free business magazine for free spirits www.7thfloor.it share your vision for the future Edizioni MAP www.00map.com - Anno 2, numero 8 Cambiano le tendenze di consumo: il punto di vista di sociologi, guru del marketing e pionieri del web 2.0 Regis McKenna Neil Rackham Chris Bangle Lyn Heward Paco Underhill Bernd Schmitt Keywords Chief Revenue Officer NetTV BlogTV Open Source Viaggi alternativi Frontiers of Interaction Workaholic Biennale di Venezia free business magazine . Incontro al vertice della tecnologia. Consumi (litri/100km) ciclo urbano/extraurbano/misto: da 9,0(9,1)/5,2(5,3)/6,6(6,7)(320i) a 14,9(14,4)/7,0(7,3)/9,9 (335i). Emissioni CO2 (g/km): da 157(161) (320i) a 238 (335i). Nuova BMW Serie 3 Cabrio 320i 325i 330i 335i 330d www.bmw.it Piacere di guidare n3 Condivisione n2 Culture n1 Multidentità n4 Passioni free business magazine for free spirits free business magazine for free spirits share your vision for the future Co-Work Casa o ufficio? La terza via www.7thfloor.it Real Trends 2007 Estetiche e Design Dal Salone del Mobile ai nuovi format interattivi Francesco Morace «i Segnali della Strada come fonte principale di ispirazione» Rubriche Capitalismo 2.0 Guerrilla Marketing Second Business Blog Design Business TV Cambiano le tendenze di consumo: il punto di vista di sociologi, guru del marketing e pionieri del web 2.0 Edizioni MAP www.00map.com - Anno 2, numero 8 Edizioni MAP www.00map.com - Anno 2, numero 6 www.7thfloor.it share your vision for the future Jean Baudrillard All’ombra dei simulacri Regis McKenna Neil Rackham Chris Bangle Lyn Heward Paco Underhill Bernd Schmitt Keywords Chief Revenue Officer NetTV BlogTV Open Source Viaggi alternativi Frontiers of Interaction Workaholic Biennale di Venezia n5 Nomadismo n6 Tendenze n7 Innovazione n8 Consumi Share your vision for the future BMW Financial Services: la più avanzata realtà nei servizi finanziari. BMW e 7th Floor è la prima free press per il mondo corporate & business. Un nuovo mezzo di condivisione tra le imprese e le persone più interessanti della creatività, della tecnologia e dei nuovi media. 7th Floor è distribuito nelle maggiori aziende italiane trasversalmente nelle diverse funzioni (vedere l’elenco delle oltre 1000 locations nelle ultime pagine della rivista). Inoltre raggiunge le imprese della comunicazione e della consulenza, la PA, le istituzioni accademiche e le persone più interessanti della blogosfera. È un magazine cartaceo, un blog in rete e una nuova NetTV, in cui fare networking e sperimentare nuovi format di comunicazione, condividere progetti ed esperienze legate al lavoro e al tempo libero. Si rivolge da una parte ai CEO, direttori marketing, risorse umane, IT, attenti all’innovazione e alle nuove tendenze, dall’altra ai creativi, ai designer e a tutti coloro che condividono la filosofia 2.0. 7th Floor è un progetto editoriale indipendente che offre contenuti di qualità e idee di frontiera grazie al suo board editoriale e alla sua rete di collaboratori/antenne nei mondi reali e virtuali. Nuova BMW Serie 3 Cabrio. There are different ways to enjoy the wind. Nuovo design, hard top a scomparsa e motori 335i Twin Turbo da 306 CV e 330d da 231 CV. Estetica e tecnologia si fondono nel piacere di guidare BMW. Perché l'America's Cup non è l'unico modo per provare quelle emozioni che solo il vento può portare. Per contattarci: www.7thfloor.it [email protected] [email protected] Editore: Map srl via Lima, 22 - 00198 Roma tel: +39.06.8535.6443 fax: +39.06.8535.6507 www.7thfloor.it www.7thfloor.it free business magazine for free spirits Anno II, numero 8, luglio - agosto, 2007 Editore Map Cross Communication S.r.l. via Lima, 22 - 00198 Roma 06.8535.6443 F. 06.8535.6507 www.00map.com - [email protected] Direttore responsabile Andrea Genovese ([email protected]) Direttore editoriale Alberto Abruzzese ([email protected]) Coordinamento editoriale Federica Morrone ([email protected]) Direzione creativa Andrea Genovese Grafica e impaginazione Giovanni Fiore Immagine di copertina Carlo Muttoni ([email protected]) Marketing e Comunicazione Stefania Capaccioni ([email protected]) Giulia D’Agostino ([email protected]) Monica Nalbone ([email protected]) Board di progetto Alberto Abruzzese, Michela Bondardo, Andrea Granelli, Derrick de Kerckhove, Andrea Genovese, Carlo Infante, Maria Grazia Mattei, Francesco Morace Hanno scritto in questo numero Alberto Abruzzese, Andrea Genovese, Federica Morrone, Giulia D’Agostino, Mario Pireddu, Stefano Diana, Nancy Podimane, Carmen Rolle, Lucio D’Amelia, Jacopo Fo, Alessio Jacona, Michele Favara Pedarsi, Robin Good, Fiorello Cortiana, Massimo Silvano Galli, Luciana Zanon, Carlo Infante, Cristiana Rumori, Alessandra Franchina, Roberta Casasole. Pubblicità e distribuzione Stefania Capaccioni ([email protected]) Map srl via Lima, 22 - 00198 Roma tel. 06.8535.6443 - fax 06.8535.6507 Prestampa La Cromografica srl - via Tiburtina, 912 - Roma (www.lacromografica.it) MOVERS&SHAKERS Manager 2.0, imprenditore lungimirante, post-giornalista, digital addicted, interaction designer, sconsulente, ricercatore di senso, techno-artist, condividi le tue esperienze, sviste e punti di vista, sul presente e sul futuro, su 7thfloor.it Scrivici: www.7thfloor.it [email protected] [email protected] Stampa WebColor srl - loc. Le Campora - Oricola (Aq) (www.webcolorprint.it) ERRATA CORRIGE 1. Nel precedente numero di 7th floor l’articolo “Sussulti della memoria” riportava le immagini di Olivier Waissmann - foto di una galleria d’arte di Parigi “Surface to Air”, la copertina della rivista artistica “Nuke”, l’opuscolo per l’agenzia di comunicazione “Care”. Per un errore della redazione non sono state inserite le foto pertinenti di Claire Bardainne. Ci scusiamo con i lettori e con gli autori dell’articolo. 2. Nel numero 5 di 7th Floor, l’autore dell’articolo “Immigrati ore 7:00” ci ha informato di un errore: Roman Barabakh non è moldavo, ma è ucraino. A nome della redazione di 7th Floor ci scusiamo con il protagonista dell’articolo. Il contenuto e le opinioni espresse dagli autori e dagli intervistati non coincidono necessariamente con quelle di 7th floor. Tutti i marchi registrati citati sono di proprietà delle rispettive aziende. Nessuna parte del contenuto di questa rivista può essere pubblicato, fotocopiato, distribuito e diffuso attraverso qualsiasi mezzo, online e offline, senza il consenso scritto della MAP S.r.l. © MAP S.r.l. Roma 2006. Tutti i diritti riservati. Autorizzazione del tribunale di Roma n° 430/2006 del 23.11.2006. Copia gratuita. free business magazine iLiad. mezzi, progetti e comunicazione di Alberto Abruzzese [email protected] La nascita dell’arte Leggi, scrivi e condividi in rete. A dirla tutta non vado in estasi quando vedo l’impresa civettare con le arti: relazioni umane riflettono su se stesse e in questa riflessione si mostrano, san- mi sembra che l’estetizzazione della vita quotidiana spalmata su tutto come fosse un abbronzante faccia torto alle sue origini, che sono da far risalire, come strategia consapevole, almeno alla seconda metà dell’ottocento. Tanto più mi insospettisco quando l’imprenditore che fa Principe e il consulente che fa da Cortigiano suggeriscono gli slogan sulla bellezza e creatività. Mi suonano come opportunismi troppo facili, dall’una e dall’altra parte. Bellezza e creatività sembrano evocate per mascherare e addolcire la sopravvivenza di vecchi macchinari. E se dunque, per innovare, ci ritroviamo calati nel passato e ad esso costringiamo i poderosi mezzi tecnologici di cui ora disponiamo, tanto vale fare un salto indietro più netto: tornare alle origini. no mostrarsi. Georges Bataille, identificando la “nascita dell’arte” ad opera della natura umana proprio nelle immagini di Lascaux, in quel luogo sommerso e in quel tempo lontanissimo (che si fa risalire ad un’epoca compresa fra il 15.000 ed il 13.000 avanti Cristo), sosteneva appunto la tesi che lì fosse l’evento aurorale di una civiltà che nasce grazie all’acquisita capacità di comunicare ciò che vede, far diventare linguaggio ciò che sente. Il 12 settembre del 1940, quattro ragazzi di Montignac si avventurarono in un cunicolo creato dallo sradicamento di un grande albero e ebbero così modo di scoprire le origini dell’intelligenza umana ai tempi del Paleolitico superiore: la caverna di Lascaux, ricca di raffigurazioni parietali di uomini in guerra, di uomini a caccia e di animali. Nel 1955, Georges Bataille – sì, proprio quello che, sulla scorta di Nietzsche, di Mauss e dei surrealisti, era andato ragionando sulla dissipazione, sul consumo eccessivo, estremo, in quanto risorsa umana, sull’eros come modo distruttivo di produrre – pubblicò presso Skiraun un saggio, ora appena uscito in Italia presso l’editore Mimesis, interamente dedicato a quelle straordinarie immagini primordiali: Lascaux ovvero la nascita dell’arte. “Il medium è il messaggio”, dirà McLuhan, e il primo medium è stato l’essere umano arrivato ad avere la facoltà riflessiva del linguaggio. Un semiologo d’eccezione, Paolo Fabbri, guardando alla sempre più difficile distinzione tra comunicazione e arti (quando, come più spesso accade, e si pensi a Mario Perniola per il quale l’arte è l’antidoto della comunicazione), sostiene che c’è arte laddove si comunica la presa a carico della comunicazione, quando le solo su store.simplicissimus.it Il ragionamento esposto da Bataille è particolarmente suggestivo e in qualche modo ci offre le coordinate originarie – mezzi tecnici e invenzione immaginativa – dei processi comunicativi umani. Infatti, colloca la nascita delle capacità espressive di una comunità in una fase di maturazione culturale successiva alla dimensione, a lungo sperimentata, del lavoro umano, all’intelligenza post-animale con cui si erano potuti produrre gli utensili necessari a sopravvivere e ad abitare il mondo. Dal pensiero degli utensili, Bataille faceva infine scaturire il linguaggio dell’arte che, della dimensione in tutto distintiva del lavoro, è insieme la conseguenza e la coscienza critica, l’opposizione. La capacità di vedere le cose e percepire la vita attraverso un piano simbolico invece che strumentale. Questa immersione dentro le origini dell’espressione, in un mondo preistorico di cui non è stata conservata alcuna traccia se non le immagini di una mano sconosciuta, per quanto sia una riflessione in tutto teorica e forse non priva anche di qualche implicazione ideologica, può oggi tornarci molto utile. Propongo un seminario da tenere su suolo o sin lupoghi virtuali dal titolo: mezzi, progetti, comunicazione. A partire da Lascaux e da Bataille: il lavoro – il pensiero del lavoro incarnato nella tecnica – ci comunica attraverso la sua critica e non il suo miglioramento buonista o estetico. Per mettere in scena prodotti e consumi, prima bisogna sentirli e solo a questo patto di responsabilità farli apparire. Dettaglio delle pitture delle Grotte di Lascaux free business magazine punti di vista di Andrea Genovese [email protected] La presunzione di prevedere e il privilegio di creare Vivi in un mondo, che si ostina a illuderti, di riuscire a trovare il senso delle cose, in luoghi dove il senso non si è mai visto. Ti affanni faticosamente a fare ordine, interpretare fenomeni, prevedere comportamenti. Anche quando i territori da esplorare sono complessi e poco noti, l’unica costante è il tuo bisogno di controllo. Vuoi sapere cosa accadrà, quando e come. Stai investendo risorse preziose, il tuo tempo, a volte il tuo denaro, quasi sempre le tue limitate energie. Stai vivendo un tempo mitico ed eccezionale, compresso tra un eccesso di possibilità e di stanchezza cognitiva e una scarsità di contatti profondi e di trasformazioni reali. Senti sempre più forte la tentazione di consegnare la tua fiducia al destino o il tuo destino al carisma di un guru, alla sapienza incantatrice di un luminare, agli algoritmi deterministici di un sistema ad alta risoluzione tecnologica. )-((9>7DD;B8HE7:97IJ B?L;EDCE=KBKI7D:MMM$)-((KD?J;:$9EC Hai provato a restringere il tuo campo d’indagine tra l’istante della farfalla e quello dell’uragano, “a fare tattica” come dici tu. Ma ti sei sempre trovato di fronte a complesse funzioni matematiche, all’interno delle quali “la variabile uomo” rimane inesorabilmente indeterminata. Se non puoi rinunciare al tuo bisogno di controllo, che cosa puoi fare? Puoi cambiare. Cominciare a condividere le tue sensazioni e le tue esperienze con chi frequenta altri mondi o magari vive più sulla frontiera. Puoi iniziare a modificare il tuo punto di vista e accogliere ai piani alti della tua sfera persone nuove, dalla cultura della rete a quella umanistica fino alle sensibilità più artistiche. Se i politici americani chiedono agli scrittori di fantascienza di immaginare gli scenari futuri, perché non puoi lasciarti ispirare dai Surrealisti per prevedere il comportamento delle persone o le nuove tendenze? Hai visto la nuvola di fumo in lontananza e ti sei accorto della sfida silenziosa alla corte del mondo corporate e delle istituzioni? Da una parte li vedi, quegli sguardi soddisfatti e rassicuranti dei guru del marketing e delle vendite, consulenti accreditati e ben pagati. Più in lontananza, però, intravedi i volti inquieti e visionari dei no-guru, performer della rete e della banda larga: blogger e videoblogger, paladini del software libero e sperimentatori di TV su internet, di contenuti generati dagli utenti e di marketing pull. Sono i nuovi arcieri della società dell’informazione, i figli della democratizzazione dei mezzi di produzione, i creatori e gli aggregatori di contenuti e di palinsesti personali. Sono quelli della comunicazione dal basso, del mashup di servizi, dell’interaction design, imprenditori dei mondi virtuali. Consulenti dalla “coda lunga”, armati con pochi powerpoint e molta creatività, stanno rimescolando gli ingredienti raffermi del vecchio modo di fare impresa e società. UNITEDMILANOVIAFIAMMA4? WWWUNITEDCOM CONTACTPINOROZZIROBERTOBATTAGLIANICOLABELLI Se hai voglia di interpretare il loro linguaggio, sanno creare filtri fatti di magia tecnologica e media digitali, ma soprattutto sanno raccontare storie di emozionante umanità e nuova sensibilità verso il futuro. free business magazine visioni di Federica Morrone [email protected] Guru? No grazie. Divampa la sindrome da guru! Politica, benessere, media, economia, moda, salvare l’anima, il mondo… Spesso quelli che cercano affannosamente sono consumatori esemplari…un Le persone davvero speciali che ho conosciuto, quelle che mi hanno insegnato senza voler insegnare, lasciandomi eredità preziose, hanno in comune la profonda convinzione dell’inutilità di partiti, chiese, religioni, guru, maestri, ottimo affare. Soli, delusi da un’eccessiva concentrazione su privato e successo, pronti a tutto per sentirsi meno persi. Alcuni cambiano culto, assolutamente lecito andare per tentativi, ma se avessero letto Hesse potrebbero risparmiarsi la fatica: “Una religione vale pressappoco l’altra. Non ce n’è alcuna per mezzo della quale non si possa diventare saggi, né alcuna che non si possa praticare come la più stupida delle superstizioni“. Ci sono tanti mutamenti interessanti da effettuare, le chiese più o meno si somigliano tutte. Poi, un affollarsi di gruppi religiosi modaioli, tendenzialmente privilegiano benestanti disposti ad essere in vario modo generosi. organizzazioni. Il cambiamento parte da noi. Può arrivare come scintilla, fulmine, lungo processo, meditazione, viaggio, figlio, libro, rivelazione, intuizione… l’importante è che poi si traduca in consapevolezza. Nessuno può farlo al nostro posto. Certo poi ci può essere condivisione e allora sì che si diventa tanti! La rivoluzione dei “coscienti”, più prosaicamente di quelli che non vogliono più essere mal rappresentati. Comportarsi con dignità, rispettando pianeta ed essere umani, i principi fondamentali che conosciamo tutti di non violenza, rispetto della vita, della pace, delle diversità. Non esiste una civiltà migliore delle altre, un dio migliore degli altri. Esiste la Civiltà e, per chi crede, un unico Dio. Il vuoto che genera questa necessità di maestri e modelli da seguire, guru nostrani molto poco mistici, sofisticatori di coscienze, è un vuoto che rischia di essere riempito nel peggiore dei modi. Una tendenza politicamente pericolosa, mentre scrivo questa banale considerazione un’eco dalla strada “Ci vorrebbe Pinochet”…Appunto. Mi correggo, terribilmente pericolosa. Molti si lamentano, al contempo il sentimento diffuso è l’attesa. L’attesa di qualcuno, non si sa chi, che faccia qualcosa, non si sa bene cosa…fondamentalmente che prenda in mano la situazione. Un risolutore, un leader, un capo, forte, carismatico, decisionista, un salvatore. Ma è così difficile capire che quel qualcuno è ciascuno di noi? Follia? Forse. Considerando che in giro non si scorgono possibili leader che facciano sognare, forse vale la pena rivolgere un pensierino a noi stessi. Un amico a cui voglio molto bene dopo aver superato una tremenda malattia (il primo medico gli aveva dato tre mesi di vita, da allora sono passati 15 anni) mi ha detto: “Ad un certo punto ho capito che non potevo più affidarmi, ero io il pilota dell’aereo, nessun altro”. 10 Ed ogni tanto è sano non percepire soltanto attraverso la ragione. Rinuncia-mo per un attimo alla mania di svelare tutto! Anestetizzare, sezionare su di un tavolo operatorio, comprendere e svi-scerare: togliere poesia! Scienza e mistica non sono avulse…Invece di cercare santi e guru, potremmo magari abbandonarci di più alla magia della vita, senza fare domande, lasciando che arrivi l’incanto. Meglio seguire davvero il proprio Kanguru!…la voglia di saltare…come invita a fare Vauro dalla Sierra Leone, mentre disegna ha accanto una bambina in un ospedale di Emergency, si ricorda di un’amica che gli ha lasciato uno spazio da riempire nel suo editoriale. Che farsene di guru quando esistono persone così! THE AXE EFFECT. free business magazine 11 LEADERSHIP CREATIVITÀ E MANAGEMENT ECONOMIA MARKETING E BRANDING STRATEGIA INNOVAZIONE E CRESCITA I NOSTRI PROSSIMI 50 ANNI DESIGN INNOVAZIONE E IMPEGNO & il suo business WORLD BUSINESS FORUM 23 - 24 OTTOBRE 2007 - FIERAMILANOCITY - MILANO Due giornate con i nomi eccellenti del management e della politica. Il punto di vista dei leader che hanno creato o cambiato le regole del gioco. Le ultime tendenze che influenzeranno il business localmente e globalmente. Non manchi all’appuntamento annuale per la business community. PER ISCRIZIONI Tel.: Numero Verde 800.93.94.36 www.hsm-it.com/wbfmi INFORMAZIONI GENERALI [email protected] Main Sponsor Associated Business School 12 Media Partner Supporting Partner free business magazine 13 Index moka pag. 20 I consumi e le avanguardie incarnate di Francesco Morace login_A pag. 29 Il nuovo consumatore è in tempo reale di Nancy Podimane Vendere è incontrarsi di Stefano Diana Bangle Bells di Stefano Diana Le sette porte della creatività di Carmen Rolle Un antropologo alla vetrina di Carmen Rolle I tamburi del brand di Carmen Rolle Dalla coda lunga alla zona d’ombra di Lucio D’Amelia login_B pag. 48 Il comportamento degli oggetti di Andrea Genovese Come internet cambierà la televisione di Andrea Genovese La NetTV dei videobloggers di Andrea Genovese La chiesa del software libero e gli evangelisti dell’open source di Andrea Genovese Il corporate blogging è servito di Alessio Jacona Forging Innovation di Michele Favara Pedarsi “Tirala giù ‘sta facciata” di Robin Good nudi e crudi pag. 82 Fare N-Outing di Roberta Casasole moda modi mood pag. 66 Performing media per l’innovazione territoriale moleskine pag. 18 risvegli e transiti pag. 26 Crossing India di Alessandro Soro editoriale di Alberto Abruzzese, Andrea Genovese e Federica Morrone 14 pause pag. 46 Il capitalismo dei soldi buttati dalla finestra di Jacopo Fo Mangiarsi internet di Stefano Diana Condividi la conoscenza di Fiorello Cortiana e Massimo Silvano Galli Entusiasti o sbronzi di lavoro? di Luciana Zanon Viaggi alternativi di Cristiana Rumori 52. Biennale di Venezia di Alessandra Franchina Metro-pause di Carmen Rolle, Federica Morrone Giulia D’Agostino free business magazine 15 CONTRIBUTORS BOARD Alberto Abruzzese (direttore editoriale) ordinario di Sociologia delle Comunicazioni di Massa allo IULM di Milano. Autore di saggi sulla comunicazione e sui nuovi media. Scrive su vari quotidiani e periodici. Ha collaborato alla Letteratura Italiana (Einaudi), curatore del “Dizionario della pubblicità” Zanichelli. Svolge attività di ricerca per la RAI e per Mediaset, per il CNR, per il MURST, il Ministero Michela Bondardo esperta in comunicazione d’impresa, svolge attività di formazione nelle principali università italiane. Nel 1987 ha fondato Bondardo Comunicazione, prima agenzia italiana specializzata in comunicazione culturale con l’obiettivo di fare della cultura un fattore di sviluppo per le imprese e le istituzioni. Fa parte del Board del CEREC ( Comité Euro- Andrea Granelli presidente e fondatore di Kanso. Creatore di aziende e di diverse iniziative: tin.it, TILab, Loquendo, fondo Venture Capital di 280 milioni di dollari, Interaction Design Institute, Esposizione permanente di tecnologia, laboratorio Multimediale della Sapienza. Membro di: E.A.G. Commissione Europea, Fondazione Cotec, Comitato Valutazione del della Pubblica Amministrazione e il Ministero dei Beni Culturali. péen pour le Rapprochement de l’Economie et de la Culture) di cui il Sistema Impresa e Cultura è l’unico membro italiano. CNR; direttore scientifico Domus Academy. Presidente del Distretto dell’Audiovisivo e ICT, dirige l’Istituto di Economia dei Media Fondazione Rosselli. Derrick de Kerckhove è Professore nel Dipartimento di Francese all’Università di Toronto, ha tenuto la cattedra di Tecnologia e Pedagogia alla Biblioteca del Congresso di Washington e in Italia è impegnato nel programma speciale “Rientro dei Cervelli” all’Università di Napoli e dal 1995 è membro del Club di Roma. www.mcluhan.utoronto.ca Carlo Infante, è libero docente di “Performing Media” presso diverse Università e Accademie, ha curato festival, condotto trasmissioni radiofoniche e televisive, ideato format post-televisivi e scritto libri. L’ultimo è: “Performing Media 1.1 Politica e poetica delle reti” (Memori, 2006). [email protected] www.performingmedia.org 16 Maria Grazia Mattei giornalista, esperta di nuove tecnologie della comunicazione, fonda nel 1995 MGM Digital Communication, studio di ricerca e consulenza per la diffusione della cultura digitale. Ha ideato iniziative per il settore new media (Camera di Commercio di Milano, SMAU, IBTS). Ha progettato mostre, rassegne internazionali, festival e convegni sul rapporto tra arte e tecnologia, D-Cinema, TV digitale e comunicazione. Andrea Genovese (direttore responsabile) Fondatore di 7th floor, imprenditore, editore, ingegnere, artista, identità under construction. Esperto di tecnologie e nuovi media, realizza attraverso Map (www.00map.com) progetti di comunicazione corporate e di interaction design urbano. [email protected] Francesco Morace Sociologo, scrittore e giornalista, Francesco Morace lavora da oltre venti anni nell’ambito della ricerca sociale e di mercato, ed è il Presidente di Future Concept Lab, dove è responsabile dei programmi di ricerca MindStyles, Genius Loci, Street Signals e Happiness. www.futureconceptlab.com Giulia Baldi reporter e ricercatrice free lance specializzata in culture giovanili, street e web, dopo gli studi in Arte, Storia, Sociologia e Comunicazione si è perfezionata in Sviluppo e Management dei Beni Culturali ed è oggi candidata al Dottorato in Media and Cultural Studies all’U. C. di Londra. Media promoter e consulente di marketing. Lele Dainesi si occupa di comunicazione sui media digitali in qualità di consulente e formatore, affianca i direttori marketing e comunicazione nel capire come i consumatori usano i prodotti e i servizi high-tech e come meglio raggiungere i propri audience. http://www.leledainesi.com Stefano Diana artista, esperto di comunicazione d’impresa, copywriter, critico culturale dei miti d’oggi e dei rapporti tra scienza e società, epistemologo. Fra l’altro ha scritto un saggio pionieristico sulla sociologia di Internet in Italia (W.C.Net, minimumfax), ha creato e mantiene un blog ante litteram (lideologo.net, 2000). [email protected] Federica Morrone scrive, immagina, è curiosa. Ha pubblicato: “Il filo del discorso”, “Il ragazzo con le ali”, “Regaliamoci la pace” (conversazione con Tiziano Terzani e contributi di: Dario Fo, Jovanotti, Dacia Maraini, Gino Strada, Vauro…) É appena uscito il suo romanzo “Volatili” (www.liberodiscrivere.it). Collaboratrice per diversi programmi televisivi tra i quali “Il Fatto” per rai1, al momento si dedica a “RT” direttore Enzo Biagi per rai3. È convinta che non esista mai un solo piano, per questo è qui. Robin Good è il pioniere italiano della comunicazione indipendente di successo online. Esperto di new media, marketing ed information design, è il paladino del cambiamento che viene dal basso. RobinGood.com, MasterViews.com, Kolabora.com , MyVideoKaraoke.com, CommunicationAgents.com [email protected] Vincenzo Susca docente a contratto all’Università IULM di Milano; dottorando di ricerca presso l’Università di Parigi La Sorbonne e la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. McLuhan fellow dell’Università di Toronto. Ricercatore all’ISIMM di Roma e al CeaQ di Parigi. Si occupa di Sociologia dell’immaginario postmoderno. Ha pubblicato recentemente Ai confini dell’immaginario, Milano, 2006 (tradotto in Brasile); A l’ombre de Berlusconi, L’Harmattan, 2006. Gabriele Niola vive a Roma dove lavora come giornalista freelance per diverse testate. Ha lavorato per molte aziende piccole, medie e grandissime fino a che non ha incontrato nell’ordine: l’arte, l’indipendenza e il giornalismo. Ora la tecnologia gli dà da mangiare e il cinema lo fa vivere. Francesco D’Orazio ricercatore e consulente freelance, si occupa di comunicazione immersiva, social networking online, media-art, buzz e WOM marketing. E’ docente a contratto allo IULM di Milano e Senior Fellow al McLuhan Centre for Culture and Technology di Toronto. Jacopo Fo artista, scrittore (oltre 40 libri), giornalista, attore, esperto di ambiente,comunicazione, piaceri della vita e molto altro ancora. Tiene corsi per privati ed aziende alla Libera Università di Alcatraz nella campagna umbra. www.alcatraz.it www.jacopofo.it Lucio D’Amelia, vecchio animale del mondo editoriale, si occupa di formazione in ambito universitario e di consulenza cross-mediale: insegna “Editoria (con vecchie e nuove tecnologie)” nei corsi di laurea triennale e specialistica della Facoltà di Scienze umanistiche e nel master sugli Eventi culturali dell’Università La Sapienza di Roma. Carmen Rolle giornalista free lance. Collabora con D, La Repubblica delle Donne, Astra, Vera, V&S. Le piace condividere le sue passioni, la medicina e le tecniche di benessere alternative, le neuroscienze, i viaggi, l’architettura e il design: modi e strumenti per vivere più consapevolmente. Luciana Zanon vive e lavora a Milano come consulente di coaching, formazione e out door. Opera in azienda su temi come comunicazione, leadership, conflitto, cambiamento, stress, team work. Progetta seminari e percorsi di coaching integrando aspetti cognitivi, emotivi e, grazie alle arti marziali orientali, sensoriali. free business magazine 17 “Appuntamenti da mettere in agenda.” MOSCHEA SCACCIA CON LA PALETTA I POLITICI CHE PIÙ TI INFASTIDISCONO! D opo il suggestivo Iconoclast Game, dove un incredibile Marcel Duchamp nella doppia versione maschile e femminile ci conduceva nel mondo dell’arte atraverso i secoli, arriva il nuovo gioco dell’artista Lorenzo Pizzanelli, autore di installazioni video-interattive, video-performance, reality game e molto altro. Si chiama Moschea, gioco di parole che vuole indicare un luogo abitato dalle mosche, “un luogo ironico anziché sacro, abitato da mosconi-politici” di tutte le epoche e schieramenti, che hanno “infestato” la storia da sempre; si va da Giulio Cesare a Bush, da Napoleone a Bin Laden, Berlusconi, Fidel Castro, etc. Scopo del gioco? Scacciare i mosconi con la paletta!! Moschea è un gioco strutturato sotto forma di Net Art, del genere dei reality game, dura complessivamente 5 settimane, al gioco partecipano 13 mosche Vip-politiche, che verranno progressivamente eliminate nel corso delle 5 puntate, 1 per settimana, attraverso il Net Voto: ossia si scaccia con la paletta MITINITALY IL MITO MADE IN ITALY TRA STORIA, CULTURA, SPETTACOLI ED EMOZIONI A l via la prima edizione di MITINITALY, la manifestazione che celebra il Made in Italy attraverso la creazione di eventi che parlano dei simboli di un’epoca diventati “miti nel mondo”. Ogni anno l’edizione è dedicata ad un famoso Brand nostrano che rappresenti l’eccellenza italiana all’estero. Quest’anno la manifestazione si terrà dal 7 al 16 settembre 2007 a Roma nello spazio verde del Laghetto dell’EUR e festeggerà il 50° anniversario della mitica “500”, per l’occasione la Fiat proporrà il nuovo modello della vettura. L’evento coinvolgerà cittadini e imprese attraverso mostre, convegni, spettacoli teatrali, cabaret, concerti, degustazioni di prodotti tipici italiani, proiezioni di film e filmati d’epoca; e chiamerà a raccolta circa cinquecento equipaggi della storica 500 in un tour cittadino che si concluderà nei pressi della location. Inoltre nei giardini del Laghetto verranno esposti alcuni esemplari della Fiat Cinquecento per rendere tangibile l’incontro tra il pubblico e il “mito”. Elemento originale dell’evento il Tour d’Europa che una 500, personalizzata con i loghi degli sponsor, intraprenderà al termine della manifestazione, festeggiando i 50 anni dell’Unione Europea con questo viaggio attraverso i Paesi che fondarono nel 1957 la Comunità Europea. I 18 di Giulia D’Agostino [email protected] di Giulia D’Agostino [email protected] 1 VIDEO ON THE NET CONFERENCE EUROPE 2007 l 26 e 27 settembre 2007 a Roma si terrà l’edizione europea del convegno “Video on the Net Conference”, appuntamento già consolidato negli Usa. Due giornate rivolte ai decision makers dei settori New Media e Entertainment focalizzate sull’analisi dell’impatto del broadband Internet sul futuro della TV, dei film e del broadcasting, improntate alla divulgazione di nuove strategie e soluzioni per rimanere al passo con le nuove tecnologie. I Mass Media stanno cambiando su tutti i versanti, dall’acquisizione dei contenuti, ai modelli di distribuzione, alle nuove vie per incrementare il fatturato, Video on the Net si propone di mettere in contatto i personaggi che stanno ridefinendo oggi questi nuovi spazi e i responsabili delle aziende che vogliono ottimizzare le proprie strategie di comunicazione attraverso l’acquisizione di strumenti innovativi da poter utilizzare concretamente nella propria area di business. La conferenza verterà principalmente sui seguenti argomenti: identificazione e discussione dei cambiamenti chiave nell’industria; l’analisi dei bisogni profondi per la costruzione di una strategia efficace per un video; il monitoraggio della concorrenza; lo scacciamosche la mosca più odiata. Più si scaccia la mosca e più la si candida a sopravvivere nelle prossime puntate, di settimana in settimana le tre mosche meno scacciate verranno eliminate da Moschea, lasciando l’universo ludico per entrare nella Teca del collezionista, finché non ne rimarrà una: la mosca più scacciata. L’insetto politicamente più votato sarà preso di mira per l’ultima settimana che lo consacrerà al felice martirio multimediale. Il gioco mette in scena un’altra tragedia, infatti più scacci l’immagine che ti ossessiona, più torna a disturbarti. Gioco? Provocazione? Denuncia? Tragedia? Di sicuro un’idea originalissima e di forte impatto sociale… non resta che giocare. www.moschea.net www.iconoclastgame.it www.pizzanelli.com studio del futuro delle Net TV e dei Social Network; la sperimentazione di nuove esperienze d’acquisto; le strategie per fare soldi con i Video in Internet; Citizen Media e i Producer indipendenti e le nuove strategie creative. A parlare quattro autorevoli esperti del settore: Niklas Zennstrom, fondatore e CEO di Joost; Jeff Pulver, fondatore di Pulvermedia; Vinod Klosla di Kosla Ventures e Jeff Karnes, Direttore di Multimedia Search di Yahoo che coinvolgeranno il pubblico sui temi trattati anche attraverso la proiezione di video, l’analisi dei software di video editing e l’esplorazione dei metodi di acquisizione di nuovi contenuti sul Web. www.videoonthenet.eu di Giulia D’Agostino [email protected] UP 1 iPhone - Apple 2 Mogulus - Web Live Broadcast 3 BlogBabel - blog ranking 4 videogames PS3 5 HSDPA - mobile internet 6 Word-of-mouth MKTG 7 Surface - Microsoft 2 7th TRENDS DOWN 1 Touch Screen 2 Pocket Pc 3 You Tube 4 Technorati 5 Second Life 6 UMTS 7 Push Marketing free business magazine 19 “Realtà macinata e tostata, per chi ama i gusti forti.” NUOVE TENDENZE DI CONSUMO FUTURE CONCEPT LAB di Francesco Morace I consumi e le avanguardie incarnate guardie degli anni 50/60 che in molti casi riprendevano i ragionamenti e le riflessioni delle prime (un esempio su tutti è costituito dal neo-dadaismo di Rauschenberg e Johns). Ciò che oggi emerge da un punto di vista sociologico, è un’accelerazione imprevista di comportamenti eretici ed eclettici al di là di qualsiasi intenzione avanguardista, che consolidano invece una visione creativa diffusa nella classe media emergente in tutto il mondo, e non solo nelle nicchie intellettuali e sperimentatrici che si contraggono fino a far scomparire il concetto stesso di avanguardia. I comportamenti quotidiani delle persone “normali” si stanno avvicinando alle sperimentazioni più ardite delle avanguardie novecentesche: esplorare il mondo di Second Life abitato ormai da molti milioni di persone, equivale a un volo nel mondo dei loro sogni, con estetiche, linguaggi, comportamenti e occasioni che superano la più fervida fantasia di un Magritte o di un Max Ernst. A nche nel consumo, oggi, non ci basta più sperimentare ma si vuole comprendere ciò che si è sperimentato. Conoscenza è la parola chiave anche nei comportamenti di consumo, secondo i principi dell’Illuminismo, ma anche secondo logiche provocatorie ormai diventate le nuove regole della realtà quotidiana. Le avanguardie si sono incarnate nella vita quotidiana ed i consumatori vivono in un perenne surrealismo: ricco di stimoli, sorprese e creatività. A partire dalle logiche e dinamiche - ormai consolidate - di consumo, che indichiamo 20 negli otto principali megatrend dello schema che segue, proponiamo una nuova lettura dei comportamenti quotidiani che si stanno velocemente dirigendo verso una dimensione che possiamo definire di avanguardia incarnata nella normalità, tanto da poter affermare: “la terza ondata” siamo noi. Annotando una curiosa e stimolante assonanza tra la terza ondata teorizzata da Toffler nel 1980 nel libro omonimo, e la terza ondata descritta da Barilli nell’analisi delle neo-neo avanguardie, che avrebbero dovuto seguire le avanguardie storiche di inizio novecento, e le neo-avan- Ciò avviene perché le nuove tecnologie permettono una esplosione spontanea delle unicità creative. Le persone stanno imparando a “riempire” di contenuti “biografici” e di propri “talenti” lo spazio che la Rete ad esempio propone ai propri utilizzatori, per poi trasferirli nella vita