RIVISTA DI
STUDI DANTESCHI
periodico semestrale
Direzione: Giancarlo Alessio, Saverio Bellomo,
Theodore J. Cachey, Corrado Calenda, Leonella Coglievina,
Peter Dronke, Enrico Malato, Lino Pertile, Cesare Segre
Direttore responsabile: Enrico Malato
ANNO I • 2001
SALERNO EDITRICE
ROMA
RIVISTA DI STUDI DANTESCHI
sotto gli auspici della
«edizione nazionale dei commenti danteschi»
Direttori
Giancarlo Alessio, Saverio Bellomo, Theodore J. Cachey,
Corrado Calenda, Leonella Coglievina, Peter Dronke,
Enrico Malato, Lino Pertile, Cesare Segre
Direttore Responsabile
Enrico Malato
Redattori
Rudy Abardo, Andrea Mazzucchi
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 375/2001 del 16.8.2001
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PER UN’EDIZIONE CRITICA
DELLA DIFESA DELLA ‘COMMEDIA’ DI DANTE
DI JACOPO MAZZONI
Tasso. Quella appunto, se non m’inganna la
memoria, è la casa del sig. Giacopo Mazzoni.
Voglio, avanti ch’io mi parta, andare a visitarlo:
perciocché mi parrebbe di far torto a me medesimo e all’onorate qualità sue, se passando
per Cesena io non lo vedessi e salutassi insieme. Ma eccolo appunto […].
B. Baldi, Il Tasso ovvero della Natura
del verso italiano (1592).
Prologo. Il lettore che sfogli le prime pagine del volume della seconda
parte della Difesa della ‘Commedia’ di Dante (C2) di Jacopo Mazzoni, apparsa
postuma a Cesena nel 1688 (la prima, vivente l’autore, era stata stampata
nel 1587), può imbattersi in un periodo come questo:
Non pecca [Dante] nemmeno nel terzo segno con dire il male operato da alcuna
persona, e tacere il bene che potrebbe dire; percioché biasimando egli il vitio, e
dandoli proportionato castigo nell’Inferno, non è cosa convenevole rammentare la
Virtú di alcun Dannato, essendo fuori dell’intentione, e potendo parere, ch’egli
volesse rimostrare, che quel tale fosse men degno di quella pena; con tutto ciò
quando ha conosciuto di poterlo fare senza noia né scrupolo l’ha fatto, come si
vede nelle lodi date con molte legiadria, et avvedutezza a Ser Brunetti [sic] Latini
suo Maestro, et altrove ad altri.1
Il brano fa parte di un capitolo nel quale Si risponde alle accuse fatte […] contra
Dante, mostrando chiaramente, ch’egli non merita nome di scrittore maligno. Mazzoni
aveva in precedenza elencato i nove «segni» per i quali si riconosce, secondo Plutarco, se uno scrittore è «maligno» (l. iv, cap. 8, pp. 32 sgg.), e aveva
spiegato che il terzo segno è «quando si tacciono le buone e virtuose attioni
che fariano a proposito dell’Historia» (ivi, p. 34). L’intento è di mostrare,
con i modi consueti dell’enumerazione, perché Dante non rientri in nessuno dei nove punti e non sia dunque da considerarsi maldicente nei confronti della sua città, dei suoi concittadini, ecc. Nessuno sinora si era accor1. Libro iv, cap. 10, pp. 47-48. Per sigle e descrizione dei manoscritti e delle stampe vd.
par. 3.
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to che neanche una virgola del brano, peraltro ben scritto e in armonia con
il contesto, è opera di Mazzoni: ne è autore un poco noto funzionario della
curia romana, Bartolomeo Tortoletti, Veronensis Doctor Theologus, come si
legge nelle Apes urbanae di Leone Allacci,2 nonché tragediografo di poca
fortuna,3 che nel 1639 aveva ricevuto dal domenicano Niccolò Riccardi,
Maestro del Sacro Palazzo, l’incarico di leggere il testo, ancora manoscritto,
della seconda parte della Difesa, per verificare se vi fossero le condizioni
– non solo materiali, ovviamente, dati i tempi di trionfante Inquisizione – per pubblicarlo.4 In Br3, uno dei due manoscritti che visionò Tortoletti
(egli non poté disporre dell’originale, l’attuale Br1), nel luogo corrispondente del brano, a c. 39r, vi è uno spazio lasciato in bianco (riproduce
l’omologo vuoto lasciato incompiuto da Mazzoni in Br1, c. 19r), integrato
dal solerte funzionario con il passo testé citato su un foglietto, conservato
fra le cc. 38 e 39 (ha cosí inizio: «a c. 39 cosí pare, che possa empiersi quella
lacuna»; segue il testo).5 Il brano apocrifo fu inglobato nel testo e quindi
stampato nel 1688 in C2, come se fosse di Mazzoni: non era, del resto,
immaginabile per un editore del tempo lasciare uno spazio bianco e spiegare che l’autore, dei nove «segni» elencati, aveva lasciato non scritto il
terzo.
Nelle pagine che seguono affronteremo analiticamente il problema di
un’edizione critica della Difesa della ‘Commedia’: ma prima ancora di procedere, si può dire che l’esempio addotto – uno dei tanti arbitrî attuati sulla
parte dell’opera pubblicata postuma – costituisce da solo una motivazione
(e un incoraggiamento) per chi vorrà realizzare un’edizione critica del lavoro di Mazzoni.
2. Cfr. Leoni Allatii Apes urbanae sive de viris illustribus, qui ab Anno mdcxxx per totum mdcxxxii
Romae adfuerunt, ac typis aliquid evulgarunt, Romae, L. Grignanus, mdcxxxiii, pp. 59-62.
3. Di lui si ricordano, fra l’altro, Gionata. Tragedia […], In Macerata, appresso P. Salvioni,
1624, e Il giuramento o vero il Battista santo. Tragedia […], In Roma, appresso L. Grignani, 1645.
A. Belloni, Gli epigoni della ‘Gerusalemme liberata’, Padova, A. Draghi, 1893, p. 511, attesta
anche un poema eroico: Giuditta Vittoriosa, Roma, L. Grignani, 1628.
4. Per avere un’idea del clima della curia romana di quegli anni, si tenga conto che il
Riccardi, alla morte di Urbano VIII (1644), dispose la proibizione di nuove edizioni dei
Poemata del Barberini, perché in alcuni brani erano parafrasati passi della Vulgata: cfr. G.
Spini, Galileo, Campanella e il « divinus poeta », Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 59-66; G. Fragnito,
La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471-1605), ivi, id., 1997,
pp. 325-26.
5. A parte dettagli formali, segnalo che nel brano manoscritto si ha le Virtú in luogo di
la Virtú; l’ha anche fatto invece di l’ha fatto; lodi ch’egli dà e non lodi date; altrove per altrove ad
altri.
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per un’edizione critica della difesa della ‘commedia’ di dante
1. Cenni sulla composizione della Difesa della ‘Comedia’. Sul rilievo della figura di Jacopo Mazzoni,6 sul ruolo da lui avuto nella polemica
sulla Commedia di Dante, che coinvolse nell’ultimo trentennio del ’500 vari
intellettuali, e, piú in generale, sul suo pensiero, esiste una bibliografia
consistente alla quale si rinvia,7 limitandoci per il momento a richiamare
alcuni dati essenziali che piú ci interessano.
