Giuseppe Nigrelli
Manoscritti inediti del Settecento
e note di storiografia leonfortese
L’Adornamento del Notaio La Marca e l’Historia di Fra’ Giovanni
Euno Edizioni
Sommario
Premessa
p.
9
Prefazione
p.
11
Dall’archivio parrocchiale
della Chiesa Madre di Leonforte
p.
22
ADORNAMENTO DELLA STORIA DI LEONFORTE
DEL NOTAIO FILIPPO LA MARCA
Adornamento della Storia composta da me Notar D. Filippo la Marca di Leo(n)forte, che contiene la descrizione della Terra, e Principato del Magnanimo Prencipe D.
Nicolò Placido Branciforti, con tutte le sue pertinenze // fabricata a sue spese economiche, prezzate, ed ascendenti al valore di un Vent’un milione, che quì se ne vanta la Serie di tutta la Storia Storiografica ed Analitica e Apogrifa.
p.
33
L’Addizioni alla sudetta Storia, che contengono le Chiese Rurali, che per cognizione de’ publici e privati documenti, quì dentro si osservano descritte, quali per difetto di lume, si descrissero in breve
p.
33
Prefazione
p.
34
Avertenze
p.
37
I(esus) M(aria) I(oseph)
p.
38
Descrizione del Giardino Grande, e sue delizie
p.
41
Co(n)vento, e Chiesa del Terz’Ordine di S. Francesco
sotto titolo del Carmine
p.
45
Parochia di S. Stefano
p.
49
Della descrizione Storica delle Magnificenze della Terra di Leonforte, Opere del divisato Principe Nicolò Placido Branciforti, dal principio, Riscontrate colli documenti antichi che conserva il vivente N.D. Filippo la Marca, di questa Città
p.
50
Chiesa antica di Santo Rocco
p.
50
Storica Descrizione della Scuderia, seu Cavallerizza, per uso proprio dell’Ecc.mo
Principe Nicolò Placido Branciforti
p.
52
Palazzo proprio dell’Ecc.mo Signor Principe D. Nicolò Placido Branciforti Principe
di questa sua Terra di Lionforte
p.
55
Venerabile Chiesa M(ad)re
p.
59
Convento de’ Cappucini
p.
61
Chiese rurali che non godono l’asilo li Prosecuti, per delitti criminali, d’ordine del
Tribu(na)le della Regia G(r)an Corte. Chiesa di S. Francesco di Paula extra moenia
S. Agata S. Maria della noce S. Croce S. Teresa
p.
66
Monte Oliveto Seu monte Santo, dal volgo chiamato il bosco rotondo
p.
66
Chiese - S. Antonio Abb(at)e
p.
67
Chiesa di S. Giuseppe
p.
68
Chiesa della Mercè
p.
69
Ritiro dell’antica Batia e sua Chiesa
p.
70
Pietre ritrovate in questo Stato e sue Virtù
p.
71
Paratori grandi di questo Stato
p.
72
Clima del Paese
p.
76
Addizione a questa Storiografica descrizione per lume ricevuto da pubblici e privati documenti, intorno alle Chiese Rurali di questo Stato e Principato di Leonforte ed
antichi privati Oratoij
p.
78
Oratorio di S. Sebastiano
p.
78
Agiunta alle Chiese rurali di questo Stato e Principato di Leonforte che non godono
di rifugio li Prosecuti di Criminali delitti, per l’ordine del Governo
p.
79
Chiesa di S. Pietro Martire nella contrada di Sampieri sopra via di pertinenza di questo Stato
p.
79
Chiesa Rurale di S. Maria della Noce
p.
80
Chiesa Rurale di S. Agata di questa Città nel distretto
della Parochia del Purgatorio
p.
80
Chiesa rurale di S. M(ari)a dell’Udienza
p.
80
Chiesa di Santa Croce antica
p.
80
Chiesa Rurale di S. Teresa
p.
82
Chiesa antica dell’Annunciata
p.
82
Chiesa di S Francesco di Paula
p.
84
Add(iz)ione alla Chiesa del Convento de’ PP. Cappocini
di questa Città di Leonforte
p.
84
Introduzione
p.
87
Dall’Historia di Fra’ Giovanni
p.
91
Inserto in-folio tra i ff. 698 e 699 del libro sesto
p.
99
L’Orto botanico
p.
105
Bibliografia e Fonti
p.
127
DALL’HISTORIA DI CASTROGIOVANNI
DI FRA’ GIOVANNI DEI CAPPUCCINI
L’ORTO BOTANIO O GIARDINO GRANDE
Premessa
Estrarre dai vari archivi materiale inedito non facilmente reperibile o
di difficile consultazione e metterlo a disposizione di quanti sono interessati alla nostra storia patria dovrebbe risultare utile se si vuole ancorare
un lavoro – anche se si tratta di opera di mera divulgazione – a una seria
documentazione delle fonti ed evitare anodine ritrattazioni e operazioni
culturali non sempre fondate su attendibile materiale storiografico.
I testi inediti pubblicati nel presente lavoro sono stati, in verità, in vario modo sbocconcellati per lo più indirettamente o in modo saltuario,
senza una precisa contestualizzazione dei manoscritti nella loro complessità, e quindi senza un adeguato approccio critico onde attestarne l’attendibilità per dedurne oculatamente notizie e idee proficue per una esatta
lettura del passato.
Si è voluto, pertanto, proporre fedelmente e nella loro integralità il
manoscritto del notaio Filippo La Marca e le pagine del cappuccino ennese Fra’ Giovanni, per renderle di pubblico dominio e di facile fruizione per chi vuole coltivare studi e ricerche sulla nostra storia locale.
La trascrizione dei testi originali è stata attuata con meticolosità ed
esame capillare dei manoscritti, dedicando particolare cura nel decifrare la grafia a volte equivoca o insicura. Del resto, le note che accompagnano la trascrizione servono a chiarire, commentare, precisare e talora
correggere parole o passi o mettere in discussione e contestare taluni assunti dell’estensore.
Per altro verso talune note sviluppano problematiche che si riconnettono a giudizi o riferimenti forieri di sviluppi storiografici.
In complesso si tratta di un lavoro propedeutico al quale vorremmo
che ne seguissero altri, sperando che giovani studiosi si orientassero verso l’umile e paziente lavoro dei topi di archivio, per aggiornare, approfondire e sviluppare il panorama delle conoscenze del nostro passato,
attingendo al vasto repertorio inedito di quelle vecchie carte in cui sono
cristallizzate le voci dei nostri antenati. (G.N.)
9
Prefazione
Tra le carte dei Branciforti che si trovano nell’archivio privato dei
principi di Trabia, ora depositato presso l’Archivio di Stato di Palermo,1
si trova un manoscritto del secolo XVIII di complessivi 99 fogli2 che costituisce una “storica” Storia di Leonforte, la prima che sia stata tracciata sulla città di Nicolò Placido Branciforti.
L’opera, verosimilmente autografa, è stata redatta dal notaio Filippo
La Marca di Leonforte, la cui attività pubblica – stando a quanto risulta
nei registri dell’Archivio di Stato di Enna – è attestata dal 1744 a 1796.
