24. Cesare nelle arti e nella comunicazione di massa a) Cesare nella lirica Giulio Cesare in Egitto di N. F. Haym per G. F. Haendel Composta nel 1724 semplificando l’originale di G.F. Bussani, il Giulio Cesare in Egitto mette in scena le vicende successive alla battaglia di Farsalo e gli avvenimenti e intrighi che hanno avuto luogo alla corte di Tolemeo e che si sono conclusi con l’incoronazione di Cleopatra come regina d’Egitto e con l’amore tra questa e Cesare. Le fonti di questa opera lirica, più che il III libro del Bellum civile ed il Bellum Alexandrinum, sono Dione e Plutarco (Vita di Cesare 48-49), che si soffermano su particolari coloristici, e probabilmente anche la Pharsalia di Lucano, che descrive Cleopatra come femme fatale, in grado di far cadere ai propri piedi il signore del mondo. Riportiamo di seguito l’ultima scena dell’opera, in cui Cesare proclama Cleopatra regina d’Egitto. 1 Porto di Alessandria. Cesare, Cleopatra, Nireno (confidente di Cleopatra), Sesto (figlio di Pompeo e Cornelia), Cornelia, Curio (tribuno), Séguito di Romani e di Egizi, un Paggio. NIRENO Qui Curio vincitor, qui tuo l’Egitto; in questo ondoso piano Cesare ognun acclama Signor del mondo e imperator romano. CESARE Del suo fido servir premio condegno Avrà Nireno; Curio, già del tuo forte braccio si conosce il valor. Ma qui Cornelia? SESTO Signor, ecco a’ tuoi piedi E di Cornelia e di Pompeo il figlio; egli la grande offesa del tradimento enorme vendicò con suo brando, e tolse a Tolomeo l’alma col sangue. 2 CESARE E morì Tolomeo? CORNELIA Se Sesto in mia difesa Pronto non accorrea, di Cornelia l’onor era in perielio. CESARE La vendetta del padre È ben dovuta al figlio; sorgi, Sesto, ed amico al sen t’accolgo. SESTO Ogni affetto di fede in te rivolgo. CORNELIA Dell’estinto tiranno Ecco i segni reali, a te li porgo. CESARE Bellissima Cleopatra Quel diadema che miri, a te s’aspetta; io te ne cingo il crine; regina dell’Egitto 3 darai norma alle genti, e legge al trono. CLEOPATRA Cesare, questo regno è sol tuo dono, tributaria regina imperator t’adorerò di Roma. CESARE (Amor, chi vide mai più bella chioma?) CLEOPATRA Caro! Più amabile beltà Mai non si troverà Del tuo bel volto. In me non splenderà Né amor né fedeltà Da te disciolto. CESARE Bella! Più amabile beltà Mai non si troverà Del tuo bel volto. In me non splenderà Né amor né fedeltà Da te disciolto. 4 Goda pur or l’Egitto In più tranquillo stato La prima libertà. Cesare brama, dall’uno all’altro polo ch’il gran nome roman spanda la fama. SÉGUITO Ritorni omai nel nostro core La bella gioia ed il piacer; sgombrato è il sen d’ogni dolor, ciascun ritorni ora a goder. CLEOPATRA E CESARE Un bel contento il sen già si prepara, se tu sarai costante ognor per me; così sortì dal cor la doglia amara, e sol vi resta amor, costanze e fé. 5 La Norma di Bellini Norma è un’opera lirica in due atti musicata da Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, composta nel 1831. L’oggetto è tratto da una tragedia di Alexandre Soumet Norma, ossia L’infanticidio. La vicenda è ambientata nelle Gallie al tempo dell’antica Roma. Esponiamo brevemente la trama: Norma, figlia del capo dei Druidi Oroveso, è stata l’amante segreta del proconsole Pollione, dal quale ha avuto due figli, nascosti e custoditi da Clotilde. Pollione confida all’amico Flavio di essersi innamorato di una giovane novizia del tempio di Irminsul, Adalgisa, e di voler abbandonare Norma. Adalgisa confida a Norma di non aver rispettato il voto di castità e questa la scioglie dai voti e le chiede chi sia l’innamorato; saputo che è Pollione, Norma rivela tutta la verità ad Adalgisa, la quale, sdegnata, respinge il proconsole. Norma vuole vendicarsi e pensa di uccidere i due figli, ma prevale in lei il sentimento materno. Decide di uccidersi e di affidare i suoi figli ad Adalgisa, con la