Nel 1587 Mazzoni pubblicò a Cesena la prima parte della Difesa della
‘Comedia’ di Dante (C1),8 voluminoso trattato con il quale intendeva nuovamente intervenire – con meno verve polemica dell’esile Discorso in difesa
della ‘Comedia’ del divino poeta Dante di quindici anni prima,9 ma con mag6. Per la biografia di Mazzoni è ancora essenziale P.A. Serassi, La Vita di J. Mazzoni
Patrizio Cesenate, Roma, Stamp. Pagliarini, 1790. Vd. anche: E.V. Ercole, Biografia di J. Mazzoni,
in Biografie e ritratti di xxiv uomini illustri romagnoli, a cura di A. Hercolani, Forlí, M. Casoli,
vol. ii 1835, pp. 101-24; A. Di Benedetto, in ED, vol. iii pp. 876-77.
7. Sul ruolo di Mazzoni nella polemica, vd. M. Barbi, Della fortuna di Dante nel secolo XVI,
Pisa, Nistri, 1890, pp. 56-60 e 68-70; G. Toffanin, La fine dell’Umanesimo [1920], Prefaz. di G.
Mazzacurati, Manziana, Vecchiarelli, 1992, pp. 159-70; B. Weinberg, A History of Literary
Criticism, Chicago, Ch. Univ. Press., vol. ii 1961, pp. 636-46; B. Hathaway, The Age of Criticism.
The Late Renaissance in Italy, Ithaca-New York, Cornell Univ. Press, 1962, pp. 349-89; A. Vallone, Aspetti dell’esegesi dantesca nei secoli XVI e XVII attraverso testi inediti, Lecce, Milella, 1966,
pp. 82-94; S. Battaglia, Processo a Dante nel ’500 [1965], in Id., Esemplarità e antagonismo nel
pensiero di Dante. Parte seconda, Napoli, Liguori, 1974, pp. 59-87; N. Bonifazi, Introduz. a I.
Mazzoni, La Difesa di Dante. Passi scelti, Urbino, Argalía, 1982, pp. 5-28; E. Musacchi-G.
Pellegrini, Prefaz. a J. Mazzoni, Introduzione alla Difesa della ‘Commedia’ di Dante, Bologna,
Cappelli, 1982, pp. 5-20. Sul suo pensiero, vd. A. Corsano, Per la storia del pensiero del tardo
Rinascimento, iv. I. Mazzoni e l’Aristotele perduto, in « Giorn. critico della filos. ital. », a. xxxviii,
s. iii vol. xiii, fasc. 4 pp. 485-91. Un filone di studi, propriamente riguardante i rapporti fra
Mazzoni e Torquato Tasso, fornisce utili spunti anche sul pensiero del primo: B.T. Sozzi, T.
Tasso e I. Mazzoni sulla scorta di postille tassesche inedite, in Id., Studi sul Tasso, Pisa, Nistri-Lischi,
1954, pp. 257-68; S. Battaglia, L’arte come finzione (T. Tasso e I. Mazzoni), in Id., Esemplarità e
antagonismo, cit., pp. 97-125; C. Scarpati, Icastico e fantastico. Mazzoni tra Tasso e Marino, in Id.,
Dire la verità al Principe. Ricerche sulla letteratura del Rinascimento, Milano, Vita e Pensiero, 1987,
pp. 231-69; E. Russo, Il rifiuto della sofistica nelle postille tassiane a J. Mazzoni, in « La Cultura », a.
xxxviii 2000, fasc. 2 pp. 279-318 (l’esemplare della Difesa postillato da Tasso – di recente
ritrovato dal Russo – è ora alla Bibl. Nazionale di Napoli, segn. S.Q. XXXI C 105).
8. Per i dati della stampa cfr. il par. 3. Il Proemio è stato riproposto, con qualche taglio e
ammodernamento, in J. Mazzoni, Introduzione alla Difesa della ‘Commedia’ di Dante, cit. Dell’opera esistono due brevi antologie: quella di Bonifazi, cit., e On the Defense of the ‘Comedy’
of Dante. Introduction and Summary, ed. by R.L. Montgomery, Tallahassee, Univ. Press of
Florida, 1983 (che non mi è riuscito di consultare).
9. Il Discorso fu stampato nel 1572 a Bologna, con lo pseudonimo Donato Roffia, e l’anno
successivo, col nome dell’autore, a Cesena: cfr. Discorso di Giacopo Mazzoni in difesa della ‘Commedia’ del divino poeta Dante, a cura di M. Rossi, Città di Castello, Lapi, 1898 (la Prefaz. alle pp.
5-10).
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gior carico di erudizione – nella querelle nata dalla diffusione del Discorso nel
quale si mostra l’imperfettione della ‘Comedia’ di Dante del misterioso Ridolfo
Castravilla,10 per sostenere che il poema dantesco non fosse contrario ai
precetti desunti nel Cinquecento dalla Poetica aristotelica. La seconda parte
della Difesa avrebbe visto luce soltanto un secolo dopo, nel 1688, grazie
all’interessamento di due sacerdoti cesenati, Mauro Verdoni e Domenico
Buccioli:11 è probabile che Mazzoni – che alla fine dell’Introduttione della
prima parte aveva scritto di non essere soddisfatto del volume («il quale
non ho potuto ridurre a quella perfettione che mi parea pure di poterli da
me stesso comunicare») – considerasse indispensabile una revisione della
seconda parte per poterla dare alle stampe.
Queste, in breve, le circostanze esterne che spinsero Mazzoni a tornare
sull’argomento (in parte sono riassunte nello scritto indirizzato A’ lettori
che precede la Difesa):12 fra il 1575 e il ’76 Orazio Capponi e Belisario Bulgarini ebbero occasione di scambiarsi per iscritto pareri diversi sul Discorso
del Mazzoni pubblicato nel ’72 e di nuovo nel ’73 (fu il primo scritto che
apparve in risposta al Castravilla);13 Mazzoni, che in generale aveva sino ad
allora riscontrato piú consensi che critiche (Barbi, op. cit., p. 58), lesse i
pareri di entrambi, trovandoli polemici nella sostanza (Bulgarini accoglie-
10. Sul Castravilla – e le varie ipotesi formulate per smascherarne l’identità – cfr. Barbi,
op. cit., pp. 36-56, e Vallone, op. cit., pp. 61-64. Vd. anche il consuntivo di N. Carducci in
ED, vol. i p. 870. Il Castravilla, chiunque fosse, diede inizio alla polemica sul valore della
Commedia, cercando di ridicolizzare quanto sostenuto nel dialogo l’Ercolano da Benedetto
Varchi (Dante « non adegua Homero, ma lo eccelle »): vd. l’ed. a cura di M. Rossi, Città di
Castello, Lapi, 1897 (I discorsi di R. Castravilla contro Dante e di F. Sassetti in difesa di Dante). Vd.
anche U. Cosmo, Con Dante attraverso il Seicento, Bari, Laterza, 1946, pp. 1-32, che ricostruisce
i nessi fra la polemica antidantesca suscitata dallo scritto del Castravilla e quella che si sviluppò, a partire dal 1584, fra “ariostisti” e “tassisti”.
