Conferenza stampa del 21 settembre 2007 sull’iniziativa popolare “Per diritti popolari agevolati e flessibili nei Comuni” Premessa Nella primavera del 2005 avevo lanciato un’iniziativa popolare costituzionale denominata “Più potere al popolo con diritti popolari agevolati” che chiedeva di modificare i limiti inseriti nella Costituzione cantonale per la riuscita di iniziative popolari e referendum lanciati a livello cantonale. In particolare l’iniziativa chiedeva di diminuire il numero delle firme necessarie per la riuscita di un referendum (da 7'000 a 4'000), di un’iniziativa legislativa (da 7'000 a 4'500) e di un’iniziativa costituzionale ( da 10'000 a 5'000) e di aumentare il tempo a disposizione per la raccolta di queste firme ( da 45 a 60 giorni per i referendum e da 2 mesi a 6 mesi per le iniziative). L’11 marzo 2007 il Popolo ha respinto di strettissima misura questa proposta, con 47'093 no (50,8%) e 46'358 sì (49,2%), e ben 4'064 schede bianche. L’iniziativa era stata bocciata in 117 Comuni, ma era stata approvata in 72 Comuni, fra cui le quattro città di Lugano, Bellinzona, Locarno e Chiasso. In considerazione dell’elevato numero di cittadini e di Comuni che si erano espressi a favore di un’agevolazione dei diritti popolari, viene ora lanciata una nuova iniziativa legislativa ( non più costituzionale) che si propone di agevolare i diritti popolari , ma questa volta non più a livello cantonale bensì a livello comunale. A tal scopo non è più necessaria una modifica della Costituzione cantonale bensì unicamente della Legge organica comunale (art. 75 e 76). L’iniziativa verrà pubblicata sul Foglio ufficiale del 25 settembre e ci sarà dunque tempo fino al 26 novembre per raccogliere le 7'000 firme necessarie Situazione attuale nei Comuni Attualmente per la riuscita di un’iniziativa popolare a livello comunale occorre raccogliere le firme del 20% dei cittadini con diritto di voto nel termine di 2 mesi, e per la riuscita di un referendum occorrono le firme del 20% dei cittadini in un termine di 30 giorni dalla pubblicazione della decisione del Consiglio comunale contro la quale è stato lanciato il referendum. Inoltre da tre anni è stato introdotto un limite massimo di 3'500 firme sia per i referendum e sia per le iniziative, e ciò per tener conto della situazione della Grande Lugano : difatti a seguito delle aggregazioni questo Comune conta circa 26'000 cittadini, per cui applicando la regola del 20% sarebbero occorse ben 5'200 firme (quasi come richiesto a livello cantonale) per la riuscita di un referendum o di un’iniziativa. La proposta e le novità La nuova iniziativa tien conto del fatto che una buona metà dei ticinesi si è già espressa negativamente per un ampliamento dei diritti popolari, seppur limitatamente a quelli a livello cantonale. Essa infatti non chieda nulla di trascendentale e avanza proposte nel rispetto dell’autonomia comunale, dato che ogni Comune sarà libero – entro certi limiti – di decidere se e in che misura vorrà introdurre agevolazioni per facilitare la raccolta di firme. Una soluzione “à la carte”, insomma , nel tentativo di accontentare un po’ tutti. 1. Per tutti i Comuni , piccoli o grandi , si propone un leggero aumento del tempo a disposizione per la raccolta di firme (40 giorni per i referendum e 3 mesi per le iniziative. 2. Per quanto riguarda il numero di firme da raccogliere la prima novità è che si fa una distinzione fra Comuni medio-piccoli (con meno di 2'500 cittadini con diritto di voto) e 1 Comuni medio-grandi ( con più di 2'500 cittadini). Per i primi si propone di lasciare il limite del 20% delle firme mentre per i secondi, dove oggettivamente è più difficile , complesso e costoso avvicinare tutti i potenziali firmatari di referendum e iniziative, si propone di ridurre tale limite al 15%. 