La predisposizione di Modelli organizzativi preventivi dei reati in materia di salute e sicurezza del lavoratore Indicazioni per le piccole e medie Cooperative Indice Il futuro della salute e sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3 Presentazione dell’iniziativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7 Il quadro normativo vigente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9 La responsabilità degli enti collettivi in generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9 Il Modello organizzativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9 La responsabilità degli enti in materia di salute e sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . .11 Il M.O.G. in materia di salute e sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .11 Il M.O.G. nell’organizzazione aziendale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13 L’organismo di vigilanza (O.d.V.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13 Realizzare un M.O.G. di cui al Decreto 231/01 e all’art. 30 Decreto 81/08 . . . . . . . .15 Un doppio livello per un obiettivo comune: la sicurezza del lavoro e del lavoratore . .16 Approccio metodologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .19 Presentazione del caso studio: la Cooperativa Progresso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .21 La valutazione dei rischi: aspetti organizzativi, controlli e protocolli operativi . . . . . . .22 Il sistema disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .49 L’Organismo di Vigilanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .52 Il documento di sintesi “Modello Organizzativo” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55 Appendice giurisprudenziale: Commenti a sentenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .56 Sentenza tribunale di Trani del giorno 11 gennaio 2010 - Sicurezza sul lavoro e responsabilità amministrativa D.lgs. 231 del 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .56 Sentenza Thyssen – Sicurezza sul lavoro e responsabilità amministrativa D.lgs. 231 del 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .60 Riferimenti ad autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .63 Allegati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .65 2 Il futuro della salute e sicurezza di Lorenzo Fantini* Il c.d. “Testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro evidenzia, tramite le proprie disposizioni, una innovativa tendenza alla valorizzazione di elementi sostanziali delle regolamentazione della materia rispetto ai soli elementi formali. Tale tendenza è “diffusa” in tutto il testo di legge ma risulta particolarmente visibile già solo ove si tenga conto del campo di applicazione soggettivo della normativa antinfortunistica e della identificazione e individuazione dei compiti dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale. Così, quando il D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i., identifica il “lavoratore” lo fa affermando, per un verso, che il decreto “si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati” (art. 3, comma 4), abbandonando definitivamente l’approccio formalistico che – seppur già da tempo superato dall’interpretazione giurisprudenziale – contrassegnava la disciplina del 1994. In tale regolamentazione, in particolare, all’articolo 2, comma 1, lett. a), la definizione di lavoratore era espressamente ancorata al fatto che il soggetto fosse parte di un rapporto di lavoro subordinato (il lavoratore era definito come “persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro”); oggi, muovendo da un approccio improntato al fondamentale criterio di “effettività” delle tutele, in attuazione del quale si guarda all’“ambiente di lavoro”, o meglio all’ “organizzazione” che fa capo all’imprenditore piuttosto che alla condizione (formale) del lavoratore, il “testo unico” considera, “ai fini degli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto”, i soggetti che – a prescindere dal tipo di relazione che intercorre tra prestatore e datore di lavoro e dalla sua qualificazione formale (ossia dalla tipologia contrattuale utilizzata) – svolgano “un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari” (articolo 2, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008). Quindi, il “testo unico” esprime, come elemento di marcata discontinuità rispetto al recente passato, la assoluta rilevanza riservata alla organizzazione del lavoro, sia come elemento in base al quale identificare i beneficiari della normativa sia come contesto da analizzare per identificare i soggetti obbligati alla applicazione della medesima normativa e all’adempimento delle singole norme di legge. In tale contesto, diviene fondamentale che l’organizzazione del lavoro – intesa, ripeto, come contesto in cui chiunque presti una attività di lavoro si inserisca – sia essa stessa correttamente progettata e realizzata, in modo che la salute e sicurezza di chi vi entra non sia a rischio. Esattamente quanto è alla base della stessa idea dei modelli di organizzazione e gestione, basati sulla ormai celebre quadripartizione successiva di attività (Plan, Do, Check, Act), finalizzata a un risultato che non è mai definitivo ma si migliora con l’esperienza e la applicazione delle misure progettate. Ne deriva che il modello di organizzazione e gestione della salute e sicurezza, re* Dirigente delle divisioni III e VI della Direzione Generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro (già Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il presente contributo – ai sensi della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 18 marzo 2004 – ha natura personale e non impegnativa per la pubblica amministrazione. 3 golato dall’articolo 30 del “testo unico”, ad onta della sua incontestabile “facoltatività” in termini strettamente giuridici, non è solo lo strumento per ottenere l’esimente dalla responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. n. 231/2001, art. 300 D.Lgs. n. 81/2008) ma costituisce il paradigma di una salute e sicurezza moderna, al quale le future organizzazioni devono tendere. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta cercando in ogni modo, dunque, di favorire la diffusione dei modelli di organizzazione e gestione della salute e sicurezza, sia tramite le attività della Commissione consultiva (che ha un proprio gruppo da lungo tempo impegnato sulla materia) permanente per la salute e sicurezza sul lavoro che fornendo il proprio appoggio ad iniziative che tale innovativo approccio alla prevenzione siano dirette a favorire. Per questa ragione, sono ben lieto di formulare sincero apprezzamento, a titolo istituzionale e personale, per questa pubblicazione, in quanto strumento importante per spiegare – con un linguaggio semplice e efficace – agli operatori del mondo cooperativo cosa sia e come si struttura un modello di salute e sicurezza. 4 Presentazione dell’iniziativa Nel presentare questo interessante opuscolo sulla sicurezza del lavoro e i modelli organizzativi 231 la prima riflessione è che dalla crisi economica si potrà uscire solo potenziando e rafforzando le competenze dei lavoratori e la competitività delle aziende; in altre parole, investendo sempre più e meglio sul capitale umano, sulla conoscenza e sul miglioramento della organizzazione aziendale. Il testo unico in materia di sicurezza del lavoro, a quattro anni dalla sua adozione, mi sembra che indichi proprio questa strada allorquando interviene sulla formazione continua dei lavoratori, sulle specifiche competenze che stanno in capo ai vari soggetti della sicurezza, sul miglior modo di realizzare concretamente e non formalmente le misure di prevenzione e soprattutto quando vengono date indicazioni puntuali sul “come” ci si può organizzare per ottenere la miglior prevenzione in azienda indirizzando verso l’adozione dei sistemi di gestione della sicurezza e della salute sul lavoro (art. 30 D.Lgs. 81/08). Questo è così vero che già nel documento di valutazione dei rischi ora occorre indicare non solo le misure di prevenzione e protezione necessarie, ma anche le procedure predisposte per garantire che tali misure siano portate a termine. Di fatto, dunque, l’obbligo di organizzarsi per migliorare le condizioni di sicurezza aziendale comporta un generale miglioramento dell’organizzazione aziendale e quindi una possibile maggiore competitività dell’impresa. L’adozione e l’implementazione del sistema di gestione della sicurezza e della salute sul lavoro (SGSL) costituisce, insomma, una opportunità strategica per le aziende più accorte, anche di medie e piccole dimensioni, specie con riguardo alla “responsabilità amministrativa” di cui al d. lgs. 231/2001. Sebbene non sia un obbligo esplicitamente prescritto per legge, l’adozione di un SGSL permette sia di tenere più facilmente sotto controllo i molteplici adempimenti legislativi in materia di sicurezza, ma anche di rispondere da un lato a quanto richiesto dall’art. 2087 del Codice Civile rispetto all’adozione, da parte dell’imprenditore, di misure che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori; dall’altro, a creare un insieme di strumenti di organizzazione, gestione e controllo che sono in linea non solo con le esigenze del legislatore ma anche con quelle del mercato che impone una semplificazione ed integrazione degli strumenti esistenti per una innovazione organizzativa e gestionale. Questo opuscolo che Legacoop mette a disposizione delle imprese cooperative non ha la pretesa di approfondire gli aspetti giuridici e interpretativi che scaturiscono dall’art. 30 del Testo Unico che riguarda l’adozione dei sistemi di gestione della sicurezza e salute dei lavoratori, bensì vuole fornire uno strumento di conoscenza anche pratico alle nostre cooperative che sono interessate a dotarsi di tali strumenti anche alla luce delle esperienze già fatte da altre cooperative. Il principale merito degli autori è proprio quello di essere partiti dalle esperienze dirette di alcune cooperative che già da tempo si sono incamminate su questo virtuoso intreccio tra adempimenti legislativi ed opportunità imprenditoriali e di aver messo a disposizione del movimento questo patrimonio di conoscenze. Giuliano Poletti Presidente Legacoop 5 6 Introduzione La presente pubblicazione ha la finalità di fornire informazioni di base per un corretto approccio alla possibile adozione di un Modello Organizzativo di Gestione, indispensabile, tra gli altri benefici, per l’ottenimento della non punibilità della Cooperativa nel caso in cui incorra in uno dei reati presupposti, ossia quelli specificamente previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2001 a difesa di precisi beni giuridici. Tra questi, si annovera l’incolumità dei lavoratori, da perseguire attraverso il rispetto delle normative prevenzionistiche vigenti osservando condotte prescritte ed adeguate. Nella presente sede di trattazione, si dà per acclarato che l’adozione di un modello organizzativo comporta innegabili benefici e vantaggi per il complessivo funzionamento delle articolazioni aziendali, mediante adozione di procedure di gestione e controllo efficienti e coerenti nel loro complesso. Le finalità ed il taglio del presente contributo, in particolare, attengono all’operatività ed alla semplificazione massima dei contenuti di una materia di per sé complessa ed articolata. Per questo, accanto ad un linguaggio il meno possibile tecnico-giuridico, si è prediletto un approccio basato su schemi di comprensione visiva, sulla previsione di casi di studio reali ed applicazioni pratiche, anche con il diretto e reale coinvolgimento di una Cooperativa di piccole dimensioni che si è inteso accompagnare verso l’adozione di un MOG prevenzionistico, anche ai fini della presente pubblicazione. Questo perché, aldilà delle dimensioni aziendali, il problema della pericolosità del contesto lavorativo pare trasversale. Nel caso di specie, infatti, una cooperativa di movimentazione e logistica, pur se di ridotte dimensioni, opera in un mercato disseminato di situazioni pericolose, se solamente si pensa al lavoro in condizioni di appalto, con uso di attrezzature e macchinari in movimento. Con questo contributo, pertanto, si intende agevolare lo spunto motivazionale di quelle cooperative che, per loro sensibilità o solamente anche per necessità, intendano costruirsi lo strumento di autoanalisi e controllo rappresentato dal modello organizzativo aziendale, ai fini esimenti da reati sulla salute e sicurezza. Buona lettura, dunque, e che le nostre intenzioni siano realizzate con il Vostro apporto! Gli autori 7 8 Il quadro normativo vigente La responsabilità degli enti collettivi in generale Il D.Lgs. n. 231/2001 ha introdotto nell’Ordinamento italiano un modello di illecito, direttamente a carico degli enti collettivi, a titolo di responsabilità amministrativa. Tale responsabilità aggiuntiva a quella penale personale a carico di chi commette l’illecito, può essere contestata alle persone giuridiche, alle società ed associazioni anche prive di personalità giuridica, con lo scopo di coinvolgere il patrimonio degli enti nella punizione di reati predefiniti (c.d. presupposti), come conseguenza della mancanza di idonei modelli organizzativi (MOG) di seguito descritti e dei correlati controlli gestionali. La responsabilità amministrativa, in particolare, sorge esclusivamente in occasione del verificarsi di determinate tipologie di reati espressamente indicati dalla normativa, tra i quali si ricorda: indebita percezione di erogazioni, truffa ai danni dello Stato o di un ente pubblico per il conseguimento di erogazioni pubbliche, concussione, corruzione, frode informatica ai danni dello Stato, reati societari, delitti con finalità di eversione dell’ordine democratico, abusi di mercato, reati ambientali e reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La responsabilità dell’ente collettivo, inoltre, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 231 citato, sussiste per i reati commessi nel suo interesse o vantaggio da persone che: • rivestono funzioni di rappresentanza o direttive di tipo apicale; • sono sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti di cui al punto che precede. La responsabilità dell’ente, tuttavia, è esclusa qualora le persone sopra indicate abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, interrompendo quel nesso necessario tra la condotta del singolo e l’ambito delle funzioni esercitate per conto del soggetto collettivo. Sempre ai fini esimenti dalla responsabilità amministrativa, per gli enti collettivi assume rilievo giuridico l’adozione di protocolli, di strumenti organizzativi di controllo interno e di gestione, effettivamente adottati per il monitoraggio e la verifica dell’andamento gestionale. Il Modello organizzativo Questo insieme organico di regole si definisce «Modello di organizzazione e gestione» (MOG) da adottare formalmente e da applicare nella gestione effettiva dell’ente; la conseguenza di tale corretto e coerente comportamento è la possibilità di dar prova della mancanza di responsabilità amministrativa da parte dell’ente collettivo. L’art. 61 D.Lgs. n. 231 dispone, infatti, che l’ente non risponde per la citata responsabilità qualora dimostri che l’organo di vertice ha adottato ed efficacemente at1 Articolo 6 del Decreto 231/01 Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente 1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che: a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; 9 tuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi. Il MOG, in particolare, deve prevedere, in relazione alla natura, alla dimensione e al tipo di organizzazione, tutte le misure più idonee, secondo gli schemi e le tecniche forniti dalle scienze applicate all’organizzazione aziendale, onde garantire lo svolgimento dell’attività degli enti nel pieno rispetto della legge, attraverso l’impiego di quanto necessario a scoprire ed eliminare tempestivamente le situazioni potenziali di rischio riguardante i c.d. reati presupposti di cui si è detto. La nuova forma di responsabilità introdotta a carico degli Enti nel nostro Ordinamento dal D.lgs. 231/01 rende necessario procedere ad un’attenta valutazione del sistema organizzativo societario in ragione dell’esposizione a possibili reati, nonché delle conseguenze a carico della società in presenza di illeciti presupposti, commessi da soggetti apicali o da parte di dipendenti. Nel particolare taglio del presente contributo, ci si prefigge di approfondire gli aspetti che attengono i reati presupposti collegati agli obblighi prevenzionistici posti in capo all’ente in quanto datore di lavoro e garante della situazioni di sicurezza. b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b). 2. In relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze: a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello. 3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati. 4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente. 4-bis. Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b). 5. È comunque disposta la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente. Articolo 7 del Decreto 231/01 Soggetti sottoposti all'altrui direzione e modelli di organizzazione dell'ente 1. Nel caso previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), l'ente é responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza. 2. In ogni caso, è esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. 3. Il Modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. 