INDICE DEI POSTER
RETE EMILIANO-ROMAGNOLA
Chierici G., Progetto di intervento diagnostico-terapeutico integrato tra medico specialista e medico
di medicina generale per il paziente affetto da sindrome metabolica
114
Costi D., Percorsi di cura orientati alla promozione della salute mentale
116
Greci M., Sorveglianza della malattia tubercolare: un progetto Integrato tra Ospedale e territorio
nella Provincia di Reggio Emilia
117
Pietrantonio A. M., Istituzione di uno stone center presso l’ospedale di Carpi
118
RETE LOMBARDA
Alberio D., I protocolli informativi per una comunicazione terapeutica al paziente
119
Alberio D., L’acqua è salute: un processo di miglioramento delle qualità dell’acqua in ambiente
ospedaliero
121
Avisani R., Divenire donne, diventare uomini: ospedale aperto ai ragazzi di oggi
123
Avisani R., Il Battibaleno e l’integrazione col territorio
125
Bassi G.L., La continuità delle cure nei pazienti sottoposti a interventi in regime di Day Hospital
Surgery
127
Boni S., Disassuefazione dal fumo nell’I.S. di Tradate
128
Cinquini A., Ospedale che promuove la salute: il ruolo dello psicologo
129
Gentile M.G., La malnutrizione ospedaliera: fenomeno ancora quasi sconosciuto dei nostri ospedali
131
Giannunzio A., Sperimentazione di una scheda di rilevazione del dolore nell’Azienda Istituti
Ospedalieri di Cremona
133
Lucchi F., Progetto Equal-Assist sperimentazione di percorsi riabilitativi orientati all’inserimento
lavorativo per persone con malattia mentale grave
134
Milani P. A., Educazione sanitaria è farmacoeconomia del diabete
136
Notaro P., Il dolore post-operatorio: una realtà curabile e contrastabile
138
Notaro P., Strumenti operativi omogenei per il controllo del dolore post-operatorio. Processo
organizzativo isorisorse
139
Sampietro M., Gestione informatizzata del servizio di frigo-emoteca
140
Sironi P., Ospedale senza fumo
141
Triarico A., Indagine multicentrica sull’abitudine al fumo nelle strutture sanitarie lombarde:
l’esperienza dell’Ospedale “F. Del Ponte”
142
RETE LIGURE
Gagno R., Coordinamento attività di Educazione e Promozione della salute
144
Penna A., TRIPSS 2: un progetto in rete di 4 Aziende Sanitarie del Piemonte sul Carcinoma
Collaterale e sull'Ictus Ischemico
145
Reghezza L., La qualità delle relazioni fra professionisti dell’equipe ospedaliera favorisce un’efficace
etica organizzativa
146
Sacco P., Rilevazione delle qualità percepita in emodialisi ospedaliera
147
RETE PIEMONTESE
Arras A., Il centro ISI Informazione salute immigrati
148
Azzolina M. C., La prescrizione di farmaci alla dimissione. Integrazione fra specialista ospedaliero e
medico di medicina generale
149
Bricchi G., La capacità di scegliere: uno strumento per migliorare la esperienza del parto o un’altra
diseguaglianza?
150
Brusa L., L’Evidence Based Nursing come strumento di integrazione fra Ospedale e territorio
151
Centillo L., L’ADI pediatrica I – Il caso della piccola V.
153
Centillo L., L’ADI Pediatrica II – Total Quality Life e continuità assistenziale
153
Cerri R., Il reclamo del cliente come strumento per migliorare la dimensione interpersonale
154
Cerri R., L’informazione per progettare gli interventi di miglioramento dei servizi
155
De Rosa M. G., Asl 17: Ospedali senza fumo, primi interventi e valutazione della realtà aziendale
156
Domeniconi A., Progetto di miglioramento della ristorazione ospedaliera: il “Dietetico Regionale”:
risultati preliminari
157
Fusaro A., Aspetti di comunicazione fra una struttura di reumatologia ospedaliera e M.M.G.
158
Grillo A., La carta dei diritti del bambino in ospedale
159
Gulino M., Implementazione della qualità dell’assistenza sanitaria: un programma aziendale di
prevenzione delle cadute e dei loro esiti nei pazienti ricoverati
160
Ossola O., Costruzione di un protocollo per l’attivazione del DPI/presidi medico chirurgici per la
tutela del lavoratore e dei pazienti
162
Pozzo C., La mutualità integrativa volontaria in Italia
163
Provincia di Torino, Il progetto strategico telematico di informazione sociale
164
Rapellino M., L’attività di valutazione e gestione del rischio in una Azienda Ospedaliera
165
Rapellino M., L’integrazione fra Medico Ospedaliero e Medico di Medicina Generale – continuità alla
dimissione
166
Ripa F., La famiglia in un sistema aziendale: il caregiver come risorsa nella cura al paziente con
problemi cronici
167
Uberti M., L’attivazione dell’ADI come misura di integrazione ospedale territorio
168
RETE TOSCANA
Appicciafuoco A., L’accoglienza del donatore nel servizio trasfusionale
169
Appicciafuoco A., Una vita migliore per il malato reumatico
171
Ardis S., Carta dei diritti e dei doveri delle persone HIV positive
172
Cantone S., Promozione dell’allattamento al seno
173
Cordoni M., Progetto di prevenzione cardiovascolare e “mission” HPH
174
Faraoni T., Ospedale a misura di bambino: accoglienza e percorsi assistenziali per i piccoli pazienti
nel Presidio Ospedaliero del Mugello
175
Filieri M., Il Laboratorio –Formazione e la promozione della salute presso l’ASL 5
177
Manfredi M., Allergia a scuola
178
RETE TRENTINA
Mattuzzi A., L’Ambulatorio del piede diabetico: dalla prevenzione alla cura delle lesioni. La nostra
esperienza
180
RETE VALLE D’AOSTA
Chatrian D., Riduzione del rischio connesso con la movimentazione manuale dei pazienti
181
Riccardi C.S., Chi si ferma è perduto
182
RETE VENETA
Bolzon V., Salute e alimentazione in ospedale
183
Trabucco G., Un progetto di intervento psicologico per il miglioramento dell’efficienza, qualità di vita
e umanizzazione dell’assistenza
184
POSTER
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Rete Emiliano-Romagnola
PROGETTO DI INTERVENTO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO INTEGRATO TRA MEDICO SPECIALISTA E
MEDICO DI MEDICINA GENERALE PER IL PAZIENTE AFFETTO DA SINDROME METABOLICA
Autore referente: Dott.ssa Giuseppina Chierici
E. Bosi, G. Chierici, D. Gaiti, M.G.Magotti, V. Artoni: Servizio di Diabetologia Area Nord Guastalla-Correggio AUSL
RE
F.Reni, F.Orlandini, A. Perrone: Medici di Medicina Generale Area Nord AUSL RE.
La Sindrome metabolica e’ caratterizzata da un’aggregazione di diverse alterazioni metaboliche ciascuna
delle quali e’ di per sè un fattore di rischio cardiovascolare noto.Il rischio cardiovascolare complessivo che
ne deriva è altissimo e prevede per il paziente un momento di educazione mirato a conoscere ed a evitare i
comportamenti a rischio che preceda e affianchi la prescrizione farmacologica.
Pur essendo tale sindrome una entità metabolica complessa con un comune fattore etiopatogenetico
(l’insulino-resistenza),essa viene sempre affrontata per singole patologie componenti come se fossero entita’
distinte e come tali spesso vengono trattate.Accade di conseguenza che i pazienti che ne sono affetti vengono
visti dal Diabetologo, dal Cardiologo, dal Lipidologo, dal Dietologo/Dietista, ognuno dei quali imposta il
proprio trattamento in maniera individuale e alla fine il paziente si trova spesso una serie di farmaci da
assumere che, non infrequentemente,sono numerosi e a volte anche con interazioni reciproche indesiderate.
L’idea del progetto di intervento nasce:
1) dall’esperienza ormai consolidata nel nostro territorio di Gestione integrata Diabetologo-MMG per il
paziente diabetico tipo 2, progetto che ha già creato un buon substrato di collaborazione tra professionisti su
una patologia cronica che, nell’84% dei casi fa parte della sindrome metabolica.
2) dalla necessità di affrontare la patologia in modo razionale e più semplice possibile promuovendo
l’Empowerment,processo attraverso il quale il paziente acquisisce la conoscenza del problema,le abilità
necessarie per l’autogestione della terapia e soprattutto per modificare lo stile di vita che è l’elemento chiave
per il trattamento dell’insulino-resistenza alla base della sindrome metabolica.
L’intervento prevede:
A) una fase di confronto-aggiornamento tra i medici responsabili del piano di cura per creare il percorso
comune condiviso e che preveda continui aggiornamenti periodici
B) una fase più complessa e articolata in più tempi di intervento sul paziente che deve essere di
informazione-formazione dall’educazione sanitaria elementare,all’intervento nutrizionale fino a modelli
comportamentali.
C) Raccolta dati su data base aziendale(ad es.la cartella diabetologica già in dotazione al Servizio) per
indagine epidemiologica,analisi dei costi, indicatori di processo ed esito.
OBIETTIVI:
L’educazione del paziente diventa un momento essenziale nel processo di terapia della malattia cronica;in
questo, il modello “tradizionale” entra in crisi perche’
a)la malattia non puo’ essere guarita,
b) la prescrizione terapeutica non e’ limitata nel tempo e non e’ facile da seguire,
c) la partecipazione della persona in cura al processo terapeutico e’ indispensabile.
Quindi il rapporto medico-paziente-malattia deve assumere nuove connotazioni anche tenendo conto della
complessita’ del problema.
Questi aspetti della Sindrome metabolica conferiscono al progetto le caratteristiche di elezione per
l’applicazione delle metodologie del Disease Management come disciplina che vede il coinvolgimento e
l’integrazione di tutti i nodi della rete:il Paziente,i MMG,la Struttura specialistica ospedaliera e le Istituzioni
preposte alla salute pubblica.
I risultati andranno valutati su:
• indicatori di processo individuabili nel N° di professionisti partecipanti al progetto,N° di pazienti
arruolati nel percorso e nel N° di corsi di educazione effettuati.
• Indicatori di risultato: parametri di salute attuale(BMI,HbA1c, assetto lipidico, PA…),N°ricoveri per
complicanze.
114
•
Indicatori di comportamento:conoscenza del problema da parte del paziente(aderenza alla dieta,
attivita’ fisica).
CONCLUSIONI:l’idea di questo progetto costituisce una grossa sfida per i professionisti e i pazienti
coinvolti in quanto e’ noto dalla letteratura medica e dall’evidenza clinica quanto fino ad oggi ogni
intervento sanitario per affrontare la Sindrome metabolica sia stato nella stragrande maggioranza dei casi
fallimentare.La convinzione che sostiene questo tentativo e’ che il punto di forza per il successo
dell’iniziativa stia nel promuovere l’empowerment del paziente in quanto consapevole che solo un
cambiamento radicale dello stile di vita possa davvero risolvere il circolo vizioso che porta inesorabilmente
alle gravi complicanze cliniche spesso fatali o comunque invalidanti che conosciamo.
115
PERCORSI DI CURA ORIENTATI ALLA PROMOZIONE DELLA SALUTE MENTALE
Dorella Costi, Dipartimento Salute Mentale, Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia
Via Amendola, 2 - 42100 Reggio Emilia, Mailto: [email protected] Tel. 0522 335908 - 0522 335499 Fax 0522 335145
L’Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia ha tra i valori di riferimento la promozione della salute e
considera propria competenza distintiva la capacità di interagire con gli attori della comunità locale.
Il sistema di gestione per la qualità dell’azienda ha in queste premesse la sua ragione fondante e fa
riferimento al modello EFQM come strumento ordinatore e di sintesi; in tale ottica il Dipartimento di Salute
Mentale (DSM) di Reggio Emilia ha sviluppato il proprio sistema qualità.
Il DSM di RE ha individuato i propri prodotti principali comuni a tutto il Dipartimento, definito indicatori e
standard, costruito procedure e istruzioni operative.
I prodotti sono suddivisi in base alla tipologia dei pazienti e consentono di gestire il percorso del paziente
all’interno del DSM mediante mappatura (logica e temporale) del processo e delle interfacce.
Gli utenti accedono al DSM attraverso due prodotti erogati dai Centri di Salute Mentale: Accoglienza,
ordinaria od urgente; Consulenza al Medico di Medicina Generale.
Oppure, più raramente, attraverso il SPDC: Consulenza in ospedale generale.
Dai due prodotti erogati dal CSM è possibile ritornare all’inviante oppure passare a prodotti di presa in
carico Attività Territoriale Integrata (ATI), Trattamento Psichiatrico Ambulatoriale (TPA) e Psicoterapia
Breve (PB).
Sono state individuate, quindi, tre diverse modalità di rapporto con il paziente nel CSM: a) prolungata e/o
articolata (ATI) rivolta a pazienti affetti da patologie gravi e complesse. b) indiretta (consulenza al MMG)
rivolta a pazienti affetti da patologie lievi, anche di lunga durata, per le quali si prevede che il MMG sia in
grado di sostenere, supportato adeguatamente, il peso della responsabilità diretta del caso. c) breve,
ambulatoriale (TPA e PB) rivolta a pazienti che presentano situazioni di acuzie clinica e/o di crisi, il cui
progetto terapeutico è di breve- medio termine.
I pazienti in ATI possono passare ad altri prodotti erogati dalle strutture Residenziali (Trattamento
residenziale intensivo, prolungato e socio riabilitativo) o Semiresidenziali (trattamento in Day hospital,
centro diurno, laboratorio protetto) pur rimanendo la titolarità del caso al CSM.
Ogni prodotto è stato descritto da procedure con indicatori e standard, valutati e revisionati annualmente
durante il riesame della Direzione.
Tale descrizione della mappatura dei processi permette di tenere sotto controllo costantemente il percorso di
ogni paziente all’interno del DSM, e garantisce uniformità nell’erogazione delle prestazioni pur mantenendo
la personalizzazione del piano terapeutico con l’obiettivo di:garantire livelli di qualità omogenei ai cittadini
che fruiscono di prestazioni sanitarie nelle diverse aree geografiche della AUSL e garantire trasparenza
(soddisfazione); fornire strumenti per il miglioramento continuo della qualità individuando le non conformità
rispetto agli standard (efficacia); fornire dati e strumenti attendibili (efficienza).
Tutti gli utenti che accedono al DSM, con azioni distinte a seconda del livello di gravità / gravosità (descritte
in procedure), usufruiscono della gestione orientata alla promozione della salute ed al miglioramento della
qualità della vita.
In ogni prodotto/procedura sono definiti degli indicatori i cui dati sono raccolti attraverso il sistema
informativo. A titolo di esemplificazione si riporta un indicatore con la rilevazione dell’anno 2002: Prodotto:
Consulenza al MMG; Indicatore: percentuale di consulenze MMG concluse senza presa in carico sul totale
delle Consulenze MMG; Standard: 75%; Risultato 2002: 76.3%.
Conclusioni: la conoscenza ed il controllo dei processi di erogazione permette di individuare le opportunità
che il paziente ha di partecipare attivamente alla formulazione ed all’applicazione del proprio piano
terapeutico:l’esperienza ha sinora avuto grande valore per l’affermarsi di una cultura della valutazione,
dell’affidabilità e della coerenza organizzativa contrapposta alla cultura dell’autoreferenzialità. Il confronto
fra le diverse Unità Operative e l’adeguamento a standard di eccellenza favorisce il miglioramento continuo
dell’efficacia dei trattamenti e quindi la traduzione del miglioramento organizzativo in efficacia clinica.
L’applicazione del metodo del miglioramento ai processi ha permesso di ridefinire e rendere omogenei
percorsi e modalità di erogazione delle prestazioni nei diversi servizi del Dipartimento come pure di
garantire la correttezza del sistema di gestione della documentazione e, attraverso il miglioramento del
sistema Informativo e dei processi di valutazione, di favorire il governo clinico del DSM.
116
SORVEGLIANZA DELLA MALATTIA TUBERCOLARE (TB): UN
OSPEDALE E TERRITORIO NELLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA
PROGETTO INTEGRATO TRA
Agostini L., U.O. Pneumologia ASMN
Camerlengo P, Garuti T., Giammartini P., Greci M., Perilli C., Servizi Igiene Pubblica AUSL
Panella D., Direzione Sanitaria ASMN
Vezzani F., U.O. Malattie Infettive ASMN
Autore Referente : dr.ssa GRECI MARINA ( Via Amendola 2, 42027 Reggio Emilia, tel. 0522-335758, fax 0522335333, e-mail [email protected])
BREVE INTRODUZIONE DEL CONTESTO
La TB è una patologia di primaria importanza in Sanità Pubblica, sia per la relativa prevedibilità, per le
diffusione che può comportare nella popolazione e la gravità che la malattia può assumere soprattutto se
sostenuta da ceppi farmaco-resistenti o colpisce persone immunocompromesse. La diagnosi precoce ed il
trattamento farmacologico efficace e correttamente eseguito, sono i due cardini su cui si basa il controllo
della TB. Negli ultimi anni si è verificata una aumentata proporzione di casi notificati in cittadini stranieri,
difficilmente raggiungibili ed a scarsa compliance terapeutica, provenienti nella maggior parte dei casi da
Paesi ad alta endemia tubercolare; tale fenomeno è particolarmente accentuato in provincia di Reggio Emilia,
dove tale proporzione ha raggiunto il 64% nel 2001.
OBIETTIVI
A) almeno l’85% dei casi correttamente diagnosticati deve portare a termine un trattamento completo (come
da indicazioni OMS, PSN, PSR, ecc.);
B) l’Azienda USL e l’Azienda Ospedaliera hanno individuato, fra le loro priorità, il raggiungimento
dell’obiettivo sopra riportato, incentivandolo anche economicamente con inserimento nella scheda di
Budget;
C) ottemperare ai flussi informativi richiesti dalla Regione (Circolare n. 43 del 07.11.1994), per ogni singolo
caso.
GRUPPO TARGET
E’ stato nominato un Gruppo Interaziendale Provinciale per il controllo della TB, attivato dai Servizi Igiene
Pubblica (SIP)composti da varie professionalità : igienisti, clinici, medici di Direzione Sanitaria, Assistenti
Sanitarie (ASV), medici del lavoro, laboratoristi. Il mandato era quello di creare un “Dispensario funzionale”
: coordinamento strutturato tra gli operatori sanitari ospedalieri e territoriali, in modo da garantire la gestione
integrata del singolo caso, necessaria per un adeguato controllo della malattia tubercolare e per i risvolti che
può avere in Sanità Pubblica. Come strumento di lavoro è stata elaborata una procedura sulla sorveglianza
della TB, condivisa da entrambe le Aziende secondo le indicazioni fornite dal Documento di Linee Guida
Nazionali . I punti di forza di tale procedura sono: individuazione delle U.O di pneumologia e malattie
infettive dell’Azienda Ospedaliera come centri provinciali di riferimento per la diagnosi e cura della TB;
ambulatori dedicati al follow-up del malato: i pazienti dimessi vengono seguiti mensilmente presso le due
U.O dove operano pneumologi e infettivologi dedicati, la mediatrice culturale cinese, due assistenti sanitarie
del SIP, (tali figure sanitarie fanno parte del Gruppo di lavoro); il paziente viene completamente preso in
carico, e , qualora non si presenti ai controlli programmati, verrà sollecitato dalla ASV, e se necessario, si
effettuerà visita domiciliare, con eventuale presenza di mediatrice culturale gratuità di tutti gli esami
diagnostici, compresi quelli non previsti dalla normativa vigente, ma ritenuti necessari per una diagnosi
precoce; consegna diretta e gratuità di tutti i farmaci, anche quelli non compresi in fascia A; ambulatorio
territoriale dedicato al controllo dei contatti a rischio, gestito da un Medico Pneumologo, insieme con ASV
del SIP, ed, al bisogno, presenza di mediatrice culturale.
VALUTAZIONE DEI RISULTATI
Indicatori :
N. casi che hanno concluso il trattamento = 85% ( nel 2002 = 90,24% )
N. casi di TB correttamente diagnosticati
CONCLUSIONI : I risultati raggiunti ( indicatore 2002 pari al 90.24%) danno ragione all’importanza della
stretta collaborazione ed integrazione tra i Servizi territoriali ed Ospedalieri, nel controllo di una malattia
infettiva di notevole ripercussione sociale. Inoltre, dal 1998 è attivo, in collaborazione con la Caritas, il
Centro per la salute della famiglia straniera, a dimostrare un’ulteriore integrazione tra Territorio ed Ospedale,
per la continuità assistenziale di cittadini senza regolare permesso di soggiorno, affetti da malattia
tubercolare.
117
ISTITUZIONE DI UNO STONE CENTER PRESSO L'OSPEDALE DI CARPI
dott.ssa Anne Marie Pietrantonio (Direttore Ospedale di Carpi - AUSL Modena), dott. Stefano Cencetti (Direttore
Presidio Unico - AUSL Modena), dott. Alfonso V. Anania (Direzione Sanitaria Ospedale di Carpi - AUSL Modena,
prof. Maurizio Brausi (Direttore Unità Operativa Urologia dell'Ospedale di Carpi - AUSL Modena)
Autore referente: dott.ssa Anne Marie Pietrantonio, Direttore Ospedale di Carpi “B. Ramazzini”; via G. Molinari 2;
41012 CARPI (MO) tel 059/659402; fax 059/659401; e-mail: [email protected]
Nell’ambito di una riorganizzazione delle attività urologiche realizzata nella provincia di Modena con
l’intento di qualificare l’offerta ed i percorsi degli utenti, a far tempo dal mese di settembre 2003 presso
l’Ospedale di Carpi è stato attivato uno Stone Center, un Centro cui fa capo un percorso multidisciplinare
per la diagnosi, trattamento e prevenzione della calcolosi renale.
La istituzione di un percorso che vede l'impegno di più competenze integrate sul paziente offre vantaggi
rilevanti in termini di:
a) tempestività: rapida risoluzione del problema clinico del paziente data la possibilità di eseguire in
sequenza diagnosi e trattamento.
b) Completezza dell'approccio clinico: il percorso realizzato per la cura della calcolosi, consente di
integrare ai concetti di diagnosi e trattamento il concetto di prevenzione, obiettivi che si è inteso realizzare
prevedendo all'interno del percorso una consulenza nefrologica, la possibilità di effettuare uno studio
metabolico per individuare l'origine del calcolo e una consulenza dietologica, in grado di suggerire come
evitare, attraverso stili alimentari adeguati, il ripetersi della malattia. È stata inoltre realizzata una guida che
fornisce al paziente importanti informazioni circa le indicazioni cliniche all'uso della Litotrissia, e su come
comportarsi dopo il trattamento, al fine di favorire la realizzazione di quella partnership fra medico e
paziente indispensabile all'efficacia del processo di cura ed offrire al paziente uno strumento utile ad
acquisire il controllo sulle decisioni e sulle azioni che influenzano il proprio stato di salute.
Il percorso del paziente all'interno dello Stone Center
Come si accede: L'accesso allo Stone Center può avvenire secondo due modalità:
1- tramite il Pronto Soccorso, in caso di colica renale,
2- dall'ambulatorio della calcolosi, previa indicazione del Medico di Medicina Generale, in casi selezionati
dagli specialisti Urologi.
All'interno del percorso un team multiprofessionale costituito da Medico Urologo, Radiologo, Nefrologo e
Dietista prende in carico il paziente secondo una logica che vede le diverse figure professionali integrate ed il
paziente in posizione centrale di core.
Una volta preso in carico presso il Centro, il paziente effettua in rapida sequenza una visita urologica,
indagini strumentali quali ecografia, radiografia e TAC multidimensionale, quindi i Medici Urologi
provvederanno ad una valutazione dell'urgenza del trattamento e della tipologia del trattamento da adottare
(ESWL o altra metodica).
Eseguito il trattamento il paziente viene trattenuto in osservazione presso il Reparto di Urologia nell'ambito
di un Day Hospital.
All'atto della dimissione il personale di reparto provvede alle prenotazioni per le valutazioni cliniche
successive: follow-up urologico, visita nefrologica e dietologica.
L'opuscolo informativo: il percorso che fa capo allo Stone Center è stato realizzato avendo quale principale
obiettivo la rapida ed efficace risposta a tutti i bisogni del paziente che soffre di calcolosi renale.
Tra i bisogni del paziente vanno elencati anche la necessità di conoscere benefici e rischi del trattamento a
cui dovrà essere sottoposto (è la base per esprimere un consapevole consenso al trattamento), ma anche la
necessità di conoscere, interpretare, gestire eventuali problemi clinici insorti in seguito al trattamento.
L'opuscolo fornisce informazioni circa le indicazioni e i vantaggi del trattamento della calcolosi urinaria con
Litotrissia, tecnica dell'intervento e possibili complicanze, a riguardo della preparazione all'intervento, dei
segni e sintomi che possono comparire a seguito dell'intervento fornendo al paziente un orientamento per la
loro corretta interpretazione. Al paziente vengono fornite inoltre importanti informazioni circa i
comportamenti da seguire a seguito della dimissione (attività fisica, dieta, assunzione di farmaci), nonchè
riferimenti per i contatti con l'Unità Operativa di Urologia in caso di insorgenza di problemi clinici.
La realizzazione di un percorso dedicato e la elaborazione di strumenti informativi consentono un sostanziale
miglioramento dell’offerta, che nasce dalla sostituzione delle logiche che vedono il paziente impegnato nella
ricerca della risoluzione del suo problema clinico con una logica di presa in carico, dalla sostituzione del
concetto di cura con il concetto di care, ovvero del farsi carico della totalità del paziente nella specifica
esperienza di malattia.
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Rete Lombarda
I PROTOCOLLI INFORMATIVI PER UNA COMUNICAZIONE TRASPARENTE AL PAZIENTE
Istituto Clinico Mater Domini di Castellanza (VA)
Daniele Alberio, Debora Crespi, Ufficio Qualità e Formazione
Luciano Angelini, Direttore Sanitario
Marta Galbiati, Ufficio Comunicazione
Autore referente: Daniele Alberio, Istituto Clinico Mater Domini, via Gerenzano 2, 21053 Castellanza (VA) tel.
0331.476282, fax 0331.476204, email [email protected].
Breve introduzione del contesto
Un’informazione chiara e completa è essenziale nel processo di cura del paziente. L’Istituto Clinico Mater
Domini ha scelto come strumento informativo un pieghevole formato tascabile che fornisce informazioni in
tre ambiti: la prevenzione, le tecniche diagnostiche e la terapia.
Obiettivi
Il progetto si pone due obiettivi:
- migliorare il rapporto medico – paziente, per creare empatia fra le due figure, un aspetto sul quale l’Istituto
Clinico Mater Domini da sempre focalizza la sua attenzione;
- rendere il paziente più consapevole del proprio percorso di cura e aiutare il medico a fornire le spiegazioni
tecniche-scientifiche con un linguaggio più comprensibile.
Gruppo target
Il progetto si è articolato in due fasi, la progettazione e la distribuzione, nelle quali si sono sviluppate azioni
rivolte al paziente, ai suoi familiari e al medico specialista.
I protocolli informativi si suddividono in due tipologie: i protocolli informativi dell’area diagnostica e i
protocolli informativi di educazione sanitaria.
Fase 1: la progettazione.
I Protocolli Informativi sono stati predisposti in accordo con i responsabili delle Unità Operative
identificando i principali interventi chirurgici e patologie o esami ambulatoriali di maggior interesse.
Il Protocollo Informativo dell’area diagnostica è articolato in una serie di domande studiate per approfondire
quattro aree:
- descrizione della tecnica utilizzata;
- indicazioni cliniche all’esecuzione dell’esame;
- modalità di esecuzione dell’esame;
- avvertenze e complicanze.
Ciascun Protocollo è completato con informazioni relative l’attività clinica dell’Unità Operativa che ha
redatto il documento, oltre ai servizi disponibili nella struttura.
Il Protocollo Informativo di educazione sanitaria si pone l’obiettivo di approfondire temi e argomenti sanitari
di interesse generale, quali la corretta alimentazione, per citare un esempio.
Fase 2: la distribuzione
La divulgazione dei Protocolli avviene in tre modi:
- sono consegnati dal medico durante la visita, quando riguardano interventi o consigli post-operatori
(intervento di safenectomia, preparazione ad un intervento di chirurgia plastica da svolgersi
ambulatorialmente, ecc.);
- sono a disposizione degli utenti nelle sale d’attesa quando riguardano la descrizione d’esami, patologie
d’ampia diffusione (esecuzione di esame endoscopico), oppure quando trattano argomenti sanitari di
interesse generale;
- date la semplicità e l’esaustività, sono utilizzati dal Medico come ausilio nella spiegazione dell’indagine al
paziente per ottenere la sua firma sul consenso informato, in modo più consapevole e chiaro;
- sono a disposizione degli utenti nelle sale d’attesa quando riguardano la descrizione d’esami, oppure
patologie d’ampia diffusione (esecuzione di esame endoscopico);
Valutazione dei risultati
I Protocolli Informativi sono in distribuzione dal mese di Marzo 2002.
Un’analisi approfondita dei risultati conseguiti, permette di evidenziare i seguenti dati:
- Protocolli Informativi progettati nell’area diagnostica: 26;
- Protocolli Informativi di educazione sanitaria: 3;
119
- Protocolli Informativi distribuiti ogni mese: 1000;
- lamentele ed osservazioni relativi all’informazione medico-paziente: sensibile riduzione dopo l’avvio del
progetto.
Conclusioni
L’utente, che è da sempre al centro della politica assistenziale dell’Istituto Clinico Mater Domini, ha
dimostrato di gradire l’iniziativa. Il personale medico ha riscontrato nei pazienti una maggior consapevolezza
del proprio percorso di cura.
Considerato il livello di gradimento, l’Istituto Clinico Mater Domini si impegna a proseguire nel lavoro di
redazione dei documenti per tutte le tipologie di indagine effettuate dalle varie Unità Operative e per i
principali argomenti di educazione sanitaria.
120
L’ACQUA È SALUTE: UN PROCESSO DI MIGLIORAMENTO DELLE QUALITÀ DELL’ACQUA IN
AMBIENTE OSPEDALIERO
Istituto Clinico Mater Domini di Castellanza (VA).
Chiara Radice, Luciano Angelici: Direzione Sanitaria
Daniele Alberio: Ufficio Qualità
Marta Galbiati: Ufficio Comunicazione
Autore referente: Daniele Alberio, I.C. Mater Domini, via Gerenzano 2, 21053 Castellanza (VA), tel. 0331.476282, fax
0331.476204, [email protected].
