attenta riflessione il fatto che la domanda di salute e di prestazioni sanitarie è in crescita ed è destinata ancora a crescere. Il problema continua ad essere quello dell’individuazione della compatibilità tra il bisogno di governare e contenere la spesa sanitaria e quella di rispettare il diritto non solo ad avere maggiore assistenza, ma, anche, a migliorarne la qualità. In questo quadro sociale i bisogni e la gestione della salute e degli investimenti su di essa rischiano di trasferirsi dagli operatori e chi eroga “materialmente” le prestazioni (medici, personale socio-sanitario, operatori, ecc.) agli amministratori ed agli “economi” della Sanità. E, forse, la maggiore idiosincrasia percepita tra gli operatori della Sanità in questo periodo è certamente quella inerente il rapporto con chi programma e gestisce economicamente gli investimenti delle Aziende spesso lontano dal “front-office” dei servizi territoriali e dai bisogni diretti dell’utenza che necessita di prestazioni sempre più immediate e sempre più specialistiche. I programmi di contenimento della spesa sanitaria regionale non possono ignorare che, come determinato dal Censis, “la Sanità Italiana è malata di economicismo e l’aziendalizzazione sembra un processo fatto soprattutto di tetti di spesa e variazioni di quantità”. Ed in effetti i dati ed i confronti nazionali mostrano come le nostre strutture siano ancora scarsamente dotate rispetto a quelle del Nord (ad esempio: 5,8 posti letto al Nord e 5,1 al Sud) come l’indice di soddisfazione degli utenti è del 37,5 % molto soddisfatti al Nord, rispetto al solo 16% al Sud, per non parlare poi dei ritardi e delle inefficienze specifiche caratteristiche soprattutto nella regolamentazione e gestione dell’assistenza territoriale (vedi la distrettualizzazione la cui regolamentazione varia nella nostra Regione addirittura da ASL ad ASL in funzione di una soggettiva interpretazione di normative che eppure rimangono in vigore e forniscono accettabili indirizzi). Se la Legge Regionale n° 28 del 22.12.2000 si presenta nella sua drasticità è quindi perché vi sono stati, evidentemente, delle carenze nella gestione delle risorse economiche sanitarie che sono certo antiche e pregresse ma che, evi- dentemente, non sono state migliorate ed almeno contenute nonostante le più recenti direttive nazionali in materia di contenimento della spesa o dei processi di aziendalizzazione e di riforme della Sanità. Ad una attenta analisi risulta che gli interventi di devolution aziendale continuano ad essere centrati a discapito dalla “centratura periferica” auspicata dal Censis. L’attenzione dovrebbe essere quindi spostata dall’alto (strutture ospedaliere) al basso (territorio) non solo limitando e tagliando, ma reinvestendo con il contributo dei Comuni, sui distretti e sull’assistenza di base, riequilibrando un’offerta sul territorio che diventa critica nel momento dell’applicazione delle stesse regole di contenimento della spesa. Se in Puglia i fattori di criticità sono l’alta spesa per l’ospedalità convenzionata, l’alta spesa farmaceutica, alto tasso di ospedalizzazione, minor tasso di utilizzo di posti letto, allora l’obiettivo di programmazione si dovrebbe necessariamente spostare sull’assistenza territoriale dove più che le risorse e le attrezzature (certo comunque non secondarie) conta molto la capacità gestionale e di negoziazione con i Medici di Base e le strutture private. Diventa indispensabile un Piano Sanitario Regionale che tenga conto di questa verità, una revisione della razionalizzazione della assistenza ospedaliera, e soprattutto, precise direttive e indiscutibili criteri alle Aziende per la amministrazione distrettuale. C’è da rilevare, a tal proposito, che, alcuni Direttori Generali condividano l’idea di incrementare l’ampiezza demografica distrettuale riducendo il numero dei distretti e sperando, forse, di “ri- 2 ...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. sparmiare” ma andando a creare dei “macrodistretti” come “piccole Aziende Sanitarie nelle Aziende” e pregiudicando gravemente la possibilità di amministrazione e di controllo del territorio sanitario che è compito principale della struttura distrettuale come espresso anche dalla Legge Regionale 28.12.1994 n° 36. D’altro canto, se il controllo della spesa prescrittiva e la prevenzione si realizzano principalmente nel distretto, non si comprende perché si debba rendere ancor più complessa e difficoltosa la gestione del territorio creando ulteriore confusione. Un esempio positivo per tutti potrebbe essere la Regione Piemonte che nella Delibera Reg. n° 80/1700 del 1.12.2000 indica addirittura la costituzione di Distretti riferendosi a 25.000 abitanti. Si presuppone che questa Regione, al di là, comunque, delle particolari caratteristiche geomorfologiche, avrà buone possibilità di gestione e controllo dei territori sociosanitari aziendali. Il “controllo” e l’investimento delle economie sanitarie sul territorio delle Aziende ASL ci sembra quindi essere il nodo cruciale e futuro della qualificazione sanitaria. Questo perché la domanda di salute sul territorio è quella destinata a crescere. Qui bisognerà trovare la soluzione di compatibilità tra la necessità di governare la spesa e quella di salvaguardare il diritto alla salute che è il bisogno fondamentale e variabile determinante dei bilanci futuri delle ASL. Il pericolo che attualmente stiamo correndo è, invece, quello espresso dallo stesso Prof. Ivan Cavicchi (Docente di Sociologia Sanitaria alla Università “La Sapienza” di Roma) che evidenzia come la decisione su ciò che è necessario all’utente viene sottratto al sanitario e viene trasferita all’amministratore o al burocrate della Azienda Sanitaria. Ed in effetti, in molti casi, le decisioni sugli investimenti, sulle attrezzature e sull’erogazione dei servizi viene spesso decisa dai tecnocrati secondo protocolli, linee guida, delibere e non già da chi ben conosce le patologie, la clinica e la psicologia del paziente. Fortunatamente per i cittadini l’Art. 23 della Legge Reg.le n° 28 in questione al comma 4 esclude, dalla limitazione delle assunzioni, il personale sanitario. Questo anche perché le Aziende Sanitarie pugliesi sono in notevole carenza di personale sanitario rispetto ad Aziende di altre regioni. E la maggiore carenza di personale o, in alcuni casi, di errata distribuzione del personale si registra proprio a livello territoriale e distrettuale, luogo istituzionale in cui il cittadino deve trovare la “prima risposta” al suo diritto alla salute. A questo punto ci sembra necessario porre estrema attenzione al fatto che qualsiasi normativa di contenimento della spesa sanitaria troverà motivazione ed efficacia solo in presenza di un sistema aziendale di gestione che abbia come fine non solo il risparmio ma, anche, il fine di tutela della salute realizzando, tramite un aumento dei livelli di efficienza e di pro- duttività, più favorevoli condizioni per produrre risposte ai problemi di salute di tipo collettivo e quindi territoriale. Ecco che la Legge n° 28/2000 va applicata più che in senso meramente “tecnocratico” e “contenitivo” in modo da governare la distribuzione e l’impiego delle risorse economiche aziendali che, seppur scarse, debbano perseguire il massimo rapporto tra benefici (massimo livello di qualità di vita) e costi. Il mito del “management sanitario a tutti i costi” rischia, quindi, di cadere proprio nel momento in cui continuerà ad esistere un battaglia tra chi vuole a tutti i costi ridurre la sanità in senso economico e chi vorrà “mantenere la Sanità a misura della persona” adattando i sistemi di management ai bisogni di salute dei cittadini. * Dirigente Sanitario AUSL BA/4 VILLA IGEA CASA DI CURA Prof. Brodetti s.r.l. Direttore Sanitario Dr. Antonio Talia Specialista in Anestesia e Rianimazione (Aut. Reg.le n. 185 bis del 17.11.95) Via Vittime Civili, 112 - 71100 Foggia Tel. 0881.742958/9 - 744898 - Fax 0881.719028 CASA DI CURA POLISPECIALISTICA VILLA VERDE AUTORIZZAZIONE COMUNALE N. PROT. 814 DEL 24/11/’2000 Direttore Sanitario: Dr. Mario Cassetta - Medico Spec. in Igiene CARDIOLOGIA - UTIC - RIAB. CARDIOLOGICA: RESP. DR. V. POLINI - Spec. in Cardiologia MEDICINA - ONCOLOGIA - PNEUMOLOGIA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA: RESP. DR. I. MONGELLI - Spec. in Gastroenterologia GERIATRIA - RIABILITAZIONE MOTONEUROLESI: RESP. DR. F. SDANGANELLI - Spec. in Reumatologia e Geriatria LABORATORIO DI ANALISI CLINICHE: RESP. DR. M. CARONE - Spec. in Biologia AMBULATORIO DI RADIOLOGIA: RESP. DR. N. DANESE - Spec. in Radiologia Medica AMBULATORIO DI FISIOKINESITERAPIA: Riabilitativa RESP. DR. P. BLOCCA - Spec. in Terapia Fisica e POLIAMBULATORIO E DAY HOSPITAL: RESP. DR. M. CASSETTA - Spec. in Igiene CENTRALINO 099 7727111 74100 TARANTO - Via Golfo di Taranto n. 22 (rione salinella) - Autobus di linea n. 8 - n. 8 barrato www.VILLAVERDETARANTO.it - e-mail:[email protected] 3 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. A.F.O.R.P. Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia Bari- via Papalia, 16 - tel/fax 080.5544651 • ABASAN s.r.l., Via Corfù, 6-8 70121 Bari - tel. 080.5587488 fax 080.5539666 • AESSE HOSPITAL s.r.l. Via G. Gentile, 7 trav. 63/D Bari tel.0805492855 fax0805492653 • AF MEDICAL s.r.l. I Trav.Via Bissolati , 1/C 70125 Bari tel. 0805461774 PBX fax 080 5461781 • ALFA HOSPITAL s.r.l. Via Spadaro 10 74100 Taranto tel.0997791004 fax0997701179 • A.S.A. s.r.l. Via Basile 2/4C 74100 Taranto tel .099.7399506 fax099.7362943 •A.T.I. di Francesco Reddavide, Via Appia, 72100 Brindisi tel.0831.526761 fax • BIO SUD MEDICAL SYSTEM s.r.l. Via Bologna 48 70012 Carbonara-Bari tel.0805034959 chied. linea • COMAS OFTALMICA s.r.l. Via Gabrieli, 25 70124 Bari tel. 080.5520176 fax 080.5520129 • COMUNITA' TESEO Soc. Coop. a.r.l. Via Castellaneta 116 70014 Conversano (BA) tel.0804958360 chied. linea • DACOS DIAGNOSTICA s.a.s. di F. Di Bella & C. Via Junipero Serra 13 - int 12 70125 Bari tel.0805481193fax 0805482911 • DIALAB s.a.s. di Sergio Albrizio & C. Via Junipero Serra 13 - int 17 - 70125 Bari tel.0805461098fax 0805461078 • DIATEK s.r.l. Via G. Gentile 56 - 70126 Bari tel.0805492998 fax 080.5492866 • ERREBI HOSPITAL di Raffaele Beli Via Marche, 36 73100 Lecce tel.0832.349929 fax 0832216672 • EUROSAN di Cataldo Torricone, Via Alemanni, 19 70033 Corato (BA) tel. 08087265764 chied. linea • EURO ENTERPRISE CO. di Vito Sardone Via Dieta di Bari, 34 70125 Bari tel. 080.5417345 fax 080.5559722 • EUROTREND s.n.c. di Modugno Di. e Pepe A. Via C. di Ruccia n. 49 - 70026 Modugno (BA) tel. 0805320674 fax0805320694 • F.A.S.E. s.r.l. Via Don P. Mazzolari 22 - 70037 Ruvo di Puglia (BA) tel.0803615836 fax 0803615721 • FIZZAROTTI Dott. Nicola s.p.a. Contr. Lochiano Z.I. 70124 Bari tel.0805312602 fax0805312565 • FOR. MEDICAL s.a.s di Vincenzo Nuzziello Via Trieste 59 - 71100 Foggia tel.0881777978 fax 0881772970 • GAMMA ITALIA s.r.l Via Card. Agostino Ciasca, 9 70124 Bari tel. 0805383555 fax0805315331/2 • HOSPITAL s.a.s di Mele Mario e C. C.so Re D'Italia 12 - 73013 Galatina (LE)tel. 0836565979 0836565979 • HOSPITAL SCIEN. CONS. del dott. Laroccia Luigi tel.0803269190 0803269197 • I.H.S. s.r.l. Via T. Brengola, 4 70057 Bari Palese tel.080.5305026 fax 080.5302453 • LABSYS s.a.s di Michele Fiore & C. Via Junipero Serra 13 - Int. 17 - 70125 Bari tel. 0805481095 fax 0805484085 • LORAN s.r.l. Via Quarto 22 - 70125 Bari tel. 0805427032 fax 0805426903 • MEDIC'S BIOMEDICA s.a.s. di Cecilia Bernardini Via Lequile 154 - 73100 Lecce tel. 0832351586 fax 0832351346 • MEDICAL CALO' s.r.l. Via fumarola 2 - 70029 Santeramo in Colle (BA) tel. 0803023188 fax 0803022911 • MEDICAL SERVICE s.a.s. di Conte Anna Largo Santa Sofia 25 - 73025 Martano (LE)tel. 0836574344 fax 0836574735 • PERHOSPITAL S.A.S. di Maria A. Savoia , Via O. Parlangeli, 21 Novoli (LE) tel. 0832711427 fax 0832711427 • PUGLIA MEDICAL s.r.l. Via C. Basile pal. 10 - 70044 Polignano a Mare(BA) tel. 0804240072 fax 0804247365 • SEPI s.p.a.Via Kennedy 64 - 70053 Canosa di Puglia (BA)tel. 0883614600 PBX fax 0883665872 • SISMED s.a.s di A. Longobardi & C. Via. F.lli Kennedy 21 - 70020 Cassano Murge (BA)tel. 080763477 fax 080763954 • SOCIETA' ITALO INDIANA s.r.l. Via Dieta di Bari, 32/B - 70121 Bari tel. 0805588411 fax 0805540092 • SOFIMED s.r.l. Via Sorcinelli 8/12 - 74100 Taranto tel .0997302939 fax 09974303506 • SURGIKAL s.r.l. Via Pupino 11 - 74100 Taranto tel. 0994595907 fax 0994590576 • TEKNASA s.r.l. Via Basile 4 / D-G 74100 Taranto tel. 099/7399506 PBX fax 099/362943 • TECNOCARTA MED s.r.l. Via Genova, 40 74100 Taranto - tel. 099.7303537 fax 099.7303537 • TEKNO HOSPITAL s.r.l. Via De Bellis, 1 70124 Bari tel. 080.5575175 fax 080.5566713 • TEKNOLAB s.r.l. Via G. Fanelli 230/B - 70125 Bari tel. 0805484166 fax 0805482391 4 ...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. AF MEDICAL 5 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Nasce ATLASS: da fonte informativa a strumento di analisi epidemiologica Non solo informazioni, ma anche spunti per la programmazione sanitaria P.Luigi Lopalco* Tra le strategie prefissate dall’OMS per il raggiungimento dei principali obiettivi di salute rientra la facilità d’accesso alle strutture sanitarie locali. Tale concetto viene tra l’altro chiaramente ripreso dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 in cui si enuncia che “la garanzia di uguali opportunità di accesso ai servizi sanitari rappresenta l’obiettivo principale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e l’elemento fondamentale che ne determina la forma di finanziamento ed i criteri di organizzazione”. Tra i principi fondamentali dei sistemi sanitari di tipo universalistico, ai quali si ispira il SSN, infatti, sono compresi “universalità di accesso ed eguaglianza nella accessibilità” ad un ampio spettro di servizi uniformemente distribuiti, “da garantire con l’eliminazione di barriere geografiche all’accesso attraverso un’adeguata programmazione territoriale dei servizi”. In quest’ottica una Carta dei Servizi Sanitari Regionale può costituire un valido strumento informativo in grado, da una parte, di guidare l’operatore sanitario ed il cittadino/utente nella scelta delle più opportune strutture sanitarie del settore pubblico, dall’altra, di orientare gli amministratori nella pianificazione e nell’organizzazione dell’assistenza. Partendo da tali premesse l’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia, in collaborazione con l’Osservatorio Epidemiologico Regionale, ha promosso la realizzazione di un Atlante dei Servizi Sanitari che fornisse una mappatura quanto più possibile esaustiva dei servizi ospedalieri e territoriali. Scopi precipui di tale impegno sono stati, da un lato, la speranza di contribuire a limitare al minimo il fenomeno della migrazione sanitaria extra-regionale, fornendo agli operatori sanitari una più approfondita conoscenza dell’offerta presente nel territorio, dall’al- tro, la possibilità di avere a disposizione le basi per una riflessione di tipo più strettamente epidemiologico. L’Atlante, nel suo sviluppo iniziale, prevedeva una parte riguardante l’organizzazione generale della ASL con i dati relativi alla situazione demografica, le strutture direzionali, indirizzo e telefono dei centri Unici di Prenotazione e degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico. Quindi, in riferimento al settore ospedaliero, le informazioni dettagliate sulle unità operative (reparti di degenza, servizi ed ambulatori ospedalieri) distinte per disciplina, con l’indicazione dei posti letto ordinari e day-hospital al 31/10/1999. Un modello analogo è stato seguito per le strutture territoriali. Il progetto, nato quindi come una sorta di summa delle carte dei servizi delle singole ASL, ha però presto assunto dimensioni maggiori: si è presentata, infatti, l’opportunità di creare uno strumento estremamente duttile che fornisse non solo informazioni all’utente del Servizio Sanitario Regionale, ma anche spunti di valutazione necessari per la programmazione centrale e periferica. Grazie al supporto tecnico ed alle banche dati già presenti presso l’OER, è stato possibile agganciare ai dati strutturali anche indicatori funzionali ed epidemiologici. Il nucleo di base dell’Atlante, rappre- sentato appunto dai dati strutturali, è stato costituito attraverso la prima rilevazione, cui si è già accennato. Per la consultazione è stato predisposto un software di archiviazione e gestione dei dati (ATLASS - Atlante dei Servizi Sanitari e dello Stato di Salute), sviluppato in proprio dall’OER utilizzando un database relazionale (4th Dimension); supportato da un’interfaccia grafica particolarmente amichevole, consente interrogazioni, anche complesse, fornendo risultati sempre facilmente leggibili su tabelle testuali, diagrammi e carte tematiche. Proprio queste possibilità di visualizzazione dei dati ha spinto il gruppo di lavoro ad ampliare il progetto collegando all’Atlante anche i dati provenienti dai database regionali relativi alle malattie infettive (SIMI), al Registro delle cause di Morte, al database SDO/DRG. Allo stato attuale ATLASS prevede una sezione iniziale strettamente demografica dove sono disponibili i dati di popolazione (residenti, nati vivi, morti, insieme ai fondamentali indicatori demografici) distinti per comune. Quindi, le due sezioni successive riguardano l’organizzazione generale della ASL con tutti i dati strutturali disponibili. Il dettaglio informativo a riguardo è notevole: si può conoscere, per ogni ospedale, il numero di posti letto di cia- 6 ...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. scuna unità operativa, così come è possibile conoscerne il nome del responsabile. Analogamente, nella terza sezione, l’interrogazione è strutturata per discipline, fornendo una mappatura della disponibilità sul territorio di ciascuna specialità. L’interfaccia è interamente grafica e si può passare da una sezione all’altra del software con un semplice colpo di mouse; analogamente è possibile navigare attraverso le diverse schermate scendendo via via al livello di dettaglio desiderato. Su questo nucleo di base, quindi, è stata implementata la quarta sezione dedicata al SIMI. Questa permette di visualizzare su carte tematiche la distribuzione delle notifiche (sia come numero di casi che come tassi x100.000 residenti) per comune e mese di segnalazione, oltre a fornire una serie di tabelle e grafici selezionabili dall’utente. Questa modalità di visualizzazione risulta estremamente efficace nel rappresentare la successione geografica e temporale degli eventi epidemici. Queste informazioni, inoltre, possono essere, in qualunque momento, correlate agli altri dati (sia demografici che sanitari) contenuti nel database. E’ stato, infine, sviluppato il collegamento ai dati funzionali ospedalieri quali indicatori di attività e performance (tassi di ospedalizzazione, degenza media per ciascun DRG, indici di case-mix, ecc.), anch’essi visualizzati in forma grafica. Nella sezione dedicata alla ospedalizzazione sono pertanto disponibili i tassi suddivisi per comune di residenza, per MDC e per ospedale di ricovero (figura 1); è possibile cioè visualizzare sulla cartina geografica la mobilità attiva e passiva degli utenti del servizio sanitario regionale. La distribuzione (gratuita) del software ATLASS è prevista nei prossimi mesi. Concludendo, si spera che la disponibilità di uno strumento come ATLASS possa contribuire ad una programmazione sanitaria meglio indirizzata a criteri di efficienza ma anche di efficacia, non dimenticando mai che l’obiettivo finale dei professionisti della sanità deve essere la salute della popolazione. * Osservatorio Epidemiologico Regionale Block Notes/Block Notes Block Notes/ Educazione alimentare: in arrivo linee guida regionali Le conseguenze negative che ha sulla salute la dieta del benessere (caratterizzata da un’assunzione eccessiva di alimenti ad alta densità energetica, ricchi di grassi, proteine e di zuccheri, ma poveri di carboidrati complessi e di fibra) si sono palesate solo negli ultimi decenni. Ricerche epidemiologiche hanno dimostrato la stretta relazione esistente tra questo tipo di dieta e la comparsa di una serie di malattie croniche non trasmissibili es.: coronaropatie, malattie cerebrovascolari, tumori, obesità, diabete, calcoli biliari, carie dentaria. Seguendo le evidenze nazionali ed internazionali su salute e dieta, l’ultimo PSN 1998-2000 include l’Alimentazione nella prima area di obiettivi, in quanto in grado di aumentare la capacità individuale a controllare, mantenere e migliorare lo stato di salute. L’Assessorato regionale alla Sanità, ha ritenuto necessario formulare linee-guida per l’Educazione Alimentare al fine di fornire ai servizi territoriali, raccomandazioni-linee di indirizzo (indicazioni metodologiche ed operative), efficaci ed appropriate che consentano la realizzazione dei programmi di educazione alimentare con raggiungimento degli obiettivi del PSN a breve, medio e lungo termine. Pertanto è stato costituito presso l’Assessorato un gruppo di lavoro, composto dai referenti delle aziende sanitarie ed ospedaliere, associazioni di categoria, per l’elaborazione delle linee-guida sulla ristorazione collettiva, l’educazione alimentare e l’attività fisica. Il lavoro del gruppo vuole tendere a diffondere non solo conoscenze ma anche uno scambio di esperienze e risultati, al fine di rendere possibile una lettura dell’esistente, necessaria per pensare alle progettazioni future. Componenti Gruppo di lavoro regionale Silvia Papini, Dirigente Regionale,Antonietta Antoniciello, SIAN ASL FG/ 3,Margherita Caroli , SIAN ASL BR/1,M. Luisa Piccolo , SIAN BA/2,Giovanni D’Oria, SIAN TA/1,Pierluigi Di Napoli, Ospedale “Miulli” Acquaviva F.,Francesco Vitale, responsabile Unità di Nutrizione Clinica Policlinico Bari,Giuseppe Fucilli, consultorio familiare ASL BA/4,M.Giovanna Rosa, dietista uff.periferico della Sanità TA , M .Carmela Bucinotti, dietista- responsabile regionale ANDID . ***** Gruppi di lavoro Regione-Policlinico per problematiche pregresse “Consorziale” Tre gruppi misti di lavoro Regione-Azienda Ospedaliera “Policlinico” per affrontare e risolvere i problemi connessi alla “valutazione prestazioni tariffate nel 1998”, ai “rapporti tra la stessa Aziende e l’Università degli studi di Bari” e ai “rimborsi per la somministrazione diretta dei farmaci nel 1999” nel Consorziale barese. Il tutto entro 30 giorni dalla data di insediamento delle tre commissioni. E’ quanto prevede una determinazione dirigenziale regionale che ha provveduto anche a definire la composizione dei tre gruppi di lavoro: Michele Carretta e Silvia Papini (Regione), Enrico Viola e Andrea Volpe (Policlinico) per i rapporti Università-Consorziale; Giuseppe Di Cillo, Silvia Papini e Antonio Rosato (Regione), Antonio Battista, Vito Montanaro (Policlinico) per il consuntivo prestazioni non tariffate 1998; Rosalba Cavallo, Piero Leoci, (Regione), Francesco Cupertino, Michele Lattarulo, Vincenzo Moschetta e Vincenzo Pomo (Policlinico) per la somministrazione diretta farmaci 1999. L’insediamento dei gruppi di lavoro ha avuto luogo il 25 gennaio scorso. 7 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Un pap-test a tappeto per la donne pugliesi In pieno svolgimento il progetto regionale per la prevenzione dei tumori al collo dell’utero Michele Petroli * - Maria F. Tetesi ** L’obiettivo di uno screening cervico-vaginale organizzato è quello di individuare il tumore del collo dell’utero in una fase precoce della sua storia naturale. Quanto più precoce è la diagnosi tanto più diventa possibile modificare la storia naturale stessa della patologia tramite un trattamento spesso ambulatoriale o in day Hospital. Il principio della diagnosi precoce si basa sull’ipotesi che vi sia uno sviluppo progressivo del tumore, che a partire da forme precancerose, attraverso forme pre invasive, arriva a forme invasive. L o scopo della prevenzione è quello di fare diagnosi prima del manifestarsi della sintomatologia. Una diagnosi precoce la si può ottenere solo su donne asintomatiche. E’ stato dimostrato da numerosi studi scientifici, che chi esegue regolarmente il PAP-TEST ha un rischio bassissimo di ammalarsi o morire per cancro del collo dell’utero e che il ritardo nella diagnosi di questo tumore è dovuto principalmente a due fattori: 1 ) non aver mai effettuato un PAP-TEST 2) non sottoporsi al PAP-TEST per un lungo periodo di tempo. Purtroppo il numero delle donne che esegue questo esame nella Regione Puglia è davvero esiguo. Le motivazioni principali generalmente sono: - la paura che venga diagnosticato un tumore; - la sfiducia nelle possibilità di guarirlo. L’informazione adeguata e l’invito con lettera aumenta significativamente il numero delle donne che si sottopone all’esame. La dimostrazione è nei risultati ottenuti nelle regioni in cui viene effettuata la prevenzione con un programma di Previsto uno screening a cadenza triennale che interesserà integralmente e gratuitamente la fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni. Coinvolti in uno sforzo massiccio i consultori familiari e gli ambulatori ginecologici per i prelievi, laboratori di citopatologia per la lettura dei pap-test, Unità operative di Ginecologia per approfondimenti ed eventuali trattamenti e laboratori di Anatomia patologica per la lettura istologica.Collegamento in rete tra tutte le strutture interessate e l’Osservatorio Epidemiologico Regionale. Formazione continua per tutto il personale coinvolto nello screening screening cervico-vaginale organizzato già da molti anni. L’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia, alla luce delle suddette considerazioni e avvalendosi di un Comitato tecnico di supporto ha organizzato un progetto di screening di popolazione dei tumori della sfera genitale femminile, con richiamo attivo della popolazione interessata. Per rilevare i dati ricognitivi nelle Aziende Sanitarie del territorio pugliese, si è richiesto ad ogni AUSL di costituire un comitato aziendale per lo screening che collabora ed opera con il Comitato Regionale. Nel primo incontro con i referenti AUSL sono state rilevate le carenze sia di personale che di attrezzature per cui nell’assegnazione dei fondi si è tenuto conto di dette richieste rispettando la necessità di eguagliare le strutture sia da un punto di vista strumentale che di personale (delibera regionale n. 1378 del 30.10.00). I risultati di una prima indagine sulle donne che in Puglia eseguono spontaneamente il pap-test, sono di una scarsa partecipazione spontanea delle donne alla prevenzione (circa il 10% del totale) e da un’attenta analisi sulle donne che vi partecipano spontaneamente, si è notato che sono quasi sempre le stesse donne che eseguono l’esame, ripetendolo ad intervalli regolari e ravvicinati. Il numero delle donne che lo esegue per la prima volta è davvero esiguo. L’obiettivo principale del programma è quello di sottoporre al pap-test soprattutto le donne che non lo hanno mai eseguito. Il PAP-TEST è un esame di facile esecuzione, sensibile e specifico, innocuo, gratuito, facilmente accettato dalla donna per la sua estrema semplicità e, al bisogno, ripetibile. Inoltre non necessita di richiesta medica, è sufficiente telefonare al consultorio familiare del proprio distretto sanitario per prendere un appuntamento. L’intervallo di ripetizione dell’esame negativo è di tre anni. Il protocollo di intervento della Regione Puglia si basa sulle linee guida della “Commissione Oncologica Nazionale sottogruppo screening cervico-vaginale”. La popolazione femminile della Regione Puglia è di 2.095.000 donne di queste 1.095.181 (dati al 1° gennaio ’98 forniti dal Sistema Informativo Sanitario del Ministero della Sanità, Dipartimento di Programmazione) sono le donne in età compresa tra i 25- 64 anni, che dovranno essere invitate a sottoporsi al pap-test così suddivise per provincia: Foggia 181.394; Bari 414.368; Taranto 162.124; Brindisi 112.240; Lecce 225.055; 8 ...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Con uno screening a cadenza triennale, ogni anno si dovranno invitare ad eseguire il test il 33% delle donne. Il risultato atteso si aggira tra: desiderabile > 85% - accettabile > 65% (CEE 85% pop. obiettivo 25-64 aa). Il numero degli inviti da inoltrare per anno sarà di 360.000, mentre i pap-test che realmente verranno eseguiti saranno circa 250.000 da suddividere nelle 12 AUSL della Regione. Gli inviti dovranno essere inoltrati alle donne secondo le seguenti fasce di età (es. 25,28,31,ecc. a cadenza triennale fino a 64 anni). Utilizzando sempre le stesse fasce d’età l’anno successivo arrivano alla stessa età le donne che l’anno precedente avevano un anno meno; in questo modo in tre anni saranno invitate tutte le donne della Regione Puglia. Nello screening organizzato risulta importante che la gestione (invio dell’invito, gestione dei dati, invio delle risposte non ritirate dai centri di prelievo, richiami per gli approfondimenti, follow-up delle pazienti ecc.) sia centralizzata e computerizzata. Il Comitato Regionale per lo screening ha ritenuto opportuno che ogni AUSL gestisca in un Centro unico operativo, l’inoltro dell’invito con controllo della compliance, la lettura citologica, la gestione dei dati e l’inoltro di questi all’Osservatorio Epidemiologico Regionale. Il Centro dovrà organizzare, sulla base degli orari di apertura al pubblico di tutti i consultori familiari e degli ambulatori di prelievo della AUSL e sulla disponibilità oraria dei prelevatori, il numero degli inviti da inviare alle donne per il prelievo. Suddividendo le fasce d’età nella modalità descritta per ogni mese dell’anno andrebbero invitate le donne di 25 anni a gennaio, quelle di 28 anni a febbraio quelle di. 31 a marzo e così via; le ultime quattro fasce d’età andrebbero raggruppate a due per volta. Il Comitato Regionale per lo screening, con cadenza semestrale, dovrà controllare i dati riportati dalle varie sedi utilizzando i protocolli di controllo di qualità con modulistica annessa (in via di elaborazione) per la valutazione di tutte le fasi del progetto. E’ stato ampiamente dimostrato che l’efficacia di uno screening organizzato risulta strettamente correlata alla partecipazione attiva dei Medici di Medicina Generale (MMG) che, attraverso il rapporto di fiducia e confidenza che instaurano con le loro assistite, potranno informare adeguatamente la donna e rimuoverne le resistenze. A questo scopo si è instaurata una collaborazione fattiva e continua con il rappresentante regionale della SIMMG (Società Italiana dei Medici di Medicina Generale) concordando la gestione da parte dei MMG dei casi non responders con un 1° sollecito telefonico dopo 2 mesi di non adesione della donna ed un 2° sollecito, possibilmente con ripetizione dell’invito cartaceo. La lettera da inoltrare alla donna ha uno stile informativo di estrema semplicità (vedi linee guida della Regione Puglia recepite con deliberazione della Giunta Regionale n. 1378 del 30.10.2000); vi è indicato con chiarezza il numero telefonico da contattare con le relative fasce orarie per l’appuntamento. Contiene altresì un opuscolo informativo dai contenuti chiari circa la procedura del prelievo, i tempi d’attesa della risposta (non devono superare le tre settimane) ed un maggiore rilievo è stato dato all’obiettivo principale “reperire le lesioni, prima che diventino invasive”. Per rendere il programma di screening operativo si sono coinvolte le seguenti strutture: - Consultori Familiari ed ambulatori ginecologici peri prelievi - Laboratori di citopatologia per lettura dei pap-test (1 per centro) - Una U. O. di Ginecologia, per Centro, per gli approfondimenti e gli eventuali trattamenti - laboratori di Anatomia patologica per la lettura istologica Il follow-up delle donne con lesioni sarà gestito dalla collaborazione di queste strutture. Gli operatori delle suddette strutture hanno dimostrato grande interesse per l’iniziativa e continuano a prestare la loro preziosa collaborazione. Dall’esperienza pluriennale delle altre regioni italiane che eseguono lo screening si è appresa l’importanza di utilizzare un software unico (in via di ela- borazione) per tutti i centri per lo screening. L’inoltro dei dati in tempo reale permetterà di monitorizzare lo screening in tutte le sue fasi. Allo scopo è utile il collegamento in rete dei centri tra loro e con l’Osservatorio Epidemiologico Regionale ed una stretta collaborazione con il servizio di informatica per l’aggiornamento e la gestione dei programmi. Tutto ciò permetterà di avere una corretta e rapida gestione ed elaborazione statistica dei dati. Allo scopo di uniformare le modalità d’azione su tutto il territorio sono state elaborate delle linee guida regionali complete di indicatori necessari all’accreditamento delle strutture e del personale coinvolti nel programma. Le linee guida prevedono, inoltre, attraverso l’attribuzione di codici al personale coinvolto nello screening, controlli di qualità in tutte le sue fasi. Il fallimento di alcuni progetti di screening in alcune regioni italiane è stato attribuito al cattivo funzionamento anche di una singola fase di questo (scarsa partecipazione, mal funzionamento della diagnostica del test e degli approfondimenti, trattamenti non idonei e cattivo follow-up). Sono in elaborazione protocolli molto dettagliati con annessa modulistica atta a rilevare i controlli di qualità nelle singole fasi dello screening: 1) inoltro degli inviti 2) qualità dei prelievi 3) qualità dell’allestimento e colorazione dei vetrini 4) qualità nella lettura citologica 5) qualità nella colposcopia 6) qualità nell’istologia 7) qualità nel follow-up. La Quality Assurance Intralaboratorio ed Interlaboratorio di citopatologia ed istologia cervico vaginale avrà il compito di garantire l’affidabilità e la coerenza dei risultati su tutto il territorio. L ‘effettiva realizzazione dei controlli di qualità in tutte in tutte le fasi dello screening permetterà alla donna di rivolgersi alla struttura pubblica più vicina