ITTIREDDU Il Museo e il Territorio SARDEGNA ARCHEOLOGICA 14 Francesca Galli ITTIREDDU il museo e il territorio Carlo Delfino editore 4 Il piccolo centro di Ittireddu è raggiungibile dal km 180 della SS 131 Carlo Felice, imboccando la SS 128 bis, passando per Mores e per la Provinciale che si raccorda alla Bono-Ittireddu che collega il Goceano con la Olbia-Ozieri. Il territorio attraverso i secoli Il territorio (Kmq 23,86), per lo più impervio, sebbene con rilievi di scarsa entità, concentra la massima parte degli insediamenti ad Ovest del centro abitato dove si hanno le zone pianeggianti intensamente frequentate fin dai periodi più antichi. Le prime attestazioni di presenza umana si hanno a partire dal Neolitico Recente (3500-2700 a.C.), època a cui risalgono le numerosissime domus de janas (oltre 60), per lo più raccolte in vaste necropoli, nonché una certa quantità di materiali litici e ceramici attestanti una frequentazione forse riferibile ad insediamenti di cui non rimane, però, più alcuna traccia (Lavrudu, Sas Conzas, M. Zuighe). Altrettanto capillare fu l’occupazione del territorio in età nuragica, per la quale le fonti ricordano una quindicina di nuraghi, anche se attualmente è possibile individuare le tracce, più o meno consistenti, di soli sei monumenti (Nuraghe Funtana, di Monte Lisiri, Badde Tanchis, Sa Domu ‘e s’Orku, Chisti e Fradres), il cui stato di conservazione, fra l’altro, è spesso assai precario. È interessante rilevare che in tutti i casi l’area intorno ai nuraghi conserva tracce di insediamenti abitativi (capanne, recinti, cortili). Semnre a quest’epoca risale una niccola fonte sacra (Fiintrn ‘e Ruleì mentre non sono state rinvenute tombe di giganti. L’età romana non ha lasciato imponenti monumenti, ma numerosi e significativi indizi di frequentazione, quali un ponte, un insediamento produttivo (Sas Conzas) di non comune interesse e due inogei funerari (Sa Fraigada). A queste testimonianze vanno aggiunte le tracce di impianti abitativi, spesso sovrapposti a insediamenti di epoca precedente o utilizzanti strutture già esistenti dove rimangono evidenti i 5 segni dei ripristini. Non è raro il caso in cui sono solo i pochi frammenti ceramici raccolti in superficie ad indicare l’esistenza di aree occupate in questa epoca. Anche in età alto e basso medievale la vita nel territorio di Ittireddu è continuata senza interruzione; e che la frequentazione non sia stato un fatto sporadico lo dimostrano i significativi materiali rinvenuti nelle aree di Monte Zuighe e Olensas, nonché le due chiese di Santa Croce e di Sant’Elena, di impianto bizantino, e la chiesa di S.Giacomo di pieno XIII secolo. Il Museo Il Civico Museo Archeologico ed Etnografico ha la sua moderna sede in locali appositamente progettati contigui all’edificio del Municipio. Per quanto riguarda la sezione archeologica, questa, inaugurata nel 1984, raccoglie i risultati della ricerca topografica effettuata nel territorio negli anni 198081. Più in particolare vi sono illustrati, per mezzo di fotografie e pannelli didattici, i monumenti censiti inseriti nelle vicende storicoarcheologiche che hanno caratterizzato la Sardegna. I materiali esposti non provengono da scavi sistematici, bensì sono il risultato della raccolta di superficie o di brevi interventi di recupero effettuati nelle varie località. Nel 1988 l’esposizione è stata arricchita ed ampliata con la presentazione dei dati e dei risultati dello scavo archeologico che dal 1982 viene condotto presso il Nuraghe Funtana. I criteri adottati nell’allestimento sono ad un tempo cronologici e topografici, per cui partendo dall’epoca preistorica per arrivare ad età medievale, i materiali sono presentati mantenendo, però, costanti riferimenti ai luoghi di provenienza. L’esposizione prende il via dall’ingresso dove sono illustrate le caratteristiche del territorio, mentre una carta di distribuzione permette di