COME NASCE L’ECOMUSEO HOW IS BORN ECOMUSEUM IDEAZIONE, PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE STRUTTURALE Amministrazione Comunale 2009/2014 che ha realizzato l’opera: Antonio Di Marco, Bruno Catalano, Mariastella D’Attilio, Renzo De Angelis, Natascia De Sanctis, Fabrizio Di Giacomo, Sergio Di Marco, Flavio Di Pierdomenico, Antonio F. Di Sinno, Antonio R. Liberale, Fernando Martelli, Antonietta Scipione, Arturo Simone, Walter Zaminga Amministrazione Comunale 2004/2009 che ha ideato e progettato l’opera: Antonio Di Marco, Pepino Cafarelli, Bruno Catalano, Patricia D’Amore, Renzo De Angelis, Cristian De Sanctis, Fabrizio Di Giacomo, Sergio Di Marco, Luca Di Pierdomenico, Gabriele Di Pierdomenico, Antonio F. Di Sinno, Antonio R. Liberale, Antonietta Scipione Responsabili del Procedimento: Paolo Blasioli, Armando Sarra, Francesca Vecchi, Carmine Colasante, Angelo Di Pierdomenico Direzione scientifica: Soprintendenza per i Beni Archeologici d’Abruzzo - Silvano Agostini e Andrea R. Staffa Progettisti: Santino Iezzi, Lelio Ferrari Direzione lavori: Santino Iezzi Ditta esecutrice e Ditta subappaltatrice: Lino Mascitti & Figli S.r.l., Colanzi Costruzioni S.n.c. Intervento realizzato con fondi CIPE Euro 100.000 e Cassa Depositi e Prestiti € 150.000 VALORIZZAZIONE E DIDATTICA Testi: Silvano Agostini, Aurelio Manzi, Edoardo Micati, Mario Pellegrini, Andrea R. Staffa Documentazione grafica: Massimiliano Crea, Andrea R. Staffa, Silvano Agostini, Edoardo Micati Documentazione fotografica: Massimiliano Crea, Franca Nestore, Rosanna Scipione, Daniele Aureli, Elisa Nicoud, Mario Pellegrini, Edoardo Micati Archivio e fonti bibliografiche: A. M. Radmilli, Abruzzo Preistorico, Sansoni Editore E. Micati, Pietre d’Abruzzo. L’architettura agro-pastorale spontanea in pietra a secco, Carsa E. Micati, Pietre d’Abruzzo-Guida alle capanne e ai complessi pastorali in pietra a secco, Carsa Traduzioni: Lauren Maria Palucci, Hazel Goddard Allestimento pannelli, realizzazione opuscolo e sito web: Creative di M. Crea & C. S.a.s. www.ecomuseodelpaleolitico.it - [email protected] - www.comune.abbateggio.pe.it L’Ecomuseo del Paleolitico sito a Valle Giumentina nasce dall’esigenza della comunità di Abbateggio di conoscere se stessa e la sua storia attraverso le testimonianze della cultura materiale a partire dal patrimonio messo in luce dagli scavi e dagli studi effettuati nel suo territorio. L’Ecomuseo è un punto di partenza per la ricerca e la scoperta, primo nucleo di laboratorio territoriale che vuole interagire dinamicamente con le istituzioni di ricerca, le associazioni, gli studenti, gli appassionati, i turisti, con chiunque desideri conoscere le ricchezze che il nostro territorio racchiude e conserva come in un prezioso scrigno. Con le Amministrazioni che ho avuto l’onore di presiedere dal 2004 al 2009 e dal 2009 al 2014, abbiamo fatto delle scelte di ordine ambientale, sociale, culturale ed economico riuscendo a reperire i fondi necessari alla realizzazione dell’opera, seguendo e monitorando tutte le fasi del lavoro cercando in breve tempo di portare a compimento l’intero progetto. Un ringraziamento particolare va alla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo che sostiene con convinzione il nostro progetto e al gruppo di lavoro diretto dal Dott. Andrea R. Staffa Responsabile del procedimento dell’Ecomuseo, al Dott. Silvano Agostini e a tutto il team. Si ringrazia il Corpo Forestale dello Stato e i progettisti delle strutture edili dell’Ecomuseo Arch. Santino Iezzi e il Geom. Lelio Ferrari e dell’Ufficio tecnico comunale per l’impegno che hanno dovuto affrontare nel coniugare l’idea della struttura che si voleva realizzare, il rispetto delle normative vigenti nel campo della sicurezza sugli edifici e il controllo delle tecniche costruttive nell’esecuzione delle strutture murarie. Un sincero ringraziamento va a tutti i cittadini per il sostegno e la collaborazione e in particolar modo a Nicola Scipione che ha creduto nel voler condividere un bene privato con la comunità, offrendo uno scenario unico per la collocazione di un’opera che intende riproporre la vita e la storia del Paleolitico, in uno degli ambienti naturali più suggestivamente preservati dell’intera Regione. The Ecomuseum at the Paleolithic site of the Giumentina Valley was founded first and foremost in response to the need of the community of Abbateggio to learn about its background and history through material culture evidence, starting from the patrimony brought to light during excavations, and from the studies and research carried out in the surrounding territory. The Ecomuseum is a starting point for research and discovery and it is the first territorial study centre which aims to interact dynamically with research institutions, associations, students, enthusiasts, tourists and whoever wishes to learn about the heritage that our territory holds and preserves as a treasure trove. Having had the honour of being the Mayor of Abbateggio since 2004, the Council and I have made environmental, social, cultural and economic decisions. We have also managed to find the necessary funds for this project and have supervised all the various stages of its development trying to complete it in a short period of time. A particular thanks goes to the Soprintendenza per i Beni Archeologici of Abruzzo (Government Department of Archaeology) which has supported and firmly believed in our project, and also to the working group directed by the expert Andrea R. Staffa, responsible for the development of the Ecomuseum, to the expert Silvano Agostini and to the whole team. A special thanks goes to the State Forestry Corps, the architects of the Ecomuseum, Architect Santino Iezzi and Surveyor Lelio Ferrari, and to the town’s Technical Office for its commitment in combining the structural plan we wanted to achieve in compliance with the current Health and Safety Regulations, and the supervision of the construction techniques of the dry stone huts. A special thanks also goes to all the citizens for their support and collaboration, and particularly to Nicola Scipione who has donated his private property to the community, offering a unique scenario for the setting of a project which represents the life and history of the Paleolithic Era in one of the most strikingly preserved natural environments in the entire region. Il Sindaco di Abbateggio The Mayor of Abbateggio Antonio Di Marco COME È STRUTTURATO L’ECOMUSEO HOW THE ECOMUSEUM IS STRUCTURED I H G F E WC L C D B N M A L’Ecomuseo di Valle Giumentina, posto di fronte all’omonimo e noto giacimento preistorico del paleolitico, si propone come sistema integrato per la valorizzazione delle principali valenze della Maiella settentrionale. Attraverso la riproposizione di sei capanne in pietra a secco, architetture povere tipiche dell’ambiente agro-pastorale abruzzese, il pubblico viene infatti guidato in un percorso didattico e conoscitivo, alla lettura del paesaggio naturale, archeologico e storico derivato da un affascinante e secolare rapporto tra uomo e ambiente. Nelle capanne sono illustrate, mediante pannelli, le tematiche inerenti le testimonianze ed attività dell’uomo di Neandertal a Valle Giumentina, il contesto archeologico dalla protostoria al medioevo nel territorio di Abbateggio, le funzioni e geometrie delle strutture in pietra a secco, insieme alla dura vita dei pastori transumanti, ed ancora i caratteri della flora e della fauna. All’esterno, con uno sguardo al giacimento paleolitico, apprendiamo la storia geologica di Valle Giumentina e i processi che hanno governato l’evoluzione morfologica della Maiella, insieme alle trasformazioni del paesaggio naturale operate dall’uomo. L’area museale è arricchita da una particolare area didattica: un laboratorio open air di archeologia sperimentale per apprendere metodi e modi di scheggiatura della selce. Fa anche parte dell’Ecomuseo, una capanna destinata all’accoglienza e all’informazione sulle attività di scavo e ricerca di recente riavviate nel sito di Valle Giumentina. This Ecomuseum is situated opposite the important well-known site of Paleolithic deposits in the Giumentina Valley. It has been set up as an integrated system to promote the distinctive characteristics of the northern side of the Majella. Visitors set out on a guided educational tour of six dry stone huts reconstructed in the simple architecture typical of the agro-pastoral environment of Abruzzo. They learn about the natural, archaeological and historical landscapes resulting from the fascinating centuries-old relationship between man and environment. The explanatory panels inside the huts illustrate the topics related to the testimonies and activities of the Neanderthal man in the Giumentina Valley, the archaeological heritage of the territory of Abbateggio from Protohistory to the Middle Ages, the functions and forms of the dry stone huts, the hard life of the transhumant shepherds and finally the floral and faunal characteristics. Observing the surrounding Paleolithic deposits visitors learn about the geological history of the Giumentina Valley, the processes that have governed the morphological evolution of the Majella and the transformation of the landscape due to human interventions. The museum has a special educational area: an open-air workshop of experimental archaeology to learn about the techniques of flint knapping. There is also a “reception hut” where staff welcome visitors and provide information about the ongoing excavations and research in the Giumentina Valley. PLANIMETRIA DELL’ECOMUSEO PLAN OF THE ECOMUSEUM A Benvenuti H Area Didattica per la Lavorazione della Selce B I Stratigrafia del Giacimento di Valle Giumentina C D E F G Welcome Informazioni e Accoglienza Information e Reception News e Ricerche in corso News and Ongoing Research Le Capanne in Pietra a Secco Dry-stone Huts Il Paleolitico a Valle Giumentina The Paleolithic Era in the Giumentina Valley Il Patrimonio Archeologico del Territorio di Abbateggio The Archaeological Heritage of the Territory of Abbateggio Il Patrimonio Floro/faunistico della Maiella The Floral and Faunal heritage of the Maiella Educational Area for Flint knapping Stratigraphy of the Sediments of the Giumentina Valley L Evoluzione Geologica di Valle Giumentina The Geological Evolution of the Giumentina Valley M Storia del Paesaggio della Maiella Settentrionale History of the Landscape of the Northern Side of the Majella N Il Sentiero delle Capanne in Pietra a Secco The Trail of the Dry-stone Huts Area di sosta - Rest area LE TEMATICHE DEI PANNELLI TOPICS OF THE PANELS 6 Le Capanne in Pietra a Secco / Dry-stone Huts 10 Il Paleolitico a Valle Giumentina / The Paleolithic Era in the Giumentina Valley 14 Il Patrimonio Archeologico del Territorio di Abbateggio The Archaeological Heritage of the Territory of Abbateggio 20 Il Patrimonio Floro/faunistico della Maiella / The Floral and Faunal the heritage of the Maiella 24 Tecniche di Scheggiatura e Lavorazione della Selce / Educational Area for Flint Knapping 26 Stratigrafia del Giacimento di Valle Giumentina Stratigraphy of the Sediments of the Giumentina Valley 28 Evoluzione Geologica di Valle Giumentina / The Geological Evolution of the Giumentina Valley 30 Storia del Paesaggio della Maiella Settentrionale / History of the Landscape of the Northern side of the Majella 32 News e Ricerche in corso / News and Ongoing Research Origine e diffusione della CAPANNA a FALSA CUPOLA Le più antiche testimonianze della falsa cupola in pietra le troviamo a partire dal IV millennio a.C. con le tholoi presenti in Mesopotamia, in Attica, nelle Cicladi e a Creta, che avevano funzioni prevalentemente funerarie. Notevoli esempi sono le tombe della necropoli reale di Ur (Mesopotamia, 3300 a.C.), quelle micenee, con la famosa tomba detta del Tesoro di Atreo (1300 a.C.), quella di Pylos (Peloponneso) e di Orcomeno (Beozia). In Occidente le tombe a cupola compaiono in Bretagna (Île Longue) intorno al IV millennio a.C.. Della seconda metà del III millennio a.C. sono i sepulcros de cupula della Spagna sud-orientale, le tholoi funerarie del Portogallo, i passage graves irlandesi e le tombe delle isole Orknei. All’età del Bronzo appartengono il sese di Pantelleria, la naveta di Minorca e il longbarrow della Gran Bretagna. Nella maggioranza dei casi tali edifici funerari erano realizzati a tumulo, ricoprendo cioè una o più camere funerarie con una collinetta di notevoli dimensioni rispetto alle celle funerarie. Un discorso particolare meritano il nuraghe della Sardegna, la talajot delle Baleari e la torre o castella della Corsica, legati Distribuzione delle Capanne a falsa cupola nel territorio abruzzese. Distribution of the huts with a false dome in the territory of Abruzzo. oltre che dalla vicinanza geografica, da notevoli somiglianze costruttive anche se le ultime due non hanno mai raggiunto la grandiosità e la ricchezza di forme presenti nell’architettura nuragica. L’area mediterranea è quella maggiormente interessata dalle costruzioni in pietra a secco, che in effetti troviamo quasi sempre laddove la pietra diventa l’elemento caratterizzante del paesaggio. Le tipologie presenti in Europa sono numerosissime, ma, indipendentemente dalla latitudine, troviamo capanne simili quando l’uso a cui sono destinate è lo stesso. La concomitan- 6 za di alcuni fattori, quali l’abbondanza di materiale idoneo senza possibilità di valide alternative, la necessità di