3. Altra importante novità é che si lascia a tutti i Comuni, piccoli e grandi, la possibilità di decidere autonomamente se ridurre il loro rispettivo limite percentuale di firme fino a un massimo di ulteriori 5 punti percentuali : in tal caso tale limite, dovrà essere iscritto nel Regolamento comunale. Saranno dunque i cittadini dei vari Comuni (tramite un’iniziativa popolare comunale) o i loro rappresentanti eletti in Consiglio comunale (tramite una mozione) a decidere se ampliare poco o tanto i diritti popolari. Questa proposta flessibile dà un certo spazio di manovra (oggi inesistente) all’autonomia comunale e tien conto anche della diversa sensibilità fra Comune e Comune in materia di diritti popolari emersa con la votazione dell’11 marzo scorso. 4. La terza novità è che si propone di ridurre pure il “tetto” massimo di firme da raccogliere , portandolo dall’attuale limite di 3'500 (che è veramente eccessivo dato che equivale alla metà delle firme richieste a livello cantonale) a 2'500. Da notare che in pratica questo “tetto massimo” concerne solo la Grande Lugano (2'500 firme equivalgono circa al 9,6% dei 26'086 cittadini con diritto di voto a livello comunale) , dato che tutti gli altri Comuni sono già comunque al di sotto. Si pensi ad esempio che a Bellinzona, che conta 9876 cittadini, con il limite del 15% proposto per i Comuni medio-grossi occorrerebbero al massimo 1'481 firme (contro le 1'975 richieste attualmente). Diverso sarebbe il discorso qualora andassero in porto i progetti di aggregazione per la Grande Bellinzona o la Grande Locarno : in tal caso anche questi grossi nuovi Comuni potrebbero beneficiare del “tetto” massimo di 2'500 firme. 5. La quarta novità è l’introduzione di un nuovo articolo che consentirà a quei Comuni che lo desiderano di introdurre il referendum obbligatorio per spese di investimento superiori a un determinato limite. I Comuni che faranno uso di questa facoltà saranno poi liberi di fissare il limite, che dovrà essere iscritto nel Regolamento comunale. Quindi non si tratta di un obbligo per nessuno ma nuovamente di una proposta che rispetta l’autonomia comunale e che, se attuata, darà ai cittadini maggiori possibilità di controllo su certe spese di notevole portata per le finanze comunali. Il referendum obbligatorio in materia finanziaria o legislativa, a livello cantonale, è già in vigore da tempo in almeno una ventina di Cantoni , e anche Marina Masoni aveva detto che se fosse stata rieletta avrebbe proposto di introdurre in Ticino un referendum obbligatorio per investimenti superiori ai 10 milioni di franchi da parte del Cantone. Per quanto riguarda il punto 2 è forse utile aggiungere a titolo statistico che in Ticino attualmente vi sono 43 Comuni (con complessivamente 4'766 cittadini, pari al 2,3 %) in cui vige il regime assembleare ( cioè non c’è il Consiglio comunale ma c’è la democrazia diretta e dunque i diritti popolari funzionano in altro modo), 132 Comuni (con complessivamente 110'662 cittadini, pari al 54,6 %) con meno di 2'500 cittadini con diritto di voto e 15 Comuni (con complessivamente 87'073 cittadini, pari al 43,1%) con più di 2'500 cittadini. Qualora i progetti di aggregazione attualmente allo studio dovessero concretizzarsi, nel giro di pochi anni la situazione si modificherebbe nel modo seguente : 26 Comuni in regime assembleare (con 2'660 cittadini, pari all’1,3%), 70 Comuni con meno di 2'500 cittadini ( con in totale 69’069 cittadini, pari al 34%), 15 Comuni con più di 2'500 cittadini ( in totale 130'772 cittadini, pari al 64,7%, di cui 29'157 a Lugano). 2 Perché agevolare i diritti popolari a livello comunale ? 1. Perché l’esito della votazione popolare sull’iniziativa popolare “Più potere al popolo con diritti popolari agevolati” ha comunque dimostrato che circa la metà dei ticinesi era favorevole ad agevolare in modo consistente i diritti popolari a livello cantonale e dunque è lecito immaginare che una maggioranza possa essere d’accordo di agevolare i diritti popolari almeno a livello comunale, in modo meno consistente e con una proposta “à la carte” più rispettosa dell’autonomia comunale rispetto alla situazione attuale. Va poi ricordato che lo stesso Direttore del Dipartimento delle istituzioni, Luigi Pedrazzini, la sera stessa della votazione dell’11 marzo scorso era rimasto sorpreso per il gran numero di voti favorevoli all’iniziativa e aveva dichiarato alla TSI “questo risultato probabilmente consente di riaprire in tempi non lontani il discorso”. 