5° CONGRESSO
NAZIONALE
Perugia 27-31 maggio 2013
Relazione sulle
deleghe dei settori
dei Segretari nazionali
Rando Devole
Stefano Faiotto
Claudio Risso
Fabrizio Scatà
Rando Devole
Segretario nazionale Fai Cisl
Relazione deleghe-settori:
Immigrazione: politiche di sostegno ai lavoratori immigrati 5
Formazione sindacale
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Contrattazione:8
Impiegati agricoli
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Allevatori9
Contoterzismo 10
Pari opportunità: donne e lavoro femminile
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Politiche europee ed internazionali 12
Amministrazione13
Tesseramento e strategie di proselitismo
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Relazione sulle deleghe dei settori - Rando Devole
Questi ultimi quattro anni appartengono ad una fase storica di complessità
eccezionale, caratterizzata da una crisi multidimensionale, che ha toccato la finanza,
l’economia, il lavoro, la politica, le istituzioni, l’Europa, la società, e soprattutto gli
aspetti etico-culturali. La nostra azione di tutela dei lavoratori associati, nell’ambito
delle attività come le politiche di sostegno ai lavoratori immigrati, la promozione delle
pari opportunità, le politiche europee ed internazionali, le strategie di proselitismo,
la contrattazione, l’amministrazione, la formazione sindacale, va inserita in questo
contesto di grandi sfide e nello stesso tempo di enormi opportunità, per promuovere
il rispetto della dignità umana e del bene comune.
Immigrazione: politiche di sostegno ai lavoratori immigrati
Nel settore agricolo e nell’industria alimentare esiste da tempo un trend crescente
per quanto riguarda gli occupati di origine straniera. La presenza degli immigrati nei
nostri settori costituisce una grande risorsa e si può considerare ormai strutturale. Le
statistiche parlano chiaro sull’entità del fenomeno. Gli immigrati crescono ovviamente
anche all’interno della nostra Federazione.
Il concetto dell’integrazione è molto complesso. Ma è evidente che il posto di lavoro
è il primo luogo d’integrazione. La Fai crede nell’associazione, dunque l’immigrato
che si iscrive si sente parte del progetto comune, il cui pilastro principale rimane
la solidarietà e la dignità umana. Sono questi alcuni dei motivi per cui la Fai ha
sempre promosso la partecipazione ed il coinvolgimento degli immigrati all’interno
dell’Organizzazione.
Per rispondere alle esigenze specifiche dei lavoratori immigrati, anche per il fatto che il
nostro settore agroalimentare è stato fortemente coinvolto dal fenomeno migratorio
sin dall’inizio, tanti anni fa la Fai, dimostrando la propria sensibilità sul tema, ha dato
vita ad un Coordinamento nazionale sui lavoratori immigrati. In questo senso siamo
stati pionieri nella Cisl e nel sindacato in generale.
L’agricoltura è tradizionalmente un settore con luci e ombre. Oltre al lavoro nero, al
lavoro sottopagato e ad altre forme di sfruttamento, esistono anche il caporalato e
la criminalità organizzata. Insomma, il fenomeno “caporalato” continua a infestare
le campagne italiane e, come denunciato più volte anche dalla Fai Cisl, prende
sembianze sempre più transnazionali. L’ombra dell’intermediazione illecita della
manodopera si estende perfino al Nord, anche in zone note per le loro produzioni di
qualità. È evidente che, oltre al sindacato, anche le Istituzioni devono impegnarsi con
tutta la loro forza per verificare e contrastare questi fenomeni nocivi all’agricoltura
e ai lavoratori.
Sebbene siano stati passi positivi, l’introduzione nel Codice Penale italiano del
nuovo reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” e il recepimento
della Direttiva europea 2009/52/CE sulle sanzioni nei confronti di datori di lavoro che
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Relazione sulle deleghe dei settori - Rando Devole
impiegano cittadini di Paesi terzi irregolari, non hanno eliminato il fenomeno odioso
del caporalato. I provvedimenti legislativi, ovviamente, non possono farcela da soli.
Sono necessarie altre misure, tra cui quelle che mirano all’integrazione dei lavoratori
immigrati, incluse le vittime del caporalato.
La nostra azione di tutela è iniziata da molto tempo a cominciare dai Contratti di
lavoro. Nella contrattazione a livello nazionale, territoriale e aziendale c’è sempre
più attenzione nei confronti dei lavoratori immigrati (cumulo di ferie, corsi di lingua,
mensa, permessi per esigenze particolari, ecc.). Rimane, naturalmente, ancora molto
da fare. Intanto nella Bilateralità nascono ogni giorno novità sempre interessanti
delle quali dobbiamo essere orgogliosi.
I problemi complessi dei lavoratori immigrati nell’agroalimentare, dal lavoro alle
pratiche burocratiche, dall’abitazione al trasporto, dalla lingua alla formazione,
dal ricongiungimento familiare alla sicurezza sul lavoro, dalle discriminazioni alla
cittadinanza, richiedono un approccio nuovo all’integrazione, che la Fai intende
promuovere convintamente nei confronti della politica e della società. È noto, ad
esempio, che gli immigrati sono spesso vittime di elusione contributiva, poiché
vengono loro riconosciute ufficialmente poche giornate di lavoro compromettendo
così il raggiungimento dei requisiti per una serie di diritti previdenziali ed assistenziali.
In questo senso, la Fai ha svolto una continua opera di informazione sui diritti e i
doveri a favore dei lavoratori immigrati: un passaggio indispensabile per sostenere
un vero processo di integrazione e per contrastare i fenomeni di discriminazione.
La nostra Federazione ha coltivato e continua a coltivare rapporti con il mondo
associativo e le Istituzioni che si occupano di immigrazione. È d’obbligo citare la
collaborazione con il prestigioso Dossier Statistico Immigrazione della Caritas/
Migrantes, con il quale, da alcuni anni, curiamo il capitolo sugli immigrati in
agricoltura, e promoviamo iniziative comuni sul territorio. In questi anni nei nostri
corsi di formazione abbiamo inserito anche il tema immigrazione, così come
abbiamo promosso la partecipazione dei delegati immigrati. Stiamo progettando
un corso specifico dedicato al lavoro e alla condizione dei lavoratori immigrati nel
nostro comparto. L’impegno articolato della Fai a favore dei lavoratori immigrati
include anche la collaborazione con la Cisl, l’Anolf e l’Inas. Il lavoro comune con la
Confederazione, i protocolli di intesa con l’Anolf e l’Inas per incentivare azioni comuni
a difesa dei lavoratori immigrati, ha creato condizioni migliori per un’azione più
incisiva, anche se tali accordi devono ancora trasformarsi in vera e concreta sinergia
su tutto il territorio.
Energie positive e decisive per la gestione del fenomeno migratorio, del mercato del
lavoro e dei flussi si trovano ovviamente nella contrattazione e nella bilatera­lità
delle forze sociali.
Servono, inoltre, politiche attive capaci di salvaguardare l’ingresso e la permanenza nel
Mercato del Lavoro di italiani e immigrati, anche rivedendo alcune dinamiche relative
ai meccanismi di ingresso sul territorio italiano dei lavoratori stranieri. In questo
percorso bisogna coniugare accoglienza e integrazione, diritti e doveri, solidarietà
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e sicurezza, responsabilità e rigore solidale, cooperazione e politiche di sviluppo. Ma
innanzi tutto bisogna uscire dalle logiche di emergenza e creare le condizioni culturali
per valorizzare la diversità, per costruire una nuova cittadinanza, per superare paure
e discriminazioni, per favorire l’incontro tra identità, per promuovere la libertà e la
dignità delle persone migranti.
La soluzione dei problemi dei lavoratori immigrati passa dalla ricostruzione dell’etica
e della cultura della legalità, realizzando una sinergia tra Istituzioni, forze politiche
e attori sociali, anche su base locale. In questo modo, il settore agroalimentare può
diventare il luogo dell’accoglienza, delle opportunità e dell’integrazione per gli
immigrati.
Formazione sindacale
Nei quattro anni appena trascorsi è proseguita l’attività della nostra Scuola Nazionale
di Formazione, articolata secondo i tre grandi percorsi educativi che, per la Fai, sono
oggi indispensabili al sindacato: la formazione di base, destinata ai nostri iscritti più
coinvolti oltre che ai Delegati e Quadri di base nelle imprese e nei piccoli comuni rurali
o nei recapiti; b) la formazione della nuova dirigenza; c) la formazione permanente
per la dirigenza in carica.
Da una parte si è cercato un continuo aggiornamento dei temi (economici, giuridici,
storici, statistici) relativi al lavoro sindacale; dall’altra si è tentata una continua
rilettura e verifica della nostra cultura ed esperienza Fai, per tradurla in linee-guida
pratiche (contrattuali, previdenziali, organizzative) coerenti però con i valori fondativi
della Cisl e insieme adatti alle caratteristiche odierne del mondo agricolo, del sistema
agroalimentare e della società tutta.
La Formazione è stata anche una palestra di partecipazione e di crescita personale
e professionale dei quadri e dirigenti Fai. Ricordiamo le attività formative principali
degli ultimi tempi:
a) Corsi per “esperti-relatori”, tra l’autunno-inverno 2009 e l’autunno 2010, che hanno
coinvolto a più riprese oltre 80 dirigenti e operatori Fai di tutta Italia nell’obiettivo,
duplice, di un loro aggiornamento su temi sindacali e della costruzione di una rete
di dirigenti sindacali, nei territori, capace di progettare e realizzare corsi di base;
b)Corso nazionale a Roma del settore Bonifica, ripetuto due volte tra febbraio e
marzo 2011 per l’alto numero di iscritti, che ha coinvolto oltre 70 nostri Delegati
e Quadri;
c) Corso nazionale per dirigenti-contrattualisti con 36 partecipanti e 3 uditori di
tutta Italia, articolato in moduli monografici, svolto dal luglio 2011 al giugno
2012, con discussione finale al Cnel degli elaborati personali;
d) Viaggi di studio, settimanali, in paesi europei, di dirigenti regionali, territoriali ed
operatori Fai con decine di partecipanti, per conoscere e approfondire i diversi
sistemi produttivi e di relazioni industriali;
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Relazione sulle deleghe dei settori - Rando Devole
e) Corsi nazionali di formazione “professionale” Foragri che, pur in un contesto
di aggiornamento tecnico-sindacale, hanno coinvolto in moduli residenziali
monografici di più giornate, nostri Dirigenti e Quadri;
Oltre al risultato economico e ad altre migliorie, non va dimenticato poi l’Accordo
per la disciplina dell’Apprendistato professionalizzante o di mestiere che pensiamo
possa essere un buono strumento di assunzione per i giovani.
f) Corso nazionale annuale, in presenza e a distanza, della nostra Fondazione FisbaFat e dall’Università telematica Marconi, per membri dei C.d. A. degli Enti bilaterali;
Il rinnovo di questo contratto è stato un segnale importante non solo per gli
impiegati e tecnici agricoli, ma per l’intero settore in un momento in cui si viveva e si
vive tutt’ora una certa difficoltà, a differenza del passato, nel mantenere delle buone
relazioni sindacali con le controparti agricole
g) Seminari interregionali sulla storia e le prospettive della Politica agricola comune (Pac);
h) Corsi di formazione sui Cae (Comitati aziendali europei);
i)Attività seminariale infine, per la dirigenza, organizzate dalla Scuola nazionale
e dalla Fondazione Fisba Fat, sui punti critici dell’attuale situazione economicosociale: in particolare è proseguita la tradizione di organizzare almeno due Consigli
generali ogni anno in “sessione di studio”.
A queste attività nazionali si sono affiancati numerosi corsi regionali e interregionali,
territoriali e interregionali, per la Dirigenza e per Delegati, progettati e organizzati
assieme, in spirito di sana sussidiarietà, dalle Federazioni regionali e territoriali e dalla
Scuola nazionale. Gli esempi positivi sono stati numerosi, anche se non mancano
alcune criticità, specialmente rispetto al grande investimento formativo nazionale
e l’utilizzo delle figure degli “esperti-formatori”. La formazione di base è un terreno
che non può essere abbandonato.
La Segreteria nazionale ha deciso di dar vita, dal prossimo settembre a due
iniziative qualificanti, che vanno infatti verso le due direzioni: la formazione di
base e quella per la dirigenza. I due “pedali della bicicletta” li chiamava Silvio
Costantini, senza i quali non c’è vera formazione sindacale. Ad essi poi seguiranno
i Corsi specialistici di settore (Bonifica, Consorzi agrari, Pesca, Forestazione,
Impiegati, Industria) così richiesti oggi dalla moderna realtà dei “lavori” agroalimentari-ambientali; né andranno dimenticati gli altri livelli di attività, come
il corso sul lavoro femminile e quello degli immigrati nell’agroalimentare.
L’agenda dunque è già piena di impegni: starà a noi tutti, assieme, riuscire a
tradurli in pratica nel migliore dei modi.
Allevatori
Le aziende agro-zootecniche si avvalgono da oltre cinque decenni dei servizi offerti
dalle APA/ARA, le quali, attraverso l’attività delegata dal Governo, gestiscono la tenuta
dei libri genealogici e i controlli funzionali, migliorando il patrimonio zootecnico negli
allevamenti e di conseguenza la qualità e la quantità del latte e della carne. L’attività
del sistema allevatori è fondamentale per la zootecnica italiana, ma rischia di
essere completamente cancellata per mancanza di fondi.
Da molto tempo assistiamo alla querelle fra Ministero e Regioni sulle specifiche
competenze relativamente al finanziamento del sistema. A fare le spese di questa
incertezza sono i dipendenti delle associazioni Allevatori, lavoratori altamente
qualificati che prestano il loro servizio garantendo al sistema quell’eccellenza
riconosciuta a livello internazionale. La competitività del sistema Italia, è messo
fortemente a rischio se non verranno garantite le risorse minime per renderla possibile,
estromettendoci di fatto dalla rete internazionale di miglioramento genetico degli
animali di interesse zootecnico.
Non va dimenticato che il sistema allevatori ha già in atto un processo di
riorganizzazione e presto si dovrebbe concludere il processo di regionalizzazione e la
creazione delle ARA di I grado.
Contrattazione
Impiegati agricoli
Abbiamo chiesto in diverse forme alle Istituzioni e anche all’AIA di dimostrare
responsabilità, esprimendo la nostra disponibilità per un confronto sul futuro del
sistema. La cabina di regia richiesta dal Coordinatore degli assessori regionali,
costituisce una vera opportunità per riunire attorno ad un unico Tavolo i soggetti che
devono concorrere ad individuare le linee strategiche ed il futuro delle Associazioni
Allevatori, tra cui le OO.SS. Ma finora non è stato fatto ancora niente, così come si è
interrotto sin dagli esordi il cosiddetto Tavolo tecnico presso il Ministero.
Il 19 novembre 2012 è stato rinnovato il Ccnl per i Quadri e gli Impiegati Agricoli.
Il difficile contesto economico ha portato ad una trattativa più lunga del solito. In
condizioni non favorevoli l’aver rinnovato il contratto, respingendo anche la pesante
richiesta delle parti datoriali di modificare il periodo di comporto per la malattia e
salvaguardato i diritti acquisiti per il preavviso di risoluzione del rapporto, ci rende
sicuri di aver ottenuto il massimo risultato in questa particolare e complicata
situazione economica-sindacale e di aver tutelato al meglio i lavoratori. Gli stipendi
contrattuali sono stati incrementati a regime del 5,5 %.
In quest’ultimo anno, alcune ARA hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali,
altre stanno ancora cercando soluzioni utili a superare le difficoltà del momento. Si
registra una situazione variegata e con differenti problematiche nelle varie Regioni.
Dopo un periodo critico di assenza degli interlocutori politici, adesso attendiamo
risposte chiare dal nuovo Governo. Tra le Regioni ci sono quelle che non vorrebbero
impegnarsi seriamente nel cofinanziamento del sistema, dirottando le risorse verso
altri settori. Oltre ad un’azione di convincimento, pensando al settore appunto
come sistema, stiamo cercando di stanare le responsabilità di quelle Regioni che non
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
vogliono cofinanziare il settore. Il tutto nel quadro di un mancato rinnovo contrattuale
e di un finanziamento a carattere regionale e nazionale, inclusa l’AIA e le Associazioni
Nazionali, assolutamente incerto per il 2013 e il 2014. Le voci preoccupanti di ulteriori
tagli si susseguono senza avere una esplicita conferma. Ovviamente non aiuta il clima
di incomprensioni e la mancanza di una visione condivisa delle Associazioni datoriali,
un fattore importante per la difesa del sistema allevatori.
A questo punto non è più possibile tollerare ulteriori rinvii, temporeggiamenti e rimpalli
di responsabilità. In assenza di risposte tempestive siamo pronti a mobilitarci nelle
forme necessarie al fine di sbloccare questa situazione di stallo. Per fare il punto della
situazione abbiamo convocato un’apposita riunione all’inizio di giugno prossimo. È
imprescindibile ormai capire l’impegno del Governo, delle Regioni, ma anche dell’AIA
e delle Organizzazioni datoriali, in merito al finanziamento, al funzionamento e al
rilancio del sistema Allevatori, necessario a garantire l’occupazione e l’unitarietà che
ha sempre caratterizzato il settore della zootecnia italiana.
Contoterzismo
Il 21 giugno 2012 è stato firmato con l’Unima il rinnovo del Ccnl per i lavoratori
dipendenti da imprese che esercitano attività di contoterzismo in agricoltura
In questo rinnovo è stato raggiunto un risultato più che soddisfacente, a
cominciare da un significativo aumento salariale e da altre risposte particolarmente
adeguate ai lavoratori del settore. Con l’Unima abbiamo firmato inoltre l’accordo
sulla detassazione degli emolumenti legati alla produttività.
In uno scenario difficile e di stallo dei vari rinnovi contrattuali la firma di questo Contratto
ha avuto un rilievo speciale, sebbene si tratti di un comparto non particolarmente
significativo dal punto di vista del numero delle aziende e degli addetti.
Purtroppo questo settore vive, anche, le difficoltà scaturite dal distacco di una
parte dei datori di lavoro associati all’Unima che hanno dato vita ad una nuova
organizzazione datoriale denominata Confai.
Noi della Fai insieme alle altre OO.SS. ci stiamo adoperando per evitare ulteriori
divisioni e stiamo vedendo se riusciamo a ricompattare l’intera categoria al fine
di evitare la nascita di nuovi contratti, non siglati da noi, di cui nessuno ne sente
certamente l’utilità.
Relazione sulle deleghe dei settori - Rando Devole
il lavoratore, nella sua totalità di persona, sia considerato al centro dell’iniziativa
sindacale. Sensibilità che nasce dalla consapevolezza che valorizzare il lavoro delle
donne significa determinare condizioni di sviluppo e di crescita, ma anche da una
maggior presenza nell’ambito della dirigenza e della rappresentanza sindacale.
