Campiglione, devozione secolare Nell’antica icona il miracolo della Vergine del 1483 Secondo una secolare e consolidata tradizione locale - raccolta una prima volta, nel 1685, dall’abate Giovan Battista Pacichelli nelle sue Memorie di viaggi per l’Europa cristiana e ripresa in seguito, nel 1729, da Giuseppe Maria de Nigris, monaco carmelitano, in un opuscolo significativamente titolato Origine e Fatti della Miracolosa immagine di S. Maria delle Grazie, volgarmente detta S. Maria a Campiglione etc. - la vetusta immagine ad affresco della Vergine, che con questo titolo si venera nell’omonimo santuario di Caivano (da identificarsi, peraltro, con quella stessa chiesa di cui si fa menzione nella lettera che papa Gregorio Magno nel 591 inviò ad Importuno, vescovo di Atella per investire un sacerdote di nome Domenico del titolo di cappellano) si rese protagonista, nell’anno 1483, di uno strepitoso miracolo. Narra dunque la tradizione – riportata in seguito, dal canonico Caivano, Santuario di Campiglione, Madonna e Santi Giovanni Scherillo in poi, da tutti gli storici locali (Domenico Lanna, Vincenzo Magione, Stelio Maria Martini, Gaetano Capasso) - che un giovane contadino di Caivano, il figlio unico di una vedova molto devota della Madonna, nel maggio di quell’anno fu ingiustamente accusato dell’omicidio di un uomo. Sebbene innocente, pur di sottrarsi ai tormenti della tortura aveva finito con l’autoaccusarsi dell’orribile misfatto procurandosi per questo la condanna all’impiccagione. Il giovane stava per essere giustiziato, quando, appena in tempo, giunse sul luogo dell’esecuzione un araldo, poi misteriosamente scomparso, col decreto di grazia del viceré, che interpellato in seguito, pur riconoscendo in calce allo stesso la propria firma, dichiarò di non averlo mai sottoscritto. Era successo che, nel frattempo, la mamma del giovane, informata dell’arresto del figlio e più che certa della sua innocenza, dopo aver chiesto invano giustizia e pietà alle autorità competenti, si era rivolta alla Vergine di Campiglione per implorarne la salvezza. Sempre secondo il racconto, la Vergine, in segno di favorevole accoglimento della supplica, avrebbe abbassato la testa: come tutt’ora e dato vedere osservando l’affresco. Ad ogni buon conto il racconto del miracolo, oggetto tra l’altro fino a pochi anni fa anche di una sacra rappresentazione il cui copione risalirebbe al Cinquecento, ha sempre costituito per i fedeli caivanesi la dimostrazione tangibile del benevolo affetto di Maria verso coloro che Le si rivolgono. Affetto che i fedeli di ogni tempo hanno contraccambiato con grande devozione. Basti ricordare - solo per riportare un episodio più prossimo a noi che, quando nel corso degli anni ’20 e ‘30 del secolo scorso, per una profonda e lunga lesione della volta del santuario andò parzialmente persa la rappresentazione del miracolo che il pittore irpino Vincenzo Volpe (Grottaminarda, AV, 1855 - Napoli 1929) aveva affrescato qualche decennio A.de Lisio, Il Miracolo di Campiglione, prima, fu chiamato a ripristinarla Arnaldo Caivano, Santuario della Madonna di de Lisio (Castelbottaccio, CB, 1869 Campiglione 1949). Questi replicò subito con qualche variante il precedente dipinto, nel quale, su uno sfondo che vede raffigurati i soldati che lasciano il luogo della mancata esecuzione per far ritorno al castello, si osserva il condannato che, in ginocchio accanto alla madre e a una folla di popolani, contempla la Madonna, mentre avvolta in una nuvola di incenso, è raggiunta dall’Angelo araldo che aveva comunicato al boia, poc’anzi, la concessione della grazia. Pezzella Franco