Anno 7, n. 11 Sabato 12 marzo 2016 La coscienza www.identitaeinnovazione.it autonomista Editoriale La coscienza autonomista Notizie per il Friuli Le sfide per il 2016 Il ricorso della Regione contro la legge di stabilità Il prossimo sindaco di Trieste sarà per la città metropolitana Identità linguistiche I simboli della friulanità Presentazione del libro di Gianluca Franco La conclusione del corso di Nedisko La riforma regionale francese colpisce la minoranze occitana Attività Pagjinis furlanis Opinioni e documenti Gli autonomisti talvolta si perdono puntando su obiettivi di secondaria importanza. Il trattino nel nome della Regione, i privilegi supposti o reali a favore di Trieste, i contatti con espressioni politiche minori e per di più schierate sull’estrema destra di minoranze linguistiche italiane o estere, eventi storici di scarso impatto sulle situazioni e le dinamiche attuali, le polemiche sugli sprechi dell’attuale classe politica, e altri temi che o non interessano l’opinione pubblica o che sono agitati da tutte le forze politiche antisistema, dai leghisti ai Grillini, e quindi non qualificano una azione politica autonomista. Temi come le auto blu, gli sprechi nella gestione della pubblica amministrazione, il clientelismo politico, le vessazioni fiscali, rappresentano argomenti che possono essere agitati da tutti i movimenti protestatari, che tuttavia non individuano uno specifico argomento autonomista. Si tratta di temi certamente importanti, ma che non giustificano la nascita e lo sviluppo di un movimento autonomista friulano. Il quale deve reggere su di una cosciente azione per rendere responsabile e autonoma la nostra comunità, per rivendicare i benefici in termini di crescita civile, di maturazione culturale e di sviluppo economico del popolo friulano che deve ricavare dalle proprie capacità d’iniziativa, dal senso di consapevolezza e dalla ricchezza delle proprie risorse naturali, umane ed economiche i motivi del proprio sviluppo. Il popolo friulano deve liberarsi dai legami di dipendenza politica, amministrativa ed economica nei confronti di altre realtà e di altre comunità che son animati da principi e da finalità diverse. Deve sprigionare energie proprie che finora sono state 1 compresse dai condizionamenti operativi e dai vincoli normativi e dalle rigidità burocratiche che si ispirano a modelli estranei alla cultura e agli schemi comportamentali propri del popolo friulano. Una burocrazia ispirata a un intreccio di modelli borbonici, napoleonici e piemontesi, una cultura della pubblica amministrazione ispirata al clientelismo, all’irresponsabilità e alla disorganizzazione, una prassi politica e amministrativa incapace di muoversi verso obiettivi di medio e lungo termine: queste sono le ragioni dei ritardi accumulati dalla nostra Regione che malgrado le competenze particolari di cui dispone e le risorse che ricava dal reddito prodotto dai propri operatori si pone a livelli assai più bassi del vicino Veneto. Ma autonomia non significa guadagnare livelli elevati di libertà rispetto ai centri di potere espressi dalle collettività confinanti, ma soprattutto vuol dire coltivare e adottare principi di autonomia in tutti i settori della vita sociale e culturale. Essere autonomisti significa credere in tre principi fondamentali e muoversi per la loro allocazione in tutti i campi: l’autogoverno, la sussidiarietà e l’identità locale. Il principio di autogoverno e cioè quello di una piena manifestazione della capacità delle popolazioni di scegliere le soluzioni e gli itinerari necessari per risolvere i propri problemi e le proprie esigenze, deve essere applicato a tutti i livelli, a partire da quelli di base: quartieri, frazioni, comuni devono esprimere propri organismi di autogoverno, considerando che le soluzioni migliori sono quelle espresse da chi i problemi li conosce e li vive. Il principio della sussidiarietà, espresso dalla dottrina sociale della Chiesa ancora nell’Ottocento, è ora un principio fondamentale su cui si basa l’Unione europea. E’ un principio legato al precedente e significa che i problemi devono essere affrontati e risolti al livello territoriale e sociale ove si pongono. Le esigenze devono essere affrontate al livello più basso e devono essere trasferite ai livelli superiori solo quando per ragioni tecniche non possono trovare una soluzione a quel livello. E così vengono innanzitutto le famiglie, poi le istituzioni private locali, poi le istituzioni pubbliche di livello inferiore, per poi passare a quelle intermedie (province) e a quelle superiori (regioni), per poi passare alla massima espressione della sovranità (stato, nella sua forma nazionale o federale). Il principio della identità può assumere una forma debole, quando la comunità si articola in sottocomunità debolmente differenziate dal punto di vista culturale e linguistico, oppure in forma forte, quando la sottocomunità è dotata di una lingua propria. Soprattutto in quest’ultimo caso ogni sforzo deve essere fatto dalla 2 società e dalla pubblica amministrazione per conservare e valorizzare queste caratteristiche distintive. Se è giusto che il Veneto e la Lombardia difendano le tradizioni e le culture locali, è maggiormente importante che le comunità che sono minoranze linguistiche trovino strumenti e azioni che favoriscano il mantenimento e la valorizzazione di tali caratteristiche locali, che offrono motivi di coesione e di specificazione delle comunità stesse. I friulani hanno la fortuna di disporre di una propria lingua, che giustifica un trattamento particolare da parte della Costituzione: si tratta di una grande ricchezza e di un potente strumento di diversificazione. La difesa della lingua rappresenta un importante obiettivo dell’azione autonomista. E quest’azione può essere efficacemente perseguita solo dopo che dalla comunità friulana sarà estratto quel corpo estraneo che è costituito dalla città veneta di Trieste, la causa maggiore e strutturale della debolezza dell’azione regionale a favore della lingua friulana, fonte di ricchezza culturale e strumento di giustificazione della specialità. Notizie per iI Friuli Le sfide di quest’anno Quest’anno si presenteranno importanti appuntamenti per il movimento autonomista, che potrebbero influenzare profondamente il futuro del Friuli. L’assetto istituzionale e quindi e quindi il meccanismo di funzionamento del nostro sistema economico potrebbero essere profondamente modificati da alcuni eventi di notevole rilievo che si verificheranno nel corrente anno. Si tratta del referendum di conferma della riforma costituzionale che prevede lo svuotamento del Senato e l’abolizione delle Province, il referendum abrogativo della legge Serracchiani-Panontin d’indebolimento dei comuni e di costituzione delle Unioni Territoriali Intercomunali, il referendum propositivo di modifica dello Statuto regionale e di profonda riforma della Regione da trasformarsi nella federazione di due province autonome del Friuli e di Trieste, e la costituzione di un forte movimento autonomista che sia rappresentato in Consiglio regionale e che sia un valido difensore della specialità regionale. Sono tutti eventi che si verificheranno