reale, nel loro modo di relazionarsi e di lavorare. Questa tendenza si va a scontrare con la crescente esigenza delle organizzazioni di standardizzare i processi, controllare le iniziative, parcellizzare le attività. Ciò darà luogo ad uno scontro epocale tra le tendenze di consumo e le strategie di marketing che diventano l’espressione di una filiera concettuale e comportamentale “contraria” al mainstream socio-culturale. Si crea così una sorta di paradosso secondo il quale gli sforzi per comprendere i consumatori vengono incanalati in una logica che ne tradisce i valori emergenti. Prima o poi la contraddizione esploderà. I comportamenti dadaisti, surrealisti, di “nuovo realismo” (secondo la brillante teorizzazione di Pierre Restany) dei consumatori, riguardano ad esempio le modalità di fruizione dei prodotti che vengono re-interpretati in modo libero e creativo. L’altro elemento riguarda il potenziale dadaista di ciascun prodotto che conduce ad una integrazione completa e definitiva tra funzione e forma, tra etica ed estetica. In altre parole nel consumo emerge la componente concettuale che ha caratterizzato l’arte nell’ultimo secolo e che ancora manca al marketing contemporaneo. Ai manager farebbe bene studiare meno formule economiche e più storia dell’arte. Il fenomeno diventa ancora più chiaro se analizziamo i comportamenti delle giovani generazioni che come i surrealisti vogliono apparire, esagerare, essere protagonisti, attraverso il gioco degli unexpected links, tanto da meritarsi la definizione di Linker Boys. La rete e i cellulari diventano gli strumenti della loro esuberanza creativa, e You Tube e MySpace le gallerie che ne permettono l’esposizione. Anche il design si è ormai liberato dalle scuole di pensiero contrapposte (il movimento moderno contro il design radicale), adottando la logica dell’esperienza come punto di riferimento per definire il proprio ruolo nello stimolare la qualità della vita. Così come è avvenuto nel rapporto tra arte ed architettura nella realizzazione dei musei d’arte moderna e contemporanea, diventa essenziale e strategico il rapporto circolare tra consumatore – nuovo protagonista creativo – nuovi linguaggi estetici e di design, ed esperienza personale riconducibile al mindset delle avanguardie. In questo processo diventa strategica la variabile del tempo, poiché le sperimentazioni artistiche dei cittadini-persone non sono episodiche ma si prolungano nel tempo con un’influenza pari a quella delle avanguardie che sono state riprese a ondate nel corso del secolo scorso. Ciò impone la necessità di un “pensiero lungo” e anticipatore come spesso ha saputo essere il pensiero delle avanguardie. Inno a Duchamp Tutto ciò è stato reso possibile per le intuizioni anticipatorie di un grande protagonista del pensiero e dell’arte: il filosofo-artista Marcel Duchamp, che nella vita si definiva soprattutto giocatore di scacchi. Una volta scardinata la logica artistica dell’aura (la cui “caduta” verrà splendidamente analizzata poi da Walter Benjamin) attraverso le operazioni concettuali di Duchamp (un esempio per tutti: proporre un orinatoio in una mostra come oggetto d’arte), la dimensione artistica non può far altro che lasciare il posto alla pura e semplice dimensione estetica, che tra l’altro viene meravigliosamente Foto tratte dall’Archivio internazionale di Future Concept Lab ripresa dal nascente disegno industriale. Duchamp è colui il quale trasforma l’arte in design, intuendo l’enorme potenziale estetico della produzione industriale. In quell’esatto momento si capovolge il rapporto di forza tra l’arte quotidiana della produzione industriale e quindi di consumo, e i movimenti artistici che rischiano di diventare una parodia di se stessi. Il surrealismo funge da cerniera in questo passaggio, proponendo i primi oggetti artistici di consumo, inseriti in una logica ancora artigianale ma destinata a diventare industriale con lo sviluppo del design: vedi l’intreccio affascinante tra il gruppo di surrealisti emigrati in Usa e la nascita del correalismo di Kiesler o il biomorfismo di Isamu Noguchi che propone oggetti, mobili e arredi producibili industrialmente. Del resto le applicazioni più affascinanti delle avanguardie avvengono proprio nell’ambito degli oggetti d’uso: dai gioielli di Salvador Dalì agli abiti di Elsa Schiaparelli, dalle sperimentazioni futuriste sui capi di abbigliamento fino alla nascita delle prime straordinarie campagne pubblicitarie d’avanguardia e le prime “vetrine” surrealiste, fino alla definitiva affermazione del disegno industriale che rappresenta l’esempio più concreto ed evidente di re-incarnazione delle avanguardie artistiche. Duchamp compie quindi un allargamento del campo estetico. Alcuni hanno letto questa operazione come una privazione del linguaggio artistico: l’opera d’arte scade a merce. Al contrario Duchamp aveva già in mente il vero percorso che si sarebbe innestato nella società nascente: la merce diventa la straordinaria espressione del talento artistico. Dopo un secolo questo assioma viene ormai riconosciuto anche dai consumatori. Ma – come nell’arte – non tutte le merci si assomigliano o si equivalgono. Il consumatore assume il ruolo che era stato quello del critico d’arte. Da oggi comincia il gioco del giudizio estetico, del successo e del fallimento. L’altra operazione che Duchamp compie riguarda l’enfasi dell’intenzione, e quindi dell’intelligenza nella scelta. Lo sfruttamento del caso significa affidarsi a forze e processi che hanno già deciso per noi, recuperandoli con l’intenzione, che enfatizza il valore estetico. Duchamp continua ad emettere negli anni le sue rare, calibrate intenzioni, a condurre il suo discorso polidimensionale, non legato ad alcun “specifico” artistico, pronto a coinvolgere tutti i settori di esperienza, a incrociarli tra loro. Le macchine ci sono, già fatte (ready made) e il problema è allora di vedere come farne un uso “estetico”, oltre a quello di ordine pratico che ne rispetta le funzioni per cui sono state prodotte. Con ciò si passa dall’arte all’estetica. Ed è questo il punto che ci interessa: la forza del concetto e dell’intenzione entrano a far parte della dimensione estetica e vengono raccolti dal consumatore che li può governare con la propria sensibilità, trasferendo “l’artisticità” dell’oggetto dal museo alla propria casa, distruggendo definitivamente l’aura artistica e riconoscendo la forza estetica del design. La produzione e il consumo contemporaneo non faranno altro che riprendere questi linguaggi, integrarli nelle proprie strategie, e nutrire la crescente sensibilità che le avanguardie hanno contribuito a risvegliare nel loro lunghissimo metabolismo nella normalità quotidiana. free business magazine 21 NUOVE TENDENZE DI CONSUMO Realtà e Surrealismo nei consumi emergenti: le 8 Tendenze. Il consumo come fenomeno complesso di definizione ed affermazione della persona e non più come comportamento puramente necessario, si conferma come uno dei più importanti aspetti della vita contemporanea, e viene qui illustrato nelle sue molteplici sfaccettature. Un percorso reso concreto attraverso oggetti, spazi, comportamenti e soprattutto le dinamiche che si instaurano tra chi progetta e chi ne fruisce. Senza dimenticare uno sguardo verso il futuro e le sue sorprendenti potenzialità. La conoscenza dei prodotti e del loro uso diventa eccitante e l’esperienza di ciascuno diventa conoscenza attraverso la propria unicità. Le esperienze e le emozioni vengono potenziate attraverso il filtro della consapevolezza e della sapienza, ma è l’estensione della conoscenza, e non solo la sua profondità, che segna la nuova sfida di un sapere per tutti e a tutti accessibile. Le cose che contano non si possono comprare: l’etica si riavvicina all’estetica e diventa la nuova piattaforma creativa, e al contempo i produttori sempre più dovranno costruire la loro credibilità sulla base autentica del saper fare. L’ambiente in tutte le sue accezioni sta diventando il valore supremo: come contesto vitale, come cornice climatica, come fonte di ispirazione, e più di tutto come qualità complessiva dell’esperienza individuale. Le tendenze di cui si parla qui di seguito sono state approfondite durante il seminario del Future Concept Lab tenutosi il 5 luglio a Milano. 3. Pocket EXPERIENCE Shangai Prodotti e servizi eccellenti, limitati nel tempo e nello spazio, che costituiscono il punto di incontro tra lusso e commodity, proponendo una esperienza premium con una densità nelle dimensioni, nel prezzo e nella qualità. Si tratta di esperienze tascabili, accessibili, ma nello stesso tempo memorabili e illuminanti. I prodotti in questo senso diventano “augurali”, cioè promesse di qualità e doni di esperienza. Come in un Natale permanente. FUTURO PROFESSIONAL RESULTS 1. Moving EFFECT La mobilità non è un destino nè uno stile, ma una nuova condizione di vita che attraverso la dimensione dinamica (la moving experience in termini di viaggio, conoscenza, tecnologia) crea effetti innovativi in termini di nuova domesticità, prossimità, accoglienza. Più si è nomadi, più si desidera qualità e accoglienza, calore e serenità. In questa tendenza diventa essenziale la nuova relazione tra la casa e la città, attraverso quel fenomeno che abbiamo definito nel mondo dei living trends chiamandolo Extra-Domestic. Oral-B Nella casa, l’ambiente che più di tutti si è modificato seguendo questo trend di consumo è sicuramente il bagno, che da area prettamente funzionale si è trasformato in uno spazio di piacere fisico profondo. Il potenziamento degli aspetti più sensoriali e delle funzioni accessorie dei sanitari ha portato alla creazione di beauty farm domestiche e di un nuovo concetto di cura quotidiana per sé. Dalla sensorialità degli ambienti si sta ora passando all’offerta di prodotti professional per la bellezza e l’igiene personale. Un esempio nel largo consumo è quello di Oral-B che tra i prodotti propone articoli sbiancanti e di fluoroprofilassi, oltre a kit da viaggio completi. FUTURO DETOURNEMENT CONTEXTS WC1. Le esigenze più ‘basiche’ vanno oggi riviste e ripensate per una società di persone in movimento, anche per tutto l’arco della giornata, sul territorio urbano: basti pensare alle toilette pubbliche delle città. Un esempio di successo in questo senso è WC1, toilette pubblica di Londra riservata alle donne, ideata da Elaine Gerrard, un bagno con musica lounge, spazzole, creme, phon e prodotti di emergenza; ingresso a pagamento 1 sterlina. New York Tecnogym Anche considerato nella sua globalità, il vissuto privato della domesticità si sta trasformando in una «pocket experience», facendosi qualitativamente più denso. Ecco dunque che i prodotti ed i servizi pensati per la casa che ottengono maggior successo sono quelli piccoli ma efficienti, superaccessoriati e migliori anche dal punto di vista edonistico, per una qualità della vita privata sempre più elevata. Tecnogym, produttore di macchine per le palestre, ha prodotto Kinesis Personal: un prodotto innovativo disegnato da Citterio per tenersi in forma in casa, senza dover uscire ma neppure rinunciare all’arredo di design. 4. Taste EMPOWERMENT 2. Choice EXCITEMENT Emerge la centralità del gusto, e la capacità culturale del consum-autore che si pone al centro del processo di crescita e potenziamento della propria creatività espressiva, attraverso il consumo. Il taste empowerment si trasforma in sense enjoyment e segna la nascita di nuove forme di personalizzazione. Il corpo, le sue competenze, la sua centralità sensoriale ed emotiva si manifesta in tutta la propria potenza. Il futuro del consumo si gioca sull’eccitazione della scelta, che implica la capacità di selezionare attraverso il colpo d’occhio e la conoscenza intuitiva, che si fonda sempre su una solida base di esperienza e informazione. La scelta si allontana dal capriccio, si libera dalla pressione mediatica e dall’influenza dei grandi brand, e riconquista una autonomia illuminata. Si affermano quelli che i surrealisti avrebbero definito gli Uncommon Objects, che paradossalmente oggi diventano sempre più comuni. FUTURO UNIQUE REALITIES FUTURO ORIGINAL VIEWS Madrid Milano Ugly-home.com Tra le modalità di acquisto alla base di questo trend troviamo l’impulsività, la velocità, la ricerca di originalità facile e di un prodotto «irresistibile». Ecco perché internet si prefigura come canale di vendita privilegiato per oggetti di questo tipo. Ugly-home.com è il sito per la vendita on line di una boutique parigina che propone un’idea di casa ironica e surreale, con prodotti di design in linea, come gli sticker per riprodurre l’ombra di lampadari ottocenteschi anche dove in realtà c’è solo una lampadina nuda. 22 Choice Excitement Al Choice Excitement si lega il successo delle piccole aziende (anche formate da una singola persona), giovani e creative, per la loro capacità di rompere con le logiche del mercato classico. I giovani americani, usando il proprio corpo come mezzo pubblicitario, portano così al successo le brands underground: marchi creati da graffitari, skater e designer che decorano le t-shirt manifesto con loghi, frasi e disegni per commentare fatti e personaggi a cavallo dell’attualità e della pop culture. Tra le brand underground più famose No Mas (www.nomas-nyc.com), Barking Irons (www. barkingirons.com) e The Hundreds (www.thehundreds.com). Liquid Floor Gli ambienti domestici stanno diventando sempre più spazi liberi sui quali esercitare la propria creatività, dipingendo i propri stati d’animo, le passioni e le emozioni del momento, ma anche attraverso mezzi più «fluidi» e immateriali, che permettono di cambiare l’atmosfera degli ambienti. L’azienda Creative Environments propone materiali innovativi per ambienti e oggetti d’arredo. In particolare, con Liquid Floor vengono proposte delle piastrelle modulari sulle quali, camminando o in seguito a qualunque tipo di pressione, si creano giochi di luce, colori e forme che rimangono impresse. Møzaikit Nel crescente successo del fai-da-te, l’originalità del fatto a mano si affianca alle potenzialità dell’industrializzazione personalizzata. Rendere oggetti vecchi o rovinati di nuovo belli, divertenti e soprattutto unici sta diventando una modalità creativa molto diffusa. Møzaikit è un kit di 225 tessere colorate adesive in vinile venduto on line per la decorazione fai-da-te di qualunque superficie ed oggetto, dal computer all’automobile. Gli ideatori, Shalgø Industries, lavorano a partire da materiali industriali, con una tavolozza di colori pop saturi, che loro definiscono «post-Nintendo». free business magazine 23 NUOVE TENDENZE DI CONSUMO 5. Surprising ENDURANCE 7. Push-button EXPERTISE L’accesso e il controllo dell’informazione da parte di una fascia sempre più estesa di popolazione, crea competenza ed attesa di qualità, sviluppa nuovi talenti e incoraggia consumatori che controllano tutto con un dito e un bottone, condividendo l’expertise e la conoscenza profonda dei prodotti. Il bisogno di sorpresa e “meraviglia” che emerge con forza dai nuovi consumatori, può essere ricondotto ad una riscoperta conoscitiva delle radici e della memoria, come facevano i surrealisti quando esploravano le culture primitive. La memoria dinamica rende più credibile le proposte di consumo, perchè si basano su storie/valori che durano nel tempo, distinguendosi per il loro carattere autentico e alternativo. L’elemento innovativo sta nella relazione tra la durata e la sorpresa. FUTURO DIFFUSED UTOPIA FUTURO CULT INTERPRETATION Stoccolma Shangai Nardini. Nella Cult Interpretation, un ruolo chiave è sicuramente quello dell’architettura nella definizione dell’identità di marca/aziendale sul piano più concreto e tangibile: quello che parte dai materiali e dalle forme dei luoghi. Dopo la moda (Prada, Dolce&Gabbana, Armani), e la filiera meccanica (Ferrari, Brembo e Piaggio), numerose sono le cantine vinicole disegnate da rinomati studi di architettura: Antinori, Berlucchi, Rotari, le distillerie Nardini. Anche nel settore farmaceutico, Angelini ha fatto affidamento ad un grande studio, Transit. Surface. Le tecnologie hardware e software stanno facendo progressi enormi, soprattutto per quanto concerne le interfacce con gli utilizzatori, che si fanno più intuitive ed immediate e, in alcuni casi, spettacolari. A fine maggio ’07, Bill Gates ha presentato Surface: un prototipo di computer funzionante senza tastiera e senza mouse, con la tecnologia multi touch. Inoltre Surface è capace di riconoscere gli oggetti che vi vengono posati sopra e di interagire con essi. Accenture ha costruito, sulla medesima tecnologia, un intero muro interattivo e ad alta risoluzione, acquistabile per un utilizzo multiplo e simultaneo, come necessario, ad esempio, per lavori di gruppo su problemi complessi. Moooi. L’azienda olandese Moooi, dal 2001 sotto la direzione artistica di Marcel Wanders, e dal 2006 al 50% di proprietà di B&B Italia, produce mobili ed oggettistica per la casa in partnership con alcuni dei maggiori creativi a livello internazionale, come Li Edelkoort, Erwin Olaf, Joep van Lieshout, Jurgen Bey e Ross Lovegrove, ma anche con nuovi designers emergenti come Studio Job e Front. Il lavoro spesso è sugli archetipi e su prodotti già esistenti sul mercato, ma con un effetto finale sorprendente e con lo scopo esplicito di renderli eterni e, soprattutto, «eternamente nostri». Desktop Factory. Dopo lo sviluppo in ambito industriale a scopo sperimentale e l’attuale ingresso nel mondo del design e nella produzione vera e propria, la tecnologia per la creazione di modelli tridimensionali sta infine diventando una realtà per il consumo finale su vasta scala. Per la fine del 2007 la Desktop Factory, azienda californiana, lancerà sul mercato la prima stampante 3D compatta e con un prezzo contenuto. Le applicazioni, quasi fantascientifiche, vanno dalla riproduzione di piccoli oggetti, come bambole e scatoline, all’autoproduzione di pezzi di ricambio per elettrodomestici e alla creazione di veri e propri mobili da assemblare. Gli oggetti vengono stampati in plastica, con la possibilità di ricorrere al web per i disegni tecnici. 8. Expanded ENVIRONMENT 6. Fair EXTENTION Il bisogno etico di giudizio e responsabilità si estende alle aziende, si diffonde in comunità allargate di consumatori, secondo i valori di una nuova democrazia, con processi che diventano visibili, trasparenti, e comprensibili a tutti. La qualità integrale dei prodotti prevede il giusto equilibrio tra la trasparenza dei processi, la correttezza del prezzo e il rispetto dei diritti. Siamo nel cuore dei valori neo-illuministi. Melbourne L’ambiente vitale si espande e richiederà nuova cura, sia in termini ecologici, che in termini narrativi. Il clima, l’energia, la qualità dell’aria e dell’acqua diventano condizioni universali che andranno a modificare i nuovi consumi, ma in questa tendenza sottolineamo in particolare che i contenuti del web diventeranno come l’aria da respirare. Nello stesso tempo sarà sempre più importante archiviare e collezionare storie e passioni comuni, opinioni da condividere e progetti di networking, in rete ma anche sul territorio. L’espansione dell’ambiente sarà legata all’intelligenza connettiva, come afferma Derrick de Kerkove. FUTURO SYSTEM CHANGE FUTURO RESPONSIBLE TRANSPARENCY New York Pasona Inc. A Tokyo l’agenzia interinale Pasona Inc. ha impiegato spazi dismessi e risorse umane sotto-utilizzate per dar vita ad un progetto avanzato di coltivazioni indoor. I sotterranei del palazzo sono diventati un giardino dove giovani disoccupati e pensionati fanno crescere verdura e frutta biologiche in idrocoltura e senza pesticidi. Al profitto aziendale si è unito un doppio vantaggio che fanno di questo caso un esempio di Responsible Transparency. 24 Lifegate. Nascono dal basso e si sviluppano sempre più tutte quelle realtà associative che si impegnano per cambiare in meglio l’approccio delle persone all’ambiente nella vita quotidiana, aumentandone l’impegno attivo attraverso progetti che diffondono maggior conoscenza sull’argomento. Impatto Zero è uno dei tanti progetti di LifeGate, piattaforma per il mondo eco-culturale che si concretizza in una radio, un magazine ed un portale Internet. Nato dalla volontà di compensare le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera per fermare l’effetto serra, Impatto Zero ha anche una certificazione da Bios, organismo che opera nel settore del controllo del metodo biologico. Il progetto, elaborato in collaborazione con il Politecnico di Losanna e Università italiane, mira a responsabilizzare persone e aziende proponendo loro un metodo concreto per calcolare le proprie emissioni di anidride carbonica e poterle compensare contribuendo a riqualificare e tutelare foreste in crescita, sia in Italia che in Costa Rica. 3XN. Su un piano diverso ma complementare, si assiste ad esperimenti architettonici e di design che vanno ad impattare sia sul micro-ambiente domestico, sia sul macro-ambiente paesaggistico e urbano. Lo sforzo è sempre quello di unire una funzionalità ecologica ad un rinnovato gusto estetico, nell’intento di attrarre anche le persone meno interessate all’ecosistema. Molti oggetti proposti dai giovani progettisti al Salone del Mobile 2007, e progetti di sviluppo per le periferie urbane come quello dello studio danese 3XN per Nordhaven, sono esempi – su scala diversa – di questo trend. free business magazine 25 “In viaggio da casa all’ufficio e viceversa.” Crossing India Continua imperterrito il viaggio del nostro inviato. Hippy e turisti? Meglio le tigri. di Alessandro Soro* I piani dello scorso mese hanno subito ritardi e cambiamenti. Mi sono ammalato. Ho passato sette giorni confinato nella mia stanza a combattere contro una pesante influenza che mi ha debilitato nel corpo, ma non ha intaccato lo spirito. Gli hippy nel frattempo sono partiti, meglio così. Costretto all’immobilità, ho avuto la possibilità di conoscere il proprietario della mia casa a Rishikesh, il signor Narendra Nandubhai Bhandari. Come la Namaskar Guest House è stata la mia casa a Delhi, così la New Bhandari Swiss Cottage è la mia casa a Rishikesh. Abbiamo parlato dell’India, il paese dove anche una straniera – Sonia Ghandi – può essere eletta in Parlamento; di come, partendo dal nulla ed in soli quindici anni, egli abbia costruito il suo impero, la sua fortuna: tre Guest House, due alberghi di lusso ed alcuni negozi. Soprattutto, ab- 26 biamo parlato dell’imminente matrimonio della nipote Pinki, figlia del fratello Ragindar, cui sono stato invitato a partecipare. Nonostante fossi guarito, ho deciso di fermarmi ancora qualche giorno per attendere il grande evento. Intanto ho cercato di recuperare la forma fisica con una passeggiata alle cascate di Rishikesh. Partendo da Lakshman Jhula, le prime cascate si trovano a circa un chilometro; le seconde a circa sette chilometri e le terze a diciassette chilometri. Solo le seconde meritano una visita. Non più alte di 30 metri, sono immacolate, e scendono leggere su di un costone di roccia. I minerali contenuti nell’acqua hanno formato sugli alberi e sulla roccia stessa delle splendide quanto fragili stalattiti ed è un piacere bagnarsi sotto le tiepide acque. Finalmente è arrivato il giorno del matrimonio. Un’esplosione di colori. L’immenso giardino «Abbiamo parlato dell’India, il paese dove anche una straniera – Sonia Ghandi – può essere eletta in Parlamento; di come, partendo dal nulla ed in soli quindici anni, egli abbia costruito il suo impero, la sua fortuna» «Finalmente è arrivato il giorno del matrimonio. Un’esplosione di colori. L’immenso giardino sottostante la Guest House è stato ricoperto di tappeti; gli alberi e le canne di bambù che ne delimitano il perimetro ricoperti da grandi drappi rosa ed indaco» «Quando la banda tradizionale finisce la sua performance ed attacca la musica elettronica me ne vado (la festa durerà fino alle quattro), il giorno dopo devo partire. Mi aspettano le tigri siberiane» sottostante la Guest House è stato ricoperto di tappeti; gli alberi e le canne di bambù che ne delimitano il perimetro ricoperti da grandi drappi rosa ed indaco; lucine e lampade al neon indicano il cammino; sparsi in ogni angolo, punti di ristoro offrono dolci di ogni genere, zucchero filato, frutta, Pakora, Samosa e dei meravigliosi Aloo Tikki (polpette fritte di patate poi ricoperte di yogurt e miele); cinque bidoni di kerosene, trasformati in forni Tandoori, sfornano incessantemente Roti; su di un bancone lungo trenta metri, quindici grandi giare in ottone vengono di continuo riempite con ogni sorta di cibo. Nella parte più ampia del giardino, di fronte ai due troni per gli sposi, trecento sedie (non basteranno); alla destra dei troni, una pista da ballo, un gruppo musicale tradizionale ed un kindergarten. Come nelle migliori favole, lo sposo fa il suo ingresso su di un cavallo bianco e la gente si accalca per toccarlo, mostrargli reverenza e gettargli al collo collane di garofani. Appena la calca si dirada, appare un ragazzone in carne, vestito con un sari celeste trapuntato; il viso coperto da festoni anch’essi color arancio; sulla pancia, un disco fatto di banconote da 10 Rupie (di buon auspicio economico). Si siede sul trono ed inizia un rito in cui il suocero si inchina ai suoi piedi, intinge la mano in una piccola ampolla, si rialza e segna la fronte dello sposo. Il rito, svolto sotto la supervisione di un religioso, si ripete più volte e dura circa dieci minuti. L’ingresso di Pinki – la sposa – passa tutto sommato inosservato. La gente già affolla i punti di ristoro. Anche Pinki è vestita con uno splendido sari tradizionale rosso ed oro; le braccia sono ricoperte di bracciali sotto i quali si intravedono degli splendidi disegni fatti con henne. Al naso un enorme anello d’oro con rubino incastonato. Quando la coppia è sui troni, gli invitati eccellenti fanno la fila per uno scatto, la loro serata sarà una foto continua. Incontro nuovamente Narendra, il mio ospite, che sotto l’influsso dell’alcool mi racconta il suo disgusto per i matrimoni “all’occidentale”. «Quando, 15 anni fa, sposai mia moglie gli invitati erano almeno il doppio di oggi, e la festa è durata cinque giorni. Si stava tutti seduti in circolo, per terra su delle stuoie ed il cibo consisteva solamente in riso bollito servito su foglie di banana e lenticchie. Nient’altro. Se qualcuno si voleva alzare, doveva chiedere il premesso a mio padre. Mio zio e i suoi amici suonavano; nessun bisogno di casse o amplificatori. Eravamo poveri eppure c’era più magia, più atmosfera. Non come qui, dove ognuno fa come gli pare». Mi dice con aria sconsolata immerso nel suo doppio petto gessato, camicia bianca e mocassini da mafioso anni trenta. Quando la banda tradizionale finisce la sua performance ed attacca la musica elettronica me ne vado (la festa durerà fino alle quattro), il giorno dopo devo partire. Mi aspettano le tigri siberiane. La mattina seguente mi sveglio all’alba. Prendo il primo bus per Haridwar. Ad Haridwar dovrei prenderne un altro per Ramnagar ma è domenica ed il bus non c’è… Sono costretto a prendere un bus fino a Kashipur (un incrocio polveroso) e poi un altro fino a Ramnagar. Il tutto in sette interminabili ore stipato come una sardina in una scatoletta di curry. A Ramnagar – principale punto di accoglienza per il Corbett National Park – mi prenoto per Dhikala, una cinquantina di chilometri a nord nel cuore della riserva. Provo a fare un giro ma c’è poco da vedere, anzi nulla. Eccezion fatta per i Katash, splendidi alberi ai lati delle strade completamente ricoperti con grappoli di fiori rossi. La sera mi infilo in un ristorante, il Govind, dove, oltre ad un pessimo Malai Kofta, mi vengono dati i quaderni dove i turisti lasciano le loro impressioni sulla Corbett. Vado subito a leggere i free business magazine 27 commenti dei giorni appena precedenti il mio arrivo. Sono tutti entusiasti ma nessuno è riuscito a vedere le tigri. Il periodo non è il migliore. Considerato che le tigri sono animali territoriali; considerato che la riserva si stende su più di 1.300 kmq, e che le ultime stime sulla popolazione di tigri parlano di 160 esemplari, ho – mi dicono – circa il 5% di possibilità di incontrarne una. Ore 5 del mattino: si parte. Durante il viaggio per Dhikala, la mia guida Shammi (cell. 9719759319), inizia a snocciolare dati: il 60% degli alberi da alto fusto è costituita da Sal (Soria Robust) il cui pregiato legno è molto ricercato per la fabbricazione di mobili; gli elefanti sono circa 650 esemplari; le quattro specie di cervi circa 20.000. Incontriamo subito pavoni, cervi, macachi, scimmie entello, aquile, sciacalli e Monitar, i grandi varani color sabbia. Arrivati a Dhikala ci registriamo e partiamo per un primo tour in jeep. Ancora varani, cervi, elefanti, cinghiali e decine di specie di coloratissimi uccelli. Assisto, emozionato come un bambino, alla nascita di un Martin-Pescatore. L’uovo si è dischiuso sotto i miei occhi. Il piccolo, esausto, si adagia accanto all’uovo. Sembra morto. Solo con l’ausilio della macchina fotografica riesco a percepirne il respiro. La madre è li, spaventata dalla nostra presenza cerca di attirare la nostra attenzione lontano dal suo piccolo saltellando e cinguettando freneticamente. Chiedo a Shammi di andar via. Sono le 11 e le ferree regole della Riserva ci impongono di rientrare a Dhikala. Qui tutto è regolarizzato/istituzionalizzato. Le escursioni possono essere effettuate solamente tra le 6 e le 11 e dalle 16 alle 19. Il resto del tempo si è confinati all’interno di Dhikala, protetti da una recinzione elettrica – alimentata con pannelli foto voltaici – resasi necessaria dopo l’aggressione di una tigre ad un abitante di Dhikala. Durante le escursioni non è consentito scendere dalla jeep. Si è costretti al binocolo. E come la vista, anche le sensazioni risultano filtrate. Neanche nell’enorme prateria posta al centro della riserva è possibile camminare. E’ frustrante. Inevitabilmente, allo scoccare delle fatidiche ore d’escursione, una ventina di jeep parte all’unisono con il prevedibile risultato di far dileguare nella foresta tutti gli animali. Pare sappiano benissimo i tempi dei turisti. Vedo altri cinghiali, un folto gruppo di elefanti, di nuovo varani Monitar, un cobra grande come un tronco d’albero ed i Gharial, i coccodrilli palustri. Ma delle tigri nessuna traccia. Shammi mi spiega che le uniche due specie non autoctone sono i Lentana (un arbusto rampicante importato dagli uccelli che infesta la zona e distrugge il sottobosco) ed i Gharial, importati dall’uomo ed ora presenti in circa 300 esemplari. Con l’uccisione di una tigre e di un giovane elefante, i Gharial hanno spodestato le tigri dal loro ruolo di predatori incontrastati. Quella che fino a venti anni fa era considerata la perfetta terai-babhar (terra delle tigri), è oggi divenuta grazie all’uomo la teraimagher macha (terra dei coccodrilli). La mia prima giornata si chiude senza aver avuto la possibilità di vedere alcuna tigre. Mattina, ore 6. Il mio elefante è pronto per il tour di due ore. Tusker questo il suo nome, è un maschio di 40 anni di cui 30 di onorato servizio. E’ buono, ha gli occhi dolcissimi e provo tenerezza e rabbia per questo immenso pachiderma costretto da un punteruolo ad andature non naturali, a repentine retromarce e cambi di direzione. Attraversiamo la prateria ricoperta di piante di marijuana che anche Tusker sembra gradire. Eccola! Possente, maestosa, bellissima. Un maschio di tigre di circa tre metri. Se ne sta paciosa ai margini del fiume Ramganga sdraiata in una pozza al riparo dal sole. Sembra mal tollerare la nostra presenza. I nostri sguardi si incrociano e le mani iniziano a tremare (le foto ne risentiranno). Come con i miei gatti, strizzo gli occhi e li riapro. Spero capisca il mio segno di affetto. Lui sbadiglia e ricambia la strizzata di occhi. >login «Possente, maestosa, bellissima. Un maschio di tigre di circa tre metri. Se ne sta paciosa ai margini del fiume Ramganga sdraiata in una pozza al riparo dal sole. Sembra mal tollerare la nostra presenza. I nostri sguardi si incrociano e le mani iniziano a tremare» «Sii spontaneo!» Questo popolare consiglio di parenti e amici è al primo posto fra le famose ingiunzioni paradossali di Watzlawick, in apparenza semplici ma impraticabili nei fatti per le contraddizioni e i tranelli che nascondono. Agli assetati che vengono a cercare l’illuminazione, i guru del marketing lanciano messaggi simili. «Capite cosa vuole davvero il cliente!» (Underhill). «Generate differenza!» (Farinet). «Regalate esperienze!» (Schmitt). «Intraprendete la trasformazione creativa!» (Heward). Sono veri koan, i quesiti arcani che i maestri zen pongono ai discepoli. Ma i koan non sono punti di partenza, al contrario si arriva a intuirli dopo anni di riflessione. Da noi invece si corre. La risoluzione del mercato aumenta. Le aziende si trovano davanti platee tanto finemente diversificate che i target segment collassano nei loro opposti, individui singolari. Contro questo caos la statistica è disarmante. Le Business School e il Canone perdono visibilmente autorità. Il marketing appare oggi più che mai questione di talento e visione: la Leggenda degli Uomini Straordinari che lo fanno. Stefano Diana *[email protected] 28 free business magazine 29 Regis McKenna è considerato il guru del marketing della Silicon Valley. Ha lavorato con numerose start up, tra cui America Online, Apple, Compaq, Electronic Arts, Intel, Microsoft, 3COM. Ha contribuito al lancio di molte delle innovazioni tecnologiche degli ultimi trent’anni, come il primo microprocessore (Intel) e il primo personal computer (Apple). REGIS MCKENNA Il nuovo consumatore è in tempo reale I Interviene per primo al Forum milanese e ci racconta, con la saggezza e la pacatezza di chi ne ha viste tante nei suoi lunghi anni di attività, come coniugare innovazione tecnologica e nuove forme di marketing per rendere costruttivo e reciprocamente vantaggioso il rapporto con il cliente. “L’era in cui il marketing creava i mercati è finita. Non si tratta piu di telling and selling (annunciare e vendere), l’input non parte più dall’alto. Bisogna imparare a rispondere alle sollecitazioni del mercato. 