Si tratta di una specie di brogliaccio il cui titolo, pomposo, interminabile, roboante, ci riconduce espressamente alla maniera barocca dei trattatisti dei secoli XVII-XVIII di intitolare le opere.3
La prefazione, che nell’ampollosità e nel fraseggio ridondante richiama la nota introduzione dei Promessi Sposi, si dilunga per ben tredici
dei 99 fogli complessivi di tutta l’opera. In questi, procedendo con un
periodare particolarmente verboso e involuto tale da rendere ardua la
lettura di taluni passi e suscettibile di falsa interpretazione, l’autore si dà
un gran da fare per giustificare il motivo del suo lavoro che vuole essere nel contempo opera apologetica ed encomiastica.
1
2
3
Cfr. G. Fallico, «Le carte Branciforti nell’archivio privato dei Trabia. Inventario dei
principi», in ASSO, 1976, pp. 207-273.
L’inventario della Fallico, la quale erroneamente assegna il manoscritto al secolo XVII,
indica 43 carte che, tra il recto e il verso, ammontano a 86 pagine. In verità l’enumerazione del testo ha inizio dalla Descrizione Storiografica della Terra e... preceduta da 7
carte con ben tredici facciate che forse l’autore in un secondo tempo ha composto come premessa. In queste però non si scorge alcuna indicazione numerica.
Quanto detto fa riferimento ad una antica riproduzione fotostatica che in quanto tale
ragionevolmente è da considerare assolutamente fedele all’originale che attualmente
(almeno fino al 30 maggio 2011 come constatato di persona) è impossibile consultare
per qualche disguido o errore di collocazione.
L’espressione Adornamento con cui l’autore definisce il suo lavoro storico può assumere valore emblematico atto a rivelare una forma mentis della cultura barocca quasi
che il vero storico dovesse essere in funzione degli elementi ornamentali di un’opera e
non viceversa. In ogni modo il termine pare echeggiare la poetica del Tasso (S’intesso
fregi al ver, s’adorno in parte / d’altri diletti, che de’ tuoi, le carte).
11
PREFAZIONE
Il rispetto della «verità storica» e soprattutto l’affetto viscerale che il
La Marca nutre per la famiglia di Nicolò Placido Branciforti, lo spingono a redigere la Storia del Principato di Leonforte.
Delle male lingue di Satirici Etnei Catanesi avrebbero ridicolizzato le
mirabolanti opere del fondatore Nicolò Placido Branciforti che venivano decantate a Catania da un parente di questi D. Sancio Branciforti,
Cavaliere Stretto congionto del fondatore di Leonforte.
Il nostro storico appartiene alla dinastia dei La Marca che da San Filippo di Agira si trasferisce nella nascente città nella quale oltre una
dozzina di discendenti, tra il XVII e il XIX secolo, eserciteranno la professione notarile. Il capostipite, Francesco La Marca, (1586-1661), risulta tra i primissimi illustri personaggi che tengono a battesimo la creatura del Branciforti. Agli albori della storia leonfortese egli infatti ne ha
seguito il percorso iniziale dal suo ruolo privilegiato di notabile del luogo, soprattutto in qualità di estensore di atti pubblici e privati che registrano la fitta trama di pratiche riguardanti la vita economica e sociale
dei primi decenni di quella comunità. I registri dell’Archivio di Stato di
Enna attestano fin dal 1615 la sua attività notarile che, iniziata ad Agira
in giovanissima età, proseguirà quindi ininterrottamente fino alla morte
nella nuova città.4
Quivi al notaio agirino farà ricorso prevalentemente e ampiamente
per circa mezzo secolo il Principe Nicolò Placido fino ad affidargli il suo
solenne testamento negli ultimissimi giorni di vita.
Francesco La Marca concludeva i suoi giorni all’unisono con la sua
attività di notaio solo qualche settimana dopo la morte del Principe fondatore e dopo l’apertura e pubblicazione di quel testamento consegnatogli dal Branciforti.5
Spentosi il 20 ottobre del 1661, venne sepolto nella chiesa di Santa
Maria del Monte Carmelo.6
I La Marca delle prime generazioni risiedevano, così come asserisce
il nostro autore (11r), nel circuito della Parrocchia delle Anime del Purgatorio ove si trovan in quelle Sepolture li cadaveri di famiglia La Marca
sepelliti, come all’ora abitanti nel distretto di detta Parochia. Nella stessa
chiesa parrocchiale di Santo Stefano sarà infatti sepolto il notaio Filippo La Marca il 19 aprile 1800, evidentemente in quanto quivi titolare del
sito sepolcrale, le esequie, però, si svolsero nella Chiesa Madre, come ri4
5
6
12
I registri degli atti notarili di Francesco La Marca depositati nell’Archivio di Stato di
Enna vanno dal 1615 al 1661, risulta tuttavia difettosa la serie dei volumi che accolgono i rogiti riguardanti Leonforte relativi agli anni Venti e Trenta.
Cfr. Archivio di Stato di Enna, 18 settembre 1661, vol. 12045.
Cfr. Il primo registro dei defunti presso Archivio della Parrocchia di Santo Stefano di
Leonforte.
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
sulta dal relativo registro dei morti, senz’altro perché abitante del territorio ecclesiastico della Matrice. Nella Chiesa Madre era stato infatti
battezzato in pompa magna il 2 agosto 1722.7
Il manoscritto sulla storia di Leonforte si presenta in bella grafia, molto curata nei caratteri nitidi e molto regolari sia nei tratti verticali che in
quelli rotondi, con rimarcata definizione delle maiuscole soprattutto nelle intitolazioni. Le pagine risultano elegantemente compilate e con precisione geometrica. Le abbreviature, soprattutto per contrazione e talora per troncamento, sono presenti nei limiti di un uso corrente nel secolo XVIII. Anche l’uso frequentissimo e gratuito delle maiuscole, mirato
a ottenere effetti enfatici e pregnanti, è riconducibile alla scrittura di maniera seicentesca.
L’estensore del manoscritto (che, abbiamo detto, dovrebbe essere lo
stesso autore) ha curato la correzione e la cassazione di parole, o parti
omesse o inesatte di esse, lapsus calami, ecc., integrando con aggiunte
sovrapposte. Risultano altresì interventi apocrifi che per le caratteristiche grafiche sono da ricondurre ad altra mano e ad altra penna.
L’uso anomalo e disinvolto della punteggiatura e per di più un periodare prolisso con frequenti anacoluti rendono taluni punti del testo di
incerta lettura.
Riguardo alla formazione culturale dell’autore del manoscritto possiamo dire che essa riflette pienamente una perdurante cultura tardo
barocca di una Sicilia interna che si attarda non soltanto in merito alla
forma espressiva che, come abbiamo rilevato, è caratterizzata da una
scrittura tutta ridondante di enfasi, ma altresì nel costante ricorso a ci7
L’atto di battesimo di Filippo La Marca che ricaviamo dai registri parrocchiali della
Chiesa Madre è quasi un auspicio per quello che sarebbe stato l’illustre notaio nel contesto della società leonfortese del Settecento. Da questo, che si discosta da tutti gli altri
atti omologati nella formula di rito stringatissima, possiamo dedurre tutta una serie di
eloquenti indizi sul ruolo eminente che la famiglia La Marca esercitava nella città dei
Branciforti. L’infante – cui viene profusa dai genitori una sfilza di nomi (Giacomo, Filippo, Pietro e Giuseppe) – è stato battezzato il 2 agosto 1722, l’indomani della nascita,
dal notaio Luciano Napoli, altro noto estensore di rogiti tanto importanti per la storia
di Leonforte. In verità, quest’ultimo nella cerimonia esercitava il ruolo di padrino per
procura, cioè a nome e per parte del sacerdote Arcangelo Plumari della città di S. Filippo di Agira, in quanto legato evidentemente alla famiglia La Marca di origine agirina.