costruire, il bisogno di spietrare i campi, porta naturalmente a realizzare ricoveri di questo tipo. Per la capanna abruzzese si può pensare a una migrazione di cultura dalla Puglia, area di diffusione molto ricca tipologica- Origins and the spread of HUTS with a FALSE DOME The The oldest testimonies of the false dome in stone date back to the 4th Millennium B.C. with the Tholoi in Mesopotamia, Attica, The Cyclades and Crete which were mainly used as tombs. The tholos tombs of the royal necropolis of Ur (Mesopotamia, 3300 B.C), the Mycenae tombs with the famous tomb known as the Treasury of Atreus, also known as the Tomb of Agamemnon, (1300 B.C.), and the Tholos tombs at Pylos (Peloponnese) and Orchomenos (Boeotia) are the most important. In the west the domed tombs appeared in Brittany (Île Longue) around the 4th Millennium B.C. From the second half of the 3rd Millennium B.C. there are the sepulcros de cupola in southeast Spain, the tholoi tombs in Portugal, the passage graves (or passage tombs) in Ireland, the tombs of the Orkney Islands. The sese of Pantelleria, the navettes (chamber tombs) of Minorca and the Long Barrow in Great Britain all date back to the Bronze Age. In the majority of cases, these tombs were tumuli, meaning Complesso agro-pastorale di Valle Giumentina / Agro-pastoral complex of the Giumentina Valley. mente e con sicuri dati di maggiore antichità. Senza dubbio tutto ciò ha contribuito a creare l’etichetta “pastorale” incollata alle nostre capanne, anche se la sua giusta collocazione è nel mondo agricolo della media montagna. Nell’Appennino centrale e in particolare in Abruzzo, l’eversione feudale, la crisi della pastorizia e il notevole incremento demografico nella prima metà dell’Ottocento hanno determinato la messa a coltura dei terreni della media montagna. Probabilmente l’estrema indigenza dei nuovi coloni non ha permesso loro di costruire abitazioni tradizionali, orientando la loro scelta sulla costruzione a secco, economica e veloce da realizzare. È lecito immaginare una prima fase di sistemazione dei campi con muri di sostegno e recinzione, per passare in seguito alla costruzione di una capanna ove trascorrere le notti nei periodi di maggiore lavoro e riporre attrezzi e prodotti agricoli. Infine, a essa, probabilmente con tempi di esecuzione molto lunghi, si è affiancata una casa di tipo tradizionale, relegando la prima alla funzione di stallafienile e creando, con il definitivo trasferimento del gruppo familiare, un nucleo abitativo permanente. L’area di diffusione della capanna in pietra a secco in Abruzzo può essere divisa in tre zone principali: Majella, Gran Sasso meridionale, Montagna dei Fiori. Le capanne presenti al di fuori di tali aree sono solamente il 5% di quelle censite. Sulla sola Majella è concentrato oltre il 75% delle capanne abruzzesi, con densità maggiore nei comuni di Abbateggio, Roccamorice e Lettomanoppello. L’importanza di questa zona non è solo dovuta al numero di capanne ma alla ricchezza tipologica, all’alto grado di specializzazione dei costruttori e alle notevoli dimensioni di alcune costruzioni. Complesso pastorale “Lenette” / Pastoral complex “Lenette”. that one or more of the tomb chambers were covered with mounds of earth of a notable size in respect to the actual tombs. A particular mention should be made of the nuraghe of Sardinia, the talaiots of the Balearic Islands, and the torre or castella of Corsica, all connected not only geographically but also by the notable constructive similarities, even if the last two have never reached the greatness and the immense variety of forms present in Nuragic architecture. The constructions in dry stone are mainly found in the Mediterranean area. In fact, they are almost always found where stone is the characteristic feature of the landscape. The typologies present in Europe are numerous. In fact, we can find similar huts destined for the same use, regardless of where they are situated. A number of related factors, such as the abundance of suitable building material without having the possibility of valid alternatives, the necessity to construct and the need to remove the stones from the fields, naturally led to the construction of this type of shelter. Regarding the huts of Abruzzo one can think of a cultural migration from Apulia, an area with a widespread typologi- cal diffusion and certified data of ancient origin. Without doubt, all these factors have led to these constructions being called “pastoral huts” in the territory of Abruzzo, even if its correct function is rooted in agricultural practices in the central part of the mountain. In the Central Apennine chain and particularly in Abruzzo, the subversion of the feudal system, the crisis of stock rearing and the significant population growth in the first half of the 19th century, determined the cultivation of the central mountain areas. Almost certainly the extreme poverty of the new settlers did not give them the chance to build traditional dwelling-places, so they chose to build economic and quick dry-wall constructions instead. It is possible to imagine a first phase of settlements in the fields with retaining walls and fencing; subsequently, a hut was built where the farmer could spend the night during periods of intense labour and could store working tools and agricultural products. Finally, a house in the traditional sense was built which probably required much longer time to build. It was built adjacent to the hut which then became the stable or barn. There are three main areas in Abruzzo where the huts in dry stone are found: the Majella, the southern part of the Gran Sasso and the Fiori Mountain. The huts found outside these areas represent only 5% of the registered ones. More than 75% of the huts of Abruzzo can be found just in the Majella, with greater concentration in the villages of Abbateggio, Roccamorice and Lettomanoppello. The importance of this area is not only determined by the number of huts, but rather by their typological richness, the highly skilled workmanship and by the impressive size of some of the constructions. Edoardo Micati Distribuzione delle Capanne a falsa cupola in Europa Distribution of the huts with a false dome in Europe. 7 forma, la funzione e il materiale della CAPANNA in PIETRA A SECCO La La statica, la funzione, il materiale Gli pseudoarchi e le pseudovolte si basano sulla trasmissione verticale degli sforzi. Nelle capanne esistono due diversi modi di realizzare l’aggetto, che non costituiscono una libera scelta tecnica, ma sono funzione del tipo di materiale a disposizione. Quando si dispone di materiale in lastre, circoli concentrici di conci vengono poggiati orizzontalmente, o con una lieve inclinazione verso l’esterno. In tale maniera si realizza una pseudovolta pura. Quando si dispone di blocchi di forma tondeggiante, ai conci occorre dare una inclinazione verso l’interno per poter sufficientemente progredire nella chiusura della luce, realizzando un sistema spingente. Tale tecnica viene comunque usata solo nella parte finale della cupola e per luci ridotte, altrimenti bisognerebbe armare la struttura. Questa disposizione dei conci determina una spinta laterale e pertanto questo tipo di copertura si colloca fra la pseudovolta e la volta vera e propria. Tali differenti tecniche influenzano anche la tipologia delle capanne: nel primo caso si hanno profili più acuti rispetto al secondo caso. Nelle pseudovolte possiamo dividere lo spessore murario in tre parti: la parte interna, ove si realizza l’aggetto; il riempimento, costituito da pietre di piccola pezzatura, con le funzioni di coibentare la capanna e di aumentare i momenti stabilizzanti; il mantello esterno, atto a contenere il materiale di riempimento. La forma primaria decadente è la più numerosa ed è riscontrabile nelle capanne di piccole e medie dimensioni poste sui fondi rustici. La forma primaria ogivale è di dimensioni superiori alla media e necessita nella parte sommitale di un lavoro di aggetto costante e preciso per raggiungere una perfetta forma ogivale. La forma secondaria cilindro-conica rappresenta un momento importante del processo evolutivo, in quanto dal semplice riparo della capanna ad alveare (ciclo culturale del “boomerang”), si passa a un ambiente cilindro-conico (ciclo culturale “totemistico”) che presenta una maggiore abitabilità. La forma secondaria a tronco di cono è rara. Le pareti si elevano a tronco di cono e lo spazio è coperto da una volta decadente. Macchia di Abbateggio. Complesso rilevato da G. B. De Gasperi nel 1913. Macchia di Abbateggio. Complex discovered by G.B. De Gasperi in 1913. 8 La forma secondaria a gradoni veniva preferita nelle grandi capanne perché offriva la possibilità di lavorare sfruttando i gradoni. Nella forma secondaria a gradone elicoidale il gradone, unico, parte dal terreno o dal contrafforte di base e sale a spirale fino a circa 3/4 della capanna. Nella forma derivata a pianta quadrata le capanne conservano i lati rettilinei fino all’altezza in cui si inizia il lavoro di aggetto. Tipologia Esterna / External Typology Primaria ogivale Primary ogival form A gradoni Terraced form Primaria decadente Primary decadent form Cilindro-conica Conical cylindrical form A gradone elicoidale Derivata a derivative form with pianta quadrata a square shaped plan Derivative form with a square shaped plan Tronco-conica Conical trunk form Sotto fascia Hypogeal hut with visible entrance Le capanne sotto fascia sono ricavate nelle mura di contenimento dei campi ed hanno spesso il solo ingresso visibile, risultando per il resto completamente ipogee e di ridottissime dimensioni. Al di là delle tipologie dettate dalla forma delle capanne, è importante una loro classificazione per categorie funzionali. In alcune aree di diffusione della capanna a falsa cupola le popolazioni locali hanno adottato questo tipo di costruzione fino a elevarlo da semplice ricovero ad appendice della propria abitazione, sempre con funzioni agro-pastorali. Le capanne di questa prima categoria, con funzioni di stalle, fienili e deposito attrezzi sono a volte realizzate su due piani, con la parte superiore riservata al fieno, o al pernottamento stagionale (ogivale, secondaria a gradoni). La seconda categoria è quella legata al fondo agricolo, più o meno lontano dal paese; in essa sono evidenti le funzioni di ricovero momentaneo e deposito attrezzi. Tali capanne, sono di piccole dimensioni e di fattura approssimata (primaria decadente, sotto fascia, secondaria a un gradone). La terza categoria riguarda i complessi agro-pastorali nei quali compaiono i recinti a formare un insieme organico con le capanne: sono vere e proprie masserie stagionali, nelle quali intere famiglie si trasferivano per coltivare i campi ed accudire il gregge che pascola nelle zone incolte. Di capanne a falsa cupola esclusivamente pastorali ne rimangono ben poche, a quote che oscillano tra i 1600 e i 2000 metri. D’altra parte la provvisorietà della condizione pastorale è in antitesi con il tempo e la fatica che una pur semplice e tanto intuitiva costruzione richiede. form, the function and the building material of the HUTS in DRY-STONE The Basic Statics, the function and the building material. Pseudo-arches and pseudo-vaults are based on the vertical transmission of the forces of stones. There are two different techniques to construct the arch in the huts of Abruzzo which are not chosen by chance but according to the availability of building materials. When slabs of stone are available, concentric circles of ashlar are placed horizontally or with a slight outward inclination, creating a perfect pseudo-vault. When blocks of round-shaped stones are available, the single stones need to be placed with a slight inward inclination, gradually shutting out the light and creating a system of compressive strengths of the stones. However, this technique is used only in the upper part of the dome and to create very limited light, otherwise the structure must be supported. The stones placed in this way determine a lateral thrust and therefore this type of roofing is a cross between the pseudo-vault and the real vault. These different techniques also influence the external appearance of the huts: the former are more pointed than the latter. It is possible to divide the thickness of the walls of the pseudo-vaults into three parts: the inner part where the arch is built; the core filling made of small stones that insulates the hut and helps to increase its stability; and the external coating to contain the core filling material. Capanna primaria decadente tipo A / Primary decadent hut type A. sed from the ground or the first counterfort, acquiring a spiral shape and reaching up to about ¾ of the total height of the hut. In the derivative form with a square-shaped plan the huts maintain rectilinear sides up to the upper part where the arch is built. The hypogeal hut is made with part of the enclosure walls of the fields and only the entrance is visible. They are completely subterranean and are of very small dimensions. Besides the different typologies of the huts, it is important to establish a classification of their functions which determined the dimensions of the hut itself and influenced its form depending on the type of the material available. In some areas of the diffusion of the hut with a “false dome”, local people adopted this type of construction as a simTipologia degli ingressi / Typology of