2. Perché da un confronto con quanto avviene nei Comuni degli altri Cantoni è emerso che il Ticino è quello che chiede la maggior percentuale di firme per la riuscita di iniziative e referendum a livello comunale (in diversi altri Cantoni si lascia ai Comuni la competenza di fissare la percentuale, entro certi limiti fissati dalla legge), ed è fra quelli che concedono meno tempo per la riuscita di referendum e soprattutto di iniziative. 3. Perché a seguito dell’introduzione del voto per corrispondenza, avvenuto alla fine del 2004, è diventato sempre più difficile raccogliere firme alle bancarelle poste davanti ai seggi elettorali in occasione di votazioni : ciò che vale anche per le raccolte di firme a livello cantonale. Ormai oltre il 60% degli elettori vota per corrispondenza e non si reca più al seggio. Per ovviare a ciò bisogna impiegare più uomini (difficili da trovare, a meno di reclutare collaboratori remunerati) e più mezzi per raccogliere firme con il porta a porta o inviando i formulari a tutti i fuochi, con costi che nei Comuni medio-grossi diventano eccessivi per dei semplici cittadini che vogliono esercitare un loro diritto. 4. Perché uno degli argomenti di chi è contrario alle aggregazioni, è – e non a torto - che queste rendono sempre più difficile l’esercizio dei diritti popolari in Comuni che diventano sempre più grossi e sempre più popolosi. Quindi questa iniziativa rappresenta un parziale rimedio contro uno dei principali effetti negativi delle aggregazioni, e cioè contro l’aumento della ”distanza” fra i cittadini e il Palazzo. Si tratta dunque anche di un’iniziativa coerente con le petizioni lanciate a suo tempo dal Guastafeste per chiedere l’avvio di studi per le aggregazioni nel Locarnese. Facciamo un esempio concreto. Oggi se un cittadino di Morbio Inferiore vuol lanciare un referendum contro qualche decisione del Consiglio comunale che tocca da vicino il paese, gli basta raccogliere circa 550 firme. Domani, quando questo Comune sarà aggregato a Chiasso e Vacallo, per lanciare un referendum contro un’analoga decisione adottata dal CC della Grande Chiasso lo stesso cittadino dovrebbe raccogliere con le regole attuali almeno 1’750 firme, andando a cercarle anche negli altri due Comuni. Se questa nuova iniziativa passasse, quel cittadino dovrebbe raccogliere invece “solo” 1'310 firme (pari al 15%) o “solo” 870 (pari al 10%), che restano comunque molte, e avrebbe qualche giorno di tempo in più a disposizione per farlo. Stesso discorso vale per tutti i cittadini dei Comuni che si sono già aggregati o che stanno per farlo. Per quanto riguarda il punto 2 va ricordato che fino a una dozzina di anni fa in Ticino, come del resto in altri Cantoni, non v’era alcun termine di tempo da rispettare per la riuscita di un’iniziativa popolare. Difatti lo strumento dell’iniziativa popolare serve a proporre qualcosa di nuovo e non ritarda in alcun modo l’attività di Municipi e Consigli comunali, per cui non vi sarebbero ragioni politiche per introdurre dei limiti, anche se questi si giustificano per motivi organizzativi. La decisione di introdurre un termine di 2 mesi venne adottata dal Gran Consiglio il 20 aprile 1994 a seguito di un’iniziativa parlamentare presentata il 4 ottobre 1993 dai deputati del PS Luca Realini e Silvano Ballinari, i quali chiedevano di allineare le regole e le procedure per la presentazione delle 3 iniziative a livello comunale a quelle in auge per le iniziative cantonali . E’ significativo il fatto che nel comitato di questa iniziativa sieda pure lo stesso Luca Realini. Ecco come questo “restringimento” dei diritti popolari operato nel 1994 dal Gran Consiglio