Altro notabile del consorzio cittadino che emerge dal testo è il notaio Rosario Battaglia,
il quale il giorno precedente aveva redatto l’atto di procura. Quanto a Domenica D’Accorso, la vedova che fa da madrina, doveva fare parte anche lei dell’entourage del patriziato cittadino nel quale non si trascurava occasione alcuna per rafforzare i legami dei
vari componenti della casta elitaria. È in armonia con tale prassi sociale che notiamo il
giovane Filippo La Marca contrarre matrimonio con Epifania Napoli, figlia di quel Luciano notaio che nel citato atto di battesimo vediamo fungere da padrino per procura.
(cfr. Archivio Chiesa Madre di Leonforte, Registro dei matrimoni, 21 febbraio 1745.
13
PREFAZIONE
tazioni in lingua latina di motti, espressioni, figure, brani tratti dai classici latini e dalle Sacre Scritture con cui è solito chiosare dei passi per ottenere maggiore efficacia descrittiva e pretendendo di avallare quanto
scrive (etiam con sentimenti della Divina e Sagra Scrittura... [e] per via
della Salmodia che tiene l’Autore di questa Storia e colle Sentenze de’ SS.
Padri); in ciò egli si rivela epigono dell’ancora imperante controriforma
e quindi ben lontano dalla cultura illuministica che già si era affermata
in tutta l’Europa e che nella Sicilia dei tempi del La Marca aveva trovato sostenitori nelle menti più elevate.
Nell’insieme l’opera rivela doti compositive non esaltanti che, indipendentemente dallo stile prolisso e involuto, non riescono a organizzare efficacemente la trattazione. Da ciò la fisionomia del brogliaccio che
risente di un modo di procedere approssimato e ripetitivo, anche perché
la sua compilazione si è svolta in un lasso di tempo piuttosto lungo, a
parte varie aggiunte e la ritrattazione finale (35v-40r).
Non c’è data o riferimento cronologico che possa esplicitamente informarci sul tempo della composizione e stesura del manoscritto. Sappiamo comunque che l’autore di questo esercitò la sua professione notarile durante il principato di Ercole Branciforti Naselli e, considerato
che quest’ultimo, il quale viene citato in quanto defunto, è morto nel
1781, quando il nostro aveva già superato i dieci lustri (35v), possiamo
quindi ragionevolmente arguire che la parte sostanziale dell’opera è
stata composta precedentemente a tale data e che le aggiunte siano state redatte durante il principato di Giuseppe II, che fu signore della città
dal 1780 al 1806.8
Dai dati biografici deducibili dalle varie fonti archivistiche, risulta
che l’esistenza in vita del nostro notaio si protrasse per più di tre quarti
del secolo XVIII (nasceva infatti a Leonforte il 1° di agosto 1722 ed ivi
moriva il 19 aprile 1800), sicché di buona parte delle notizie riferite è
stato personalmente testimone de visu e, del resto, anche per tutto ciò
che riguarda il secolo precedente poteva attingere a documentazione di
prima mano, alla memoria recente di quanti, gli anziani del tempo, hanno vissuto la storia della città nata e cresciuta nel secolo precedente. E
infine il notaio ha potuto fare ricorso altresì alle carte e alle conoscenze
possedute da diverse generazioni dei notai La Marca, tutti quanti estensori di tanta prassi notarile dei vari Branciforti leonfortesi.
È legittimo chiedersi a questo punto, dopo aver denunziato notevoli
limiti e difetti nella trattazione del manoscritto del La Marca, a qual ti8
14
Altro riferimento cronologico può essere l’accenno al «fù arciprete D. G. Lambusta»
(21v) il quale è morto nel 1791.
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
tolo si giustifica la pubblicazione di un tale scartafaccio. Ovviamente
l’interesse per tale scritto riguarda esclusivamente l’ambiente leonfortese e non per il valore di esso in se stesso, né tanto meno come prodotto letterario, ma in quanto prodotto che in particolari circostanze di luogo e di tempo finisce con l’avere fondamentale funzione testimoniale e
documentaria per la storia specifica di Leonforte.
Nel Settecento, quando la storiografia municipale, che avrà piena fioritura nel secolo successivo, comincia ad aver corso, sono riscontrabili in
tutti i centri viciniori opere per lo più inedite atte a illustrare e far conoscere le linee della storia patria delle varie comunità, sia pure ammantate di elementi fantasiosi o di campanilismo deformante.9
L’Adornamanto del notaio La Marca – che si era prefisso di far conoscere l’opera meritoria dei Branciforti che riguardava la città fondata
da Nicolò Placido – si colloca in tale contesto culturale del secolo
XVIII, però il manoscritto rimarrà comunque non solo inedito, ma ignoto a tutti i cultori leonfortesi di storia patria fino al tardo Novecento ed
è stato del tutto ignoto al Mazzola che, nella sua Storia della vetusta Tavaca, fa continuo riferimento a un altro misterioso manoscritto, quello
del dottor Francesco Paolo Testa, sulla cui autorevolezza accredita buona parte della propria opera storica, richiamandone continuamente
spunti, riferimenti, giudizi e riportandone degli stralci considerevoli.
Piuttosto rarefatta, se non del tutto manchevole, la tradizione culturale di storia patria leonfortese nei secoli precedenti, avrà il suo vero inizio nel 1924 con la pubblicazione della Storia della vetusta Tavaca e della moderna Leonforte di Giovanni Mazzola. Questa, che ancora fino ai
nostri giorni continua a essere l’unica sintesi generale di storia locale
edita, aveva alle spalle il vuoto storiografico.
Unico precedente editoriale in merito era l’opuscolo di Michele Nicoletti Ferreri, Ai posteri abitanti di Leonforte, scritto per l’alluvione
del 1809 ma dato alle stampe nel 1836. In questa opera si riscontrano
alcuni rari e brevissimi accenni alle origini della città che per il Mazzola sono stati i soli supporti editi per la compilazione della sua opera.
Corredano il volumetto due note redatte dal dottor Francesco Paolo
Testa al quale l’autore si era rivolto in quanto leonfortese edotto della
storia locale. Altro non sappiamo riguardo a conoscenze e scritti di ta9
Cfr:Frà Dionigi da Pietraperzia, Historia Assori, 1774, (Ms. Archivio San Leone di Assoro); Frà Giovanni Cappuccino, Historia di Castrogiovanni, Ms. del sec. XVIII. Biblioteca Comunale di Enna; Bonaventura Attardi, Storia dell’integra città di S. Filippo di
Agira,1742, Amato, Palermo; Frà Dionigi di Pietraperzia, Relazione criticostorica…(Storia di Pietraperzia), Palermo, 1776; Francesco Bonanno, Memorie storiche
della città di Troina, del suo vescovado, e della Apostolica Legazia in Sicilia, 1789, Accademia degli Etnei, Catania.