30 Viviamo nell’epoca della personalizzazione di massa del prodotto. Ignaro delle implicazioni delle nuove tecnologie ma bravo ad applicarle immediatamente, il cliente di oggi ragiona in termini di wherever - in qualsiasi posto - e whenever - in qualsiasi momento - e domani è già troppo tardi!” Secondo McKenna è tutta colpa di questi congegni a basso costo che abbiamo messo alla portata di tutti e che stanno dettando i veri cambiamenti. Entro la fine del decennio ci saranno in circolazione 10 miliardi di cellulari (connessi ad Internet) che costituiranno una finestra di accesso ad un mondo illimitato di informazioni e servizi. “Attraverso questi piccoli schermi l’economia terziaria si svilupperà enormemente. Gli insegnamenti del maestro McLuhan - il mezzo è il messaggio - non sono mai apparsi così veri!” Già due terzi della Silicon Valley è dedita ai servizi e il settore manifatturiero perde rilievo. In Italia REGIS MCKENNA disegna il rapporto totale tra aziende e utenti nell’era dei blobjects iperconnessi MOLTEPLICITÀ DEI MEZZI «Il marketer è una figura in crisi e in media non resiste più di 23 mesi in un posto di lavoro!» Il cliente si scopre, apprezza il facile accesso. E il successo di Starbucks, che si trova in ogni angolo del pianeta (tranne che da noi!), testimonia questo fatto. “Le aziende sbagliano ad affidarsi ai grandi esperti di marketing spesso ignari del ruolo che la tecnologia può svolgere nel risolvere i problemi del marketing.” Per McKenna il marketer è una figura in crisi e in media non resiste più di 23 mesi in un posto di lavoro! “Nè vale la pena spendere fior di quattrini in campagne pubblicitarie. Le statistiche mostrano che siamo stanchi dell’ingerenza della pubblicità nella nostra vita. Alla fine serve solo a catturare l’attenzione di Wall Street” e a gratificare l’ego dei top manager, aggiungo io. “Ma per attirare clientela bisogna avere capacità programmatiche e un software flessibile come anche saper leggere i vari blogs dove i vostri clienti stanno parlando di voi!” Allora ecco suggerire che sono spesso i CIO (i responsabili dei sistemi informativi) nelle aziende a ricoprire un ruolo cruciale nella risoluzione di problemi di marketing, che oramai fanno parte integrante di una rete informativa dove il successo viene misurato in termini di velocità di risposta alle nuove esigenze del cliente. Apple Store di Ginza a Tokyo consumatori vivono e agiscono in un mercato in tempo reale. Eppure troppe aziende sono lente a rispondere a questa nuova realtà. Parola del pioniere della Silicon Valley, Regis McKenna, teorico, autore di molti libri, membro dell’organo consultivo di grandi aziende quali BMW e Toyota, responsabile dello start-up di Apple e Intel, in poche parole un guru del marketing e dell’innovazione. il 50 per cento delle nostre imprese già lavora nel settore terziario. La sfida è aperta e per raccoglierla in pieno bisogna cambiare il modo di pensare, ad esempio in termini di conflitto con la distribuzione. “Oggi si parla di molteplicità dei mezzi. L’interazione con il cliente è tramite il suo accesso e non tramite i tradizionali mezzi di trasmissione dal produttore al cliente.” Apple docet. E’ un dato di fatto che la società di Steve Jobs oramai impiega più personale nei suoi punti vendita (Apple Store) che nella catena di produzione. “Sono posti accoglienti e sempre affollati dove il personale interagisce liberamente con le persone per capire esigenze e aspettative. Informazioni vitali che vengono poi comunicate alla dirigenza. Cosi anche il vostro distributore che ha un contatto diretto con la clientela è una fonte vitale di informazione che nessuna azienda può permettersi di ignorare”. «L’interazione con il cliente è tramite il suo accesso e non tramite i tradizionali mezzi di trasmissione dal produttore al cliente.» “Il nuovo modo di intendere il marketing è di vederlo come un processo educativo dove l’azienda impara ad innovare grazie all’interazione con il cliente e con il mercato”. Qui McKenna lancia il cuore oltre l’ostacolo e sferza una platea affollata da un migliaio di uomini e donne di marketing suggerendo: “il marketing sparirà e lascerà il posto a una rete interattiva di servizi dal produttore e fornitore al cliente e in senso inverso”. Regis McKenna al WM&IF di HSM, Milano creatività del design è quasi secondaria alla creatività richiesta nella gestione del rapporto con il cliente. Consideriamo il fatto che sia MacIntosh che Google prediligono i giovani con il dottorato fra i loro assunti. Google in particolare non ha neppure un esperto di marketing. Da loro si pensa in termini di algoritmi e sono ossessionati dal concetto della velocità. Gestiscono 91 milioni di ricerche al giorno tramite una infrastruttura informatica tra le più potenti ed estese al mondo. Un’altra parola chiave è la connettività. E-Bay che gestisce 30 milioni di contatti al giorno ha di recente comprato Skype nel tentativo di voler usare e commercializzare la sua tecnologia per incrementare il numero di conversazioni e contatti fra i propri clienti e attirarne di nuovi”. Ciò non toglie il fatto che per McKenna la leadership in un’azienda svolge il ruolo più importante. “E’ solo la sua capacità, curiosità e disponibilità nel capire come sta cambiando il mondo e l’impatto della globalizzazione sull’impresa che può lanciarla avanti”. Bisogna però abbandonare modelli tradizionali di gestione e cominciare a parlare in termini di lavoro di squadra. “Il successo di un marchio è compito di tutti. Le carenze di un solo settore possono compromettere il successo anche di un buon prodotto”. Piace molto a McKenna ricordare il caso Enron. Inoltre bisogna capire che “il mercato è estremamente competitivo e affollato: fino a 700 nuovi marchi appaiono sul mercato ogni giorno. Sembra che questa possibilità di scelta esasperata piaccia al consumatore che non ragiona più in termini di lealtà al marchio ma esprime di volta in volta delle preferenze basandosi su criteri quali prezzo, convenienza, caratteristiche, ecc”. Conclude Regis McKenna citando le parole di un nostro manager, Scognamiglio del gruppo Benetton: “ Il tempo è il nostro nemico”. Grazie zio Regis! di Nancy Podimane [email protected] Prosegue. “La capacità di innovare spesso dipende dalla capacità immaginativa dei lavoratori di un’azienda più che dalle sue risorse finanziarie. La free business magazine 31 Neil Rackham guadagnò inizialmente fama internazionale conducendo la più estesa ricerca mai realizzata sull’efficacia nelle vendite. Ha lavorato a stretto contatto con la forza vendite di IBM, Xerox, AT&T e Citicorp. Ha anche collaborato attivamente con i senior partner di McKinsey, dove è stato per molti anni membro del Sales and Channel Management Group. NEIL RACKHAM Vendere è incontrarsi Avete visto Al Pacino nel film Americani? Neil Rackham ci racconta la pura verità, fino all’ultimo contratto H o una domanda piccola, personale, e una grande, universale. Quale vuoi avere prima? (ride) Uhmm? Sono capace di vendere, in senso ampio, solo quello che mi appassiona. Tutti abbiamo visto quello splendido film di James Foley, Americani, con Al Pacino che fa la parte di un geniale affibbia-terreni che si insinua nella vita privata dei suoi clienti, finché a un certo punto tra vendita e consiglio affettuoso, credibile, da amico, non c’è più differenza. Cosa consiglieresti a chi ha il mio stesso problema, non ha il talento di Al Pacino, e invece gli tocca vendere la cosa che gli dicono di vendere, indipendentemente dalla sua passione per questa cosa? Ho studiato i più grandi venditori del mondo. Dal mio studio la prima cosa che emerge chiaramente è che i buoni venditori fanno del loro meglio per mettere il prodotto da parte. Proprio così. La prima cosa che dirà un bravo venditore è: il nostro prodotto non va bene per te! Perché i bravi venditori partono sempre dal cliente, non dal prodotto. Anche se la cosa non va in porto subito, sanno che anni dopo quel cliente tornerà da loro. Concentrarsi sul cliente è la prima cosa. Credere nel prodotto non è così importante, credere nel cliente sì. 32 Prendi lo studio che abbiamo fatto alla Xerox Corporation. I venditori più esaltati hanno vendite scarse. E sai perché? Perché hanno la testa piena del prodotto, e non fanno attenzione ai clienti. La curva è questa: chi ha bassa fiducia nel prodotto vende poco; chi ci crede moderatamente vende bene; chi è infatuato del prodotto vende poco di nuovo. Morale: non devi credere necessariamente nel prodotto, devi credere nel cliente. Ecco la cosa più importante. A questo punto ho una domanda intermedia. Facciamo un caso pratico. So che hai conosciuto 7thFloor, che sai di che si tratta; vedo che ne hai anche una copia. Come applicheresti il consiglio che hai appena dato al caso specifico di 7thFloor, che per vivere deve vendere pubblicità a inserzionisti? C’è di mezzo uno scambio. L’inserzionista mette su 7thFloor informazione rivolta ai consumatori, i lettori della rivista. I consumatori devono avere un ritorno per questo. E il modo in cui hanno il loro ritorno è attraverso il contenuto editoriale di 7thFloor. Quando parlate con l’inserzionista, quindi, dovete di nuovo parlare in termini di vantaggi per i consumatori, e dire: intervista a Neil Rackham di Stefano Diana [email protected] Chief Revenue Officer Combinare il marketing con le vendite. «Oggi le maggiori corporation non hanno più un responsabile marketing e un responsabile vendite separati. Hanno un unico Chief Reveune Officer.» QUI NON CERCHIAMO COMMODITY, MA CREATIVITY « Credere nel prodotto non è così importante, credere nel cliente sì.» noi di 7thFloor siamo qui per dare ai lettori contenuti interessanti, siamo una rivista innovativa, parliamo alla gente in modo nuovo: come potete voi inserzionisti approfittare di ciò per un vantaggio comune? Quindi non è più davvero una vendita: è un dialogo, una collaborazione intorno alle esigenze dei lettori/consumatori. Esattamente. È un incontrarsi. Il discorso da fare è: questa è la nostra filosofia, la vostra qual è? Possono i nostri due punti di vista fondersi insieme, darsi energia, accrescersi agli occhi dei rispettivi clienti finali? Possiamo colpire di più i nostri consumatori facendoli confluire in un pubblico unico? Come possiamo rendere il totale dei messaggi più interessante? Noi di 7thFloor studiamo continuamente come rendere il nostro contenuto editoriale più stimolante, voi cosa fate per migliorare il vostro contenuto pubblicitario? Come può il vostro contenuto pubblicitario inserirsi nel processo 7thFloor e aggiungere valore? Come possono i vostri e i nostri contenuti insieme rendersi più interessanti? Certo qualcuno avrà sempre qualcosa da ridire su questo approccio. Qualcuno non lo capirà. Certa gente non sa fare altro che chiedere i dati demografici, quante copie hai venduto e a chi. Perciò ribattete senza timore all’inserzionista: non volete anche voi rendere il vostro messaggio diverso? Non volete arrivare al vostro pubblico in un modo nuovo? Non siete interessati a un canale pubblicitario alternativo? Allora lasciate perdere, 7thFloor non fa per voi. Ci sono tanti di quei veicoli pubblicitari standard, vere e proprie commodity. Ma noi qui non cerchiamo commodity, noi cerchiamo creativity. Ora arriviamo davvero all’ultima domanda, quella universale, che mi piacerebbe fare a tutti i partecipanti a questo Forum. Il marketing ha ormai diversi decenni di storia, e da quando Kotler ne ha stabilito i princìpi il mondo del business e quello sociale in genere sono cambiati moltissimo. Non pensi che la parola sia un po’ stanca e vuota ormai? Come ridefiniresti la parola marketing oggi? Proprio recentemente ho passato diverso tempo con Kotler a discutere di cose simili. Phil e io abbiamo diversi approcci al problema. Io penso che non ci serva più una definizione di marketing come tale. Marketing e vendite sono le due funzioni aziendali che generano fatturato. Nel passato da una parte c’erano le cose che faceva il marketing, dall’altra c’erano quelle che facevano le vendite: le cose erano separate chiaramente, non si incrociavano mai. Ora viviamo in un’era in cui bisogna combinarle in un modo profondo. Le parole che usiamo per indicarle non vanno più bene. Guarda cosa sta succedendo in alcune delle maggiori corporation. Non hanno più un responsabile marketing e un responsabile vendite separati. Prendi FedEx: oggi hanno un unico Chief Revenue Giulia D’Agostino e Stefania Capaccioni di 7thFloor con Neil Rackham Officer che riassume le due figure. Il CRO gestisce risorse di marketing e risorse di vendita, e le combina in ogni modo possibile per fare business. Prendi le vendite transattive di commodity: sono certo vendite, ma tutte le competenze per farle funzionare vengono dal marketing. Per vendere commodity devo avere un buon sito web (e il marketing sa come farlo), devo avere un buon ranking (e il marketing sa come farlo), devo avere una buona pubblicità (e il marketing sa come farla), probabilmente devo partecipare a fiere (e il marketing sa come farlo). Le vendite non c’entrano per niente. Eppure lo chiamo “vendere”. Ora, se guardi a vendite molto complesse, di alto livello, da miliardi di dollari, roba davvero davvero grossa, ti accorgi che funzionano solo se metti insieme le competenze tradizionali del marketing e quelle delle vendite in un’unica forza. Quindi la mia opinione è che per il futuro non abbiamo bisogno di ridefinire la parola marketing, ma di combinare bene il marketing con le vendite. Dovremo lasciarci dietro le spalle il dubbio se mettere in campo il marketing o le vendite per ottenere un certo obiettivo, e invece porci una domanda più radicale: cosa possiamo fare per portare valore ai nostri clienti? Accade che spesso il miglior valore per i clienti si ottiene quando marketing e vendite lavorano insieme. Questa è la nuova strada. Questo è il futuro. Hai una parola per questo nuovo mix? Non per insistere, ma sai che le organizzazioni a volte hanno bisogno di titoli chiari da assegnare alle persone… (ride) Penso che la migliore formula corporate sia quella del Chief Revenue Officer. Magari potrei dire Markelling o qualcosa del genere… (risate generali) Ma sai che ti dico? Forse cercare di tirar fuori la parola nuova dalle vecchie non ci porta lontano. La cosa da fare è prendere il vecchio marketing, il vecchio selling, farli a pezzi, prendere un pezzo qui dell’una, un pezzo là dell’altra, e rimetterli insieme in modo da creare il miglior valore per i clienti. free business magazine 33 CHRIS BANGLE capo del design del gruppo BMW Ha portato il car design dall’epoca in cui «le auto assomigliavano a frigoriferi», negli anni ’80, alle splendide linee concavo-convesse che fanno sembrare la Z4 un bassorilievo futurista, modelli su cui la sua DesignWorks sperimenta sin dal ‘94. Chris Bangle, nella foto in alto a destra, con il suo staff alla DesignWorks CHRIS BANGLE Bangle Bells Il Capo del Design del Gruppo BMW incanta il Forum con umanità e intelligenza: “Uguaglianza è trattare cose diverse in modi diversi” C hris Bangle è uno che non ti viene voglia di intervistare. Piuttosto di andarci a prendere un aperitivo scherzando di donne e motori, con qualche digressione sul destino dell’Universo. La sua orazione è un piccolo spettacolo di acume, eleganza e spirito. Per via dei suoi sette anni in Fiat parla agilmente la nostra lingua, in cui riesce ad essere chiaro e immaginifico con un divertente overdrive anglosassone, il che non manca di deliziare ulteriormente l’uditorio. Forse questo destino era scritto nelle stelle, essendo egli nato in un posto in Ohio dallo stravagante nome di Ravenna. In qualità di illustrissimo capo del design del gruppo BMW, ha il nostro tempo in punta di dita. Ha portato il car design dall’epoca in cui «le auto assomigliavano a frigoriferi», negli anni ’80, alle splendide linee concavo-convesse che fanno sembrare la Z4 un bassorilievo futurista, modelli su cui la sua DesignWorks sperimenta sin dal ‘94. Trasformazione radicale che accompagna quella sociale e culturale del pianeta. Gui Bonsiepe nel 1993 scriveva agli infodesigner: «La grafica si sgancerà dal ruolo subordinato alla pubblicità. Il peso economico di quest’ultima è fuori discussione, tuttavia di fronte alla crisi dell’ambiente si dovrebbe mettere in dubbio la compatibilità ecologica di uno stile di vita e di 34 un modello di società che ruota intorno alla stimolazione del consumo e delle vendite, dai candidati politici ai detersivi». Bangle sembra aver raccolto in pieno questa preghiera e ci parla dello spazio unificato in cui viviamo oggi: l’ambiente naturale e la sfera dell’informazione fusi insieme, dove oltre alla partita con la natura si gioca quella non meno decisiva all’interazione tra design, marketing e management. Il cuore del suo interesse sono le persone, gli autentici soggetti del design: quelli che stanno fuori dalle vetrine, quanto quelli che lavorano nelle fabbriche. Il suo impegno è coerente verso un’idea di futuro che sia orientato agli esseri umani in tutti i suoi aspetti e le sue implicazioni. Preoccupato per gli esiti del proprio lavoro come per le sorti dei figli, Bangle riflette con noialtri sul destino dei lifestyles che design e marketing sanno plasmare con tanta forza. «Un tempo c’era l’ergonomia,» racconta, «forum follows function, si diceva, la forma deriva dalla funzione. Questo si imparava nelle scuole di design. La parola chiave era: improve (migliora). Più avanti la parola chiave è diventata: empower (da’ potere). La Polaroid Land Camera 1000 ha portato certo miglioramenti tecnici nello sviluppo fotografico, ma soprattutto era un oggetto che entrava a far parte della mia vita pop. Adesso la parola chiave è: con- di Stefano Diana [email protected] ALESSANDRO MAGNO «Ogni volta cambiava tattica, eppure era sempre Alessandro Magno. È possibile avere un brand forte che pure cambia sempre strategia.» IL DESIGN SOCIAL INTEGRATIVE «Ecco un esempio del design social integrative di domani - mostra la foto di una maniglia di metallo con codice braille stampato a rilievo sul retro dell’impugnatura. Nel momento in cui ho stretto la maniglia ho saputo anche che lì c’erano non vedenti. Per effetto del design sono stato messo in collegamento all’istante con un mondo diverso, inatteso. Questo design è potentissimo» sume. Non importa cosa produci, basta che si vende. Qui entra in gioco il marketing: ci pensano loro! Ma è questo il mondo migliore? Non abbiamo creato un mondo dove la parte che consuma crede di poter digerire tutta la parte che non consuma? Anche l’altra parte vuole entrare nel gioco. Allora i due mondi collidono. Non si possono tenere separati: questo deve capire il design.» Altrimenti il rischio è grande, sia perché «se dentro al design ci sono problemi nascosti, al cliente arriva qualcosa che non va», sia perché non si comprende il vero senso della chiave di volta del futuro: la sostenibilità. Per Bangle oltre alla dimensione ecologica (idrogeno, fonti rinnovabili) e a quella economico-finanziaria, la sostenibilità deve includere una chiara visione sociale, umanistica. Dopotutto «non è diverso da quando Michelangelo faceva le sue opere. Anche se oggi sono fresate e non scolpite a mano è la stessa cosa. Ogni macchina che vedi è stata prima scolpita da uomini e donne con le loro mani. Il mondo è pieno di sculture.» L’unica via alla sostenibilità è affrontarne i tre aspetti all’unisono. Per farlo bisogna abbattere le fortezze in cui ci rinchiudiamo. Barriere fatte delle nostre stesse corporate identities. «Conoscete il curling? C’è uno che lancia una pietra. Poi ci sono certi altri che da lontano dicono: butta… qua! Ecco che cosa fa il marketing: butta… qua! Poi, lanciata la pietra, il lavoro del marketing è: [mima il frenetico spazzolare degli sweepers]. Le fortezze hanno questo guaio: lanciano la pietra sempre nella stessa direzione. Non va! Se intanto il bersaglio si sposta, è finita.» Il pubblico di oggi è mutevole, reagisce immediatamente, ti cambia le carte in tavola. Non ci si può fossilizzare in una staticità rassicurante. Al contrario, va elaborata continuamente una identità agile eppure definita, che non soffra dei suoi aspetti transitori. «Alessandro Magno ogni volta cambiava tattica, eppure era sempre Alessandro Magno. È possibile avere un brand forte che pure cambia sempre strategia. Pensate a Madonna. Pensate alla Apple. Dov’è il quartier generale di Linux? Nessuno lo sa, eppure va alla grande. In BMW abbiamo raccolto questa sfida. Prima facevamo praticamente un prodotto solo, con lo stesso stile, e sopra ci scrivevamo 3, 5, 7. Facile! Ma fermo. Non va bene oggi. Allora abbiamo allargato i confini. Siamo dinamici, sempre in movimento.» Una sensibilità sottile ai desideri dei clienti è questione di sopravvivenza. «Il cliente dice: “voglio il mondo my way”. Pensate alla musica: sta entrando in crisi perché i clienti dicono “my way”, e visto che con pochi soldi possono farsi la musica da soli e distribuirla, lo fanno. Pensate alla fotografia: chiunque può ritoccare e stamparsi foto da solo. Facciamo un passo oltre e immaginiamo il momento in cui il cliente ha in mano sistemi di rapid prototyping, di stampa in 3D. Il cliente dice: “voglio il mio nuovo mouse fatto così e cosà”. E zac!, se lo costruisce al volo. Che posto avremo noi in quel mondo?» Colto di sorpresa da una prova di tanto rara e informale lungimiranza, il pubblico è a bocca aperta. Abbiamo capito la lezione. Ma qual è la strada giusta per il design, quella “che ha un cuore”, come avrebbe detto Castaneda? «Oggi nell’economia post industriale dell’informazione non si parte dalla funzione [mostra una sedia] ma dal brand. Qual è la funzione di questo? [mostra il sito web di Beckham] Non lo so! Ma il brand è chiaro. Però nella creative economy di oggi c’è una terza destinazione possibile per il design: è quello social integrative. Il design social integrative sa espandersi, crescere all’infinito. Ecco un esempio del design social integrative di domani [mostra la foto di una maniglia di metallo con codice braille stampato a rilievo sul retro dell’impugnatura]. Con questo oggetto io ho avuto una epifania favolosa. Nel momento in cui ho stretto la maniglia – che funzionava perfettamente come maniglia – ho saputo anche che lì c’erano non vedenti. Per effetto del design sono stato messo in collegamento all’istante con un mondo diverso, inatteso. Questo design è potentissimo. Trasporta talmente tanta energia in così poco spazio, e con tanta eleganza! Fantastico. Questo per me è il massimo del design.» In apertura, come per sgombrare il campo ai più semplici e tenaci equivoci, Bangle aveva subito affermato: «Chi fa marketing e chi fa design hanno lo stesso obiettivo: accontentare i clienti. Perciò devono lavorare insieme.» Non ha dubbi che occorra abbattere i muri interni, far circolare esperienza e idee, far collaborare dipartimenti e brand. Questo richiamo alla ricongiunzione di aree aziendali separate intorno al focolare del cliente, nella prospettiva del primato di questi, è molto simile a quello lanciato da Neil Rackham (su questo 7thFloor) secondo cui il marketing è ormai superato nei fatti da un mix con le vendite, risorse che è lecito combinare in ogni verso possibile per ottenere la soddisfazione del cliente. Accostare le indicazioni di Bangle e Rackham è naturale, e il risultato è che l’organizzazione aziendale classica sta cedendo sotto i colpi di un nuovo status dell’individuo-consumatore. Il canone corporate si avvia a un trapasso. Si naviga a vista: la struttura tradizionale delle competenze sarà scomposta e rimescolata come un gran mazzo di carte per ricominciare il gioco con altre regole. Serviranno nuovi profili, con maggiori gradi di molteplicità e libertà, per sostituirne le vecchie mani di assi e figure. free business magazine 35 CIRQUE DU SOLEIL In pista da 23 anni e da 20 in giro per il mondo, 3000 dipendenti, di cui 40 impegnati nel casting, 20 milioni di spettatori, 14 spettacoli internazionali contemporanei, 600 milioni di dollari di fatturato annuo. Questi sono gli straordinari numeri di un altrettanto straordinario circo, quello del Cirque du Soleil. LYN HEWARD Come Executive Producer dei Progetti Speciali, supervisiona la riuscita delle performance del Cirque du Soleil e, come sua ambasciatrice, lo coinvolge in altre organizzazioni e produzioni, tra cui i Giochi Olimpici. Il libro The Spark è una guida su come gestire la creatività e renderla parte della nostra vita quotidiana. LYN HEWARD Le sette porte della creatività Svelare il talento, approfittare degli ostacoli, mai ripetersi: la ricetta del business secondo il Cirque du Soleil. C he poi di un vero e proprio circo in realtà non si tratta: non ci sono animali, è uno show per adulti più che per bambini, una congiunzione fra spettacolo barocco e teatro minimalista, fatto di evoluzioni aereodinamiche di saltimbanchi e acrobati, visioni ambientaliste e New Age, costumi ricercati, scenografie complesse, giochi di luce, musica dal vivo, cantanti lirici. Non è un circo ma è capace di riportare quelle origini di incanto e meraviglia della Commedia dell’Arte, degli artisti di strada, delle imprese circensi, tutto sotto un grande tendone colorato. E, elemento non trascurabile, è capace di farlo coniugando la magia dell’arte con lo spirito del business, tanto che oggi il Cirque du Soleil è un caso di successo studiato da molte scuole di economia. Dal 1987, da quando il Cirque du Soleil fece la sua prima tournée oltre il Quebec, dove era stato fondato tre anni prima, non solo ha deliziato le folle di Nord-America, Asia e Europa, ma ha creato un nuovo mercato. Reinventando lo spettacolo, ha attirato un pubblico completamente diverso da quello del circo tradizionale, ormai numerosissimo. Non usando gli animali, si è attirato le simpatie degli animalisti, e ha risparmiato sui costi, ottenendo risorse da investire in elementi che creassero un maggiore valore per il cliente. Imprimendo in modo 36 molto marcato un brand che è sinonimo di fantasia, entusiasmo, passione, creatività. Uno degli artefici di questo miracolo è Lyn Heward, che come Executive Producer dei Progetti Speciali, supervisiona la riuscita delle performance del Cirque du Soleil e, come sua ambasciatrice, lo coinvolge in altre organizzazioni e eventi, come gli ultimi Giochi Olimpici di Torino. Guardando il suo curriculum si vede che è stata presidente e COO della divisione di Contenuto Creativo, in cui ha gestito, guidato e canalizzato la forza creativa dell’intero team verso un prodotto originale e di successo. E’ autrice anche del libro The Spark, su come gestire la creatività. Di creatività ci parla. Di come accenderla e mantenerla nella vita di tutti i giorni così come nel lavoro nelle grandi organizzazioni. Secondo lei si può tracciare un percorso attraverso sette porte. La prima richiede di essere aperti, per poter approfittare delle possibilità che si presentano. La seconda ha a che fare con i sensi, e con la capacità di arrendersi ad essi: viviamo in un mondo ricolmo di sollecitazioni sensoriali, il nostro compito è accorgercene. La terza è legata alla scoperta dei talenti. Sono quattro gli inviti da accettare per attivare la trasformazione creatrice necessaria in questa caccia al tesoro: uscire dalla zona di confort, che è di Carmen Rolle [email protected] LA SETTIMA PORTA «Riguarda più da vicino i leader: quelli creativi e appassionati non perdono mai di vista il potenziale umano che li circonda.» SCOPRIRE I TALENTI «È molto di più di un curriculum o di un’intervista: certo dipende dal ruolo ricoperto, ma al Cirque du Soleil si investono 100 mila dollari a persona con questo intento. Per favorire la creatività occorre creare anche un ambiente che la nutra, e questa è la quarta porta.» fatta delle abitudini, delle cose conosciute e consuete; correre dei rischi, provando cose mai fatte in precedenza; evitare la ripetizione; usare la creatività nella vita di tutti i giorni così come nei grandi progetti. Scoprire talenti è molto di più di un curriculum o di un intervista: certo dipende dal ruolo ricoperto, ma al Cirque du Soleil si investono 100 mila dollari a persona con questo intento. Per favorire la creatività occorre creare anche un ambiente che la nutra, e questa è la quarta porta. Un’atmosfera aperta e invitante stimola infatti il pensiero creativo e invita a prendere iniziative. Contrariamente a quanto si può pensare, le limitazioni, gli ostacoli, le differenze culturali sono invece grandi stimolatori della creatività. Queste, insieme alle aspettative, i desideri e i sogni dei consumatori, creano la quinta porta. Fin dall’inizio, scopo del Cirque du Soleil è stato quello di toccare i sensi e le emozioni dei popoli di tutto il mondo, senza limitarsi al Quebec o a Montreal. Ha lavorato con le differenze culturali: gli spettacoli sono un abile intreccio tra culture, generi, tradizioni diverse, usando tutti i continenti come fonte di ispirazione. Nel processo creativo, rischiare ha un ruolo fondamentale; provare strade nuove è la strada per l’innovazione: ecco la sesta porta. La settima riguarda più da vicino i leader: quelli creativi e appassionati non perdono mai di vista il potenziale umano che li circonda. Creatività, fuoco, passione. Ho fatto qualche domanda a Lyn. E permettetemi una divagazione personale. Il Cirque du Soleil è lo spettacolo più entusiasmante a cui abbia mai assistito. Non tocca solo gli occhi o le orecchie. Tocca il cuore. Un’esperienza che è un regalo, un ingresso nel mondo del sogno. Un’autentica coccola. Per l’anima, la fantasia, il potere immaginativo, i sensi, e quanto altro compone l’animo umano. In più, è un caso di successo. Qual è la vostra ricetta? “Il modo in cui la compagnia è strutturata ora è diverso da quello che abbiamo usato fino al 1998, quando usavamo lo stesso team creativo. Da allora abbiamo capito che ciascuna produzione deve avere il suo processo creativo autonomo. Lo chiamiamo cellula, proprio come la cellula nel corpo umano. I nostri registi non sono dipendenti. Andiamo in giro a scovare quelli con cui vogliamo lavorare. Molti hanno il loro lavoro di produzione, o hanno compagnie, o hanno lavorato in televisione, cinema, circo, teatro, musical. Dal 1998 ogni spettacolo è creato da un team diverso. Scegliamo il regista, che scrive anche lo spettacolo, e a lui è affidata la scelta delle persone con cui lavorare. Talvolta siamo costretti a dire di no: questo capita se il regista vuole scegliere persone con cui ha già lavorato. Siccome non vogliamo riprodurre qualcosa di già fatto, da lui o altri, ma vogliamo muoverci oltre, creare qualcosa di nuovo, talvolta lo sfidiamo a lavorare con persone diverse. Voglia- Lyn Heward al forum di HSM, Milano mo innanzitutto creare uno scontro creativo, non un conflitto, ma raccogliere idee che arrivano da posti diversi, e parte dell’eccitazione è non instabilità, ma la sfida di iniziare un nuovo processo creativo sapendo che tutte le idee avranno modo di essere espresse e che la migliore vincerà. Dal 1999 ad oggi l’investimento è stato nel nutrire nuovi team creativi. Certo quello che facciamo è fornire il team degli strumenti necessari, non chiediamo alle persone di portarli con loro o ricrearli ogni volta. Abbiamo 40 persone che scandagliano l’intero mondo alla ricerca di talenti per formare i nostri cast. Abbiamo i nostri studi per l’allenamento dove i ginnasti possono imparare a diventare artisti, abbiamo splendidi atelier con 300 dipendenti che lavorano per il disegno e la creazione artigianale dei costumi, interamente fatti a mano” Che cosa davvero scatena la vostra creatività? “Sono vari elementi. Il primo è piuttosto sorprendente, perché si tratta delle limitazioni. Anche se creiamo grandi spettacoli, le limitazioni sono altrettanto grandi. C’è un budget da rispettare, così come ci sono delle date di scadenza, ci sono dei modi definiti di lavorare. Il secondo è cosa succede nel mondo intorno a noi. Anche se è un sogno, o un mondo diverso, i nostri spettacoli sono basati sui bisogni e sulle aspettative del mondo. Per esempio Alegria, che è uno spettacolo molto bello e delicato: il suo set è stato largamente influenzato da un evento che è accaduto mentre veniva creato, nel 1993, il primo caso di un omicidio compiuto da un bambino di dieci anni, che ha ucciso altri bambini della stessa età in Inghilterra. Il tema è diventata la domanda “Chi ha il potere sulla vita di un altro individuo?” Il terzo è connesso alle differenze culturali, che se prese nel modo corretto diventano incredibili ricchezze. Il quarto sono le aspettative dei clienti. I nostri consumatori vogliono essere sorpresi, essere trasportati in un mondo “altro”, sogno o diversa dimensione. Vogliono uscire dalla vita quotidiana. La ricerca di una risposta a questi quattro elementi è una molla davvero potente.” free business magazine 37 PACO UNDERHILL MARKETING&INNOVATION FORUM PACO UNDERHILL Esperto di ”arte dell’acquisto” e attento osservatore del comportamento dei consumatori. Fondatore di Envirosell, società di ricerca e consulenza per negozi, banche, ristoranti e produttori di beni di consumo, che annovera tra i propri clienti Unilever, Starbucks, The Gap, Gillette, Citibank e Yahoo. Giunge alle sue conclusioni mediante una combinazione di video girati all’interno dei negozi e osservazione diretta del comportamento dei clienti. PACO UNDERHILL Un antropologo alla vetrina Paco Underhill studia il comportamento dei consumatori nei negozi: ne emerge una scienza dai risultati sorprendenti. V enduto in due milioni di copie e tradotto in 25 lingue. E’ “Why we buy: the science of shopping” di Paco Underhill, uscito in Italia con il titolo “Antropologia dello shopping” (Sperling&Kupfer). Sono numeri che ci parlano dell’attenzione che oggi rivolgiamo al comportamento dei consumatori, a come si realizza l’acquisto e a quali sono i meccanismi che lo guidano. Temi che Underhill dipana con competenza e una buona dose di ironia. Lui stesso si definisce un antropologo della vendita al dettaglio, un ricercatore coscienzioso, un po’ secchione, allampanato, giunto ormai alla maturità dei cinquantacinque anni. Sostiene di trascorrere un sacco di tempo nei centri commerciali, ma anche nelle banche, nei ristoranti, nei negozi. Sono i clienti della sua società di ricerche comportamentali, la Envirosell. Con 106 dipendenti e sedi in Europa, Asia e America, Environsell misura quanto siano azzeccati i prototipi di filiali di banche, negozi o prodotti di largo consumo, come il Banco di Roma, il negozio Adidas a Mosca, il nuovo H&M. 38 L’ambito dei suoi studi? Il modo in cui la gente si comporta quando spende i propri soldi. Ha 25 anni di esperienza nelle ricerche di mercato, che effettua con modi curiosi: una combinazione di video girati all’interno dei negozi e l’osservazione diretta del comportamento dei clienti. La sua attività inizia come geografo. Lì inizia a passare molto tempo a guardare come le persone si spostano sulle superfici. Un’abitudine che conserva nel tempo. Dalla prima professione si porta appresso anche strumenti per osservare i movimenti dei clienti di negozi o supermercati. Il risultato delle sue ricerche è una nuova architettura dell’informazione. Nei luoghi, ciascuno degli elementi architettonici presenti ha un peso informativo, ogni punto del cammino del cliente attraverso lo spazio comunica un messaggio. Avendo in mente questo, si possono realizzare appositamente nuovi luoghi di consumo, dove si inseriscono spazi e elementi con determinati messaggi piuttosto che altri. Secondo Underhill nei suoi studi il processo di Carmen Rolle di comunicazione incontra l’analisi del traffico. Un traffico che è influenzato da molti e diversi fattori. Molti di più di quelli che noi pensiamo. A suo parere, in questi decenni abbiamo assistito ad una veloce evoluzione della nostra capacità di elaborare le immagini. Grazie ad Internet e alla televisione, la connessione tra i nostri occhi e il nostro cervello è oggi molto efficace. E’ un tratto evolutivo che ha potenti conseguenze sull’architettura del consumo. La prima è la disparità di età e di visione tra chi realizza i progetti di design e chi li usa. Architetti e designer oggi hanno spesso meno di trent’anni, ma nella progettazione non possono dimenticare a chi è rivolto lo spazio su cui stanno lavorando. La seconda è che quasi sempre la progettazione è fatta da uomini anche quando gli spazi o i prodotti sono destinati alle donne. Il 55% degli studenti universitari oggi è donna, le donne si muovono e comprano: il design non può non tenerlo presente. La terza è legata al tempo: viviamo in una società dai ritmi frenetici dove tutto è molto scandito, vissuto avendo sempre in mente l’orologio. Costruendo