Breve introduzione del contesto:
Il Ministero Salute nel Piano Sanitario Nazionale 2002-2004 identifica progetti rivolti alla promozione di
stili di vita salutari, alla prevenzione e alla comunicazione pubblica sulla salute.
La campagna di informazione “Corretta alimentazione” ricorda l’importanza di assumere una quantità
giornaliera di acqua pari a un litro e mezzo. Raccomanda di bere spesso e a piccoli sorsi, senza aspettare lo
stimolo della sete, per aiutare sia l’intestino che i reni nel loro funzionamento. Ricorda che l’acqua svolge un
ruolo fondamentale come mezzo di trasporto di tutte le sostanze che circolano nel nostro corpo e mantiene
tutte le reazioni chimiche essenziali al nostro organismo.
L’acqua distribuita all’interno delle strutture sanitarie è considerata un elemento essenziale di igiene
ospedaliera. I suoi requisiti di qualità devono dunque essere costantemente controllati. La degenza
ospedaliera rappresenta un momento di attenzione verso la salute ed è un contesto in cui è possibile
supportare comportamenti alimentari sani e fornire ai pazienti e all’utenza delle adeguate informazioni
nutrizionali.
Sensibilizzare la popolazione affinché adotti un corretto modello alimentare in modo tale da ridurre i fattori
di rischio ed aumentare la capacità di mantenere e migliorare il proprio stato di salute è quanto ci
proponiamo.
Obiettivi:
• Aderire agli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale 2002–2004 in tema di alimentazione promuovendo stili
di vita sani.
• Offrire all’utenza un’acqua naturale di ottima qualità grazie all’utilizzo di apparecchiature innovative e
assicurando una sorveglianza continua
• Migliorare la qualità dei servizi forniti all’utenza in un’ottica di tutela individuale, collettiva e nel rispetto
dell’ambiente
Gruppo target:
Destinatari dell’iniziativa sono il personale, i degenti e tutti gli utenti che fruiscono dei servizi offerti da
Mater Domini.
Modalità d’informazione:
Pazienti: un’etichetta adesiva, indicante le caratteristiche dell’acqua erogata in Mater Domini, è stata
predisposta ed apposta sulle bottiglie di vetro abitualmente fornite al paziente.
Personale e utenza: appositi distributori di acqua saranno collocati nelle aree comuni e di attesa della
struttura. Una locandina informativa sarà esposta accanto agli stessi distributori affinché l’utenza possa avere
le informazioni dettagliate e complete sull’argomento.
Valutazione dei risultati:
I controlli periodici effettuati dal Comune di Castellanza sui pozzi dell’acquedotto comunale evidenziano che
i risultati chimici e batteriologici non presentano alcuna difformità rispetto ai requisiti standards previsti dal
DPR
236/88. La stessa valutazione sottolinea il mantenimento dei risultati nei limiti delle norme vigenti in
materia.
Mater Domini ha incaricato una società esterna di servizi analisi chimiche e ambientali di effettuare un
ulteriore controllo sulle acque presenti all’interno della struttura. I risultati confermano che si tratta di
un’acqua dalle ottime qualità organolettiche. E’ un acqua potabile, leggera con un equilibrato contenuto di
Sali minerali.
Questo risultato si è ottenuto grazie ad apposite apparecchiature inserite sulla condotta idrica che,
vitalizzando l’acqua normalmente erogata, ne migliorano l’aspetto, il sapore e la purezza microbiologica.
I valori delle analisi condotte sull’acqua erogata in Mater Domini sono stati confrontati, oltre che con i
Valori Guida (DPR 236/88), con quelli di due acque naturali in commercio. Emergono buoni, ossia:
- concentrazione di cloruri presenti: valore di riferimento 25 mg/L - Mater Domini 2,2 mg/L
121
- quantità di residuo fisso eccellente perché < ai 300 mg/L
- conducibilità elettrica: valore di riferimento 400 µS/cm - Mater Domini 279 µS/cm.
Conclusioni:
L’acqua erogata in Mater Domini è il risultato dell’utilizzo di un processo di vitalizzazione basato su una
tecnologia di trasmissione delle informazioni tramite apparecchiature installate sulla condotta idrica.
Tutti gli effetti positivi dell’acqua vitalizzata si trasmettono all’uomo, agli animali, alle piante e
contribuiscono al rispetto e alla tutela dell’ambiente nel suo complesso.
Tale sistema applicato alla nostra realtà ha quindi migliorato le qualità organolettiche dell’acqua. Numerosi
sono stati anche i vantaggi di tipo tecnico: una minore manutenzione delle condutture dell’acqua, un
passaggio facilitato del calore e di conseguenza un riscaldamento più rapido grazie alla più bassa
conducibilità elettrica.
122
DIVENTARE DONNE, DIVENIRE UOMINI: OSPEDALE APERTO AI RAGAZZI DI OGGI
Prof. U.A. Bianchi: Direttore I° Clinica Ostetricia/Ginecologia Università di Brescia
Dr. P. Scagliola: Responsabile Servizio Endocrinologia- A.O. Spedali Civili di Brescia
Ost. I.I.D. Rosaria Avisani - A.O. Spedali Civili di Brescia
Autore referente: Ost. I.I.D. Rosaria Avisani A.O. Spedali Civili di Brescia tel. 030.3995959 fax. 030.3995954,
e-mail: [email protected]
Breve introduzione di contenuto
Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e quindi alla maturità piena è uno dei momenti più importanti della
vita di ciascuna persona (uomo o donna), sia per la straordinaria importanza dei mutamenti fisici, sia per le
implicazioni psicologiche e sociologiche che ne derivano. Sono tanti gli ingredienti importanti perché questo
sviluppo avvenga in modo sereno: la famiglia, l’istruzione, l’amicizia, i rapporti affettivi e sociali e tra
questi, altrettanto fondamentale è la conoscenza del proprio corpo e di quei fenomeni che tale sviluppo
caratterizzano. Le riflessioni sopra esposte hanno portato alcune scuole medie superiori a chiedere all’A.O.
di sviluppare interventi di educazione alla “salute” per i loro studenti.
Obiettivi
Sensibilizzare, attraverso la scuola per i ragazzi adolescenti e le loro famiglie all’importanza di affrontare la
fase di sviluppo e di inzio della vita adulta attraverso la conoscenza consapevole del proprio corpo e degli
importanti mutamenti psicologici a cui vanno incontro.
Oltre che a obiettivi specifici come:
- Diffondere la cultura della salute e dell’attivarsi per la propria salute
- Diffondere l’attenzione alla prevenzione della malattia,
- Diffondere corretti stili di vita
- Sollecitare i ragazzi alle conoscenze dei servizi e degli operatori per eventuali consulenze
- Abbattere le barriere psichiche delle ragazze nei confronti delle strutture sanitarie.
Gruppo Target
Ragazzi e ragazze adolescenti frequentanti le scuole medie superiori in città, di Gardone Vt al IV° e V° anno
scolastico.
Valutazione
Indicatore: grado di coinvolgimento e di partecipazione
N° di ragazzi coinvolti
Misura: ____________________________ %
N° totale di ragazzi coinvolgibili
Indicatore: capacità di creare reti territoriali
N° di istituti coinvolti
Misura: ________________________________________%
N° totale di istituti presenti nel territorio in città
Indicatore: Livello di gradimento sia per i ragazzi che per docenti ed operatori
N° di valutazioni di gradimento favorevoli
Misura: _____________________________________ %
N° destinatari dell’intervento
Indicatore: Variazione delle conoscenze
Livello di informazioni osservate nei destinatari
Misura: ___________________________________________ %
livello di informazioni attese
Indicatore: Modificazione dei comportamenti
N° soggetti osservati che realizzano comportamenti pertinenti
Misura: ________________________________________________ %
N° soggetti coinvolti nel programma
123
N° di soggetti osservati che realizzano comportamenti pertinenti
Misura: _______________________________________________________ %
popolazione totale
Conclusioni
L’adolescenza è mutevole, imprevedibile ed incerta, è un’età di frontiera dai confini sempre più labili.
Ancorato ad un eterno presente che tende a rinnegare il passato pur conservandone una segreta, inconfessata
nostalgia, l’adolescente è proiettato verso un futuro dal quale inconsapevolmente si ritrae.
Sia per la famiglia sia per la socità diventa più difficile oggi trasmettere agli adolescenti il proprio modello di
vita e di pensiero. Per gli adolescenti diventa difficile diventare “grandi” senza questo confronto
generazionale. Il progetto vuole mettere in gioco risorse e competenze al fine di supportare questo “cambio
di guardia” generazionale.
124
IL “BATTIBALENO” E L’ INTEGRAZIONE CON IL TERRITORIO
Coordinatore del progetto: Dr. S. Paghera, I.I.D. Rosaria Avisani tel.0303995959 fax 0303995954
Referente del progetto: I.I.D. Rosaria Avisani tel.0303995959 fax 0303995954, email:[email protected]
Analisi del contesto
L’ Asilo Nido “Battibaleno” dell’ A.O. Spedali Civili di Brescia è nato per rispondere ai bisogni di una
migliore qualità della vita dei propri dipendenti ed occuparsi del benessere dei loro bambini. L’Asilo Nido
pare al centro del proprio progetto e delle proprie attenzioni, il bambino, come persona in crescita, ponendo
quindi particolare attenzione ai bisogni pedagogici ed educativi dell’ età dagli 1 ai 3 anni.
L’ A.O. e la Cooperativa Elefanti Volanti che gestisce l’ Asilo Nido, sentono la necessità di sviluppare un
forte integrazione socio-sanitario con il territorio attivando iniziative e servizi da offrire all’ intera
cittadinanza.
Obiettivi
- Attivare servizi di iniziative di prevenzione sul territorio, trasferendo e integrando competenze dell’A.O.,
della Cooperativa, dell’ Università, dell’ Amministrazione comunale di altri soggetti interessati alla
collaborazione. Oltre a specifici problemi quali:
- Offrire il Servizio Asilo Nido alle mamme degenti (bambini 1 – 3 anni);
- Offrire il Servizio Centro ricreativo estivo (c.r.e.) per i bambini dei dipendenti dai 3 ai 6 anni;
- Predisporre ed intrecciare corsi e incontri formativi di “Genere” e del “ciclo vitale”.
Gruppo Target
Genitori, donne, uomini, coppie, operatori, insegnanti del quartiere e della città. In generale il contesto
territoriale.
- Creare interesse e condivisione sul consetto di benessere complessivo della persona sia come genitore sia
come entità di coppia
- Attivare e divulgare i servizi predisposti
- Predisporre programmi, corsi ed incontri di “Genere”, sottolineandone le differenze e le ricchezze che
accompagnano il percorso di vita
- Predisporre programi, corsi ed incontri nei vari momenti del ciclo vitale: adolescenza, menopausa,
andropausa, matrimonio e coppia, la genitorialità, accudimento del bambino, autonomia dei figli e loro
distacco, eventi critici.
Valutazione
Effettuata la settimana successiva alla festa.
Indicatore: grado di coinvolgimento e del grado di partecipazione
N° di cittadini coinvolti
Misura: _______________________________ %
N° totale di cittadini coinvolgibili
Indicatore: capacità di creare reti territoriali
N° agenzie od istituzioni coinvolte
Misura:__________________________________________________%
N° totale agenzie od istituzioni presenti nel territorio
Indicatore: livello di gradimento (soddisfazione)
N° valutazioni di gradimento favorevoli
Misura: ____________________________________%
N° destinatari dell’ intervento
Indicatore: Modificazione dei comportamenti
N° di soggetti osservati che realizzano comportamenti pertinenti
Misura: _______________________________________________________%
125
N° di soggetti coinvolti nel programma
N° di soggetti osservati che realizzano comportamenti pertinenti
Misura: ______________________________________________________ %
Popolazione totale
Indicatore: Variazione delle conoscenze
Livello di informazioni osservate nei destinatari
Misura: ________________________________________%
Livello di informazioni ed attese
Conclusioni
Il progetto in realizzazione ha l’ambizione non dichiarata di sviluppare una realtà territoriale e supporto della
famiglia e delle azioni educative socialmente condivise.
Supportare oggi il ruolo genitoriale significa aiutare i bambini a percepire accanto a loro una guida sicura e,
nel contempo, aiuta i genitori a godere della crescita dei propri figli dell’importanza di dare ascolto e voce
alle emozioni dell’essere genitore e dal centrarsi sui propri valori per comunicarli al figlio/a con spontaneità
e calore.
126
LA CONTINUITÀ DELLE CURE NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI AD INTERVENTO IN REGIME DI DAYSURGERY
Casa di Cura S.Rita Milano
Dott. Giovanni Luca Bassi, Direzione Sanitaria
Dott. Maurizio Sampietro, Direzione Sanitaria
Autore Referente: Dott. Giovanni Luca Bassi, Direzione Sanitaria Casa di Cura S.Rita, Via Catalani 4, 20131 Milano,
Tel. 02/23932222 E-Mail: [email protected]
CONTESTO:
La necessità di offrire ai pazienti che usufruiscono dei servizi della Casa di Cura S.Rita di tutta una serie di
informazioni che possa facilitare il loro ricovero, è da sempre un aspetto molto sentito.
Gli utenti, all’atto della prenotazione e al momento della firma del consenso informato, ricevono
informazioni che servono per rendere più veloce l’erogazione della prestazione e più confortevole il ricovero.
Si è rilevata una carenza invece per quanto riguarda le informazioni pratiche che consentono di gestire il
post-ricovero, specialmente per quanto riguarda i ricoveri in regime di day-surgery, dal momento che
l’applicazione di tale modello di ricovero, può portare con sé una riduzione della comunicazione
medicopaziente soprattutto nella fase di dimissione.
Nasce allora il progetto, ascrivibile all’area di continuità delle cure, di fornire agli utenti una serie di consigli
diversificati per tipologia di intervento, che possano rendere meno traumatico il ritorno a casa e favorire il
reinserimento alle attività quotidiane.
OBIETTIVI:
Obiettivo generale è quello di aumentare la disponibilità e la qualità dell’informazione e dei programmi
educativi per i pazienti ed i loro familiari, per mezzo di strumenti fruibili una volta dimessi dall’ospedale,
che possano rendere meno difficoltoso il loro reinserimento alla vita quotidiana; Obiettivi specifici sono:
• la creazione di una serie di istruzioni di uso pratico per la continuità assistenziale domiciliare delle più
comuni patologie curate in regime di day- surgery (es. legatura e stripping safena, emorroidectomia,
decompressione del tunnel carpale, intervento per dito a scatto, ecc);
• la creazione di pagine nella nostra intranet contenenti istruzioni aggiornate da fornire ai pazienti
consultabili e scaricabili dai Medici della clinica;
• la promozione di comportamenti di educazione sanitaria attuabili a domicilio grazie alle precise indicazioni
cliniche costantemente aggiornate;
• la modificazione di comportamenti individuali errati (riduzione delle richieste di chiarimenti o di assistenza
da parte dei pazienti dimessi nei confronti dei Medici di Medicina Generale o di altre strutture).
GRUPPO TARGET:
i pazienti che afferiscono al servizio di day-surgery della Casa di Cura. Il progetto a regime consentirà di
dotare la clinica di uno strumento veloce per evitare di fornire informazioni sempre diverse ai pazienti in un
settore (quello della auto-assistenza domiciliare post-intervento), efficacemente standardizzabile.
VALUTAZIONE DEI RISULTATI:
il progetto, è per ora ancora allo stadio iniziale (è stato consegnato al referente il primo gruppo di istruzioni
per i pazienti ascrivibile all’area della chirurgia vascolare). Per consentire una standardizzazione dei moduli
informativi per i pazienti, ai Medici che partecipano al progetto è stata fornita una “griglia” contenente i
campi da compilare e le relative istruzioni. E’ previsto come primo indicatore di coinvolgimento e
partecipazione il seguente: n° di Medici coinvolti/n° totale di Medici coinvolgibili. E’ allo studio l’uso di un
secondo indicatore inerente il livello di gradimento per l’utenza costituito da un questionario allegato al
modulo delle informazioni post-ricovero fornite ai pazienti e restituito al momento della visita di controllo.
CONCLUSIONI:
il tema affrontato si presta a molteplici approfondimenti con notevoli ricadute sulla possibilità di fare
educazione sanitaria anche in contesti apparentemente fuori dal controllo come appunto la continuità delle
cure al domicilio del paziente.
127
DISASSUEFAZIONE DAL FUMO NELL’ISTITUTO SCIENTIFICO DI TRADATE
Boni S. Ianni A., Bertolotti G., Bellelli G., Pedretti R., Neri M., Tramarin R.
Autore referente: Dr. S. Boni, Direzione Sanitaria, Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Istituto Scientifico di
Tradate, 21049 Tradate (Va).
INTRODUZIONE
Il Piano Sanitario Nazionale 2002-2004 ha inserito la lotta al tabagismo tra gli obiettivi diretti a promuovere
comportamenti e stili di vita in grado di favorire lo stato di salute. Il piano evidenzia la necessità del rispetto
della normativa esistente sul divieto di fumo.
POPOLAZIONE OGGETTO D’INTERVENTO
Dipendenti dell’Istituto di Tradate che hanno dato l’adesione attraverso questionari e colloqui. Tra i
dipendenti che hanno espresso il desiderio di smettere di fumare il 92% ha dato la propria adesione per
partecipare agli incontri di disassuefazione.
INTERVENTO
Organizzato secondo l’approccio delle 5 A:
Ask: Identificazione fumatori motivati a smettere (attraverso questionario costruito ad hoc).
Assess: Valutazione dipendenza (questionario Fagerström) e delle motivazioni (Treatment Self-Regulation
Questionnaire; The Smoking Self –Efficacy Questionnaire ).
Advise : Discussione sugli aspetti generali di prevenzione delle malattie legate al fumo e sui vantaggi
derivanti dalla cessazione dell’abitudine. Realizzazione di incontri di gruppo per rafforzare la motivazione.
Assist/Arrange: Intervista semistrutturata con la compilazione del questionario di valutazione
dell’intenzione temporale rispetto all’abitudine a fumare, utile per inserire la persona all’interno dei cinque
stadi di cambiamento previsto dal Modello Transteorico. Discussione con il singolo sulla compilazione del
diario del fumatore e consegna dispensa. Discussione collettiva degli argomenti trattati per stimolare una
positiva dinamica.
Questi interventi forniscono indicazioni pratiche di comportamento per risolvere problemi e gestire
situazioni di
difficoltà attraverso un supporto sociale anche fuori dal trattamento (il 92% dei partecipanti ha espresso la
propria difficoltà dall’astenersi dl fumare in situazioni emozionali critiche).
Come indicato dalle linee-guida è necessario proporre una terapia farmacologia a tutti i soggetti che risultano
fortemente dipendenti al test di Fagerström.
Pianificazione del follow up.
CONCLUSIONI
A sette settimane dall’inizio del programma cinque dipendenti avevano smesso di fumare e sei avevano
ampiamente ridotto l’abitudine. Al controllo a 4 mesi un dipendente ha preferito non presentarsi
all’intervista, quattro dipendenti avevano mantenuto la dismissione e sei avevano dichiarato di fumare un
minor numero di sigarette.
128
OSPEDALE CHE PROMUOVE LA SALUTE: IL RUOLO DELLO PSICOLOGO
Giorgio Amati, IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia
Anna Cinquini, ASL Pavia
Autore referente: Anna Cinquini, psicologa, UO Famiglia Infanzia Età evolutiva, Dip. ASSI, ASL della Provincia di
Pavia; via Indipendenza 3, 27100 Pavia; tel. 0382/432457, email: [email protected]
Contesto
Tra i requisiti fondamentali di un “ospedale che promuove la salute” c’è il porre al centro il paziente non
come portatore di patologia, ma come persona “a tutto tondo”. È in questo contesto che è importante
l’apporto dello psicologo in un’équipe multidisciplinare.
In molti casi sono i medici a chiedere assistenza psicologica per i loro pazienti; più raramente è il paziente
stesso a rendersi conto di averne bisogno.
Anche a livello istituzionale ci si rende conto dell’efficacia degli interventi psicologici in termini di
miglioramento della qualità e umanizzazione dell’assistenza.
Obiettivi
• Favorire la comunicazione e lo scambio emozionale tra pazienti, medici, infermieri, famigliari.
• Gestire il disagio emotivo, psicologico, relazionale nei pazienti, nei loro famigliari, che ugualmente
risentono dell’impatto con l’evento “malattia”, e negli operatori sanitari.
• Collaborare alla formazione delle diverse figure sanitarie.
Gruppi target e aree di lavoro
Pazienti
- supportare il paziente nella gestione dell’impatto con la malattia e nel conseguente disagio emotivo e
psicologico;
- alleviare la sofferenza psichica, in particolare nelle patologie importanti in cui le reazioni emotive sono
intense e complesse;
- individuare i bisogni, riconoscere ed esprimere convinzioni, sentimenti ed emozioni;
- identificare le risorse interiori disponibili e funzionali, favorendo il processo decisionale;
- favorire l’adattamento alle condizioni imposte dalla malattia e l’accettazione della sofferenza.
Operatori sanitari
- fornire il sostegno per migliorare la relazione con i pazienti;
- renderli in grado di gestire autonomamente i problemi che nascono nel rapporto coi pazienti, attraverso una
formazione che favorisca conoscenze e strumenti psicologici, di cui gli operatori stessi chiedono di dotarsi, al
fine di evitare lo spontaneismo e il “buon senso”;
- migliorare l’efficacia dei loro interventi, la qualità della relazione con i pazienti e la comunicazione con
l’équipe dei colleghi, riducendo il senso di isolamento;
- ridurre l’impatto emotivo del lavoro ospedaliero ed evitare i fenomeni di burnout.
Si tratta di utilizzare non solo il colloquio col singolo operatore, ma anche gruppi di supporto agli operatori.
Famigliari dei pazienti
- aiutare i famigliari a gestire il disagio, valutando le reazioni che si sviluppano alla notizia della malattia;
- favorire la comunicazione all’interno della famiglia, dal momento che gli eventi legati alla malattia hanno
ripercussioni sulle relazioni tra i membri della famiglia e sull’equilibrio della struttura famigliare.
Non bisogna dimenticare che i famigliari sono un’importante risorsa anche sul piano terapeutico, se sono
supportati.
Quando lo psicologo?
• Al momento della comunicazione della diagnosi.
• Quando c’è la necessità di iniziare una terapia o di modificare o sospendere quella in corso.
• Al momento di indagini diagnostiche e restituzione degli esiti.
• Nelle situazioni di crisi e difficoltà.
• Durante il ricovero ospedaliero.
• Nella fase terminale della malattia, nell’accompagnamento verso la morte.
• Per rispondere alle richieste di supporto dell’équipe curante.
Aree critiche
• Risorse umane limitate: gli psicologi all’interno della realtà ospedaliera sono spesso in numero
insufficiente, soprattutto se si considera come loro compito primario quello di garantire un supporto
per i pazienti e le figure sanitarie.
129
•
Scarsa attenzione da parte delle Istituzioni e scarsa valorizzazione dell’attività psicologica. Pur
trattandosi di istituzioni che si occupano di “materiale umano”, gli ospedali sono strutturati come
aziende, caratterizzate da numeri, casi, costi e indici di produttività, che mal si conciliano con
l’intrinseca “umanità” derivante dal doversi occupare di persone.
• Limiti di tempo e di possibilità di formazione da parte degli stessi operatori sanitari.
• Scarso interesse e motivazione nelle figure sanitarie: l’attenzione agli aspetti psicologici del paziente
si scontra con una formazione basata sulla “malattia”.
• Rigida burocratizzazione del rapporto medico-paziente, che vincola gli operatori sanitari all’interno
di procedure standardizzate anche nella relazione con i malati.
Risultati previsti
Il risultato del lavoro dello psicologo in ospedale deve essere incentrato sulle persone: si tratta di creare
l’interesse per la relazione, recuperando le problematiche psicologiche e la preoccupazione per la persona ad
ogni livello:
o pazienti: miglioramento della compliance e dell’efficacia terapeutica, riduzione del senso di disagio
e di isolamento;
o figure sanitarie: miglioramento della qualità delle relazioni e dell’efficienza lavorativa, riduzione dei
rischi di burn-out;
o Istituzione: maggior customer satisfaction, certificazione di qualità, diminuzione dei costi
complessivi.
130
LA MALNUTRIZIONE OSPEDALIERA: FENOMENO ANCORA QUASI SCONOSCIUTO DEI NOSTRI
OSPEDALI.
Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda. Milano.
M.g. Gentile, A. Marocchi, L. Bevilacqua
La prevalenza della malnutrizione nei soggetti ospedalizzati è descritta essere in elevata percentuale (3060%) dei ricoverati negli ospedali per acuti di tutta la letteratura internazionale. Il Consiglio d'Europa ha
studiato il problema e lo ha valutato come prioritario, ha editato un report ed è in procinto di deliberare
raccomandazioni in tal senso. Il Piano Sanitario regione Lombardia prevede specifiche azioni nell'ambito di
interventi nutrizionali ed il Piano Sanitario Nazionale ne ribadisce ulteriormente l'importanza. La
malnutrizione incide sui costi della degenza, ne prolunga la durata, aumenta le probabilità di complicanze e
di riospedalizzazione a breve termine. Studi italiani sono estremamente rari e spesso datati.
La ritardata e/o mancata identificazione dei soggetti a rischio è in gran parte dipendente dalla mancanza di
protocolli diagnostici in grado di identificare in modo precoce i soggetti a rischio. Al fine di implementare
l'utilizzo di screening diagnostici per l'identificazione precoce della malnutrizione ospedaliera.
Presso l'Azienda Osp. Niguarda di Milano abbiamo:
• Introdotto nella cartella clinica il dato riguardante la rilevazione dei principali dati antropometrici
- peso
- altezza
- indice di massa corporea.
• Attivato percorsi di formazione del personale sanitario
a) corso di formazione rivolto a 1-2 medici per Unità Operativa, 1 caposala e 2 infermieri professionali
organizzati di concerto con la Direzione Sanitaria;
b) messa a punto di linee-guida aziendali per l'utilizzo della nutrizione artificiale di concerto con
l'Ufficio per il Miglioramento Continuo della Qualità (MCQ)
E' stato altresì iniziato uno studio preliminare atto ad identificare la prevalenza di malnutrizione proteico
energetica nei degenti dell'Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda mediante l'utilizzo di principali
indicatori biochimici.
Materiali e Metodi
Periodo di osservazione dello studio 1 mese.
Dati raccolti entro i primi 3 giorni di ricovero.
Reparti oggetto di studio: medicina generale, chirurgia generale, neurologia.
Criteri di esclusione pazienti oncologici, epatopatici e settici.
Pazienti oggetto dello studio 583 (283 femmine, 280 maschi). L'età è risultata essere così ripartita < a 40 aa.
l'11.5% dei pazienti, 40-49 aa. l'8.17% dei pazienti; 50-59 aa. il 13,14% dei pazienti, 60-69 aa. il 19.9% dei
pazienti, > 70 aa. Il 47.25% dei pazienti.
In questa fase preliminare dello studio sono stati utilizzati i seguenti indicatori biochimici: albuminemia,
linfociti totali.
Risultati
Sono stati riscontrati dati di albuminemia inferiori al valore di cut off di 3.5 g/dl nel 35% dei pazienti.
I linfociti totali sono stati riscontrati a valori inferiori al valore di cut off < 1.500 mm2 nel 36%.
I risultati sono da considerarsi preliminari e lo studio necessita di ulteriori approfondimenti.
I risultati sono da considerarsi preliminari, la metodologia utilizzata parziale e da integrare con misurazioni
di tipo antropometrico e clinico; tali riscontri sono comunque da considerarsi altamente indicativi di una
rilevante presenza di soggetti affetti da malnutrizione, soprattutto alla luce del fatto che il campione
esaminato escludeva i soggetti a maggior rischio come gli oncologici, epatopatici e settici.
Bibliografia
1. Beck AM, Balknas UN, Camilo ME, Furst P, Gentile MG, Hasunen K, Jones L, Jonkers-Schuitema C,
Keller U, Melchior JC, Mikkelsen BE, Pavcic M, Schauder P, Sivonen L, Zinck O. Oien H, Ovesen L.
Practices in relation to nutritional care and support--report from the Council of Europe. Clin Nutr. 2002
Aug;21(4):351-4
2. Mikkelsen BE, Beck AM, Balknas UN, Camilo ME, Furst P, Gentile MG, Hasunen K, Jones L, JonkersSchuitema C, Keller U, Melchior JC, , Pavcic M, Schauder P, Sivonen L, Zinck O. Oien H, Ovesen L.- What
can foodservice
operators do ro remedy undernutrition in hospitals? A European perspective from an ad hoc Group on
Nutrition
131
Programs in Hospitals, Council of Europe. Foodservice Research International; 2003, 13: 269-279.
3. Gentile M.G. Strategie di implementazione della nutrizione artificiale in ambito ospedaliero – Esperienza
dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda. In: Gentile M.G., Aggiornamenti in Nutrizione
Clinica Vol. 10. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2002; 205-218.
4. Gentile M.G. et al. - Food and nutritional care in hospitals: How to prevent undernutrition. - Report and
recommendations of the Committee of Experts on Nutrition, Food Safety and Consumer Protection. Counsil
of Europe Publishing, November 2002.
132
SPERIMENTAZIONE DI UNA SCHEDA DI RILEVAZIONE DEL DOLORE NELL’AZIENDA ISTITUTI
OSPITALIERI DI CREMONA
Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona
GIANNUNZIO Donatella., BARDELLI Ornella., BONVINI Marisa, AZZALI Filippo, GALLI Leonardo, BIANCHI
Simonetta.
U.O. Terapia del Dolore, Ufficio di Formazione, Direzione Medica di Presidio, Ufficio Epidemiologico, Direzione
Sanitaria.
Referente: Giannunzio Donatella U.O. Terapia del Dolore e Cure Palliative con Hospice della A.I.O.C. L.go Priori, 1
Cremona fax n° 0372 405330 e-mail [email protected]
Nell’ambito del Progetto HPH “Ospedale senza Dolore”, portato avanti dall’Azienda “Istituti Ospitalieri di
Cremona”, fin da 2001, anno di costituzione, in Agosto, del Comitato Aziendale e della prima rilevazione
puntuale in corsia (Dicembre 2001), è stato ideata e sperimentata nei mesi di marzo - aprile 2003 una scheda
di rilevazione bi-quotidiana del dolore nei pazienti ricoverati.