4. L'efficace attuazione del Modello richiede: a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività; b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello. 10 La responsabilità degli enti in materia di salute e sicurezza Nel quadro della responsabilità amministrativa fin qui delineato, il Legislatore, spinto dalla volontà politica di rendere più efficace il rispetto delle disposizioni prevenzionistiche riguardanti i luoghi di lavoro ed i lavoratori, attraverso la legge 3 agosto 2007, n. 123 contenente «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia», ha ulteriormente implementato il novero dei reati-presupposto punibili a titolo di responsabilità amministrativa. Nello specifico, con la previsione di cui art. 9 della citata legge, ha introdotto nei reatipresupposti del D.Lgs. n. 231/2001, l’art. 25-septies (Omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro). Il primo comma del citato articolo, così recita: «In relazione ai delitti di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sui lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a mille quote.» In questo modo, è stata introdotta una nuova fattispecie di illecito penale, a titolo di colpa e non di dolo, con una disposizione a tutela prevenzionistica in aggiunta a disposizioni riguardanti il diritto penale e le specifiche norme di cui al T.U. sicurezza. L‘art. 25-septies del D.Lgs. n. 231/2001 è stato successivamente modificato dall’art. 300 del D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico salute e sicurezza) con l’inserimento della seguente disposizione: • «1. In relazione al delitto di cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione dell’articolo 55, comma 2, (violazione a carico del datore di lavoro e del dirigente) del D.lgs. 81/2008, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno. • 2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle (altre) norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno. • 3. In relazione al delitto di cui all’articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.» Il M.O.G. in materia di salute e sicurezza Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. dd) del D.Lgs. n. 81/2008, il MOG di cui si tratta è definito come il «modello organizzativo e gestionale per la definizione e l’attuazione di una politica aziendale per la salu te e sicurezza, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro.» 11 Una volta precisata la definizione, è il successivo art. 30 del D.Lgs. n. 81 a riconnettere la materia al Decreto 231, definendo quali siano gli elementi necessari di un MOG, al fine di esimere l’ente dalla responsabilità amministrativa in tema di sicurezza del lavoro. L‘art. 30 citato dispone che il M.O.G. deve: • essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici in tema di prevenzione dallo stesso riportati; • prevedere idonei sistemi di registrazione documentando l’avvenuta effettuazione delle specifiche attività di attuazione e di monitoraggio; • contemplare, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; • prevedere un idoneo sistema di controllo sull‘attuazione e sul mantenimento delle condizioni di idoneità delle misure, con riesame ed eventuale modifica, qualora siano scoperte violazioni significative delle norme relative sulla prevenzione e sicurezza ovvero qualora vi siano mutamenti organizzativi o nell’attività, in relazione al progresso scientifico e tecnologico. Sempre ai sensi del citato articolo 30, in sede di prima applicazione: 1. i MOG definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007, si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Ciò significa che tali sistemi di gestione non equivalgono né coincidono con il MOG ma ne rappresentano, semmai, parti complementari e, perciò stesso, parziali; 2. agli stessi fini, ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale potranno essere indicati dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all’art. 6 D. Lgs. 81/2008. 3. è prevista l’elaborazione di procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei M.O.G. per la sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure saranno recepite con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. E’ appena il caso di ricordare che con il concetto giuridico di esimente, in campo penale, si intendono le scriminanti, ossia le cause oggettive di esclusione del reato che, incidendo sull’illecito, escludono la configurabilità del reato stesso. Come conseguenza, un M.O.G. predisposto ed applicato con efficacia ha il potere di escludere la responsabilità amministrativa dell’ente, nonostante si sia verificato un fatto illecito. Anche l’adozione tardiva di un M.O.G. dispiega i propri effetti sulla posizione dell’ente rispetto al reato presupposto. A norma dell’art. 17 (Riparazione delle conseguenze del reato) del D.Lgs. 231, infatti, ferma l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni: a) l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; b) l’ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; c) l’ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca. 12 Il M.O.G. nell’organizzazione aziendale Al fine di adottare un efficace modello organizzativo ai fini prevenzionistici ed ottenere gli effetti preventivati è necessario adottare i principi elaborati dalle tecniche aziendali di organizzazione. A tale riguardo, pare utile descrivere in sintesi un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro riconducibile al “ciclo di Deming”, ed articolato, per l’appunto, nelle fasi di: plan (pianificare), do (fare-attuare), check (controllare), act (agire, nel senso di verifica ed auto-correzione). Anche il MOG, infatti, si articola , normalmente, nelle seguenti fasi: • Esame iniziale delle caratteristiche dell’azienda secondo criteri quali dimensioni, tipologia dell’attività produttiva con elaborazione di un organigramma generale e di un funzionigramma delle attività, dei compiti e dei ruoli ricoperti; • Definizione della politica della sicurezza da adottare, delineando un quadro da cui emerga la funzione e l’impegno in chiave prevenzionistica dell’azienda; • Pianificazione dell’attività, dopo aver individuato tutti i pericoli prevedibili e le conseguenti misure di sicurezza ed aver valutato i rischi sussistenti ed i processi produttivi; • Attuazione del MOG attraverso la predisposizione di programmi di attività e la definizione di specifici obiettivi, definendo priorità, tempi e responsabilità, con il coinvolgimento di tutte le funzioni dell’organizzazione aziendale ed i lavoratori con necessari flussi di comunicazione interna; • Monitoraggio attraverso il controllo circa l’efficace attuazione del M.O.G., ossia disponendo una fase di verifica interna circa il raggiungimento degli obiettivi con riprova dell’adeguatezza del modello rispetto al risultato atteso. I controlli, nello specifico, vengono effettuati evidenziando e valutando le non conformità rilevate rispetto a schemi reimpostati definiti protocolli; • Riesame e miglioramento corrispondono all’ultima fase del ciclo e tengono conto del monitoraggio interno e degli apporti esterni all’azienda come presupposto del riadattamento del sistema in chiave di evoluzione ciclica. L’organismo di vigilanza (O.d.V.) Il D.Lgs. n. 231/2001 definisce l’O.d.V. come il soggetto volto a vigilare specificatamente sui rischi di commissione di illeciti all’interno della società, previsti dal decreto. Al fine di adempiere a tale attività indispensabile al corretto funzionamento del MOG, l’O.d.V. si caratterizza per i seguenti requisiti: • indipendenza e professionalità; • composizione mista, ossia costituito da figure aziendali interne e soggetti esterni; • presenza di un presidente e di soggetti esperti, in grado di pianificare ed attuare un programma di attività di controllo interno all’azienda, con report periodico dei risultati al consiglio di amministrazione. Compito precipuo è quello di vigilare in ordine al corretto funzionamento del M.O.G., al fine della prevenzione dei reati, interfacciandosi con gli altri organi ed uffici aziendali, in particolare con il collegio di revisione e, ove presente, con l’internal auditing. 13 14 Realizzare un M.O.G. di cui al Decreto 231/01 e all’art. 30 Decreto 81/08 • Cosa significa realizzare un Modello organizzativo e di gestione, in particolar modo per una Cooperativa di medio-piccole dimensioni? • In cosa differiscono i Modelli richiesti dal Decreto 231/01, disciplinante la responsabilità amministrativa degli Enti, e il Modello enunciato dall’art. 30 del Decreto 81/08 (Testo Unico sulla salute e sicurezza del lavoro)? • Che impatto ha, sulla organizzazione e sulle procedure aziendali, e quali sono le possibili soluzioni applicative dei Modelli in oggetto? In questa parte del documento cercheremo di dare una risposta quanto più semplicemente possibile a queste domande e proveremo a fornire spunti, suggerimenti, indirizzi per interventi organizzativi, procedurali e, in generale, applicativi dei Modelli. Al termine di ciascuna parte troverete la scheda “IN SINTESI” che raccoglie gli elementi salienti trattati: In sintesi • .... Per raggiungere questo obiettivo accompagneremo la trattazione con la testimonianza contenuta in un caso pratico riguardante una medio-piccola Cooperativa di servizi di facchinaggio e trasporto merci in conto terzi. Lungi dall’essere esaustivo e statisticamente rappresentativo di un fenomeno, il caso pratico illustra la risposta che la Cooperativa ha dato alla richiesta, di natura organizzativa, dell’art. 30 del Testo Unico e come abbia anche sfruttato l’opportunità di adottare un meccanismo di salvaguardia del patrimonio aziendale, opportunità contenuta nel Decreto 231. Le parti relative al caso pratico sono evidenziate all’interno di questo box. 15 Un doppio livello per un obiettivo comune: la sicurezza del lavoro e del lavoratore Prima di iniziare a sviscerare il percorso di lavoro sembra opportuno inquadrare i livelli organizzativi su cui impattano le normative richiamate (i 2 decreti legislativi) e le norme tecniche e linee - guida citate dagli stessi (i sistemi di gestione salute e sicurezza, certificabili o meno). Ci sembra infatti utile chiarire il ruolo di ogni singolo strumento anche al fine di dare alle Cooperative adeguate nozioni per interpretare il linguaggio dei consulenti, delle Autorità di Vigilanza, della Magistratura e di tutti gli attori che ruotano attorno alla tematica dei Modelli organizzativi. I livelli organizzativi hanno obiettivi e strumenti autonomi anche se l’obiettivo finale è unico e comune: la sicurezza del lavoro e del lavoratore. IL QUADRO GENERALE: LIVELLI DEL SISTEMA ORGANIZZATIVO E DI CONTROLLO Il sistema organizzativo e di controllo disegnato dal decreto 81 (richiamante il decreto 231) si articola su due livelli: operativo e di conformità Livelli DATORE DI LAVORO • RSPP “Proteggere le persone fisiche” • … Decreto 81 2° OPERATIVO Attori • PREVENIRE I RISCHI DI • MANCATO PRESIDIO/RISPETTO • DELLE NORME “Evitare sanzioni attraverso una • gestione efficace ed efficiente” VERTICE AZIENDALE Decreto 231 1° Obiettivi PREVENIRE E GESTIRE I RISCHI DI INFORTUNI E DI MALATTIE PR P PREVENIRE E GESTIRE I RISCHI DI COMMISSIONE DI REATO DI CONFORMITÀ “ “Garantire le persone giuridiche” Strumenti • Documento di Valutazione dei rischi e altre valutazioni tecniche • … ART. 30 DEL DECRETO 81/08 DATORE DI LAVORO RESP. DEL SISTEMA ORGANISMO DI VIGILANZA • Sistema di gestione salute e sicurezza dei lavoratori (SGSL) MODELLO ORGANIZZATIVO EX D.LGS. 231/01 In estrema sintesi, e con la promessa di accantonare subito dopo i distinguo tecnici utili solo alle realtà organizzative maggiormente complesse, si può dire che la gestione della salute e sicurezza presenta un doppio impatto: • Un impatto sul livello operativo, che risponde alla domanda: cosa devo fare per prevenire i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori? L’obiettivo è quello di prevenire e proteggere il lavoratore dagli infortuni e dalla malattie; su tale livello agiscono le figure descritte dal Testo Unico (Datore di lavoro, Delegato, Rspp, Preposto, RLS, ecc.) che utilizzano le indicazioni richiamate dalle prescrizioni di legge per svolgere tutte le attività necessarie alla messa in sicurezza delle attività e dei lavoratori. Lo strumento principe utilizzato a tale livello è, per tutte le aziende, il documento di valutazione dei rischi salute e sicurezza (DVR). • Un impatto sul livello di conformità, che risponde alla domanda: come organizzarmi per garantire e controllare il rispetto delle norme? Su tale livello i riferimenti normativi guida sono l’art. 30 del Testo Unico e il Decreto 231, entrambi trattano i “Modelli organizzativi”. L’obiettivo di questo livello è quello di organizzare e controllare l’effettiva applicazione della norma: 16 - - I Modelli organizzativi dell’art. 30: mirano a definire una organizzazione per il rispetto della normativa, sono uno strumento per evitare sanzioni da violazioni di norme (T.U. e altre norme richiamate) e perseguono, seppur indirettamente, l’obiettivo della salute e sicurezza dei lavoratori. Tale livello ha come principale attore il vertice aziendale che utilizza le indicazioni dell’art. 30 per creare, gestire e controllare l’organizzazione per la sicurezza. Un altro strumento (richiamato dallo stesso articolo 30 del T.U.2 e internazionalmente riconosciuto come best practice) da utilizzare a tale scopo è il Sistema di gestione per la salute e sicurezza dei lavoratori (SGSL); i Sistemi di gestione introducono l’elemento della dinamicità e del miglioramento continuo nel tempo (ciclo plan – do – check – act). I Modelli organizzativi del Decreto 231: hanno l’obiettivo primario di prevenire il compimento di due specifici reati in materia di sicurezza (omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche) e proteggere la Cooperativa, quale persona giuridica e autonomo centro di imputazione di responsabilità, dalle gravose pene previste dal Decreto 231 (es. interdizione dell’attività, sanzioni economiche). Lo scopo principale del Modello organizzativo del decreto 231 è il riconoscimento dell’esimente nei confronti dell’Ente (la Cooperativa nel nostro caso); ovviamente, anche in questo caso, il raggiungimento di tale obiettivo passa attraverso la creazione di condizioni di sicurezza sul lavoro. Il principale attore del Modello 231 è l’Organismo di Vigilanza; tale soggetto utilizza il Modello organizzativo come strumento per svolgere l’attività di valutazione e gestione dei rischi-reato. Decreto 231 Art. 30 T.U./SGSL Prescrizioni del Testo unico 2 Art. 30 del T.U. comma 5 e 5bis: 5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNIINAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all’articolo 6. 5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con Decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. 17 La notevole innovazione portata dal Testo Unico è quella di aver creato una stretta correlazione tra il livello operativo e il livello di conformità e, attraverso l’art. 30, aver ribadito che la creazione di lavoro sicuro passa anche attraverso meccanismi di tipo organizzativo. Le Cooperative caratterizzate da una struttura organizzativa semplice raramente presenteranno una netta distinzione tra i tre livelli descritti. Per questo motivo, nel seguito, l’approccio ai due Modelli richiamati sarà unico, volto a raggiungere entrambi gli obiettivi del livello di conformità: • Protezione degli attori della sicurezza (da sanzioni del T.U. in primis) • Protezione del patrimonio sociale della Cooperativa (su cui, in ultima analisi, gravano le sanzioni 231). Esula dalla successiva trattazione il tema dell’adozione del Sistema di gestione quale strumento conforme alle indicazioni dell’art. 30; su tale argomento numerose e puntuali sono le indicazioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali3, degli organismi internazionali e nazionali (British Standard, UNI-INAIL) e delle associazioni di settore, a cui si rinvia per eventuali approfondimenti. 