La contrattazione di secondo livello e la bilateralità costituiscono due strumenti
formidabili che consentono di entrare nel merito delle dinamiche aziendali e
territoriali e di trovare soluzioni adeguate alle specifiche situazioni del lavoro
femminile. È ovviamente una nuova mentalità contrattuale alla quale anche la
componente aziendale in molti casi ha saputo e voluto adeguarsi, venendo incontro
in modo positivo alle esigenze lavorative, familiari e personali dei propri dipendenti,
in maniera particolare all’evento della maternità/paternità con l’attenzione dovuta
alla cura dei figli.
L’ambito aziendale, come più volte sostenuto dalla Cisl e dalla Fai, ha dimostrato di
essere veramente il luogo più adatto per concretizzare iniziative e prassi che all’interno
della contrattazione realizzino ‘le pari opportunità’ di tutti i soggetti, anticipando
molto spesso norme contrattuali nazionali o addirittura normative di legge. I Gruppi
Alimentari, ma non solo, hanno dimostrato di credere a questo percorso individuando
con le componenti sindacali forme di articolazione della prestazione lavorativa volta
a conciliare tempi di vita e di lavoro attraverso la modulazione flessibile degli orari
evolvendo in questo senso, e questa è la grossa novità, anche la propria organizzazione
del lavoro.
Si sono pure riscontrate maggiori attenzioni sulle necessità di cura dei lavoratori e altresì
sulle disabilità dei loro familiari e non ultimo sull’astensione facoltativa alla maternità
con i Fondi sanitari contrattuali nazionali, voluti con forza dalla nostra dirigenza.
Inoltre, il nostro contributo e sostegno alle iniziative del Coordinamento nazionale Cisl
non è mai venuto meno. La presenza della Fai, compatibilmente con i vari impegni,
è stata significativa anche dal punto di vista qualitativo. Anche il contesto europeo
è stato importante per il Coordinamento Pari Opportunità, perché ci ha permesso di
confrontarci con la vasta e diversificata realtà del lavoro in Europa.
Non ultimo la Federazione, in questi quattro anni, si è impegnata con le proprie
associate con la predisposizione del Libro della casa offrendo loro un omaggio, tra
l’utile e il curioso, per dare una nota di leggerezza e di vivacità alla quotidianità della
donna impegnata nel lavoro e nella casa.
Il lavoro principale sulle Pari Opportunità, portato avanti in questi ultimi quattro
anni, anche grazie al Coordinamento, è stato senz’altro quello di introdurre nella
contrattazione di secondo livello e nella bilateralità, una sensibilità nuova verso
il tema delle pari opportunità e del welfare aziendale, affinché la lavoratrice ed
Oltre ad essere una grande risorsa per tutta la società, bisogna ricordare che le
donne garantiscono un’opera preziosa di assistenza in famiglia, la quale sta
attraversando difficili momenti anche a causa della crisi, e purtroppo, si trovano
spesso a dover scegliere tra lavoro e vita privata, tra carriera e famiglia, tra crescita
professionale e desiderio di maternità. In questo senso, tanto lavoro resta ancora da
svolgere soprattutto in tema di formazione (infatti, stiamo preparando un corso sul
lavoro femminile) ed in particolare sulle materie che interessano la conciliazione,
i permessi contrattuali o di legge, le agevolazioni nelle assunzioni, la condizione
sociale delle donne, i servizi, ecc. Sul piano culturale dobbiamo spingere affinché
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Pari opportunità: donne e lavoro femminile
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
il mondo femminile non si appiattisca su specifiche rivendicazioni, ma consideri le
proprie esigenze e le proprie sensibilità, cioè la propria diversità, alla pari di altre,
lavorando con tutti per la condivisione delle problematiche da risolvere.
Politiche europee ed internazionali
La crisi economica, la più profonda dalle origini dell’integrazione comunitaria, che
ha investito il vecchio Continente, pone l’Europa di fronte a sfide senza precedenti
dal punto di vista politico, economico e sociale. L’Ue è chiamata a dare prova
della sua capacità di reagire, di adattare i suoi strumenti e le sue scelte politiche.
Siamo consapevoli che nelle dimensioni europee ed internazionali si giocano le
grandi questioni della filiera, del Made in Italy agroalimentare, nonché le soluzioni
strutturali per un vero e qualificato sviluppo di tutto il comparto. La Fai ha risposto a
queste sfide con una ritrovata attività nelle relazioni e politiche internazionali tramite
la sua costante e propositiva presenza negli Organismi dell’Effat (la Federazione
europea dei Sindacati dei lavoratori dipendenti dei settori agricoltura, alimentazione
e turismo che ha sede a Bruxelles) e dell’Etf (La Federazione Europea dei trasporti che
include la pesca marittima) sostenendone l’azione superando i confini nazionali nella
consapevolezza che solo una visione europea consentirà una più efficace tutela del
fattore lavoro.
La nostra attenzione al ruolo che l’Europa deve svolgere, sotto il profilo sindacale, si
esplica innanzitutto con la nostra attiva adesione all’Effat. Sono innumerevoli gli
eventi a cui partecipiamo. Basta sfogliare il nostro periodico “Fai Note Internazionali”,
che tramite l’informazione sulle varie attività intende fare da ponte tra la dimensione
internazionale e quella nazionale. Senza citare tutte le iniziative, perché richiederebbe
molto tempo, bisogna dire che nell’ambito dell’Effat ci siamo impegnati innanzitutto
sul versante della riforma PAC (politica agricola comune) e della PCP (politica comune
della Pesca), nel portare avanti la posizione italiana, creando alleanze con i Paesi
interessati alle nostre idee.
La nuova riforma doveva essere concepita come una grande opportunità per costruire
una politica che mettesse al centro il lavoro e la competitività delle imprese agricole.
La nostra azione sindacale si è svolta in rapporto con le Istituzioni, le controparti
e il sindacato europeo, creando le condizioni per la formulazione del documento
congiunto Effat sul futuro della Pac e della posizione condivisa di tutto il mondo
agroalimentare italiano. L’intento era quello di inserire il lavoro dipendente tra i criteri
di condizionalità nella concessione dei futuri contributi comunitari alle aziende,
associando gli aiuti al mantenimento dell’occupazione e alla creazione di posti di
lavoro duraturi, escludendo dai pagamenti dei premi Pac le aziende che violino le
leggi o non rispettino i contratti di lavoro e premiare le aziende virtuose. Finora, la
risposta di Bruxelles non è stata soddisfacente.
Relazione sulle deleghe dei settori - Rando Devole
costituzione del Comitato del Dialogo Sociale nel Settore Alimentare, grazie anche
al contributo Fai, si è avviata una stretta e proficua collaborazione tra le Organizzazioni
sindacali, le Organizzazioni degli imprenditori e le Istituzioni pubbliche, garantendo
alle Parti Sociali un ruolo essenziale nella governance del comparto a livello europeo.
È da tempo che l’azione sindacale della Fai ha posto al centro dell’attenzione europea
la questione dei cosiddetti “lavoratori distaccati”, che rischiano di essere discriminati
da un sistema che favorisce il dumping sociale e la concorrenza sleale.
La Fai ha prestato un’attenzione maggiore ai Comitati aziendali europei, i quali
costituiscono uno strumento indispensabile per conoscere e discutere le strategie
globali delle multinazionali. Nei 18 Cae costituiti nell’agroalimentare, la Fai è presente
con ben 15 delegati. Una realtà significativa di cui la Federazione ha preso coscienza
ponendosi il problema di una classe dirigente non soltanto sensibile alle problematiche
transnazionali, ma anche capace di governarne gli effetti. È da questa esigenza che
è nata l’idea di un programma di formazione riservato agli attuali delegati Cae ed a
quelli che in prospettiva saranno chiamati a sostituirli..
Importante, inoltre, la realizzazione di molti Progetti internazionali, cofinanziati
dalla Commissione europea, e di quelli in cui la Fai è partner con altri sindacati.
Infatti, le attività connesse a questi progetti hanno consentito di mettere in rete
le buoni prassi adottate nei singoli Paesi e la conoscenza delle diverse esperienze
sindacali.
Amministrazione
L’ultimo quadriennio è stato un periodo di notevole impegno da parte dell’ufficio
amministrazione, innanzitutto per rispondere alle esigenze organizzative sempre
più dinamiche della Federazione e quindi per far fronte ai cambiamenti che hanno
interessato direttamente gli aspetti amministrativi, generando un’intensa attività
ramificata nei vari settori.
Impegno particolare ha richiesto il passaggio dal sistema basato sul costo tessere (n.
iscritti x costo tessere con varie tipologie) al sistema basato sulla divisione percentuale
(le risorse associative si dividono in percentuale) e l’attivazione del riparto automatico
delle risorse centralizzate, in applicazione dell’intesa tra la Cisl e la Fai Nazionale e
come stabilito dal Consiglio Generale del 16 dicembre 2009. Tra il 2010-2011 sono
stati completati con successo tutti gli adempimenti necessari, da parte delle strutture
Fai, per rendere effettivo il nuovo sistema di riparto automatico.
Nel 2012 la Fai ha partecipato attivamente alle iniziative del Dialogo Sociale Industria
Alimentare, del Dialogo Sociale Agricoltura e dei vari organismi Effat. Con la
Il nuovo meccanismo basato sulla distribuzione dei flussi di contribuzione associativa
confluita nel conto corrente cieco, ha richiesto una complessa fase di studio, di
sperimentazione e di transizione, al fine di individuare la percentuale di riparto
che garantisse l’invarianza di risorse a parità di iscritti e del totale da corrispondere
alla Confederazione. Un complesso lavoro di calcoli e simulazioni, ha richiesto
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
la definizione, in sede di liquidazione della DS agricola, della percentuale di
contribuzione centralizzata. Il lavoro di verifica continuerà anche per il corrente anno,
per esaminare la congruità della percentuale al fine di renderla definitiva.
A partire dal 2010 il tesseramento per requisiti ridotti, cassa integrazione e mobilità
è tornato ad essere decentrato. È stato fatto un notevole lavoro, affinché l’Inps
potesse liquidare le pratiche direttamente alle strutture interessate; permane per
alcune strutture l’anomalia degli accrediti sbagliati, ma siamo fiduciosi di risolvere in
tempi brevi questo problema, sebbene con limitata possibilità di intervento diretto,
vista la titolarità della convenzione stipulata.
L’ufficio amministrazione, ogni anno, ha dovuto ricostruire i movimenti economici, per
fornire alla Federazione un documento preciso e quindi uno strumento di riferimento
politico per pianificare le entrate e le uscite della Federazione, e quindi approvare il
Bilancio Preventivo entro il mese di dicembre.
Altre due novità sono state introdotte con il modello Eas e il Libro Unico del Lavoro.
Il primo legato alla natura associativa del Sindacato e le agevolazioni fiscali, il secondo
riguardante la gestione del personale. Tali novità hanno chiesto un impegno costante,
nonché uno studio approfondito per modificare i programmi e produrre ogni mese tutti
i dati da elaborare. Un lavoro specifico si è svolto anche per i progetti internazionali,
producendo la documentazione necessaria, nel rispetto delle regole comunitarie.
Come stabilito a La Thuile (settembre 2009), sono state incrementate le visite e
le verifiche amministrative sul territorio. Per avere un quadro preciso della
situazione economico-finanziaria della struttura, nel caso di cambio di dirigenza, si è
stabilito di renderle automatiche. Periodicamente vengono effettuate altre verifiche
amministrative per esaminare la situazione amministrativa e organizzativa delle
Federazioni e la corretta applicazione delle normative vigenti.
Tesseramento e strategie di proselitismo
In questi ultimi anni il tesseramento ha subito enormi trasformazioni e grandi
innovazioni. La Fai ha affrontato con ottimi risultati la sfida dell’anagrafe iscritti e
della tessera card, consegnata ai nostri soci per la prima volta nel 2011. La Tessera
card serve per premiare la fedeltà dell’iscritto, per dare accesso al sistema Servizi,
per usufruire di un paniere di convenzioni di sconti e raccolta punti, per favorire
il proselitismo. Si tratta di uno strumento moderno per migliorare la quantità e la
qualità dei servizi offerti agli associati.
La tessera Card è un segno di adesione e di appartenenza alla nostra Organizzazione,
ma insieme all’Anagrafe degli iscritti è la condizione per conoscerci meglio, per
rafforzare la nostra azione e per migliorare la tutela sindacale.
Relazione sulle deleghe dei settori - Rando Devole
iscritti, WiCisl, Banca dati Dirigenti e Quadri, Osservatorio Rsu/Rsa/Sas. In
merito agli ultimi due strumenti, bisogna dire che il primo rende possibile avere un
panorama completo dei dati sui Dirigenti ed i Quadri della Fai, mentre il secondo è
un programma che consente di strutturare la Banca Dati delle Rappresentanze Cisl
nei luoghi di lavoro, di fornire un quadro completo dei risultati elettorali delle Rsu/
Rsa per Federazione e territorio. Su questo versante dobbiamo impegnarci ancora di
più, specialmente nella fase post congressuale.
Le nuove tecnologie informatiche utilizzate portano all’aumento dei rischi derivanti
dall’uso improprio nella gestione dei dati. La questione della privacy diventa quindi
sempre più importante. Bisogna lavorare ulteriormente per rafforzare gli obblighi
previsti affinché gli strumenti informatici vengano utilizzati in maniera corretta e per
le finalità indicate dall’Organizzazione.
L’invio periodico a tutte le strutture del dettaglio delle deleghe sindacali relative
al tesseramento decentrato (deleghe sindacali per prestazioni temporanee non
agricole: ds ordinaria, requisiti ridotti, cig, mobilità, ecc.), estrapolando i dati
dall’archivio Inps, è stato utile anche per la ricostruzione del tesseramento decentrato
ed il rilascio della tessera card.
Per la prima volta nella storia della nostra Federazione, abbiamo pubblicato in modo
organico i dati del tesseramento secondo la distribuzione territoriale ed i settori
professionali. La scelta di offrire i dati dettagliati in questo modo, prospettandoli
nella loro estensione cronologica degli ultimi anni, mirava a dare una fotografia che
andasse oltre la sua dimensione istantanea. L’opuscolo con i dati del tesseramento
della Fai-Cisl, che verrà aggiornato successivamente, si proponeva principalmente
come uno strumento di riflessione e di conoscenza per tutte le strutture territoriali;
tra l’altro, utile per valutare e promuovere progetti di proselitismo a favore della
crescita della nostra Federazione.
La Fai-Cisl ha chiuso il tesseramento 2012 con 201.166 associati, con un aumento
di 3.603 iscritti in più dell’anno precedente. In confronto con l’anno precedente si
registra quindi una crescita dell’1,82%. Un risultato positivo, importante e significativo.
La maggior parte delle regioni hanno registrato un aumento del tesseramento. Il
calo registrato in alcune regioni, dovuto principalmente alla crisi economica, non è
distribuito uniformemente, e comunque riguarda poche realtà.
Il tesseramento centralizzato nel 2012 è stato chiuso con 90.551 iscritti, mentre
nel decentrato ne risultavano 110.615. Un anno prima la situazione si presentava
leggermente diversa: nel centralizzato si registravano più associati e meno nel
decentrato. Buona la performance in alcuni settori, dove la Fai cresce ancora: operai
agricoli, contoterzismo, pesca, cooperazione, artigianato, forestali, ecc. Aumentano
anche gli associati immigrati. (Per altri dettagli si può consultare l’archivio del
tesseramento nella cartella apposita su intranet).
In questi ultimi anni gli sforzi per utilizzare gli strumenti per gestire il cambiamento,
sono stati tanti: l’anagrafe unica Cisl, Tust, Unificazione programmi gestione
I dati del tesseramento confermano la solidità della Fai Cisl, che opera in alcuni settori
difficili dell’economia. Malgrado la recente crisi e le altre difficoltà congiunturali, la
Fai tiene; anzi, in molti settori cresce il consenso tra i lavoratori. Questo significa che
14
15
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
la nostra Organizzazione è in buona forma. Tuttavia, siamo consapevoli che si può
fare e dare ancora di più, gli spazi di proselitismo non mancano.
Dietro ogni numero del tesseramento, non bisogna dimenticare, c’è una persona che
crede nel nostro operato. La fiducia che i lavoratori ripongono in noi ed i valori in cui
crediamo, costituiscono una grande spinta per far crescere ulteriormente la nostra
Federazione.
Stefano Faiotto
Segretario nazionale Fai Cisl
Un ringraziamento di cuore va agli amici colleghi e collaboratori, per la loro dedizione
e la professionalità, dai quali ho imparato tanto in questi ultimi anni, e nei quali ho
potuto apprezzare la passione e la generosità con cui portano avanti la loro missione.
La stagione che si apre prossimamente è densa di sfide, ma che si trasformeranno in
opportunità se sapremo affrontare il futuro insieme, con fiducia e speranza, con le
nostre idee ed i nostri valori.
Relazione deleghe-settori:
Contrattazione:19
Agricoltura22
Panificazione e artigianato
23
Industria alimentare
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I settori
26
Avicolo26
Vitivinicolo26
16
Manifatture tabacco 27
Bonifica 27
Relazione sulle deleghe dei settori - Stefano Faiotto
Quattro anni di contrattazione agroalimentare
Il periodo congressuale rappresenta, naturalmente, un tempo di giudizio; un tempo
in cui si valutano gli ultimi anni di lavoro e la dimensione contrattuale è, per il sindacato, uno dei temi più delicati e meritevoli di valutazione nel lavoro e nell’esperienza
che, come Fai, abbiamo vissuto negli ultimi quattro anni.
Una necessaria premessa
Questo nostro giudizio non può non soffermarsi come premessa agli obiettivi, alle
priorità che, come Fai, abbiamo sempre presenti nell’approcciarsi ad una tale attività:
la contrattazione per la nostra Federazione rappresenta la modalità prima di tutela
delle persone che noi rappresentiamo, è la forma che come Cisl privilegiamo nello
svolgere la difesa della persona che lavora.
Tre sono le sottolineature che vi proponiamo come punti di attenzione:
1) il ruolo della contrattazione come strumento di tutela della retribuzione,
strumento che fa del sindacato un soggetto di “autorità salariale”;
2) il valore della contrattazione in una visione Partecipativa, in cui la persona
che lavora non è semplicemente uno dei fattori della produzione, ma partecipa attivamente, cioè con responsabilità, alla produzione della ricchezza
(da qui il tema fondamentale della produttività); conseguentemente come
Fai l’insistenza sulla proposta strategica della estensione della contrattazione di secondo livello (aziendale, territoriale, settoriale);
3) l’attenzione ai tanti strumenti messi a disposizione della contrattazione a
cominciare dalla bilateralità, nazionale e decentrata, strettamente collegata
ad essa, basata sui principi di solidarietà e sussidiarietà.