11. Per i dati della stampa cfr. il par. 3. Ai due curatori si deve anche una ristampa della
prima parte, apparsa nello stesso anno a Cesena per il medesimo tipografo, S. Verdoni.
12. Non è chiaro se questa sorta di prefazione sia opera dello stesso Mazzoni (di lui si
parla in terza persona, ma l’indicazione non è univocamente interpretabile) o se, com’è piú
probabile, del suo collaboratore Tucio dal Corno, autore della dedicatoria a Ferdinando de’
Medici con cui si apre il volume.
13. Sul Capponi, letterato fiorentino poi vescovo di Carpentras, vd. la “voce” di B. Barbiche-F. Agostini in Diz. Biogr. degli Italiani, Roma, Ist. della Enciclop. Ital., vol. xix 1976, pp.
86-88; cfr. quindi, per il suo ruolo nella controversia dantesca, Barbi, op. cit., pp. 58-60, e
Vallone, op. cit., pp. 131-32. Manca una “voce” nella ED. Sul Bulgarini, letterato senese, vd.
le “voci” di F. Agostini in Diz. Biogr. degli Italiani, cit., vol. xv 1972, pp. 40-42, e di A. Accame
Bobbio in ED, vol. i pp. 717-18; cfr. quindi, per il suo ruolo nella controversia dantesca,
Barbi, op. cit., pp. 58-65, 70-76, e Vallone, op. cit., pp. 131-70.
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per un’edizione critica della difesa della ‘commedia’ di dante
va molte delle censure del Castravilla), non privi di valide ragioni (in quanto
scritti con «destrezza» e «arteficio mirabile»), composti, in ogni caso, urbanamente, in forma di «cortese riprensione» e «dolce accusa» (A’ lettori,
cit.: le pagine non sono numerate). Nel 1582 apparve a stampa un opuscolo
di Alessandro Cariero Breve et ingenioso discorso contra l’opera di Dante, dove,
benché non si facesse menzione esplicita del Mazzoni, «se non solo col
nome d’“alcuni moderni”», si ravvisava chiaramente che «questi moderni
altro non dinotavano che l’Autore della Difesa di Dante»:14 fu solo allora che
il Bulgarini, accortosi che il Cariero, al quale incautamente nel ’79 aveva
dato in lettura il proprio lavoro (rimasto manoscritto), non aveva fatto altro
che riprodurlo non solo negli argomenti, ma in piú luoghi persino alla
lettera,15 decise di pubblicare, sia pure «contra sua voglia», come scriveva,
Alcune considerationi sopra ’l ‘Discorso’ di M. Giacopo Mazzoni fatto in difesa della
‘Comedia’ di Dante, che videro luce nel 1583 con «varie testimonianze della
loro priorità» rispetto al Cariero;16 due anni dopo apparvero anche le Repliche che Bulgarini aveva a suo tempo scritto in risposta alle obiezioni che
Capponi aveva formulato leggendo le sue Considerazioni. Il Cariero non
accettò, naturalmente, di passare pubblicamente per plagiaro e cercò con
scarsa fortuna, in un’accorata Apologia (seguita da una sconcertante Palinodia),
di dimostrare l’indipendenza e addirittura la priorità cronologica del suo
lavoro. La polemica, com’era prevedibile, coinvolse anche altri personaggi,
come Girolamo Zoppio e Diomede Borghesi, e talora si trasformò in una
vera e propria “rissa” a colpi di invettive (cfr. Barbi, op. cit., p. 67).
La pubblicazione degli scritti del Cariero, del Bulgarini e dello Zoppio,
la divulgazione del parere del Capponi17 e di altri, spinsero Mazzoni, peral14. A’ lettori, cit. Sul Cariero, giurista padovano, tra i fondatori dell’Accademia degli Animosi, vd. le “voci” di S. Olivieri Secchi in Diz. Biogr. degli Italiani, cit., vol. xx 1977, pp. 74953, ed E. Esposito, in ED, vol. i p. 831; cfr. quindi, per il suo ruolo nella controversia dantesca,
Barbi, op. cit., pp. 61-65, e Vallone, op. cit., pp. 150-53.
15. Cfr. Barbi, op. cit., p. 64: « È certo possibile che cadessero nell’animo del Cariero e del
Bulgarini i medesimi pensieri; ma che ambedue usassero, senza che l’uno sapesse dell’altro,
le medesime parole per i medesimi concetti, non può credersi in nessun modo ».
16. Agostini, s.v. Bulgarini, cit., p. 41. Cfr. Barbi, op. cit., p. 63: l’opera fu « accompagnata
da lettere del Capponi, del Borghesi e del Mazzoni comprovanti averla il Bulgarini composta alcuni anni prima, e da una testimonianza di sei gentiluomini senesi, che, venuto il
Cariero a Siena nel 1579, ottenne per qualche giorno dal Bulgarini le Considerazioni e le
Repliche alle Risposte del Capponi, delle quali poté trarre copia ».
17. La Risposta di Capponi alle cinque prime particelle delle ‘Considerationi’ di Bulgarini ebbe
solo circolazione manoscritta. Sono note due copie: la prima, conservata fra le carte dell’autore, è nel ms. Capponi 1071 n. XIV della Bibl. Apostolica Vaticana (cc. 178-203): vd. G.S.
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tro consapevole dei limiti del proprio Discorso (era pur sempre un’operetta
scritta a ventiquattro anni: cfr. A’ lettori, cit.), a elaborare la monumentale
Difesa della ‘Comedia’ di Dante in sette libri che, pronta per le stampe già
nell’aprile del 1585, vide luce parzialmente nel 1587 (i primi tre libri) e solo
un secolo dopo, come si è detto, in modo completo.
2. Argomenti e struttura dell’opera. Il nucleo del Discorso del Castravilla è già nella premessa:
Et io voglio provare in questo mio breve e semplice discorso che il Poema di
Dante […] non è pur poema; e, dato, e non concesso che fosse poema heroico, è
in fra’ poemi heroici malo poema, ed è tutto pieno di inperfezioni in tutte le sue
parti; cioè nella favola (dato e non concesso che habbia favola) e nel costume e
nella dianea, o vuoi dire concetto, e nella dizione, o vuoi dire elocuzione.18
Le auctoritates principali addotte sono Aristotele per la parte relativa alla
favola, al costume e al «concetto», Bembo e Della Casa per lo stile e l’elocuzione. La Commedia non è definibile come poema perché manca di favola; la favola è infatti per Aristotele imitazione di un’azione, mentre il poema dantesco è un mero «sogno raccontato» (ivi, p. 21); manca inoltre un
eroe, altra grave “inadempienza” rispetto alla Poetica, essendo il protagonista un «cittadino privato», indegno di una scrittura tragica o epica: il genere dell’opera viene spregiativamente individuato nella satira (ivi, p. 23). La
Commedia è quindi tacciata di inverosimiglianza, di mancanza di unità, di
scarsa originalità e, sul versante del «costume», addirittura d’indecenza,
per la preponderanza di «interessi privati et abietti»,19 che spingerebbero
l’autore a parlare male della sua patria, dei suoi concittadini, e finanche del
suo «precettore» (ivi, p. 26). Quanto ai «concetti» (cioè i contenuti “intellettuali”) il censore nega che in un poema si possa dare spazio all’esame di
problemi teologici, filosofici, astrologici e matematici, che dovrebbero essere soltanto sfiorati: come esempio viene citata la disquisizione sulle macCozzo, I Codici Capponiani della Biblioteca Vaticana, Roma, Tip. Vaticana, 1897; la seconda,
appartenuta al Bulgarini, è il ms. G IX 54 della Bibl. Comunale di Siena.