con serenità e fiducia. Per aumentare la partecipazione delle donne, si sta elaborando un programma 9 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. pubblicitario articolato in modo tale da raggiungere il target stabilito. Opportune campagne pubblicitarie (opuscoli informativi, radio, televisione, giornali., volantini, manifesti, coinvolgimento di associazioni di volontariato sanitario e non, associazioni culturali, religiose ecc.), laddove necessario differenziandole per le differenti situazioni socio-culturali, sensibilizzeranno la popolazione femminile sull’utilità dell’esecuzione del test e sulla sua ripetizione periodica. Le campagne pubblicitarie bisognerà ripeterle ad intervalli regolari allo scopo di rinnovare e rinforzare il messaggio. Il progetto è in fase di attuazione. Attualmente con scadenza 31 gennaio 2001 è stata fatta richiesta ai Comitati delle AUSL di compilare i sotto-progetti AUSL, ovvero i programmi di organizzazione dei Centri AUSL con relativo personale addetto per l’attribuzione dei codici necessari al controllo di qualità, alla formazione e aggiornamento del personale addetto. Circa la formazione e l’aggiornamento continuo di tutti gli operatori sanitari e non, coinvolti nel programma di screening cervico-vaginale, è stato redatto un programma di “formazione continua di tutto il personale coinvolto nello screening”. La formazione, l’aggiornamento continuo ed il confronto professionale risulta fondamentale per assicurare un’efficiente ed affidabile livello qualitativo del progetto di screening. L’organizzazione di corsi di formazione di base e da aggiornamento periodici (semestrali ed annuali) garantiranno la qualificazione ed il mantenimento delle competenze professionali nel tempo. L’intento è migliorare la sensibilità specificità del test, l’efficacia del trattamento post-diagnosi di positività con l’obiettivo di modificare il decorso evolutivo della lesione. Il programma di formazione è stato organizzato seguendo le direttive sull’accreditamento professionale ( art. 16 ter Dlgs 229 del ’99) e sarà suscettibile di modificazioni secondo le direttive della Commissione Nazionale per la Formazione Continua. La Regione Puglia ha già ottenuto la registrazione presso il Ministero della Sanità al sito E.C.M. come provider organizzatore di corsi e la password per l’accreditamento professionale dei corsi. Attualmente l’accreditamento è del tutto sperimentale rivolto solo ai medici e agli odontoiatri, non appena sarà allargato alle altre figure professionali verrà chiesto l’accreditamento dell’intero programma. L’intento é quello di dare la possibilità al personale della Regione Puglia di ottenere crediti formativi (150 punti in tre anni). ATTIVITA’ ACCREDITABILI l ) - Congressi - Convegni. - Seminari (Regionali e di AUSL) 2 ) - Corsi di Formazione - Corsi di Aggiornamento- Stages presso Istituti o reparti ospedalieri (i corsi sono per: personale amministrativo, personale addetto al prelievo, tecnici di laboratorio, biologicitologi, anatomo-patologi, ginecologicolposcopisti, medici di medicina generale, operatori dei consultori familiari) 3 ) - Partecipazione a programmi di aggiornamento interattivi realizzati su rete telematica (video corso di citologia cervico-vaginale) 4 ) - Partecipazione a programmi di prevenzione 5 ) -Pubblicazioni di articoli di ricerca su riviste accreditate a livello nazionale e internazionale 6) - Studi e ricerche cliniche ed epidemiologiche 7 ) - Partecipazione a gruppi di lavoro per la formulazione di linee guida e di programmi di formazione . L’impegno e la partecipazione di tutti gli operatori coinvolti in questo progetto permetterà alle donne della nostra Regione di aumentare il più possibile la compliance delle donne all’invito. Tutto questo contribuirà a colmare il divario che attualmente esiste tra la nostra Regione ed altre realtà nazionali. Un eventuale confronto dei dati con quelli di altre realtà regionali permetterà di conoscere meglio l’incidenza della patologia nella nostra Regione. A questo proposito è auspicabile che anche in Puglia, contemporaneamente al- l’avvio del progetto di screening, venga istituito un Registro di Patologia. La realizzazione di questo progetto è senz’altro ardua, tuttavia è comunque necessario proseguire secondo queste direttive già ampiamente sperimentate nelle regioni italiane in cui lo screening cervico-vaginale viene portato avanti con successo. A tal realizzazione è impegnato il Comitato regionale di coordinamento, che ha approvato le linee guida e che è così strutturato: 1. dott. M. Petroli, Dirigente Regionale, responsabile progetto; 2. sig.ra S. Papini, Dirigente Regionale, responsabile progetto per le problematiche relative al personale; 3. dr.ssa M.F. Tetesi, biologa-citologa, ospedale Francavilla Fontana AUSL BR/1 4. prof. L. Selvaggi, Direttore Clinica Ostetrica II Policlinico Bari; 5. prof. G. Putignano, Clinica Ostetrica II Policlinico 6. prof. L. Resta, Dirigente Anatomia patologica Policlinico 7. prof.ssa G. Serio, Istituto di Statistica medica Policlinico 8. dott. G. D’Ambrosio, segretario regionale SIMMG 9. dott. F. Marzullo, Anatomia patologica IRCCS Oncologico Bari 10. dott. C. Carriero, Clinica Ostetrica II Policlinico 11. dott. G. Simone, Anatomia patologica IRCCS Oncologico Bari 12. prof.ssa Ricco, Istituto Anatomia patologica, 2° settore Policlinico 13. dr.ssa G. Corrado, U.O. Ginecologia Ospedale Cerignola AUSL FG/2 14. dr.ssa A. Mengano, consulente 15. dott. A. Damiani, dipendente Regione Puglia, segretario 16. dott. A. Gravina, dipendente Regione Puglia, segretario. * Dirigente Regionale, responsabile di progetto ** Biologa-citologa, AUSL BR/1, p.o. Francavilla F. 10...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. 11 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. SORAT 12...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. La spalla instabile e la mano dolorosa nelle “Giornate Triggianesi di Ortopedia” Esempi… di buona sanità Un importante avvenimento scientifico ed un appuntamento, per fare il punto su malattie non completamente note, come le periartriti di spalla e la mano artrosica, si è tenuto allo Sheraton Conference Center il 2 e 3 febbraio scorsi, organizzato dal Dott. Franco Buquicchio, Primario della Divisione di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale “F. Fallacara” di Triggiano (AUSL BA/4). Sono patologie particolarmente importanti, sia per l’incidenza con cui vengono riscontrate a livello specialistico, sia per il reale coinvolgimento in esse di Reumatologi, Ortopedici, Fisiatri e Medici di Base. Assieme ad altre malattie – quali borsiti, tendiniti, lievi traumi esitanti in instabilità – (spesso definite con il termine di “periartriti”), appartengono alla categoria di patologie di comune riscontro nella pratica clinica. Talvolta vengono sottovalutate e non sempre affrontate con la dovuta attenzione. Può così accadere che ci si accontenti di una diagnosi generica di “periartrite” senza cercare di precisare esattamente quali sono le strutture più direttamente coinvolte, oppure che si interpreti come periartritico qualsiasi dolore che riguardi la spalla, sulla base della constatazione che tale evenienza è la più frequente. La periartrite di spalla è una sindrome che fu definita da Duplay , dopo che i coniugi Curie furono insigniti del Nobel per aver involontariamente ottenuto nel loro laboratorio una radiografia della mano. E’ evidente dunque che tale termine ha avuto una diffusione popolare da più di un secolo. Il Prof. C. S. Neer fu il primo a definire il dolore della spalla come dipendente , nella stragrande maggioranza dei casi, da una sindrome di impingement. Il termine “impingement “non ha una chiara corrispondenza con un termine italiano, tuttavia sta a significare attrito, conflitto, limitazione dolorosa dei movimenti di abduzione e rotazione esterna dell’arto superiore. A questa patologia si è trovata una soluzione moderna con l’artroscopia o con l’intervento chirurgico in “mini open”, con una anestesia “interscalenica” a paziente sveglio e in Day Hospital (ricovero e dimissione in giornata). Il dott. A.Castagna dell’Istituto Humanitas di Milano ha operato, presso le sale operatorie modernissime dell’ Ospedale F. Fallacara di Triggiano, un paziente con lussazione abituale di spalla. Tale intervento è stato eseguito in artroscopia ( moderna tecnica chirurgica) che evita l’incisione chirurgica classica, la ferita operatoria, l’utilizzo di mezzi metallici, l’immobilizzazione post-operatoria, il lungo periodo di riabilitazione. La tecnica adottata permette con fili di sutura riassorbibili un recupero funzionale ed una stabilità immediata, con solo tre piccole incisioni chirurgiche e tre punti di sutura. Le conclusioni della giornata riguardante la spalla instabile, svoltasi all’Hotel Sheraton, con una partecipazione straordinariamente elevata (oltre 700 congressisti ) hanno sottolineato come una valutazione errata ed affrettata determinerà il rischio di impostare un trattamento non adeguato . Inoltre porterà a diagnosticare come “periartriti” altre patologie dolorose che continueranno ad aggravarsi sino alla invalidante spalla artrosica. L’affollata partecipazione all’intervento teletrasmesso è sembrata la più palpabile verifica del successo dell’ iniziativa. L’uditorio ha particolarmente gradito la possibilità di rivolgere in diretta quesiti all’operatore. Sabato 3 febbraio si è svolta una sessione di lavori che ha avuto come protagonista il Prof. Marco Lanzetta, responsabile della Chirurgia della Mano presso l’Ospedale S. Gerardo di Monza. Il Prof. M. Lanzetta è uno dei pochi chirurghi ortopedici italiani noto in molte Università straniere, per essere stato chiamato a far parte dell’equipe chirurgica internazionale che a Lione ha eseguito il primo trapianto della mano. Il 17 ottobre 2000 il Prof. Lanzetta ha eseguito con un équipe tutta italiana il primo trapianto di mano in Italia presso l’Ospedale S. Gerardo di Monza. Durante la giornata dedicata alla “Mano dolorosa” ( 3 febbraio ) è stato teletrasmesso al Conference Center dello Sheraton un intervento chirurgico dal P.O. di Triggiano, riguardante l’impianto della protesi trapezio-metacarpale sperimentata alla Mayo Clinic in U.S.A.. La protesi è la più moderna soluzione alla invalidità permanente causata dall’ artrosi della prima metacarpofalangea (rizoartrosi). Tale patologia di enorme diffusione, specialmente nel sesso femminile, a causa della maggiore longevità, determina dolore irriducibile e limitazione della funzione prensile della mano. La relazione successiva effettuata dallo stesso Lanzetta , in tarda mattinata, ad un affollata assemblea di iscritti e congressisti, ha mostrato una incomparabile ingegneria chirurgica costantemente messa in atto di fronte alla variegata patologia traumatica e non. Il Prof. M. Lanzetta ha stupito chiunque lo ha ascoltato, mostrando casi di miracolosi reimpianti di arti superiori e inferiori con l’utilizzo di avveniristiche tecniche di microchirurgia di nervi e vasi. Hanno presieduto i lavori della spalla instabile, venerdi 2 febbraio, il Prof. G.B. Solarino e il Prof. G. De Giorgi dell’Uni- 13 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. versità di Bari.. Hanno presieduto i lavori sulla mano dolorosa , sabato 3 febbraio il Prof. C. Simone e il Prof. V. Patella dell’Università di Bari . Sono stati moderatori i Primari: Antonucci (Brindisi), Fantasia (Foggia), Florio (Lecce), Gismondi (Bari), Ognissanti (Carbonara), Petrelli (Bitonto), Petruzzellis (Acquaviva). La Divisione di Ortopedia e il Servizio di Anestesia del P.O. Fallacara hanno manifestato grande soddisfazione e una punta di orgoglio per una “performance ” straordinaria, per un ospedale dove efficienza, professionalità e attenzione ai particolari sono all’ordine del giorno. Ogni Medico della Divisione ha portato un contributo scientifico: il Primario dott. F.A. Buquicchio sulle protesi di spalla e sulle possibili alternative nelle fratture; L’Aiuto dott. D.A. Masi ha relazionato sulle moderne tecniche chirurgiche nelle periartriti ( sindromi da impingement ) trattate per via artroscopica e non . L’Aiuto dott. L. Pacelli ha mostrato il trattamento riabilitativo più moderno che si effettua dopo qualsiasi intervento chirurgico alla spalla. L’Aiuto dott. V. Fiore , in collaborazione con gli Aiuti dott.ri L. Didonna e N. Talienti, ha portato due contributi scientifici: il primo sulla moderna interpretazione anatomo-fisiologica della spalla, il secondo sul trattamento delle fratture articolari di polso. E’ stata gradita la partecipazione alle giornate congressuali dei medici di medicina generale dell’A.M.Pe.F. dell’ AUSL BA/4 che hanno potuto aggiornarsi sull’iter diagnostico-terapeutico delle tematiche del convegno. Nei loro stessi interventi si è sottolineata l’elevata incidenza che la mano dolorosa e la patologia della spalla rivestono nella pratica ambulatoriale. Da parte del Presidente dell’A.M.Pe.F. dott. Taranto e del dott. Berlingerio è stata espressa gratitudine al Direttore del Dipartimento Chirurgico dott. F.A. Buquicchio, per aver fornito anche i “ crediti formativi “ ai medici partecipanti nell’ambito del programma E.C.M., essendosi incaricato di accreditare il Convegno e quindi l’AUSL BA/4 presso il Ministero della Sanità. La partecipazione dei medici dell’A.M.Pe.F. è il risultato della stretta Azienda Ospedaliera “V. Fazzi” Lecce Sì al regolamento sull’attività libero-professionale intramuraria Coniugare nel miglior modo possibile il diritto di medici e dirigenti sanitari a svolgere l’attività professionale intramoenia, secondo la legislazione vigente, con il diritto del cittadino ad essere correttamente informato e messo nelle condizioni di poter effettuare una conseguente scelta libera e trasparente. E’ sulla base di questi semplici ma rilevanti principi che ci si è basati presso l’Azienda Ospedaliera “Vito Fazzi” di Lecce, per mettere in piedi il Regolamento sull’attività libero-professionale intramuraria, dopo un lungo e costruttivo confronto con le organizzazioni sindacali. “Il regolamento – ha detto il Direttore Generale, dott. Alfredo Rampino - fissa in maniera organica alcuni principi di fondo, nella consapevolezza della vastità e della complessità delle problematiche da affrontare e della necessità di trovare soluzioni idonee per consentire lo svolgimento dell’attività libero professionale dei medici che, quasi all’unanimità, hanno scelto di esercitare l’attività a pagamento all’interno della strutture del ‘Fazzi’ e negli studi professionali privati, ovviamente fino a quando gli spazi all’interno dell’Azienda non saranno disponibili in relazione al fabbisogno”. Intanto il principio della prevalenza dell’attività pubblica rispetto a quella privata, disponendo che l’attività stessa non può essere svolta nell’orario ordinario di servizio e deve essere finalizzata alla riduzione delle liste d’attesa. Dal punto di vista della trasparenza, particolare attenzione è stata attribuita alla realizzazione di un opuscolo informativo di facile consultazione contenente le notizie riguardanti le tariffe, i luoghi e gli orari delle visite specialistiche “private” nonché i numeri telefonici necessari per fissare gli appuntamenti. I passaggi principali hanno fatto riferimento alla preliminare individuazione delle prestazioni e servizi erogabili; alla fissazione, d’intesa con i singoli professionisti, delle tariffe, dei tempi e dei luoghi di esercizio con contestuale codifica del relativo tariffario; fissazione, d’intesa con le organizzazioni sindacali (mediche e non mediche), dei criteri di ripartizione dei proventi per tipo di prestazione. I problemi legati agli aspetti gestionali, contabili e fiscali, con le necessità di erogare ai professionisti interessati le competenze maturate in tempi rapidi e di impiegare nella complessa procedura il minimo di risorse umane, senza distogliere dagli ordinari compiti istituzionali il personale amministrativo, sono stati risolti attraverso un software appositamente creato. Questo consente, ad esempio, la liquidazione delle competenze maturate dai professionisti, in uno con la busta paga del mese corrente, della quota lorda spettante maturata in attività libero professionale del mese precedente. Non solo, ma su una apposita scheda riassuntiva, i medici interessati trovano anche le singole prestazioni eseguite, le tariffe applicate e le modalità di ripartizione. Al 30 settembre scorso la speciale contabilità aziendale aveva ipotizzato una previsione di attività complessiva per il 2000 di circa 5 miliardi e mezzo. collaborazione tra il dott. F. Buquicchio e il dott. M. Triggiani. Importante è stata la collaborazione dell’Ufficio Tecnico diretto dall’ Ing. S. Carbonara, per la modernizzazione della Divisione di Ortopedia dell’Ospedale di Triggiano. E’ doveroso , da parte di tutta l’equipe chirurgica e degli organizzatori, in particolare del Presidente Organizzativo dott. F. A. Buquicchio, formulare vivi ringraziamenti e gratitudine alla MERCKSHARP & DOHME e in particolare al Responsabile di Distretto dott. P. Perilli. 14...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Encefalopatia Sponfiforme Bovina (BSE) Malattia di Creutzfeldt - Jacob e sindromi correlate- Situazione attuale Michele Troiano * La comparsa nel 1985 di una malattia neurodegenerativa “scrapie - simile” nei bovini del Regno Unito (encefalopatia spongiforme bovina o BSE), con dimensioni epidemiche senza precedenti sta determinando, ancora oggi in Europa, particolari preoccupazioni per le incertezze che permangono circa i rischi epidemiologici e zoonosici che l’agente eziologico può determinare. I dati epidemiologici sembrano indicare che la BSE derivi dalle scrapie, patologia degli ovi-caprini, animali nei quali è stata sicuramente identificata una TSE (encefalopatia spongiforme trasmissibile) per selezione differenziale di un ceppo dell’agente di tale malattia con conseguente passaggio mutante ai bovini. Il salto di specie sarebbe stato determinato dall’impiego di carcasse di pecore infette nella produzione di farine di carne ed ossa per l’alimentazione dei bovini; successivamente, il riciclaggio di carcasse di soggetti con BSE nell’industria mangimistica, avrebbe causato un improvviso aumento dell’incidenza dei casi e la comparsa della forma epidemica. Responsabile del passaggio risulterebbe il cambiamento nei sistemi di produzione di tali farine, in particolare l’abbassamento delle temperature di lavorazione e la riduzione dell’impiego di solventi per l’estrazione dei grassi, al fine di migliorare la resa in proteine e grassi, che non avrebbe consentito un’efficace inattivazione dell’agente infettante. C’è da dire che le farine animali erano utilizzate per l’alimentazione degli animali già agli inizi del ‘900. La metodica di preparazione, però, consisteva nel portare i residui delle macellazioni a temperature altissime. Le farine così ottenute erano estratte dai forni molto tempo dopo il loro spegnimento, il che consentiva alle stesse di rimanere ancora più a lungo ad alte temperature. Agli inizi del 1980, invece, probabilmente anche a causa della crisi energetica, i forni prima in uso furono sostituiti con altri tramite i quali la farina si otteneva con temperature più basse ed a ciclo continuo; quindi queste, una volta arrivate alle temperature previste, venivano tolte rapidamente dal forno con un sistema continuo. I grassi, inoltre, venivano sciolti da solventi che poi non furono più utilizzati per evitare contaminazioni all’ambiente. Questo stato di cose ha permesso o la modifica dell’agente infettante delle scrapie nel prione della BSE, o la sopravvivenza del prione che già poteva essere presente in tali farine. Con una decisione del Consiglio della Comunità 1999/534, entrata in vigore in Italia l’1.7.99 come segnalato dal MINSAN con circolare n. 600.9/508/2944, ai fini di realizzare misure applicabili al trattamento di taluni rifiuti d’origine animale per la protezione dalle TSE (Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili), è stato previsto che i rifiuti d’animali di mammiferi ad alto ed a basso rischio, compresi i sottoprodotti di mammiferi non destinati al consumo umano, devono essere trasformati a T° > 133°C, con pressione assoluta di >3 bar per 20 minuti, con una dimensione del pezzo di 50 mm. e con sistema di fusione discontinuo o continuo. Attualmente sono in corso ricerche per accertare l’agente eziologico che causa la BSE e tra questi virus, virini, prioni e batteri quest’ultimi in unione a processi autoimmuni. Soffermandoci sulla eventuale causa batterica va riportato che nel 1999 l’équipe del Prof. Alan Ebringer ha messo in evidenza negli animali colpiti da BSE la presenza d’auto-anticorpi (IgA) antineurofilamenti ed anti-mielina, così come degli anticorpi contro acinetobacter calcoaceticus, ipotizzando che questo germe, in congiunzione con un processo autoimmune, potrebbe provocare la malattia. Al momento, comunque, l’agente casuale più accreditato che determina la patologia viene appunto identificato nel prione, scoperto nel 1984 dall’americano Stanley Prusiner che per tale motivo è stato insignito con il premio Nobel. Va subito precisato che il dogma centrale della biologia molecolare è costituito dal fatto che gli agenti infettivi delle malattie, per potersi propagare da un organismo ospite ad un altro, devono possedere acidi nucleici e che l’informazione genetica deve pervenire dagli acidi nucleici alle proteine. L’agente infettante della BSE, invece, sembra non rispettare questo principio, in quanto provoca malattia infettiva nonostante sia privo di acidi nucleici; in base a ciò è stato definito particella infettiva proteica. Le proteine prioniche sono presenti anche nei soggetti sani (uomini ed animali) a livello di membrana plasmatica di numerosi tessuti (cervello, milza, intestino, fegato e rene) e, comunque, le più alte concentrazioni sono associate alle cellule nervose. Tali proteine dovrebbero servire all’organismo per accelerare il passaggio del comando nervoso da cellula a cellula. I prioni che determinano la patologia della BSE sono presenti nel citoplasma delle cellule. Le proteine normali hanno i propri amminoacidi sistemati secondo due diverse strutture: eliche di tipo alfa, o foglietti distesi di tipo beta. Una proteina in genere può contenere entrambe queste strutture. Il prione patologico trasforma alcune eliche alfa, dei prioni normali, in foglietti beta, quindi in strutture molto più aperte e ciò è sufficiente a snaturare le funzioni della proteina ottenendo, così, forme completamente diverse realizzate sempre con i medesimi pezzi. Per fornire un’ immagine pratica di come i prioni si trasformino possiamo 15 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. A LT O M E D IO B ASS O E n cefa lo Il eo C o l o n d is tal e M id o l lo to dello stato generale, mentre l’appetito è conservato. Con il progredire della malattia compaiono più evidenti alterazioni del sistema locomotore con debolezza muscolare, tremori e cadute. Subentrano infine la paralisi ed il decubito preexitus. E’ la perdita del controllo dei nervi motori che ha determinato l’appellativo “mad cow disease” o malattia della mucca pazza. Considerando l’alimento come potenziale fattore di rischio per l’uomo, la prima valutazione da fare è quella di identificare i tessuti ed i prodotti alimentari da essi derivati, che potrebbero veicolare l’agente della BSE. Nel 1991 l’O.M.S. ha pubblicato una lista di tessuti classificati in base al loro presunto livello di contaminazione da parte dell’agente della BSE (Fig. 1). Le successive indagini condotte non hanno rilevato infettività al di fuori del SNC e della retina che, anatomicamente, rappresenta un’estensione dell’encefalo; solo nel corso di uno studio patogenetico, condotto sui bovini con BSE indotta sperimentalmente, è stata riscontrata infettività nell’ileo distale. N O N M IS M u s co li s Ip o fis i M u co s a n as al e L i n fo n o d i N er v o s ci ati co C o a g u li s Cu C o lo n p r o s si m al e M i d o llo o s s eo M am m e l M ilz a F eg a to Os A m ig d al e P o lm o n e C o n n e tti v o , D u ra m a d r e P an c reas Cu E p i f is i Timo O v aie , P la cen t a T es ti L i q u id o ce falo -r a ch id i an o Re S u rr en al i G h . Sa liv a T iro U rin a ,f eci , dire che, quelli non patologici sono come dei gomitoli di lana che si trasformano in gomitoli srotolati quando diventano patologici. In particolare, quando un prione patologico entra in una cellula del cervello attacca una proteina prionica buona, detta PrPC, trasformandola in un prione cattivo, chiamato PrPSC col sistema del contatto diretto che alcuni studiosi hanno definito della “mela marcia”. Il fenomeno si sviluppa quindi con una specie di reazione a catena che determina la distruzione delle cellule nervose provocando dei vacuoli o buchi. Il prione può essere distrutto nel seguente modo: a 121° C x 60 minuti - a 250 ° C x 1 minuto - con ipoclorito di sodio x 30 minuti - con idrossido di sodio x 60 minuti. A tutt’oggi la trasmissione per via orale sembra la più accreditata, anche se non va ancora esclusa la possibilità di trasmissione da madre a feto ed una maggiore sensibilità genetica dei soggetti colpiti. L’eventualità di una trasmissione mediante la fecondazione artificiale o embryotransfert è anch’essa in corso di studio. Solo i bovini adulti sembrano recettivi e sensibili alla BSE e l’incidenza è molto più alta fra gli animali da latte (mucca pazza) che in quelli da carne, probabilmente in relazione alla loro alimentazione più ricca di concentrati, mentre non si può asserire che i maschi siano meno ricettivi, in quanto vengono macellati prima delle femmine. Studi patogenetici individuano una precoce infezione del tratto distale del piccolo intestino che precederebbe la localizzazione nervosa. L’agente infettante raggiunge il sistema nervoso centrale, non potendo però escludere completamente la via ematica, tramite il midollo allungato, per cui il prione risalirebbe lungo le vie periferiche nervose (forse tramite il segmento di midollo spinale compreso tra la 4 e la 9 vertebra toracica). Il periodo di incubazione varia dai 2 agli 8 anni e la comparsa della malattia, mediamente, dai 3 ai 9 anni, anche se in Inghilterra sono stati accertati rarissimi casi in vitelli. Clinicamente la BSE è caratterizzata da una perdita progressiva della funzionalità cerebrale con esito sempre infausto, in un periodo da due settimane a 14 mesi (in media 2 mesi). I sintomi iniziali sono assolutamente aspecifici: nervosismo, ipereattività, graduali disordini locomotori accompagnati da perdita di peso, diminuzione della produzione lattea e scadimen- Il sistema utilizzato per valutare la distribuzione dell’agente nei tessuti si basa sulla prova biologica effettuata sul topo, eseguita per via intra cranica, che richiede un superamento della barriera di specie, con notevole perdita di sensibilità. Si ritiene che i prioni prodotti in una specie animale eccezionalmente possano provocare malattia in animali di specie diverse: quanto più le specie sono lontane N UM E R O C A S I DI E NC E FA LO PATIA S PO N GIF O R M E B O VIN A Fonte: O rganiz ation Inte rnazional de s E pizoo Pa ese 1987 e Pre c. 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 2001 R e gnoUnito 446 2.514 7.228 14.407 25.359 37.280 35.090 24.436 14.562 8.149 4.393 - B elgio 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 - D anim arc a 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 F rancia 0 0 0 0 5 0 1 4 3 12 6 - Ge rm ania 0 0 0 0 0 1 0 3 0 0 2 3 Italia 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 Irla nda 0 0 15 14 17 18 16 19 16 73 80 - L iec htenste in 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 O la nda 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 - P ortogallo 0 0 0 1 1 1 3 12 14 29 30 - Spa gna 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 Svizze ra 0 0 0 2 8 15 29 64 68 45 38 3 16...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. nella scala evolutiva, tanto più aumenta la difficoltà di trasferibilità della malattia. Il cane, per esempio, analogamente al lupo ed altri canidi, è da ritenere refrattario agli agenti che causano la BSE: i cani pastore di greggi ovini colpiti da scrapie o malattia del prurito e del trotto, che certamente mangiano i visceri degli animali ammalati, non hanno mai manifestato segni di questa malattia. Inoltre nessun caso di Encefalite Spongiforme è stato mai riscontrato in canidi selvatici negli zoo inglesi, anche se alimentati con carcasse (soprattutto teste) di bovini affetti da BSE. Comunque va anche precisato che, negli stessi zoo, si sono infettati ed hanno manifestato Encefalite Spongiforme, felini di diverse specie alimentati con carcasse infette. La non trasmissibilità della malattia al cane può essere rapportata al principio generale per il quale, attraverso i meccanismi determinati dalla selezione naturale, il predatore (in questo caso il cane ed i canidi in generale), è divenuto resistente alle infezioni presenti nelle sue prede (piccoli e grandi ruminanti). Bisogna però anche riferire che nel Regno Unito nel 1990 la malattia è stata riscontrata in 69 gatti domestici ed in alcuni felini selvatici, ed uno in Irlanda del Nord, in Norvegia ed in Svizzera. In proposito vi è da chiedersi se la FSE dei gatti non fosse presente anche prima del 1990, e che solo l’epidemia di BSE nei bovini abbia indotto a ricercarla ed individuarla anche in questi animali. Sulla base di quanto è dato di conoscere, nessun felino ammalato è nato dopo il 1990, quando cioè sono diventate più restrittive le misure per evitare la vendita di alimenti per animali d’affezione costituiti da carne di ruminanti. In Italia numerosi sono i prodotti alimentari derivati da tessuti bovini appartenenti alle categorie alta e media che vengono consumati. Tra questi si ritrovano alimenti costituiti integralmente da porzioni di tessuto nervoso, in particolare soggetti giovani, come il cervello, il cervelletto, il midollo spinale o da organi linfatici come la milza, l’intestino tenue (con le placche di Peyer), il timo, oppure prodotti contenti una mescolanza di muscolo ed altre porzioni di tessuto meno nobile, quali linfonodi, residui di nervi, frattaglie (per esempio alcuni insaccati e prodotti inscatolati). Per quanto attiene gli omogeneizzati C asi totali di dec essi da M C J/G SS (M alattia di C reutz feldt-Ja cob e Si ndrom i C orre lat e) A ustralia Austri a C ana da F rancia Ge rm ani a S lovaki a Spa gna 1993 20 6 - 55 21 36 11 5 19 1994 12 10 1 59 72 38 18 5 17 1995 21 10 1 74 87 34 8 6 16 1996 27 11 4 88 79 54 19 6 26 1997 24 7 7 90 107 60 19 7 28 1998 24 8 16 97 110 64 19 6 56 1999 19 8 27 96 86 83 19 6 34 2000 7 3 10 36 43 70 7 3 5 Total e 158 63 82 599 607 439 119 44 203 (alimenti per la prima infanzia), l’Italia dal 1997 ha vietato la produzione, importazione ed immissione al commercio su territorio nazionale di alimenti per la prima infanzia contenenti cervello, midollo spinale, fegato ed altri tessuti viscerali dei ruminanti, indipendentemente dalla provenienza geografica degli animali. Il grosso problema è rappresentato dal fatto che l’infettività del SNC è presente prima della comparsa dei sintomi clinici, per cui porzioni di tessuto cerebrale contaminato da parte dell’agente della BSE, provenienti da soggetti apparentemente sani, potrebbero arrivare sulla tavola dei consumatori. Un altro fattore da considerare nella valutazione del rischio è la dose, cioè la quantità di agente necessario a trasmettere la malattia. E’ un dato estremamente difficile da acquisire strettamente legato, comunque, al tipo di tessuto assunto. Studi sperimentali hanno dimostrato che 1 grammo di cervello infetto di bovino contiene sufficiente quantità di agente per trasmettere la malattia a 100.000 topi.Tali indagini, tuttavia, sono state effettuate inoculando il materiale per via intra cranica; utilizzando la via orale la sensibilità si ridurrebbe almeno di 60.000 - 100.000 volte. Nel corso di un altro esperimento è stato osservato che 1 g di cervello infetto bovino, somministrato per bocca ad un vitello, è in grado di causare la BSE.E’ stata anche effettuata inoculazione intra cerebrale ed intra peritoneale ai topini di estratto di polpa e latte di bovini infetti da BSE senza constare alcuna trasmissione della malattia agli stessi. Sono proprio questi accertamenti Itali a O la nda di laboratorio che dovrebbero tranquillizzare l’opinione pubblica nel consumare carne e latte. Molto importante risulta anche la provenienza dell’alimento e quindi la situazione del Paese produttore, anche in relazione alla sorveglianza epidemiologica sulla malattia. L’Italia, come la quasi totalità degli altri Paesi, non dovrebbe presentare la stessa combinazione di fattori di rischio che si è verificata in Gran Bretagna; questi sono rappresentati da un elevato rapporto (3,5:1) fra popolazione ovina e quella bovina e da una diffusa presenza di scrapie. Dal 1989 la BSE è comparsa anche in altri Paesi (Fig. 2), sia in bovini importati prima del bando, sia in soggetti alimentati con farine di carne ed ossa prodotte nel Regno Unito. L’Italia ha recepito tutte le direttive CEE, emanate a partire dal 1989, riguardanti gli scambi dal Regno Unito e gli altri Stati membri, fino ad arrivare nel 1996 ad un blocco totale delle importazioni da tale Paese. Data ultimo aggiornamento: Regno Unito: 21 dicembre2000; Belgio: 30 novembre 2000; Danimarca: 15 gennaio 2001 (il caso del 1992 è relativo ad un animale importato); Francia: 18 dicembre 2000 (1 caso importato nel 1999); Germania: 11 gennaio 2001 (6 casi importati -1 nel 1992, 3 nel 1994, 2 nel 1997); Italia: 24 gennaio 2000 (2 casi importati 10/94); Irlanda: 15 agosto 2000 (casi importati: 5 nel 1989, 1 nel 1990, 2 nel 1991, 2 nel 1992, 1 nel 1994 e 1 nel 1995);Liechtenstein: 30 settembre 1998; 17 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Lussemburgo: 31 ottobre 2000; Olanda: 10 marzo 1999; Portogallo: 23 novembre 2000 (casi importati: 1 nel 1990, 1 nel 1991, 1 nel 1992 e 3 nel 1993); Spagna: 9 gennaio 2001; Svizzera: 8 dicembre 2000. Paesi nei quali si sono avuti unicamente casi di BSE in animali importati: Canada: 1 caso (11/93); Isole Falkland: 1 caso (1989); Kuwait: 1 caso (12/2000) Sultanato dell’Oman: 2 casi (1989). Da questi dati è possibile tentare una valutazione dell’entità di esposizione dell’uomo ad alimenti potenzialmente infetti e/o contaminati. Fondamentale è considerare due diversi periodi: prima e dopo il 12.8.89. In tale data, infatti, è stato disposto il blocco dell’importazione dal Regno Unito di bovini vivi nati precedentemente al 18.7.88, cioè prima che fosse vietato l’uso di farine di carne ed ossa derivate da ruminanti, per l’alimentazione dei ruminanti stessi. Nel novembre dello stesso anno, un altro provvedimento è stato predisposto dal Regno Unito: il divieto d’utilizzo, per il consumo umano, di alcuni organi e tessuti bovini (cervello, midollo spinale, milza, timo, tonsille ed intestino) considerati potenzialmente infetti provenienti da soggetti con più di sei mesi di età. Nel 1990 tale disposizione è stata ripresa dalla normativa Comunitaria (decisione 90/200/CEE) che ha attuato, per il Regno Unito, il divieto di esportare verso gli Stati membri tessuti potenzialmente infetti provenienti da bovini di età superiore ai sei mesi al momento della macellazione. Appare chiaro che, in seguito a tali provvedimenti, viene e ridursi notevolmente la fonte principale di contaminazione anche se, da più parti, è stata segnalata la commercializzazione di farine animali prodotti nel Regno Unito in decine di altri Stati e, tra questi, il Kenya, Sudafrica ed Indonesia. Se ciò fosse realmente confermato, risulterebbe inspiegabile l’atteggiamento delle autorità sanitarie inglesi le quali, pur disponendo il divieto di utilizzo di farine animali nel proprio territorio ne hanno permesso l’esportazione. A tal proposito è necessario ricordare che, con circolare del MINSAN n. 600.8/24475/AG:39/3460 del 02.10.98, fu comunicato che era possibile la spedizione di carni separate meccanicamente verso quei Paesi Terzi che avevano dichiara- Pe rcentu ale an nua di m orta lit à da M C J/G S S p e r o gni m i lione di abitan ti 195 8 - 19 71 A ustralia A us tria 199 3 1.1 3 199 4 C ana d a 0.0 5 F ranci a G e rm ania It alia O la nda S lo vaki a Spa gna 0.7 7 0.9 5 0.4 4 0.6 3 0.7 2 1.0 0 0.4 9 0.6 7 1.2 8 1.0 2 0.8 8 0.6 7 1.1 8 1.0 0 0.4 3 199 5 1.1 5 1.2 8 1.2 8 1.0 6 0.6 0 0.5 2 1.2 0 0.4 1 199 6 1.4 7 1.4 1 1.5 1 0.9 6 0.9 5 0.8 9 1.2 0 0.6 6 199 7 1.2 9 0.9 0 1.5 6 1.3 0 1.0 4 1.2 1 1.4 0 0.8 4 199 8 1.2 7 1.0 3 0.5 3 1.6 8 1.3 4 1.1 0 1.2 1 1.2 0 1.2 7 199 9 1.0 2 1.0 3 0.9 0 1.6 6 1.0 5 1.4 6 1.2 1 1.2 0 0.8 6 200 0 0.7 5 0.7 7 0.6 7 1.2 4 0.5 2 1.2 3 0.8 8 1.2 0 0.1 3 % m edi a 1.1 2 1.0 6 0.7 5 1.3 7 0.9 9 0.9 6 1.0 1 1.1 8 0.6 9 to di accertarle, anche non trattate termicamente con obbligo di verifica di allontanamento dal territorio nazionale verso, appunto, destini extracomunitari. Nel dicembre del 1995, la Gran Bretagna ha proibito l’utilizzo di colonne vertebrali bovine, per evitare che anche piccole porzioni di midollo spinale entrassero nella catena alimentare umana mediante questa modalità. In Italia un dispositivo analogo, anche se parziale, è contenuto nel D.L.vo 286/94 , sebbene questo non sia posto in diretta relazione alla profilassi della BSE. L’art. 2 del succitato Decreto, infatti, definisce che per carni separate meccanicamente s’intendono quelle derivate dalle ossa carnose, escluse quelle della testa. La legislazione, attualmente, prevede solo la testa e non la colonna vertebrale fra le porzioni da escludere dal trattamento di separazione meccanica. Il limite maggiore, relativamente alla possibilità di fornire garanzie sanitarie sulla BSE, è la mancanza di test diagnostici capaci di riconoscere l’animale infetto prima della macellazione e, comunque, prima della manifestazione sintomatologica clinica. Dati relativi al 1994 indicano che nel Regno Unito, la maggior parte dei bovini è stata macellata per il consumo tra i 2 ed i 3 anni di età. Poiché è plausibile che l’infezione venga acquisita nel corso del primo anno di vita, è verosimile che parte degli animali avviati alla macellazione potessero essere in fase di incubazione. Uno studio condotto in Gran Bretagna stima, infatti, che circa 446.000 soggetti infetti siano entrati nella catena produttiva di ali- menti per uso umano, prima del bando del 1989, e che altri 283.000 sarebbero stati avviati al libero consumo tra il 1989 ed il 1995. Il nostro Paese figura tra gli Stati dell’U.E. che, tra il 1985 ed il 1990, hanno importato meno prodotti dalla Gran Bretagna, in termini sia di animali vivi che di farine di carne. Il Ministero della Sanità ha calcolato che, nel triennio 1988-1990 l’Italia abbia introdotto 5.100 bovini, la maggior parte dei quali destinati al macello. La malattia di Creutzfeldt-Jacob sporadica (MCJ) è conosciuta sin dagli anni 20 ed è diffusa in tutto il mondo con un’attuale incidenza di circa 1 caso per milione di abitanti per anno (Fig. 3) e non può escludersi ancora che, come nell’uomo, possa sorgere anche spontaneamente per i bovini. Questa malattia non è legata alla BSE, al contrario della variante di CreutzfeldtJakob (vMCJ) che ha lo stesso agente infettante della Encefalopatia Spongiforme Bovina. In Italia la sorveglianza della MCJ è cominciata nel 1993 nell’ambito di un progetto europeo. La malattia di Creutzfeldt-Jakob è un’encefalopatia spongiforme per la quale non è stato ancora possibile elaborare un’indagine diagnostica che consenta di confermare la diagnosi clinica. La diagnosi di certezza, infatti, si ottiene esclusivamente attraverso lo studio del tessuto cerebrale a seguito di autopsia. Appare quindi evidente la fondamentale importanza che riveste il riscontro autoptico nei pazienti deceduti con sospetto clinico di 18...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. C as i t o tal i d i d ece ss i d a M C J /G S S e v M C J a cce rtat i in In g h i lte rra (M al att ia d i C reu tz feld t -Ja co b e Si n d ro m i C o rre lat e) vM C J p ro b a b ile in m o rti e d in at tes a d e i ri su l tat i A nni S eg n al azi o n i S p o rad ic i Iatro g e n i F am i lia ri G SS VMCJ p ro b ab il e an co ra in v it a 1985 - 26 1 1 0 - 1986 - 26 0 0 0 - 1987 - 23 0 0 1 - 1988 - 22 1 1 0 - 1989 - 28 2 2 0 - 1990 53 28 5 0 0 - 1991 75 32 1 3 0 - 1992 96 43 2 5 1 - 1993 78 38 4 2 2 - 1994 116 51 1 4 3 - 1995 87 35 4 2 3 - 1996 134 40 4 2 4 - 1997 161 59 6 4 1 - 1998 154 63 3 4 1 - 1999 169 61 6 2 0 - - 2000 172 38 0 2 0 5 2 MCJ, sia per una definizione diagnostica che per una corretta valutazione epidemiologica di questa patologia nel territorio nazionale. Viene segnalato che alcuni medici tendono ad evitare l’esecuzione dell’autopsia nei soggetti affetti da tale malattia forse perché, non essendoci attrezzature adeguate, temono il contagio dell’infezione sia personale che generale. Ma al riguardo risulta indispensabile tale verifica per constatare se si è in presenza di vMCJ . Pertanto, qualora le autorità sanitarie non impongano i suddetti accertamenti, potrebbe rendersi necessario l’intervento della magistratura per effettuare obbligatoriamente tali autopsie, al fine di valutare l’esatto stato epidemiologico del vMCJ ed, ovviamente, per fornire tutto quello che è necessario per la protezione degli addetti ai lavori. Analizzando le percentuali dei casi riscontrati in Italia dal 1958 al 1971(fig. 4) si osserva che a quel tempo le stesse erano bassissime (0.05 per milione di abitanti) mentre sino al 2000 sono aumentate notevolmente (0.96 per milione di abitante). Tutto ciò farebbe ritenere che: o il sistema di segnalazione di tale malattia non era adeguato, o la percentuale di MCJ in co grosse differenze di sesso. Questi dati potrebbero fornire agli studiosi degli elementi per approfondire la ricerca al fine di valutare se vi sono delle recettività maggiori su alcuni soggetti. Negli Stati Uniti, pur non essendosi mai accertati casi di vMCJ, le percentuali di morte risultano identiche a quelle rilevate in Europa (1 caso su un milione di abitanti) e, pertanto, si spera che l’aumento verificato sia riconducibile ad una fisiologica presenza di tale malattia non accostabile ad altri fattori di rischio che attualmente sussistono in Europa. In Inghilterra l’accertamento di casi di vMCJ negli ultimi anni è aumentato e, considerato il periodo di incubazione della malattia, ci si attende un ulteriore incremento della stessa (Fig. 5). Attualmente, invece, in Italia, non sono stati segnalati casi di vMCJ (Figg. 6 e 7). questo ultimo periodo è aumentata per cause ancora ignote oppure, e non può escludersi neanche quest’ultima ipotesi, tra i casi segnalati negli ultimi anni vi possono anche essere delle vMCJ non accertati. Tra l’altro, proprio agli inizi degli anni 80, come già detto, la modificazione nella preparazione delle farine animali ha determinato l’insorgere della BSE. Al fine dell’approfondimento dell’argomento va anche precisato che negli Stati Uniti, a seguito di quanto avvenuto in Inghilterra, è stato attivato uno studio sulla mortalità causata dalla MCJ e da sindromi correlate od eventualmente dalla vMCJ. Dal 1979 sino al 1994, si sono avuti 3.642 decessi facendo registrare la MCJ come causa fondamentale nell’ 83.4% dei casi. La percentuale annua della morte è dello 0.95 per milione di persone, con un’età media di decessi intorno ai 67 anni (età mediana = 68 anni). Nella maggior parte (95.2%) dei casi di morte, si trattava di bianchi. La percentuale dell’ età dei neri era più bassa di quella dei bianchi. La percentuale dei morti al sud degli USA era più bassa, senza La MCJ sporadica insorge in età avanzata, dai 55 ai 66 anni, ed ha origine sconosciuta, evoluzione lenta e demenza senile. La certezza di tale patologia si ha solo dopo la morte a seguito di esecuzione di esame autoptico. La vMCJ può insorgere in età giovanile e l’origine è legata alla BSE. La sintomatologia iniziale è sostanzialmente psichiatrica (depressione, ansietà, apatia), segue atassia, disturbi sensoriali di tipo dolorifico (che non si osservano nella forma sporadica), movimenti involontari (mioclono, corea, distonie), demenza. Fondamentale per la diagnosi clinica di malattia probabile è l’esecuzione della risonanza magnetica, che mostra un’iperintesività del pulvinar bilateralmente. Per la diagnosi di certezza è necessario il riscontro autoptico. In questa forma si trova il PrPsc anche nelle tonsille ed in altri organi linforeticolari e, quindi, non si può escludere che il sangue possa essere infetto. Questa è la ragione per la quale l’Italia, insieme agli USA, il Canada e la Germania, hanno deciso di impedire le donazioni da parte di soggetti che hanno soggiornato per più di sei mesi (totali anche se non consecutivi) in Inghilterra dal 1980 al 1986. Il periodo di incubazione non è perfettamente stabilito. Si ipotizza che possa variare da un minimo di 4 – 5 anni ad un massimo di 40 anni. Al momento, come in campo animale, non ci sono tests 19 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. N u m ero d i d e ces s i d a M C J /G SS in It ali a A nno S eg n al azi o n i S p o rad ic i Iatro g e n i F am i lia ri G SS FF I 1993 51 28 0 5 1 2 1994 62 32 0 5 0 1 1995 52 27 0 6 0 1 1996 77 48 0 5 0 1 1997 139 47 1 11 0 1 1998 143 54 1 8 0 1 1999 192 72 0 11 0 0 2000 177 55 0 10 2 3 2001° 4 0 0 0 0 0 T o tal e 858 354 2 60 3 9 diagnostici in grado di identificare eventuali soggetti infetti clinicamente sani. In Europa, a seguito dei casi di BSE accertati, la Commissione scientifica ha presentato nel 1998 al Parlamento Europeo ed al suo Consiglio una relazione che conteneva un ampio compendio sui provvedimenti concreti di lotta contro la BSE, relativi alle analisi dei rischi, dei controlli e delle ispezioni, evidenziando, nel contempo, di non aver constatato i risultati auspicati. Malgrado tutti gli sforzi da parte della Commissione, il Consiglio non ha accettato di adottare un approccio comune volto all’eliminazione dei “materiali specifici a rischio” dalla catena alimentare umana e animale. Sono state quindi ignorate le raccomandazioni dei comitati scientifici in merito. In questo settore, la prevenzione dei rischi a livello comunitario è stata a lungo inadeguata. Si sono registrati dei progressi per quanto riguarda il recepimento della normativa comunitaria in materia di prevenzione della BSE, in particolare relativamente al divieto di somministrazione ed ai requisiti per il trattamento della farina di carne e ossa, rilevando, però motivi di inquietudine laddove gli Stati membri sono stati poco solerti nell’applicare la normativa comunitaria mirante a controllare la BSE. In tale occasione la Commissione ha dato una forte spinta ai lavori di omologazione di un test post mortem della BSE. Si riportano, qui di seguito, un elenco cronologico della principale legislazione dell’Unione Europea sulla BSE: Decisione 89/469 28 luglio 1989 v (bestiame vivo Regno unito) Il Regno unito non invia negli Stati membri bestiame vivo nato prima del 18 luglio 1988 o nato da femmine sospette di essere affette da encefalopatia spongiforme bovina o nelle quali sia stata confermata ufficialmente la presenza del morbo. Decisione 90/134 6 marzo 1990 (notifica di ESB) Devono essere notificati tutti i focolai di encefalopatia spongiforme bovina. Decisione 90/200 9 aprile 1990 (prodotti Regno Unito) Il Regno Unito non invia negli altri Stati membri cervella, midollo spinale, timo, tonsille, milza, intestini provenienti da bovini di età superiore ai sei mesi al momento della macellazione. Decisione 94/381 27 giugno 1994 (divieto di mangimi) Gli Stati membri vietano la somministrazione ai ruminanti di proteine derivate da tessuti di mammiferi. Decisione 94/382 27 giugno 1994 (Lavorazione di resti di ruminanti) Approvazione di sistemi alternativi di trattamento termico di rifiuti animali provenienti da ruminanti nell’intento di neutralizzare gli agenti dell’encefalopatia spongiforme. Decisione 96/239 27 marzo 1996 (embargo nei confronti del Regno Unito) Il Regno Unito non può esportare dal proprio territorio verso gli altri Stati membri o paesi terzi bovini e prodotti bovini Decisione 96/449 18 luglio 1996 (lavorazione di rifiuti provenienti da mammiferi) Condizioni di lavorazione di rifiuti provenienti da mammiferi nell’intento di neu- tralizzare gli agenti dell’encefalopatia spongiforme: 133° - 3 Bar - 20 minuti - ora sostituita dalla 1999/534 (introduce condizioni di lavorazione per il sego). Decisione 98/256 16 marzo 1998 (parziale abrogazione dell’embargo nei confronti del Regno Unito - ECHS) Prima modifica dell’embargo nei confronti del Regno Unito: rafforzamento di controlli e prime misure di abrogazione dell’embargo nell’ambito del Programma per l’esportazione da allevamenti certificati (ECHS) d’Irlanda del Nord Decisione 98/272 23 aprile 1998 (sorveglianza epidemiologica di tutte le EST) Stabilisce le norme generali di sorveglianza di tutte le encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST). Modificata dalla 2000/374, che introduce test rapidi (vedi sotto) Decisione 98/653 18 novembre 1998 (embargo nei confronti del Portogallo) Divieto di spedizione di bovini e prodotti bovini dal Portogallo Decisione 98/692 25 novembre 1998 (parziale abrogazione dell’embargo nei confronti del Regno Unito - DBES) Seconda modifica dell’embargo contro il Regno Unito: Adozione dei principi della seconda fase verso l’abrogazione del divieto nell’ambito del Programma di esportazione in base alla data (DBES) applicabile nell’intero Regno Unito. Decisione 99/514 23 giugno 1999 (data di spedizione di carne e prodotti a base di carne DBES) Fissazione della data dalla quale può iniziare la spedizione di carne di manzo e di prodotti a base di manzo provenienti dal Regno Unito: 1° agosto 1999 Decisione 2000/374 5 giugno 2000 (rafforzamento della sorveglianza mediante test rapidi) Rafforzamento della sorveglianza epidemiologica dell’ESB nel bestiame mediante introduzione di un programma di monitoraggio a partire dal 1° gennaio 2001, mediante test rapidi post mortem. Gli Stati membri svolgono programmi annuali di monitoraggio su un campionario mirato di animali, con particolare attenzione agli animali che muoiono nelle aziende agricole, agli animali malati macellati d’urgenza e agli animali con sintomi di comportamento o neurologici. Decisione 2000/418 29 giugno 2000 20...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. A g g io rn a ta a l 1 5 g en n a io 2 0 0 1 S p o rad ic a: fo rm a cl as si ca; Iatro g e n a: l' in fez io n e è s ta ta d e term in at a acc id en t alm en te co m e co n s eg u en m e d ich e . T u tti i cas i in In g h i lte rra so n o co n s eg u it i d a tra tta m en t i c o n o rm o n i d el la cres ci ta (p itu i d i d u ra m at er. Fa m iliari : C a si a cce rtat i i n fam ig l ie as so c iat i a m u t az io n i n el g en e d i PrP e d i tes s u ti d so n o in fe ttiv i. G S S : S in d ro m e d i G ert sm an n -S tra u ss le r-Sc h ein k e r - L a m ala tti a, m o lt o rara, s i tras m e tt d ete rm in a ta d a u n a u to s o m a ered i tat o ; s in to m at o lo g ic am e n te è p res en t e a tas s ia p ro g re ss iv a e d em F FI: in s o n n ia fata le fa m il iare . v M C J p at o lo g ia d et erm i n ata d all a B S E . N u m ero d i d e ce ss i p e r M C J e t as si d i m o rt ali tà p e r reg i o n e (1 9 9 3 -1 9 9 9 ) R eg i o n e Po p o l azi o n e N u m ero c as i M o rt ali tà(m ili o n e a b ita n ti/ an n o ) A b ru z zo 1 .2 5 8 0 .9 1 B as ili cat a 0 .6 1 2 0 .4 7 C a lab ri a 2 .0 7 14 0 .9 7 C a m p an i a 5 .6 3 23 0 .5 8 E m ili a R o m a g n a 3 .9 0 24 0 .8 8 F riu l i 1 .2 0 5 0 .6 0 L az io 5 .1 4 50 1 .3 9 L ig u ri a 1 .6 8 8 0 .6 8 L o m b ard i a 8 .8 6 60 0 .9 7 M arc h e 1 .4 3 20 2 .0 0 M o l is e 0 .3 3 3 1 .3 0 Pi em o n t e 4 .3 0 25 0 .8 3 P u g li a 4 .0 3 21 0 .7 4 S ard e g n a 1 .6 5 8 0 .7 0 S ic ili a 4 .9 7 18 0 .5 1 To s ca n a 3 .5 3 23 0 .9 4 T ren t in o 0 .8 9 9 1 .4 4 U m b ri a 0 .8 1 7 1 .2 3 (Materiali a rischio specifico - MRS) Gli Stati membri eliminano tessuti animali fra i più suscettibili di presentare un rischio ESB (in sintesi: cranio, tonsille, midollo spinale e ileo) dalla catena alimentare a animale e umana a partire dal 1° ottobre. Le importazioni di carne da paesi terzi sono soggette agli stessi requisiti dal 1° aprile 2001, a meno che una valutazione scientifica non indichi l’inutilità di tali misure. Decisione 2000/773 del 4 dicembre 2000 (aiuto finanziario della Comunità per il monitoraggio della BSE). Decisione 2000/766 (proteine animali) Relativa a talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione M ed i aF ran ci a 1 ,3 4 M ed ia G e rm 0 ,9 6 di proteine animali nell’alimentazione degli animali Decisione 2001/2 del 27 dicembre 2000 Estensione della lista degli organi specifici a rischio anche all’intestino dei bovini di qualsiasi età. Decisione 2001/9 del 29 dicembre In merito a misure di controllo necessarie per l’attuazione della decisione 2000/766 Situazione attuale in ambito nazionale FARINE ANIMALI Con O.M. del 28.7.1994 è stata vietata la somministrazione ai ruminanti di mangimi contenenti proteine derivanti da tes- suti di mammiferi. Con nota Ministeriale dell’08.4.99 sono state fornite delle linee guida per l’effettuazione delle ispezioni sia negli stabilimenti di produzione che negli allevamenti, al fine di verificare la conformità all’O.M. del 1994 e delle indicazioni sui provvedimenti da adottare in caso di riscontro di irregolarità. Con O.M. del 17.11.2000, ritenuto necessario rispettare le naturali abitudini degli animali quali i bovini, i bisonti, gli ovini, i caprini, gli equini ed i conigli, che fisiologicamente necessitano di una dieta priva di proteine animali, autonomamente dalla CEE , è stato disposto, a modifica dell’O.M. del 1994, il divieto di somministrazione agli erbivori di mangimi contenenti proteine derivanti da tessuti animali, mentre con decisione 2000/766/CE tale divieto non è applicato alla farina di pesce nell’alimentazione di animali diversi dai ruminanti. Attualmente è vietata la somministrazione di proteine animali trasformate ad animali d’allevamento che sono tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti, e sono stati vietati gli scambi intracomunitari, le importazioni ed esportazioni da e nei Paesi Terzi. Tutte le proteine animali, inoltre, devono essere ritirate dal commercio, dai canali di distribuzione, dai depositi e presso gli allevamenti. I mangimi per animali, compresi i mangimi per animali da compagnia, contenenti proteine animali diverse dalla farina di pesce, che sono destinati agli animali non tenuti ingrassati o allevati per la produzione di alimenti, sono prodotti in impianti che preparano esclusivamente i mangimi per tali animali (2001/9/CE). MACELLAZIONE Tutti i bovini, muniti delle due marche auricolari, introdotti presso i macelli devono essere scortati dal passaporto (documento di identificazione individuale per la specie bovina), debitamente rilasciato dal Servizio Veterinario competente, sull’azienda di partenza dell’animale e non da cedola identificativa (Circolare MINSAN 600.VI/24436/AG12/53). Entro 7 giorni dalla macellazione, se avvenuta in mattatoio a capacità limitata o giornalmente per impianti con riconoscimento CEE, i dati relativi al passaporto dell’animale de- 21 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. vono essere trasmessi all’Istituto Zooprofilattico di Teramo che, come centro di referenza nazionale, li riceve dal territorio di tutto lo Stato. Inoltre, tutti i passaporti dei bovini macellati devono essere inviati per posta celere, con cadenza settimanale, all’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise. Per i bovini di età superiore ai 30 mesi da sottoporre a test rapidi nei confronti della BSE, i passaporti saranno inviati dopo l’esito degli opportuni accertamenti (circolare MINSAN 600.VI/244.36/AG12/192 del 25.01.01) Con D.M. del 29.9.2000 sono state stabilite le misure sanitarie che devono essere applicate nei confronti del materiale specifico a rischio relativamente all’immissione sul mercato di prodotti di origine animale provenienti da animali della specie bovina, ovina e caprina. Infatti, a seguito di tale disposizione, ai bovini e gli ovini al di sopra di 1 anno di età vengono rimossi, come organi specifici a rischio, il cranio ( deve intendersi unicamente la base ossea della scatola cranica – neurocranio – Circolare MINSAN 600.8/508/3135 del 07.9.98) compreso il cervello, gli occhi ed il midollo spinale mentre, per i bovini di qualsiasi età, viene rimosso l’intestino dal duodeno al retto (2000/418 e nota MINSAN n. 600.3.8/508/3905 del 22.12.00) e, agli ovini di qualsiasi età, la milza. La rimozione dell’intestino è stata decisa in quanto i budelli, preparati per i salumi, potrebbero contenere tipi di cellule potenzialmente contagiose. Attualmente è in corso di preparazione un Decreto Legge di modifica di alcune misure sanitarie di cui al citato D.M. 29.9.2000 per tenere conto delle prescrizioni poste dalla decisione CE 2000/418. Con tale provvedimento, molto probabilmente, verrà anche imposta, per i bovini al di sopra di 12 mesi di età, la rimozione dell’intera testa, ad eccezione della lingua, incluso il cervello, gli occhi, i gangli trigeminali e le tonsille; il timo, la milza ed il midollo spinale di bovini di età superiore ai sei mesi. La rimozione degli organi specifici a rischio deve essere condotta nel rispetto di quanto prescritto dal D.L.vo 19.9.94, n. 626 e successive modifiche ed integrazioni, utilizzando nel merito particolari dispositivi di protezione alle mani, occhi viso e vie respiratorie, mentre il materiale rimosso deve essere posto in appositi contenitori, identificati mediante una targhetta recante la dicitura “Materiale specifico a rischio”, sui quali deve essere apposta una striscia inamovibile di colore rosso posta trasversalmente al contenitore. Sul materiale rimosso deve essere versato un colorante che consenta di individuarlo anche dopo l’eventuale trasformazione individuale, fino alla sua distruzione. Di tale consegna viene compilata apposita cedola, da parte del veterinario responsabile dello stabilimento, che viene consegnata al trasportatore e riconsegnata entro 7 giorni, firmata dal titolare dello stabilimento di trattamento. In caso di inadempienza, il veterinario titolare dell’impianto contatta il Sevizio Veterinario del luogo in cui è presente l’impianto di trattamento, al fine della esecuzione delle prescritte verifiche. Qualora il bovino macellato superi i 30 mesi di età, viene effettuato il prelievo del tronco encefalico seguendo quanto indicato nell’allegato n. 1 e trasmesso all’Istituto Zooprofilattico, secondo le modalità di cui all’allegato n. 2, al fine della esecuzione delle indagini di laboratorio per l’accertamento della BSE (2001/8). Qualora, in seguito alle analisi di laboratorio effettuate con un test rapido (western blotting), si dovesse riscontrare positività, il campione deve essere trasmesso all’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, con sede centrale di Torino, individuato quale centro di referenza nazionale per lo studio e le ricerche sull’encefalopatie degli animali e neuropatologie comparate, per le verifiche previste (Western-Blot test ed esame immunoistochimico). Al momento non è stato preso alcun provvedimento, sia per quanto concerne l’abbassamento dell’età dei bovini macellati, per l’esecuzione del test, e sia per l’eliminazione della colonna vertebrale con i relativi gangli spinali. Se tale provvedimento fosse adottato porrà, ovviamente, problemi tecnici rilevanti. Infatti l’attività di macellazione e la relativa tecnologia si basa sul fatto che la colonna vertebrale rimane sempre l’elemento portante dell’animale sia nei trasporti che nella commercializzazione e lavorazione e successiva MISURE ECCEZIONALI DI SOSTEGNO DEL MERCATO DELLE CARNI BOVINE – AMMASSO PUBBLICO Tali misure sono applicabili, a meno di successive proroghe, sino al 01.07.2001. Ai sensi del Reg. CE 2777/2000 lo Stato acquista, secondo un prezzo determinato dalla categoria dell’animale, dal peso della carcassa e dal prezzo fissato per chilogrammo, animali della specie bovina di età superiore a 30 mesi conferiti da un produttore o da un suo rappresentante, ai fini dell’abbattimento e della distruzione della carcassa. Le carcasse, debitamente sezionate, ed ogni altra parte degli animali abbattuti, devono essere tinte in modo indelebile, per poi essere trattate ed interamente distrutte mediante incenerimento o qualsiasi altro procedimento idoneo. I costi delle operazioni di raccolta, trasporto preliminare ai fini della riduzione della carcassa in farina ed incenerimento o coincenerimento sono individuati in L. 600/ Kg per prodotto fresco per le regioni del Nord e in L.800/Kg per quelle del Sud (Disposizione AGEA n, 1359/DG del 19.01.01 Se il materiale specifico a rischio non è asportato, l’intera carcassa deve essere trattata come materiale specifico a rischio. Per ogni animale interamente distrutto, la Comunità cofinanzia le spese sostenute ad un’aliquota del 70%, sicché il rimanente 30% resta a carico delle autorità nazionali. Le condizioni d’abbattimento, d’ammissibilità dei capi e le modalità di presentazione delle domande di conferimento, sono descritte nella circolare n. 1359/DG dell’AGEA (allegato n. 3). SMALTIMENTO DEL MATERIALE SPECIFICO A RISCHIO ED AD ALTO RISCHIO Con O.M. del 13.11.2000 sono state adottate specifiche misure sanitarie per far fronte alla situazione di rischio igienico-sanitario ed ambientale relative alla gestione ed allo smaltimento del materiale specifico a rischio. In tale provvedimento sono descritti i requisiti che devono possedere gli impianti d’incenerimento e coincenerimento e, nel frattempo, è precisato che il materiale specifico a rischio può essere oggetto d’attività di recupero energetico in appositi impianti. A seguito del recepimento delle deci- 22...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. sioni CE 2000/418 e 2000/766 in data 11.1.2001, è stato emanato un Decreto Legge il quale prescrive che tutto il materiale a rischio per la BSE è obbligatoriamente distrutto mediante incenerimento o co-incenerimento, e che i proprietari degli impianti sono obbligati ad accettare tale materiale. Al titolare dell’impianto sarà erogata, dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, la somma di L. 726.000 per ogni tonnellata di materiale. Tale indennità copre i costi solo per i prodotti trasformati ed ottenuti da macellazioni includendo anche i costi relativi alla raccolta e trasporto. L’Agenzia provvede all’ammasso pubblico delle proteine trasformate ed ottenute sino al 31.5.2001. Con circolare dell’AGEA esplicativa del D.L. 11.1.2001 n. 1455/DG del 25.01.01 sono state emanate chiarimenti relativi allo smaltimento del materiale specifico a rischio ed ad alto rischio nonché ammasso pubblico per le proteine animali a basso rischio. CONCLUSIONI Ci troviamo, ormai da tempo, nell’era della globalizzazione nella quale, da qualsiasi Paese, in poche ore possono essere inviate merci d’ogni tipo. Nel contempo si è sviluppato un sistema di commercializzazione che trae le sue radici nelle rigide leggi del mercato mondiale. L’obiettivo principale è quello di produrre tutto al più presto, a costi più bassi e, conseguentemente, non sempre a favore della qualità. Da tali principi non si dissocia la produzione e commercializzazione dei prodotti alimentari. Non va trascurato che, se in questi ultimi decenni vi è stata una maggiore ed ampia disponibilità per la popolazione di proteine animali, a giusto vantaggio della vita in generale, deve essere assolutamente approfondita la ricerca prima di immettere sul mercato produzioni sia d’origine animale che vegetale, al fine di evitare qualsiasi danno in termini sia di salute pubblica che di salvaguardia dell’ambiente. L’immagine più moderna della liberalizzazione dei mercati, con l’abbattimento quasi totale dei controlli alle frontiere, porti ed aeroporti, è fornito proprio dalla Comunità Economica Europea che racchiude, praticamente, in un solo stato più Paesi. Ma, se in una nazione non sono presi urgenti e seri ripari per bloccare patologie endemiche e se la CEE al riguardo non prende immediati provvedimenti, quasi dimenticando che, come a macchia d’olio, quello che accade in un solo Stato può immediatamente coinvolgere gli altri, si può avere una malattia che coinvolge e sconvolge tutti, com’è successo appunto nel caso della BSE. Per rimediare a quanto accaduto, sarà necessario ora avviare un piano nazionale d’adeguamento strutturale dell’intera filiera zootecnica e di macellazione, alla luce delle nuove esigenze di benessere animale e di tutela dei consumatori. L’informatizzazione dell’anagrafe bovina e la rintracciabilità delle carni è importante ma non deve essere confusa con la risoluzione del problema BSE. Tali provvedimenti servono esclusivamente a risalire all’allevamento nel quale sono nati ed allevati i bovini e quindi, in caso di BSE, a controllarne l’allevamento di provenienza. La misura più importante da adottare è, fondamentalmente, quella di aiutare la zootecnia con investimenti che determino il miglioramento delle attività che, seguendo quanto prescritto da un articolato piano nazionale di riorganizzazione, debba favorire il miglioramento delle condizioni d’allevamento e la qualità delle produzioni sia in ambito di produzione carnea che lattiero casearia. Tale piano, quindi, deve assolutamente consentire il rispetto delle caratteristiche locali e tradizionali di produzione che certamente, per quanto riguarda l’Italia e specialmente le regioni meridionali, non sono paragonabili a quelle europee e, pertanto, è indispensabile opporsi, nelle sedi opportune, alle disposizioni legislative della CEE che pongono la nostra zootecnica e le relative produzioni in una competitività non realizzabile, a svantaggio della microeconomia che è tipica delle nostre zone, abituata a gestire il territorio con criteri di produzione naturali. E’ proprio nell’iperproduzione e nel seguire le leggi del mercato, quindi, che deve essere collocata la nascita della BSE., una malattia che sfugge dalle regole biologiche perché è nata dalla disgregazione delle leggi della natura. * Veterinario Dirigente A.U.S.L. BA/4 – Direttore Unità Operativa Multidistrettuale di Bari La BSE in breve L’encefalopatia spongifonne bovina è una malattia che colpisce prevalentemente i bovini adulti. E’ caratterizzata da un lungo periodo di incubazione (2-5 anni), decorso afebbrile, turbe nervose sensitive e motorie ed esito costantemente infausto. Nel 1986 fu descritta per la prima volta in Gran Bretagna e la sua origine è legata all’utilizzazione di farine animali infette nell’alimentazione dei bovini. Agli inizi degli anni 80, in concomitanza con la grave crisi energetica mondiale, furono introdotte sostanziali modificazioni dei processi tecnologici per la produzione delle farine animali. Tali modificazioní comportarono un abbassamento della temperatura di esercizio degli impianti industriali e l’abolizione dei solventi dei lipidi per l’allontanamento dei grassi. In questa maniera i prioni eventualmente presenti negli scarti delle macellazioni restarono vitali. L’agente causale della malattia è una proteina, chiamata PrP, dotato di straordinaria resistenza al calore e ad altre sostanze comunemente utilizzate per distruggere altri patogeni. Gli organi del bovino più colpiti dal prione sono il cervello, il midollo spinale, i globi oculari (retina), la milza, le tonsille, l’intestino. Non è stata svelata la presenza dei prione nel latte e nel muscolo (fettina). Attualmente la BSE è diffusa in numerosi Paesi europei e in Gran Bretagna, a partire dal 1986, sono stati diagnosticati circa 180.000 casi. L’aspetto preoccupante della BSE è legato alla possibilità di passaggio all’uomo per via alimentare (consumo di parti a rischio del bovino). Nell’uomo si sviluppa una patologia identica a quella dei bovino e indicata con il termine variante Creuztfeld-Jacob (VCJD). I servizi di sanità veterinaria hanno il compito delicato di effettuare controlli sui mangimi, sulle importazioni di animali, sulle macellazioni e sulle carni. La salvaguardia della salute dei consumatori è quindi strettamente legata alla adozione di misure di controllo nella filiera agro-zootecnica, che si possono concretizzare nella esecuzione dei test diagnostici sugli animali macellati e sulla esportazione delle parti a rischio, compresa la colonna vertebrale. 