un supermercato dobbiamo tenere presente quest’orologio e quanta influenza ha sulle nostre azioni: avremo così una relazione efficace con il nostro cliente. Un altro dato da considerare è l’atteggiamento verso la marca. I clienti condividono atteggiamenti evidenti verso un brand, diversi da paese a paese. Adidas, per esempio, grazie alle sue passate sponsorizzazioni, in Russia è sinonimo di sport, in Giappone di moda. carmen.rolle@performance-unlimited. IL COMPORTAMENTO DEI CLIENTI «C’è una grande differenza tra quello che la gente dice e quello che la gente fa. Non solo non siamo così bravi a spiegare, ma il comportamento cambia di giorno in giorno.» Grande influenza hanno le abitudini di uso, che si sono evolute in modo drammatico negli ultimi decenni. Dieci anni fa non si usavano cellulari, stampanti, Internet o TV via cavo. Oggi non c’è bambino che non abbia la playstation. Così come cambiano le modalità di utilizzo: il cellulare, per esempio, è allo stesso tempo un oggetto funzionale (e lo è sicuramente per la clientela maschile), e per le donne un accessorio di moda. Nascono nuove categorie. Come i baby boomers, che oggi sono una parte consistente degli acquirenti. Realizzare un supermercato per loro vuol dire per esempio considerare la ginnastica che sono costretti a fare alzando e abbassando il capo per cercare di mettere a fuoco le etichette degli alimenti sugli alti scaffali, di inquadrarle nella giusta porzione delle lenti. Un altro mercato in netta crescita, è quello delle donne. Nella nuova architettura è importante considerare le peculiarità delle abitudini femminili. Come la passione per i cambi d’abito: provarsi i vestiti nei camerini è una gioia, davanti alle amiche o al fidanzato. Eppure la maggior parte dei negozi, anche quelli di lusso, ancora non prestano attenzione a questo elemento. O la difficoltà di trasportare pesi: per esempio, un supermercato che vende televisioni dovrebbe anche offrire alla clientela femminile il servizio di trasporto dell’acquisto fino all’automobile o a casa. Anche i bambini. Cosa vede un bimbo dall’alto, o meglio dal basso dei suoi 70 centimetri? Provate a sedervi su uno skateboard e a farvi un giro al supermercato in quel modo. Vi renderete conto di quante difficoltà, della mancanza di comunicazione semplice, o di angoli dove giocare. Quella per parco giochi, meglio se con animatori, equivale in un certo senso alla funzione della baby sitter. I bambini si possono anche convincere ad accompagnare gli adulti, ma quando capiscono il gioco possono creare problemi. Portarli al centro commerciale può sembrare più sicuro che lasciarli a casa, ma mandarli alla sala giochi è sicuramente più saggio (e più proficuo) che trascinarseli dietro tutto il tempo. L’uso della tecnologia. Nonostante le aspettative, l’uso della tecnologia non si è rivelato così efficace. Dal punto di vista dell’utilizzo, ci sono stati solo due casi di successo, quello del Bancomat e quello del check in a self service degli aeroporti. Gli schermi piatti si guardano tanto quanto gli altri segnali di tipo diverso, e per essere efficaci devono essere posizionati secondo criteri precisi. Un modo economico ma che ha dato invece grandi risultati è la sottolineatura dei prodotti attraverso l’illuminazione. Ecologiche e a basso costo sono le luci di prossimità, che si accendono o si alzano quando qualcuno si avvicina. Le idee nuove secondo Underhill si trovano là dove c’è denaro giovane. Non a Parigi o a Londra, ma in Irlanda. Oppure in Brasile, a Dubai. Un caso interessante è quello di un centro commerciale fuori Johannesburg: la novità è aver trasformato in un cinema con drive in il parcheggio posto sul tetto dell’edificio. Ci sono delle strategie efficaci? Una, quella di pensare in termini locali. Milano è diversa da Napoli, e questa differenza deve essere mantenuta anche nei suoi spazi di vendita. Ciascuna realtà va aiutata a raggiungere il suo pieno potenziale, riconoscendo anche le piccole vittorie. Paco Underhill al forum di HSM, Milano Il comportamento dei clienti. Cosa ci dicono di particolare i suoi studi? Ci risponde Underhill. “Innanzitutto c’è una grande differenza tra quello che la gente dice e quello che la gente fa. Non solo non siamo così bravi a spiegare, ma il comportamento cambia di giorno in giorno.” Cosa è cambiato nel comportamento dei clienti? “Ci sono diversi aspetti. Uno è rappresentato da cosa è costante, che può essere identificato con elementi biologicamente determinati. Poi ci sono cambiamenti generali, come l’aumento della temperatura o del costo delle case. Infine ci sono elementi che hanno avuto una profonda influenza sul Retail. Per esempio il diverso status delle donne, il nostro rapporto con la tecnologia, il modo in cui siamo connessi o disconnessi al mondo della moda. Consideriamo la tecnologia: oggi tutti abbiamo cellulare, televisione via cavo o satellitare, computer e stampante. Cosa che non avveniva solo dieci anni fa. Il costo mensile di questi strumenti ha un effetto sugli altri acquisti: il denaro che spendiamo in tecnologia ha assorbito una parte del denaro che spendevamo in cibo o divertimenti.” Che cosa l’ha spinta a interessarsi al modo in cui la gente consuma? “E’ una ragione molto personale. Soffro di una leggera balbuzie e quando ero piccolo mi era molto difficile fare domande. Ho iniziato a fare affidamento sui miei occhi per scoprire quali erano le regole. E quello che è successo è che ho trasformato un handicap in una professione.” free business magazine 39 BERND SCHMITT Co-fondatore e CEO di The EX Group. Gli è largamente riconosciuto il suo grande contributo al branding attraverso la sua attenta riflessione sulla customer experience, sintetizzata in due dei suoi libri Customer Experience Management e Experiential Marketing. Iconoclasta e provocatore, è stato autore e coautore di articoli comparsi sul New York Times, Asian Wall Street Journal e Financial Times. BERND SCHMITT I tamburi del Brand Il consumo come esperienza totale fatta di emozioni: Bernd Schmitt spiega come rinnovare il marketing ben al di là del nudo prodotto. C on il passaggio dalla focalizzazione al prodotto all’orientamento verso il consumatore, la centralità del cliente è ormai un aspetto consolidato nella cultura del marketing. Eppure, ad oggi, il marketing tradizionale ancora soffre della mancanza di una metodologia che davvero prenda sul serio il cliente, che porti attenzione a tutti gli elementi che concorrono a formare il processo decisionale, l’acquisto e l’uso continuato nel tempo. Una risposta, secondo Bernd Schmitt, è il CEM, Customer Experience Management. Schmitt è professore di International Business alla Columbia Business School, autore di libri, come “Customer Experience Management” e “Experiential Marketing” (in italiano è disponibile “Marketing Esperienziale”, scritto in collaborazione con Mauro Ferraresi, Edizioni Franco Angeli), e co-fondatore e CEO della società di consulenza The EX Group. Schmitt teorizza un nuovo paradigma, quello dell’Esperienza. Nel Marketing Esperienziale diventa centrale l’esperienza in sé: non 40 il prodotto, uno shampoo per esempio, ma l’esperienza di lavarsi i capelli con quello shampoo. Fatto importante, il nuovo paradigma ha effetti misurabili. L’esperienza conta, secondo Schmitt. Alcuni studi empirici mostrano infatti che gli annunci pubblicitari, i punti vendita e i siti web quando sono esperienziali determinano impressioni più forti, atteggiamenti più positivi e maggiori intenzioni d’acquisto. Per i manager può essere interessante sapere che esistono cinque tipi diversi di esperienza, che Schmitt chiama SEM, Strategic Experiential Module (Moduli Strategici Esperienziali): Sense, Feel, Think, Act, Relate. Il marketing del Sense fa appello ai sensi e vuole ottenere un impatto di tipo sensoriale. Come Illy, l’azienda triestina di caffé che nella sua descrizione dice di voler “deliziare i consumatori di tutto il mondo con un caffé eccellente ed una esperienza straordinaria che coinvolga i sensi e lo spirito”. Dall’aroma, al gusto, alle splendide tazzine di design, alla galleria Intervista a Bernd Schmitt di Carmen Rolle [email protected] NEL SUO PROSSIMO LIBRO «In molte organizzazioni, non c’è il coraggio di presentare grandi idee, diverse dalla media: il risultato è un pensiero basso.» temporanea allestita in via Pontaccio a Milano lo scorso anno: tutto è all’insegna del coinvolgimento dei sensi. Il marketing di Feel richiama l’area dei sentimenti, delle emozioni, delle esperienze affettive: un esempio è la fragranza che Clinique ha creato dopo sette anni. Si chiama “Happy”, ha un packaging rosso acceso e la foto della pubblicità ritrae una modella saltellante. Il marketing di Think fa appello al pensiero attraverso la sorpresa, l’intrigo e la provocazione. Ne è esempio la campagna pubblicitaria di Ikea sui nuovi designer, ironica e provocante. Act coinvolge invece la fisicità: come l’immagine della Nike, tutta improntata sul fitness e su una vita attiva. Il marketing di Relate mette in relazione l’individuo con gli altri: come le immagini della pubblicità di Rolex, dove si assiste a scene di famiglia. Il marketing più potente? I dati di Schmitt indicano che è quello in cui tre o più tipi diversi di esperienza vengono combinati insieme: sul grado di intenzione di acquisto, 77 contro 67, fino ad arrivare al marketing olistico, che assomma tutti i SEM. Ma quali sono gli strumenti che attivano i SEM? Sono strumenti che forniscono l’esperienza e che Schmitt chiama ExPro, Experience Provider: la comunicazione, l’identità visiva e verbale, le persone, la presenza del prodotto, i siti web, il co-branding, gli spazi espositivi. Compito del manager, secondo il professore, è individuare qual è il tipo di esperienza più vicina a quella del consumatore e creare un team interdisciplinare, che integri le diverse competenze aziendali che producono gli ExPro. Un’impresa difficile in azienda, ma che può dare ottimi risultati. Un aiuto al manager arriva anche dallo strumento del CEM framework, che ne mostra le cinque fasi principali. La prima è l’analisi del mondo del cliente, che è forse la fase più caratteristica del metodo proposto da Schmitt. Qui rientrano tutti gli elementi dell’esperienza: nel caso di uno shampoo naturale, per esempio, non solo gli ingredienti della natura, ma anche tutto quello che fa parte del Life Style “naturale”: yoga, tecniche di rilassamento, principi zen, cromoterapia… La seconda è la costruzione della piattaforma esperienziale, che porta ad una descrizione dinamica e multisensoriale dell’esperienza desiderata. La progettazione dell’esperienza di marca è la terza fase, mentre nella quarta si struttura la relazione con il cliente. Infine, l’ultima fase: impegnarsi nell’innovazione continua. La centralità del cliente è oggi un fatto piuttosto assodato. Cos’ha di nuovo il suo metodo? A risponderci è Schmitt stesso. “Il cliente è l’elemento centrale del marketing: senza cliente non esisterebbero né azienda né marketing. Eppure se si sfoglia qualsiasi libro sull’argomento ci si può facilmente accorgere che gli strumenti e le metodologie con cui operare in tal senso praticamente non esistono. Ho lavorato con molte aziende nel corso degli anni e mi sono accorto che, pur sostenendo di porre la loro attenzione Bernd Schmitt al forum di HSM, Milano sul cliente, praticamente non fanno nessuna ricerca sul consumatore: assumono di conoscere il consumatore, e questo è tutto. nato dalle cose che stanno succedendo ora in Le novità sono strumenti e metodologie che Cina, per esempio, perché non mi comporto aiutano concretamente il lavoro sul cliente”. come il tipico business man, che si rinchiude in albergo. Vado in giro, dai negozi di moda Cosa è centrale nel suo metodo? all’opera, mi piace l’architettura. Osservo di“Nei miei libri prendo in considerazione versi aspetti della vita. Sono molto curioso. E altri aspetti, ma la chiave del mio metodo è quando sei un tipo di persona così è normale la comprensione del tipo di esperienza e del finire ad occuparsi di esperienze: tutte queste modo in cui le cose sono in relazione. Una cose riguardano esperienze. Mi piace fare ecomprensione che si basa su studi e ricerche: sperienza della vita pienamente.” quelli della scienza cognitiva, che studia il funzionamento del cervello.” Un’anticipazione sul suo prossimo libro? Può dirci qualcosa di più? “Avrà a che fare con il pensare in grande. “La teoria più consolidata al momento è la In molte organizzazioni, non c’è il coraggio di concezione modulare della mente. Secondo presentare grandi idee, diverse dalla media: il questa teoria, non c’è un’unica mente, ma ci risultato è un pensiero basso. Nel nuovo libro sono aree specializzate nel cervello, dirette a si presenteranno strumenti per combattere determinate funzioni. Ora possiamo saperlo questa attitudine organizzativa, e per uscire grazie a speciali metodi neuroimmagine, la allo scoperto con grandi idee. Come quella PET e la fMRI, che misurano la risposta emo- dell’iPod: è stata un’idea così innovativa, che dinamica, ossia l’aumento del flusso sangui- ha creato un nuovo mercato. O quella dei negno in certe aree cerebrali attivate durante gozi di prodotti biologici All Food, o quella di l’esecuzione di un compito. Abbiamo per Robert Galb, il nuovo direttore del Metropoliesempio un’area deputata alla comprensione tan Opera di New York: ha diffuso nei cinema della musica, un’altra per certe capacità lin- americani gli spettacoli, incontrando un sucguistiche, ma senza andare così nel dettaglio, cesso incredibile.” a livello generale si può distinguere un’area sensoriale, legata al talamo, una emotiva, connessa al sistema limbico e all’amigdala, e una parte deputata all’attività cognitiva, nella neocorteccia. Questi sono gli studi che sono alla base della mia teoria di marketing esperienziale: ho applicato il funzionamento del cervello al marketing.” C’è qualcosa di personale che l’ha condotta verso questa sua ricerca? “Sono una persona interessata ad aspetti diversi della vita: ho iniziato studiando medicina, poi sono passato a psicologia, per finire poi ad occuparmi di marketing. Mi annoio facilmente, non riesco ad occuparmi della stessa cosa per un tempo molto lungo. Questo a livello professionale; a livello personale, è simile: vivo a New York, ma viaggio moltissimo, dall’Europa all’Asia, sono affascifree business magazine 41 Oddio, un altro sondaggio di marketing! Ebbene sì! Fieri della nostra rivista (che è anche tua) vogliamo migliorarla per migliorare la qualità della vita in azienda ed anche al di fuori di essa. Non c’è trucco e non c’è inganno: 5 minuti del tuo tempo valgono tantissimo per noi. Basta che compili la scheda e lasci un indirizzo e-mail qui di seguito e ti promettiamo che sarai tra i fortunati a ricevere T-shirt, cappellini, info esclusive Con che frequenza leggi 7th Floor? sempre quasi sempre raramente mai Quanto 7th Floor leggi? tutto quasi tutto metà solo un’occhiata alle immagini Quale rubrica ti interessa maggiormente all’interno di 7th Floor? 42 e tanto altro per i prossimi mesi (se poi vuoi anche ricevere le informazioni, molto selezionate, dei nostri sponsor ce lo farai sapere successivamente). Sentiti un po’ più 2.0, dai! ps. ovviamente se compili la scheda online su www.7thfloor.it/gadgets fai prima. Quanti, escluso te stesso, leggono la tua copia di 7th Floor? 4 o più 3 2 1 nessuno Come entri in possesso della tua copia di 7th Floor? la trovo in azienda mi arriva personalmente sulla scrivania me la da un mio collega di lavoro me la da un mio amico la scarico dal sito www.7thfloor.it Hai mai visitato il sito www.7thfloor.it? Sì No (ma ora che lo so mi collego subito!) In internet navighi da: ufficio casa altro luogo segreto In generale, come consideri la qualità di 7th Floor? eccellente buona discreta sufficiente insufficiente Se 7th Floor fosse in vendita in edicola, quanto saresti disposto a pagare per averla? 4 euro o più 3 euro 2 euro 1 euro non la comprerei mai! Chiaro? Quali riviste leggi di solito? Quale posizione occupi in azienda? Sei uomo o donna? Come consideri la qualità degli articoli? eccellente buona discreta sufficiente insufficiente Autore preferito di 7th Floor? In che fascia è compresa la tua età? 20-29 30-39 40-49 49-infinito sono una signora e non è carino chiedermi l’età! Hobby? Come consideri la qualità del design e delle immagini? eccellente buona discreta sufficiente insufficiente free business magazine 43 LIBRI Dalla coda lunga alla zona d’ombra La coda lunga: volumi di vendite minori ma su un maggior numero di titoli 1. Da un mercato di massa a una massa di mercati Tradotta in italiano dalla Codice Edizioni (Torino 2007, € 19, pp. 236), La coda lunga è il titolo di una ricerca che il direttore di «Wired» Chris Anderson ha tratto da un fortunato articolo pubblicato nell’ottobre 2004 e sviluppato nel blog http://longtail.typepad.com. La tesi di Anderson è conosciuta in Italia ed è stata più volte ripresa da 7th floor. Può essere rappresentata attraverso la figura qui sotto riprodotta. Le imprese che vendono sul mercato attraverso i canali fisici tradizionali (bricks and mortars) tendono a guadagnare sfruttando un alto numero di vendite di un piccolo numero di titoli. I rivenditori “ibridi” alla Amazon (che utilizzano le reti digitali per distribuire prodotti reali come libri, dischi, dvd, ecc.) ottengono volumi di vendite minori ma su un maggior numero di titoli. Coloro, infine, che vendono prodotti digitali sulla rete come iTunes e Rapsody riescono a sfruttare in pieno l’effetto della coda lunga, abbattendo completamente i costi marginali di riproduzione fisica e di conservazione dei prodotti. Il libro è il risultato di quasi due anni di ricerche e di interviste con dirigenti aziendali e ricercatori universitari e ben chiarisce le forze principali che hanno permesso la creazione della coda lunga: (a) la diversificazione delle produzioni digitali con la creazione di sempre più numerose nicchie, (b) l’abbattimento dei costi per raggiungere tali nicchie attraverso l’economia dell’intenzione promossa dai motori di ricerca, (c) gli strumenti di aggregazione dei contenuti prodotti dagli utenti per farle trovare. L’industria interessata dalla coda lunga è stata inizialmente quella dell’infotainment, dalla musica al cinema, ai libri nuovi o usati e alla produzione di contenuti con una profonda ristrutturazione dei suoi modelli di business; ma i principi del fenomeno hanno poi investito anche altri settori di attività e creato nuove figure di imprenditori. 2. Total Access. Giving customers what they want in an anytime, anywhere world 44 «Agisci globalmente e connettiti localmente» Alla ricerca di Anderson si può ricollegare Total Access, lo studio anticipatore di Regis McKenna, pubblicato nel 2002 dalla casa editrice Harvard Business School Press (Boston Mass., $ 27,50, pp. 252). Oggetto dell’analisi sono le nuove imprese hightech e i settori in cui le innovazioni ICT possono essere applicate. Secondo McKenna, il marketing come pubblicità e promozione tenderà a scomparire, soppiantato da relazioni automatizzate e integrate tra imprese e clienti/utenti. L’enfasi sul brand o sulla corporate identity dovranno cedere il passo alla costruzione di network basati sulla reputazione e l’affidabilità: “la riduzione del brand al naming, alla personalità, alla consapevolezza, al riconoscimento e al richiamo non è più sufficiente a trattenere i consumatori di oggi; questa riduzione è troppo rigida nel tempo e nello spazio a fronte di un’esperienza dell’utente che è virtuale, relativa e transitoria…” (p. 103). I consumatori attuali stanno cambiando sotto i nostri occhi grazie a un accesso sempre più diretto all’informazione e alla crescita del loro potere di scelta. L’architettura del marketing del XXI secolo deve puntare alla costruzione di una “presenza persistente” con punti di accesso multipli, integrati da una rete di informazione condivisa: presenza fisica sul territorio come testimoniano Wal Mart o Starbucks; presenza sulla rete Internet attraverso i diversi device di accesso; presenza embedded all’interno dei vari tipi di macchina (dall’automobile al computer, all’elettrodomestico). Interlocutore/ascoltatore attento e sempre disponibile, il nuovo uomo di marketing dovrà rielaborare il mantra della prima Internet di massa (metà degli anni Novanta) “pensa globalmente ma agisci localmente” in una nuova e più avvertita dimensione: “agisci globalmente e connettiti localmente”, ossia rispondere alla sfida dell’accesso totale. 3. Il marketing esperienziale. Come sviluppare l’esperienza di consumo Se McKenna focalizza l’analisi sulle nuove tecnologie come motore della connessione con i clienti, nel libro di due docenti universitari, Mauro Ferraresi e di Bernd H. Schmitt, pubblicato nella bella col- di Lucio D’Amelia [email protected] 3. Marketing Esperienzale di Bernd H. Schmitt 1. La coda lunga di Chris Anderson www.hoepli.it 2. Total access di Regis McKenna 4. L’organizzazione nascosta di Mario Perini lana “Impresa Comunicazione e Mercato” diretta da Giampaolo Fabris (Franco Angeli, Milano 2006, € 21, pp. 204) l’obiettivo è quello di costruire una “piattaforma esperienziale” nella relazione con i clienti. Anche in questo caso si vuole modificare l’approccio di base passando dal tradizionale CRM (Customer Relationship Management) al CEM (Customer Experience Management). Il CEM non intende essere un concetto di marketing, ma una vera e propria filosofia di gestione organizzativa, che trasforma l’organizzazione aziendale nel suo complesso. Esso si attua in 4 fasi che comprendono l’analisi del mondo esperienziale del cliente, la costruzione della piattaforma esperienziale, la progettazione dell’esperienza di marca e, infine, la strutturazione della relazione. La progressione delle fasi è ottenuta incrociando due aspetti fondamentali: i Moduli Strategici Esperienziali (SEM) e i Fornitori di Esperienza (ExPro). I SEM si riferiscono ai 5 tipi di esperienza del cliente: Sense (aspetti sensoriali), Feel (dimensione affettiva), Think (tratti cognitivi), Act (gli stili di comportamento e di vita) e Relate (il framework culturale), costruiti sulla base di una visione olistica del destinatario; gli ExPro, a loro volta, sono quei componenti tattici che permettono di realizzare le campagne incentrate sui diversi moduli: la comunicazione; l’identità visiva/verbale; la presenza del prodotto, il co-branding, gli spazi espositivi, i siti web e i media elettronici, le persone. Da tale incrocio si può costruire una “griglia esperienziale”, che può essere sviluppata in modo flessibile. A conclusione dello studio sono riportate alcune indicazioni per la creazione di un’organizzazione orientata all’esperienza: “migliorare l’esperienza del cliente richiede il coinvolgimento delle risorse interne, (…) che devono essere distribuite tra l’esperienza di marca e la relazione con il cliente” (p. 187). Ciò comporta non soltanto la modificazione delle procedure aziendali verso un’organizzazione più motivata, ma l’offerta di un’esperienza gratificante ai dipendenti, che devono diventare protagonisti a pieno titolo del nuovo approccio esperienziale. 4. L’organizzazione nascosta. Dinamiche inconsce e zone d’ombra nelle moderne organizzazioni Mario Perini, psicoanalista e consulente aziendale, è il responsabile scientifico del programma “Seminari Tavistock sulle relazioni di gruppo”: in questo libro (Franco Angeli, Milano 2007, € 22, pp. 202), si propone di esplorare l’esperienza soggettiva e il costo emotivo che producono i processi aziendali sulle persone che operano all’interno delle imprese. L’ottica adottata si basa sulla tradizione dell’Istituto Tavistock (http://www.tavinstitute.org), centro di eccellenza nel campo psicoterapeutico, che ha costruito un modello originale di analisi del funzionamento delle istituzioni collettive, pubbliche e private, con l’applicazione dei concetti della psicoanalisi freudiana al mondo delle aziende. L’approccio Tavistock è al tempo stesso un metodo di analisi e di formazione e uno strumento di diagnosi organizzativa e di consulenza alle organizzazioni in difficoltà: si ritiene infatti che anche un organismo collettivo come un’impresa possa andare incontro a episodi e processi di “sofferenza”, che sono sicuramente diversi da quelli della singola persona, ma che hanno ricadute al proprio interno sulle risorse umane. E questo avviene soprattutto nei momenti di cambiamento (riorganizzazioni interne, fusioni, innovazione di processo o di prodotto) e nei settori ad alta competitività e incertezza. Secondo questo modello è possibile trattare o far emergere anche quelle dinamiche di gruppo che rimangono a uno stato latente, perché preconsce o inconsce. È questa la parte “nascosta” dell’organizzazione, frutto spesso di una serie di difese organizzative e carica, perciò, di resistenze al cambiamento: “possiamo immaginare – scrive Perini – che esistano sempre due organizzazioni, una visibile e una nascosta. Mentre quella visibile è razionale, coerente e orientata al compito, l’organizzazione nascosta è irrazionale e orientata al soddisfacimento dei bisogni emotivi.” (p. 48). La duplicità non necessariamente crea uno squilibrio o un disordine, ma l’irruzione della zona d’ombra può manifestarsi soprattutto quando entra in crisi la relazione tra il potere e l’autorità all’interno del management: mentre il potere può essere considerato come una forza effettiva della persona, delle sue competenze e del suo sistema di relazione, l’autorità in un’azienda è legata al ruolo e al compito ricevuto. Si pensi alle varie figure di “capo” che si incontrano nelle aziende: il processo di attribuzione dell’autorità può essere conferito dall’alto, sanzionato dal basso o ricevere un’autorizzazione dall’interno. In tutti e tre i casi l’eventuale scollamento tra autorità e potere produce i sintomi di una “malattia psichica” dell’organizzazione, con conseguenze sulla efficienza delle sue risorse. Come si deve intervenire in questi casi secondo l’approccio Tavistock? Per un verso attraverso la formazione di tipo esperienziale, in particolare dei manager, nella gestione della leadership; per l’altro proponendosi come uno strumento aggiuntivo, nei casi in cui gli approcci tradizionali non hanno saputo risolvere i problemi creati dalle resistenze al cambiamento e all’innovazione: come un buon oculista che ci fa provare vari tipi di lente per permettere di migliorare la nostra vista in difficoltà, alle prese con una realtà poco o per niente conosciuta. free business magazine 45 «Però quelli che dirigono quelle poche miglia di aziende che puntano veramente ai soldi solidi e longevi, si divertono di più, hanno più amici e scopano meglio.» “Per caso qualcuno vuole un caffè?” UNUSUAL MARKETING Il capitalismo dei soldi buttati dalla finestra di Jacopo Fo* G randi idee, radicate nella mente di molti, crollano una dopo l’altra, travolte dalla rigida solidità dei fatti. Lo scopo delle imprese è arricchirsi a dismisura, verticalizzare gli utili a tutti i costi, conquistare mercati, espandersi in modo ossessivo? Forse una volta. Oggi, evidentemente no. Ormai l’esperienza di migliaia di aziende, anche grandissime, ha dimostrato che è possibile razionalizzare i consumi energetici, minimizzare gli scarti, riciclare, ottenendo risparmi che in alcuni casi raggiungono l’effetto di tagliare i costi di energie e materie prime fino all’80%. Ma nonostante questi evidenti e comprovati vantaggi sono milioni le aziende che non fanno nessuno sforzo per imitare i loro concorrenti più accorti. Queste aziende oltretutto rinunciano al vantaggio di immagine che permette alle imprese rispettose dell’ambiente di fidelizzare i clienti. Migliaia di aziende in tutto il mondo hanno dimostrato che conviene costruire rapporti collaborativi con il personale, rafforzando così lo spirito di appartenenza e ottenendo rendimenti maggiori e migliori dalle maestranze. Inoltre oggi il processo produttivo è talmente raffinato e complesso che queste aziende minimizzano il rischio enorme che un dipendente indispettivo schiacci il tasto “delete” del computer cancellando in un istante tutto l’indirizzario clienti dell’azienda. Oggi intrattenere rapporti amichevoli con i dipendenti non è solo un modo per ottenere risultati produttivi migliori e abbassare il tasso di errore, è anche un’indispensabile azione di incremento del livello di sicurezza aziendale interno. Migliaia di aziende hanno dimostrato con l’erezione delle linee dei grafici delle vendite, che intrattenere rapporti di reciproco rispetto e di garanzia di qualità con i consumatori rende enormi quantità di denaro e garantisce stabilità di lunga durata alle aziende. I consumatori, grazie a marchingegni straordinari come internet hanno una capacità di comunicazione orizzontale spaventosa e un cliente insoddisfatto e incazzato è capace di dissuadere centinaia di persone dall’idea di comprare un certo prodotto. Oggi la comunicazione aziendale non può più essere immaginata come una strada a senso unico (dall’azienda verso i consumatori). La comunicazione tra i consumatori, le referenze di E-bay e di Ciao. com, i giudizi di Altroconsumo, i blog, sono capaci di spostare 1000 volte più persone di quanto poteva il passaparola di bocca in bocca, dieci anni fa. «Migliaia di aziende hanno capito che la pubblicità in rete costa 10 volte meno della pubblicità televisiva o cartacea e offre opportunità di informazione e vendita diretta, nel momento stesso in cui il consumatore ha l’impulso dell’acquisto.» Inoltre la rete permette di selezionare tipologie particolarissime di consumatori e di pagare solo i messaggi che raggiungono quel precisissimo bersaglio commerciale. La rete offre la possibilità di verificare strada facendo l’efficacia del messaggio misurando con test da 1000 euro il tasso di resa in termini di fatturato di una campagna ottenendo con questo investimento minimo un diagramma sul rapporto tra costi promozionali/fatturato che una volta individuato permette di conoscere in anticipo l’entità di utili che la campagna pubblicitaria otterrà. Questo avviene ad esempio con la promozione tramite gli annunci di Google legati alle parole chiave ricercate sul motore o presenti sui siti che pubblicano i bannerini di Google. Paghi solo quando un navigante clicca e entra nel tuo sito. Mille vedono la tua pubblicità e tu non paghi. Uno entra e paghi cifre che nella maggioranza dei casi vanno da 8 a 30 centesimi. Dopo un po’ scopri quante persone comprano per ogni 100 che entrano. Se compra una persona e tu hai pagato per 100 ingressi 10 euro sai con esattezza che una vendita ti costa 10 euro. E’ un dato che avrà oscillazioni molto lievi e si manterrà stabile fino all’esaurirsi di quel segmento di mercato. Sostanzialmente una “CAMPAGNA PROGRESSIVA” su Google e simili o tramite i sistemi di affiliazione, permette di non rischiare l’osso del collo investendo un milione di euro in una campagna televisiva o cartacea che poi si rivela un fallimento. Migliaia di aziende hanno dimostrato che quando conquisti un cliente puoi cercare di non deluderlo allo scopo di vendergli uno dopo l’altro decine di prodotti. E questo è estremamente sicuro. Ma queste aziende strutturalmente innovative sono solo migliaia. Ci sono milioni di aziende che trattano male i dipendenti, deludono i clienti, comprano pubblicità sui media tradizionali, non tentano il marketing “IN PROFONDITÀ”, non hanno capito un benedetto fischio della strategia delle community, del “TUTTI VINCENTI”, non immaginano che si possa guadagnare montagne di soldi regalando lampadine a basso consumo e incassando i certificati verdi e bianchi (titoli di efficienza energetica, vendibili a chi non riesce a inquinare di meno e dovrebbe pagare multe salate a causa degli accordi di Kyoto). Insomma milioni di aziende NON realizzano iniziative chiaramente capaci di alzare gli utili. Perché? Due i motivi principali: sono spariti i padroni di un tempo. Le aziende sono in mano ai manager che sanno che se prendi iniziative innovative puoi essere fatto fuori se sbagli ma anche se hai successo. Meglio continuare a navigare a pelo d’acqua, ottenere qualche risultato positivo con azioni che richiedono poca fantasia e cambiare azienda “mai dopo i due anni”, giusto il tempo perché non sia visibile che i piccoli risultati positivi erano solo fuochi di paglia. Inoltre l’innovazione strategica richiede di affrontare nuovi punti di vista, aggiornarsi, ragionare e avanzare per tentativi. E chi te lo fa fare quando puoi acquistare la 1000 cavalli foderata di pelle di vergine fiamminga semplicemente giocando a comprare e vendere il patrimonio immobiliare dell’azienda facendo un figurone con gli azionisti e svuotando il valore “solido” della società per azioni? Però quelli che dirigono quelle poche migliaia di aziende che puntano veramente ai soldi solidi e longevi, si divertono di più, hanno più amici e scopano meglio. *[email protected] www.alcatraz.it Migliaia di aziende hanno capito che la pubblicità in rete costa 10 volte meno della pubblicità televisiva o cartacea e offre opportunità di informazione e vendita diretta, nel momento stesso in cui il consumatore ha l’impulso dell’acquisto. La rete è addirittura più veloce della vendita telefonica televisiva. 