18. I discorsi di R. Castravilla contro Dante, ed. cit., p. 20.
19. Ivi, p. 25: « Io ho udito piú volte da piú celebrare questa invenzione di Dante per una
cosa nuova, non mai piú opinata, non mai piú caduta nel pensiero a persona, di questo
triplice suo viaggio; et io non so vedere che egli meriti da questa parte se non biasimo,
perché in prima l’invenzione non è sua; ma sí come Virgilio la prese da Omero, ampliandola
et abbellendola, cosí Dante l’ha tratta da Virgilio, storpiandola e confondendola e riempiendola d’episodii alieni et indecenti a materia eroica, e di interessi privati et abietti ».
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per un’edizione critica della difesa della ‘commedia’ di dante
chie lunari (Par., ii 49 sgg.). Infine, sul piano grammaticale Castravilla denuncia una mancata osservanza delle buone regole («le sue bruttezze sono
state ben mostre dal Bembo, dal Casa»), condita dalla presenza di «disonesti e laidi concetti», di vocaboli privi di «verecondia» (ivi, pp. 31, 32).
Nel suo breve Discorso, distinto in dieci «particelle», del 1572 (vd. l’ed.
Rossi, cit.), Mazzoni – dopo una premessa di carattere generale sul perché
il «discorrere sopra poeti non è disdicevole a’ filosofi» (part. i) e su come
«si debbano difendere li poeti dalle oppositioni che li sono fatte» (part. ii) –
si limitò a ribattere alle accuse del Castravilla, cercando di rafforzare le
proprie argomentazioni con il corredo di esempi e di autorità classiche: sia
qui che in seguito egli non cercò mai di sottrarre la Commedia dal “giogo”
aristotelico. Mazzoni scrive che il poema è fondato sull’imitazione di un’azione, ossia il viaggio nell’Oltremondo (part. iii); che non manca di unità,
essendo le tre cantiche legate l’una all’altra da una continuità diegetica, e
che la favola è verosimile, essendo fondata sul principio aristotelico secondo cui è credibile tutto ciò che è ritenuto possibile dalle convinzioni degli
uomini: dunque la rappresentazione dei regni dell’aldilà è verosimile perché conforme alla dottrina della Chiesa e i fenomeni soprannaturali descritti nel poema sono credibili perché a Dio tutto è concesso (part. v);20
quanto al genere, l’opera è, giusta il titolo, una commedia (non una satira),
di cui il protagonista è il poeta stesso (part. iv). Esigenze di rappresentazione giustificano la descrizione dei costumi dei personaggi (e viene rigettata
l’accusa che Dante fosse « maledico»), mentre i brani dottrinali sono giudicati degni di ammirazione (anche per un filosofo) e perciò convenienti
(part. vi). Sono quindi difesi tanto i «concetti» (part. vii), che le «similitudini» (part. viii) e gli «epissodii» (part. x). L’unica concessione, sia pure con
molti distinguo, che Mazzoni fa alle argomentazioni di Castravilla riguarda
«quelle ortiche, quei triboli e quelle spine che tanto dispiacquero al Bembo»
(part. ix; Discorso, ed. cit., p. 120): con riferimento al “realismo” dantesco
nella rappresentazione e, per conseguenza, alle scelte lessicali (riserva nei
20. Il passo aristotelico alla base del ragionamento è Poet., 1461 b 10-11. Mazzoni potrebbe
aver tenuto presente la riflessione in merito di Trissino: « Alle opinioni poi degli uomini si
riferiscono le cause dell’impossibile, quando i poeti dicono quello che le genti comunemente credeno, come è quello che disse Dante dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso; e
quello che si dice degli angeli, de demonii, della necromanzia, delli incanti, e simili » (G.
Trissino, La quinta e sesta divisione della Poetica [1562], in Trattati di poetica e retorica del Cinquecento, a cura di B. Weinberg, Roma-Bari, Laterza, vol. ii p. 54); riflessione non molto diversa,
nelle linee di fondo, da quella che avrebbe sviluppato Tasso nei Discorsi dell’arte poetica (vd. T.
Tasso, Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico, a cura di L. Poma, Bari, Laterza, 1964, pp. 7-8).
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confronti di Dante che si riscontra costantemente nel pensiero estetico
cinquecentesco):21 Mazzoni attenua, comunque, i rilievi critici, chiosando
che un poeta «ha molto maggiore licentia dell’oratore» (Discorso, l. cit.).
Le dimensioni monumentali della Difesa di Dante, «un enorme trattato,
una specie di enciclopedia letteraria», come scriveva Salvatore Battaglia,
indicano il tentativo di andare oltre la contingenza della polemica (e del
suo scritto giovanile) per offrire una «grande visione critica della Divina
Commedia come unità di poesia e di vita, d’intelletto e di coscienza, d’attualità e di trascendenza»:22 e si può sottoscrivere il commento di Mauro
Verdoni, secondo cui il fine di Mazzoni «fu sotto pretesto della Difesa di
Dante di scrivere una Poetica perfetta et intiera».23
I sette libri della Difesa sono preceduti da una fondamentale Introduttione
in cui Mazzoni espone i principî teorici alla base della sua estetica, nel tentativo di dare sistemazione unitaria alle sue considerazioni disseminate nel
testo.24 L’aspetto piú rilevante di questo vero e proprio trattato nel trattato25
– sul quale Claudio Scarpati ha scritto pagine penetranti – è la nuova interpretazione che Mazzoni propone per la distinzione platonica fra imitazione
«icastica» e imitazione «fantastica» (Soph., 231 c-236 d): il passo platonico è
relativo alla pittura, ma nelle discussioni di poetica cinquecentesche, attraverso il filtro di Proclo,26 il suo significato era abitualmente esteso anche alla
letteratura e in particolare alla poesia. Nel dialogo lo Straniero, tradizionalmente considerato la proiezione del punto di vista di Platone, distingue per
l’«arte di produrre immagini» due specie: «quella che produce raffigurazioni
e quella che produce apparenze».27 La prima, «l’arte della raffigurazione»
(o imitazione icastica), si ottiene riproducendo un oggetto nelle sue reali
dimensioni; l’altra, l’«arte che produce apparenze» (o imitazione fantastica),
non è basata su proporzioni reali, ma su ciò che è concepito dalla fantasia,
). Mazzoni propone il «riscatto della nozione di “imital’«idolo» (ei[dwlon
21. Su un piano generale cfr. G. Mazzacurati, Dai balli nel sole al bucato di Nausica: l’eclissi
di linguaggi “naturali”, in Id., Il Rinascimento dei moderni. La crisi culturale del XVI secolo e la negazione delle origni, Bologna, Il Mulino, 1985, pp. 297-322.