23 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. “Il cittadino, utente o cliente dei servizi? La risposta non è indifferente.” Oltre 200 operatori in formazione al Policlinico di Bari per il miglioramento della qualità Ambrogio Aquilino * Premessa. E’ opportuno inquadrare la dimensione che assume oggi la questione della partecipazione dei cittadini al funzionamento dei servizi pubblici. Nel nostro paese, come in altre parti d’Europa, seppure in forme e con intensità diverse, è in atto una crisi della forma degli Stati. Questa trae origine dai mutamenti caratteristici della società post-moderna, che non mettono tanto in discussione l’esistenza stessa degli stati, quanto la loro funzionalità ed efficacia. Un po’ ovunque, infatti, sono in fase di ridefinizione le politiche di welfare, poichè le istituzioni appaiono inadeguate rispetto agli attuali contesti sociali, in cui sono cresciuti non solo i livelli di consapevolezza, le aspettative, le esigenze dei cittadini, sia in termini quantitativi che qualitativi, ma si è anche accresciuta proporzionalmente la complessità dei problemi e, quindi, del governo e della gestione dei servizi di pubblica utilità. Siamo, inoltre, in una fase storica ed economica in cui sono sempre più numerosi quanti sostengono che l’unico rimedio, a fronte di questa complessità, debba essere rappresentato da un completo arretramento dello Stato per lasciare campo libero a logiche privatistiche e di mercato nella gestione dei servizi fondamentali della società (scuola, sanità e previdenza). Si è imposta, quindi, alle forze politiche e sociali più attente la necessità di definire una nuova forma organizzativa dello Stato moderno, basata sui principi della flessibilità dei modelli di funzionalità dei servizi, della trasparenza dei processi e della responsabilizzazione dei soggetti sociali, siano essi erogatori dei servizi o cittadini utenti. Sulla base di questi presupposti, nei paesi della comunità europea, si stanno definendo politiche pubbliche, che, pur se fortemente e, talvolta, negativamente, condizionate dai criteri di compatibilità economica definiti a Maastricht, tendono a garantire efficacia ed efficienza ai servizi di base, attraverso una migliore gestione delle risorse disponibili. La “governance”. Di pari passo, a livello mondiale, in particolare nelle società più avanzate, si va sviluppando un coerente processo sociologico, che tende ad una nuova concezione del rapporto tra governi e cittadini, in vista di una migliore cura degli interessi comuni. L’obiettivo è quello di definire strategie comuni per il governo (‘governance’) di problemi di grande rilevanza, quali il rispetto dei diritti umani, l’equità, la democrazia, la soddisfazione dei bisogni di base, la protezione dell’ambiente, ecc. La Commission on Global Governance delle Nazioni Unite nel 1994 ha presentato un rapporto in cui si afferma che gli stati non possono più portare da soli l’intero peso della soluzione dei problemi della società (‘government’), ma devono considerare come forze di governo anche altri attori, capaci di incidere significativamente sui risultati. A ciò si è giunti non solo per le considerazioni già espresse sulla crisi degli stati, ma anche per il nuovo ruolo di corresponsabilità e di partecipazione diretta che si attribuisce ai cittadini, per garantire soluzioni ai problemi concreti e per affermare il rispetto dei diritti (di particolare interesse, ad es., è il coinvolgimento sempre maggiore dei cittadini nella valutazione della qualità dei servizi). Secondo una definizione condivisibile, ‘...la cittadinanza attiva è la capacità dei cittadini di organizzarsi in modo multiforme, di mobilitare risorse umane, tecniche e finanziarie, e di agire con modalità e strategie differenziate per tutelare diritti, esercitando poteri e responsabilità volti alla cura ed allo svilup- po di beni comuni’. Che questo sia vero anche in Italia, lo dimostrano i dati del recente censimento della FIVOL, da cui risulta che nel nostro paese operano circa 500.000 cittadini, organizzati in quasi 10.000 unità operative delle associazioni di volontariato e tutela (AA.VV.), presenti ormai in ogni piega della società. Per queste considerazioni, oggi ai cittadini spetta un ruolo assai rilevante per il rilancio delle politiche di welfare; in particolare essi, nell’organizzazione dei servizi, possono svolgere funzioni di: • orientamento e condizionamento verso politiche solidaristiche; • controllo e garanzia democratica; • corresponsabilità nel cambiamento. Orientamento e condizionamento verso politiche solidaristiche. Oggi si discute molto se i cittadini debbano essere considerati e definiti “utenti o clienti” dei servizi. Può apparire, a primo acchito, solo una questione nominalistica. Se tuttavia si riflette sul significato dei termini, si può ricavare un’utile indicazione sul potere di condizionamento che i cittadini, con il proprio comportamento, possono assumere sullo sviluppo dei diversi contesti sociali. Oggi i servizi di pubblica utilità, in particolare la sanità e la scuola, sono impegnati in un processo di riforma del loro funzionamento, in cui la missione (la propria ragion d’essere) è certamente quella di garantire efficienza ed efficacia al servizio attraverso un processo di autonomia gestionale, i cui cardini si possono individuare nella responsabilizzazione degli operatori e nella valutazione e verifica dei risultati. La ricerca delle qualità rappresenta certamente il terreno su cui giocare la sfida per realizzare questa missione. Se questo rappresenta un aspetto imprescindibile per qualsiasi politica di 24...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. rilancio dei servizi, può, però, cambiare la visione (l’orizzonte verso cui si tende), che le forze di governo possono imporre a questo processo di riforma. Come è raffigurato negli schemi che seguono (schema 1), una visione è quella orientata verso una concezione solidaristica dell’organizzazione sociale, tesa a garantire i diritti collettivi ed individuali di tutti i cittadini. E’ in questa ipotesi che io considero il cittadino come “utente” del servizio: non tanto perchè non ha la possibilità di scelte alternative a quella offerta dal Servizio Nazionale (Sanitario o dell’Istruzione), ma quanto per il “ruolo attivo” che egli può svolgere per contribuire alla sua efficienza ed efficacia. Non c’è alcun dubbio che la previsione, contenuta sia nella riforma della sanità che della scuola, di una partecipazione diretta dei cittadini, rispettivamente, al controllo della qualità dei servizi ed a contribuire con le proprie competenze al raggiungimento degli obiettivi, sia il terreno concreto su cui può esercitarsi questa funzione degli “utenti” dei servizi. A titolo esemplificativo e per esperienza diretta, cito quanto importante sia il ruolo che l’Associazione Italiana per la Donazione degli Organi, l’Associazione Nazionale Emo-Dializzati ed altre del settore svolgono, in collaborazione con il SSN, la Scuola e le Istituzioni per consentire che la possibilità terapeutica del trapianto si sviluppi, grazie alla diffusione di una cultura della reciproca solidarietà. E’ questo, peraltro, il presupposto che consente, fermo restando il diritto al dissenso, di considerare socialmente giusto il “consenso presunto” di tutti i cittadini per contribuire allo sviluppo dei trapianti, ma solo se l’organizzazione sanitaria è orientata verso una analoga concezione solidaristica del servizio e dimostra di essere, com’è nel settore dei trapianti, altamente efficiente ed efficace. Questo esempio mi serve per affermare che non c’è solidarietà senza efficienza, ma che non c’è neanche efficacia senza solidarietà. Che questo sia vero, è dimostrato anche dal fatto che i Paesi con i migliori indici di salute dei propri cittadini sono quelli con sistemi sanitari ad impronta solidaristica. E’, tuttavia, possibile, quanto legittima, un’altra visione (schema 2) per questa trasformazione dei servizi: è quella che guarda ad un’organizzazione sociale basata sulle leggi del mercato, che, schematicamente, si basa sulle regole della domanda e dell’offerta. In questa seconda ipotesi, il ruolo che il cittadino assume è quello del “cliente”, che in base al proprio potere di acquisto (se ce l’ha!), orienta la sua scelta sul servizio che più ritiene adeguato, garantendo la fortuna o la disgrazia degli erogatori in concorrenza tra loro: egli esercita il suo potere a valle del processo, non intervenendo direttamente su di esso. tabella: il cittadino utente o cliente.doc (schema 1 e 2) Quelle descritte, sono due ipotesi evidentemente diverse, probabilmente non così nettamente separate, anzi vi è da auspicare che regole del mercato possano contribuire a migliorare il servizio pubblico e che l’etica della solidarietà possa condizionare lo sviluppo del mercato, per limitare i fenomeni di esclusione sociale che essa produce. Ciò che, però, si intende asserire è che non è indifferente il ruolo di orientamento e condizionamento che i cittadini possono svolgere sullo sviluppo delle politiche sociali. Il controllo e garanzia democratica. La seconda questione è quella del controllo e della garanzia democratica che i cittadini devono esercitare sui servizi che si stanno trasformando. La responsabilizzazione dei dirigenti implica il fatto che essi stiano assumendo un ruolo monocratico nella conduzione e ciò comporta, quale rischio potenziale, una riduzione del controllo e della trasparenza democratica sul funzionamento dei servizi. Si tratta di un rischio per certi versi inevitabile per rilanciare l’efficienza gestionale e per sburocratizzare l’apparato amministrativo; tuttavia la garanzia deve consistere in una effettiva capacità di valutare i risultati gestionali e verificare la capacità dei dirigenti, non solo dal punto di vista dei responsabili politici, ma soprattutto dal punto di vista del cittadino in considerazione del rispetto dei propri diritti e della soddisfazione dei bisogni. Come è noto, il coinvolgimento dei cittadini nella gestione del SSN, secondo il D.Lgs 502/517, perde quelle caratteristiche di rappresentatività della civitas attraverso i propri rappresentanti nei Comitati di gestione e nelle Assemblee comunali, così come era stata disegnata dalla L. 833/78, per assumere un ruolo più diretto ed individuale di rapporto con gli organi di direzione delle aziende sanitarie. Non è lo scopo di questo intervento l’analisi puntuale di questa profonda trasformazione istituzionale, oltre che gestionale, del SSN, tuttavia, bisogna avere ben chiara la consapevolezza che il rischio più grande che si sta correndo è quello di mettere completamente in discussione “il diritto di cittadinanza” all’interno delle strutture sanitarie, qualora non ci si ponga in maniera seria il problema di dare nuove forme, e concrete, alla 25 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. partecipazione dei cittadini. L’altra considerazione, che rende ineludibile tale questione, è rappresentata dal fatto che i processi di aziendalizzazione del SSN comportano in sé un ulteriore rischio, che è quello di dare preminenza all’aspetto economico piuttosto che alla funzione di garanzia del diritto alla salute ed alla cure, per la quale, essenzialmente, i servizi sanitari devono essere riorganizzati. Per quanto il ruolo dei Comuni sia stato fortemente ridimensionato, l’art. 14 del D.Lgs 502/517 (confermato dal D.Lgs 229/ 99) attribuisce alle regioni un compito assai rilevante rispetto alla “partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini”, in quanto esse devono tener conto delle indicazioni ricavate dalla verifica degli indicatori di qualità per la “…programmazione regionale, per la definizione degli investimenti di risorse umane, tecniche e finanziarie”. Le regioni, inoltre, devono prevedere “…la partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato …nelle attività relative alla programmazione, al controllo ed alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale”. Gli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché all’andamento delle attività di prevenzione delle malattie sono stati pubblicati agli inizi del 1997: essi non solo costituiscono gli elementi per la valutazione dei servizi e di quanto si tenga conto dei diritti del malato, ma rappresentano anche il terreno concreto su cui si può sperimentare una forma di partecipazione diretta dei cittadini nel controllo democratico delle aziende sanitarie. Gli indicatori, per definizione, sono i fatti, le cose che devono essere valutate per ottenere delle informazioni rispetto al fenomeno che si vuole osservare, in particolare per misurare il livello di rispondenza dei servizi rispetto agli scopi per i quali essi sono organizzati: lo stesso art.14 prevede che le aziende sanitarie si avvalgano della collaborazione dei cittadini per “ …la raccolta ed analisi dei segnali di disservizio”. Inoltre, la verifica dell’andamento dei servizi, valutata in base al sistema degli indicatori, deve essere obbligatoriamente effettuata nel corso di una apposita Conferenza dei Servizi, organizzata annualmente dai Direttori generali. A rafforzare questi elementi normativi che rendono potenzialmente concreto il rapporto con i cittadini, intervengono anche le prescrizioni rispetto alla adozione della Carta dei Servizi, quale strumento di informazione e di “contrattazione” sui livelli di assistenza da garantire, ed, infine, gli obblighi di adeguamento ai requisiti minimi essenziali, ai fini dell’accreditamento istituzionale, che deve essere conseguito, oramai, nell’arco del prossimo anno. In tutti i casi, il sistema degli indicatori di qualità diviene elemento essenziale per il governo delle aziende sanitarie. Vi è, tuttavia, da costatare che, in gran parte del paese, la sperimentazione della partecipazione dei cittadini è stata in questi anni troppo sporadica per lasciarci sereni rispetto alla reale volontà istituzionale di consentire il controllo democratico e di coinvolgere i cittadini quali effettivi garanti dell’attuale processo di trasformazione dell’organizzazione dei servizi. La corresponsabilità nel cambiamento Di qui la terza considerazione che è quella che vede i cittadini quali soggetti corresponsabili della gestione stessa per il cambiamento dei servizi: in quest’ambito si pone la questione degli strumenti per la partecipazione dei cittadini ed, a questo proposito, citerò l’esperienza che si è realizzata nel Policlinico di Bari. Per dare una risposta concreta a questi impegni, l’A.O. Policlinico ha proceduto immediatamente ad una ristrutturazione dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico, attribuendone la responsabilità ad un medico, professore associato di anestesia e rianimazione, ed assegnandogli un ruolo reale di interfaccia con i cittadini e le loro Associazioni. Ha costituito, inoltre, un Ufficio per il controllo ed il miglioramento della qualità, affidando a ad un dirigente nefrologo (l’autore, ndr), la responsabilità di renderlo operativo. Inoltre, per avviare il processo di collaborazione, l’A.O. ha attivato, agli inizi di ottobre del 1996, un Comitato Misto, composto da rappresentanti propri e di associazioni del volontariato e di tutela dei diritti (AA.VV.), con il compito di dare contenuti alla Carta dei Servizi e di dare concreta attuazione alle indicazioni del citato art. 14/502-517. Il Comitato ha individuato, preliminarmente, gli obiettivi da perseguire: • l’accesso ai Servizi offerti dal Policlinico; • il controllo di qualità; • le modalità di collaborazione tra Associazioni ed Azienda. Pertanto, esso si è articolato in tre commissioni di lavoro, che hanno prodotto documenti che sono stati inseriti all’interno della Carta dei Servizi: questi elaborati sono il presupposto per la attuale collaborazione. Questi progetti sono stati oggetto di discussione nel corso della I Conferenza dei Servizi che si è svolta a gennaio del 1997. I Gruppi di lavoro hanno, successivamente, continuato ad elaborare iniziative tese alla verifica dei contenuti della Carta dei Servizi del Policlinico, ai fini della sua revisione: nel novero di queste iniziative si è collocata anche l’Analisi Partecipata della Qualità (APQ), per la valutazione degli indicatori di qualità, i cui risultati sono stati presentati nel corso della II Conferenza dei servizi del dicembre 1997. L’APQ è una metodica di valutazione del SSN che viene realizzata dalle Amministrazioni e comporta l’esercizio di un ruolo attivo da parte dei cittadini (singoli o organizzati in gruppi e associazioni) e degli operatori del SSN per la raccolta delle informazioni relative all’indagine, attraverso la compilazione di alcuni strumenti tecnici. Questi strumenti sono rappresentati da griglie di osservazione delle strutture sanitarie, sia nel loro insieme, sia in riferimento ai reparti di degenza ed ai servizi ambulatoriali, nonché da questionari rivolti a degenti, ad utenti degli ambulatori ed a operatori del SSN. Le griglie di osservazione, quindi, sono strumenti adeguati alla raccolta di dati oggettivi, ricavabili dall’osservazione diretta, mentre i questionari sono rivolti all’indagine di giudizi ed opinioni. Nella nostra esperienza, oltre 200 volontari hanno offerto la propria disponibilità, durante una Conferenza Pubblica di presentazione dell’iniziativa, a cui hanno partecipato circa 400 persone. Una così ampia partecipazione di cittadini ed operatori ha consentito di raccogliere tutte le informazioni in un solo mese. Con questa procedura è stato possibile misurare circa 210 indicatori relativi alla qualità dei Reparti e circa 115 degli ambulatori, la cui elaborazione ha consentito di produrre un Rapporto, contenente valutazioni, raccomandazioni e conclusioni: l’obiettivo è stato quello di orientare le politiche generali della Direzione e delle 26...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. singole Unità operative (U.O.) verso progetti di miglioramento della qualità. La politica della qualità e la strategia aziendale. In base a queste informazioni, sono state individuate alcune aree di crisi riscontrate relative alla qualità tecnica, alla dimensione interpersonale ed al comfort. L’analisi puntuale degli indicatori raccolti in collaborazione con i cittadini sta consentendo di tradurre i programmi elaborati in progetti ed azioni concrete, con una definizione certa di tempi, risorse e priorità, in particolare per: •Revisione della Carta dei Servizi dei Reparti e dei Servizi con riferimento agli indicatori di qualità ex art. 14/502. In accordo con le OO. Sindacali, si è attivato un processo formativo che ha coinvolto tutte le categorie di personale dell’A.O. e che si è realizzato dalla fine del 1997 e che continua tutt’ora, sia come processo generalizzato che specifico rivolto ai referenti della qualità per obiettivi specifici (vedi Tab.1): è importante sottolineare che in questi processi sono stati coinvolti gli stessi cittadini come formatori, poichè ne è stata riconosciuta la competenza, in quanto portatori di esperienze e punti di vista qualificati. Per il 1998, 1999 e 2000, ai fini del conseguimento della retribuzione aggiuntiva T ab el la 1 - A tt iv it à d i fo rm az i o n e G E N E R A L IZ Z ATA S U I S E G U E N T I A R GO M EN TI A z ie n d ali zza zio n e Q u a lit à e C a rta d e i s er v i ziS ic u rezz a (le g g e 6 2 6 ) O P E R AT O R I A C U I E ' S TAT A O p er a to ri d e lla I e I I ca teg o ri a p (R ep art i) U m a n izz az i o n e d el la a ss is te n za a i r ic o v erat i O p er a to ri d e lla I e II ca te p ro fe s s io n al e(A m b u la to ri In f ez io n i o s p ed a lie re E d u c az io n e s an i ta ri a O p er a to ri d e lla I e II ca te p ro fe s s io n al e(A m b u la to ri A s p e tt i ig i en ic o sa n ita ri P o rtie ri C o m u n ica zio n e e fro n t-o ff ic e O .T.A . A z i en d al izz azi o n e C o n t ab il ità an al iti ca e b ila n c io e co n o m i co p a tr im o n ial e C o n ti n u ità d ell a fu n zi o n a li tà d e g li u f fic i S PE C IFIC A P E R I R E F E R E N T I D E L L A Q U A L ITA ' ... n el 1 9 9 8 , p er q u es ti o b iet tiv i : •M o d ell o o rg a n izz ati v o d ell e at tiv i tà d i M C Q al l'in t er n o d el l'O s p ed al e •S is te m a d e g li i n d ica to ri, A P Q e V R Q •L i n ee g u i d a e p ro t o co ll i •A c cr ed i ta m en to i st itu z io n al e ... n el 1 9 9 9 , p er q u es ti o b iet tiv i : •Veri fica d ei re q u is iti m in i m i p e r u n a p i an ifi ca z io n e d e g li i n terv e n ti s tru t tu ral i, o r g an iz zat iv i e tec n o lo g ic i •A tti v azi o n e d el p ro ces s o d i a d o z io n e d e l M a n u ale d ell a Q u ali tà i n tu tt e le U .O . • A t tiv a zio n e d ei C i rc o li ap ert i d el la q u a lit à Pe r so n a le a m m i n is trat i O P E R AT O R I A C U I E ' S TAT A D iri g e n ti m ed i ci ( re fe ren t i d i U d ell e al tre p ro f e ss io n a lit à (r e S ett o re) D i rig en t i m e d ici e am m in i st ra ti v U .O .)D iri g en ti d ell e a l tr e p ro f (r efere n ti d i Se tto re )O p e r ato ri p r I e II cat eg o r ia ( res p o n sa b ili d T o ta l e = o ltr e 3 0 .0 0 0 o r e d i fo rm azi o n e n el 1 9 9 8 ed o lt re 4 .6 0 0 o re n e l 1 9 9 9 •Formazione •Obiettivi incentivati Il processo di revisione della Carta dei servizi si sta realizzando attraverso: · la riformulazione degli impegni sulla base degli indicatori rilevati e dei risultati delle cinque Conferenze dei Servizi sinora organizzate; · l’aggiornamento delle schede di risultato dei dirigenti e di produttività individuale del personale del comparto, alle U.O. non sono stati assegnati solo obiettivi quantitativi di produttività, ma anche, per una quota pari rispettivamente al 20% (1998) ed al 35% (1999 e 2000) della retribuzione, obiettivi di qualità misurabili e differenziati per categorie di lavoratori, individuati in base a criteri che ne rendessero compatibile e qualificante la loro utilizzazione per l’applicazione di un istituto di massa qual è quello contrattuale. In particolare per il 1998, gli obiettivi a cui si riferiscono gli indicatori prescelti sono in parte elencati nella tabella 2, con i risultati emersi dalle verifiche effettuate al Nucleo di valutazione. Oltre a quelli di carattere assistenziale, vi sono obiettivi assegnati al personale amministrativo orientati al miglioramento della efficienza e della qualità, di cui è riportato un elenco parziale in tabella 3, con le risultanze emerse alla valutazione. Per il 1999 e 2000. l’Azienda ha deliberato la “Attivazione del processo di adozione del Manuale della Qualità (M.Q.) nelle U.O. sanitarie”. Il riferimento seguito per la definizione del M.Q. è quello delle Linee guida ISO 9004: vision 2000. Questa scelta dell’A.O. è stata motivata dal fatto che, nel processo tracciato per l’Accreditamento Istituzionale, è prevista, tra i Requisiti Minimi Organizzativi di carattere generale, l’adozione di un documento con caratteristiche analoghe a quelle del M.Q., che consenta ad ogni struttura di definire puntualmente cosa, perché, chi, come si fa e si verifica. In questo contesto, si è realizzato un impegno per definire puntualmente, nella parte delle Responsabilità della Direzione, quali sono le attese ed le esigenze degli utenti (punto 5.2 delle norme ISO 9004:2000), a cui ciascuna U.O. dell’Ospedale deve conformare il proprio servizio per garantirne il pieno rispetto: è significativo citare che anche questo lavoro si è concretizzato in collaborazione con i cittadini delle 31 Associazioni di tutela e del volontariato accreditate presso l’Ospedale e con un folto gruppo di studenti del Corso di Laurea di Ingegneria gestionale del Politecnico di Bari, che ha chiesto di partecipare a questa esperienza. Per quanto riguarda le iniziative di accoglienza e umanizzazione, nel 2000 si è realizzata un’iniziativa (battezzata con il nome di “Un libro in corsia”), a cura dell’Ufficio stampa e relazioni esterne in collaborazione con l’Editrice Laterza, che è consistita nella distribuzione gratuita a tutti i degenti di un libro con racconti brevi di autori classici. In tutte le Unità operative vengono distribuite, a disposizione degli utenti e dei degenti, copie dei quotidiani delle testate a maggiore diffu- 27 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. T ab el la 2 - O b ie tti v i d el se tto re sa n ita rio R is u lt ati d eg li o b iet tiv i in ce n tiv a ti n e l s ett o re s an it ario n e l 1 9 (% d i U h an n o r A d o z io n e d i L in e e g u id a o Pro t o co ll i p er p a to lo g i e o p ro ce d u re ril ev an t i (N u m e ro to ta le d i L in e e g u id a e P ro to co l li a d o tta ti = 1 8 5 ) C o n tro ll o in te rn o d i q u al ità n ei L ab o rat o ri 1 P ro to c o llo p e r le d e term in az io n i i n cam p o m ic ro b io lo g i co 1 A d o z io n e d e lla C arte lla in ferm ieri st ica d i R ep a rto A d o z io n e d e lla Sc h ed a i n ferm i er is ti ca d i A m b u lat o rio A d o z io n e d e lla Sc h ed a i n ferm i eris ti ca d i Sa la o p e rato ri a 1 A d o zio n e d el T ri ag e a l P.S . P ro to c o llo p e r la c o rrett a effet tu az io n e d e i p rel iev i em a tic i 1 D is trib u z io n e d e i p as ti d o p o le o re 1 2 e le o re 1 8 ,3 0 1 A ffi ss io n e e p erm an en z a d i c arte lli in fo rm a tiv i p er g li u ten t i A ffis si o n e e p e rm an e n za d i cart ell i in fo rm ati v i p er l a s icu re zza d ei p a zie n ti a ll'i n tern o d e lle sa le o p e rato ri e 1 R id u z io n e d e i te m p i d i att es a p er l 'es ecu z io n e d e lle in d ag i n i d i d ia g n o st ica p er im m ag i n i ed i st o lo g ic h e 1 sione regionale. A cura dell’URP, è stato attivato un Punto informazione, per favorire l’accoglienza e l’orientamento per i cittadini ed è stato stampato un Foglio di accoglienza per i ricoverati ed una Mappa aziendale, in cui sono riportati i numeri telefonici utili, l’ubicazione delle U.O., delle casse, dei Servizi dell’Ospedale al cittadino, della Sede delle Associazioni di tutela e del volontariato con l’elenco di quelle accreditate e/o convenzionate presso l’Azienda. In quasi tutte le U.O., sia sanitarie che amministrative, sono state formulate Minicarte del Servizio, nell’ambito di un obiettivo aziendale che ne ha previsto l’adozione entro il 2000. La partecipazione diretta alla gestione dei servizi. Di grandissimo significato e valore è la gestione diretta di servizi integrativi di accoglienza da parte delle AAVV, attraverso l’attivazione di convenzioni ed intese. E’ stato istituito un servizio di interpretariato della lingua italiana dei segni (LIS) a favore dei degenti o loro accompagnatori sordomuti, a cura dell’Associazione A.I.ERRE (Associazione Internazionale Ricerca e Recupero disordini della comunicazione umana), con la mediazione dell’URP. Su richiesta della Direzione Didattica Statale III Circolo “G. Mazzini”, nell’ambito del Progetto Puglia 2000, si è attivato e concluso un Modulo del Corso di formazione per 11 Mediatori linguistici-culturali stranieri di diverse etnie (Albanesi, mondo Arabo, Francofoni, Polacchi, Mauriziani e Filippini), con l’obiettivo di creare un canale comunicativo tra l’utente straniero ed il territorio, in particolare per conoscere la realtà dell’Azienda ospedaliera Policlinico. E’ stato attivato un Family Point presso il Padiglione che ospita le 3 U.O. di Pediatria, per offrire accoglienza e servizi alle mamme dei piccoli ricoverati: il servizio è curato dalla “Culla di spago”, che garantisce anche attività di intrattenimento ludico e di sostegno didattico ai bambini, anche in collaborazione con il gruppo di animazione “Il Gran Teatrino di Pulcinella”. A cura dell’Associazione “Volontari di Bethesda” presso alcune cliniche si svolgono attività di sostegno a favore di anziani o pazienti svantaggiati. A cura dell’Associazione “Cilla” viene realizzato un servizio di accoglienza per gli ammalati ed i loro accompagnatori, con l’offerta di alloggio, secondo logiche non-profit. In aggiunta, presso la Sede delle Associazioni del volontariato e di tutela attivato presso l’Azienda (tre locali ed un’auletta disponibile per incontri ed iniziative), sono presenti a turno rappresentanti del volontariato per fornire informazione sui servizi e le attività svolte. Conclusioni Nonostante il gravosissimo carico di lavoro che questa strategia ha comportato, si è determinato sino ad ora un clima favorevole al miglioramento di qualità, soprattutto in considerazione del fatto che gli stessi operatori sono stati coinvolti, insieme ai cittadini, nella misurazione degli indicatori della qualità. Oggi nella nostra A.O. si stanno formando oltre 200 operatori che hanno una responsabilità specifica per il miglioramento della qualità ed vi sono 31 Associazioni del Volontariato e di tutela dei diritti che hanno offerto la loro collaborazione non solo per i fini statutari che le caratterizzano, ma anche per esercitare un ruolo di cittadinanza attiva Questa alleanza tra operatori e cittadini è di importanza fondamentale, non solo perchè consente di individuare un interesse comune degli uni ad esercitare al meglio la propria professionalità e degli altri a avere un Ospedale rispettoso dei propri bisogni e di cui sia possibile fidarsi, ma anche perchè consente il riconoscimento dell’importanza di ciascuno per camminare insieme verso il cambiamento. Sarebbe opportuno, tuttavia, che la verifica circa il reale coinvolgimento dei cittadini nel processo di trasformazione del SSN sia sviluppata su vasta scala: i processi di definizione delle Carte dei Servizi d’intesa con i cittadini, il numero di Conferenze dei Servizi convocate, le esperienze di coinvolgimento degli utenti nella valutazione della qualità, l’attuazione dei criteri previsti per il rispetto dei diritti relativamente all’umanizzazione e personalizzazione, la costituzione di Comitati misti aziendali e di Circoli aperti della qualità nei servizi, la messa a disposizione di locali e la stipula di convenzioni con le associazioni dei cittadini, sono utilissimi indicatori per misurare quanto si stia realizzando in questa direzione. * Dirigente Responsabile Ufficio Qualità Azienda Ospedaliera “Policlinico” di Bari 28...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. LORAN 29 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. FASE 30...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. SEPI 31 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. QUALITA’ AFORP 32...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. QUALITA’ AFORP 33 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. UNITECH 34...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. EURO QUALITY 35 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Sistemi di qualita’: opportunita’ o minaccia per i medici pugliesi? FOTO Necessaria una maggiore cultura collaborativa Gianni Perilli* Quando due mondi si incontrano nasce sempre una reazione, quando due dimensioni si incontrano accade sempre qualcosa, sempre : è la legge del divenire. “Panta rei” diceva un filosofo greco, “tutto scorre”, tutto cambia: ciò che era ieri non è più ciò che è oggi, e non è ancora ciò che sarà domani. La classe medica cambia, sì, cambia, e, per chi non se ne fosse ancora accorto, cambiano tantissimo i contesti culturali, sociali, economici in cui questa categoria giornalmente si confronta. La sociologia sistemica , Luhmann su tutti, ha sottolineato quanto l’ambiente esterno ad un sistema sociale condizioni la sopravvivenza e lo sviluppo del sistema stesso. Tutto ciò che vive intorno al sistema sanità si trasforma e trasforma il sistema sanità stesso. E’ banale , ma utile riflettere sul fatto che i contesti in cui la classe medica opera e mette la sua professionalità a disposizione della società mutano e non sono certo quelli in cui tanti medici hanno iniziato la loro professione 20, 30 o semplicemente 5 anni or sono. I pazienti sono scientificamente sempre più acculturati dai media, e non perdono occasione per manifestarlo durante le visite; il Servizio Sanitario Nazionale italiano sta vivendo negli ultimi dieci anni una trasformazione riformistica tesa ad una maggiore efficienza, ad una aziendalizzazione e soprattutto ad una razionalizzazione di tutte le risorse, dalle economiche alle umane. Razionalizzazione o puro razionamento ? Solo gli anni decideranno se la storia sceglierà il primo o il secondo vocabolo per indicare e riassumere questo periodo. Un razionamento, del resto, neanche tanto scelto, ma semplicemente subito per un generale tracollo dei sistemi di Wellfare nella maggior parte Paesi occidentali, da anni ormai alle prese con l’emergenza dei conti pubblici. Anche in Puglia, con fisiologico e scontato ritardo rispetto all’Europa e al nord Italia, i primari ed i suoi collaboratori ingaggiano sempre più estenuanti duelli per ottenere le risorse necessarie alla loro attività, frastornati nel frattempo dall’attivazione, a macchia di leopardo per la verità, di organizzazioni per Dipartimenti, che, se nell’IBM e nella sanità lombarda sono modelli vincenti, qui da noi in Puglia non sembrano tanto chiari neanche a chi li deve attivare. E se tutto questo scenario non fosse sufficiente ai poveri medici si sta tentando di infliggere anche l’apprendimento dei Sistemi di Qualità, di tutte le filosofie, di tutte le razze e con pochi veri esperti made in Puglia. Ed i medici ? Come percepiscono l’introduzione dei Sistemi di Qualità in sanità? Cosa ne pensano ? Fondamentalmente le reazioni sono diverse: c’è chi si incuriosisce, c’è chi li teme, c’è chi adora tutto ciò che è Sistema Qualità, c’è chi, ed è la maggior parte, ne sa davvero poco. Del resto c’è una innata reazione dei medici, forse inscritta nel loro DNA professionale, a respingere tutto ciò che non fa parte delle scienza esatte, ciò che non è empiricamente provato, anche se su tutto questo ci sarebbe molto da discutere. L’applicazione dei Sistemi di Qualità è il frutto di diverse filosofie e modelli di organizzazione del lavoro che possono, laddove applicati correttamente e con seri professionisti, portare solo del bene all’organizzazione del lavoro del professionista medico, e soprattutto alla valorizzazione della prestazione erogata al paziente, il cui “ hard”, il cui nocciolo essenziale rimane e rimarrà sempre la professionalità medica. Ma questa professionalità medica ver- rà umiliata, come del resto già oggi accade, se tutto il resto dell’organizzazione non gira intorno come dovrebbe invece girare: ci vogliono insomma i “professionisti” dell’organizzazione che aiutino il professionista medico a valorizzare il suo operato, ci vogliono proprio quei cultori di modelli organizzativi che la categoria medica spesso tende a snobbare perché non facenti parti delle “scienze esatte”. La verità che sotto questi atteggiamenti psicologicamente legittimi si nasconde una profonda ignoranza di cosa sia un accreditamento, una Certificazione ISO 9000, di cosa rappresenta oggi la Total Qualità Management per il mondo della sanità, senza avventurarci in concetti più arditi ed affascinanti come la Customer Satisfaction del paziente, concetti che qui si conoscono poco, ma la cui applicazione ha fatto la fortuna dei Direttori Generali di Formigonilandia. Qui in noi in Puglia, del resto come è accaduto all’inizio anche altrove, il timore riscontrabile nei medici primari è una non dichiarata paura di perdere un potere che oggi viene riconosciuto più che da una legge soprattutto dalla prassi giornaliera. Un primario che svolge con convinzione il suo lavoro, non si rende a volte conto che ci sono dei margini di miglioramento nella propria attività professionale, attività che non si limita solamente a quella medica ma che come funzione di primario svolge una attività organizzativa e pianificatrice rispetto al lavoro di tutti coloro che fanno parte del reparto. Cosicché se nella attività tecnico-professionale di medico è, e sarà, molto raro, che qualcuno vada ad indagare e verificare le attività clinico - chirurgiche, ciò non deve avvenire negli aspetti organizzativi dove il primario, a costo di perdere autonomia e potere, deve accettare le intromissioni di coloro che lui ritiene degli 36...