nel 2016 e che se avranno l’esito che noi auspichiamo avranno grandi conseguenze nei due anni successivi e più in generale per il futuro della nostra regione. Il referendum costituzionale confermativo della riforma La riforma costituzionale portata avanti dal Governo Renzi che prevede il depotenziamento del Senato, che viene notevolmente ridotto di competenze e di poteri, oltre che nel numero dei suoi componenti, che abolisce le province e indebolisce le regioni, sarà approvato 3 definitivamente a maggioranza assoluta ma non qualificata e dovrà quindi essere sottoposta a referendum confermativo. Esso si svolgerà presumibilmente nell’autunno di quest’anno. Si tratta di una riforma assolutamente negativa. Essa, infatti, prevede non la abolizione del Senato, ma la sua conservazione ma con poteri assai deboli. Un organismo inutile nella configurazione finora pensata, mentre sarebbe dovuto essere semplicemente soppresso. La seconda camera ha senso nei paesi federalisti, dove la Camera Bassa (in Italia la Camera dei Deputati) rappresenta le opinioni e le impostazioni espresse dai partiti, considerate in modo indifferenziato, nel senso che gli elettori hanno uguale peso ovunque siano residenti e dove i suoi componenti vengono eletti per lo più con un sistema proporzionale, mentre la Camera Alta (in Italia il Senato) rappresenta le Regioni, con un numero di membri uguale o debolmente variabile, a segnare la uguale dignità delle entità che formano la struttura statale (Regioni, Stati, Province, Länder) e le sue competenze sono limitate ad alcune materie, prevalentemente di interesse regionale e territoriale. La riforma prevede altresì la abolizione delle Province, che rappresentano un ente di area vasta che è indispensabile per una razionale ed equilibrata distribuzione delle competenze e delle risorse, esistenti in tutto il mondo, dalla Francia, alla Germania, alla Spagna, agli Stati Uniti. La loro abolizione apre un grave vuoto per l’ordinato esercizio delle funzioni di area vasta (ambiente, lavoro mobilità, viabilità, istruzione superiore, cultura), che deve essere colmato con una riforma che definisca meglio le funzioni della Regione. IL terso settore in cui incide la riforma costituzionale è costituito dalla divisione di competenze tra Stato e Regione, che naturalmente nel clima centralista e personalistico che ispira Renzi, vengono spostate a favore dei ministeri. Si tratta di una riforma da abbattere, e da sostituire con un intervento fortemente federalistico all’interno dei confini italiani e di forti devoluzioni di poteri a favore dell’Unione europea. Il referendum per l’abrogazione della legge di riforma degli enti locali In Regione dovrà effettuarsi un referendum di abrogazione della Legge regionale 26/2014 che la Serracchiani ha voluto far approvare e l’assessore Panontin da fido scudiero ha portato avanti, incontrando gravi difficoltà e l’opposizione di un grande numero di sindaci che hanno impugnato la legge davanti al Tar. I difetti della legge sono ben noti. Il primo è quello di impoverire di poteri i 4 Comuni e di trasferirli a nuovi enti, le Unioni Territoriali Intercomunali, in numero di 17, che indeboliscono gravemente il Friuli e che sostituiscono a tre enti ai area vasta (le Province) ben diciassette aree sovra comunali che sono troppo vaste per esercitare le competenze dei comuni e troppo piccole per assumere le funzioni territoriali, tant’è che molte funzioni già provinciali sono state trasferite alla Regione, provocando un processo di passaggio di funzioni amministrative e gestionali ad una unica struttura centrale, quella regionale, violando in tal modo le norme dello Statuto regionale, della Costituzione e dei più ovvi principi della organizzazione pubblica. Il secondo è quello di promuovere e attraverso appositi piani di fusione la aggregazione dei comuni, secondo una impostazione del gigantismo comunale che fu uno dei principi fondamentali degli stati autoritari (fascismo in Italia e comunismo in Jugoslavia). Il referendum sulla riorganizzazione della Regione A livello regionale si dovrà realizzare il secondo referendum, quello propositivo di un nuovo Statuto regionale che preveda lo sdoppiamento della Regione in due Province autonome, sulla base del modello di successo adottato nel Trentino Alto Adige, dove all’interno della Regione sono state costituite due Province autonome, quella di Bolzano rappresentativa della minoranza tedesca del Sud Tirolo e quella di Trento rappresentativa della componente alpina italiana e ladina delle valli trentine. che raggiungono i più elevati livelli di sviluppo di tutta Italia. Tale modello dovrebbe essere portato da noi, dove la Regione dovrebbe articolarsi nella Provincia autonoma del Friuli rappresentativa della minoranza friulano - ladina delle attuali province di Gorizia, Udine e Pordenone, e nella Provincia autonoma della città marittima di Trieste, italiana slovena. Si tratta di una trasformazione di grande importanza, che realizzerebbe due entità istituzionali omogenee dal punto di vista linguistico, culturale ed economico che darebbe slancio ai processi di sviluppo delle due aree. Anche nella nostra regione convivono due comunità linguistiche fondamentali (a parte quelle slovena e tedesca), la friulana in gran parte della Regione e la italiana nella città di Trieste. Basterebbe riprendere le linee fondamentali degli Statuti del Trentino Alto Adige per realizzare una grande riforma dei nostri ordinamenti, costruendo un assetto istituzionale destinato a introdurre forti spinte all’innovazione e allo sviluppo economico. La proposta di articolazione bipolare della Regione lanciata dal Sindaco di Rivignano Teor rappresenta una concreta sintesi operativa data alle richieste dall’autonomismi friulano. La Comunità friulana deve trovare l’espressione rappresentativa e operativa in una propria struttura istituzionale, dove la componente friulana 5 sia maggioranza non solo numerica ma anche politica e non si lasci fuorviare dall’attivismo e dalle reti di collegamento della comunità triestina con i mondi nazionali e internazionali. Chi produce il reddito e quindi il gettito fiscale che mantiene la struttura amministrativa della Regione deve mantenere il pieno controllo del bilancio e delle strutture amministrative che lo gestiscono, senza i pesanti condizionamenti di una minoranza compatta, attiva e protetta come quella triestina. Questo significa garantire la ragioni della piena autonomia del Friuli. Vi sono tre passi da effettuare. La raccolta di 500 firme per la presentazione della proposta in Consiglio regionale, obiettivo agevolmente raggiunto. La raccolta delle 15.000 firme per l’indizione per l’indizione del referendum, obiettivo non agevole ma alla portata di una convinta azione di raccolta. La campagna referendaria e il raggiungimento della maggioranza dei consensi, che richiederà una vastissima mobilitazione delle migliori forze del Friuli. Dobbiamo prepararci adeguatamente per questi due obiettivi. La formazione di un partito regionale La nostra Regione è l’unica tra le speciali a non annoverare un Partito regionale, che sia slegato dalle centrali politiche nazionali, e