15
PREFAZIONE
le dottore a parte il manoscritto che il Mazzola avrebbe utilizzato.
Sul lavoro del Testa non potremmo, né dovremmo, pronunziare alcun
giudizio essendo oggi introvabile o non più esistente. Tuttavia gli ampi
brani riportati dal Mazzola riservano una sorpresa per chi ha la ventura
di leggere l’Adornamemto del notaio Filippo La Marca, in quanto a questo si rifanno, risultando per lo più una pedissequa riproduzione del manoscritto settecentesco. Il Mazzola non era a conoscenza dell’opera del
notaio ma evidentemente di questa a lui è pervenuta una copia più o
meno manipolata e aggiornata da parte del Dottor F. Paolo Testa e ritenuta dal nostro storico opera originale di quest’ultimo.
Nessun dubbio quindi si vuole alimentare in merito, cioè sulla convinzione di Giovanni Mazzola di avere tra le mani un manoscritto originale del Testa, seppure riteniamo che l’onesto ma sprovveduto storico
della Vetusta Tavaca avrebbe dovuto documentarci adeguatamente sull’autore sette-ottocentesco e soprattutto salvaguardare, archiviare in
certo modo il testo, riferirne il possessore o quant’altro.
Riteniamo che il lavoro pervenuto tra le mani del Mazzola contenesse una trascrizione pressappoco integrale dell’Adornamento del La
Marca cui il dottor F. P. Testa avrà apportato delle annotazioni e fatto
delle aggiunte riguardanti in particolare la storia della città del primo
Ottocento, degli anni cioè successivi alla morte del notaio.
Personaggio non altrimenti noto, se non per l’accenno che ne fa il Nicoletti – da cui traspare comunque l’immagine di una persona notoria
cui si riconosce autorevolezza per le sue conoscenze - il dottor Francesco Paolo Testa fu senz’altro una autorevole personalità nell’ambito
della cultura leonfortese a cavallo dei secoli XVIII-XIX.
Nella Leonforte del secondo Settecento, il Testa, che ivi era nato nel
1754, avrà avuto senz’altro – come è ragionevole pensare – rapporti personali e culturali con il già anziano notaio F. La Marca, in quanto entrambi, il medico e il notaio, membri dell’intellighenzia cittadina dell’epoca.
Analogo commercio di conoscenze e di interessi sono riscontrabili,
nei primi decenni del secolo successivo, tra il Testa e l’avvocato Michele
Nicoletti.
Il dottore in legge Michele Nicoletti Ferreri, spirito operoso, dalla
personalità esuberante e dinamica, era giunto a Leonforte da pochi anni dalla natia Pietraperzia – città anch’essa sotto l’egida dei Branciforti
– quando si verificò la disastrosa alluvione del 23 ottobre 1809, la cui
drammatica testimonianza ripropone nel suo appassionato scritto, redatto subito dopo il luttuoso evento e pubblicato nel 1836 in occasione
della cerimonia di apertura della Società del Crisa, l’attuale Circolo di
Compagnia, da lui tanto caldeggiata.
Nella nuova patria il Nicoletti mette su famiglia e radici divenendo16
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
ne uno dei più stimati e celebri cittadini. Quivi l’intraprendente avvocato, coltivando i suoi interessi culturali, mettendo in pratica la sua animosità con iniziative varie in favore della comunità leonfortese, ha legato con la parte più evoluta della società trovando una buona guida in
merito alla realtà locale nel già attempato Francesco Paolo Testa, illustre medico del luogo, vissuto fino al 1839, il quale rappresentava la classica figura del dottore umanista che coltiva interessi di storia patria. Al
sodalizio culturale istauratosi tra i due sin dai primissimi tempi della
nuova residenza del Nicoletti è infatti riconducibile senz’altro l’opuscolo sull’alluvione del 1809. Già naturalizzato cittadino leonfortese, il solerte avvocato nel 1818 fa parte del decurionato locale, tra i notabili del
paese, iscritto nella «mastra» dei probi viri, i cittadini eleggibili per le cariche pubbliche in base alle disposizioni di legge (Regio Decreto del 11
Ottobre 1817) del nuovo corso della Sicilia della Restaurazione.10
Animato da spirito fattivo, l’immigrato dottore in legge trovò nell’ambiente leonfortese la disponibilità e l’accoglienza che si sogliono riservare agli ospiti, i quali finiscono con l’essere rispettati e stimati più
dei paesani e di questi più attivi, sicché riuscì a incidere sulla realtà sociale, culturale ed economica della città in modo ammirevole fino ad assumere la suprema carica di primo cittadino.11
Dal 1834 al 1838 infatti il dinamico avvocato fu sindaco di Leonforte
e come tale poté mettere in atto le sue qualità operative ed estrinsecare
in pieno la sua fervida personalità. Improvvisa e prematura la morte lo
colse nel 1840 e per la cerimonia funebre, che ebbe la solennità adeguata alla riconosciuta popolarità del personaggio, ne pronunziò il necrologio il giovanissimo studente delle scuole pie Melchiorre Galeotti.12
10
11
12
Cfr. Lista degli Elegibili alle cariche publiche del Comune di Leonforte formata da noi
Sottoscritti, Magistrato Municipale, e Decurioni a termini del R. Decreto degli 11 ottobre
1817,e delle Analoghe Istruzioni.Archivio di Stato di Catania. In questa, al numero
d’ordine 57 ritroviamo il D. Michele Nicoletti, e al numero 30 il D.r in medicina d’esercizio Francesco Paolo Testa nonché il figlio Antonio Testa anch’egli medico al n. 25, futuro sindaco dal 1838 al 1840. Dopo l’abolizione – nel 1812 – della feudalità in Sicilia e
la fusione dei due regni nell’unico Regno delle Due Sicilie, i comuni vengono amministrati da consigli elettivi, in base a un apparato accentratore delle Intendenze dei sette
Valli o Province e quindi dei Distretti, per cui ogni comune doveva fornire una lista di
notabili eleggibili da sottoporre all’approvazione dell’Intendenza e del Distretto di
pertinenza. Sulla Leonforte della Restaurazione cfr. Emilio Barbera, Leonforte nell’Ottocento borbonico, Tesi di Laurea, Catania A.A. 1991-1992.
Nella nuova città il giovane avvocato non tarda a legare con la realtà sociale leonfortese mettendo su ben presto famiglia e ponendo salde radici nella nuova patria. Ivi sposa infatti Agatina, figlia di Mastro Pietro Picone (Cfr. Archivio Chiesa Madre di Leonforte, Registro dei matrimoni , 4 ottobre 1807) che ritroviamo, evidentemente in qualità di notabile del luogo, nella citata Lista degli Eligibili del 1818 (n.65) far parte del
«decurionato» cittadino.