Questo è il quadro strategico dentro cui ci siamo mossi in questi ultimi anni, nel costruire la nostra attività contrattuale, cercando di caratterizzare le nostre azioni con
la consapevolezza che questo è un orizzonte di lungo respiro, dentro il quale va
costruita una “cultura della contrattazione” che interessa i nostri iscritti, i nostri
lavoratori, il sindacato e, non ultimo, deve coinvolgere la Parte imprenditoriale.
Le novità strutturali
Gli ultimi anni sono stati segnati da importanti cambiamenti nella contrattazione.
Pensiamo alla decisione, fra l’altro non condivisa dalla Cgil, di modificare la struttura
contrattuale decisa nel 1993, dopo più di un quindicennio. Le Parti, da tempo, riconoscevano la necessità di modificare la struttura quadriennale del contrattare; con
una piattaforma unitaria si è aperto il confronto con gli imprenditori, che si è concluso però, nel gennaio 2009, con la firma di tutti i soggetti senza purtroppo la Cgil.
19
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Il nuovo sistema si basa su una temporalità triennale e su di un riferimento retributivo
in cui è il contratto nazionale che tutela il potere d’acquisto dei salari (Ipca), mentre
l’incremento della produttività è legato alla contrattazione di secondo livello; cioè il
miglioramento delle retribuzioni viene affidato ad un allargamento significativo della
contrattazione di 2° livello; allargamento che ad oggi appare non percepibile e che
rimane, in pieno, obiettivo ed impegno ancora da raggiungere.
Un secondo elemento che merita attenzione è rappresentato dagli accordi sulla Rappresentanza e sulla Produttività. Il primo concluso unitariamente mentre, il secondo,
condiviso senza l’adesione della Cgil la quale ha, in piena crisi economico–produttiva,
privilegiato proprie convinzioni ed interessi interni piuttosto che favorire una mediazione accettabile fra le varie Parti Sociali.
Tutte queste novità ci permettono, seppur senza approfondire, di cogliere il mutato
scenario generale che si è velocemente susseguito in questi ultimi anni.
Scenario che, da un lato, consegna alle Parti contrattuali tanti motivi di novità, ma
nello stesso tempo denuncia l’incapacità, come sistema Italia, ad essere conseguente, coerente, agli impegni assunti.
Pensiamo a che fine sta facendo l’accordo sulla Rappresentanza e sul ruolo affidato
alla contrattazione di secondo livello, di rispondere alle esigenze produttive in momenti di difficoltà e di necessità determinate dal mercato; pensiamo al tema delle
modificazioni contrattuali (delle deroghe), alla necessità di tutelare le persone che
lavorano e, contemporaneamente, a sostenere le esigenze mutate del lavoro. Riflessione questa forse mai veramente iniziata, sia sul versante sindacale come su quello
datoriale, e pensare che su tale materia non abbiamo avuto solo l’accordo Sindacati–Confindustria ma, nel settembre 2011, all’interno della “Manovra Finanziaria”, si
sono introdotte norme che regolano queste possibilità dando maggiore spazio alla
contrattazione di secondo livello.
Quanta fatica solo ad immaginare l’avvio di una riflessione condivisa.
Così come il tema della Produttività affrontato dall’accordo di fine 2012; tema,
questo, forse cardine e vero limite delle dinamiche produttive italiane, e finalmente
divenuto oggetto di attenzione delle Parti Sociali nella seconda metà dello scorso
anno. Accordo concluso in maniera non unitaria e che mette a nudo la necessità
per il nostro Paese di una riflessione seria sulla adeguatezza della struttura produttiva e sugli strumenti, compresi quelli contrattuali e delle relazioni sindacali.
In buona sostanza continuiamo a concludere accordi interconfederali e di modificazione della struttura delle relazioni sindacali e poi, nel tempo, questi accordi rimangono per buona parte inapplicati, dimenticati ed inefficaci.
Questi comportamenti minano sempre di più l’autorevolezza delle Parti Sociali e rischiano di giustificare interventi esterni alle Parti stesse, semmai assegnandoli ad una
politica “frettolosa e pressappochista” che, anche in questi ultimi mesi, non è che
abbia offerto esempi affidabili di autorevolezza.
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Relazione sulle deleghe dei settori - Stefano Faiotto
Ora siamo chiamati a gestire una nuova fase, legata alle intese sui temi della rappresentanza definiti nell’accordo di poche settimane fa, accordo che deve essere
valutato nei tanti suoi aspetti, ma che ci vede interessati ad una sua corretta applicazione, coerente con il nostro sentire, attento al volere dei lavoratori, dentro percorsi che diano riconoscimento al rapporto stretto che ci deve sempre essere fra
l’interesse del lavoratore, la responsabilità dell’Organizzazione ed il ruolo primario
dei lavoratori associati. Questo è l’ambito entro cui definire e gestire le regole nuove
sulla rappresentanza sindacale, sulla validazione dei rinnovi contrattuali e sulla loro
valenza erga omnes.
Lo scenario di contesto
Un giudizio sul lavoro contrattuale di questi ultimi anni, non può prescindere dalla
consapevolezza delle condizioni generali di contesto all’interno delle quali si è sviluppata la nostra azione contrattuale.
Due tornate di rinnovi si stanno completando e già la prima si era svolta in una fase
economico-finanziaria non delle più facili; ma nulla a confronto con il periodo di crisi
che da alcuni anni sta attraversando il nostro Paese ed il resto del mondo industrializzato e ad economia di mercato.
Lo scenario che fa da sfondo alle economie occidentali è rappresentato da un acuirsi
delle crisi che, per certi versi, rischiano di ridisegnare i contorni delle società così
come le abbiamo conosciute.
La contrattazione si è sviluppata, e si sta sperimentando ora, dentro dinamiche di
crisi profonde, con un orizzonte di uscita certamente non breve, né scontato, con
una messa in discussione di tante strutture politiche e sociali non adeguate e con una
economia che necessita di scelte importanti e non usuali.
È dentro uno scenario di questo tipo che si è sviluppata la contrattazione di questi
ultimi anni, ed i risultati della stessa vanno necessariamente letti dentro questa consapevolezza e dentro questa misura.
Teniamo presente che a causa della crisi di bilancio, la contrattazione nella Pubblica
amministrazione ha subìto degli stop nei rinnovi che da soli danno la misura delle difficoltà presenti. Anche i nostri settori mostrano delle difficoltà che da molti anni non
si registravano nel mondo dell’alimentazione sia primaria che della trasformazione.
Tutti elementi che vanno considerati nel guardare al lavoro fatto ed alla situazione
che oggi registriamo nei nostri rinnovi contrattuali.
Uno scenario di contesto quindi che certamente non ha favorito i rinnovi contrattuali ed i
risultati conseguiti vanno soppesati per il valore che questi assumono in un tale scenario.
Come si può essere “autorità salariale” dentro una visione partecipativa e favorendo
tutti gli strumenti che la contrattazione può offrire in una prospettiva sussidiaria e bilaterale? E come si può fare questo, in una situazione oggettivamente non facile per
21
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
i nostri settori e per l’insieme della società? Questa è la sfida che consapevolmente o
meno siamo chiamati ad affrontare con il nostro lavoro, come Fai e come sindacato
nelle condizioni date.
Settori contrattuali
L’agricoltura
Contrattualmente il settore primario è quello che ha evidenziato contemporaneamente la positività e la negatività di una stagione di rinnovi.
Nel 2009, attraverso la firma unitaria sulle relazioni contrattuali del mese di settembre ed il successivo rinnovo del Ccnl, si sono confermate e rinnovate le basi per una
struttura contrattuale specifica, innovativa e condivisa dall’intero sistema delle Parti
Sociali, ribadendo la temporalità quadriennale decisa nel 1995 e, conseguentemente
confermando il valore centrale della contrattazione provinciale, anzi incrementandone il ruolo in termini di regolazione del lavoro agricolo.
Ma il valore del nuovo Ccnl si è esplicitato nella sua volontà di ridisegnare e di sviluppare la bilateralità complessiva, sia nazionale che provinciale, creando nuovi strumenti nazionali come il Fisa, nuovo Fondo sanitario, e l’Eban, nuovo Ente bilaterale
nazionale, attraverso poi la contrattualizzazione della bilateralità si è reso più cogente
il valore della stessa, rilanciando un analogo e coerente processo a livello provinciale.
Il rinnovo dei Cpl seguito a quello del Ccnl, ed oggi ancora in fase di completamento, si è poi sviluppato dentro una fase di crisi che si è sempre più palesata anche nel
nostro settore, favorita da sempre maggiori incertezze sul versante dei prezzi alla
produzione, a quelle dei mercati agricoli e, non ultima, a quella sul futuro della Pac.
In questo quadro i Cpl hanno avuto un tempo di rinnovi forse non esaltante e la loro
conclusione non sempre ha sostenuto le aspettative in termini di vere novità contrattuali.
Oggi arriviamo a questo Congresso con la stragrande maggioranza dei Cpl rinnovati
(ne mancano una decina) con rinnovi economici, anche se tardivi, certamente positivi e con novità sul versante della bilateralità e delle prestazioni integrative dentro le
Casse Extra Legem, in certi casi, assolutamente interessanti e speriamo prodrome ad
una diffusione di queste “buone prassi” contrattuali. Le nostre Fai provinciali dentro
queste difficoltà hanno generalmente avuto un ruolo di traino, ma non basta, dovremo in futuro focalizzare sempre di più la nostra presenza e le nostre forze a valorizzare i Cpl e la loro bilateralità.
Relazione sulle deleghe dei settori - Stefano Faiotto
La stagione contrattuale del settore agricolo però ha registrato diverse difficoltà
nell’insieme delle realtà del primario; pensiamo a quelle per il rinnovo del Ccnl degli
impiegati agricoli per proseguire poi con quelle per i rinnovi dei Ccnl della Bonifica,
degli Allevatori e dei Consorzi Agrari; settori nei quali non entro nel merito ma che,
certamente, hanno pagato, e pagano, difficoltà segno di un “tempo di profonda crisi”
in cui sono pienamente caduti, ma sono anche debitori di un futuro incerto, di una
incapacità dei soggetti di rappresentanza e di responsabilità politica, a delinearne un
orizzonte ed un futuro che vada oltre l’oggi.
Nella bonifica poi registriamo un’ulteriore difficoltà legata alla gestione della regolamentazione del diritto di sciopero; regolazione che evidenzia oggettive limitazioni
all’esercizio di questo diritto costituzionale e che, in questa tormentata fase di rinnovo, ha messo in evidenza tutti i suoi limiti. In tal senso appare chiara la necessità
di ridiscutere la materia e vanno in questa direzione sia la disdetta presentata allo
Snebi ed alla Commissione di Garanzia che il lavoro di approfondimento che stiamo
realizzando in sede di Coordinamento nazionale di settore.
Lo stesso vale per i Contratti della forestazione e della cooperazione che devono
poter trovare una capacità di sintesi dentro un loro nuovo orizzonte strategico, in
una logica produttiva. Mi riferisco, in tal senso, alla nostra proposta sindacale sulla
forestazione nazionale e sulla sua conseguente visione, socio-economica, di tutela
del territorio (relazione del collega Claudio Risso).
La panificazione e l’artigianato
Interessanti sono poi le esperienze della panificazione e dell’artigianato, nel primo caso poiché ha saputo trovare in questi anni una positiva sinergia contrattuale,
attraverso la semplificazione dei diversi contratti presenti. La nostra Federazione ha
certamente avuto in questo un ruolo rilevante, ma ha altresì permesso uno sviluppo
della bilateralità nazionale fino a qualche anno fa impensato, oltre ad aver aperto
spazi nuovi di azione contrattuale decentrata e di bilateralità contrattuale legata alle
integrazioni malattia ed infortunio di settore. Queste novità hanno di fatto aperto
opportunità di relazioni sindacali che sino ad ora, forse, non abbiamo ancora interamente colto o quantomeno ancora interamente sviluppato.
Lo stesso vale per il settore dell’Artigianato e della Panificazione artigianale. Le novità di questi ultimi anni sono state molte e significative in questo settore, una realtà
contrattuale che tradizionalmente registrava rinnovi ultra ritardati a livello nazionale
e con una presenza contrattuale regionale a macchia di leopardo.
Spetta a noi della Fai, alla nostra capacità, alla nostra responsabilità, credere e perseguire
tenacemente la bilateralità decentrata e l’incremento delle prestazioni integrative, con forza e ancora maggiore determinazione rispetto a quanto sinora messo in campo. Dovremo
essere trainanti sia verso i nostri compagni di viaggio sia con le nostre controparti.
Una intesa Confederale ha permesso, dentro un quadro positivo di relazioni sindacali, di sbloccare la situazione che si era incancrenita negli anni precedenti, attraverso
un accordo trasversale Confederale che sostanzialmente ha permesso di definire una
specie di punto zero, per la ripartenza della contrattazione di categoria. Un accordo
che, per amor di verità, ricordiamo, non fu condiviso dalla Cgil, ma che di fatto fece
ripartire la contrattazione delle varie categorie. Il Tavolo alimentare fu il primo ad
22
23
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
aprirsi e fu anche quello che determinò la prima chiusura di rinnovo, attraverso un
accordo apprezzato per i suoi contenuti, divenuto nei fatti il precursore dei rinnovi
degli altri comparti contrattuali.
Oltre queste novità contrattuali, nel settore ha preso l’avvio una nuova stagione di
bilateralità confederale nazionale che ha avuto il suo epilogo nell’avvio della nuova
convenzione con l’Inps e la partenza del nuovo Fondo sanitario nazionale Sanarti, al
quale si era affiancato, nel contempo, anche lo sblocco del fondo previdenziale di settore, confluito in quello del commercio per permetterne la sopravvivenza e lo sviluppo.
Ora siamo in una fase in cui è ripartita la stagione di rinnovo del Contratto nazionale,
ma soprattutto siamo in un momento in cui si dovrebbero tenere le contrattazioni
a livello regionale: diciamo si dovrebbero, poiché in realtà la situazione ha sì registrato qualche nuovo impulso in alcune regioni, vecchie e nuove, di rinnovo dei Cirl,
ma certamente molto si può ancora fare. Dobbiamo interrogarci se abbiamo fatto
veramente il possibile sul piano delle relazioni sindacali, o se ci è più facile talvolta
delegare quel poco che c’è alle Confederazioni; vedere poi se le stesse privilegiano
un rapporto orizzontale piuttosto che uno caratterizzato da relazioni categoriali e
segnate dai rinnovi dei Cirl e dalla conseguente bilateralità.
Avendo certamente la misura delle difficoltà che il settore incontra e del terreno che
non è certamente fertile, dobbiamo altresì immaginare quanto, come Fai, possiamo
mettere in campo, sapendo che dalle altre Organizzazioni sindacali non può venire la
stessa sensibilità che, come Fai, possiamo o dovremo giocare.
L’industria alimentare
Molto si è fatto in questi quattro anni nel settore della trasformazione alimentare.
Oltre al rinnovo di due Contratti nazionali, 2009 e 2012, si è lavorato molto sul versante della bilateralità e si è premuto sull’acceleratore normativo della contrattazione di secondo livello. Questo lavoro ha realizzato, inoltre, una importante stagione
di rinnovi aziendali e di gruppo che ha registrato importanti conferme e qualche
timida novità, senza però registrare quell’incremento di contratti che sarebbe invece
auspicabile.
Il Ccnl del 2009 si è certamente caratterizzato per le sue tante ed importanti novità
(triennalità, riferimento economico di fatto legato all’IPCA, apertura ad un ragionamento di contrattazione di 2° livello, Bilateralità con l’EBS e il Fasa, concretizzazione
della cassa rischio vita), attraverso un confronto difficile, che ha registrato asprezze
anche fra di noi (Flai Cgil), ma che ha portato ad una chiusura unitaria importante,
capofila dei rinnovi industriali degli altri settori.
Certamente significativa è stata, inoltre, la concretizzazione di queste tante novità,
gestite, in questi ultimi anni, attraverso la realizzazione e la operatività del fondo
“Cassa Vita”, ex premorienza e del Fasa, cioè del fondo sanitario integrativo, che
ha stentato nel suo avvio, ma che oggi si propone come strumento utile e prezioso
per i lavoratori alimentari, attraverso prestazioni integrative certamente importanti,
24
Relazione sulle deleghe dei settori - Stefano Faiotto
gradatamente implementate nella offerta assicurativa. Fondamentale nel Fasa sarà
la sua difesa contrattuale per la sua natura di fondo obbligatorio pagato dalle
aziende, ma altrettanto importante sarà poter gestire noi, come sindacato Fai, il rapporto fra il lavoratore e i fondi bilaterali, per far si che il lavoratore viva queste prestazioni non come un “ dovuto” ma come una vera conquista del suo sindacato, la Fai.
Risulta altresì significativo aver avviato le prestazioni di welfare integrativo, come
quelle che, dal primo gennaio di quest’anno, vengono offerte per l’integrazione alle
maternità facoltative. L’avvio di queste prestazioni deve poter costituire il viatico per
consolidare ed implementare in futuro una struttura più corposa di welfare bilaterale, definito contrattualmente. Così come dovremmo approfondire quanto potremmo
fare ancora sul versante della bilateralità, in merito agli strumenti di accompagnamento nelle situazioni di crisi, quali gli ammortizzatori sociali per il nostro settore,
anche alla luce delle recenti legislazioni in materia.
Ma la vera scommessa per noi rimane strategicamente la Produttività, elemento
base per una visione contrattuale di lungo respiro che veda i lavoratori coinvolti in
una logica Partecipativa. E questo risultato noi lo possiamo raggiungere se insisteremo con tutte le nostre energie verso una vera divulgazione della contrattazione di
secondo livello (aziendale, territoriale, settoriale); ciò vale per il settore della trasformazione, così come si è sviluppato nel primario (vedi i Cpl agricoli), ma vale anche
per le restanti nostre rappresentanze contrattuali.
In buona sostanza serve un salto di qualità in cui il contratto non sia visto solo come
strumento di regolazione del rapporto di lavoro, ma anche come opportunità per
favorire le dinamiche produttive in un’ottica di efficienza, di mercato, di competitività, di flessibilità, elementi che possiamo riassumere in una visione complessiva di
Produttività. Questo salto culturale trova difficoltà nelle realtà della rappresentanza
sindacale, ma anche della cultura imprenditoriale.
Comunque dobbiamo riconoscere che, ancorché non incrementati di molto nel numero, i rinnovi aziendali di gruppo e delle grandi aziende alimentari, (per mia competenza diretta, parlo delle realtà Ferrero, Parmalat, MST, Granarolo e GIV, oltre al
settore avicolo), si sono contraddistinti per qualità e contenuti, con accenti sul versante della professionalità, del welfare aziendale, della sicurezza e delle dinamiche
partecipative, elementi che, assieme agli aumenti economici sulla produttività, hanno reso interessanti tutti i rinnovi fatti. È da apprezzare, infine, il grado di partecipazione dei nostri delegati ed Rsu aziendali che hanno vissuto in prima persona questi
percorsi di rinnovo, con un senso di appartenenza certamente lodevole.