22. Battaglia, Processo a Dante nel Cinquecento, cit., pp. 64, 87.
23. M. Verdoni, nella Nota premessa a C2, p. x.
24. Le pagine dello scritto introduttivo non sono numerate; lo sono però i paragrafi, che
si utilizzano come riferimento.
25. L’importanza dell’Introduzione è indirettamente confermata dalle numerose postille
che Tasso vi pose, noncurante, invece, del resto (cfr. Russo, Il rifiuto della sofistica, cit., p. 283).
26. Cfr. Scarpati, Icastico e fantastico, cit., pp. 238-39.
27. Soph., 236 c. Seguo la traduzione di C. Mazzarelli, in Platone, Tutti gli scritti, a cura
di G. Reale, Milano, Rusconi, 1991.
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per un’edizione critica della difesa della ‘commedia’ di dante
zione fantastica”»,28 da Platone considerata deteriore (nella Repubblica non è
ammessa tra le forme poetiche della Città: x 595 a), non esitando a sancire
come fondamento della poesia – accomunata cosí all’arte dei sofisti («si deve
collocare sotto la Sophistica, poich’ella pone il vero in non calere», par. 53) –
piuttosto che il vero, «l’idolo, che nasce totalmente dall’artificio humano»
(par. 15).29 Mazzoni rivaluta cosí il primato della concezione fantastica, pervenendo a «conclusioni che saranno essenziali per l’intelligenza della Divina
Commedia e la rivalutazione dei suoi contenuti apparentemente o inizialmente allotri alla poesia»;30 ed è chiaro che la nuova prospettiva estetica, che
riabilitava il concetto aristotelico di «credibile» in luogo dell’abusato «verosimile», consentiva di affrontare con piglio diverso le accuse alla Commedia
di inverosimiglianza, ribadite dal Bulgarini e da altri nel corso della polemica. La novità dell’impostazione teorica della Difesa, foriera di sviluppi sino
all’idealismo crociano, guadagnò a Mazzoni le aspre censure del rivale Francesco Patrizi e la critica amichevole, ma severa, di Tasso.31
La Difesa segue uno schema in sette punti (quanti sono gli argomenti
principali articolati in altrettanti libri), che corrisponde, grosso modo, a quello
delle censure fatte dal Castravilla (e poi, in parte, dal Bulgarini) al poema
dantesco. Anche solo da una panoramica degli argomenti trattati, che si
può avere leggendo i titoli (che in alcuni casi ricalcano quelli delle «particelle» del Discorso) dei vari libri, si nota súbito che il punto di partenza di
ogni sezione nasce sempre da uno degli argomenti della polemica:32 i. «Si
discorre se Dante fingesse di fare o di non fare realmente quel viaggio
spiritale [sic]»; ii. «Si disputa se il poema di Dante sia Comedia o Satira»; iii.
«Si prova che Dante è buon Poeta per quello ch’appartiene alla favola»; iv.
«Si mostra che Dante è buon Poeta per quello ch’appartiene al costume, sí
del Poeta come delle persone imitate»; v. «Si prova che Dante è buon
28. Scarpati, Icastico e fantastico, cit., p. 236.
29. Un autore potrà anche fondare un poema su un fatto storico, a condizione « in molte
cose » di « giungervi del suo »; diversamente l’opera « restarebbe sempre storia » (par. 63).
30. Battaglia, L’arte come finzione, cit., p. 111.
31. Cfr. Scarpati, Icastico e fantastico, cit., p. 241; e T. Tasso, Discorsi del poema eroico, in Discorsi
dell’arte poetica e del poema eroico, cit., ii pp. 86-91; Id., Giudicio sovra la ‘Gerusalemme’ riformata, a
cura di C. Gigante, Roma, Salerno Editrice, 2000, ii 151-53, pp. 148-49. È appena il caso di
ricordare che per l’ultimo Tasso il poema deve essere fondato sul vero, ossia sulla storia, per
la scelta dell’azione, e sull’allegoria per le verità divine e soprannaturali.
32. Un sunto degli argomenti della Difesa in Vallone, op. cit., p. 82-92 (che commette però
lo strano errore di credere che la Difesa di Dante sia la stessa cosa del breve Discorso pubblicato
da Mazzoni nel 1572-’73: fraintendimento che genera, fatalmente, confusione nella ricostruzione che egli opera della polemica), e soprattutto in Bonifazi, Introduzione, cit., pp. 12-27.
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claudio gigante
Poeta per quello che s’appartiene a’ concetti»; vi. «Si prova che Dante è
buon Poeta per quello che appartiene alla favella»; vii. «Si prova che Dante
è buon Poeta per quello che s’appartiene alle parti di quantità» (l’ultimo
libro è di gran lunga piú breve degli altri). Impossibile qui anche solo provare ad abbozzare i contenuti che riempiono questa tela: si segnala solo, per
il libro vi, il tentativo di rivalutazione “moderna” della lingua della Commedia, con un duplice rovesciamento della prospettiva bembesca: non solo
Dante è difeso per «haver usato nel suo Poema tutte le voci delle provincie
d’Italia», ma a dimostrazione della sua grandezza sono elencati numerosi
luoghi del modello linguistico per eccellenza del Cinquecento, il Canzoniere petrarchesco, in cui sono ravvisabili “prelievi” testuali dalla Commedia.
Nel pubblicare, nel 1688, prima e seconda parte della Difesa Mauro
Verdoni, con enfatica soddisfazione, rivolgendosi al lettore, scriveva: «Eccoti
un libro, anzi una libreria in un libro»; l’allusione era al formidabile apparato di citazioni dispiegato dal Mazzoni nella sua opera, che, secondo le
testimonianze del tempo, aveva riempito di ammirazione anche i suoi rivali, come il Bulgarini che, in una lettera a Fabrizio Beltrami, aveva ammesso di «impararvi assai dentro» (Barbi, op. cit., p. 70).
3. Per un’edizione critica. Testimoni manoscritti e a stampa. Da
un punto di vista filologico, le due parti della Difesa sono in condizioni
profondamente diverse. Poiché i primi tre libri furono pubblicati in vita
dal Mazzoni, e non sono noti manoscritti portatori di redazioni precedenti
o successive, fondamento del testo non può che essere l’editio princeps (C1),
allestita dall’autore con la collaborazione materiale di Tucio dal Corno,33
emendata dei parecchi refusi tipografici:
della difesa / della comedia / di dante. / distinta in sette libri. / Nella
quale si risponde alle oppositioni fatte al Discorso di M. Iacopo / Mazzoni, e si
tratta pienamente dell’arte Poetica, e di molt’altre / cose pertenenti alla Philosophia,
& alle belle lettere. / parte prima. / che contiene li primi tre libri. / con dve
tavole copiosissime. / All’illustrissimo, e Reverendissimo Sig. il Sig. D. Fer-/dinando de’ Medici Cardinale di Santa Chiesa. / con privilegio. / [fregio] / in cesena.