avere una visione generale delle emergenze differenziate 6 cronologicamente per mezzo di colori diversi che potremmo definire l’elemento guida di ciascuna epoca. Una grande tabella cronologica consente un immediato orientamento attraverso le vicende culturali susseguitesi in Sardegna. Sala I La prima sala del Museo è dedicata all’età prenuragica. I pannelli offrono un quadro puntuale del territorio in questo periodo, soffermandosi, in particolare, sui singoli gruppi di domus de janas: Monte Ruju (n. 1), Partulesi (n. 3), Monte Nieddu. Due vetrine espongono i materiali. Nella prima sono presentati i ritrovamenti effettuati nel corso di un intervento di scavo eseguito in una delle tombe che costituiscono la necropoli di Monte Pira (n. 2). L’ipogeo consta di un’ampia cella rettangolare divisa in due parti da un basso gradino sul quale è impostato un pilastro e di altre quattro cellette secondarie quadrangolari. Il materiale fu rinvenuto in un unico strato, sconvolto, nella cella principale dove, probabilmente, sono confluiti anche i depositi degli altri vani. Si tratta di materiale ascrivibile, in massima parte, al Neolitico Finale Eneolitico. Mancano pezzi riferibili alla Cultura di Ozieri nel suo aspetto più tipico (cramica riccamente decorata) mentre sono presenti olle con ansa a tunnel, scodelle e vasi tripodi con superfici chiare lu cidate a stecca, tipiche della fase terminale della Cultura di Ozieri. L’uso prolungato della sepoltura è attestato dalla presenza di materiali riferibili alla corrente del Vaso Campaniforme (2200-1800 a.C.) rappresentata da bei pezzi riccamente decorati. In particolare va segnalato un bicchiere a campana la cui superficie esterna è campita da bande parallele puntinate e triangoli. Lo stesso tipo di ornamentazione si ritrova su altri frammenti riferibili ad analoghe forme. Al medesimo orizzonte culturale sono attribuibili due ciotole carenate, umbilicate. La seconda vetrina espone i materiali ceramici e litici rinvenuti sporadici in varie località del territorio (Lavrudu, Sas Conzas, Olensas). Fra i primi sono documentati, purtroppo in maniera estremamente frammentaria, scodelle, tazze carenate, un fondo di pisside e un vaso 7 a cestello con decorazioni costituite da festoni concentrici, da incisioni o solcature tipiche della Cultura di Ozieri. Il materiale litico, oltre che da due accettine trapezoidali, è attestato da una strumentazione costituita da punte di freccia, lame, raschiatoi in selce, ossidiana e diaspro rosso, pietra locale, quest’ultima, di cui si rinvengono piccoli filoni in alcune zone del territorio. Un menhir frammentario (h residua m 1,90), proveniente dall’area di Lavrudu, completa il quadro relativo a quest’epoca. Sala 2 Sono qui documentati per mezzo di pannelli i monumenti di età nuragica: Nuraghc Sa Domu ‘e s’Orku (n. 4); ii Nuraghe Chisti che è un monotorre con un’altezza residua di circa m 2,00 con avvio di scala e tre nicchie ricavate nello spessore murario della camera; la fonte sacra Funtana ‘e Baule (n. 7). Ampio spazio è stato riservato all’insediamento di Monte Zuighe (n. 6) dove si sviluppò il villaggio riferibile al Nuraghe Funtana (n. 5) e dal quale proviene la massima parte del materiale esposto nelle vetrine nn. 3, 4 e 6. La vetrina n. 3 è dedicata ai materiali bronzei o legati all’attività fusoria. In particolare sono esposti un bacile a calotta e numerose punte di freccia, probabilmente di carattere votivo, oltre ad abbondanti scorie di fusione. Assai interessanti sono due matrici: la prima, in steatite, ha due lati consecutivi lavorati; su una faccia residua, fino al foro trasversale compreso, la parte a taglio ortogonale di un’ascia, mentre sull’altra l’impronta di una parte di ascia a doppio taglio. Della seconda matrice, per un pugnale a lingua da presa, il Museo espone il calco (l’originale è conservato nel Museo G.A.Sanna di Sassari). Nella vetrina n. 