che sappia agevolmente resistere ai condizionamenti dei partiti politici che governano a Roma e che molto spesso non pongono in prima linea gli interessi della comunità friulana. In Trentino vi è il Partito Autonomista Trentino Tirolese e altre formazioni autonomiste, in Alto Adige la Südtiroler Volkspartei, in Val d’Aosta la Union Valdostane e altri partiti autonomisti di estrazione francese: in tali Regioni e Province autonome tali partiti hanno il governo di tali enti senza alcun coinvolgimento dei partiti italiani. In Sardegna vi è il Partito Sardo d’Azione che insieme ad altre liste sardiste partecipa il più delle volte al governo regionale, ance se la prevalenza viene mantenuta da partiti nazionali. Solo il Friuli non è riuscito ad esprimere una forza politica locale, fortemente impegnata a difendere i diritti e gli interessi della comunità nazionale. Di questa si sente da anni l’esigenza, e riteniamo che sia venuto il momento dell’aggregazione di energie e di volontà di riscossa che dia luogo ad una forza politica regionale che ponga al primo punto del suo programma il perseguimento degli interessi della comunità friulana, che consistono nella costruzione di un assetto istituzionale che garantisca la prevalenza degli interessi della comunità friulana e il completo controllo delle risorse finanziarie che tale comunità produce e utilizza, nella valorizzazione dell’impianto pluralistico dei suoi insediamenti, nel rispetto del principio di sussidiarietà che pone al primo posto la difesa delle piccole comunità e delle sue 6 amministrazioni, nella tutela delle sue specificità linguistiche e culturali. La costruzione di una rappresentanza autonomista richiede pertanto un notevole sforzo di iniziativa politica e di costruzione di reti organizzative, che richiede un forte impegno e un grande lavoro di radicamento territoriale. Se si guarda all’orizzonte temporale costituito dal 2018, è il 2016 l’anno decisivo per il raggiungimento di tale obiettivo. Nel 2017 i giochi saranno già fatti. Notizie per iI Friuli Il ricorso della Regione sul patto di stabilità Lo Stato, già a suo tempo con Tremonti ministro dell’economia di Berlusconi, e ora con Padoan. Ministro dell’economia di Renzi, vanno effettuando una azione diretta a ledere i diritti e l’autonomia delle Regioni e Province a statuto speciali. E infatti la legge di stabilità 2016 chiama le regioni speciali a contribuire al risanamento della finanza pubblica reclamando un contributo al bilancio dello Stato, che dovrebbe essere fissato sulla base di una negoziazione tra Regioni e Stato, ma che comunque è fissato in 3.980 milioni per il 2017 e in 5.480 milioni per il 2018 e rispettivamente per il 2019. Se non v sarà u accordo su come distribuire questo contributo, che a questo punto è obbligatorio, provvederà lo Stato, con un Decreto del Presidente del Consiglio. La norma è gravemente lesiva dell’autonomia finanziaria delle Regioni speciali. La legge costituzionale, infatti, prevede che i bilanci regionali si formino con una compartecipazione in quote fisse al gettito tributario raccolte nelle singole regioni. Lo Stato con una legge ordinaria impone la restituzione di una parte del gestito a favore dello Stato, per coprire parte del disavanzo che lo Stato ha provocato con decisioni alle quali le regioni non hanno in alcun modo in alcun modo partecipato. La scorrettezza delle burocrazie ministeriali che hanno ideato questo meccanismo e l’impreparazione degli esponenti parlamentari e ministeriali che hanno approvato questa norma e la relativa incostituzionalità appare evidente. Le Regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno presentato ricorso di costituzionalità. Mentre le dichiarazioni del Presidente autonomista di Trento Ugo Rossi sono assai dure, quelle della Serracchiani e di Jacop fanno pensare che il ricorso della nostra regione non sia stato presentato con entusiasmo. Si parla di leale collaborazione tra Stato e Regione e del principio che i conflitti non si risolvono in Tribunale con opportuni negoziati. La cos appare naturale. E naturale che il Presidente della Regione Serracchiani presenti di malavoglia un ricorso contro il Presidente del Consiglio Renzi, di cui la stessa Serracchiani è vicesegretaria nel partito democratico. E’ un modo di 7 scaricare sui Giudici costituzionali ogni responsabilità, invece di impegnare tutto il proprio peso politico per far saltare una norma che è politicamente vergognosa e costituzionalmente illegittima. Notizie per iI Friuli Il prossimo Sindaco di Trieste sarà per la città metropolitana Le primarie del Partito democratico Trieste hanno dato una forte maggioranza (65%) al sindaco uscente Roberto Cosolini, contro il suo sfidante sen. Francesco Russo. Risultato prevedibile. Quello che a noi importa che entrambi i candidati sono decisamente a favore della Città metropolitana quale, se realizzata, darebbe un argomento di notevole forza all’organizzazione delle attuali tre province friulane in una unica entità, la Comunità friulana o Provincia autonoma del Friuli. Contro Cosolini si batterà per il centro-destra Roberto Di piazza, già sindaco di Trieste, che i due sondaggi organizzati dal Partito democratico e da questo resi noti solo attraverso alcune indiscrezioni, appare dieci punti contro lo stesso Ciosolini. Chiunque vinca, il prossimo sindaco sarà un convinto sostenitore della Città metropolitana, il darà convincenti argomenti ai friulani che si battono per una Comunità autonoma del Friuli, comunque verrà chiamata. Identità linguistiche I simboli della friulanità Il 5 aprile alle ore 17,30 nella Sala del Consiglio di Palazzo Belgrado si terrà la conferenza sul tema “I simboli della friulanità”. Parleranno il Presidente della Provincia Pietro Fontanini, il Presidente dell’’Ente Friuli nel Mondo Adriano Luci, il Presidente della Filologica Prof. Federico Vicario, il vice vicario generale della Diocesi di Udine. Mons. Guido Genero e il dott. sa Maria Beatrice Bertone. Si tratterà di un importante incontro in cui si discuterà sui simboli dell’identità friulana, cui tutti sono invitati a partecipare. Identità linguistiche Mostra sul Friuli a Portogruaro A memoria di quegli eventi, la Provincia di Udine ha organizzato, come ogni anno, una serie di iniziative che partono sabato 12 marzo alle 16.30 con l’inaugurazione, negli spazi del centro commerciale Adriatico 2 di Portogruaro, della mostra “Il Friuli: una Patria”, attraverso la quale si propone un approfondimento sulla storia del Friuli con particolare riferimento al periodo dello Stato patriarcale. Parte di uno studio corposo sul periodo 10778 1797 (progetto culturale di Giuseppe Bergamini e Gianfranco Ellero), l’esposizione descrive in modo semplice e moderno l’evoluzione politica, sociale, economica e culturale di una pagina importante della storia friulana, attraverso pannelli esplicativi, riproduzioni di oggetti, documenti, ricostruzioni. Identità linguistiche Presentazione del libro di Gianluca Franco a Gorizia In occasione della Festa del Friuli a Gorizia sabato 9 aprile si presenta il nuovo romanzo storico di Gianluca Franco, già autore del romanzo storico in lingua friulana “Re