46 free business magazine 47 della usability con macchine hardware che fondono i loro comportamenti con le istanze più naturali dell’uomo, anticipandone quasi i desideri attraverso la lettura dei movimenti oculari e con ciò che faccio adesso, Assistenti Virtuali Intelligenti. Inoltre, dato che siamo in Italia, non mi sono mai potuto limitare a fare il mio lavoro, ma spesso ho dovuto contribuire a creare l’opportunità stessa. Questo fa di me un personaggio ibrido tra un designer e un imprenditore. Sono spesso dovuto andare in cerca, come un rabdomante, di quei rarissimi progetti coraggiosi e con una chance di divenire globali, trasformandomi in una sorta di specialista in startup (quelli che si danno missioni difficili). Per darti un’idea di cosa intendo: oggi, come responsabile del design dell’R&D Lab di Kallideas, sto costruendo una generazione di nuovi software. La ricetta è sì tecnologica, ma nel team lavorano esperti di linguaggio e psicologi, animatori 3D e competenti di comunicazione. Insomma nonostante dieci anni e passa di Human computer interaction in tutte le sue forme, tecnologie e metodi, mai più di oggi sto spingendo alla sovrapposizione della tecnica con i tratti più umanistici del mio mestiere. La mia segnature, che nell’era di etichette vuote è un bell’esercizio di sintesi, per adesso cita criticamente “10y+ experienced IxD designer & manager” e, con gli anni, sono diventato una sorta di talent scout che mette insieme squadre di talenti i quali, divertendosi, hanno spesso raggiunto grandi obiettivi in quel territorio ibrido tra tecnica e human behaviour. Surface: il tavolo “multitouch“ di Microsoft INTERACTION DESIGN LEANDRO AGRÒ Idearium.org Il comportamento degli oggetti Ambienti virtuali, interfacce e internet delle cose. L eandro Agrò è un “mover&shaker” come dicono gli anglosassoni, ha fondato diverse società e comunità online, organizza conferenze sull’interaction design e ancora non è scappato all’estero! Questo è un piccolo estratto di una lunga intervista che trovate sul nostro daily magazine: www.7thfloor.it raction Design. Senz’altro io, dal 1995 ad oggi, non ho mai fatto altro. Il punto è che non è facile capire esattamente di cosa si tratti; ed allora preferisco dire che “in un mondo dove gli oggetti tecnologici sono sempre più complessi, io mi occupo di definirne i “comportamenti” perché siano il più semplici ed efficaci possibile”. Allora leandro, come definiresti il tuo lavoro? Ti senti più designer, tecnologo, imprenditore? Esiste una etichetta tipica per questo lavoro: Inte- Mi piace la dizione “Product Behaviour Design”, appresa da Aaron Oppenheimer della Design Continuum di Boston e che collega gli anni del web e 48 Intervista di Andrea Genovese LEANDRO AGRÒ «In un mondo dove gli oggetti tecnologici sono sempre più complessi, io mi occupo di definirne i comportamenti perché siano il più semplici ed efficaci possibile» Leandro Agrò, [email protected] Chi sono i tuoi maestri, i tuoi compagni di viaggio? Beh, dalle spiagge della Sicilia di fine anni ‘80, non era facile capire che strada intraprendere. Io ero “uno bravo con i computer” e quindi mi iscrissi a Ingegneria Elettronica. Un giorno, un amico mi segnalò un libro dal titolo irriverente: “La Caffettiera del Masochista”. Lo lessi e improvvisamente, la mia passione per la grafica e l’impostazione logica delle cose, fece emergere un ordine nuovo che non conoscevo: il design delle interfacce. Quindi il giovane Donal Norman è senz’altro stato un potente maestro. Marco Susani un altro. Ma ci metterei dentro le altre mille persone che hanno saputo, con i loro discorsi o azioni, stimolare il mio modo di pensare. Sono ancora nella fase in cui osservo e imparo anche da cose minuscole; ma se vuoi i grandi nomi, allora cito Steve Jobs, perché ci ha regalato una storia avvincente come quella della Apple e Tim O’Reilly per avere inventato quell’incredibile occasione di confronto e apprendimento che è l’eTech, con tutte le conseguenze concrete che ha avuto sulla Cultura della Rete (è lì che ho incontrato le idee di Lessig, Gladwell, Ster- Esempio di interfaccia dell’ iPhone di Apple ling, Hillis, Godin, … ). Tra i compagni di viaggio, certamente Giuseppe Taibi, per me un amico del liceo a cui sono legato da un affetto infinito, per l’Italia un ennesimo cervello sfuggito all’Italia e che, tra un incarico di Cto e un insegnamento ad Harvard, vive e lavora a Cambridge (Boston) da oltre dieci anni. Un altro compagno di viaggio con cui ho condiviso molti progetti legati ad Idearium è Andrea Benassi, alfiere della formazione remota e pioniere italiano in Second Life. Che cos’è per te la tecnologia? Che parte ha nella tua vita e nel tuo lavoro? Se fossi un pittore direi che “la tavolozza dei colori che uso per dipingere è piena di tecnologie ma è la qualità e la rappresentazione che finirà nel quadro a contare”. Posso definirmi un geek nel senso che possiedo e sperimento quasi tutti i gadgets che sono sul mercato. Per me le tecnologie importanti sono l’iPod con il suo iTunes, il Wii con il suo WiiRemote ed i Mii, GoogleDocs e Gmail, WordPress, Pandora e Flickr, GoogleEarth (che definisco sempre il primo vero oggetto adatto all’eLearning che ho visto apparire in Rete). Ma tecnologie per me sono anche i tavoli interattivi (oggi diremmo Microsoft Surface, ma in Domus ci lavorano da dieci anni e per loro è già roba vecchia), oggetti come l’iPhone e quelli che seguiranno, ma soprattutto la Rete wireless, sempre e ovunque. Spero che Milano, e con lei l’Italia, faccia le scelte giuste, perché sento dire delle stupidità tecniche mostruose. La parola magica, oggi, è wimax, mentre sento parlare di mettere 14,000 hotspot entro il 2010. Due stupidate nella stessa frase. I-Able è una tua creatura, è un software un po’ particolare. Che cos’è? Tutto è partito nel 2003 con degli schermi speciali prodotti dalla svedese Tobii che consentono di sapere dove guarda, istante per istante, una persona posta dinanzi ad un monitor. Questo senza alcun sensore visibile e/o cavo di collegamento tra la persona e questo speciale schermo. free business magazine 49 Ebbene, quando l’allora one-man-band della SrLabs, una piccola company focalizzata sulla tecnologia del controllo dei movimenti oculari, mi parlò del mercato potenziale di questa tecnologia, si pensava soprattutto alle sue applicazioni in ambito di ricerche di mercato; ma discutendone insieme venne rapidamente fuori che si sarebbe potuta mettere su una company che guardasse anche allo sviluppo di hardware e software speciali e progettare tecnologie innovative per i campi più diversi: dai videogiochi controllati con gli occhi, alle applicazioni medicali, dalle consolle per il montaggio video all’automotive. Trovata la giusta compagine sociale e assunti i primi “geni”, sperimentammo in molte direzioni e, insieme a persone di incredibile talento come Paolo Invernizzi, Paolo Salone e Aaron Brancotti, siamo riusciti a tirar fuori un vero e proprio framework che consente di pilotare un computer senza usare mouse e tastiera. Nonostante sia passato del tempo, a livello mondiale non conosco ancora nulla del genere. Badate che non è un mero fatto tecnico. Non è che basta sapere dove guarda l’occhio e spostare il puntatore come se fosse il mouse a muoverlo. Il lavoro è stato tutt’altro. Abbiamo completamente ripensato l’interfaccia utente-computer. Questo perché tutto ciò che si vede in un’ interfaccia grafica è pensato per rispondere al tipo di input device (in genere tastiera e mouse) che stiamo usando. Se cambiamo drasticamente il modo con cui comunichiamo le nostre intenzioni al computer, cambiano le tecniche e cambiano le potenzialità. In piccolo è stato come essere allo Xerox Park quando stavano disegnando la prima interfaccia grafica per il mouse. A che cosa è servito? Ti faccio un esempio. In ambito medico, le diagnosi per immagini (dalla semplice radiografia in su) si fanno spesso al computer. Come sapete i computer sono abbastanza stupidi quando si tratta di capire cosa c’è dentro una immagine, mentre le persone sono abilissime in questo. Ebbene, se tutte le diagnosi fossero associate non soltanto alle immagini, ma anche all’indagine specifica (movimenti oculari) fatta dal medico, si potrebbe rapidamente costruire un database sensato e migliorare anche i processi di apprendimento dei medici più giovani. Leandro Agrò al Salone del Mobile e del Design, Milano 50 ta è stata una sorta di manifesto per noi. Vedi, oggi tutti conoscono la teoria dei sei gradi di separazione e percepiscono il mondo come una rete di relazioni. Questo mi porta alla seconda frase importante nella storia di Idearium: “Qualche volta bisogna fare le cose soltanto perché è giusto farle”. Gli assistenti virtuali Kallideas I-Able IDEARIUM.ORG «Oggi tutti possono avere un blog e sentirsi star in qualche modo. Difficile invece è mettere in comune qualcosa senza fini commerciali e costruire fiducia, valore, progresso per molti anziché per pochi. Idearium è questo.» Inoltre, il fatto di usare un programma per la diagnosi per immagini che, anziché con il mouse, preveda la manipolazione diretta dell’immagine attraverso lo sguardo, porta ad una conseguenza stupefacente: a parità del tempo impiegato per fare una diagnosi, il medico guarda l’immagine per quasi il doppio del tempo. Vi stupirà sapere che esistono studi che dicono che una diagnosi viene effettuata in meno di cinque minuti, tre dei quali adoperati usando l’interfaccia o scrivendo del testo e non guardando l’immagine su cui è basata la diagnosi. Con la sola tastiera ed un monitor a fosfori verdi, non si poteva far molto altro che scrivere testi e programmare. Con le interfacce grafiche ed il mouse è scoppiata l’opportunità di usare la grafica per mille cose diverse, e gli utilizzatori di computer si sono moltiplicati su scala globale. Se abbiamo un computer la cui interfaccia ha caratteristiche diverse, potremmo fare delle cose mai viste prima, compreso aiutare una persona affetta da sclerosi laterale amiotrofica a comunicare con medici e parenti, controllare l’ambiente attorno a sé e, persino, rilasciare un’intervista o scrivere un libro. Non è abbastanza, ma non è poco. Il software che compie questo mezzo miracolo si chiama I-Able. In Italia oggi lo usano soltanto alcune decine di persone, per via del costo della parte hardware che è necessaria. Ma se le istituzioni si lasceranno coinvolgere e il prezzo dell’hardware farà il suo consueto corso (ovvero diminuirà rapidamente con l’aumento della produzione) si potrà fare qualcosa di utile per molte persone. Diavolo, se tutto il design e la tecnologia che abbiamo non serve almeno a questo, allora a cosa serve davvero? Hai fondato una community che si chiama Idearium. Quali idee segue e produce? Un personaggio piccolo e dall’aria spaurita chiede: “Cosa sono i sogni?” e l’altro personaggio dall’aria scontrosa e intelligente risponde:”I sogni sono niente senza la Community”. La vignetta l’aveva realizzata un caro amico che oggi si occupa di progettare reti 3G, Danilo Abbati, e quella vignet- DALL’ERA eTECH A QUELLA DEL TED «Il TED è, oltre che la conferenza, la comunità di persone che cerca di discutere e amplificare le “idee che val la pena di diffondere”» www.ted.com Abbiamo la Rete, ma la fase in cui la stiamo vivendo è parecchio disgregata e, in fin dei conti, si finisce spesso per mercificare ogni azione. Ebbene, oggi tutti possono avere un blog e sentirsi star in qualche modo. Difficile invece è mettere in comune qualcosa senza fini commerciali e costruire fiducia, valore, progresso per molti anziché per pochi. Idearium è questo. Ti faccio un esempio: adesso vanno tutti matti per i Barcamp e anch’io li trovo uno strumento formidabile. Peccato che il barcamp dei bloggers sia spesso trasformato più in una vetrina dove ognuno mostra se stesso che in una vera opportunità di incontro, scambio e comunicazione. Anche se non c’è il palco, nei barcamp l’atteggiamento culturale con cui li viviamo è spesso ancora quello. Le tecnologie consentono all’uomo di sperimentare ed evolversi (noi siamo gli artefatti che usiamo) mentre l’arte consente di esprimersi ed esplorare. Entrambi questi approcci tracciano nuovi mondi prima che si materializzino, il mercato o la politica arrivano dopo. Per questo ha senso che esistano posti come Idearium persino nell’era del blog facile. Anche se partecipare ad Idearium significa, come in qualunque associazione, svolgere un’ attività, pensare, sudare, condividere qualcosa che potresti tenere per te. E devi farlo soltanto perché è la cosa giusta da fare, e non perché qualcuno ti sta promettendo di restituirti il favore, trovarti un lavoro, darti una vetrina. Che sono poi cose che accadono, ma tipicamente accadono a chi dà di più. Perché questa era è anche quella del dono. Più dai, più ti torna. Com’è nata l’idea di Frontiers of Interaction? Quest’anno, siamo alla terza edizione, il tema è “Internet of Things e Virtual Environment”. Sarà un’ edizione parecchio intrigante perché alcuni discorsi classici, ad esempio l’antica contrapposizione culturale tra design dell’interazione e realtà virtuale, si stanno sgretolando e contemporaneamente il Pianeta si sta popolando di presenze ed oggetti collegati in Rete. I temi affrontati alla Conferenza sulle Tecnologie Emergenti che ogni anno seguo in California, sono finalmente raccontabili anche qui in Italia, e per farlo abbiamo coinvolto parecchi personaggi interessanti, compreso Nico- las Nova (mixed reality) e Jeffrey Schnapp (Stanford University). Qual è il tuo prossimo progetto? Vedi, secondo me si parla troppo delle persone e poco delle idee. Per spiegarmi meglio userò una frase che è attribuita ad Eleanore Roosevelt, ovvero: ”Le grandi menti parlano delle idee, le menti medie degli eventi, le menti piccole delle persone”. Partendo da questo ragionamento e osservando tutto il mondo dei reality, delle vallette, dei politici, dei calciatori che sono l’Italia e rappresentano i modelli a cui i più giovani si ispirano, ho pensato che davvero servirebbe scordarci per un attimo il gioco dei ruoli e delle posizioni e mettere davanti a tutto semplicemente le idee. Infine, c’è il passaggio dall’era eTech a quella del TED. Il TED è, oltre che la conferenza, la comunità di persone che cerca di discutere e amplificare le IDEE CHE VAL LA PENA DI DIFFONDERE. E veniamo quindi all’idea a cui stiamo lavorando: vogliamo introdurre uno strumento in più per diffondere le idee e vogliamo farlo attraverso i blog. Vogliamo usare la potenza di indicizzazione di WordPress, la forza di technocrati e degli altri motori da blog, linkare la loro le idee e diffonderle. Vogliamo usare microcontens e blogroll, trasformandoli in un amplificatore potente la cui tecnologia abbiamo già su tutti i blog. Vogliamo creare uno SHIFT DA BLOGROLL A IDEAROLL. Sul fronte professionale prevedo di lavorare ancora per diversi anni sul percorso dell’embodiment, ovvero sulla creazione di software, interfacce e artefatti che avvicinino atomi (esseri umani) e bites (macchine). Gli assistenti virtuali sono una di queste tecnologie. SecondLife è un’altra. Infine, dopo essermi divertito con un mash-up come Photoshakr (utile anche come strumento di presentazione. Io ci ho fatto il mio talk al BayCHI nella sede di Yahoo a Sunnyvalley), adesso c’è il sogno nel cassetto, ovvero creare un videogioco. L’avatar su Second Life di Leandro Agrò free business magazine 51 TOMMASO TESSAROLO «La NetTV è un universo completamente nuovo che necessita di un enorme sforzo creativo. Chiunque oggi può produrre un Podcast Video, l’equivalente di una vecchia trasmissione TV, o trasmettere delle dirette NetTV usando piattaforme come Mogulus o uStream. Ma non è la tecnologia il tema, bensì i contenuti.» NetTV TOMMASO TESSAROLO Come internet cambierà la televisione I nternet è la nuova antenna, che vuol dire? Siamo stati sempre abituati a concepire il televisore come un tutt’uno, un apparecchio di ferro, plastica e vetro dentro il quale vedere contenuti video. Il televisore è da sempre al centro dei nostri salotti, immerso nell’intimità delle nostre case. Dall’inizio degli anni novanta il televisore è cominciato ad essere però sempre più un’interfaccia, un oggetto dal quale vedere contenuti presi da più sorgenti: cavo, satellite, digitale terrestre. Da circa un anno e mezzo grazie alla convergenza di diversi fattori è ora possibile utilizzare anche Internet come antenna da “attaccare” al nostro televisore per sintonizzare nuovi contenuti provenienti dalla Rete. Perchè tutto questo fermento intorno alle NetTV, che cosa è accaduto negli ultimi mesi che prima non c’era o non si poteva fare? C’è stata una rapida convergenza di diversi fattori: la diffusione della banda larga, la presenza in ogni casa di telecamere digitali, PC molto potenti, software iper semplificati per l’editing del video, e negli ultimi due anni la diffusione di un numero incredibile di piattaforme dedicate per la distribuzione di 52 video online, il più delle volte completamente gratuite. Questo insieme di elementi ha fatto sì che sia letteralmente esploso il fenomeno della produzione e distribuzione di contenuti video in Rete. Intervista di Andrea Genovese [email protected] Che consigli daresti oggi ad un broadcaster? Ai broadcaster internazionali non ci sono molti consigli da dare, sono già tutti pesantemente attivi su questo versante. L’unico vero limite di alcuni è il volersi ostinare a proteggere con dei DRM (digital rights management NDR) i contenuti più pregiati quando ormai si è capito che non è questa la strada da seguire. Altro discorso per i broadcaster nazionali, ancora pericolosamente fermi. Rai ha operato qualche timido tentativo, lodevole di certo, ma non sembra esserci un piano organico di sviluppo. La7 ha diverse produzioni in Podcast e un occhio vigile sul versante NetTV, ma nulla di veramente innovativo è ancora riuscita a realizzare. Mediaset è totalmente fuori da questo circo. Gli unici veri esperimenti li sta facendo QOOB (sempre Telecom Italia Media) con una serie di produzioni innovative. L’unico vero consiglio da dare ai nostri broacaster è quello di non sottovalutare il fenomeno: Internet cambierà la televisione per sempre e per continuare ad esercitare una posizione importante è necessario partire senza indugio in nuove sperimentazioni a riguardo. ... e a un autore di contenuti, o a un produttore? Il contenuto è il vero asset della rivoluzione NetTV. Crollate le barriere per la produzione e la distribuzione, solo chi avrà dei contenuti validi con il pieno possesso dei diritti di sfruttamento potrà dire la sua nel prossimo futuro. Ma, come ho già detto, i contenuti NetTV sono qualcosa di altro rispetto a quelli televisivi classici. Internet è un medium conversazionale, dove chi crea e chi fruisce sono legati in un continuo processo interattivo che modifica il centro di quello che si sta vedendo o facendo. Oggi chi ha idee può con pochissime risorse provare a concretizzarle. Il consiglio è: sperimentare, sperimentare, sperimentare. Siamo di fronte ad una rivoluzione, non rimaniamo con le mani in mano. Che dimensioni ha oggi il mercato e chi sono i player italiani e internazionali che si stanno affacciando nel settore? Il mercato è già oggi enorme. Si pensi che l’Ofcom (il corrispettivo del AGCom inglese) ha misurato qualche mese fa che i giovani dai 18 ai 24 anni vedono già oggi 7 ore in meno di televisione a settimana a favore di contenuti video fruiti via Internet. Veoh.com uno dei tanti servizi online statunitensi (fondato da Michael Eisner ex CEO di Disney) dichia-ra 1.200.000 spettatori a settimana per i suoi contenuti. In Italia il fenomeno è in fase crescente dove il caso più interessante è sicuramente quello di Libero Video. Quali tecnologie tenere d’occhio e con cosa inizieresti a sperimentare? Le tecnologie in senso stretto per fare e distribuire video online sono ormai consolidate. Non c’è molta sperimentazione da fare. C’è piuttosto da cominciare a creare contenuti nuovi, nuovi format appositamente concepiti per la NetTV. Troppo spesso ci troviamo di fronte a riproposizioni di contenuti “classici” riadattati per la rete. Ma la NetTV è un universo completamente nuovo che necessita di un enorme sforzo creativo. Chiunque oggi può produrre un Podcast Video, l’equivalente di una “vecchia” trasmissione TV, o trasmettere delle dirette NetTV usando piattaforme come Mogulus o uStream. Ma non è la tecnologia il tema, bensì i contenuti. Tommaso Tessarolo - tommaso.tessarolo.it NetTV: il libro di Tommaso Tessarolo Nelle imprese si fa un gran parlare di business TV mi sembra che ci siano delle grandi opportunità, quali? Le imprese hanno visto modificarsi profondamente il rapporto con i loro clienti con l’avvento di Internet. La gente oggi acquista sempre più cons- apevolmente. Da quando esistono i forum e soprattutto i blog l’atto d’acquisto è diventato un momento sempre meno impulsivo. Quello che si sta capendo è che le aziende non possono più essere un’entità astratta, spesso irraggiungibile (se non attraverso gli ormai obsoleti call center), che comunica con i suoi clienti attraverso spot pubblicitari. Le aziende devono scendere sullo stesso terreno dei loro clienti, imparando a confrontarsi, diventando trasparenti, coinvolgendo il loro “pubblico” nel continuo processo di miglioramento dei loro servizi e dei loro prodotti. Il video ha un potere di coinvolgimento enorme, per questo è fondamentale che anche le aziende entrino progressivamente nella nuova dimensione NetTV. Cosa guardi in TV Tommaso? Quasi solo SerieTV. Le mie preferite sono LOST, 24, CSI e Criminal Minds. La realtà è che ormai non guardo più la TV classicamente parlando, ma uso quasi esclusivamente il mio PVR, ovvero MySKY il video registratore digitale di SKY che mi permette di vedere quel che mi piace quando ho tempo. Non riesco più ad essere schiavo del palinsesto. ... e sul web? Vedo tantissimi contenuti da Blip.tv e YouTube, prevalentemente video “casuali”. Sono poi abbonato a diversi Podcast Video che vedo periodicamente, due su tutti: Daily Reel e Prom Queen. Un sito e un libro da non perdere (ovviamente dopo i tuoi che segnaleremo noi!) Un sito che consiglio per tutti gli appassionati di NetTV è NewTeeVee uno spledido blog americano sul tema. Il libro da leggere assolutamente, per chi non lo avesse ancora fatto, è The Long Tail di Chris Anderson, la base di tutti i ragionamenti. Il prossimo appuntamento? Sono due: una produzione permanente NetTV in lingua italiana ed un nuovo libro, ancora tutto da concepire, ma che sarà sicuramente sui Format NetTV. Grazie Tommaso, in bocca al lupo. La virtual production room di Mogulus (mogulus.com) free business magazine 53 (http://www.aliveinbaghdad.org). In linea generale però le innovazioni più significative in termini di format, linguaggio e contenuto arrivano ancora principalmente dagli Stati Uniti dove sono tantissimi i videoblog di livello che attirano centinaia di migliaia di visitatori al giorno come il più famoso RocketBoom (http://www.rocketboom.com) e quello davvero simpatico di GoodNightBurbank (http://www. goodnightburbank.com). Bruno Pellegrini - theblogtv.it USER GENERATED CONTENT BRUNO PELLEGRINI La NetTV dei videobloggers P artiamo a tavoletta, Bruno, per spaventare subito i nostri lettori e allontanare quei pochi investitori che ancora non capiscono bene di cosa parliamo! User Generated Content, Videoblogging e NetTv, li metti spesso insieme, cosa vogliono dire esattamente e in cosa si differenziano? Da una parte, se parliamo di user generated content non ci riferiamo solo ai video ma anche a contenuti testuali (blog, forum, pagine personali), immagini (foto, grafica, template) e audio (podcasting, web radio). Dall’altra, invece, nella definizione di user generated content trovano spazio solo quei contenuti che vengono realizzati e pubblicati indipendentemente da parte degli utenti, senza alcun rapporto gerarchico con editori o media company. In questo senso possiamo trovare dei blog, e quindi anche dei videoblog e delle NetTV che non sono prettamente user generated, come nel caso dei videoblog della Mini o di Spiderman Returns o della NetTV di Bud (http://www.bud.tv) e Diesel (http://www.diesel.com/ ) dove i contenuti sono realizzati direttamente da un pool di professionisti della comunicazione sotto la direzione editoriale di un editore. Ci sono ovviamente delle sfumature, alcuni videoblog o NetTV ricadono in diversi momenti all’interno dell’una e dell’altra categoria. Infine, con la crescita del numero di individui-comunicatori, lo stesso concetto di utente o spettatore potrebbe 54 perdere di significato e rimanere a contraddistinguere l’epoca passata dei media verticali. Quali sono gli esempi di maggior successo in Italia e all’estero, soprattutto in Europa e non solo oltreoceano? In Italia stanno avendo un buon successo i videoblog di NonRassegnataStampa (http://www. nonrassegnatastampa.it), di Maurizio Dovigi (http:// nofilter.splinder.com), di Paolo Cevoli (http://paolocevoli.splinder.com), le webtv locali come MontiTV (http://www.montitv.it) e gli esperimenti di webtv di Tommaso Tessarolo (http://tommaso.tessarolo. it) e di Robin Good (http://www.robingood.tv). Ce n’è è uno però in particolare che voglio ricordare perché è stato uno dei primi videoblog collettivi e ne ha ispirati tanti altri dopo: si tratta del videoblog de LaNottedellaTaranta (http://www.lanottedellataranta.net) ideato fin dal 2005 da Carlo Infante e dal suo Performing Media Lab (http://www.performingmedia.org/lab/salento). Ogni estate, in contemporanea all’evento reale che si tiene a Melpignano in Puglia, va in onda il videoblog relativo con interviste, testimonianze e opinioni delle persone che vivono quell’evento. Da non perdere. Sempre rimanendo in tema di vlog collettivi e spostandomi all’estero vorrei ricordare quello realizzato dagli homeless canadesi (http://www.homelessnation.org) e da alcuni cittadini di Baghdad di Andrea Genovese [email protected] USER GENERATED CONTENT «Nella definizione trovano spazio solo quei contenuti che vengono realizzati e pubblicati indipendentemente da parte degli utenti, senza alcun rapporto gerarchico con editori o media company. » TheBlogTv «La chiave sta proprio nell’organizzare, attorno a specifici progetti/ programmi, la produzione dei videobloggers iscritti (che però continuano a risiedere sulle loro piattaforme di origine) e di massimizzarne la visibilità e l’audience complessiva stringendo accordi di distribuzione con altri media come la mobile television, l’iptv, il digitale terrestre, il satellite e la tradizionale televisione analogica.» Quali sono invece i casi emergenti che non hanno ancora raggiunto il settimocielo? Da poco il mio amico giornalista Mario Adinolfi (http://marioadinolfi.ilcannocchiale.it) ha iniziato a fare videoblogging col suo nuovo cellulare e sono sicuro che anche in questa occasione riuscirà a far parlare di sé. Il caso emergente che però mi preme evidenziare è quello del paese con il maggior numero di videoblog in Italia, Cattolica Eraclea in Sicilia. Il fenomeno è stato contagioso, iniziato da un gruppo di amici, adesso sono decine gli abitanti di Cattolica (che in totale ne conta solo 5.000) che ogni giorno mandano in rete altrettanti video e fanno così conoscere al mondo la loro realtà altrimenti non rappresentata né rappresentabile dagli altri media. Da ricordare anche il progetto IlMioPaese2.0 (http://ilmiopaese.theblogtv.it), realizzato grazie alla collaborazione di TheBlogTV, VivoFilm e l’Università La Sapienza di Roma, che sta per diventare un vero e proprio archivio della memoria e delle testimonianze video sull’Italia da cui potranno prendere liberamente spunto e contenuti per realizzare documentari, programmi televisivi e ricerche accademiche per esempio. TheBlogTV è la tua ultima creatura dopo NessunoTV, riesci a parlarne come se fosse il figlio di qualcun altro? Mentirei se dicessi di sì. Diverso però è sentirsi indispensabile per la loro crescita: come credo sia il caso dei figli naturali arriva un momento in cui possono, anzi devono camminare con le loro gambe e avere una loro vita e sviluppo indipendente. In un’impresa non conta solo il pilota, chi la guida o chi l’ha fondata, ma sono altrettanto importanti le risorse immateriali, come la cultura interna, e l’aggregato di portatori di interessi (stakeholders) che la sorregge, dal pubblico-consumatore al personale, agli azionisti. Ognuno aggiunge valore ma non dovrebbe essere insostituibile. Proprio quello che è successo con NessunoTV di cui ho lasciato la direzione l’anno scorso dopo averla fatta nascere in un garage nel 2003. In tre anni ho creato un gruppo di lavoro, attratto nuovi soci e finanziamenti, dato il via ad una community, creduto in un pubblico, costruito un brand e raggiunto un utile di bilancio e tutto è continuato anche dopo che ho lasciato la guida. Certo, avrei fatto scelte diverse ma non esiste controprova che sarebbero state migliori. Con TheBlogTV siamo ancora in una fase di forte sviluppo e start up, stiamo costruendo giorno dopo giorno la cultura di impresa, i meccanismi informativi interni, le relazioni con i vloggers e il pubblico e ci muoviamo in un territorio nuovo, anche dal punto di vista del business, dove la velocità di sviluppo è uno dei fattori critici di successo. Probabilmente sono già oggi sostituibile perché attorno a me ci sono persone valide e motivate ma credo di poter ancora creare molto valore per TheBlogTV di cui però non dobbiamo mai dimenticare il valore centrale che sono i vloggers, quella che stiamo contribuendo a fare è la loro televisione e loro sono gli unici davvero indispensabili. Qual è il modello editoriale di riferimento e quello economico? TheBlogTV ha come missione quella di aggiungere valore alla produzione dei videobloggers attraverso una distribuzione multimediale degli stessi. La chiave sta proprio nell’organizzare, attorno a specifici progetti/programmi, la produzione dei videobloggers iscritti (che però continuano a risiedere sulle loro piattaforme di origine) e di massimizzarne la visibilità e l’audience complessiva stringendo accordi di distribuzione con altri media come la mobile television, l’iptv, il digitale terrestre, il satellite e la tradizionale televisione analogica. I ricavi vengono perciò dalla successiva valorizzazione di questa audience sia in termini di diritti di messa in onda pagati da canali terzi che di raccolta pubblicitaria sui propri spazi. Infine, il circolo si chiude, restituendo il valore creato, al netto dei costi sostenuti, alla community di videobloggers che anima il progetto. In questo senso si capisce l’importanza della critical mass, ovvero della dimensione quali-quantitativa della videocommunity, e delle economie di scala e di scopo che infatti ci spingono verso una rapida espansione internazionale del modello. Insomma, TheBlogTV è la televisione dei videobloggers, crea valore e lo restituisce ai suoi iscritti. I numeri di questi progetti dal sapore ancora sperimentale sono piccoli se paragonati a quelli dei broadcasters o dei grandi editori. Bisogna cominciare a ragionare con logiche diverse, ci suggerisce Chris Anderson nel suo libro paradigmatico “La coda lunga”. Che idea ti sei fatto degli sviluppi economici ma soprattutto sociali del futuro? Chris Anderson non solo ha dimostrato come le nuove tecnologie digitali hanno portato alla luce la long tail ma che il valore di questa, in presenza di costi zero di distribuzione, sia superiore a quello della short tail, ovvero dei blockbuster o bestsellers che dir si voglia. Nel caso di media e audience, free business magazine 55 quindi, i contenuti generati dagli utenti genererebbero più visite e audience di quelli dei media tradizionali, quantomeno sul web. Ed ha ragione Anderson: una recente ricerca di OfCom per l’Europa e per gli Stati Uniti ha dimostrato che il traffico generato dai video realizzati dagli utenti è molto superiore a quello dei video professionali. In questo nuovo scenario, affermatosi così rapidamente, appaiono però obsoleti non solo i nostri modelli di valutazione e comprensione ma soprattutto le forme di rappresentanza. Se il numero degli individui che fa comunicazione è già oggi superiore a quello dei broadcasters tradizionali e se anche il loro valore in termini di audience cumulata è maggiore allora non si capisce per quale motivo non possano essere rappresentati all’interno di quei tavoli istituzionali dove vengono definiti gli investimenti e le direzioni dello sviluppo strategico di un paese o dove vengono portate avanti negoziazioni rilevanti per lo sviluppo dei media, come quelli inerenti il copyright e la privacy. Se tu fossi un consigliere della Rai qual è la prima cosa che faresti? Proporrei di “spinoffare” la divisione new media, quella dove all’interno troviamo le attività fuori concessione come il web, lasciandola libera di svilupparsi sul mercato pur potendo contare su un contratto di servizio con la mamma di durata pluriennale. L’operazione si potrebbe fare mediante una fusione con una new media company internazionale per recuperare il tempo perduto e soprattutto per portare dentro quelle competenze e risorse necessarie per competere alla pari con gli altri players internazionali, come MySpace, Yahoo, YouTube, DailyMotion, etc. Ovviamente l’organizzazione dovrebbe essere fortemente meritocratica e non dovrebbe essere contaminata da quelle logiche di servilismo politico in vigore oggi all’interno del nostro servizio pubblico. In questo senso si dovrebbe anche accettare l’ipotesi del fallimento dell’impresa così come, pariteticamente, quella che l’impresa faccia concorrenza alla mamma sul fronte della produzione dei contenuti, anche per terzi. Che suggerimento ti senti di dare ad un politico che vuole veramente utilizzare al meglio le nuove tecnologie e i nuovi media? In primis gli suggerirei di affidarsi ai giovani: nessuno dei politici attuali è in grado, soprattutto per ragioni anagrafiche, di comprendere l’entità di quanto sta succedendo se non in chiave competitiva, come fosse un attacco al suo personale privilegio. C’è invece bisogno 56 di coinvolgere “politicamente” chi ogni giorno si sporca le mani con questi nuovi media, li “vive” dal di dentro e non come semplice osservatore esterno. Tu sei un “bocconiano”, hai preso un MBA all’estero, hai fatto il manager nelle big corporation come P&G, Bain etc. poi hai preso un’altra strada, sei diventato imprenditore, consulente, insegni all’Università. Che cosa ti ha fatto cambiare strada? Se non avessi fatto quelle esperienze non sarei adesso nella posizione attuale di creare imprese e avviare processi di cambiamento, non ne avrei gli strumenti essenziali. Quantomeno cerco di convincermi che ci sia un fil rouge ma potrei anche sbagliarmi. La ragione che mi ha fatto però abbandonare il mondo regolamentato delle multinazionali e delle società di consulenza è che vedevo treni più veloci passare altrove. Soprattutto in Italia le grandi imprese non sono capaci di aderire al cambiamento ma sembrano più intente a rallentarlo cercando strenuamente di difendere i privilegi acquisiti. Più che di mancanza di cultura di mercato parlerei di mancanza di cultura del cambiamento (avversione al rischio e all’innovazione) che irrigidisce tutti i settori, sia quello economico che quello politico, artistico, universitario, etc. E gli individui che lavorano in questi settori hanno poche chance di muoversi rapidamente all’interno di ambienti regolamentati perciò decidono di trasferirsi altrove, all’estero o comunque al di fuori della struttura come liberi consulenti o imprenditori. A me è capitato questo, soprattutto nell’ultimo periodo quando lavoravo in Mediaset e mi accorgevo quotidianamente di come una potenzialità enorme di sviluppo venisse sprecata e si producesse invece uno sforzo enorme per mantenere lo status quo. Il valore di quello che si stava perdendo era evidente e se ne sono accorti gli analisti finanziari e ultimamente, di conseguenza, anche il management interno che, speriamo, sembra orientato a cambiare marcia. Non sono quindi uno di quelli, puristi della produzione dal basso, che pensa di dover combattere una battaglia, non siamo “noi” videobloggers contro “loro” mainstream media: anzi penso che ne avremmo molto vantaggio se ci sforzassimo di lavorare insieme, se le media company italiane si muovessero nella direzione richiesta dal mercato e dalla società creerebbero inevitabilmente valore per tutti. Sarebbe una società migliore. Ovviamente sto pensando ad una direzione di cambiamento aperta, in chiave totalmente 2.0. OPEN SOURCE FREE SOFTWARE «Se Mr Stallman è il sacerdote supremo della “chiesa” del software libero, il lato etico e filosofico, Mr Perens è l’evangelista tecnico e commerciale dell’Open Source, movimento nato successivamente per enfatizzare il valore economico delle soluzioni basate sul free software.» La guardi la TV? La guardo poco. A parte gli eventi e le dirette, come i mondiali di calcio o particolari spettacoli che creano evento solo in quanto trasmessi dalla tv generalista, preferisco i canali satellitari dove si trovano prodotti di qualità molto ma molto superiore. Da una parte è una questione specifica al mezzo: la tv generalista deve attrarre la grande audience e non può ascoltare né soddisfare le richieste delle nicchie. Al contrario sul satellite e sugli altri media c’è più scelta e possibilità di sperimentare. Chissà poi se facciamo ancora bene a parlare di televisione… Un sito e un libro da non perdere per i nostri lettori di 7th floor? I siti di Robin Good (www.masternewmedia.org), quello di Luca Conti (http://www. pandemia.info) e di Giuseppe Granieri (http:// www.bookcafe.net/blog) sono sempre aggiornatissimi ma, per “toccare con mano” le potenzialità di questo linguaggio, consiglio a tutti di passare un po’ di tempo su Blip.tv (http://www.blip.tv), un aggregatore dove si trovano i migliori videoblog americani. Sto leggendo un romanzo, “L’uomo che vendeva il futuro” di James P. Othmer, assieme al libro di Tommaso Tessarolo, “NetTV”: li consiglio entrambi. OPEN SOURCE COMMERCIALE ROBERTO GALOPPINI La chiesa del software libero e gli evangelisti dell’open source P TheBlogTV: la televisione dei videobloggers artiamo dai “padri fondatori”, Richard Stallman e Bruce Perens; sono loro i “guru” del software libero? Se Mr Stallman è il sacerdote supremo della “chiesa” del software libero, il lato etico e filosofico, Mr Perens è l’evangelista tecnico e commerciale dell’Open Source, movimento nato successivamente per enfatizzare il valore economico delle soluzioni basate sul free software. La storia risale a circa vent’anni fa, quando il Dr Stallman scoprì che non poteva modificare un programma di stampa perché gli autori avevano protetto il codice sorgente (la matrice del programma, ndr) e decise che questa limitazione della libertà dell’utente non era più accettabile. Sfruttando il copyright, e quindi avvalendosi dell’unico istituto possibile, riuscì a concepire una licenza che garantiva permanentemente il diritto all’uso, la copia, la modifica e la redistribuzione di un programma. Chiamò questo meccanismo di tutela “copyleft”. Nasceva così la General Public License, la licenza oggi più diffusa al mondo con tanto, tantissimo software libero, come ama chiamarlo lui. Al recente Festival dell’Innovazione, Stallman e Perens sembravano quella “strana coppia” sempre in lite; qual è la loro storia di amore/ odio? Hanno avuto una fidanzata in comune, ovviamente ognuno all’insaputa dell’altro, e queste cose purtroppo finiscono per rovinare anche le amicizie più solide... Richard e Bruce rappresentano i due lati di una stessa medaglia: è importante, darwinianamente, che ognuno porti avanti il suo discorso. In questa diversità, c’è un valore aggiunto. Certo, questa singolare “frattura” causa rumore, non lo nascondo; io stesso che per anni ho militato in più di una organizzazione a favore del software libero sono stato giudicato ed attaccato per preferire l’espressione “Open Source” a “Free Software”. È proprio in questa diversità, la forza delle loro idee; le loro scaramucce pubbliche sono in fondo la testimonianza di una stima reciproca, se non di affetto. Tu stai portando avanti una campagna di informazione intorno all’Open Source Commerciale, sembra un ossimoro. Di cosa si tratta e qual è l’idea e il business che gli stanno dietro? Diversi anni fa degli amici mi portarono in un ris- Intervista a Roberto Galoppini di Andrea Genovese Roberto Galoppini - www.robertogaloppini.net free business magazine 57 torante Vegano; il cameriere, preparatissimo, fece un lungo elenco di cose che non servivano (carne, pesce, uova, formaggi, etc) ed alla fine concluse: “Certo, sembra che non rimanga niente, invece ci sono un sacco di altre cose!”