Ciò allo scopo di:
1. Formare il personale al riconoscimento ed al trattamento del dolore
2. Giungere all’inserimento della scala stessa con le eventuali opportune modifiche nella grafica
della cartella. Ciò è negli obiettivi aziendali 2004.
3. Rilevare così il dolore regolarmente al pari dei parametri vitali: polso, pressione arteriosa,
temperatura, ecc.
La scheda che compare nel poster, è stata preparata dalle caposala presenti nel Comitato in base a quanto
presente in letteratura ed alla esperienza maturata durante la rilevazione puntuale del 2001.
La scala scelta perché reputata più funzionale, in linea con quanto deciso anche nel gruppo regionale
lombardo, è quella numerica da 0 a 10.
Sono state fatte due rilevazioni quotidiane nei reparti (8-18) e quattro nel Day- Surgery
La sperimentazione si è svolta nel marzo - aprile 2003 in quattro reparti del Presidio Ospedaliero cremonese
(uno medico, uno riabilitativo, uno chirurgico e la radioterapia) e in tre dell’altro presidio (Medicina,
Chirurgia e Day-Surgery).
Sono poi state elaborate circa 1000 schede relative al mese di marzo.
I pazienti sono stati 330 in ricovero ordinario e 130 in Day Surgery.
L’incidenza del dolore riscontrata è stata nel complesso discretamente elevata come frequentemente in
rilevazioni del genere. Sono state elaborate la suddivisione per intensità di dolore e l’avvenuto seguito di
terapia dopo la segnalazione di dolore medio-intenso da parte degli infermieri.
I dati generali che compaiono nel poster rilevano il problema e servono a lavorare al miglioramento della
sensibilità del personale e del trattamento dei pazienti.
I dati specifici per U.O. che non compaiono nel poster sono stati utilizzati all’interno dell’Azienda per
evincere delle problematiche specifiche su cui lavorare.
Dopo la sperimentazione è stato proposto un questionario di soddisfazione agli infermieri che avevano
attuato la sperimentazione stessa.
Il questionario era mirato alla rilevazione delle difficoltà di utilizzo dello strumento e ad altri parametri che
risultano visualizzati graficamente nel poster.
Dopo tale elaborazione ci avviamo a proseguire con la scheda su tutte le U.U.O.O. dell’Azienda.
133
PROGETTO EQUAL-ASSIST: SPERIMENTAZIONE DI PERCORSI RIABILITATIVI
ALL’INSERIMENTO LAVORATIVO PER PERSONE CON MALATTIA MENTALE GRAVE
ORIENTATI
M. Andreetto, A. Bartoli, G. Bruni, V. Contiero: Nucleo Inserimenti Lavorativi ASL Brescia
G. Cotelli, M. Mentasti, F. Perrini, M. Zanetti: Confcooperative Brescia
I. Ferrazzoli°°, F. Lucchi, F. Pariotti: DSM A.O. Desenzano d/G
M. Roversi, E. Magri: DSM A. O. Spedali Civili Brescia
V. Roberti: Sanità Management Consulting
Autore referente: Dr. Fabio Lucchi, Dipartimento Salute Mentale, Azienda Ospedaliera Desenzano del Garda, Unità
Operativa di Psichiatria 24, centro Psicosociale di Leno. Piazza Donatori di Sangue 1, Leno (BS) 25060 tel.
0309037383 e-mail: [email protected]
Breve introduzione del contesto
Le politiche di inclusione sociale e di inserimento lavorativo per soggetti svantaggiati sono, a livello
europeo, nazionale e locale, al centro della riflessione di agenzie sanitarie, sociali, associazioni di
volontariato, del privato-sociale ed in generale di tutti gli enti ed i portatori di interessi che riconoscono uno
stretto legame fra salute pubblica e capitale sociale.
Fra i più importanti fattori di rischio per l’esclusione sociale, la disabilità e la povertà si collocano i disturbi
psichici.
Dati OMS di previsione infatti indicano che depressione maggiore, schizofrenia, disturbo bipolare,
alcolismo e disturbo ossessivo compulsivo sono le 5 diagnosi psichiatriche che contribuiranno nei prossimi
anni al 22% di tutta la disabilità dei paesi sviluppati misurata in DALYs e statistiche recenti del Ministero
del Welfare britannico attestano che solo il 15% delle persone con disturbi mentali sono economicamente
attive.
A fronte di ciò, le associazioni degli utenti dei servizi psichiatrici chiedono al “sistema salute mentale” di
organizzare le proprie attività considerando fra le più significative misure d’esito l’inserimento lavorativo ed
il mantenimento di un ruolo sociale e lavorativo attivo dei propri utenti.
Obiettivi dello studio
L’inserimento lavorativo di soggetti con disturbi psichici, presenta elementi di criticità e disomogenietà nella
gestione che coinvolge i Dipartimenti di Salute Mentale, i Nuclei per l’Inserimento Lavorativo delle ASL, le
cooperative sociali e tutte le agenzie territoriali impegnate nelle politiche attive del lavoro e dello sviluppo
locale.
Il progetto Equal-Assist, che è attualmente in corso e che terminerà entro il 2004, vede collaborare gli attori
dell’inserimento lavorativo in territorio bresciano al fine di sperimentare percorsi riabilitativi innovativi
rivolti all’utenza dei servizi psichiatrici territoriali generalmente esclusa dall’accesso agli strumenti di
integrazione già operativi.
L’obiettivo finale è quello di definire una prassi condivisa fra Aziende ospedaliere, Aziende sanitarie locali,
organizzazioni delle cooperative sociali, associazioni degli utenti dei servizi per l’inserimento lavorativo.
Gruppo target
Il progetto ha due gruppi target: il gruppo degli utenti entrati nella sperimentazione dei nuovi percorsi di
inserimento lavorativo ed il gruppo multidisciplinare degli operatori degli enti ed agenzie coinvolte che
hanno elaborato gli strumenti per la descrizione, il monitoraggio e l’analisi degli interventi previsti.
Metodi impiegati
Sono stati costituiti tre gruppi di lavoro provinciali composti da operatori delle Unità Operative di
Psichiatria, del NIL e delle cooperative sociali che gestiscono i percorsi di inserimento lavorativo.
Come supporto alla loro attività interdisciplinare di progettazione, monitoraggio e valutazione è stata
adottata la metodologia del Percorso del Paziente, la cui applicazione in ambito socio-sanitario è incoraggiata
dalla Regione Lombardia.
Risultati
E’ stato progettato un nuovo percorso ad elevato livello di tutoraggio rivolto ad utenti dell’area della malattia
mentale grave che presentano un elevato tasso di drop-out dai percorsi tradizionali.
Lo studio di ogni percorso richiede l’analisi delle principali decisioni che lo caratterizzano, l’individuazione
dei professionisti coinvolti, la stima del loro impegno nelle singole attività nonché la definizione dei risultati
socio-sanitari attesi. Ognuna di queste variabili è sistematicamente monitorata e valutata a fronte di quanto
atteso.
Sono stati selezionati trenta utenti ai quali sono state somministrate BPRS, Life Skills Profile, Work
Motivation Scale, Psychological Wellbeing Scale e per i quali è stato raccolto un set di dati clinici e
134
sociodemografici tratto dalla documentazione clinica e dal Registro Regionale Psiche e avviati ad un
tutoraggio intenso.
Conclusioni
A fronte di obiettivi di salute ed inclusione sociale sfidanti, si attende di valutare i risultati dell’intera
sperimentazione che si concluderà con la fine del 2004.
L’implementazione di un metodo riconosciuto di studio e valutazione dei processi assistenziali apre però fin
da subito l’opportunità di confrontarsi con reti di soggetti che operano su altri territori che vogliano
percorrere la medesima strada.
135
EDUCAZIONE SANITARIA E’ FARMACOECONOMIA NEL DIABETE DI TIPO 2.
Un nuovo modello di intervento tecnico organizzativo per un migliore controllo metabolico
del diabete di tipo 2
Milani P.A. Direttore sanitario HTC
Aquilani R. Consulente scientifico HTC
AUTORE REFERENTE Milani P.A., HTC Via Martiri Partigiani, 33 – 27049 Stradella (PV) Tel.: 0385-246861 Fax:
0385-43363 e-mail: [email protected]
INTRODUZIONE
Una delle principali armi terapeutiche che il medico ha a disposizione per il trattamento di una malattia
cronica, quale il diabete, è costituita dall’educazione del paziente all’aderenza al programma di intervento e
alla compliance alla cura specifica della malattia. L’educazione è alla base di un’efficace prevenzione
secondaria della malattia e, quindi, è alla base della riduzione delle complicazioni e dell’evoluzione negativa
della malattia, della riduzione della posologia dei farmaci (farmacoeconomia), nel mentre induce un
miglioramento della qualità di vita del paziente.
Tuttavia nella pratica clinica, il processo educativo del paziente è largamente disatteso sia per problemi
organizzativi (assenza di una organica struttura interdisciplinare e/o interprofessionale) sia per mancanza di
tempo, sia anche per una carenza di percezione da parte dei sanitari dell’utilità dell’educazione del paziente.
Una delle malattie principali che più risentono di un’assenza di processi educativi è il diabete, specie quello
di tipo 2. Ne sono prova, nella pratica clinica, il riscontro di un quasi totale abbandono da parte del paziente
della dietoterapia a lungo termine e l’assenza di una precisa prescrizione da parte del medico di attività fisica
ritagliata sulla malattia e sulle capacità fisiche del paziente.
Di conseguenza e nel concreto, la sola terapia efficace nel diabete 2 rimane il farmaco ipoglicemizzante.
Con la nostra indagine ci siamo posti due scopi principali:
1. se un organico programma di educazione (EDUC..) in soggetti ambulatoriali con diagnosi di diabete 2
(D2), sottoposti a terapia ipoglicemizzante da parte di reparti di eccellenza (ospedali clinicizzati) o di servizi
diabetologici specifici, possa indurre un migliore recupero del controllo metabolico del D2 ed una eventuale
conseguente riduzione della posologia dell’ipoglicemizzazione.
2. se EDUC., per risultati e tempistica, possa costituire un nuovo modello di intervento in favore della
popolazione diabetica
METODOLOGIA
Quaranta pazienti con D2 sono stati inseriti nel seguente percorso educativo:
A) lezione collettiva sia sul rapporto tra alimentazione e attività fisica, sia sulle interconnessioni tra
alimentazione + attività fisica e diabete. (durata 30’)
B) rilevazione, in colloquio individuale, degli errori, commessi nella quotidianità, nel rapporto
D2/alimentazione + attività fisica. Il giudizio critico sul rapporto veniva basato sulla rilevazione dello stile di
vita del paziente (alimentazione mediante diario alimentare compilato per 7 giorni ed attività fisica mediante
diario compilato per 1 giorno). (durata 15’)
C) in colloquio individuale, rifasamento dell’ abitudine alimentare (apporto massimo calorico 1500-1700
Kcal/die) e prescrizione di attività fisica (deambulazione a 4 o 6 o 8 Km in 60 minuti/die) in funzione della
glicemia e della terapia farmacologia che veniva conservata.(durata 30’).
Inoltre apprendimento della necessità dell’automonitoraggio domiciliare della glicemia
RISULTATI
A) caratteristiche cliniche dei pazienti:
sesso: 30 M + 10 F; età 62±11 anni; indice di massa corporea 35±3,2 Kg/m2 in M e 29±2,3 in F
B) glicemia mg/dl ore 8 12 14 19 21
PRE EDUC. 157±28 151±40 177±4 136±39 185±41
EDUC. 128±21 125±21 148±29 112±23 155±27
P(t p Student <0,05 <0,05 <0,02 <0,05 <0,02 dati appaiati)
C) durante il PPS, il miglioramento progressivo della glicemia ha permesso una riduzione del 39% delle dosi
iniziali di ipoglicemizzanti
D) tempo complessivo impiegato dal medico dal punto 1 al punto 3 del processo EDUC.: 75 minuti
136
CONCLUSIONI
Il dato principale della nostra indagine è che un organico programma di educazione induce un importante
recupero del controllo metabolico del diabete 2 in pazienti cronicamente trattati con ipoglicemizzanti orali
provenienti da aree sanitarie di eccellenza.
Il secondo dato importante è che l’EDUC. è efficace nel ridurre la posologia dei farmaci ipoglicemizzanti
orali (farmacoeconomia).
La nostra indagine mostra che è possibile condurre un nuovo modello di intervento territoriale per la
popolazione diabetica a cavallo tra il modello di ricovero in regime di ricovero diurno e quello ambulatoriale
diabetologico. Ciò sarà più visibile se a parità di efficacia potrà essere ridotto il tempo di impiego del
sanitario.
Ulteriori indagini saranno indirizzate a tal fine.
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IL DOLORE POSTOPERATORIO: UNA REALTA’ CURABILE E CONTRASTABILE.
Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda. Milano.
Notaro P., Marchesi M. Ceresa F,. L. Bevilacqua
Introduzione
Il dolore postoperatorio (DPO) non e’ adeguatamente controllato nella maggior parte delle realtà ospedaliere
italiane ed internazionali, come documentato con certezza da studi epidemiologici di prevalenza. Tale evento
potrebbe essere contrastato dall’istituzione di unità dedicate (Acute Pain Services), la cui attivazione è
attualmente rallentata da esigenze di programmazione e finanziamento del sistema. E’ comunque
indispensabile garantire nell’ambito delle strutture esistenti un’adeguata prevenzione e cura del DPO per non
modificare negativamente l’outcome del paziente.
Presso l’ Azienda Ospedaliera Niguarda abbiamo condotto uno studio finalizzato a rilevare:
• l’eventuale esistenza di uno scarso controllo del DPO (fase retrospettiva);
• l’efficacia del controllo del DPO con l’introduzione di protocolli terapeutici omogenei condivisi dagli
operatori (fase prospettica).
Materiali e Metodi
Studio retrospettivo: sono state analizzate n° 100 cartelle cliniche chirurgiche in modo randomizzato, con
l’ausilio della tabella dei numeri casuali. Il livello di controllo del dolore, non essendo disponibili
misurazioni dirette, è stato desunto ricercando indicatori indiretti quali il numero di chiamate da parte del
paziente, la prescrizione di analgesici minori/maggiori nelle 24 ore postoperatorie e la eventuale
segnalazione sul diario clinico. In base alla presenza o meno di uno dei suddetti parametri è stato definito un
sufficiente o insufficiente controllo del DPO. Lo studio prospettico ha arruolato, nelle stesse UUOO
chirurgiche partecipanti allo studio retrospettivo, un totale di 64 pz. (30M/34F, età media 60 aa ), ai quali
sono stati applicati protocolli farmacologici validati secondo EBM. Ad ogni tipologia di intervento è stato
attribuito un dolore atteso di tipo lieve, moderato o severo, trattato secondo uno schema standardizzato per
tutte le chirurgie. La rilevazione del DPO è stata attuata da parte del personale infermieristico ogni 4 ore per
le prime 24 ore postoperatorie con l’ ausilio una scala verbale a 5 livelli (VRS)
Risultati
Studio retrospettivo: su n°100 c/c analizzate, il 37% non è risultato valutabile. Nei rimanenti 63 pazienti è
stato possibile dedurre che 47 pz (74.6%, i.c.95%: 62.1-84.6%) lamentavano un dolore non controllato.
Studio prospettico: dei 64 pazienti, il 13% non è risultato valutabile; pertanto, i dati sono espressi su 56
pazienti. Fra questi, il DPO risultava controllato in 43 pz (76.8%, .c.95%: 63.6-87.0%), 24 dei quali (55%)
presentavano un controllo ottimale (VRS < 0.5).
Conclusioni
I risultati dello studio prospettico evidenziano come il DPO possa essere contrastato attraverso l’impiego
preventivo di linee guida a carattere educazionale e terapeutico. Questi risultati incoraggianti rappresentano
l’inizio del percorso da seguire per ottimizzare il controllo del DPO come una delle maggiori componenti da
controllare per raggiungere l’obiettivo di un ospedale senza dolore
Bibliografia.
1) Costantini M. et al.: Il dolore nei pazienti ricoverati. Metodologia, organizzazione e risultati preliminari di
uno studio in Liguria. Cure Palliative 2000;vol.2:13-19
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STRUMENTI OPERATIVI OMOGENEI PER IL CONTROLLO DEL DOLORE POSTOPERATORIO PROCESSO
ORGANIZZATIVO ISORISORSE
Azienda Ospedaliera Niguarda Ca' Granda Milano
P. Notaro, F. Ceresa, M. Marchesi, L. Bevilacqua
Introduzione
I protocolli per il trattamento del Dolore Postoperatorio (DPO) rappresentano uno strumento di lavoro rivolto
al personale, medico ed infermieristico, coinvolto nella gestione perioperatoria del paziente sottoposto ad
intervento chirurgico. Essi contengono una serie di raccomandazioni, frutto di un'integrazione formale
tra l'opinione di specialisti e le attuali evidenze scientifiche, e suggeriscono un protocollo farmacologico di
trattamento del DPO, modulato in base alla intensità dello stesso.
La stesura dei protocolli ha l'intento di perseguire i seguenti obiettivi:
- considerare il DPO come un'esperienza negativa per il paziente che si sottopone ad una terapia chirurgica,
per cui l'insorgenza del dolore deve essere prevista prima di ogni intervento chirurgico e adeguatamente
trattata per migliorare la qualità del decorso postoperatorio;
- suggerire un protocollo di trattamento farmacologico del DPO.
Nell'elaborare questo documento, presso 1' Azienda Ospedaliera di Niguarda si è tenuto conto sia delle
raccomandazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità che delle linee guida del DPO delle principali
società scientifiche; si è cercato di formulare delle linee guida il più possibile flessibili ed adattabili alle
diverse aree chirurgiche
Metodologia
Il metodo utilizzato per la creazione dei protocolli si è basato sulla ricerca di un consenso tra esperti e
evidenze scientifiche ottenute dalla letteratura. La formazione del panel ha previsto l'inclusione di tutti gli
operatori coinvolti nel percorso del paziente chirurgico. L'integrazione fra i dati di evidenza
scientifica ottenuti dalla letteratura e il parere dei diversi componenti del panel ha prodotto una serie
di raccomandazioni, ciascuna delle quali è stata classificata sulla base della forza delle evidenze; si è
giunti alla formulazione di un protocollo farmacologico omogeneo per il trattamento del DPO, nelle diverse
specialità chirurgiche tenendo conto della forza delle raccomandazioni.
Risultati
La sola introduzione di un sistema omogeneo farmacologico, sistema condiviso da tutti gli operatori ha
consentito un miglioramento del controllo del dolore del 60%. La rilevazione sistematica degli infermieri
con una semplice scala verbale ne ha dimostrato 1' efficacia. L' analisi dei costi non ha evidenziato nessun
aumento della spesa sanitaria ma una sua razionalizzazione.
Conclusioni. Il modello può essere utilizzato, in una fase iniziale, in tutte le realtà ospedaliere senza la
creazione di un apposita struttura; e' necessario il coinvolgimento e la condivisione di tutti gli operatori,
dei pazienti e la loro integrazione, con un graduale inserimento del sistema, per le inevitabili resistenze al
cambiamento.
Bibliografia
1) Jage J. et al. The treatment of postoperative pain. Der Anesthesist 1997, 46:161 - 173
139
GESTIONE INFORMATIZZATA DEL SERVIZIO DI FRIGOEMOTECA
Maurizio Sampietro, Antonio Regoli, Rita Braschi, Gianluca Bassi
Direzione Sanitaria, Centro Elaborazione Dati, Terapia Intensiva e Servizio di Frigoemoteca Casa di Cura Santa Rita,
Milano
Autore referente: Dott. Maurizio Sampietro, Casa di Cura Santa Rita, Direzione Sanitaria, via Catalani, 4 20131
Milano- Tel. 02,2393 2222 Fax 02,23934124 [email protected]
Nelle strutture sanitarie prive di centro trasfusionale la gestione ottimale della frigoemoteca richiede, oltre al
rispetto dei requisiti di legge, che siano affrontati problemi di gestione ed organizzazione che nascono dalla
interazione delle diverse necessità operative degli enti utilizzatori del servizio (reparti di degenza, sala
operatoria). A questo intreccio di necessità organizzative non sono inoltre estranei elementi che riguardano
l’argomento del buon uso del sangue, in quanto una buona organizzazione e l’accessibilità e completezza
delle informazioni possono favorire una gestione diretta più appropriata da parte del medico ed un
monitoraggio più efficace da parte della Direzione Sanitaria. Nel nostro ospedale le motivazioni che hanno
indotto il progetto sono state quindi sia di ordine organizzativo che sanitario.
Gli obiettivi sono stati i seguenti: a) implementare la gestione informatica delle registrazioni di
carico/scarico dei materiali; b) rendere possibile un visualizzazione delle informazioni in tempo reale sulla
rete intranet dell’ospedale; c) facilitare, attraverso un’appropriata interfaccia grafica ed una codifica con
colori dei materiali, l’individuazione da parte degli utilizzatori dei materiali di propria pertinenza e delle
priorità decisionali; d) dare la possibilità agli utilizzatori di intervenire direttamente su alcuni aspetti della
gestione della frigoemoteca.
Gli strumenti adottati sono semplici e, in presenza di una rete informatica ben distribuita e di una intranet già
attivata, non hanno richiesto alcun investimento hardware o software. Il database è stato strutturato
includendovi tutte le registrazioni obbligatorie relative al materiale ed al paziente ed altre, relative al
paziente, che vengono utilizzate nell’attività di monitoraggio (ad esempio Unità Operativa e area di
degenza); nelle tabelle sono elencati gli utenti abilitati, le tipologie di materiale, i regimi delle richieste.
L’interfaccia con il database è basato su pagine html attive con campi per l’immissione di dati, menu di
scelta guidata, pulsanti di opzione e conferma. All’immissione del numero di cartella clinica viene
interrogato l’archivio dei degenti che propone i dati anagrafici pertinenti. Dopo la conferma dell’identità del
paziente l’immissione dei dati relativi al materiale ed alla tipologia di richiesta avviene mediante un lettore di
codice a barre e completa l’operazione di carico. Alla pagina “Emoteca” del sito intranet ciascun reparto di
degenza può visualizzare in tempo reale il materiale di propria pertinenza. Per ogni unità vengono fornite
inoltre informazioni sulla tipologia del materiale, sul tempo di permanenza in emoteca, sul tempo limite di
restituzione al Centro Trasfusionale del materiale non utilizzato. Gli utenti autorizzati nei reparti possono
accedere ad un’area operativa attraverso la quale possono segnalare l’intenzione di restituire unità che non
verranno trasfuse o spostare le unità ad altri reparti in caso il paziente venga trasferito. Anche le procedure di
scarico dalla Frigoemoteca verso i reparti o il Centro Trasfusionale avvengono mediante la stessa procedura
informatica. Il programma genera periodicamente le stampe del registro dei movimenti.
I vantaggi attesi dall’implementazione del programma riguardano, oltre alla facilitazione ed alla qualità del
lavoro degli addetti alla frigoemoteca, gli utenti medici ed infermieri di reparto che in ogni momento
possono verificare la giacenza di materiale in emoteca in forma accessibile e sintetica. Ciò può facilitare una
migliore organizzazione di reparto e migliorare l’appropriatezza nell’uso del sangue (ad esempio attraverso
la tempestiva restituzione delle unità non trasfuse).
Importanti vantaggi riguardano l’attività di monitoraggio della Direzione Sanitaria. Il database che registra
tutti i movimenti di emocomponenti è, attraverso il numero di cartella clinica, collegato alla gestione
informatica della SDO e permette quindi statistiche relative alle attività trasfusionali non solo collegate al
reparto richiedente ed alla tipologia di materiale, ma anche alle diagnosi e procedure. Ciò consentirà una
valutazione più approfondita e puntuale sull’appropriatezza e sul rispetto dei protocolli, senza dubbio in
grado di influire sui comportamenti prescrittivi dei medici.
Un ultimo vantaggio riguarda il settore contabilità ed il controllo di gestione che, attraverso lo stesso
database, acquisiscono la possibilità di un riscontro semplificato delle fatturazioni ed informazioni più
complete sui costi associati al ricovero.
140
OSPEDALE SENZA FUMO
Mauro Parpanesi . Patrizia Sironi. Leonardo Galli
Autore referente: Dr.ssa Patrizia Sironi (Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona: Viale Concordia 1, 26100 Cremona .
Tel 0372405409. Fax : 0372405406. E-Mail :[email protected])
Introduzione
Negli ultimi decenni, importanti studi epidemiologici hanno individuato nel fumo di tabacco la principale
causa evitabile di malattie e di morte nei Paesi industrializzati; nonostante ciò in molti ambulatori, ospedali e
altre strutture sanitarie, si continua a tollerare il fumo degli operatori , dei pazienti e dei visitatori. Questa
situazione , oltre a violare il diritto dei non fumatori a soggiornare in ambienti liberi dal fumo , rappresenta
un messaggio contraddittorio e diseducativo.
L’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona,nell’ambito di una policy aziendale sulla promozione della salute
negli ambienti sanitari secondo le indicazioni dell’OMS, ritiene prioritaria una strategia di intervento
multisettoriale mirata tramite il progetto in corso
Obiettivi
o Creare un ambiente ospedaliero libero dal fumo in modo da proteggere la salute dei pazienti e del
personale , quale promozione di una cultura antifumo
o Promuovere stili di vita sani all’interno dell’Ospedale
o Salvaguardare i diritti dei pazienti in ambienti liberi da fumo
o Costituire un modello positivo per la comunità
o Ridurre l’abitudine al fumo fornendo un servizio per chi vuole smettere di fumare
Gruppo Target
Il progetto è rivolto a:
• Dipendenti dell’Azienda pazienti
• Pazienti con particolari condizioni di rischio legate al fumo
• Personale aziendale
Valutazione dei risultati
Sono state attuate le seguenti azioni:
1. Promozione a livello aziendale di una informazione adeguata del danno da fumo sia tramite cartellonistica
mirata che mediante incontri conoscitivi sui danni da fumo
2. Conoscenza delle abitudini al fumo dei dipendenti ospedalieri somministrando un questionario anonimo.
3. Elaborazione dei dati sull’abitudine al fumo tramite scheda conoscitiva rivolta al personale delle U.U.O.O
di Pneumologia , Cardiologia e Ginecologia e Ostetricia
4. Pianificazione di un percorso di disassuefazione dal fumo di sigaretta per il personale coinvolto delle
U.U.O.O. suddette con intervento congiunto integrato psicologico-clinico.
Il grado di valutazione del progetto è risultato dai seguenti indicatori :
• indicatore di partecipazione : rappresenta il rapporto tra n° di persone coinvolte e n° di persone
coinvolgibili ( risultato 44%)
• indicatore di informazione : rappresenta il rapporto di cartellonistica antifumo presenti e n° di spazi
ambientali disponibili(risultato 85%)
• indicatore del grado di consapevolezza del danno da fumo: rappresenta il rapporto tra livello di
consapevolezza osservato e il livello di consapevolezza atteso( risultato = 44%).
Conclusioni
Il progetto prevede un intervento mirato di promozione di una cultura aziendale antifumo con possibilità al
personale dipendente fumatore di accedere al Centro Antifumo dell’Azienda Ospedaliera.
141
INDAGINE MULTICENTRICA SULL’ABITUDINE AL FUMO NELLE STRUTTURE SANITARIE LOMBARDE:
L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE “F. DEL PONTE”
A. Triarico, C. Radice, A. Larghi, Direzione Medica - Presidio Ospedaliero di Varese
L.Manfredi, Medico specializzando in Igiene e Medicina Preventiva – Università degli Studi di Pavia
N. Ferrari, Dipartimento Infermieristico - Presidio Ospedaliero di Varese
M. Arpesella,Dipartimento di Sanità Pubblica - Università degli Studi dell’Insubria
Autore referente: Dott. Antonio Triarico, Direzione Medica - Ospedale “F. Del Ponte”; via F. Del Ponte n. 19 - 21100
Varese tel. 0332/299203 - fax 0332/299406 - e-mail: [email protected]
INTRODUZIONE
Il fumo di tabacco è riconosciuto come una delle principali cause prevenibili di morte e di disabilità.
L’abitudine al fumo è presente in almeno un quarto della popolazione italiana di età uguale o superiore a 14
anni, con una prevalenza pari al 32,2% tra gli uomini e al 17,3% tra le donne. La mortalità per patologie
associate al fumo è elevata; si può stimare che nel 1995 vi siano stati in Italia 61.490 morti (di cui 10.055 in
Lombardia) attribuibili al fumo. Negli ultimi anni è stata inoltre confermata l’esistenza di una stretta
associazione tra fumo passivo, carcinoma polmonare, ictus cerebrale e malattie ischemiche del cuore. In
ambito ospedaliero, l’atteggiamento tollerante nei confronti del tabagismo da parte degli operatori, dei
pazienti e dei visitatori rappresenta un aspetto critico. Contraddittoria è la figura di un professionista
fumatore che tenta di curare i propri assistiti dai danni provocati dal fumo. Questa situazione, oltre a violare
il diritto dei non fumatori a soggiornare in ambienti liberi dal fumo, rappresenta un messaggio diseducativo,
che è ulteriormente rinforzato dall’influenza che le strutture sanitarie e gli operatori sanitari esercitano come
modello di riferimento per la Comunità.
L’ospedale “Filippo Del Ponte” di Varese, nell’ambito delle iniziative finalizzate alla Promozione della
Salute all’interno degli Ospedali (HPH), ha partecipato all'indagine multicentrica condotta nella regione
Lombardia sull'abitudine al fumo nelle strutture sanitarie. La struttura ospedaliera, dedicata all’area MaternoInfantile, ha assunto la connotazione di ospedale specializzato nell’assistenza ostetrico-ginecologica e nella
cura delle patologie dell’età pediatrica, ed è un centro di riferimento capace di soddisfare una domanda
sanitaria di media/elevata complessità.
OBIETTIVO GENERALE
Promuovere la salute dei pazienti, dei visitatori e degli operatori sanitari, costituendo un esempio di
comportamento sano per la Comunità.
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Quantificare la diffusione dell’abitudine al fumo tra gli operatori sanitari dell’Ospedale “F. Del Ponte”;
2. Programmare interventi di educazione alla salute, rivolti agli operatori sanitari, per la prevenzione del
tabagismo in ospedale;
3. Dichiarare la struttura ospedaliera smoke-free.
METODI
Nel mese di aprile 2003 è stato distribuito un questionario, appositamente predisposto da un gruppo di lavoro
regionale, a tutti gli operatori sanitari ed amministrativi delle Aziende Ospedaliere che hanno aderito
all’indagine multicentrica regionale. Insieme al questionario è stata consegnata una lettera di presentazione
dell’iniziativa, nella quale viene illustrato il fine principale e le modalità di compilazione del questionario.