Ricart in Friul”, pubblicato dalla Clape cultural Acuilee e giunto già alla seconda edizione. Gianluca Franco nato a Gorizia e residente a Capriva, lavora al Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Udine. Fondatore di Identità e Innovazione e della Societât Sientifiche e Tecnologjiche Furlane, ha sempre dato contributi importanti allo sviluppo della lingua friulana. Ha lavorato scientificamente con Furio Honsell. Dopo il primo romanzo storico che gli ha fatto guadagnare importanti riconoscimenti, e che è stato la base anche per una cantata in re minore per voci e orchestra insieme a Fabio Rivolt e presentata dall’Ensemble d’Anjou al Premio Friuli 2013 e apprezzato al Premio di letteratura friulana San Simon di Codroipo, ora ha pubblicato sempre con la Clape Culturâl Acuilee il suo secondo romanzo sempre in friulano che verrà presentato a Gorizia. Identità linguistiche Il corso di Nedisko a Pulfero Si é svolta, presso la sede dell’ Associazione culturale e socio-assistenziale “Tarcetta” di Pulfero, con grande partecipazione di pubblico ed in presenza dei rappresentanti delle Amministrazioni comunali di Pulfero, San Pietro al Natisone, San Leonardo e Grimacco promotrici dell’iniziativa - finanziata dalla con dalla comunità Montana Collio, Torre, Natisone con fondi regionali, la cerimonia di chiusura del secondo Corso di cultura e lingua locale. Nel suo saluto, il vice-sindaco di Pulfero, Mirko Clavora dopo essersi complimentato con i partecipanti, gli insegnanti e ringraziato l’Istituto Slavia Viva per l’ottima organizzazione pratica del progetto e l’Associazione di Tarcetta per aver messo la propria sede a disposizione - ha sottolineato l’importanza del pronunciamento della Giunta regionale che con sua delibera n. 2603 del 29 dicembre 9 2015, riconosce l’esistenza nelle Valli del Natisone, di una componente identitaria che non si identifica nella minoranza slovena e non giudica “essere un dialetto sloveno la lingua parlata storicamente nel territorio del loro comprensorio (detta natisoniano o nediško)”. “La presa d’atto ufficiale” - ha proseguito Mirko Clavora “che i cittadini di questo territorio esprimono un sentimento di appartenenza non riferito alla comunitá nazionale slovena costituisce un significativo atto di responsabilità democratica del quale va dato atto alla Giunta regionale. A differenza di quanto avveniva fino ad ora, la voce di chi ritiene una forzatura antistorica ed in contrasto con il comune sentire della quasi totalità dei cittadini l’assimilazione delle popolazioni del Natisone, del Torre e di Resia agli sloveni delle Province di Trieste e Gorizia, viene finalmente riconosciuta per quella che é: la legittima e democratica espressione di un sincero sentimento nazionale che non intende assolutamente ledere i diritti delle altre sensibilitá nazionali ma solo come lo fa giá la legislazione vigente in materia riconoscere questa differenziazione, prevedendo misure specifiche per la provincia di Udine.” Concludendo, il vice-sindaco di Pulfero ha auspicato l’avvio di “una nuova stagione nei rapporti tra l’Amministrazione regionale e la comunitá delle Valli del Natisone, in particolare per quanto riguarda la tutela delle specificitá linguistiche e culturali. Oltre alla sostanziosa tutela di coloro che, per vari motivi, si sentono appartenere alla minoranza nazionale slovena, sarebbe opportuno rafforzare l’attenzione per coloro che, in numero ben piú consistente, esprimono un’identitá differente.” Al termine dell’intervento di Mirko Clavora, i due insegnanti - Nino Specogna e Simone Clinaz - hanno riferito del lavoro svolto con i rispettivi gruppi e illustrato i contenuti delle tre pubblicazioni realizzate: Appunti del Corso di nediško, Parve nediške stopienje e Nediška kultura. Particolare attenzione ha suscitato la presentazione di due “manifesti” - con le illustrazioni di Sergio Metus - relativi all’alfabeto “nediško” ed ai termini relativi alle parti del corpo umano. Prima della consegna degli attestati di partecipazione al Corso, il gruppo guidato da Simone Clinaz, ha svolto alcune letture in italiano (un importante testo di Gianfranco Ellero relativo alla comunitá della Slavia) ed in nediško (in particolare testi di Renzo Onesti e Giovanni Rossi tratti dal opuscolo “Nediška kultura”, da considerarsi come la prima antologia di testi originali in lingua nediška. Infine, é stato presentato il nuovo gruppo teatrale in lingua locale “Nediški kazaunjak” che si esibito in una breve ma simpatica e divertente conversazione in nediško, Poguorienje. Considerando il grande interesse ed apprezzamento per l’iniziativa, dimostrato dal pubblico presente e la serietá e 10 qualitá del lavoro svolto dagli insegnanti e dai corsisti si ritiene che sia giunta l’ora di una concreta applicazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 12 della legge di tutela che prevedono che nelle scuole materne site nei comuni della provincia di Udine compresi nella tabella di cui all’articolo 4, la programmazione educativa comprenderá anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua ed alla cultura locali e che tale insegnamento sia compreso nell’orario curricolare obbligatorio determinato dagli stessi istituti nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica. Traendo spunto di quanto emerso in precedenza che confermava l’estrema delicatezza della questione dell’insegnamento linguistico proposto ai bambini della Slavia, il presidente dell’Istituto Slavia Viva Ferruccio Clavora formulava una stimolante ipotesi. Da genitore prima e nonno poi e cittadino che quotidianamente vive a stretto contatto con i paesani, cogliendo le loro incertezze, le loro titubanze, ma anche lo loro speranze, mi sento di poter o dover suggerire alla Scuola del nostro territorio se si vuole consentire a questa comunitá di crescere in armonia con la proprie radici e la propria storica ed inconfondibile identitá – di favorire in ogni modo il recupero e la diffusione, la piú ampia possibile dell’uso della lingua locale, ma anche lo studio della propria storia, delle tradizioni e degli usi e costumi, tramandati per secoli ma oggi in pericolo per causa della dilagante omologazione. In questo delicato processo, che tocca equilibri estremamente delicati della psicologia individuale, non sono consentite scorciatoie di comodo in funzione dell’ottenimento di qualche dollaro in piú. Anche per questo, per tutte le scuole del territorio, andrebbe formulato ed attuato un grande progetto educativo che rafforzi nei nostri giovani l’orgoglio della loro appartenenza e nel contempo fornisca loro gli strumenti per maturare piú aggiornati sensi di identitá. Perché non cominciare a parlare per la Slavia - nella logica della “globalizzazione”- di una Scuola sperimentale trilingue: italiano-nediško-inglese? Identitá storica e apertura al mondo ! Identità linguistiche La riforma regionale francese colpisce la minoranza occitana Sulla rivista degli occitani del Piemonte Novas d’Occitania” Ines Cavalcanti pubblica un articolo sulla recente riforma regionale francese che merita di leggere, e comprendere come lo spirito giacobino, accentratore e livellatore, è duro da morire. Si tratta di un articolo che merita di leggere. 