/ con licenza de’ svperiori. / Appresso Bartolomeo Raverij. L’anno mdlxxxvii.
Ben diversa è la situazione della seconda parte, che fu pubblicata solo
postuma (C2):
33. Scriveva dal Corno nella dedicatoria: « […] io sono stato quello che, parte dalla sua
viva voce, e parte da’ suoi Scritti, ha raccolto tutto ciò ch’in questo libro si legge, scrivendo
il tutto di mia propria mano piú d’una volta ».
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per un’edizione critica della difesa della ‘commedia’ di dante
della difesa / della comedia / di dante. / distinta in sette libri, / […] Parte
Seconda Posthuma, / che contiene gli vltimi qvattro libri / non piv’ stampati: / Et hora publicata à beneficio del Mondo Letterato / Studio, e Spesa / Di D. Mauro
Verdoni, e D. Domenico Buccioli Sacerdoti di Cesena, / e da essi dedicata /
All’Illustriss., e Reverendiss. Sig. Monsig. / rinaldo degl’abizzi […] / In Cesena,
per Seuero Verdoni 1688.34
L’effettivo curatore della stampa, Mauro Verdoni (Buccioli si limitò a fornire
all’impresa un indispensabile sostegno economico), nel proclamare, come
da canonico copione, la propria fedeltà all’“originale”, anche se con ritocchi
formali alla grafia etimologica,35 celava, per ragioni che ignoriamo, le fonti
su cui aveva basato l’edizione: «[Lettore] D’onde poi habbi io avuto questi
preciosissimi Scritti, a te non importa». Poiché sono ben note le libertà che
si concedevano i filologi secenteschi, un’indagine sulle fonti manoscritte è
stata a questo punto necessaria e, per buona sorte, foriera di risultati.
Nel 1597 Mazzoni – che si era stabilito a Roma alla corte di Clemente
VIII, dopo avere ottenuto il prestigioso insegnamento di Filosofia alla Sapienza, rimasto vacante per la morte del suo rivale Francesco Patrizi – partecipò, con l’incarico di «scriverne compitamente la storia»,36 alla spedizione a Ferrara guidata dal card. Pietro Aldobrandini, legato pontificio che
aveva l’incarico di gestire la delicata devoluzione della città allo Stato della
Chiesa. Lí, per ragioni che la ricostruzione di Serassi, sempre attento a
misurare le parole, non aiuta a chiarire, Mazzoni avrebbe affidato il manoscritto della seconda parte della Difesa a Lotario de’ Conti, duca di Poli:37
[Mazzoni] era amato e stimato particolarmente dal Sig. Lotario de’ Conti, Generale della Cavalleria, siccome quello, che alla scienza militare univa l’ornamento
delle lettere; e perciò si trova che il Mazzoni a lui fece dono in Ferrara del volume
34. Nella stampa, oltre a un’utile tavola con autori e argomenti, è riprodotta l’orazione
letta da Piero Segni all’Accademia della Crusca, in occasione della morte di Mazzoni.
35. « Perdonami [lettore] se vi trovarai alle volte variata l’Ortografia, perché essendo stato
l’Autore religiosissimo mantenitore della Etimologia, ho provato qualche pena ad osservarla
essattamente [sic] » (p. ix).
36. Lo afferma Piero Segni nell’orazione funebre recitata per Mazzoni presso l’Accademia
della Crusca, pubblicata nel 1599 (si cita dal testo riproposto in principio di C2, pp. lxix-lxx).
37. Su Lotario, diplomatico al servizio di Clemente VIII e dei Farnese, cfr. S. Andretta
in Diz. Biogr. degli Italiani, cit., vol. xxviii 1983, pp. 446-48. La biografia di Serassi, scritta con
l’ausilio di documenti di prima mano, fu composta su disposizione di Pio VI, che era cesenate
come Mazzoni: ciò che spiega i continui riferimenti alla nobiltà della città, grondante, a suo
dire, di « chiari » ingegni, ecc. Vd. D. Rota, L’erudito P.A. Serassi biografo di T. Tasso, Viareggio,
Baroni, 1996, pp. 265-72.
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claudio gigante
originale ed unico della seconda Parte della Difesa di Dante, passato poi fortunatamente tra’ Manoscritti della Biblioteca Barberina.38
Il codice è l’attuale Barb. lat. 4129 della Biblioteca Apostolica Vaticana (sigla Br1): è un manoscritto leggibile, ma non “in pulito” e con molte parti di
testo visibilmente bisognose di revisione da parte dell’autore, conservato
in discrete condizioni (anche se i margini usurati implicano in qualche
caso la perdita di cellule del testo), identificabile con il secondo dei due
volumi ricopiati da Tucio dal Corno per l’allestimento della stampa.39 Br1,
di complessive 234 carte, ha dimensioni imponenti, in «foglio massimo»
(Serassi, op. cit., p. 119): mm. 440 × 280; nell’antiporta, in pelle di colore
rosso scuro, a lettere d’oro, si legge:
tomo / originale / et vnico della / diffesa [sic] di dante / di iacopo mazzoni /
donato dall’avtor / istesso mentre / viveva a lotario / 2° conti dvca di /
poli l’anno / 1597.
Il manoscritto fu probabilmente donato ai Barberini dopo la morte del
proprietario, nel 1635: ed è súbito dopo questa data che prende il via, come
si vedrà, un progetto (mancato) di edizione. Rispetto a Br1, a colpo d’occhio, prima ancora di effettuare puntuali collazioni per loci selecti, il testo di
C2, appare trasformato da un vero e proprio lavoro di maquillage (tutt’altro
che insolito per l’editoria secentesca): attenuazione della grafia etimologica; riempimento, con i brani di classici ritenuti idonei (in genere con buone ragioni), degli spazi lasciati in bianco dall’autore; soppressione di molte
delle citazioni dal greco (di cui è lasciata la sola traduzione, in latino o in
italiano); tagli di segmenti di testo apparentemente ridondanti; cambiamento dell’ordine di alcune parti. Si tratta, in ogni caso, di interventi che,
sebbene oggi considerati inaccettabili, furono realizzati secondo riconoscibili criteri editoriali e mai per disattenzione.
Esistono anche altri manoscritti, risalenti tutti a un periodo anteriore
alla stampa, che tramandano parti della seconda sezione della Difesa. Tre di
essi, conservati in Vaticana, sono in relazione con il progetto di edizione
vagheggiato, a quanto sembra, da Federigo Ubaldini, conte di Urbania,
bibliofilo al servizio del card. Francesco Barberini e poi della famiglia Chigi,
38. Serassi, La vita di J. Mazzoni, cit., p. 119.
39. Cfr. A’ lettori, cit.: « Et in meno d’un anno [Mazzoni] compose due volumi, ciascuno
de’ quali è di duecento fogli reali; et havendoli fatti rescrivere si ritrovò in ordine per dar
principio alla stampa […] »; vd. quindi quanto affermato nella dedicatoria da dal Corno, qui
alla n. 33.