Lo strumento impiegato per la rilevazione delle informazioni è stato redatto in maniera tale da garantire
l’anonimato e quindi la massima discrezione e riservatezza.
L’indagine ha coinvolto, tra aprile e maggio 2003, 320 operatori dell’Ospedale “F. Del Ponte”. E’ stato
predisposto un database per l’informatizzazione ed elaborazione dei dati.
RISULTATI
Dall’analisi dei dati emerge che il 24.7% degli intervistati dichiara di essere un fumatore abituale, il 63.1%
un non fumatore ed il 12.2% un ex-fumatore.
Tra i fumatori, l’81.3% è un fumatore abituale che nel 20.5% dei casi fuma da 1 a 5 sigarette al giorno, nel
22.9% ne fuma da 6 a 10 e nel 36.1% da 11 a 20.
Il 98.7% degli operatori dichiara di non fumare in presenza del paziente o dei visitatori.
Il 70.6% ritiene che nel campo della salute lo stile di vita del personale sanitario sia modello di
comportamento per i cittadini.
E’ favorevole alla decisione di vietare il fumo in tutti i locali dell’ospedale l’86.6% degli intervistati mentre
soltanto il 24.7% ritiene che molti dei pazienti/utenti possano accogliere il suggerimento di non fumare al
fine di tutelare la salute individuale e collettiva.
142
Per quanto riguarda la normativa l’86.6% è a conoscenza delle attuali leggi in materia di divieto di fumo e il
92.5% considera adeguata la segnaletica indicante il divieto di fumo in ospedale.
Da porre in evidenza che il 41.6% dei soggetti intervistati non indica il fumo di tabacco come causa
prevenibile di morte nei paesi industrializzati.
CONCLUSIONI
Sulla base dei risultati ottenuti saranno programmati interventi per l’informazione e formazione di tutto il
personale in tema di prevenzione del tabagismo. Si prevede anche l’attivazione di un percorso ambulatoriale
per la disassuefazione dal fumo di tabacco, rivolto agli operatori sanitari fumatori che desiderano
interrompere la dipendenza. L’organizzazione prevede la costituzione di uno staff costituito da medici
specialisti (pneumologo e psicologo) supportati da personale infermieristico.
143
Rete Ligure
COORDINAMENTO ATTIVITÀ DI EDUCAZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE
R. Gagno, T. Biondi, P. Buono, L. De Flaviis, A. Rizzo: Ufficio di Educazione e Promozione della Salute ASL 1
Imperiese, Via Aurelia, 97 - Bussana di Sanremo (IM)
Autore Referente: Rita Gagno Dipartimento di Staff ASL 1 Imperiese, Tel. 0184 536551 Fax 0184 536630 e-mail:
[email protected]
CONTESTO
Le ricerche mediche dimostrano che l’evoluzione di una malattia è influenzata dal rapporto che l’individuo
ha con il suo contesto socio-culturale-familiare-scolastico-lavorativo: la salute è qualcosa di più ampio e
globale della sola assenza di malattia.
La salute coinvolge il proprio mondo emotivo nelle varie fasi della vita. Ognuna di queste richiede un
intervento educativo ed informativo specifico, al fine di poter raggiungere attraverso una buona relazione con
sé e con gli altri il vero benessere.
L’utenza che usufruisce dei servizi sanitari necessita di un intervento educativo sempre più adeguato ai
processi di cambiamento sociale e culturale in continua evoluzione.
Per assicurare e garantire le funzioni proprie di orientamento, trasversalità, formazione, raccolta ed
elaborazione dei dati, produzione di materiale informativo, l’Ufficio di Coordinamento delle Attività di
Educazione e Promozione della Salute, ha sviluppato un Piano Annuale integrato tra le attività territoriali ed
ospedaliere dell’Azienda.
Il Piano Aziendale vede una stretta collaborazione tra gli operatori dei Dipartimenti Ospedalieri e
Territoriali, dei Distretti Sanitari e le Scuole, del Privato Sociale ed Associazioni, dei Servizi Sociali
Provinciali e Comunali, al fine di creare una Rete di relazioni interistituzionali per un lavoro sempre più
congiunto.
OBIETTIVO
Promuovere iniziative per favorire un “ambiente” più adatto alle esigenze di chi lo vive.
TARGET
Stabilimenti Ospedalieri, Dipartimenti ASL Territoriali, Istituzioni Pubbliche e Private, Associazioni di
volontariato, Organizzazioni con finalità educative.
VALUTAZIONE
Produzione di opuscoli sul corretto utilizzo dei Servizi Socio-Sanitari.
CONCLUSIONI
Al fine di sviluppare sperimentazioni interistituzionali e creare una rete di relazioni per il futuro, la
programmazione da parte dell’Area Educazione e Promozione della Salute Aziendale ha voluto atttivare un
Piano Annuale finalizzato ad un coordinamento delle attività svolte in materia di Educazione alla Salute da
parte dei Servizi Territoriali e dai Progetti HPH, tenendo in considerazione le diverse collaborazioni
provenienti da altri Enti, dal Privato Sociale e dalle Associazioni.
Attraverso numerose opere di mediazione e confronto, per il raggiungimento dell’ambizioso e difficile
obiettivo del “lavorare costruttivamente insieme per lo stesso fine”, sono stati articolati numerosi incontri
con gruppi interdisciplinari dai quali sono scaturiti i bisogni di salute emergenti e la programmazione relativa
alle strategie più efficaci.
144
TRIPSS 2: UN PROGETTO IN RETE DI 4 AZIENDE SANITARIE
COLORETTALE E SULL'ICTUS ISCHEMICO
DEL
PIEMONTE
SUL
CARCINOMA
A.Penna, A. Giacomin, L. Savoia, P. Bruni, G. Lanza, U. Massazza, V. Marinoni, C. Farina, ASL 12 Biella
G.Ciccone, P.A.Visentin, R. Arione, L. Scalione, O. Berretto, C. Nigro, P.Cerrato, ASO S.G. Battista Torino
M.A.Franconi, C.Labate, G. De Filippis: Ordine Mauriziano -Umberto 1 e IRCC
A.D'Alfonso, N. Lovera, , G.Fornero, A. Montegrosso: ASL 4 Torino.
Contesto: Il presente progetto inserito nel Programma del Ministero della Salute "Sperimentazione in 9
Regioni di strumenti per l'implementazione delle linee-guida ", è coordinato, a livello nazionale, dal
CeVEAS di Modena e, a livello regionale, dall'Ufficio Qualità dell'ASL12 di Biella e dal CPO Piemonte (c/o
Molinette). Le Aziende partecipanti (ASL 12 di Biella e 4 di Torino, ASO S.G. Battista -Molinette- di Torino
e Ordine Mauriziano -Umberto I e IRCC Candiolo), nell'aderire al programma, hanno scelto di adattare e
implementare negli specifici contesti aziendali le linee guida regionali sui Tumori Colorettali e linee-guida
comuni (adattate da linee-guida internazionali) sull'Ictus Ischemico. L'Assessorato alla Sanità, a seguito della
partecipazione dei ricercatori al Bando per la Ricerca Sanitaria, ha finanziato il progetto di ricerca. L'ASO
S.G. Battista ha altresì implementato linee-guida aziendali sulla Trombosi Venosa Profonda.
Obiettivi: Obiettivo generale del progetto era quello di migliorare la qualità dell'assistenza ospedaliera dei
pazienti affetti da ictus ischemico e da tumore colorettale, attraverso l'adattamento e implementazione di
lineeguida ebm, valutandone poi, attraverso specifici indicatori, l'impatto sulla pratica clinica e
organizzativa. Obiettivi specifici del sottoprogetto sui tumori colorettali erano quelli di:
1) anticipare la diagnosi,
2) favorire una corretta stadiazione,
3) promuovere la gestione multidisciplinare,
4) ridurre il numero di interventi demolitivi e le stomie permanenti,
5) contenere la degenza impropria, 6) razionalizzare il percorso postoperatorio e di follow-up.
Per l'assistenza ai pazienti con ictus ischemico gli obiettivi del sottoprogetto erano rappresentati da:
1) garantire un approccio diagnostico appropriato e tempestivo (TAC entro 24 ore - test disfagia),
2) ridurre trattamenti di non documentata efficacia (steroidi, nimodipina, ecc.),
3) promuovere trattamenti di documentata efficacia (ASA),
4) ridurre le complicanze,
5) favorire un trattamento riabilitativo precoce,
6) contenere la disabilità.
Metodi e Target del progetto: In ciascuna Azienda e per ciascun sottoprogetto sono stati costituiti gruppi
di lavoro di circa 20 professionisti, rappresentativi di tutti i servizi e di tutte le professionalità (medici,
infermieri, terapisti, ecc.). I gruppi hanno lavorato per 9-12 mesi alla redazione di linee-guida aziendali,
discutendo, valutando e adattando, per il sottoprogetto "Tumori colorettali", le linee-guida regionali, mentre
per il sottoprogetto "Ictus ischemico", linee-guida nazionali e internazionali evidence based, ponendo una
particolare attenzione alla coerenza e omogeneità interaziendale dei documenti. Ciascuna Azienda ha poi
attivato, oltre ad una ampia diffusione delle linee-guida, specifiche strategie di implementazione (riunioni nei
singoli reparti, reminders in cartella, corsi di formazione, acquisti di presidi ecc.). Sono stati quindi messi a
punto una scheda raccolta dati e un data base ed è stata selezionata centralmente, a cura del CPO Piemonte
(c/o Ospedale Molinette), una casistica di 1015 pazienti affetti da carcinoma del colon ietto e di 1188
pazienti affetti da ictus ischemico, ricoverati nelle 4 Aziende in periodi precedenti (2000) e successivi (2002)
all'implementazione delle linee-guida, casi di cui sono state valutate le cartelle cliniche.
Risultati e conclusioni: Sottoprogetto ictus ischemico: i dati disponibili per complessivi 931 pazienti
ricoverati nelle 4 Aziende, di cui 769 riferiti all'anno 2000 e 419 al 2002-2003, documentano il
miglioramento registrato su quasi tutti gli indicatori selezionati: in particolare è risultata aumentata la quota
di pazienti che hanno ricevuto: una TC entro le 24 ore, un trattamento farmacologico tempestivo ed
appropriato, una valutazione fisiatrica precoce e la valutazione della deglutizione. Sottoprogetto Colonretto:
allo stato attuale sono disponibili i dati relativi a due ospedali (Biella e Molinette) per complessivi 720
pazienti: i risultati evidenziano un aumento degli esami diagnostici eseguiti in prericovero, una riduzione
della degenza, una riduzione nell'utilizzo di markers tumorali di non documentata efficacia, un aumento degli
esami endoscopici completi, una riduzione delle resezioni addominoperineali e delle complicanze
chirurgiche. Il progetto rappresenta una delle prime esperienze multicentriche italiane di implementazione e
valutazione di impatto di linee-guida ebm.
145
LA QUALITA’ DELLE RELAZIONI TRA PROFESSIONISTI NELL’EQUIPE OSPEDALIERA FAVORISCE
UN’EFFICACE ETICA ORGANIZZATIVA E RIDUCE IL RISCHIO DI STRESS DEGLI OPERATORI
SANITARI.
Ufficio Infermieristico ASL n. 1 imperiese
Autore Referente: Reghezza Loredana ASL n. 1 IMPERIESE, Tel. 0184 536.810, fax 0184 536.956,
e mail: [email protected]
CONTESTO:
Stimolare discussioni costruttive tra i professionisti che operano in ospedale attraverso i corsi di
aggiornamento dipartimentali e la successiva costruzione di gruppi di lavoro, al fine di ricondurre ogni
professionista ad un comportamento idoneo nell’agire quotidiano, in riferimento soprattutto alle nuove
responsabilità ed alle attuali organizzazioni di lavoro. I contenuti formativi sono essenzialmente riconducibili
all’analisi dei principali principi etici ed con particolare riferimento ai concetti di equità, ottimizzazione delle
risorse, qualità assistenziale, qualità dell’organizzazione, qualità del clima lavorativo.
Le riflessioni sui principali principi etici dovranno suscitare in ogni operatore la volontà di rivedere il proprio
saper essere poiché si ritiene che gli operatori sanitari negli ultimi anni siano stati coinvolti da numerosi
fattori quali ad es: aumento delle attività tecnologiche (informatizzazione, nuove tecnologie diagnostiche e
terapeutiche,ecc), variazioni organizzative (carenza di personale, organizzazione dipartimentale, ecc.),
cambiamenti legislativi (normativa infermieristica, formazione del personale di supporto OTA/OSS/OSA),
ecc. Tutto questo ha creato una forte tensione “da apprendimento o da adattamento” negli operatori che
spesso ha ridotto la qualità delle relazioni e delle responsabilità nei confronti dei colleghi e dell’istituzione.
GRUPPO TARGET :
Personale medico, infermieristico, tecnico, ota e oss.
VALUTAZIONE DEI RISULTATI:
o Somministrazione dei questionari di verifica dell’apprendimento.
o Riduzione dei conflitti
o Miglioramento del clima lavorativo
o Riduzione tasso di assenteismo
CONCLUSIONI:
la formazione permanente è un’importante strumento operativo che consente di ottenere dei cambiamenti
significativi agli operatori sanitari. L’introduzione nei corsi di una moderna etica nell’aggiornamento
obbligatorio favoriscono la riflessione e la consapevolezza che “ una sana atmosfera nell’ambiente di lavoro
è come l’aria pulita che entra dalla finestra: migliora l’umore, il rendimento e di conseguenza ci rende
soddisfatti del nostro operato”
146
RILEVAZIONE DELLA QUALITA' PERCEPITA IN EMODIALISI OSPEDALIERA
A. Icardi, P.Araghi, P.Sacco: U.O. Nefrologia e Dialisi, Ospedale "La Colletta", ASL 3 Genovese, Arenzano
M. Zanini.,G. Piatti: U.O. Qualità e Comunicazione, ASL 3 Genovese.
Autore referente: Dott. Paolo Sacco, U.O. Nefrologia e Dialisi, Ospedale "La Colletta", ASL 3 Genovese, Via del
Giappone, 5 - 16011 Arenzano (Genova). Telefono 010/9134159 - fax 010/6448088 - email: [email protected]
In osservanza al D. Lgs. 502/92, il Dipartimento Sanità della Regione Liguria ha avviato un programma di
costruzione, sperimentazione e validazione di strumenti per la rilevazione della qualità percepita, secondo
una metodologia integrata quali-quantitativa, in aree critiche, quali i reparti ospedalieri di emodialisi
ambulatoriale. Il ns. Centro ha partecipato al corso formativo, alla preparazione-stesura dei questionari
dedicati e alla loro somministrazione e restituzione. L'analisi dei risultati riportati nella ns. U.O. è stata
effettuata in collaborazione con il settore aziendale di gestione della qualità. Lo scopo del progetto è
stato quello di individuare strumenti scientificamente validi ed attendibili per contribuire al
miglioramento continuo delle prestazioni emodialitiche erogate.
Descrizione del campione: la rilevazione ha riguardato 42 pazienti in emodialisi periodica da almeno 3 mesi
(69% di sesso maschile, 41% di età compresa fra i 41 e i 65 anni, 49% con titolo di studio di scuola elementare,
54% in attività lavorativa).
Qualità organizzativa e strutturale: i quesiti di riferimento hanno evidenziato una soddisfacente
corrispondenza tra il risultato atteso e quello percepito, tuttavia lo spostamento del posto-dialisi senza
adeguata motivazione e la condivisione dei locali con persone del sesso opposto si sono dimostrati fattori
negativi in percentuali inaspettate (43% e 28% rispettivamente).
Rapporti con lo staff curante: sono emerse criticità legate alla comunicazione (aspetti informativi) al rispetto
della privacy ed alla personalizzazione dell'assistenza: il 34% del campione si ritiene solo parzialmente
informato sulla terapia farmacologica e dietetica domiciliare; il 29% non ha ricevuto la richiesta di
autorizzazione per fornire notizie cliniche ai propri familiari; il 61% vorrebbe essere maggiormente coinvolto
nella cura.
I dati ottenuti sono stati utilizzati per definire alcune linee di intervento per l'accreditamento istituzionale
dell'Azienda Sanitaria e per la certificazione ISO 9000-2000 del processo di emodialisi .
147
Rete Piemontese
IL CENTRO ISI - INFORMAZIONE SALUTE IMMIGRATI
Majid Nejad*: referente centro ISI ASL 2 Regione Piemonte - Antonella Arras**: Dir.Med. ASL 2 - M.Grazia Cella°:
Coord. Consult.Fam. ASL 2 - Rosanna Burdese: V.I.Consultori Pediatrici ASL 2 - O, Grazia Andriani: DMI ASL2
Autore Referente: Dott.ssa Antonella Arras, V. Monginevro 130, 10141 Torino. tel 011/70954613 [email protected]
Aumenta la popolazione extracomunitaria e straniera in genere, e con essa la necessità di disporre
di strumenti adatti ad accoglierla negli ospedali o comunque nei luoghi dove vengono erogate le prestazioni
sanitarie. L' attivazione di canali di informazione e orientamento ai cittadini stranieri e la corretta
intermediazione culturale comportano inoltre di conseguenza l'avvio di attività di formazione e consulenza ad
hoc per gli operatori sanitari.
L'attuale normativa concernente le disposizioni in materia sanitaria per gli stranieri presenti sul territorio
nazionale identifica tre diverse categorie di beneficiari:
- gli stranieri iscritti, obbligatoriamente o volontariamente, al S.S.N.;
- gli stranieri regolarmente soggiornanti, non iscritti al S.S.N.
- gli stranieri non in regola con le norme sull'ingresso e il soggiorno.
A questi ultimi devono essere comunque assicurate le prestazioni ospedaliere o ambulatoriali urgenti o
essenziali, ancorché continuative, le prestazioni erogate dai SERT ai tossicodipendenti e le prestazioni inerenti
la tutela della gravidanza e maternità, la tutela della salute dei minori; le vaccinazioni e gli interventi di
profilassi, la diagnosi e cura delle malattie infettive.
Da circa un anno nella A.S.L. 2 di Torino è in funzione il Centro I.S.I. - Informazione Salute Immigrati, un
servizio con lo scopo di favorire la difesa della salute dei cittadini stranieri e di mettere in grado queste minoranze
a controllare meglio il proprio grado di salute e di migliorarlo, con evidenti benefici non solo rivolti agli
extracomunitari stessi ma a tutta la comunità. Attualmente il Centro I.S.I. dell'A.S.L. 2 e' aperto al pubblico in
locali del Poliambulatorio dell'Ospedale Martini - Via Tofane 71 - Torino - tre volte alla settimana, il lunedi',
mercoledi' e venerdì dalle 13.30 alle 15.30, con la presenza di un dipendente, referente per il Centro, di un
medico e di un mediatore culturale appartenente a una Cooperativa Sociale convenzionata. Oltre alle necessarie
informazioni per la fruizione dei servizi, il Centro I.S.I eroga interventi di tipo preventivo e di medicina
generale e assicura la registrazione dei dati amministrativi; inoltre in caso di necessità facilita l'accesso ai
servizi sanitari specialistici e di ricovero. Nel poster vengono illustrati i presupposti metodologici e normativi, le
funzioni del Centro nonché i dati di attività 2003 comprensivi di patologie, passaggi e principali flussi
148
LA PRESCRIZIONE DEI FARMACI ALLA DIMISSIONE:
OSPEDALIERO E MEDICO DI MEDICINA GENERALE
INTEGRAZIONE
TRA
SPECIALISTA
Maria Carmen Azzolina, Roberta Broda, Ida Marina Raciti, Roberto Arione, Pierino Panarisi
Direzione Sanitaria ASO San Giovanni Battista di Torino
Introduzione: Le indicazioni previste ed autorizzate dalle note predisposte dalla Commissione Unica del
Farmaco prevedono in alcuni casi la stesura di Piani Terapeutici e/o schede Registro USL. Al fine di
facilitare le prescrizioni di farmaci da parte dello specialista ospedaliero ed al fine di favorire l’integrazione
Ospedale –Territorio è necessario che questi siano gestiti in modo corretto.
Il D.L. 229 del 19 giugno 1999, all’art.15-decies, stabilisce infatti che: i medici ospedalieri e delle strutture
di ricovero e cura del SSN, pubbliche o accreditate, quando prescrivono o consigliano farmaci o accertamenti
diagnostici a pazienti all’atto della dimissione o in occasione di visite ambulatoriali, sono tenuti a specificare
i farmaci e le prestazioni erogabili con onere a carico del SSN.
Poichè si realizzi tale integrazione, è necessaria la reciproca conoscenza delle modalità operative e dei
vincoli da ambo le parti.
L’elenco dei farmaci concessi ed i criteri di concedibilità a carico del SSN subiscono frequenti modificazioni
e mettono soprattutto il medico di famiglia nella condizione di dover rifiutare all’assistito la prescrizione sul
ricettario regionale di farmaci, peraltro necessari, fino a quel momento regolarmente rimborsati. Criticità è
anche la prescrizione di farmaci che non contengono fra le indicazioni della scheda tecnica le patologie per
cui vengono consigliati da specialisti che si basano su evidenze scientifiche non ancora recepite dal
Ministero della Salute. In tali casi, infatti, i farmaci non sono prescrivibili a carico del SSN anche se lo sono
per altre indicazioni ed il medico di famiglia che lo prescrivesse sarebbe inevitabilmente tenuto a
rimborsarlo. Ciascun medico può, sotto la sua personale responsabilità e previo consenso informato,
prescrivere farmaci per indicazioni non riportate nella scheda tecnica, ma questi non possono essere posti a
carico del SSN.
Spesso infatti il paziente ha difficoltà a comprendere perchè un farmaco prescritto nella consulenza dello
specialista o all’atto della dimissione ospedaliera non possa essere prescritto dal proprio medico di famiglia.
Obiettivo Generale
Uniformare il comportamento degli specialisti per un corretto rapporto con i medici di medicina generale,
relativamente ai farmaci prescritti agli assistiti in dimissione.
Obiettivi Specifici:
1. perseguire l’appropriatezza nella prescrizione dei farmaci in funzione dei criteri Evidende Based
2. conciliare le proposte terapeutiche degli specialisti con le limitazioni prescrittive vincolanti
3. promuovere una modalità condivisa per la quale il paziente trovi univoco comportamento
nell’ambito della struttura specialistica e successivamente a livello territoriale
Target: E' stato costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare (composto da rappresentanti della Direzione
Sanitaria, della Farmacia e del gruppo Evidence Based Medicine), che ha analizzato le modalità dell'utilizzo
del Prontuario Terapeutico Ospedaliero (PTO) da parte dei dirigenti medici dell'Azienda e le criticità
connesse alla prescrizione dei farmaci alla dimissione del paziente, da parte dello specialista ospedaliero.
Sono state quindi inviate a tutti i Direttori di Struttura Complessa (S.C.), le indicazioni al fine di una corretta
attività prescrittivi per gli assistiti in dimissione. Al fine del raggiungimento degli obiettivi previsti, nel corso
dell’anno 2003, la Direzione Sanitaria d’Azienda ha organizzato due incontri formativi/informativi per tutti i
dirigenti medici dell'Azienda, con rappresentanti delle S.C. Direzione Sanitaria e Farmacia e con
rappresentanti dei medici di medicina generale.
Valutazione dei risultati: Per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati, è stato definito
come indicatore, il numero di segnalazioni pervenute dalle ASL, inerenti le non conformità delle prescrizioni
effettuate dagli specialisti ospedalieri dell’ASO S. G. Battista, all’atto della dimissione del paziente.
Conclusioni: Visto l’interesse manifestato da parte dei medici ospedalieri dell’Azienda e dei medici di
medicina generale nel corso delle due riunioni plenarie, la Direzione Sanitaria d’Azienda ha ritenuto
opportuno implementare tale attività di confronto tramite ulteriori incontri, per facilitare la comunicazione e
l’integrazione tra specialisti ospedalieri e medici di medicina generale. Ravvisata la necessità di fornire un
supporto ai medici specialisti dell’Azienda per una corretta prescrizione, è svolta in modo continuo l’attività
di monitoraggio e di consulenza da parte dei dirigenti medici della Direzione Sanitaria.
149
LA CAPACITÀ DI SCEGLIERE:
UN’ALTRA DISUGUAGLIANZA?
UNO STRUMENTO PER MIGLIORARE L’ESPERIENZA DEL PARTO O
Giuseppe Bricchi, Ada Cosio, Sara Galleano A.S.L.17 Savigliano; Alberto Borraccino
Dipartimento di Sanità Pubblica – Università di Torino
Autore referente: Giuseppe Bricchi U.O.A. Ostetricia Ginecologia ASL 17 Savigliano
L’importanza della nascita come evento centrale nella vita di un individuo è da tempo motivo di riflessione e
ricerca per il Reparto di Ostetricia dell’Ospedale SS. Annunziata di Savigliano, A.S.L.17. A partire dal 1987
con l’attivazione dei corsi di preparazione al pre e post parto, il Centro di Educazione ed Assistenza al parto
e il Reparto di Ostetricia dell’Ospedale di Savigliano collaborano in continuità al fine di realizzare un
servizio di qualità volto a offrire ad ogni donna una struttura capace di accogliere la gravidanza e la nascita
come evento unico ed irripetibile, garantendo ad ogni coppia e al loro figlio la possibilità di vivere in
sicurezza la propria esperienza genitoriale.
In linea con le Raccomandazioni O.M.S., con le pratiche basate sull’evidenza medica e conformemente alla
letteratura internazionale, il servizio si propone di informare le donne guidandole ad una scelta informata e
responsabile. Le sostiene nelle loro decisioni puntando ad un’umanizzazione della nascita e ad uno sviluppo
delle loro potenzialità.
Già a partire dal 1997 si è avviata un’indagine conoscitiva allo scopo di permettere a ciascuna utente di
esprimersi sul servizio usufruito e sull’esperienza vissuta.
E’ stato predisposto un questionario distribuito ad ogni donna ricoverata per parto negli anni 1997-2000;
complessivamente sono stati raccolti n. 3469 questionari (rappresentativi del 66,7% delle utenti , n. 5200
parti registrati nel periodo considerato).
Dalla analisi dei questionari raccolti negli anni 1997-1999 emergeva che le donne afferenti al servizio
richiedevano per lo più una posizione alternativa a quella tradizionale litotomica; questa decisione sembrava
significativamente correlata ad un livello socio culturale elevato: all’aumentare del titolo di studio delle
partorienti corrispondeva un aumento delle nascite mediante parto alternativo (RR = 4.4 per bassi titoli di
studio vs. RR = 1.4), parallelamente si osservava una crescita del livello di soddisfazione per l’esperienza. La
struttura sembrava creare involontariamente diseguaglianza sociale. In base a questa considerazione si è
aperto un confronto sull’assistenza alla gravidanza e al parto offerta dalla struttura e sul ruolo fondamentale
dell’informazione/formazione come possibilità reale per la donna di scegliere, di sentirsi protagonista,
capace e responsabile dell’evento.
L’analisi più dettagliata dei questionari, proseguita per tutto il 2000, ha confermato l’effettivo aumento della
scelta dei parti in posizione alternativa introducendo una correlazione significativa con il titolo di studio e la
frequenza ai corsi di preparazione al parto. Il ricorso al parto alternativo sembra aumentare con il livello di
istruzione ed il livello di soddisfazione della donna per l’esperienza (OR=2.6 IC95% 1.22-5.53 istruzione vs.
soddisfazione) ed i corsi di preparazione al parto rappresentano un elemento importante che ne orienta la
scelta (OR=1.9 IC95% 1.37-2.80 partecipazione vs. non partecipazione). L’offerta del parto alternativo è
accettata solo da una parte selezionata della popolazione, il resto dell’utenza non sembra pertanto poterne
usufruire.
Si segnala che il 33% circa della partorienti non hanno aderito all’inchiesta mentre il 23,6% dei questionari
pervenuti è stato escluso per insufficiente informazione.
Questi dati ci costringono a considerare un possibile bias di selezione, la mancata o scarsa adesione potrebbe
determinarsi più frequentemente nelle categorie a più basso titolo di studio. Si è ipotizzata quindi, una
sottostima dell’effetto osservato.
Se i diversi outcomes di salute nella madre e nel bambino dipendono anche dalla capacità di scegliere ci
troviamo di fronte ad un reale ed involontario effetto di selezione sociale che crea disuguaglianze.
Al fine di continuare la ricerca, nell’anno in corso, si è costituito un gruppo di lavoro - su base volontaria e
gratuita - in cui partecipa anche il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università di Torino, con l’obiettivo
di rielaborare il questionario rendendolo più maneggevole nella forma e nei contenuti. In prima istanza e
dall'analisi dei nuovi questionari si punta ad ottenere una chiara ed esaustiva fotografia dell’utenza afferente
al servizio ed a rilevare le correlazioni più significative delle informazioni raccolte; contemporaneamente è
in corso l’analisi dell’attuale assetto dell’informazione finalizzata all’integrazione della stessa.
L’obiettivo finale è quello di creare una rete di rilevazione e raccolta dati informatizzata che racchiuda in sé
tutti gli strumenti in uso nel reparto (CEDAP, Partogramma, Cartella Clinica della mamma e del neonato..)
in grado di permettere un monitoraggio completo del percorso nascita.
150
L’EVIDENCE
TERRITORIO.
BASED NURSING (EBN) COME STRUMENTO DI INTEGRAZIONE TRA OSPEDALE E
Brusa Lorenzo: Responsabile Servizio Cure Domiciliari ASL13 di Novara
Sarasino Daniela, Luparia Marco: Medici in formazione Cattedra di Igiene – Università degli Studi del Piemonte
Orientale A. Avogadro
Panella Massimiliano: Responsabile S.C. Qualità ASL13 di Novara
Autore referente: dott. Brusa Lorenzo, Responsabile Servizio Cure Domiciliari ASL13 di Novara, S.C. Cure Domiciliari
ASL13 di Novara, via dei Mille, 2, 28100 Novara, tel/fax 0321.374591, [email protected]
Gruppo di lavoro medici coordinatori, CPSE, infermieri delle quattro sedi distrettuali delle Cure Domiciliari
ASL13: Aquili Emilia Dell’Acqua Edoarda Dell’Acqua Nadia Beffani Antonio Crespi Aldo Lombardi Anna De Zotti
Stefania Biancardi Antonio Vallerani Tiziana Savoini Angelo Baraccato Vincenzo Comi Lucia Carpanese Stefania
Ferrari Alessandra Santoro Antima Schiavi Cinzia
Contesto
L’ASL13 di Novara opera su un territorio particolarmente vasto (circa 1.200 Kmq) e caratterizzato da
un’elevata dispersione demografica (il 45% della popolazione risiede in Comuni con meno di 10.000
abitanti), in cui oltre ai tre Presidi Ospedalieri di pertinenza, insiste l’ASO Maggiore della Carità di Novara,
secondo polo ospedaliero regionale.