La fine del Dr. Nicoletti avrà avuto particolare eco nella Leonforte del tempo sia per la
notorietà del personaggio che per la drammaticità dell’evento, in quanto la morte fu
improvvisa e inaspettata sì da privarlo del sacramento dell’Estrema Unzione (caruit
17
PREFAZIONE
I tre soggetti – La Marca, Testa e Nicoletti – che esprimono tre generazioni susseguenti del secolo XVIII, essendo nati rispettivamente il notaio nel 1722, il medico nel 1754, e l’avvocato nel 1783, manifestano in
modo eloquente l’evolversi dell’orizzonte storico, sociale, culturale e
politico del regno di Sicilia e non solo, quale si può riscontrare anche in
una realtà provinciale come quella di Leonforte.
Pateticamente legato al mondo aristocratico dei Principi, il La Marca lo esprime e lo esalta alla maniera fantasiosa e bizzarra dell’età tardo
barocca. Più concreto e distante il medico, il dottor Testa, nei passi riscontrabili nell’opera del Mazzola (quelli relativi al secolo XIX sono
evidentemente originali) e soprattutto nelle citate note del lavoro del
Nicoletti in cui vuole esercitare un significativo distinguo tra il debito
elogio a Nicolò Placido Branciforti e il tributo ridimensionato di una
non totale paternità da parte del Principe di tutta la storia della città.13
Quanto al Nicoletti diciamo che ormai, dopo il tramonto del baronaggio
feudale siciliano, manifesta chiaramente e mette in pratica interessi e
mentalità decisamente borghesi che la nuova età sta portando avanti.
Riteniamo a questo punto doveroso consegnare alla sostanziale paternità di quanto il Mazzola ricava dal manoscritto del dottor Testa, al notaio
Francesco La Marca, al quale va il merito di aver dato inizio all’iter storiografico leonfortese con tutto ciò che caratterizza il manoscritto settecentesco col suo corredo di notizie, descrizioni, curiosità, aneddoti, fantasie. Permane infatti ancora nel Mazzola l’impostazione generale del lavoro del La Marca, tranne ovviamente per tutto ciò che riguarda la storia
dell’800-900.
Opera meritoria senz’altro quella di Giovanni Mazzola in quanto ha
colmato un vuoto imperdonabile per la comunità leonfortese, priva del
tutto, fino al 1924, di un qualsiasi lavoro che trattasse la storia generale
della città e che è rimasto tuttora unico esempio. Le fatiche considerevoli affrontate dal pio cultore delle memorie patrie hanno fornito ai leonfortesi un comodo strumento che permettesse di scorrere agevolmente
tra quelle pagine di facile lettura il loro percorso storico e preistorico.
Il lavoro di Giovani Mazzola presenta senz’altro i limiti della forma-
13
18
Sacramentis) come leggiamo nell’atto di Morte.(cfr. Archivio Chiesa Madre di Leonforte Registro dei morti, 2 novembre 1840)
M. Galeotti, nato a Leonforte nel 1824, studente nelle Scuole Pie della città, nel 1840
era appena sedicenne. Il Mazzola, che ci dà notizia del necrologio, non evidenzia la giovanissima età dell’oratore, il che potrebbe ricondurci alle riconosciute eccezionali e
precoci doti di quel leonfortese che sarebbe diventato soggetto di notevole portata nella storia della Sicilia del secolo XIX.
Cfr. M Nicoletti, cit., nota a, p. 11.
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
zione culturale dell’autore, non che di certa storiografia corrente del
tempo, raggiungendo comunque un livello dignitoso rispetto a tanta
pubblicistica di storia municipale di altri centri così spesso campanilistica e agiografica.
Tali limiti del resto sono riscattabili dalla umiltà, dall’autentico amor
di patria e soprattutto dall’onestà intellettuale dell’autore.
L’appassionato compilatore della storia leonfortese, pur non avendo
fatto un normale corso di studi superiori, rivela comunque doti, conoscenze e competenze nell’ambito della ricerca storiografica per il ricorso costante alle fonti archivistiche alle quali attinge, vuoi con l’ausilio di
eminenti personalità della cultura cittadina (i proff. Calogero Vitanza e
Luigi Castro-Crimì, e il colto sacerdote Salvatore Varveri) ma, soprattutto, con la personale frequenza dell’archivio notarile, sito allora a Nicosia, dove con la pazienza e lo scrupolo del vero studioso dovette recarsi con continui e, allora, tanto disagevoli viaggi. E in ciò egli dimostrava altresì di aver acquisito, grazie alla frequentazione di tali dotti sodali, una certa perizia e confidenza nella consultazione del materiale diplomatico e archivistico la cui lettura e la adeguata trascrizione non sono di comune competenza.
Bisogna tuttavia, nonostante i pregi e i meriti del lavoro, evidenziare
tutta una serie di effetti negativi e indiretti che ha accomunato tante generazioni di fruitori dell’opera del Mazzola, nella quale, anche se l’autore si dimostra scrupoloso e responsabile nell’uso e nella citazione delle
fonti bibliografiche, sono presenti non poche e involontarie pecche magari di natura tipografica.14
Sviste e inesattezze in merito alle citazioni, riferimenti bibliografici o
archivistici imprecisi o incompleti impediscono spesso agli studiosi responsabili di fruirne opportunamente, onde attingere personalmente,
alle relative fonti per accertamenti, approfondimenti e sviluppi di ulteriori ricerche (senza dire che nel frattempo tanto di quel materiale consultato è andato perduto). D’altra parte il lettore superficiale si adagia
su quelle pagine supinamente, affidandosi ad esse come a fonte di informazione di indiscutibile veridicità, tramandandone e perpetuandone
acriticamente oltre alle notizie e ai dati storicamente validi, anche gli errori e i difetti.
Così si sono prodotti parecchi lavori, soprattutto tesi di laurea, spesso di scarso valore ma talvolta di notevole spessore sul piano della ri14
Bisogna inoltre mettere in conto le complicate vicende che hanno segnato oltre la lunga e difficile ricerca del materiale storico-bibliografico, la stesura del testo e infine le
complicazioni per la stampa e pubblicazione del manoscritto essendo nel frattempo il
Mazzola emigrato negli Stati Uniti d’America.
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PREFAZIONE
cerca e della ricostruzione storica della città e del territorio, però tutti
quanti inficiati da un supino affidamento a notizie e indicazioni riprese
meccanicamente dal Mazzola.
Non è comunque certamente imputabile all’onesto autore se le citazioni e i riferimenti della sua opera sono spesso utilizzati con tanta disinvoltura e con la totale assenza di indagine critica.
Spiace in altri termini che siano venuti fuori tanti amatori della storia patria di casa nostra che in ogni modo difettano delle elementari conoscenze metodologiche e della adeguata formazione in merito a ricerche e a studi storici che richiedono il supporto e il rigore propri degli
studi filologici e scientifici. Sicché ammanniscono notizie, interpretazioni, teorie ecc., non suffragate da adeguato supporto documentario, o viceversa si adagiano passivamente su quanto è stato detto o scritto da altri accreditandolo gratuitamente.
Il Mazzola in verità sarebbe il primo a riprovare simile ricorso alla
sua opera, avendo inteso iniziare un percorso storiografico che, con tutti i limiti detti, era fondato sulla paziente ricerca delle fonti autentiche
avendo sviscerato per la prima volta la bibliografia storica in merito alla città di Leonforte dalla preistoria, alla protostoria fino ai suoi giorni
e, soprattutto, avendo fornito un modello del ricercatore che sa rimboccarsi le maniche nella paziente indagine del materiale documentario di
prima mano reperibile alla fonte nei vari depositi archivistici più che
nella comoda consultazione delle opere edite.