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per un’edizione critica della difesa della ‘commedia’ di dante
autore di scritti danteschi in larga misura inediti, oltre che di una famosa
edizione dei Documenti d’amore di Francesco da Barberino (Mascardi, Roma,
1640):40 due codici sono confluiti nel fondo Barberiniano, Barb. lat. 4091
(sigla Br2) e 4115 (sigla Br3), mentre l’altro nel fondo Chigiano, Chigi L VIII
295 (sigla Ch).
Ch è un ms. di 344 carte (mm. 345 × 250), preceduto da un fascicolo
aggiunto (cc. i-ix) di formato minore (mm. 270 × 200 ca.), costituito dalla
relazione scritta da Bartolomeo Tortoletti (lo sfortunato tragediografo ricordato in apertura) nell’aprile 1639, dopo aver letto la seconda parte della
Difesa, per ordine di Niccolò Riccardi, Maestro del Sacro Palazzo;41 il
Tortoletti si fa garante della mancanza nell’opera di elementi contrari alla
dottrina cattolica e spiega di aver tracciato un « segno rosso» (tuttora ben
visibile) a indicare che «quella cosa non è in tal luogo [cioè, non è perspicuo il “luogo” indicato di un classico], o che io non ho saputo trovarla». Il
segno rosso indica anche le lacune e le incongruenze evidenti. Tortoletti
specifica che l’«altro volume» che ha « veduto innanzi a questo, arriva sino
al cap. 52 del libro quarto».
Una nota anonima, di mano secentesca (posteriore al 1657, l’anno di
morte dell’Ubaldini), a c. ir, in principio dunque di codice, riassume storia
e contenuto di Ch:
40. Su di lui vd. G. Izzi, in ED, vol. v p. 771 (sintetizza le notizie biografiche offerte da G.
Vitaletti nel contributo cit. qui appresso); vd. anche Cosmo, op. cit., pp. 58-65, e Vallone,
op. cit., pp. 187-200. L’Ubaldini è autore di chiose dantesche (nucleo iniziale di un commento
alla Commedia non condotto a termine) in parte pubblicate da G. Vitaletti, Le ‘Annotationi’
alla ‘Divina Commedia’ di F. Ubaldini (1610-1657), in « Il Giornale Dantesco », vol. xxvi 1923,
quad. 2 pp. 239-52, quad. 3 pp. 329-53; vol. xxvii 1924, quad. 1 pp. 53-67; note in polemica
contro Niccolò Villani (che nelle Considerationi di Messer Fagiano sopra la seconda parte dell’Occhiale
del cavalier Stigliano, Venezia, Pinelli, 1631, aveva formulato rilievi critici sulla lingua e lo stile
della Commedia, ripubblicati col titolo Le osservazioni alla ‘Divina Commedia’ di N. Villani, a cura
di U. Cosmo, Città di Castello, Lapi, 1894) sono edite ancora da Vitaletti col titolo Schermaglie dantesche nel Seicento, in « Il Giornale Dantesco », vol. xxvii 1924, quad. 2 pp. 177-83, quad.
3 pp. 262-71; vol. xxviii 1925, quad. 1 pp. 51-61. Tutti questi scritti dell’Ubaldini sono nei mss.
Barb. lat. 3999 e 4000; altro lavoro dell’Ubaldini, rimasto inedito, è Il Giordano o vero della
Nuova Difesa di Dante Libri tre (un estratto è nell’ultimo contributo cit. di Vitaletti), che è un
dialogo ancora contro N. Villani, conservato sempre in Vaticana nel ms. Chigi L VI 214
(descritto da Vallone, op. cit., p. 188, e su cui vd. anche G. Angiolillo, Un’inedita difesa di
Dante nel secolo XVII: Il ‘Giordano’ o vero Nuova difesa di Dante di Federico Ubaldini, Salerno,
Edisud, 1984); altri materiali sono nel ms. Chigi L IV 111 (pure descritto da Vallone, op. cit.,
p. 174). Infine per la posizione moderatamente antidantesca di Villani vd. A. Accame Bobbio
in ED, vol. v pp. 1017-18.
41. Per notizie sul Riccardi, vd. Leoni Allatii Apes urbanae, cit., pp. 199-202 (nonché qui,
n. 4).
87
claudio gigante
Questa è la seconda parte della Difesa di Dante composta da Iacomo Mazzoni.
La prima parte arriva al Cap.° 52 del Libro 4°.
Qta seconda comincia dal Cap.° 53 del 4° Libro, e termina nel Cap.lo 7° del 7°
Libro. Fu riveduta per ordine del P. Maestro del Sacro Pal.zo dal P. Bartolomeo
Tortoletti, et vi fece le incluse Considerationi con l’approvat.e data a’ 20 d’Aprile
[1639].
Ma pare che rimanesse senza stamparsi […].
Questo Codice fu del Conte Federigo Uba[l]dino che morí Segretario del Sacro
Collegio de’ Cardinali, e da’ suoi eredi era stato alienato.
Va súbito detto che anche se in Ch il capitolo iniziale figura come 52, in
realtà è il 53. Con «prima» e «seconda parte» l’anonimo estensore intende
non le due “parti” dell’opera di Mazzoni, bensí le due sezioni di testo
(della seconda parte) che Tortoletti visionò. Identificare anche la prima è
problema di soluzione abbastanza semplice: esistono due testimoni, Br2 (di
cc. 169, mm. 320 × 220) e Br3 (di cc. 171, mm. 370 × 250), entrambi copie di
mano secentesca, che tramandano solo una porzione del iv libro, in un
caso e nell’altro terminante a metà del cap. 53 (per altre due sviste, il cap. è
segnato 51 in Br3 e 52 in Br2), proprio nel medesimo punto in cui ha inizio
Ch (Br2 manca, verosimilmente per perdita “meccanica”, dei primi nove
capitoli e di parte del decimo).42 Tortoletti si serví del secondo, come rivelano sia, a c. 1r, la nota marginale firmata dal Riccardi («Ms.re Tortoletti mi
faccia gratia di veder questo libro e darmene il suo parere»), sia le tracce di
lettura da lui lasciate. Ch e Br3 sono dunque, oltre che complementari,
entrambi sicuramente appartenuti al dossier della mancata edizione Ubaldini:43 per una ragione che ignoriamo, una prima sezione della seconda
parte della Difesa (iv 1-53: Br3) figurava staccata dal resto del testo (iv 53-vii:
Ch), e il Tortoletti, per la sua expertise, dovette servirsi sia di Br3 che di Ch,
manoscritti che, non vergati dalla stessa mano e con caratteristiche dissimili (il copista di Br3 è in grado, a differenza di quello di Ch, di riprodurre i
42. Per la precisione, Ch inizia dal principio del cap. 52 del iv libro, ma il testo (di breve
estensione) è biffato fino al punto in cui terminano i testi di Br2 e Br3.