è stato commentato da Eros Ratti a pag. 240 del quarto volume de “Il Comune” : “ (…) non si può non rilevare che sia l’obbligo di depositare il testo dell’iniziativa sia il termine per la raccolta delle firme rappresentano un ulteriore restringimento dell’esercizio dei diritti popolari nell’ottica di una democrazia senza vincoli. Si tratta, a non aver dubbio, di un altro tassello di autonomia che viene sottratto ai legittimi proprietari e di riflesso di un altro piccolo ( o grande!) ostacolo che viene disseminato sulla strada dei diritti popolari. Anche qui come in altri campi la filosofia del razionale, legata alle esigenze della centralizzazione, dell’efficienza e del trasferimento di competenze agli esecutivi, arrischia di calpestare la spontaneità partecipativa del sovrano riducendo a poco a poco l’interesse per lo Stato e per le cose di tutti. In questi frangenti (soprattutto quando si pon mano a modifiche legate ai diritti popolari) meglio e più comprensibile sarebbe stato ( e lo dovrebbe maggiormente essere anche in futuro) il tentativo di allargare le maglie anziché restringerle e complicare il passaggio. A tale proposito e a conferma di questo nostro rilievo vale la pena di ricordare che anche secondo un recente studio apparso sulla Rivista svizzera di scienze politiche tali limitazioni sono controproducenti. In sostanza si argomenta che la possibilità di poter esercitare direttamente e senza vincoli od ostacoli i propri diritti (ad esempio nel campo dell’iniziativa popolare) aumenta non solo il grado di interesse dei cittadini per la cosa pubblica ma addirittura il grado di benessere degli stessi nell’ambito della comunità che concorrono, con le loro idee e le loro proposte, a mantenere e migliorare. Il che, tenuto conto dei tempi che corrono, non è cosa da poco” L’utilità dei diritti popolari a livello comunale Gli avversari dell’iniziativa “Più potere al popolo con diritti popolari agevolati” sostenevano che in Ticino si vota già troppo (in realtà le votazioni su temi cantonali erano da anni mediamente solo una all’anno, con mediamente due temi posti in votazione) e inoltre sostenevano che agevolare questi diritti significava “banalizzarli” e che bisognava lasciar governare senza troppi ostacoli chi era stato eletto per farlo. Dato che queste critiche probabilmente verranno utilizzate anche in questa occasione per contrastare la nuova iniziativa, ho effettuato un’inchiesta per quantificare il numero di referendum e iniziative lanciati in Ticino negli ultimi otto anni e per verificare il loro grado di accettazione presso i cittadini dei vari Comuni. I risultati sono stati sorprendenti. Prima di esporli aggiungo che per acquisire i necessari dati ho contattato via email tutti i Comuni ticinesi in cui esiste il Consiglio comunale e in cui dunque è possibile lanciare iniziative e referendum : cioè in tutto 147 Comuni. Ben 133 Comuni, che contano in totale 189’275 cittadini, hanno risposto. A non rispondere malgrado vari richiami sono stati solo i seguenti 14 Comuni piccoli (che contano in totale 7’641 cittadini) : Torricella –Taverne , Barbengo , Intragna , Tegna , Cavigliano , San Nazzaro , Gorduno , Besazio , Brione sopra Minusio , Maroggia , Brusino Arsizio , Vernate , Caneggio e Muggio). Ebbene, dall’inchiesta è emerso che dal 2000 compreso a oggi, cioè negli ultimi otto anni, nei Comuni che hanno preso parte all’inchiesta – e che colgo l’occasione per ringraziare – sono stati lanciati con successo complessivamente 40 referendum (in media solo 5 all’anno per 133 Comuni!) e 16 iniziative popolari (in media solo 2 all’anno). In ben 96 Comuni (fra cui località grosse come Lugano, Giubiasco, Mendrisio, Minusio, Massagno, Biasca, Gordola) non sono stati lanciati né referendum né iniziative. Ciò è avvenuto dunque solo in 36 Comuni ( in 23 dei quali una sola volta in otto anni, in altri 9 Comuni solo due volte, a Ponte Tresa e a Bironico 3 volte e per finire a Losone e Bellinzona 5 volte) . Spero che di