Nel proporre quindi la pubblicazione del manoscritto settecentesco
concludiamo constatando che ciò non sconvolge nella sostanza il panorama delle notizie storiche leonfortesi del ’600-’700 quali sono riscontrabili
nell’opera del Mazzola. E tuttavia dobbiamo convenire che i meriti tributati a quest’ultimo sono in gran parte riconducibili, suo malgrado e a sua
insaputa, non al dott. F.P. Testa, ma al La Marca, nel cui manoscritto è riscontrabile la matrice delle notizie storiche della Leonforte dei secoli
XVII e XVIII. Del resto, l’Adornamento del notaio, quantunque fornisca
pochi dati innovativi, confermando per lo più il quadro delle conoscenze
a noi pervenute, assume notevole importanza dal punto di vista storiografico in quanto consolida, suffraga e legittima notizie, indicazioni, riferimenti, soprattutto in merito alla edilizia monumentale leonfortese che
nel testo del Mazzola sono spesso ancorati alla tradizione orale, a riferimenti vaghi e al fantomatico manoscritto del Dottor Testa.
Il La Marca, insomma, vissuto nel ’700, a contatto con la realtà da lui
descritta e personalmente sperimentata, conferisce consistenza storica e
irrefragabile certezza a dati e notizie non altrimenti documentabili, sicché il suo manoscritto, sfoltito della esuberanza espositiva e della retorica che tanto indulgono all’iperbolico e al fantasioso, risulta particolar20
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
mente utile per una ricostruzione valida dei primi due secoli di storia
leonfortese se utilizzato con perizia e oculatezza adeguate.
L’incipit del manoscritto del La Marca
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Adornamento della Storia di Leonforte
del notaio Filippo La Marca
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
Leonforte *
[Ir.]
Adornamento della Storia composta da me
Notar D. Filippo la Marca di Leo(n)forte, che contiene la descrizione della Terra, e Principato del
Magnanimo Prencipe D. Nicolò Placido Branciforti, con tutte le sue pertinenze // fabricata a sue
spese economiche, prezzate, ed ascendenti al valore di un Vent’un milione, che quì se ne vanta la Serie di tutta la Storia Storiografica ed Analitica e
Apogrifa.
[Iv.]
L’Addizioni alla sudetta Storia, che contengono le Chiese Rurali, che per cognizione de’ publici
e privati documenti, quì dentro si osservano descritte, quali per difetto di lume, si descrissero in
breve
* La trascrizione tipografica del manoscritto è stata condotta nel rispetto del testo originale fedelmente riprodotto sia in merito alla grafia che alla punteggiatura anche quando sia l’una che l’altra presentano notevoli anomalie. Le formule abbreviate sono state
sciolte con la integrazione tra parentesi delle lettere sottintese, mantenendo però inalterate quelle più comuni e ricorrenti. Le scritte in latino sono state tradotte nelle note.
Riguardo alla enumerazione delle pagine – tra parentesi quadre nella trascrizione – si
è mantenuta quella originale del manoscritto (recto e verso), pertanto le prime sette
carte vengono contrassegnate coi numeri romani.
Le note che accompagnano passo passo il testo del manoscritto, oltre a tradurre le frasi e le iscrizioni latine, mirano a chiarire qualche termine o punto oscuro, correggere
sviste ed errori in merito ad argomenti e notizie citati nello scritto. Tali argomenti riguardanti la città dei Branciforti saranno suscettibili di sviluppi (in nuce già nelle pagine del notaio) non che di soluzioni e interpretazioni contrastanti se non oggetto oscuro di abulica ignoranza e supina acquiescenza oppure di totale disinteresse anche da
parte di chi su di essi potrebbe esercitare proficua riflessione critica.
Per limiti di natura editoriale e tipografica alcuni temi che meriterebbero una più adeguata, autonoma trattazione, sono stati svolti e collocati nelle note cui il testo del manoscritto fa riferimento.
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Adornamento della Storia di Leonforte del notaio Filippo La Marca
[IIr.]
Prefazione
Dietro i comandi, statomi vergati da un Signore
d’alto Rango, sotto il nome apofrago1 del Duca di Villabona, venuto troppo, troppo tardi alla mia cognizione,
di essere dell’antica nobilissima Stirpe, e famiglia
Branciforti, ho stimato perciò iscrivere il giusto titolo,
per render luminoso il Carattere di quell’Uomo Grande di D. Nicolò Placido Branciforti Fondatore di questa Terra, e Principato di Leo(n)forte, di nazione Spagnola, venuto per abitare nella antichissima Città di
Sanfilippo d’Argiro,2 qual si è, una delle quattro Città
della Camera Reginale di [IIv.]questo Regno di Sicilia,
per sapere che fù Patria del Celebre filosofo Diodoro
Siculo, venuto per abitare in d.a Città di Argiro, anni
sei cento prima della natività del Sig. nostro Gesù
Cr(ist)o, siccome si rilieva dalla sua Storia, di stampa
gottica, che tratta, dell’antichità, delli popoli di Egitto e
della Sicilia.3
Narrabimus Nicolae Placide Brancifortie, mirabilia tua. Sal.49.
Magna opera tua exquisita in om(n)es voluntates tuas. Salm.112
Mirabilis opera tua in oculis n(ost)ris. Sal.117.4
1
2
3
4
34
Il termine Apofrago (lapsus calami di apografo con cui si intende in effetti la copia fedele di uno scritto) intenzionalmente per l’autore sta per apocrifo che appunto significa scritto non autentico, e quindi nel caso citato significherebbe nome finto. Mentre
apografa (Apogrifa), cioè derivata fedelmente da documenti autentici, vuole essere la
Storia scritta dal La Marca così come egli la definisce nel titolo.
Il carattere involuto, che caratterizza per lo più il testo, è evidente gia nell’esordio. Il Signore d’alto Rango dal nome apofrago... di nazione Spagnola, sarebbe il Cavaliere...
Strettissimo Congionto del principe venuto ad abitare ad Agira. Quest’ultima era una
delle città della Camera Reginale del Regno di Sicilia, titolo residuo di un istituto medievale di cui si fregiavano una diecina (non solo quattro!) di città siciliane. La Camera Reginale costituiva un dotario che il re conferiva alla moglie «infeudandola» con tutta una serie di terre, città, castelli, sui quali la regale consorte esercitava il personale potere amministrativo, fiscale, ecc. Dopo il 1537 la Camera non esisteva più, tuttavia le città continuavano a sbandierare quell’antico titolo come del resto soleva fare tutta la
feudalità che accumulava e ostentava titoli solo nominali per esaltare il casato. Cfr. F.L.
Oddo, Dizionario di antiche istituzioni sciliane, Flaccovio, Palermo 1983, pp.30-31.
Diodoro Siculo, non Celebre filosofo ma storico – che l’autore con estrema disinvoltura, dimostrando in questo e in altri passi caotiche conoscenze del mondo antico, fa vivere nel VII secolo a. C. – nacque intorno al 30 a.C. Quanto alla stampa gottica con cui
viene definita l’opera dello storico agirino, non è chiaro se si riferisce a una particolare
edizione in caratteri gotici.
