Tecniche di Telerilevamento per il Monitoraggio della Desertificazione Joachim Hill Collana di Opuscoli: A Numero: 3 Contenuti: INTRODUZIONE: LO SCOPO DI QUEST’OPUSCOLO TELERILEVAMENTO: L'IMPIEGO DI SATELLITI E AEREI PER LA RACCOLTA DI INFORMAZIONI AMBIENTALI DALLE MISURAZIONI A DISTANZA ALLE INFORMAZIONI DESERTIFICAZIONE: SINDROMI DEL DEGRADO E CONCETTO DI TEMPO LA PROSPETTIVA GLOBALE: LE DINAMICHE DEL DEGRADO DELLA TERRA NEL MEDITERRANEO NEL DETTAGLIO: DAI PROCESSI REGIONALI A QUELLI LOCALI STRATEGIE DI INTERVENTO SPECIFICHE VALUTAZIONI QUANTITATIVE DELLE CARATTERISTICHE SUPERFICIALI VALUTAZIONE INTEGRATA CONCETTI PROSPETTIVE RIFERIMENTI E GLOSSARIO 1 2 3 4 5 7 10 11 12 13 14 INTRODUZIONE: LO SCOPO DI QUEST’OPUSCOLO Mentre si è concordi sull’estensione delle zone asciutte del mondo [1], le stime relative ai terreni soggetti al fenomeno della desertificazione variano tra il 10 e il 70 per cento (escludendo le aree iper‐aride), a riprova che le attuali valutazioni concernenti l’estensione globale del degrado del suolo manifestano grandi carenze. La possibilità di usufruire di informazioni precise ed imparziali sull’estensione delle zone colpite è importante non solo per la comprensione dei meccanismi che conducono alla desertificazione, ma anche per l’implementazione di efficaci strategie di prevenzione e mitigazione. Le informazioni richieste comprendono modelli spazialmente espliciti relativi all'uso del suolo, ai parametri del suolo, biofisici e della vegetazione, e alla variabilità temporale di tutti questi. Il ricorso integrato a sistemi di telerilevamento satellitari, di osservazioni dal suolo e di database geo‐
spaziali risulta in grado di fornire informazioni coerenti, riproducibili ed economicamente efficaci sulla copertura vegetativa ed altre caratteristiche relative alla desertificazione. Un ulteriore elemento che può essere assicurato è quello della continuità delle osservazioni (monitoraggio a lungo termine) necessaria per rappresentare l’elevata variabilità annuale dei servizi degli ecosistemi delle aree asciutte, e per distinguere l’impatto delle azioni umane da quello della variabilità del clima. D'altra parte, l’impiego del telerilevamento di immagini per la valutazione ed il monitoraggio della desertificazione necessita ancora di un’attenta calibrazione e convalida rispetto alle misurazioni terrestri (come la copertura vegetativa, la produttività biologica, l’evapotraspirazione, la fertilità del suolo, e la compattazione e i tassi di erosione). Questo booklet illustrerà le capacità dei metodi di telerilevamento attraverso l’uso di esempi selezionati dall’Europa Mediterranea. Partendo da definizioni generalmente accettate di desertificazione, è possibile introdurre il concetto di degrado che descrive meccanismi specifici conseguenti all’eccessivo sfruttamento del suolo. Tale fenomeno comporta una persistente riduzione della capacità degli ecosistemi di fornire beni e servizi (es. erosione, sconvolgimento del ciclo dell'acqua, deforestazione, sovrapascolamento, ecc.). 1 Figura 1. ENVISAT è un satellite di osservazione della Terra con una combinazione di sensori che migliorano notevolmente la gamma e la precisione delle misurazioni scientifiche dell'atmosfera, degli oceani, della superficie terrestre e del ghiaccio. Fonte: ESA Data la portata globale del fenomeno e la diversità delle sue cause, è evidente che i sistemi di telerilevamento rivestono un’importante compito (Hill 2006). Dunque, data la dimensione globale del problema, è chiaro che il perfezionamento delle attuali strategie di valutazione, monitoraggio ed allarme costituisce una delle più importanti sfide per il futuro. TELERILEVAMENTO: L'IMPIEGO DI SATELLITI E AEREI PER LA RACCOLTA DI INFORMAZIONI AMBIENTALI Che i cambiamenti ambientali verificatisi in zone aride, semi‐aride ed in ecosistemi sub‐umidi non siano determinati principalmente da variabili climatiche, ma da processi derivanti dall'impatto delle azioni umane sugli ecosistemi fragili delle terre asciutte è un primo messaggio di questa serie di opuscoli. A causa di tali interazioni le proprietà bio‐fisiche del suolo risultano alterate comportando perdita della copertura vegetale, di biomassa, complessità spaziale e struttura verticale della vegetazione, come pure condizioni alterate del suolo (copertura biotica e minerale, deplezione di nutrienti, salinizzazione). La produttività dei sistemi aridi dipende in gran parte da alcuni di questi ultimi fattori che controllano la disponibilità e la 2 ridistribuzione dell’acqua, la nascita e lo sviluppo spontaneo di nuove piante, la produzione di polveri durante le tempeste di vento, e molto altro ancora. Il solo cambiamento delle proprietà superficiali (vale a dire, del suolo) potrebbe facilmente superare l'impatto delle condizioni climatiche (Yair 1994). Assumendo che la desertificazione è conseguenza di forze socio‐economiche, è chiaro che il suolo non può definirsi affetto da desertificazione fino a quando si verificano sintomi nei sistemi bio‐geo‐fisici [2]. Il degrado ambientale è così definito dalle conseguenze sul paesaggio, e sono queste conseguenze che devono essere individuate e quantificate utilizzando i dati spaziali. Anche in caso di osservatori terrestri unificati (OSS 1 e biota Africa 2 , ad esempio) le dinamiche 1
Observatoire du Sahara et du Sahel [http://www.oss‐online.org/]