18 Approccio metodologico • Che percorso seguire per realizzare un Modello organizzativo per la mia medio-piccola Cooperativa? Proviamo a delineare un percorso da seguire per fare tutto, o quasi tutto, con le risorse interne all’azienda. Un Modello organizzativo è composto dai seguenti 5 elementi e da un documento di sintesi: • Il documento che enuncia i comportamenti auspicati e quelli vietati 1 5 Lavalutazione valutazione La deirischi rischieei iprotocolli protocolli dei operativi operativi • Individua i pericoli di commissioni dei reati, le condotte a rischio • Definisce il sistema di prevenzione e controllo dei reati e i protocolli operativi CodiceEtico/ Etico/ IlIlCodice comportamento didicomportamento Modello 6 Modello Organizzativo Organizzativo Documentodidi --Documento sintesi-sintesi 4 2 Sistemadisciplinare disciplinare IlIlSistema L’OrganismodidiVigilanza Vigilanza L’Organismo • È l’organo a cui il decreto assegna la vigilanza del Modello • Deve essere individuato, nominato e reso operativo • Risponde al vertice aziendale pianodidi IlIlpiano comunicazioneee comunicazione formazione formazione • I provvedimenti disciplinari in caso di violazione del Modello 3 Proviamo a illustrarli sinteticamente: 1. La valutazione dei rischi e i protocolli operativi: come chiarito in premessa, la valutazione dei rischi è guidata dalle indicazioni presenti nell’art. 30 del T.U. ed in particolare dalle lettere del comma 1. Rispetto ad ognuna di queste lettere, la Cooperativa dovrà capire, dunque, come si sta comportando, prevedere eventuali azioni ad integrazione di quelle in essere, tracciare le modalità di gestione, ovvero i protocolli operativi, che regolano il rispetto di tali indicazioni; 2. Il sistema disciplinare è espressamente richiesto dal comma 3 dell’art. 30, che include nel Modello organizzativo un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello stesso; 3. Il piano di comunicazione e formazione (che non tratteremo nel seguito per dedicare maggiore spazio agli elementi centrali del Modello) comprende tutte quelle azioni svolte per portare a conoscenza dei dipendenti, collaboratori ed altri interessati (es. fornitori, clienti) l’adozione del Modello organizzativo, le principali disposizioni da applicare e i riferimenti da contattare sul tema. Tale attività è importantissima per dimostrare l’impegno profuso dalla Cooperativa ed ha anche l’obiettivo di sensibilizzare tutti gli attori coinvolti al fine di creare una diffusa cultura della sicurezza, elemento 19 base di un efficace sistema di prevenzione e controllo. Pensando alla variegata platea a cui ci si rivolge, è immediatamente comprensibile come il tenore delle azioni debba essere diverso e personalizzato: a. Verso i dipendenti e assimilati: l’informativa deve richiamare le regole da rispettare, le implicazioni in termini di controlli e sanzioni disciplinari, gli organi a cui rivolgersi per maggiori informazioni o segnalazioni di infrazioni; b. Verso i soggetti esterni all’organizzazione coinvolti nel processo produttivo (es. fornitori, clienti): la comunicazione verte sugli impegni della Cooperativa, gli obiettivi che si pone con l’adozione del Modello, gli impatti sui rapporti contrattuali (es. vedi sistema disciplinare verso i fornitori) e gli organi a cui rivolgersi per segnalare eventuali anomalie; inoltre, è sicuramente utile dare i riferimenti per poter consultare i documenti richiamati (es. sito internet o consegna di una informativa sintetica). 4. L’Organismo di Vigilanza (OdV): è espressamente richiesto dal Decreto 231 per svolgere attività di vigilanza e manutenzione del Modello; anche il comma 4 dell’art. 30 del T.U. prevede che il Modello debba prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il tema della composizione dell’OdV è tra i più dibattuti in materia; proveremo a delineare delle soluzioni operative, anticipando già che lo stesso Decreto 231 prevede, all’art. 6 comma 4, che negli enti di piccole dimensioni i compiti dell’OdV possano essere svolti direttamente dall’organo dirigente; 5. il Codice Etico o di Comportamento; anche su questo elemento non ci soffermeremo nel seguito dato che gli impegni, gli obiettivi, i comportamenti a cui si ispira la Cooperativa con l’adozione del Modello possono essere facilmente enunciati da ciascuna organizzazione; ottimi esempi possono rinvenirsi all’interno delle dichiarazioni per la Politica per la Salute e Sicurezza dei lavoratori proprie dei Sistemi di gestione aziendali o nelle Linee guida redatte dalle Associazioni di settore di Legacoop (es. Linee guida ANCPL per la predisposizione dei modelli di organizzazione e gestione ex art. 6 comma 3 del d.lgs. 231/2001); 6. Infine il documento di sintesi “Modello Organizzativo” che, a fronte dei vari elementi, riassume il quadro generale; questo documento funge anche da strumento di comunicazione dell’impegno della Cooperativa verso l’esterno e può essere valorizzato nell’ambito di relazioni d’affari o azioni promozionali. Vedremo più avanti un indice tipo del documento sintetico. Entriamo allora nel vivo del percorso e vediamo, di pari passo, come la nostra Cooperativa in accompagnamento ha applicato ciascun elemento e quali soluzioni operative ha trovato. 20 Presentazione del caso studio: la Cooperativa Progresso La Cooperativa Progresso nasce nel 1975 da quaranta soci e alla soglia dei 40 anni svolge le varie attività con la massima professionalità e diligenza. La Cooperativa Progresso si è andata evolvendo, seguendo negli anni le richieste del mercato, e di fatto si è trasformata in una azienda di servizi e logistica. Oggi la Cooperativa Progresso, con un fatturato di circa 1.000.000 di Euro e con 30 soci-dipendenti – di cui solo due lavorano nell’area amministrativa - si propone al mercato con personale qualificato come: carrellista, magazziniere e manovale generico, in grado di svolgere oltre al semplice lavoro di carico e scarico merci, funzioni come montatore, insaccatore, imballatore, montaggio e smontaggio allestimenti in genere, ecc. Con una sana gestione aziendale e con prospettive rivolte al futuro, sono stati fatti investimenti e attività formativa per il personale sia socio che dipendente. Particolare attenzione è stata rivolta all'adeguamento alla legge sulla sicurezza. La Cooperativa Progresso intende porsi come un punto di riferimento, sicuro e competente, per la gestione della salute e sicurezza anche nei rapporti con i propri clienti. Di seguito viene illustrata, a fronte della spiegazione di ogni singolo punto dell’art. 30, quale scelta ha attuato la Cooperativa e come la stessa abbia deciso di adeguarsi agli obblighi richiesti dalla normativa. Per ogni aspetto vengono quindi evidenziate: - le modalità operative adottate per rispondere alla normativa, - i documenti di registrazione utilizzati per garantire tracciabilità delle scelte effettuate. Ad oggi la Cooperativa ha intrapreso un percorso di conformità mettendo in atto alcune soluzioni che, a seguito dell’analisi svolta, sono state individuate come punti di miglioramento. 21 La valutazione dei rischi: aspetti organizzativi, controlli e protocolli operativi 1 Affrontare in maniera completa questo punto 5 significa aver completato il 90% del nostro Mo6 dello organizzativo; di questo spirito potete arModello Modello marvi per concentrare la vostra attenzione e la 2 4 vostra creatività (a volte è molto utile) nella ricerca di soluzioni operative alle questioni in es3 sere, ovviamente valutando tutto con il giusto grado di onestà intellettuale: cercare delle soluzioni che nella sostanza raggiungano quanto richiesto dalla legge, senza cedere alla tentazione di imboccare scorciatoie o costruire soluzioni formali, di facciata. • Cosa dobbiamo valutare? Fortunatamente il legislatore ci è venuto incontro scrivendo l’art. 30 del T.U. sulla sicurezza, ed in particolare il comma 1 dello stesso. Rispetto alla sostanziale indeterminatezza degli aspetti applicativi del Decreto 231, questo articolo rappresenta sicuramente una guida all’analisi e sarà l’indice del nostro modo di procedere. L’articolo 30 del TU: Modelli di organizzazione e di gestione 1. Il Modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231(N), deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi: a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici; b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti; c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; d) alle attività di sorveglianza sanitaria; e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori; f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori; g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate. 2. Il Modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1. 3. Il Modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche ei poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello. 4. Il Modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo Modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del Modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.… 22 • Ma cosa significa condurre una valutazione dei rischi e cosa sono i protocolli operativi? In termini semplificati ma sostanziali, condurre una analisi dei rischi (non per la salute e sicurezza, ribadiamo, che attiene più al livello operativo e si concretizza nel Documento di Valutazione dei Rischi, ma di violazione delle norme, che attiene al livello di conformità a cui i Modelli Organizzativi guardano) significa: • individuare i punti da rispettare (i commi dell’art. 30) e sviscerarli in eventuali sottopunti; • fare una “ricognizione scritta” (sempre utile lasciare traccia di questa attività) di come la Cooperativa gestisce i vari punti/sottopunti; • valutare se la nostra gestione è in linea con le prescrizioni e, per i punti gestiti non accuratamente, pensare a delle modalità di gestione efficaci ed efficienti, ovvero in linea con le prescrizioni di legge e utilizzabili con semplicità dalla nostra organizzazione. La gestione dei vari punti/sottopunti emersa dalla ricognizione può definirsi un “protocollo operativo”. Con questo termine possiamo quindi annoverare qualsiasi documento, disposizione, indicazione, comunicazione, procedura (ma non solo procedure!) che descrive e ricostruisce il modo di operare della Cooperativa. Per cui tranquillizziamoci, i protocolli non sono sinonimi di procedure, e individuare dei protocolli operativi non significa scrivere obbligatoriamente delle procedure. Il protocollo può essere anche un archivio di documenti, una lista di controllo, una disposizione organizzativa, che permetta di evidenziare chi ha operato e in che modo. Ogni Cooperativa deciderà quali protocolli operativi utilizzare, proprio nell’ottica della efficacia ed efficienza di cui si parlava prima, deciderà se scrivere una procedura che regoli un’attività o raccogliere ordinatamente altri tipi di documenti a testimonianza di quanto svolto. Due elementi devono in ogni caso essere rinvenibili dai protocolli operativi per garantire che la nostra azione sia sistematica, controllabile e ricostruibile: • Le responsabilità: laddove tale responsabilità è assegnata per legge dal T.U. (es. Datore di lavoro per la valutazione dei rischi) non vi è grande scelta; negli altri casi vedremo le soluzioni adottate nel caso studio rimarcando che, in ogni caso, nel Modello organizzativo occorre chiarire chi fa cosa. Tale chiarimento, va da sé, deve essere dimostrabile tramite l’assegnazione di una mansione, di un ruolo tramite altro documento; • La tracciabilità: ovvero quello che il comma 2 dell’art. 30 indica come “idonei sistemi di registrazione delle attività”; questo punto rappresenta forse quello più odioso in termini operativi ma anche quello più importante per dimostrare il funzionamento del Modello e permettere di esercitare le attività di controllo. La tracciabilità deve rinvenirsi rispetto a tutti i punti del comma 1; per tale motivo affronteremo tale aspetto parallelamente ai vari punti analizzati. Non resta che iniziare la nostra illustrazione, procedendo con le lettere indicate nel comma 1. 23 24 Protocollo 1 Rispetto degli standards tecnico-strutturali di legge e acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge • Siamo in regola con le certificazioni e le normative che si applicano alla nostra attività? Iniziamo l’analisi del comma 1 dell’art. 30 da due lettere, la a) e la g), che riteniamo opportuno trattare insieme in quanto omogenee per tematica affrontata; si tratta del controllo della conformità ai requisiti e agli standard di legge di tutto ciò che viene utilizzato nell’ambito della attività lavorativa, compresi i luoghi in cui si svolge l’attività. Tale controllo riguarda sia la fase di acquisizione dei fattori produttivi (es. acquisto di un macchinario o di un’attrezzatura) sia la fase di mantenimento nel tempo dei requisiti richiesti, comprese le certificazioni obbligatorie per legge. Nel nostro protocollo, occorre innanzitutto identificare una o più persone nell’organizzazione (es. Rspp, Resp. acquisti, ufficio tecnico) che abbiano il compito di conoscere, aggiornare e rendere disponibile internamente la legislazione (anche sovranazionale) in materia di sicurezza applicabile al macchinario, attrezzatura, luogo di lavoro, ecc. Tale responsabile potrà avvalersi di fonti di conoscenza (es. siti internet specializzati, seminari di aggiornamento, fornitori di macchinari, ecc.) o servizi esterni (es. associazioni di settore) per raccogliere le informazioni necessarie. Non siamo chiamati a formare dei legali, ma dobbiamo fare il possibile e dotarci di strumenti affinché la conoscenza della normativa non arrivi troppo tardi! Assegnare dei compiti in maniera chiara e formalizzata è il primo passo per dotare la Cooperativa di strumenti organizzativi e di controllo. La conoscenza normativa è propedeutica a due importanti attività da regolare nel protocollo: • L’acquisizione della documentazione e delle certificazioni obbligatorie per legge nel momento in cui acquistiamo un macchinario, un’attrezzatura, o iniziamo ad utilizzare un luogo per l’attività lavorativa. L’acquisizione della documentazione e delle certificazioni può essere contestuale all’acquisto di un bene o presupporre un iter burocratico di tipo autorizzativo; in entrambi i casi è utile organizzare il catalogo o l’elenco delle certificazioni necessarie per lavorare e lasciare una traccia scritta del fatto che la certificazione sia stata controllata (es. marchi di conformità su macchinari) o che sia stato avviato e concluso un iter per il rilascio di una autorizzazione (es. agibilità luoghi di lavoro); • Il mantenimento di tutto questo patrimonio nel tempo: eravamo in regola all’inizio dell’attività o al momento dell’acquisto del macchinario, abbiamo investito risorse per ottenere delle certificazioni, non possiamo sperperare questo patrimonio. Affiancare agli elenchi predisposti degli scadenziari per i rinnovi o le manutenzioni periodiche richieste nel tempo può guidare l’attività e raccogliere le tracce del controllo in un unico documento (o foglio), evitando di lasciare lo scadenziario alla nostra memoria. Non aggiungiamo altro sul punto, lasciando alla Cooperativa la predisposizione degli strumenti più opportuni. Ovviamente, man mano che aumentano i campi d’intervento, l’at25 trezzatura in uso, la dislocazione dell’attività, aumenta la normativa applicabile, la complessità degli strumenti e il probabile intervento di più persone nel processo. In sintesi Riepilogando, e restando alla realtà della piccola-media Cooperativa, il compito potrà essere portato a termine con: • L’assegnazione dei compiti alla persona/e; • La definizione di un elenco delle normative e delle fonti di aggiornamento; • L’utilizzo di un elenco mezzi con scadenziario su cui registrare nel tempo le attività e di un archivio per raccogliere la documentazione. Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? Cooperativa Progresso utilizza un elenco attrezzature e un registro di manutenzione per la catalogazione delle attrezzature del lavoro, per verificare la presenza dei requisiti CE sull’attrezzatura e per programmare e registrare le attività svolte dalla società manutentrice. Queste registrazioni sono effettuate dalla Responsabile amministrativa. Di seguito indichiamo le principali tipologie di utilizzo del registro: - Verifica dell’impianto elettrico di terra da ente accreditato ogni 5 anni (certificazione obbligatoria per legge) - Manutenzione annuale programmata dei carrelli elevatori, altre macchine (es. spazzatrici e idropulitrici) e caldaia - Manutenzione programmata degli automezzi in base ai libretti d’uso manutenzione - Revisione Automezzi in base alle tempistiche predefinite per legge Nel registro di manutenzione la Responsabile amministrativa annota i seguenti elementi: • possesso certificazione CE e matricola cespite, • cantiere di destinazione, • periodicità del controllo e società che effettua la manutenzione, • pianificazione e realizzazione attività, • programmazione del successivo intervento, • note per evidenziare anomalie o attività di miglioramento. In particolare, la soluzione adottata dalla Cooperativa di segnare sul registro eventuali problematiche/anomalie riscontrate quali elementi critici da comunicare al tecnico/manutentore facilita l’intervento del professionista e la risoluzione rapida dei problemi. • Sarà comunque necessario dare evidenza del fatto che eventuali anomalie di rilievo, che abbiano arrecato un danno economico alla Cooperativa (mancato servizio, fermo macchina, funzionamento ridotto, ecc.) o che siano state causa di incidente o possibile incidente, vengano prese in carico e portate come ulteriore elemento di analisi e miglioramento nel processo di riesame annuale; • Le certificazioni obbligatorie sulle attrezzature e tutta la manualistica saranno raccolte dall’RSPP (nella Cooperativa Progresso la figura coincide con il Presidente, datore di lavoro) su modulo pre-compilato da consegnare poi alla Responsabile amminiAttenzione al mancato strativa che si occuperà della relativa registrazione. rinnovo delle certificazioni: Documenti di registrazione utilizzati “anni di lotta con la burocrazia - Elenco attrezzature e registro di manutenzione (vedi allegato 1-2) per riottenere il cpi scaduto - Modulo pre-compilato per la raccolta delle certificazioni obbligatorie e non rinnovato nei termini…” 26 Protocollo 2 Attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti • • Abbiamo valutato tutti i rischi e definite le relative contromisure? Siamo sicuri che i rischi valutati siano quelli di oggi (e non di ieri) e che le misure siano state portate a termine? Se c’è uno sforzo da fare, in termini di elaborazione procedurale, forse conviene concentrarlo su questo requisito. La valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavori e l’elaborazione conseguente del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) rappresentano sicuramente l’obbligo più conosciuto da tutti i datori di lavoro. Ricordiamo a questo proposito il disposto congiunto di due articoli del T.U., ovvero l’art. 