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. “intrusi”, ovvero gli uomini della qualità. Insomma o i medici decidono di andare a lavorare da soli, come degli eremiti in Tibet, oppure se accettano, per necessità, di calarsi in una dimensione organizzativa devono accettare ruoli di collaborazione in aspetti che fino ad ieri ritenevano di esclusiva pertinenza medica, come l’organizzazione di un reparto. La valorizzazione della propria professionalità, del loro sapere medico scientifico è stato il premio per coloro che, tra i medici, hanno sposato la Cultura della Qualità come partner di lavoro riportando nei propri ospedali e nelle proprie divisioni modelli organizzativi ritenuti da terzi modelli condannati a vivere nel limbo dell’utopia sanitaria. Insomma dove ci sono veri esperti della cultura della qualità in sanità, là sono proprio i medici che vedono brillare con una diversa luce le proprie abilità ed i loro talenti professionali. La cultura della qualità prevede l’assai arduo compito di far accettare a tanti medici e tanti primari una forma di cultura collaborativa che oggi spesso diserta gli ospedali: del resto chi ha assistito a qualche riunione tra più primari ha preso coscienza che non è facile far coesistere più professionisti allo stesso tavolo, farli discutere serenamente e soprattutto far loro prendere decisioni condivise da tutti. La nostra società già esalta abbastanza l’individualismo morale, l’individualismo professionale e quant’altro tenda a far emergere il singolo a scapito dei valori solidali, e tutto ciò non risparmia le organizzazioni sanitarie italiane che fedelmente rispecchiano ciò che accade nella società tutta. Capiremo dunque che sarà difficile introdurre Sistemi di Qualità se questi vanno a ridisegnare pesi e misure nell’organizzazione del lavoro in team, dove ogni lavoratore soffre di un normale e fisiologico antropocentrismo professionale, ovvero della tendenza a vedere la propria professione come il centro della realtà lavorativa in cui si è calati. Se pensate che far accadere tutto questo terremoto le AUSL devono anche investire dei soldi, sarà facile pensare come reagiranno alcuni medici nello scoccare contro queste iniziative frecce piene di luoghi comuni. A me è capitato di ascoltare “ Ecco, ci sono soldi per queste fesserie, e non per incentivare i medici”, riguardo una iniziativa presa per incaricare alcuni uomini della qualità per far formazione in una AUSL. La verità è che laddove gli uomini della qualità sono professionisti veramente preparati la loro presenza risulta semplicemente un investimento oculato, imposto dal mercato e dovuto a causa della arcaicità degli attuali modelli organizzativi; laddove invece gli uomini della qualità non sono di qualità allora anche in organizzazioni obsolete ed arrugginite l’investimento diventerà una perdita di soldi per l’Azienda e di tempo per i suoi collaboratori. Comunque qualcosa va cambiato nelle attuali organizzazioni sanitarie pugliesi : i cittadini pugliesi spesso e volentieri emigrano dalla regione per fruire di una prestazione sanitaria spesso targata nord Italia. Saranno prestazioni frutto di una medicina d’elite oppure frutto di una organizzazione efficiente, certo è che a volare fuori dalla regione Puglia sono circa 55 miliardi solo nell’ultimo anno. Del resto un motivo ci sarà se un settentrionale non è mai venuto in Puglia a curarsi, se non per le prestazioni sanitarie estive da Pronto soccorso. La Puglia, nonostante la presenza di alcuni centri di eccellenza, manca di una cultura organizzativa che altrove è presente e si respira tanto nelle corsie quanto negli uffici : da noi è assente tanto nella coscienza di molti lavoratori sia nelle stanze delle varie Direzioni Generali , che non impongono, né propongono modelli organizzativi di cui , forse, non sono neanche a conoscenza : scusate se è poco. Nel nord Italia del resto i medici, i paramedici, i professori ed i Direttori generali, non sono migliori di noi, ma semplicemente adottano modelli organizzativi che in altre parti del mondo hanno già manifestato la loro efficienza e sono stati già validati. Ai medici verrebbero quindi richiesti non grandi stravolgimenti ma “solo” disponibilità al cambiamento, capacità di mettere in discussione i propri modelli organizzati e disponibilità alla formazione. Ischikawa , padre giapponese della qualità, diceva “Quality is only commun sense”, “La qualità è solo buon senso” ...e questo mi fa pensare che la vera rivoluzione della qualità è riportare il buon senso nella sanità. * Sociologo Direttore Sanitario Dott. Aniello Stabile Corso Madonna della Libera, 118 71012 - Rodi Garganico (FG) Tel. 0884966012 - 965941 - Fax 0884919056 e-mail: [email protected] S. Raffaele Cittadella della Carità Fondazione eretta in Ente Morale Direttore Sanitario Dott. Armando Rossitto Specializzazione in Gastroenterologia Piazzale Cittadella della Carità, 1 - 74100 Taranto Tel. 099/4732111 - Fax 099/4732250 http:// www.cittadelladellacarita.it -e-mail [email protected] 37 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Evoluzione dei sistemi di gestione in sanità Giovanni Ceriani * Dalla pubblicazione dei decreti legislativi di riordino del Servizio Sanitario Nazionale, che richiedono agli erogatori di servizi sanitari un chiaro orientamento alla qualità, sono sorti innumerevoli dibattiti fra i vari soggetti portatori di interesse nel tentativo di tracciare e sperimentare percorsi idonei all’ottenimento dell’autorizzazione alla realizzazione delle Strutture Sanitarie e all’esercizio di attività sanitarie, con il successivo obiettivo del conseguimento dei requisiti per l’accreditamento istituzionale presso il Servizio Sanitario Nazionale. Tra i documenti attuativi il “Programma nazionale per la qualità del Piano Sanitario Nazionale 1998-2000” è finalizzato a rendere sistematico l’orientamento del SSN verso la valutazione e la promozione della qualità dell’assistenza sanitaria, coinvolgendo la dimensione professionale, quella organizzativo – aziendale e quella relazionale dell’assistenza. Diretta correlazione dovrà inoltre sussistere tra ciascuna di queste tre componenti della qualità e la “Carta dei Servizi”, la cui piena attuazione è prevista dalla Legge Delega al Governo per la razionalizzazione del servizio Sanitario nazionale ( Legge 30.11.1999 n.419), che prevede inoltre, tra i principi e i criteri direttivi di delega, di “dare la più alta divulgazione dei dati qualitativi ed economici inerenti alle prestazioni erogate”. Già in questa fase introduttiva emergono i primi punti di contatto tra la Legge Delega e i Decreti Legislativi di riordino verso le norme ISO 9000 oggi applicate in Sanità, che sembrano assurgere a nuovo ruolo, grazie al richiamo che alcune Regioni hanno fatto delle stesse, con valenza differente, all’interno delle Leggi Regionali di accreditamento ed alla nuova revisione delle norme, la famiglia “VISION 2000”, pubblicate il 15 dicembre 2000. E’ importante osservare come la dimensione organizzativo - aziendale trovi immediato aggancio al modello di sistema di gestione aziendale contenuto nelle norme, con requisiti relativi alla dimensione organizzativa della azienda che, applicati, favoriscono comportamenti di collaborazione e comunicazione tra le varie parti della struttura con il conseguente beneficio di un costante, continuo miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza finalizzato alla cura della persona assistita. Nei sistemi qualità ISO 9000 i documenti di registrazione delle attività sanitarie inerenti alle prestazioni erogate raccolgono le informazioni che compongono “i dati qualitativi e quantitativi ed economici”. L’oggettività dei dati, la continuità della raccolta e la corretta analisi statistica applicata forniscono evidenza della permanenza dei requisiti richiesti in sede di Accreditamento e Accordo attestando la volontà della Direzione della struttura sanitaria di mantenere e migliorare i requisiti della qualità nelle sue componenti. La definizione e messa a punto del sistema di gestione aziendale, integrando il sistema di gestione per la tutela dell’ambiente (norme ISO 14001), per la salvaguardia della salute e sicurezza degli operatori (specifiche BSI - OHSAS 18001) e per il miglioramento continuativo (norme ISO 9001:2000), fornisce una chiave di lettura di tutte attività basata su un concetto esteso agli strumenti disponibili e metodologie applicabili, alle attività svol- te ed alle procedure che raccolgono e descrivono tali attività. Con riferimento ai requisiti delle regole applicate, siano esse volontarie (i.e. linee guida, protocolli clinici elaborati dalle Società Scientifiche), siano esse cogenti (i.e. Leggi e Decreti Legislativi applicabili), dovrebbe emergere nel sistema di gestione un profilo che dipende dalla storia della struttura sanitaria, dalle specialità cliniche presenti, dalle attività che vi si svolgono e che la caratterizzano. Buona parte del successo nell’applicazione di un sistema di gestione dipende anche dall’interpretazione della realtà che ciascuno dà e dal corretto utilizzo degli strumenti di gestione, che dovrebbero accentuare la sensibilità e la consapevolezza del personale verso la qualità ed il miglioramento. In particolare per le attività descrivibili attraverso protocolli clinici e linee guida specialistiche il massimo sforzo deve essere posto nel favorire la integrazione egli stessi nelle procedure del sistema di gestione, in conformità ai requisiti della norma. Convivono infatti momenti, nel medesimo ruolo, che richiedono agli operatori sanitari la consapevolezza dei comportamenti professionali, indirizzati agli esiti, verso i comportamenti organizzativi, più indirizzati alla salvaguardia della conformità alle procedure del processo di erogazione del servizio. Il modello che raggruppa le tre dimensioni della qualità ci è utile per capire come all’interno di una struttura la qualità sia legata ai tre soggetti principali: * La struttura organizzativa - (dimensione organizzativo-aziendale) 38...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. * I professionisti - (dimensione professionale) * L’Utente (persona assistita, paziente, cliente) – (dimensione relazionale) Attraverso il coinvolgimento di tutti gli operatori sanitari nel sistema di gestione la organizzazione acquisisce la consapevolezza della propria capacità di erogare il servizio ad un determinato livello di qualità (in parte esplicitato nella Carta dei Servizi), misurato attraverso opportuni indicatori ed attività di verifica delle prestazioni (autoverifica interna). Inoltre la organizzazione sanitaria si confronta costantemente con i due volti della qualità relazionale: la “qualità erogata” e la “qualità percepita”. Nel tentativo di avvicinare sempre più questi due momenti e secondo uno dei principi fondamentali delle nuove norme, si stimola da parte della persona assistita la libera valutazione sul servizio ricevuto, attivando presso tutto il personale l’atteggiamento all’ascolto dei bisogni espressi e sottintesi. Le norme ISO 9000:2000, ispirate ai principi del “Total Quality Management”, orientano i comportamenti della organizzazione alla ricerca della piena soddisfazione dell’utente misurata tramite questionari e domande dirette, considerando il valore attribuito dallo stesso alle prestazioni ricevute. Si può notare come i requisiti derivanti dalla analisi delle tre “dimensioni della qualità” possono trovare collocazione all’interno del sistema di gestione attraverso gli strumenti utilizzati (procedure e prescrizioni operative) correlati a ciascuna di esse. Ad esempio nel contesto della qualità relazionale il modello APQ (Analisi Partecipata della Qualità), che riunisce intorno al tavolo di confronto i rappresentanti della struttura sanitaria, dei pazienti, dei professionisti e degli altri soggetti d’interesse legati alle prestazioni di una struttura sanitaria, permette di determinare i requisiti delle prestazioni e di confrontare quanto espresso nella Carta dei Servizi, fornendo i riferimenti per il miglioramento delle prestazioni. Abbiamo poi la qualità professionale dove, al di là della applicazione di linee guida e protocolli specifici, troviamo la tecnica di verifica e revisione della qualità (VRQ) che é stata da tempo applicata dai professionisti per indurre attività di miglioramento delle prestazioni sviluppandosi poi nelle metodo MCQ (Miglioramento Continuo della Qualità). La misurazione della qualità del servizio, requisito fondamentale delle norme ISO 9001:2000 (al cap. 8) è derivata dagli indicatori associati alle tre dimensioni della qualità. Le procedure del sistema di gestione conterranno al loro interno l’identificazione dei fattori della qualità e degli indicatori scelti, le istruzioni per la raccolta e la elaborazione dei dati e le modalità per attivare il miglioramento, includendo la sorveglianza dei costi. In questo contesto le procedure per il Controllo di Gestione, incluse le attività correlate di budgeting e reporting, consentono al riesame da parte della Direzione della Struttura una visione integrata di obiettivi, indicatori di efficacia ed efficienza e costi associati alle attività. Il sistema di gestione sarà quindi dotato di requisiti legati gli strumenti (requisiti di sistema) e requisiti della prestazione (fattori della qualità), risultando fondamentale la coerenza generale e la adeguatezza degli indicatori utilizzati al fine del raggiungimento degli obiettivi. Leggendo poi il DPCM 19/5/95 - suppl. 65 G.U. 31/5/95 n. 125 (Schema generale di riferimento della Carta dei servizi Pubblici Sanitari) è interessante osservare che i processi che si svolgono nella struttura sanitaria di relazione con la persona assistita (fasi dell’esperienza) possono essere descritti secondo il modello ISO 9000 ed attuati in accordo allo schema generale contenuto nella Carta di Servizi. Per gli strumenti presi ad esempio il sistema di gestione vincola attraverso i suoi requisiti le modalità per descrivere come si svolgono le fasi dell’iter diagnostico terapeutico senza vincolarne i con- tenuti, ed a ognuna delle fasi troviamo attribuito il gruppo degli adeguati indicatori legati al fattore di qualità che compariranno tra i dati ed i documenti da tenere sotto controllo, da riportare nei documenti di registrazione, ad attestazione del miglioramento ottenuto. Si necessita una forte conoscenza interpretativa della attività allo scopo di consentire, attraverso la partecipazione di tutti gli operatori sanitari, la corretta identificazione dei requisiti, ma soprattutto la condivisione dei medesimi, che rimarranno obiettivi comuni di qualità delle prestazioni e della efficienza organizzativa di processi complessi. Il risultato dipende dalla buona comunicazione e collaborazione fra gli individui, fra le Unità Operative ed i Servizi della struttura sanitaria. La catena del valore aggiunto che deriva dalla corretta applicazione del sistema di gestione ISO 9000 è il virtuale collegamento che permette, ad ogni fase del processo di ricovero, cura e dimissione di associare un “valore” tangibile ed intangibile, legato alla qualità delle prestazioni ed alla adeguatezza delle procedure. Se si entra nella dimensione del valore intangibile gli eventi di comunicazione, di comprensione, di empatia ed umanizzazione permeano i comportamenti e le organizzazioni generando nuovo significato per la assistenza prestata. Ogni attività, ogni momento di contatto e di comunicazione dà un contributo al “valore totale”, ossia a quanto la persona assistita riceve all’interno della struttura e questo si tramuta nella consapevolezza del risultato delle cure e della creazione della possibilità di guarigione, con la maggior soddisfazione da parte di tutti coloro che hanno contribuito per loro competenza e responsabilità al miglioramento dello stato di salute del malato ed al miglioramento della qualità della vita di cui beneficiano l’organizzazione sanitaria ed il contesto sociale in cui opera. * Direttore di Certimedica Istituto Certiquality 39 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Storia e sviluppi della certificazione ISO 9000 nel settore sanitario in Puglia e Basilicata Stefano Cucurachi * Lo sviluppo della certificazione di sistemi qualità vede coinvolti gli operatori della sanità fin dalle prime fasi, quando, per la prima volta in Italia, sono stati rilasciate da parte di Certimedica i certificati di conformità ai laboratori di analisi cliniche dell’A.O. Policlinico di Modena e della A.O. S.Orsola - Malpighi di Bologna nell’anno 1996. Da quella data altre strutture sanitarie hanno sottoposto a valutazione e hanno ottenuto la certificazione dei propri sistemi di gestione della qualità. Nell’anno 1998 tra le strutture sanitarie della Puglia e Basilicata tre laboratori di analisi cliniche, siti in Basilicata, pongono domanda e ottengono da parte di Certimedica (Istituto Certiquality) la certificazione del proprio sistema qualità il cui sviluppo era iniziato due anni prima, sull’onda dei confronti di esperienze diffusesi a livello nazionale tra i laboratori italiani nell’ambito di Convegni e Congressi Scientifici della Medicina di Laboratorio. Il settore di classificazione di tali certificati, secondo European Accreditation (EA) che regola le attività di certificazione, risulta essere il numero EA 38, denominato “Sanità e servizi sociali”. Seguirono nello stesso anno centri di dialisi, un centro per servizi di riabilitazione medico psico socio pedagogica e ancora altri laboratori di analisi, che, in linea con le tendenze nazionali, hanno caratterizzato l’avvio della applicazione delle norme ISO 9000 in Sanità. Nell’anno 1999 furono rilasciati certificati ad alcuni centri per la erogazione di servizi di supporto all’attività ambulatoriale di assistenza specialistica, di servizi di riabilitazione socio- medico e psico pedagogica e ancora laboratori di analisi cliniche. A corollario degli avvenimenti presso le strutture sanitarie, l’anno 2000 si è aper- Fig. 1 Siti certificati per anno in Puglia e Basilicata da parte di Organismi accreditati dal SINCERT (fonte SINCERT - 31.12.2000) to con la certificazione di centri per la produzione di anticorpi monoclonali per uso diagnostico e di protesi dentali ed ortodontiche (attività rientranti nel campo di applicazione delle Direttive Europee che regolamentano la fabbricazione di Dispositivi Medici) , servizi di erogazione di prestazioni di riabilitazione, servizi di diagnostica per immagini, terapia fisica e riabilitazione ortotraumatologica e neuromotoria, ed infine ancora laboratori di analisi cliniche. Una attenta lettura dei dati raccolti (vedi figura 1) evidenzia la crescita pressoché costante nel triennio 1998-2000 delle certificazione dei sistemi qualità in Puglia e Basilicata nel settore EA 38. In queste regioni il settore “Sanità e servizi sociali” ha visto la certificazione da 9 a 11 siti per anno, con un fattore di crescita pressoché lineare, che lascia presupporre una ulteriore crescita per il 2001, anche a fronte di un rilevante numero di strutture sanitarie, delle due regioni considerate, che hanno in atto processi di sviluppo di sistemi di gestione per la qualità. Gli Organismi di Certificazione accreditati presso SINCERT, Sistema di accreditamento italiano per gli organismi di certificazione, che hanno operato nell’area sono stati cinque. Da questo angolo della visuale la scelta delle strutture è ricaduta per più del 50% (fonti SINCERT) su Certimedica (settore dell’Istituto Certiquality) che è nato con lo specifico intento di soddisfare il bisogno della certificazione nel settore sanitario attraverso lo sviluppo di competenze specifiche nell’ambito della sanità e dispositivi medici. In questo panorama, sicuramente di interessante sviluppo, emerge la assenza di strutture sanitarie che non operino strettamente nel campo delle analisi di laboratorio, delle attività ambulatoriali o della riabilitazione, quali ad esempio Unità Operative di Medicina e di Chirurgia di strutture sanitarie complesse quali Case di Cura, Aziende Ospedaliere ed ASL. Il fenomeno riproduce quanto già av- 40...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. venuto in altre Regioni Italiane, in quanto i concetti di accuratezza e di ripetibilità della misura legati alla diagnostica di laboratorio sono senza dubbio più accessibili e vicino alla cultura della qualità già affermatasi nel nostro paese negli ambiti industriali e consentono da parte degli operatori una più rapida comprensione dei requisiti e conseguente applicazione delle norme, piuttosto che l’apprezzamento della efficacia di una prestazione di servizi sanitari in ottemperanza a protocolli di cura, anche se volontariamente scelti ed applicati. Tuttavia si fa largo la consapevolezza che, al di là della evidente necessità della certificazione dei laboratori al fine di assicurare all’utente/paziente una elevata confidenza sulla attendibilità dei risultati delle analisi, la erogazione di servizi sanitari in base a validi e validati protocolli di cura con la valutazione della efficacia delle prestazioni è l’elemento qualificante che ogni struttura potrebbe offrire agli utenti per differenziare il servizio erogato. La previsione per l’anno corrente è certamente quella di vedere in Puglia e Basilicata la emissione di più di un certificato relativo a sistemi qualità di Unità Operative e reparti di Aziende Ospedaliere e strutture sanitarie private. L’allargamento della certificazione a strutture sanitarie complesse rappresenterebbe sicuramente un risultato atteso con interesse da quanti si aspettano, in queste regioni, un segno tangibile dell’inizio di un periodo di significativo cambiamento ed una svolta, a lungo desiderata, nella offerta dei servizi sanitari. * Responsabile Area Sud Certiquality - Bari Marker tumorali: parte indagine conoscitiva coordinata dall’Istituto Oncologico di Bari Un progetto di ricerca cui partecipano anche l’Università di Bari e l’IRCCS “De Bellis” di Castellana Grotte Valutare i livelli di appropriatezza di utilizzo clinico dei marcatori tumorali; mettere a punto adeguati moduli didattici per specializzandi, laureati in Medicina e utenza del settore; analisi dei costi per questo tipo di prestazioni in Puglia. Sono questi i tre obiettivi fondamentali dell’analisi conoscitiva territoriale sull’utilizzo dei mar-kers tumorali, presentata recentemente a Bari, presso l’Istituto Oncologico (direttore scientifico: dott. Mario De Lena), e coordinata dal dr. Angelo Paradiso, responsabile del Laboratorio di Oncologia sperimentale clinica dello stesso IRCCS, che vede la partecipazione attiva anche dell’Università di Bari (Dipartimento Scienze Biomediche Oncologia Umana, prof. Franco Dammacco e l’Istituto di Anatomia e Istologia patologica, prof.ssa Carmela Giardina) e dell’IRCCS Ospedale “S. De Bellis” di Castellana Grotte, dr. Mario Correale. Il progetto di ricerca è stato finanziato dal Ministero della Sanità, riguarda i laboratori di analisi chimico clinici pubblici e privati (con la sottoposizione di un questionario) e i Servizi di Istocitopatologia presenti in Puglia maggiormente coinvolti nella determinazione di marcatori tumorali. I dati che emergeranno dai questionari consentiranno di monitorare sia il livello di dialogo tra laboratoristi e clinici, sia di valutare dal punto di vista quali-quantitativo la mole di lavoro che viene svolta sui markers, sia infine di arrivare a comprendere le modalità con le quali i clinici utilizzano le informazioni laboratoristiche a scopi diagnostico-terapeutici. L’inziativa è supportata da un sito Internet dedicato (www.cqlaboncologico.it), pagina “Survey Puglia”, nel quale è possibile visionare l’intero progetto unitamente ai questionari e schede che saranno compilati dagli interessati per via telematica. L’indagine conoscitiva si concluderà nel giugno 2002. TuttoSanità , il Network della Sanità in Puglia TuttoSanità, periodico bimestrale TuttoSanitàNews, servizio informativo quindicinale TuttoSanità On Line ( www.tuttosanita.it), la banca dati multimediale c.c.p. 16809709 e-mail: [email protected] tel/fax 080.4327182 41 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità Scientifico Direttore Scientifico Mario De Lena TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. RISULTATI DELL’INDAGINE CONOSCITIVA CONDOTTA SULLA POPOLAZIONE ANZIANA IN ASSISTENZA DOMICILIARE PROGRAMMATA NELL’ANNO 1997, NEL DISTRETTO SOCIOSANITARIO N. 11 DELLA AUSL TA/1 G. Ronzino*, G. Orlando**, O. Capparella*** Introduzione Il Distretto Socio-Sanitario n° 11 dell’azienda USL TA/1 è costituito da 9 Comuni, con popolazione totale di 62,000 abitanti circa e con una percentuale media di ultrasessantacinquenni pari a 13%. Considerato che su questo territorio le strutture sanitarie presenti sono: due poliambulatori, tre servizi di Continuità Assistenziale e tre Laboratori di Analisi convenzionati con la AUSL, la realizzazione di un progetto di Assistenza Domiciliare assume particolare priorità. La Regione Puglia, inoltre, con Delibera Consigliare del 3 dicembre 1996, n. 162 (1) ha ripartito i fondi e dato le linee guida ai Comuni e alle Aziende USL per gli interventi di Assistenza Domiciliare Integrata agli anziani non autosufficienti, pertanto, in attesa dei previsti protocolli d’intesa con i Comuni per l’attivazione del servizio sul territorio, abbiamo condotto, durante l’anno 1997, un’indagine conoscitiva sulla popolazione ultrasessantacinquenne di questo Distretto. Materiali e metodi Lo studio è stato condotto su tutti i casi per i quali il Medico di Medicina Generale richiedeva l’Assistenza Domiciliare Programmata, come previsto dal DPR 484/96 art. 39 All. G. (2). Il metodo utilizzato è stato quello della Valutazione Multidimensionale.(3) Sono stati ammessi in ADP, da gennaio a dicembre 1997, n° 149 pazienti, ultrasessantacinquenni, affetti da patologie croniche, in condizioni di non autosufficienza e comunque impossibilitati a muoversi dal proprio domicilio, quali (2): · Soggetti con impossibilità permanente a deambulare · Soggetti non trasportabili con mezzi comuni · Soggetti affetti da gravi patologie che necessitano di controlli ravvicinati: - Insufficienza cardiaca in stato avanzato - Insufficienza respiratoria con grave limitazione funzionale - Arteriopatie obliteranti degli arti inferiori in stadio avanzato - Gravi artropatie degli arti inferiori con grave limitazione - Cerebropatici e cerebrolesi, con forme gravi - Paraplegici e tetraplegici. Le richieste, formulate su apposito modulo dai Medici di Medicina Generale aventi in carico il paziente, indicavano gli interventi di assistenza specialistica, riabilitativa, infermieristica e Socio-Assistenziale ritenuti utili. Sono state utilizzate scale di valutazione funzionali quali: - ADL (Activities of Daily Living)(4): composto da indici di attività della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, mangiare, spostarsi, andare in bagno e continenza sfinterica). Per ciascun item il punteggio è: 0=autosufficienza; 1= parziale dipendenza; 2= completa dipendenza - Barthel (5): composto da indici di self-care e indici di motilità (range 0-100 con 100= completa autosufficienza) - MMS (Mini Mental State)(6): composto da 11 items relativi a memoria a breve e medio termine, linguaggio, orientamento temporo-spaziale, prassia costruttiva, attenzione e calcolo (range 0-30 con 0= massimo deficit cognitivo) - GDS (Geriatric Depression Scale)(7): composto da 30 items (range 0-30 con 30= grave stato depressivo) Sono state studiate le variabili mediche, funzionali, anagrafiche. Variabili mediche: Diagnosi di ammissione (malattia principale), prevalenza delle malattie, concordanza tra la richiesta di assistenza e il bisogno del paziente, incontinenza urinaria, uso di catetere vescicale, piaghe da decubito, consumo di farmaci, giudizio clinico . Variabili funzionali: Funzioni motorie (ADL e Barthel), funzioni cognitive e tono dell’umore (MMS, GDS) Variabili anagrafiche: Età, sesso, provenienza, condizioni abitative, stato sociale, stato civile, scolarità, stato economico (invalidità con o senza accompagnamento), provenienza. Analisi Statistica Dopo l’analisi descrittiva dei dati è seguita la fase di analisi univariata dei singoli parametri raccolti versus la mortalità dei pazienti in ADP nel corso del periodo studiato. L’analisi statistica e’ stata condotta: • per i dati dicotomici con l’analisi della distribuzione del X2 con la correzione di Yates o con la verifica del test esatto di Fischer nei casi in cui la frequenza attesa in ciascuna cella fosse risultata inferiore a 5; • per i dati in continuo con l’analisi della varianza per i valori con distribuzione normale e simmetrica e con varianza omogenea nell’ambito del gruppo o con la statistica non parametrica (U) (8) nel caso tali presupposti non fossero stati rispettati. L’analisi multivariata (9, 10) dei parametri esaminati versus la morte è stata condotta con la regressione logistica mediante step. 42...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. Nel modello sono stati accuratamente selezionati, mediante matrice di correlazione, i parametri immessi per ridurre effetti di collinearità. Ta b C C a r a t t e r is t ic h e F u n z i o n a l i ADL B A RT H E L Risultati Va l o r e 1 3 , 7 + /- 3 , 3 R a ng e 0-10 0 2 8 + /- 2 4 ,9 < 2 1 /> 2 1 9 5 /6 1 M MS Le caratteristiche anagrafiche della popolazione studiata sono state riassunte nella tab. A: Ta b. C a r a t t e r i st i c h e A n a g ra fi ch e Età A I n d ic e Va l o r e A nni 8 2 + /- 6 . 