spaziali e temporali dei paesaggi ed i cambiamenti nella loro capacità di fornire beni e servizi può essere ricavata in maniera più esauriente dalle osservazioni satellitari rispetto a quelle terrestri. Il telerilevamento è comunemente definito come la scienza che raccoglie informazioni sulle caratteristiche fisiche e biologiche di un oggetto (o superficie) senza entrare in contatto fisico con esso (figura 2). Nelle osservazioni della Terra il più importante mezzo di trasmissione è costituito da radiazioni elettromagnetiche in banda ottica e microonde; le informazioni più dettagliate risultano quelle rilevate e registrate da sensori che operano a bordo di satelliti e di aerei. Il segnale così registrato è il risultato dell’interazione delle radiazioni elettromagnetiche (emesse da una fonte naturale o artificiale) con la superficie dei costituenti, su cui l’onda viene assorbita, trasmessa o riverberata nello spazio in funzione della natura bio‐fisica della superficie [5,6] Figura 2: Componenti di un sistema di telerilevamento: fonti di radiazioni, interazione con superficie ed atmosfera, sensore Le variazioni della lunghezza d'onda dipendenti da questi segnali (firme spettrali) costituiscono la fonte primaria di informazioni raccolte mediante i sistemi di telerilevamento, ed è attraverso un'attenta interpretazione di tali firme che gli scienziati sono in grado di ricavare informazioni sullo stato attuale della superficie terrestre in una data posizione. In un 2
http://www.biota‐africa.org/1024/frames/biota‐
africa.htm istante, i sistemi di telerilevamento raccolgono diverse informazioni e le combinano dandogli la forma di una immagine digitale; dunque forniscono accesso a modelli spaziali di fenomeni superficiali che altrimenti difficilmente sarebbero consultabili. I sistemi di telerilevamento operano su una varietà di livelli spaziali (dal locale al globale) e, a seconda delle caratteristiche della loro orbita, sono in grado di fornire molteplici viste sinottiche di un’area e tracciarne la variabilità temporale in una firma spettrale. Da più di due decenni una serie di satelliti geostazionari e polari operano nel campo della ricezione ed emissione delle informazioni. Essi hanno prodotto grandi database che possono essere utilizzati per attività valutative e monitorative a livello regionale e globale. Oggi, il telerilevamento satellitare è diventato uno degli strumenti più importanti nella raccolta di informazioni spaziali sullo stato dell'ambiente, quasi ovunque nel mondo, le condizioni di osservazioni sono regolarmente e ripetutamente sotto controllo. DALLE MISURAZIONI A DISTANZA ALLE INFORMAZIONI Le immagini raccolte dal satellite offrono significative capacità per poter trarre informazioni integrali e studiare i sistemi umani‐ambientali, specialmente quelli riguardanti gli impatti dell’attività umana sul land use e sulla copertura della terra. Come già accennato, l’impiego del telerilevamento nella problematica della desertificazione richiede un'attenta calibratura del segnale fisico e convalide nei confronti delle misurazioni a terra (come ad esempio copertura vegetale, la produttività biologica, evapotraspirazione, la fertilità del suolo, l'erosione e i tassi di compattazione). Ma, la principale problematica associata all'uso di sistemi per l’osservazione della Terra, tuttavia, è collegata all’interpretazione quantitativa del segnale, interagente con gli oggetti remoti, in termini delle proprietà di questi oggetti. Questo processo avviene in due fasi: in primo luogo, dal segnale rilevato devono essere rimosse le influenze esterne che hanno avuto luogo nel processo di acquisizione (ad esempio, estinzione atmosferica) ed occorre combinarlo con i sistemi di riferimento geografico; per il raggiungimento di questo obiettivo sono disponibili efficienti metodi applicabili di routine [3]. In secondo luogo, il segnale registrato deve essere tradotto in informazioni utili mediante la conversione delle misurazioni fisiche della superficie riflettente o retroriflettente in parametri bio‐fisici o indicatori qualitativi della copertura del suolo. L’applicazione di questi metodi ha permesso il raggiungimento di notevoli progressi: gli utenti hanno accesso ad una vasta gamma di modelli e algoritmi efficienti utili alla progettazione di soluzioni di telerilevamento da applicare nel mondo reale [5, 6]. E’ diventato così possibile descrivere lo stato della vegetazione in termini qualitativi e quantitativi (ad esempio, pigmento o contenuto di acqua, struttura e volume della calotta), rappresentare graficamente le proprietà del suolo e, grazie all’attività continua dei sistemi satellitari nel corso degli ultimi 25 anni, monitorare le modifiche accorse nel tempo e nello spazio nel lungo periodo. Tuttavia, il collegamento delle osservazioni di telerilevamento ai fenomeni di desertificazione non implica solo potenti algoritmi che separino i 3 parametri biofisici primari dalle misure fisiche di radiazione elettromagnetica riflessa, emessa e retro‐