17 (Obblighi del datore di lavoro non delegabili): “Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28; b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.” e il comma 5 dell’art. 31 (Servizio di prevenzione e protezione): “Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia.” Non entriamo ovviamente nel merito degli aspetti tecnici della valutazione, propri di ciascuna Cooperativa oggetto di analisi, ma riassumiamo sinteticamente alcuni elementi da ricomprendere in questo protocollo. La valutazione dei rischi, a cui è espressamente dedicata la sezione 2 del 3° capo, titolo 1 del T.U., è normata in termini di soggetti responsabili (art. 17), oggetto della valutazione (art. 28) e modalità di effettuazione (art. 29). Queste prescrizioni possono incorniciarsi all’interno di una procedura aziendale (alla cui elaborazione può collaborare l’eventuale soggetto esterno che presta supporto al Datore di lavoro) che descriva i criteri, le modalità operative e le responsabilità per: • individuare i pericoli (es. uso di check list standard ufficiali?); • effettuare la valutazione dei rischi (es. criteri di valutazione/punteggi?); • individuare le procedure operative da seguire per svolgere le attività in sicurezza (es. procedure, istruzioni, o altri documenti?); • definire le misure di prevenzione e protezione (es. riferimenti a misure standard?); • attuare il piano di miglioramento scaturente dalla valutazione (es. chi lo prende in carico e ne controlla l’attuazione?); • aggiornare la valutazione dei rischi (es. quali flussi informativi attivare per individuare la necessità di aggiornamento?). Redatta questa procedura (che normalmente trova spazio all’interno del DVR) avremo uno strumento completo per controllare nel tempo la conformità della nostra valuta27 zione dei rischi. In ogni caso, a prescindere dalla redazione della procedura o dall’utilizzo di un altro strumento, andrà garantito e controllato che: • Il Datore di Lavoro abbia provveduto alla redazione del Documento di valutazione dei rischi ai sensi dell’attuale normativa in tema di sicurezza; • Alla valutazione dei rischi abbiano partecipato, in maniera tracciabile, il responsabile servizio prevenzione e protezione, il medico competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (con tutte le relative opzioni dovute alla presenza obbligatoria o meno di tali figure); • È presente un documento aziendale (procedura, indicazione, istruzione o altro documento) che disciplina le modalità di effettuazione, attuazione e aggiornamento della valutazione dei rischi per la sicurezza. Attuazione e aggiornamento La valutazione dei rischi ha lo scopo fondamentale di determinare le misure di prevenzione e protezione necessarie per lo svolgimento delle attività; senza successiva attuazione, la valutazione resta un esercizio alquanto costoso. Dare attuazione alle misure è il punto su cui le Cooperative, soprattutto le medio-piccole, possono concentrarsi per conferire sistematicità all’operato nel tempo. Dare sistematicità significa creare dei meccanismi organizzativi che garantiscano il rispetto dei risultati della valutazione, seguano nel tempo l’applicazione dei correttivi individuati, portino alla rivalutazione periodica della gestione per la sicurezza e garantiscano integrazione con le prassi operative. Per cui, a partire dal “piano di miglioramento” (che racchiude le misure di prevenzione, protezione e tutte gli altri interventi individuati) scaturito dalla valutazione dei rischi, il Datore di Lavoro definisce: • compiti, responsabilità, tempi e risorse per l’attuazione delle misure; • modalità di rendicontazione dell’attuazione stessa; • obiettivi misurabili in tema di salute e sicurezza. La Cooperativa non è un’entità immutabile; successive modifiche nei macchinari, nel processo produttivo o organizzativo, nella normativa, possono comportare una variazione della valutazione dei rischi e delle azioni da intraprendere; l’aggiornamento delle valutazione è dunque una fase necessaria. Occorre garantire, ovvero comunicare al personale interessato, che qualsiasi variazione di questo genere venga prontamente portata a conoscenza del Datore di Lavoro e dell’RSPP (o di altro Responsabile interno) in modo da permettere nel continuo l’identificazione dei pericoli, la valutazione dei rischi e l’aggiornamento della documentazione di riferimento. Oltre queste comunicazioni, che possono avvenire in qualsiasi momento, il Datore di lavoro, tramite il Responsabile della valutazione, verifica periodicamente (ad es. annualmente) l’adeguatezza della valutazione dei rischi. Definite le responsabilità, resta da individuare uno strumento semplice che sia da guida nel tempo e garantisca così tracciabilità delle azioni individuate e portate a termine; il piano di miglioramento collegato al Documento di valutazione dei rischi potrebbe essere lo strumento di partenza da completare in fase di attuazione e rivedere in caso di aggiornamento della valutazione. 28 In sintesi • Definire i soggetti che intervengono nella valutazione e aggiornamento dei rischi; • Definire il DVR e un piano di miglioramento; • Tracciare l’evoluzione del piano di miglioramento (chiusura azioni, ecc.). Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? La Cooperativa effettua una revisione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) ogni due anni e in ogni caso di evento che lo richieda. Il consulente esterno che elabora/aggiorna il documento adotta una metodologia che si basa sull’utilizzo delle check list dell’ISPESL. Entro breve, inoltre, il consulente attiverà la redazione di un piano di miglioramento collegato all’emissione del DVR con le misure di prevenzione conseguenti alla valutazione del rischio e corredato dai relativi stati di avanzamento lavori (piano delle attività e responsabilità del personale che si prende in carico le azioni di miglioramento) in modo da rendere lo strumento più dinamico. Nella riunione annuale verrà analizzato il piano di miglioramento (cosa è stato fatto e cosa si deve ancora fare) e, se necessario, sarà emesso il nuovo programma di miglioramento per l’anno successivo. Documenti di registrazione utilizzati - Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) Piano di miglioramento annuale che preveda un piano di azioni con indicazione delle responsabilità e dei tempi necessari per colmare le carenze evidenziate. 29 Protocollo 3, 4, 5 Emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza Relativamente a questo punto ci sembra utile distinguere tre aree: • Il piano di emergenza e le attività di primo soccorso; • La gestione degli appalti e rapporti con il committente; • La consultazione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e le riunioni periodiche sul tema della salute e sicurezza. Protocollo 3: Il piano di emergenza e le attività di primo soccorso • Siamo pronti ad affrontare le emergenze? Quali emergenze? In caso di emergenze (es. evacuazioni), primo soccorso, ecc. è necessario avere le idee piuttosto chiare su come comportarsi; ecco allora che istruzioni o procedure chiare e semplici possono essere molto efficaci. Occorre inoltre essere sicuri che le persone coinvolte in tali operazioni le conoscano adeguatamente; i destinatari sono ovviamente tutti i lavoratori con particolare attenzione a coloro che dalla valutazione dei rischi risultano maggiormente esposti in caso di emergenza. Il protocollo deve ricomprendere le responsabilità e la tracciabilità (documenti, piani) per la definizione, l’aggiornamento e la prova del piano di emergenza, la costituzione delle squadre e la relativa formazione. In particolare nel protocollo deve rinvenirsi che: • Sono presenti procedure aziendali per la gestione delle emergenze; • L’RSPP (o altro soggetto) monitora l’adeguatezza delle procedure di emergenza ed effettua prove periodiche – che danno luogo ad appositi verbali – in merito a: - procedure di emergenza; - disponibilità delle squadre (es. ferie, malattie, ecc.) e accessibilità dei dispositivi di primo soccorso; - adeguatezza nel tempo della formazione degli addetti al primo soccorso ed emergenze. In sintesi • • • • • 30 Individuare i responsabili della redazione, aggiornamento e test del piano; Definire i nominativi delle squadre e la relativa attività formativa; Definire il piano e le procedure di emergenza; Prevedere e tracciare la manutenzione dei dispositivi; Tracciare le comunicazioni al personale in tema di emergenze. Protocollo 4: La gestione degli appalti, i rapporti con il committente e gli acquisti • Sappiamo gestire la sicurezza fuori dalla nostra sede? Anche se ci troviamo ad operare nello stesso momento insieme ad altri soggetti? • Gli acquisti che facciamo sono “sicuri”? Gli appalti di movimentazione che ricomprendano l’intero ciclo logistico sono un’attività piuttosto rara per le piccole e medie Cooperative, che si trovano, più di frequente, nella posizione di esecutrici di attività di movimentazione merci o di facchinaggio all’interno di appalti di servizi. Affronteremo principalmente tale situazione, unitamente all’acquisto di beni e servizi per lo svolgimento dell’attività caratteristica. Per quanto riguarda lo svolgimento delle attività nell’ambito di un appalto al di fuori dei propri luoghi di lavoro, è essenziale che vengano rispettate le prescrizioni in tema di “cantieri temporanei o mobili” (Titolo IV del T.U.) o in tema di “obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione” (articolo 26 del T.U.). Evitando di rielencare la normativa di riferimento e con il solo scopo di individuare le principali attività da prevedere nel protocollo operativo per l’esecuzione dei lavori all’esterno dei propri luoghi di lavoro, la Cooperativa dovrà prevedere: • La definizione delle persone responsabili in tema di salute e sicurezza all’esterno dei propri luoghi (Preposti), a cui affidare anche il compito di controllo del rispetto delle regole da parte della squadra della Cooperativa impegnata nei lavori ed attivare, in caso di necessità, i rapporti con la committenza in merito alla salute e sicurezza; • La definizione di un piano operativo della sicurezza, ovvero di un documento di valutazione dei rischi specifici relativi all’attività esterna, e la collaborazione alla redazione di un documento unico di valutazione dei rischi (DUVRI) per le attività non di cantiere. Per redigerlo, occorrerà rifarsi alle indicazioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento o della bozza di DUVRI preparata dal Committente e aver ben presente che la predisposizione di tali documenti, la loro diffusione e conoscenza da parte del personale impegnato nelle attività è un prerequisito per l’avvio delle attività; • Nello svolgimento delle attività, avere dei documenti che testimonino i rapporti continuativi con la committenza per lo scambio di informazioni sulla gestione della salute e sicurezza; tali rapporti, ovviamente, saranno più frequenti in occasione di lavori su cantieri con presenza di numerosi esecutori e alte interazioni tra gli stessi (riunioni periodiche della sicurezza su cantiere). Inutile sottolineare la criticità di questo tipo di passaggi organizzativi; i casi più frequenti di incidenti, anche mortali, coinvolgono spesso gli esecutori di appalti parcellizzati tra numerosi soggetti. La proattività del comportamento della Cooperativa, anche nei confronti del Committente più disorganizzato, è senz’altro un elemento che riduce di molto il pericolo di incappare in gravose sanzioni. Per cui, se il committente non è sollecito nella preparazione del DUVRI, aiutiamolo preparando una bozza standard che lo guidi nell’attività; in fondo, l’interesse e il beneficio è principalmente nostro. 31 Stessi principi vanno applicati ai nostri eventuali fornitori nell’ambito della esecuzione dei lavori/forniture da noi coordinati. Per quanto riguarda gli acquisti di beni, le attività da garantire sono quelle relative all’ottenimento delle certificazioni di legge relativamente ai macchinari acquisiti (assolte dai comportamenti illustrati nel protocollo 1), e due ulteriori importanti attività: • Nella selezione del fornitore: - il coinvolgimento dell’Rspp (o chi competente) rilasci il suo parere sulla capacità del fornitore di operare in sicurezza, sulla sua idoneità tecnico professionale e sui requisiti di sicurezza relativi ai prodotti; - la valutazione da parte della funzione interna (RSPP, ufficio amministrazione), anche con l’ausilio degli uffici tecnici della propria associazione, della completezza dei contratti relativamente agli aspetti della sicurezza; • In fase di ricezione del bene: controlli di accettazione (anche mediante check list) su macchinari, attrezzature e apprestamenti, e verifica della presenza delle eventuali certificazioni relative alla sicurezza. Nel momento in cui la Cooperativa si doterà del Modello organizzativo, copia della stesso (o un suo estratto sintetico) potrà essere consegnato ai clienti e ai fornitori e nei contratti con i fornitori potranno essere inseriti clausole che obblighino gli stessi al rispetto della normativa di cui al Decreto 231 e al Decreto 81/08. In sintesi • Individuare le responsabilità organizzative per l’applicabilità e gestione dell’art. 26 o della normativa cantieri; • Definire e archiviare DUVRI e POS, verbali delle riunioni per la sicurezza, principali comunicazioni in tema di sicurezza con la squadra e il cliente; • Tracciare intervento dell’Rspp sulla valutazione dei fornitori; • Contratti d’acquisto beni e servizi completi nelle parti relative alla sicurezza; • Accettazione scritta e controllo dei beni acquistati. 32 Protocollo 5: La consultazione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e la riunione periodica sul tema della salute e sicurezza • Cosa pensano i nostri lavoratori in merito ai rischi e alle contromisure prese? Come facciamo a coinvolgerli per avere il loro necessario contributo? La consultazione dei RLS e dei lavoratori, oltre ad essere un obbligo normativo (rif. all’art. 29 e alla sezione VII, capo 3° del Titolo 1 del T.U.) rappresenta il necessario canale informativo per l’acquisizione di elementi utili a migliorare la progettazione e la gestione della sicurezza. Le occasioni di scambio di informazioni tra lavoratori e Resp. della sicurezza non mancano di certo nel corso dello svolgimento delle mansioni; abbiamo già visto la consultazione preventiva degli RLS in occasione della valutazione dei rischi, a questa si aggiungono le altre occasioni di consultazione preventiva indicate dal T.U. (es. nomina squadre di emergenza, formazione, ecc.). Il principale elemento di un protocollo su questo punto resta quello della tracciabilità di tale partecipazione (es. verbali, firme, visti, comunicazioni email). Per quanto riguarda la riunione periodica, gli argomenti da trattare sono dettati dalla legge (art. 35 del T.U.), per cui potrebbero costituire l’ordine del giorno standard da verbalizzare nell’incontro; a tale parte standard si aggiungeranno i temi di volta in volta affrontati nella riunione. La predisposizione di un verbale di riunione firmato, almeno una volta l’anno (anche nei casi in cui la Cooperativa non è obbligata a farlo), costituisce una prova fondamentale del coinvolgimento dei lavoratori e della periodica verifica delle attività svolte. Dal punto di vista sistemico, la riunione dovrebbe essere il momento in cui si valuta l’utilità e il raggiungimento degli obiettivi prefissati e si individuano eventuali correttivi, con responsabilità e tempistica definite. Da ultimo, i lavoratori devono essere informati sulle modalità della loro partecipazione e sull’identità del loro rappresentante mediante avvisi in bacheca, informativa in assemblea, informativa in busta paga, ecc. In sintesi • Individuare le occasioni (organizzazione, partecipazione e tracciabilità) di coinvolgimento dei lavoratori; • Tracciabilità della partecipazione alla valutazione dei rischi; • Verbale della riunione periodica e comunicazioni al personale (avvisi, informative, ecc.) che documentano la partecipazione dei lavoratori. 