11 “Francia la riforma regionale ha portato un nuovo assetto territoriale. Molte Regioni sono state accorpate, uno di questi nuovi accorpamenti riguarda le Regioni LanguedocRoussillon e Midi- Pirénèes. Una grande nuova Regione sulla quale il territorio ha innestato una democratica discussione in merito al nome da darle. Gli occitanisti e coloro che sono radicati nel territorio propongono Occitania o Occitania centrala, altri propongono Gran Sud e suoi derivati. Sul nome da dare a questa nuova Regione si è sviluppato un grande dibattito che ha coinvolto anche i mezzi di comunicazione, un sondaggio è già stato effettuato sugli indici di gradimento della popolazione. E il nome Occitania ha avuto un significativo gradimento. Sembra una questione di poco conto ma non lo è. Sappiamo tutti che l’immaginario collettivo si forma attraverso le parole che ci vengono comunicate. Per dire la mia è evidente che in queste due Regioni batte il cuore dell’Occitania, li c’è la sua storia principale con i trovatori, con le vicende legate al catarismo e, ancora oggi le due regioni attuali sono quelle che danno impulso alla creatività, a progetti strategici territoriali e anche a progetti pan-occitani. Basta pensare al Cirdoc di Beziers e all’Estivada di Rodez, per citare due esempi che tutti più o meno conoscono. Questa nuova situazione che con la riforma territoriale regionale si viene a creare, potrebbe rappresentare una magnifica occasione per la Francia di effettuare quello che in altri campi e in altri luoghi, con coraggio hanno fatto grandi personaggi: riconsiderare la storia di Francia in modo oggettivo, e procedere ad una riparazione storica al fine di sanare una ferita che nel terrritorio di lingua d’oc sanguina ancora oggi. Dando alla nuova Regione il nome che maggiormente la contraddistingue. Ma le cose non sembrano andare così: è infatti di questi giorni la notizia riportata sul blog di Fre viure al pais che il governo propone per decreto un nome per ogni regione. Mentre le collettività territoriali regionali si organizzano per dare un nome, - la nuova Regione Languedoc R-Midi P. ha lanciato una iniziativa di consultazione on line che avrà il suo epilogo il 24 giugno con il chiaro intento di aprire una riflessione collettiva che può dare frutti positivi per una crescita territoriale consapevole-,il governo ha trasmesso ai Prefetti le sue istruzioni per una rapida riflessione con la procedura che intende seguire per la determinazione dei nomi. Una lettera firmata dal nuovo Prefetto Pascal Mailhos in Languedoc R-Midi P. chiede al Consiglio Economico, Sociale e Territoriale Regionale (CESAR) di riflettere ai criteri che permetteranno la determinazione del nome. Riunito il Consiglio, per la prima volta a Monpellier sotto la Presidenza di Carol Delga, uno dei Presidenti dell’Assemblea Regionale, il CESAR, organo con funzione solo consultiva, preconizza il nome di Languedoc-Pyrénées. 12 Nulla di sorprendente nella scelta perchè Jean-Louis Chauzy suo Presidente aveva indicato che il Prefetto della Regione aveva scelto CESAR per definire i decreti di nomina in vista di un decreto governamentale stabilendo il nome Languedoc per la cultura e la storia e Pyrénées per la geografia. E “Occitania”, un nome giunto in testa ai sondaggi? Secondo lui nemmeno il 10% dei membri del CESAR l’hanno proposto. Cosa dire? Di fronte alla modernità del mondo lo Stato francese continua imperterrito a ragionare in modo giacobino. Ancora una volta è il vecchio che avanza! Peccato, ancora un’altra occasione persa? Attività Pordenone martedì 8 marzo: Riunione del Circolo di Pordenone guidato dal Coordinatore Walter Vergani e del Comitato di coordinamento per il Friuli Occidentale diretto dalla Coordinatrice Emiliana Gennari, per concordare le iniziative da prendere per la Festa del Friuli. Udine giovedì 10 marzo: Riunione dell’esecutivo per dare esecuzione a quanto deliberato dal Consiglio direttivo del 2 febbraio e in partuicolare per l’organizzazione della Festa del Friuli. 13 Pagjinis furlanis Pubblichiamo un articolo del Prof. Franco Finco sul convegno sulla toponomastica friulana apparso su “Il Messaggero Veneto dell’8 marzo 2016. 14 Opinioni e documenti Pubblichiamo la relazione di base tenuta al Convegno dell’AFE dal Prof. Sandro Fabbro dell’Università di Udine il giorno 27 febbraio scorso. Associazione Friuli-Europa Verso una nuova specialità del FVG. La società civile interviene Udine, 27 febbraio, 2016 1. LA SPECIALITA’ REGIONALE NON NASCE CON LA REPUBBLICA ITALIANA MA HA ANTICHE RADICI STORICHE, GEOGRAFICHE E CULTURALI CHE DEFINISCONO UNA DIVERSITA’ “NATURALE” DI QUESTE TERRE La “specialità” del territorio che sta tra l’Alto Adriatico e l’arco alpino orientale e tra il fiume Livenza ed il Carso goriziano e triestino e che oggi si riconosce nei confini della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, è un dato naturale preesistente alla Repubblica Italiana. La Specialità statutaria del 1963 è solo la forma contemporanea della specialità di questo territorio che ha, in una storia millenaria ed in una geografia particolare le sue basi originarie. Una particolare posizione geografica tra Alpi e Adriatico e tra area latina ed aree germanica e slava, hanno plasmato l’identità culturale e linguistica delle popolazioni locali. Con le diverse condizioni geografiche (di terra, di monte e di mare) si sono intrecciate non omogenee vicende storiche (in particolare nel caso di Trieste -prima principale porto austroungarico e poi città al centro di due conflitti mondiali) dando però luogo alla convivenza, in una unica Regione istituzionalmente e funzionalmente organizzata, di molteplici realtà territoriali e comunità linguistiche. La specialità del FVG ha, quindi, origini antiche e motivazioni moderne e tende a riconoscere alla regione, anche grazie alla sua composita struttura e variegata articolazione territoriale, una missione unificata di “crocevia” internazionale. Questa diversità di “crocevia” (o di “snodo” come diremo poi) rende il territorio regionale, per organizzazione funzionale e per comune destino geo-strategico, significativamente diverso dal resto del territorio nazionale, anche perché vocazionalmente “europeo”. L’autonomia speciale contemporanea (che nasce con la Costituzione Italiana del 1948 e si invera con lo Statuto della Regione Autonoma del 1963), è fortemente radicata negli eventi della storia europea del XX secolo. I conflitti militari -e le relative nefaste conseguenze- che 15 hanno attraversato l’Europa e di cui l’Italia è stata partecipe ed, in parte non marginale, anche corresponsabile, hanno visto i territori dell’attuale FVG collocarsi sui fronti di guerra e farsi carico, obbedendo alle richieste dello stato, anche di inevitabili tragiche conseguenze: le vittime e le distruzioni della prima e della seconda guerra mondiale; la “cortina di ferro”; le servitù militari; le basi militari della Nato ecc. sono i principali tributi pagati da queste terre allo stato italiano. I contributi offerti alla Liberazione sono inoltre di primo piano (i primi territori liberati dal nazi-fascismo nel