preghiera di portarli a Roma e di crescerli insieme a Pollione. Adalgisa si rifiuta promettendo a Norma di convincere Pollione a tornare con lei. Il tentativo di persuasione del proconsole non va a buon fine e Norma – che si era sempre opposta alla rivolta contro i Romani –, venutolo a sapere, chiama i Galli a raccolta e proclama guerra a Roma. Intanto Pollione entra nel chiostro per rapire Adalgisa, Norma cerca di colpirlo ma si ferma; invita tutti ad uscire e, sola con lui, gli offre la 6 vita purché egli lasci Adalgisa. Pollione rifiuta e Norma decide che la vittima sacrificale sarà una sacerdotessa che ha infranto il voto di castità; ma quando sta per pronunciare il nome di Adalgisa, si rende conto che la colpa è sua e pronuncia il proprio nome. Pollione solo ora si rende conto della grandezza di Norma e decide di morire con lei. Norma confida al padre Oroveso di essere madre di due figli e lo prega di prendersi cura di loro e di farli andare a Roma insieme a Clotilde. Poi sale sul rogo con Pollione. L’opera è ricca di riferimenti al mondo romano: l’ambientazione si ispira al De bello gallico cesariano; la voglia di vendetta causata dal tradimento e il proposito (abbandonato) di uccidere i figli da parte di Norma ricordano il personaggio di Medea; le affermazioni antiromane espresse da Orovese e dal coro riecheggiano il famoso discorso di Calgaco nell’Agricola di Tacito (30-32) ed il rogo finale costituisce un’eco della Didone virgiliana. Ti proponiamo la celeberrima aria Casta Diva (Atto I scena IV), una preghiera che Norma rivolge alla Luna. Per vederla ed ascoltarla nell’interpretazione della più celebre cantante lirica del XX secolo, Maria Callas, clicca su http://www.youtube.com/watch?gl=IT&hl=it&v=_PVyld0ubpo 7 Entra Norma in mezzo alle sue ministre. Ha sciolto i capelli, la fronte circondata da una corona di verbena ed armata la mano di una falce d’oro. Si colloca sulla pietra druidica e volge gli occhi d’intorno come ispirata. Tutti fanno silenzio. NORMA Sediziose voci, voci di guerra Avvi chi alzarsi attenta Presso all’ara del Dio? V’ha chi presume Dettar responsi alla veggente Norma, e di Roma affrettar il fato arcano? Ei non dipende, no, non dipende Da potere umano. OROVESO E fino a quando oppressi Ne vorrai tu? Contaminate assai Non fur le patrie selve E i templi aviti Dall’aquile latine? 8 Omai di Brenno oziosa Non può starsi la spada. UOMINI Si brandisca una volta! NORMA E infranta cada. Infranta, sì, se alcun di voi snudarla Anzi tempo pretende. Ancor non sono della nostra vendetta I dì maturi. Delle sicambre scuri Sono i pili romani ancor più forti. OROVESO E UOMINI E che t’annunzia il dio? Parla! Quai sorti? NORMA Io ne’ volumi arcani leggo del cielo, in pagine di morte della superba Roma è scritto il nome. Ella un giorno morrà, ma non per voi. 9 Morrà pei vizi suoi, qual consunta morrà. L’ora aspettate, l’ora fatal Che compia il gran decreto. Pace v’intimo! E il sacro vischio io mieto. Falcia il vischio; le sacerdotesse lo raccolgono in canestri di vimini; Norma si avanza e stende le braccia al cielo; la luna splende in tutta la sua luce; tutti si prostrano. Casta Diva, che inargenti Queste sacre antiche piante, al noi volgi il bel sembiante, senza nube e senza vel! OROVESO E CORO Casta Diva, che inargenti Queste sacre antiche piante, al noi volgi il bel sembiante, senza nube e senza vel! NORMA Tempra, o Diva, 10 tempra tu de’ cori ardenti, tempra ancora lo zelo audace. Spargi in terra quella pace Che regnar tu fai nel ciel. OROVESO E CORO Diva, spargi in terra Quella pace che regnar Tu fai nel ciel. NORMA Fine al rito. E il sacro bosco Sia di sgombro dai profani. Quando il Nume irato e fosco Chiegga il sangue dei Romani, dal druidico delubro la mia voce tuonerà. OROVESO E CORO Tuoni, e un sol del popolo empio non sfugga al giusto scempio; e primier da noi percosso il Proconsole cadrà. 