33 Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? • Il piano di emergenza e il primo soccorso sono attività attentamente curate all’interno della Cooperativa: il piano definisce le procedure in caso di emergenza; inoltre sono state costitute le squadre, formate e sottoposte ad aggiornamento continuo (la formazione è programmata e realizzata ogni 3 anni). • Per ciò che riguarda la gestione degli appalti e i relativi rapporti con i committenti, Coop Progresso dispone di un Piano operativo di sicurezza (POS) generico che viene adattato a seconda dell’attività oggetto dell’appalto e che contribuisce alla redazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (DUVRI) redatto dal committente. In alcuni casi la Cooperativa diventa il “facilitatore delle attività” nell’approccio con il committente in relazione alla valutazione del rischio da interferenze, apportando un servizio aggiuntivo. Il POS e il DUVRI sono oggetto di verifica nel riesame annuale in quanto momento di analisi e valutazione di opportune o necessarie azioni di miglioramento. • In relazione alle consultazioni e alle riunioni periodiche con i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), tale attività ad oggi viene svolta sostanzialmente attraverso canali informali; un aspetto che la Cooperativa ha individuato come punto di miglioramento è la tracciabilità delle consultazioni dei RLS e delle riunioni con i lavoratori. Sarà cura del RSPP redigere un ordine del giorno della riunione, in cui tracciare il numero di partecipanti e le tematiche, documento che dovrà essere datato e firmato dai RLS e dall’RSPP. Documenti di registrazione utilizzati - 34 Piano di emergenza ed evacuazione POS, DUVRI, contratto d’appalto con i relativi costi di sicurezza Registrazione delle riunioni annuali (circa 2/3 l’anno, oltre la riunione periodica annuale) Protocollo 6 Attività di sorveglianza sanitaria • Ciascun lavoratore è idoneo a svolgere l’attività assegnata? Come controllo nel tempo l’impatto delle attività lavorative sulla salute dei miei lavoratori? Alla sorveglianza sanitaria è dedicata la lettera d) dell’art. 30 e la sezione V (art. 3842) del T.U. Dal punto di vista del nostro Modello, occorrerà su questo punto rendere tracciabile: • La nomina del Medico competente da parte del Datore di lavoro; • Il piano di gestione delle visite mediche (in fase assuntiva e nel continuo) e l’aggiornamento di tale piano, ad es. a seguito di eventuali cambi di mansione; • L’effettuazione e la gestione dei referti ottenuti (giudizi di idoneità, prescrizioni, ecc.). Così come indicato per le altre lettere, oltre la tracciabilità, l’altro elemento fondamentale del protocollo operativo è la definizione delle responsabilità: già dai punti sopra richiamati si evince che i soggetti che operano nelle fasi di assunzione e amministrazione del personale hanno un ruolo fondamentale nel gestire il calendario visite e comunicare internamente e al medico competente eventuali cambi di mansione. Definite le responsabilità e i principali elementi di tracciabilità (programmazione, effettuazione ed esito visite, comunicazioni per l’aggiornamento della vigilanza), e considerando la custodia della cartella sanitaria presso il luogo concordato con il Datore di lavoro, il nostro protocollo avrà assolto ai suoi compiti fondamentali. In sintesi • Piano di sorveglianza; • Tracciabilità della programmazione, effettuazione ed esito visite; • Comunicazioni per l’aggiornamento della vigilanza (es. cambi mansione). Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? Il datore di lavoro ha nominato un Medico Competente che elabora un Piano di sorveglianza sanitaria da adempiere attraverso visite mediche periodiche; il Medico è responsabile della tenuta delle cartelle sanitarie. Documenti di registrazione utilizzati - Piano di sorveglianza - Comunicazione di idoneità con eventuali prescrizioni (da parte del Medico Competente) - Registrazione accertamenti sanitari Attenzione ai cambi di mansione, è necessario garantire adeguati flussi informativi per l’aggiornamento della sorveglianza 35 Protocollo 7 Attività di informazione e formazione dei lavoratori Questo punto è tra i più conosciuti, dibattuti, oggetto di attenzione, ma anche quello su cui è più facile rilevare carenze organizzative: • Siete sicuri che le persone che utilizzano le strumentazioni di lavoro, soprattutto se nuovi della mansione, siano stati formati adeguatamente sui sistemi di prevenzione e protezione da adoperare? • Siete sicuri che vi abbiano ascoltato e soprattutto che abbiano compreso quello che gli avete detto? Queste due semplici domande dovrebbero trovare risposta nel protocollo operativo che adoperiamo; tutti i nostri (onerosi) sforzi saranno vanificati se, soprattutto alla seconda domanda, non sapremo dare una risposta. Andando per ordine, occorre quindi garantire che: • Ci sia collegamento tra valutazione dei rischi e attività formativa e informativa intrapresa; • In fase di assunzione, e prima di adibire il lavoratore a determinate mansioni, vengano verificate in maniera tracciabile (es. copia documenti) il possesso dei requisiti di formazione per lo svolgimento di determinate attività a rischio; • Al neoassunto venga trasferito – con visto per accettazione o altra forma tracciabile – il materiale info-formativo, la documentazione in materia di sicurezza; • L’affiancamento sul campo ad un lavoratore esperto, nel caso di utilizzo di macchinari, è sicuramente una buona prassi; occorre che sia se tracciato con firma di entrambi; • Sono presenti dei lavoratori stranieri? Occorre tenerne conto, sia nella progettazione delle attività formative che nella verifica della comprensione della lingua italiana (o utilizzare altra lingua comprensibile); • Da ultimo, non meno importante e già richiamato puntualmente dal T.U., che la formazione obbligatoria verso tutte le figure dell’organizzazione per la sicurezza sia stata programmata e correttamente erogata (es. Preposti, RLS, squadre di emergenza e primo soccorso, ecc.). Occorre, quindi, assegnare le responsabilità per la redazione, aggiornamento e conduzione delle attività di formazione relative alla sicurezza, compresa la valutazione dell’efficacia formativa (controlliamo se i partecipanti hanno capito le nostre indicazioni, italiani o stranieri che siano?). Il programma di formazione e la sua manutenzione nel tempo deve essere tracciabile e rinvenibile in qualunque momento. Ricordiamoci che, ai fini delle sanzioni dettate dal Decreto 231, il risparmio ottenuto dalla Cooperativa per il mancato svolgimento delle attività formative è una delle condizioni che può costituire un vantaggio per la Cooperativa ed essere il presupposto per l’applicazione di pesantissime sanzioni (sanzioni economiche, interdizione dell’attività). 36 In sintesi • Definire chi redige, monitora ed aggiorna il piano di formazione; • Programma di formazione e relativi aggiornamenti; • Tracciabilità delle attività svolte (di natura formativa e informativa) e di valutazione Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? La formazione obbligatoria (pronto soccorso, ruolo di RSPP, emergenze, ecc.) è svolta da enti accreditati che rilasciano gli attestati; viene erogato un test per la verifica dell’efficacia della formazione. La partecipazione è registrata tramite firma di presenza. Per quanto riguarda altri target formativi (es. preposti, cambio mansioni, ecc.) non sempre la formazione è fatta in modo sistematico. A tale riguardo la Cooperativa ha intenzione di introdurre a breve un Piano di formazione dove registrare le attività in calendario in ambito formativo, le differenti tipologie di lavoratori a cui sono dirette (ad es. preposti, neo-assunti, cambio mansioni, ecc.) e la relativa consuntivazione delle attività effettuate. Sarà cura del consulente esterno effettuare l’attività formativa non coperta dagli enti accreditati ed aggiornare il Piano formativo. Inoltre, la Cooperativa utilizzerà la figura del tutor per l’inserimento dei neo assunti in azienda che svolgerà attività di accoglienza e di sostegno (per un periodo di circa 1 mese) per facilitare l’esplorazione e la conoscenza del sistema organizzativo ai nuovi ingressi. Alla fine del periodo di tutoraggio sarà cura del tutor redigere un verbale/rapporto sugli aspetti sensibili, anche relativi alla sicurezza, trattati in ambito lavorativo. Documenti di registrazione utilizzati • Piano di formazione per pianificazione e registrazione delle attività (vedi allegato 3) • Verbale di formazione per i neo-assunti (tutoraggio) • Registro delle presenze • Test di apprendimento compilati dai discenti • Rilascio degli attestati da parte degli enti accreditati 37 Protocollo 8 Attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori • Ma tutto quello che dico e faccio per la sicurezza del lavoro e dei lavoratori, alla fine, viene messo in pratica? La vigilanza deve essere svolta là dove serve, sul campo, accanto al lavoratore, ed è per questo che il T.U. disegna una organizzazione per la sicurezza che fa discendere, a ciascun livello organizzativo, degli obblighi ben precisi, fino ad arrivare alla figura del Preposto e del lavoratore. Nella prassi, il Preposto è spesso il collega di lavoro, quello più esperiente o quello più presente sul luogo di lavoro; ha il ruolo fondamentale di vigilare sui colleghi e segnalare eventuali infrazioni, è lui che osserva direttamente i comportamenti degli stessi e raccoglie, giorno per giorno, quell’enorme patrimonio di informazioni che, se inserito virtuosamente in un circuito di analisi e feed back, potrebbe dare molte risposte al perché di determinati incidenti. Il ruolo del Preposto è cruciale nell’ottica della vigilanza, per cui lo stesso deve essere ampiamente sensibilizzato. Anche in questo caso, senza ripetere le responsabilità già ben delineate dal T.U. in tema di vigilanza, concentriamo l’attenzione sui punti che il protocollo dovrebbe tracciare, testimoniandone l’effettivo svolgimento. Sicuramente, al livello più basso, abbiamo la vigilanza del Preposto sui lavoratori; la vigilanza è costante; i momenti da tracciare sono sicuramente quelli relativi a: • Mancato rispetto delle disposizioni e delle procedure operative stabilite; • Mancati infortuni, comportamenti a rischio, situazioni di pericolo emergenti o non presidiate dalla valutazione dei rischi; • Eventi infortunistici. Lo scopo della registrazione è quello di dimostrare il funzionamento dell’attività di vigilanza operativa, della raccolta delle informazioni per le necessarie analisi (es. mancati infortuni) e, se del caso, dell’applicazione di misure disciplinari. Il Preposto trasmetterà questo patrimonio al Datore di lavoro e all’RSPP, in particolare la pronta comunicazione di infortuni, quasi infortuni o pericoli registrati; sarà compito di Datore di Lavoro e Rspp prenderne in carico la gestione, effettuare l’analisi delle cause coinvolgendo i Preposti, gli RLS e le altre figure, e identificare le azioni correttive da inserire nel “piano di miglioramento”. Le eventuali azioni correttive rientrano così nell’azione di monitoraggio periodico sul “piano di miglioramento”. L’analisi degli eventi infortunistici e della altre informazioni derivanti dalla vigilanza operativa è uno dei puniti da esaminare nell’incontro annuale, indicato alla lettera c). Risalendo di un gradino nell’organizzazione della Cooperativa, ovvero, nei casi delle piccole e medie Cooperative, arrivando al vertice aziendale, si potrebbero definire dei controlli periodici relativi alle attività indicate nei protocolli precedenti; ovvero un programma formalizzato di controlli (es. svolti dall’RSPP o dal Datore di lavoro) su: • Presenza delle autorizzazioni connesse alla sicurezza; 38 • • • • • • • • Verifica del rispetto dei requisiti legali applicabili; Manutenzioni su mezzi e attrezzature aziendali; Aggiornamento DVR; Adeguatezza e manutenzione DPI scaturenti dal DVR; Accessibilità di dispositivi di primo soccorso; Squadre e procedure per le emergenze; Stato di informazione e formazione; Presenza delle registrazioni in tema di sicurezza indicate nelle lettere precedenti. In sintesi, dato che per le responsabilità in tema di vigilanza possiamo tranquillamente rifarci alle chiare indicazioni del T.U. rispetto alle varie figure dell’organizzazione per la sicurezza (Lavoratori, Preposti, Datore di lavoro ai vari livelli), quello che il protocollo deve richiamare sono i documenti che l’attività di vigilanza operativa produce. In sintesi • Individuare chi controlla e quando; • Piano dei controlli e liste di controllo utilizzate; gestione delle azioni correttivi scaturenti; • Tracciabilità dei richiami e delle sanzioni; • Registrazione dei mancati infortuni, comportamenti a rischio, eventi infortunistici. Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? L’attività di verifica/monitoraggio da parte della Cooperativa Progresso è svolta nella prassi dai Preposti anche se non esplicitata formalmente. Due sono le aree di sviluppo su cui la Cooperativa lavorerà: • facilitare la responsabilizzazione dei Preposti attraverso corsi formativi interni affinché vigilino sui comportamenti dei lavoratori; • attivare lo svolgimento di verifiche ispettive da parte del RSPP (da prevedere 1-2 verifiche l’anno) con il compito di effettuare controlli di secondo livello sulla gestione della sicurezza attraverso l’ausilio di una semplice check list su cui annotare eventuali non conformità/anomalie. Nel caso in cui l’analisi delle cause comporti l’apertura di un’azione correttiva, sarà cura del RSPP redigere e condividere il relativo piano d’azione, ossia identificare le attività e le persone responsabili di gestire la risoluzione dell’anomalia (anche gli esiti delle verifiche ispettive dovranno rientrare come dati nella riunione annuale). Documenti di registrazione utilizzati - Comunicazioni da Preposti su irregolarità-situazioni rischiose riscontrate - Check list di verifica pre e post intervento e non conformità-azioni di miglioramento (vedi allegato 4) - Azione correttiva con relativo piano d’azione 39 Protocollo 9 Periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate Trattiamo, in quest’ultimo protocollo del Modello organizzativo, l’aspetto prestazionale della gestione della sicurezza, ovvero: • Ma tutto quello che dico e faccio per la sicurezza del lavoro e dei lavoratori, alla fine, è utile a creare un lavoro “più sicuro”? Il Datore di Lavoro riesamina i risultati delle attività svolte e della gestione messa in atto, utilizzando i risultati della vigilanza operativa (precedente protocollo 8) e gli input provenienti dalle altre attività svolte, producendo un verbale (anche questo potrebbe essere standardizzato nei punti fondamentali); lo scopo è tracciare l’analisi e la valutazione dell’efficacia della gestione della sicurezza in azienda, in particolare modo in occasione di cambiamenti organizzativi o quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro. Il riesame, oltre ad essere un momento di valutazione, è anche un momento di confronto con la realtà esterna, con i migliori della classe. Per questo è sicuramente utile trovare delle statistiche, dei dati con cui confrontarsi, un benchmark per valutarsi, guardando alle aziende operanti in settori analoghi e allargando il confronto a paesi con una forte e consolidata cultura della sicurezza sul lavoro. Il riesame prestazionale porta, nell’ottica del miglioramento continuo propria dei sistemi di qualità, alla definizione di azioni migliorative e di nuovi obiettivi da conseguire. Anche queste soluzioni entreranno nel nostro “piano di miglioramento” e saranno oggetto di monitoraggio nel tempo. Dal punto di vista operativo, spesso il riesame è annuale e coincide con la riunione periodica annuale. In sintesi • Responsabilità, partecipanti e tempistica del riesame; • Verbale dei riesame e azioni conseguenti. 40 Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? Cooperativa Progresso effettua una riunione annuale registrata nel corso della quale si evidenziano anche richieste o segnalazioni dei singoli lavoratori. La riunione annuale dovrà evolvere nel riesame quale momento di valutazione dell’adeguatezza e dell’efficacia della gestione della sicurezza attuata. In questo modo si facilita lo sviluppo di un’ottica sistemica all’interno della Cooperativa tale per cui da una mera gestione degli aspetti relativi alla sicurezza si passa ad una gestione che si basa su un insieme di elementi fra loro correlati e non casuali, da tenere monitorati in ottica di miglioramento continuo. Per ciò che riguarda l’esame dei dati e degli indicatori relativi all’applicazione e all’efficacia delle prassi/procedure adottate, Cooperativa Progresso ad oggi dispone di dati su infortuni, sorveglianza sanitaria e stress da lavoro correlato (indicatori ISPESL); questi dati sono gestiti dalla Responsabile amministrativa dietro input del RSPP. La Cooperativa ha intenzione di portare l’analisi dei dati relativi agli indicatori individuati all’interno del riesame, in modo da evidenziare aree di forza e di debolezza e proporre eventuali azioni di sviluppo. Sono auspicabili anche eventuali confronti con realtà simili o in modo da utilizzarli come indici di paragone. Documenti di registrazione utilizzati • Verbale del riesame a cura di RSPP/OdV • Individuazione indicatori • Registrazioni dati su infortuni, malattie professionali, stress da lavoro correlato e formazione 41 Quadro di sintesi dei protocolli operativi Prima di continuare con gli altri punti dettati dall’art. 30 del T.U. proponiamo nella tabella una sintesi di quelli che sono i principali elementi di responsabilità e tracciabilità che, per ciascuno dei punti fin qui affrontati, costituiscono i protocolli ai fini del Modello organizzativo 231. Protocolli e lettere del primo comma Cosa garantire con il Protocollo Protocollo 1: Comma 1 dell’art. 30: Lettera a) Rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici Lettera g) Acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge Protocollo 2: Lettera b) Attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti Controllo della conformità ai requisiti e agli standard di legge dei fattori utilizzati, compresi i luoghi in cui si svolge l’attività. Riguarda sia la fase di acquisizione dei fattori produttivi (es. acquisto di un macchinario o di un’attrezzatura) quanto la fase di mantenimento nel tempo dei requisiti richiesti, comprese le certificazioni obbligatorie per legge. Protocollo 3: Lettera c) Attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso Garantire che siano stati approntati opportuni mezzi (e che questi siano conosciuti) in caso di emergenze, incendi, primo soccorso. Protocollo 4: Lettera c) gestione degli appalti La gestione della sicurezza nell’ambito degli appalti, dei rapporti con il committente e degli acquisti di beni e servizi Protocollo 5: Lettera c) riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza Partecipazione dei lavoratori alla progettazione della sicurezza Protocollo 6: Lettera d) Attività di sorveglianza sanitaria