Nord Italia si hanno con la Repubblica libera della Carnia del 1944 ed il contributo del Friuli alla Liberazione è tale da meritare, alla città di Udine, la medaglia d’oro al valor militare). Durante tutto il cosiddetto “secolo breve”, pertanto, è speciale ed eccezionale il tributo “di confine” (in sangue, patriottismo, ma anche privazione di risorse umane e materiali, mancato sviluppo locale ecc.), che questo territorio dona allo stato italiano. Si tratta di vicende umane tragiche e di costi sociali enormi che non possono essere messi nel dimenticatoio in nome di momentanei interessi politico-statali. A parziale risarcimento dei ritardi accumulati a causa dei precedenti eventi storici, l’attuazione della Regione, con lo Statuto del 1963, crea le condizioni per una rilevante ripresa socio-economica. Con l’istituzione della Regione, ai sensi degli artt. 5 e 6 della Costituzione italiana ripresi dall’art. 3 dello Statuto, viene anche stretto un nuovo patto con lo Stato: la Regione Autonoma e Speciale deve garantire la tutela e favorire la convivenza delle minoranze linguistiche dei territori in questione. La difesa della nostra Specialità statutaria è fondata, quindi, in primo luogo, sul combinato disposto degli artt. 5 e 6 della Costituzione italiana (quest’ultimo articolo ha anche trovato attuazione nella Legge 482/1999). Le diversità linguistiche che abbiamo ricordato al punto precedente sono, pertanto, alla base della Specialità regionale. Peraltro, in un’Europa che nei suoi Trattati internazionali (sottoscritti anche dalla Repubblica italiana)1, riconosce nelle minoranze linguistiche un valore importante da tutelare, una regione in cui la quasi totalità dei Comuni dichiara che sul suo territorio vivono “minoranze linguistiche storiche riconosciute”, non può che essere ad “autonomia speciale”. Successivamente, il concreto esercizio dell'autonomia speciale (all’interno della quale si collocano esempi di grande ed efficace mobilitazione ed organizzazione sociale, come nel caso della ricostruzione post-terremoto, mai avvenuti in Italia né prima né dopo) ha poi contribuito ad alimentare i suoi stessi fondamenti statutari. L'esercizio nei fatti dell'autonomia ha pertanto rafforzato e non indebolito o modificato le ragioni originarie della specialità. E’ evidente, pertanto, che, se lo Stato venisse meno a tutti questi principi, romperebbe unilateralmente il patto esplicito stipulato da più di un secolo con le popolazioni del territorio regionale e, più tardi, con l’ istituzione della Regione. 2. L’ATTACCO ALLA SPECIALITÀ ED ALLE AUTONOMIE LOCALI È UN ATTACCO ALLA SUSSIDIARIETÀ ED ALLA CITTADINANZA Oggi però lo Stato italiano si trova di fronte ad un percorso di trasformazione radicale del suo strumento costitutivo. La Carta costituzionale è al centro di modifiche relative alla rappresentanza democratica, al rapporto tra esecutivo e legislativo, alla connessione di poteri tra stato e territori. In questo quadro, pur nell’ambito di un dibattito politico Si fa riferimento in particolare a: “La CARTA EUROPEA DELLE LINGUE REGIONALI O MINORITARIE (Consiglio d'Europa) entrata in vigore il 1 marzo 1998. La CONVENZIONE-QUADRO PER LA PROTEZIONE DELLE MINORANZE NAZIONALI (Consiglio d'Europa). Entrata in vigore il 1 febbraio 1998. 1 16 nazionale che rimane fortemente contrario alle autonomie, la definizione del futuro delle autonomie regionali e provinciali speciali, è rimasta aperta. La norma transitoria, che sospende l’applicazione, alle “speciali”, della nuova concezione centralista applicata invece alle regioni ordinarie (fino alla stipula di una “intesa” per la “revisione” degli statuti regionali di autonomia), è un salvacondotto provvisorio che dovrà essere verificato e gestito con consapevolezza e forza da tutte le voci che in FVG vogliono esprimere la volontà di battersi per il mantenimento e l’aggiornamento dei contenuti dell’attuale specialità regionale. Non è ancora chiaro quali saranno i contenuti e gli spazi della revisione statutaria e neppure si sa quali saranno i tempi e le modalità, ma è evidente che, a questa scadenza, la società civile regionale si deve preparare per tempo interrogandosi su cosa serve oggi al nostro territorio per governare le diversità che lo contraddistinguono e per riprendere, con modalità anche nuove, un percorso di rilancio e di minor precarietà economica e sociale rispetto a quella che ha caratterizzato la crisi regionale a partire, forse, da prima del 2008. I segnali che giungono dalla politica italiana non sono comunque incoraggianti. La specialità viene considerata come un privilegio dissipatore e ogni particolarità viene tendenzialmente negata nella chimera del perseguimento di nuovi dimensionamenti istituzionali, quali le macroregioni, di dubbia efficienza ed efficacia ma tali, comunque, da suscitare attese nazionali di nuovi riposizionamenti politico-partitici. La politica regionale sembra, e non da oggi, vittima di una specie di “sindrome di Stoccolma”, quella sindrome, cioè, che impone di conformarsi ai voleri del proprio persecutore pur di catturarne la benevolenza. Ciò si evince da una sorta di autolimitazione nelle materie che sono ancora, per il momento, di competenza regionale e da una attività legislativa che, in alcuni campi di tradizionale competenza regionale, è largamente mancata (pensiamo al governo del territorio) e che, in altri, invece, va in direzioni assai discutibili, in rapporto ai diritti ed agli interessi dei propri cittadini. Il tutto viene ammantato con la retorica del “senso di responsabilità” e di “utilità” verso il resto del paese. Si dissimula, in questo modo, la massiccia riduzione delle entrate regionali avvenuta in queste due ultime legislature ed il fatto che la stretta finanziaria che ne è derivata (pari a circa un miliardo di euro) ha determinato una accelerazione di processi di crisi e di perdita di PIL da cui non sarà certo facile risollevarsi. Oggi, la partita della specialità va riaperta in tutta la sua importanza e complessità. Per farlo è necessario però posizionarsi nella maniera corretta e capire fino in fondo di cosa si stia veramente parlando per trovare quegli elementi di unità possibile che, soprattutto a partire dagli interessi sociali, economici e culturali, permettano una compattezza di interlocuzione con lo stato. A questo proposito, le parole d’ordine che ci sentiamo di proporre sono: - la specialità del FVG è un dato storico e geografico ed un valore culturale e, come tale, non negoziabile; - i territori di questa regione stanno dimostrando la loro responsabilità ed utilità verso lo stato da almeno un secolo; - la nostra regione rimane, nonostante tutti i suoi avversari, uno dei non molti esempi di efficienza ed efficacia amministrativa del regionalismo italiano; - le difficoltà e l’inefficienza dello stato nazionale non si mascherano inventando privilegi locali e nascondendo invece i grandi privilegi esistenti negli enti istituzionali, economici e finanziari statali e l’endemica dissipazione e corruzione operanti tra le maglie dello stato nazionale. 