6 M /F 5 8 /9 1 S e ss o S t a to c iv i l e S ta t o so c ia l e S c o l a r it à I n v a l id it à I n v a l id it à I n d ic e R a ng e 6-18 + Ac c C /V 6 7 /8 2 F /S 1 2 4 /2 5 SI/ N O 9 2 /5 7 SI/ N O 1 0 9 /4 0 SI/ N O 8 3 /6 6 Ta b . B N° % C a r d i o v a s c o la r i 132 89 I p e r te n s io n e a r te r io s a 109 73 O r t o p e d ic h e 80 54 N e u r o lo g ic h e 72 48 P n e u m o lo g ic h e 62 42 D e m en z a 51 34 D i ab et e 34 23 E p a tic h e 27 18 F r a ttu r a d i f e m o r e 23 15 R en al i 15 10 N e o p l a s tic h e 14 9 M o r b o d i P a r k in s o n A l tr o N ° m e d io m a la tti e SI/ N O 6 1 /8 8 C a t e te r e v e s c i c a l e SI/ N O 2 9 /1 2 0 L e s io n i d a d e c u b i to SI/ N O 2 7 /1 2 2 V i st a SI/ N O 7 3 /7 6 U d i to SI/ N O 7 4 /7 5 rispettivamente su 13.7+/-3.3 e 28+/-25, ciò equivale a un basso livello di autonomia funzionale. Il 64% dei pazienti presenta un valore di MMS (11) inferiore a 21 che equivale ad una compromissione dello stato cognitivo. Ta b. D : R is u lta ti re g res s io n e lo g i sti ca E’ risultato che l’età media dei pazienti è di 82 +/- 6.6 anni, l’indice di mascolinità è pari al 39%, l’indice di vedovanza è P r e v a l e n z a m a la t t i e I n c o n tin e z a s f in t e r ic a 7 4 110 // 5 .7 + /- 2 // N ° p z co n co n s u m o d i farm a ci > 6 24 16 P a z ie n ti d e c e d u t i 21 14 pari al 55%, l’indice di alfabetizzazione è pari al 62% e che l’83% di essi vive in famiglia. Il 73% della popolazione studiata è in possesso di invalidità civile e il 56% percepisce anche l’assegno di accompagnamento. Le caratteristiche mediche, in termini di prevalenza delle malattie, riassunte in Tab. B, evidenziano che la patologia prevalente è quella cardiovascolare (89%), l’ipertensione arteriosa è presente nel 73% dei pazienti, le patologie ortopediche cronico-degenerative nel 54% dei casi, quelle neurologiche nel 48%; infine il 9% sono pazienti neoplastici. I pazienti che assumono più di 6 farmaci al giorno sono 24 pari al 16%. Sono deceduti 21 pazienti. Le caratteristiche funzionali sono riassunte in Tab. C: Si osserva che i valori medi di ADL e Barthel si attestano V a ri a bi le i nd ip en d en te O d d s r a tio L im iti fid u cia l i 9 5 % In d ic azi o n e A ss . In f. 2 .2 8 1 .3 7 -3 .7 F arm a ci p re sc ritt i 1 .8 1 .0 7 -1 .7 1 Va riab i le d i p en d en t e m o rt e Il 41% dei pazienti presenta incontinenza sfinterica e il 19% è portatore di catetere vescicale. Il n° medio di malattie per ciascun paziente è 5,7+/-2. Il 18% dei pazienti presenta lesioni da decubito. Nessuna delle patologie esaminate è risultata correlata con l’End Point morte. Al contrario il n° di farmaci assunti (fig. 1-2), l’indicazione all’assistenza infermieristica (fig. 3-4), la presenza di lesioni da decubito (fig. 5-6), l’incontinenza sfinterica (fig. 7-8), gli indici funzionali, in particolare l’ADL (fig. 9) e il Barthel (fig. 10), l’uso di catetere vescicale (fig.11-12), il giudizio clinico (fig. 13-14) sono risultati statisticamente correlati con l’End Point morte (12-13). L’analisi della regressione logistica (Tab D) ha evidenziato quanto sia importante la variabile relativa all’indicazione all’assistenza infermieristica mostrando una ODDS elevata e con stretti limiti fiduciali. Anche il numero di farmaci assunti (>6 farmaci) (14) è risultato predittivo sia pur con una ODDS minore. E’ emerso, dalla VMD dei pazienti un significativo bisogno socio-assistenziale, spesso tradotto incongruamente in bisogno sanitario (fig. 15). Discussione L’indagine conoscitiva ottenuta con la raccolta dei dati anagrafici, sociali e clinico-funzionali dalla cartella di VMD ha fornito elementi necessari per la valutazione dei bisogni reali di questo gruppo di popolazione anziana, che in prospettiva della attivazione del Servizio ADI ai sensi della delibera del Consiglio Regionale n° 162 del 3 dicembre 1996 era fondamentale conoscere. Gli indici funzionali ed alcune variabili mediche sono risultati significativamente correlati con la morte, come: 43 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ .................................................................................................................................. TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. 44...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... .................................................................................................................................. TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. · l’indice ADL che esprime l’autonomia funzionale globale nell’esecuzione delle principali attività della vita quotidiana, che per valori più alti (il cut-off rilevato è 14) si correla con il numero di decessi; · l’indice di Barthel che analizza più approfonditamente l’autosufficienza come cura di sé e come motilità e pone il peso della valutazione in particolar modo sui parametri relativi alla continenza sfinterica e alla possibilità di spostarsi; · le lesioni da decubito che sono predittive di morte ed esprimono il ridotto livello di autosufficienza, al pari degli indici ADL e Barthel; · l’uso del catetere vescicale che non solo esprime un ridotto livello funzionale, ma può condizionare la sopravvi 45 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. venza anche come fattore di rischio per: 1) infezioni ricorrenti urinarie resistenti talvolta alla terapia antibiotica, 2) sepsi particolarmente gravi per pazienti defedati e/o temporaneamente allettati, 3) indirettamente, lesioni da decubito con possibili sovrainfezioni. · l’assunzione dei farmaci è di per sé predittiva di morte quando supera le 6 molecole al giorno, come è risultato dalla regressione logistica e riportato in letteratura (14); poichè oltre ad esprimere un indicatore indiretto di gravità di malattia, può aumentare il rischio di reazioni allergiche, di effetti indesiderati, di reazioni crociate non previste · il giudizio clinico (15) che si dimostra un buon indice prognostico, comprendendo, verosimilmente, un insieme di parametri obiettivi ed anche indirettamente laboratoristici e antropometrici. Conclusioni Lo studio condotto su questo gruppo di popolazione ha confermato che il metodo della VMD è un valido strumento per conoscere e valutare i bisogni del paziente anziano a domicilio. I risultati dello studio clinico hanno trovato riscontro scientifico in lavori già pubblicati da autorevoli autori, caratterizzandosi questo per la domiciliarità dei pazienti presi in esame. Emerge la complessità dei bisogni assistenziali, l’importanza di una corretta identificazione dei problemi per evitare di tradurre incongruamente, come verificato, fabbisogni socioassistenziali in bisogni sanitari per lo più di tipo riabilitativo e per evitare di sottostimare il bisogno di assistenza infermieristica che si è dimostrata invece essere correlata con la morte. Scaturisce, dunque, la necessità di offrire un servizio che sia in grado di modulare risposte quali-quantitative a misura del paziente. Il PSN 94/96 ha individuato l’assistenza domiciliare come una valida risposta ai bisogni di cura dei pazienti anziani consentendo, peraltro, un miglior utilizzo delle risorse economiche, un più appropriato uso dei servizi sanitari ed un miglioramento della qualità della vita. Il modello organizzativo di Assistenza Domiciliare Integrata che ci stiamo apprestando a realizzare ha dimensionato il servizio stabilendo il numero dei pazienti, privilegiando le patologie croniche e le condizioni socio-economiche; scelta difficile ma necessaria allorquando le risorse non sono infinite. Le difficoltà tecnico-operative sono prevedibili, più diffici- le è immaginare quelle legate al radicale cambiamento del rapporto medico-paziente ed utente-servizio, con l’introduzione di altre figure professionali che dovranno interagire tra loro, con il paziente e con la sua famiglia; a domicilio e non nella più classico e tradizionale ambulatorio o reparto del servizio sanitario. Bibliografia 1. Delibera del Consiglio Regionale 3 dicembre 1996, n. 162 2. DPR 22 luglio 1996, n. 484 “Accordo Collettivo per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale…” Suppl.Ord. n. 154 G.U. n. 220 del 19 settembre 1996 3. Rubistain L.Z., Josephson K.R., Wieland G.D., English P.A., Sayre J.A., Kane R.L.: Effectiveness of a geriatric evaluation unit: a randomized clinical trial. N. Engl J.. Med., 27, 1664,1984 4. Katz S. Ford AB, Moskowitz RW, Jackson BA, Jaffe MW.: Studies of illness in the aged: the index of ADL: a standardized measure of biological and psychosocial function. JAMA 1963; 185:914-9. 5. F.E. Mahoney and D. W. Barthel, “Functional evaluatio: the Barthel index”, Maryland State Medical Journal 14(1965):61-65. 6. Folstein MF, Folstein SE, McHugh PR. “Mini Mental State” A pratical method for grading the cognitive state of patients for the clinician. J. Psychiatr Res 1975; 12:189-98. 7. Yesavage J.A., Brink T.L., Rose T.L. et all. 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TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. LA TERAPIA TERMALE NELL’INSUFFICIENZA VENOSA CRONICA (I.V.C.) G. Pagano* L’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori rappresenta una sindrome polimorfa, che coinvolge non soltanto il circolo venoso macrovasale, ma anche il microcircolo nella sua globalità, sia nel versante capillaro-venulare, che in quello arteriolare e linfatico, con ovvie ripercussioni sui tessuti distali superficiali dell’arto. La terapia medica segue canoni ormai ben codificati, giovandosi di tutti i presidi che possono vivificare il circolo venoso, venulare e microvasale. Sono, infatti, noti i vantaggi dell’attività fisica moderata ed in particolare del nuoto, che associa l’azione benefica della pompa muscolare alla contropressione esterna esercitata dall’acqua realizzando così condizioni di lavoro ottimali per il sistema venoso. La balneoterapia termale vanta un’attività eutrofica sui tessuti dermo-epidermici. In effetti, già da tempo le acque termali sono consigliate ai pazienti flebopatici poichè uniscono alle propietà intrinseche un effetto decongestionante; inoltre l’idromassaggio e l’ ozonizzazione dell’acqua esplicano un’azione ossigenante, stimolante e disinfettante sui tessuti dermo-epidermici. Materiali e metodi Sulla base di tali premesse si è voluta verificare l‘efficacia della balneoterapia termale, mediante acqua salso-bromo-iodica su un campione di 20 pazienti, scelti secondo i seguenti criteri di inclusione: · soggetti di entrambi i sessi, · età compresa fra 30 e 65 anni, · insufficienza venosa cronica da varici essenziali, ed i seguenti criteri di esclusione: · gravi patologie d’ organo (cardiache, polmonari, epatiche, renali .....) · arteriopatie associate, · ulcera venosa o dermo-ipodermiti in atto. sono stati così selezionati 20 pazienti di ambo i sessi ( 6 maschi e 14 femmine), di età compresa fra 32 e 63 anni (media 46,3), i quali hanno effettuato un ciclo di cure angiologiche presso lo Stabilimento Termale di Torre Canne (BR) della durata di 12 sedute nel camminatoio, questo è costituito da due idropercorsi vascolari rappresentati da due vasche rettilinee contenenti acqua termale cloruro-solfato-sodica a diverse temperature. Nella prima vasca, profonda 85 cm, la temperatura è di 34 °C, nella seconda vasca, profonda 75 cm, la temeratura è di 24 °C. Tali vasche sono lunghe circa 8 m. e larghe circa 60 cm. e sono munite sulla parete ciascuna di 10 getti per l’idromassaggio ozonizzato disposti ad altezze crescenti e decrescenti così da disegnare un profilo ondulatorio a pressione dal basso verso l’alto e viceversa. Le vasche sono disposte parallelamente tra loro e sono percorribili in senso alternato. Tutti i pazienti, prima dell’arruolamento, sono stati sottoposti ad un accurato esame clinico-vascolare generale, nonchè ai test ematochimici di routine, per escludere patologie associate. Le valutazioni cliniche sono state completate dall’esplorazione vascolare mediante Doppler c.w. La verifica dell’efficacia terapeutica ha prospettato il problema della scelta dei criteri di valutazione, che dovevano comunque rispondere a tre fondamentali esigenze: essere semplici, affidabili e comparabili nel tempo. I parametri clinici appaiono prevalentemente soggettivi, ma rappresentano comunque un punto di riferimento essenziale. L’approccio clinico ha comportato la classificazione di 7 parametri soggettivi ed obiettivi (senso di peso, crampi, flebodinia, parestesie, stancabilità, prurito, edema) secondo una scala di valori da 0 a 3 ( 0=assente, 1=lieve, 2=moderato 3=marcato), per un punteggio complessivo teorico variabile da 0 a 21. Tra le molteplici tecniche strumentali disponibili è stata preferita l’ultrasuonografia Doppler c.w. poichè ha permesso un corretto inquadramento preventivo dei malati ed una semplice valutazione comparativa prima e dopo terapia. In effetti,tale metodica vanta una notevole sperimentazione anche nel campo delle verifiche della terapia medica nelle flebopatie. Il Doppler ha qualificato le condizioni del circolo arterioso periferico (per escludere dallo studio malati arteriopatici) e del circolo venoso profondo ( per escludere pazienti con patologie dei collettori profondi); inoltre ha fornito un quadro dettagliato della disfunzione venosa superficiale, saggiando la continenza ostiale delle grandi e piccole safene e identificando eventuali perforanti incontinenti rifornenti i circoli varicosi. In realtà la misurazione al Doppler delle pressioni venose ortostatiche risente (oltre che dell’esperienza dell’operatore e dei criteri di rilevamento) di molteplici variabili ( pressione 47 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. venosa effettiva, compliance venosa, variazioni pressorie toraco-addominali, volume ematico post-capillare) le quali, sebbene, possano modificare i valori rispetto ai rilievi cruenti, ampliano il significato del parametro pressorio, variazioni postterapeutiche sembrano dovute prevalentemente ad un miglioramento del tono veno-venulare. Pertanto è stato scelto come parametro di riferimento al Doppler la pressione venosa ortostatica rilevata sulla safena interna al malleolo prima e dopo il ciclo terapeutico, sempre dallo stesso esaminatore. E’ stato preso in cosiderazione sempre l’arto più compromesso ed i pazienti hanno sospeso eventuali terapie in atto (flebotonici, antiedemigeni, elastocompressione) almeno una settimana prima del’inizio della terapia e dell’esame clinicostrumentale attuato per la classificazione pre-trattamento. Risultati e conclusioni Il bilancio comparativo dei parametri clinici e strumentali rilevati prima e dopo il ciclo terapeutico è senz’altro positivo. I 14 pazienti ritornati a successivo controllo hanno riferito riduzione del senso di peso, dei crampi, delle parestesie, della stancabilità, del prurito e dell’edema con, in alcuni casi, addirittura riduzione della circonferenza alla caviglia. Anche il comportamento della pressione venosa ortostatica ha evidenziato variazioni post-terapeutiche più limitate. In conclusione, sulla base del presente studio, si può affermare che la balneoterapia termale mediante acqua clorurosolfato-sodica rappresenta nell’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori un trattamento semplice, gradito dai pazienti, privo di controindicazioni, associabile vantaggiosamente ai presidi terapeutici consueti e soprattutto efficace. Riassunto L’Autore con questo lavoro ha voluto dimostrare che la terapia termale ed in particolare il camminatoio, può essere coadiuvante nella cura dell’insufficienza venosa cronica. L’utilità della terapia termale con acqua cloruro-solfatosodica delle Terme di Torre Canne (BR) è stata valutata nel periodo da maggio ad ottobre 2000 su un campione seleziona- to di 20 pazienti affetti da I.V.C. degli arti inferiori utilizzando riferimenti clinici e strumentali, visti comparativamente prima e dopo il ciclo terapeutico composto da 12 sedute a cadenza giornalira della durata di circa 20 minuti. I risultati terapeutici sono stati soddisfacenti. In definitiva si può concludere che la terapia termale per le cure angiologiche con acque cloruro-solfato-sodica si è dimostrata efficace, di semplice attuazione e gradita dai pazienti. Bibliografia 1. Haid-Fischer F., Haid H.: “Malattie delle vene” Roma: Il pensiero Scientifico, 1989 2. Bartolo M.: “La Metodicaa Doppler nelle flebopatie subcliniche” Symp Int Phleobol Praev e Rest Lugano. In: Anthol Med Santoriana, 1977:18-26 3. Barone G.,Milone F., Lombardi D., Cicala A.: “La flebomanometria nelle sindromi post-tromboflebitiche” Minerva Cardioangiol 1982; 30;343-8 4. Donaldi G.: “Flebologia moderna: Futuro senza varici” Milano: Nuove Edizioni,1981 5. Franceschi C.: “Théorie et pratique de la cure Conservatrice et Hémodinamique de l’Insufficance Veineuse en Ambulatoire” Paris: Editions de l’Armancon, 1988 6. Frigo G.M.: “Valutazione farmacologico-clinica dei farmaci flebotropi” Atti Conv. “Le flebopatie croniche degli arti inferiori” Milano: Edizioni Congress Studio, 1988:23-6 7. Gabrielli L.:”La valutazione terapeutica mediante pletismografia e Dopplersonografia” Atti Conv. “Le flebopatie croniche degli arti inferiori” Milano: Edizioni Congress Studio, 1988: 63-8 8. Gaylis H.: “Some observation on peripheral venous pressure using a noninvasive technique: a preliminary report” Br J Surg, 1975: 62;259 9. Lo Bosco S.: “Il Doppler c.w. nelle flebopatie degli arti inferiori” Ultrasuonodiagnostica 1985: VI(2);47-57 10. Tibbs DJ., Fletcher EWL.: “Further exsperience with the directional Doppler flowmeter applied to superficial veins in the diagnosis of venous disorders of the lower limbs” In : Tesi M., Cospite M., Romeo S., Pola P., Bertini D., Bracale GC., Corsi C., D?Addato M., Novo S., eds. Progressi flebologia. Torino: Edizioni Minerva Medica, 1986:90-6 * Responsabile Servizio di Angiologia Medica Terme Torre canne (BR) 48...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. RUOLO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO DELL’ENTEROSCOPIA NELLA PRATICA CLINICA A. De Ceglie, F. Scotto, A. Pellecchia * L’enteroscopia rappresenta un importante passo avanti nell’esplorazione dell’ intestino tenue la cui diagnostica era fino ad un decennio fa appannaggio della radiologia; questa metodica oltre ad offrire il vantaggio della visione diretta del lume del piccolo intestino, permette di effettuare biopsie e talvolta di attuare provvedimenti terapeutici(1). Il primo prototipo di sonda per enteroscopia -enteroscopia sonde- è stato rappresentato da sonde di calibro sottile (5 mm), lunghe circa 3 metri, introdotte dal naso, posizionate oltre il piloro mediante l’ausilio di un gastroscopio pediatrico introdotto dalla bocca e fatte progredire nel tenue mediante la peristalsi(2).L’uso di tali sonde è però limitato in quanto i tempi di esecuzione dell’esame sono particolarmente lunghi, il paziente tollera poco la procedura che si rivela anche potenzialmente dannosa potendo provocare perforazione in un 3% dei casi(2). Inoltre tali sonde non riescono a visualizzare completamente la mucosa in particolare a livello delle angolazioni e non sono provviste di canali bioptici. Più recentemente l’introduzione del push enteroscopio ha permesso uno studio più agevole del piccolo intestino. Si tratta di apparecchiature video, della lunghezza variabile da 2.30 a 2.50 m: in vivo la lunghezza del piccolo intestino è circa 3 metri, ma durante l’enteroscopia l’organo può essere “accartocciato” sullo strumento del 200-300%(2); tuttavia raramente l’intero piccolo intestino può essere esplorato(1). Secondo molti AA l’accuratezza diagnostica dell’enteroscopia è al massimo del 40%(3). La metodica è simile a quella di una EGDS. Lo strumento presenta una punta distale flessibile, un canale operatore attraverso cui possono passare le pinze bioptiche e le fibre per l’elettrocoagulazione bipolare, le anse ecc. ed è fornito di un overtube di 80 cm di lunghezza(4). L’esame viene condotto preferibilmente in sedazione profonda con l’assistenza anestesiologica. Dopo il superamento del piloro sull’enteroscopio viene fatto scorrere l’overtube precedentemente posizionato allo scopo di evitare che lo strumento formi un’ansa nella cavità gastrica. Il posizionamento dell’overtube non è scevro da rischi e talvolta richiede l’ausilio della fluoroscopia(1). L’enteroscopia può essere effettuata anche introducendo l’endoscopio per via anale, superando la valvola ileociecale ed utilizzando un overtube che eviti la formazione di anse a livello del sigma.Generalmente la lunghezza del tratto di digiuno esplorato è di 120 cm (30-160 cm), valutata come lunghezza dopo il superamento dell’angolo duodeno-digiunale di Treiz; il tratto di ileo esplorato è in genere di 60 cm (20-120 cm), valutato come lunghezza dopo il superamento della valvola ileo-ciecale(1). L’esame viene condotto con la tecnica del pushpull, eventualmente con compressione manuale dell’addome del paziente o variando la posizione del paziente. Per l’esecuzione dell’esame per via orale è richiesto il digiuno da almeno 6 ore; per l’esecuzione dell’esame per via anale si effettua la stessa preparazione intestinale in uso per la colonscopia. Le principali indicazioni all’enteroscopia sono: • sanguinamenti occulti del tratto gastro-enterico, con esami endoscopici convenzionali risultati negativi; • lesioni dovute a farmaci antinfiammatori non steroidei; • malformazioni artero-venose; • tumori; • malassorbimento; • controllo di immagini radiologiche dubbie a livello del digiuno o dell’ileo; • inspiegabile diarrea in pazienti immunodepressi. L’enteroscopia viene indicata anche nella diagnosi e nel trattamento della poliposi familiare, nel coinvolgimento del piccolo intestino nelle malattie metaboliche, in malattie sistemiche, nella diagnosi o nella localizzazione di un linfoma primario al piccolo intestino(5). Non vi è indicazione all’enteroscopia nella sintomatologia dolorosa addominale di origine sconosciuta. La resa maggiore dell’enteroscopia è nella diagnosi delle cause di un sanguinamento occulto dell’apparato gastrointestinale. La video enteroscopia può identificare lesioni potenzialmente responsabili di sanguinamento nel piccolo intestino da 18 al 50% dei casi(1) raggiungendo in alcune casistiche anche l’83%(1). Le malformazioni arterovenose rappresentano le lesioni più frequenti (1). La differenza di successo nella diagnosi dei sanguinamenti del piccolo intestino riportata dalle varie casistiche può essere spiegata se si tiene presente che la lunghezza del tratto di piccolo intestino esplorato può variare a seconda dello strumento adoperato (colonscopio pediatrico, enteroscopio); le popolazioni studiate sono spesso non confrontabili poiché alcune casistiche riportano soprattutto elevati numeri di pazienti che utilizzano FANS, mentre in altre sono considerati soggetti con anemia; le malformazioni artero-venose possono essere confuse con lesioni traumatiche, le lesioni potenzialmente responsabili di sanguinamento possono essere interpretate differentemente dai vari AA (es. i diverticoli possono o no essere causa di sanguinamento a seconda degli AA)(1). L’enteroscopia può essere utile nel verificare la presenza di ano- 49 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. malie radiologiche del piccolo intestino, riuscendo a confermare o ad escludere quanto diagnosticato con l’esame radiologico in circa il 78% dei casi(1). Tuttavia l’enteroscopio non sempre riesce ad esplorare la zona interessata dalla patologia descritta all’esame radiologico ed inoltre nel piccolo intestino non ci sono punti di repere, per cui è difficile stabilire con esattezza la posizione dello strumento(1).Si sostiene che l’enteroscopia possa essere occasionalmente utile nella diagnosi di inspiegabile diarrea cronica e di sindromi da malassorbimento(1). In genere in queste patologie la diagnosi viene effettuata eseguendo biopsie duodenali che si è visto essere sovrapponibili a quelle digiunali, pertanto l’enteroscopia con biopsie è indicata sono in quelle rare forme in cui le manifestazioni patologiche siano molto più evidenti a livello digiunale. Sono stati descritti casi di diagnosi di morbo di Crohn mediante enteroscopia in pazienti con biopsie del colon negative, es. radiologico negativo, ma risposta positiva al trattamento con corticosteroidi(6).Utile è l’enteroscopia nella diagnosi di linfoma del piccolo intestino, di adenocarcinoma, carcinoidi e leiomiosarcomi, che sono le neoplasie più comuni a livello del tenue sebbene abbiano un’incidenza molto bassa (7) I tumori del piccolo intestino infatti sono rari, circa il 3-6% di tutte le neoplasie dell’apparato gastroenterico(8). La rarità e la variabilità del quadro clinico rendono difficile la diagnosi(9). Oltre al linfoma, le forme maligne primitive più frequenti sono l’adenocarcinoma (33%), il leiomiosarcoma (17%) e il carcinoide (17%), mentre delle forme benigne le più frequenti sono il leiomioma, l’adenoma e il polipo iperplastico(8,9) Rare sono anche le metastasi nel tenue da tumori primitivi di altri organi quali il polmone(10). I sintomi iniziali sono aspecifici: dolori addominali con nausea e vomito nel 67% delle forme maligne e 50% delle forme benigne, anemia nel 38% e 58%, perdita di peso nel 38% e 42% rispettivamente nelle forme maligne e benigne(8). Le forme metastatiche frequentemente provocano l’ostruzione intestinale. L’intervallo di tempo tra la comparsa dei sintomi e l’intervento chirurgico è generalmente di 54 giorni per i tumori maligni e 330 giorni per le forme primitive benigne(9): ciò è legato non solo all’aspecificità dei sintomi, ma anche alla mancanza di metodi specifici che permettano la diagnosi di questi tumori in fase early: la TC, l’esame radiologico a doppio contrasto e l’enteroscopia talvolta possono porre una corretta diagnosi preoperatoria(11) , ma spesso la diagnosi viene effettuata in occasione di interventi chirurgici d’urgenza a causa di perforazioni o ostruzioni. In genere l’indicazione all’enteroscopia è posta dal sanguinamento occulto o dalla comparsa di fenomeni occlusivi o subocclusivi. Questi ultimi possono essere legati anche ad intussuscezione del piccolo intestino, per es. in soggetti portatori di Sindrome di Peutz-Jeghers(12). L’enteroscopia è indicata anche nella sorveglianza delle sindromi poliposiche familiari (FAP) le quali possono essere associate a polipi del piccolo intestino: l’aumento di incidenza di morte per cancro del tratto gastroenterico superiore nelle FAP, dopo proctocolectomia, rende necessaria la sorveglianza del tratto digestivo superiore nei pazienti portatori di FAP e a tal fine l’enteroscopia può essere considerata metodica sufficiente sia nella sorveglianza che nello screening di tali pazienti(13 ). Nella S. di Peutz-Jeghers, inoltre, l’enteroscopia può essere utile quando l’esame radiologico del piccolo intestino mostri la presenza di un numero limitato di polipi nel tratto digiunale prossimale: è stato recentemente ipotizzato che la sorveglianza endoscopica associata alla rimozione di polipi digiunali metacroni possa prolungare gli intervalli di tempo tra le laparotomie(13). Il gold standard per la diagnostica del piccolo intestino è comunque rappresentato dalla enteroscopia intraoperatoria , effettuata soprattutto nei pazienti con emorragia digestiva in cui le indagini endoscopiche standard, il clisma del piccolo intestino, la scintigrafia con nitrati marcati, l’angiografia selettiva e la laparotomia siano risultate non diagnostiche(14). L’enteroscopia terapeutica trova indicazione, oltre che nell’asportazione di polipi con ansa diatermica, nelle dilatazioni pneumatiche di stenosi, nel trattamento di lesioni sanguinanti mediante coagulazione(2). Inoltre con tale procedura può essere confezionata endoscopicamente una digiunostomia per una nutrizione enterale temporanea o definitiva(2). In conclusione questa metodica ha colmato almeno in parte quelli che erano i limiti dell’endoscopia digestiva: l’esplorazione del piccolo intestino. Ciò ha assunto un significato importante non solo dal punto di vista diagnostico, ma soprattutto da quello terapeutico permettendo la risoluzione di problematiche in altri tempi di esclusiva pertinenza chirurgica, con riduzione degli indici di morbilità e mortalità(15). BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. LANDI B., TKOUB M., GAUDRIC M., et al.: Diagnostic yeld of push-type enteroscopy in relation to indication. Gut 1998 Mar; 42 (3): 421-5. DAVIES GR., BENSON MJ, GERTNER DJ, et al.: Diagnostic and therapeutic push type endoscopy in clinical use. Gut 1995 Sep; 37 (3): 346-52. 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Endoscopia - IRCCS Ospedale Oncologico-Bari 50...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. QUAL ANEMIA IN UREMICI CRONICI: E’ IL TRATTAMENTO PIU’ EFFICACE? Francesco Petrarulo * - Vincenzo Giancaspro ** L’anemia rappresenta una delle più frequenti e importanti complicanze negli uremici cronici (UC) in emodialisi periodica (HD). Il modo di trattare l’anemia è stato radicalmente modificato da parte dei nefrologi da quando è divenuta disponibile per l’uso clinico l’eritropoietina umana ricombinante (rHu-Epo). L’obiettivo terapeutico deve necessariamente essere il raggiungimento di una adeguata correzione dello stato anemico (emoglobinemia (Hb) pari a 12 g/dl, secondo le attuali linee guida della Società Italiana di Nefrologia) poiché questo si associa a miglioramento della qualità della vita, della performance cardiaca e dell’appetito e a riduzione dell’ospedalizzazione, della morbidità e della mortalità. Pertanto, un attento controllo dello stato anemico nei pazienti uremici ha dei risvolti positivi non solo per il paziente ma anche in termini di ridotta spesa sanitaria. Per la correzione dell’anemia è importante la somministrazione di rHu-Epo ma ancora più importante risulta essere un adeguato assetto marziale. Spesso gli UC risultano iporesponsivi al trattamento con rHu-Epo o perché hanno scarsi depositi marziali (carenza assoluta di ferro) o perché il ferro non riesce a raggiungere con sufficiente rapidità gli eritroblasti in via di proliferazione, pur in presenza di quantità adeguate o eccessive nei depositi (carenza funzionale di ferro) (1,2). Altre condizioni che conducono ad una iporesponsività alla terapia con rHu-Epo sono: infezioni croniche, bioincompatibilità del trattamento dialitico, iperparatiroidismo, malnutrizione, stati carenziali (vitamina B12, vitamina C, folati e carnitina), inadeguata dose di dialisi somministrata, accumulo di alluminio, uso di farmaci inibitori dell’eritropoiesi (ACE inibitori, teofillina). L’attento monitoraggio di tutte queste condizioni permette una migliore responsività all’rHu-Epo senza ricorrere a dosi elevate della stessa. Una problematica di notevole interesse scientifico è l’iporesponsività all’rHu-Epo che si realizza in caso di carenza funzionale di ferro. A tal proposito è stata rivolta l’attenzione a due questioni ancora non completamente delineate: a) gli esami ottimali per il rilevamento dello stato di carenza funzionale di ferro; b) il migliore trattamento di questa condizione (3). Attualmente non sono disponibili esami specifici che permettono un’analisi complessiva dello stato marziale. Ad oggi sono disponibili la misurazione della ferritina sierica, la saturazione della transferrina e la valutazione della percentuale di eritrociti ipocromici. Il valore della ferritina sierica fornisce una indicazione approssimativa della quantità di ferro di riserva (4). La ferritina è una proteina sintetizzata come apoferritina soprattutto nei macrofagi di fegato e milza e nel midollo osseo. E’ secreta attivamente (nella forma di apoferritina) dalle cellule del siste- ma reticolo-endoteliale nel sangue in dosi direttamente proporzionali al contenuto intracellulare di ferro. E’ stato calcolato che 1 mg/l di ferritina corrisponde a 8 – 10 mg di ferro dei depositi. Il limite interpretativo della ferritina sierica deriva dalla possibilità di un valore aumentato per fattori indipendenti dallo stato marziale, quali stati flogistici, neoplasie, citolisi epatica, emolisi. Inoltre il valore di ferritina non è in grado di fornire informazioni relative allo stato di carenza funzionale. Il valore ideale della ferritina in UC in trattamento con Epo non deve essere inferiore a 300 mg/l. La saturazione della transferrina (ST), cioè la % di siti della transferrina occupati dal ferro rispetto a quelli potenzialmente disponibili se le molecole fossero tutte saturate, è il risultato del rapporto tra il ferro sierico e la capacità totale di legare il ferro (TIBC). Il limite di questo metodo di valutazione è la notevole variazione biologica diurna (± 30%) in considerazione della mobilità estrema del pool marziale (il ferro circolante veicolato dalla transferrina si ricambia ogni 2 ore). Comunque, una ST < 20% in pazienti che non assumono ferro e che non presentano processi flogistici in corso, indica generalmente una carenza funzionale di ferro (5). Il conteggio dei globuli rossi ipocromici è una tecnica nuova, relativamente veloce ed economica che può essere effettuata su un campione per l’emocromo e che è in grado di quantificare il ferro contenuto all’interno dell’eritrocita. Ciò è possibile grazie alla misurazione della concentrazione dell’Hb intracellulare di una popolazione di eritrociti; la percentuale di eritrociti ipocromici è la quota di eritrociti con contenuto di Hb < 28 g/dl. In condizioni fisiologiche la percentuale di eritrociti ipocromici dovrebbe essere < 2.5%; valori > 5% sono indicativi di sideropenia direttamente nella sede di eritropoiesi e di uno stato di carenza funzionale di ferro (6). Altri esami disponibili (per es. i livelli del recettore solubile della transferrina sierica, la ferritina degli eritrociti e la concentrazione di Hb dei reticolociti, la zincoprotoporfina eritrocitaria) non sono stati sufficientemente validati e non sono stati introdotti nella comune pratica clinica. In circa il 10% dei casi si verifica resistenza all’rHu-Epo che in genere è dovuta ad una carenza assoluta o funzionale di ferro. In caso di carenza assoluta di ferro è indispensabile la somministrazione di terapia marziale mentre in caso di carenza funzionale di ferro risulta controversa l’utilità di somministrare terapia marziale o di aumentare la dose di rHu-Epo. Infatti da un lato c’è il un rischio di indurre emosiderosi, dall’altro quello di non ottenere nessun miglioramento dello stato anemico a fronte di una maggiore spesa. 