Tanti nostri delegati, fra cui molti giovani, si sono “messi in gioco” ed hanno permesso alla Fai di vivere da vera protagonista i diversi rinnovi delle Rsu nel settore
della trasformazione, se non sempre più spesso veri capofila nelle tornate di elezione
delle Rsu. Segno di un buon lavoro svolto, sempre attenti alla scelta delle persone,
alla loro vicinanza organizzativa ed alla loro preparazione.
In tal senso, si è dimostrato prezioso il lavoro fatto sul versante della formazione e
l’impegno che in questa direzione dovremo svolgere, approfondendo le conoscenze
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
e le competenze anche in materia di Cae per quelle nostre realtà interessate. Così
come è risultato utile ridefinire un accordo sulle regole per il rinnovo delle Rsu, attraverso quell’intesa che fra Fai, Flai e Uila abbiamo sottoscritto nel gennaio 2012,
coerente con le nuove regole sulla rappresentanza.
Tale tema sarà certamente uno dei punti di interesse del prossimo futuro nel sindacato. Qui la Fai deve rimanere fedele alla sua origine, sindacato di associazione. Attento, quindi, alle dinamiche della rappresentanza, senza paura di misurarsi, ma anche
senza perdersi nei rischi di un’idea elettoralistica e parlamentaria della rappresentanza, cosciente che la propria forza viene dalla sua natura associativa e dallo stretto
rapporto con gli iscritti e la loro appartenenza. Crediamo in tal senso utile chiarire
che la nostra avversione nei confronti di una prassi legislativa in materia si possa
scongiurare se siamo noi stessi ad applicare le regole che ci diamo e concordiamo.
I Settori
I settori di cui mi sono occupato, per incarico della Segreteria nazionale, sono stati:
l’avicolo, il vitivinicolo, il sigaro toscano, la bonifica oltre ad una serie di grandi aziende alimentari.
L’avicolo e le sue grandi aziende (Aia 3 Valli, Amadori, Arena, Fileni) è stato seguito
con la collaborazione di Leonardo Ceradini. Il settore, dopo le varie crisi aviarie degli
ultimi anni e la conseguente creazione degli ammortizzatori specifici del comparto,
ha attraversato un periodo di assestamento e di riorganizzazione produttiva, con una
ricollocazione anche geografica delle grandi imprese, ed ha trovato un suo equilibrio
produttivo e di mercato. Ora, purtroppo, sta subendo una ennesima fase di crisi,
senza però essere individuato come un settore in difficoltà. Le relazioni sindacali
sono state incrementate e vedono la Fai come l’Organizzazione generalmente più
rappresentativa, con una presenza maggioritaria, o di primo piano, in tutte queste
realtà produttive. In AIA esiste una contrattazione di secondo livello ben strutturata
e consolidata, mentre in Amadori abbiamo una contrattazione di secondo livello di
settore e relazioni contrattuali aziendali. Lo stesso dicasi in Fileni mentre, per Arena,
registriamo il persistere di una situazione di difficoltà che non offre grandi prospettive per il futuro e la Fai regionale del Molise si sta impegnando a ricercare una soluzione che dia un futuro produttivo e delle prospettive di lavoro per i tanti addetti
all’impianto di lavorazione delle carni avicole e per la filiera che questa realtà rappresenta in una regione già martoriata da gravi difficoltà.
Nell’avicolo si è realizzata l’unificazione delle due Associazioni di rappresentanza in
Unaitalia e speriamo che questo sia d’aiuto e dia sostegno alla gestione di questo
difficile settore.
Relazione sulle deleghe dei settori - Stefano Faiotto
ve di altissima qualità e con marchi conosciuti in tutto il mondo. Anche qui siamo il
sindacato di riferimento e realizziamo un contratto di gruppo per la parte produttiva
agricola ed uno per la parte della trasformazione. Il vitivinicolo italiano ha saputo
cogliere le occasioni date da un mercato in grande trasformazione, imparando dagli
errori del passato e puntando ad identità e qualità e sapendo muoversi sui mercati
internazionali, permettendo così di superare anche la Francia, per il valore, in export
dei prodotti italiani.
Il settore tabacco, delle manifatture con il Sigaro Toscano è coordinato dal collega
Giampiero Giampieri e si presenta come una delle realtà produttive di qualità, con il
marchio MST; anche qui la Fai è ampiamente la Federazione di riferimento, per iscritti
e rappresentanza Rsu.
Storicamente si realizza una contrattazione di gruppo importante e strutturata attraverso rinnovi ed accordi articolati nel tempo anche su temi fondamentali quali l’organizzazione del lavoro, la formazione e la classificazione. Negli ultimi anni, con l’uscita
dalla produzione da parte della BAT, abbiamo registrato quasi la cancellazione della
fabbricazione di sigarette; oggi rimangono solo due piccole manifatture, una nelle
Marche ed una in Piemonte, per la produzione di piccoli quantitativi con marchi
minori ed anche qui possiamo dire che la Fai rappresenta il sindacato di riferimento.
Ultimo settore è la bonifica, nel quale ho avuto come collaboratore Giovanni Mattoccia e come coordinatore Giovanni Fracanzino. Un settore che sta attraversando
un momento delicato, di difficoltà non solo contrattuale ma, soprattutto, di assetto
e di futuro.
Qualche anno fa, con lungimiranza, abbiamo realizzato un Convegno nazionale sulla
bonifica a Cassino, cogliendo il momento di dibattito sulla riorganizzazione dei Consorzi, ma lanciando un messaggio molto chiaro di preoccupazione e di urgenza, temi
che oggi appaiono maggiormente confermati e gravi nei loro contorni.
Tralasciando il valore che per noi hanno i Consorzi, crediamo che il settore debba
trovare, dentro ed insieme ai suoi soggetti di rappresentanza, un futuro, evitando intromissioni esterne o azioni destrutturanti; rischi questi che vediamo sempre presenti
“alla porta della bonifica”. La riorganizzazione che è seguita all’Intesa Stato-Regioni,
si è realizzata praticamente in quasi tutte le realtà regionali, ma non basta, serve una
ridefinizione condivisa sui compiti e le funzioni della bonifica, dentro una visione più
larga di territorio e di tutela e, soprattutto, dentro una maggiormente definita autonomia gestionale vissuta in una logica di trasparenza.
Se questo sarà l’orizzonte, allora questo settore troverà, sempre, nella Fai un affidabile alleato.
Per il vitivinicolo, sempre coordinato da Ceradini, abbiamo seguito una importante
realtà nazionale, il Gruppo GIV (confluito in Cantine Riunite sul versante societario,
ma rimasto Gruppo a se per le dinamiche produttive, commerciali e contrattuali).
Parliamo di un gruppo oggi presente in diverse regioni italiane, con realtà produtti-
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27
Claudio Risso
Segretario nazionale Fai Cisl
Relazione deleghe-settori:
Il sistema eco-montano-ambientale-forestale
Uffici territoriali per la biodiversità (UTB)
31
Settori
Bieticolo-saccarifero33
Conserviero (pomodoro)
36
Carni rosse
37
Gruppi industriali alimentari: visioni e prospettive
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Relazione sulle deleghe dei settori - Claudio Risso
Premessa
Vocazione al territorio, guardare alla dimensione settoriale come terreno di azione
sindacale, la sua valorizzazione verso il “fare sistema”, provare ad innescare virtuosi
processi di bilateralità, costruire percorsi contrattuali innovativi a contenuto
partecipativo, sono le sfide che ci siamo intestati per offrire a chi rappresentiamo
nuovi orizzonti e nuove speranze. Le pagine che seguono provano a cogliere
e ad offrire alcune chiavi di lettura utili per compiere una riflessione intorno
a questi temi e al lavoro compiuto sugli ambiti specifici delle deleghe di mia
competenza, che auspico possano permetterci di affinare più e meglio le nostre
strategie i nostri strumenti al servizio dell’esercizio di una rappresentanza sempre
più efficace ed estesa.
Il Sistema eco-montano-ambientale-forestale
Parlare della montagna specie quella povera, del bosco, della forestazione, non è
facile in questi tempi frenetici segnati da modelli improntati al business immediato.
Questi temi evocano la propensione al silenzio, al rispetto della natura, a coltivare
un’idea di sicurezza idrogeologica, di conservazione della biodiversità. Soprattutto
richiedono la costruzione di un modello di sviluppo produttivo orientato al “capitale
paziente” che sappia prevenire, programmare ed investire, che sappia valorizzare
nella pianificazione delle risorse il contributo pubblico che un efficiente sistema
eco – montano - ambientale e forestale può offrire, con la fondamentale opera
di circa 80.000 lavoratori forestali, e di cui tutte le comunità si avvalgono. È con
questa consapevolezza che ci siamo convinti serva un nuovo modello, nel quale il
concetto di “comunità” torni ad essere centrale ed i temi dell’equità e della sobrietà
siano declinati in maniera innovativa. La Green Economy, si pone l’obiettivo della
costruzione di una nuova società nella quale il capitalismo e il mercato siano
orientati non più alla crescita senza frontiere, che prescinde dai diritti dell’Uomo e
della Natura, ma ad uno sviluppo sostenibile e durevole. I territori montani e rurali
considerati aree “marginali” rispetto al cuore manifatturiero del Paese, svolgevano
due funzioni: il mantenimento della popolazione eccedente, l’esercito industriale di
riserva e lo sviluppo di attività agricole, non manifatturiere, capaci di “compensare”
gli operatori locali dagli svantaggi strutturali. La prospettiva vincente invece è che
tali aree diventino la base per attività ad alto valore aggiunto ed i fattori di un
nuovo sviluppo dell’Italia, facendo della montagna, dello spazio rurale, il luogo della
sperimentazione, dell’innovazione e del cambiamento.
Tali obiettivi devono, secondo noi, travalicare i confini nazionali e trovare sbocco in
una rete coordinata di respiro euro-mediterraneo sul quale abbiamo promosso un
progetto pilota di Forestazione produttiva che ha trovato il consenso ed il sostegno
delle Istituzioni europee.
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Di fronte a questi grandi obiettivi, purtroppo, prima i media con l’uscita del libro “ La Casta”,
e poi la politica, con l’emanazione del D.L. 78 del 31 maggio 2010, hanno dato avvio al
processo di cancellazione dell’esperienza delle Comunità Montane e messo in discussione
l’applicabilità di un contratto di diritto privato ai lavoratori forestali gestiti da Enti pubblici.
La svolta della nostra azione strategica si è realizzata con il Convegno unitario del 9 Luglio
2012 dove abbiamo registrato significative convergenze con il Mipaaf e con i Rappresentanti
dei ministeri dell’Ambiente e della Coesione territoriale, sull’ipotesi di promuovere la
montagna e la forestazione come volano per un nuovo modello di sviluppo e ricercare
soluzioni strutturali di sistema per tutte le emergenze che periodicamente si ripetono
in ogni regione invertendo la pratica totalizzante del “pronto soccorso” a favore di una
lungimirante politica programmatoria degli investimenti.
Il primo importante risultato è stato la costituzione del Tavolo Istituzionale partecipato
oltre che da Fai, Flai e Uila, dal ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali,
dai ministri dell’Ambiente e della Coesione Territoriale e dal responsabile del
Coordinamento delle Regioni.
Le prime tre riunioni del Tavolo hanno delineato un percorso orientato in tre direzioni:
• definire linee di indirizzo per aggiornare e valorizzare il Piano Quadro per il Settore
Forestale e la sua strategia tesa ad integrare le competenze dei poteri centrali
e locali con il coordinamento e l’impiego dell’insieme delle risorse, a partire da
quelle che si renderanno disponibili dalla programmazione comunitaria 2014/2020.
L’obiettivo è trasformare le Istituzioni di governo dei territori da Enti burocratici
“distributivi” (di risorse ormai finite) ad Enti “produttivi”, da “centri di costo” per lo
Stato nazionale a “centri di profitto”. Occorre costituire Enti economici cui affidare
la programmazione, la pianificazione e la realizzazione delle opere afferenti alle
diverse funzioni: ambientale, per la manutenzione dei bacini idrici e alla sicurezza
idrogeologica e prevenzione incendi; energetica, per la valorizzazione della biomassa
anche da scarti forestali, per produrre energia termica ed elettrica; industriale,
per ridare slancio alla filiere foresta-legno. Sviluppare filiere delle produzioni
territoriali agricole, della selvicoltura, dell’allevamento, della caccia e della pesca;
ludica per la valorizzazione turistica e del tempo libero; sociale territoriale, per
garantire una “Clausola Sociale” che dia concreti vantaggi a vivere il territorio ed
a far tornare nelle aree montane migliaia di famiglie indigene, neocomunitarie ed
extracomunitarie che oggi invece vivono alienate nelle periferie delle grandi città.
• Proporre l’adozione di una Legge Quadro nazionale in grado di dare una governance
al settore, per superare, in una logica di coordinamento e di integrazione, le
differenti competenze sulle stesse materie, attraverso una profonda rivisitazione
del Titolo V della Costituzione, in una logica di una nuova sussidiarietà.
Relazione sulle deleghe dei settori - Claudio Risso
La lunga e complicata fase di formazione del nuovo Governo ha bloccato i lavori del
Tavolo Istituzionale che vanno ripresi con urgenza, per questo abbiamo sollecitato
l’intervento del nuovo ministro per le Politiche Agricole e degli altri ministeri.
Contemporaneamente alle riforme strutturali del sistema stiamo lavorando, insieme
alle nostre strutture, sulla grave condizione vissuta dagli operai forestali in Campania,
Sicilia, Calabria e Basilicata, tutte derivanti da decenni di assistenzialismo e da una spesa
pubblica spesso ordinata al consenso elettorale. In queste regioni è necessario rendere
disponibili tutte le risorse possibili (Regionali, Nazionali, Comunitarie) per far fronte a
queste improcrastinabili esigenze e per programmare gli interventi per il 2013/2014.
Un capitolo a parte lo meritano gli Operai forestali dipendenti dagli Uffici territoriali
per la biodiversità che operano a supporto delle attività del Corpo forestale dello Stato
così come confermato dalla legge 36/2004 di riordino del CFS. Si tratta, all’attualità, di
1364 operai a tempo indeterminato compresi i lavoratori interessati dalle procedure
di stabilizzazione concluse il 1° novembre 2008 con la trasformazione del rapporto di
lavoro a tempo indeterminato per n. 1007 operai già assunti a tempo determinato.
A questo personale, per espressa previsione normativa, si applica il Ccnl di diritto privato dei
lavoratori forestali, recepito dal CFS attraverso un “Protocollo aggiuntivo” che rappresenta
la fase di 2° livello della contrattazione sindacale. Con la presentazione della piattaforma per
il rinnovo del Protocollo aggiuntivo di recepimento del Ccnl del 2 agosto 2006, la Fai Cisl e
le altre OO.SS, oltre agli adeguamenti delle retribuzioni, hanno chiesto la corresponsione di
buoni pasto giornalieri anche al personale OTI e OTD. L’Amministrazione non ha potuto però
proseguire le trattative poiché non sono state mai reperite le specifiche risorse necessarie
alla copertura finanziaria. Negli anni si è ostinatamente insistito ad indirizzare innumerevoli
note ai vari Ministri dell’Agricoltura succedutisi e abbiamo sempre rinnovato le istanze per
trovare soluzioni finalizzate a sbloccare la contrattazione di 2° livello. Purtroppo a tutt’oggi
non sono state reperite, nemmeno le specifiche risorse per l’assunzione degli operai a
tempo determinato per l’anno in corso.
In questi giorni abbiamo chiesto un incontro al Capo del CFS per ricordargli le nostre giuste
rivendicazioni e fargli presente che, non essendo più previste forme di assunzione per garantire
il ricambio generazionale, il contingente di questi operai va sempre più assottigliandosi con la
conseguenza di creare gravi disagi per l’operatività dei vari Uffici Territoriali per la Biodiversità.
Siamo, inoltre, in attesa di incontrare il nuovo ministro dell’Agricoltura, per capire se finalmente
qualcuno si impegnerà seriamente per risolvere questa lunga e incredibile vertenza.
Il settore bieticolo saccarifero
• Ristabilire i referenti della contrattazione collettiva chiarendo definitivamente la natura
privatistica della stessa, al fine di dare avvio al rinnovo del Contratto nazionale scaduto a
Dicembre 2012 superando il contenzioso presente in molte regioni. Il caso della Sardegna,
pur non isolato, si presenta come il più grave per l’evidente malgoverno di norme di legge
che regolano gli ambiti e il confine tra il Diritto privato e il Diritto pubblico. Sullo stesso
pende un ricorso al Tar da noi promosso e sul quale vigileremo sull’esito.
La ristrutturazione del settore bieticolo - saccarifero conseguente alla Ocm Zucchero, ha
comportato la chiusura di 15 stabilimenti su 19 esistenti e l’esubero di 1.500 lavoratori a tempo
indeterminato destinatari di provvedimenti di Cigs (su 2.250) e 3.500 lavoratori stagionali (su
4.300) che hanno perso l’opportunità di lavoro per le successive campagne produttive.
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Allo stato attuale circa 450 lavoratori sono ancora destinatari di provvedimenti di Cigs
oggi in deroga. L’industria saccarifera nazionale rappresenta ancora un segmento
importante della nostra economia (una quota di produzione pari al 30% dei consumi
nazionali) dà occupazione ad oltre 1.550 lavoratori, più l’indotto, e impegna oltre
60.000 ettari in varie Regioni.
La gestione della crisi del comparto e gli strumenti utilizzati
L’azione sindacale che la Fai ha condotto per gestire la crisi e ridurre l’impatto
occupazionale si è snodata attraverso un percorso concertato con Unionzucchero e i
Gruppi del comparto e si è ispirata ad instaurare un modello relazionale basato sulla
reciprocità ed un costante coinvolgimento dei lavoratori. È stato elaborato un piano
di settore fondato sulle riconversioni, accompagnato da un protocollo sindacale
quadro che ha dato luogo ai “piani sociali annuali” che definiscono gli strumenti
degli ammortizzatori a sostegno dei lavoratori.
Nel merito: una prima fase ha visto la ricollocazione di una parte dei lavoratori negli
zuccherifici ancora in attività, l’erogazione di importanti incentivi all’esodo volontario
o l’accompagnamento alla pensione. In tal modo oggi si può affermare che nessun
lavoratore del comparto è stato licenziato senza il consenso individuale frutto di una
soluzione concordata. Un ruolo preminente nella gestione della crisi del comparto
spetta all’istituto della Cigs, prima per crisi, poi in deroga, oggi per cessazione,
domani (si spera) per riconversione, che fino ad oggi si è rivelata strumento essenziale
di protezione dei lavoratori per questi ormai sette anni di crisi.