17 3. LE DEBOLI DIFESE IN ATTO O PREVEDIBILI. UNA RISPOSTA A PIÙ LIVELLI Il sistema politico regionale, in quanto espressione di rapporti di forza interni alla Regione stessa, sembra alla perenne ricerca di posizionamenti rispetto alle scadenze elettorali ma, soprattutto, è luogo di continui condizionamenti provenienti da Roma e non sembra poter dare, quindi, alcuna garanzia di essere, da solo, in grado di assolvere alla funzione di difesa adeguata della specialità. Le situazioni contingenti relative, da un lato, alle norme di modifica dello Statuto Regionale del FVG attualmente all’esame del Parlamento e, dall’altro, lo stato di confusione istituzionale determinato dal conflitto sulla applicazione della L.R.26/2014 in materia di abolizione delle Provincie e di organizzazione delle UTI, non promettono nulla di buono. Non si tratta qui di dare un giudizio di merito sui provvedimenti, che comunque sembrano difettare sia per carenza di conoscenza e di adeguati approfondimenti delle materie che affrontano sia per la tempistica imposta all’iter decisionale ed applicativo. Quello che è necessario mettere in evidenza è, invece, l’impressione di frantumazione che connota il dibattito tra le forze politiche che si riverbera negativamente anche in termini di divisione nel territorio e tra le istituzioni. Su queste divisioni reali, nella politica, nel territorio e nella società civile, emerge la posizione, momentaneamente autorevole, sul piano nazionale, della Presidente della Giunta Regionale del FVG, ma si tratta di una posizione assai rischiosa che apre ampi margini di incertezza per il futuro perché la tendenza ad esautorare le necessarie reti istituzionali, sociali e territoriali può dare luogo, in presenza di mutate condizioni, ad una “balcanizzazione” della regione che tutti pagheremmo a caro prezzo. E’ chiaro che ci si riferisce anche, ma non solo, alla L.R.26/2014. Questa legge un merito l’ha comunque avuto, anche se non intenzionale. Ha aperto un dibattito su questioni importanti: non tanto la questione dell’efficienza ed efficacia degli Enti locali (perché, riconosciamolo, su queste questioni non esistono veri e riconosciuti modelli di riferimento), quanto la questione delle identità territoriali regionali, della distribuzione dei poteri tra i vari livelli istituzionali e della distribuzione dei poteri tra i vari ambiti territoriali. Non intendiamo qui aprire queste questioni perché oggi qui il tema è quello della specialità e di quello che serve per preservarla ed allargarla. Ma è chiaro che, se qualcuno (persona, gruppo, parte del territorio, istituzione) forzasse la mano, a proprio esclusivo vantaggio, sui principi che fondano il patto di solidarietà e di coesione di questa regione (tra cui il policentrismo è, per noi, fondamentale), dovrà assumersene tutte le responsabilità. C’è un’altra questione che il dibattito sulle UTI involontariamente ha aperto: se sia giusto e, eventualmente, come cambiare le regole ed i rapporti tra cittadinanza e democrazia. Da anni assistiamo, infatti, ad una continua erosione degli spazi di democrazia, sostituiti da gestioni spesso oligarchiche e dalla riduzione della partecipazione popolare a momenti elettorali sempre meno decisivi rispetto alle questioni di fondo. Riaprire un dibattito pubblico su queste questioni, vuol dire, in una regione speciale come il FVG, riaffidarsi al territorio come contesto nel quale, comunità più capaci di coesione al loro interno, siano messe in grado di confrontarsi su temi importanti che devono, prima di tutto, percepire e conoscere. Questo può avvenire se si ricrea una rete di poli di aggregazione pubblici, privati e sociali (di sussidiarietà verticale ed orizzontale) affinché questi percorsi di democrazia di base possano determinare risultati concreti e non solo vuote retoriche sui diritti né tantomeno la sola selezione degli amministratori. E’ probabile che, per raggiungere obiettivi di questa portata, sia necessario ripensare e rifondare l’intero sistema regionale del FVG immaginandolo come sistema dove, con logiche tra loro indipendenti, la tradizionale politica di Giunta e di Consiglio regionale, torni a confrontarsi con una rete articolata di amministrazioni locali e di democrazia di base, collegata con le realtà territoriali effettive. 18 Come diversi studi giuridici mettono in evidenza, non si può sostenere che gli ordinamenti speciali costituiscano una situazione atipica o addirittura di privilegio poiché si tratta di soluzioni istituzionali adeguate per il governo di situazioni non omologabili, per ragioni oggettive e soggettive, all’intero contesto di una nazione. Il “costituzionalismo multilivello”, che caratterizza oggi lo spazio giuridico europeo, impone, invece, di prendere atto di una serie di dati ineludibili: a. che uno Stato accentratore non è più concepibile proprio perché il contesto sovranazionale lo ha già da tempo ridimensionato; b. che le tendenze globalizzatrici inducono un processo di riscoperta del territorio e della sua infungibile valenza di supporto ai processi di sviluppo e di ricomposizione del senso di appartenenza identitaria. Diventa quindi necessario cercare di ordinare, per tempi e livelli di importanza, le questioni istituzionali che oggi hanno di fronte i cittadini della nostra Regione e secondo un percorso di riappropriazione dei temi collettivi sul tappeto: - va ricomposta nell’immediato la frammentazione disastrosa che attualmente, a causa della L.R. 26/2014, coinvolge l’universo degli enti locali del FVG e che non si può pensare di risolvere con atti di forza come quello che può provenire dalle modifiche dello statuto in approvazione da parte del Parlamento; una soluzione autoritaria non sarebbe nello spirito e nei principi costitutivi della Regione autonoma! - va costruito un percorso di chiarificazione sulla necessità di riconoscimento delle diverse identità dei territori regionali con le relative ricadute istituzionali, dove, alle città, alle diversità territoriali, alle minoranze linguistiche vengano riconosciuti poteri reali di governo del territorio in una logica cooperativa; - va avviato un forte contrasto nei confronti della legge elettorale “Italicum” non solo e non tanto per l’artificiosità dei collegi elettorali lì definiti ma soprattutto per l’incostituzionale trattamento discriminatorio delle minoranze linguistiche del Friuli Venezia Giulia rispetto al Trentino/Sud Tirolo e Valle d’Aosta; - vanno costruite le premesse per la definizione del pacchetto irrinunciabile di poteri di cui dovrà essere dotata la Regione in rapporto alla “intesa” per la revisione dello Statuto speciale (da attuarsi in conseguenza dell’entrata in vigore delle modifiche costituzionali già definite) e comunque da contrattare con lo Stato anche in caso di bocciatura di tali modifiche in sede di referendum confermativo. Con ogni probabilità questa sarà la battaglia decisiva su cui anche molti dei temi spinosi sul tappeto potranno o meno trovare soluzione. Il senso che l’Associazione Friuli Europa e, presumiamo anche i tanti soggetti della società civile qui oggi convenuti, vogliono attribuire a questo confronto è proprio quello di trovare delle modalità efficaci per coinvolgere l’intera società regionale su temi che spesso risultano ostici per la loro complessità giuridica e per la non immediata concretezza delle soluzioni, ma che tuttavia hanno grandi ricadute sulle condizioni di vita delle popolazioni, dei cittadini e delle imprese del territorio. Mai come in questo momento la partecipazione dei cittadini e della società civile, può rivelarsi elemento decisivo per un risultato positivo. 