sparsa. Poiché gli indicatori biofisici di superficie possono risultare ambigui e fuorvianti, se non ricollegati al contesto, è di cruciale importanza ricondurre le informazioni estratte a vincoli causali specifici. Il problema qui è che questi ultimi ultimi potrebbero comparire come collettori, in quanto le terre asciutte differiscono nelle loro regolazioni sociali, economiche e naturali. DESERTIFICAZIONE: SINDROMI DEL DEGRADO E CONCETTO DI TEMPO Questo booklet non si prefigge di elencare l’enorme numero di definizioni e prospettive sulla desertificazione. E’ opinione comune che, in quanto risultato dell’intreccio di processi socio‐economico e naturali, la desertificazione porti ad una diminuzione della produttività, dell’area fogliare, della traspirazione, della biodiversità, l'aumento dei fenomeni di erosione, cambiamenti nella complessità territoriale e nella struttura verticale della vegetazione. Ovviamente, una componente estremamente importante nell’osservazione dei cambiamenti che avvengono nelle aree asciutte è il tempo, come pure nella concettualizzazione del fenomeno della desertificazione in quanto processo patologico di dinamiche pluriennali che interessano la copertura del suolo (Prince 2002). Poiché i periodi di osservazione in genere superano la durata di vita dei singoli satelliti si ha la necessità di stabilire archivi che comprendano dati provenienti da sistemi di osservazione identici o simili dal punto di vista concettuale. Oggi, infatti, esistono vari archivi riguardanti specifici satelliti, la sfida più importante consiste nella loro connessione allo scopo di produrre dati omogenei che ricoprano consistenti lassi di tempo. 4 Il collegamento tra osservazioni effettuate tramite telerilevamento e fenomeni di desertificazione non coinvolge solo algoritmi potenti per il recupero di parametri bio‐fisici primari da misurazioni fisiche di radiazioni elettromagnetiche riflesse, riverberate o emesse. Dato che gli indicatori bio‐fisici relativi alle caratteristiche della superficie possono anche risultare ambigui e fuorvianti se interpretati al di fuori del contesto, risulta di cruciale importanza collegare le informazioni estratte dai dati telerilevati a specifici vincoli causali. Questi ultimi appaiono molteplici dato che le terre asciutte differiscono nelle loro caratteristiche sociali, economiche e naturali. Gli sforzi compiuti nella definizione di un quadro concettuale in grado di far fronte alle molteplici espressioni del cambiamento globale ha recentemente prodotto il concetto di sindromi [9]. L'idea di base delle sindromi non è quella di descrivere il cambiamento globale mediante regioni o settori, ma attraverso modelli archetipici, dinamici, co‐evolutivi inerenti le interazioni civiltà‐natura. In analogia con la medicina, le sindromi (in quanto "combinazione di sintomi") descrivono l’insieme dei processi interattivi e sintomi che compaiono ripetutamente ed estesamente in combinazioni e modelli tipici. Il concetto di sindrome è considerato uno degli approcci più promettenti nella valutazione integrata del cambiamento globale e, più recentemente, è stato impiegato nella desertificazione (Downing e Lüdeke 2002; Geist 2005). E’ ipotesi generale che queste sindromi di desertificazione, nonostante necessitino di ulteriori adattamenti o ampliamenti, siano in grado di descrivere efficientemente il background contestuale e ricavarne conclusioni significative. Esistono diverse serie di indicatori di desertificazione 3 , e l’uso integrato di sistemi di telerilevamento, osservazioni terrestri e dati spaziali risulta in grado di fornire informazioni coerenti, ripetibili ed efficaci dal punto di vista economico sulla copertura vegetale ed altre proprietà rilevanti per la desertificazione. La continuità delle osservazioni (monitoraggio a lungo termine) nel corso di decenni può essere importante per registrare l'elevata variabilità inter‐annuale degli ecosistemi delle aree asciutte, e per distinguere il ruolo che le azioni umane e la variabilità del clima hanno sulla produttività della vegetazione. Nel tentativo di monitorare i maggiori cambiamenti verificatisi nella vegetazione e di capire in che modo influenzano l'ambiente, gli scienziati da oltre 20 anni utilizzano sensori remoti per misurare e mappare la densità di verde sulla Terra. Utilizzando i sensori Advanced Very High Resolution Radiometer (AVHRR) a bordo dei satelliti NOAA, gli scienziati hanno raccolto immagini della superficie del nostro pianeta con una risoluzione spaziale di circa 1x1 km2. Attualmente, una serie continua di immagini copre il pianeta dal 1981 fino ad oggi. Ai sensori AVHRR si sono aggiunti sistemi globali 3
http://www.kcl.ac.uk/projects/desertlinks/access dis4me.htm
di osservazione superiori: nel 1998, il francese SPOT‐
VEGETATION è stato posto in un’orbita che permette osservazioni quotidiane con caratteristiche spettrali maggiori, e nel 1999/2002 gli Stati Uniti hanno lanciato il cosiddetto sistema MODIS 4 su due piattaforme satellitari comparabili (EOS‐1 e‐2). LA PROSPETTIVA GLOBALE: LE DINAMICHE DEL DEGRADO REGIONALE NEL MEDITERRANEO Una questione particolarmente importante per la valutazione ed il monitoraggio della desertificazione concerne l’acquisizione di un quadro generale inerente le zone colpite, e la connessione tra dimensione globale e processi regionali e locali. Misurazioni esclusivamente quantitative del fenomeno si sono rivelate "un obiettivo sfuggente", sin dai primi tentativi dell’UNEP nell’ "Atlante Mondiale delle aree a rischio desertificazione"; simile alla mappa GLASOD 5 si basa su valutazioni qualitative, non su misurazioni oggettive. Anche se il telerilevamento ha contribuito sostanzialmente a rivedere il "mito della marcia nel deserto"[11], e anche se ha aiutato a chiarire che la desertificazione non si verifica in tutto il Sahel, ma in settori specifici, a livello globale non sono state condotte alcune indagini sistematiche. All'interno di progetti di ricerca finanziati dai programmi scientifici dell'Unione Europea sono state sviluppate diverse strategie per collegare l'analisi dei data base dei sistemi di osservazione globale (scala spaziale 1 km, osservazioni decadiche, copertura temporale 1985‐oggi) ad osservazioni meno frequentemente registrate, ma spazialmente e spettralmente più dettagliate, provenienti da satellitari di osservazione della Terra (scala spaziale 10‐30 m). Mentre per i primi citati è previsto che 4
Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer [http://modis.gsfc.nasa.gov/]
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Valutazione globale del degrado del suolo, realizzato dall’ the International Soil Reference Centre (ISRIC) per l'UNEP identifichino regioni colpite in cui le caratteristiche della superficie terrestre abbiano subito modifiche nel tempo in condizioni più o meno critiche, gli ultimi possono essere usati per scoprire i processi di base su scala spaziale più dettagliata in cui i legami concettuali e metodologici ai driver socio‐economici possono essere considerati in modo più esplicito. Tuttavia, è essenziale comprendere che la definizione di concetti quale "critico" o "favorevole” richiede un framework concettuale. A questo proposito, è importante capire che i processi di degrado rilevanti del Mediterraneo rientrano nella classica sindrome di degrado ambientale [10]: la maggior parte di essi ricadono nel concetto di sindrome da utilizzo e comprendono quei processi di sovra sfruttamento del suolo. Anche se incompleto, l'elenco delle sindromi fornisce già un quadro adeguato per la progettazione di criteri di valutazione da applicare nel monitoraggio dei cambiamenti ambientali mediante telerilevamento, e il progetto europeo DeSurvey ha prodotto i primi esempi di questo tipo di approccio. La desertificazione è una caratteristica di diverse sindromi che riflettono le dinamiche interne di luoghi, risorse, economie e popolazioni. Un primo elenco di tali sindromi comprende il [10] Sahel: sovrasfruttamento di terreni marginali; Sovrasfruttamento: l'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali; Esodo rurale: il degrado ambientale attraverso l'abbandono delle pratiche agricole tradizionali; Dust Bowl: il degrado ambientale attraverso lo sfruttamento agro‐industriale non sostenibile dei suoli e delle acque; Aral Sea: il danno ambientale di paesaggi naturali attraverso progetti su larga scala. 5 6 Figura 3: I diversi colori rappresentano un periodo di 15 anni (1989‐2004) evidenziando l’abbondante vegetazione (rosso), la grandezza del ciclo annuale di vegetazione (verde) e la sua fase (blu) prodotti da un’analisi di MEDOKADS‐AVHRR indici decadici vegetazione per aree agricole (in alto) e non (in basso) della Penisola Iberica. La maggior parte delle definizioni di desertificazione enfatizzano il ruolo della produttività biologica; i sistemi di telerilevamento risultano in grado di fornire surrogati adatti per questo parametro; attraverso la misurazione attenta della lunghezza e dell'intensità della luce visibile e del vicino infrarosso riflessa dalla superficie terrestre nello spazio, gli scienziati hanno utilizzato un algoritmo chiamato "Indice della Vegetazione" per quantificare le concentrazioni di verde all'interno di un’immagine [12]. Poi, mediante il sistema di osservazione satellitare AVHRR (Koslowsky 2003), è stato creato un archivio per immagini [13] composto da Indici di Vegetazione quotidiani (MEDOKADS) in grado di coprire un periodo di più di 15 anni, a partire dal 1989. L'analisi temporale di questo Indice non solo comprende l’individuazione di trend lineari all'interno di questo intervallo di tempo, ma anche l'identificazione delle componenti cicliche: applicando operazioni matematiche più elaborate è possibile stimare ad esempio, l'entità di una curva di crescita annuale, ed il momento in cui la vegetazione appare massima entro il ciclo fenologico nel corso dell’anno (fase). Figura 4: l'estensione territoriale delle aree della penisola iberica affette delle sindromi "EsodoRurale" e "Catastrofe" in riferimento al periodo 1989‐2004. I risultati di questa analisi suggeriscono che il cambiamento ambientale registrato negli ultimi 15 anni nel bacino del Mediterraneo è caratterizzato dall’incremento della copertura vegetale nell’ambito di ecosistemi agricoli e, in particolare, semi‐naturali. Questo fenomeno è causato dall’intensificazione ed estensione dei sistemi irrigui e dall'abbandono dei terreni [14]. Tendenze negative (perdita di vegetazione e/o biomassa) si verificano solo in aree isolate, principalmente lungo le regioni costiere caratterizzate da una rapida espansione di ville con aree verdi, ripristino di una cultura degli alberi e agglomerati urbanizzati. Questa serie di immagini può anche essere utilizzata per analizzare le tendenze temporali annuali ed i parametri di ciascuna fase. La combinazione dei colori di tutti e tre i parametri (abbondanza, fase e ampiezza) rappresenta l'enorme varietà delle misurazioni satellitari, espressioni del land use e delle variazioni verificatisi nel corso degli ultimi 15 anni (figura 3). Per esempio, osservando le aree agricole e naturali della penisola iberica si riscontrano trends positivi nella produzione di biomassa in entrambi i livelli. All'interno delle aree agricole, l’incremento della produttività biologica è causato dall’espansione dei sistemi irrigui, espressione della sindrome "Dust Bowl" poiché la sostenibilità di un maggiore consumo di acqua è, nel lungo periodo, più che