Il lavoro stagionale riveste una dignità particolare per la “continuità” dei rapporti che
legano gli “stagionali” alle aziende saccarifere, rapporto che si ripete nel tempo senza
possibilità di stabilizzazione (le campagne saccarifere). In questo caso si è intervenuti
con l’estensione della Cig attraverso fondi appositi ministeriali che hanno fornito un
sostegno a questi lavoratori fino al 2012.
I progetti di riconversione
Relazione sulle deleghe dei settori - Claudio Risso
Da ultimo il Comitato ha svolto un’azione utile per indurre alcuni Enti locali ad un
diverso atteggiamento nella gestione dei processi di riconversione. Infatti, a fronte
di alcune amministrazioni pubbliche responsabili, le imprese sono state contrastate
da sindaci e giunte che hanno impedito l’avvio dei progetti, condizionando
l’insediamento di nuove attività industriali non al doveroso rispetto delle norme
ambientali, infortunistiche, di trasporto etc. bensì a scelte spesso sollecitate da
sindaci e/o Comitati spontanei di vario tipo.
Il fine è quello di condizionare i progetti alla realizzazione di opere nel territorio
amministrato e/o di influenzarli, tentando di realizzare una sorta di scambio, quando
invece l’avvio di nuove attività produttive sul territorio avrebbe dovuto essere visto
come opportunità da sostenere e incentivare.
Dopo la nomina a dicembre 2012 dei Commissari ad acta per i progetti di
Castiglion Fiorentino e Celano nelle persone dei Prefetti, e in attesa dell’iter
del contenzioso relativo ai progetti di Russi e Fermo, ci era parso di scorgere
nell’azione del Governo, la volontà di dare via libera definitiva alla realizzazione
dei 16 piani presentati da tre Gruppi saccariferi Sfir, Eridania-Sadam e CoProB
che interessano sette regioni italiane. Le attività di riconversione produttiva
potrebbero riassorbire 450 lavoratori ancora in Cassa integrazione ed aprire le
porte a nuove assunzioni. Dei 16 progetti, solo due sono già operativi. L’illusione
è durata poco, la difficile fase di formazione del nuovo Governo ha diluito i
tempi. La nomina dei Commissari è stata bloccata per vizio di incostituzionalità
sollevato dal Governatore del Veneto e ora si attende l’esito dei ricorsi. L’attualità
è caratterizzata da una fitta serie di contatti mirati a sensibilizzare gli attori della
nuova compagine governativa per mantenere viva l’attenzione su questo tema
e a promuovere conferenze stampa nei territori dei siti interessati ai processi di
riconversione. Rimarco in questo senso la preziosissima attività esercitata verso
le Regioni interessate da parte delle nostre strutture che è stata, e si rivelerà,
fondamentale come nel caso della sentenza pronunciata dal TAR delle Marche
che, anche grazie alla nostra costituzione come parte ricorrente insieme a Flai
e Uila e Eridania, ha rigettato il ricorso che la Provincia e il Comune di Fermo
avevano posto al prosieguo dell’iter per la costruzione di una centrale prevista dal
progetto di riconversione dello Zuccherificio di Fermo.
È del 31 gennaio 2007 la delibera, da parte del primo Comitato Interministeriale, che ha
adottato “il piano per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo saccarifera” che prevedeva la riconversione degli ex zuccherifici in centrali per la produzione
di energia da fonti rinnovabili, la definizione di percorsi per la ristrutturazione, il rilancio
dell’industria saccarifera nazionale e la gestione della crisi occupazionale. In realtà
il Comitato si è sempre limitato a prendere atto degli accordi risultanti dal confronto
sindacale e solo nel Settembre 2009 ha dichiarato i progetti di riconversione oggetto
di accordo in sede regionale, di “interesse nazionale”. Ciò ha consentito al legislatore
di adottare norme di parziale vantaggio per la produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili (D.Lgs. 28 / 2011 e Decreto Interministeriale 6 Luglio 2012) e di sbloccare le
risorse necessarie alla erogazione degli aiuti nazionali, disciplinati dalla regolamentazione
comunitaria, di cui si attende ancora oggi il completo stanziamento.
Auspichiamo che questa sentenza possa dare rapido avvio alla ripresa dell’iter previsto
per la procedura di ‘valutazione di impatto ambientale’ (VIA) per altro già presentata, e
serva di esempio per le altre Regioni ad assumere una posizione dialogante e non di sola
ostruzione per individuare soluzioni in grado di saper coniugare la priorità occupazionale
che la costruzione delle centrali garantirebbero con le esigenze del territorio.
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Infine per mantenere in Italia una importante filiera bieticolo - saccarifera, prosegue
il pressing sulla Commissione europea per mettere nero su bianco il prolungamento,
promesso da Strasburgo, ma per ora rimasto sulla carta dell’attuale regime di quote
zucchero fino al 2020, permettendo così di continuare nel processo di incremento
della competitività del settore senza mettere a repentaglio l’approvvigionamento del
mercato nazionale e l’intero sistema produttivo.
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Il settore conserviero (pomodoro)
Il comparto del pomodoro rappresenta un fiore all’occhiello della nostra agricoltura
italiana e offre significative potenzialità per lo sviluppo che abbiamo cercato di cogliere
attraverso il consolidamento dell’attività contrattuale con i gruppi di riferimento
(Conserve Italia, LaDoria, Casalasco, AR etc.), ma anche attraverso la realizzazione di
un nuovo ed efficace sistema di governance della filiera.
L’analisi: dal 2011 gli aiuti al pomodoro sono completamente disaccoppiati. Dopo un
triennio di disaccoppiamento parziale, che ha innescato un processo di aggiustamento
sia da parte dei produttori agricoli che dell’industria di trasformazione, con la
conseguenza di una forte penalizzazione sulla tutela dei lavoratori ed il dilagare
sempre più diffuso del lavoro nero. Il settore è caratterizzato da un persistente
dualismo: al Nord dove opera “Il distretto del pomodoro da industria” creato tra
le province di Parma, Piacenza, Cremona, Mantova e poi esteso alle regioni Emilia
Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e della Provincia Autonoma di Bolzano, oggi
riconosciuto come Organizzazione Interprofessionale Interregionale, con il quale si
sono potute sviluppare vere politiche di filiera integrata e promuovere esperienze
di contrattazione di distretto che rappresentano l’unico riferimento oggi utile a
supportare la strategia di allargamento della contrattazione di 2° livello.
Il sud del Paese, caratterizzato per l’eccessivo numero di Organizzazioni di produttori
e di aziende di trasformazioni medio - piccole, senza un sistema di governance che
non concorre alla costituzione di un’adeguata politica di filiera. Nelle attività agricole,
dove la raccolta è manuale e non automatizzata, viene spesso completamente negata
ogni forma di diritto e l’offerta di lavoro è condizionata in molti casi dall’illegalità,
sino a produrre vera e propria schiavitù dove la manodopera extracomunitaria diventa
la “merce” più conveniente. Nelle attività industriali, nella maggior parte dei casi, il
discrimine diventa l’applicazione dei contratti e delle norme vigenti.
Relazione sulle deleghe dei settori - Claudio Risso
Negli incontri con Anicav ed Aiipa svolti dopo la loro mancata firma (poi recuperata)
del Ccnl dell’Industria Alimentare, abbiamo convenuto sulla costituzione di un Tavolo
di settore per affrontare all’origine le cause delle attuali difficoltà e permettere alle
Parti di elaborare un progetto condiviso di sviluppo. Il Tavolo dovrà essere sede
di analisi e monitoraggio delle dinamiche del comparto per assumere posizioni
concertate nelle occasioni di confronto con Istituzioni ed Enti pubblici che operano
sul settore. Negli obiettivi condivisi vi è la promozione e lo sviluppo di un innovativo
sistema di contrattazione integrativa a livello di comparto/settore in grado di dare
certezza riguardo ai soggetti, ai tempi ed ai contenuti della contrattazione.
Infine sono stati proposti alcuni passi operativi da attivare: nei confronti dell’Inps al
fine di dirimere la questione della definizione del concetto di prevalenza nell’ambito del
rapporto tra attività principale e attività connessa, per evitare il fenomeno del dumping
contrattuale; nei confronti del Ministero del Lavoro per programmare un’azione incisiva
di contrasto al lavoro irregolare e all’illegalità diffusa in alcune aree del Paese; nei confronti
dei soggetti di rappresentanza, e cioè i Distretti e le Associazioni Cooperative, con le
quali esiste da anni un contenzioso legato all’applicazione dei Contratti nazionali operanti
nel settore. Quest’ultima questione assume una valenza politica notevole, soprattutto
nel contesto attuale caratterizzato da processi di fusioni di imprese e/o scorpori di realtà
produttive con struttura societarie diverse anche se operanti nel medesimo comparto.
Le prossime settimane saranno decisive per licenziare il documento costitutivo del Tavolo
di settore conserviero – pomodoro, che auspichiamo diventi l’esperienza guida per una
nuova stagione delle relazioni orientate alla bilateralità e alla partecipazione.
Il settore delle carni rosse
Vanno colte tutte le opportunità relative ai consistenti finanziamenti pubblici
comunitari destinati ai Psr che devono supportare progetti integrati di filiera e gli
strumenti della programmazione territoriale. Oggi questo progetto sta vedendo la
luce e con orgoglio lo ascrivo alla nostra determinazione.
Il mercato europeo e nazionale della carne risulta condizionato da shock sanitari/veterinari
e dall’evoluzione delle normative sulla sicurezza, igiene e sanità delle strutture produttive.
In tale contesto, molte imprese di piccole dimensioni, non in grado di far fronte agli
investimenti necessari all’adeguamento degli impianti, sono uscite dal mercato, mentre si
sono rafforzate le strutture di dimensione maggiore, con impianti produttivi all’avanguardia
e sistemi di controllo qualità efficienti, evidenziando quindi la necessità di fare sistema. Per
questo, coerentemente, abbiamo favorito e sviluppato il modello d’impresa realizzato nel
sito di Ospedaletto Lodigiano della Cremonini, fondato su un concetto di sinergia di interessi
distinti ma non distanti, dove si integra bene lo spirito del lavoro in cooperativa coniugando
risposte alle esigenze produttive ed ai bisogni dei lavoratori, convinti che attraverso il
governo delle flessibilità si migliori la competitività. Per questo abbiamo contrastato
la pratica degli appalti illeciti, processi che producono concorrenza sleale fra le imprese
e disarticolazione del sistema di tutele e di diritti (contrattuali e di legge) dei lavoratori
occupati. Altro tratto caratteristico di tale esperienza è rappresentato dalla formazione e
l’addestramento in produzione di giovani apprendisti (percorso realizzato in collaborazione
con lo IAL Lombardia) che poi diventano risorse stabilmente occupate. Stiamo lavorando
per rafforzare il dialogo con le Associazioni di riferimento (Assica, Assocarni, Una Italia e
Assalzoo) e, come per l’esperienza descritta nel capitolo del settore pomodoro, per costituire
un Tavolo di settore con i medesimi obiettivi e caratteristiche operative.
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La proposta: alla luce di questa situazione, insieme alle tre regioni del sud
maggiormente interessate Campania, Puglia, Basilicata, abbiamo promosso la
realizzazione, con il convergente impegno delle Istituzioni, delle Organizzazioni dei
produttori e dei lavoratori di un vero e proprio distretto incentrato su: difesa della
tipicità delle produzioni, sua integrazione e progetto di sviluppo, affermazione dei
diritti dei lavoratori, circostanze imprescindibili per determinare le condizioni di uno
sviluppo sostenibile. Infatti un sistema produttivo come la filiera agroalimentare,
diventa di qualità se oltre a produrre secondo norme e standard comunitari e nazionali,
assicura buona occupazione governando tutti i suoi segmenti: la produzione agricola,
il trasporto, l’attività di trasformazione, la vendita.
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Tanti i temi da affrontare: la sicurezza alimentare e il rispetto delle regole contrattuali
in primis, capisaldi irrinunciabili di una politica strutturale del settore che deve mirare
alla qualità, alla trasparenza, alla reale tutela del consumatore. Riequilibrare il rapporto
tra produttori e la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) che considera la carne
come “prodotto civetta”. Servono quindi innovazione, interventi mirati a garantire
la sicurezza personale nei luoghi di lavoro, nei mangimifici, nei macelli come negli
allevamenti, per fermare la deriva di questi anni che, al fine di produrre carne ad un
prezzo sempre più basso, ha determinato un’organizzazione della produzione che ha
scaricato i costi all’interno del settore e sulle condizioni dei lavoratori.
Sul piano contrattuale vanno sottolineate alcune positive esperienze: il primo accordo
integrativo realizzato con il Gruppo Grandi Salumifici Italiani (GSI), ed il primo accordo di
comparto (conserve animali) per circa 300 aziende del territorio parmense. Al contrario,
invece, siamo impegnati nella delicata vertenza Fiorucci (Campofrio) per evitare i pesanti
esuberi annunciati dall’azienda.
I gruppi alimentari industriali, visione e prospettive
(Barilla, Unilever, Cremonini, Newlat, Conserve Italia,
Casalasco, La Doria, Spumador, GSI)
Abbiamo assistito in questi anni ad un mutamento profondo della mappa dei grandi Gruppi
alimentari in Italia, sia per passaggi completi di proprietà (soprattutto in mani straniere), sia
per i profondi mutamenti di assetti e di core business che non necessariamente vanno letti
in maniera negativa ma anzi, molto spesso, sono risultati utili per salvare situazioni di crisi
ormai irreversibili. Questi processi però ci danno alcuni segnali da non sottovalutare.
Relazione sulle deleghe dei settori - Claudio Risso
Da qui un’indicazione per una nuova stagione di contrattazione, che preveda premi
di produttività costruiti su parametri innovativi capaci di coniugare sostenibilità e
responsabilità sociale, con comportamenti che permettano razionalizzazione di
costi energetici, miglior riutilizzo e differenziazione degli scarti, per consentire che
i risparmi conseguiti vengano reinvestiti. Queste azioni si potrebbero rilevare nuove
opportunità che permettano ai lavoratori di non sentirsi più solo “pezzi di ricambio”
di un sistema ma attori protagonisti portatori di nuove professionalità.
In questo contesto di crisi così profonda, continuiamo ad orientare le aziende
a sostenere i volumi anche a scapito di una minore efficienza finanziaria, per
sostenere l’occupazione ma anche per reggere le richieste della Grande distribuzione
organizzata, promuovendo il concetto di competizione incentrato sempre più sulla
qualità e non solo sui costi del lavoro. Questi cambiamenti implicano la messa in atto
di un processo culturale nel quale coinvolgere i lavoratori attraverso la contrattazione
e la certificazione della formazione professionale.
Credo serva anche a noi provare ad uscire da questa spirale di negatività che spesso
attanaglia il nostro quotidiano, anche negli atteggiamenti con le controparti. Realismo
ma anche speranza, perché è nelle crisi che sorge l’inventiva, che si delineano le
grandi strategie. Dobbiamo provarci con coraggio.
Infine un sincero ringraziamento ai colleghi coordinatori nazionali che con me hanno
collaborato in questi anni impegnativi con competenza, passione e costanza.
Prosegue infatti un trend che mostra una persistente debolezza del capitalismo industriale
italiano nel settore, dovuto sia ad una ridotta consistenza della struttura finanziaria,
alimentata anche da una bassa propensione delle banche a supportare investimenti sia ad
una difficoltà nel ricambio generazionale nei Gruppi a conduzione famigliare. Serve una
maggiore capacità dei Gruppi e delle Aziende di fare sistema, non tanto come elemento
di conquista o aggressione dei mercati ma, oggi più che mai, come chiave difensiva,
visto che siamo di fronte ad una nuova stagione di conquista dei nostri migliori marchi
da parte di top player stranieri. Va definito un nuovo piano Italia capace di aumentare la
capacita produttiva del nostro sistema industriale, che impedisca che si faccia business in
Italia con i soldi pubblici e poi si venda per fare profitti.
In questo senso va orientata la nostra capacità contrattuale per far aumentare alle
aziende la propensione agli investimenti mirati ad aumentare la capacità dimensionale
delle nostre realtà produttive.
La tesi che sostiene che gli investimenti sono frenati in Italia dall’incidenza del costo
del lavoro non rende giustizia. Il Gruppo Barilla, ad esempio, ci ha fatto sapere che
con il differenziale del costo dell’approvvigionamento energetico rispetto a quello
degli altri Paesi europei, si costruirebbe uno stabilimento all’anno.
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Fabrizio Scatà
Segretario nazionale Fai Cisl
Relazione deleghe-settori:
Mercato del Lavoro
43
Previdenza 47
Inps 49
Settori:
La filiera del tabacco
51
Pesca 53
Cooperazione agricola 56
Consorzi Agrari
57
Fai Inas59
PSN-PSR60
Gruppi alimentari
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
Mercato del lavoro
Dopo 10 anni dal varo della Legge 30/2003 (c.d. Legge Biagi) e dei suoi decreti attuativi, l’azione riformatrice del Governo Monti – sollecitata dall’Unione europea – ha
ridefinito un nuovo quadro normativo del Mercato del Lavoro in Italia. La Legge 28
giugno 2002 n. 92, c.d. Riforma Fornero, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
del 3 Luglio 2012, n.153.
Il nuovo testo legislativo è, per la Cisl, il frutto di un equilibrio faticosamente raggiunto tra Governo e Parti Sociali che tende ad avvicinare il Paese ai modelli europei più
avanzati in materia.
La Riforma nel suo complesso definisce: l’apprendistato quale canale privilegiato per
l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; gli incentivi alle imprese per i contratti
stabili; l’aumento delle tutele per i lavoratori con collaborazioni a progetto; la partecipazione dei lavoratori nelle imprese; l’estensione della fruizione degli ammortizzatori sociali ai lavoratori dipendenti da aziende al di sotto dei 15 dipendenti attraverso
lo strumento della bilateralità contrattuale; l’obbligo della tutela ai settori non coperti dalla Cig tramite la costituzione di Fondi bilaterali contrattuali di solidarietà presso
l’Inps, con funzioni erga omnes. In tema di flessibilità, la nuova normativa contrasta
quella negativa in entrata come l’associazione in partecipazione, le false partite Iva,
il lavoro intermittente e i tirocini/stage, cercando di evitarne l’uso distorto avvenuto
in questi ultimi anni.
Si mantengono la somministrazione e il lavoro a termine destinatario di un aumento degli oneri contributivi. Il costo del lavoro a progetto viene parificato a quello
del lavoro dipendente. Per la flessibilità in uscita viene contemplata una procedura
preventiva obbligatoria in caso di licenziamento individuale per motivi economici,
mentre per i licenziamenti illegittimi, accertati dal Giudice, è previsto il reintegro del
lavoratore, ma anche l’opzione dell’indennizzo.