the entrances ple shelter which later became part of the dwelling-place, always maintaining the agro-pastoral purposes. In the first category, the huts had the function of a stable, a barn, or storage for tools and agricultural products. Architrave h orizzontale l A tutto sesto A sesto acuto A sesto acuto A sesto ribassato b A sesto ribassato b They were sometimes built with two floors; the upper Horizontal architrave Rounded arch Pointed arch Pointed arch Lowered arch Lowered arch floor was used to store hay or for seasonal overnight stays (ogival, secondary terraced forms). Tipologia di pianta / Typology of construction plan The second category is associated with the agricultural land just outside the village. In this structure the functions of the temporary shelter and tool storage are evident. These huts are small and were built imprecisely Circolare A pera Circolare con ingresso tangente Quadrata d Circular Pear shaped Circular with tangent entrance Square shaped (primary decadent, hypogeal, secondary terraced forms). The third category is tied to the agro-pastoral structushelter of the beehive hut (“boomerang” cultural cycle) that res in which the fencing enclosed the farmland and the huts barely allowed a person to stand up, the shape became cylin- became seasonal farms; whole families moved to these areas drical and conical (“totemic” cultural cycle) and provided gre- to cultivate the land and care for their grazing sheep in the ater habitability. The secondary truncated conical form is quite uncultivated areas. Very few exclusively pastoral huts with false rare. The walls are raised to a truncated cone shape and the spa- domes remain today in areas between 1600 and 2000 m asl. ce is covered by a decadent vault. The secondary terraced form On the other hand, the provisional nature of the pastoral conwas preferred in the big huts because it gave the possibility to ditions is in contrast to the time and physical effort required even for the simplest easily intuitive construction. work making use of terraces. The primary decadent form is found in greater numbers and is traceable in the small and medium- sized huts in the rural areas. The secondary cylindrical conical form represents an important stage in the evolutive building process. From the basic simple In the secondary spiral-terraced form the single terrace is rai- Edoardo Micati 9 Il Paleolitico a Valle Giumentina STORIA delle RICERCHE I siti paleolitici di Valle Giumentina e de La Selvotta vennero segnalati per la prima volta nel 1880 da C. Bianchini che donò le industrie litiche ritrovate in superficie al Museo L. Pigorini di Roma. Successivamente il geologo G. Bonarelli nel 1939 segnalò allo studioso di preistoria C. Maviglia la presenza di industrie litiche nei depositi lacustri. Solo nel 1954 e nel 1955, a seguito delle precedenti informazioni, Antonio Mario Radmilli effet- 2 3 1 Panoramica dell’area di Valle Giumentina Panoramic view of the Giumentina Valley. Scavi Radmilli Ecomuseo del Paleolitico 5 4 Immagine dall’alto con l’area degli scavi di Radmilli Aerial view of the excavation area carried out by Radmilli. tuerà i primi scavi del sito avviando gli studi in collaborazione con il geomorfologo francese J. Demangeot. Le ricerche durate circa dieci anni definirono il contesto geologico e geomorfologico della valle e la stratigrafia del deposito lacustre in cui furono individuati 48 strati, 9 dei quali contenenti industrie litiche riferite al Paleolitico inferiore e medio (fig.1). Scarsi risultarono invece i resti faunistici pertinenti soprattutto a Cervus Elaphus. Gli scavi archeologici esplorarono una trincea di circa 18 m² sul pianoro ed una superficie complessiva di circa 40 m2: lungo uno sperone posto sull’incisione del torrente che oggi 6 7 8 Industrie litiche di Valle Giumentina. 1-2 “raschiatoi” e 3 “punta” dal livello 30; 4 “bifacciale” e 5 “raschiatoio” dal livello 37; 6 “incavo” e 7-8 “raschiatoi” dal livello 42; (da: Radmilli e Demangeot, 1966). Lithic industries of the Giumentina Valley. 1-2 scrapers and 3 point from level 30; 4 biface and 5 scraper from level 37; 6 hollow and 7-8 scrapers from level 42 (from : Radmilli and Demangeot, 1966). C. Bianchini revealed the paleolithic sites of the Giumentina Valley and of La Selvotta for the first time in 1880 and donated the artefacts of lithic industries discovered on the surface to the “L. Pigorini” Museum in Rome. Later in 1939, the geologist G. Bonarelli pointed out to C. Maviglia, interested in prehistory, the presence of lithic industries in lacustrine deposits. Only in 1954 and in 1955, following the previous information, A. M. Radmilli carried out the first excavations starting the research in collaboration with the geomorphologist J. Demangeot. The research lasted for almost ten years, and defined the geologic and geomorphologic context of the valley and the stratigraphy of the lacustrine deposits, where 48 strata were individualized, nine of which contained lithic industries of the Early and Middle Paleolithic Period or Stone Age. (fig.1) On the contrary, faunal remains proved to be very few, especially the ones relating to Cervus Elaphus. The archaeologists dug a trench of almost 18 square metres on the upland plain and a surface of a total of about 40 square metres along a spur located on the carving of the torrent that today cuts into the deposits of the old lacustrine basin. The results of the excavations highlight the importance of the deposits of the Giumentina Valley in the overall picture of knowledge regarding the Early and Middle Paleolithic Period in Italy and today they are still a valid scientific reference to the most ancient prehistory of Western Europe. Silvano Agostini incide i depositi dell’antico bacino lacustre. I risultati degli scavi evidenziarono l’importanza del giacimento di Valle Giumentina nel quadro delle conoscenze sul Paleolitico inferiore e medio in Italia e tuttora rimangono un valido riferimento scientifico per la più antica preistoria dell’Europa occidentale. Gli scavi di Antonio Mario Radmilli a Valle Giumentina / The excavations by Antonio Mario Radmilli in the Giumentina Valley. 10 Paleolithic Period in the Giumentina Valley A HISTORY of the RESEARCH The “Bifacciali” Strato 37 (da: Radmilli, 1965) “Bifacial” Stratum 37 (by Radmilli, 1965). “Strumenti litici” Strato 33 / “Lithic indicators” Stratum 33 (by Radmilli, 1965). 11 Il GIACIMENTO PALEOLITICO di Valle Giumentina The Giumentina Valley is an ancient lacustrine basin dating back to Pleistocene, and its origin is associated with the geological evolution of the hydrographic system of the River Orta and River Orfento. According to the stratigraphic interpretation given by the French geomorphologist, J. Demangeot, four units can be distinguished. Unit A: (strata 1-3) formed of gravels and blocks; Unit B: (strata 4-8) made of breccias and debris with levels due to the processes of solifluction (debris flow); Unit C: (strata 9-42) over 30 m thick which includes sediments of a not very deep lacustrine environment (strata 20, 24, 30, 33, 37, 40, and 42). During the deposition of these strata there is human presence referable to different cultures of the Early and Middle Paleolithic Period. After the sedimentation of a new level by solifluction (stratum 43) the lacustrine facies ends; finally, Unit D follows: (strata 45-48) repeated levels of debris and colluvia. On the basis of the correlations between the climate changes (based on the sedimentological study of the stratigraphy) with the different groups of lithic industries, A. M. Radmilli and J. Demangeot attributed the geomorphological and environmental evolution of the Giumentina Valley to a long time between the Middle and Area interessata dagli scavi Excavation area ABBATEGGIO Siti Paleolitici Paleolithic Sites Sant’Agata Altri Siti / Other Sites Santuario di Ercole Curino SIETE QUI YOU ARE HERE ROCCAMORICE Colle Cocilieri 6 687 Colle Frume 683 Sant’Elia Colle Frume Grotta del Brigante Area Pic-nic a ari S. M so Fos Valle Giumentina circa 400.000 anni fa, era un bacino lacu- stre, dagli autori attribuito allo Stadio Isotopico dell’ossigeno stre il cui riempimento, di circa 100 metri di spessore, è mes- 5 e ovverosia il suolo si è formato durante la fase interglaciale so in relazione all’evoluzione del sistema fluviale del fiume datata a circa 123.000 anni fa. Orta-Orfento. Secondo l’interpretaMorrone Maiella zione stratigrafica data dal geomorfologo francese J. Demangeot si distinguono quattro unità: Unità A: (strati 1-3) costituiti da ciottoli e blocchi; Unità B: (strati 4-8) costituiti da breccie di versante con livelli depositatiti per processi di soliflusso (debris D flow); Unità C: (strati 9-42) con uno spessore di altri 30 metri, costituita da sedimenti depostisi in un ambiente lacustre poco profonUNITÀ D do, talora emerso anche per periodi prolungati UNITÀ C UNITS D (strati 20, 24, 30, 33, 37, 40 e 42). UNITS C C detriti, colluvi In questi momenti di prosciugamento si riscone terre rosse deposito lacustre trano le principali presenze umane preistoriche debris, colluvia lacustrine sediments and red terrains ricondotte a diverse culture del paleolitico inferiore e medio. Con un nuovo livello di soB UNITÀ B / UNITS B liflusso (strato 43) termina la deposizione in brecce “periglaciali” Strati con industrie facies lacustre; seguono infine l’Unità D: (strati “periglacial” breccias litiche preistoriche 45-48) costituita da depositi di versante e da Strata with prehistoric lithic industries colluvi. UNITÀ A / UNITS A A.M. Radmilli e J. Demangeot sulla base delle ghiaie e blocchi A industrie litiche e di considerazioni paleo climagravels and blocks Stratigraphy of tiche derivate dalla interpretazione delle unità stratigrafiche, the deposits of the Stratigrafia di Valle Giumenattribuirono la successione di Valle Giumentina ad un ampio Giumentina Valley tina secondo l’intepretazione according to the intervallo del Pleistocene medio e superiore. di A.M. Radmilli e J. Demainterpretation of Recenti studi (Coltorti e Pieruccini 2006) hanno chiarito la A.M. Radmilli and geot (modificata da Radmilli e Demangeot, 1966). J. Demangeot. presenza di un paleosuolo posto alla sommità dell’unità lacu- PALEOLITHIC DEPOSITS The of the Giumentina Valley Piano delle Felci 1 Valle Giumentina Piano delle Felci 2 Colle Bianco la Selvotta 845 Riparo E. De Pompeis Fosso Eremo S. Bartolomeo di S. Sp iri to Fos so d ei V alli De Contra Grotta dei Fornelli CARAMANICO TERME Fium e Orf ento San Nicolao Siti paleolitici in Abruzzo Paleolithic sites in Abruzzo 0 10 Km Colle del Vento 655 0 500 1000 m Mappa del contesto territoriale. Map of the territorial context. Late Pleistocene. Recent studies (by Coltorti and Pieruccini in 2006) have proved the presence of a paleosol situated on the top of the lacustrine facies; the paleosol has been related to the last interglacial phase of warm climate that occurred almost 123,000 years ago. Silvano Agostini Particolare del deposito quaternario / Detail of the Quaternary deposits. 12 13 Il PATRIMONIO ARCHEOLOGICO del Territorio di Abbateggio DAL PERIODO ITALICO ALL’ETÀ ROMANA Un territoio al crocevia di importanti assi viari fra Val Pescara e Majella L’insediamento dell’Uomo su questo versante della Majella andò organizzandosi sin dalla Preistoria lungo un importante percorso viario naturale, che dalla vallata del Pescara risaliva sino alla Majella lungo un percorso di crinale, la dorsale subi- Fig. 2: Bivio di Abbateggio: foto aerea dell’area all’incrocio con la S.S. per Caramanico, con ubicazione del saggio archeologico condotto nel 2008, e del pozzo di probabile origine antica, rimasto in uso sino ad oggi (foto M. Crea). Fig. 2: The junction of Abbateggio. Aerial view of the junction of the main road (Strada Statale) to Caramanico with the location of the preliminary archaeological excavations conducted in 2008, and the well of probable ancient origin still in use today (photo by Massimiliano Crea). to ad occidente del Torrente Lavino e poi del Fosso Cusano (fig. 1, A), proprio quel percorso lungo il quale è oggi ubicato il Parco Archeologico di Valle Giumentina (fig. 1, n. 38/1). La stessa articolazione fortemente allungata dell’attuale territorio comunale, al percorso evidentemente rapportata, risulta legata all’organizzazione del popolamento sin da epoca particolarmente antica in rapporto proprio all’esistenza di forme di transumanza verticale lungo questo itinerario, transumanza organizzata a partire dal piano sottostante – la Vallata del Pescara- sino alla grande Montagna – la sovrastante Majella (vedi pannello successivo fig. 1). Primi dati archeologici confermano l’importanza del percorso già prima dell’età romana. Il Santuario di Ercole in località Colle di Gotte-Bivio di Abbateggio (scavi 2008) Proprio lungo il percorso, in contrada Colle di Gotte quasi al cosiddetto bivio di Abbateggio con la strada statale che sale a Caramanico (fig. 2) venivano rinvenuti nel 2008 in proprietà Giacinto Scipione i resti di un ampio complesso antico, risalente nelle sue prime fasi al II-I secolo a.C., con murature in pie- 14 trame quasi privo di legante e pavimentazione del primo ambiente sinora individuato in opera spicata (fig. 4), nei cui pressi era un pozzo con cisterna sotterranea, parte dei materiali costruttivi al cui imbocco risultano essere antichi, o in giacitura primaria o di reimpiego. Dai primi scavi veniva in particolare alla luce