. Il software open commerciale è così, il fatto che sia libero e spesso disponibile per il download, fa pensare che nessuno voglia comprarlo, che non ci sia possibilità alcuna di fare business con una risorsa che di fatto è un bene comune. Invece, come direbbe il cameriere, ci sono molte opportunità. Le maggiori opportunità, le più interessanti, sono ad esempio nella software selection, così complessa in un contesto in cui esistono decine di programmi open che presentano, almeno sulla carta, le stesse caratteristiche funzionali: a parità di prezzo, non costando nulla, le considerazioni che occorre fare riguardano non solo gli aspetti tecnici, ma anche l’esistenza di documentazione, la facilità di integrazione con altre piattaforme, la presenza di una community di sviluppo democratica, longeva e vivace, ed altre considerazioni di contesto. Ma anche la consulenza direzionale, per definire una strategia aziendale nell’adozione di soluzioni open, nell’imparare a condividere con altri soggetti sforzi e rischi, minimizzando i costi ed evitando di cooperare su quello che Perens chiama il differentiating technology, ovvero quegli elementi tecnologici che rendono l’offerta di un’azienda diversa, migliore, delle altre: basti pensare al meccanismo con cui Amazon suggerisce altri libri di potenziale interesse. Ma il software open source commerciale è anche, e forse diventerà principalmente, una opportunità per le aziende non IT per ridurre i costi. Questo è l’ aspetto commerciale, in gran parte ancora inesplorato: condividere è la parola magica, e non occorre essere hacker (smanettoni, ndr) per farlo, come ha dimostrato la banca Dresdner Kleinwort realizzando e liberalizzando una piattaforma per l’Enterprise Application Integration, mettendolo a fattore comune con altre banche e semplificando l’interazione. Mi sai dire chi sono i maggiori player, in Italia e all’estero, che si occupano di Open Source e qual è la dimensione del mercato? Purtroppo non esistono player nazionali di rilievo nel panorama internazionale, fatta eccezione per Funambol che è italiana “dentro”, visto che il CEO Fabrizio Capobianco, è 58 italiano ma vive nella Silicon Valley, e anche italiana “fuori”, visto che i laboratori di sviluppo sono qui in Italia, ma non è italiana nei fondi dei Venture Capital, che sono appunto statunitensi. Ha ragione Federico Rampini, quando dice che le aziende italiane nascono piccole per rimanere piccole, e spesso morire piccole, mentre quelle che spuntano come funghi oltre oceano nascono piccole per diventare grandi, o grandissime. Diverso è il fenomeno statunitense, e in parte anche europeo: la MySql svedese fa oltre 50 milioni di euro di fatturato con un database libero da loro realizzato; Red Hat con la sua distribuzione Linux ha fatto 111 Milioni di dollari nel primo quarto 2007, con un incremento del 41% rispetto all’anno precedente! La dimensione globale del mercato, però, è difficile da stimare non solo perché spesso non ci sono “scatole” da contare, ma perché molto dell’indotto è insourcing. Non è un caso che Banca d’Italia abbia al suo interno due tra i programmatori più in vista della scena italiana del software libero, come non è un mistero che l’istituto Trentino di Cultura (irst, http://www.itc.it/irst/) abbia assunto nel tempo parte significativa del gruppo di Grass, uno dei più noti software open in campo GIS (Geographical Information System). Parlare di mercato ancora una volta mi preoccupa, a volte è facile associare all’idea di open source quella di sviluppatore/hacker indipendente e un po’ “alternativo” che evita qualsiasi contatto con il mondo corporate, le istituzioni e le regole. Mi sbaglio? Beh, se si vuole fare l’hacker qualche disagio sociale occorre pure averlo (consiglio di guardarli a chi non ne ha mai visto uno, anche se vederli dal vivo dà un altro “effetto” (http:// www.chi3.org/arc/articles/hackers.html), fa parte degli attrezzi del mestiere! Sul tema consiglio un “vecchio” libro di Pekka Himanen, l’Etica Hacker, edito in Italia da Feltrinelli; spiega nel dettaglio quali sono le logiche con cui l’hacker si avvicina al lavoro e, per quello che ho potuto constatare negli anni, è una buona approssimazione della realtà. Uno dei miei soci, ad esempio, lavora spesso la notte, una volta definite le specifiche, spesso non viene in ufficio, lavora da casa, o in giro portandosi dietro il portatile. Ma attenzione, non credere che figure simili non esistano anche nelle grandi corporation. Il genio è irregolare per definizione, ma questo non significa che non sappia cosa sia una consegna, anzi, o che non sappia farsi Bruce Perens Allora Roberto ci siamo conosciuti a Pisa più di 20 anni fa al primo anno di Informatica, poi ci siamo incontrati di nuovo 10 anni dopo in TIM, tu project manager di Telesoft e io consulente per il progetto Mobile Corporate Portal. Da allora è passato tanto tempo, che cosa hai fatto e di cosa ti occupi oggi? Ho abbandonato il “posto fisso”. Non è stato facile ma forte era il bisogno di uno spazio personale in cui poter attivare e realizzare idee. Nel 2001 quando ancora l’espressione Digital Right Management nemmeno esisteva o quasi, realizzai un Juke-Box Virtuale, un sistema per poter scaricare e ascoltare musica on-line. Acme Solutions (http://www.acmesolutions.it) è nato così, un progetto imprenditoriale di tre amici e colleghi, con l’immancabile garage e tutto quello che caratterizza una start-up, comprese le malsane teorie da “no-sleeping company”. Da quel momento ho iniziato a sviluppare e rilasciare soluzioni Open Source, basate su codice libero. Superati i primi due anni ho iniziato a lavorare su qualcosa di nuovo, il primo consorzio di imprese italiane specializzate nell’Open source (CIRS, http:// www.consorziocirs.it). Pochi mesi fa ho iniziato un’altra avventura, aprendo un blog di nicchia in cui scrivo di Open Source di classe enterprise, dal lato dell’offerta, della domanda, con una particolare enfasi sui modelli di business e sulla ricerca. Vista l’estrema settorialità degli argomenti trattati ho scelto di scriverlo in inglese, fatica (enorme!) ripagata dai contatti a livello internazionale. Contatti che in meno di sei mesi mi hanno portato ad essere invitato a far parte dell’Advisory Board di SourceForge. Richard Stallman il nodo alla cravatta [beh, questo a onor del vero un po’ meno, comunque..]. Che opportunità abbiamo in Italia per sviluppare la società dell’informazione attraverso l’Open Source? Interessa più le istituzioni o le imprese? All’Innovation Forum di IDC quest’anno, nel panel di apertura parlavano solo ed unicamente rappresentanti delle Pubbliche Amministrazioni centrali o i grandi player delle multinazionali Un segnale che è impossibile ignorare. In Italia la Pubblica Amministrazione è il Grande cliente, mentre l’industria, anche quella che una volta tirava, oggi gioca in difesa e gli investimenti sono ridotti all’osso. Tornando alla domanda, penso che l’Open costituisca, per l’Italia e l’Europa in genere, una grande opportunità, forse l’unica: in un mondo in cui la maggior parte dei prodotti software sono statunitensi, l’open costituisce un’alternativa, e il fatto che Germania, Spagna ed Italia, dopo gli Stati Uniti, siano i paesi che scaricano più software open (fonte: Ross Turk, SourceForge) fa riflettere. Oggi questo potenziale è in gran parte inespresso, probabilmente iniziative come quella del Marketplace appena lanciato da SourceForge riusciranno a far incontrare domanda ed offerta, dove quest’ultima oggi è polverizzata. Credo che vedremo presto network di imprese, società consortili od altre strutture più o meno permanenti organizzarsi per definire un’ offerta più completa, magari su scala nazionale o internazionale. E’ un mercato giovane, si deve ancora organizzare. Io paragono l’open source alla mia free press, qualcosa di gratuito, che però ha un modello di business e di value sharing diverso dai modelli tradizionali. Cosa ne pensi? È un paragone azzardato o solo fuori luogo? In generale temo le analogie, anche se ne riconosco l’efficacia in termini di comunicazione. Certo, il fatto che il profitto possa essere “altrove” è una caratteristica comune a molte iniziative dove il capitale intellettuale fa la differenza. Guarda Google ad esempio, contribuisce a molti progetti open anche con iniziative di ampio respiro come la “Google Summer of Code”, ed è noto che trae profitto dall’uso estensivo di software open source; è anche vero che non rilascia tutte quelle parti di codice che costituiscono il loro vantaggio competitivo, quello che Perens chiama appunto differentiating technology. Jaiku.com Parlando di Open Source sembra sempre di parlare di una setta o di un movimento politico. Che cos’è l’Open Source per te e che differenza c’è con il free software? L’Open Source (http://www.opensource.org/docs/ definition.php) , come il Free Software (http://www. gnu.org/philosophy/free-software-for-freedom. it.html), è un tipo di licenza d’uso con la quale vengono distribuiti i programmi: per usarli non sono richiesti riti satanici, non occorre la tessera del partito, né che “ti mandi Picone”. I software distribuiti con tali licenze, detti Open Source, possono infatti essere utilizzati, copiati, modificati e redistribuiti. Gli autori di software libero o Open Source, utilizzano il diritto d’autore per tutelare gli interessi degli utenti, non per limitarne la libertà; non impediscono quindi la copia, né tanto meno la personalizzazione di tali programmi, ma esplicitano precise regole. Certo, esistono delle differenze; il movimento del Software Libero dà maggiore enfasi agli aspetti etici, mentre l’Open Source enfatizza la valenza tecnica ed economica. Vuoi sapere se la tua licenza, fatta dal tuo legale di fiducia, è Open Source o Software Libero? Devi chiederlo a loro e aspettare. Un semplice consiglio: scegliete tra quelle che esistono e soprattutto tenete conto che la maggior parte del software open è rilasciato con la GNU GPL, prendetela in considerazione: funziona! Qual è la tua dieta mediatica giornaliera (siti, giornali, blog, etc.). Ho oltre 150 fonti selezionate che fruisco tramite Google reader, tra queste ci sono testate giornalistiche, analisti e CEO, ma anche personaggi meno noti e non per questo meno interessanti. Li trovo con Technorati, spulciando tra i link altrui, e da un po’ di tempo anche semplicemente leggendo la posta dove alcuni che mi scrivono innescano una relazione. E’ il blog, il corporate blog. Ok immagina che ci rincontreremo tra 10 anni, che scenario vedi nel tuo settore? E nella società? Il software sarà sempre più una commodity, veicolato come Software as a Service; le attuali licenze Open Source consentono, vedi Google, di mantenere privati gli sviluppi. Insomma la rete, con i suoi servizi remoti sempre più performanti, rischia di ridurre la portata del fenomeno open, almeno nel segmento enterprise. Al contrario, essere connessi da casa o in mobilità sarà la normalità, e in paesi come la Finlandia questo è già la norma. Qualche giorno fa parlando con Teemu Arina, ho appreso che un suo amico utilizza sistemi di “mobile presence” come Jaiku (http://www.jaiku.com/) per sapere come sta il padre, senza chiamarlo perché non sta bene chiamare il proprio padre troppo spesso. O tempora, o mores... ! Grazie Roberto, ho un’ ultima domanda: tu hai un tuo “guru”? Sì, l’ho appena cambiato, il mio nuovo “guru” si chiama Henry Poole. Magari di questo parliamo un’altra volta, che ne dici? *[email protected] free business magazine 59 tecniche che, in una grande o media azienda, non dovrebbero mancare. www.blogs4biz.info BUSINESS BLOG ALESSIO JACONA Il corporate blogging è servito Dare voce alle persone dell’azienda per metterle in contatto con la comunità di riferimento. di Alessio Jacona* S ono tre anni che ogni giorno mangio pane e corporate blogging. Fino a ieri era solo “cucina internazionale”, priva di qualsiasi pietanza nostrana. Oggi i primi “Chef” italiani debuttano sulla scena e, sinceramente, alcuni loro “piatti” meritano la nostra attenzione. Ma c’è ancora tanto da fare, e il tempo a disposizione è poco: se il management italiano non sfila subito la testa da sotto la sabbia e riconosce che ormai “i mercati sono conversazioni”, rischia di perdere per sempre il filo del discorso. Di rimanere a terra. Tuttavia, niente panico: ho giusto qui la ricetta per uscire dal tunnel. Ecco gli ingredienti: Il Blog: contrazione delle parole web-log, signifi- 60 ca la “traccia nella rete” che gli utenti lasciano pubblicando un contenuto. Nel mondo ce ne sono 80 milioni, la maggior parte dei quali ospitati da piattaforme gratuite come Splinder.com o Bloggers. it. Il resto è costituito da blog auto-gestiti: l’utente scarica software open source come Wordpress.org o B2Evolution.net, affitta uno spazio su server, un dominio et voilà, il gioco è fatto. Il massimo della personalizzazione al minimo del costo: si contano i link con technorati.com, gli accessi con Google Analytics, i feed con FeedBurner (tre azioni che danno dipendenza psicologica, quindi non abusatene). Se avete un microfono e una webcam, servizi come UStream.tv o Blip.Tv vi consentono di registrare file audio e video che poi possono essere ricaricati sul vostro blog o su YouTube. Tutto rigorosamente gratis, purché si abbia un minimo di competenze LA ZUPPA L’È COTTA «Sono tre anni che ogni giorno mangio pane e corporate blogging. Fino a ieri era solo “cucina internazionale”. Oggi i primi Chef italiani debuttano sulla scena e, sinceramente, alcuni loro piatti meritano la nostra attenzione.» I MERCATI SONO CONVERSAZIONI «Grazie a internet i consumatori interagiscono in modo nuovo tra loro e con voi. Fatevene una ragione e iniziate a integrare la vostra comunicazione tradizionale con i nuovi media. » Lo spirito: mettetevelo nella zucca, dietro i blog ci sono le persone che desiderano intrattenere rapporti umani, conversare. E’ inutile raccontare loro balle da brochure patinate. Serve usare il corporate blogging per dare voce alle persone nell’azienda, per metterle in contatto con la comunità di riferimento, per portare alla luce il loro valore. Pensate a Robert Scoble (http://scobleizer.com/): informatico e blogger, quasi senza volerlo è diventato il blogger più autorevole in casa Microsoft e lo è stato finché non ha cambiato lavoro. E mentre l’azienda di Bill Gates è vista con grande diffidenza dalla blogosfera, lui è un personaggio stimato. Perché? Perché ogni giorno bloggando ha ribadito la propria onestà intellettuale. Ha compreso le dinamiche sociali della blogosfera, le ha fatte proprie, ne ha rispettato le regole. Era una persona a parlare, non l’ufficio comunicazione. Studiatelo perché dovrete farlo anche voi. E già che ci siete studiate anche Jonathan Schwartz, CEO di Sun Microsystems (http://blogs. sun.com/jonathan/): sul suo blog parla dell’azienda in un modo impensabile per il nostro management, fino al punto di aver licenziato 5mila persone con un post. La policy: levatevi le mani dai capelli. Nessuno vi darà in pasto alla blogsfera senza fornirvi adeguate difese. Che il vostro blog sia interno o esterno, avrete una policy a cui fare riferimento: concordata con l’ufficio legale e con quello di comunicazione, servirà a circoscrivere gli argomenti da trattare, a definire il piano editoriale del vostro blog. Niente di trascendentale: sul blog di prodotto “Quellichebravo.it” della Fiat si legge: “I commenti sono benvenuti, ma sono moderati. Non verranno pubblicati commenti contenenti linguaggio inappropriato, contenuti illegali o semplicemente non pertinenti con l’argomento del post.” Semplice, efficace, definitivo. E ricordate: lunga o breve che sia, la policy deve essere condivisa con il pubblico. L’utente deve sapere quali sono le regole: se è d’accordo resta, altrimenti, tanti saluti. Patti chiari, amicizia lunga. Gli autori: come sopra: i blog sono persone. Non vi azzardate a pubblicare un blog con i post non firmati e senza profilo puntuale degli autori. Le altre “persone” in rete non ve lo perdoneranno. La parola d’ordine è trasparenza. Agli autori ricordo anche che bloggare è comunque un impegno. Se pensate di mettere un post al mese, non vi scomodate neppure. www.quellichebravo.it L’ufficio comunicazione: va aggiunto alla ricetta in dosi minime e con cautela. In primo luogo perché ha ancora il suo da fare con la comunicazione Alessio Jacona - www.blogs4biz.info -(communicagroup.it) tradizionale, che di certo non viene meno in presenza del blog. Secondo, perché riverserebbe nel blog linguaggi e comportamenti inadeguati, frutto di “deformazione professionale”. Il ruolo indicato è quello del tutor, purché non troppo invasivo. Ingrediente segreto: il blog può essere impiegato sia nella comunicazione interna sia in quella esterna. Nel primo caso abbiamo blog personali, per le comunicazioni di servizio ma anche di progetto. Quest’ultimi sono utilissimi nel coordinare e aggiornare il lavoro di staff numerosi e dislocati sul territorio. IBM ne ha migliaia nella sua intranet, centinaia nella sola intranet italiana. Nel caso della comunicazione verso l’esterno, abbiamo ad esempio il CEO Blog, dove l’Amministratore delegato scrive di sé e della propria azienda come nel Ducati DesmoBlog (http://blog.ducati.com/); il product blog, con cui lanciare un prodotto creando hype nella community di riferimento (quellichebravo. it); il corporate blog nudo e crudo, dove più mani raccontano l’azienda vista dall’interno: l’esempio italiano è Mandarina Duck (blog.mandarinaduck. com/). L’elenco potrebbe continuare e altri devono ancora essere “inventati”. Ognuno deve scegliere il genere di blog che più si adatta alle esigenze del proprio business. Aggiungere, insomma, il proprio ingrediente segreto. La zuppa l’è cotta: grazie a internet i consumatori interagiscono in modo nuovo tra loro e con voi. Fatevene una ragione e iniziate a integrare la vostra comunicazione tradizionale con i nuovi media. In Italia i corporate blog sono ancora pochi, molti dei quali di piccole aziende giustamente in cerca di comunicazione efficace e a basso costo (Effelle, Refin, Spell solo per citarne alcuni), ma la strada è ormai tracciata. Attenzione però: è severamente vietato improvvisare o barare, pena la debacle mediatica. Accettate la realtà: la conversazione in corso è qualcosa che non potete controllare: fatevi coraggio e partecipate. Buon appetito. *[email protected] free business magazine 61 soprattutto, molte PA hanno difficoltà a governare i processi di innovazione e acquisizione di tecnologie, quindi hanno bisogno di una parte fidata che le accompagni quando ad esempio si scrivono i requisiti tecnici, o quando ancora si valutano i contratti di fornitura. Alfonso Fuggetta Il futuro secondo il CEFRIEL: intervista ad Alfonso Fuggetta I n occasione del Marketing Forum 2007 di fine maggio, nei mesi in cui creatività e innovazione sembrano essere arrivati ad una nuova fase di fioritura, abbiamo compiuto un raid in un centro di ricerca vero, il CEFRIEL, nato nel 1988 come un connubio tra le università, l’industria e le istituzioni milanesi. Lì il Prof. Alfonso Fuggetta, amministratore delegato di CEFRIEL ci ha gentilmente concesso una corposa intervista, ci ha aperto laboratori e armadi, scrivanie reali e scrivanie virtuali, stanze e stanzette, dai quali è saltata fuori un’aria nuova e frizzante fatta di materiale elettronico si, ma anche di profonda integrazione con l’organicità, e quindi le esigenze reali, dell’essere umano. Cos’è il CEFRIEL e cosa state facendo? Il CEFRIEL è una struttura nata con lo scopo di avere un luogo dove diverse entità potessero fare attività di cooperazione, trasferimento tecnologico e innovazione congiunta. Inizialmente le nostre attività erano principalmente di formazione, poi pian piano negli anni ‘90 cominciammo a fare progetti di ricerca e oggi per circa il 65% sono progetti in cui cerchiamo di aiutare imprese e pubbliche amministrazioni ad iniettare tecnologie in prodotti e servizi e quindi aumentare la loro competitività nel mercato. Siamo una struttura particolare: siamo un’entità di diritto privato completamente autonoma per 62 Forging Innovation www.cefriel.it quanto concerne il budget, ma consortile e no-for- by Michele Favara Pedarsi profit: tutto quello che eventualmente riusciamo [email protected] a guadagnare viene reinvestito interamente nelle attività utili del centro senza distribuire profitti a nessuno. L’altra caratteristica importante è che nonostante il centro abbia le sue radici nel mondo accademico – il Politecnico di Milano ne fu il principale artefice – in realtà oltre ad una trentina di professori che collaborano in pianta stabile, ci sono anche circa 150 professionisti, ingegneri, capo progetto, persone con esperienza elevata che sono in grado di collaborare in maniera efficace con le imprese per affiancare i professori che da soli non sarebbero in grado – oltre all’attività formativa – di collaborare in maniera continuativa e spostarsi sul territorio per assolvere alle esigenze più diversificate. Vi occupate di innovazione, il vostro payoff è “forging innovation”, ci spieghi cosa vuol dire per te innovazione? È una bella sfida visto che oggigiorno ne parlano tutti. Innovazione è una parola che ha un significato fortissimo oppure non vuol dire niente. A me piace parlare delle cose che facciamo perchè forse è il modo migliore per esprimere cosa è per noi innovazione. Ci sono diverse interpretazioni, cito qualche esempio per spiegarmi. In primo luogo occorre accompagnare i processi delle imprese e delle PA CEFRIEL «È una struttura nata con lo scopo di avere un luogo dove diverse entità potessero fare attività di cooperazione, trasferimento tecnologico e innovazione congiunta.» Librofonino Un esempio? Per la Regione Lombardia stiamo seguendo tantissimi progetti dalla re-ingegnerizzazione dei sistemi informativi alla ri-progettazione e la scrittura della gara di acquisizione per lo sviluppo del portale; abbiamo scritto i capitolati di gara per il cablaggio multimediale del Pirellone o, meglio, abbiamo fatto noi il capitolato che poi è andato a gara ed è stato vinto da un fornitore che lo realizzerà. Così come tutto ciò che è legato al monitoraggio e sviluppo del sistema sanitario regionale, sia dal punto di vista tecnico che economico, che d’impatto, per capire cioè come sta andando questo sistema. Ci sono poi stati progetti che riguardano l’interoperabilità, ovvero far cooperare i sistemi delle diverse regioni. Il nostro è un sostegno alla PA su alcuni processi, PA che poi in realtà per i servizi veri e propri si rivolge al mercato attraverso gare o comunque con le sue strutture informatiche. Recentemente abbiamo visto che al Marketing Forum hai presentato il Librofonino insieme a Telecom Italia, e altri progetti come Skylife, di cui volevo che ci parlassi. Un altro grande filone è appunto il rapporto con le imprese. In questi casi quello che facciamo come attività di innovazione è una serie di passaggi. In primo luogo l’analisi dei bisogni, perchè uno dei problemi che le aziende sentono è che quando si rivolgono ad una struttura di tipo accademico prevale la fase di preposizione di contenuti tecnologici che spesso fanno fatica ad incontrarsi con le necessità reali dell’azienda, che sono veri e propri bisogni e come tali devono essere capiti. Il secondo passo è il technology scouting, ovvero capire quali sono le tecnologie disponibili, future, promettenti che possono essere utilizzate per assemblare soluzioni vincenti. La terza fase è quello che noi chiamiamo concept development, che è sostanzialmente costruire dei piccoli dimostratori – sito web, un oggetto, un piccolo prototipo – per dare visibilità all’idea di innovazione piuttosto che chiedere all’azienda di finanziare un progetto sulla base della sola fiducia risposta nelle nostre competenze. Dal concept development si passa poi effettivamente al full scale project in cui si può sviluppare un oggetto vero e proprio che poi l’azienda ingloba all’interno della propria offerta o comunque la propria struttura. Degli esempi? La nuova guida TV di Sky sul web – http://www. skylife.it – è nata da un bisogno reale: “vogliamo rendere la nostra guida interattiva”. Dal punto di vista dell’innovazione noi siamo partiti da un bisogno, siamo andati in giro per il mondo ad osservare, abbiamo proposto un primo concept veloce, e poi siamo andati in produzione. Un altro esempio, anche se piuttosto lontano dal primo sotto il profilo tecnologico, è Same – italiana, leader internazionale, incontrastata in Europa, nella produzione di trattori agricoli – per i suoi trattori, prodotti in cui ci sono dentro marchi come Lamborghini. Il trattore è un oggetto dove c’è una montagna inimmaginabile di ICT: dalla sospensione attiva, al controllo della trazione, all’usare il navigatore per arare in automatico, il trattore è diventato una complessa macchina ICT per l’agricoltura in grado di compiere operazioni complesse in modo completamente automatizzato; in questo ambito cioè, che sembra lontano dalla tecnologia, l’ICT è diventato un elemento indispensabile per la reale competitività di quel prodotto. Ci sono tutta una serie di esempi in cui si vede come l’ICT, se opportunamente guidato dall’analisi dei bisogni, può diventare effettivamente un fattore di competitività; è chiaro che bisogna sapersi porre in modo corretto nei confronti dell’interlocutore, perchè le aziende non possono fare ricerca in modo tradizionale. Abbiamo continuato ad interrogare inesorabili il Prof. Fuggetta documentando tutto a video sul nostro blog. Abbiamo ad esempio scoperto come è possibile triangolare diversi tipi di informazioni su spazio, tempo e oggetti, per trarne un beneficio nettamente superiore a quello che tradizionalmente si ottiene dalla singola informazione; oppure come, “inserendo intelligenza” in oggetti tradizionalmente “stupidi”, è possibile aumentarne drasticamente il valore e aprire così nuove possibilità strategiche per il Made in Italy. Una cosa è certa: la proprietà intellettuale italiana c’è e deve essere presa in considerazione, per supportarla, prima ancora di guardare all’estero. Ringraziando il Prof. Fuggetta per averci dedicato un pomeriggio intero, invitiamo i nostri lettori a visionare i video per osservare un prototipo di casa automatizzata, ma anche per cogliere dei buoni spunti di lettura e musicali, spulciando tra gli effetti personali di un amministratore delegato innovatore. www.alfonsofuggetta.org free business magazine 63 Corporate Marketing Communications: “Tirala giù ‘sta facciata” di Robin Good - masternewmedia.org - robingood.tv E mentre Internet cresce a vista d’occhio, il web 2.0 diventa termine di uso comune, i blogs attivi sono decine di milioni, lo UGC (user-generated content) viene adottato da agenzie pubblicitarie, cresce una sempre più evidente e paradossale scollatura fra l’immagine aziendale, il brand “luccicante” venduto sui media e nelle interviste, e la realtà incontrata da chi con la tua azienda ci deve interagire, anche solo per chiedere un rimborso, o una sostituzione. Spesso questa distanza supera di gran lunga l’immaginazione più creativa. In televisione, in stampa e sulle riviste la tua azienda appare come un cioccolatino di alto bordo, ambito e desiderato da tutti quelli che contano. In tutti i suoi comunicati ufficiali, nelle pubblicità e nelle press release, la tua azienda “perspira” professionalità, avanguardia e leadership da tutti i pori. Tutta la strategia di comunicazione verte sul creare una facciata luccicante dove la tua azienda è immodestamente sempre la migliore. brand, che hai creato con tanto dispendio di energie e denari, comincia a vacillare. Sempre più spesso, le battutine, i post sui blog, e le facce dei tuoi collaboratori ti hanno fatto intendere che qualcosa sta succedendo di cui non hai ancora capito bene la natura. ...e la facciata, da fortezza inespugnabile, ha cominciato a prendere le sembianze di un castelletto di carte pronto a crollare al primo soffio di vento. Perché? Ma nella realtà fisica la “facciata”, il famoso “Le risposte, sono tutte intorno a te.” a) I consumatori non sono più un’audience passiva. Una volta, quando i mass media la facevano da padroni, e la televisione era il mezzo principale per promuovere nuovi prodotti e servizi, i consumatori erano trattati come bambini un pò scemi ai quali dare suggerimenti ed indicazioni utili. Oggi gli stessi bimbi, sono cresciuti e si parlano via chat su Skype dicendosi dove e quale prodotto comprare. I difetti di un prodotto li conoscono e li scoprono online prima delle società che producono il prodotto stesso, e spesso costruiscono e distribuiscono online soluzioni e rimedi gratuiti che rendono più utili ed affidabili i prodotti di grandi case. Oggi quegli stessi ex bimbi scemi parlano e comunicano in continuazione su canali ed attraverso network che nessuna società può controllare, e dicono senza veli ciò che li convince e ciò che li delude. Il marketing, quello vero, quello basato sul passa-parola e sulla garanzia di una raccomandazione fatta da un amico, lo fanno loro, ogni secondo via email, via chat, su tutti i maggiori social network online. b) Da consumatori ad agenti di marketing Ora, quelli che una volta chiamavamo consumatori, sono individui attivi, informati, e coscienti delle scelte che fanno, in grado di comparare prodotti e marche diverse, e di saper valutare servizi a confronto su criteri 64 di non solo costo. Da meri consumatori passivi dei messaggi che gli mandavi atraverso la televisione e la stampa, questi consumatori sono rapidamente diventati interlocutori, talora geniali, spesso scomodi, della tua vita commerciale. Sono loro che con il loro entusiasmo rendono il tuo prodotto un successo inaspettato e loro che condannano un prodotto con milioni di euro di pubblicità al dimenticatoio nell’arco di pochi giorni. Sono loro che fanno scelte sempre più frequentemente guidate da interessi ecologici, sociali e comunitari, piuttosto che da desideri mirati esclusivamente a soddisfare il proprio piacere. Ricordalo: sono loro che dettano le mode e che determinano il successo dei tuoi prodotti. c) I media sono cambiati. L’era di comunicare a tutti, dall’alto in basso, usando il minimo comun denominatore per raggiungere la fetta più grande possibile di possibili lettori/spettatori è finita. Oggi i nuovi media, vengono dal basso... Si chiamano blogs, wikis, feed RSS, strumenti di podcasting, web radio ed il live video streaming... possono fare tutto quello che fanno i grandi network, senza i costi ed i condizionamenti che gli stessi inevitabilmente comportavano. E a meno che il tuo target audience sia fatto solo da persone che seguono esclusivamente i mainstream media (television, mainstream print and radio) dovrai presto fare i conti anche con loro. d) Marketing: Push is dead. Long life to PULL. L’era del marketing fatto di pubblicità d’interruzione, martellante e distraente, l’era del PUSH (spingere) che crea bisogni per poi soddisfarli con nuovi prodotti e massive campagne pubblicitarie ha già superato il suo punto di massima profittabilità. Il nuovo modo di comunicare per fare marketing si chiama “PULL” (tirare), ed è caratterizzato da un contesto di mercato dove sono gli individui (gli ex-consumer) che scelgono e cercano spontaneamente i prodotti ed i servizi che si avvicinano di più alle loro reali necessità, cercando informazioni e dati relativi agli stessi in forma del tutto autonoma ed indipendente. Oggi, incredibile ma vero, sono già migliaia le società che, rendendosi disponibili a soddisfare le richieste dei loro clienti in maniera puntuale e precisa, vendono e guadagnano su internet senza dover ricorrere a pubblicità alcuna. A cavallo di un prodotto/servizio di reale qualità ed utilità, la “facciata” finta non serve più. E se le trasformazioni sono così profonde e radicali da minare le fondamenta dei paradigmi di marketing e comunicazione utilizzati fino ad oggi, è ragionevole aspettarsi che i cambiamenti che la tua azienda dovrà compiere saranno altrettanto travolgenti. Ecco qui un primo decalogo per te marketing manager, per come tirare giù quella maledetta facciata aziendale, e per costruire un volto alla tua azienda nel quale far riconoscere dipendenti e clienti. 