Vengono riconfermati gli ammortizzatori sociali in deroga come la Cassa integrazione ordinaria/straordinaria ed i contratti di solidarietà, come strumenti utili ad affrontare le criticità produttive. L’indennità di disoccupazione si trasforma in assicurazione
sociale per l’impiego (AspI), rafforzandosi nella durata e nella copertura, sostituendo
dal 2011 l’indennità di mobilità. La disoccupazione con requisiti ridotti viene sostituita dalla Mini AspI che riduce, in modo significativo, le prestazioni e la contribuzione
figurativa di 500.000 lavoratori, di cui 100.000 dell’Industria alimentare.
Viene prevista poi una maggiore protezione sociale dei lavoratori anziani in caso di
disoccupazione: oltre l’AspI si prevede la costituzione di Fondi settoriali che potranno
riconvertire, con accordo tra le Parti, l’attuale contribuzione prevista per l’indennità
di mobilità.
Unitariamente a Flai e Uila abbiamo proclamato, durante l’iter parlamentare di questa Legge, due scioperi nazionali dei lavoratori agricoli (27 aprile-9 maggio 2012) con
cui abbiamo evitato l’estensione dell’utilizzo dei voucher in agricoltura ed ottenuto
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
la non inclusione del settore agricolo nella norma, anche perché già regolato dalla
Legge 247/2007. Per quanto riguarda il lavoro accessorio, alcuni dei risultati ottenuti
con la Riforma Fornero (valore orario, numerazione e data del voucher) sono stati
messi in discussione da una lettera circolare, emanata unilateralmente dal Ministero
senza confronto con le Parti Sociali, del 18 febbraio u.s.
Su questi temi scontiamo ancora oggi, purtroppo, una mancata apertura del confronto con le Istituzioni competenti, ciò nonostante alcuni degli obiettivi prefissati
siano stati oggetto di risoluzione, come ad esempio:
Di questo atto amministrativo, non rispondente al dettato normativo, ne abbiamo
chiesto il ritiro unitariamente ed unitamente alle nostre Confederazioni e saremo
pronti, in caso contrario, a proclamare specifiche iniziative di mobilitazione.
• l’istituzione di elenchi trimestrali di variazione;
La Legge 92/2012 mostra evidenti limiti che, ci auguriamo, vengano superati in breve
tempo. Crediamo inoltre che sarà importante intervenire per: rafforzare le politiche
attive del lavoro; ridurre il periodo di intervallo dei contratti a termine; aumentare i
periodi di fruizione dell’AspI; rivisitare il sistema di calcolo della Mini AspI; ridurre le
attuali tipologie di lavoro; prevedere sgravi fiscali e contributivi da correlare all’occupazione; valorizzare la flessibilità positiva e contrastare meglio quella negativa in
entrata; implementare ed innovare le politiche di orientamento; definire una nuova
gestione del Mercato del Lavoro attraverso la bilateralità contrattuale; sostenere una
formazione professionale e continua correlata alle esigenze del Mercato del Lavoro;
modificare la Legge 247/07 per rendere fruibile l’istituto della calamità ai lavoratori
agricoli.
Su queste proposte vogliamo, come Sindacato, aprire un confronto con il Governo,
sperando che lo stesso sia consequenziale alle sue dichiarazioni programmatiche.
Sul versante agricolo, in questi anni, si sono sottoscritti tra le Parti Sociali del settore,
due avvisi comuni in tema di Mercato del Lavoro e Previdenza.
Il primo il 23 giugno del 2009, il secondo il 24 gennaio 2012 aggiornato alle novità
legislative, i cui punti qualificanti sono:
• nuova gestione del lavoro agricolo;
• rafforzamento della bilateralità;
• costituzione di un osservatorio nazionale in materia di lavoro e previdenza agricola;
• riordino del sistema contributivo agricolo;
• agevolazioni contributive alle aziende virtuose in tema di sicurezza sul lavoro;
• credito d’imposta alle aziende correlato all’incremento del numero di giornate
lavorative;
• applicazione integrale della L. 247/07 e 81/06;
• riforma dei criteri di erogazione delle prestazioni temporanee;
• semplificazione amministrativa delle procedure di instaurazione e gestione dei
rapporti di lavoro;
• limitazione dell’utilizzo dei voucher;
• definizione del contenzioso agricolo.
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• la pubblicazione on-line degli elenchi nominativi annuali/trimestrali dei lavoratori
agricoli (L. 111/2011);
• l’attuazione dello sgravio di contributi antinfortunistici per le aziende virtuose in
tema di sicurezza sul lavoro (art. 1, comma 60, Legge 247/07);
• la prossima costituzione, presso le sedi Inps, di poli specializzati di settore così
come previsto dall’art. 1, comma 11, della Legge 81/06.
Preso atto di quanto accaduto, come Parti Sociali del settore agricolo, in considerazione dell’insediamento del nuovo Governo reitereremo subito la richiesta di costituzione del Tavolo negoziale.
Per quanto concerne invece la sicurezza sul lavoro, il Decreto Interministeriale del 27
marzo 2013 ha recepito integralmente i contenuti dell’Avviso Comune sottoscritto
tra le parti Sociali del settore agricolo il 16 settembre 2011. Con questa norma si
sanciscono particolari disposizioni per specificare gli obblighi di sorveglianza sanitaria nonché di informazione e formazione per i lavoratori agricoli che prestano la
loro attività sino a 50 giornate di lavoro annue. Il Decreto è un buon esempio di
provvedimento negoziato dove la bilateralità è cardine della semplificazione. Infatti,
ha demandato in materia di sorveglianza sanitaria anche agli “Enti Bilaterali e agli
organismi paritetici del settore agricolo e della cooperazione di livello nazionale o
territoriale” tali importanti adempimenti. Gli Enti bilaterali sono chiamati dal legislatore a favorire l’assolvimento di questi obblighi mediante la stipula di convenzioni
con l’Asl o con i medici competenti. Alla bilateralità, inoltre, vengono affidati anche
i compiti di formazione–informazione in materia. Il giudizio di idoneità del medico,
competente per singolo lavoratore, produce i suoi effetti nei confronti di tutti i datori
di lavoro iscritti agli Enti Bilaterali.
Il Mercato del Lavoro è un tema importante per cui sarà necessario che il sindacato in
futuro non si limiti a gestire solo i processi espulsivi del lavoro, ma anche quelli in entrata.
I tragici fatti di Rosarno e di tante realtà del Paese ci inducono a dare nuove e tempestive soluzioni agli annosi problemi del lavoro del nostro settore.
Le proposte avanzate unitariamente a Flai e Uila, ma anche come Parti Sociali del
settore agricolo ai vari Governi che si sono succeduti in questi anni, sono obiettivi
importanti da raggiungere, ma da soli non bastano.
È per noi importante addivenire nel settore agroalimentare ad un governo del Mercato del Lavoro contrattuale e bilaterale (dove il pubblico abbia soltanto funzioni di
controllo e certificazione degli atti della bilateralità); ipotesi quest’ultima in antitesi
alle proposte della Flai e Funzione Pubblica Cgil tese unicamente verso un modello
gestionale solo “pubblico, controllato e trasparente”.
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
I fenomeni distorsivi del Mercato del Lavoro non possono essere contrastati soltanto con il riconosciuto reato di caporalato. Nel settore agricolo il lavoro nero è una
caratteristica strutturale, svolto spesso da lavoratori immigrati, sottopagati e senza
permesso di soggiorno, reclutati dai caporali di turno che svolgono l’attività di intermediazione illecita della manodopera.
Questo atavico problema necessita indubbiamente di immediate soluzioni.
Auguriamo che la matura e diffusa bilateralità del settore agroalimentare sia pronta a raccogliere questa sfida per non delegare a terzi l’incontro tra domanda e offerta del lavoro.
Mercato del Lavoro – Scheda statistica 2012 comparto agroalimentare
Nel 2012, secondo le stime diffuse a dicembre da Eurostat nei Conti economici dell’agricoltura (Cea), il valore della produzione agricola italiana (a prezzi correnti) è aumentato del 2,7% rispetto al 2011, ma tale risultato è dovuto esclusivamente all’andamento positivo dei prezzi, in quanto la produzione a valori costanti è diminuita del
2%, evidenziando una contrazione delle quantità prodotte dall’agricoltura italiana.
Archiviata una campagna vitivinicola tra le più negative degli ultimi decenni (-8% la
produzione rispetto al 2011), si registra un flessione anche per l’olio di oliva (-11,7%),
per la frutta (-9,7%), per gli ortaggi, per i legumi e le patate (-7%), per il mais (-16%),
per la soia (-4,4%) e, nel comparto zootecnico, per le macellazioni bovine (-2,9%).
Nel 2012 risultano, invece, in crescita oltre ai raccolti di frumento duro (+12,4%) e
tenero (+22,9%), le macellazioni suine (+4%) e le consegne di latte (circa +1%).
Sostanzialmente critiche anche le performance dell’industria alimentare. Secondo le stime del Centro Studi Federalimentare, nel 2012 il fatturato ha raggiunto i 130 miliardi di
euro con un aumento del 2,3% rispetto al 2011, aumento legato, tuttavia, esclusivamente
all’effetto prezzi. La produzione in termini quantitativi è calata difatti del 1,4% rispetto al
2011 a parità di giornate lavorative. Rispetto al livello di picco pre crisi del 2007, peraltro, la
produzione 2012 dell’industria alimentare ha ceduto “solo” 2,5 punti percentuali, a fronte
dei 22,9 punti dell’industria italiana nel suo complesso. D’altra parte, la crisi dei consumi
interni ha colpito il settore in modo più pesante rispetto alla media del Paese. I consumi alimentari degli ultimi 12 mesi hanno registrato una flessione del -3%: un dato a prima vista
meno eclatante rispetto alle perdite di altri comparti industriali (a cominciare dall’automobilistico), ma che corrisponde comunque a una perdita in valore di -6,8 miliardi di euro. La
flessione dei consumi ha innescato, negli ultimi anni, il calo del valore aggiunto espresso
dal settore alimentare, sceso, dal 2007 ad oggi, di quattro punti percentuali.
Complessivamente, comunque, l’occupazione nel settore agroalimentare tiene. In
agricoltura si registra, rispetto al 2011, un aumento dell’occupazione dipendente del
3,6% a fronte di una diminuzione della componente indipendente del 3,7%, generando un bilancio negativo dell’occupazione (-0,2%) tra il 2011 ed il 2012.
Va quindi sottolineato che, nel lungo periodo di crisi, il comparto primario ha rappresentato quello che ha subìto di meno l’emorragia occupazionale. Basti pensare che,
nel 2009, gli occupati in agricoltura erano 849 mila, lo stesso del 2012.
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Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
Più problematica appare la situazione dell’industria agroalimentare che chiude il 2012
con un volume di 405 mila addetti a fronte dei 408 mila del 2011 ed i 410 mila del
2010 e con una sensibile riduzione delle ore lavorate. Un’erosione dei livelli occupazionali derivante dalla mancata sostituzione del turn over fisiologico, che si traduce in circa 5 mila posti di lavoro in meno negli ultimi due anni. Secondo l’analisi congiunturale
Format Research-Federalimentare, condotta su un campione di 1.000 imprese nell’intero territorio nazionale, circa il 10% delle aziende ha dichiarato di aver dovuto ridurre
l’organico. In compenso, circa il 4% delle imprese prevede nuove assunzioni nel 2013.
Previdenza
Il sistema previdenziale italiano è sicuramente meno costoso rispetto ad altri esistenti
in alcuni importanti Stati europei (Germania, Francia ecc.). Ciò nonostante, la previdenza pubblica nel nostro Paese continua ad essere oggetto di continue riforme,
volte, in alcuni casi, soltanto allo scopo di fare cassa. L’ultima Riforma delle pensioni,
c.d. Riforma Fornero, è figlia indubbiamente di un impegno politico assunto e mantenuto dai governi della precedente legislatura nei confronti dell’Unione europea,
volto unicamente al risanamento dei conti pubblici del Paese.
Questa norma varata unilateralmente dal Governo Monti senza il confronto con le
Parti Sociali, sconta nel Paese una mancata condivisione dei lavoratori, motivo per cui
sarà necessario in futuro riaffermare un metodo concertativo tra le Parti (SindacatoIstituzioni) capace di fare sintesi delle diverse esigenze economiche e sociali. Va detto, però, che i molteplici interventi legislativi effettuati in materia negli anni passati
sono stati finalizzati a raggiungere un nuovo equilibrio tra le entrate derivanti da
contribuzione e le risorse occorrenti per la liquidazione delle prestazioni pensionistiche, al fine di creare un nuovo sistema di sicurezza sociale.
• La Legge 214/2011, (Riforma Fornero), nel ridefinire il quadro normativo della
previdenza pubblica italiana prevede una serie di novità:
• l’abolizione delle finestre di uscita e le quote introdotte dalle precedenti legislazioni;
• la conferma del requisito minimo di anzianità contributiva (20 anni);
• per tutti i lavoratori a decorrere dal 1° gennaio 2012 il calcolo contributivo delle
pensioni con il sistema pro-rata;
• la rivisitazione dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni;
• per le donne lavoratrici dei settori privato ed autonomo l’innalzamento dei requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia prevedendo l’equiparazione
dell’età di pensionamento delle stesse a quella degli uomini (66 anni nel 2018 e
67 nel 2021);
• il pensionamento flessibile da 62 a 70 anni;
• per tutti gli uomini del settore pubblico e privato (autonomi-dipendenti), dal 1°
gennaio 2012, il conseguimento della pensione a 66 anni di età;
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
• la sostituzione della pensione di anzianità con quella anticipata innalzando i requisiti anagrafici e contributivi e disponendo una penalità dell’1% e del 2% in
caso di pensionamento anticipato prima dei 62 anni;
• Piani individuali pensionistici (Pip) – istituiti dalle Compagnie di assicurazione;
• per tutti i lavoratori autonomi il graduale aumento delle aliquote contributive al
22% entro il 2018.
Dall’ultimo bilancio effettuato dalla Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) relativo all’anno 2012, si denota un aumento delle adesioni alla Previdenza
complementare rispetto al 2011 pari al 6% per un totale di 5.866 milioni di iscritti.
I Fondi pensione negoziali hanno avuto una leggera flessione (-1,2%) mentre quelli
aperti fanno registrare un incremento nell’anno 2012. Alifond, Agrifondo, Filcoop e
Fondapi (Fondi negoziali del settore agroalimentare) nell’anno 2012 hanno in alcuni
casi, consolidato le adesioni ed in altri casi accresciuto moderatamente il numero degli iscritti. Nel suo complesso la Previdenza complementare ha riscontrato nell’anno
2012 alcune criticità derivanti dalla crisi finanziaria in atto e da una difficoltà delle
Parti Sociali inerente il sistema informativo nelle piccole e medie imprese.
Da una attenta valutazione dei contenuti della Riforma, si evince la necessità di modificarla in breve tempo, attraverso il confronto tra Governo e Parti Sociali, al fine di
realizzare un sistema previdenziale socialmente sostenibile.
A tal proposito riteniamo indispensabile superare il problema degli esodati (350.000
censiti dall’Inps di cui 130.000 salvaguardati), ampliare le tutele previste dalla legge
sui lavori usuranti (L.67/2011) ad alcune tipologie professionali dei diversi settori
produttivi (agroalimentare, edile, etc…), revisionare in un modo più equo i coefficienti di trasformazione utilizzati per il calcolo della pensione, definire un sistema
flessibile per l’accesso alla pensione (incentivi-disincentivi), eliminare il blocco della
rivalutazione annuale delle pensioni, risolvere il problema delle ricongiunzioni onerose, eliminare le penalità dell’1% e del 2% previste per il pensionamento anticipato
prima dei 62 anni e favorire l’adesione obbligatoria alla previdenza complementare.
Questi importanti obiettivi necessitano però di una immediata apertura di un Tavolo di
confronto tra Governo e Parti Sociali per traslare queste proposte in atti legislativi coerenti.
Previdenza complementare
Dall’attuale assetto normativo in materia di previdenza pubblica, si denota che le future prestazioni pensionistiche avranno un importo minore rispetto a quelle liquidate
negli anni precedenti.
In questo scenario, la previdenza complementare assumerà, in futuro, un ruolo sempre più strategico per garantire ai futuri pensionati un reddito previdenziale adeguato alle proprie necessità.
È indispensabile, quindi, che le Parti Sociali del settore agroalimentare rafforzino
l’azione promozionale a sostegno della Previdenza complementare attraverso un costante presidio dei luoghi di lavoro per incentivare le adesioni dei lavoratori ai fondi
pensionistici di settore (Agrifondo, Filcoop, Alifond e Fondapi).
La Previdenza complementare in Italia è stata disciplinata per la prima volta dal D.Lgs.
124/93 e poi definitivamente regolata dal D.Lgs. 252 del 2005.
Le tipologie pensionistiche complementari oggi esistenti sono:
• Fondi pensione negoziali (chiusi) che prevedono anche il contributo del datore di
lavoro, derivanti dalla contrattazione collettiva (nazionale, di settore o aziendale);
• Fondi preesistenti già istituiti prima del varo del D.Lgs. 124/93.
Oltre ad una costante azione promozionale a sostegno del secondo pilastro della
previdenza italiana, per la Fai e la Cisl, occorre favorire l’adesione obbligatoria alla
Previdenza complementare.
Inps
Come Fai, ma anche unitariamente, nel costante confronto avuto con l’Inps nazionale abbiamo non solo consolidato ed accresciuto il rapporto con la stessa, ma rivendicato ed ottenuto una maggiore valorizzazione della specificità del settore agricolo
in seno all’Istituto.
In questa direzione una prima nota positiva è stata quella riguardante l’istituzione di
un servizio on-line che consente ai vari livelli della Federazione (nazionale, regionale,
territoriale) la visualizzazione di ogni singola liquidazione di deleghe sindacali derivanti dalle domande di Disoccupazione agricola, evitando così la giacenza in ambito
nazionale di somme non liquidabili ai Territori per carenza di informazioni.
In questi anni altresì, si sono rispettati i tempi di pubblicazione degli elenchi nominativi annuali/trimestrali dei lavoratori agricoli e quelli relativi alla liquidazione
delle prestazioni di Disoccupazione agricola, uniformando al contempo il modello
di richiesta della DS agricola (Prest. Agr. 21 TP) alla modulistica generale utilizzata
dall’Inps per altri settori, mantenendo in prima pagina il campo per la sottoscrizione
della delega sindacale (unico settore).
Un altro risultato importante riguarda la sottoscrizione dell’Accordo di collaborazione operativa tra Fai, Flai, Uila e l’Inps (19-12-2012), vertenza quest’ultima derivante
da un documento sulla criticità Inps elaborato dal gruppo di lavoro “Fai Previdenza”,
poi di fatto condiviso unitariamente e inviato all’Istituto.