un frammento di statua di grande importanza, la parte inferiore del busto di una statua in pietra calcarea, con attacco delle gambe e testina di figura di minore rango visibile fra le gambe, nonché parte di una mano con ben evidenti sei dita, particolare che consente di riconoscere nella figura principale il dio Ercole (fig. 3). Il santuario, evidententemente connesso ad una fonte sacra ancor oggi testimoniata dal pozzo, risulta ubicato lungo il percorso viario sin qui enfatizzato (fig. 1, A), proprio in corrispondenza con l’intersezione oggi ripresa dalla medievale “Via di Chieti”, oggi rettificata dalla Strada Statale per Caramanico (fig. 1, B), a testimonianza dell’ormai avvenuto consolidamento di questo impianto territoriale già fra III e II secolo a.C. FROM THE ITALIC PERIOD TO THE ROMAN ERA A territory in the centre of an important road network between Val Pescara and the Majella Human settlements on this part of the Majella began in the Prehistoric Era with an important natural network of roads from Val Pescara up to the Majella along the ridge to the west of the Torrente Lavino and finally leading to the district of Fosso Cusano (fig 1.A). The Archaeological Site of the Giumentina Valley (fig 1, n.38/1) is situated exactly along this route. The present day municipal territory has extended greatly over time and is connected to human settlements in the area since ancient times in relation to the existence of different forms of vertical transhumance (seasonal movement of farmers and livestock) along this route; organized transhumance started from Val Pescara below and continued up to the majestic Majella. (see fig 1 on the following panel) The early archaeological documents confirm the importance of this road network from the pre-Roman Era. Fig. 3: Bivio di Abbateggio: parte inferiore del busto di una statua in pietra calcarea del dio Ercole (foto autore). Fig. 3: Junction of Abbateggio: the lower torso of a statue of the god Hercules in limestone (autor’s photo). Altre testimonianze d’epoca romana Lungo il più volte menzionato itinerario (fig. 1, A) risultano ubicate altre testimonianze d’abitato d’epoca romana, anzitutto il toponimo di origine prediale antica (da praedium – villa) di Cusano, che testimonia la presenza nella zona di un Fundus Cusanus a cui sono riferibili alcuni resti archeologici a suo tempo rinvenuti nei pressi della ancor oggi superstite frazione di Cusano (fig. 1, n. 38/2), un’epigrafe funeraria e soprattutto una piccola arula, ossia un altare per offerte. Poi i resti di un altro importante complesso antico di pertinenza monumentale, rimessi alla luce in località S. Agata in occasione degli scavi ivi condotti nel 2006, e riutilizzati come altare monumentale Bronzetto di Ercole. della chiesa, riferibili o ad un altro santuario, oppure ad un importante complesso residenziale. Bronze statuette of Hercules. ARCHAEOLOGICAL HERITAGE The of the Territory of Abbateggio The Sanctuary of Hercules situated between Colle di Gotte and the junction of Abbateggio (excavations in 2008) The remains of a large ancient complex were discovered in 2008 in the district of Colle di Gotte along the road near the junction of Abbateggio were the Strada Statale (main road) leads to Caramanico (fig 2). This land is now owned by Giacinto Scipione. The remains date back to the early 2nd and 1st centuries B.C. with stone walls almost without binders and flooring in the first area that was excavated and, so far seen only in ancient Roman masonry (opus spicatum) (fig 3). A well with an underground cistern was found nearby and at the entrance of the excavated area some of the construction material is original. In particular, a fragment of a limestone statue of great importance was discovered in the early excavations: a lower torso with part of the upper legs, a small head of a person of a lower rank visible between the legs and part of a hand with six visible fingers, which is an important detail for the identification of the main figure representing the god Hercules (fig 4). The Sanctuary is obviously connected to a sacred spring wich is testified by the presence of the well, is situated along the road network Fig. 4: Bivio di Abbateggio: resti riferibili ad un santuario antico, con ogni evidenza del dio Ercole (foto Rosanna Scipione). Fig. 4: The junction of Abbateggio: remains of an ancient sanctuary certainly dedicated to the god Hercules (photo by Rosanna Scipione). Fig.1: Carta archeologica del territorio Comunale di Abbateggio (elaboraz. autore) Archaeological map of the communal territory of Abbateggio (author’s elaboration). Preistoria, protostoria, periodo italico Prehistory, protohistory, italic period Età romana e tarda antichità Roman era and late antiquity Altomedioevo Early middle ages 0 500 m (fig 1, A), in proximity of the intersection of the Medieval road “Via di Chieti”, which is today the main road (Strada Statale) to Caramanico (fig 1, B), giving evidence of the consolidation of this territorial structure that had, by then, taken place between the 3rd and 2nd centuries B.C. Other Testimonies of the Roman Era Along the previously mentioned itinerary (fig 1, A) there are other testimonies of Roman housing settlements in the area. First of all, the toponym Cusano is of ancient praedial origin (from the Latin praedium meaning villa) that proves the presence of a Fundus Cusanus (district of Cusano) in the area. A gravestone epigraph and, more importantly, a small altar for offerings (arula) are some of the archaeological finds discovered at the time in proximity of the surviving district of Cusano (fig 1 n 38/2). Moreover, the remains of another important ancient complex of monumental importance were discovered in the area of Sant’Agata during the excavations carried out in 2006, and reutilized as a monumental altar of the church (fig 6), referable either to another sanctuary or to another important residential complex. Andrea R. Staffa 15 Il PATRIMONIO ARCHEOLOGICO del Territorio di Abbateggio dità e abbondanza di latte per i loro figli aspergendosi i seni con acqua attinta dalla sua fonte, con un rito evidentemenLa riorganizzazione altomedievale del popolamento te collegabile ad antichissime tradizioni di evidente origine L’importanza del territorio di Abbateggio per il complessivo italico-romana, forse le stesse in antico sviluppatesi presso il assetto del versante nord della Majella, sempre lungo lo stra- vicino santuario di Colle di Gotte. tegico itinerario dalla Val Pescara alla montagna precedente- Il complesso, posto su un suggestivo sito meritevole di visita mente individuato, risulta confermata dalla sua sistematica in posizione panoramica verso la sottostante vallata, è stato rioccupazione in età altomedievale da parte di importanti oggetto nel 2006 di prime indagini di scavo, gruppi monastici, in particolare dal IX che hanno rivelato la presenza di un edisecolo l’abbazia di S. Clemente a Caficio ad unica navata, in parte costruito sauria, a cui si deve - in alleanza con materiali dal preesistente complescon il signore locale Tresidio de so antico, e ridotto in una ultima fase Bucchianico - oltre al relativo a dimensioni ridotte (fig. 3). toponimo (Abbateium - luogo Il luogo di culto andò progressivadegli abbati), la stessa fonmente in abbandono a partire dal dazione nel 990 dell’attuale XV-XVI secolo, tanto che la Visita insediamento, proprio al fine Pastorale dell’anno 1629 della Diodi bloccare l’espansione dei signori cesi di Chieti la menziona ormai come feudali di Caramanico verso la Vallata “destructa”, ossia in rovina; il culto era del Pescara. A tale fondamentale atto si tuttavia così sentito fra la gente di Abbalega una presenza religiosa consolidata teggio e dell’intera Majella, che continuò Fig. 1: Località S. Agata: materiale in ben tre luoghi di culto, oltre alla già architettonico proveniente da un edi- a svolgersi ancora per secoli, come testimonia menzionata S. Agata, anche S. Giovanni, e ficio monumentale d’epoca romana, l’altra Visita Pastorale dell’anno 1839 nel ricorsoprattutto S. Martino, che doveva essere rimesso in opera come altare (foto dare che “lo stesso rudere è ancora oggi venerato”, ubicata a poca distanza da Abbateggio lungo Franca Nestore). 1: The district of Sant’ Agata: ar- ricordando ancora la presenza dell’altare e lo zelo un diverticolo minore dell’itinerario sopra Fig. chitectural material of a monumental con cui veniva ancora curato (vedi figura 1). illustrato, mentre andò sopravvivendo sino Roman building restored and used as Questo rito, oggi da poco cessato ma non diall’età medievale ed oltre anche l’abitato già an altar (photo by Franca Nestore). menticato, costituisce la più significativa e sugmenzionato di Cusanum, ricordato nel XII gestiva testimonianza della plurimillenaria continuità di vita secolo nel Catalogo dei Baroni del Regno di Napoli. in questo territorio di una delle più antiche comunità umane esistenti sul versante settentrionale della Majella, comunità La chiesa altomedievale e medievale di S. Agata Il principale fra questi luoghi di culto risalenti ad età altome- che a partire dal X-XI secolo andò abbandonando le forme dievale è indubbiamente la chiesa di S. Agata, tradizionale d’abitato sparso di epoca precedente per concentrarsi nel vilsede per secoli di una singolare cerimonia di culto dedicata laggio a tutt’oggi esistente di Abbateggio, uno dei più antichi alla santa dalle sue numerose devote, che impetravano fecon- insediamenti dell’intero versante settentrionale della Majella. ARCHAEOLOGICAL HERITAGE The of the Territory of Abbateggio DALL’ALTO MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA Fig. 2: Foto aerea di parte del territorio comunale, da cui risulta evidente l’organizzazione dell’assetto viario e dell’insediamento (foto M. Crea). Fig. 2: Aerial view of part of the communal territory that shows the organized road network and the settlement (photo by M. Crea). 16 Fig. 3: Località S. Agata: panoramica della chiesa altomedievale e medievale di S. Agata, ad una sola navata (foto F. Nestore). Fig. 3: The district of Sant’Agata: view of the early Medieval and Medieval Church of Sant’Agata with a single nave (photo by F. Nestore). FROM THE EARLY MIDDLE AGES TO THE MODERN PERIOD The reorganization of the population in the Early Middle Ages The territory of Abbateggio is important for its human settlements on the northern side of the Majella, along the strategic route from Val Pescara to the Majella, and for the systematic reoccupation in the early Middle Ages by significant monastic groups, particularly from the 9th Century at the Abbey of San Clemente a Casauria. The toponym (from the Latin Abbateium meaning place of the monks) and the current settlement founded in 990, which tried to stop the feudal expansion from Caramanico towards Val Pescara, owe its name to the Abbey of San Clemente a Casauria in alliance with the liege lord Tresidio de Bucchianico. This fundamental event was associated with a strong religious presence consolidated in three places of worship: other than the already mentioned Sant’Agata, there were also San Giovanni and, above all, San Martino, once situated near Abbateggio along a minor road of the route shown above. Instead, the already mentioned inhabited district of Cusanum, recorded in the Catalogue of the Barons of the Kingdom of Naples in the 12th century, survived even after the Middle Ages. The Early Medieval and Medieval Church of Sant’Agata The most important of the places of worship dating back to the Middle Ages is without doubt the Church of Sant’Agata. For centuries it was the traditional place of a particular religious ceremony dedicated to the Saint by women who worshipped her and prayed for fertility and abundance of milk for their new-born babies. They splashed their breasts with water from the font with a rite connected to very ancient traditions of ascertained Italic-Roman origin. Perhaps similar traditions were developed in ancient times in proximity to the Sanctuary of Colle di Gotte. Situated in a breathtaking area worth visiting with a panoramic view of the valley below, the complex was one of the first excavation sites in 2006; the presence of a single nave building, partly built with material of a pre-existing ancient construction and reduced to a smaller size in the last phase, was brought to light (fig 3). The church gradually was abandoned from the 15th to 16th centuries, so much so that the Pastoral Visit from the Diocese of Chieti in 1629 referred to it as “destructa”, that is, in ruins. Nevertheless, the rite, profoundly felt amongst the people of Abbateggio and of the entire Majella, still continued to take place for centuries as testified by the Pastoral Visit in 1839 affirming that “the same ruin is still worshipped” and still remembering the altar and how the rites were celebrated with religious devotion (see fig 2). This rite is not celebrated today but it hasn’t been forgotten. It represents the most significant and interesting evidence of many thousands of years of the active life of one of the most ancient human communities existing on the northern side of the Majella. Moreover, from the 10th and 11th centuries these communities left and abandoned the earlier scattered settlements of a previous era in order to move permanently to the village of Abbateggio which still exists today and is one of the oldest settlements of the entire northern side of the Majella. Andrea