Tale contesto genera una sostanziale difficoltà di comunicazione tra le équipe dei quattro servizi di Cure
Domiciliari e quelle ospedaliere, determinando un’erogazione disomogenea delle prestazioni con una
potenziale discontinuità nell’assistenza, in contrasto con gli obiettivi aziendali che prevedono l’integrazione
ospedale-territorio.
Una recente indagine, condotta presso i servizi di Cure Domiciliari in un’ottica di riorganizzazione, ha
individuato tra le criticità una variabilità nell’applicazione delle principali procedure di tecnica
infermieristica e la mancata condivisione di tali strumenti, sia con gli ospedali che tra gli stessi servizi.
Inoltre è emersa una limitata considerazione nei confronti delle basi scientifiche della pratica infermieristica
e dell’EBN, che dovrebbe rappresentarne il principale riferimento.
Da tali presupposti è nata l’esigenza di predisporre strumenti basati sull’evidenza, da applicare
uniformemente sia nel contesto ospedaliero che in quello territoriale.
Obiettivi
Il progetto ha previsto la predisposizione di un linguaggio comune, inteso come condivisione di strumenti e
modalità operative, tra i servizi territoriali e i presidi ospedalieri, per garantire una risposta omogenea e
evidence based ai bisogni dei cittadini.
Gli obiettivi specifici:
- Redigere, validare ed adottare un set di procedure di tecnica infermieristica evidence based, relative alle
principali prestazioni erogate in entrambi i contesti;
- Creare un programma di formazione che favorisca la collaborazione e la cooperazione tra operatori e
consenta l’implementazione delle procedure predisposte;
- Predisporre un contesto operativo favorevole allo scambio di informazioni tra le diverse équipe.
Gruppo target
Infermieri operanti sia sul territorio che negli ospedali e indirettamente i pazienti in carico al servizio Cure
Domiciliari perché consente di elevare gli standard di assistenza, garantendo prestazioni EBN.
Risultati
• Predisposizione ed applicazione di un set di procedure di tecnica infermieristica relative alle principali
prestazioni erogate sia sul territorio sia in ospedale. Valutazione: presenza delle procedure redatte sulla base
dell’EBN e misurazione di indicatori di processo per valutarne l’appropriatezza di applicazione.
• Realizzazione di programmi di formazione per promuovere e garantire la corretta applicazione delle
procedure. Valutazione: presenza dei corsi di formazione e misurazione del livello di preparazione raggiunto
dagli operatori.
Attualmente il progetto è giunto alla fase di redazione e condivisione delle procedure, mentre non sono
ancora disponibili i report relativi alla corretta applicazione delle procedure e ai corsi di formazione.
Sono state predisposte le procedure per la gestione di:
• medicazione tracheostomica
• stomie addominali
• cateterismo vescicale, epidurale, venoso centrale e periferico
• prelievo ematico
• terapia iniettiva
151
• emotrasfusioni
• misurazione della pressione arteriosa
• paracentesi
• trattamento ferite chirurgiche, ulcere vascolari
• prevenzione e trattamento piaghe da decubito
Conclusioni:
La realizzazione del set di procedure, validate e condivise tra territorio ed ospedale, garantisce un’erogazione
delle prestazioni omogenea e basata sulle prove di efficacia. Questi strumenti consentono un impatto positivo
sull’esito clinico dei pazienti trattati. Inoltre la realizzazione condivisa delle procedure ha favorito la
comunicazione tra le équipe dei servizi territoriali e gli ospedali, promuovendo l’integrazione tra livelli
assistenziali e ottimizzando al contempo la continuità delle cure. Infine ha migliorato la capacità di lavorare
in gruppo, poiché ha migliorato lo scambio di informazioni e di esperienze tra servizi e ha determinato un
incremento della motivazione degli operatori rispetto alla necessità di sviluppare una pratica clinica basata
sulle prove di efficacia.
Il progetto, attualmente in fieri, sarà successivamente valutato per quantificare in termini di efficacia
l’applicazione delle procedure.
152
L'ADI PEDIATRICA I : IL CASO DELLA PICCOLA V.
Dal caso al sistema- dal piano assistenziale al progetto di servizio-dall'Ospedale al Territorio
Lucia Centillo: Coord.If. DMI ASL2 - Giuliana Lovera: Caposala OST.GIN. ASL2 - Liliana Strabella:
Coord.Dip.Lung'assistenzaASL2 - Agostino Crivellaro, Marina Camattari: I.P. ADI ASL2 - Antonella Mangogna:
I.P.Centro NeonataleASL2 - Erika Bellini: V.I. Centro NeonataleASL2 - Cinzia Mangani: Dir.Med. Cure Domiciliari
ASL 2 - Nicoletta Sachelariu, Giancarlo Gallone: Pediatra di Base ASL2.
Autore Referente:Lucia Centillo, Via Don Colombero 10 10040 Caselette (TO) tel 335/6667576 [email protected]
Nel Luglio 2003 l'ASO OIRM S.Anna reparto pneumologia chiedeva l'attivazione ADI per un caso
riguardante una bambina in dimissione, sottoposta a ventilazione meccanica. Il Servizio Cure Domiciliari
ASL 2 chiedeva quindi l'intervento del Dipartimento Materno Infantile per l'attivazione di uno specifico
piano assistenziale domiciliare.
Trattandosi del primo caso ADI, in assenza di risorse dipartimentali assegnate per tale funzione, si è
predisposto con il personale infermieristico il piano assistenziale integrato con il servizio di cure domiciliari,
affrontando le criticità emerse. La gestione del caso ha consentito di attivarsi a livello aziendale per
progettare un servizio "ad hoc", che affidi al DMI le cure domiciliari pediatriche in un percorso di continuità
assistenziale Ospedale-Territorio, in un' ottica di miglioramento della qualità di vita del piccolo paziente e
della sua famiglia.
L'ADI PEDIATRICA II: TOTAL QUALITY LIFE E CONTINUITÀ ASSISTENZIALE"
Lucia Centillo*, M. Grasso, E. Rossi, L. Jarre, G. Lovera**, Liliana Stradella***, Agostino Crivellaro°, Marina
Camattari°, Antonella Mangogna°°,Erika Bellini#, Cinzia Mengani##, Nicoletta Sachelariu", Giancarlo Gallone".
Mirando Basso, G. Andriani F. Rigat, G. Garra.
*Coord.If. DMI ASL2, **Caposala OST.GIN. ASL2,***Coord.Dip.Lung'assistenzaASL2,°I.P. ADI ASL2,°°I.P.Centro
NeonataleASL2,#V.I. Centro NeonataleASL2,## Dir.Med. Cure Domiciliari ASL 2, " Pediatra di Base ASL2.
Autore Referente:Lucia Centillo, Via Don Colombero 10 10040Caselette (TO) tel 335/6667576,
[email protected]
Nel Luglio 2003 l'ASO OIRM S.Anna reparto pneumologia chiedeva l'attivazione ADI per un caso
riguardante una bambina in dimissione, sottoposta a vantilazione meccanica. Il Servizio Cure Domiciliari
ASL 2 chiedeva quindi l'intervento del Dipartimento Materno Infantile per l'attivazione di uno specifico
piano assistenziale domiciliare.
Trattandosi del primo caso ADI, in assenza di risorse dipartimentali assegnate per tale funzione, si è
predisposto con il personale infermieristico il piano assistenziale integrato con il servizio di cure domiciliari,
affrontando le criticità emerse.La gestione del caso ha consentito di attivarsi a livello aziendale per
progettare un servizio "ad hoc", che affidi al DMI le cure domiciliari pediatriche in un percorso di continuità
assistenziale Ospedale-Territorio, in un' ottica di miglioramento della qualità di vita del piccolo paziente e
della sua famiglia. Si sono quindi realizzati dei percorsi integrati, che partono dal caso al sistema e quindi dal
piano assistenziale al progetto di servizio,
ovvero dall'Ospedale al Territorio.
153
IL RECLAMO DEL
INTERPERSONALE
CLIENTE
COME
STRUMENTO
PER
MIGLIORARE
LA
DIMENSIONE
Rosanna Cerri, Carolina Devardo, Michela Ravera, Franco Ripa
ASO San Giovanni Battista Torino
Referente: R. Cerri - Ufficio Relazioni con il Pubblico, ASO San Giovanni Battista Torino, Corso Bramante 88, 10126
Torino Tel. 0116331633; e mail [email protected]
Introduzione. Il paziente, pur attento a leggere la qualità delle prestazioni tecnico/professionali che riceve,
può il più delle volte valutare solo i risultati delle stesse. Nel processo assistenziale la sua attenzione è colpita
da comportamenti che a volte possono essere percepiti come “critici”, con il rischio di una perdita di fiducia
nella struttura aziendale. A fronte della necessità di effettuare azioni atte a mantenere i servizi modulati ai
bisogni, diviene quindi un obbligo riflettere sulla qualità percepita dagli utenti.
Obiettivo. Promuovere un cambiamento culturale ed organizzativo, per migliorare la qualità della
dimensione interpersonale.
Metodologia. L‘analisi delle segnalazioni dei clienti pervenute a seguito di uno specifico progetto interno (n.
811), ha evidenziato come il problema maggiore percepito dall’utente fosse riferito alla “dimensione
interpersonale“ (22,8%); di queste il 17,1% indicavano una mancata o un’incompleta informazione, mentre il
5,1% si riferiva al “comportamento” degli operatori. Per comprendere meglio il problema si è provveduto ad
un’ulteriore valutazione. Su un totale di 86 reclami, la maggior parte delle volte l’utente desiderava una
maggiore informazione sul tempo di attesa nelle sale degli ambulatori (36%), mentre il 25,6% sosteneva di
non essere stato informato sulle terapie, procedure, orari di visita. Contemporaneamente, attraverso la
rilettura dei reclami, si è puntualizzato quali comportamenti l’utente ritenesse non corretti o impropri.
L’utente nel reclamo indicava anche ciò che per lui è un comportamento meritevole di essere segnalato (54
segn.); di queste segnalazioni 28 riguardavano principalmente il ritardo agli appuntamenti, mentre 16
evidenziavano la non informazione sul decorso di cura o sul percorso diagnostico e terapeutico.
Risultati. La considerazione che la formazione è uno strumento forte per facilitare un cambiamento
culturale, ma che non deve essere disgiunta dall’esperienza acquisita e dalla realtà professionale degli
operatori, ha portato alla progettazione di un percorso dove i partecipanti sono parte attiva del processo.
L’Ufficio Relazioni con il Pubblico con l’Ufficio Qualità della Direzione Sanitaria hanno programmato nel
2003 uno specifico corso sperimentale rivolto ai sanitari (medici ed infermieri), con il proposito di
trasformare la “conoscenza operativa” in “progettazione di cambiamento” e viceversa. Il corso è stato
articolato in tre tempi: due momenti d’aula, intervallati da un periodo dove i partecipanti sono stati impegnati
nell’attuazione di un progetto sulla qualità percepita specifico per la propria struttura.
Considerato che dall’analisi delle segnalazioni emergeva come il problema informazione coinvolgesse
maggiormente i servizi ambulatoriali, nella prima fase del progetto formativo sono stati interessati questi
servizi, congiuntamente al pronto soccorso per il suo impatto verso l’esterno.
Discussione. Sulla scorta dell’attività di formazione, oggi in ogni struttura coinvolta è in via di sviluppo un
progetto di miglioramento della qualità percepita dall’utente:
1. Miglioramento della qualità dell’informazione e della comunicazione al paziente che accede in Pronto
Soccorso
2. Miglioramento della qualità dell’informazione e della logistica per l’utente che accede al servizio di
endoscopia
3. Miglioramento del processo di prenotazione del vitto per i degenti
4. Miglioramento del servizio di accompagnamento dell’utenza esterna
5. Miglioramento dell’accesso alle prestazioni ambulatoriali.
Conclusioni. La realizzazione di questo progetto e la partecipazione attiva degli operatori al processo di
miglioramento ha permesso di condividere le esperienze di ognuno, trasformando la formazione in
progettazione di cambiamento e viceversa.
154
L’INFORMAZIONE PER PROGETTARE GLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI
Rosanna Cerri, Carolina Devardo, Michela Ravera, Franco Ripa
ASO San Giovanni Battista Torino
Referente: R. Cerri - Ufficio Relazioni con il Pubblico, ASO San Giovanni Battista Torino, Corso Bramante 88, 10126
Torino, Tel. 0116331633; e mail [email protected]
Introduzione. In un’Azienda Sanitaria il tema informazione assume una valenza strategica, non solo per la
necessità sempre maggiore di comunicare al cittadino ed agli operatori, ma soprattutto per l’esigenza di
determinare un feed-back sistematico con il cliente. Oggi è possibile conoscere le aspettative dei clienti e la
loro soddisfazione sui servizi offerti attraverso ricerche specifiche per settori o su temi predeterminati. La
valutazione di queste indagini permette di attivare una ricognizione interna ai servizi, per capire le cause di
una reale o potenziale insoddisfazione e ricercare con gli operatori una possibile soluzione.
Obiettivo. Definire gli interventi necessari per migliorare la soddisfazione del cliente che accede ai servizi di
day hospital.
Metodologia. Nel primo semestre del 2003 si è conclusa la rilevazione sulla qualità percepita nei day
hospital dell’Azienda, attraverso la somministrazione di un questionario le cui domande indagavano aspetti
quali:
- la dimensione accoglienza (segnaletica interna ed accoglienza nel servizio)
- la dimensione prestazioni alberghiere (comfort dei locali e loro pulizia)
- la dimensione umanizzazione (privacy, cura dell’ambiente e della sala di attesa).
L’utente per ogni domanda poteva esprimere cinque giudizi: pessimo, scarso, discreto, buono ed ottimo. In
un apposito spazio gli intervistati potevano anche specificare un giudizio complessivo ed indicare eventuali
cause di insoddisfazione.
Risultati. Per la valutazione dei risultati sono stati conteggiati il numero delle volte in cui ogni valore è stato
attribuito, il valore medio di ogni item; inoltre sono stati rapportati i risultati positivi e negativi sommando le
risposte inferiori al discreto (valore negativo) e le risposte superiori al discreto (valore positivo). I dati sono
stati elaborati complessivamente e per ogni singolo servizio.
Si sono raccolti 1286 questionari inviati da 23 diversi day hospital. La maggior parte degli utenti intervistati
ha un’età superiore ai cinquant’anni (62,7%), le persone con attività lavorativa sono il 39,9% di cui il 19,9%
ha un lavoro autonomo; questi utenti grazie al servizio di DH possono limitare l’interruzione lavorativa.
Quasi tutte le domande hanno risposte positive con valori superiori all’80%, il che rivela un buon indice di
qualità percepita. Solo alcuni indicatori relativi alla cura dell’ambiente ed al luogo di attesa dedicato agli
accompagnatori (pos. 66,3%) restano al di sotto dello standard minimo per la qualità percepita (pos. 80%).
Per comprendere meglio le esigenze degli utenti, i risultati sono stati differenziati per fascia di età; la
valutazione di questi dati ha posto in rilievo come il problema delle sale di attesa sia vissuto negativamente
in tutte le fasce di età, mentre i pazienti più giovani sono maggiormente sensibili anche a temi quali il
comfort (pos. 76,1%), la segnaletica direzionale (pos. 72,3%), la privacy la riservatezza (pos. 79,8).
Discussione. Tra le principali problematiche emerse sono da considerare:
- deficit strutturali nelle sale di attesa e dei locali dei D.H.
- carenza di indicazioni segnaletiche direzionali
- basso grado di tutela nella privacy
- insufficiente garanzia di riservatezza
Peraltro tali problematiche coincidevano bene con le criticità rilevate dagli stessi operatori durante la attività
quotidiana. La direzione aziendale a conclusione di questo studio, per identificare maggiormente gli spazi di
miglioramento nei singoli servizi, ha promosso una seconda indagine mirata a definire compiutamente le
cause sulle quali agire.
Conclusioni. La ricerca della soddisfazione del cliente esterno risulta essere oggi un importante indicatore di
qualità per i servizi; risponde ad una logica non soltanto indicata per legge, ma motivata dalla necessità di
soddisfare adeguatamente i bisogni del cittadino utente del servizio.
155
ASL 17: OSPEDALE SENZA FUMO, PRIMI INTERVENTI E VALUTAZIONE DELLA REALTÀ AZIENDALE
Flavio Boraso*, Maria Teresa Rubiolo°, Angela Ambrosino+, Maurizio Delucchi^, Sandra Borra§, Anna Toselli** ,
Maria Grazia De Rosa**
* Direzione Sanitaria Asl 17, ° Ufficio Qualità Asl 17, + O.S.R.U. Asl 17, ^U.O.A. Medicina Generale -Saluzzo , §
SERT Asl 17, ** Direzione Sanitaria Ospedaliera Asl 17
Autore Referente: Maria Grazia De Rosa - Direzione Sanitaria Ospedaliera Via Ospedali 14 Savigliano (CN) tel./fax
0172719117/24 e-mail [email protected]
Introduzione
Nell’ambito della progettualità e del confronto che si è reso possibile attraverso la partecipazione alla RETE
HPH, nella ASL 17 già a partire dal 2001, sono stati attuati alcuni interventi mirati alla riduzione del rischio
legato al tabagismo.
Prendendo spunto da esperienze già consolidate, sono stati da subito effettuati i seguenti interventi rivolti a
gruppi target differenti (scuola, operatori sanitari):
- sono stati istituiti i corsi di disassuefazione al fumo
- sono stati tenuti incontri con i MMG su patologie fumo correlate (BPCO)
- si è promossa localmente la giornata contro il fumo
- la ASL 17 ha partecipato alla organizzazione del Concorso Free Smoke Class per gli anni scolastici 2001/2
e 2002/2003 che ha visto coinvolti complessivamente circa 500 studenti, delle classi 3° media e 1° superiore
- si è introdotto nell’ambulatorio di pneumologia il test di Fagerström per la valutazione del grado di
dipendenza dei fumatori
- si è avviata un’indagine conoscitiva rivolta agli operatori della ASL 17 ed alla comprensione delle
problematica all’interno delle strutture sanitarie.
Obiettivi e Gruppo target
Per la prosecuzione e l’integrazione delle diverse iniziative rivolte al problema specifico si ritiene di
fondamentale importanza intervenire sul problema fumo nell’ambito della comunità sanitaria, non potendo
ignorarne il ruolo educativo che occupa all’interno della nostra collettività.
A tale scopo, nel corso del 2002, è stata avviata un’indagine conoscitiva mediante somministrazione a tutti
dipendenti ospedalieri e dei servizi di supporto della ASL 17 di un questionario progettato ad hoc. In prima
istanza, per problemi organizzativi, sono stati esclusi dall’indagine i servizi territoriali. Dall’analisi dei
risultati sono emerse alcune indicazioni inerenti, tra l’altro, le tipologie di intervento suggerite dagli
intervistati.
Valutazione dei risultati
I dipendenti interessati dall’indagine sono stati complessivamente n. 1559, i questionari compilati risultano
n. 636 (40,8%). La percentuale dei fumatori risulta del 18,97 % (I.C. 95%, 15,94-22,18).
Tale percentuale sembrerebbe risultare leggermente inferiore al dato nazionale ( 24,5% ISTAT –1999)
La maggior parte dei fumatori ammette di fumare nella sede lavorativa (n. 92 casi - 77%) di questi circa il
60% dimostra disponibilità a cessare tale pratica nell’ambiente lavorativo.
Questa analisi sostiene la necessità di interventi rivolti in prima istanza a questo gruppo di fumatori, tra
questi si rileva che nel 50% dei casi il consumo di sigarette è inferiore a 10/die.
Altresì importante risulta l’indagine rivolta al gruppo dei non fumatori (rappresentano l’81% dei responder) e
gli interventi ad essi indirizzati; n. 309 non fumatori (48,6% del totale) lamenta l’esposizione al fumo
passivo e tra questi si rileva maggior interesse (27,4% vs. fumatori 10,1%) alla proposta di effettuare incontri
informativi/formativi sull’argomento. Sono state altresì valutate le strategie ed il supporto terapeutico
proposto dagli intervistati.
Conclusioni
I risultati preliminari di questa indagine sono la base minima per l’impostazione di un progetto volto alla
riduzione - fino all’auspicabile cessazione - della pratica del fumo in ambiente ospedaliero nonché alla
eventuale adesione ai progetti di promozione della salute nell’ambito della rete piemontese.
156
PROGETTO DI MIGLIORAMENTO DELLA
REGIONALE": RISULTATI PRELIMINARI
RISTORAZIONE
OSPEDALIERA
IL
"DIETETICO
Rete delle sc di dietetica e nutrizione clinica della regione piemonte
Domeniconi D., Pavarin C.,* De Magistris A.,*Caudera W.,*Rizzonato P.**Sillano M.,*** Bianco R.,***Roma
M.,****Seksich E. *****Dragotto G.
AO S.Croce e Carle, Cuneo, *AO S.Giovanni Battista,Torino ** Osp.S.Giovanni Antica Sede,Torino
***Osp.Mauriziano Torino,Candiolo ****AO Maggiore della Carità, Novara *****ASL 19 Os. Civile, Asti )
Autore referente: Domeniconi Daniela SC Dietetica e Nutrizione Clinica AOS.Croce e Carle Cuneo, V.Coppino 26,
12100 CUNEO Tel. 0171642477 fax 0171 642464 e-mai [email protected]
La Rete delle SC di Dietetica e Nutrizione Clinica della Regione Piemonte ha proposto un progetto di
miglioramento della ristorazione ospedaliera che prevede la stesura di un DIETETICO REGIONALE da
adottare in tutta le rete ospedaliera della regione.
Per Dietetico si intende l'insieme di menù (precodificati e bromatologicamente calcolati) destinati
all'alimentazione di pazienti che non presentano esigenze nutrizionali specifiche (dieta "comune") e di
soggetti affetti da patologie che richiedono una dietoterapia(es.diabete,nefropatie,malattie metaboliche)
(diete "standard")
Obiettivi del progetto sono:
- Garantire la correttezza nutrizionale dell'alimentazione fornita dalle strutture ospedaliere,con
prevedibile miglioramento dell'andamento dello stato nutrizionale dei pazienti durante la degenza
- Fornire una omogeneità di trattamento su tutto il territorio della regione.
Diventerà di conseguenza più agevole,da parte dei servizi economali, la stesura dei capitolati e la
valutazione delle gare d'appalto per la ristorazione.
I vantaggi saranno indubbi sia sotto il profilo sanitario che economico.
Il progetto( approvato dalla Regione Piemonte )è gestito da medici e dietisti delle strutture aderenti alle
rete SC di Dietetica e Nutrizione Clinica(vedi Autori) in collaborazione con il Settore Igiene e Sanità
Pubblica dell'Assessorato alla Sanità ;si articola in:
Fase I
- Indagine conoscitiva della ristorazione ospedaliera regionale tramite questionario inviato a tutte le
strutture ospedaliere
-elaborazione e stesura del Dietetico Regionale
Fase 2
-Diffusione e applicazione del Dietetico alla rete ospedaliera.
RISULTATI DELL'INGAGINE CONOSCITIVA
Sono stati inviati n. 63 questionari nel mese di giugno 2003;sono pervenute il 100% di risposte.
Il 60% delle strutture ha appaltato ad una ditta esterna il servizio di ristorazione(gli aspetti nutrizionali
del capitolato sono stati valutati : 80% S.Dietetica,20% SIAN). Tutte le strutture forniscono il vitto
attraverso il legame caldo,il 75% ha la cucina interna alla sede ospedaliera, nel 65% dei casi la
distribuzione avviene con carrelli multirazione.
Nel 50% delle strutture gli accessori al pasto sono monouso e non sono forniti in modo completo. La
prenotazione del pasto con scelta delle portate da parte del paziente, è prevista nel 95% delle strutture
per il vitto comune e solo nel 50% per le diete standard; il numero ed il tipo di scelte è notevolmente
disomogeneo.
Nel 15% degli ospedali non è codificata la composizione in nutrienti del vitto né per la dieta
comune né per le diete standard.
Un "Dietetico" è presente nella quasi totalità delle strutture,ma con caratteristiche molto
differenziate per numero e tipo: nessun tipo di dieta standard (nemmeno quella per diabete o
iposodica)è allestita in tutti gli ospedali.
I risultati confermano quindi l'opportunità di attuare il progetto per garantire standard nutrizionali
adeguati ed omogenei su tutto il territorio della regione.
157
ASPETTI DI COMUNICAZIONE TRA UNA STRUTTURA DI REUMATOLOGIA OSPEDALIERA E MEDICO DI
MEDICINA GENERALE: LA CLASSIFICAZIONE S.I.R. (SOCIETÀ ITALIANA DI REUMATOLOGIA) COME
CODICE OMOGENEO.
C. Agnes, C. Centenaro Di Vittorio, E. Fusaro, C.L. Peroni: Struttura Complessa a Direzione Ospedaliera
Reumatologia, Direttore dr. V. Modena
F. Ripa: Direzione sanitaria
Azienda Ospedaliera San Giovanni Battista di Torino. C.so Bramante 88-10126-Torino
Per ogni comunicazione: E. Fusaro; S.C. Reumatologia. Osp. Molinette. C.so Bramante 88-10126- Torino. Tel.
0116335647. FAX 011678247. E-mail: [email protected]
INTRODUZIONE. L’integrazione ospedale – territorio necessita di una stretta collaborazione tra operatori,
in particolare tra medici ospedalieri e medici di medicina generale. È indispensabile che i flussi di
comunicazione siano il più possibile facilitati nell’interesse di una migliore assistenza. Un aspetto
significativo è la refertazione della consulenza specialistica. Per quanto riguarda la reumatologia, una
criticità è data dall’inquadramento diagnostico.Per questo motivo abbiamo ritenuto di riferirci alla
classificazione SIR, costruendo la diagnosi secondo criteri diagnostici accreditati. Riteniamo che l’uso di una
classificazione possa favorire la condizione in cui specialista e Medico di medicina generale partecipino
insieme al percorso diagnostico –terapeutico.
OBIETTIVI. La necessità di un utilizzo di codici di comunicazione tra specialista ospedaliero e MMG è
tanto più vera per patologie ad andamento cronico come quelle reumatologiche, che inoltre risentono, per la
loro stessa caratteristica, di incertezze diagnostiche e di classificazione che persistono tuttora.
AZIONI: Dal dal 1998 è stato introdotto dalla nostra struttura un modello su foglio prestampato di relazione
per il Medico curante il più possibile esaustivo, in cui, per la refertazione si è deciso a) di utilizzare
costantemente i criteri diagnostici più attuali prodotti dalle società scientifiche più accreditate, b) di utilizzare
nella refertazione la classificazione della S.I.R. (Società italiana di Reumatologia).
Per rendere condivisa questa scelta, si è diffusa la classificazione sia durante incontri e corsi di
aggiornamento con i MMG e nell’ambito del corso di formazione specifica per MMG, sia attraverso la
diffusione del sito web http://www.reumatologia.it/classificaz_temp.htm, in cui la classificazione è
contenuta.
In questo lavoro è stata rivalutata la casistica ambulatoriale della S.C. di Reumatologia, esaminando 2149
copie dei referti stilati per il Medico curante nel II e III trimestre 2003, allo scopo di confrontare le diagnosi
formulate con la classificazione della S.I.R. e valutare l’adesione alla stessa.
I dati dimostrano l’adesione del 78,69 % alla classificazione. Il restante 21,31 % è da attribuire, sulla base
dell’analisi dei dati, ai seguenti fattori:
- Persistenza dell’uso di diagnosi descrittive, specie in caso di incertezza diagnostica;
- Uso, ancora, di diciture diagnostiche obsolete.
- Assenza di patologie di interesse reumatologico.
L’analisi dei due trimestri permette di evidenziare un lieve progressivo miglioramento.
CONCLUSIONI. L’integrazione ospedale – territorio ha degli aspetti squisitamente professionali: lo sforzo
per offrire una risposta al curante il più possibile dettagliata e uniforme ne fa parte.
L’utilizzo della classificazione SIR, seppur con i limiti di qualsiasi classificazione, stimola un’analisi
razionale dei problemi clinici del Paziente, migliora l’appropriatezza delle prestazioni e la valutazione delle
attività, permette di meglio individuare le patologie a maggior rischio invalidante o di complicazioni,
individua con più precisione le categorie di esenti ticket e i pazienti affetti da malattie rare.
158
LA CARTA DEI DIRITTI DEL BAMBINO IN OSPEDALE
Grillo C., Persico A., Rabacchi G., Santucci V.
ASO OIRM-S.Anna Torino
Referente: Grillo Caterina Ufficio Qualità ASO OIRM S.Anna Tel 011 3135622- [email protected]
Nel gennaio 2003 si è costituita la Conferenza Permanente degli Ospedali Pediatrici e Materno Infantili a cui
hanno aderito sette Aziende Ospedaliere e IRCCS (Meyer di Firenze, Gaslini di Genova, Burlo Garofalo di
Trieste , OIRM SAnna di Torino, Bambin Gesù di Roma, Salesi di Ancona, Santobono di Napoli). La
Conferenza Permanente si propone di costituire una rete all’interno della quale le eccellenze nel campo
dell’assistenza, della ricerca e della formazione diventino patrimonio comune e sia valorizzata la specificità
degli Ospedali Pediatrici e Materno Infantili. A tale fine sono state individuate delle aree prioritarie di attività
con relativi Gruppi Tecnici di Lavoro.
In questo contesto il Gruppo Tecnico “Accreditamento e Qualità” ha proposto la formalizzazione e
applicazione a tutte le strutture partecipanti della “Carta dei diritti del Bambino in Ospedale”, quale processo
di miglioramento della qualità delle cure e dell’assistenza al bambino ricoverato.