discutibile . Rispetto ai "classici" casi desertificazione in Africa o in Asia centrale, il diffuso aumento di produttività biologica in aree non agricole europee sembra suggerire che l'assenza di pressione antropica in questi ecosistemi semi‐naturali abbia migliorato la situazione. Un esame più attento, tuttavia, rivela che questi trends positivi sono un surrogato tangibile del degrado ambientale attraverso l’eccessiva produzione di biomassa conseguente l'abbandono delle pratiche agricole tradizionali (Sindrome dell’"Esodo Rurale"‐): l’invasione degli arbusti e la chiusura delle canopee non solo modificano la complessità spaziale e la struttura verticale della vegetazione contribuendo ad incrementare i rischi di incendi ma causano modifiche sostanziali del ciclo idrologico (ad esempio, run‐off e ricarico delle acque sotterranee). Nell'interpretazione dei parametri di lungo termine (per un dato periodo di tempo) mediante una serie di regole stabilite attentamente è possibile elaborare mappe che evidenzino la portata geografica delle singole sindromi di desertificazione, come ad esempio le zone affette dalle conseguenze dell’" Esodo Rurale" (figura 4). Questo tipo di mappe non è importante solo per la comprensione della dimensione spaziale delle zone colpite in riferimento alle specifiche combinazioni di drivers e di processi, ma anche per fornire un background concettuale per l'utilizzo delle osservazioni spaziali su scala dettagliata. E’ importante comprendere che sarebbe difficile sviluppare un sistema strutturato di regole per l’interpretazione dei dati satellitari prodotti su scala 1‐km senza un quadro concettuale come quello delle sindromi di desertificazione. NEL DETTAGLIO: DAI PROCESSI REGIONALI A QUELLI LOCALI Sviluppando la discussione compiuta nel capitolo precedente, è stato dimostrato che le componenti di trend e frequenza derivate dal monitoraggio satellitare globale di lungo periodo conducono 7 direttamente al successivo livello osservazione. Nella figura 5 è possibile osservare diverse serie temporali di parametri relative a terreni agricoli appartenenti ad uno dei più importanti study sites europei della Grecia settentrionale 6 (Lagadas); ciascun area espone informazioni per una superficie di 1 su 1 km2. 6
Research has been developed in the frame of the
European Projects GEORANGE, LADAMER and
DeSurvey
Figura 5: a sinistra, un trend caratterizzato da 15 anni di abbondante vegetazione e le fasi associate registrate a Lagadas nella Grecia settentrionale, così come derivati dall’analisi delle serie temporali del database MEDOKADS‐AVHRR. Mentre le aree nere rappresentano le superfici d'acqua, i colori rappresentati a sinistra dell’immagine indicano trends positivi (nei toni di verde) e negativi (in toni di colore rossastro) nella produzione di biomassa per un periodo di 15 anni; è possibile osservare a nord (Valle di Strimonas) un 8 forte aumento nella grande superficie agricola ed una diminuzione nella produzione di biomassa nell’area sud dei laghi. Quest'ultima comprende uno spazio di agricoltura marginale ubicato in un terreno collinare con limitate prospettive di sviluppo agronomiche; la valle di Strimonas, dall'altro lato, comprende strutture irrigue estese che recentemente hanno subito una ulteriore intensificazione. Dalla prospettiva del telerilevamento, questa conclusione è fortemente sostenuta dalla cosiddetta "fase"‐
informazioni visualizzate a destra della figura 5. In confronto al ternd registrato lungo un periodo di 15 anni, questa mappa indica per ogni pixel il numero di mesi in cui la vegetazione annuale massima si è spostata a momenti precedenti o successivi, è stato dimostrato che il più forte aumento della biomassa coincide con aree in cui tale massimo si è spostato in tarda estate ‐ una chiara indicazione dell'agricoltura dell’intensificazione irrigua, eventualmente associata a nuove preferenza colturali.Come complemento alle informazioni fornite dal monitoraggio satellitare ambientale globale su scala chilometrica, i satelliti di osservazione della Terra caratterizzati da capacità di osservazione più dettagliate sia spaziali (nella gamma di decine di metri) che spettrali (5 ‐10 bande spettrali) offrono una migliore capacità di mappatura quantitativa dei parametri di vegetazione bio‐fisica e delle caratteristiche del suolo sul piano regionale e a livello locale. Essi possono essere utilizzati per focalizzare l’attenzione su regioni problematiche in cui è necessaria un’osservazione più dettagliata. Se sono state archiviate frequenti osservazioni, i sistemi di osservazione della Terra, come Landsat, SPOT, ASTER e altri possono essere utilizzati anche per identificare la variabilità della vegetazione e delle caratteristiche del suolo nel tempo. Figura 6: Grave degrado della vegetazione e del suolo in prossimità di un’elevata concentrazione di bestiame a Lagadas (Grecia Settentrionale). Landsat Thematic Mapper (TM) è un sensore a bordo dei satelliti Landsat 4, 5 e 7 e ha acquisito immagini della Terra quasi continuamente dal luglio 1982 ad oggi, con ciclo di ripetizioni di 16 giorni. I dati forniti dal sensore Landsat TM consistono di immagini composte da sette bande spettrali con una risoluzione spaziale di 30 metri per le bande da 1 a 5 e per la banda 7. La risoluzione spaziale per la banda 6 (infrarosso termico) è di 120 metri. Le dimensioni approssimative di una scena è di 170 km a nord‐