R. Staffa 17 Panoramica del territorio, da Abbateggio fino alle cime della Majella. Aerial view of the territory. Il PATRIMONIO La Maiella si distingue nettamente dalle altre montagne per la grande estensione di alte quote, infatti oltre la metà del territorio supera i 2000 metri. A questi ambienti si aggiungono i ghiaioni, le pareti rocciose, i valloni del versante orientale, dei veri e propri canyon, i corsi d’acqua, la fascia arbustiva, i boschi, i pascoli e le aree agricole alle quote meno elevate. Questa notevole diversità di habitat è alla base della ricchezza faunistica; sono infatti presenti tutti i grandi mammiferi della penisola, molte specie di uccelli, anfibi e rettili, con entità rare, endemiche e popolazioni tra le più importanti dell’Italia. Il paesaggio del versante settentrionale e pedemontano è caratterizzato da estesi pascoli e vecchie aree agricole, con- Lupo appenninico / Apennine wolf (Canis lupus italicus). seguenza di passati interventi antropici. In questi ambienti, spesso in vicinanza di centri abitati, possiamo osservare corvidi come la cornacchia grigia e la gazza, rapaci notturni tra cui l’assiolo, la civetta e il barbagianni. Le aree più ricche di specie avifaunistiche sono i pascoli cespugliati: oltre a pispolone, strillozzo, quaglia e tottavilla troviamo uccelli con popolazioni in diminuzione, come zigolo giallo, zigolo muciatto, averla piccola e succiacapre. Diversa è l’avifauna nei pascoli più rocciosi, qui vivono codirosso spazzacamino, saltimpalo, codirossone, calandro, spioncello e culbianco. Tra i mammiferi abbonda il cinghiale, comuni anche volpi, faine, tassi, donnole e la meno diffusa puzzola. Le caratteristiche ambientali e climatiche consentono la diffusione anche di una ricca erpetofauna, a lucertole e ramarri si aggiungono orbettino e luscengola e tra i serpenti biacco, colubro di Esculapio, cervone e il raro colubro del Riccioli. Le aree boscate occupano vaste superfici, ai querceti e ai boschi mesofili si sostituisce la faggeta con estese formazioni. In queste aree troviamo le specie di maggior rilievo, primo fra tutti l’orso, presente sulla Maiella da sempre ma con un numero limitato di esemplari. Riguardo al lupo, perseguitato in passato, la popolazione è aumentata e si contano oggi diversi branchi. Gli ambienti forestali ospitano il gatto selvatico e l’elusiva martora, mentre negli ultimi anni sono aumentate anche le segnalazioni di lince. Ben diversa è la situazione degli 20 FAUNISTICO della MAJELLA ungulati, caprioli e cervi sono comuni grazie a passate reintroduzioni. Nella faggeta abbondano i passeriformi, diverse specie di cince e luì, tordo bottaccio, tordela, pettirosso, capinera, fiorrancino, fringuello, picchio rosso maggiore. I boschi più integri e ad alto fusto ospitano specie più rare: cincia bigia alpestre, frosone, ciuffolotto, balia dal collare, picchio dorso bianco e rapaci tra cui poiana, sparviero, allocco, gufo comune, in misura minore astore e falco pecchiaiolo. Tra gli anfibi sono abbondanti le popolazioni di salamandra appenninica e salamandrina dagli occhiali. Le aree più interessanti della Maiella sono le alte quote, abitate da una comunità animale povera ma straordinariamente adattata alle severe e proibitive condizioni climatiche. Caratteristica è la fascia ad arbusti contorti, la mugheta, cui si alternano le praterie di altitudine e i ghiaioni. Uccelli tipici della mugheta sono il crociere, la passera scopaiola e il merlo dal collare. Nelle praterie cespugliate a ginepro vive la piccola vipera dell’Orsini, endemica di poche montagne appenniniche. La coturnice, elegante e specializzato galliforme, predilige i ripidi pendii rocciosi con vegetazione condividendoli con un importante animale, il camoscio, reintrodotto nel 1991 e con una popolazione attuale di oltre 700 individui. Le praterie di altitudine sono il regno del fringuello alpino, del sordone e del piviere tortolino; per quest’ultima specie la Maiella rappresenta l’unico sito di nidificazione dell’Europa meridionale. Degno di nota è un piccolo mammifero che vive in questi ambienti, l’arvicola delle nevi. Infine sono da segnalare le specie prettamente rupicole che trovano nei grandi valloni il loro habitat ideale. All’interno del territorio della Maiella vivono 4-5 coppie di aquila reale, il falco pellegrino, il più raro e “mediterraneo” falco lanario, il gufo reale, il picchio muraiolo, discrete colonie di rondine montana e rondone maggiore, nonché le più importanti colonie appenniniche di gracchio corallino. Crociere / Red Crossbill (Loxia curvirostra). FAUNISTIC HERITAGE The of MAJELLA The Majella stands out distinctly from the other mountains for the vast extension of its high altitudes. In fact, more than half of the territory is over 2,000 m asl. Other natural features include vast screes, rock faces, deep valleys on the eastern side, canyons, water courses, twisted shrubs, woodlands, pasture lands and farmlands at moderate heights. This considerable diversity of habitats forms the rich fauna. Indeed, we can see all the important mammals of the peninsula, many bird species, amphibians and reptiles with rare endemic entities and populations among the most significant in Italy. The landscape of the northern side and piedmont territory is characterized by vast pasture lands and old farmlands as a result of past human intervention. Here, and often near the villages, we can see corvids, such as the Hooded Crow and European Magpie, and birds of prey, such as the Scops Owl, Little Owl and Barn Owl. The bushy pasture lands are the richest in avifauna. Apart from the Tree Pipit, Corn Bunting, Quail and Woodlark, populations of birds have decreased drastically in recent years, such as the Yellowhammer, Rock Bunting, Ortolan Bunting, Red-backed Shrike and Nightjar. The avifauna is different in the rocky pasture lands and includes the Black Redstart, African Stonechat, Rock Thrush, Tawny Pipit, Water Gufo reale Eagle Owl Pipit and Wheatear. As for mammals, wild boars are (Bubo bubo). abundant. Foxes, Beech Martens, European Badgers and Least Weasels are common while the European Polecat is less so. The environment and climate favour a rich herpetofauna: lizards, Green Lizards, slow worms and Three-Toed Skinks. Snakes include the Green Whip Snake, Aesculapian Snake, Four-lined Snake and the rare Coronella girondica. The woodlands cover vast areas. The oak woods and mesophile forests are replaced by an extension of beech woods above 1,000 m. Here we find fauna of great importance. The Marsican Brown Bear has always lived in the Majella, even if in limited numbers. The Apennine Wolf was hunted in the past but numbers have increased and today there are several packs. The forests host wildcats and the elusive Pine Marten. In the last few years, sightings of the Lynx have increased. The situation is very different for the Ungulates: roe deer and deer are common thanks to their re-introduction in the past. In the beech woods, there are plenty of Passerines, different species of the Tit family, the Chiffchaff, Song Thrush, Mistle Thrush, Robin, Blackcap, Firecrest, Common Chaffinch and Great Spotted Woodpecker. In woods of tall trees untouched by man, rarer species can be found, such as the Willow Tit, Hawfinch, Bullfinch, Collared Flycatcher and White-backed Woodpecker. There are also birds of prey, such as the Buzzard, Eurasian Sparrowhawk, Tawny Owl, Long-eared Owl and, in fewer numbers, the Northern Goshawk and Europe- Orso bruno marsicano / Marsican brown bear (Ursus arctos marsicanus). an Honey Buzzard. Amphibians include many populations of Fire Salamanders and Spectacled Salamanders. The most interesting areas of the Majella are found at highaltitudes where a sparse animal community lives and has adapted remarkably to the rigid and adverse climate. The characteristic area of twisted shrubs and Mugo Pine woods alternates with pasture lands and screes. Typical birds of these woods are the Common Crossbill, Dunnock and Ring Ouzel. The small Meadow Viper lives in the pastures of Juniper shrubs; it is endemic in only few areas of the Apennines. The Rock Partridge is a game bird which prefers steep rocky slopes covered in vegetation shared with another important animal, the Chamois. This species was reintroduced to the Majella in 1991and today there are over 700 specimens. The high altitude pasture lands are home to the Snowfinch, Alpine Accentor and Dotterel; for the latter, the Camoscio d’Abruzzo Majella is the only nest Chamois of Abruzzo building site in southern (Rupicapra pyrenaica ornata). Europe. Noteworthy is the Snow Vole, a small mammal that lives in this environment. Finally, we can point out the species that live mostly in the rocky areas and find their ideal natural habitat in deep valleys. The Majella is home to 4 or 5 pairs of Golden Eagles, the Peregrine Falcon, “Mediterranean” Lanner Falcon, Eurasian Eagle-Owl, Wallcreeper, fair colonies of the Crag Martin and Alpine Swift, and the most important Apennine colonies of the Red-billed Chough. Mario Pellegrini 21 il GIARDINO La MAJELLA, PENSILE del Mediterraneo La vegetazione nel periodo glaciale L’ultima glaciazione, quella del Wurm, ebbe inizio circa 110.000 anni fa e termine intorno a 12.000 anni addietro. Le temperature medie in Europa si abbassarono di circa 6° C. Sulla Maiella il limite delle nevi perenni scese intorno ai 2.000 m di quota; le piante legate a climi più caldi e umidi scomparvero, oppure trovarono rifugio in ambienti particolari. La foresta subì un forte tracollo; al di sotto del limite delle nevi perenni si estendeva una sconfinata steppa fredda dominata da graminacee e specie del genere Artemisia. Dalle Alpi e dalle regioni artiche, nonché dalla Penisola Balcanica e dalle steppe eurasiatiche, arrivarono sull’Appennino centrale specie di ambienti freddi: carici, salici nani, genziane, stelle alpine, ecc. Quando le temperature iniziarono a risalire, molte specie del freddo indietreggiarono e scomparvero, altre trovarono rifugio proprio sulle cime più elevate delle montagne (relitti glaciali). L’isolamento portò queste popolazioni verso una deriva genetica e quindi la formazione di nuove specie, diverse da quelle originarie. Si formarono, così, molti degli endemismi della Maiella, le specie esclusive che oggi costituiscono il patrimonio floristico di maggior pregio. Con il ritorno di temperature più elevate e precipitazioni abbondanti, ritornò anche la foresta diversa, ovviamente, da quella precedente le glaciazioni. L’impatto dell’uomo agricoltore e pastore Cira 7-6000 anni fa, anche in Abruzzo e sulle pendici della Maiella si afferma la rivoluzione neolitica: l’agricoltura e l’allevamento si radicano sul territorio. Queste due attività comportano un grosso impatto sulla natura. Nelle aree fertili, i boschi vengono eliminati per lasciar spazio ai campi per la semina dei cereali e legumi. Le prime piante coltivate (farro, frumento, lenticchia) giungono dal Mediterraneo orientale, le stesse aree da dove arrivano, in maniera clandestina, anche i semi di molte specie infestanti (archeofite) come papaveri e fiordalisi. Per favorire il pascolo di pecore e capre, inizia il disboscamento dei versanti montani. Grazie al fuoco, il processo di deforestazione procede spedito. Oltre ai boschi, vengono eliminate le fasce degli arbusti contorti a pino mugo e ginepro nano localizzate tra la foresta e i prati d’altitudine. L’azione dell’uomo di ceduazione cambia anche la composizione dei boschi poiché favorisce le specie che meglio reagiscono al taglio, inoltre vengono selezionate gli alberi le cui frasche meglio si prestano per l’alimentazione del bestiame (olmi, frassini, ecc.). La vegetazione attuale La flora e la vegetazione che oggi si riscontrano sulla Maiella sono il risultato dei fattori naturali e dell’azione millenaria degli uomini. La montagna conta circa 2.300 specie di piante, una cifra elevatissima entro cui si collocano tanti vegetali esclusivi di questo massiccio. Le glaciazioni hanno influito profondamente sull’attuale composizione floristica, sulla presenza dei tanti relitti glaciali ed endemismi. La Maiella, nonostante la pastorizia praticata da millenni, conserva anche le più estese formazioni a pino mugo e sabina di tutto l’Appennino. Per la ricchezza floristica, la Montagna Madre può essere considerata il “giardino pensile del Mediterraneo”. Suddivisione in zone della vegetazione attuale Subdivision in areas of the present-day vegetation M. Focalone Vallo ne di S. Sp irito Roccamorice Pascoli primari / Primary pastures Mugheta / Mugo Pine woods Faggeta / Beech wood Praterie d’altitudine High altitude grasslands Valloni / Deep valleys Aree coltivate abbandonate Abandoned cultivated areas Aree boschive pedemontane Piedmont woodlands Aree coltivate / Cultivated areas Pascoli secondari / Secondary pastures 22 Abbateggio M. Amaro Vall e de ll’O rfen to The MAJELLA, the Mediterranean HANGING GARDEN Sulle praterie di alta quota si concentrano le specie floristiche di maggior pregio / The most important floral species are concentrated in the grasslands at high altitudes. Vegetation during the Ice Age The last glaciation (the Wurm) began about 110,000 years ago and ended about 12,000 years ago. The average temperature dropped to about 6° C in Europe; the level of perpetual snows on the Majella dropped from the summit to about 2,000 m asl. The vegetation associated with hotter and more humid climates disappeared or survived