Organizzazione e svolgimento della sorveglianza Protocollo 7: Lettera e) Attività di informazione e formazione dei lavoratori 42 Effettuazione, attuazione e aggiornamento della valutazione dei rischi e delle azioni conseguenti. Garantire adeguata informazione, formazione e comprensione di come comportarsi per lavorare in sicurezza Protocollo 8: Lettera f) Attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori Garantire lo svolgimento di attività di controllo sul rispetto delle regole e delle indicazioni in materia di salute e sicurezza Protocollo 9: Lettera h) Periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate Prevedere un controllo sul raggiungimento degli obiettivi e sulle prestazioni della gestione della sicurezza Responsabilità Tracciabilità Definire i soggetti responsabili e gli strumenti in uso • • • Elenco normative e fonti di aggiornamento Archivio documentazione obbligatoria Elenco mezzi con scadenziario aggiornato per manutenzioni e raccolta documentazione degli interventi manutentivi effettuati Definite da T.U.; declinarle sulla realtà della Cooperativa (es. intervento Rspp interno o esterno) nell’ambito di una procedura o nell’ambito dell’assegnazione dei compiti (vedi organizzazione per la sicurezza) Procedura di valutazione dei rischi che definisca i criteri, le modalità operative e le responsabilità per: • individuare i pericoli • effettuare la valutazione dei rischi • individuare le procedure operative da seguire per svolgere le attività in sicurezza • definire le misure di prevenzione e protezione • attuare il piano di miglioramento scaturente dalla valutazione • aggiornare la valutazione dei rischi DVR e piano di miglioramento per l’attuazione e l’aggiornamento della valutazione. Tracciabilità delle attività identificate dal DVR e dal piano di miglioramento (es. gestione DPI) Definire i responsabili per la redazione, aggiornamento e test del piano di emergenza, la costituzione delle squadre e la relativa attività formativa (anche nell’ambito della organizzazione per la sicurezza) • • Art. 26 o TITOLO IV: responsabilità definite dal T.U. • • • • • • Nominativi squadre Piano e procedure di emergenza, accesso ai dispositivi di primo soccorso Manutenzione dispositivi di emergenza e soccorso Comunicazioni in tema al personale Archivio di POS, DUVRI, verbali di riunioni per la sicurezza, comunicazioni con la squadra e il cliente Comunicazione dell’Rspp (o chi competente) sulla valutazione dei fornitori e dei prodotti Contratti di acquisto completi con gli aspetti inerenti la sicurezza Accettazione scritta dei beni/attrezzature acquistate con verifica e raccolta documenti relativi alla sicurezza (es. libretti) Partecipazione alla valutazione dei rischi ed elaborazione del DVR (firma DVR, ecc.) Verbale della riunione periodica Avvisi in bacheca, informativa in assemblea, informativa in busta paga, ecc. relative al coinvolgimento dei lavoratori Definire chi garantisce la partecipazione e il coinvolgimento in fase di valutazione dei rischi e negli altri momenti richiesti dal T.U., chi organizza, partecipa e verbalizza la riunione periodica. • Come da T.U. relativamente alle responsabilità del Datore di lavoro, del Medico competente e del lavoratore. Programmazione, effettuazione ed esito visite, comunicazioni per l’aggiornamento della vigilanza (es. cambi mansione) Assegnare le responsabilità in merito alla redazione, aggiornamento e conduzione delle attività di formazione relative alla sicurezza, compresa la valutazione dell’efficacia formativa • Ruoli definiti dal T.U.; chiarire e sensibilizzare il Preposto allo svolgimento del proprio ruolo • • • • • • Il Datore di Lavoro organizza il riesame dei risultati delle attività svolte e della gestione della sicurezza messa in atto • • Programma di formazione e sua manutenzione nel tempo (anche obbligatoria per le figure richiamate dal T.U.) Traccia delle attività svolte (di natura informativa e formativa) Piano e liste di controllo, aggiornate e archiviate nel tempo; azioni correttive scaturenti dai controlli Richiami e sanzioni provenienti dai controlli Registrazioni e schede di analisi sui mancati infortuni, comportamenti a rischio, situazioni di pericolo emergenti, eventi infortunistici Verbale di analisi e valutazione dell’efficacia della gestione della sicurezza in azienda Benchmark e indicatori infortunistici 43 Presenza di un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche dei poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio (comma 3, prima parte) • Chi ha la responsabilità di portare avanti le attività precedentemente definite? Il comma 3 dell’art. 30 richiede che, all’interno della Cooperativa, sia stata adottata una adeguata articolazione di funzioni, competenze e poteri per l’analisi e gestione dei rischi. Tale obiettivo può essere raggiunto definendo l’organizzazione della Cooperativa per la sicurezza, ovvero individuando i soggetti e i relativi compiti come delineati dal T.U.: • Datore di Lavoro: secondo l’art. 2 lettera b) del T.U. il Datore di lavoro (DL) è il soggetto titolare del rapporto di lavoro o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle piccole medie realtà Cooperative, la figura del Datore di lavoro è assunta, normalmente, dal Presidente del CdA (ricordiamo che, nella stessa definizione di DL, il T.U. prevede che in caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo). Il Datore di lavoro può delegare parte delle sue funzioni, secondo i criteri definiti dall’art. 16 del T.U. a un soggetto dotato di competenza tecnica e di corrispondenti poteri, anche di spesa. Non approfondiamo ulteriormente la figura del Delegato, che si presume utilizzata solo in strutture di una certa complessità; richiamiamo l’importanza della formalizzazione e tracciabilità di tale eventuale delega e ribadiamo ulteriormente che, anche in caso di delega, al Datore di lavoro resta l’ineludibile obbligo di vigilanza sul corretto espletamento delle mansioni assegnate. Tale obbligo è assolto attraverso l’adozione ed attuazione del nostro Modello organizzativo; • Servizio prevenzione e protezione e suo Responsabile: il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) è definito come l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori ed è un organismo di consulenza e supporto fondamentale per il datore di lavoro. Il Responsabile normalmente coordina l’attività del servizio e degli addetti del servizio; nelle realtà medio-piccole, essenzialmente per mancanza di competenze specifiche, la funzione è spesso assegnata ad un soggetto esterno. Anche in questo caso, ribadiamo, il datore di lavoro non è per questo esonerato dalla propria responsabilità; per cui sarà sicuramente utile, per dimostrare l’assolvimento della funzione, stabilire flussi informativi e tracciare la collaborazione tra il DL e il SPP; • Preposto: la figura del Preposto, come visto già nell’analisi del primo comma e dei suoi vari punti operativi, è essenziale per l’efficace attuazione del Modello, in quanto 44 rappresenta l’articolazione dell’organizzazione per la sicurezza sul campo, al livello del lavoratore; il Preposto deve essere incaricato dal DL e deve essere pienamente consapevole dell’importanza del suo ruolo (utile ricordargli anche le sanzioni a suo carico previste dal T.U.); • Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: sempre previsto, eletto o designato (dai lavoratori), è la figura che garantisce la rappresentanza e il contributo dei lavoratori alla progettazione e alla attuazione della sicurezza sul luogo di lavoro; • Squadre di emergenza: è obbligo del DL designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza; la designazione, formazione e attuazione delle squadre di emergenza è importante ai fini del protocollo di cui al comma 1 lettera c) (“attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso…”) del Modello organizzativo; • Medico competente: il medico competente collabora con il DL ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti previsti dal Decreto; • I lavoratori! Spesso non indicati negli organigrammi ufficiali per la sicurezza, rappresentano il punto iniziale e di arrivo di qualsiasi Modello volto a garantire una adeguata organizzazione per la gestione della salute e sicurezza. Il Modello prevede, quindi, una serie di misure per garantire tale inclusione; deve prevedere anche degli strumenti volti ad incentivare il rispetto degli obblighi del lavoratore (art. 20 del T.U. “ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni…”). Ritornando al nostro Modello, occorrerà garantire in prima istanza e controllare successivamente che: • Il Datore di Lavoro ha provveduto a nominare un Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione – RSPP - e ha attribuito allo stesso specifici compiti/poteri per fare fronte alla nomina ricevuta, ottenendo accettazione scritta della stessa (o svolge personalmente il ruolo di RSPP); • Il Datore di Lavoro ha nominato il medico competente; • Sono stati individuati i RLS; • Il Datore di Lavoro ha definito i ruoli, le responsabilità, i poteri in relazione alla gestione della sicurezza (servizio prevenzione e sicurezza, preposti, squadre di emergenza e primo soccorso, …), esplicitandoli in apposito documento, opportunamente divulgato in azienda in modo che sia conosciuto da tutti i lavoratori. In sintesi • Organigramma e mansionario della sicurezza in azienda. 45 Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? E’ disponibile un organigramma in materia di sicurezza; a breve la Cooperativa provvederà a sviluppare un nuovo organigramma/mansionario più completo e rispondente agli obblighi in materia (ad es. evidenziazione delle responsabilità in carico alle funzioni in tema sicurezza e prevenzione: RSPP, Preposti, ecc.). A tale proposito Cooperativa Progresso pensa ad un organigramma integrato all’attuale di tipo funzionale, in modo da calare i ruoli per la sicurezza nell’ambito delle mansioni svolte da ciascuna figura. Documenti utilizzati • Organigramma completo rispondente agli obblighi in materia, con evidenziazione delle responsabilità in carico a RSPP e preposti. Riportiamo di seguito una esemplificazione dell’organigramma per la sicurezza in azienda. 46 47 … … RLS Medico competente Lavoratori … Preposto (eventuale delegato) Datore di Lavoro Primo soccorso Evacuazione luoghi di lavoro e gestione emergenza Prevenzione antincendio Squadra emergenze SCHEMA ORGANIZZATIVO PER LA SICUREZZA … … … Addetti SPP … Responsabile SPP (interno o esterno) Presenza di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello (comma 3, seconda parte) Rinviamo la trattazione del sistema disciplinare al capitolo successivo; questo requisito è un elemento fondamentale anche del Decreto 231. Presenza di un sistema di controllo sull’attuazione del medesimo Modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate (comma 4) Il riesame e l’eventuale modifica del Modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico. • Come garantire che il Modello sia attuato e venga aggiornato nel tempo? Il sistema di controllo del Modello è normalmente attuato tramite le verifiche interne, le verifiche esterne (es. audit dei certificatori in caso di Sistema di gestione certificato) e soprattutto, ai fini del nostro Modello (che ricordiamo ha l’obiettivo di garantire conformità rispetto al Testo Unico e al Decreto 231), tramite l’azione dell’Organismo di Vigilanza (OdV). Tratteremo nel relativo capitolo il ruolo dell’OdV; sottolineiamo che il sistema di controllo deve arrivare all’eventuale modifica del Modello organizzativo nel caso in cui siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività, in relazione al progresso scientifico e tecnologico. 48 Il sistema disciplinare 1 5 • Cosa succede se non si rispetta il Modello e le regole per lavorare in sicurezza? 6 Modello Modello 4 2 Il sistema disciplinare rappresenta l’ele3 mento deterrente di comportamenti che violino i protocolli e le regole indicate nel Modello; è il completamento di ogni sistema di controllo in termini sia preventivi (tramite effetto di deterrenza) che di risposta alla violazioni scoperte o segnalate. Il sistema disciplinare è indirizzato a tutti i soggetti operanti con l’organizzazione; al fine di una reale prevenzione e deterrenza non deve quindi essere unicamente rivolto ai lavoratori ma deve contemplare misure verso tutti i soggetti coinvolti nel Modello organizzativo. Occorre prevedere una gradualità delle sanzioni applicabili, in relazione al differente livello di pericolosità che i comportamenti possono presentare rispetto alla commissione dei reati, creando un meccanismo che sanzioni tutte le infrazioni al Modello e che rispetti il principio della proporzionalità tra la mancanza rilevata e la sanzione comminata. Il potere disciplinare è esercitato (anche su indicazione dell’OdV) dal soggetto avente delega sul personale in Cooperativa, secondo le procedure e le modalità previste dal vigente sistema disciplinare e regolato dalle norme della contrattazione collettiva. Ribadiamo che il sistema disciplinare indicato nel Modello organizzativo non introduce ulteriori sanzioni o diverse modalità di erogazione rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva; prevede l’applicazione delle sanzioni indicate nei CCNL di riferimento rispetto ad una categoria illeciti disciplinari, derivanti dall’inosservanza di norma regolamentari interne (Modello e protocolli). Sanzioni per operai, impiegati e quadri In caso di mancato rispetto delle prescrizioni indicate nel Modello, in proporzione alla gravità delle infrazioni verranno applicate le sanzioni previste per gli illeciti disciplinari dal Contratto collettivo applicato in azienda. A titolo esemplificativo: a) Provvedimento di RICHIAMO SCRITTO per violazione dei protocolli e delle procedure (ad esempio mancato utilizzo dei DPI, ecc.) o adozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di comportamenti non conformi alle prescrizioni del Modello stesso. b) Provvedimento di MULTA NON ECCEDENTE L’IMPORTO DI N… ORE DI RETRIBUZIONE, per la violazione ripetuta dei protocolli e delle procedure o ripetuta adozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di comportamenti non conformi alle indicazioni del Modello stesso. c) Provvedimento della SOSPENSIONE DALLA RETRIBUZIONE E DAL LAVORO FINO AD UN MASSIMO DI N… GIORNI, per la violazione dei protocolli e delle procedure e, attraverso l’adozione nell’espletamento delle attività a rischio di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello stesso, esposizione 49 della Società a situazioni oggettive di pericolo. d) Provvedimento del LICENZIAMENTO, per l’adozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello diretto, in modo univoco, al compimento di una violazione tale da configurare un rischio diretto di realizzazione di un reato contro la salute e sicurezza del lavoro o adozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di un comportamento in violazione alle prescrizioni del presente Modello tale da determinare l’applicazione a carico della Società delle sanzioni previste dal Decreto 231 o comunque un rilevante danno. Sanzioni per dirigenti Anche in questo caso si provvederà ad applicare le misure ritenute più idonee nella fattispecie, fatte salve le disposizioni contenute nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato. Le sanzioni previste dal CCNL Dirigenti Imprese Cooperative possono in particolare essere applicate nei confronti dei dirigenti che pongano in essere illeciti disciplinari derivanti da: a) Inosservanza delle disposizioni relative ai poteri di firma e del sistema delle deleghe/procure attribuite; b) Mancato rispetto delle procedure e prescrizioni del Modello dirette a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio; c) Mancata, incompleta o non veritiera documentazione dell’attività svolta relativamente alle modalità di documentazione, di conservazione e di controllo degli atti in modo da impedire la trasparenza e verificabilità degli stessi; d) Violazione e/o elusione del sistema di controllo interno, poste in essere mediante la sottrazione, la distruzione o l’alterazione di documentazione, ovvero impedendo il controllo o l’accesso alle informazioni ed alla documentazione ai soggetti preposti, incluso l’Organismo di Vigilanza; e) Omessa supervisione, controllo e vigilanza, in qualità di “responsabile gerarchico”, sul rispetto delle procedure e prescrizioni del Modello da parte dei propri sottoposti al fine di verificare le loro azioni nell’ambito delle aree a rischio reato; f) Mancata formazione e/o mancato aggiornamento e/o omessa comunicazione al personale operante alle loro dipendenze nelle aree a rischio reato delle procedure e prescrizioni del Modello. Sanzioni per Amministratori In caso di violazione del Modello da parte di Amministratori sarà cura dell’Organismo di Vigilanza darne immediata comunicazione all’Organo dirigente (es. CdA) e all’Organo di controllo (es. Collegio Sindacale) della Cooperativa, i quali provvederanno ad assumere le opportune misure previste dalla normativa vigente e/o contrattuali. Sanzioni nei rapporti con collaboratori esterni e fornitori Ai fini di una piena e perfetta efficacia preventiva del Modello, sono istituite previsioni a valere a disciplina anche nei rapporti con i collaboratori esterni e fornitori. Nei contratti stipulati con tali soggetti devono essere inserite specifiche clausole che prevedano l’espressa risoluzione del contratto qualora la controparte tenga comportamenti contrari ai principi contenuti nel Modello e integranti un pericolo di com50 missione dei reati contro la salute e sicurezza dei lavoratori, salvo e impregiudicato comunque il diritto della Cooperativa di chiedere il risarcimento del danno, qualora la condotta della controparte sia tale da determinare un danno a carico della stessa. A tali fini, ampia informativa sul Modello adottato deve essere data alla controparte, anche attraverso le azioni previste nel piano di comunicazione e formazione. In sintesi • Documento che indica le sanzioni disciplinari per le violazioni del Modello; • Comunicazione del sistema disciplinare a tutti i destinatari. Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? Esiste all’interno della Cooperativa un sistema disciplinare, richiamato dal proprio CCNL, già messo in pratica in passato attraverso lettere di richiamo. Tuttavia la Cooperativa ad oggi non ha applicato ancora un impianto sanzionatorio per ciò che concerne le mancate prescrizioni in ambito salute e sicurezza. La Cooperativa ha pensato di applicarlo all’interno della propria struttura – anche come ulteriore elemento di responsabilizzazione dei soci della Cooperativa – richiamando semplicemente il sistema disciplinare presente nel CCNL applicato. Spetterà al CdA formalizzare le tipologie di sanzioni applicabili e i comportamenti sanzionabili (es. mancato utilizzo del DPI, mancato rispetto delle indicazioni date dal Datore di Lavoro, ecc.). Documenti utilizzati • Lettera di segnalazione di infrazione (dopo la prima lettera di segnalazione di infrazione scatta l’iter sanzionatorio vero e proprio) emessa da RSPP • Delibera del CdA sul sistema sanzionatorio 51 L’Organismo di Vigilanza • Chi controlla che il Modello sia attuato e venga aggiornato nel tempo? Abbiamo già detto, illustrando il quadro normativo e l’approccio metodologico, come questo sia un elemento essenziale per l’adeguatezza del Modello ai requisiti del Decreto 231 (per i reati commessi da apicali, ex. art. 6 del Decreto 231) e, seppur indirettamente, sia richiamato anche dal comma 4 dell’art. 30 del T.U. 1 5 6 Modello Modello 2 4 3 All’Organismo di Vigilanza sono affidati, in sintesi, i compiti di: • Verifica e riporto: - Verificare l’implementazione delle azioni suggerite nel piano di miglioramento, come base di partenza per le azioni di audit; - Verificare che i punti di controllo previsti dal sistema aziendale siano effettivamente operanti, evidenziando eventuali scostamenti tra quanto previsto dal Modello e le prassi effettive; - Informare gli organi societari sull’attività svolta attraverso relazioni periodiche o necessarie in seguito ad eventi particolarmente rilevanti; - Proporre all’Organo dirigente l’applicazione del sistema sanzionatorio, nel caso di rilevazione di comportamenti o azioni illecite. • Manutenzione e aggiornamento del Modello (anche secondo quanto richiamato dal comma 4 dell’art. 30): - Verificare la reale efficacia ed effettiva capacità del Modello, in relazione alla struttura aziendale, di prevenire la commissione dei reati di cui al Decreto; - Valutare l’opportunità di aggiornamento del Modello in relazione alle aree di attività a rischio, nel caso in cui siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro o si riscontrino esigenze di miglioramento dello stesso in relazione sia a mutamenti esterni (es. modifiche della normativa di riferimento, modifiche tecniche e progressi tecnologici) sia a cambiamenti organizzativi. • Formazione e comunicazione: - Promuovere idonee iniziative, in collaborazione con i Responsabili delle funzioni aziendali, per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello e garantire la predisposizione della documentazione contenente le istruzioni, i chiarimenti e gli aggiornamenti relativi al funzionamento del Modello stesso. • Da chi è composto l’Organismo di Vigilanza? Non esiste un precisa risposta, data la necessità di valutare di caso in caso quale sia la composizione migliore al fine di assicurarne l’indipendenza, l’autonomia e la libertà di giudizio, l’onorabilità e qualificazione professionale, l’efficienza operativa e continuità di azione. Il punto da cui muoviamo in questa sede, quello delle realtà di medio-piccola di52 mensione, e della contestuale esigenza che gli eventuali oneri relativi all’OdV (es. compensi ai membri esterni) non rappresentino un reale ostacolo alla adozione del Modello, ci porta a richiamare due indicazioni ben precise, contenute nel comma 4 e nel comma 4bis dell’art. 6 del Decreto 231: • Comma 4: negli enti di piccole dimensioni i compiti dell’OdV possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente. Questa soluzione, percorribile nella stragrande maggioranza dei nostri casi (ovvero le piccole medie Cooperative con una realtà organizzativa piuttosto semplificata), prevede che lo stesso CdA (o, se non presente, altro organo dirigente nominato) possa svolgere la funzione di OdV. Il suggerimento che diamo potrebbe essere quello di restringere i compiti ad alcuni membri del CdA (massimo 3), in modo da aumentare efficacia operativa e contatto con la struttura. • Comma 4-bis: nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza... Anche tale soluzione permette di utilizzare a fini di controllo sui Modelli, ove presente, l’organo di controllo già esistente nella struttura societaria della Cooperativa; occorrerà verificare che il Collegio abbia le necessarie competenze al suo interno per maneggiare la tematica e interloquire con gli altri attori della sicurezza, in modo da rappresentare un reale strumento di controllo. In entrambi i casi, potrebbe essere opportuno far svolgere alcune delle verifiche periodiche ad un soggetto esterno, dotato di adeguata competenza e terzietà. Altro elemento da curare particolarmente, per far si che l’OdV non sia una semplice sovrastruttura di controllo ma agisca proattivamente per il miglioramento del Modello, è la previsione di uno scambio di informazioni con la struttura organizzativa sui vari protocolli ed elementi del Modello. Suggeriamo, ad esempio, che l’OdV abbia accesso a: • Documento di Valutazione dei Rischi e successivi aggiornamenti; • Piano di miglioramento scaturito dalla valutazione dei rischi e informativa dell’adempimento delle azioni stabilite nel piano; • Report periodico dello stato della formazione programmata e erogata; • Piano annuale delle attività in materia di sorveglianza sanitaria; • Verbale annuale di riesame del sistema e verbale della riunione periodica in tema di sicurezza (l’Organismo di Vigilanza dovrebbe partecipare a tali fondamentali incontri); • Immediata informativa in caso di visita ispettiva da Autorità di vigilanza e relativo verbale; • Immediata informativa sull’accadimento di infortuni; • Nomina RSPP, Dirigente delegato, Medico Competente, elezione RLS e organigramma per la sicurezza; • Procedura per la valutazione dei rischi e ulteriori procedure attinenti la gestione della sicurezza, come base informativa sulle regole interne di gestione dell’attività; • Puntuale comunicazione di nominativi di fornitori sensibili ai parametri quali/quantitativi in materia di salute e sicurezza; • Rendicontazione periodica delle spese sostenute per la sicurezza. 53 Molte di queste informazioni potrebbero essere acquisite dall’OdV attraverso la partecipazione alla riunioni periodiche e al riesame annuale. In sintesi • Individuazione e nomina dell’Organismo di Vigilanza; • Definizione dei flussi informativi da acquisire e partecipazione dell’OdV al riesame. Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? Un ulteriore elemento di controllo del sistema è rappresentato dalla nomina dell’Organismo di Vigilanza (OdV). Tale Organismo dovrebbe raccogliere i flussi informativi generati dai processi relativi alla gestione della salute e sicurezza sul lavoro (flussi che entrano anche come dati in ingresso nel riesame, oltre a quelli previsti esplicitamente dall’art. 30 del T.U.S.) e partecipare attivamente, assieme all’RSPP, al riesame del sistema e quindi valutare l’efficacia del sistema e proporre eventuali azioni di sviluppo al sistema/processi in essere. Nelle aziende di piccole dimensioni l’OdV può essere rappresentato da uno o più membri del CdA (consiglieri non esecutivi) o del Collegio sindacale; dato che nella Cooperativa Progresso tutti i membri del CdA sono soci lavoratori (e dunque in qualche modo anche “vigilati”) la valutazione della proposta di nomina è ricaduta sul Collegio Sindacale. Documenti utilizzati • Individuazione della probabile composizione dell’OdV (Collegio sindacale) • Flussi informativi verso l’OdV (dati in ingresso del riesame): - Documento di Valutazione dei Rischi e relativo piano di miglioramento; - andamento infortuni , malattie professionali e sorveglianza sanitaria; - criteri di scelta, caratteristiche tecniche ed efficacia dei dispositivi di protezione individuale; - programmi di informazione e formazione dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza; - adeguatezza del piano di emergenza; - anomalie/problematiche relativamente alla manutenzione sulle attrezzature; - analisi sulla efficacia dei POS/DUVRI emessi; - dati relativi agli indicatori emessi. • L’Organismo è immediatamente informato in caso di accadimento di infortunio grave o che si avvicini alla soglia di gravità 54 Il documento di sintesi “Modello Organizzativo” • Dove trovo una sintesi di tutto quello che ho realizzato? Infine, analizzata la nostra organizzazione e predisposti tutti gli elementi del Modello organizzativo, non ci resterà che sintetizzare il tutto in un documento che abbia anche carattere illustrativo e informativo e che potremo utilizzare per la diffusione del Modello sia all’interno sia all’esterno (es. verso i clienti, come dimostrazione dell’impegno e l’attenzione della Cooperativa sul tema). 1 5 6 Modello Modello 2 4 3 Riportiamo di seguito un indice tipo del documento di sintesi: • Introduzione: obiettivo del Modello e normative richiamate • Presentazione della Cooperativa • Elementi costitutivi del Modello e approccio metodologico seguito per la realizzazione • Codice Etico o di Comportamento • I protocolli del Modello organizzativo: elenco e scopo • L’Organismo di vigilanza: compiti, composizione e contratti • Azioni previste in tema di comunicazione e formazione • Sistema disciplinare • ALLEGATI al Modello: Organigramma per la sicurezza, Documento di valutazione dei rischi (eventuale POS), ecc. Questo indice tipo prevede che vengono riportati all’interno del documento sintetico alcuni elementi prima illustrati separatamente, ovvero il Codice etico, l’Organismo di Vigilanza, il Sistema disciplinare e il Piano di comunicazione e formazione; in questo modo si mantiene un unico documento di riferimento completo delle principali informazioni necessarie per la comprensione del Modello. In sintesi • Modello Organizzativo della Cooperativa; • Pubblicazione del Modello (es. sul sito internet della Cooperativa) e messa a disposizione di tutti i soci/dipendenti. Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto? La Cooperativa delibererà il Modello Organizzativo in CdA, nominando contestualmente l’Organismo di Vigilanza e avviando la vigilanza e manutenzione delle regole e degli strumenti adottati. Documenti utilizzati • Modello Organizzativo 55 Appendice giurisprudenziale: Commenti a Sentenze Alcune sentenze penali si sono occupate di illeciti relativi ad infortuni sul lavoro mortali, con applicazione della responsabilità amministrativa agi enti datori di lavoro. Di seguito, si riportano quelle relative ai casi di Molfetta e Thyssen di recente memoria. Sentenza tribunale di Trani del giorno 11 gennaio 2010 - Sicurezza sul lavoro e responsabilità amministrativa D.lgs. 231 del 2001 Una recente decisione del Tribunale di Trani, che ha applicato la responsabilità amministrativa di cui al decreto 231 ad un’ipotesi di omicidio e lesioni colpose a seguito di omissioni riguardanti la sicurezza nei luoghi di lavoro, fornisce un utile spunto di riflessione circa gli esiti conseguenti alla violazione di norme antinfortunistiche. L’esame del caso di specie, necessità un breve approfondimento circa la normativa di cui si tratta. Responsabilità amministrativa della società per condotta colposa In base all’art. 30 del D.lgs. 9 aprile 2008, n.81, noto come Testo Unico Sicurezza, l’adozione di un modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al D.lgs. n. 231 del 2001 deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici connessi alla sicurezza dei lavoratori. In difetto, risulterà applicabile la disposizione di cui all’art. 25 septies del citato decreto 231, con le sue gravi sanzioni pecuniarie ed interdittive), per i casi di omicidio colposo (art. 589 c.p.) o di lesioni gravi o gravissime (art. 590 c.p.), commesse con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e sicurezza sul lavoro. Il fatto L’ipotesi di reato e di responsabilità amministrativa riguarda l’omicidio colposo e le lesioni colpose gravi e gravissime, verificatesi sul posto di lavoro. Nello specifico, alcuni operai sono morti a causa di un incidente sul lavoro verificatosi per intossicazione acuta da acido solfidrico nella bonifica di alcune cisterne contenenti residui di sostanze pericolose. Altri operai, a seguito dello stesso incidente, sono stati intossicati, con malattia protrattasi per un periodo superiore a quaranta giorni. Sul piano giudiziario, l’evento ha coinvolto tre società dal momento che, dalla ricostruzione dell’accaduto si è accertato che: • La società X ha affidato il pericoloso lavoro di bonifica di cisterne alla società di trasporti Y • La società di trasporti Y ha subappaltato l’attività di bonifica delle cisterne, trasportandole fino alla società di lavaggio Z • Presso la società Z durante le operazioni di pulizia sono avvenuti gli eventi infortunistici Secondo i giudici di merito, di conseguenza, “l’inosservanza delle regole, tecniche e 56 sociali, di tipo antinfortunistico presso la società Z si è sovrapposta alle responsabilità colpose degli operatori della società X, che hanno permesso l’affidamento del pericoloso lavoro di bonifica delle cisterne a quella stessa inidonea società per il tramite della società Y”. Il pronunciamento Con sentenza dell’11 gennaio 2010, il Tribunale di Trani ha condannato le tre società sopra descritte per violazioni delle norme antinfortunistiche avendo ritenuto responsabili gli amministratori delle società, figure apicali con effettivo esercizio delle cariche gestionali compresi profili di direzione e di controllo, emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale. Queste le sanzioni: • Per gli amministratori: concorso in omicidio colposo plurimo e lesioni colpose gravi con violazione delle norme di prevenzione infortuni (artt. 589 e 590 del codice penale), per cui sono stati condannate le persone ritenute responsabili a 4 anni di reclusione e 5 di interdizione «dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione di documenti societari nonché di ogni altro ufficio con potere di rappresentanza di persone giuridiche». • Per le società: condanne a pene pecuniarie correlate alla colpa organizzativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 (responsabilità amministrativa dell’ente) per le 3 società imputate: 1milione e 400mila euro per la società X; 400mila ciascuno per le società Y e Z. Le motivazioni in sintesi Nel caso in questione, il giudice, come si legge nelle motivazioni, ha il compito di accertare se la condotta che ha provocato l’evento sia stata provocata da scelte che rientrano oggettivamente nella sfera di interesse dell’ente, oppure, se la condotta medesima abbia provocato almeno un beneficio a quest’ultimo, senza apparenti interessi esclusivi di altri: in questi casi si determina la responsabilità amministrativa della società. Secondo la sentenza in commento, se l’evento delittuoso è il risultato della mancata adozione di misure di prevenzione, è agevole sostenere che l’omissione può costituire un vantaggio importante l’impresa quale, ad esempio, un risparmio di costi. Per cui: 1. Il dirigente della società Y, società esperta nell’ambito del trasporto ha agito nell’esclusivo interesse della società di acquisire un potente cliente attraverso i lavori richiesti dal cliente stesso di bonifica delle cisterne. Per questo, ha ricercato in un settore di non propria competenza e con “modalità scriteriate” la società Z per la ripulitura delle cisterne: la società Y ha ricavato da questa iniziativa anche vantaggi economici documentati dalle fatture rappresentati dai corrispettivi ottenuti per il trasporto delle cisterne dallo scalo ferroviario fino all’impianto della società W. 2. La società Y non aveva adottato un modello organizzativo prima della commissione del fatto e non si era dotata e non aveva reso operativo tale modello idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatesi prima dell’apertura del dibattimento. 