Il progetto nasce da un’esperienza maturata in quattro dei sette Ospedali aderenti alla Conferenza (IRCCS
Gaslini , AO Meyer, IRCCS Burlo Garofalo e IRCCS Bambin Gesù)(1) che in una prima fase sperimentale
hanno elaborato ed applicato la Carta in alcune delle loro strutture, sottoponendosi quindi a verifiche di
autovalutazione e valutazione tra pari.
La Carta costituisce una specificazione della Convenzione Internazionale sui Diritti del fanciullo, un trattato
internazionale adottato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 a New York e
ratificato dal Parlamento Italiano (con legge 27 maggio 1991, n. 176). In particolare si fa riferimento all’art.
24 teso a garantire ad ogni bambino il più alto livello possibile di salute e l’accesso ai servizi sanitari.
I quattordici articoli enunciati nella Carta si propongono di promuovere il superiore interesse dei bambini
ricoverati, garantendo loro i diritti di sopravvivenza, sviluppo, protezione e partecipazione senza alcuna
distinzione e discriminazione. Il bambino ha diritto a ricevere il miglior livello di cura e di assistenza, al
rispetto della propria identità, della propria privacy, ad essere informato in modo adeguato ad età e capacità
di comprensione, ad esprimere la propria opinione su ogni questione che lo interessa; viene inoltre affrontato
il diritto ad essere assistito in zone a lui dedicate e architettonicamente adeguate e ad avere accanto in ogni
momento del ricovero i genitori o un loro sostituto; viene sottolineato il principio della possibilità di gioco e
studio.
Il progetto che presentiamo si propone come obiettivo fondamentale che la Carta non resti una mera
dichiarazione di intenti ma si trasformi in strumento operativo.
Presso l’ASO OIRM S.ANNA abbiamo previsto la formalizzazione ed applicazione della Carta in quattro
strutture: pediatria, chirurgia, oncologia, e neonatologia; in una fase successiva l’applicazione sarà estesa a
tutte le strutture Aziendali.
E’ stato pianificato un corso di formazione, rivolto a personale medico, infermieristico e ostetrico al fine di
promuovere la conoscenza della Carta, dei principi e dei valori in essa contenuti. Durante il corso sono stati
illustrati anche gli strumenti utilizzati per la valutazione della Carta, ossia le Check List e il Manuale di
accreditamento. Le Check list, elaborate durante la fase sperimentale, (1) elencano 111 criteri per la
valutazione della corrispondenza agli standard. Il Manuale è lo strumento di lavoro per i valutatori e
definisce in forma esplicita le condizioni che soddisfano i criteri.
Alla formazione seguirà la fase di autovalutazione della situazione attuale, verificando le eventuali non
conformità, preparando i piani di adeguamento, e predisponendo i documenti (procedure aziendali o di
struttura, protocolli, linee guida, report relativi ad indicatori ecc…) necessari a dare evidenza del rispetto dei
requisiti.
In seguito, secondo quanto previsto dalle procedure di Accreditamento, verrà predisposta la visita
(valutazione tra pari), da parte di visitatori esperti appartenenti alle strutture (AO e IRCCS) aderenti al
progetto. I risultati della visita, mettendo in evidenza le Non Conformità riscontrate, ma anche le aree di
eccellenza, costituiranno la base per i successivi piani di miglioramento e di estensione dell’applicazione
della Carta alle altre strutture Aziendali.
Lo sviluppo successivo dovrà prevedere l’estensione della Carta anche agli Ospedali non specificatamente
Pediatrici, dove spesso i bambini sono considerati come pazienti adulti trascurando le attenzioni particolari,
necessarie per il rispetto della loro età e sensibilità.
(1) IRCCS Gaslini : G.Schiaffino - AO Meyer: M.Peraldo - IRCCS Burlo Garofalo : P.Visconti - IRCCS Bambino
Gesù: L.Celesti
159
IMPLEMENTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL'ASSISTENZA SANITARIA: UN PROGRAMMA AZIENDALE DI
PREVENZIONE DELLE CADUTE E DEI LORO ESITI NE I PAZIENTI RICOVERATI.
Arione R°, Gulino M°, Rapellino M°, Raciti IM°, Bessone E*, Cerri R**, Azzolina MC°, Guglielrr E°, Molaschi M*,
Panarisi P° / °Direzione Sanitaria ASO S. Giovanni Battista Torino - *S.C. Geriatria D.U.- ASO S. Giovanni Battista
Torino - **URP - ASO S. Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE:
Il problema delle cadute dei pazienti durante il ricovero ospedaliero rappresenta una causa rilevante di
aumento dei tassi di disabilità, morbosità, mortalità nosocomiale e, ospedalizzazione; si tratta di un
fenomeno che riguarda in modo particolare i pazienti anziani i quali seguito della caduta, oltre ai danni fisici,
acquisiscono un senso di insicurezza, tendono a diminuire l'attività fisica contribuendo così al declino
mentale. Secondo la JCAHO (Joint Commission o Accreditation of Healthcare Organization) uno degli
indicatori utilizzato per il monitoraggio dell qualità dell'assistenza è la caduta come evento sentinella.
Pur riconoscendo la caratteristica c imprevedibilità che per taluni aspetti può essere attribuita all'evento
infortunistico, si rende tuffavi necessario un approfondimento dei fattori che sono ad esso collegati per poter
organizzare le opportune misure preventive. La letteratura nazionale e internazionale evidenzia l'importanza
della prevenzione delle cadute nei pazienti ricoverati in ospedale. Nell'ASO S. Giovanni Battista, al fine di
valutare la rilevanza di tale fenomeno, è stata condotta un'indagine epidemiologica retrospettiva
attraverso l'analisi delle schede di denuncia degli infortuni sulle cadute dei pazienti ricoverati nell'anno 2002.
Da tale indagine è emerso che sono caduti lo 0,9% dei pazienti ricoverati su un totale di 35.602, con un'età
media di 71 anni (range 24-99) di cui il 57% (192/338) di sesso maschile e il 43% (146/338) di sesso
femminile. Il 72% delle cadute avviene nella camera di degenza del paziente, il 19% in bagno, il 6% in
corridoio e la restante percentuale in altri luoghi (ambulatorio, radiologia, ecc). La fascia oraria
nella quale si sono verificate più cadute (43%) è compresa tra le ore 24 e le ore 6. Il 55% delle cadute avviene
nella prima settimana di degenza, interessando nella maggior parte dei casi (83%) i reparti e Medicina
Generale e Specialistica. Il 41% delle cadute si hanno durante la deambulazione, il 38% per scivolamento o
caduta dal letto o dalla barella, mentre nel restante 21% in ordine di rilevanza sono comprese cadute dopo crisi
comiziale o sincope, per "scavalcamento" delle spondine di protezione del letto/barelle e dalla carrozzina/sedia.
Dopo la caduta il paziente riporta nella maggior parte dei casi, (63%) un esito lieve (ematoma, contusione,
ecc), mentre nel 15% una ferita lacero-contusa.
OBIETTIVO GENERALE:
Ridurre l'incidenza e la prevalenza delle cadute dei pazienti ricoverati
OBIETTIVI SPECIFICI:
1) Implementare il sistema informativo per la sorveglianza delle cadute dei pazienti ricoverati
2) Individuare un gruppo di lavoro multidisciplinare a livello aziendale
3) Elaborare e condividere linee guida aziendali sulla base della letteratura internazionale (EBM e
EBN)
4) Divulgare le linee guida aziendali a livello regionale
5) Informare e formare lo staff assistenziale sulla conoscenza dei fattori di rischio delle cadute
6) Costruire ed applicare strumenti utili, per lo staff assistenziale, a prevenire le cadute in ospedale
quali (es: scale di valutazione del rischio di caduta de paziente, scheda di rilevazione rischi
ambientali, scheda di denuncia dell'infortunio del paziente revisionata, opuscolo da consegnare al
paziente al momento della dimissione sulla prevenzione dell cadute a domicilio).
GRUPPO TARGET:
1) pazienti ricoverati presso la nostra Azienda
2) operator coinvolti nel percorso assistenziale del paziente.
RISULTATI ATTESI:
1) Migliorare la qualità dell'assistenza dei pazienti,
2) Ridurre la degenza media,
3) Ridurre il numero di ricoveri non programmati dopo la dimissione,
4) Riduzione della spesa sanitaria relativa al ricovero ordinario,
5) Migliorare la qualità di vita sia del paziente che del familiare che lo assiste.
CONCLUSIONI:
il progetto è in fase di realizzazione, consentirà l'attuazione di un programma di gestione del rischi attraverso la
metodologia del Risk Management che, con l'individuazione e la valutazione dei rischi, la gestione dei
160
successivi processi decisionali, il controllo delle necessarie procedure, progetti protocolli, può permettere di
ridurre il rischio sanitario. L'individuazione dell'eziologia degli incidenti e dei danni, identificando e
monitorando gli eventi sentinella, gestendo in maniera corretta l'incidente analizzandolo per identificarne le
cause ed evitare le potenziali recidive, permette di intervenire efficacemente per migliorare la qualità dei servizi
erogati
161
COSTRUZIONE DI UN PROTOCOLLO PER L’UTILIZZO DI DPI/PRESIDI MEDICO CHIRURGICI PER LA
TUTELA DEL LAVORATORE E DEI PAZIENTI NEI PP.OO. DELL’ASL 14, REGIONE PIEMONTE
O.Ossola*, M.Bignamini°, L.De Giorgis°, F.Garufi^, M. Gonzalez” e gruppo di lavoro$
* Dirigente Medico DSO, Verbania - ° I.P.addetta al Controllo Infezioni Ospedaliere DSO, Verbania - ^Direttore
S.C. DS Presidi Ospedalieri ASL 14 - “ Collaboratore Sanitario Esperto DS Presidi Ospedalieri ASL 14 $L.Salina, P.Scapparone, R. Pesce, E.Falcone, P.Riboni, I.Sabato
Autore referente: dott.ssa Orietta Ossola, Direzione Sanitaria via Crocetta n.1, 28922-Verbania, tel.0323.541580, fax
0323.541399, e-mail [email protected]
L’aumento dei casi di sensibilizzazione al lattice e/o polvere nel personale sanitario ha reso necessario la
valutazione dell’impiego di guanti nelle diverse attività assistenziali, tenendo conto dei rischi specifici per
operatore e pazienti, legati alle diverse procedure. Infatti il termine generico di “guanto” non è indicativo di
un mezzo di protezione univoco e la disponibilità di guanti con caratteristiche e materiali diversi ha richiesto
la scelta accurata al fine di utilizzare i dispositivi giusti nelle diverse situazioni.
L’obiettivo è la razionalizzazione dell’uso dei guanti mettendo in relazione la diminuzione dell’impiego di
guanti in lattice e l’utilizzo di guanti in materiali alternativi o il non uso di tali dispositivi/presidi nelle
attività ove non sussistono rischi per l’operatore e/o il paziente.
Il documento è rivolto a tutto il personale ruolo sanitario e non operante nelle strutture di diagnosi e cura dei
PP.OO. dell’ASL 14.
Il documento è stato costruito attraverso le seguenti tappe operative:
1. costruzione di un questionario somministrato ai coordinatori per verificare le tipologie di guanti usati nelle
diverse attività
2. analisi dei dati raccolti e rilevazione dei comportamenti corretti e scorretti
3. individuazione delle attività assistenziali e non che di norma non richiedono utilizzo di guanti
4. individuazione delle diverse tipologie di guanto da utilizzare in relazione al potenziale rischio per
l’operatore (biologico, chimico, sensibilizzazione, …)
5. individuazione del tipo di guanto da utilizzare in relazione al potenziale rischio infettivo per il paziente
(sterile/non sterile) in relazione all’area di appartenenza
162
LA MUTUALITÀ INTEGRATIVA VOLONTARIA IN ITALIA
A cura della Mutua Cesare Pozzo
Nel vasto panorama sanitario italiano, un aspetto sottovalutato e a volte osteggiato, è la mutualità integrativa
volontaria.
I motivi sono da ricercare nell’interpretazione errata, che alla sua espansione corrisponda una riduzione del
welfare state.
A discapito di questa falsa interpretazione ci sono i dati Istat che puntualmente riportano in cifre, le abitudini
e i comportamenti degli italiani nei vari settori socio-sanitari.
Nonostante il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in Italia assicuri ancora la maggior parte della spesa
sanitaria in egual modo a tutti i cittadini, gli italiani spendono oltre 35 miliardi di euro (circa 70mila miliardi
di vecchie lire), in prestazioni sanitarie eseguite da professionisti in forma privatistica o intramoenia.
Di questa cifra solo il 20% va a coprire i fondi integrativi sanitari chiusi, mentre il restante 80% copre le
spese di una buona parte di famiglie italiane che ricorrono al privato, per sopperire ai disagi dovuti alle
lunghe liste d’attesa e per soddisfare la sensazione diffusa di un trattamento migliore e qualificato del
servizio privato rispetto a quello pubblico.
In linea con questa tendenza un’altra forma di assistenza sanitaria che ha buone probabilità di svilupparsi, è
quella dei fondi sanitari aziendali che si rifanno al DL 229/99 e successive modificazioni e destinati ad ampie
categorie di lavoratori, perché può rappresentare la giusta evoluzione di un'esigenza di sicurezza sentita dai
dipendenti.
I fondi integrativi sanitari non devono spaventare i cittadini perché secondo il DL 229/99, dovranno
potenziare l’erogazione di trattamenti e prestazioni non compresi nei livelli uniformi ed essenziali di
assistenza senza intaccare l’attuale welfare state.
A vantaggio di questi fondi, si può ipotizzare anche l'atteggiamento favorevole dei datori di lavoro ad
accogliere richieste di questo tipo in sede di contrattazione aziendale, sia per gli indubbi vantaggi fiscali e
contributivi, sia per i positivi riflessi sul piano del miglioramento delle relazioni industriali, proprio per lo
spirito solidaristico e cooperativo che comporta la costituzione di un fondo sanitario gestito da una società di
mutuo soccorso.
Ma anche i sindacati potranno trarre vantaggio dalla crescita di forme di assistenza sanitaria mutualistica, per
la partecipazione di loro rappresentanti negli organi di amministrazione e di controllo dei fondi sanitari.
I Fondi potranno pertanto rappresentare una risposta adeguata alle nuove esigenze di integrazione del sistema
pubblico per una efficace tutela della salute collettiva e le società di mutuo soccorso possono assumere il
ruolo di gestori dei fondi coniugando l'ottimizzazione dei costi con il controllo della qualità delle prestazioni.
A conferma dell’importanza della mutualità integrativa sanitaria, il legislatore ha cercato di favorire questa
forma di tutela prevedendo alcuni vantaggi fiscali per coloro che aderiscono ad una società di mutuo
soccorso che opera nel rispetto dell’art. 1 della Legge 15 aprile 1886 n. 3818, sia in forma individuale con il
DL 460/97, sia in forma collettiva con l’art 48 secondo comma lettera a del TUIR (DPR 917/86)..
Alla luce di queste considerazioni la Società nazionale di mutuo soccorso Cesare Pozzo, invita tutti i soggetti
pubblici e privati a prendere coscienza di questo problema e di avviare una politica di avvicinamento a
questa antica forma di organizzazione senza scopo di lucro, che opera nel sistema integrativo sociosanitario.
La Cesare Pozzo è un’associazione di lavoratori autorganizzati che dal lontano 1877, opera per offrire ai
lavoratori, tutele socio-sanitarie nel rispetto dei bisogni e della dignità dei soci.
Nata come Mutua dei ferrovieri, da dieci anni ha deciso di mettere a disposizione di tutti i lavoratori e
cittadini residenti in Italia la sua esperienza e le sue strutture logistiche e sanitarie, acquisite nel corso degli
anni.
Ha uno sviluppo capillare in tutte le regioni italiane, e tutela circa 250.000 tra soci e familiari avente diritto.
Tutta l’organizzazione è gestita volontaristicamente da oltre 500 soci attivisti e 42 dipendenti, permettendo il
disbrigo delle pratiche e il pagamento dei sussidi in tempi rapidi.
Grazie a queste possibilità la Cesare Pozzo si propone come valida alternativa alle costose polizze sanitarie
assicurative e come interlocutore privilegiato di associazioni, aziende e amministrazioni pubbliche, per
offrire ai propri soci e dipendenti una serie di servizi a costi accessibili e nel rispetto dei principi morali che
da oltre 150 anni contraddistinguono le società di mutuo soccorso.
Responsabile commerciale Giovanni Cicciotti
163
IL PROGETTO STRATEGICO TELEMATICO DI INFORMAZIONE SOCIALE
II Progetto strategico "Sportello telematico di informazione sociale", realizzato dall'assessorato alla
Solidarietà Sociale della Provincia di Torino, è un servizio rivolto a cittadini, operatori e amministratori degli
Enti gestori dei servizi socio-assistenziali e dei Comuni che necessitano di informazioni aggiornate sui
seguenti temi: anziani, famiglie, minori, giovani, handicap, immigrazione, lavoro, volontariato,
tossicodipendenze, pari opportunità.
II Progetto si compone di due parti:
• il Portale Internet, curato da una redazione giornalistica, con oltre 1000 schede e più di 7000
collegamenti interni ed esterni (link mirati), fornisce informazioni sui servizi e indicazioni sulle
possibilità di accoglienza presenti sul territorio.
• gli Sportelli, negli uffici degli Enti gestori dei servizi socio-assistenziali e dei Comuni, presso i quali un
operatore fornisce informazioni alle richieste dell'utenza, avvalendosi dei contenuti dei Portale. Gli
operatori sono forniti dall'associazione Donneuropee Federcasalinghe Nazionale e lavorano in
collaborazione con gli Enti gestori per la raccolta delle informazioni anche locali. Il progetto, al
momento, conta sull'adesione di tutti gli Enti gestori delle funzioni socioassistenziali del territorio
provinciale ed è già attivo presso: CIS Ciriè, CI.diS. Piossasco (presso il Comune di Orbassano),
CON.I.S.A. Susa (nel comune di Condove), C.IS.S.A. Moncalieri (presso lo sportello del cittadino del
Comune), C.IS.S. 38 di Cuorgné, C.I.S.A.P. Grugliasco, C.I.S.A. Rivoli, Consorzio di Chieri Di
imminente attivazione: C.I.S.S.P. Settimo, C.I.S.S.A. Pianezza. Entro il 31 dicembre 2003 saranno
attivati tutti gli altri che ne avranno l'intenzione.
Il Progetto ha insieme lo scopo di fornire informazioni e indicazioni relative ai servizi e alle strutture dei
territorio e di orientare l'utente alle diverse opportunità di approfondimento presenti in rete. Sul Portale è
infatti possibile reperire documentazione, legislazione, dati, statistiche, news e collegamenti ad altri siti web
particolarmente interessanti e utili sulle tematiche sociali, ed è strutturato in dieci aree tematiche: anziani,
famiglie, minori, giovani, handicap, immigrazione, lavoro, volontariato, tossicodipendenze, pari opportunità.
In particolare il Portale si caratterizza per:
• l'informazione ad ampio raggio sulle tematiche trattate: oltre a notizie brevi di aggiornamento,
statistiche, documenti, riferimenti e testi legislativi, si possono trovare anche schede di approfondimento
e informazioni di servizio utili al cittadino per sapere "cosa" fare, "come" e "a chi" rivolgersi in caso di
necessità.
• trasversalità tematica: il portale presenta infatti 10 sezioni tematiche contenenti informazioni specifiche,
ma raggruppate in un unico "luogo sociale", questo sia per sottolineare l'interconnessione tra le varie
problematiche sociali e la necessità di affrontarne i vari aspetti sia per offrire un ambiente di navigazione
"integrato" a diversi tipi di utenza.
• guida alla Rete: il Portale intende fornire un servizio di orientamento su ciò che già si trova in Internet
relativamente alle tematiche sociali, con collegamenti ai siti più significativi ma soprattutto con link
mirati a singole pagine che offrono informazioni specifiche.
Le aree tematiche relative a handicap, immigrazione si ricollegano essenzialmente a siti costruiti dal Servizio
programmazione e Progetti Speciali della Provincia di Torino in questi anni, e precisamente:
• al Centro Informazioni Disabilità (www.provincia.torino.it/cid) per l'area tematica Handicap
• al Progetto Atlante Immigrazione per l'area tematica Immigrazione
Per entrambe le iniziative viene allegata una scheda di presentazione specifica.
L'area tematica relativa a lavoro e formazione si ricollega al sito del Servizio Lavoro della Provincia di
Torino: Lavoro, formazione professionale e orientamento (www.provincia.torino.it/lavoro)
164
L’ATTIVITA’ DI VALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO IN UN’AZIENDA OSPEDALIERA.
M. Rapellino, I.M.Raciti, M.C.Azzolina, A.Scarmozzino, R.Durando*, E.Guglielmi, R.Arione, P.Panarisi
Direzione Sanitaria, *V° S.C.U. Chirurgia Generale, Ospedale S.Giovanni Battista,Università degli Studi, Torino
Introduzione. I dati italiani stimano 320.000 persone ogni anno in Italia vittime di errori in Ospedale,
12.000 cause tra penali e civili intentate da pazienti, 413 milioni di Euro i risarcimenti pagati dalle
Assicurazioni (1999-2000).
Obiettivo. Per l’importanza del problema, a livello dell’ASO S. Giovanni Battista di Torino si è creata una
specifica struttura con il compito di valutare e gestire il rischio sanitario in Ospedale.
Metodologia. La struttura ha identificato e categorizzato i rischi in cui possono incorrere gli utenti,
basandosi su alcune pubblicazioni rilevanti (To err is human: Building a safer health system; 2000, The
National Academy of Sciences e altri riferimenti bibliografici internazionali). Con uno studio retrospettivo
sono quindi stati valutati gli errori sanitari dal 2000 al 2002 assumendo come fonti:
- l’Ufficio Legale (cause civili e penali),
- il Patrimonio (richieste risarcimento),
- l’URP (segnalazioni)
indipendentemente dal fatto che sia seguita una attività risarcitoria.
Risultati. Nel periodo sono stati segnalati 319 casi. In 17 casi (5,4%) si trattava di un errore diagnostico, in
15 casi (4,6%) si trattava di infezioni contratte in ospedale, in 95 casi di eventi avversi legati a deficit
tecnico-strutturale, di vigilanza, di trasporto (30%), in 192 casi di un problema legato al trattamento (60%) .
Di questi 144 casi si riferivano ad errore nel corso di procedura (45%) e 47 casi nel corso di
somministrazione di terapia (15%). In 96 casi si trattava di una miscellanea pari al 30% del totale.
All’interno dei 144 casi collegati all’esecuzione di procedure, si sono focalizzati i casi più propriamente
collegati con la permanenza del Paziente in sala operatoria. In 6 casi si aveva una lesione da elettrobisturi ,
pari al 4,1% del sottogruppo. In 11 casi si trattava di una lesione da nervosa da postura sul tavolo operatorio,
pari al 7,6% dei casi. In 46 casi si trattava di avulsioni dentali in corso di intubazione OT (31,9%), 4 casi
invece erano corpi estranei dimenticati nel corpo del paziente durante una procedura chirurgica (2,7% del
sottogruppo). Molti di questi eventi sfavorevoli sono di tipo organizzativo per cui sono stati creati gruppi di
lavoro (Direzione Sanitaria, Clinici, Dirigenti Infermieristici) per la stesura di procedure condivise con gli
operatori. E’ attivo ad esempio un Gruppo di Lavoro per i corpi estranei dimenticati in cavità del corpo
durante interventi operatori, che ha prodotto una procedura e formulato una check list dei ferri chirurgici da
compilare pre e post intervento. E’ stato poi istituito un gruppo di lavoro che basandosi sui principi della
Evidence Based Medicine, ha strutturato percorsi terapeutici validati, accettati ed applicati per le patologie
più gravi e frequenti in Azienda. Molta importanza si è poi data alla compilazione della cartella clinica e alla
stesura della documentazione di dimissione, per trasformare questi documenti da pure formalità a mezzi utili
per la comunicazione tra i vari attori nella cura del paziente. E’ stata avviata una accurata analisi del
contenzioso con i pazienti sin dalla fase della segnalazione alla Direzione Generale, Sanitaria o all’Ufficio
Relazioni col Pubblico. Le segnalazioni che riferiscono supposti errori medici, deficit di assistenza, di
comunicazione, di organizzazione vengono attentamente esaminate dal Risk Manager, che richiede
chiarimenti agli operatori interessati e ai responsabili di Struttura Complessa, rivede documentazione clinica,
studia attentamente il caso e propone al Direttore Generale una risposta agli utenti. In alcuni casi più
complessi viene convocata una Commissione Tecnica appositamente deliberata, per una risposta concordata,
che viene poi presentata al Direttore Generale per una approvazione definitiva. In casi particolari vengono
interessati il Medico Legale, la Struttura Complessa Patrimonio e/o la SC Legale. Negli ultimi otto mesi sono
state formulate 22 risposte ad utenti, e per il momento in nessuno dei casi è stato successivamente
formalizzato un procedimento legale. Inoltre ulteriori sei casi sono stati risolti con colloqui diretti con
l’utente.
Conclusioni Il problema degli eventi sfavorevoli si è dimostrato di notevole importanza a livello della nostra
Azenda. Stiamo diffondendo con metodi informativi e formativi a livello degli operatori una cultura di
“voluntary reporting”, senza implicazioni di colpevolizazzione, in modo tale che ogni operatore possa riferire
ad una apposita Commissione Aziendale gli eventi avversi generali, quelli prevedibili e quelle situazione di
rischio presunto o di “quasi errore”, che sono spesso alla base delle più gravi e frequenti criticità conclamate.
165
TRA IL MEDICO OSPEDALIERO ED IL MEDICO DI
CONTINUITÀ ASSISTENZIALE DEL PAZIENTE IN DIMISSIONE
L’INTEGRAZIONE
MEDICINA GENERALE:
LA
M.Rapellino, C.Valenzano *, I.M.Raciti, F.Ripa, M.C. Azzolina, M. Gulino, R. Broda, R.Arione, P.Panarisi
Direzione Sanitaria, *Medicina Osservazione DEA, ASO San Giovanni Battista Torino.
Introduzione
La dimissione del paziente è un momento estremamente delicato, in cui è necessario creare l’indispensabile
continuum terapeutico-assistenziale tra i vari soggetti deputati alla salute del paziente (Medici Ospedalieri e
Infermieri, Medici di Medicina Generale, Servizi Socio-Sanitari territoriali)
Metodi
A tal fine, al momento dell’accesso del paziente in ospedale viene effettuata una Valutazione
Multidisciplinare (clinica, infermieristica e socio-assistenziale): si tratta di un processo dinamico, che viene
rivisto e modificato in base alla evoluzione clinica del paziente.
Inoltre, nell’Ottobre del 2002,è stato formalizzato il progetto “Dimissione Sicura”, nell’ambito del quale
sono stati istituiti i seguenti gruppi multidisciplinari:
ƒ gruppo 1: standardizzazione documentazione sanitaria di dimissione
ƒ gruppo 2: identificazione precoce dei pazienti con necessità socio-assistenziali
ƒ gruppo 3: intervento integrato interdisciplinare (Medico Ospedaliero, MMG) su pazienti ad elevata
complessità clinica e socio-assistenziale
ƒ gruppo 4: istituzione di Linee Guida per il tempestivo e corretto utilizzo delle modalità di dimissione
protetta
Obiettivi
gruppo 1:
ƒ creare uno strumento integrato, con requisiti minimi, basati sulla condivisione, utile per la continuità
terapeutico - assistenziale
gruppo 2:
ƒ creare una griglia di valutazione delle condizioni socio – assistenziali del paziente all’ingresso in
reparto, con conseguente eventuale precoce attivazione del servizio sociale
ƒ informare gli operatori dei diversi interventi per l’attivazione delle risorse socio- assistenziali sul
territorio
gruppo 3:
ƒ richiedere l’accesso del Medico di Medicina Generale in Ospedale, per pazienti selezionati ad elevata
complessità, al fine di condividere il percorso terapeutico e ricerca congiunta delle modalità di
dimissione più adeguata
ƒ coinvolgere altre figure professionali su situazioni complesse dal punto di vista clinico, infermieristico e
socio - assistenziale
gruppo 4:
ƒ redigere di Linee Guida Nazionali ed Internazionali ed elaborazione di procedure per l’utilizzo corretto
ed integrato di Ospedalizzazione domiciliare, FARO, Hospice, Opera Pia Crocetta, che permettano la
categorizzazione del singolo paziente dal punto di vista terapeutico, sociale ed assistenziale indirizzando
il Clinco relativamente alla decisione sulla modalità di dimissione
Target
Il target del progetto è costituito da tutti gli operatori sanitari che sono coinvolti nel processo di valutazione
del paziente, sin dall’inizio del ricovero al fine di trovare la modalità di dimissione appropriata alle necessità
clinico - assistenziali del singolo paziente: Assistenti Sociali, Medici Ospedalieri, Infermieri Professionali,
ecc.
Risultati e conclusioni
Il progetto, basato su una condivisione e collaborazione interdisciplinare, leale e centrata sull’interesse del
paziente, nella ricerca della continuità di cura, ha portato ad alcuni risultati importanti:
¾ riduzione di pazienti ricoverati per lungo tempo per motivi “sociali”
¾ riduzione della degenza media nei Reparti di Medicina
¾ instaurazione di un rapporto leale, sincero ed amichevole con i Medici di Medicina Generale
¾ chiarezza nella documentazione di dimissione, con minori problemi nella prescrizione di farmaci
¾ una certezza: una dimissione “sicura” per il paziente.
166
LA FAMIGLIA IN UN SISTEMA AZIENDALE: IL CAREGIVER COME RISORSA NELLE CURA AL
PAZIENTE CON PROBLEMI CRONICI
Ripa F., Neirotti M., Ceni R., Devardo C., Demichelis M.M., Broda R., Gulino M., Arione R., Panarisi P.