in particular environments. The forest was drastically damaged; a boundless steppe extended below the level of the perpetual snows dominated by Gramineae and species of the Artemisia gender. From the Alps and the Arctic regions, as well as from the Balkan peninsula and the Eurasian steppes, species typical of cold environments appeared on the Central Apennine chain: Carexes, low-growing Willows, Gentiana, Edelweiss, etc. When temperatures began to rise, many species of the cold regions decreased or disappeared, others survived on the highest peaks of the mountains as glacial relicts. The environmental isolation led to a genetic drift of this specific flora and, consequently, the formation of new species different from the original ones. Therefore neoendemisms had origin in the Majella, and are today exclusive species which form the floristic heritage of major interest. With the return of higher temperatures and abundant rainfalls, the forest also returned, but obviously different from the forest before the glaciations. The impact of farmers and shepherds Almost 6000-7000 years ago, the Neolithic Revolution also took place in Abruzzo and on the ridges of the Majella: agriculture and breeding were established in the territory. These two activities had a significant impact on the environment. In the fertile areas, the woods were eliminated and replaced by fields for the cultivation of cereals and legumes. The first cultivated plants (spelt, wheat, lentils) came from the eastern regions of the Mediterranean. Seeds of many “introduced species”, such as poppies and cornflowers, also came in clandestinely from the same areas. To encourage the grazing of sheep and goats, deforestation on the mountain ridges was carried out. Thank to forest fires deforestation proceeded expeditiously. In addition to the forests, the areas of twisted shrubs of Mugo Pine and low-growing Juniper situated between the forest and meadows of high altitude were eliminated. Coppicing also changed the composition of woodlands, as it favoured igneous species that were more suitable to this practice. Moreover, trees with leafy branches (Elms and Ashes) were selected and consequently used to feed cattle. Il Vallone di Santo Spirito / The Vallone of Santo Spirito. Vegetation today The flora and vegetation found on the Majella today are the result of natural environmental factors as well as man’s millenary actions. The mountain boasts almost 2,300 species of plants, many of which are exclusive to this massif. The glaciations deeply influenced the current floristic composition, the presence of many glacial relicts and endemisms. Despite stock rearing being a millenary practice, the Majella also preserves the largest extensions of Mugo Pine and Savin Juniper in the entire Apennines. The Mother Mountain can be considered the “Mediterranean hanging garden” for its rich flora. Aurelio Manzi 23 Tecniche di SCHEGGIATURA della Gli uomini della preistoria costruivano gli attrezzi necessari alle attività della loro vita quotidiana scheggiando la selce o altri tipi di pietre per mezzo della percussione. Non tutte le pietre reagiscono allo stesso modo a questa azione: su rocce a grana fine come selce, ossidiana, diaspro, ecc., si crea una frattura concoide (cioè che assomiglia a un cono molto ribassato), provocando il distacco di una scheggia. Uno scheggiatore esperto può controllare la forma, lo spessore e la lunghezza della scheggia che desidera ottenere. PIETRA su incudine, in cui il blocco da scheggiare era appoggiato su un’altra grossa pietra, provocando talora il distacco di una scheggia in corrispondenza del punto di appoggio. La scheggia è il frammento di pietra che si stacca dal blocco originario in seguito alla percussione. Ha alcune caratteristiche precise: una delle sue due facce è liscia e ondulata a causa delle onde di propagazione dell’urto conseguenti alla percussione; il punto d’impatto è situato in cima a un lieve rigonfiamento detto “bulbo”. In seguito i margini taglienti delle schegge potevano essere rifiniti con leggeri e precisi colpi, per ottenere un filo con la forma e l’angolo desiderati. Schegge allungate e di forma regolare prendono il nome di lame e lamelle e potevano essere utilizzate per realizzare strumenti taglienti o per armare la punta di lance, giavellotti e frecce. Il blocco su cui si effettua la percussione prende il nome di “nucleo”. Su di esso si conservano le impronte negative dei distacchi delle schegge. Però alcune popolazioni del Paleolitico usavano creare strumenti senza passare per il nucleo e modellando direttamente il blocco, come fosse una scultura: è il caso dei bifacciali. Utilizzo del percussore duro (ciottolo) per la produzione di schegge. Use of the hard hammerstone for flint knapping. Durante il Paleolitico i blocchi di selce erano scheggiati colpendoli con oggetti che chiamiamo “percussori”. Queste specie di martelli potevano essere semplici ciottoli, parti di palco di cervo o pezzi di legno che potevano essere usati in modi diversi: percussione diretta, quando un percussore era usato per colpire direttamente il blocco di materia prima; percussione indiretta invece quando un elemento intermedio era interposto tra il blocco e il percussore, aumentando la precisione dell’urto sul punto d’impatto. Esisteva anche la percussione Percussori / Hammerstones. Utilizzo del percussore tenero (palco di cervo) per la lavorazione di un bifacciale / Use of the soft hammerstone made of deer antler for the shaping of a handaxe. 24 Il modo di scheggiare la pietra si è evoluto nel corso della Preistoria e di conseguenza è cambiata anche la forma degli strumenti finiti, che possono essere interpretati come indicatori del livello evolutivo e culturale delle popolazioni antiche. Perciò lo studio della tecnologia litica mira a ricostruire le modalità di fabbricazione degli strumenti, talora con la complicazione che i prodotti delle differenti fasi della scheggiatura della selce (messa in forma del nucleo, scarti della scheggiatura, strumenti finiti, schegge di ritocco) non sono sempre rappresentate nei siti archeologici. Questi studi e l’individuazione delle fonti di approvvigionamento delle materie prime permettono di giungere agli obiettivi finali dell’archeologia: ricostruire le attività praticate dagli uomini del passato nei luoghi da essi abitati e comprendere come il territorio circostante fosse popolato e sfruttato. The Art of FLINT KNAPPING Nucleo e schegge / Core and flakes. to the impact point. Afterwards, the sharp sides of the flakes could be refined by gentle and precise blows, in order to shape the cutting edge of the tool. Blades and bladelets are particularly elongated flakes which could be used as cutting tools, or as points of spears, javelins and arrows. The block of stone where the percussion is carried out is called “core”, on which the marks resulting from the detachment of the flakes are evident. However, some Paleolithic populations used to make tools by shaping directly the block of stone as if it was a sculpture. This is the case of the handaxes. The flint knapping technique, as well as the shapes of the finished tools, changed during Prehistory, showing the evolutionary and cultural change of the ancient populations. The study of the lithic technology aims to reconstruct the processes of prehistoric tools manufacture, even though the different stages of flint knapping are not all equally represented in the archaeological sites. The different phases of flint knapping and their products are: preparation of the core and knapping debris, retouching of the flakes and finished products. These studies and the identification of the sources of raw material are used in reconstructing the activities carried out by our ancestors in their settlements, and to understand the land-use and the settlement dynamics of the surrounding territory. Prehistoric men used to make tools for their everyday life activities by knapping flint or other types of stone by percussion. Not all stones react in the same way to this action. When breaking apart, fine-grained rocks such as flint, obsidian, jasper, etc., develop a conchoidal fracture that looks like a low cone, and produce flakes. Skilled prehistoric flintknappers could control precisely the shape, thickness and length of the flakes. During the Stone Age, the blocks of flint were knapped by objects called “hammerstones”, which could be pebbles, parts of deer antlers or pieces of wood. These tools were used in different ways: “direct percussion”, when the raw material was struck directly by the hammerstoElisa Nicoud, Daniele Aureli, Marina Pagli, Giovanni Boschian, Fabio Fusco ne, or “indirect percussion” when an intermediate pointed tool -usually a bone or antlerwas placed between the stone and Superficie con negativi dei distacchi Superficie di distacco dal blocco the hammerstone, increasing the precedenti (faccia superiore) originario (faccia inferiore) Negative scars on the surface from previous Detached surface from the original precision of the blow on the imdetachments (upper surface) block of rock ( lower surface) pact point. Percussion on an anvil was also practiced; in this case, the stone Bordo tagliente Sharp edge to be knapped was laid on a large Onde di propagazione della percussione and stable stone (the “anvil”), and Shockwaves from the blow produced two flakes: one the percussion Negativo di un distacco precedente detached where the flint block Scar of a Bulbo was hit, the other on the opposiprevious detachment Bulb of percussion te side of the block, where it was Punto d’impatto lying on the anvil. della percussione The flake is the fragment that brePoint of impact of percussion aks off from the original stone folResiduo di cortice (superficie naturale lowing the percussion. It has preTallone / Heel esterna al blocco originario) Cortex residue (external natural surface cise characteristics: one of its sides of the original block of rock) is smooth and undulated due to the transmission of the percussion shockwaves, and is shaped choncoidally, with a slight bulge close Descrizione dei caratteri tecnici di una scheggia di selce / Description of the technical features of a flint flake. 25 STRATIGRAFIA del GIACIMENTO di Valle Giumentina dissoluzione e rideposizione di un sedimento eolico in un contesto di clima arido. Strato 6: crosta molto dura dello spessore di 2-10 cm composta da un sedimento granulare giallo, da un sedimento duro bruno ed infine un sedimento duro grigionero a splendore metallico. Si tratta di una crosta ferro-manganesiera di alterazione dello strato precedente formatasi in contesto climatico molto arido e caldo. Strato 7: stesse caratteristiche dello strato 4. Strato 8: stesse caratteristiche dello strato 6. Brecce dell’unità B / Breccias of Unit B. La stratigrafia di Valle Giumentina è costituita da quattro unità deposizionali ciascuna pertinente ad un particolare momento della sua storia geologica. Le quattro unità colmano un profondo alveo fluviale inciso in rocce carbonatiche, prevalentemente costituite da calcari di età Miocene medio e superiore. Unità C L’unità è discordante su quella sottostante ed è costituita da sedimenti organizzati i sottili lamine depostisi in un ambiente lacustre poco profondo. Le lamine sono variamente colorate: fanghi calcarei e farine fossili bianche, sabbie gialle, grigiastre e verdastre, argille brune e nere, livelli con conglomerati medi con ghiaie ben sciacquate bianche. I livelli sono qui descritti per facies: Strati: 19, 21, 23, 25, 26, 31, 34, 36, 39, 41, di colore bianco composti da farina fossile e da fango calcareo sia chimico che detritico disciolto da rocce del bacino. Clima fresco con precipitazioni abbondanti e regolari. Strati: 10, 12, 14, 16, 18 di colore grigio e bruno, marnosi talvolta con elevato contenuto organico. Indicano una sedimentazione in acque tranquille poco ossigenate. Strati: 27, 28, 29, 38, sabbie di probabile origine eolica, indicatori di un clima più arido. Unità A L’Unità è suddivisa in tre “strati”sulla base della maggiore componente di ciottoli o di blocchi: Strato 1: conglomerati con ciottoli di rocce affioranti fuori l’attuale bacino e pertinenti sia la Montagna della Maiella che del Morrone. I ciottoli ben cerniti, sono immersi in una fine matrice argilloso calcarea bianca, e sono organizzati con geometrie a stratificazione incrociata tipica di un regime fluviale torrentizio in un contesto climatico con precipitazioni abbondanti e regolari. Strato 2: stessi ciottoli dello strato precedente con intercalati blocchi di dimensioni metriche generati da frane a monte del bacino. Strato 3: conglomerati con ciottoli eterometrici extrabacinali immersi in una matrice fine gialla compatta, che talora costituisce crostoni intercalati originatisi per forte evaporazione in un contesto arido con estati calde e secche, proprie di un clima subtropicale. Unità B Giace in discordanza sull’unità sottostante, ed è costituita da depositi di versante, brecce in banchi e nastriformi, con giacitura clinostratificata, i clasti appartengono alle formazioni di rocce affioranti nel bacino Le strutture sedimentarie evidenziano una messa in posto per soliflusso (debris flow) in un contesto periglaciale. Questa unità è suddivisa in cinque “strati”: Strato 4: brecce compatte con cemento di colore rossastro organizzata in strati paralleli al pendio. I clasti derivati da mostrano uno splendore metallico e distacchi