51 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. Recentemente alcuni autori hanno dimostrato l’utilità della somministrazione di AA endovena in UC in HD con elevati depositi marziali e con iporesponsività all’rHu-Epo (7). Infatti, l’AA può favorire la mobilizzazione del ferro dai tessuti di deposito ed incrementarne l’utilizzazione nelle cellule progenitrici eritroidi (8). Pertanto, abbiamo voluto valutare se l’AA potesse determinare un miglioramento dello stato anemico in UC con carenza funzionale di ferro ed iporesponsività all’rHu-Epo (9-10). I criteri di eleggibilità sono stati i seguenti: 1) età compresa tra 18 e 75 aa; 2) trattamento con bicarbonato dialisi standard da più di sei mesi; 3) livelli stabilizzati da almeno tre mesi di Hb (< 10 g/dl), di ferritinemia (> 300 mg/l), di ST (< 20%) e di proteina C reattiva (PCR) < 0.5 mg/dl. Inoltre i criteri di eleggibilità prevedevano che da almeno tre mesi precedenti l’inizio dello studio gli UC fossero in trattamento con Epo sottocute a dosaggio stabilizzato, non avessero effettuato terapia marziale o subito trasfusioni di sangue, non presentassero perdite ematiche gastro-intestinali, sindromi da malassorbimento intestinale, infezioni o processi infiammatori, epatopatie, emosiderosi, neoplasie, iperparatiroidismo non controllato, dose dialitica insufficiente, emoglobinopatie e non fossero in terapia con teofillina o ACE-inibitori. Ventisette UC sono stati selezionati ed hanno fornito il consenso informato per la partecipazione allo studio. E’ stata somministrata vitamina C 500 mg endovena per tre volte alla settimana a fine dialisi per tre mesi, successivamente è stata sospesa e sono stati valutati gli effetti della sospensione dopo 3 mesi. Tre pazienti non hanno concluso lo studio (1 per sanguinamento gastro-intestinale e 2 per processo broncopneumonico); pertanto, sono stati analizzati 24 UC. All’inizio dello studio, per procedere alla selezione dei pazienti, sono stati valutati i seguenti parametri: KT/V, nPCR, albuminemia, paratormone intatto (iPTH), reticolociti e proteina C – Reattiva, sangue occulto feci. A parte la carenza funzionale di ferro nessun altro parametro poteva ritenersi responsabile di una bassa risposta all’rHu-Epo. Dopo tre mesi di terapia con AA i valori di Hb e di ST% sono aumentati significativamente (Hb inizio vs 3 mesi, 9.0 ± 0.2 vs 10.1 ± 0.3; ST% 17.5 ± 0.6 vs 25.7 ± 1.7) (p < 0.01 e p < 0.001, rispettivamente) mentre la ferritina si è ridotta significativamente da 591 ± 44 a 328 ± 59 mg/l (p< 0.004). Dopo tre mesi di sospensione di AA i valori di Hb e di ST% sono diminuiti significativamente (Hb 8.8 ± 0.3 g/dl e ST% 18.7 ± 1.1) (p < 0.01 e p < 0.001, rispettivamente) mentre il valore di ferritina non ha mostrato variazione significativa (ferritina: 353 ± 72 mg/l). Nel nostro studio abbiamo rilevato che negli UC con iporesponsività all’Epo, elevati valori di ferritina e bassa ST% la somministrazione di AA alla dose di 500 mg tre volte la settimana per tre mesi è risultata efficace nell’indurre mobilizzazione del ferro di deposito con conseguente maggiore disponibilità di ferro; inoltre l’AA sganciando gli UC da una situazione di carenza funzionale di ferro ha permesso una maggiore risposta all’rHu-Epo tanto che, mantenendone lo stesso dosaggio, si è ottenuta una migliore correzione dello stato anemico. Considerando che l’alternativa a questo tipo di trattamento secondo i dati forniti dalla letteratura sarebbe stato l’aumento del 25% della dose di rHu-Epo si evidenzia che si è ottenuto un risultato clinicamente soddisfacente a fronte di un considerevole risparmio della spesa sanitaria. Infatti i pazienti erano trattati con una dose media di rHu-Epo di 138 ± 22 UI/Kg/sett. e avevano un peso corporeo medio di 61 kg; se avessimo aumentato del 25% il dosaggio avemmo dalla dovuto aumentare la quota di rHuEpo di 35 UI/Kg/sett.. Considerando che 1 U/I di rHuEpo costa 13.9 lire in qualsiasi formulazione esistente in commercio il risparmio ottenuto nei 3 mesi risulta il seguente: 35 UI x 13.9 lire x 24 pz x 14 sett. x 61 Kg = 9.971.300 lire. Peraltro, i dati forniti dalla letteratura mostrano che i pazienti con carenza funzionale di ferro ed iporesponsività all’rHu-Epo non presentano una adeguata risposta ad un ulteriore aumento del dosaggio. Pertanto, si evidenzia l’utilità della somministrazione di AA in pazienti con carenza funzionale di ferro. Più in generale il monitoraggio di tutti i fattori che condizionano una bassa risposta all’rHu-Epo permetterà di ottenere una migliore correzione dello stato anemico ed una ridotta spesa sanitaria per la riduzione della dose somministrata di rHu-Epo. BIBLIOGRAFIA 1.Scigalla P, Messinger D, Wieczorek L. Reasons for differences in dose requirements of recombinant human erythropoietin in haemodialysis patients. Contrib Nephrol 1990; 82: 55 – 64. 2.McDougall IC, Hutton RD, Cavill I, Coles GA, Williams JD. Poor response to treatment of renal anaemia with erythropoietin corrected by iron given intravenously. Br Med J 1989; 29: 157 –158. 3.F. Petrarulo, V. Giancaspro, M. Nuzziello, G. Pallotta, A. Sacchetti. U.O. di Nefrologia e Dialisi, Ospedale “Umberto I”, Altamura. Anemia in uremici cronici con carenza funzionale di ferro: un problema risolto? 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TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. PUGLIA MEDICAL 53 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. TERAPIA TERMALE IN ETÀ PEDIATRICA: INDAGINE CLINICO STATISTICA SULLA CRENOTERAPIA INALATORIA IN ALCUNE AFFEZIONI RESPIRATORIE PRESSO LE TERME DI TORRE CANNE. V. Goffredo* RIASSUNTO In questo lavoro, dopo aver preso in esame alcuni quadri di affezioni respiratorie pediatriche sensibili ai trattamenti aerosolici, viene evidenziata l’importanza dell’uso di acque salse, salso-bromurate-radioattive, nelle infezioni ricorrenti delle vie aeree. In accordo con i dati della letteratura si evince che il trattamento crenologico può risultare di beneficio in varie affezioni ORL pediatriche, purchè ci sia un corretto impiego della metodica aerosolica. Inoltre la crenoterapia consentirebbe un effetto sinergico e una riduzione delle dosi di farmaci migliorandone così la tollerabilità. PAROLE CHIAVE: infezioni vie aeree, aerosolterapia, metodica, patologie pediatriche sensibili ad aerosolterapia, acque salse, salso bromurate-radioattive. SUMMARY In this work is demonstrated displayed the importance of the use of “salse”, salso-bromo-radioattive” waters in recurrent respiratory organs infections. In accordance with the recent leterature we showed that the thermal treatment can be beneficial in different pediatric ORL infections, given a correct use of aerosol method there would be. Besides, this therapy would allow a synergie affect and a reduction of drug’s doses, than improving tolerability. KEY WORDS: different pediatric ORL infections, thermal medicine, mineral water (salse, salsobromurate-radioattive), pediatric patologies reacting to aerosolic. Aerosoltherapy. INTRODUZIONE Le infezioni delle vie respiratorie sono una causa frequente di malattia nel bambino. In particolare, si verifica un caratteristico andamento epidemiologico, che documenta una differente frequenza età per età. Il II° anno di vita è caratterizzato da una prevalenza di infezioni respiratorie, in numero superiore a quattro, dell’8,4%, prevalenza che sale a valori di 22 - 25% dal III° al VI° - X° anno (8). Infatti un bambino “ritenuto sano” normalmente presenta 4-6 episodi di infezioni delle vie respiratorie per anno, mentre bambini che possono avere parziali deficit immunologici, senza arrivare a vere immunodeficienze, possono presentare 1215 episodi di infezioni respiratorie per anno. In generale, si può affermare che la frequenza di infezioni respiratorie (I.R.) sia in queste età almeno doppia rispetto a quella di qualsiasi altra epoca della vita. Tra i fattori favorenti specifici in pediatria, i seguenti sono particolarmente responsabili di patologia: · il calibro delle vie respiratorie, ridotto in età pediatrica, che favorisce il ristagno delle secrezioni; · un’immaturità transitoria del sistema immunologico che si manifesta con modesti difetti dell’immunità umorale, cellulo-mediata e del funzionamento granulocitario; · la possibile immaturità di altri meccanismi di difesa dell’apparato respiratorio, quale ad esempio in alcuni casi il riflesso tussigeno. I soggetti più esposti sembrano essere: · i bambini che frequentano l’asilo nido o la scuola materna (16); · i secondogeniti e i terzogeniti, sia perchè vivono in un ambiente più affollato e quindi a più alto rischio di infezione secondaria, sia perchè i loro fratelli maggiori diventano portatori privilegiati, da quando frequentano la scuola materna. · i figli di genitori fumatori, in quanto il fumo, in ambiente domestico, riduce le difese aspecifiche (6). Risultato dell’interagire di questi fattori sono infezioni che possono essere così classificate: a) vie respiratorie superiori: raffreddore, tonsillite e faringite, otite media acuta; b) vie respiratorie intermedie: laringite acuta ed epiglottite; c) vie respiratorie inferiori: bronchite, broncopolmonite e polmonite segmentaria. Di queste infezioni circa i 2/3 sono a carico delle alte ed intermedie vie respiratorie, mentre 1/3 è rappresentato da infezioni delle basse vie respiratorie. I virus, responsabili della maggior parte delle infezioni delle vie respiratorie, e le infezioni batteriche causano patologie simili. Virus diversi possono produrre un quadro clinico identico o, al contrario, lo stesso virus può talvolta causare patologie distinte. Dal punto di vista clinico può non essere possibile determinare se l’infezione è dovuta a virus, a batteri o ad entrambi. Cosicchè la più comune e frequente causa di malattia infiammatoria acuta delle vie respiratorie è certamente l’infezione (sia essa batterica o virale), ma anche insulti di tipo fisico (freddo - caldo), o chimico (fumo di tabacco, respirazione abituale e protratta di inquinanti, inalazioni di sostanze aerodisperse come acidi, basi, polveri, ecc...) possono, agen- 54...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. do separatamente o sommando i loro effetti, indurre uno stato infiammatorio delle vie aeree. Il processo infiammatorio è un fenomeno complesso, caratterizzato da due componenti fondamentali - una vascolare e una cellulare - entrambe mediate dall’azione di sostanze (i mediatori della flogosi) provenienti dalle cellule danneggiate dall’infezione e/o da sostanze presenti nei liquidi biologici e attivate. Quando l’infiammazione si verifica a livelli delle vie aeree, la flogosi epiteliale coinvolge anche le ghiandole mucose e il trasporto mucociliare (17). Non è sempre possibile fare una diagnosi di sede, in quanto l’albero respiratorio, è una struttura dal punto di vista anatomico-funzionale molto coerente. La faringite del bambino spesso accompagna la rinite (rinofaringite) o la laringite (faringolaringite) o la bronchite (rinofaringobronchite). Le vie respiratorie intratoraciche, sia centrali (laringe, tachea, grandi bronchi), sia periferiche (medi e piccoli bronchi, bronchioli parenchima polmonare), rispondono agli stimoli infiammatori (infettivi e non) con una triade sintomatologica, costituita da tre componenti fondamentali: tosse, ipersecrezione, polipnea (o dispnea) (11). PATOLOGIE A CARICO DELLE VIE AEREE La rinite acuta, processo infiammatorio della mucosa nasale, è estremamente frequente, Accanto alle riniti infettive, esistono anche forme post-traumatiche, da allergeni o da inalazioni di polveri o sostanze volatili di tipo tossico. Il raffreddore (o coriza) si manifesta con: starnuti, secrezione nasale e febbre. Le secrezioni retronasali possono provocare tosse. La complicanza più frequente è l’otite media acuta. (17) La faringite, in particolare la faringo-tonsillite (o angina) è una malattia frequente, causata da una varietà di agenti patogeni. Si possono distinguere forme primitive e forme secondarie nelle quali la faringo-tonsillite rappresenta una modalità di esordio di una malattia ben definita (scarlattina, mononucleosi infettiva), oppure è parte del quadro di altre sindromi respiratorie ad eziologia virale (per esempio influenza, raffreddore ecc...). In generale la maggior parte delle faringotonsilliti si verifica nei mesi più freddi dell’anno ed il contagio è interumano ed ha luogo per via aerea. I principali sintomi sono dati da febbre, malessere generale, astenia e anoressia, cefalea, faringodinia spontanea o provocata dalla deglutizione, linfoadenopatia latero-cervicale (12). La sinusite acuta è l’infezione di uno o più seni paranasali ed è secondaria ad un’infezione virale acuta delle prime vie aeree o anche di una infezione dentaria. Il quadro clinico delle sinusiti acute consiste in dolore in corrispondenza del seno interessato, ostruzione e secrezione nasale di materiale muco-purulento associato a febbre e malessere generale. La sede anatomica più frequentemente colpita è il seno mascellare. Le sinusiti croniche sono di solito paucisintomatiche e possono essere responsabili di sintomi sfumati e talora febbricola. D’altra parte una sinusite non diagnosticata oltre a procurare uno stato di malessere caratterizzato da irritabilità, cefalea e tosse cronica, può anche portare a complicazioni a carico delle basse vie respiratorie. La maggior parte dei bambini con sinusite cronica presenta tosse persistente molto fastidiosa durante la notte e rinorrea purulenta al risveglio. L’otite media acuta è ad eziologia prevalentemente batterica. L’inquadramento di tale patologia nelle affezioni dell’apparato respiratorio deriva dall’esistenza di una comunicazione anatomica tra rinofaringe e cassa del timpano, mediante la tuba uditiva (di Eustachio). La patogenesi di queste forme, frequenti nella I e II infanzia, riconosce nell’ostruzione o nella disfunzione tubarica la causa di un reflusso di materiale infetto dalla faringe nell’orecchio medio. Il quadro clinico comprende sintomi non specifici come febbre, vomito, malessere generale, sonnolenza, irritabilità e/o sintomi più chiari riferibili alla presenza di essudato nell’orecchio medio quali otalgie, disturbi uditivi e, in presenza di membrana timpanica perforata, fuoriuscita di materiale sieroso o mucopurulento dal meato acustico esterno. Ripetuti episodi di otite purulenta portano ad otiti croniche, che si caratterizzano per la presenza di un persistente scolo di materiale purulento attraverso la membrana timpanica perforata. Nella genesi delle otiti croniche si riconoscono, come elementi favorenti, sia il recidivare di infezioni respiratorie, sia compromissioni locali o generali delle difese dell’ospite (12). L’insorgenza di questa patologia presenta delle insidie, in quanto il bambino spesso ha problemi di comportamento a scuola, con apprendimento rallentato, o periodi in cui durante le lezioni sembra “spento”, sintomi che potrebbero essere scambiati per “piccolo male”. L’udito può non essere costante: normale in alcune settimane e gravemente deficitario in altre. Dopo l’età di 7 o 8-9 anni i bambini colpiti da otite media hanno in genere orecchie e udito normali. Ciò si verifica come parte del decorso naturale della patologia, e non dipende dalla terapia somministrata. (17) La laringite o più specificatamente laringotracheite acuta causa l’ostruzione parziale della laringe, caratterizzata da stridore inspiratorio ed espiratorio, tosse e raucedine. L’insorgenza è preannunciata di regola da rinite;i sintomi tipici (tosse metallica, abbaiante, disfonia) sono sempre accompagnati da febbre, raramente elevata. Si tratta di una malattia quasi esclusiva dell’età prescolare. (5) La bronchite acuta ricorrente rappresenta la causa più frequente di malattia nel periodo invernale, in particolare nell’età di ingresso all’asilo nido, alla scuola materna o a quella elementare. Queste forme in linea di massima si presentano come episodi acuti che si risolvono in pochi giorni. E’ tuttavia frequente il riscontro in una certa percentuale di bambini, di episodi catarrali a ripetizione, sino alla quasi totale scomparsa dei periodi intercritici. Sono soggetti il cui sintomo principale è la tosse. In genere la tosse ha carattere spasmodico, timbro catarrale ed è presente soprattutto alla sera e al risveglio mattutino. Questa sintomatologia fastidiosa non deve essere bloccata con sedativi nel bambino. Questo è controproducente perchè l’eliminazione del riflesso tussigeno comporta ristagno di muco, che a sua volta favorisce la sovrainfezione batterica con aumentato rischio di complicazioni gravi. La bronchite cronica, è un’affezione morbosa ben definita 55 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. per l’età adulta (tosse catarrale cronica e ricorrente, presente per 5 gg. la settimana, per tre mesi consecutivi all’anno, per almeno due anni), ma in età pediatrica il termine va considerato come la descrizione fisiopatologica di un sintomo complesso, che deriva dall’interazione sia di fattori intrinseci che estrinseci. Potremmo quindi definirla come un complesso di sintomi, di tosse cronica produttiva o ricorrente, associata o meno a sibili e/o crepitii all’ascoltazione. I bambini con presenza di tosse catarrale prolungata saranno classificati, quindi come affetti da bronchite cronica aspecifica. Al contrario i bambini con presenza di broncospasmo verranno diagnosticati affetti da bronchite asmatica o da asma bronchiale. Il 75% dei bambini diagnosticati affetti da bronchite catarrale cronica presenatno obiettività toracica attribuibile a broncospasmo (sibili, gemiti). L’asma bronchiale, pur non essendo un’infezione dell’albero respiratorio, si presenta con una sintomatologia provocata dal restringimento dei bronchi e dei bronchioli derivanti dal rigonfiamento delle mucose e dalla contrazione dei muscoli delle relative pareti, con secrezioni viscide che ne ostruiscono il lume. Anche questa patologia, come le altre affezioni delle vie respiratorie, risente benevolmente in alcuni casi della crenoterapia con acqua termale. La bronchite asmatiforme è un’altra manifestazione tipica dei primi 5 - 7 - 8 anni di vita, che si presenta con broncospasmo e con carattere ricorrente, caratterizzata da tosse, catarro, respiro rumoroso e sibilante, dispnea respiratoria di vario grado ed è preceduta da prodromi caratteristici di raffreddore: congestione e/o scolo nasale, starnuti, febbre. In definitiva le malattie a carico dell’apparato respiratorio, oltre alle otiti, che risentono in misura maggiore di prevenzione, sono riconducibili alle sindromi, sino-bronchiali e bronchiti catarrali ricorrenti, bronchiti croniche nelle forme tipiche dell’infanzia e cioè “asma bronchiale” e “bronchiti asmatiformi” (15). LA CRENOTERAPIA INALATORIA L’impiego della crenoterapia inalatoria nella cura delle affezioni respiratorie risale ai tempi antichi (7): dalla Romanità all’impero Austro-Ungarico, le stazioni termali europee hanno avuto un ruolo indiscusso nella storia della medicina. Ma esiste anche una cultura termale orientale e fanno fede i centri termali cinesi sopravvissuti ai vari regimi e perfettamente funzionanti ancora oggi. In pediatria il ricorso a trattamenti terapeutici da eseguirsi in stazioni termali con l’utilizzazione di acqua minerale se attuato periodicamente e sistematicamente può contribuire principalmente alla prevenzione delle patologie proprie dell’infanzia. L’uso della terapia termale in campo pediatrico ha lo scopo di ridurre l’utilizzo e la dose dei farmaci, potenziare la terapia farmacologica, o raggiungere entrambi gli obiettivi (14). Altresì la terapia termale può prevenire il ripetersi o l’acuirsi di patologie pediatriche ORL. Sicuramente in età pediatrica è stato dimostrato che il trattamento termale offre maggiori benefici che non nelle altre età. (15) Il potenziamento delle difese orga- niche, specie a livello dell’apparato respiratorio si può ottenere con le inalazioni, nebulizzazioni ed aerosol per la presenza nell’acqua minerale di componenti quali zolfo, iodio e magnesio, rappresenta un intervento di medicina preventiva per il bambino che è sempre più soggetto, a causa dell’inquinamento ambientale a malattie allergiche (cutanee e respiratorie) e dell’apparato respiratorio. Inoltre in pediatria è soprattutto “l’acqua termale” ad avere il più vasto campo di applicazione: fra le modalità di applicazione la più diffusa è quella inalatoria. Fra tutte le acque minerali disponibili, quelle cui si fa più frequentemente ricorso per i soggetti in età evolutiva sono: le salse, le solfate, le salso bromurate (10). Anche le acque radioattive vengono utilizzate e di preferenza in corso di affezioni di tipo allergico, in quanto sarebbero in grado di denaturare l’allergene. MECCANISMO D’AZIONE DELLE ACQUE MINERALI L’impiego delle acque termali è dovuto al loro meccanismo d’azione: a) meccanismo farmacologico: secondo gli elementi attivi presenti nelle stesse (zolfo, iodio, calcio, selenio, magnesio, zinco, rame. TABELLA 1 b) meccanismo dello stress termale: agente attraverso l’attivazione del sistema neuro-endocrino-immuno-metabolico tramite la liberazione di neirotrasmettitori, di neuromodulatori e di ormoni dall’ipofisi e dal surrene (2). Altresì per capire il meccanismo di azione delle acque termali sull’apparato respiratorio in campo pediatrico, bisogna considerare la struttura e la funzione della barriera mucosa e soprattutto la componente immunitaria rappresentata dalle IgA secretorie. Nel secreto nasale le IgA rappresentano la principale classe immunoglobulinica (rapporto IgA/IgG = 100/20): è logico che un’alterazione delle IgA sia responsabile di patologia a livello rinofaringeo. Per questo, Chevance nel 1978 ha condotto ricerche sperimentali sull’immunostimolazione locale nella mucosa respiratoria di coniglio, dopo trattamento con acque termali. (1) Alla luce dei risultati ottenuti da Chevance e Coll si può affermare che uno dei meccanismi dell’azione crenoterapica è una stimolazione locale non specifica, immunitaria, a livello delle vie aeree superiori, con aumento considerevole delle cellule che elaborano IgA secretorie. Le IgA S svolgono un ruolo fondamentale di difesa contro virus (legandosi ai virioni e disorganizzandoli) e anche contro alcuni batteri (inibendo l’adesività e la moltiplicazione batterica sulla superficie mucosa). Le IgA S inoltre influiscono sulla struttura fibrillare del muco. Per tutto questo è soprattutto la I decade di vita che può trarre indubbio beneficio dalla crenoterapia inalatoria. A questa età infatti si possono riscontrare deficit elettivi di IgA sia nel siero che nei secreti: 1) deficit di tipo primitivo sia di IgA seriche che 56...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. secretorie, sia di IgA secretorie con Iga seriche normali; 2) deficit di tipo secondario a processi flogistici cronici della mucosa delle prime vie aeree e dell’albero bronchiale; proprio tali processi condizionano livelli estremamente bassi di IgA secretorie con concentrazioni di IgA nel siero normali o addirittura aumentate (13). La crenoterapia inalatoria viene praticata con: a) inalazioni caldo-umide (prime vie aeree); b) nebulizzazioni (prime e medie vie); c) aerosol (bronchi); d) insufflazioni pertubariche endotimpaniche (otite sierosa); e) irrigazioni o docce nasali (cavità nasali) utili a fini otologici (3). Se si tiene presente che la superficie di scambio alveolare è stimata pari a 60-100 m2 (9) si comprende quali siano le reali potenzialità applicative della via inalatoria. METODICA AEROSOLICA L’efficacia della nebulizzazione e/o della terapia aerosolica dipende da molti fattori. Al fine di un corretto impiego di questa metodica è utile conoscere come la penetrazione e la disposizione delle particelle inalate varino in funzione delle caratteristiche aerodinamiche delle particelle stesse, del pattern respiratorio e siano modificate da alterazioni anatomiche o funzionali delle vie aeree. Lo scopo della terapia aerosolica è quello di rilasciare particelle di acqua respirabili, con diametro <5 micron, in grado di raggiungere le vie aeree con diametro inferiore a 2 mm.. Le particelle più piccole, con diametro inferiore a 0,8 micron, sono inutili poichè si comportano come un gas inerte e quindi vengono espirate, quelle più grandi, con diametro >5 micron, si fermano nelle prime vie aeree TABELLA 2. L’aerosol è una sospensione di particelle di acqua di diametro compreso fra 0,001 e 100 micron veicolate da un gas, aria, in grado di raggiungere l’estrema periferia delle vie aeree inferiori (alveoli compresi) (19). Più schematicamente si può dire che la deposizione nelle vie aeree delle particelle aerosolizzate avviene per: inerzia, sedimentazione e diffusione e che la loro velocità di deposizione risulta prporzionale alla densità delle particelle e al quadrato del loro diametro. · L’inerzia regola la deposizione delle particelle più voluminose (>10 micron) che si formano nel comparto nasofaringeo, dove la velocità del flusso aereo è piuttosto elevato. · La sedimentazione comporta l’arresto delle particelle comprese fra 1 e 10 micron nel comparto tracheo-bronchiale, che arriva fino ai bronchioli terminali compresi, dove la velocità del flusso aereo è più modesta; · La diffusione riguarda le particelle inferiori a 1 micron che giungono a livello del <<Comparto Polmonare>> (bronchioli respiratori, dotti alveolari ed alveoli), qui il movimento del gas è lento e l’impatto inerziale è un meccanismo pressocchè inesistente per il deposito (20). Nel valutare l’efficacia di un aerosol e quindi la distribuzione delle particelle erogate, i due parametri più importanti da considerare sono: il diametro aerodinamico mediano di massa (MMAD) e la deviazione standard geometrica (GSD) del diametro delle particelle prodotte. L’MMAD è un valore mediano percentuale (ad es.: una nebulizzazione con un MMAD = 3 micron, avrà il 50% delle particelle con un diametro superiore a 3 micron). Sono da considerarsi efficienti, in generale, gli aerosol caratterizzati da particelle con diametro aerodinamico compreso fra 0,8 e 5 micron. Queste particelle costituiscono la cosiddetta frazione respirabile. L’altro parametro GSD, rappresenta una misura della variabilità del diametro delle particelle di un aerosol (es.: un aerosol con GSD elevata avrà maggior numero di particelle di diametro assai diverso fra loro rispetto ad un aerosol con GSD BASSA) (18) (4). INDICAZIONI - TERAPEUTICHE In base alle caratteristiche delle diverse acque minerali nella TABELLA n.3 sono evidenziate le <<indicazioni terapeutiche>> per le varie infezioni delle vie aeree respiratorie. Nella TABELLA n.4 d’altra parte si indicano le patologie che ricavano migliori benefici dall’uso delle acque minerali (15). MATERIALI E METODI Scopo di questo nostro studio è quello di valutare statisticamente la percentuale di cure inalatorie erogate in età pediatrica presso le terme di Torre Canne negli anni dal 1997al 99 e l’eventuale efficacia terapeutica in campo pediatrico ORL, delle acque cloruro-solfato-sodiche lievemente bromurate e radioattive, con un residuo secco di gr.9,12 per litro, delle Terme di Torre Canne; azione terapeutica d’altronde già nota per i benefici sulle patologia artro-reumatiche e ginecologiche sin dagli anni ‘40, epoca in cui Torre Canne fu riconosciuta ufficialmente stazione termale. Il complesso termale di Torre Canne sorge a pochi metri dalla costa adriatica, ove la spiaggia si incurva in un ampio seno, ricchissimo di finissima sabbia e presenta, anche durante la stagione calda, una costante temperatura che rende il clima di tale zona fra i più temperati. L’acqua utilizzata per le cure inaltorie proviene dalla sorgente Antesana, le cui caratteristiche chimico-fisiche sono indicate nella TABELLA n.5. Le inalazioni, sono caldo-umide a getto diretto, nelle quali la componente idrica è l’unico costituente. La loro prerogativa è quella di umidificare le mucose trattate e hanno come target principale tutte le condizioni di flogosi atrofica. Il DAMM piuttosto elevato consente un impatto a carico delle più elevate vie aeree con una più modesta deposizione nell’albero tracheobronchiale. Consistono in un getto di vapore che nebulizza l’acqua 57 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità ............................................................................................................................... ... ............................................................................................................................................................................................................................................................. termale in particelle non troppo fini (78-10 micron) e le trasporta verso la mucosa delle vie respiratorie. E’ una terapia particolarmente adatta per le affezioni croniche delle prime vie aeree (rinofaringe, laringe, trachea, grossi bronchi). Viene effettuata dai bambini respirando normalmente con la bocca aperta, ad una distanza di 20-30 cm. dall’apparecchio. Si esegue una applicazione al giorno di circa 10 minuti ciascuna per un totale di 12 giorni di terapia. I dati tecnici dell’apparecchio per inalazioni sono: · Alimentazione elettrica: 220 V 50HZ monofase. · Potenza assorbita 1000 W. · Alimentazione idraulica: acqua termale con portata di 0,5 litri al minuto, pressione di 2 - 3 bar, attacco 3/8”, Gas f. · Scarico: diametro di 32. Le sedute di aerosol consistono in applicazioni con apparecchi individuali che consentono di produrre un’aerosolato costituito da particelle piccole (1-2 micron di diametro), regolari e riscaldabili, in grado di raggiungere le zone più difficilmente accessibili delle vie aeree superiori (seni paranasali, tube di Eustachio) nonchè le più fini diramazioni dell’albero bronchiale. Le aerosolizzazioni si ottengono mediante fini microvibrazioni che determinano un “aerosol” penetrante in virtù di un DAMM reso piccolo. Ciò ne accelera il flusso che impone quindi un impatto anche nelle vie aeree meno prossimali e in condotti come di quello di Eustachio o nei seni paranasali, posti in parallelo al flusso aereo principale. Le indicazioni dell’aerosol riguardano quindi patologie di aree non viciniori al flusso aereo principale, come otite, sinusite, ecc., mentre, per quanto attiene alle vie aeree inferiori, l’ipersecrezione bronchiale costituisce indicazione privilegiata. L’aerosol viene eseguito respirando normalmente per un tempo di 10 minuti attraverso un boccaglio, una forcella nasale o una mascherina facciale. Se ne pratica uno nella giornata per un ciclo di 12 gg.. I dati tecnici dell’apparecchio per aerosol sono: · Alimentazione elettrica: 220 V, monofase 50 HZ, potenza assorbita 300 W. · Alimentazione idraulica: acqua termale 0,5 lt/min, pressione 2 - 3 bar, attacco 3/8” Gas F., scarico diametro di 32. Le nebulizzazioni sono praticate in ambiente con dissociazione di gas. La terapia è eseguita collettivamente e consiste nel respirare idrogeno solforato che si libera dall’ acqua nell’ ambiente per caduta. Essendo una terapia inalatoria “secca”, l’ indicazione primaria è data da affezioni caratterizzate da ipersescrezione catarrale o mucosa sia delle alte che delle basse vie respiratorie. A differenza delle inalazioni a getto, costituite da particelle troppo grosse per poter penetrare in profondità nelle vie aeree, le nebulizzazioni o humages, utilizzando gas, sono in grado di agire anche a livello delle più fini diramazioni dell’ albero bronchiale. Le indicazioni terapeutiche, quindi, sono simili a quelle dell’ aerosol. La seduta è unica nella giornata, della durata di 5-10 minuti, per un ciclo di 12 giorni. I dati tecnici dell’apparecchio per nebulizzazioni sono: Alimentazione idraulica: · acqua termale 3 litri/min. a 3 bar, 3/8” Gas f.. · area compressa 320 litri /min. a 3 bar, 3/4 Gas f.. · scarico: diametro 20 Gas f. Le insufflazioni entotubariche vengono eseguite con vibroinsufflatore tubarico per insufflazioni tubo-timpaniche e per vibrocateterismo tubarico vibrato mediante gas ed aerosoli dissociati e formati con acqua termale. Funzionamento autonomo a voltaggio fisso 220 V. L’apparecchio è predisposto per l’utilizzazione di acqua termale direttamente dalla bottiglia, senza travaso e quindi senza alcuna dispersione di idrogeno solforato. Tutte le parti del circuito a contatto dei gas dissociati e degli aerosoli sono costruite con materiali che non modificano le caratteristiche e le proprietà degli stessi. Le irrigazioni o docce nasali, sempre utili anche a fini otologici si effettuano facendo fluire in corrente continua, acqua termale temperata nelle cavità nasali per una durata di 10’. Il lavaggio, oltre alla funzione antisettica, assolve una clearance depurativo-meccanica delle secrezioni nasali e di eventuali falde crostose. CASISTICA Presso le Terme di Torre Canne l’affluenza per anno, di bambini da 2 a 15 anni, tra il 1997 e il 1999 è stata di 450 soggetti, di cui 278 maschi e 172 femmine con una percentuale del 38% sul totale degli accessi termali. Di questi, 280 bambini presentavano I.R.R. (diagnosi riscontrata sulla prescrizione-proposta del Pediatra di famiglia). Invece 170 bambini presentavano sordità rinogena od otiti catarrali. Sono stati seguiti presso l’ambulatorio pediatrico termale, nell’arco di 3/4 mesi per anno, 41 pazienti con I.R.R. e considerati i casi nei quali la frequenza delle infezioni fosse superiore a 6 episodi per anno o un’infezione al mese nel periodo di massima esposizione. Compresi in un range di età fra 3-4 a. e 15 a.. Di questi, 25 sono di sesso maschile e 16 di sesso femminile. Il primo approccio diagnostico è stato rivolto ad una raccolta anamnestica riferita dai genitori mediante un nostro protocollo d’indagine, costituito da cartella clinica, a cui ha fatto seguito una accurata visita pediatrica con valutazione globale delle condizioni del sistema naso-faringe (congestione faringea, congestione nasale, ostruzione e rinorrea) e del sistema tracheo-bronchiale (presenza o meno di rumori umidi e/ o secchi). Dalle notizie raccolte è emersa una familiarità positiva (genitori e/o fratelli) per allergia nel 42% dei casi, per I.R.R. nel 9% e nel 2% dei casi erano presenti altre patologie di rilievo (malattie auto immuni). 58...