TeatroSEIdella
Memoria
SCULTORI AL MAURIZIANO
Maurizio Bonora
Michelangelo Galliani
Gianni Guidi
Sergio Monari
Giovanni Scardovi
Sergio Zanni
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Comune di Reggio Emilia
Assessorato Cultura
Musei Civici
OfficinaDelleArti
Il Mauriziano
Circolo degli artisti
2 in collaborazione con le associazioni:
C.etrA (Castelbolognese)
Lo Sguardo dell’altro (Modena)
Alfacentauri (Parma)
Pagine
Questo catalogo è stato stampato
in occasione della mostra
Teatro della memoria/Sei scultori al Mauriziano
a Reggio Emilia dal 25 giugno al 30 agosto 2009
A cura di:
Giuseppe Berti
Pietro Mussini
Organizzazione:
Antonio Fabbris
Eugenio Paterlini
Fotografie:
Loretta Costi
Enzo Zanni
Reggio Emilia
Il Mauriziano via Scaruffi, 1
dal giovedì alla domenica ore 17.00 / 19.00
Informazioni:
Musei Civici Reggio Emilia / www.musei.comune.re.it
4/5 Maurizio Bonora
Il palazzo di Atlante, 2005
Polimaterico, cm 146x37x30
6/7 Michelangelo Galliani
Il Mullah, il Prete e il Rabbino, 2007
marmo statuario di Carrara, acciaio e ottone
cm 120x60x60 (ogni pezzo)
8/9 Gianni Guidi
Caduceo ermetico, 2008
Terra refrattaria, cm 156 h.
Bicefalo, 2009
Terracotta, cm 60x25x15
10/11 Sergio Monari
Respiro sospeso, 2008
Tecnica mista, cm 20x120x80
Reliquia del sempre, 2008
Tecnica mista, cm 30x60x60
12/13 Giovanni Scardovi
L’Ariosto, 2008
Terracotta patinata, cm 40x50x60
Bifronte, 2005
Terracotta patinata, cm 30x45x30
14/15 Sergio Zanni
Ulisse e l’albero, 2007
Terracotta colorata, cm 26x26x98
Ulisse e le sirene 3, 2007
Terracotta colorata, cm 20x16x63
TeatroSEIdella
Memoria
SCULTORI AL MAURIZIANO
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Maurizio Bonora
Michelangelo Galliani
Gianni Guidi
Sergio Monari
Giovanni Scardovi
Sergio Zanni
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Maurizio Bonora
Giuseppe Berti
TEATRO DELLA MEMORIA
Sei scultori al Mauriziano
Immaginatevi un giardino all’Italiana, ricco di giochi d’acque, di armoniche scenografie d’alberi e fiori, di statue e di “boschetti” - dicono proprio così i documenti antichi - “boschetti”
e “anticaglie romane”; immaginatevi dunque il Mauriziano nel Rinascimento, giardino favoloso d’incanti e di visioni anche perché, qualche volta, vi si materializzava lo spirito di messer 5
Lodovico con i suoi paladini di Francia, con le donne, i cavallier, l’arme e gli amori.
Ma se le ottave sonore del poeta di rado vennero cantate in quel giardino, pure tra le sue aiuole si recitavano ugualmente favole pastorali e boscherecchie scritte apposta per quella
verzura, per quelle statue tra le quinte degli alberi e le fontane.
Ora di quel giardino che molto sarebbe piaciuto ad Alcina rimane soltanto il vasto perimetro
verde che ha inizio proprio davanti alla villa, dimora materna dell’Ariosto; ma non vi è dub-
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Michelangelo Galliani
bio che il luogo sia colmo ancora di fascino antico e di forti memorie che rimandano ai fasti
passati, quando il grande parco era teatro di ”apparatori, decoratori, scenografi, impresari e
scultori”. Nostalgia, dunque, per quei tempi lontani di fastosi apparati?
Difficile rispondere ... però ... però è davvero così assurdo il pensiero di immaginare questo
spazio verde ricco ancora di sculture e di aiuole fiorite, di immaginarlo almeno come un teatro
della memoria sia pure declinato in chiave di contemporaneità?