per fenomeni di gelivazione, riconducibili ad un clima freddo umido. Strato 5: clasti e cemento come lo strato 4 ma le brecce non sono disposte parallelamente al pendio e sono disposte a “rosetta” o “carciofo”, morfologie indotte per deformazioni sotto coltre nivale in un contesto climatico freddo molto marcato. Il cemento rossastro presente nelle brecce è secondario, ovverosia è derivato dalla Unità dei limi bianchi e grigi varvati, con tefra e criptotefra B dell’unità C . Units of white and grey varved silt with tephra and cryptotephra of deposit C. 26 Visione aerea della reincisione torrentizia che ha messo a vista la successione quaternaria di Valle Giumentina. Aerial view of the torrential carving derived from the Quaternary sequence in the Giumentina Valley. Strati detritici: 9, 11, 13, 15, 17, 22, 32, 35, 37, 43 sono livelli clastici in matrice marnosa, con grani sabbiosi, frammenti di silice, e ciottoli di piccole e medie dimensioni. La loro presenza mette in luce l’aumento del carico solido degli affluenti legato ad un aumento delle portate. Nello strato 37 è presente tra i molluschi terrestri, Pupilla Muscorum, tipica di un clima freddo con poca vegetazione arborea. Strati neri: 20, 24, 30, 33, 40, 42 costituiti da argilla con materiale organico di colore scuro, che corrispondono a fasi di parziale o totale essiccamento del lago. Sono dunque dei paleosuoli in cui risulta la presenza dell’uomo testimoniata dal rinvenimento dei manufatti litici. Questi strati dovrebbero corrispondere a fasi più aride del clima. Talora si intercalano sedimenti messi in posto per soliflussione. Unità D Si tratta di depositi (suolo e risedimenti di suolo) con giacitura discordante, per mezzo di una superficie di erosione, sulle unità C e B (identificata come Strato 44 da Radmilli) la cui origine è attribuita ad una forte erosione dovuta a ruscellamento tipica di climi subtropicali. Al di sopra della superficie di erosione vi è lo Strato 45: un deposito di riempimento delle tasche erosive sottostanti. Con lo Strato 46 si determina un brusco cambiamento delle condizioni climatiche, la sedimentazione è costituita da clasti a spigoli vivi, nelle quali le industrie litiche risultano anche rimaneggiate. Lo Strato 47 presenta le stesse caratteristiche dello strato 45, indicando il ripetersi di una fase con condizioni di clima caldo umido meno accentuate della precedente. STRATIGRAPHY of the SEDIMENTS of the Giumentina Valley The Quaternary stratigraphy of the Giumentina Valley is formed of four sedimentary units, each one relevant to a particular stage of its geological history. The four units fill a deep riverbed engraved in carbonate rocks, for most part made of limestone from the Middle or Late Miocene. Strata 19, 21, 23, 25, 26, 31, 34, 36, 39, 41: white sediments of diatomite and calcareous mud, both of chemical deposition of clastic origin; the sediments derive from the rocks of the basin during a climate of cool temperatures and regular abundant rainfalls. Strata 10, 12, 14, 16, 18: marly sediments of grey or brown colour, which at times have a high organic matter content. They derive from a sedimentation occurred in calm and poorly oxygenated waters. Strata 27, 28, 29, 38: sand of probable aeolian origin that are typical of an arid climate. Detrital strata 9, 11, 13, 15, 17, 22, 32, 35, 37 and 43 are clastic levels with a marly matrix with grains of sand, fragments of silica and limestone gravel of small and medium size. All these strata are derived from the increase of the flow of water, by erosion and relative solid transport. In stratum 37, the Pupilla Muscorum, a specimen of terrestrial molluscs typical of a cold climate with little arboreal vegetation, was found. Unit A is subdivided in three strata according to the high quantity of gravels and blocks: Stratum 1: gravels from rock erosion that crop out both in the Majella and Morrone Mountains. The well-selected gravels are immersed in a fine clayey calcareous white rock matrix and are arranged according to cross-bedding structures; they are typical of a fluvial and torrential regime and a climate characterized by abundant and regular rainfalls. Stratum 2: the same gravels of the previous stratum with intercalated blocks caused by landslides which occurred in the upper slopes of the basin. The Unità detritica con livelli di gghiaie dimensions of the blocks can also be e paleosuoli del Pleistocene superiore p periore metrical. n p nd paleosols Detrital units with layers of gravel and Stratum 3: gravels from rock erosion (layers of fossilized soil) of the late Pleistocene P that crop out from the external part of the basin relevant to both the Majella and Morrone Mountains, supported by a fine yellow rock matrix, that at times forms intercalated levels caused by strong evaporation, in a climate with arid conditions typical of hot dry subtropical summers. Unit B This unit is an shows unconformity to the previous unit and it is formed of deposits of detrital sediments from the slopes; beds of ribbon-like breccias with an inclined stratification disposition; clasts belonging to the Unità delle ghiaie h hiaie e sabbie, formations of rocks cropping out of colluvi e depositi ossiti di frana the basin. The sedimentary structures Units of gravell and sands, show a deposition of debris flow (also colluvia and landslide andslide d lid d deposits p it known as solifluction or soil fluction) in a periglacial context. This unit has been subdivided in five strata. Stratum 4: thick strata of breccias characterized by reddish cement. The clasts reveal a metallic brightness and detachments caused by phenomena of congelifraction (frost wedging), typical of a cold damp climate. Stratum 5: clasts and cement as in stratum 4; but the breccias are not found parallel to the slope and are rose-shaped or artichoke-shaped. These structural morphologies are induced by the deformations that occurred under a permanent cover of snow and ice in very cold rigid climate conditions. Stratum 6: very hard crust, 2-10 cm thick, formed of a yellow granular sediment, a hard brown sediment and lastly a hard grey or black sediment with a metallic brightness. It is a ferromanganese crust derived from the metaphormism of the previous stratum and formed in very arid hot climate conditions. Stratum 7: the same characteristics as in stratum 4. Stratum 8: the same characteristics as in stratum 6. Unit C This unit is an unconformity to the previous one and it is formed of laminated sediments found in shallow lake water. The laminated sediments have various colours: the calcareous muds and the diatomaceous earth (also called diatomite) are white or yellow; the sands are greyish and greenish; the clay is brown and black ; the levels of the medium-sized gravel conglomerates are white. The strata are described here according to the facies: Unità de dei Conglomerati con c blocchi di frana, sabbie dell’Unità A Units of conglomerate with landslide blocks, sand of unit A Substrato S b carbonatico b /C Carbonate b substratum b Schema sulla distribuzione dei suoli nell’area del giacimento. Scheme of the distribution of the soils in the area of the deposits. Strata 20, 24, 30, 33, 40 and 42 are formed of clay and black organic matter; these strata are paleosols in phases of partial or total drainage of the lake when the climate was particularly arid. In these strata human presence is ascertained by the discovery of artefacts made of flint. At times sediments have been deformed from ice pressure. Unit D They are deposits (soil and sediments of soil) in unconformity due to surface erosion over Units B and C ( identified by Radmilli as Stratum 44); its origin is attributed to typical morphological processes of a subtropical climate. The succession shows the sediments of Stratum 45 that fill the eroded areas with various thicknesses. The sedimentation of Stratum 46 is formed of sharp-edged clasts due to congelifraction, shows that there have been abrupt changes in the climate conditions. Stratum 47 has the same characteristics as in Stratum 45, indicating less hot and humid weather conditions than the previous climate. Silvano Agostini 27 EVOLUZIONE GEOLOGICA di Valle Giumentina GEOLOGICAL EVOLUTION The of the Giumentina Valley The Giumentina Valley is an ancient basin-shaped valley. Its riverbed was carved in limestone in the Cenozoic Era and has been filled with fluvial, lacustrine and detrital sediments on the slopes. Its geological history is closely connected to the evolution and the morphogenesis that have token place on the northern side of the Majella in the last million years. In fact, the Giumentina Valley is a hanging valley as a consequence of paleogeographic variations (river diversions and river captures) that have led to the formation of lakes and marshes as well as the formation of karstic doline and sinkhole in some points of the abandoned riverbed. The geomorphologic evolution was driven by a general uplift of the area that led to the deepening of the fluvial grid (such as the gorges) and the effects of the climate variations during the mid and Late Pleistocene (between 800,000 and 11,000 years ago).These climate changes led to specific landforms (glacial cirques), the formation of characteristic deposits (breccias and moraines) and paleosols (fossilized soil). Silvano Agostini Valle Giumentina rappresenta un’antica valle-bacino il cui alveo scolpito in calcari Cenozoici è stato colmato da sedimenti di origine fluviale, lacustre e di versante. La sua storia geologica è strettamente legata all’evoluzione e alla morfogenesi che ha interessato il versante Nord della Maiella nell’ultimo milione di anni. Valle Giumentina infatti, rappresenta una valle sospesa a seguito delle variazioni paleogeografiche dei fiumi Orta e Orfento (deviazioni e catture di aste fluviali) che hanno portato alla formazione sia di specchi lacustri e palustri sia alla formazione di forme carsiche endoreiche in tratti di alvei abbandonati (vedi schemi). Questi processi sono legati all’evoluzione geomorfologica che è stata controllata da un generale sollevamento areale a cui ha Schema paleogeografico riferibile ad un intervallo di tempo che comprende quasi tutto il Pleistocene medio. Il Fiume paleoOrta ha deviato il suo corso lasciando isolato e sospeso l’antico alveo di Valle Giumentina che diviene un bacino lacustre. Progressivamente anche il Fiume paleoOrfento modifica il suo corso. Paleogeographic scheme referable to almost the entire Middle Pleistocene. The paleo-River Orta diverted its course leaving the ancient watercourse of the Giumentina Valley isolated which became a lake. With time, the paleoRiver Orfento also modified its course. Schema paleogeografico per un intervallo di tempo riferibile al Pleistocene inferiore parte finale e Pleistocene medio parte iniziale. All’epoca la confluenza tra i fiumi paleoOrta e paleoOrfento avveniva a monte di Valle Giumentina, da qui il corso fluviale era caratterizzato da un consistente flusso idrico e da un notevole apporto di sedimenti alluvionali. Paleogeographic scheme referable to the last period of the Early Pleistocene and the initial period of the Middle Pleistocene. At that time, the confluence between the paleo-River Orta and the paleo-River Orfento was located downstream of the Giumentina Valley. From this point the watercourse was characterized by a substantial flow of water and by a notable deposition of alluvial sediments (mostly gravel). corrisposto l’approfondimento del reticolo fluviale (es. le forre), ed anche dagli effetti delle ripetute variazioni del clima nel corso del Pleistocene medio e superiore (da circa 800.000 a 11.000 anni fa), a seguito delle quali è più volte cambiato il livello del mare (eustatismo). Le diverse fasi climatiche, in particolare, hanno condotto a specifici processi di modellamento (circhi glaciali), e alla formazione di sedimenti caratteristici (brecce, morene) e paleosuoli. 28 Schema paleogeografico dal Pleistocene superiore ad oggi. Il Fiume Orta e il fiume Orfento approfondiscono progressivamente in forra i loro alvei, Valle Giumentina viene reincisa da un asta torrentizia che drena un bacino idrografico locale poco esteso. Paleogeographic scheme from the Late Pleistocene to the present day. Gradually the riverbeds of the River Orta and the River Orfento deepened in the gorges whilst the Giumentina Valley was carved by the present day torrent that is part of a not very extended local hydrographic system. 