11 NORMA Cadrà! Punirlo io posso. (Ma punirlo il cor non sa.) (Ah! Bello a me ritorna Del fido amor primiero, e contro il mondo intiero difesa a te sarò. Ah! Bello a me ritorna Del raggio tuo sereno E vita nel tuo seno E patria e cielo avrò.) OROVESO E CORO Sei lento, sì, sei lento, o giorno di vendetta, ma irato il dio t’affretta che il Tebro condannò! NORMA (Ah! Riedi ancora qual eri allora, quando il cor ti diedi allora, qual eri allor, ah, riedi a me!) 12 OROVESO E CORO O giorno! O giorno, il Dio t’affretta Che il Tebro condannò! Tutti escono 13 24. b) Cesare nel fumetto Asterix Cesare Alla constatazione che oggi la maggior parte dei Francesi ignora chi sia Cicerone, a chi si chiede perché questo sia potuto accadere, si potrebbe rispondere1: “perché non è un personaggio di Asterix”. Gli album di Asterix infatti hanno avuto una straordinaria diffusione, anche fuori dai confini della Francia e tra i protagonisti l’onnipresente Cesare gode oggi di larga fama proprio per 14 l’immagine che ne ha dato il fortunato fumetto, che ha ignorato invece Cicerone. Il fumetto, creato dai francesi R. Goscinny e A. Uderzo, fu pubblicato per la prima volta nel 1959. Ambientato nell’antica Gallia al tempo di Giulio Cesare (50 a.C.), narra le avventure di Asterix, guerriero gallico e dei suoi amici abitanti di un villaggio dell’Armorica (odierna Bretagna), che resistono strenuamente all’assedio romano grazie ad una pozione magica preparata dal druido Panoramix in grado di conferire una forza invincibile a chi la beve. Asterix è il guerriero più coraggioso del villaggio; piccolo ma astuto, affronta innumerevoli avventure contro i Romani insieme al grande amico Obelix, dotato di una forza sovrumana (perché da piccolo cadde nella pentola in cui Panoramix stava preparando la pozione magica) e sempre affamato. Giulio Cesare viene rappresentato ironicamente e parla in romanesco, come tutti i romani nella versione italiana del fumetto. Dietro le avventure dei simpatici Galli emerge, per quanto minimo, un riferimento alla storia: la Gallia ha capitolato, ma a resistere strenuamente all'invasore c’è un piccolo villaggio e alcuni tenaci personaggi che, sull’esempio di Vercingetorix, si chiamano Asterix, Obelix, Abraracourcix, Assurancetourix... La loro irriducibile ostinazione rappresenta un grave scacco per l’amor proprio di Cesare, gli impedisce di completare la conquista della Gallia e lo induce alternativamente all’avvilimento o alla collera. Ne segue una 1 . È l’opinione di Paul-M. Martin, riportata in: L’image de César dans “Asyterix” ou comment deux français sur trois aujourd’hui voient César, in Presence de César: actes du colloque des 9-11 decembre 15 serie di vicende ben lontane dalla verità storica. È stato, comunque, osservato che non tutto è di pura fantasia: oltre al quadro storico nelle sue linee generali, lo stesso aspetto fisico di Cesare ha una qualche attinenza coi “ritratti” che l’antichità ci ha lasciato (alto, occhi neri e vivi, curato nella persona fino a nascondere la calvizie con una corona di alloro, o a preferire un laticlavio, tunica bianca ornata da un’ampia striscia di porpora, impreziosito da frange)2. Tuttavia, data la prevalenza degli aspetti fantastici, i testi sono stati accusati di essere antieducativi, perché antistorici; ma certo i due autori3, come molti altri scrittori del presente e del passato che hanno arricchito la loro immaginazione creativa ispirandosi alla storia, non hanno voluto fare una narrazione 1983; édites pa R. Chevallier. Paris, Les belles lettres, 1985, p. 459. 