• Fondi pensione aperti – istituiti dalle Banche, Imprese di assicurazione, Società di
gestione del risparmio (Sgr) e Società di intermediazione mobiliare (Sim);
L’intesa valorizza l’utilizzo del canale telematico quale strumento unico di comunicazione.
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
L’Accordo, come da noi richiesto, prevede:
• la visualizzazione dei dati retributivi e contributivi contenuti nelle denunce trimestrali di manodopera trasmesse all’Inps dai datori di lavoro agricolo;
• la verifica dello stato di lavorazione e la visualizzazione del prospetto di liquidazione delle domande di Disoccupazione agricola;
• la visualizzazione continua degli elenchi nominativi annuali e trimestrali di variazione dei lavoratori agricoli, ad oggi possibile soltanto per i 15 giorni successivi
alla loro pubblicazione come previsto dalla L. 111/2011;
• la liquidazione delle domande di Disoccupazione agricola entro il 31 maggio
dell’anno successivo a quello di competenza;
• la stipula di una convenzione Inps-Inail per disciplinare l’anticipazione dei trattamenti infortunistici ai lavoratori agricoli;
• l’accredito tempestivo della contribuzione figurativa in caso di maternità, malattia, Cisoa, etc…;
• l’istituzione, presso le sedi Inps, di poli specialistici di settore (agricoltura) nelle realtà provinciali aventi un minimo di 700 lavoratori iscritti (compresi OTI) negli elenchi
nominativi annuali dei lavoratori agricoli. Nelle regioni che non hanno province con
tali requisiti sarà comunque costituito un polo specialistico regionale.
Inoltre, il 18 marzo di quest’anno, previo confronto con l’Istituto, Fai, Flai e Uila per
dare corso alla fase attuativa dell’Accordo di collaborazione, hanno sottoscritto singolarmente con l’Inps un Protocollo d’intesa con cui si istituiscono presso le rispettive sedi nazionali dei punti clienti di servizio dell’Istituto, per erogare i servizi condivisi
nell’Intesa del dicembre 2012. Questi servizi potranno essere resi unitariamente nei
confronti dei lavoratori propri associati che abbiano rilasciato specifica delega.
L’accesso alla consultazione on-line sarà consentito agli operatori degli uffici territoriali di
Fai, Flai e Uila, muniti di Pin dispositivo rilasciato dall’Istituto previa istanza da inoltrare
allo stesso attraverso le rispettive Strutture nazionali. A tal fine nel mese di giugno, come
Fai, avvieremo la fase istruttoria delle istanze di accesso ai nuovi servizi telematici.
Il 6 maggio u.s. così come convenuto con l’Inps, si è tenuta la fase formativa degli
amministratori nazionali di sistema, designati all’Inps dalle singole Federazioni nazionali e responsabili del raccordo telematico con l’Istituto per l’invio delle richieste
di abilitazione agli accessi.
Il nuovo programma telematico per l’accesso ai nuovi servizi telematici previsti dagli
Accordi sottoscritti con l’Inps, sarà realizzato – come da impegno assunto dalle stesse – entro il 31 maggio 2013.
L’Accordo ha validità triennale e si rinnova automaticamente per lo stesso periodo
tranne nei casi di modifiche, integrazioni o disdetta.
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
La filiera del tabacco
La filiera del tabacco nazionale ed europea sta attraversando un periodo di forti
difficoltà.
I comparti agricolo, premanifatturiero, manifatturiero e commerciale, per motivazioni diverse, fanno registrare da anni una costante caduta in termini di produzione,
fatturato, consumi ed occupazione. Purtroppo, trattasi non di una difficoltà legata
a fattori contingenti, ma di una crisi strutturale strettamente connessa alle politiche
dissuasive che l’Europa sta attuando contro i prodotti da fumo.
Nel Comparto agricolo in Italia nel 2012 sono stati investiti a tabacco 26.000 Ha di
terreno (22% dell’intera superficie Ue 27 invertita a tabacco) per una produzione di
tabacco greggio di 84.000 t. Le regioni più direttamente interessate sono Veneto,
Umbria, Toscana e Campania dove la tabacchicoltura rappresenta una parte significativa del reddito agricolo.
Le varietà più prodotte sono Bright, Burley, Kentuky. Quest’ultima varietà destinata
quasi esclusivamente alla produzione del sigaro Toscano.
Complessivamente sono coinvolte 5.700 aziende agricole per un’occupazione di
50.000 unità, prevalentemente stagionali.
Nel comparto si applica il Ccnl del settore agricolo.
Il futuro del comparto è strettamente legato all’evolvere delle politiche Ue. La bozza
di Politica agricola comune (Pac) predisposta dalla Commissione Ue ed attualmente
in discussione al Parlamento europeo, conferma la decisione del disaccoppiamento
totale a partire dal 2013, vale a dire erogazione di aiuti ridotti rispetto al passato e scollegati dalla produzione. Va però precisato che la Commissione agricoltura,
presieduta dall’On. De Castro, ha espresso parere contrario, cioè favorevole all’accoppiamento, anche a seguito delle forti pressioni esercitate da Fai, Flai e Uila sul
Parlamento europeo. Trattandosi di materia soggetta a codecisione (CommissioneParlamento) siamo in attesa dell’esito finale.
Su un altro piano legislativo, la “Direttiva Tabacco” in elaborazione da parte della
Commissione prevede, tra l’altro, il divieto dell’utilizzo di qualsiasi additivo nella lavorazione del tabacco. Un divieto che, se diventasse operante, creerebbe gravi difficoltà alla tabacchicoltura italiana perché alcune varietà nazionali, e particolarmente
il Burley, per essere utilizzate dall’industria delle sigarette, hanno assoluto bisogno di
additivi che ne correggano le caratteristiche organolettiche. Siamo più volte intervenuti sulla Delegazione italiana al Parlamento europeo per scongiurare tale pericolo.
Come sindacato, saremo vigili affinché vengano rispettati i tempi per dare una nuova
e migliore assistenza ai nostri associati.
Il Comparto premanifatturiero prevede le fasi di cernita, classificazione ed
imballaggio secondo le richieste specifiche dell’industria manifatturiera. Vi operano 12 aziende per un’occupazione di 9.000 unità circa, prevalentemente stagionali e donne.
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Nel 2012 la produzione nazionale di tabacco imballato è stata di 71.000 t. che saranno quasi totalmente esportate tenuto conto che in Italia, come vedremo, la produzione di sigarette è pressoché scomparsa. Fai, Flai e Uila hanno esercitato forti
pressioni sulle multinazionali PM, Bat e JT perché programmino acquisti di tabacco
in Italia dando così certezza occupazionale ad agricoltori e lavoratori.
Nel comparto vige un Ccnl specifico con vigenza triennale che scade nel dicembre
2013. Alla ripresa dei lavori post ferie estive saremo, quindi, impegnati nella stesura
ed approvazione della relativa piattaforma.
Il comparto ha subito nell’ultimo triennio un profondo processo di ristrutturazione
che ha creato notevoli difficoltà occupazionali, soprattutto in Campania, tanto da
rendersi necessario il ricorso agli ammortizzatori sociali “in deroga” tuttora in atto.
Comparto manifatturiero: nel giugno del 2011, con la riconversione in attività metalmeccaniche della Manifattura Tabacchi di Lecce (della British American Tobacco) in
Italia è pressoché scomparsa la produzione di sigarette. Resta in attività una piccola
manifattura a Chiaravalle (AN) con una produzione di circa un milione di kg. di sigarette ed un’occupazione di 50 unità.
Resta invece stabile la produzione nazionale di sigari nelle manifatture di Lucca e
Cava dei Tirreni per complessivi 750.000 Kg. ed un’occupazione di 480 unità.
Il Comparto commerciale riguarda la grande distribuzione di prodotti da fumo articolata in 12 depositi regionali e gestita dalla società spagnola Logista recentemente
acquisita dalla multinazionale Imperial Tobacco. L’occupazione è di 280 unità ed il
contratto nazionale applicato è quello dell’industria alimentare.
Nel 2012 sono stati distribuiti e consumati dal mercato nazionale 86 milioni Kg. di
prodotti da fumo quasi totalmente importati.
I 12 depositi Logista distribuiscono il prodotto a 56.000 tabaccai che, in quanto lavoratori autonomi, non rientrano nella sfera di azione del sindacato né contrattualmente né organizzativamente.
Anche per il settore commerciale sono in fase di discussione norme restrittive da
parte dell’Ue. In particolare si ipotizza l’adozione del “pacchetto bianco”, cioè senza
marchi di riconoscimento, ed il divieto di esposizione al pubblico dei pacchetti di
sigari e sigarette.
Per contrastare tali politiche, gli operatori italiani della filiera, comprese le OO.SS.,
sono ripetutamente intervenuti sulla Commissione Ue, sul Governo italiano e sui Presidenti delle Regioni più coinvolte, evidenziando il danno economico e sociale che
quelle politiche, se attuate, arrecherebbero.
I dati ufficiali sono eloquenti: l’intera filiera, dalla coltivazione alla vendita, al dettaglio, in Italia occupa oltre 180 mila unità, per un valore complessivo di 19 miliardi/
euro di cui 14 miliardi/euro destinati all’Erario.
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Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
Pesca
Pcp e Feamp
La riforma della Politica comune della pesca (Pcp) accompagnata dal nuovo Fondo
europeo per gli affari marittimi e della pesca (Feamp) saranno gli “strumenti”, rispettivamente programmatorio e finanziario, che regoleranno e sosterranno tutto il
sistema pesca nella intera Unione europea nel periodo 2014-2020. Trattasi, quindi,
di due fondamentali riferimenti normativi ai quali ogni Stato membro appartenente
alla Ue - ovviamente Italia compresa - dovrà obbligatoriamente “allineare” tutte le
politiche di sviluppo e di sostegno per il settore pesca. Tali impianti normativi sono
attualmente in discussione presso le Istituzioni europee nel “trilogo” tra Consiglio,
Esecutivo e Commissione, con l’obbiettivo di varare in via definitiva la riforma della
Pcp entro giugno prossimo ed il nuovo Feamp entro dicembre 2013.
La necessaria ricerca della sostenibilità della risorsa alieutica e la salvaguardia dell’eco-sistema marino sono obiettivi imprescindibili per la Comunità europea per dare
continuità all’economia ittica e mantenere/aumentare l’occupazione e la competitività delle imprese specificatamente in questo particolare momento di crisi generalizzata. La Commissione, nel proporre la prima bozza di riforma della Pcp, infatti, ha delineato in tre punti chiave la propria proposta: sostenibilità ambientale, sostenibilità
economica e sostenibilità sociale.
Per la sostenibilità ambientale e la tutela della risorsa ittica, la discussione a livello europeo si sta sviluppando tra chi sostiene (Commissione) l’immediata entrata in vigore
del “rendimento massimo sostenibile” (Msy) e chi, di contro, vede in questa misura
una ulteriore penalizzazione per i pescatori e quindi ne chiede il rinvio. Anche l’Italia
ha forti preoccupazioni per questa misura proposta e sostenuta dalla Commissione,
motivo per cui ha chiesto una maggiore flessibilità della stessa e il differimento della
sua applicazione. Analogamente si riscontrano criticità nei negoziati sulla misura che
prevede il “divieto di rigetti in mare”.
Queste sono le due questioni ancora da definire e condividere con il voto finale del
Parlamento europeo. È da precisare, comunque, che gli obiettivi fondamentali sono
largamente condivisi da tutte le forze politiche e sociali, come pure sostanzialmente,
ma non ancora definitivamente, lo sono le misure di accompagnamento del Feamp.
Piano triennale
Il 30 gennaio u.s. il ministro delle Politiche Agricole ha adottato il Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2013-2015. Il documento di programmazione contiene gli interventi di competenza nazionale, strettamente integrati a
quelli dell’Ue per la tutela dell’ecosistema marino, della concorrenza e competitività
delle imprese di pesca. Nell’ambito della trasformazione delle politiche europee di
settore in atto, il Programma assume un ruolo ancor più significativo rispetto al
cambiamento atteso dalla riforma della Politica comune della pesca, il cui obiettivo
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
è rilanciare la crescita sostenibile dell’economia del mare nel prossimo decennio. In
quest’ottica costituisce quindi lo strumento di sviluppo della produzione e dell’occupazione (promozione della cooperazione e dell’associazionismo, di nuovi modelli
di gestione delle attività di pesca per un uso responsabile delle risorse naturali, della
tutela del consumatore e dell’integrazione del reddito degli operatori del settore).
Nel settore pesca Fai, Flai e Uila sottoscrivono tre Contratti collettivi nazionali di lavoro:
A conclusione di un decennio difficile per la pesca italiana, che ha registrato il progressivo peggioramento di tutte le principali variabili macroeconomiche, cresce l’aspettativa presso le imprese ed i lavoratori per un nuovo ed efficace modello di regolazione in grado di rendere più competitivo e più sostenibile il settore della pesca. La
pesca e l’acquacoltura sono comparti di un unico settore capace di creare reddito ed
occupazione a condizione che il Governo, di concerto con le Parti Sociali e le Istituzioni locali, siano in grado di supportare, attraverso una programmazione adeguata
ai tempi odierni, le esigenze e le aspettative dell’intero mondo della pesca.
• Il Ccnl per gli imbarcati su natanti armati da cooperative di pesca o da loro soci
sottoscritto con le tre Centrali cooperative la cui durata triennale decorre dal
28/07/2010 al 27/07/2012. Il Ccnl pesca sottoscritto con la Cooperazione è stato
definito da tutte le parti un contratto storico poiché con la sua definizione è stato
colmato un “vuoto” contrattuale nel settore cooperativo che sussisteva da oltre
18 anni. Un Ccnl di difficile gestione in quanto anche tra Fai, Flai e Uila si sono
registrate idee diverse sulla sua attuale agibilità e validità determinata, purtroppo
ancora oggi, dal non superamento della norma di condizionalità. È comunque
intenzione della Fai, dichiarata sia alla Flai che alla Uila, di andare al rinnovo di
questo importante Ccnl che regola oltre il 50% dei rapporti di lavoro nel settore
pesca. Verificheremo, già nelle prossime settimane, la disponibilità di Flai e Uila a
riprendere un percorso unitario per la predisposizione della piattaforma rivendicativa e di conseguenza per il rinnovo dello stesso.
Una sfida, questa, estremamente impegnativa che siamo sicuri possa essere colta con
il nuovo Programma triennale e per la cui realizzazione il sindacato ha contribuito
con un’importante azione di proposte ed integrazioni. Obiettivo prioritario del programma nazionale è la possibilità di sostenere la tutela delle risorse biologiche e la
redditività delle imprese, la salvaguardia dell’occupazione e la coesione territoriale
nelle realtà costiere attraverso:
• nuovi modelli di gestione delle attività di pesca, tutela e ricostituzione delle risorse biologiche, attuazione di aree di tutela biologica e misure di controllo;
• sviluppo della produzione e dell’occupazione;
• partecipazione del mondo cooperativo, associativo e sindacale;
• promozione della cooperazione, dell’associazionismo e delle attività a favore dei
lavoratori dipendenti;
• Il Ccnl per gli addetti imbarcati su natanti esercenti la pesca marittima sottoscritto
con Federpesca. Il predetto contratto è stato rinnovato il 02/12/2011 con durata
triennale e decorre dal 01/01/2011 al 31/12/2013. Il prossimo mese invieremo regolare disdetta e predisporremo la relativa piattaforma per il rinnovo.
• Il Ccnl per il personale non imbarcato dipendente da cooperative esercenti attività
di pesca marittima, attività di maricoltura, acquacoltura e vallicoltura scaduto il
31/12/2011.
Un contratto, questo dei non imbarcati, ancora oggi scarsamente applicato in quanto
molte imprese hanno, da sempre, adottato il Ccnl del commercio (più favorevole dal
punto di vista dei costi). Questo fenomeno determina, purtroppo, enormi difficoltà
in sede di rinnovo atteso che, anche come sindacato, non riusciamo a contrapporre
alla aleatorietà negoziale delle controparti una forza contrattuale adeguata.
• comunicazione di settore e tutela del consumatore;
• fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria ittica.
Welfare ed ammortizzatori sociali
Obiettivi e principi certamente condivisibili e quindi sostenuti dal sindacato. Alle Federazioni sindacali di settore viene chiesto di sviluppare iniziative di aggiornamento
e riqualificazione rivolte al personale dei Centri di servizio, di promuovere azioni
finalizzate al coordinamento ed al controllo delle iniziative sviluppate sul territorio
in favore dei lavoratori dipendenti anche attraverso l’apertura e/o consolidamento
di Centri di servizio territoriali, prevedendo interventi a sostegno della formazione e
dell’informazione.
L’attività di pesca, ormai palesemente riconosciuta come attività particolarmente pericolosa, logorante e faticosa, non gode di un sistema welfare adeguato. In particolare, i lavoratori della pesca non sono neanche supportati da strumenti strutturati
di sostegno al reddito nonostante la pesante crisi che da anni interessa il comparto.
Nonostante uno scenario di crisi generalizzata, come Sindacato (Fai, Flai e Uila) siamo
riusciti comunque a concretizzare i relativi rinnovi dei Ccnl che hanno consentito di introdurre importanti elementi di modernizzazione per garantire la crescita ed il rilancio
del settore migliorando, contestualmente, le tutele e le retribuzioni dei lavoratori.
Dopo anni di confronti impegnativi, nel 2008 è stata introdotta la Cassa integrazione
in deroga in concomitanza con la crisi del “caro gasolio”. La Cigs in deroga è stata
prevista dalla Legge 129/08. Negli anni successivi sono stati sottoscritti diversi accordi in sede ministeriale per l’accesso alla Cigs in deroga. Non sono mancate difficoltà
e criticità riguardanti la copertura finanziaria e i tempi di liquidazione delle prestazioni. Nei fatti, la novità della Cigs in deroga, introdotta nel settore pesca, ha trovato
impreparati gli operatori (imprese e consulenti) e gli stessi Istituti previdenziali (Inps).
Solo grazie al continuo e positivo intervento delle OO.SS. – Fai in primis – è stato
possibile, comunque, recuperare i ritardi e suggerire soluzioni in grado di dare una
positiva risposta di tutela ai lavoratori del settore.
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Contrattazione
Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Tuttavia quanto fatto finora non è sufficiente per dare certezza e soprattutto sicurezza sociale ad un mondo specifico del lavoro caratterizzato da una crisi endemica
e strutturale.
A tal proposito, come Fai, stiamo sollecitando da tempo la necessaria introduzione
di un ammortizzatore sociale strutturato per tutelare meglio i lavoratori del settore.