43. Secondo Serassi, op. cit., pp. 129-30, il disegno dell’edizione non fu attuato per la
morte dell’Ubaldini (che di Ch secondo lui sarebbe – del tutto inverosimilmente – anche
l’amanuense): ma la ragione non può essere questa, visto che il conte di Urbania, come si è
ricordato, morí nel 1657, 18 anni dopo la perizia effettuata dal Tortoletti. L’anonimo prefatore
di Ch sostiene invece che la stampa non fu compiuta per la sopravvenuta morte del Riccardi,
che sembrerebbe cosí, contro la ricostruzione di Serassi, il vero promotore dell’iniziativa. Ma
l’ipotesi si scontra col fatto che il proprietario di Ch, l’Ubaldini, era per i suoi interessi
danteschi certamente il piú motivato a una pubblicazione della Difesa: è probabile che a
scoraggiare l’impresa sia stata la mole, veramente imponente, del lavoro, e i costi relativi.
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per un’edizione critica della difesa della ‘commedia’ di dante
testi greci di Br1), sono il frutto di due trascrizioni distinte, effettuate su Br1.
Il copista di Br3 deve avere interrotto, per motivi ch’è impossibile conoscere, il suo lavoro all’improvviso, arrestandosi bruscamente a metà del cap.
53, con buona parte della facciata (c. 171r) ancora bianca (il fascicolo termina con la carta successiva, anch’essa non vergata); in un secondo momento,
forse quando l’Ubaldini pensò di promuovere una stampa della parte inedita del trattato, fu effettuato il resto della copia (Ch).
A un periodo successivo alla stesura di Br3 si colloca Br2, che è una copia,
frettolosa e deteriore (come attesta ictu oculi la sistematica cassatura delle
citazioni dal greco), di Br3. In Br2, come si è ricordato, sono andati perduti
i primi nove capitoli e parte del decimo: in compenso il manoscritto termina nello stesso punto di Br3, segno che il copista non disponeva del
séguito (e non poteva, evidentemente, avere accesso a Br1). Esiste una prova irrefutabile (e davvero conclusiva) sulla dipendenza di Br2 da Br3: il
brano di Br3 citato in apertura di queste pagine, inqualificabile interpolazione
di Tortoletti, è assorbito in Br2 nel corpo del testo, senza alcuna indicazione della provenienza non “originale”.44
Ultima copia secentesca nota è il ms. II 47 della Biblioteca Comunale
Ariostea di Ferrara (sigla F). F è costituito da due sezioni distinte, opera di
altrettanti copisti, malamente rilegate insieme: la prima (F1), di mm. 260 × 195
ca., inizia dal cap. 54 (segnato 53) del libro iv e ha termine verso la fine del
cap. 26 del successivo (luogo corrispondente a p. 436 di C2); la seconda (F2),
di mm. 272 × 202, ha inizio poco piú sotto del punto in cui termina F1 (ma la
parte in comune del testo, costituita da 12 righe, è stata biffata in F1). Al di là
della bipartizione del manoscritto, che sembrerebbe suggerire una diversa
provenienza delle due sezioni, in un secondo tempo rilegate insieme, non è
certo casuale che anche il testo F cominci proprio dal cap. 54 del libro iv.
L’ipotesi piú credibile è che F sia copia di Ch: è possibile, in ogni caso, sulla
base dei sondaggi effettuati su un significativo campione di varianti, affermare, con un sufficiente margine di sicurezza, che tra i manoscritti F sia il piú
prossimo a C2. Indizio, anche geograficamente plausibile, che il codice ferrarese
sia stato il fondamento dell’editio princeps della seconda parte della Difesa.45
44. Si può aggiungere un altro particolare. Il testo di Br3 s’interrompe all’improvviso con
questa frase: « Hora sí come questo argomento è sofistico, perché tribuisce all’atto dell’intelletto quello che dovrebbe esser tribuito all’atto della volontà »; Tortoletti integra: « cosí non
vale la conseguenza Huomo non deve essere vitioso, dunque non deve conoscere il vitio ».
In Br2 la parte aggiunta figura inglobata nel testo.
45. Si ha notizia che anche il Magliabechi avesse progettato un’edizione della seconda
89
claudio gigante
Per una curiosa anomalia, già precedentemente segnalata, il numero dei
capitoli del libro iv non coincide in tutti i testimoni della Difesa. Se si prende in considerazione il cap. 53 (adottando la numerazione reale),46 presente
in tutti tranne che in F, si nota che solo in C2 figura come 53, mentre in Br1,
Br2, Ch come 52, e in Br3 come 51. Al gruppo centrale si deve aggiungere F
che ha inizio con il capitolo seguente, ossia il 54, segnato come 53. Il risultato finale (per i testimoni che pervengono al termine del libro) è che mentre
in C2 i capitoli del iv libro sono 75, in Br1, Ch e F ne compaiono, apparentemente, 74. La collazione fra i testimoni chiarisce, però, da un lato che la
consistenza numerica non è in nessun caso diseguale, dall’altro che solo
nella stampa la cifra è indicata correttamente; le differenze sono da addebitare agli errori commessi dai vari amanuensi, anche da quello dell’“originale”
Br1, che si riflettono progressivamente in alcune copie seriori: in Br1, ad
esempio, l’unico caso che per economia di discorso qui si prende in esame,
l’erronea numerazione è causata dalla ripetizione per due volte dell’intestazione «cap. 32» e «cap. 36» e dal passaggio, con salto del 46, da 45 a 47.
Queste incongruenze non si verificano nei rimanenti tre libri.
Un notevole intervento – giustificabile per attinenze tematiche – si registra in Br3 e in C2: nel libro iv il cap. 45 di Br1 risulta anticipato come 5 in Br3,
come 6 nella stampa (per Ch e F non è possibile in questo caso una verifica):47 nel nuovo testo critico il capitolo dovrà essere ripristinato al suo posto.
4. Conclusioni provvisorie. Fondamento di un’edizione critica dovrà
essere, per la seconda parte della Difesa, Br1, di cui bisognerà rispettare lo
status di incompiutezza, accettandone lacune e, eventualmente, incongruenze. Br3-Ch e F, in quanto copie, potranno essere utilizzati, oltre che
con generica funzione di “controllo”, per fornire quelle minime porzioni
di testo andate perdute in Br1 per l’usura dei margini delle carte o per altri
non rilevanti incidenti.
Claudio Gigante
parte, chiedendo « l’originale al card. F. Barberino »; avrebbe cambiato idea, dopo aver sentito che analoga iniziativa era stata intrapresa dal Verdoni a Cesena (Serassi, op. cit., p. 130).
46. Questa l’intestazione: « Che il dire che la dottrina del vitio renda gli huomini vitiosi
è conseguenza sophistica ammessa da Senofonte, e da Platone per ischerno de sophisti del
suo tempo e che facilissimamente si può mostrare la sua fallacia ».
47. Anche per questo particolare Br2 conferma la propria natura di copia di Br3: infatti se
è impossibile una verifica diretta dei capp. 5-6 (iniziando il codice dalla metà del 10), il fatto
che il 45 manchi al suo luogo implica che era stato anticipato.
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Senza titolo-11