Narrerò le tue meravigliose opere, Nicolò Placido Branciforti. Il La Marca tesse le lodi
del principe fondatore adattandole alle parole del salmo e continua salmodiando a citare altri analoghi brani: Grande è l’opera tua da essere ricercata da quanti la amano. /
Straordinaria è la tua opera ai nostri occhi.
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
Essendo dunque venuto come si disse: alla nostra
sentura il Soggetto, di cui abbiamo raggionato dalla
Città di Catania [IIIr.]ci è stato assicurato che si è un
stre(ttis)simo Congionto di Nicolò Placido Branciforti,
di fresco venuto dal Escuriale di Spagna, Monastero di
delizie il più Magnifico e Sontuoso di tutta l’Europa
sotto titolo di S. Lorenzo, cinque leghe lontano dalla
Città di Madrid, come lo rapporta Monsignor D. Pietro
Pachichelli, Uditor G(enera)le della Sacra Rota Romana, veduto coll’occhi suoi proprij che d.o Escuriale, lo
dipingono l’Ottava meraviglia Terrena del mondo=
fogl. 36- Pacichelli.5
Fu fondato dal Re di Spagna Filippo Secondo, Padre di Filippo [IIIv.]III, il quale fu Cuggino di Nicolò
Placido Branciforti, così chiamato dal sud.o Sovrano,
(come la nostra Storia ce ne fa menzione,) in forza delle tre Reali lettere, transuntate per l’atti di Not. Francesco la Marca della Città di Sanfilippo, abitante in questa Città di Lionforte sotto l’Anno 1651.6
Ecco qui sotto si legge l’Iscrizione nell’Epitafio Sepolcrale di Filippo quarto Cugino del Nicolò Placido
Branciforti intorno all’Escuriale di Spagna di cui abbiamo ragionato.
[IVr.]D. O. M.
Locus Sacer, mortalitatis excuviis Catolicorum Regum, A Restauratore vitae, Cuius Arae Maximae Austri(a)ca pietate aduc
subjacent optatam diem exspectantium, Quam post humanam fidem sibi et suis, Carolus Cesar Maximus in votis habuit. Philippus Secundus Regum Prudentissimus elegit, Philippus III vere
Pius incohavit, Philippus quartus, Clementia [IVv.]Costanzia, Religione Magnus, Auxit, ornavit, Absolvit. Anno Domini MDCLII.7
5
6
7
Resta nella penna del notaio il titolo dell’opera dell’autorevole personaggio accennato.
Un vuoto di parecchi anni nei registri del notaio Francesco La Marca dell’Archivio di
Stato di Enna ci impedisce purtroppo di consultare le tre Reali lettere transuntate.
D.O.M. Luogo sacro per le spoglie mortali dei re cattolici che qui giacciono, nell’attesa
dell’agognato giorno del giudizio del Redentore, del quale sono qui disposti i solenni altari grazie alla austriaca pietà, e il quale giorno Carlo Imperatore Massimo, oltre l’umana fede, ebbe per sé e i suoi sempre nell’animo. Filippo Secondo, il più saggio dei re, scelse tale luogo, Filippo III, profondamente pio, ne incominciò la fabbrica, Filippo IV, grande per clemenza, costanza e pietà religiosa, ingrandì e portò a termine nell’anno del Signore 1652.
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Adornamento della Storia di Leonforte del notaio Filippo La Marca
Il Cavaliere, di cui si è ragionato nel principio della
n(ostr)a Storia, per notizia ricevuta da Catania ove d.o
Signore soleva tenere il suo domicilio, si chiama di nome D. Sancio Branciforti, stretto Congionto di D. Nicolò Placido Branciforti, quale trasportato dalla veemente passione verso d.o Sig.P(rinci)pe suo [Vr.]Parente,
dal quale si appalesavano con affettazione le magnificenze del Paese, e le somme erogate di più milioni non
credute da Catanesi, di quelle (che con effetto lo erano)
ed impossibili a potersi da loro credere, di un Barone di
questo Regno solito di vivere, da una vita privata, e frugale, niente incaricandosi dell’opulenza delle tante copiosissime acque sorgenti, che anno locupletato, ed arrichito li Singoli paesi e forestieri, da quelle miserie
nelle quali erano prima immerse; Onde il Cavaliere D.
Sancio era divenuto in Catania il disprezzo e burla anzi il trastullo di tutti quei Catanesi; motivo che [Vv.]si
pose nel positivo impegno di portare al chiaro la verità,
per confondere la miscredenza de’ Satirici Etnei Catanesi, a qual fine datane la commissione a Persone di
sperimentata fede, fu con sommo studio rigettata a terra la satirica lingua de’ Catanesi, per via di p(ubli)ci documenti etiam con sentimenti della Divina e Sagra
Scrittura, per cui ne restarono persuasi e confusi, per la
via della Salmodia che tiene l’Autore di questa Storia e
colle Sentenze de’ SS. Padri.8
8
36
Il lavoro risulta infatti pregno di citazioni bibliche e soprattutto di passi tratti dai Salmi
che l’autore utilizza ora con veemenza profetica ora con fare da vecchio saggio.
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
[VIr.]
Avertenze
Tutto che si legge nel fatto Storico, è riscontrato con
p(ubli)ci documenti, opere forense e sicure notizie ricavate da Persone di sperimentata fede ed assicuro, che
non sono lontane dal vero, e le notizie del brieve soggiorno del Re Vittorio Amedeo, nell’anno 1714, furono
rapportate da Persone che viddero coll’occhi proprij, le
deliziose comparse del Re, della Regina, sua Real Corte e famiglia.
Se qualche errore si lege nelle Lati(ne) [VIv.]Iscrizioni,
devesi attribuire alla Persona, che ne ha fatta la copia,
perché corrose le lettere, per causa delli tempi cattivi,
onde mi è convenuto di far questa protesta per non dar
motivo a tal’uni di sciogliere la lingua, con qualche
mormorazione, per poter rispondere col Real Profeta,
che dice:
Lingua mea calamus Scribe velociter scribentis = Sal:44.9
E se non si quietano dirò:
Vibunt, in quem transfixerunt- Herm. Cap. 7.10
[VIIr.]
Potendo dire che questi tali, non anno né giudizio, né prudenza, senza vedere, dove il tutto anderà a finire e risolvere.
Gens abque consilio, et sine prudentia: Utinam superet, et intelligerent,
ut novissima previderent. Cant.150, fogl.131.11
Est generatio prava et perversa. Cant. Mojses. Deut.32. 12
9
10
11
12
La lingua mia è come la penna dello scriba che scrive velocemente.
Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. La frase che forse il La Marca ha letto in un’opera di Tertulliano, Adversus Hermogenem è in verità del Vangelo di Giovanni (19, 36).
Gente priva di giudizio e di saggezza. Magari fossero in grado di scongiurare la fine. Incerta risulta l’indicazione del Cantico.
È generazione malvagia e ria. Il passo del Deuteronomio è in effetti tratto dal versetto
45. L’autore che con le sue Avertenze vorrebbe premunirsi da eventuali accuse circa l’esatta citazione delle scritte latine, si fa scudo di quattro sentenze, tratte dalle sacre scritture, inveendo contro lo scetticismo e l’ironia di quanti potessero mettere in dubbio
quello che lui espone (contro la miscredenza de’ Satirici Etnei).