ASO San Giovanni Battista, Torino
Referente: Franco Ripa - SC Coordinamento Sanitario Presidi, ASO San Giovanni Battista Torino Corso Bramante 88,
10126 Torino, Tel. 0116336732; fax 0116335790, e mail [email protected]
Introduzione. L'attuale discrepanza fra bisogno assistenziale e risorse disponibili suggerisce la
possibilità di coinvolgere maggiormente il vissuto del paziente nell'assistenza; un'analisi più compiuta
evidenzia come i familiari che partecipano al programma di cura siano, a lungo termine, affetti da
depressione e senso di abbandono. Le persone affette da patologie croniche irreversibili, necessitano di cure
continuative dalla diagnosi fino al termine della vita. Per "caregiver" si intende colui che in prima istanza
all'interno della famiglia, si fa carico della responsabilità concreta della "cura", sia nei casi in cui è implicato
come tempo e investimento di ruolo, sia nei casi in cui svolge una funzione di "regia" di altre risorse
mobilitate per lo specifico problema. La persona che si prende cura del paziente non è peraltro scevra da
legami affettivi e non ha sempre la sufficiente competenza tecnico professionale, necessaria ad assolvere tutti
i bisogni del proprio familiare. Tutto ciò mette in rilievo come sia necessaria, un'attenzione particolare
verso i familiari e/o le persone di riferimento dell'assistito. Un programma che preveda di recuperare le
risorse offerte dal caregiver deve quindi considerare non solo il suo bisogno cognitivo e tecnico-assistenziali,
ma anche il suo bisogno di ascolto.
Oggi, i pazienti con patologie croniche invalidanti sono inseriti in un sistema di cure, dove la distribuzione
del lavoro, (attività e responsabilità) è organizzata in sottosistemi omogenei (cure ospedaliere, cure
domiciliari, cure residenziali) non sempre fra loro interagenti. Il paziente nel suo percorso può passare da
un sistema ad un altro rischiando di perdere i propri riferimenti terapeutici ed assistenziali. L'Azienda può
contribuire allo sviluppo di un programma di cure che superi la divisione settoriale esistente
contribuendo con le proprie risorse al sistema integrato di supporto assistenziale per l'utente curato nel
proprio ambiente familiare. È possibile differenziare le tipologie di pazienti non secondo la malattia
in origine, ma secondo la necessità di cure e di assistenza. Dopo la dimissione, il paziente è oggi
indirizzato alle Residenze Sanitarie, all'Assistenza Domiciliare Integrata, all'Ospedalizzazione a
Domicilio, all'Hospice.
Obiettivo generale. Migliorare l'assistenza e l'esistenza dei pazienti affetti da patologie croniche
invalidanti dimessi dalla struttura aziendale attraverso una maggior partecipazione dei familiari al processo
di cura, sostenuto da un supporto psicologico di aiuto.
Obiettivi specifici. Progettare la formazione di figure di riferimento sanitarie per il paziente
ricoverato (case management) attraverso l'analisi dei bisogni del paziente e lo studio delle fasi del
percorso clinico assistenziale. Inserire i familiari nel processo di cura ospedaliero attraverso un training
condiviso. Sostenere periodicamente il paziente ed i suoi familiari, anche nella fase postricovero, attraverso
azioni di consueling psicologico e di supporto assistenziale.
Gruppo target. I target principali sono i pazienti oncologici affetti dalle neoplasie maggiormente
rappresentate in Azienda (quali: tumori del colon, mammella e retto) ed i familiari dei pazienti che, reclutati
sulla base di specifici criteri, saranno formati per essere caregiver.
Risultati attesi. Miglioramento della qualità dell'assistenza dei pazienti, valutato tramite il questionario
di soddisfazione; riduzione del numero di accessi in Pronto Soccorso di malati terminali, riduzione dei
ricoveri impropri nelle strutture dell'Azienda, riduzione della degenza media nelle SC di Medicina Generale
valutati tramite analisi delle SDO; riduzione delle liste d'attesa per i ricoveri.
Conclusioni. Il progetto è in fase di sviluppo e realizzazione; consentirà l'introduzione di un modello
organizzativo orientato ai bisogni del paziente ed atto a valorizzare le professionalità che operano in
azienda.
167
"L'ATTIVAZIONE DELL'ADI COME MISURA DELL'INTEGRAZIONE FRA OSPEDALE E TERRITORIO"
Autori: Carlo Rege*, Cinzia Mengani**, Marzio Uberti***, L.M.Pernigotti°
*tirocinante corso formazione specifica in Med. Gen. **Dir.Med. Cure Domiciliari ASL 2 ***MMG, Presidente
Sez.Formazione SIMG,Fiduciario FIMMG ASL 2 Regione Piemonte,°Direttore Dipartimento Lung'Assistenza ASL 2
Autore Referente: Dr. Marzio Uberti C.so Orbassano 216 10137 Torino, tel 011/357359 [email protected]
Nell'ambito dell'integrazione ospedale territorio gioca un ruolo rilevante il passaggio in cura dall'ospedale al
domicilio. Uno degli strumenti per realizzare bene questo passaggio è rappresentato dalle dimissioni protette.
Succede invece che in fase di dimissione il medico ospedaliero suggerisca genericamente l'attivazione
dell'ADI senza che vi sia una fase di preparazione a questo passaggio.
Per misurare l'incidenza del fenomeno, la commissione HPH, in collaborazione con le sezioni provinciali
SIMG e FIMMG, ha promosso una raccolta dati retrospettiva su le attivazioni ADI per i mesi da gennaio a
luglio 2003. Mentre a partire dal mese di agosto il fenomeno è stato misurato in fase di attivazione.
Vengono illustrati nel poster i risultati delle elaborazioni del primo periodo.
168
Rete Toscana
L'ACCOGLIENZA DEL DONATORE NEL SERVIZIO TRASFUSIONALE
Dr. Alberto Appicciafuoco, Direttore Sanitario - Dr.ssa Silvana Aristodemo, Direttore SIT, Dr.ssa Elisabetta Bestini,
Dirigente Medico - Dr. S. Bocci, Dirigente Medico DSPO - Dr.ssa Isabella Frati, Collaboratore amministrativo
DSPO - Dr.ssa Rosalba Guadagno, specializzando DSPO - Dr.ssa Maria Loredana Iomo, Dirigente Medico SIT Dr.ssa Brunella Librandi, U.O.EAS - Dr. Franco Vocioni, Dirigente Medico SIT
Autore Referente: Dr. Alberto Appicciafuoco, Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio - ASL 10 Firenze, Via di
Torregalli, 3 50143 Firenze - tel. 055/7192466 fax 0557192417, e-mail [email protected]
INTRODUZIONE:
Il progetto HPH si inserisce in un vasto contesto di azioni formative ed educative orientate alla promozione
della cultura e della solidarietà e della donazione del sangue inserite in un progetto interaziendale costituito
dall'Azienda Sanitaria di Firenze, Aziende Ospedaliere Careggi, Meyer, le Associazioni Donatori (ANPAS,
AVIS, FRATRES, GIDS) l'Università degli Studi di Firenze e coordinato dalla Dr.ssa Silvana Aristodemo.
L'incremento delle donazioni per il raggiungimento dell'autosufficienza ed il miglioramento degli standards
qualitativi della trasfusione rappresenta infatti uno dei principali obiettivi per l'Area Fiorentina, in accordo
con i piani regionali di autosufficienza sangue e plasma. Il gruppo interaziendale ha svolto un lavoro di
analisi sulle motivazioni che favoriscono o allontanano dalla donazione con l'obiettivo di aumentare la
consapevolezza e la partecipazione dei cittadini a programmi di donazione del sangue e contestualmente
innalzare il livello di qualità dei Servizi Trasfusionali in sintonia con il lungo lavoro intrapreso dalle
Associazioni di Volontariato e dalle Aziende Sanitarie e Ospedaliere dell'Area Metropolitana Fiorentina.
Inoltre, sono stati attuati i seguenti progetti:
• interventi educativi nelle scuole medie inferiori e superiori preceduti da un percorso di
aggiornamento degli insegnanti finalizzato a creare le condizioni per un coinvolgimento degli
studenti, visite guidate ai Servizi Trasfusionali e incontri con i donatori e le Associazioni di
Volontariato, il cui ruolo fondamentale è quello di promuovere la cultura della donazione
• interventi educativi rivolti ai medici di medicina generale
• interventi promozionali periodici (spot, manifesti, locandine)
• organizzazione del corso "Accoglienza del donatore nelle Strutture Trasfusionali" finalizzato al
miglioramento delle capacità di accoglienza degli operatori pubblici e privati che si rapportano con il
donatore
OBIETTIVI:
ƒ Sviluppare tra gli operatori dell'ospedale una comune consapevolezza sul ruolo nella promozione
della salute e della qualità del servizio sanitario offerto all'utenza
ƒ Qualificare l'accoglienza e il comfort del donatore di sangue nel Servizio Trasfusionale per
migliorarne il grado di soddisfazione
ƒ Sviluppare il potenziale di salute del donatore affinché la donazione sia costante e periodica tramite
incontri educativi mirati
ƒ Coinvolgere la cittadinanza e i medici di Medicina Generale circa gli scopi e gli esiti del progetto
HPH
GRUPPO TARGET:
¾ donatori di sangue
¾ comunità
¾ operatori dell'Azienda Sanitaria, inclusi i medici di Medicina Generale
RISULTATI RAGGIUNTI:
o Diffusione di un modulo ed opuscolo informativo (2°edizione - la 1 ° edizione è stata realizzata nel
2001 in occasione della manifestazione "Ospedale Aperto 2001 ")
o Giornate di formazione HPH rivolte a tutto il personale del sottogruppo HPH e a tutti gli operatori
del Servizio Trasfusionale
o Realizzazione di posters esplicativi sul percorso della donazione;
169
o
o
o
Miglioramento dei tempi di spedizione degli esami al donatore
Accesso preferenziale riservato ai donatori per alcuni esami di diagnostica strumentale
cartella clinica del donatore (da proporre anche a livello aziendale)
CONCLUSIONI:
Il progetto si pone come obiettivi per il 2004 i seguenti interventi:
- realizzazione di un questionario specifico per il NSGD sull'indice di gradimento dell'accoglienza del
donatore
- informazioni all'utenza, in orari stabiliti, circa gli aspetti tecnico-scientifici della donazione da parte del
personale del SIT, con apertura del Servizio a visite guidate
- miglioramento del comfort nell'accoglienza al donatore
- educazione sanitaria nelle scuole come già previsto dal progetto di Area Metropolitana Fiorentina di
Educazione alla Salute
- realizzazione di corsi specifici di Educazione Sanitaria rivolti ai donatori
- diffusione alla popolazione (cittadini, scuole, medici) degli scopi e degli esiti del progetto HPP
UNA VITA MIGLIORE PER IL MALATO REUMATICO. CONOSCERE E VIVERE LA MALATTIA
170
A. Appicciafuoco: Direttore Sanitario; A. Matucci, G. Marin: Dirig. I liv. Reumatologia; V. Fusari, G.Randelli:
Direzione Sanitaria; S.Benassai, L.Calzone, M.Davenia, S.Duretto: ATMaR
Autore Referente: Dr. Alberto Appicciafuoco, Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio, Via di Torregalli, 3 – 50142
Firenze, 055/7192466-524 Fax 055/7192417; e-mail [email protected]
Motivazioni del progetto: Il progetto HPH del reparto di Reumatologia del P.O. Nuovo S. Giovanni di Dio,
afferente all’area tematica Accoglienza e Comfort, è parte del più ampio Progetto della ASL 10 di Firenze.
Esso intende perseguire le finalità dell’HPH nell’ambito delle attività e dei servizi per il malato reumatico, in
un contesto di integrazione ospedale-territorio che possa dare una risposta adeguata al mantenimento del suo
stato di salute, inteso non solo come assenza di malattia ma anche come stato di benessere psicofisico.
Le malattie reumatiche sono patologie croniche che colpiscono articolazioni, muscoli e organi interni e la cui
evoluzione è spesso invalidante. Migliorare le condizioni di vita e di salute dei malati reumatici vuol dire
ritardare il più possibile, con cure appropriate, la disabilità, cioè la condizione in cui la persona perde la
capacità di accudire a se stessa; significa inoltre migliorare la qualità della vita mettendo il malato in
condizioni di gestire meglio la propria malattia e imparare a vivere con essa..
Obiettivo: Al fine di migliorare la qualità dell'accoglienza, del comfort e dell'assistenza in termini di
appropriatezza, efficacia e adeguatezza hanno collaborato alla riorganizzazione della sezione di
Reumatologia il Direttore Sanitario Aziendale, il Direttore Sanitario di Presidio, il personale MedicoInfermieristico ed i malati rappresentati dal Presidente dell’Ass.ne Toscana dei Malati Reumatici- sez. di
Firenze.
In base alle risorse, agli spazi disponibili,alle esigenze e caratteristiche dei malati reumatici,e grazie
all'esperienza degli operatori sanitari nel campo reumatologico, è stato:
• organizzato un reparto con degenza ordinaria e day-hospital, facilmente accessibile e raggiungibile, con
bagni e camere forniti di ausili e arredi adatti alle disabilità;
• istituito un servizio ambulatoriale generale e dedicato (connettiviti, osteoporosi, infiltrazioni, artrocentesi,
capillaroscopie e biopsie), un' attività di consulenza per i ricoverati dei presidi aziendali e non, un servizio di
consulenza telefonica e/o visita con carattere "d’urgenza" per pazienti in fase di acuzie, medici curanti o altri
specialisti.
• assegnato un fisioterapista dedicato alla valutazione e stesura di una scheda di programma riabilitativo.
Il Progetto è entrato quindi nella seconda fase con azioni volte a stabilire rapporti con il territorio attraverso
l'attivazione di percorsi assistenziali che garantiscano la continuità di cura (farmacologica, riabilitativa,
psicologica) in collaborazione con la comunità servita e le formazioni sociali di volontariato e di tutela nelle
quali la comunità stessa si esprime e si organizza.
Azioni Realizzate: • Stesura sotto forma di flow-chart del percorso diagnostico-terapeutico e di un opuscolo
di informazione agli utenti sui servizi del presidio e sulla organizzazione della Reumatologia
• indagine conoscitiva con questionari anonimi sulla qualità percepita, i cui risultati sono in fase di
elaborazione
• corsi di formazione per gli operatori su: contenuti e finalità del progetto HPH
• intervento di educazione sanitaria con i medici e gli infermieri dell’Endoscopia Digestiva nell’ambito di un
incontro di presentazione del progetto HPH ai malati reumatici
• incontri musicali in reparto in collaborazione con il Coro Ensamble di Scandicci
• acquisizione, in collaborazione con l’Ass.ne Humanitas di Scandicci e l’Ass.ne dei malati reumatici, della
disponibilità di: una palestra per programma di riabilitazione e di economia articolare (educare il malato ad
un corretto comportamento motorio e posturale e a un corretto uso di ausili per la salvaguardia delle
articolazioni) e uno spazio/punto di ascolto, informazione e sostegno ai malati e ai loro familiari, non
medicalizzato e ubicato nel territorio.
Azioni in fase di realizzazione: • Acquisizione di personale dedicato alla riabilitazione delle malattie
reumatiche :La ASL 10, la Regione Toscana e L'Associazione Toscana Malati Reumatici stanno
organizzando un corso di formazione per Fisioterapisti sulla "riabilitazione delle malattie reumatiche”
• progettazione di percorsi formativi per il personale sanitario sulla gestione e conoscenza delle malattie
reumatiche e sulla valorizzazione della relazione comunicativa con il paziente
• Informazione sugli aspetti medico legali correlati alle patologie invalidanti
• Stesura di un opuscolo e/o libro sulle malattie reumatiche definite le "Malattie del Silenzio" perché molto
frequenti ma poco conosciute
171
CARTA
DEI DIRITTI E DEI DOVERI DELLE PERSONE
MIGLIORARE IL CONTROLLO DELLO STATO DI SALUTE.
HIV
POSITIVE: UNO STRUMENTO PER
Lucia Corrieri Puliti: U.O. Educazione alla Salute Azienda USL 2 di Lucca - Sergio Ardis: Comitato Etico Locale
Azienda USL 2 di Lucca - Moreno Marcucci: Direzione Sanitaria Ospedale di Lucca - Antonella Vincenti, Elena
Gambogi, Diana Bevilacqua, Monica Carrai: U.O. Malattie Infettive Ospedale di Lucca - Ornella Fulvio: U.O.
Psicologia Azienda USL 2 di Lucca - Giovanni Grosso: gpspANLAIDS di Lucca - Riccardo Gottardi: Arcigay Pisa.
Autore referente Sergio Ardis, Palazzina ExONMI, Piazza della Concordia, 55100 Lucca, tel 0583970613, fax
0583970114, [email protected]
Introduzione:
La discriminazione delle persone HIV positive è stata dichiarata dall’Alto Commissariato dell’ONU,
trattamento inumano e degradante.
In uno studio promosso dal Comitato Etico Locale (CEL) della nostra USL è emerso che solo la metà delle
persone sieropositive non ritiene dannoso per se stesso denunciare episodi di discriminazione subiti in
ospedale. Per tale motivo, nell’ambito del progetto di umanizzazione degli ospedali della rete HPH, è stato
inserito un programma di prevenzione della discriminazione delle persone HIV positive in ambito sanitario.
Per far conoscere alla persone HIV positive i propri diritti e gli strumenti di tutela è stata scritta la “Carta dei
diritti e dei doveri delle persone HIV positive nei servizi sanitari” approvata dal CEL e distribuita agli utenti
dei nostri servizi.
Target:
La Carta è rivolta alle persone HIV positive che utilizzano i servizi sanitari del nostro ospedale.
Azioni programmate:
La carta dei diritti è stata elaborata in questo testo:
1. La persona HIV positiva ha diritto al rispetto della dignità personale al pari di ogni altra persona. Ogni
trattamento discriminante da parte del personale sanitario è ingiustificabile.
2. La persona HIV positiva ha diritto a ricevere le cure in qualsiasi reparto o servizio sanitario. Nessuna
prestazione sanitaria può essere rifiutata o rinviata a causa dello stato di positività al virus HIV. Nessuna
prestazione può essere effettuata in una modalità diversa da quella standard a causa della stato di persona
sieropositiva.
3. La persona HIV positiva ha diritto in qualsiasi luogo a ricevere le cure necessarie al controllo
dell’infezione con la garanzia che siano somministrate con lo stesso livello assistenziale con cui vengono
somministrate nel servizio ospedaliero.
4. Ogni persona ha diritto alla tutela della riservatezza riguardo alla sua condizione di positività per l’HIV.
5. Ogni persona ha diritto a poter esprimere le proprie abitudini di vita e preferenze sessuali senza essere
discriminato e stigmatizzato.
6. Ogni persona ha diritto a ricevere visite e assistenza materiale e morale dai familiari da lui indicati.
7. Ogni persona in ospedale ha il diritto di indicare come suoi familiari le persone a cui è legato,
indipendentemente da vincoli parentali o coniugali.
8. Ogni persona HIV positiva ha diritto ad essere tutelato dalla Direzione sanitaria dell’ospedale e dagli altri
organi di tutela per qualsiasi forma di discriminazione subita.
9. Ogni persona può denunciare anche in forma anonima episodi di discriminazione rivolgendosi agli organi
di tutela. Anche per le segnalazioni anonime verrà eseguita una indagine dalla USL.
10. Ogni paziente che si ricovera ha il dovere di fornire ai sanitari le informazioni necessarie per garantire le
migliori condizioni di diagnosi e cura.
La carta approvata dal CEL ha lo scopo permettere alle persone di denunciare gli episodi di discriminazione,
ma anche di far sapere ai sanitari che la prevenzione di ogni forma di discriminazione è obiettivo
dell’Azienda USL. Il decalogo è stato stampato in un depliant assieme agli indirizzi delle istituzioni a cui la
persona HIV positiva che ha subito una discriminazione può rivolgersi per essere tutelata (Ufficio
Comunicazione e Marketing, Direzione Sanitaria, Tribunale del Malato, Arcigay, ANLAIDS) anche in modo
anonimo. Far conoscere ai sanitari il decalogo ha lo scopo di rendere noto a tutti l’attenzione della Direzione
Sanitaria ai diritti di queste persone e far sapere che esiste un sistema di vigilanza.
172
PROMOZIONE DELL’ALLATTAMENTO AL SENO IN UN OSPEDALE DI ZONA AUTORI
Dott.ssa S. Cantone - Dirigente 1° livello S.A. di PediatriaDr A. Fedi – Resp. dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia del Nuovo Ospedale del Mugello – Borgo
San Lorenzo (FI)
S. Maggi – U.O. Educazione alla Salute
I. Di Marco – Centro di Documentazione Educazione alla Salute
Autore Referente: Dott.ssa Silvana Cantone presso S.A. di Pediatria del Nuovo Ospedale del Mugello - viale della
Resistenza Borgo San Lorenzo ( FI ) , tel 0558451210, fax 0558451211 EMail [email protected]
L’area Materno-Infantile all’interno del Nuovo Ospedale del Mugello ( Firenze ) si è preoccupata di adattare
il proprio operato alla promozione delle direttive contenute nei criteri “ dell’Ospedale a misura di bambino”.
A tal fine è stato intrapreso un lavoro anche per la promozione dell’allattamento al seno, con un
coinvolgimento di tutte le figure professionali (infermiere, pediatri, ostetrici, ostetriche) operanti sia
all’interno dell’ospedale che sul territorio.
Risultati pratici di questo lavoro sono stati :
- l’adozione di linee guida per il parto naturale, per l’allattamento precoce, per la dimissione precoce dopo il
parto e per l’assistenza delle puerpere a domicilio.
- La stesura di un libretto informativo sull’allattamento da distribuire alle neo-mamme.
Il libretto (corredato da originali illustrazioni che ne rendono più piacevole la lettura) contiene le
informazioni essenziali che possano favorire un corretto allattamento naturale a richiesta:
Particolare attenzione è stata posta sugli aspetti relazionali del bambino con la mamma e l’ambiente
familiare, e sull’importanza della serenità e naturalezza con cui l’evento deve essere vissuto, sull’importanza
del riposo, del sonno, della sana alimentazione, del tempo da dedicare al bambino.
Viene suggerito alle mamme come con l’attenzione sia possibile interpretare le esigenze e le richieste del
bambino per poterle così soddisfare nel modo migliore.
In modo cauto si è accennato anche ai vari piccoli problemi che possono insorgere durante il periodo
neonatale, come affrontarli e a chi rivolgersi. Si fa inoltre cenno alla gestione del neonato che necessita di
ricovero ed alle misure adottate per rendere meno traumatico tale evento favorendo la continuità del rapporto
madre-bambino e dell’allattamento al seno.
Non sono state dimenticate le mamme che per qualche motivo non possono allattare al seno, e anche a loro
sono stati dati suggerimenti ed informazioni tali da permettere di vivere serenamente e senza
colpevolizzazioni questo tempo della loro vita di madri.
173
PROGETTO DI PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE E "MISSION" HPH
Cordoni M., Micheli G.: U.O. Cardiologia Ospedale Villamarina Piombino
Pratesi F., Basso A.M.: U.O. Educazione alla Salute ASL 6 Livorno
Ciampi L., Mugnaini E.: Direzione Sanitaria di Presidio Ospedaliero Piombino-Cecina - Portoferraio
Autore referente: Cordoni Mario via Muratori 3 57025 Piombino (LI), tel. 360\483498, fax:0565167250 e-mail
[email protected]
In considerazione dei positivi risultati degli interventi preventivo e terapeutico negli ultimi 20 anni e del
possibile ulteriore margine di miglioramento nel campo della cardiopatia ischemica, la lotta dei fattori di
rischio (f.d.r) coronarico rimane impegno prioritario in ambito sanitario. Con tali premesse gli Ospedali di
Piombino e Portoferraio della ASL 6 Livorno hanno aderito alla rete HPH con un progetto di prevenzione
secondaria della cardiopatia ischemica, con controllo dei f.d.r. colesterolemia-trigliceridemia in pazienti ad
alto rischio di cardiopatia ischemica (ischemici accertati o con rischio calcolato >20%) e prevenzione
primaria, con controllo degli stessi f.d.r nella popolazione supposta sana, indirettamente coinvolta in tale
progetto Il progetto dura cinque anni. Il primo anno è dedicato alla formazione del Personale Sanitario degli
Ospedali coinvolti e di tutti i Medici di Medicina Generale delle relative zone, ai fini di una appropriata e
omogenea informazione per gli utenti sulla corretta alimentazione per prevenire la cardiopatia ischemica. Il
secondo, terzo e quarto anno saranno dedicati all'arruolamento dei pazienti a rischio, rilevazione dei f.d.r
previsti, interventi correttivi su di essi e controlli semestrali fino al completamento del progetto Il quinto
anno sarà dedicato al completamento delle rilevazioni, alla elaborazione statistica e alla indagine sulla
efficacia del progetto in ambito di prevenzione primaria, con esame dei f.d.r. mediante un rilievo a campione
"consecutivo" sulla popolazione e confronto con dati omogenei ottenuti 10 e 20 anni prima.
Quasi al termine del primo anno del progetto, dedicato alla formazione, abbiamo voluto valutare tramite i
dati preliminari, la aderenza alla "mission HPH": questa prevede di proiettare la cultura di un adeguato stile
di vita per preservare e migliorare lo stato di salute, anche al di fuori delle quattro mura ospedaliere, in cui
fino ad oggi lo sforzo degli operatori è stato quasi interamente dedicato alla cura degli utenti.
In questo primo anno le azioni non sono state ancora dedicate ai pazienti, ma dedicate al personale e alla
comunità. Per il personale ospedaliero sono state svolte 8 lezioni a gruppi di 40 persone alla volta, convocate
dall'Ufficio Formazione. In ogni lezione è stata chiaramente spiegata l'intera articolazione del progetto
HPH. Come indicatore di risultato è stata valutata la percentuale di partecipazione, di apprendimento e di
gradimento dell'evento formativo. Per la comunità sono stati organizzati nell'anno 6 incontri di informazione
sanitaria sulla lotta ai f.d.r coronarici, tramite il coinvolgimento dell'Associazione Amici del Cuore di
Piombino, con spiegazione ripetuta dei progetto HPH in ogni incontro. Come indicatore di risultato è stato
valutato il numero di partecipanti alle riunioni rispetto alle riunioni dell'anno precedente e l'andamento della
partecipazione nel corso dell'anno.
RISULTATI SUL PERSONALE: su 320 invitati, 316 partecipanti (98.7%). Apprendimento: nei 20 quiz
pre-corso, risposte esatte 58.6% ; negli stessi quiz post-corso risposte esatte 97.2%. Gradimento (giudizio su
4 livelli, con il 4° ottimale): utilità 3.82% - efficacia 3.91% - interesse 3.86%.
RISULTATI SULLA COMUNITA': partecipazione media alle riunioni di informazione sanitaria rispetto
all'anno precedente + 28%. Oscillazione di partecipazione nell'anno: solo incrementi rispetto al primo
incontro, con un picco +32%.
In base a tali risultati si può dedurre che l'Ospedale di Piombino, da cui è partita la realizzazione del progetto,
sta procedendo speditamente per omogeneizzare il proprio linguaggio ed aprirsi all'esterno, anche tramite
Associazioni di Volontariato, e successivamente divenire punto di riferimento per gli operatori sanitari
anche extraospedalieri per promuovere la salute, cioè per divulgare una adeguata educazione sanitaria
dedicata a settori cruciali per lo stato di salute.
174
OSPEDALE A MISURA DI BAMBINO: ACCOGLIENZA E PERCORSI ASSISTENZIALI PER I PICCOLI
PAZIENTI NEL PRESIDIO OSPEDALIERO DEL MUGELLO
T. Faraoni, R.Martini, L.Mugnaini, B. Baldini, S.Maggi e L.Turco
Azienda Sanitaria di Firenze Presidio Ospedaliero del Mugello
L’Azienda Sanitaria di Firenze ha aderito nell’anno 2001 , con delibera del Direttore Generale, all’accordo
stipulato dalla Regione Toscana, che ha sancito l’ingresso della rete HPH Toscana in quella internazionale
degli ospedali europei.
L’Azienda Sanitaria si è impegnata a realizzare tre programmi di promozione della salute all’interno di tre
presidi ospedalieri e quello del Mugello ha scelto un progetto che attiene all’aria tematica umanizzazione:
“Ospedale a misura di bambino”.
Il progetto nasce per soddisfare le esigenze del tutto particolari che il bambino ha al momento in cui si
ammala ed entra in contatto, insieme alla sua famiglia, con la struttura sanitaria ospedaliera; spesso i luoghi
di cura dei bambini sono ben lontani dall’essere accoglienti ed ospitali, poco simili all’ambiente familiare
che il bambino ha lasciato dietro di sé.
Il progetto si è proposto come obiettivo generale quello di sperimentare, realizzare ed offrire ai bambini ed
alle loro famiglie un complessivo miglioramento dei servizi, appropriati ed attenti a tutti i loro bisogni.
Il contesto in cui il progetto si sviluppa è uno dei sei ospedali della rete ospedaliera dell’Azienda di Firenze,
distante circa 30 chilometri dal capoluogo e con un bacino di utenza di circa 60.000 abitanti.
L’ospedale è dotato di una Struttura Semplice di Pediatria la cui attività si svolge all’interno di un reparto di
con dieci posti letto, di cui cinque di degenza ordinaria, due di DH, uno di osservazione e due culle di
patologia neonatale. L’attività si svolge inoltre presso il DEA con circa 1800 accessi l’anno, nel Punto
nascita con 550 nati all’anno e con prestazioni in regime ambulatoriale.
Obiettivi specifici del progetto e relative azioni
1) Migliorare l’accoglienza e i percorsi interni del bambino in ospedale
Azioni e strumenti individuati
a) Revisione delle procedure di accesso in particolare al punto prelievi e al DEA .
b) Riorganizzazione degli spazi adibiti ai bambini nel reparto di degenza e al DEA
c) Presenza dei Volontari ospedalieri nel reparto
2) Migliorare il percorso Ospedale-Territorio
Azioni e strumenti individuati
a) Istituzione di una Commissione permanente tra pediatri ospedalieri e pediatri di libera scelta
b) Attivazione di ambulatori con specialisti di II livello
La Commissione suddetta , che si riunisce periodicamente, rappresenta un ottimo strumento per creare le
condizioni per una sempre maggiore collaborazione ed un più proficuo confronto tra operatori ospedalieri e
territoriali. Si tengono riunioni periodiche per la definizione e condivisione di protocolli diagnostici e
terapeutici oltre ad incontri di formazione su tematiche di interesse comune.
Ci aspettiamo risvolti positivi sulla continuità assistenziale, una più adeguata presa in carico dei pazienti ed
una riduzione del numero degli accessi impropri presso la struttura ospedaliera.