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. RISULTATI La terapia condotta ogni anno, ha compreso in tutti i casi: 12 inalazioni caldo umide, 12 aerosol e 12 nebulizzazioni. Al termine della cura un colloquio di valutazione ha permesso di identificare, nei 3 anni successivi, modificazioni sintomatiche e di riduzione della frequenza di I.R., verosimilmente attribuibili alla terapia termale. I miglioramenti ottenuti, relativi a tutti i parametri - sistema naso-faringe, sistema tracheo-bronchiale e alle recidive di infezione, meno frequenti rispetto agli anni precedenti, sono compresi tra il 65% e il 100% e sono statisticamente significative. Sensibilmente migliorate in tutti i casi le condizioni del trofismo mucoso, vascolarizzazione e produzione catarrale fraingea e della mucosa nasale. CONCLUSIONI Lo studio permette di affermare che l’acqua “cloruro-solfato-sodica” delle Terme di Torre Canne, ha una reale efficaciaerapeutica a breve e medio termine nel trattamento di I.R.R. in soggetti di età pediatrica. Si evidenzia in ogni caso un miglioramento dei parametri sintomatologici e dell’obiettività che conferma e supporta quanto ipotizzato circa i meccanismi d’azione e generali della crenoterapia con acqua salsa. terapeutica a breve e medio termine nel trattamento di I.R.R. in soggetti di età pediatrica. Si evidenzia in ogni caso un miglioramento dei parametri sintomatologici e dell’obiettività che conferma e supporta quanto ipotizzato circa i meccanismi d’azione e generali della crenoterapia con acqua salsa. ·A c q u e s als e, s al so s o lfa to -al cal in o + az io n e a n tifl o g is tic a t erro s e, b ic arb o n at e s o lfat e + azi o n e m i o rila ss an t e ·A cq u e s o lfu re e + az io n e m u co li tic a + az io n e a n tit o ss ic a + azi o n e d i d i fes a ·A cq u e s al so b ro m o io d ic h e + azi o n e ip e rto n ic a + az io n e a n tis et tic a + azi o n e s u lla m o ti lit à d el le c ig li a V ib ra til i ·A cq u e a rse n ica li-fe rru g in o s e + a zio n e tro fic a + a zio n e an ti sp a tic a ·A cq u e rad io a tti v e + azi o n e an t ial lerg ic a + a zio n e b ro n co d il ata tric e Pe rcen t u ale d i d ep o s iz io n e d i aero s o l (d i am e tro ) D i am e tro a ero d in a m ic o d ell e p art ice lle in Mm % d i D ep o s izi o n e O ro farin g e a trac h eo b ro n ch i ale al v eo la re 1 0 0 16 2 0 2 40 3 5 7 50 4 20 12 42 5 37 16 30 6 52 21 17 7 56 25 11 8 60 28 5 59 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. A C Q U E M IN E R AL I : IN D IC A Z IO N I TE R A P E U TIC H E S o lfa to -b ic arb o n at o -alc ali n e Fl o g o si cat arral i p rim e v ie aere e e a lca lin o -t erro s e T o ss e s tizzo s a d a trac h eit e Sa ls e F lo g o s i m u co -p u ru le n te p ri m e v i e aere e e b ro n c h ali Fl o g o si reci d iv an t i ap p ara to res p ira to rio i n b am b i n i c ata rrali e ad e n o iid e i S al so -b ro m o -io d ic h e Fl o g o si reci d iv an ti p rim e v ie aere e (fa rin g it i, la rin g it i, o ti ti, s in u s it i) b ro n ch i ti i n b am b i n i ad e n o id ei e cat arral i S o lfu ree -alc ali n e Fl o g o si cat arral i p rim e v ie aere e, b ro n c h iti as m at ifo rm i .R in it e v as o m o t o ria e d as m a b ro n c h ial e R ad io a tti v e A ffez io n i re sp i rato ri e s u b as e al lerg ic a INFEZIONI ORL: ACQUE MINERALI CONSIGLIATE ·Faringiti e laringiti croniche Acque salse, salso-iodiche, solfuree ·Esiti di adenoidectomia e Tonsillectomia Acque salse, salso-iodiche e solfuree ·Tracheiti e bronchiti croniche Acqua bicarbonato-solfate. Acque solfato-bicarbonato-alcalinoterrose ·Riniti catarrali croniche Otiti Solfuree Sinusiti Acque salso-bromo-iodiche ·Asma bronchiale Acque cloruro-sodiche miste-Radioattive Acque arsenicali-ferruginose BIBLIOGRAFIA (1)Chevance L G, Lesourd M. Etude cytochimique quantitative de l’immunostimulation locale des musqueses respiratoires par une eau termale. (2)Costantino M, Filippelli W, Falcone G, Russo F, Lampa E, Rossi F. Medicina Clinica e Termale: Uso dei mezzi termali in campo geriatrico, n°42: 9-14, 1998. (3)Ferrara A, La Rosa M, Passali D. Terapia Inalatoria. Edizioni Scientifiche Valeas 1993. 4)Ferron G A. Aerosol properties and lung deposition Eur. Respir J. 7 (8): 1392-1394, 1994. (5)Fiocchi A, Grasso V, Garofalo R, Zuccotti G, Riva E, Giovannini M. Infezioni virali delle vie aeree in età pediatrica: prospettive di chemioprofilassi e chemioterapia. Medicina Clinica e Termale, I° trimestre 1988; anno II n°2: pag. 6-17. (6)Fox J P. Family-based epidemiology studies. American J. 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TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. TEA 61 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. EDUCAZIONE ALIMENTARE E DOMANDA DI ALIMENTI GENETICAMENTE MODIFICATI PER LA PRIMA INFANZIA. Dimensione Ipotetico Mediante la tecnica del Focus Group.Risultati di uno Studio di Case-Cross-Over. Michele Panunzio§, Vincenzo Cipriani*, Alessandra Pisano§, Antonietta Antoniciello§, Lorenzo De Michele§, Patrizia Tomaiuolo§, Giorgio Bronzetti** Sommario Scopo del lavoro è valutare l’impatto dell’educazione sanitaria sul comportamento della domanda di alimenti transgenici e studiare i relativi fattori determinanti. In uno scenario simulato di etichettatura di ingredienti transgenici, è stato analizzato l’andamento degli acquisti nel periodo maggio-ottobre 2000 di alimenti destinati al divezzamento. Con la tecnica dei focus groups una coorte di 60 madri residente nel sud Italia ha seguito due corsi di educazione alimentare per la prima infanzia, uno con minimizzazione dei rischi sanitari da alimenti transgenici ed uno con accentuazione dei rischi per gli stessi alimenti. Sono state calcolate le misure descrittive per lo studio degli acquisti. E’ stata utilizzata la regressione multipla per lo studio dell’associazione tra i fattori determinanti e le variazioni negli acquisti. Nello studio è stato utilizzato il tasso di conversione di 1 euro (•) = 1936,27 lire italiane (L). La spesa settimanale media di alimenti per il divezzamento contenenti ingredienti modificati è passata da L44.500 (•22,98) nel periodo di run-in, a L43.700 (•22,57) nel periodo successivo al corso di educazione alimentare con minimizzazione dei rischi, a L35.600 (•18,39) in quello successivo all’accentuazione dei rischi. Tale riduzione era correlata positivamente al reddito annuo, all’età ed al grado di istruzione di entrambi i genitori. Keywords: Alimenti transgenici, Educazione alimentare; Fattori determinanti; Analisi di regressione multipla; Focus groups. 1. Introduzione I rischi per la salute derivanti dagli alimenti transgenici coinvolgono ampi settori della ricerca scientifica, oltre ad interessare il grande pubblico circa le paure di una tecnologia, l’ingegneria genetica, di cui non ancora si conoscono appieno gli effetti sull’ambiente e sull’uomo. [1-2]. La preoccupazione riguardo ai pericoli degli alimenti transgenici è diffusa soprattutto in Europa, dove il dibattito è focalizzato sulla “brevettabilità” degli organismi geneticamente modificati. La legislazione UE non prevede l’esplicito divieto a brevettare vegetali, animali e microrganismi (batteri e funghi). [3] Si possono brevettare, ad esempio, geni modificati, animali transgenici, terapie geniche e farmaci ottenuti con ingegneria genetica; mentre non è possibile brevettare, perché esplicitamente vietato, l’embrione, la clonazione di esseri umani, le modifiche dell’identità genetica dell’uomo e degli animali, se quest’ultime provocano sofferenze agli stessi animali. Sul fronte dell’etichettatura, le legislazioni dei paesi comunitari prevedono che sia presente in etichetta la dicitura “OGM” (Organismi Geneticamente Modificati) solo quando il gene modificato sia presente nell’alimento; mentre le associazioni dei consumatori hanno chiesto alla Commissione Europea una chiara distinzione anche per quei prodotti che contengono derivati di OGM. [4-5]. Bernard Dixon nell’editoriale apparso sul BMJ del 27 febbraio 1999 [6] dedicato agli alimenti transgenici citava tra i paradossi più eclatanti il fatto che nel Regno Unito, dove è più vivace il dibattito sugli alimenti di Frankestein, così come vengono chiamati dalla stampa, questi vengano venduti bene, a dispetto di tutte le campagne che ne esaltano i rischi sanitari. L’articolo è di stimolo per un dibattito circa l’influenza dei mass media sul comportamento dei consumatori, che sembra più orientato alla novità e praticità, che spaventato dai possibili rischi per la salute. L’editoriale squarcia il velo di silenzio della classe medica nel dibattito pubblico che si sta sviluppando sugli alimenti transgenici. [7] Nel nostro lavoro ci siamo chiesti non quale posizione devono sostenere i medici - tenuto conto che occorre prestare fede all’evidenza scientifica anche nella formulazione dei rischi potenziali - bensì quale e quanta influenza abbia il messaggio dell’educazione sanitaria sul comportamento dei consumatori. Ciò per evitare frustranti e pericolosi paradossi. Scopo dello studio era quello di: · valutare l’impatto dell’educazione alimentare sulla domanda di alimenti della prima infanzia contenenti ingredienti “geneticamente modificati”; · analizzare i fattori determinanti di tale impatto. 2. Materiali e metodi Questo lavoro della durata di sei mesi è stato condotto secondo un disegno prospettico, randomizzato. E’ stata utilizzata la tecnica del focus group per sviluppare uno scenario ipotetico di etichettatura di ingredienti transgenici. La tecnica del focus group consiste nel ricercare atteggiamenti e comportamenti di un gruppo di consumatori nei confronti di una serie di consumi e dei relativi prodotti. Si è pertanto simulato che gli alimenti contenenti in etichetta la dicitura “amido di mais modificato” potessero contenere alimenti transgenici (AT). In verità, “amido modificato” per la legislazione italiana sta ad indicare: “amidi che hanno 62...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. subito la modifica di una o più delle proprietà originali mediante procedimenti fisici, enzimatici, chimici oppure a mezzo di una combinazione di tali procedimenti”. Sono perciò modificati tutti gli amidi “non nativi” (intendendo per “nativi” amidi estratti dalla materia prima senza subire modificazioni chimiche, fisiche e funzionali) che hanno subito un intervento (solitamente una idrolisi parziale durante un trattamento termico in presenza di acqua) volto a migliorarne le proprietà funzionali (solubilità, capacità di trattenere acqua, ecc.). Quindi, il termine “modificato” non implica manipolazione genetica. A questo punto va però aggiunto che, per la legislazione inerente gli OGM, la loro presenza va dichiarata in etichetta solo se il gene modificato viene introdotto nell’alimento. Tenendo conto che l’amido, come prodotto di riserva di una pianta, non contiene DNA, anche se proviene da OGM non può essere identificato (in etichetta compare sempre come “amido” o “amido modificato”). Altro aspetto da tener presente è che gran parte del mais coltivato in America (più importante fonte di amido nel mondo) deriva da OGM. E’ perciò molto probabile che, quando in un prodotto c’è amido, questo possa provenire da piante transgeniche. Inoltre, gli alimenti destinati all’infanzia per bambini fino a tre anni non devono contenere, così come prevede la legislazione italiana, ingredienti transgenici. Tutti questi aspetti sono stati ampiamente spiegati ai focus group. 2.1. Soggetti Sono state considerate eleggibili per l’inclusione le madri, residenti nella ASL FG/3 di Foggia, di neonati con età compresa tra i 6 e gli 8 mesi di vita. Da marzo a maggio 1999 sono state reclutate, con la tecnica della randomizzazione, 95 mamme dal registro vaccinazioni della sede di Foggia del Dipartimento di Tabella 1: Età del padre e della madre, reddito annuo pro-capite. Vari ab il e M ed i a DS Ra nge M ed ia n a E tà m ad re a 2 6 ,4 4 ,3 4 19 - 36 26 E t à p ad re a 3 0 ,1 4 ,5 0 21 - 41 29 E tà d e l b am b in o b 8 1 ,2 4 ,1 - 1 0 ,3 9 ,2 R ed d it o an n u o p ro-ca p ite c 7 .8 4 3 ,2 5 6 .0 9 5 ,6 75 1 .4 2 5 - 2 9 .4 2 1 5 .4 7 3 a anni mesi c in migliaia di lire, pesato per età dei componenti nucleo familiare: 1,2 classe 0-4 anni; 1,1 classe 5-15 anni; 0,8 classe 16-69 anni; 1,2 classe ³ 70 anni. b Tabe lla 2: g rad o d i istru zio ne della m adre e del pa dre G rad o d i is tru zio ne della m a dre G rad o di i stru zio ne del pa dre Lic en za ele m . M edia inf. M e dia s up. Laure a To tal e n % n % n % n % n % L ice n za e lem enta re 6 7,5 1 1,3 - - - - 7 8,8 M edia inf. 3 3,8 18 22 ,5 10 12 ,5 - - 31 38 ,8 M e dia s up. - - 8 10 ,0 18 22 ,5 9 11 ,2 35 43 ,7 Laure a - - - - - - 7 8,7 7 8,7 To tal e 9 11 ,2 27 33 ,8 28 35 ,0 16 20 ,0 80 10 0,0 Le variabili descrittive sono rappresentate in tabella 1. Nella tabella 2 viene riportato il grado di istruzione dei genitori. I criteri di esclusione hanno riguardato: 1) madri di neonati con patologie che implicavano uso di alimenti specifici. Tutte le partecipanti hanno fornito il loro consenso orale o scritto. Prevenzione dell’ASL FG/3 (Figura 1). Figura 1: Confronto fra spese medie settimanali nelle diverse fasi dello studio. *, P<0,001; NS, non significativo. run-in = spesa settimanale media nella fase di run-in min = spesa settimanale media nelle 4 settimane successive al CEAI con minimizzazione dei rischi max = spesa settimanale media nelle 4 settimane successive al CEAI con massimizzazione dei rischi 2.2. Disegno dello studio Dopo una fase preliminare di run-in di 2 settimane, delle 95 mamme reclutate 83 mamme hanno aderito allo studio e sono state assegnate in randomizzazione a due gruppi: uno (di 42 mamme) che ha partecipato al Corso di Educazione Alimentare nell’Infanzia con minimizzazione dei rischi (CEAI-min) degli alimenti transgenici (AT) della durata di 12 ore distribuite in 2 settimane; l’altro (di 41 mamme) al Corso di Educazione Alimentare nell’Infanzia con massimizzazione dei rischi (CEAImass) derivanti dall’assunzione degli alimenti transgenici (AT), della durata di 12 ore distribuite in 2 settimane. Il comportamento dei consumi è stato rilevato nelle 4 settimane successive. Dopo un periodo di “wash-out” di 6 settimane, che è coinciso con il periodo estivo, i gruppi sono stati incrociati per il corso di educazione alimentare nell’infanzia con massimizzazione dei rischi ed alternativamente con minimizzazione dei rischi degli AT, ambedue della durata di 12 ore distribuite in 2 settimane. Le rilevazioni dei consumi di 63 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ .................................................................................................................................. TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. alimenti per la prima infanzia sono state eseguite nelle successive 4 settimane. I CEAI sono stati tenuti presso il Centro di Sorveglianza Nutrizionale ed Educazione Alimentare del Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione della ASL FG/3. Al termine dello studio ciascun soggetto è stato considerato caso e controllo di se stesso. Le equipe di docenti dei due corsi erano distinte: una per i corsi con massimizzazione del rischio ed una per i corsi con minimizzazione del rischio. La rilevazione dei consumi di alimenti della prima infanzia contenenti “amido di mais modificato” è stato effettuato mediante un diario giornaliero. 2.3. Statistiche Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il programma SPSS per Windows 5.0.1. L’ipotesi nulla di non differenza fra gruppi nella spesa in lire per l’acquisto di prodotti per l’infanzia contenenti ingredienti geneticamente modificati prima e dopo i CEAI di minimizzazione e massimizzazione dei rischi è stata valutata con il test sui ranghi di Wilcoxon e i valori di P<0,05 sono stati considerati significativi. La tecnica della regressione multipla è stata utilizzata per l’analisi dei fattori determinanti. Il grado di istruzione, il reddito pro-capite pesato e l’età dei genitori sono stati considerati come variabili indipendenti; la spesa in lire per l’acquisto di alimenti per l’infanzia contenenti ingredienti geneticamente modificati come variabili dipendenti. L’analisi di regressione è stata utilizzata sulla trasformazione logaritmica della differenza della somma, in lire, spese prima e dopo il corso di alimentazione nell’infanzia con massimizzazione dei rischi. seguito al corso di educazione sanitaria in cui venivano esaltati i rischi sanitari. La riduzione negli acquisti può essere spiegata con l’adesione al messaggio proveniente da una fonte riconosciuta autorevole e valida. Ta b ell a 3 : R i as su n t o d ell' an al is i d i re g res si o n e m u l tip l a Vari ab il e C o effic ien t e b R ed d i to an n u o p ro -c ap it e 0 ,9 1 * * E tà d el p a d re 0 ,3 8 * E tà d ell a m a d re 0 ,2 0 * G rad o d i i st ru zio n e d el p a d re 0 ,9 4 * * * G rad o d i i st ru zio n e d ell a m a d re 0 ,9 0 * * * L iv e llo d i si g n ific ati v ità : * * * P < 0 ,0 0 1 ; * * P< 0 ,0 1 ; * P< 0 ,0 5 Il messaggio ha avuto maggiore effetto tra coloro che disponevano di un reddito più elevato, di maggiore grado di istruzione ed un’età dei genitori relativamente più alta. Anche se tali risultati necessitano di ulteriori lavori per confermare l’ipotesi considerata, tuttavia, quelli emersi nello studio sono un indizio della necessità di un maggior riconoscimento nell’iniziativa dei medici di diffondere corretti principi di alimentazione e nutrizione. Bibliografica 3. Risultati La spesa settimanale media è passata da L44.500 (•22,98) nel periodo di run-in, a L43.700 (•22,57) nel periodo successivo al corso di educazione alimentare con minimizzazione dei rischi (-1,8%, P>0,05, run-in versus CEAI-min), a L35.600 (•18,39) in quello successivo al corso di educazione alimentare con massimizzazione dei rischi (-20,0%, P<0,001, run-in versus CEAI-mass; -18,5%, P<0,001, CEAI-min versus CEAImass). Inoltre, il reddito annuo pro-capite, l’età e il grado di istruzione, sia del padre e che della madre, erano positivamente associati con la differenza di prodotti acquistati prima e dopo i CEAI con massimizzazione e minimizzazione dei rischi (tabella 3). 1. Serageldin I. Biotechnology and food security in the 21st century. Science. 1999;285(5426):387-9. 2. Persidis A. Agricultural biotechnology. Nat Biotechnol. 1999;17(6):612-4. 3. McCabe H, Butler D. European Union tightens GMO regulations. Genetically modified organisms. Nature 1999 Jul 1;400(6739):7 4. 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Dallo studio è emersa una riduzione significativa nell’acquisto dei prodotti per la prima infanzia contenenti OGM in *Servizio di Igiene degli alimenti e della Nutrizione - Azienda Sanitaria Locale FG/3, Foggia - Italy * Dipartimento di Prevenzione – Azienda Sanitaria Locale FG/3, Foggia - Italy ** Istituto di Mutagenesi e Differenziamento - Consiglio Nazionale delle Ricerche, Pisa - Italy 64...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità ............................................................................................................................................................................................................................................................. Informazione Pubblicitaria “il mondo non è più quello di una volta, il mondo è cambiato con WIND” Operatore di servizi di comunicazione integrati fisso-mobile-Internet, unico in Italia e tra i primi in Europa Wind Telecomunicazioni SpA, società partecipata da Enel e France Telecom, viene costituita nel dicembre 1997. In soli 6 mesi Wind raggiunge il suo 1° milione di clienti e in meno di 2 anni supera gli 8 milioni, classificandosi come il più veloce start-up tra le società di telecomunicazione in Europa. Wind, fin dalla nascita, si impone sul mercato come unico operatore in grado di offrire convergenza, servizi di comunicazione integrati di telefonia fissa, mobile e Internet; per la sua capacità di innovazione tecnologica, organizzativa e di marketing; per la trasparenza delle tariffe, conteggiate a secondi di conversazione effettiva, senza canone, senza scatti alla risposta, IVA inclusa, in modo da consentire al cliente il pieno controllo sui propri consumi; per la convenienza, praticando prezzi decisamente competitivi. Nel luglio ’99 acquisisce ItNet, Internet Service Provider, per la fornitura di servizi e contenuti Internet ad hoc per le aziende. Nel novembre ’99 Wind lancia il servizio di accesso gratuito a Internet, contribuendo alla diffusione di Internet in Italia, con l’obiettivo di favorire l’accesso anche dal computer di casa a contenuti e servizi di utilità per le famiglie. Il portale InWind (www.inWind.it), poi, è il primo portale “multi-device” che consente l’accesso al Web attraverso un PC o un telefonino WAP. Quest’anno Wind completa la liberalizzazione delle Telecomunicazioni italiane, con il lancio della propria proposta commerciale e con il collegamento dei primi clienti – sia singoli cittadini che aziende- all’ultimo miglio di linea telefonica fissa. Dando dunque la possibilità di disdire l’abbonamento dal gestore ex-monopolista. L’offerta sarà disponibile, nella prima fase (entro maggio) nelle città di Roma e Milano; successivamente verrà estesa gradualmente in tutto il resto del Paese. La proposta commerciale che Wind farà al mercato dei clienti di rete fissa – LineaWind – è molto semplice ed in linea con la trasparenza connaturata alle offerte di Wind. Con TuttoWind, inoltre, si potrà abbinare in una sola bolletta l’intera spesa telefonica familiare (fisso/mobile). Wind è la prima compagnia telefonica in Italia e tra le prime in Europa ad acquisire, anche per la telefonia cellulare, la certificazione ISO 14001 del Sistema di Gestione Ambientale. Il prestigioso certificato impone rigorose scelte nella progettazione, installazione ed esercizio degli apparati di rete fissa e mobile. Scelte che consentono di tutelare l’ambiente e le persone. 65 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. L’EPIDEMIOLOGIA DELL’INFEZIONE DA HIV-1 E LE EVIDENZE DI EFFICACIA DELLA TERAPIA ANTIRETROVIRALE *Buccoliero Giovanni, **Moscogiuri Rossella, *Resta Francesco Introduzione Dopo il riconoscimento nel 1981 dei primi casi di AIDS negli USA, l’infezione da HIV-1 ha raggiunto un livello di pandemia globale ed è divenuta l’odierna piaga mondiale. Oltre 5 milioni di adulti e bambini sono morti a causa dell’ l’AIDS che sta diventando la causa principale di morte nelle maggiori città degli USA, dell’Europa e dell’Africa subsahariana (1). Si stima, infatti che più di 24 milioni di adulti e 1.5 milioni di bambini si siano infettati con l’HIV-1 ed ogni giorno sono quasi 10 mila le nuove infezioni. Con il continuo incremento delle infezioni in Africa e nel Sud-Est asiatico, queste potrebbero apparire stime contenute. La lunga latenza dell’infezione virale ha reso più difficile la conoscenza di portatore del virus e di conseguenza ne ha facilitato la diffusione incontrollata. Senza un efficace vaccino o una terapia curativa nel prossimo futuro, questa riserva di 20 milioni di sieropositivi determinerà inevitabilmente un ulteriore incremento della morbidità e della mortalità correlata all’AIDS. La diffusione dell’epidemia nel mondo La pandemia dell’HIV può essere suddivisa in quattro fasi: 1) comparsa, 2) diffusione, 3) escalation, 4) stabilizzazione. Prima che l’AIDS fosse riconosciuta, l’infezione da HIV era già presente in lontane zone rurali, dove era endemica a bassi livelli; di qui si diffuse, in seguito, anche in zone urbane più popolate. La diffusione silente dell’infezione avvenne attraverso la popolazione sessualmente attiva, ( prostitute ed i loro clienti), nei paesi in via di sviluppo, e attraverso gli omosessuali nei paesi industrializzati. Durante la fase di diffusione, il virus raggiunse rapidamente varie regioni del mondo, favorito dagli spostamenti delle popolazioni e dai viaggi, ponendo così le basi per un’esplosione epidemica. Oltre alle migrazioni e ai viaggi internazionali, un altro fattore, correlato alla migrazione e all’urbanizzazione, fu il crollo sociale di alcuni paesi come l’Africa sub-sahariana. Cambiò la cultura, la commercializzazione del sesso divenne più comune, i servizi medici diminuirono o non furono raggiungibili e la trasmissione della malattia per via sessuale aumentò in frequenza. La disorganizzazione sociale e il cambiamento culturale insieme all’incremento della povertà, aumentarono la suscettibilità all’infezione da HIV. Questi ed altri fattori hanno influenzato la fase di escalation, avvenuta nel 1980. La trasmissione dell’HIV si è diffusa suc- cessivamente in popolazioni con altri fattori di rischio, come l’uso di droghe da iniettare (IDU), partners eterosessuali di individui infetti e trasfusioni di sangue. Una quarta fase della pandemia dell’HIV è divenuta evidente in Australia, in Nord-America e nell’Europa occidentale, dove sembra che la prevalenza dell’HIV e il numero dei casi di AIDS si sia attestato su un tasso di prevalenza stabile che potrebbe indicare che il numero dei morti per AIDS sia uguale a quello delle nuove infezioni. Il dato potrebbe anche mascherare uno sproporzionato incremento di alcune modalità di trasmissione come quella eterosessuale o uno sproporzionato aumento di nuove infezioni nella popolazione giovanile, come recentemente è stato osservato negli USA ed in Europa. Epidemia dell’infezione da HIV-1 nell’area jonica In Italia a giugno 2000 sono stati notificati 46.534 casi di AIDS e la Puglia è l’ottava regione per numero cumulativo di casi segnalati con un tasso di incidenza per 100 mila abitanti pari all’1,9 nel periodo luglio 1999 e giugno 2000. Tale dato risulta il più alto delle regioni meridionali (2). I dati del registro AIDS regionale indicano come l’area jonica abbia il tasso di incidenza (3,5 per 100/mila abitanti) più alto di malati rispetto a tutte le altre province. Particolare è anche l’osservazione della tendenza all’incremento dei casi negli ultimi due anni in contrasto a quello registrato nelle altre realtà della regione. Il numero di casi di AIDS registrati risulta comunque essere una sottostima e non dà realmente l’idea dell’epidemia dell’infezione da HIV-1. Presso la divisione di Malattie infettive dell’Azienda Ospedaliera “SS Annunziata” di Taranto è attivo un data base che contiene informazioni su 588 sieropositivi per HIV-1 di cui il 72% di età compresa tra i 25 e i 39 anni; il 75.5% sono maschi. Il virus è stato contratto nella maggior parte dei casi (70%) a seguito dell’uso di droghe per via iniettiva con scambio di siringhe infette, nel 25% dei casi per via sessuale e nel 2% dei casi a seguito di trasfusioni. Il 40% ha già sviluppato una patologia opportunistica definente l’AIDS e di questi il 60% è deceduto. Una particolare caratteristica dell’epidemia dell’infezione da HIV-1 nell’area jonica è la distribuzione territoriale dei soggetti infetti 2/3 dei quali sono residenti nella città al contrario di altre realtà della regione dove la maggior concentrazione di sieropositivi risiede nei comuni di provincia. Un altro dato discordante rispetto alle altre realtà della nostra regione scaturisce dall’analisi dell’andamento tempo- 66...................................................................................................................................................................................................................n.....51 Marzo .....Febbraio ..............-... ..........2001 ...... TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. rale dei casi notificati di AIDS all’Osservatorio Epidemiologico Regionale . Si rileva un incremento progressivo dei casi notificati per provincia sino al 1996 con successivo decremento negli anni 1998 e 1999 che continua per tutte le province ad eccezione di Taranto. Esemplificativo a tal riguardo è il confronto tra l’area jonica della ASL TA/1) e la ASL BA/4 (Figura 1). L’aumento di casi di AIDS osservati e notificati nella nostra area jonica si spiega essenzialmente con la tipologia dei soggetti interessati, i quali non afferiscono ai centri clinici per motivi diversi. In alcuni casi si tratta di soggetti con sieropositività per HIV-1 non nota e che arrivano alla prima osservazione già con la diagnosi di malattia. Si tratta in prevalenza di soggetti che pur avendo avuto comportamenti a rischio in passato, non ritengono di appartenere alle cosiddette categorie a rischio e quindi non si sottopongono al test anti-HIV. In altri casi si tratta di soggetti che pur essendo a conoscenza della loro sieropositività non afferiscono con regolarità ai centri clinici: o perché tossicodipendenti attivi o perché rifiutano l’idea della malattia. In tutti i casi si tratta di soggetti che non assumono farmaci antiretrovirali. Terapia antiretrovirale: lo stato dell’arte La terapia antiretrovirale di combinazione con gli inibitori della proteasi da dicembre 1996 ha modificato sensibilmente la storia naturale dell’infezione da HIV-1 riducendo i casi di morbidità e di mortalità (3, 4, 5). Attualmente disponiamo di diversi farmaci antiretrovirali con solo due target di azione: gli inibitori della trascrittasi inversa che inibiscono direttamente la replica del virus e gli inibitori della proteasi che impediscono la formazione di particelle virali attive e quindi incapaci di infettare altre cellule. Questi farmaci si sono dimostrati efficaci nel ridurre la replica virale e nel recupero immunologico dei soggetti infetti con conseguente rallentamento della progressione ad AIDS e aumento della sopravvivenza. Dall’inizio dell’uso della terapia di combinazione nel 1997, ad oggi, nella nostra esperienza abbiamo osservato oltre che una riduzione dei casi di malattia e dei decessi anche una riduzione dei ricoveri ospedalieri per patologie opportuniste correlate all’AIDS (Tabella 1). Contemporaneamente è stato documentato un incremento delle attività ambulatoriali del 33% con conseguente aumento della spesa sanitaria legato alle indagini laboratoristiche ed ai costi dei farmaci antiretrovirali (6, 7). Tale aumento di spesa è comunque bilanciato dal risparmio che deriva dai ricoveri AIDS evitati (8, 9). La distribuzione centralizzata dei farmaci antiretrovirali di fascia H operata dalla Divisione di Malattie infettive dell’Azienda Ospedaliera “SS Annunziata” permette una costante verifica della compliance della terapia prescritta e monitoraggio degli eventi avversi. Tale modello organizzativo è stato adottato su proposta della Farmacia ospedaliera che provvede all’approvigionamento ed alla gestione di tali farmaci attraverso l’aggiornamento on-line del file “ F “ secondo le linee guida della Regione Puglia riguardanti le modalità di erogazione di farmaci in regime di compensazione. La distribuzione diretta ai pazienti permette una efficace sorveglianza epidemiologica integrata con ripercussioni posi- tive sul controllo della spesa sanitaria e sulla qualità dell’assistenza dei sieropositivi in termini di counselling, compliance e monitoraggio degli effetti collaterali. La terapia antiretrovirale di combinazione soprattutto con gli inibitori della proteasi nonostante i grandi successi dimostrati ha presentato diversi limiti quali: i numerosi eventi avversi, la tossicità a lungo temine (dismetabolismo glico-lipidico, lipodistrofia, accidenti vascolari), la complessità di somministrazione, una scarsa aderenza agli schemi terapeutici e la comparsa di farmaco-resistenza (10, 11, 12). Prospettive future nell’infezione da HIV-1 In un prossimo futuro ci sarà bisogno di nuovi farmaci antiretrovirali che abbiano queste caratteristiche:1) facilità di assunzione in monosomministrazione e senza restrizioni di cibo; 2) maggiore tollerabilità con scarsa tossicità a lungo termine; 3) diverso profilo di farmaco-resistenza; 4) differente target d’azione rispetto agli inibitori della trascrittasi inversa e agli inibitori della proteasi come attualmente documentato per gli inibitori della fusione e gli inibitori della integrasi che potrebbero costituire un ulteriore arma terapeutica (tabella 2). La realizzazione delle caratteristiche sopra elencate favorirebbe l’aderenza e la compliance alla terapia, ritardardando cosi’ la comparsa di ceppi virali farmaco-resistenti e garantendo, quindi, l’efficacia a lungo termine della terapia antiretrovirale (13, 14). In attesa che tali farmaci antiretrovirali siano disponibili, sarà importante adottare nuove strategie terapeutiche (15, 16). Al momento diversi studi hanno dimostrato la validità dello schema terapeutico di induzione e mantenimento, cioè la semplificazione di un regime terapeutico aggressivo contenente gli inibitori della proteasi con un regime contenente gli inibitori della trascrittasi inversa non nucleosidici in sostituzione degli inibitori della proteasi (17). Particolarmente interessante ma che necessita di numerosi studi controllati e quindi tutta da verificare, è la strategia terapeutica che prevede l’interruzione strutturata della terapia antiretrovirale basata su periodi di terapia seguiti da periodi di sospensione. Occorrono studi controllati al fine di stabilire i tempi di terapia soppressiva e i tempi di sospensione per evitare un eccessivo rebound della replica virale. Conclusioni Mentre si attende un vaccino o presidi terapeutici più efficaci, la migliore prevenzione primaria rimane l’educazione tesa a migliorare i fattori sociali, culturali ed ambientali. Per il controllo dell’epidemia dell’AIDS è necessario risolvere problemi sociali quali l’aumentata disoccupazione, l’accelerata urbanizzazione, la prostituzione, il declino dei servizi sanitari e la tossicodipendenza. Molti successi hanno dato i programmi di trattamento aggressivo delle Malattie Sessualmente Trasmesse accoppiato alla diffusione del condom, sopprattutto in Africa ed in Asia, mentre. il programma sull’uso di aghi sterili ha stabilizzato o addirittura ridotto l’incidenza dell’AIDS tra i tossicodipendenti dell’Australia e dell’Europa. In futuro il corso della pandemia AIDS potrebbe essere profondamente modificato dall’introduzione di nuove e diversificate strategie di prevenzione. 67 n. 51..Febbraio ..............-...Marzo ..........2001 ................................................................................................................................................................................................................................ TuttoSanità .................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................................................. Bibliografia 1- Global programme on HIV/AIDS prevention. UNAIDS-WHO 29-11-2000 2- Registro Italiano AIDS. Istituto Superiore di Sanità, COA. 30/6/ 2000 3- Carpeter CC, Cooper DA, Fischl MA et al.: Antiretroviral Therapy in adults for HIV infection. JAMA 2000, 283 (3): 381-391 4- Spira R, Marimoutou C, Binquet C, et al.: Rapid change in the use of antiretroviral agents and improvement in a popualtion of HIV infected patients: France 1995-1997. 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