fronte a queste cifre nessuno si azzarderà a dire che nei Comuni ticinesi si vota troppo su temi di carattere comunale : è vero semmai il contrario. Resta dunque da chiedersi perché si lanciano cosi pochi referendum e iniziative. Segno che i cittadini sono soddisfatti di come il loro Comune viene amministrato ? O non è piuttosto il segno che le regole in vigore , e i costi in termini di energie, tempo e denaro che ne derivano, 4 scoraggiano dal far ricorso ai diritti popolari i sempre più rari cittadini che osano contrapporsi a certi poteri forti locali ? E’ inutile che aggiunga quale delle due possibilità è quella giusta… Ma c’e un altro dato sorprendente emerso dall’inchiesta. Su 40 referendum lanciati con successo negli ultimi otto anni, ben 29 (pari al 74%) sono stati approvati dal popolo e solo 10 respinti (uno è in corso attualmente a Blenio) . Inoltre su 16 iniziative riuscite ben 10 sono state approvate (7 direttamente dal CC senza dunque votazione popolare e 3 in votazione popolare), 3 sono ancora da votare e solo 3 sono state bocciate dal Popolo. Queste statistiche dimostrano l’elevato grado di successo di referendum e iniziative, e dovrebbero far riflettere coloro i quali ritengono che i diritti popolari vadano semmai ristretti anziché ampliati per lasciare che i rappresentanti eletti dal popolo per governare possano farlo in pace e senza “ostacoli”. Costi per una votazione a livello comunale Qual è approssimativamente il costo che un Comune deve assumere per organizzare una votazione a seguito di un referendum o di un’iniziativa lanciati a livello comunale ? Prendiamo ad esempio Losone, che conta circa 6'200 abitanti e circa 4'000 cittadini con diritto di voto . Per la stampa del materiale (opuscolo informativo, buste e schede) si spende ca. 2’500/3'500 franchi; per la spedizione del materiale a tutti gli aventi diritto di voto : circa 2'500 franchi; costo del personale per la presenza ai seggi e per le operazioni di spoglio limitatamente al venerdì e alla domenica : circa 700 franchi. In totale circa 5’700/6'700 franchi, pari mediamente a 1 franco per abitante. E’ un prezzo davvero minimo per la democrazia diretta. E non si dimentichi quanti soldi hanno spesso fatto risparmiare i referendum… Conclusione In definitiva un leggero ampliamento dei diritti popolari a livello comunale si impone non solo per dare ai ticinesi gli stessi diritti che hanno gli altri svizzeri d’oltre Gottardo, non solo per ovviare in parte alle accresciute difficoltà dovute all’introduzione del voto per corrispondenza e non solo per attutire certi svantaggi “democratici” dovuti alle aggregazioni, ma anche perché l’uso di questi diritti là dove è stato fatto ha dimostrato di essere stato quanto mai utile e necessario. ****************************************************** Membri del comitato promotore Oltre al sottoscritto (primo firmatario) i copromotori sono (in ordine alfabetico) : Luca Buzzi di Bellinzona, Melitta Jalkanen Keller di Lugano, Luca Realini di Losone, Lauro Rotanzi di Camorino, Alberto Siccardi di Castel San Pietro, Leda Soldati di Lugano, Pietro Vanetti di Losone e Aleardo Zaccheo di Cademario Raccolta delle firme : dove si può firmare ? In occasione della votazione di fine settembre concernente la nuova strada sul Piano di Magadino e delle elezioni federali del 21 ottobre, davanti ai locali di voto di una quarantina dei principali Comuni ci saranno delle bancarelle con dei collaboratori addetti alla raccolta delle firme. Saltuariamente ci saranno pure delle bancarelle anche in Piazza Dante a Lugano , nel Piazzale alla Valle di Mendrisio e nell’ambito del mercato di Bellinzona. Dal 26 settembre sarà possibile firmare l’iniziativa agli sportelli delle Cancellerie comunali di tutti i 190 Comuni ticinesi. Sarà possibile scaricare i formulari pure dal sito internet dell’amministrazione cantonale (www.ti.ch/iniziative) e da quello del movimento del Guastafeste (www.ilguastafeste.ch) Giorgio Ghiringhelli, Losone 5