sud e di 183 km a est‐ovest. Immagini simili possono essere ottenute con i satelliti SPOT e ASTER. L'esempio riportato di seguito illustrerà questa strategia. Come molte altre regioni del Mediterraneo europeo (Hill et al. 1998; Hostert et al. 2003), Lagadas è affetta dal degrado dei pascoli a causa del sovrapascolamento (figura 6). Esaminando i trend di lungo termine della vegetazione caratterizzanti aree non agricole, ricavati da serie di 15 anni di MEDOKADS‐AVHRR, è possibile notare un’area estesa in condizioni stazionarie a tendenza leggermente negativa a nord dei laghi (mentre la superficie forestale mostra quasi totalmente un’evoluzione positiva della biomassa) (figura 7). Per un esame più dettagliato delle strutture territoriali, necessario per la progettazione e l'attuazione di migliori strategie gestionali, sono state stabilite serie temporali di 15 anni più dettagliate tramite Landsat Thematic Mapper. Figura 7: Trend di abbondante vegetazione (1989‐
2004) in aree non‐agricole a Lagadas (derivato dal database MEDOKADS‐AVHRR, a sinistra) a confronto con il dettaglio territoriale rappresentato dal tipico satellite di osservazione della Terra (Landsat‐TM, a destra) 9 Figura 8: indice di degrado dei pascoli riferito al sito di Lagadas, derivati dall’analisi dei trend delle serie temporali Landsat‐TM (in nero le aree agricole, l'acqua in blu). I pascoli particolarmente colpiti (vedi anche figura 6) sono indicati da linee tratteggiate. A causa del ciclo di 18 giorni è evidente che le serie temporali provenienti dai satelliti di osservazione della Terra non saranno mai in grado di fornire una copertura altrettanto ricca quanto quella dei sistemi satellitari con osservazioni quotidiane. Tuttavia è possibile stabilire serie temporali lunghe da impiegare nella valutazione delle immagini su scala spaziale più dettagliata, quando le immagini sono selezionate da fasi fenologiche confrontabili [16]. La classica analisi della frequenza non è fattibile a causa della discontinuità delle serie di immagini che non è in grado di rintracciare stagioni all'interno dei modelli fenologici, ma l’analisi della varianza sulla linea di tendenza stimata apporta informazioni molto significative sulle tipologie di vegetazione funzionale. Occorre sottolineare che la preparazione di queste serie temporali richiede un impegno notevole (selezione di immagini, calibrazione radiometrica, registrazione geometrica), ma i progressi offerti dalla ricerca algoritmica negli ultimi decenni garantiscono soluzioni idonee per lo svolgimento di quest’attività. Lo studio Lagadas, ad esempio, fornisce risultati che consentono una precisa identificazione della gravità e dell’estensione spaziale del degrado dei pascoli [17] e ha dimostrato che la desertificazione di solito non colpisce aree ampie, ma aree di specifici modelli territoriali (figura 8). Risultati simili sono stati riscontrati nella parte centrale di Creta [18, 19], ed altre attività condotte nell'ambito del Progetto GEORANGE in zone colpite da incendi boschivi nella Spagna sud‐orientale tracciano un adeguato quadro di riferimento per l'interpretazione di eventi incendiari e dinamiche post‐incendio [20]. STRATEGIE DI INTERVENTO SPECIFICHE 10 La progettazione e l'attuazione di strategie di miglioramento della gestione e altre misure di mitigazione richiedono spesso maggiori dettagli spaziali e l'integrazione di ulteriori dati geospaziali. Da alcuni anni sono disponibili sistemi di telerilevamento multi‐spettrali civili dotati di una risoluzione spaziale particolarmente elevata. Anche se costosi, IKONOS 7 e QuickBird 8 forniscono immagini in cui dettagli spaziali da 0,7 a 2,5 metri possono essere rappresentati in modalità pan‐cromatica o multi‐spettrale. Nell'esempio precedente uno dei requisiti più importanti per collegare elementi che testimonino il degrado fisico dell'ambiente causato dai drivers socio‐economici sarebbe quello di determinare la posizione dei punti di concentrazione di bestiame (ad esempio, stalle) ed i percorsi pastori sono scelti in base alle preferenze specifiche. Mentre le immagini su scala Landsat / SPOT / ASTER sono state utilizzate per valutare la gamma di risorse, l’elevata risoluzione spaziale dei dati QuickBird sono stati impiegati per la mappatura delle stalle all'interno della comunità rurali più colpite della contea di Lagadas (figura 9). Collegando queste posizioni con ulteriori dati geo‐
spaziali, come ad esempio la distanza da stalle, la topografia, le caratteristiche dell’ecosistema (ad esempio, l'accessibilità) ed informazioni sulle preferenze dei pastori, è possibile tradurre i principali fattori che determinano il comportamento del bestiame sulle superfici spaziali per il calcolo dei costi accumulati sulle superfici in cui l'aumento dei valori corrisponde alla riduzione delle probabilità di essere pascolo e, di conseguenza, diminuire la pressione di pascolo (figura 10). Il modello spaziale dei gradienti di utilizzazione pastorale (che in questa regione hanno una forma molto più irregolare rispetto alle biosfere in pascoli estesi ed omogenei) costituisce la base per la formulazione di strategie di intervento e la progettazione di sistemi gestionali [17]. Figura 9: QuickBird immagine spaziale pancromatica ad alta risoluzione con punti di concentrazione di bestiame. 7
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http://www.geoeye.com/products/default.htm
http://www.digitalglobe.com/about/quickbird.html