1) Dai un volto alla tua azienda Facci vedere che faccia hai. Basta nascondersi dietro profili istituzionali che non mostrano nè il tuo vero volto nè ciò di cui realmente ti occupi. Facci vedere i volti delle persone che ti affiancano. Facci vedere e sentire perché hanno scelto di lavorare con te e cosa adorano nello spendere otto ore al giorno e più nei tuoi uffici. 2) Dai una voce ai tuoi collaboratori Falli parlare, onora il loro contributo. Nelle tue pubblicità parli tanto di dare voce a noi piccoli, ma allora perché tratti i tuoi collaboratori come degli schiavetti? Come pensi che loro possano sposare la causa della tua società se tu non sposi per primo la loro? Apri un blog ad ognuno di loro e lasciali raccontare le loro vittorie e le loro frustrazioni. Consentigli di rendere pubbliche le loro esigenze e di poter trovare tra i tuoi clienti e tra i tuoi collaboratori a distanza suggerimenti ed aiuti che andrebbero persi altrimenti. 3) Ascolta i tuoi clienti Utilizza i loro commenti e le loro idee per migliorare continuamente i tuoi prodotti. Usa blog, wiki e forum per comunicare ed interagire. Limita le restrizioni, aumenta gli spazi di interazione pubblica. Metti il tuo staff in condizione di dialogare con i tuoi clienti e di rispondere pubblicamente alle domande che questi ti fanno. Maggiore è la condivisione delle conversazioni fra la tua azienda ed i tuoi clienti, tanto minore lo staff di supporto necessario all’assistenza degli stessi. 4) Parla in prima persona Inizia a comunicare in prima persona. Smetti di fare il vago e di usare il “noi” per dire qualsiasi cosa che di importante hai da dire. Apri un blog, ma non assumere qualcuno per scriverci sopra. E’ te che vogliamo sentir parlare. 5) Partecipa Fai sentire la tua voce sul blog aziendale, commenta articoli che parlano di questioni importanti e che ti riguardano, scrivi ogni tanto qualcosa che ti sale veramente dal cuore. 6) Condividi prima di chiedere Fai si che i siti, blog e gli altri outlet online che la tua azienda utilizza per comunicare siano ricchi di informazioni realmente utili. Spingiti più in là ed offri servizi e contenuti di valore gratuitamente e guadagna il rispetto e la fedeltà dei tuoi potenziali futuri clienti. 7) Crea una comunità Crea uno spazio online dove i tuoi clienti possano conoscersi e scambiare le loro esperienze con i tuoi prodotti e servizi, offri l’opportunità ai tuoi servizi di diventare punto d’incontro, di condivisione e di idee che altrimenti rimarrebbero underground. 8) Ammetti i tuoi errori Ammetti subito e pubblicamente i tuoi errori – e fai subito qualcosa per riparare agli stessi. Ammettere pubblicamente i propri errori e fare della correttezza e trasparenza le proprie virtù è un chiaro segno di riconoscimento delle aziende che hanno abbandonato la “facciata” in favore di una conversazione diretta, costruttiva, aperta. 9) Renditi raggiungibile, rintracciabile. Rendersi “rintracciabile” e saper offrire informazioni puntuali ed efficaci a tutto tondo sui propri prodotti e servizi, di modo che chiunque li cerchi possa facilmente trovarli. Tradizionalmente identificato come SEM o “search engine marketing” questa esigenza di visibilità online, che non richiede altro che una buona consapevolezza di come funzionano i motori di ricerca, è diventata oggi assolutamente vitale per qualsiasi compagnia desiderosa di rendersi effettivamente raggiungibile dai bimbi stupidi di una volta. 10) Succhia, non spremere Cambia marcia. Comincia a conoscere meglio i tuoi clienti... interessati a loro... crea spazi ed opportunità per coloro che vogliono sostenerti... festeggia i tuoi clienti, celebra i tuoi collaboratori, e se sei furbo, falli divertire insieme. Invita periodicamente i tuoi clienti più importanti e falli partecipare nel definire le tue future opportunità di sviluppo. Nell’era dei blog, del marketing dal basso e dei social network i clienti sono diventati un asset da valorizzare, non un’opportunità da “spremere”! [email protected] free business magazine 65 Mangiarsi internet Performing Media per l’Innovazione Territoriale Brainstorming nelle scuderie papali di Frascati 1 2 3 PHOTO BLOG di Giovanni Fiore 4 7 5 6 8 1. Ivano Tienforti nei suoi Mondi Attivi www.mondiattivi.com 2. Roberto Maragliano (Scienze della Formazione, Università Roma3) in ascolto 3. Germano Paini e Giovanna Guarriello presentano la loro piattaforma di social tagging i-pertinente www.thinktag.org 4. Gabriele Perretta (Storia e teoria della critica, Paris IV) sull’onda oratoria 5. Andrea Soldani fa il suo percorso radioguidato attraverso il gusto del pecorino romano 6. Andrea Genovese, Sergio Bellucci e Lorenzo Imbesi al lavoro sull’instant blog 7. Carlo Infante arringa il tavolo di brainstorming 8. Le cuffie del percorso radioguidato di Koinè resso le Scuderie Aldobrandini di Frascati s’è svolta una giornata di studi con set multimediale e performance su “Performing Media. Azione Culturale, Comunicazione Multimediale e Innovazione Territoriale” www.performingmedia. org, promossa dall’Assessorato alle Politiche culturali della Provincia di Roma, dal Comune di Frascati e dall’associazione culturale teatron.org in collaborazione con Map Cross Communication e TaxiChannel - Bizinitaly. P tà dell’Informazione cercando di coniugare l’economia immateriale dell’informazione valorizzando quella delle culture materiali, una delle monete più sonanti del nostro Paese. Qui si tratta d’esprimere il “sentiment” contemporaneo, per rilanciare, in un piano di comunicazione ispirato ed innervato ad un marketing strategico, la cosiddetta Innovazione Territoriale, per misurarci con un futuro che è già qui, solo che è mal distribuito. Nel concetto di Performing Media risiede una tensione creativa che non riguarda più solo la sperimentazione dei nuovi linguaggi ma la capacità di inventare Società dell’Informazione. Trovare cioè i modi per fare società interpretando le condizioni delle trasformazioni in atto, per rivolgersi non solo al sistema dei media ma alle peculiarità dei nostri territori, con tutte le loro valenze tradizionali, culturali, paesaggistiche ed enogastronomiche. Fare Socie- Va infatti giocata quell’opportunità strategica che riguarda l’interazione tra i sistemi della cultura e quelli dell’impresa cogliendo la questione alla radice: la creatività, intesa non più solo come espressioni estetiche ma come pratiche e comportamenti tesi ad interpretare l’evoluzione culturale in relazione al mondo che cambia. (Da Performing Media 1.1.Politica e poetica delle reti di Carlo Infante, Memori 2006 ) 66 di Carlo Infante [email protected] www.performingmedia.org di Stefano Diana* «Voi del futuro, che sotto a ogni fenomeno per quanto astratto e ascendente c’è sempre un mondo materiale, fisico, che reclama la sua fame; questo mondo non va mai dimenticato se non si vuole lasciar morire l’uomo di una vuota inedia servoassistita.» C La donna dal forte accento francese, accalappiata dalla guida mentre grottescamente serra un catenaccio all’enorme cancello della Villa Aldobrandini (che spaccia per «centro di cure di bellezza») come se ne stesse uscendo lì lì, dopo un gustoso siparietto dice di chiamarsi Paolina Bonaparte e così senza peso ci rivela il passaggio della sua omonima nella storia locale. Ed ecco il ritorno alla base con l’ultima, più bella sorpresa: fra i reperti del Tuscolo, semplici tavoli apparecchiati con pecorino romano e vino cannellino, disposti secondo criteri narrativi e associati a numeri da 1 a 6. Scelto un numero e il piatto, ciascuno segue gli altri e se stesso nel gioco comandato dalla voce in cuffia. Ci si prende in giro, si trattiene a stento la salivazione, si apprende da dove vengono quei cibi, come sono fatti, mai con banali descrizioni dirette. Intanto l’appetito e l’eccitazione salgono, la materia chiama. Alla fine la voce ci molla l’ormeggio, via alla degustazione: si liberano gli spiriti animali, e l’ebbrezza del gusto che si appaga è accompagnata deliziosamente da versi di splendida poesia che accosta al sapore in bocca imma-gini della natura e della cultura da cui quel sapore prende origine. È una specie di apoteosi sinestetica, fisica e intellettuale insieme; forse il sesso che facevano Shelley e la sua Mary aveva qualcosa di simile. Così il ritorno alla terra e al corpo chiude il cerchio di un modello di esplorazione contemporanea davvero completa: mai l’innovazione senza la tradizione, mai la mente senza il corpo, come voleva Gino. Sì, mangiarsi internet è possibile. on Carlo Infante, Andrea Genovese e Stefano Cristante siamo stati a pranzo in un posto magico due passi fuori dal bosco digitale. Una casa di campagna arieggiata dalle pergole e istoriata da pesce fresco alla brace, appena alle spalle del mare vicino Lecce. Gino Santoro, augusto professore di Storia del Teatro nonché ultimo dei Messapi, fra le proprie mura e sulla sua terra, ben munito di pomodori, sarde fritte e un’antica cultura dell’essenza, conclude i dibattiti su carte e bit con il seguente epitaffio: «Volete internet? Allora mangiatevi internet!». Il senso dell’iperbole era chiaro: non dimenticate, voi del corpo elettrico, voi del futuro, che sotto a ogni fenomeno per quanto astratto e ascendente c’è sempre un mondo materiale, fisico, che reclama la sua fame; questo mondo non va mai dimenticato se non si vuole lasciar morire l’uomo di una vuota inedia servoassistita. Mi sono ricordato poco tempo dopo di questo onorevole monito, nel bel giorno di brainstorming sui nuovi media che Carlo ha organizzato a Frascati e di cui su queste pagine si legge. Non per il dibattito fra persone di rara lucidità e impegno, non per l’instant blogging che ne estendeva i confini alle intelligenze lontane e vicine, non per la cornice del prezioso paesino sui colli e la sua aria pulita. Me ne sono ricordato per il finale che ha dato a tutto questo il suo senso compiuto. Nel tepore gialloverde di un bellissimo tramonto di primavera sul caput mundi, il gruppo di teatro *[email protected] sostenibile Koiné ci ha preso per incantamento come il pifferaio di Hamelin e ci ha guidato a scoprire il posto e le cose buone che produce. Mai mettere i piedi in terra fu più come salire. Cuffiette in testa, riceventi FM clippate alla cinta, e dentro parole e musiche scelte con gusto notevole, lo “psicopompo” alla base e il suo compare-guida alla nostra testa hanno portato l’ignaro e divertito sciame degli “esperti di comunicazione” in giro per le piazze intorno alla Scuderia. Ci aspettavano piccole sit-com, abilmente distribuite tra gli incontri veramente casuali, passeggiando portati per mano con la gioia e la dolcezza che si riprovano a lasciarsi condurre in un allegro gioco di scoperta come quando si era bambini. Il ragazzo ignaro sulla panchina che vie-ne interpellato dalla guida, circondato dal nostro gregge in assedio ridanciano, dopo un po’ di timida Azione radioguidata della Koine per il centro di Frascati e poi confluita nel Museo Tuscolano ignoranza snocciola date e personaggi. per la degustazione teatralizzata free business magazine 67 Condividi la conoscenza Venerdì 22 Giugno, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano: abbiamo chiamato a raccolta: intellettuali, operatori culturali, artisti, scienziati e operatori della Information Communication Technology; tutti attenti naviganti e costruttori dell’ecosistema digitale. Oltre 40 esperti della rete, hanno così potuto confrontarsi e riflettere attorno alla cosiddetta “Società della Conoscenza”, a partire dagli auspici dell’Agenda di Lisbona, il documento in cui il Consiglio Europeo, nel 28 febbraio 2000, dettava gli obiettivi per la costruzione di tale Società e invitava gli Stati Europei a dare, entro il 2010, concretezza a questa sfida -una sfida che l’Italia sembra, per altro, ancora dover iniziare a intraprendere. Collettore dell’iniziativa un sito internet (http:// iulm.fiorellocortiana.it) dove, nei giorni antecedenti l’evento, migliaia di naviganti hanno potuto saggia-re le tematiche proposte, inviare i loro contributi, suggerire possibili visioni e partecipare ad una particolare iniziativa di arte condivisa. Concluso con successo l’evento, ora il sito non smette certo di esistere e non perde certo di senso, l’esortazione esplicita è “siate virali non virtuali”. Proprio adesso inizia, invece, il lavoro profondo di raccolta e di analisi delle riflessioni pervenute; mentre rimane attiva la possibilità di intervenire e partecipare con le proprie idee per dare corpo a risorse propositive. Attraverso il forum “5x5 Nodi e Proposte” ogni navigante potrà dare voce e costrutto ai diversi fattori che, a suo avviso, si dimostrano abilitanti o disabilitanti per l’ecosistema digitale che ci coinvolge e la sua capacità di generare diffusione del sapere, condivisione della conoscenza, insomma, in una parola, futuro. Raccontateci quali sono, secondo voi, i limiti legislativi, tecnici, economici dell’attuale sistema che governa la rete, ma fateci sapere anche le vostre idee, le strategie, le condizioni migliori che, a vostro avviso, andrebbero adottate e segnalateci pure i casi di successo o di insuccesso di quelle politiche di cui siete stati diretti o indiretti testimoni. Tutte le segnalazioni e le riflessioni, gli articoli pervenuti saranno raccolti in un “libro bianco” in cui convergeranno gli sguardi di tutti coloro che hanno partecipato e parteciperanno a questa iniziativa, un 68 libro che, appena pronto, presenteremo al Governo e a tutto l’emiciclo politico/parlamentare. di Sen. Fiorello Cortiana, Massimo Silvano Galli Il progetto Condividi la Conoscenza vuole inoltre sottolineare, attraverso un’iniziativa artistica, un’altra questione spesso ignorata quando si affronta il grande tema della “Condivisione della Conoscenza” e della società che discenderebbe dalla rivoluzione della nuove tecnologie: ci riferiamo al tema dell’educare a questa condivisione, perché, come recita uno slogan del sito: “Condividere è qualcosa di più del semplice partecipare”. Sotto il titolo: “Raccolta Differenziata Per un’Iconografia della Conoscenza Condivisa” i naviganti possono contribuire ad allargare il senso di questa condivisione (sul sito tutte le informazioni) e a darsi in una partecipazione più intima e emotiva che non può essere esclusa quando affrontiamo il concetto di “Condivisione della Conoscenza”, pena il rischio di condividere solo una parte di questo sapere, e forsanche la meno interessante. Anche queste immagini saranno incluse nel libro bianco. WORKAHOLIC LUCIANA ZANON Entusiasti o sbronzi di lavoro? Vi invitiamo quindi a non smettere di partecipare e a continuare a condividervi. «Dov’è allora il limite fra il piacere di lavorare, l’autorealizzazione appunto, e l’eccitazione maniacale che esalta ma non lascia spazio ed energia per nient’altro? » Foto a lato: Particolare dell’Opera di Massimo Silvano Galli “Raccolta Differenziata Per Un’Iconografia Della Conoscenza Condivisa” in cui l’artista ha chiamato ha raccolta i naviganti invitandoli a fotografare un loro oggetto della Condivisione della Conoscenza. Ad oggi, delle oltre 100 immagini pervenute, non ce n’è una uguale all’altra, segno che la condivisone della conoscenza è davvero ancora tutta da indagare e fa emergere qualcosa di profondo non facilmente risolvibile come sembrerebbe di primo acchito. E nrica, 27 anni, vede il suo ragazzo all’incirca ogni 20 giorni. “Ma come, non vivete entrambi a Torino?” “Sì certo, è questo il bello, si fa per dire, viviamo nella stessa città, ma ci frequentiamo come se vivessimo in paesi diversi.”. Lavora da due anni in un’importante società di consulenza, inizia alle nove del mattino e prima delle dieci di sera non riesce ad andarsene dall’ufficio, sabato compreso. Sempre che non sia in viaggio, là deve essere connessa continuamente, dalle sette a mezzanotte. “Sono fortunata perché il mio ufficio è all’interno di un grosso centro commerciale, così almeno riesco a fare la spesa durante la pausa. Non vado mai né in palestra né dal parrucchiere, la domenica sono così stanca che non mi va di vedere nessuno, alle volte neanche il mio fidanzato.”. “Ma lui cosa dice, non si lamenta?”. “All’inizio no, sai un lavoro prestigioso, importante, era molto comprensivo, mi sosteneva. Ora credo si stia stufando, ogni tanto mi dà degli aut aut, ma io non riesco a decidermi. Non posso smettere, non ora, il lavoro che faccio è molto pressante ma anche molto eccitante. Ho solo 27 anni e gestisco clienti importanti, lavoro con persone stimolanti, mi danno molte responsabilità, anche loro con i miei stessi ritmi. Da quando ho iniziato questo lavoro sono dimagrita di cinque chili, ma in fondo non mi dispiace molto.”. Quello di Enrica è il tipico racconto di chi viene definito workaholic: più di 70 ore settimanali, grosse responsabilità, mobilità elevata, disponibilità continua. Eppure nonostante la fatica e lo stress, gli aggettivi che spesso si utilizzano per definire il lavoro sono eccitante, entusiasmante, appassionante. L’autorealizzazione, uno dei bisogni fondamentali per la felicità degli individui, si materializza nel lavoro attraverso il raggiungimento di risultati sempre più estremi. Trovare nel lavoro il gusto di esprimere il proprio talento è una fortuna rara, motiva, dà carica e fa sentire importanti. E quindi dove sta il problema? free business magazine 69 “Quando riesco a concludere un contratto dopo settimane di trattative estenuanti, provo un piacere così forte che lo posso paragonare solo all’orgasmo sessuale. Anzi forse ancora più eccitante.” Thierry, 40 anni, avvocato worldwide in un’importante banca francese, si occupa di contratti internazionali. “Le riunioni per chiudere i contratti vanno avanti fino a quando non si chiude, spesso anche per più di 24 ore, notte compresa; ogni tanto si fa una pausa per un caffè e per andare in bagno a lavarsi la faccia ma nessuno si sognerebbe di andarsene prima del raggiungimento di un accordo. Eppure dopo queste maratone l’euforia è al massimo, nonostante il sonno perduto.”. Anche Thierry però come Enrica racconta che quando si ferma si sente svuotato e non ha più energia per i tre figli, per la moglie, da mesi non vede gli amici. Quando torna a casa ha solo bisogno di dormire e ricaricare le pile prima di ripartire. Si sente irritabile e spossato, sensazioni che scompaiono al rientro in ufficio. Dov’è allora il limite fra il piacere di lavorare, l’autorealizzazione appunto, e l’eccitazione maniacale che esalta ma non lascia spazio ed energia per nient’altro? Molte ricerche evidenziano come la dipendenza da lavoro stia diventando un vero problema sociale e sanitario. I conflitti familiari, addirittura le separazioni e i divorzi, sono in aumento fra coloro che super lavorano. Molte ore di lavoro per lunghi periodi incrementano i livelli di stress, causando depressioni, malattie cardiache, disturbi alimentari e del sonno. E dunque come fare a capire se si è vittima di dipendenza da lavoro o se semplicemente si sta lavorando con entusiasmo? Qual è l’unità di misura che permette di capire quando si supera il limite? Il numero delle ore settimanali, i segnali di stress, le difficoltà nei rapporti familiari e sociali? E quali sono le strategie per venirne fuori, per disintossicarsi? Giuseppe, 50 anni, direttore di divisione di una multinazionale: “Io non mi considero un workaholic, lavoro più di 60 ore la settimana, ma non penso di essere dipendente da lavoro. Certo se lo chiedi a mia moglie forse lei non è molto d’accordo. Per me lavorare è molto coinvolgente, se hai responsabilità nei confronti dei tuoi uomini, se spetta a te prendere le decisioni, non puoi che sentirti coinvolto. Cosa faccio per accorgermi se sono al limite? Per me il numero delle ore non è importante, anche perché lavoro fuori casa e quindi non tolgo tempo alla famiglia. Sono più significativi altri segnali: quando mi accorgo di essere intollerante e litigioso allora mi rendo conto che devo darci un taglio. Io sono un ottimista di natura ma quando comincio a vedere solo problemi capisco che qualcosa non va. Un altro segnale è il sonno, nei periodi di super lavoro dormo molto di più, alle dieci di sera mi addormento di 70 «Come fare a capire se si è vittima di dipendenza da lavoro o se semplicemente si sta lavorando con entusiasmo? Qual è l’unità di misura che permette di capire quando si supera il limite? Il numero delle ore settimanali, i segnali di stress, le difficoltà nei rapporti familiari e sociali?» botto e non mi sveglia nessuno. Strategie? Quello che mi serve di più è aumentare l’attività fisica, vado a correre e mi scarico. E poi mi chiudo nel mio ufficio, cerco un po’ di solitudine, ho bisogno di starmene per conto mio”. Ma cogliere i campanelli d’allarme, come nelle vere dipendenze, non è facile. Non ci si rende conto di esagerare, si vive continuamente con un brivido lungo la schiena che fa sentire vitali ed eroici. Anche se ci si lamenta del super lavoro in verità lo si fa con autocompiacimento senza provare un reale disagio, guardando con boria i poveri mortali dai ritmi comuni. È quello che racconta Monica, psicologa, 33 anni, ricercatrice in università. Ora è incinta e vede la sua situazione di ex-workaholic con un po’ di distanza, si definisce una “disintossicata a rischio”. “Quando ci sei dentro, non ti rendi conto di quello che succede: ti senti sotto pressione, ma lo vivi come uno stimolo continuo, ti senti il padrone del mondo. L’unico disagio ogni tanto è la paura di non essere all’altezza, di non farcela. Campanelli d’allarme certo che ci sono: io avevo nausee, tensioni muscolari fortissime, insonnia. Però non bastano, continui lo stesso, ti senti troppo figo per smettere. Se qualcuno ti dice che stai esagerando ti senti incompresa. Ti costruisci una gabbia, non solo psicologica, ma in un delirio di attivismo metti in piedi un sacco di impegni e poi per non deludere nessuno non puoi più dire di no.”. E dunque incapacità di ascoltare sé stessi, anche se i segnali sono netti ed evidenti. Non ci si può fermare, nessuna focalizzazione sui propri desideri, l’importante è il fare continuo, alle volte senza una direzione precisa. “Come se ne esce? In realtà non c’è un momento vero e proprio in cui te ne accorgi, né una strategia ben precisa, è piuttosto un processo di consapevolezza. Per me è iniziata con una forte delusione: lavoravo da mesi, 12 ore al giorno weekend compresi ad un progetto appassionante: trascuravo tutto e tutti, viaggiavo senza vedere le città, ero totalmente identificata nel lavoro. Poi per un soffio, questione di mezzo punto, il progetto non è stato accettato: mi è crollato il mondo addosso, ero depressa, piangevo continuamente, niente aveva più senso. Mio marito era a dir poco perplesso e ha cominciato a mandarmi dei segnali forti, a dirmi che io nella coppia non c’ero più. Da lì è cominciato il mio ripensamento, ma non avviene in modo indolore. Cominci a dire dei no, ma lo fai con tristezza perché pensi sempre di perdere delle opportunità. Perfino adesso che mi sembra di esserne fuori, ogni tanto mi capita di vivere con un certo disagio il fatto di non essere impegnata al 100%.”. Storie diverse, in comune una forte passione per il lavoro, passione che ad un certo punto si trasforma in coazione a ripetere. Forse questo è il confine fra entusiasmo e dipendenza. Non poter più gustare un pomeriggio di ozio, non riuscire a fermarsi e sentire il fresco in giardino, così solo per rimanere con gli occhi al cielo, incantati a guardare la luna. [email protected] “Ma secondo te io sono un workaholic?” A chiederlo è Andrea, direttore di 7th floor. La domanda è diretta e inaspettata, mi incuriosisce, così cominciamo a parlare. “Me lo sto chiedendo ultimamente, da imprenditore. Mi appassiono talmente alle cose che faccio, non riesco mai a staccare e allora mi domando qual è il confine fra lavoro e piacere. Europedia e 7th floor sono le mie creature, certo parlare con gli autori di 7th floor è un lavoro, ma nello stesso tempo per me è divertimento e pura energia. Alle volte mi rendo conto che chiedo a chi lavora con me di avere il mio stesso entusiasmo, ma per loro fatalmente non è così. E, cosa per me inconcepibile, al festival dell’innovazione preferiscono una festa di compleanno”. “L’altro aspetto è l’always on, le molte tecnologie che hai a disposizione moltiplicano le occasioni di incontro e di scambio ma nello stesso tempo ti rendono sempre visibile e, necessariamente, disponibile. Il blog che nasce come strumento democratico di condivisione di idee, si può trasformare in un affanno continuo, alla rincorsa del ranking. Tutte le mattine ti devi collegare e controllare le statistiche di Google, sennò sei tagliato fuori”. “A casa ora mi sono organizzato con il wireless e quindi posso lavorare dal giardino, ma questo, ancora una volta, elimina ogni confine di tempo e di spazio. E quindi c’è sempre qualcosa da fare, qualcuno con cui collegarsi, un posto da cui potersi connettere, è una sensazione di pieno continuo”. “L’altra sera mi sono sorpreso, ero così esausto che non potevo fare nulla, nè leggere né bloggare. Niente di niente. Solo allora ho sentito la frescura della sera, sono uscito e per la prima volta da mesi, mi sono incantato a guardare la luna”. free business magazine 71 cemente paesaggi che non lo conquistano. Parla con la gente del posto, pronuncia nuovi linguaggi e rispetta le altre culture. Sono anni ormai che è attivo un portale molto famoso tra i giovani ma che comincia ad avere seguito anche tra i più adulti, www.couchsurfing.com, dove gli utenti mettono a disposizione il proprio divano gratuitamente a tutti i viaggiatori. Casey Fenton, studente venticinquenne residente in Alaska, circa 7 anni compra un biglietto per l’Islanda e, avendo pochi soldi a disposizione, decide di mandare circa 1500 e-mail destinate ad altrettanti studenti di Reykjavik, chiedendo loro ospitalità. Rispondono in molti, il viaggio va benissimo e al ritorno Fenton apre una pagina web. Da allora più di 60.000 persone hanno girato il mondo grazie al suo sito che chiede dati, foto, ed eventuale disponibilità del proprio divano per ospitare gli iscritti. È un modo interessante di viaggiare, si entra nelle vite di perfetti sconosciuti e si condivide un’esperienza, avendo la possibilità di visitare nuovi luoghi accompagnati da chi li vive. Mesi fa ho conosciuto una donna australiana che fa couchsurfing da circa sei mesi, ha visitato molte città italiane ed europee ed è entrata in contatto con una varietà incredibile di persone, a suo dire tutto materiale umano ed esperienze che valgono più di molti libri letti, anche se i libri continua a leggerli lo stesso. Ma si può viaggiare anche stando fermi, dando la disponibilità del proprio divano ed ascoltando le storie di chi ospitiamo. E non è solo un trucco per risparmiare o fare risparmiare denaro, piuttosto un’occasione per riscoprire un sano senso di ospitalità e di condivisione, recuperando un bel modo di vivere la proprietà. Viaggi alternativi I n queste giornate di calura estiva molti di noi hanno un solo pensiero, assentarsi dagli impegni lavorativi per godersi un po’ di sano ozio, quel piacevole momento in cui le scalette di lavoro servono come base di appoggio di una bibita ghiacciata e nessun ansia c’invade se le gocce refrigeranti rendono illeggibili i nostri scritti. Ozio allo stato puro, momenti dove ogni cosa sembra possibile e dove una sola parola viene alla mente: VIAGGIO. Vorrei partire dal viaggio di Matt, http://www. wherethehellismatt.com, ovvero di quel ragazzo del Connecticut che nel lontano 2003 decide di lasciare il suo lavoro in Australia per concedersi qualche mese in giro per il mondo. Matt apre un blog per tenere informati amici e parenti sui suoi spostamenti, corredandolo di video dove si diverte a danzare in varie località. Ed ecco che dopo qualche mese si realizza uno di quei sogni americani che a noi italiani capita di desiderare, il blog attira l’attenzione dei bloggers, fa il giro degli Stati Uniti e Matt viene convocato da un’azienda produttrice di chewing gum che decide di utilizzarlo come testimonial e pagargli un ulteriore viaggio di 6 mesi per realizzare nuovi video danzerecci. Inevitabile l’attenzione dei mass media che lanciano definitivamente Matt nel mondo dei viaggi sponsorizzati. Couchsurfing Ci sono vari modi di intendere il viaggio, anche se il lavoro spesso ci costringe a programmare le nostre vacanza con largo anticipo, rispettando quelli che sono i tempi a disposizione, e ci sono momenti in cui si sente il bisogno di non schedulare assolutamente nulla, di vivere alla giornata e di limitarsi a seguire il vento dell’emozione e della curiosità. Il viaggiatore è colui che desidera entrare nelle viscere della cultura dei luoghi che visita; osserva, si perde, segue percorsi emotivi, si ferma il tempo che occorre in un determinato luogo e passa velo- 72 di Cristiana Rumori [email protected] Un divano per alcuni è troppo poco, molti hanno bisogno di mantenere la propria privacy, di socializzare solo parte della giornata, di godersi un po’ Couchsurfing, home exchange «Gli utenti mettono a disposizione il proprio divano gratuitamente a tutti i viaggiatori. È un modo interessante di viaggiare, si entra nelle vite di perfetti sconosciuti e si condivide un’esperienza, avendo la possibilità di visitare nuovi luoghi accompagnati da chi li vive. » «Ma si può viaggiare anche stando fermi, dando la disponibilità del proprio divano ed ascoltando le storie di chi ospitiamo. E non è solo un trucco per risparmiare o fare risparmiare denaro, piuttosto un’occasione per riscoprire un sano senso di ospitalità e di condivisione» di isolamento e distanza dalla propria famiglia, dai propri amici, dai colleghi, dalla vita che si conosce insomma. Allora un’alternativa interessante potrebbe essere quello dello scambio di case, nei siti www.homeexchange.com e www.homeforexchange.com si può. L’iscrizione costa dai $ 50 ai $100 all’anno, migliaia di mete a disposizione, case di ogni tipo, campagna, città, mare, ogni esigenza sembra soddisfatta. Si possono consultare foto, avere informazioni dettagliate sulla casa e sulle strutture vicine, generalmente le persone coinvolte si scambiano mail per verificare esigenze ed affinità. Persone che non si incontreranno mai, ma che decidono di condividere uno spazio intimo come la propria casa. Un modo diverso per entrare nella vita di altri, percependone gusti, interessi, manie, differenze ed affinità. E poi c’è chi desidera rendersi utile in zone disagiate del mondo. Il volontariato è un altro modo di viaggiare, di certo il meno rilassante, spesso faticoso, ma anch’esso carico di emozioni e di tanta umanità. Nel sito http://www.giramondo.org/sezioni/sez368. aspx è possibile scegliere tra varie tipologie, dai campi di lavoro sociali ed umanitari a quelli ambientali e, per chi fosse appassionato di storia, ci sono i campi archeologici. La cooperativa Viaggi Solidali, www.viaggisolidali.it, invece, offre proposte di vacanze in cui si viaggia su itinerari sperimentati, accompagnati da mediatori culturali, spesso locali; essa si rivolge a quelle persone che hanno voglia di ammirare paesaggi e monumenti, ma anche di scoprire il mondo nei suoi aspetti più autentici, fuori dalle dinamiche del turismo classico e dove l’incontro e lo scambio interculturale sono al centro di tale esperienza. Del turismo sostenibile si occupa anche Actanet, www.actanet.it, Associazione Cultura Turismo Ambiente senza fini di lucro, costituita da professionisti che promuovono un turismo compatibile con l’ambiente, la cultura e l’economia locale. Altri modi di osservare il mondo e di interagire con esso, alla ricerca di una maggiore consapevolezza e di un’occasione per entrare in punta di piedi nei luoghi che s’intende visitare. free business magazine 73 52. Biennale di Venezia Pensa con i sensi – senti con la mente. l’arte al presente. Paolo Canevari - Bouncing Skull di Alessandra Franchina D ella prima volta che sono stata alla Biennale di Venezia conservo alcuni ricordi confusi, poi immagini ancora stampate nella memoria, e sensazioni, indubbiamente però ho tuttora molto chiara l’emozione provata di trovarmi in una città immersa nell’acqua, circondata da arte antica e da opere assolutamente contemporanee che dialogavano tra loro. Era il 1972 e quell’anno mio nonno, lo scultore Nino Franchina, esponeva in una sala personale nel Padiglione Italia ai Giardini della Biennale. Lo stupore e la curiosità negli occhi di una bambina di tre anni sicuramente ha lasciato un segno indelebile, facendomi presto capire che quella sarebbe stata la strada che volevo esplorare da grande. Da allora la città è cambiata, e così l’atmosfera sospesa dei miei ricordi ha ceduto il passo alla confusione. Ma nel periodo della Biennale, il disordine si mescola all’entusiasmo degli artisti provenienti da tutto il mondo, affamati di conoscere quello che sta succedendo intorno a loro. Questa è veramente l’unica cosa che non ha subito mutamenti, l’opportunità di rendersi conto dello stato dell’arte 74 nel mondo resta. Senza dubbio l’arrivo di nuovi mezzi di linguaggio sollecitati dalle nuove tecnologie ha allargato molto le possibilità d’espressione e di conseguenza il numero di coloro che possono confrontarsi su questi sentieri, così che le opere esposte si sono moltiplicate. “Infatti – afferma il presidente della Biennale Davide Croff – sono 76 i Paesi stranieri che presentano, in piena autonomia e libertà, le proprie avanguardie artistiche in questa Biennale d’Arte che testimonia da sempre tendenze, scuole, movimenti, individualità d’avanguardia… un laboratorio creativo internazionale sulla contemporaneità”. Robert Storr, il direttore della 52. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia da lui intitolata Pensa con i sensi - senti con la mente. L’arte al presente, nel saggio di apertura del catalogo spiega “Le epifanie succedono ma non durano. Come ha dimostrato James Joyce, una delle funzioni dell’arte è preservare quei momenti di rivelazione in modo da poterne assaporare e studiare le molteplici dimensioni. La storia dell’arte è una trama di epifanie intessuta da molte mani; il tempo presente dell’arte è il bordo esterno di quell’opera in progress. In un qualunque punto del processo quel bordo può strapparsi Francesco Vezzoli - Democrazy o essere irregolare e rendere il disegno in formazione irritante… riflettendo la difficoltà di fare arte in un tempo inquieto, come quello che stiamo vivendo oggi. Più che aggiustare i bordi o ritessere i fili saltati e risistemarli, questa mostra si concentra sulle aree dell’attività artistica corrente che indicano i possibili disegni emergenti senza presumere di tracciarli o prefigurarli nella loro interezza”. Il filo rosso proposto dal direttore curatore Storr all’Arsenale ci appare evidente: la violenza generata dalla guerra, la distruzione, la povertà, il razzismo, la difficoltà di una vita “normale”, il terrorismo, sono tutti temi affrontati e riletti nelle opere che osserviamo e a cui partecipiamo. Ma, come scrive Fabrizio d’Amico sulle pagine di Repubblica “…mi paiono affrontati più con malinconia che con rabbia; senza accettazione o disincanto, ma con un tasso maggiore di elaborazione del dolore”. Nel video di Paolo Canevari “Bouncing Skull”, 2007, 12 minuti girati nell’ex quartiere generale dell’esercito serbo a Belgrado bombardato dalla NATO nel 1999, vediamo un ragazzo che si destreggia palleggiando sul terreno davanti ad edifici sventrati. Nel tempo necessario al nostro sguardo per mettere a fuoco la misera ambientazione, il ragazzo si avvicina alla macchina da presa e ci rendiamo conto che la palla con cui sta giocando in realtà è un teschio umano; lo stridente contrasto di emozioni che suscita in noi la spensieratezza ludica e la terribile realtà in cui il ragazzo vive ogni giorno ci colpisce fortemente. Solo in un secondo momento riusciamo quindi ad individuare e apprezzare la forza e l’asciutto racconto della ripresa fissa a terra, che non ci spinge verso inutili commiserazioni con arguzie tecniche. Più avanti nelle sale delle Corderie, troviamo Malick Sidibè, 72 anni del Mali, rivoluzionario Leone d’oro alla carriera per la prima volta assegnato ad un africano e per la prima volta alla fotografia, con le sue immagini scattate in studio ma con fondali di tessuti locali, all’interno del progetto “L’Afrique chante contre le SIDA”, 2007. Belle fotografie in bianco e nero di alcuni partecipanti ad un concorso musicale a Bamako, Mali. L’impegno dell’indiscusso maestro della fotografia africana Sidibè costituisce un modello in circostanze in cui la poesia, le immagini e la musica, le arti insieme, sono riuscite davvero a far accadere qualcosa. Oltre le Artiglierie e di fronte alle Tese Cinquecentesche, Foto di Malick Sidibè che meriterebbero da sole una visita, entriamo nel nuovo Padiglione Italiano. Qui espongono Giuseppe Penone con cinque “Sculture di Linfa”, 2006-2007, e Francesco Vezzoli con “Democrazy”, 2007. Due diverse generazioni di artisti che esprimono la propria opera con mezzi molto distanti fra loro, il primo utilizzando elementi naturali quali legno, corteccia e linfa per sottolineare il legame dell’uomo con la terra e far nascere un’energia inaspettata, lasciandoci tempi lunghi della riflessione; il secondo componendo attraverso le riprese video un racconto sull’effimero mondo politico statunitense per risvegliare in noi la coscienza dell’appiattimento tematico globale, e sollecitandoci con la velocità ritmata del montaggio. Nei Giardini senza dubbio il Padiglione Francia è quello più intenso. L’artista chiamata a rappresentare il paese d’oltralpe è Sophie Calle, che, ribaltando tutti gli schemi, ha pubblicato nel giugno 2006, un anno prima dell’esposizione, un annuncio sul quotidiano francese Liberation e sull’edizione internazionale del Giornale dell’Arte per offrire lei stessa il ruolo di commissario curatore a chi ne fosse stato interessato. Con questo gesto ha lanciato, con la sua solita dose di ironia, una sfida alle istituzioni un po’ ammuffite che abitualmente controllano la mostra, approfittando dell’opportunità per mettere in discussione la proposta stessa. “L’annuncio di Sophie Calle ha posto il problema della relazione curatore/artista, lasciando la strada aperta alla partecipazione di persone diverse dai curatori e dai critici. Così ho risposto – scrive Daniel Buren, vincitore del Leone d’oro con il Padiglione francese nel 1986 – con tutta la serietà che si richiede per partecipare al gioco di qualcuno. Altre duecento persone hanno fatto lo stesso e alla fine Sophie Calle ha scelto me: una collaborazione artista/artista”. free business magazine 75 talmente eterogenee da trovare con difficoltà una denominazione diversa dal mero elenco. Calle con quest’opera affronta il tema della rottura di un rapporto affettivo, nelle sue mille varianti, e della donna subdolamente tradita, o invece rispettata. L’opera esposta è “Prenez soin de vous”, 2007, un’installazione d’insieme costituita da 107 fotografie, testi, film. Ci introduce l’artista stessa: “Ho ricevuto una mail di rottura. Non ho saputo rispondere. Come se non fosse indirizzata a me. Terminava con le parole: Abbia cura di sé. Ho preso la raccomandazione alla lettera. Ho chiesto a 107 donne, scelte in base al loro mestiere, di interpretare questa lettera da un’angolazione professionale. Analizzarla, commentarla, recitarla, danzarla, cantarla. Esaurirla. Capire al posto mio. Rispondere per me. Un modo di prendere tempo per rompere. Prendermi cura di me.” Il sottile confine tra finzione e realtà, in questa “operazione” artistica, tra il pretesto fittizio (o forse no, rimane il dubbio) che dà origine al serissimo lavoro d’analisi dei rapporti umani di queste 107 donne fotografate mentre entrano nella pelle di Sophie Calle e leggono la lettera d’apertura a noi comunque celata, accompagna lo spettatore a diventare complice dell’artista, a rattristarsi e a ridere davanti a tale manipolazione delle parole. La corte “professionale” è molto varia: da Laurie Anderson che la trasforma in performance, alla cruciverbista che confeziona una griglia di parole crociate, alla criminologa che procede all’analisi di una lettera anonima, ad una ragazzina di nove anni e mezzo che conclude con le elementari parole “Lei è triste”, a Luciana Littizzetto unica italiana interpellata, alla giocatrice di scacchi che propone mosse sulla scacchiera per finire con “Il Re nero si è abbattuto”, al commissario di polizia, alla ballerina che danzando esprime con il corpo le sue emozioni, all’antropologa, alla correttrice di bozze che esamina ortografia e punteggiatura, la poetessa, la sessuologa, il giudice, per continuare con il clown e la cantante d’opera, e molte altre ancora 76 Alcune partecipazioni nazionali sono dislocate al di fuori dei Giardini, il Padiglione del Messico è stato allestito in un bellissimo edificio del XV secolo, lo storico Palazzo Soranzo Van Axel in stile tardo gotico veneziano, ed ospita la mostra personale di Rafael Lozano-Hemmer “Some Things happen more often than all of the time”. L’artista messicano, il cui lavoro è incentrato su installazioni interattive elettroniche, ha progettato per questi spazi una serie di interventi e di sculture cinetiche reattive, sequenze di luci controllate da sensori biometrici che misurano i battiti del cuore e ne azionano sul ritmo cardiaco degli spettatori l’intermittenza, ambienti reattivi, quali file di poltrone che si muovono come fossero in balia delle onde, azionati dal movimento delle persone registrati dalla sorveglianza computerizzata, installazioni sonore e proiezioni sulle facciate del cortile interno. Il discorso portato avanti da Lozano-Hemmer si inserisce nella tradizione di sperimentazioni tecnologiche diffusa in Messico già negli anni Venti del Novecento con interventi radiofonici di poesia d’avanguardia, ma aggiungendo ai vari riferimenti storici la consapevolezza dell’utilizzo di questo linguaggio della globalizzazione cercando comunque di renderlo più creativo e di reinventarlo. Un evento collaterale, sempre organizzato dalla Biennale con la collaborazione della Peggy Guggenheim Collection, inserito nel tessuto urbano di Venezia, è il nuovo lavoro dell’artista statunitense Bill Viola. Nella Chiesa di San Gallo, proprio dietro a San Marco, piccolo gioiello di cappella privata quattrocentesca, l’artista appoggia sopra ai tre altari di pietra, quello frontale e i due laterali, schermi al plasma verticali incorporando così l’architettura interna nella sua opera. L’artista ci spiega che “il tema di “Ocean without a shore” è la presenza dei morti nella nostra vita. Gli altari… diventano superfici trasparenti per la manifestazione di immagini dei morti che cercano di tornare nel nostro mondo. La forma di una figura umana si compone gradualmente… ed emerge…passando dall’oscurità alla luce. Man mano che si avvicina, la si vede divenire più solida e tangibile, fino a quando attraversa una soglia invisibile e lotta per entrare nel mondo fisico Artiglierie dei vivi. L’attraversamento della barriera fra i due mondi è un intenso momento di emotività infinita e di consapevolezza fisica….Tuttavia, una volta incarnati, questi individui corrono il rischio di trovarsi oppressi e sopraffatti dalle proprie emozioni, dai desideri e dalle sensazioni, e dunque devono infine volgere le spalle all’esistenza mortale e ritornare nel vuoto da cui sono venuti”. L’intensità emotiva ma anche il coinvolgimento estetico di quest’ultima opera di Bill Viola cinge a tal punto l’osservatore che esso dimentica quasi il fattore temporale e si immagina d’accompagnare i personaggi al di là del muro d’acqua che simboleggia la barriera fra i due mondi di cui parla l’artista, con tutti i possibili riferimenti all’acqua quale fonte di vita, liquido amniotico, e confine dell’esistenza. Visitare Venezia durante la Biennale d’Arte può davvero aprire a nuove esperienze, a volte conflittuali, ma senza dubbio irripetibili. *[email protected] Corderie www.labiennale.org www.paolo-canevari.com http://en.wikipedia.org/wiki/Malick_Sidib%C3%A9 www.sophiecalle.net http://en.wikipedia.org/wiki/Sophie_Calle www.actes-sud.fr/pg/calle www.sullarte.it www.mexicobienal.org www.lozano-hemmer.com www.guggenheim-venice.it www.oceanwithoutashore.com www.artupdate.com/venice Bill Viola - Ocean Without A Shore Sophie Calle free business magazine 77 ROMA Metro-pause Toi même “Toi même”, te stesso in francese. Un invito a pensare a sé: è il nome di un esclusivo e raffinato centro benessere da poco aperto appena fuori Milano, nel centro di Monza, a due passi dal celebre parco e di fronte al Santuario delle Grazie vecchie. Nati dalla ristrutturazione dell’antica filanda Frette, i mille metri quadri sfruttano la storicità dello spazio e le sue valenze architettoniche in un abile lavoro di contrasti. Materiali antichi e moderni sapientemente mixati creano un ambiente di grande charme, che invita al riposo e alla fuga: mattoni a vista, ferro, rame e finiture di calce uniti all’attualissimo legno wengè e allo zebrano, marmo e pelle ecologica. Tutto nel rispetto delle regole della bioarchitettura e della natura, come del resto i trattamenti e i percorsi proposti. Al piano inferiore, la promenade des sens apre il regno delle acque e del rilassamento: sauna, tepidarium, bagno turco, chaise lounges, idromassaggi, docce emozionali, fontane di ghiaccio. Qui si può godere un savonage eseguito nel rispetto delle più tradizionali tecniche marocchine, con sapone d’Aleppo e guanto grezzo di lino, o, nella sinuosa piscina, il Rêve d’eau, un viaggio dolce e facile nelle profondità del rilassamento, grazie ad un’efficace armonia di stiramenti, massaggi e mobilizzazioni delle articolazioni. Personale è anche la storia del luogo: un gruppo di amiche, tutte imprenditrici, mamme e mogli, “si trovano davanti ad un bicchiere di buon vino rosso, e sognano un luogo speciale”, dice Nadia Tarabini, direttore del centro. Un gruppo di donne che vogliono soddisfare “voglie di benessere”, ma soprattutto affrontare una nuova sfida con sé, professionale e intima. Un sogno che si può dire riuscito. TOI MEME Beauté&SPA, Via Santuario delle Grazie Vecchie 17, Monza, Tel. 039-2301704, www.toimeme.it 78 Ancor più personale è lo spazio della nuova Börlind City SPA, da poco inaugurata, prima al mondo, nel cuore di Milano. Perché non appena varcate la soglia dell’esclusiva cabina, il centro si chiude alle vostre spalle, e ne restate unici ospiti. L’idea è quella di far provare un modo completamente diverso dell’andare alla SPA, trasformandolo in un rituale privato, e molto esclusivo: l’essere il solo cliente consente al di là di ogni immaginazione di vivere un momento davvero per sé. Anche il design dello spazio è interessante: interamente in un materiale molto singolare, il Corian, e in pietra. Altrettanto particolari i trattamenti, tutti naturali, che nascono dalla pluriennale esperienza di Annemarie Lindner, pioniera della cosmesi naturale e creatrice dei prodotti Börlind. La signora e la sua azienda, oggi leader mondiale della cosmesi naturale, hanno una storia da raccontare: Annemarie scopre i benefici delle piante per aver sconfitto una resistente forma di acne. Nel 1951, in controcorrente all’idea che la chimica e l’innovazione tecnologica fossero la soluzione, fonda una piccola azienda nella Germania dell’Est, da cui riesce a espatriare per portare tutto nell’intatta Foresta Nera, dove ancora oggi lavora. BÖRLIND CITY SPA Corso Como, 2 Milano, Tel. 02 6571164. *[email protected] Börlind City SPA Ci si può concedere una vacanza anche al centro di Roma. Da Campo de’ Fiori infilatevi in via dei Cappellari. Troverete un incantevole luogo del benessere, multifunzionale e multimediale. Un regalo per corpo, mente, spirito. Percorsi d’acqua emozionanti, hammam solitamente raggiungibile in aereo, yoga… Ed oltre a tutto quello che immaginate possibile in una Spa all’avanguardia troverete molto di più. L’ambiente è elegante ma non scioccamente pretenzioso; la professionalità viaggia insieme all’allegria. Quasi quasi viene voglia di non partire e di restare in città… Back Stage, via dei Cappellari 36, 06 6878060 di Federica Morrone [email protected] A Roma fra fumi e vapori… non si parla di smog ma di bagno turco MILANO di Carmen Rolle* Il piacere di restare in città Restando sempre nel centro di Roma, a due passi dalla fontana delle Tartarughe, ci si può immergere nelle soffuse atmosfere dell’ Hammam Acqua Madre. Come da antica tradizione l’hammam (o bagno turco) prevede il susseguirsi di diverse stanze, dalla più calda alla più fredda, luoghi in cui vi rilasserete fra abluzioni, trattamenti e massaggi specifici. La prima sala, apodyterium o spogliatoio dell’hammam, è preparatoria, ci si spoglia di ogni cosa possa richiamare il mondo fuori preparandosi ad un viaggio nel mondo del relax, si passa successivamente nel tepidarium (36°) dove ci si immerge in una dolce atmosfera fatta di vapore, corpi e giochi di luce; dopo una doccia calda ci si sdraia su panche in marmo riscaldate e ci si lascia coccolare da mani esperte con abluzioni di acqua calda per distendersi e lavare via ogni impurità. Numerose le varianti dei trattamenti che si possono scegliere il rassoul, maschera di argilla verde per il corpo pulisce e ammorbidisce la cute, ha un effetto rassodante e purificante; il gommage ai sali del mar morto svolge un’azione depurante e detossinante o il fango del mar morto contro gli inestetismi cutanei, le adiposita’. Per gli amanti dei massaggi ce n’è per tutti i gusti, si va dal classico massaggio rilassante per distendersi e riacquisisire un equilibrio psicofisico, al massaggio tonificante per combatte gli inestetismi di adiposità e cellulite; per favorire il ritorno sanguigno, venoso e linfatico si può fare un massaggio circolatorio o un massaggio linfodrenante; si può scegliere anche lo shiatsu per ripristinare l’equilibrio energetico; e ancora il massaggio ayurvedico per combattere lo stress, il massaggio al cioccolato che coinvolge tutti i no-stri sensi e regala il buonumore, per poi finire con la riflessologia plantare. Il percorso hammam può diventare un regalo originale o una festa con amici amanti del relax, Acqua Madre infatti offre il suggestivo ambiente per festeggiare lauree, anniversari ed altre occasioni speciali. L’Hammam è aperto tutti i giorni tranne il lunedì, è richiesta la prenotazione. Acqua Madre Hammam, Via di S.Ambrogio 17 Roma, tel. 06 6864272 www.acquamadre.it, [email protected] di Giulia D’Agostino [email protected] free business magazine 79 » 01 Net.Imaging Agepe 3 Italia Spa (H3g) ATTITUDO A. Manzoni & C S.P.A. A.T. Kearney S.P.A. - 2 Piano Abb Sace Spa Abi Accademia Nazionale Di S.Cecilia - Parco Della Musica Accenture S.P.A. Accordo Ace European Group Ltd. Acea Spa Aci - Automobile Club D’italia Actionaid International Italia Ad Maiora Adecco Spa Adidas Italy Spa Adobe System Italia Srl Adr - Aeroporti Di Roma S.P.A. Advance Srl Advexpress Aem S.P.A. Aeroporto Milano Linate Affari & Finanza Repubblica Agenzia Delle Entrate Agfa Gevaert S.P.A. Agi - Agenzia Gaiornalistica Italiana Spa Agilent Technologies Italia S.P.A. Agron Srl Aicon Yachts Aiia - Associazione Italiana Internal Auditors Aipem Srl Air One Spa Albacom S.P.A. Albatech Albergo Sammontano Alcatel Alenia Space Italia S.P.A. Alcatel Spa Alcatel-Lucent Alenia Aeronautica S.P.A. Aleteia Alitalia - Linee Aeree Italiane S.P.A. Alleanza Assicurazioni Ama - Azienda Municipale Ambiente - Roma Ambasciata Della Repubblica Federale Di Germania Ambito 5 - Comunicazione Integrata American Express Services Europe Limited Ltd Amministrazione Autonoma Dei Monopoli Di Stato Amos Spa Angelo Costa Spa (Western Union Italia) Api - Anonima Petroli Italiana Spa Apple Computer Italia Srl Arca Spa Archivio Foto Coop Italia Arcus Pubblicità Area Consulting Arena Holding Armando Testa Spa Artmbassy Ascai Assoc. Per Lo Sviluppo Delle Comunicazioni Az. In Italia Asseprim Assicurazioni Generali S.P.A. Assindustria Assitalia Le Assicurazioni D’italia S.P.A. Assodigitale Atac S.P.A. Atahotels S.P.A. Atm - Azienda Trasporti Milanesi S.P.A. Atos Origin S.P.A. Auchan Aurora Assicurazioni S.P.A. Autogrill Autostrade S.P.A. Avis Autonoleggio S.P.A. Axa Assicurazioni S.P.A. Azienda Ospedaliera Meyer Aziende Agricole Planeta Bahlsen Bain & Company Italy Inc. Baldini, Castoldi, Dalai Spa Banca Cr Firenze Banca D’italia Banca Generali S.P.A. Banca Imi Spa Banca Intesa Spa Banca Lombarda Banca Nazionale Del Lavoro Spa Banca Popolare Di Milano Banca Toscana Banca Woolwich Spa Banco Pop. Di Verona E Novara Barabino&Partners Bates Italia Spa Baxter S.P.A. Binda Italia Spa 80 Dove trovare 7th floor Blackberry Bmw Italia S.P.A. Bondardo Comunicazione Booking.Com Bosch Spa Brand&Publishing Brembo Spa Bristol - Myers Squibb S.R.L. B-Side Media Bt Albacom Bticino Buonchef S.R.L. Buongiorno S.P.A Burgo Distribuzione Burgo Distribuzione Srl Burson Marsteller Business Integration Partners (Gruppo Engineering) Business Press Business Week C.D. Srl Caffè Fandango Cairo Communication Spa Cairo Editore Spa Camera Di Commercio Di Milano Camera Di Commercio Roma Camille Fournet Italia Srl Canon Italia S.P.A. Canottieri Remo Capgemini S.P.A. Capitalia S.P.A. Carat Deepblue (Aegis Media Italia S.P.A) Carat Expert Carat Italia Spa Carlo Pellegrino & C. Spa Carré Noir Italia Cartasi’ S.P.A. Casa Editrice Este Cattleya Cefriel Cegos Italia Spa Chevrolet Italia Spa Chorus / Softpeople Cide Circolo Canottieri Aniene Circolo Canottieri Roma Circolo Del Golf Roma Acquasanta Circolo Due Ponti Cisco Spa Cisco Systems Italia Citroen Italia Spa Civita Servizi Class Editori Spa Club Delle Imprese Per La Cultura Club Eurostar Stazione Milano C.Le Club Méditerranée Cmt Circuiti Stampati Co.F.Ra Soc. Coop.Va A R.L. Co.Tra.L. S.P.A. Coca-Cola Hbc Italia Coin S.P.A Colosseo Nuovo Teatro Colt Telecom S.P.A. Colussi Communica Group Compel Computer Associates Spa Comune Di Forli’ Comune Di Frascati Comune Di Milano Comune Di Milano - Ufficio Gabinetto Del Sindaco Comune Di Ravenna Comune Di Roma Comune Di Roma - Ufficio Gabinetto Del Sindaco Comune Di Torino Conf.Naz. Artigianato E Pmi Confindustria Coni Servizi Spa Conseil B&B Srl Consulenze Di Comunicazione Continuum Costa Srl Creactivity Snc Creative Media Srl Creative Studio Srl Credit Suisse Cremonini S.P.A. Cromografica Srl Cushman & Wakefield Dada S.P.A. D’adda, Lorenzini, Vigorelli, Bbdo Spa Daily Media Mediaforum Daimler Chrysler Servizi Finanziari S.P.A. Damiani Group Danone Spa Data Management S.P.A. Datamat S.P.A. De Agostini Deloitte Consulting S.P.A. Deloitte S.P.A. Det Norske Veritas Deutsche Bnk Spa Di.Emme S.R.L. Diamond Trading Company Jwt Diesis Group Diesis Srl Diesse Digitalfog S.R.L. Dior Discovery Channel Dnv Italia Sri Dolomite Domus Academy Spa (Gruppo Telecom Italia) Donna Fugata Dotdotdot Duca Di Salaparuta Ducati Motor Holding S.P.A. E.Biscom S.P.A. - Fastweb Spa Ebay Italia Srl Ebbf Eden Viaggi Edipower S.P.A. Edison Spa Editori Perlafinanza Spa Editrice Il Campo Editrice La Stampa Spa Editrice Quadratum-Rolling Stone Edizioni Living International Morelli Editore Eds - Electronic Data Systems Italia S.P.A. Eds Eletronic Data System Italia Ellesse International Elsag Spa Endesa Italia Spa Enel S.P.A. Engineering Ingegneria Informatica S.P.A. Eni Spa Eniuniversity Enodis Epf Comunicazione Srl Epson Italia S.P.A. Erg Petroli Spa Ericson Italia Telecominicazioni Ernst & Young Erremme Associati Escogito S.R.L. Espresso Communication Solutions Esprinet Etnoteam S.P.A. E-Tree Euro Info Centre - Camera Di Commercio Di Milano Europ Assistance Italia S.P.A. Europcar Italia Spa Excite Exibart Expedia.It Export Link Exxonmobil Mediterranea Srl Fashion District Holding Fastweb Fedex Express Inc. Feltrinelli Gianciacomo Editore Srl Feltrinelli Librerie Ferpi Federazione Relazioni Pubbliche Italiana Ferrari Spa Ferrovie Dello Stato Fiat Auto Spa Fiat Media Center Fiera Milano International S.P.A. Fiera Milano Spa Filas Finanziaria Lazial Finanza E Mercati Fininvest S.P.A. Finmeccanica Spa Finsiel - Consulenza E Applicazioni Informatiche S.P.A. Fintecna - Finanziaria Per I Settori Industriale E Dei Servizi S.P.A. Flaminio Sporting Club Fon Fondazione Cotec Fondazione Fiera Milano Fondazione Istud Per La Cultura D’impresa E Di Gestione Fondazione Orchestra Sinfonica Di Milano Giuseppe Verdi Fondazione Southeritage Fondazione Università Iulm Fondazione Valore Italia Ford Italia Fox International Channel Italy Franco Angeli Srl Fratelli Comunello S.P.A. Fsi Fiera Servizi Integrati Fujitsu Siemens Computers S.P.A. Fulltech Srl Furla Spa Future Concept Lab Futuredrive G.M. General Motors S.R.L. Gabetti Property Solutions S.P.A. Gag Srl Gan Italia Vita S.P.A. Generali Assicurazioni Genialloyd S.P.A. Gepin S.P.A. Getronics Spa Getty Images Gherri Gino Srl Gianni Versace Spa Gimca Giorgio Armani Spa Giovani Editori Glaxosmithkline Goldenshare Golf Club Arco Di Costantino Golf Club Le Magnolie Google Italia Gottsche Grand Hotel Parco Dei Principi Grandi Stazioni Spa Graphicopen Graphola C/O Drop Srl Greenmedia Srl Grey Worldwide Italia Spa Gruppo Ermenegildo Zegna Gruppo Formula S.P.A. Gruppo Loccioni Gruppo Manfrotto Gruppo Pro Gruppo Sanofi Aventis S.P.A. Gruppo Teseco Gruppo Ventaglio Guala Closures Group Gucci Guru Gut Edizioni Spa Guzzini Lluminazione Hachette Rusconi Hammer Comunicaz. Hay Group Hertz Italiana S.P.A. Hill&Knowlton Hilti Italia Spa Hilton Italiana S.R.L. Hitachi Data Systems Honda Italia Industriale Spa Hoplo Srl Hotwire Hp - Hewlett Packard Italiana S.R.L. Hr Community Hsm - Inspiring Ideas Hts Italia Spa Huawei Huawei Technologies Italia I Grandi Viaggi S.P.A. Ibm Italia S.P.A. Icemedia Italia Idea Manager Srl Ied I-Faber Spa Igpdecaux Operatore Globale Della Comunicazione Esterna Ikea Italia Ikonos Sas Presso La Strega - Un Sacco Di Canapa Il Giornale Dell’arte Il Mondo Il Sole 24 Ore S.P.A. Il Sole 24 Ore System Il Venerdi - La Repubblica Imd - Emd Group Img Internet Srl Immaginazioni Srl Imq S.P.A. Ina Vita S.P.A. Inail Infocamere Soc. Consort. P.A. Ing Direct Ing. Romano F. Passigato Ingram Micro S.P.A. Initiative Media Milano Inps -Istituto Nazionaledella Previdenza Sociale Inspire Intel Corp Italia Spa Inventa Cpm Ip - Italiana Petroli Ipsos Irca Spa Div Rica - Zoppas Industries Istituto Per Il Commercio Estero Ice Istituto Poligrafico E Zecca Dello Stato S.P.A. Istituto Solaris Momo Spa Itaca Mondadori Italia Oggi Montblanc Italia Srl Italtel S.P.A. Monte Paschi S.P.A. Jacuzzi Europe S.P.A. Monte Paschi Management S.P.A. Jaguar Italia S.R.L. Motorola S.P.A. Jas Jet Air Service S.P.A. Mpg Jet Up Srl Ms&L Italia Johnson Diversey Mtv Italia Srl Jvc N03 Jwt Ncr Italia S.R.L. Kallideas Spa Nestlé Italiana Spa Kanso Srl Netsystem S.P.A. K-Events Milano Nework2006 Key4bitz.It Nike Italy Srl Key-One Srl Nissan Italia S.P.A. Keyword Group Srl Nokia Italia S.P.A. Kilometro Rosso Novartis Kipcast O.P.S. Srl Organizzazione Promozione Spazi Kodak Spa Obiettivo Lavoro Spa Kpmg - Nolan Norton Italia S.R.L. Oc&M Srl Künzi S.P.A. Offer Srl Kuwait Petroleum Italia Spa Ogilvy & Mather Spa La 7 Televisioni S.P.A. Olgiata Golf Club La Repubblica Omd Group La Rinascente Omg Omnicom Media Group La Scuola Di Emanuele Pirella One Italia Spa Ladomir Sas Optec Spa Lait Optima Srl L’altra Moda Oracle Italia Srl Lamacchia Martin Roth Limited Oraic.Com L’antica Cartografia Oticon Italia Lavazza Otis Italia S.P.A. Leasys Spa Pago Italia Lenovo Italy Srl Panasonic Italia S.P.A. Leo Burnett Pandora Management Srl Levi Strauss & Co Italy Panduit Eeig - Italy Lexmark International Panorama Libreria Del Cinema Parco De’ Medici Golf Club Libreria Hoepli Pdc Produzione Di Comunicazione L’impresa Pellegrini S.P.A. Linea Edp Peugeot Automobili Italia Linux Club Pevonia Botanica Liquigas Spa Philips S.P.A. Longanesi Phonak Italia Srl L’oréal Piaggio & Co. Spa Lorenzo Marini & Associati Srl Pianeta Comunicazione Lottomatica S.P.A. Piano B Ls Promotion Srl Piano! Lu.Ni Diffusione Moda Xqua Piemme Spa Lucent Technologies Italia S.P.A. Piquadro Spa Lufthansa - Linee Aeree Germaniche Pirelli S.P.A. Lush Pitti Immagine M,C&A Pixel Advertising Spa Maggiore Holding S.P.A. Pixel Srl Magneti Marelli Holding S.P.A. Plan B Communication Mano Italia Pnl Group Map Srl P-Nuts S.R.L. Maplast Poli Design Consorzio Del Politecnico Di Milano Marcolin Politecnico Di Milano - Mip Marconi Selenia Communications S.P.A. Pomilio Blumm Mark Up Poste Italiane S.P.A. Marketpress Postel S.P.A. Martina Gamboni Communication Events ConsultantPrada Spa Maxus Bbs Premio Solinas Mazda Motor Italia Spa Press&Meeting Point C/O T35 Mca Mario Cucinella Architects Srl Pricewaterhousecoopers S.P.A. Mccann Worldgroup Srl Prima Comunicazione Mckinsey & Company Italia Prima Pagina Media Club Spa (Wpp - Mediaedge:Cia) Proedi Comunicazione Media Company Srl Progetti Creativi Media Consultants Srl Progetto 5 Media Italia Spa Progetto Cmr Media Res Progetto Consulenza Media Village Progetto Italia Telecom Italia Spa Mediacom Italia Srl Promo Convention Srl Mediaset Promoroma Mediaset Spa Promotor International Spa (Smau) Mediobanca S.P.A. Provincia Di Milano Mediolanum Vita Spa Prs - Pubblicità Mercer Hrc S.R.L. Pubblicità Italia Meridiana Publicis Srl Meridiana S.P.A. Publikompass S.P.A. Messaggerie Italiane S.P.A. Publitalia 80 Met.Ro. - Metropolitana Di Roma S.P.A. Punto Com Mgm Digital Queimada Michelin Italiana S.P.A. R.T.I. - Reti Televisive Italiane S.P.A. Microsite Radio Deejay Microsoft Srl Radio Montecarlo - 1 Piano Milano Ad Srl Radisson Sas Milano Finanza Rai - Radiotelevisione Italiana Mille Eventi Rari Nuove Forme Di Comunicazione Millionaire Ras - Riunione Adriatica Di Sicurta’ S.P.A. Mindshare Spa Rcs Media Group Ministero Delle Comunicazioni Rds Mix Consulting Network Recordati Industria Chimica E Farmaceutica S.P.A. Modo Network Red Cell Spa Regione Autonoma Della Sardegna Regione Del Veneto Regione Lazio Regione Lombardia Renault Italia S.P.A. Reply S.P.A. Republic Srl Rfi - Rete Ferroviaria Italiana S.P.A. Richmond Italia Rim Rizzoli Pubblishing Roche Diagnostics S.P.A. Roland Dg Mid Europe Srl Rotocalco Televisivo - Rai Rtl S3 Studium Saatchi & Saatchi Spa Saipem S.P.A. Salmoiraghi & Vigano’ Spa Salvatore Ferragamo Samsonite Spa Samsung Electronics Italia S.P.A. San Paolo Sap Italia Spa Sara Assicurazioni Spa Sas Institute Srl Schaeffler Group Scuola Di Palo Alto Scuola Superiore Di Ingegneria Sea - Aeroporti Di Milano Sea - Societa’ Esercizi Aeroportuali S.P.A. Seat Pagine Gialle S.P.A. Sgs Italia S.P.A. Shell Italia Spa Sheraton Roma Hotel & Conference Per Lo Sviluppo Di Attivita’ Alberghiere S.P.A. Siae Microelettronica S.P.A. Sicon Srl Sidin Sielte S.P.A. Siemens Spa Sigma-Tau Sigma-Tau Finanziaria S.P.A. Simplicissimus Book Farm Srl Sirti S.P.A. Sistema Espresso Italia Sistemi Informativi S.P.A. Sixty Spa Sky Italia Srl Skype Snam Rete Gas S.P.A. So.G.Im Sodexho Italia Ristorazione E Servizi Spa Sodexho Pass Srl Soiel International Srl Sol Melia Soloinrete S.P.A. Solvay S.A. - Direzione Nazionale Per L’italia S.A. Sony Computer Entertainment Italia Spa Sony Italia Spa Sony Pictures Home Entertainment Srl Sorgenia Spa Space Web Spons S.R.L. Spot And Web Media Communication Magazine Starcom Mediavest Group Italia Srl Start People Studio Azzurro Studio D’arte Contemporanea Pino Casagrande Studio Minutilla Strategia Marketing Comunicazione Sun Microsystems Italia S.P.A. Superbrands Suppiej Sviluppo Italia Symantec Srl Tamoil Italia Spa Taxi Channel Tbwa/Italia Spa Team R&S Nextmedia Lab Technogym Tecnost Sistemi S.P.A. Telecom Italia Spa Telelombardia Tennis Club Parioli Terna Tevere Golf The Black Egg Productions S.R.L. The Blog Tv The Walt Disney Company Italia Thebigspace Ltd Tils - S.P.A. Tirrenia Di Navigazione S.P.A. Tiscali - Internet Communication Company S.P.A. Tnt Global Express Total Italia Spa Touring Club Italiano Toyota Motor Italia S.P.A. Training Academy Fiat Tre Link Trenitalia Spa Triennale Tunué. Editori Dell’immaginario Tvblob Srl Twg Consulting Ulyxe Group Srl Unicom Unicredit Private Banking Unicredit Spa Unilever Holdings Srl Unilever Italia Srl Unioncamere Unioncamere Lombardia Unipol Unisys Italia S.P.A. Unitstyle Universal Mccann Srl Università Ca’ Foscari di Venezia Universita’ Cattolica Del Sacro Cuore Università Commerciale Luigi Bocconi Università degli Studi Di Milano Bicocca Università degli Studi Di Napoli “L’orientale” Universita’ della Svizzera Italiana Università Iuav Di Venezia Università Iulm Università La Sapienza Università Luiss Guido Carli Università Roma 3 Università Statale Di Milano Università Tor Vergata Uvet - American Express Spa V.A.I.R. Srl Veicoli Industriali Valentino Fashion Group Valtur S.P.A. Vcom Group Veratour Spa Version4 Viaggiare Video Delta Visiant Visualtrade Vittoria Assicurazioni S.P.A. Vizeum Spa Vodafone Italia Vse Video System Engineering Whales Comunicazione Widar Wind Spa Work Out Wpp Italy (Group M) Wunderman Italy Xerox Spa Xtend Italia Yamaha Motor Italia Young & Rubicam Italia Srl Zambòn Zenith/Lvmh Zenithoptimedia Group Srl Zero Zerouno Srl Zetema Zone Attive Zordan Zucchi Spa Alcune locations fuori dalle aziende Roma Feltrinelli, Largo Argentina, 11 Feltrinelli, Via del Babuino, 41 Feltrinelli, Viale G. Cesare, 88 Radisson Hotel, Via Filippo Turati, 171 Milano Feltrinelli, Corso B. Aires, 33 Feltrinelli, Via Manzoni, 12 Libreria Hoepli, Via Hoepli, 5 Triennale free business magazine 81 La guida per orientarsi e conoscere meglio chi guida l’economia italiana I bravi manager hanno coraggio Fare n-outing: terapia di gruppo per i groupies del lavoro PRESENTATO E DISTRIBUITO AL WORLD BUSINESS FORUM di Roberta Casasole* I bravi manager hanno coraggio. Distribuito, peraltro, su più fronti. Hanno il coraggio di dire di no, di dire di sì, di ammettere i propri errori, di punire quelli altrui. E poi di lottare senza mai dimenticare la tenerezza, di stroncare le carriere dei quadri intermedi, di convocare una riunione di sabato mattina, di non concedere ferie, di non concedersi ferie, di esercitare una leadership autoritativa qualche volta, partecipativa al momento giusto, funzionale quando serve. Roba che ci vuole coraggio solo a pronunciarle certe cose. Per non parlare poi del coraggio necessario a fare scelte difficili e a rendere difficili quelle facili col solo scopo di far vedere quanto si ha coraggio. Ovviamente l’esercizio protratto di tutte queste audaci imprese scatena una persistente soddisfazione, un duraturo amor proprio, una sensuale compiacenza di sé. Ti fa sentire un eroe, uno che cambia le sorti del mondo, che se non fosse per quel tallone... Insomma, come tutte le sensazioni piacevoli e le droge lisergiche, allontana dalla realtà e genera dipendenza. Con l’andare degli anni, e a volte, purtroppo, solo dei mesi, non si riesce più a fare a meno delle scariche di adrenalina, della creatina d’orgoglio che gonfia il petto, dell’elettricità che tende i nervi del valoroso uomo d’azienda. E allora capita di vedere questi poveri manager che pianificano alla figlia i compiti per le vacanze, con una previsione di lungo periodo che arriva fino a settembre, aspettando con voluttà il momento in cui la maestra darà un feedback positivo. Questi disgraziati che segmentano il mercato sotto casa per capire qual è la bancarella migliore verso cui indirizzare la responsabile d’acquisto (che sarebbe la moglie) e trarre poi beneficio dal risparmio di spesa. Roba da far accapponare la pelle. Ma come aiutarli a uscire dal tunnel? Come salvarli 82 dal loro tossico appagamento? L’unica soluzione è convincerli a fare n-outing. Cioè far loro confessare che, in certi mesi dell’anno, in certe ore del giorno, in certi momenti della vita, non fanno assolutamente niente, non servono assolutamente a nessuno, non è richiesto il loro intervento, non si sente il bisogno di un loro parere. Sembra facile, ma non lo è. Provate un giorno a chiamare, a qualsiasi ora diurna e notturna, cento di questi soggetti e chiedete a bruciapelo a ognuno di loro “Cosa stai facendo?”. Non ne troverete uno che vi risponde “Niente”. Non lo farà nessuno. Perché i bravi manager hanno coraggio, ma in genere manca loro il coraggio del niente. Che non coincide col prendersi un momento di riposo, una settimana di ferie. Tutt’altro. Le vacanze possono diventare una straordinaria occasione per continuare a drogarsi con la voglia di fare, e con le cene a casa di amici “che non ho più avuto modo di andare a trovare”, e le rassegne enogastronomiche che “io vado sempre di corsa, sempre un panino e via”, e gli spettacoli “che in tutto l’anno non ho mai avuto tempo di vedere”. Niente significa niente. E non basta proiettare sul loisir il proprio cardinale ruolo nel mondo per raggiungere il nulla assoluto. Non lasciatevi ingannare. Il drogato da lavoro sarà davvero fuori pericolo solo quando il niente riuscirà a esplicitarlo. È questo il senso profondo del n-outing. Perciò quando dopo le prime sedute il manager avrà imparato a rispondere “Niente” alla vostra domanda a bruciapelo, stupitelo chiedendogli “Cioè?”. Se, calmo calmo, vi risponderà che si è preparato da solo una bevanda con lo sciroppo di menta e da quaranta minuti osserva come i tre cubetti di ghiaccio aggiunti al bicchiere si stanno comportando rispetto alla densità dello sciroppo, allora sarà davvero guarito. *[email protected] (Milano 23-24 Ottobre 2007) COMUNICAZIONE ITALIANA COMMUNITY PARTNER ATLANTE DEL TOP MANAGEMENT ITALIANO L’orientamento dei top manager italiani per competere sui mercati 72€ Le soluzioni, i modelli organizzativi e i valori di riferimento per guidare verso il successo INCLUSO VERSIONE ONLINE le aziende, raccontati direttamente dai protagonisti dell’economia italiana e delle istituzioni. L’Atlante del Top Management Italiano è l’unica Guida pubblicata sul mercato italiano per rispondere alle esigenze di conoscenza diretta dei vertici delle principali aziende italiane e delle istituzioni. Dedicato a presidenti, amministratori delegati e direttori generali, è diretto a tutti gli operatori dell’economia, dell’informazione e dei servizi ad altissimo valore. Per informazioni e prenotazioni: Comunicazione Italiana Edizioni e servizi per comunicare Telefono: 06.8200.41.73 - 06.400.43.140 Email: [email protected] Portale: www.comunicazioneitaliana.it free business magazine 83 comunicazioneitaliana edizioni e servizi per comunicare ©2007 Samsung Electronics Co. Ltd. Screen images are simulated. immagina di passare in un attimo dalla tua musica alla tua vita. Immagina di poter vivere due vite nello stesso tempo. Una sempre in compagnia della tua musica preferita, l’altra sempre in contatto con i tuoi amici. Con il nuovo Samsung F300 è così facile immaginare. F300 www.samsungmobile.it Doppio Schermo 9,4 mm di spessore Music Library 84 Beyonce B’ day Deluxe Album lo trovi nei migliori negozi. Sweep Touch UI/Music GUI 105MB + Slot miscro SD Fotocamera 2 Megapixel