4 sono illustrati i materiali di importazione, di provenienza extrainsulare, attestanti la fiorente attività commerciale nella quale, grazie alla sua favorevole posizione rispetto alle vie di penetrazione, dovette trovarsi inserito il territorio di Ittireddu. Tali materiali sono stati rinvenuti sporadici lungo le pendici di 8 Monte Zuighe. Si tratta di due anfore etrusche frammentarie, una databile tra la fine del VII secolo a.C. e gli inizi del VI, l’altra al pieno V secolo. Di probabile provenienza attica o magno-greca è un fondo di lekythos a figure nere (fine VI-inizi V sec. a.C.) di cui residua il piede cilindrico e la parte inferiore del corpo su cui è conservato l’inizio della decorazione, probabilmente riferibile ad una scena del thiasos bacchico, dove si distingue un tralcio senza grappoli. Ancora un unicum senza confronti puntuali, sebbene sia evidente l’ispirazione ad ambito orientale, è una coppa su basso piede decorata, sia internamente che esternamente, da bande concentriche dipinte in arancio vivo. Una piccola anfora frammentaria ed un’olletta con ornamentazione costituita da fasce parallele, sono la testimonianza della presenza punica, almeno a partire dal VI secolo a.C., in questo territorio. Nella vetrina n. 5 è esposto il calco di un oggetto bronzeo (l’originale è nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari) raffigurante un nuraghe qiiadrilobato e una capanna con tetto a doppio spiovente sormontato da un uccellino. Il manufatto, che proviene da una località ignota del territorio, appartiene ad una classe di materiali (quella dei modellini di nuraghe) di carattere probabilmente cultuale, come gli analoghi esemplari da Olmedo (SS) e da Sorso (SS), gli unici altri due in bronzo, o i più numerosi in pietra. L’oggetto è stato collocato cronologicamente intorno al VII secolo a.C.. Anche nella vetrina n. 6 sono esposti materiali rinvenuti lungo le pendici del ricco insediamento di Monte Zuighe. Sono tutte forme tipiche di età nuragica. Assai numerose sono le olle e le ciotole in gran parte carenate. La presenza di anse ad X ci attesta l’esistenza di grandi dolii, testimoniati anche da altri esemplari esposti nella sala. Estremamente varie sono, poi, le sintassi decorative che si ritrovano su anse di brocche askoidi con raffinate superfici lucidate a stecca (cerchielli impressi a occhio di dado, motivo a spina di pesce, linee incise). Tra le vetrine n. 4 e n. 6 è un grande bacile in pietra il cui uso è probabile che sia legato all’attività della panificazione. 9 Sale 3 e 4 Queste due sale che, come si è accennato, sono state allestite nel 1988 presentano parte dei risultati delle campagne di scavo condotte presso il Nuraghe Funtana a partire dal 1982. Al centro della prima sala sono esposti il focolare e due “tavolini” rinvenuti sul battuto di terra che costituiva il piano pavimentale della camera centrale del nuraghe. Il focolare, in trachite, è composto da sette blocchi a settore circolare; assai evidenti sono le tracce d’uso lasciate dai resti carboniosi. Al suo interno, oltre a ceneri e carboni, furono rinvenuti alcuni frammenti ceramici e una paletta in bronzo. I “tavolini”, monolitici, sono anch’essi in pietra e sono costituiti da un piano circolare su piede troncoconico. Questi manufatti, che fino ad oggi sono privi di confronti puntuali, dovevano costituire, insieme al focolare e al sedilebancone, l’arredo della camera centrale. Di fianco a questi è esposta una grande olla fittile quadriansata, recuperata quasi integra sul piano pavimentale, costituito da lastre irregolari, della nicchia centrale della camera del nuraghe, ed utilizzata, verosimilmente, come contenitore per derrate alimentari. Un pannello presenta una pianta articolata del monumento con l’indicazione dei punti dei singoli ritrovamenti più significativi. Le varie fasi costruttive sono contraddistinte da colori diversi. Le tre vetrine