57 3. La difesa della società Y ha prodotto i documenti di valutazione dei rischi (DVR) ed ha cercato di sostenere l’equiparazione concreta tra tali documenti ed il modello organizzativo e gestionale (MOG) previsto dal D.Lgs 231. A tale proposito, il giudice di Trani ha approfondito ed illustrato, nella sentenza in oggetto, le differenze fra il documento di valutazione dei rischi ed il modello 231, differenze che non sono solo nominali ma anche funzionali. Le differenze tra il DVR ed il MOG nella sentenza Il modello organizzativo (MOG), sostiene il Tribunale, si differenzia dal DVR per molteplici profili ed, in particolare, per la presenza di alcuni elementi che sono, invece, assenti nel documento di analisi dei rischi quali: • la necessaria vigilanza sull’adempimento degli obblighi, delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza; • le periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate; • la necessità di un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo della condizione di idoneità delle misure adottate; • l’individuazione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; • la presenza di previsioni inerenti la modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di reati; i destinatari del documento di valutazione dei rischi sono diversi dai destinatari dei modelli 231: il documento di valutazione dei rischi, nello specifico, è rivolto ai lavoratori per informarli dei pericoli incombenti in determinate situazioni all’interno del processo produttivo; il modello 231, si rivolge, invece, a coloro che all’interno della compagine aziendale sono esposti al rischio di commettere reati colposi e provocare lesioni o morte. Il modello organizzativo 231, dunque, si pone una duplice finalità: • organizzativa orientata alla mappatura e alla gestione del rischio specifico nella prevenzione degli infortuni; • di controllo sul sistema operativo al fine di garantire la continua verifica ed effettività. Per il Tribunale di Trani, di conseguenza, è evidente che il sistema introdotto dal decreto 231 impone alle imprese di adottare un modello organizzativo diverso e ulteriore rispetto a quello previsto dalla normativa antinfortunistica (DVR), onde in tal modo evitare la responsabilità amministrativa. Nessuna esimente, ai sensi dell’art. 30 decreto 81, hanno potuto invocare le imprese che non avevano adottato il MOG. Non è andata meglio alla società committente X, dotata di MOG ritenuto inefficace. L’adozione di un MOG inefficace La sentenza, come si è detto, esamina anche la situazione della società X che, per parte sua, aveva adottato e aggiornato un modello organizzativo ai sensi del D.Lgs. 231. Il modello sopracitato, secondo i giudici, presentava una grave lacuna: «non considerava che, allorquando non siano coinvolti soggetti dipendenti della X, sia necessario 58 adottare, in ogni modo, cautele e regole per evitare che dipendenti di altre società possano subire lesioni o perdere la vita per infrazioni commesse dai loro datori di lavoro nel movimentare, nel gestire o nel trattare mezzi di trasporto contenenti sostanze pericolose, anche se rimaste in via residuale, gestite dalla stessa società di trasporto». Per il Tribunale è chiaro che il controllo dei rischi non può esaurirsi nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale della società in questione, ma deve essere esteso anche all’osservanza delle medesime regole da parte dei soggetti che entrano, direttamente o indirettamente, in contatto con le sostanze chimiche, detenute proprio nei mezzi di trasporto gestiti dalla società committente. La mancata previsione di una specifica procedura per assicurare il passaggio di informazioni sui rischi dei prodotti pericolosi nelle relazioni commerciali con altre società intermediarie e/o esecutrici. Conclusioni Dalla lettura della sentenza in commento, non si può fare a meno di sottolineare quanto sia difficoltoso presidiare la responsabilità amministrativa nei reati colposi connessi alla sicurezza del lavoro. Si pensi al rigore del dispositivo del giudice a proposito della necessaria previsione dei rischi delle attività relative alla filiera esterna. Nel concetto di attuare efficacemente, in particolare, vi è l’obbligo di conseguire un risultato prevenzionistico con azioni adeguate, con efficacia verificata a posteriori dal giudice. Per quanto sopra, si ritiene che permanga di primaria importanza l’adozione del modello organizzativo ai fini esimenti, ma che sia ancora più importante, alla luce del pensiero del giudice di merito, che il MOG rappresenti un effettivo ed efficace strumento di tutela dei lavoratori, associato agli altri adempimenti previsti dal disposto del Testo Unico. 59 Sentenza Thyssen – Sicurezza sul lavoro e responsabilità amministrativa D.lgs. 231 del 2001 Nello scorso mese di novembre, sono state depositate e pubblicate le motivazioni della sentenza pronunciata dalla Corte di Assise di Torino nel processo Thyssen Krupp per i fatti relativi al rogo in fabbrica del giorno 6 dicembre 2007, in cui persero la vita sette operai. La Corte ha accolto l’impianto accusatorio, condannando l’amministratore delegato a 16 anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario a titolo di dolo eventuale, riconoscendo, altresì, responsabili per omicidio colposo con colpa cosciente, incendio e rimozione delle misure di sicurezza il responsabile della sicurezza, il capo dello stabilimento condannati entrambi a 13 anni e sei mesi, insieme al dirigente dello stabilimento condannato a 10 anni e 10 mesi di reclusione. La società Thyssen, a propria volta, è stata sanzionata con la condanna a pagare un milione di euro, a una confisca di 800mila euro, all’esclusione di agevolazioni e finanziamenti pubblici per 6 mesi a titolo di responsabilità amministrative di cui al D.lgs. n. 231 del 2001 che ne disciplina la materia. Queste le motivazioni in sintesi. • L’amministratore delegato della Thyssenkrupp decise di “non far nulla” per la sicurezza e la prevenzione d’incendi, anche se si era rappresentata la concreta possibilità, la probabilità del verificarsi di un incendio, di un infortunio anche mortale sulla linea 5 di Torino e che ne avesse, quindi, effettivamente accettato il rischio. I sedici anni e sei mesi di reclusione inflitti rappresentano il minimo della pena prevista per l’omicidio volontario calcolando le attenuanti. Attenuanti su cui hanno inciso positivamente gli indennizzi ai familiari delle vittime, nonché il comportamento in aula nel riconoscere il proprio ruolo di datore di lavoro, ammettendo lo stretto controllo che esercitava sullo stabilimento di Torino, compresa la decisione di non effettuare alcun intervento di ‘fire prevention’”; • Pur non essendo la morte lo scopo del suo comportamento, finalizzato in realtà ad evitare impegni di spesa giudicati antieconomici, l’imputato ha giudicato probabile il suo verificarsi quale conseguenza del piano d’azione intrapreso per realizzare il proprio interesse, dato da un risparmio di spesa, senza, tuttavia, modificare la linea di condotta originariamente stabilita. Da qui, l’inedito precedente di una condanna per omicidio volontario per dolo eventuale, con accettazione del rischio quale particolare forma di volontà dell’evento, in luogo di un comportamento normalmente riferibile a colpa. Diversa, invece, è la responsabilità accertata dai giudici nei confronti delle altre figure aziendali più sopra citate. Queste, nonostante la rappresentazione dell’evento, hanno, infatti, agito sul presupposto che tale evenienza non si sarebbe verificata, orientando, quindi, il proprio comportamento su una previsione negativa in merito alla verificazione del pur previsto fatto di reato. La conseguenza è che dovranno rispondere per aver colposamente causato l’evento, violando le regole di diligenza pertinenti al proprio ruolo di garanti delle condizioni di sicurezza. La sentenza in commento ha condannato anche la società, in quanto tale, per re- 60 sponsabilità amministrativa degli enti di cui all’art. 25 septies del D.lgs 231/2001, per i casi di infortuni sul lavoro con morte o lesioni ai sensi degli artt. 2, 30 e 300 Dlgs n. 81/2008. A tale riguardo, si precisa che l’art. 30 del Dlgs n. 81/2008 ha introdotto una disposizione secondo cui, ai fini dell’efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica deve essere adottato ed efficacemente attuato un idoneo modello di organizzazione e di gestione (Mog) che garantisca un sistema aziendale della sicurezza per l’adempimento di tutti gli obblighi in materia richiamati nello stesso articolo. I giudici di Torino non hanno ritenuto la sussistenza di tali caratteristiche nel caso “ThyssenKrupp”. Di seguito, pertanto, si evidenziano alcuni punti trattati dalla citata Corte in merito alle sanzioni 231 applicate al caso. La Corte ha valutato l’interesse o vantaggio della società nella mancata adozione delle misure richieste per la salute e sicurezza dei lavoratori, precisando che le gravissime violazioni della normativa antinfortunistica ed antincendio, le colpevoli omissioni, sono caratterizzate da un contenuto economico rispetto al quale l’azienda non solo aveva interesse, ma se ne è anche sicuramente avvantaggiata, sotto il profilo del considerevole risparmio economico che ha tratto omettendo qualsiasi intervento nello stabilimento di Torino; oltre che dell’utile contemporaneamente ritratto dalla continuità della produzione. Nel caso di specie, inoltre, l’Ente si era difesa sostenendo di avere comunque adottato un Modello Organizzativo prima del verificarsi dell’evento. La Corte ha, tuttavia, accertato che tale Modello non era stato adottato prima dell’incidente, infatti, solo durante un successivo Consiglio di Amministrazione del 21/12/2007, erano state approvate le modifiche del preesistente “modello organizzativo” aggiungendovi le parti relative proprio all’omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Secondo la Corte, pertanto, l’assenza del modello sarebbe dimostrata non solo da un punto di vista formale ma anche da un punto di vista sostanziale, visto che il membro dell’Organismo di Vigilanza di cui all’art. 6 lett b) del D.lgs. 231/2001 esperto in materia di sicurezza sia stato nominato successivamente all’incendio, alla fine del mese di dicembre 2007. Vista, pertanto, l’assenza effettiva di un modello organizzativo al momento dell’incidente la Corte non ha ritenuto necessario esaminare nel merito il modello organizzativo, ma ha espresso il proprio parere in merito al membro dell’OdV scelto quale esperto della sicurezza. L’ente, infatti, aveva nominato il proprio dirigente responsabile del settore sicurezza sul lavoro membro dell’OdV. Sul punto la Corte ha precisato che questa circostanza, di per sé sola, induca a ritenere che il modello adottato, nel periodo preso in considerazione, non poteva essere stato reso operativo, tanto meno in modo efficace, sottolineando che tale 61 organismo deve essere dotato, secondo il citato art. 6, dì “autonomi poteri di iniziativa e di controllo“: non è necessario spendere ulteriori parole sulla “autonomia” del controllore quando è la stessa persona fisica del controllato. Osservazioni conclusive La Corte d’Appello di Torino ha pronunciato una decisione ritenuta storica per la giurisprudenza italiana in materia di responsabilità penale per infortunio sul lavoro, in quanto non era mai accaduto che venisse riconosciuto l’omicidio volontario in tali circostanze. Una simile svolta deve servire da forte monito alle imprese per affrontare la sicurezza sul lavoro non come mero costo ma come investimento produttivo idoneo a tutelare effettivamente i lavoratori e ad evitare, al tempo stesso, le pesanti responsabilità conseguenti. 62 Riferimenti ad autori Il presente documento è frutto di un lavoro di network che ha visto coinvolti: • Angelo Algieri – Responsabile ufficio sicurezza, ambiente, qualità e camere di commercio di Legacoop • Marco Palma – Ufficio legislazione del lavoro di Legacoop Bologna • Attilio Dell’Arte – Referente area compliance al decreto 231/01 di SCS Consulting • Paola Guerrini – Consulente compliance e sostenibilità, SCS Consulting Hanno collaborato al caso pratico: • Raffaele Diotallevi – Consulente in sistemi di gestione Qualità e Sicurezza sul lavoro, Cooperativa Sociale CADIAI, servizio di prevenzione e protezione • Simone Savoia – Presidente Cooperativa Progresso Soc. Coop. a r.l. (sito web: www.coopprogresso.com; email: [email protected]) Eventuali commenti ed esperienze possono essere inviate a [email protected] o a [email protected] in modo da poterne tener conto nella redazione delle prossime edizioni. 63 64 Allegati 65 1. Elenco attrezzature e Manutenzioni MANUTENZIONI ELENCO ATTREZZATURE DESCRIZIONE MACCHINA CARRELLO MOD. BINGO 163 TRANSPALLET ELETTRICO OMG 216 E Si SI SI STILL MONTINI E C SNC OMG SRL MATR. 516023002482 MATR. 6000 MATR. 18273 UBICAZIONE /CANTIERE DI DESTINAZIONE COOP PROGRESSO COOP PROGRESSO COOP PROGRESSO MANUTENZIONE ORDINARIA come da Manuale CONTROLLO LIVELLO ACQUA SETTIMANALE CONTROLLO LIVELLO ACQUA SETTIMANALE CONTROLLO LIVELLO ACQUA SETTIMANALE RIF. DOCUMENTALE FATTURA LIBRETTO MANUTENZIONI LIBRETTO MANUTENZIONI SOCIETÀ MANUTENTRICE … … … MANUTENZIONI PROGRAMMATE CONTROLLI TRIMESTRALI: MARZO 2012,GIUGNO 2012,SETT 2012,DIC 2012 MANUTENZIONE PERIODICA ANNUALE NOTE la macchina non ha fino ad ora presentato problemi. la macchina non ha fino ad ora presentato problemi. STATO MACCHINA FERMA CERTIFICAZIONE CE PRODUTTORE MATRICOLA /CODICE DATA 19-03-2011 DATA 5-08-2011 DATA 25-10-2011 DATA 1-01-2011 DATA 14-02-2012 DATA DATA 66 MULETTO STILL R60-25 MACCHINA FERMA MACCHINA FERMA MANUTENZIONE PERIODICA ANNUALE N. 3 CONTROLLI CATENE, N. 1 VERIFICA COME DA MANUALE 2. Controllo mezzi LEGENDA CONTROLLI: A: LIVELLO LIQUIDI (acqua batteria acqua radiatore, olio motore, tergicristalli) - B: PRESSIONE PNEUMATICI - C: CONDIZIONI BATTISTRADA - D: EFFICIENZA FRENI - E: VERIFICA SISTEMI DI SICUREZZA (cinture, sedile, cicalino, clacson) - F: AGGANCIO E POSIZIONAMENTO FORCHE - G: RISPOSTA DELLO STERZO - H: VERIFICA RISPOSTA MOVIMENTI IDRAULICI. PERIODO (mensile) Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA MACCHINE FERME MULETTO STILL R60-25 MATR. 516023002482 C/O DEPOSITO MULETTO STILL R60-25 MATR 516023001792 C/O DEPOSITO CARRELLO MOD. BINGO 163 MATR.6000 Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre LEGENDA CONTROLLI: A: LIVELLO LIQUIDI (acqua batteria acqua radiatore, olio motore, tergicristalli) - B: PRESSIONE PNEUMATICI - C: CONDIZIONI BATTISTRADA - D: EFFICIENZA FRENI - E: VERIFICA SISTEMI DI SICUREZZA (cinture, sedile, cicalino, clacson) - F: AGGANCIO E POSIZIONAMENTO FORCHE - G: RISPOSTA DELLO STERZO - H: VERIFICA RISPOSTA MOVIMENTI IDRAULICI. PERIODO (mensile) Tipo controllo e FIRMA CANTIERE TRANSPALLET ELETTRICO OMG 216 E MATR.18273 C/O … Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 67 LEGENDA CONTROLLI: A: LIVELLO LIQUIDI (acqua batteria acqua radiatore, olio motore, tergicristalli) - B: PRESSIONE PNEUMATICI - C: CONDIZIONI BATTISTRADA - D: EFFICIENZA FRENI - E: VERIFICA SISTEMI DI SICUREZZA (cinture, sedile, cicalino, clacson) - F: AGGANCIO E POSIZIONAMENTO FORCHE - G: RISPOSTA DELLO STERZO - H: VERIFICA RISPOSTA MOVIMENTI IDRAULICI. PERIODO (mensile) Tipo controllo e FIRMA AUTOCARRO IVECO 35CY689GW Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 68 Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA Cognome Nome Rossi Mario Verdi Maria mansione data 2011 data data data data data data data data data mansione socio/facchino impiegata www.coopprogresso.com Sede Sociale: Via Galliera n. 137/3 40050 FUNO DI ARGELATO (BO) data effettiva data prevista Docente data verifica data effettiva data prevista Docente data verifica data effettiva data prevista Quinquennale, 6 ore) data verifica Quinquennale, 6 ore) Docente Quinquennale, 6 ore) ore) corso generale D.Lgs corso preposti D.Lgs corso dirigenti D.Lgs corso RLS D.Lgs 81 (32 ore + agg. Annuale, 4 81 (12 ore + agg. 81 (20 ore + agg. 81 (16 ore - agg. data Triennale, 5 ore) corso squadra EM D.Lgs 81 (8 ore + agg. PROGRAMMAZIONE FORMAZIONE e ADDESTRAMENTO PERSONALE data 2009 2008 data prevista Triennale, 4 ore) corso squadra PS corso carrellisti (ore: D.Lgs 81 (12 ore + agg. 4T+2P) autista ABILITA' OPERATORI dirigente data prevista socio/facchino impiegata data effettiva preventivista data effettiva Cognome Nome data verifica referente data verifica Rossi Mario Verdi Maria Docente falegname Docente www.coopprogresso.com corso corso corso corso corso corso corso corso corso cors generale preposti dirigenti RLS RSPP-DL squadra squadra carrell amminis cors corso o EM D.Lgs PS D.Lgs D.Lgs 81 D.Lgs 81 D.Lgs 81 D.Lgs 81 D.Lgs 81 tratore isti oA B base (agg. (agg. (agg. (agg. (agg. 81 (agg. 81 (agg. coopera (ore: Quinquenn Quinquenn Quinquenn Annuale, 4 Quinquenna Triennale, 5 Triennale, 4 PC 4T+2P) tiva ale, 6 ore) ale, 6 ore) ale, 6 ore) ore) le, 6 ore) ore) ore) data prevista facchino data prevista Sede Sociale: Via Galliera n. 137/3 40050 FUNO DI ARGELATO (BO) data effettiva impiegato data effettiva CORSI data verifica scalista data verifica REGISTRO FORMAZIONE e ADDESTRAMENTO Docente montatore pareti Docente 3. Piano formazione 69 ATTESTATI 2012 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 informazione e formazione dei lavoratori PREVISTI : 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 70 ELENCO COMPLETO LAVORATORI FACCHINI IMPIEGATE: corso per datori di lavoro addestramento per preposti ps/prev incendi RLS RAPPORTO DI NON CONFORMITÀ/AZIONE DI MIGLIORAMENTO N° Data I PARTE - Rilevazione NC Tipologia della segnalazione OSSERVAZIONE NON CONFORMITA’ Chi ha effettuato la segnalazione ALTRO______________________ Quando si è verificata Descrizione della causa (dove si è verificata, con che modalità, chi è coinvolto) Eventuale documento di riferimento / requisito non rispettato Funzione che ha rilevato la NC Firma di chi ha rilevato la NC II PARTE - Azione Risolutiva ˇ ˇ AZIONE CORRETTIVA AZIONE PREVENTIVA Piano di azione per la risoluzione della non conformità effettiva o potenziale (modalità ) Data di attuazione della azione risolutiva Responsabile azione risolutiva (funzione e firma) Allegati 71 72