3) Migliorare l’informazione e promuovere l’educazione alla salute
Azioni e strumenti individuati
a) Sono stati realizzati depliant informativi sulle attività del reparto ed ambulatoriali
b) Vengono tenuti incontri informativi/formativi presso scuole che ne facciano richiesta
c) Sono stati realizzati servizi e dibattiti su TV e radio locali in particolare per la promozione
dell’allattamento al seno.
d) E’ stato da tempo messo a punto un Protocollo per l’allattamento al seno condiviso, conosciuto ed
applicato da tutto il personale dell’Area Materno-Infantile
e) Realizzazione di un libretto informativo intitolato “ Amor di latte “
Il libretto è stato realizzato con l’apporto professionale di operatori del presidio ospedaliero e di altri del
territorio. Esso contiene in forma piacevole alla lettura, anche per il corredo di illustrazioni e disegni
originali, le informazioni essenziali che possono favorire un corretto allattamento secondo i criteri
dell’allattamento naturale a richiesta. .Particolare attenzione è stata posta sugli aspetti relazionali del
bambino con la madre e l’ambiente familiare, e sulla serenità e naturalezza con cui l’evento deve essere
vissuto.
Da alcuni mesi il libretto viene consegnate alle madri che partoriscono presso il nostro ospedale nonché
presso i consultori ostetrici del territorio.
175
E’ in programma la effettuazione di una indagine di gradimento mediante questionario da parte delle madri a
cui è stato consegnato il libretto Sono state inoltre attivate le procedure per il riconoscimento internazionale
di “Ospedale Amico dei Bambini” da parte dell’OMS-UNICEF,
4) Formazione del personale
In ogni progetto di miglioramento un aspetto irrinunciabile è quello della formazione del personale
coinvolto.
Strumenti individuati
a) Partecipazione ad una giornata di formazione per i gruppi ospedalieri HPH
b) Momenti formativi comuni pediatri del territorio e pediatri di libera scelta
c) Corso di formazione sul triage pediatrico (già in programma), per migliorare l’accoglienza e l’assistenza
del bambino al DEA
d) Formazione permanente del personale sul protocollo allattamento al seno, perché venga attuato
completamente ed in maniera omogenea da parte di tutti gli operatori coinvolti.
Conclusioni
Ci sembra di poter concludere che il progetto, che vede impegnato l’Ospedale, in particolare gli operatori
della Struttura semplice di Pediatria, congiuntamente a quelli della U.O. Ostetricia e del DEA, nonché alcuni
del Territorio, partendo dal ripensamento dell’ambiente, cercando di riprogettare alcuni processi, e dando
nuovo valore alle relazioni, abbia già conseguito alcuni risultati positivi, che potranno essere meglio valutati
e valorizzati via via che il progetto va avanti, fino a farlo diventare patrimonio culturale e metodologico
comune.
In particolare riteniamo che sia proprio il dare nuovo valore alle relazioni con i piccoli degenti, i familiari, gli
operatori, la comunità, a contribuire in maniera determinante al miglioramento della qualità dell’assistenza
erogata e percepita, promuovendo veramente la salute di tutti .
176
IL LABORATORIO
PISA
- FORMAZIONE E LA PROMOZIONE DELLA SALUTE PRESSO LA AZIENDA USL 5 DI
M. Filieri; G. Belcari; S.Cortopassi; F. Degrassi; D. Della Bartola; R. Faillace
Azienda USL 5 di Pisa
Autore referente: Marcella Filieri – U.O. Sviluppo, Ricerca e Formazione USL 5 - Via Zamenhof, 1 – 56100, PISA Tel
050-954291; Fax 050 954321; e-mail: [email protected]
La promozione della salute intesa, come processo di auto-realizzazione della persona, costituisce un valore di
riferimento per le aziende sanitarie. Ne orienta conseguentemente le politiche.
La promozione della salute all’interno della ASL 5 di Pisa si configura pertanto come una attività
organizzata all’interno di un approccio sistemico che deve garantire:
• L’utilizzo di mezzi appropriati ed efficaci per la diagnosi e la cura della malattia
• La limitazione dei fattori di nocività e dei rischi per operatori e utenti
• L’apprendimento di conoscenze che permettano al cittadino-utente di partecipare consapevolmente alle
scelte che lo riguardano
• Una organizzazione (ri-organizzazione) orientata ai bisogni del cittadino-utente che viene posto al centro
dei processi alberghieri, assistenziali, di comunicazione, di diagnosi e cura.
La conseguente necessità di reingegnerizzare alcuni processi di produzione della salute è stata affrontata
dalla Direzione Aziendale attraverso vari strumenti, all’interno dei quali la Formazione Continua del
personale occupa un posto di rilievo.
Sempre più spesso sono state adottate modalità non tradizionale di formazione che possiamo definire
“laboratorio”e che presenta le caratteristiche di una ricerca d’aula.
L’obiettivo è quello di definire in maniera partecipata tra i professionisti i percorsi assistenziali, le procedure
di lavoro, le modalità di comunicazione con l’utenza, ecc., in modo tale che il prodotto finale sia il risultato
di una condivisione tra i professionisti interessati, ed in prospettiva anche tra i rappresentanti dei cittadini.
Ogni tematica viene affrontata nell’ottica di rendere coerenti l’aggiornamento delle competenze strettamente
professionali, gli aspetti relazionali e le esigenze dell’organizzazione secondo un processo di problemsetting.
Il metodo tiene conto delle peculiarità dell’apprendimento dell’adulto e della necessità di valorizzarne
l’esperienza. Ai docenti –prevalentemente interni al servizio sanitario regionale e nazionale- viene richiesto
non solo di trasferire contenuti, ma soprattutto di svolgere il ruolo di facilitatori del processo di
rielaborazione di conoscenze e di esperienze.
Il percorso formativo ideale può essere schematizzare in :
-fase di conoscenza reciproca dei partecipanti (talora mediante attività in outdoor e altre tecniche di team
building)
-analisi del problema (es. percorso assistenziale) anche attraverso la ricerca di dati e informazioni utili (es
focus group, indagini di soddisfazione dell’utenza, ecc.)
-individuazione delle criticita’
-confronto con dati di letteratura, con esperienze analoghe attuate in altre realtà
-elaborazione di proposte di miglioramento.
-individuazione di modalità di monitoraggio dei cambiamenti attraverso la definizione condivisa di indicatori
(di processo e, ove possibile, di esito riferiti a obiettivi di umanizzazione, di governo clinico, di gestione del
rischio, ecc)
-presentazione alla Direzione Aziendale dei risultati incontri con le associazioni dei cittadini per la
condivisione dei risultati
-follow up e inizio di audit interni
La validazione dei risultati da parte della Direzione Aziendale - e in un certo senso la legittimazione
dell’intero percorso formativo - avviene attraverso un processo di verifica interna, organizzato in maniera
integrata tra che il Controllo di Gestione e l’Assicurazione di Qualità e Accreditamento, con il
coordinamento del Responsabile dello staff aziendale. Tutto ciò è finalizzato a valutare i requisiti di qualità
negoziati in sede di budget.
I corsi (aziendali e interaziendali) affrontati con il metodo descritto sono:
“La gestione della continuità assistenziale nel percorso nascita”
“L’accoglienza nell’ospedale che promuove salute:
Fase 1- l’accoglienza al pronto soccorso
Fase 2- l’accoglienza nel settore materno-infantile
177
“La formazione dei promotori della salute per l’umanizzazione dell’ospedale” (in corso)
“L’EBM e la Promozione della Salute: Fase 1- applicazioni al percorso cardiologico (in corso)
Fase 2- applicazioni al percorso diabetico” (in corso)
“Formazione a supporto del progetto: La centralità dell’utente e l’ospedale per intensità di assistenza e cure”
(in corso)
Con questa presentazione gli autori intendono riferire i risultati (per il personale, per gli utenti e in qualche
caso per la collettività) ottenuti a seguito dei percorsi formativi. Ove il percorso è stato completato la
formazione-laboratorio ha portato infatti a ridisegnare le fasi del percorso assistenziale, definire linee guida,
individuare gli ambiti per le attività di promozione della salute, delineare sistemi di gestione del rischio
clinico, ecc..
178
ALLERGIA A SCUOLA. PROGETTO HPH COOPERATIVO INTERREGIONALE
Mariangela Manfredi, Caterina Menicocci, (U.O. S. Laboratorio di Immunologia e Allergologia Nuovo Ospedale S.
Giovanni di Dio ASL 10 Firenze) - Giuseppe Ermini, Paolo Campi, (U.O. S. Allergologia ed Immunologia Clinica
Nuovo Ospedale S. Giovanni di Dio ASL 10 Firenze) - Paola Minale, Carla Tazzer, (Servizio Autonomo di
Allergologia Dipartimento di Medicina Interna Ospedale S. Martino di Genova) - Alberto Appicciafuoco (Direttore
Sanitario Nuovo Ospedale S. Giovanni di Dio ASL 10 Firenze – Coordinatore Aziendale Progetto HPH) - Roberto
Predonzani (Responsabile Progetto HPH Regione Liguria) - Antonella Alessandri, Isabella Frati, Rosalba Guadagno,
(Direzione di Presidio Nuovo Ospedale S. Giovanni di Dio ASL 10 Firenze) - Daniela Mazzotta (Direzione di Presidio
Ospedale S. M. Annunziata ASL 10 Firenze) - Rina Brunetti (U.O. Educazione alla Salute ASL 10 Firenze) - Ilia Di
Marco (Centro di documentazione EAS ASL 10 Firenze)
Autore Referente: Dr.ssa Mariangela Manfredi, Responsabile U.O. S. Immunologia e Allergologia, Via di Torregalli 3 50143 Firenze, e-mail: [email protected], Tel +39.55.7192306, Fax: +39.55.7192502
La letteratura internazionale degli ultimi anni concorda nel rilevare un significativo aumento delle malattie
allergiche con conseguente sempre maggior impatto sociosanitario ed economico.Un appropriato
management delle malattie allergiche permette di arrivare prima ad una diagnosi corretta e di evitare terapie
inadeguate. Questi aspetti sono molto importanti anche dal punto di vista del contenimento della spesa
sanitaria. Programmi preventivi che educano alla conoscenza della malattia e dei percorsi diagnosticoterapeutici corretti sono pertanto di fondamentale importanza. Specialisti del settore di differenti aree
geografiche che si trovano ad affrontare tali problematiche hanno sviluppato un comune piano di azione. La
U.O. di Allergologia dell’Ospedale San Martino di Genova e le UU.OO. di Allergologia ed Immunologia
Clinica e Laboratorio di Immunologia ed Allergologia del Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio
dell’Azienda Sanitaria di Firenze (ASF) hanno elaborato strategie simili creando un’alleanza tra specialisti
allergologi, pediatri, insegnanti, studenti e loro familiari per migliorare la conoscenza delle malattie
allergiche e favorire lo sviluppo di una coscienza dei processi di salute. E’ stato sviluppato un Progetto
nell’ambito del programma HPH (Health Promoting Hospitals) di cooperazione tra Regione Liguria e
Toscana in collaborazione con le Direzioni Sanitarie dei due Presidi e con la U.O. Educazione alla salute
dell’ASF. Il sottogruppo HPH Allergologia in collaborazione con il Coordinatore HPH dell’ASF Dr.
A.Appicciafuoco sta lavorando per rafforzare il legame Ospedaleterritorio mettendo gli utenti in grado di
essere attori dei progetti di salute. E’ stato elaborato pertanto un protocollo cooperativo educazionale in
merito alle malattie allergiche e loro fattori di rischio che si articola in lezioni in classe, distribuzione di
materiale informativo e dispense agli alunni di scuola media inferiore, proiezioni di video , visite ed
esperienze pratiche in laboratorio di Allergologia per il riconoscimento degli aeroallergeni. I nostri Ospedali
hanno aperto le porte agli alunni ,insegnanti e loro familiari coinvolgendo attivamente i ragazzi ed aiutandoli
ad elaborare loro stessi materiale educazionale in forma scritta e grafica dedicato ai loro coetanei .L’attività
svolta si è concretizzata nella realizzazione di un opuscolo educazionale scritto dai ragazzi stessi in un
linguaggio semplice e condivisibile da altri adolescenti che verrà pubblicato dalla U.O. Educazione alla
salute e distribuito a tutti gli alunni delle scuole medie inferiori e nell’allestimento di una mostra dei disegni
dei ragazzi presso i Presidi ospedalieri. Il progetto verrà esteso negli anni futuri ad altre scuole e si propone
come modello da applicare anche in altre Regioni al fine di migliorare l’outcome di salute dei servizi sanitari
e la qualità dell’assistenza.
179
Rete Trentina
L ' AMBULATORIO DEL PIEDE DIABETICO : DALLA PREVENZIONE ALLA CURA DELLE LESIONI.
LA NOSTRA ESPERIENZA
Ospedale S. Maria del Carmine, Rovereto (Tn)
F.Carbonaro, A. Bernardi, P.Faes, P.Zambaldi, A.Mattuzzi, G.Bellante.
Unità Operativa di Geriatria, Centro Antidiabetico
Autore Referente: Mattuzzi Annalisa, Bellante Gabriella - Centro Antidiabetico-Ospedale S. Maria del Carmine di
Rovereto - TN - Telefax: 0464 453398 - e-mail: [email protected]
SCOPO
Il piede diabetico è una delle complicanze croniche più gravi ed invalidanti della malattia diabetica.
L'obiettivo del nostro "ambulatorio del piede diabetico" (APD) è quello di prevenire le complicanze
maggiori (ulcere ed amputazioni) nei soggetti diabetici già riconosciuti affetti da neuropatia e/o
vasculopatia periferica o con precedenti di ulcere dei piedi.
METODO
L'attività dell'APD è articolata sui seguenti intervento:
1) Screening. Tutti i soggetti diabetici vengono sottoposti al primo accesso e a scadenze prestabilite in
base alla durata della malattia, all'età anagrafica e alla presenza di altri fattori di rischio, ad anamnesi e visita
medica con particolare attenzione al riconoscimento di segni e sintomi di vasculopatia e
polineuropatia periferica ed alterato scarico plantare e valutati con il DNI (diabetic neuropatic index)
2) Educazione. I soggetti positivi allo screening vengono invitati per piccoli gruppi, a partecipare a due
incontri condotti dal diabetologo e dall'infermiera professionale durante i quali vengono impartite brevi
lezioni di anatomia e fisiopatologia del piede diabetico ed eseguiti lavori di gruppo sui pericoli,
attenzioni e corretta igiene dei piedi con prove pratiche mediante l'uso di materiale visivo e del
metaplan, e con questionario di verifica finale.
3) Ambulatorio del trattamento delle lesioni preulcerative ed ulcerative.
Tabella riassuntiva del quadriennio 1998-2001
1998
1999
2000
N. medicazioni
N. pazienti
Maschi/Femmine
Diabete tipo I
Diabete tipo 2
Durata media diabete
Ricoveri per ulcere
Rivascolarizzati
Amputati
438
51
31/20
5
46
14
2
6
9
1018
90
50/40
3
76
16
12
2
4
904
73
49/24
2
71
16
7
4
8
2001
756
122
55/67
1
121
16
7
5
7
COMMENTI E CONCLUSIONI
Nel corso di questi anni la tipologia di intervento è cambiata essendo aumentati quelli per la cura di lesioni
preulcerative, segno di una maggior sensibilizzazione dell’utenza nei confronti del piede (circa il 50% nel
2001). All’aumento del numero di pazienti affluenti all’ambulatorio podologico corrisponde una riduzione del
numero di ricoveri per ulcere. Inoltre, nel 2000 e 2001 si è avuta solo una amputazione maggiore contro le tre
degli anni precedenti.
180
Rete Valle d’Aosta
RIDUZIONE DEL RISCHIO CONNESSO CON LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI PAZIENTI
Domenico Chatrian, Giulia Cheraz – Servizio di prevenzione e protezione dell’USL della Valle d’Aosta
Autore Referente: Domenico Chatrian, Servizio di Prevenzione e Protezione dell’USL della Valle d’Aosta, Viale
Ginevra 3, 11100 AOSTA, Tel. 0165543727, Fax 0165543347, e.mail [email protected]
INTRODUZIONE
La crescente incidenza delle patologie del rachide legata anche al progressivo invecchiamento degli addetti,
l’aumento dei casi di non idoneità o di idoneità parziale alla mansione con la conseguente difficoltà di
ricollocare il personale addetto all’assistenza dei pazienti e infine i nuovi obblighi stabiliti dal titolo V del D.
Lgs 626/94 hanno indotto la direzione dell’USL a definire una strategia di intervento finalizzata a contenere
in prima battuta e a risolvere in prospettiva i problemi sopra evidenziati
OBIETTIVI
L’obiettivo del progetto è il miglioramento delle condizioni di lavoro degli addetti alla movimentazione dei
pazienti finalizzato al conseguente miglioramento delle loro condizioni di sicurezza e salute.
GRUPPO TARGET
Il progetto è stato indirizzato agli infermieri professionali, agli operatori tecnici addetti all’assistenza e agli
ausiliari socio-sanitari
VALUTAZIONE DI RISULTATI
Il progetto si è svolto in diverse fasi: Nella prima fase si è provveduto a effettuare la valutazione del rischio
utilizzando l’indice di rischio messo a punto dall’Unità di ricerca Ergonomia della Postura e del Movimento
(EPM). A seguito di specifico sopralluogo è stato calcolato l’indice MAPO in 21 reparti nei quali sono
adibiti alla movimentazione dei pazienti 751 dipendenti. In 6 di questi reparti, cui corrisponde il 26 % del
personale esposto, il rischio è risultato basso (I.R > 1,5); in 12 reparti, cui corrisponde il 57% del personale
esposto, l’indice. è risultato medio (1,5 < I.R <5); in 3 reparti, cui corrisponde il 17% del personale esposto
l’indice è risultato alto (I.R. > 5). A conclusione del processo valutativo sono stati individuati gli interventi
da realizzare a breve termine e a medio termine necessari a ridurre per quanto possibile l’indice di rischio.
Gli interventi a breve termine sono stati: la dotazione a tutti i reparti che ne erano sprovvisti di un kit di ausili
minori, con una spesa di circa 45.000 euro, nonché una iniziativa di formazione rivolta a tutto il personale
per un corretto impiego di tali ausili. Per realizzare tale iniziativa sono stati preliminarmente formati come
formatori 22 fisioterapisti i quali a loro volta hanno effettuato la formazione dei 751 dipendenti interessati.
Come interventi a medio termine è prevista la fornitura a tutti i reparti di letti ad altezza regolabile nonché il
rinnovo del parco carrozzine.
CONCLUSIONI
A conclusione degli interventi a medio termine sarà intrapresa una verifica dell’efficacia degli interventi
posti in essere. La verifica riguarderà sia l’efficacia della formazione sia i benefici in termini di salute dei
dipendenti attraverso il confronto con i giorni di assenza per infortunio da sforzo.
181
CHI SI FERMA È PERDUTO
Carla Stefania Riccardi,
Direttore generale Azienda USL della Valle d’Aosta, Via Guido Rey 1 – 11100 Aosta – tel. 0165/544415 – fax
0165/40405 – e-mail [email protected]
BREVE INTRODUZIONE DEL CONTESTO
l’idea nasce dall’indicazione dell’OMS sulla necessità di diffondere un corretto stile di vita, anche attraverso
la pratica costante di attività fisica. Si è ritenuto di organizzare una giornata dedicata a questo tipo di
messaggio, rivolto a tutti, coinvolgendo, da un lato, esperti del settore e, dall’altro fornendo la possibilità di
provare alcune pratiche sportive. La giornata ha segnato la partenza di una serie di altre iniziative, con il
medesimo scopo, che avranno luogo periodicamente sul territorio.
OBIETTIVI
obiettivo principale è quello di fare in modo che la popolazione, intesa in senso lato, comprenda l’utilità
dello sport come corretto stile di vita. Lo sport, praticato con costanza e serietà (al di fuori di estremi
agonistici) può favorevolmente condizionare il benessere fisico e psicologico degli individui.
GRUPPO TARGET
la popolazione bersaglio è costituita da tutti gli adulti; le attività proposte e suggerite non richiedono
particolari attitudini, anche perché non si tratta di perfezionare la tecnica, ma semplicemente di trarre
vantaggio duraturo dalla pratica continuativa di una attività fisica.
VALUTAZIONE DEI RISULTATI
naturalmente, sarebbe utopistico poter conoscere – a livello di popolazione – come il cambiamento delle
abitudini rispetto alla pratica di uno o più sport abbia influito sullo stato di salute generale. E’ indubbio, però,
come si evince dagli studi più recenti, peraltro evidenziati nel corso della giornata “Chi si ferma è perduto”,
che, a livello individuale, la pratica sportiva, unita ad una alimentazione equilibrata, alla astinenza dal fumo
ed alla limitazione dell’assunzione di bevande alcoliche, migliori la qualità della vita, oltre a prolungarla.
CONCLUSIONI
si ritiene che un messaggio di questo tipo vada “accompagnato” nel tempo, attraverso diversi incontri con la
popolazione e con il coinvolgimento attivo delle strutture e delle associazioni che si occupano di sport in
genere.
182
Rete Veneta
SALUTE ED ALIMENTAZIONE IN OSPEDALE. PROGETTO INTERAZIENDALE H.P.H.
Vanni Bolzon ULSS n° 19 Adria, Lorella Miari ULSS n° 19 Adria, Aria Gonzalez Ulss n° 15 Cittadella, Francesca
Longhi ULSS n° 21 Legnago, Patrizia Turcato Ulss n° 21 Legnago, Giuliana Bonizzato ULSS n° 21 Legnago.
Autore Referente: Vanni Bolzon via Badini 45011 Adria (RO) tel. 0426940828 fax 0426940318- Giuliana Bonizzato
ULSS n° 21Legnago (VR) te1.0442632398 fax 0442632644.
Introduzione
Salute ed Alimentazione in Ospedale è un progetto interaziendale, il gruppo di lavoro parte dalla
consapevolezza che l'alimentazione è un importante elemento nel recupero dello stato di salute e ne
costituisce parte integrante.
Obiettivo
Il progetto di ampio respiro è volto alla salute ed alimentazione in ospedale valutando tali aspetti con
approccio olistico. Il progetto ha più obiettivi da raggiungere secondo fasi e tempi di attuazione stabiliti. Il
primo obiettivo riguarda l'attivazione di un sistema continuo di rilevazione del gradimento del servizio di
ristorazione che pone le basi per attivare un sistema di miglioramento continuo, sulla base dei dati rilevati
con l'analisi della qualità percepita e delle segnalazioni di disservizio.
Gruppi Target
degenti e personale.
Materiali e metodi
A tal proposito è stato predisposto dal gruppo un questionario anonimo da somministrare ai degenti ricoverati
al fine di valutare la qualità percepita dagli stessi sul pasto consumato in ospedale. Le domande poste
riguardano le informazioni ricevute dal paziente relativamente la propria dieta e da quale figura
professionale, l'orario di distribuzione del pasto se gradito o meno, se la prenotazione fatta corrisponda al
pasto servito, le caratteristiche del pasto (quali: cottura, temperatura, sapore, quantità, variabilità),
allestimento del vassoio e l'igiene dello stesso, la modalità di distribuzione ed infine il giudizio complessivo
sul servizio.
E' stato predisposto un questionario simile da somministrare ai dipendenti che usufruiscono, in qualità di
utenti interni, del servizio mensa aziendale per valutarne la qualità percepita dagli stessi.
E' stato altresì predisposta una procedura per il rilevamento delle segnalazioni inerenti eventuali disservizi
che possono verificarsi, e che vengono rilevati o dal personale di reparto o dal paziente che li segnala al
personale di reparto preposto.
Risultati
Il questionario è stato somministrato nelle strutture ospedaliere dell'Azienda ULSS 21 di Legnago - Verona
e dell'Azienda ULSS 19 di Adria - Rovigo, nell'Azienda ULSS 15 di Cittadella - Padova è in fase di
distribuzione. Sono state coinvolte quasi tutte le unità operative, è stato distribuito ai degenti presenti nella
struttura nel giorno programmato per il rilevamento puntuale (non inclusi i ricoverati nel medesimo giorno).
Dai questionari somministrati ai degenti ed ai dipendenti aziendali, e dall'applicazione della procedura per la
rilevazione dei disservizi, sono state evidenziate criticità diverse nelle realtà coinvolte, probabilmente
ascrivibili alle diversità presenti (processi organizzativi, gestione del servizio di ristorazione, fattori
strutturali e logistici). Da evidenziare che il giudizio complessivo espresso dai degenti in merito al servizio di
ristorazione è stato positivo (Azienda ULSS 21: 21% ottimo, 53% buono, 25% sufficiente, 1%
insufficiente; Azienda ULSS 19 di Adria: 18% ottimo, 51% buono, 29% sufficiente, 2% insufficiente).
Conclusioni: Il gruppo ritiene che in base ai risultati ottenuti si possa attivare, nonostante le realtà diverse,
mantenere e consolidare il sistema di miglioramento continuo di rilevazione della qualità offerta dalla
struttura ospedaliera e percepita dagli utenti, sia interni che esterni del servizio di ristorazione.
183
UN PROGETTO DI INTERVENTO PSICOLOGICO PER IL MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA,
QUALITÀ DI VITA E UMANIZZAZIONE DELL'ASSISTENZA -L'ESPERIENZA DI VERONATrabucco G., Bravi E., Fontana L., Boaretti C., Moretto G.
Servizio di Psicologia Clinica (Resp.Dr. G. Trabucco)- Div. di Neurologia (Direttore Dr. G. Moretto), Az. Ospedaliera,
Verona, O.C.M.
Autore Referente: Dr. G. Trabucco, Responsabile Servizio Psicologia Clinica, Divisione di Neurologia, Ospedale Civile
Maggiore, Piazzale Stefani, 1, 37126 VERONA - Tel. 045 807 2692, Fax. 045 807 3412, E-mail [email protected],
[email protected]
Introduzione
L’area “critica” è un ambito clinico-assistenziale dove afferiscono pazienti con patologie gravi, acute o
croniche, spesso a prognosi infausta. Accanto al peso della malattia i malati sperimentano numerosi altri
problemi quali la solitudine, il dolore, l’angoscia, l’isolamento etc. Anche gli operatori devono confrontarsi
quotidianamente con tali questioni. I vissuti di sofferenza fanno emergere bisogni a cui spesso non è facile
dare risposte; ma, la non risposta a tali bisogni alimenta una sofferenza psicologica continuativa che interessa
i pazienti, i familiari e coinvolge gli operatori, oltre che sul piano professionale anche su quello personale ed
umano. Il "Modello Integrato" di assistenza psicologica in "area critica" consente di rispondere a tali
esigenze perché fornisce aiuto, contemporaneamente, ai pazienti, ai loro familiari e agli stessi operatori.
L’intervento psicologico agisce su tre livelli: formazione degli operatori, assistenza ai pazienti e ai loro
familiari, organizzazione del lavoro. Tale modello consente di coniugare in un unico approccio efficienza,
empowerment del paziente, qualità ed umanizzazione dell’assistenza. In questa prospettiva, negli anni ‘99‘00 è stato realizzato uno studio dal titolo: “Terapia Dialitica e Bisogni Psicologici” un “Modello
Integrato” di Risposta Assistenziale (G. Trabucco; C. Loschiavo; A. Lupo; M.C Magagnotti; N.Cordioli; S.
Mainas; L. Nadalini; A. Descolari; et Al, 2000); che mostra come nel trattamento dialitico la gestione delle
problematiche emotive, psicologiche e relazionali, se adeguatamente soddisfatta, riduce i “costi” emotivi del
trattamento, contribuisce all’umanizzazione dell’assistenza sanitaria e consente un risparmio di risorse sia
umane che economiche.
Obiettivo generale
Descrivere i cambiamenti prodotti in un reparto ospedaliero target, ove è adottata l’assistenza psicologica,
secondo il “Modello Integrato”; in particolare il servizio di Dialisi della Nefrologia Medica dell’Azienda
Ospedaliera di Verona.
Obiettivo specifico
Verificare quali effetti si producono sulla compliance e sull’adattamento e qualità di vita di pazienti,
familiari e operatori, a seguito di interventi psicologici precoci e condotti secondo il “Modello Integrato”.
Ambito di ricerca
Sono stati studiati 150 pazienti in trattamento dialitico, suddivisi in tre gruppi.
• Gruppo1: 50 pazienti all’inizio del trattamento emodialitico, che abbiano ricevuto un aiuto psicologico
specifico, precoce e continuativo secondo il “Modello Integrato”.
• Gruppo2: 56 pazienti già in trattamento emodialitico che afferiscono a centri che non dispongono di
un’assistenza psicologica continuativa.
• Gruppo3: 49 pazienti in dialisi peritoneale (CAPD) che mai aveva usufruito di un'assistenza psicologica
diretta oppure indiretta, ora coinvolti in un programma specifico.
Strumenti
Colloqui psicologici, sostegno psicologico ai pazienti e familiari.
Valutazioni psicodiagnostiche.
Lavoro di gruppo e counselling su casi clinici con gli operatori, etc.
Indicatori
Sono stati individuati indicatori diversificati e specifici, ad esempio:
• per i pazienti: compliance terapeutica, adattamento, qualità di vita, etc.
• per i familiari: approccio alla malattia, atteggiamenti verso il paziente, qualità di vita, etc.
• per gli operatori: rapporto con il paziente, rischio burn-out, “clima” di reparto e d’equipe, efficienza etc.
Risultati
Nel gruppo1 è migliorata la compliance (p<0.01), la vita emotiva (ansia e depressione), e si è verificato un
rapido recupero del livello di qualità di vita (p<0.05) dei pazienti. Negli operatori, si è osservata una netta
riduzione del rischio di Burn-Out, precedentemente elevato, e un contemporaneo aumento del grado di
184
soddisfazione (p<0.05). I caregiver hanno modificato positivamente i loro atteggiamenti verso i pazienti e
hanno mantenuto l’abituale integrazione sociale e qualità di vita. Significativi miglioramenti dei vissuti, della
compliance (rituali di pulizia p<0.05) dell’adattamento e soprattutto della qualità di vita (p<0.01) sono stati
osservati anche nel gruppo3. Nel gruppo2 non ci sono stati miglioramenti né per i pazienti né per i familiari,
ma si è registrata una tendenza regressiva rispetto al livello di compliance, adattamento e indici di qualità
di vita.
La gestione dei bisogni psicologici dei pazienti e dei loro familiari che tenga conto anche delle necessità
degli operatori, specie quelli di “area critica”, consente di migliorare l’efficienza, la qualità e
l’umanizzazione dell’assistenza. Consente inoltre di ridurre i “costi” emotivi dei trattamenti dialitici e anche
un risparmio di risorse sia umane che economiche.
185
Scarica

poster - Ospedali per la promozione della salute