2 . Famoso è il ritratto lasciatoci da Svetonio, Divus Iulius, 45: Fuisse traditur excelsa statura colore candido teretibus membris ore paulo pleniore nigris uegetisque oculis ualitudine prospera nisi quod tempore extremo repente animo linqui atque etiam per somnum exterreri solebat. comitiali quoque morbo bis inter res agendas correptus est. circa corporis curam morosior ut non solum tonderetur diligenter ac raderetur sed uelleretur etiam ut quidam exprobrauerunt caluitii uero deformitatem iniquissime ferret saepe obtrectatorum iocis obnoxiam expertus. ideoque et deficientem capillum reuocare a uertice adsueuerat et ex omnibus decretis sibi a senatu populoque honoribus non aliud aut recepit aut usurpauit libentius quam ius laureae coronae perpetuo gestandae. Etiam cultu notabilem ferunt: usum enim lato clauo ad manus fimbriato nec umquam aliter quam [ut] super eum cingeretur et quidem fluxiore cinctura; unde emanasse Sullae dictum optimates saepius admonentis ut male praecinctum puerum cauerent (Si tramanda che fosse di alta statura di carnagione bianca, ben fatto di membra, di viso un po’ troppo pieno, di occhi neri e vivaci, di fibra robusta anche se ultimamente di solito sveniva all’improvviso e inoltre era terrorizzato da incubi durante il sonno. Per due volte fu anche colto da epilessia mentre svolgeva le proprie attività. Era alquanto ricercato nella cura del corpo al punto che non solo si faceva tagliare i capelli e si faceva radere con meticolosità, ma si faceva anche depilare tanto che alcuni lo rimproveravano per questo; non sopportava affatto l’idea di essere calvo soprattutto perché spesso si era accorto che la calvizie era causa delle derisioni dei suoi denigratori. Per questo si era abituato a riportare in avanti gli scarsi capelli dalla sommità della testa e tra tutti gli onori decretati dal Senato e dal popolo nessuno ne preferì o accettò più volentieri del diritto di tenere perennemente sul capo la corona di lauro. Dicono anche che fosse elegante nell’abbigliamento: infatti indossava un laticlavio guarnito di frange che arrivavano fino alle mani e sempre su di esso portava la cintura per altro allentata: da qui ebbe origine la battuta di Silla che piuttosto spesso esortava gli ottimati a «fare attenzione a quel ragazzo che portava male la cintura»). 16 veritiera e sistematica, ma un’opera di puro divertimento. E anche questo non è merito da poco. Asterix e Obelix 3 . René Goscinny e Albert Uderzo. Nel 1959 Asterix compare sul primo numero di Pilote, giornale per bambini. 17 Il notevole successo riscosso dal fumetto ha dato vita ad una serie di cartoni animati e anche di film (Asterix e Obelix contro Cesare del 1999 con G. Depardieu e R. Benigni, Asterix e Obelix: missione Cleopatra, del 2002 con M. Bellucci). Visita il sito italiano di questo fumetto (http://www.asterixweb.it/) per maggiori curiosità. Tratto dal sito http://www.asterixweb.it/asterixweb.htm 18 24. c) Cesare nel cinema e nei videogiochi Al cinema… Il personaggio di Giulio Cesare ha esercitato un notevolissimo fascino in tutti i tempi ed anche il cinema ha spesso preso ispirazione dalla sua vita straordinaria. Il film probabilmente più famoso è il Giulio Cesare di Joseph L. Mankiewicz (1953), ispirato all’omonima tragedia di Shakespeare (celebre il personaggio di Marcantonio interpretato da Marlon Brando) e incentrato soprattutto sulla congiura del 44 a.C. a cui si oppone Marcantonio. Clicca su http://it.youtube.com/watch?v=hoD9OXIi6F4 per vedere la scena in cui Marcantonio parla davanti al cadavere di Cesare. Altresì ispirato alla tragedia shakespeariana è il film 23 pugnali per Cesare (di S Boccia, 1963) e Druids, la rivolta (di J. Dorfmann, 2000): il primo affronta il tema dal punto di vista di Cesare, il secondo da quello del condottiero gallico Vercingetorige. Parodistico ed irriverente è il film Ehi Cesare, vai da Cleopatra? Hai chiuso… (tito Richard Burton), uno dei film più dispendiosi della storia del cinema, memorabile anche per la quantità di costumi indossati dalla protagonista (ben 65). 