Figura 10: La superficie accumulata di costo per l'accesso ai terreni con animali pascolanti (ovini e caprini) con il relativo profilo di copertura vegetale (in basso a sinistra) VALUTAZIONI QUANTITATIVE DELLE CARATTERISTICHE SUPERFICIALI Le strategie di telerilevamento finora discusse possono essere, in una certa misura, già applicate nei paesi che lo richiedono. I dati ottenuti mediante telerilevamento sono acquisiti in tutto il mondo, e nel frattempo gli scienziati possono elaborare le loro strategie sulla base degli enormi progressi tecnici e metodologici raggiunti. Sistemi ottico riflessivi sono stati sviluppati per mappare la superficie terrestre con centinaia di bande spettrali strette. Queste immagini cosiddette "iperspettrali" forniscono dati senza precedenti, tanto da consentire la mappatura di minerali e sostanze nutritive nel suolo o la concentrazione di componenti biochimiche nelle canopee (clorofilla, acqua, sostanza secca). 11 Figura 11: Indice di area fogliare (LAI) in un ecosistema asciutto nel sud‐est della Spagna (bacino del Guadalentín). Nel contesto della desertificazione tali sistemi di elaborazione di immagini possono essere utilizzati per raccogliere informazioni sulla composizione del suolo che non solo consente discriminazioni tra suoli sani o degradati (erosi), ma anche la stima delle concentrazioni di importanti componenti del suolo ( ad esempio, carbonio organico e inorganico, ferro) [23, 24]. Le stesse proprietà possono essere determinate per la canopea delle aree asciutte, ma ciò causa problematiche sostanziali agli strumenti di telerilevamento convenzionali; le informazioni spettrali disponibili sono così dettagliate che gli scienziati sono in grado di utilizzare modelli di riflettenza per la stima di parametri specifici. Nella figura 11 dati derivati dal sistema HyMap 9 a 126 bande spettrali sono stati impiegati con successo, incombinazione con un modello di riflettanza geometrica della canopea, per la mappatura dell’indice di area fogliare di un’area semi‐arida della Spagna [25]. L’indice di area fogliare (LAI) rappresenta una quantità biofisica che può per esempio essere utilizzata per prevedere la produzione fotosintetica primaria, e che svolge un ruolo essenziale nella formulazione di concetti ecologici. La disponibilità di parametri quantitativi, a sua volta, stimola l'uso di approcci nell’ambito della desertificazione, consente la stima della produzione di biomassa, di distribuzione di carbonio, la stabilità degli ecosistemi 12 o di altri processi. La Spettroscopia ad Immagini, anche nota come telerilevamento iperspettrale (HRS), è una tecnica ad immagini in grado di identificare materiali ed oggetti in aria, suolo, acqua, sulla base di modelli di riflettanza spettrale che risultano dalla interazione dell’energia solare con la struttura molecolare del materiale. Gli strumenti di telerilevamento multi‐spettrale classici, come ad esempio Landsat Thematic Mapper, raccolgono dati in ampie porzioni di spettro. A seguito del progresso tecnologico verificatosi nei sensori e nella progettazione elettronica, gli strumenti HRS sono in grado di raccogliere l’energia elettromagnetica riflessa ed emessa in centinaia di canali spettrali stretti (~ 10 nm) lungo lo spettro 9
elettromagnetico. Gli spettri registrati forniscono http://www.hyvista.com/hyvistaweb/subPage.php?pag
le uniche informazioni relative alla composizione eid=23
strutturale del materiale, e consentono l'identificazione di specifiche sostanze come minerali, clorofilla, organico disciolto, costituenti atmosferici e contaminanti ambientali specifici. VALUTAZIONE INTEGRATA CONCETTI Per comprendere gli effetti della desertificazione sul benessere degli esseri umani occorre incrementare il livello di conoscenza circa le relazioni intercorrenti tra fattori socioeconomici ed ecosistemi. Basandosi su lavori precedenti [26] l'obiettivo della valutazione delle condizioni del suolo nel progetto europeo LADAMER è stato quello di esplorare un metodo basato sulle implementazioni dei rapporti di produttività primaria netta (PPN). L'approccio si basa sul presupposto che le precipitazioni costituiscono il principale fattore critico della produttività della vegetazione locale (produttività primaria netta, PPN) in regioni semi‐aride e si concentra su un parametro chiamato "Efficienza dell’uso dell’acqua" (RUE). Il RUE è stato inizialmente definito come il rapporto tra PPN e precipitazioni (P) nel corso di un determinato periodo di tempo [28], che può essere interpretato come la frazione di pioggia rilasciata in atmosfera mediante la vegetazione. Figura 12: cambiamenti di RUE (rRUE) nella Penisola iberica nel corso di un periodo di tempo di 10 anni (1989‐2000) (Fonte: “Estación Experimental de Zonas Aridas”, Almeria, Spagna) Tale concetto è stato applicato in Africa [28], mentre gli scienziati della “Estación Experimental de Zonas Aridas” in Almeria (Spagna) 10 lo hanno applicato in tutta la Spagna (circa 494000 km2) in quanto study area nel progetto Desurvey. In una risoluzione spaziale di 1 km2, gli input consistevano di reticolo dati mensili per il periodo da settembre 1996 ad agosto 2000, contenente le seguenti variabili: abbondante vegetazione come derivato da 10
http://www.eeza.csic.es/eeza/default.aspx