Per ora godiamo di questa raffinata anteprima, godiamo di vedere la villa animarsi di opere
d’arte, ovvero di sculture virtualmente vocate ad interpretare con suggestiva presenza il ruolo
di statue, di monumento, persino.
Maurizio Bonora, Michelangelo Galliani, Gianni Guidi, Sergio Monari, Giovanni
Scardovi, Sergio Zanni: sono i sei artisti chiamati a darci un saggio di questo potenziale
teatro, scultori che intrattengono, prima di tutto, un dialogo fecondo con materie nobili, solide
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e “calde” che appartengono di diritto alla scultura, la terracotta il marmo, la pietra ed il legno,
materie che rimandano subito all’arte e alla storia perché racchiudono in loro, come avrebbe
detto il grande Focillon, già un’ innata sensibilità plastica o, se si vuole, una certificata vocazione formale. Non solo: questi autori, pur nella diversità di una ricerca fortemente variata,
coltivano l’ intrigante virtù della memoria che consente loro una felice deriva tra presente e
passato, tra simbolo, mito e contemporaneità: così che le loro opere sembrano porsi come
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Gianni Guidi
intense visioni di confine ove la forma, tra frammento ed interezza, vibra per misteriose ed
enigmatiche risonanze, per citazioni e contaminazioni, per energie plastiche che talora si rivestono di una suggestiva patina di arcaismo, talvolta, invece, si caricano di nostalgie per una
classicità perduta o per civiltà cadute, come già fu per Atlantide, ormai al di fuori del tempo.
In ogni caso sono autori, tutti, che credono ai valori di una forma modulata da una sorta di
sacralità iconica, che credono all’opera come rappresentazione, come mezzo di espressione
di icastica evidenza che deve coinvolgere lo spazio: uno spazio di alterità, però, fatto di immobilità e di sospensione, lontano da ogni flusso dinamico, da ogni troppo pulsante energia.
Sono autori, infine, che credono ad un’idea di bellezza, un’enigmatica bellezza nuova che è
custode e guida di certi passaggi segreti, di certe porte misteriose che ci introducono entro
universi popolati da fantasmatiche presenze figurali, da echi sciamanici e magici, da una libertà visionaria e surreale che spinge la scultura a diventare anche scabra metafora del nostro
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inquieto Presente di crisi. C’è ancora dell’altro, però. Questi autori, infatti, sono in grado di
suscitare in noi un cortocircuito tra la mente e il cuore in un fluire di conturbanti emozioni al
di fuori di troppo angusti limiti di tempo e di spazio, poiché le loro opere ci portano lontano,
verso territori di spaesamento e straniamento, verso bagliori temporali che appartengono a
storie e ad eventi remoti: forse al mito dell’eterno ritorno, al mondo degli archetipi, all’erranza
di simboli che s’inabissano come un fiume carsico nella nostra interiorità per poi riaffiorare
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Sergio Monari
improvvisi nella segreta superficie dell’anima. Ma questo è il compito della migliore scultura
come già rilevava De Chirico che al mondo delle statue - da lui poi tradotto in pittura - dedicò illuminanti pensieri: “attraverso le statue - egli diceva - abbiamo improvvise apparizioni
di aspetti del mondo di cui non sospettavamo neppure l’esistenza: e questi sono momenti
indimenticabili”. Apparizioni di spettralità e di bellezza sottile, le definiva il maestro della
Metafisica. Noi potremmo aggiungere, a proposito delle opere presenti al Mauriziano, che i
loro autori sembrano avere fatto proprio l’insegnamento di De Chirico, secondo cui compito
dell’artista è mettere in luce l’inanimata, misteriosa e quieta bellezza della materia. Su cui la
memoria s’esercita a trovare i nomi e le cose del mondo per costruirvi il proprio teatro: dove
dimorano immagini e forme che declinano il tempo con ritmi e misure diverse da quelle a cui
ci ha abituati questo nostro Presente che, forse, pare avere dimenticato il Passato.
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