Oltre alla Cassa integrazione “ordinaria e speciale” sarà necessario che venga riconosciuto definitivamente il lavoro del pescatore come “lavoro usurante”. Su questo,
come Sindacato, siamo già intervenuti presso il MIPAAF ed il Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali. I rispettivi Dicasteri hanno preso l’impegno di istituire un Tavolo tecnico interministeriale con la partecipazione delle Parti Sociali, propedeutico alla
definizione di proposte condivise a trovare soluzione alle questioni poste. Analogamente, in tale contesto, dovrà essere affrontata la questione relativa all’AspI e MiniAspI, introdotta con la Legge Fornero, considerato che, così come definita, risulta
di difficile, se non impossibile, applicazione nel settore pesca caratterizzato da una
specifica normativa sul Mercato del Lavoro e da una specialistica attività.
Conclusioni
“Il rinnovo e la coerente applicazione dei Contratti nazionali di riferimento e decentrati, lo sviluppo della bilateralità, la definizione di ammortizzatori sociali strutturati,
l’adeguamento del sistema di welfare, il riconoscimento della professione del pescatore come lavoro usurante, una migliore gestione dei mercati e della distribuzione
del prodotto, la valorizzazione della filiera attraverso una trasparente certificazione
della stessa, la diversificazione nonché l’implementazione delle attività di acquacoltura – itticoltura – pesca turismo e ittiturismo, la multifunzionalità delle imprese,
la politica per la pesca in Italia, in Europa e nel bacino del Mediterraneo, dovranno
essere i punti fondamentali della nostra azione sindacale nel prossimo futuro per un
rilancio globale del settore e per tutelare appieno il lavoro nella pesca e nell’acquacoltura”.
Solo così, pensiamo, sarà possibile raggiungere la solidità e l’efficienza delle imprese,
favorendo la leale concorrenza e consentendo una maggiore produttività e competitività del settore pesca, nel pieno rispetto del lavoro, del patrimonio ittico e dell’ambiente marino.
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
Anche in un momento di grave crisi economica come quello che sta attraversando il
nostro Paese, le cooperative hanno forse risentito meno della criticità attuale perché,
più di altri, hanno esaltato la valorizzazione del territorio e delle produzioni locali,
senza delocalizzare le produzioni, ed investendo prevalentemente sul territorio dove
si realizzano le attività dei loro soci.
Negli ultimi tempi, però, anche questo settore incomincia ad avere difficoltà, anche
perché, come tutti gli altri soffre il dilungarsi della fase recessiva in atto.
L’occupazione dipendente
Nel comparto operano circa 40.000 addetti di cui il 40% con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato.
Struttura ed assetto della contrattazione
Il Ccnl sottoscritto nel 2011 da Legacoop agroalimentare, Agrital-Agci, FedagriConfcooperative e Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil è scaduto il 31 dicembre 2012.
Il Ccnl regola i rapporti di lavoro per gli operai e per gli impiegati.
La contrattazione collettiva è strutturata su 2 livelli, nazionale e decentrato.
Il Ccnl ha validità triennale per la parte normativa e per quella economica.
La contrattazione decentrata di secondo livello è territoriale (regionale, interprovinciale, provinciale) o, in alternativa, per settore merceologico o aziendale.
Questo importante contratto riguarda i lavoratori dipendenti dalle cooperative operanti nel settore agricolo che svolgono attività di raccolta, lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai produttori soci.
La trattativa per il rinnovo del Ccnl è in corso ed in uno stato avanzato che potrebbe
portare ad una chiusura del negoziato nei mesi di giugno o luglio 2013.
Consorzi Agrari
Cooperazione agricola
La crisi economica mondiale, iniziata come crisi finanziaria nella seconda metà del
2008, sta producendo, proprio in questi ultimi anni, i suoi peggiori risultati trasformandosi in vera e propria crisi strutturale. Non risparmia nessuno: tutti siamo coinvolti in questo vortice che, giorno dopo giorno, aspira risorse e produce disastri
economici e sociali.
Nel 2011 si è verificata un’importante novità per il sistema cooperativo agricolo e
cioè la nascita dell’Alleanza delle cooperative italiane (Aci) con l’obiettivo di creare
concrete sinergie tra le imprese cooperative e per affrontare le comuni problematiche di mercato.
Il mondo agricolo, forse per la sua endemica debolezza, ha reagito meglio di altri
settori anche se è obbligato a navigare in questo mare con ripercussioni dirette sulle
colture, sulle strategie aziendali e sul reddito degli agricoltori.
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
I dati Eurostat degli ultimi anni registravano, infatti, un leggero recupero del potere
d’acquisto degli agricoltori a livello europeo, mentre il nostro Paese permane nella
cerchia ristretta di quegli Stati che mostrano indici non molto migliorati rispetto al
2009, anno da dimenticare.
I Consorzi Agrari, strutture di servizio del mondo agricolo, hanno percepito immediatamente e direttamente “la sofferenza” degli agricoltori; questo strumento di aggregazione della domanda e dell’offerta dei prodotti e dei servizi in agricoltura misura,
infatti, “la febbre” di quanti, per oggettive difficoltà, comprano di meno e hanno
difficoltà nei pagamenti.
La stragrande maggioranza dei Consorzi Agrari, in cui la Fai vanta la maggioranza degli
iscritti fra i lavoratori sindacalizzati, anche per missione statutaria, assolvono a funzioni
creditizie nei confronti degli agricoltori, andando, però, in grave sofferenza di bilancio.
Ci sono Consorzi in cui i due terzi del bilancio è impegnato per tale attività.
A tutto ciò aggiungiamo la debolezza strutturale di questi Enti nati per essere di sostegno al mondo agricolo; considerando lo status giuridico, a tutt’oggi, circa la metà
di queste speciali cooperative sono in liquidazione coatta amministrativa.
Nello specifico, poi, dei complessivi 54 Consorzi Agrari, rimasti in Italia, (35 in bonis,
18 in liquidazione coatta amministrativa, 1 commissariato) la maggioranza è dislocata nella realtà centro settentrionale privando la realtà meridionale, quasi nella sua
totalità, di quest’esperienza aggregativa.
Non dimentichiamo che le alterne decisioni politiche hanno messo queste strutture
su un piano d’incertezza rispetto al quadro normativo di riferimento.
La legge 410 del ‘99 ha sancito la struttura giuridica delle cooperative, mantenuta anche
in presenza della sua parziale abrogazione con la Legge n. 233 del 2006; a sua volta, la
Legge 99 del 2009, con il comma 2 dell’art. 9 si è preoccupata di abrogare il comma 9
bis della 233, la norma, come si ricordava, che aveva abrogato la Legge 410/99.
Un vero groviglio normativo dal quale non si evince se la norma abrogata (Legge
410/99) è ritornata in vita oppure no.
La crisi economica, le alterne decisioni politiche – senza ritornare, a ritroso, fino al
fallimento della Federconsorzi – sono, senza dubbio, complici delle sofferenze dei
Consorzi Agrari; per essere esaustivi, però, dal nostro punto di vista, occorre aggiungere, un ulteriore elemento.
Ci riferiamo al fatto che da troppo tempo una dialettica accesa all’interno del mondo
agricolo produce, come un fiume carsico, il riemergere, a tempi alterni e in diverse
realtà, una disputa sulla rappresentanza e sulle ricadute gestionali.
Molte vicende, troppe vicende, compreso il fallimento del Consorzio Agrario di Milano e il commissariamento di quello di Parma, si possono analizzare in quest’ultima
chiave di lettura.
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Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
Quando alcune decisioni determinano, di fatto, i Consorzi Agrari strutture di servizio
non più del mondo agricolo, ma di una sola parte, si producono quelle naturali reazioni da quel mondo che ad esse non si riconosce.
In molti territori, il fenomeno della nascita di strutture di servizio all’agricoltura in
diretta concorrenza con i Consorzi Agrari o degli stessi Consorzi Agrari, con prezzi
in molti casi e strumentalmente molto concorrenziali, va analizzato anche in questa
prospettiva.
Le stesse difficoltà che incontra la trattativa per il rinnovo del contratto come il decollo della società Consorzi Agrari d’Italia, eccellente strumento operativo di rilancio
delle funzioni storiche di questi Enti, non possono non essere collocate in questa
dimensione.
Per quanto riguarda il contratto, dopo quasi 5 mesi d’interruzione della trattativa
a causa del rifiuto di Assocap di negoziare aumenti retributivi, la mobilitazione
del settore e la proclamazione di giornate di sciopero, lo scorso 16 Maggio è stato riaperto il Tavolo di trattativa ed è già stato fissato un prossimo incontro per
il 6 Giugno 2013.
Tutte queste situazioni mettono in evidenza, inevitabilmente, una prospettiva non
certo tranquilla che ci preoccupa come sindacato per la tutela dei dipendenti e del
ruolo strategico che queste strutture devono riconquistare sul territorio.
Spesso si reclama responsabilità; una caratteristica che, nel richiederla, va praticata.
I Consorzi Agrari, con quel patrimonio eccezionale di professionalità al loro interno,
si salvano se ridiventano strumento condiviso ed apprezzato da tutto il mondo agricolo; se ritornano alla loro missione originaria ma essenziale, quale quella di comprare a prezzi vantaggiosi per gli agricoltori e vendere riuscendo a strappare marginalità
più elevate; se si rendono conto che il mondo è cambiato e che devono competere
in un mercato libero, senza monopoli di sorta, ma anche, che se non ci fossero, bisognerebbe inventarli.
Fai Inas
Attraverso il Protocollo Fai Inas, sottoscritto al Centro Studi di Firenze il 4 dicembre
2008, si è raggiunta in questi anni tra Fai ed Inas una migliore collaborazione che ha
determinato una maggiore tutela dei nostri associati e, al contempo, ha rafforzato il
ruolo del Patronato nei luoghi di lavoro.
Una strada, questa, da continuare a percorrere per accrescere la rappresentatività Fai
ed il punteggio di ogni singola struttura territoriale Inas.
Il Protocollo ha previsto una serie di azioni comuni: attività formative congiunte su
vari temi; definizione e sviluppo di progetti in ambito locale per i lavoratori immigrati
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Ripartire dal Lavoro: Insieme Imprese & Sindacati
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
per la tutela della salute dai rischi derivanti dal lavoro e per la tutela e l’assistenza
sociale; attività convegnistiche; promozione della previdenza integrativa e delle attività dell’Inas.
Spesso non abbiamo la esatta cognizione della reale entità delle disponibilità finanziarie e delle possibilità di sviluppo ad esse correlate, tranne poi recriminare sui mancati risultati a fine periodo.
Lo stato di attuazione del Protocollo a livello decentrato è, ad oggi, sostanzialmente
sufficiente.
Attori importanti delle politiche di sviluppo agricolo sono e dovrebbero essere i lavoratori agricoli, a loro andrebbero destinati interventi specifici a sostegno del lavoro e
della qualità del lavoro.
In ambito nazionale si sono mantenuti, invece, i vari impegni previsti dal Protocollo,
quali ad esempio:
• le stampe di guide informative;
• l’attuazione del corso di formazione per gli operatori Fai posti in comando presso
l’Inas;
• la presentazione del volume “Guida ai tumori professionali” a cura della Dott.ssa
AnnaMaria De Padova;
• la costituzione del gruppo di monitoraggio nazionale;
• l’attivazione di tutti i comandi richiesti dalle Strutture territoriali Fai.
Un impegno non evaso riguarda l’attuazione dei progetti sanitari di sorveglianza ad
oggi non decollati.
Un aspetto importante riguarda l’avvenuta realizzazione del nuovo programma informatico per la precompilazione di tutte le domande di disoccupazione che ci consente, nel processo di telematizzazione avviato dall’Inps, di essere attori protagonisti
di questo nuovo processo.
In tema di servizi Cisl sarà utile, in futuro, definire un vero piano industriale che,
attraverso il contributo economico di tutte le categorie, determini un maggiore radicamento del patronato nel territorio, rivisitando gli orari e i giorni di lavoro dei
dipendenti, per dare una migliore tutela ai nostri associati. Speriamo in una collaborazione più fattiva, anche perché dal 1° gennaio di quest’anno, le prestazioni di
Disoccupazione agricola sono state riammesse al finanziamento dal Ministero del
Lavoro, ritornando a fare punteggio per gli Enti di Patronato.
Come sindacato dobbiamo certamente aumentare di molto il livello di attenzione e
di partecipazione alla definizione dei piani e alla loro gestione.
Nel periodo di programmazione 2007/2013, registriamo ancora una volta, come per i
periodi passati, che tutti i fondi spesi, miliardi di euro, in termini di lavoro e di qualità
del lavoro hanno determinato ben poco.
Nell’ultimo periodo come Parti Sociali del settore agricolo italiano aderenti all’Effat,
abbiamo approvato e fatto condividere a livello europeo un documento molto articolato di proposte sul prossimo periodo di programmazione. Proposte che mirano
a vincolare gli aiuti comunitari al rispetto dei contratti e delle leggi sociali (condizionalità) e correlare gli stessi allo sviluppo dell’occupazione (premialità). Ora dovremo
prestare la massima attenzione, affinché queste proposte si trasformino in atti legislativi consequenziali.
Si sta discutendo in questi giorni della transizione tra vecchi e nuovi PSR. Il 12 aprile
scorso è stato approvato il regolamento di esecuzione (UE) n. 335/2013, che modifica il Regolamento 1974/2006, riguardante, principalmente, un primo gruppo di
regole per la transizione degli interventi di sviluppo rurale dalla corrente programmazione alla futura.
Nella proposta di Regolamento di sviluppo rurale 2014-2020, è stato introdotto,
per la prima volta, un chiaro riferimento all’attivazione di sottoprogrammi tematici
nell’ambito dei PSR, tra cui quello per le zone montane. Siamo forse riusciti a far
comprendere, che la spesa diventa efficace se non è una tantum ma di periodo, di
area o di settore.
Da ultimo, va ribadito, l’esigenza di debellare una pervasiva cultura meramente burocratica
dei servizi cercando di riscoprire l’importanza del valore di una rinnovata missione sociale.
Finalmente, una particolare e migliore attenzione alle aree montane, attraverso la quale potremo attivare un primo vero piano per il rilancio delle aree
interne, con tutto quello che potrebbe significare in termini di sviluppo e di
occupazione.
PSN – PSR
È sempre il caso di ricordare che nel nostro Paese ben il 47,5% della superficie è montana e il solo numero di aziende agricole interessate è pari al 31% del totale delle
aziende nazionali.
Il Piano Strategico Nazionale e i Piani di Sviluppo Rurale regionali sono gli strumenti
di attuazione della Politica agricola comune (Pac) per il periodo di programmazione,
ormai alla conclusione, 2007/2013.
Questi strumenti hanno ingenti disponibilità economiche per lo sviluppo del settore
agroalimentare in Europa.
Emblematiche alcune osservazioni ed indicazioni della Corte dei Conti europea, fatte
in occasione della presentazione del suo ultimo Rapporto relativamente ai PSR; a giudizio della Corte gli stessi dovrebbero contenere obiettivi chiari e specifici, rispondenti alle particolari esigenze dello Stato membro o della Regione interessata, mentre
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gli Stati membri devono definire ed applicare criteri che assicurino la selezione dei
progetti più efficaci e sostenibili.
L’8 febbraio scorso i Capi di Governo dell’UE riuniti a Bruxelles hanno raggiunto l’accordo politico sul prossimo quadro finanziario 2014-2020.
A prezzi costanti 2011, le risorse complessive destinate dalla UE per il 1° pilastro della
Pac ammonteranno a 277.851 milioni di euro, il 17,5% in meno rispetto al 2007-2013.
Il massimale annuo decresce nel tempo, passando da 41.585 milioni di euro nel 2014
a 37.605 milioni di euro nel 2020.
Per l’Italia si prefigura un ammontare complessivo di risorse per i soli pagamenti diretti pari a 26.985 milioni di euro, spalmati in maniera decrescente nei 7 anni di riferimento. Si parte, infatti, da 4.003,7 milioni di euro nel 2014 fino ad arrivare a 3.710,8
milioni di euro nel 2020. Rispetto alla dotazione complessiva 2007-2013, contenuta
nell’allegato 8 del Regolamento 73/2009, al lordo della modulazione, si prefigura
una contrazione del massimale nazionale per pagamenti diretti pari a circa l’8%.
Relazione sulle deleghe dei settori - Fabrizio Scatà
Questi anni sono stati altresì caratterizzati da diversi processi di riorganizzazione,
dove abbiamo cercato, attraverso responsabili Piani sociali, di tutelare al meglio i
lavoratori interessati. Per alcuni gruppi, come sappiamo, alcune di queste decisioni
vengono assunte nelle sedi legali delle multinazionali di riferimento, ragione per cui
diventerà importante in futuro avere un maggiore raccordo tra i nostri rappresentati
nei Cae e i relativi Coordinamenti nazionali, per socializzare le scelte economiche,
produttive e strategiche delle aziende.
I dati organizzativi ci vedono in crescita nel settore e sul versante della rappresentanza abbiamo ottenuto una serie di successi nelle elezioni per il rinnovo delle Rsu.
Infine, a breve, inizierà – così come previsto dal recente Ccnl Industria Alimentare –
una nuova fase di rinnovo degli Integrativi aziendali, dove ci impegneremo a negoziare nuove tutele economiche e normative per i lavoratori del settore.
Questo significa che il pagamento medio a ettaro passa, in Italia, da teorici 429 euro
del 2013 a circa 393 euro/ha nel 2014, a 364 euro/ha nel 2020.
Per quanto riguarda lo sviluppo rurale, le somme complessivamente previste ammontano a 84.936 milioni di euro. Il Consiglio europeo ha deciso di concedere una
dotazione ad hoc a un limitato numero di paesi (16) per complessivi 3 anni (fino al
2016) con un tasso di cofinanziamento al 100%. L’Italia avrà diritto alla dotazione
maggiore di 1.500 milioni di euro.
Il testo dell’accordo dell’8 febbraio dovrà ora essere trasformato in una proposta di
Regolamento, che il Parlamento europeo sarà chiamato ad approvare o rigettare nella sua interezza, senza la possibilità di proporre o approvare emendamenti.
Gruppi alimentari
(Coca Cola – Campari – Sella & Mosca – Peroni – Ferrarelle – Colussi)
Dopo la sottoscrizione del Ccnl Industria Alimentare del 2009, unitariamente abbiamo predisposto le linee guida per il rinnovo degli Accordi di Gruppo. Su questa scia
si sono rinnovati tutti gli Accordi di Gruppo che hanno di fatto ottenuto importanti
risultati, non solo in termini retributivi, ma anche normativi.
Gli istituti del welfare aziendale, della formazione legata ai percorsi professionali, della salute e sicurezza con attenzione all’ambiente hanno fatto registrare
elementi di rilevante novità; mentre sul versante economico, il salario legato ad
obiettivi contrattati ha consentito di aumentare la redditività dei lavoratori e la
competitività delle aziende.
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