29 STORIA del Valle Giumentina è posta sul versante settentrionale della Maiella in una posizione ideale per la “lettura” delle sue caratteristiche geomorfologiche. Ad est e ad ovest si intuiscono le profonde forre fluviali scolpite negli ultimi 200.000 anni dai torrenti Santo Spirito ed Orfento. A sud si osservano le principali sommità della catena, che coincidono in parte con il margine della piattaforma carbonatica mesocenozoica, segnato dalla scogliera corallina e biocostruzioni. Sotto le creste, si percepiscono le depressioni dei circhi glaciali. Eredità morfologiche modellate durante l’ultima fase climatica fredda (circa 22-18.000 anni fa) e che oggi ospitano nevai stagionali. Dai margini dei circhi e dell’altopiano sommitale si originano i profondi valloni e le forre che drenano le acque superficiali che poi vanno a costituire importanti sorgenti ai piedi della montagna. Dalle cime centrali, il versante settentrionale digrada con pendio quasi costante, suggerendo l’ampia piega antiforme che caratterizza la struttura geologica della Maiella. Il paesaggio vegetale Come buona parte dell’Appennino, anche questo territorio oggi è soggetto all’abbandono iniziato nel secondo dopoguerra. La veloce contrazione delle tradizionali pratiche agricole e pastorali ha innescato nella vegetazione naturale un processo di “successione secondaria”. I campi e i pascoli abbandonati vengono repentinamente ricolonizzati dalla vegetazione naturale. Dopo qualche anno dall’abbandono, nei campi e sui pascoli secondari, si insediano diverse comunità di erbe selvatiche che danno vita a praterie dominate da graminacee, in particolare bromo e falasco. Successivamente, arrivano gli arbusti: ginestre, rovi, prugnoli, ecc., seguiti dalle specie arboree che preludono il ritorno del bosco che secoli e millenni addietro fu eliminato con il fuoco per otteSotto il monte Carpeneto si possono osservare le formazioni vegetali erbacee ed arbustive che stanno ricolonizzando i campi e i pascoli abbandonati, attraverso il processo della successione secondaria che porterà al ritorno del bosco. D’altronde, il toponimo “carpenete” testimonia la presenza di un bosco di carpini neri prima che, secoli addietro, l’area venisse deforestata dall’uomo. 30 PAESAGGIO La faggeta nella “Macchia di Abbateggio”. The beech wood in “Macchia di Abbateggio”. nere i campi. Da questa pratica intere aree presero il nome di incotte, oppure mozzoni. La presenza degli antichi coltivi è tradita dai vecchi muretti a secco che delimitavano i campi, capanne a tholos, inoltre le tante “macere” ossia i cumuli di sassi conseguenza dell’opera di spietramento dei terreni. Più in alto, i pascoli secondari, anche questi abbandonati. Sono terreni sottratti al bosco in aree meno idonee all’agricoltura per pendenza o altitudine elevata. Oggi, con l’abbandono della pastorizia, anche questi pascoli vengono ricolonizzati dalla vegetazione legnosa, in particolare i ginepreti. Le aree più acclivi, ove forte è stata la perdita del suolo, difficilmente verranno rioccupate da alberi e arbusti. Le poche aree ancora interessate all’agricoltura, costituiscono vere e proprie “isole colturali”, immerse nei boschi in rapida espansione. Siamo tornati ad un paesaggio antico che ci riporta ai secoli bui dell’alto medioevo. The HISTORY of the LANDSCAPE The Giumentina Valley is situated on the northern side of the Majella in an ideal position for the “analysis” of its geomorphological features. On the eastern and western sides one can see the deep river canyons (gorges) carved in the last 200,000 years by the Santo Spirito and Orfento torrents. To the south there are the main peaks of the mountain chain which partly coincide with the margin of a Meso-Cenozoic carbonate platform (shelf), marked by a coral limestone cliff and bioconstructions. Below the ridge one can see the depressions of glacial cirques. The morphological inheritance shaped during the last cold climatic phase (about 22-18,000 years ago) today forms impressive seasonal snow fields. The deep valleys and canyons originate from the edges of the cirques and the upland at the summit and drain the ground water which forms important springs at the foot of the mountain. From the central peaks, the steady slope on the northern side shows a vast antiform folding which characterizes the geological structure of the Maiella. Landscape vegetation Today this territory, as in a great part of the Apennines, is subject to abandonment which began after World War II. The fast decline of the traditional agricultural and pastoral practices has set off a process called secondary succession in the natural vegetation, which has unexpectedly recolonized the unused fields and pastures. After several years, different communities of wild grasses have grown in the fields and secondary pastures forming grasslands dominated by Gramineae, in particular, Bunny Brome and Sedge. Subsequently, other shrubs have grown, such as Broom, Blackberry, Rosehip, Blackthorn, Junipers, etc., followed by arboreal species which have preceded the formation of woods once eliminated centuries and millennia ago by fire to obtain fields. Eremo di San Bartolomeo nel Fosso di Santo Spirito Hermitage of San Bartolomeo in Fosso di Santo Spirito. Following this practice, entire areas took the name of incotte or mozzoni. The presence of ancient cultivated farmland is revealed by small old dry stone walls which delimited the fields, tholos huts and numerous macere (piles of stones removed from the fields). Higher up, the secondary pastures, also abandoned, were previously deforested lands situated in areas less suitable for agriculture due to slopes or higher altitude. Today with the interruption of sheep-farming even these pastures have been recolonized by woody vegetation, in particular, Junipers. The recolonization of shrubs and arboreal vegetation will be difficult in the steeper areas where the lack of soil is greater. The few areas where agriculture is still practices are cultivated confined areas immersed in woods in rapid expansion. We have returned to an ancient landscape of the Early Middle Ages. Silvano Agostini e Aurelio Manzi At the foot of Mount Carpeneto the formation of herbaceous plants and shrubs which are recolonizing the abandoned fields and pastures through the process of secondary succession, resulting in the return of the woods. Besides, the toponym “carpenete” means the presence of a Hop Hornbeam wood many centuries ago before the area was deforested by man. 31 NEWS e RICERCHE in corso Rivive l’Archeologia a Valle Giumentina! Sessant’anni dopo gli scavi del prof. Antonio Mario Radmilli, rivive la ricerca archeologica a Valle Giumentina, un sito di incredibile bellezza, situato nel Parco Nazionale della Majella. Nel mese di Settembre 2012, una squadra multidisciplinare composta da archeologi (specialisti del Paleolitico), da geologi e paleontologi ha ripreso le ricerche per ricostruire la presenza dell’uomo durante gli ultimi 300.000 anni. Un momento degli scavi del 2012 / A moment during the archaeological excavations of the 2012 project. La registrazione continua della sua presenza per un intervallo di tempo cosi ampio fa della Valle Giumentina un sito di estrema importanza ed interesse a livello europeo per la rarità e per la qualità della conservazione delle informazioni. Valle Giumentina è una piccola valle sospesa a circa 800 m di quota, un tempo occupata da un lago. Nei sedimenti di questo lago, oggi determinati in circa 40 metri di spessore, si rivengono sette livelli archeologici con manufatti in pietra riferiti a gruppi umani neandertaliani. Questi gruppi frequentavano le sponde del lago di Valle Giumentina per cacciare gli animali e scheggiare la pietra. La lunga sequenza di sedimenti contiene pollini, molluschi e altri organismi che testimoniano le vicissitudini del clima e dell’ambiente nel tempo. Dall’unione degli studi geologici, archeologici e paleontologici si potrà risalire alla vita dei nostri antichi antenati. L’eccezionalità della durata della frequentazione umana permetterà di ricostruire l’evoluzione sociale ed economica dell’uomo nel Paleolitico. Durante il mese di Settembre 2012 è stato eseguito un interessantissimo sondaggio di 45 metri, che verrà analizzato e studiato in laboratori specializzati dell’Università di Pisa e Parigi. Inoltre, si è proceduto alla ripulitura di tutta la sezione paleolacustre affiorante sul versante di sinistra di Valle Giumentina. Il progetto di ricerca è finanziato dall’Ecole française de Rome, dall’Institut national de recherches archéologiques préventives (Inrap) francese, dalla Fondazione PescaraAbruzzo. È sviluppato in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo e realizzato grazie al grande sostegno fornito dal Comune di Abbateggio, dal Parco Nazionale della Majella, dal Museo delle Genti d’Abruzzo, dall’Archeoclub di Pescara, dal Comune di Caramanico e dalla Comunità Montana. Il lavoro sul campo vedrà coinvolte una decina di ricercatori per circa un mese all’anno e produrrà una grande quantità di reperti archeologici e di dati paleoambientali che saranno oggetto di lunghi studi e approfondite analisi specialistiche di laboratorio. L’équipe di ricerca è composta da archeologi : Elisa Nicoud (Membro dell’EFR), Daniele Aureli (Univ. Siena/Parigi) e Marina Pagli (Univ. Parigi); da geologi e paleontologi: Giovanni Boschian (Univ. Pisa), Valentina Villa (Univ. Parigi, Univ. Pisa), Silvano Agostini (Soprintendenza, Chieti), JeanPhilippe Degeai (CNRS, Parigi), Christine Chaussé (INRAP), Catherine Kuzucuoglu (CNRS, Parigi), Paolo Mazza (Univ. Firenze), M. Adelaide Rossi (Soprintendenza, Chieti) e Fabio Fusco (Pescara). NEWS and ongoing RESEARCH The Revival of Archaeology in the GiumentinaValley Sixty years after the last excavations carried out by Professor Antonio Mario Radmilli, there has been a revival of archaeological research in the Giumentina Valley, a site of incredible beauty situated in the Majella National Park. In September 2012 a multidisciplinary team of archaeologists (Paleolithic experts), geologists and paleontologists, started a new scientific project of studies and research aiming at Bifacciale di Valle Giumentina / Biface of Giumentina Valley. understanding modes and times of human presence during the last 300,000 years. The continuous documentation of human presence during such a long period of time makes the Giumentina Valley a site of extreme importance and interest in the framework of the European Patheolithic context for its rareness and the quality of preservation. The Giumentina Valley is a small hanging valley at about 800 m asl, once occupied by a lake. Previous research identified seven archaeological levels within the 40 m thick sediments of this lake, each one yielding stone tools produced by Neanderthals. Living close to the shore of “Lake Giumentina” these groups of men hunted animals and knapped flint and used to cross the lake when its level decreased during dry periods. Vista generale della sequenza stratigrafica posta sul versante di sinistra dell’incisione che solca Valle Giumentina. General view of the long stratigraphic sequence near the Santo Spirito Valley. Carotaggio meccanico in corso di realizzazione (Settembre 2012). Mechanical core drilling in progress (September 2012). 32 The goal of this scientific research is to reconstruct the environment where they lived and trace the vegetation and climate change they experienced through time. The lifestyle of our prehistoric ancestors will be inferred through the study of the geological, archaeological and paleontological information that can be extracted from pollen, molluscs, animal bones and other remains collected in the sediments of the lake sequence. The extraordinary nature of the duration of human occupation that characterizes the Giumentina site is an invaluable tool to reconstruct the economic and social evolution of the Paleolithic Man. In September 2012, a part of the northern side of the Giumentina Valley was drilled down to a depth of 45 m, extracting a very interesting sediment core that will be analysed and studied in specialized laboratories at the Universities of Pisa and Paris. This project is funded by the École française de Rome, the Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (INRAP) and the Fondazione Pescara-Abruzzo; it was Inizio della campagna di scavo (Settembre 2012). Excavation area seen from the Ecomuseum (September 2012). developed with the close collaboration with the Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo. The first year of fieldwork was carried out thanks to the substantial support of the Town Council of Abbateggio, the Majella National Park, the “Genti d’Abruzzo” Museum, the Archeoclub of Pescara, the Town Council of Caramanico and the Mountain Community. The fieldwork on the archaeological site involves about ten people for about a month per year. Archaeological finds and paleoenvironmental data will be analysed in specialised University laboratories. The research team consists of the archaeologists Elisa Nicoud (EFR Member), Daniele Aureli (University of Siena/ University of Paris) and Marina Pagli (University of Paris) and the geologists and paleontologists Giovanni Boschian (University of Pisa), Valentina Villa (University of Paris/University of Pisa), Silvano Agostini (Soprintendenza per i Beni Archeologici, Chieti) Jean-Philippe Degeai (CNRS, Paris), Christine Chaussé (INRAP), Catherine Kuzucuoglu (CNRS, Paris), Paolo Mazza ( University of Florence), M. Adelaide Rossi (Soprintendenza per i Beni Archeologici, Chieti) and Fabio Fusco (Pescara). 33 Aerea dell’Ecomuseo / Aerial view of the Ecomuseum. COME ARRIVARE Valle Giumentina si trova nel versante settentrionale della Majella, nel territorio di Abbateggio. Nei pressi troviamo la SS. 487 che collega Caramanico terme a Scafa. Le uscite autostradali più vicine sono per l’A14 adriatica Pescara Ovest e per l’A25 Scafa. Le stazioni ferroviarie più comode sono Scafa a nord e Campo di Giove per chi proviene da sud. HOW TO GET THERE The Giumentina Valley is located in the north slope of the Majella Mountain, in the territory of Abbateggio. Nearby the highway SS 487 connects Caramanico Terme to Scafa. The nearest exits are Pescara ovest on the A14 Adriatic motorway and Scafa on the A25 motorway. The most convenient railway stations are Scafa northbound and Campo di Giove coming from the south.