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Adornamento della Storia di Leonforte del notaio Filippo La Marca
[1r.]
I(esus) M(aria) I(oseph)
Descrizione Storiografica della Terra, e Principato di
Leonforte, del Regno di Sicilia, nel Val di Noto, con suo
Territorio, feudi, finanze, boschi, acque, Fontane, Molini, fiumi, giardini, oliveti, ed ogn’altro di effetti allodiali, prima di pertinenza del Magnanimo Nicolò Placido
Branciforti, da Lui fabricata a sue proprie spese, per la
costruzione [1v.]della quale fu erogata colla sua economia la so(m)ma di vent’un milione, come si ravisa dalla
dichiarazione nel suo sollenne Testam(ent)o, publicato
per l’atti di N. Francesco la Marca, sotto li 11 Sett.e
1661 e calcolo fattosi di suddetta erogazione di tutte le
opere fatte nella sua Terra, Territorio, come si rilieva da
una relazione13 di Periti firmata di suo proprio pugno,
nel libro del suo negozio sotto l’anno 1652 prima della
sua morte.
[2r.]
Nicolò Placido Branciforti figlio di Giuseppe
Branciforti Seniore, la di cui Energica Potenza, non si
trovava Barone in questo Regno di Sicilia, un Personagio di così alto Splendore e chiarezza di sangue, dalla
beneficenza del Re Filippo Quarto, nel cartegio, che
con esso tenea, onorato in diverse Reali lettere = Senor
mio Primo, che tradotto in lingua Spagnola significa :
Signor Cugino mio.
E non volendo dispensarmi di de- [2v.]scrivere i titoli
colli quali d.o Signore si serviva usare nel suo glorioso
dominio delli suoi Stati e finanze ecco che qui distintamente li descrivo.
Noi Nicolò Placido Branciforti, Carretto, Barresi,
Santapau e Speciale, Principe di Butera, Petraperzia e
Leonforte, Duca di S. Lucia, Conte di Mazarino, Raccuja, e Crassuliato, Marchese di Militello Val di Noto, e
Barrafranca, Signore delle Terre di Niscemi, Granmichele, e Beviero di Lentini, Barone di Tavi, Cassibile,
Belmonte, Fontana murata, e Raddali, Capo di Casa
Bra(n)ciforti, Primo Principe di Sicilia, Capitan Gene13
38
Si accenna qui alle Relazioni de’ miglioramenti fatti... cioè la «perizia» del 1651 dell’Archivio Trabia, ASP, di cui si parlerà in avanti, in particolare nell’Appendice sull’Orto Botanico.
G. NIGRELLI - Manoscritti inediti del Settecento e note di storiografia leonfortese
rale della Cavalleria di Servizio militare, Gentil’Uomo
di camera di S. Real Maestà colla chiave di entrata, Cavaliere dell’insigne Real ordine del Tosson d’oro [3r.]Magnate di Spagna di prima classe.
Prima perciò di dar principio a questa mia lunga ed
accurata Storiografica descrizione di questa Terra di
Leonforte, suo principato, Territorio, Finanze e d’altre
Opere fabrili, e meccaniche, ne’ quali erano collocati le
passioni ed affetti di tal Gran Signore, non mi reca ombra di noja e raccapricio, nell’esprimere, raccontare le
mire sopra le quali furono appogiati li suoi valorosi disegni nel far che riuscisse di sorprendimento, piacere, e
delizia de’ suoi fedelissimi Vassalli Rottriti,14 cioè Curiosi Stranieri, con farla mirabilmente distinguere nel
numero di tante Terre e forse Città, più Popolate di
questo Paese.
Tostochè dunque (come si è rilevato da publici documenti, notizie, e rapporti di Persone di sperimentata fede) successe d.o Signore negli effetti ereditarij, conferitosi tratto, tratto sopra la faccia del luogo delli suoi feudali [3v.]finanze, per investirsi nella possessione, in forza
dell’ordini de’ Tribunali Supremi, fu condotto nella Baronia di Tavi, da dove, trae l’origine del fiume Crisa, dalli Poeti decan(ta)to per celebre, quindi, il Zelantissimo
Principe, scoperta per via delli Periti, che seco portava, la
copia dell’acque Limpidissime che pochi passi scaturiscono dalli suoi feudi, diede in una forte inventiva,
escandescenza, contro la scioperata pigrizia, e depocagine delli suoi Congionti Antecessori, gridando col Real
profeta nel Salmo 73: Liquefacta est Terra, et omnes Habitantes in ea. Ego autem confirmabo columnas eius.15
Anno fatto poco conto l’Antichi Padroni di questi
nascosti Tesori, di acque copiosissime, senza partirsi,
per andarli a trovare nella America, nella gran Città del
Messico, da dove al Re di Spagna proviene l’Oro, e le
14
15
Il termine Rottriti, forse per maldestra trasposizione di una espressione gergale, risulta
incomprensibile.
Si è dissolta la terra con tutti i suoi abitanti, ma io consoliderò le sue colonne. Il passo è
tratto dal Salmo 75 v. 5. Il richiamo biblico vorrebbe conferire carattere epico all’opera che il principe Nicolò Placido si apprestava a compiere.
39
Adornamento della Storia di Leonforte del notaio Filippo La Marca
pietre preziose di inestimabil valore, per ciò innanzi le
loro abitazioni, tutto scioc- [4r.]camente, anno perduto.
“Nescierunt neque intellexerunt in tenebris ambulabant, movebuntur
omnia fondamenta eius” - Salm. 81.16
In veduta di questi oscitanti e mal prezzati Tesori,
delle cotante copiose sorgenti d’acque, tributo della
provida natura, risoluto l’Eccellentissimo Signore, per
far divenire opulente e divoziosa la plebe, e li nuovi abitatori, senza badare a denari, entrò nel positivo impegno a dar mano alla fabrica delli molini, da quantità di
Maestri fabricieri, che da Palermo fece seriamente venire e fra lo giro d’un Anno ne furono fabricati Nove
rotanti e macinanti ogn’uno distanti e due leghe, l’ultimo, siccome qui sotto si legge:
Il primo il Soprano – Il secondo il Secchino – il terzo la fichera – Il quarto il nuovo – Il quinto il menzo [4v.]Il sesto molino lo stretto – Il settimo il Salso – L’ottavo la Tominella – Il nono il Prato.
Quali 9 molini furono dal suddetto Signore ingabellati per once 900 di ff.o (frumento) all’anno per contratto, presso agl’atti di N. Francesco la Marca sotto li
19 Xbe 1659, se bene adesso ne’ tempi p(rese)nti, ridotti a n(ume)ro cinque gabellati dall’Attuale Ill.e Pr.npe
di Scordia per once 539 di grano, che per molire li frumenti, vengono da Città e Terre lontane, miglia n.o 20 e
forse più anche da Castelluzzo.17
16
17
40
Non si rendono conto di vagare nelle tenebre, tutti i suoi fondamenti (cioè della terra)
vacillano. Salmo 83.
Vari toponimi in Sicilia vengono nominati Castelluzzo (o Castelluccio?) ma sono troppo distanti da Leonforte per la molitura del grano.
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