MEDOKADS (una particolare variante dell’indice di vegetazione, utilizzato come surrogato del PPN); precipitazioni (P) e temperatura (T), interpolati da stazioni meteorologiche georeferenziate, e evapotraspirazione potenziale (PET). Il RUE è calcolato su una vasta area con forti sbalzi climatici. I valori delle aree asciutte derivano dai valori estremamente bassi di P, che impedisce un confronto diretto tra località con differenti caratteristiche climatiche. Per evitare questo, i valori RUE sono stati tracciati in rapporto all’Indice di Aridità (IA) che è stato calcolato come il rapporto tra P e PET. I limiti superiori e inferiori sono interpretati rispettivamente per comunicare la performance massima e minima della vegetazione per una determinata classe di aridità, che è un primo approccio al de‐trending climatico. Le conseguenti funzioni potrebbero poi essere impiegate spazialmente utilizzando lo strato informativo dell’IA come variabile indipendente, per produrre due strati mostrando il massimo e il minimo RUE previsto per ciascuna posizione all’interno della mappa. Il passo finale è stato il calcolo di un nuovo livello che mostra la posizione relativa del RUE osservato entro la gamma formata dal massimo e dal minimo RUE previsto. Il RUE relativo (rRUE) è assunto in modo da riflettere la condizione della vegetazione come le prestazioni osservate (in termini di PNN derivati da satellite) per quanto riguarda il minimo ed il massimo delle prestazioni che ci si può attendere per tale clima (in termini di IA). Il RUE medio osservato riflette la risposta della vegetazione al clima locale, ed è interpretato come un proxy per la biomassa e la maturità. Tuttavia, il RUE massimo osservato riflette la risposta a breve termine se le condizioni meteorologiche sono adatte (in termini di P stagionale), e che sia meglio un proxy per la produttività e la resilienza. Queste sono due componenti indipendenti della performance della vegetazione che catturano la sua condizione in termini significativi dal punto di vista ecologico. La conseguente carta regionale della penisola iberica (figura 12) sembra essere in accordo con l'analisi delle tendenze già accennato: la maggior parte dell’area Iberica evidenzia condizioni stazionarie o aumento delle performance della vegetazione nel periodo di osservazione. Tuttavia, cambiamenti nella condizione biofisica del terreno identificato con questo approccio sono importanti, ma non forniscono ancora una valutazione completa. E importante connettere tali informazioni con dati socio‐economici ed il quadro concettuale delle sindromi di desertificazione. Il progetto europeo DESURVEY attualmente fornisce la piattaforma per l’estensione, la convalida, l'ottimizzazione e l’integrazione di questi concetti. PROSPETTIVE La desertificazione ha molteplici espressioni, ed è principalmente a causa di questa variabilità di processi e driver che concetti e mappe relativi a tale fenomeno, universalmente accettate, sono ancora da sviluppare. Il telerilevamento satellitare può costituire uno strumento concreto per individuare le aree affette e monitorare lo stato dell'ambiente e delle risorse disponibili nel tempo. La combinazione di queste informazioni con l'intera gamma di dati meteorologici raccolti dai satelliti, oltre che con le mappe relative all’uso del suolo, fornisce un’opportunità unica di collegare i processi naturali e le situazioni critiche per disegnare il quadro socioeconomico della desertificazione. Le informazioni fornite dal telerilevamento non possono 13 essere utilizzate solo per determinare l'impatto di processi e driver di desertificazione sui sistemi bio‐
geo‐fisici, ma anche servire come supporto indispensabile per il processo decisionale e per la definizione di misure inerenti il risanamento ambientale e di gestione. Gli approcci delineati in questa breve sintesi sono tratti da progetti di ricerca europei, ma si applicano allo stesso modo, o similarmente, alle sindromi di desertificazione così come si sviluppano in altre parti del mondo. La conversione delle osservazioni spaziali in prodotti informativi utili richiede vaste competenze metodologiche e concettuali; è evidente che una descrizione dettagliata non rientra nell’obiettivo di questo booklet, e il lettore è invitato a consultare ulteriori fonti di informazioni. REFERENCES [1] UNEP (1992). World atlas of desertification. London: Arnold. [2] Prince, S.D. (2002). Spatial and temporal scales for detecting desertification. In J.F. Reynolds & D.M. Stafford‐Smith (Eds.), Global desertification. Do humans cause deserts? (pp. 23‐40). Berlin: Dahlem University Press. [3] Schowengerdt, R.A. (2006). Remote sensing. Models and methods for image processing. San Diego: Academic Press. [4] Curran, P.J. (1985). Principles of remote sensing. London and New York: Longman. [5] Bolle, H.J., Eckardt, M., Koslowsky, D., Maselli, F., Melia‐Miralles, J., Menenti, M., Olesen, F.‐S., Petkov, L., Rasool, I., & van de Griend, A. (2006). Mediterranean land‐surface processes assessed from space. Berlin, Heidelberg, New York: Springer. [6] Liang, S. (2004). Quantitative remote sensing of land surfaces. Hoboken, New Jersey: John Wiley & Sons. [7] Geist, H. (2005). The causes and progression of desertification. Aldershot: Ashgate Publishing Limited. [8] Geist, H.J., & Lambin, E.F. (2004). Dynamic causal patterns of desertification. Bioscience, 54, 817‐829. [9] Lüdeke, M.K.B., Petschel‐Held, G., & Schellnhuber, H.‐J. (2004). Syndromes of Global Change: the first panoramic view. Gaia, 13, 42‐49. [10] Downing, T.E., & Lüdeke, M. (2002). International desertification. Social geographies of vulnerability and adaptation. In J.F. Reynolds & D.M. Stafford‐
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