4. UNA PROPOSTA OPERATIVA PER LA PROMOZIONE DELLA PARTECIPAZIONE AI CAMBIAMENTI ISTITUZIONALI DEL FVG. Per affrontare le scadenze dei prossimi mesi, è necessario predisporre una metodologia e strumenti di lavoro che devono soddisfare, in particolare, due aspetti: 19 la attuazione di un percorso partecipato che definisca gli ambiti della specialità da rivendicare a partire da una visione strategica del futuro della Regione. Pare difficile una trattativa con questo Stato fatta sul contendersi le materie di competenza (come è avvenuto, in maniera decisamente autoritaria, con le regioni ordinarie). Probabilmente dovrà essere impostata una revisione che sostanzialmente mantenga i poteri regionali storici (con il dubbio relativo ai poteri concorrenti la cui eliminazione è forse il vero oggetto dell’adeguamento previsto dalla “revisione”!) ma che cerchi anche spazi per modalità nuove di gestione di materie su cui l’interesse regionale è decisivo come, ad es., una logistica che veda l’intera regione come snodo internazionale, il governo pubblico della risorsa idrica, l’adeguamento del sistema scolastico alle specificità territoriali, le relazioni istituzionali trans-frontaliere e trans-statali, etc.. Il problema da affrontare, pertanto, non è soltanto chi fa la trattativa sulla “revisione” ma anche come si costruisce l’agenda della trattativa. Non può non esserci, a tal proposito, una agenda che nasca dal territorio e dalle istanze dei cittadini e della società civile; si tratta poi di capire e proporre una modalità per arrivare ad una sintesi delle istanze che possono provenire dalla società civile ed identificare un soggetto che autorevolmente operi questa sintesi ed indirizzi il Consiglio regionale nella formulazione degli atti di competenza. Ci vorrebbe un organismo snello, ma autorevole, per la promozione della partecipazione della società civile e per l’alta vigilanza sull’intero processo di revisione. Un organismo che non operi per linee interne ma garantisca flussi formativi e informativi tra la società civile e l’istituzione regionale. 20 Una Associazione di iniziativa e cultura politica per l’autonomia friulana: Identità Innovazione Identità Innovazione - Associazione per l’Autonomia del Friuli - è un’associazione di cultura e iniziativa autonomista fondata nel 2005 con lo scopo di diffondere una coscienza autonomista a tutti i livelli della società e del territorio friulani, al fine di rivalutare tutti gli aspetti della identità friulana, e di trovare e applicare tutti gli strumenti necessari per bloccare e invertire le tendenze alla snaturalizzazione della comunità del Friuli, poste in essere dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dagli uffici dello Stato e dalle strutture scolastiche, e dalle spinte verso la globalizzazione. Il tutto inserendosi in un filone di pensiero politico moderato e popolare, che rifiuta ogni posizione estremista, ma che si schiera con forza a favore della rivendicazione degli interessi della comunità friulana. L’Associazione è nata nella consapevolezza che i problemi fondamentali che indeboliscono la comunità friulana sono i seguenti: l’insufficiente livello di coscienza del valore della comunità friulana, come entità distinta dalle comunità contermini, cui si legano i complessi di inferiorità e di sudditanza ancora troppo diffusi; la dipendenza da un capoluogo regionale, Trieste, assolutamente estraneo ai valori, comportamenti, cultura e lingua del Friuli; la presenza di un sistema scolastico che diffonde una concezione riduttivistica, quando non apertamente ostile, riguardo alla lingua e identità friulana, considerata ancora un dialetto o una parlata di rango inferiore, non meritevole di attenzione, malgrado quanto sancito dalla Costituzione e dalla legge sulle minoranze linguistiche, la Legge 482/1999. L’Associazione intende chiamare a raccolta i friulani che sono orgogliosi di essere tali per realizzare una grande opera di risveglio della coscienza friulana, attraverso: il lancio di iniziative concrete di animazione sul territorio; la costruzione di una rete autonomista su tutto il territorio del Friuli: una rete di aderenti e di strutture locali in grado di sviluppare una continua azione diretta a contrastare il centralismo e la snaturalizzazione. 21 Aderire e sostenere Identità e Innovazione Vi invitiamo ad aderire all’Associazione compilando il seguente modulo: SCHEDA DI ADESIONE Il/La sottoscritto/a _____________________________________________________________ Cognome e nome ______________________________________________ Nato a _________________________________ Via/Piazza __________________ il _____ ___________________ Numero Comune ______ CAP ___________________________________________ Professione __________________________________________ Ente o Azienda di appartenenza _________________________________________ Amministratore di Ente o Associazione ______________________ ___________________ Cellulare Telefono __________________________________ Posta elettronica CHIEDE di aderire alla Associazione “Identità e Innovazione”, sottoscrivendo la quota annuale di adesione di Euro 10 nonché un eventuale contributo di sostegno di Euro__________. Note: 1) per perfezionare l’iscrizione si prega di restituire per posta elettronica la presente scheda di adesione; 2) la quota di iscrizione si fa pervenire attraverso un versamento sul conto corrente bancario CREDIFRIULI,n.18210017275, Udine, Via Crispi45 IBAN IT 20 E 07085 12302 018210017275 22 Presentazione di Gnovis pai Autonomiscj L’Associazione intende informare periodicamente i propri quadri, iscritti e simpatizzanti sui più grandi problemi che riguardano la crescita del Friuli come autonoma entità, la cui conservazione e valorizzazione richiede un impegno costante da parte di coloro che credono indispensabile rafforzare la nostra comunità e impedire che essa anneghi in una indistinta realtà friul-giuliana o, peggio, friul-veneta. Chiediamo ai destinatari di questo notiziario di collaborare in tre modi: fornire indirizzi mail di persone che potrebbero essere interessate a riceverlo,per ampliare la sua diffusione; formulare critiche e suggerimenti per un suo miglioramento; inviare o segnalare notizie per un suo arricchimento. Viene utilizzata la lingua italiana come mero strumento di comunicazione e non certo come scelta culturale: useremmo volentieri la lingua friulana se la scuola italiana ci avesse insegnato a leggerla e soprattutto a scriverla con facilità. Riferimenti: corrispondenza: [email protected] sito web ufficiale: www.identitaeinnovazione.it pagina Facebook: identitaeinnovazione Redazione Comitato di Redazione: Gianluca Falcomer, Valeria Grillo, Giorgio Lodolo, Lauro Nicodemo, Franco Rosa, Raimondo Strassoldo Coordinatore: Marzio Strassoldo, [email protected], cell. 334 6210176 23 24