19 …nel mondo dei videogames Il dittatore romano ha persino suggestionato il mondo dei videogiochi: ispirato al suo personaggio è il gioco Cesar (giunto alla quarta versione), in cui vengono messe alla prova le qualità politiche ed amministrative del giocatore. Per saperne di più clicca su: http://www.caesariv.com/it/game_overview_features.html?section=g ame. Gli eventi successivi all’uccisione di Cesare riguardano, invece, il gioco Shadow of Rome. Per saperne di più clicca su: http://it.wikipedia.org/wiki/Shadow_of_Rome. 20 23. d) Cesare a Las Vegas Il “Caesars Palace”, un gigantesco hotel e parco giochi di architettura moderna, preceduto da una vasca con giochi d’acqua e una copia della Vittoria di Samotracia, si alza nel cuore di Las Vegas, la città del gioco e del divertimento, nel Nevada. Un opuscolo a disposizione dei turisti li accoglie con queste parole: “Io, Cesare, vi accolgo in qualità di ospite e vi do il benvenuto nel mio reale palazzo delle meraviglie, creato per il piacere esclusivo dei 21 miei invitati. Il mio palazzo del piacere, per la cui creazione si sono meravigliosamente combinati la realtà storica, la leggenda romantica e i miti divini, è un paradiso di delizie senza pari...”. Segue quindi una descrizione di tutto quello che il turista può trovarvi per il suo divertimento. All’interno si apre il “Caesars Forum”, una immensa sala da gioco, piena di macchine che emettono tra ticchettii ininterrotti monete sonanti, percorsa da graziose inservienti in peplo. Cesare in persona, la cui immagine compare in un pieghevole pubblicitario, invita a diventare milionari. Non manca il “Cleopatra’s Barge”, un salone adibito a bar, caratterizzato dalla presenza della parte anteriore di una trireme in grandezza naturale. Poi il “Garden of the Gods”, con una immensa riposante piscina, su cui aleggia l’invisibile presenza delle antiche divinità. C’è chi vuole vedere una qualche attinenza con la realtà storica4; a Cesare sarebbero attribuiti alcuni caratteri verosimili: la regalità a cui rimanda la grandiosità del Palace, l’aristocratica magnificenza che induce l’“ospite” Cesare a trattare ogni visitatore come suo invitato, captandone così il favore, la larghezza con cui avvicina il denaro con l’augurio della più ampia distribuzione, il fascino che accende l’amore delle donne, la divinizzazione della persona attribuitagli dopo la morte e l’assunzione fra gli dei. Questi elementi fanno parte di quanto l’immaginario collettivo attribuisce genericamente a 4 . Cfr. R. Martin, César à Las Vegas, ou les clefs d’un royaume, in Presence de César: actes du colloque des 9-11 decembre 1983; édites pa R. Chevallier. Paris, Les belles lettres, 1985, p. 509 e ss. 22 Cesare semplificandone la figura e limitandola ai pochi tratti in grado di accendere le fantasie: ne esce un personaggio tanto più favoloso quanto più privo di qualsiasi reale spessore. La banalizzazione della memoria storica viene mimetizzata dalla grandiosità abbacinante dell’insieme, in cui la “storia” diventa un puro pretesto, fittizio e artificiale. Siamo di fronte ad un sontuoso esempio di kitsch. In ogni caso Cesare non ha rivali: nessun personaggio storico è evocato così grandiosamente nel cuore di Las Vegas. E la sua presenza non è il solo richiamo alla romanità. Anche la lingua latina ha lasciato qui il suo segno, meno vistoso, ma altrettanto significativo. Palace (palazzo in italiano, palacio in spagnolo e portoghese, palais in francese) è parola derivata dalla radice di palatium, che nell’antica Roma indicava sia il colle su cui sorgeva la residenza imperiale (oggi Palatino, da mons palatinus), sia la residenza stessa, il palatium per eccellenza; palatium a sua volta deriva dalla radice di Pales, divinità italica protettrice delle greggi e dei pastori (palea è la paglia), a cui il colle, nell’antica tradizione religiosa, era dedicato. 23