di questa prima sala offrono una scelta dei materiali recuperati nel corso dello scavo. Nella vetrina n. 7 sono esposti i materiali dello strato d’uso del cortile, individuato, così come quello della camera centrale, sotto il potente crollo che aveva sigillato le testimonianze dell’ultima fase di vita del nuraghe. Si tratta, prevalentemente, di olle, scodelle e fornelli utilizzati per sostenere contenitori da fuoco. Singolare è una piccolissima testina fittile raffigurante un cervo. Nella vetrina n. 8 sono raccolti alcuni fra i materiali più significativi recuperati nello strato di crollo. Questi, benché non indicativi di un preciso contesto, hanno ugualmente importanza come attestazioni tipologiche. Si tratta di frammenti decorati a pettine la cui presenza lascia supporre una fase più antica di utilizzo del monumento rispetto a quella testimoniata dai materiali dello strato d’uso. Oltre a questi sono presenti frammenti pertinenti ad askoidi, un manico di navicella con foro di sospensione, 10 una lucerna a navicella ed un’altra barchetta decorata a cerchielli. Notevole, infine, una ciotolina miniaturistica. Sempre in questa vetrina sono presentati alcuni oggetti provenienti dallo strato d’uso delle nicchie. Da quella del corridoio è stato recuperato un vaso biansato con ciotola di copertura, mentre due lucerne a navicella e un bellissimo askos riccamente decorato provengono dalla nicchia a della camera centrale. Ricordiamo, inoltre, un vago di pasta vitrea. Nella vetrina n. 9 sono gli oggetti in bronzo, o legati all’attività fusoria, recuperati nei vari ambienti del nuraghe. Oltre ad alcuni punteruoli e frammenti di bracciale, ampiamente attestati sono i pugnaletti, uno dei quali presenta una decorazione a linee incise. Di varie dimensioni, poi, sono le asce a margini rialzati; particolarmente ben conservata è una proveniente dal corridoio del monumento. Dallo strato di crollo della camera centrale proviene un piccolo frammento raffigurante una mano che sorregge il lembo di un mantello, di indubbia pertinenza di un bronzetto riproducente probabilmente un pastore. Oltre agli oggetti in bronzo ve ne sono alcuni in ferro, quali una sorta di compasso, un anellone e una punta di lancia. Manufatto non comune è, poi, un crogiuolo in terracotta dal cortile. Il recipiente conserva notevoli tracce di bronzo e di vetrificazione. È mancante di una parte dove forse era ricavato un beccuccio per lo scolo del metallo fuso. Nel manico, forato, penetrava uno strumento (lancia ?) che ha lasciato chiaramente visibile l’impronta nell’argilla ancora fresca. Per motivi conservativi non ha ancora trovato posto nel Museo un oggetto assai peculiare. Si tratta di un pezzo in cuoio (evidentemente nel corso del tempo si sono venute a creare condizioni favorevoli alla conservazione di un materiale solitamente deperibile) ripiegato due volte su se stesso, all’interno del quale è racchiuso un altro rettangolo di pelle, con ai margini inferiori due grossi chiodi. Il manufatto è stato interpretato come il cuscinetto che veniva interposto fra la cervice dei buoi e il giogo e a questo fissato con i chiodi. Rappresentazioni di buoi aggiogati secondo questo sistema ci sono 11 conservate da alcuni bronzetti. La sala successiva illustra alcuni momenti dello scavo. Nella vetrina n. 9 è esposto un vaso quadriansato coperto da una ciotola con il suo prezioso contenuto. Si tratta di più di 19 chili di rame costituiti da frammenti di lingotti del tipo ox-hide (a pelle di bue), di panelle e da 5 frammentini di spada votiva. Il “ripostiglio” fu rinvenuto a quota-2 metri dalla volta nel corso dello scavo dell’andito. Il ritrovamento del vaso, illustrato insieme al suo svuotamento effettuato in laboratorio di restauro in un pannello accanto alla vetrina, se collegato al recupero di altri frammenti di lingotto nel cortile, al crogiuolo, alle matrici, alla fornace ubicata su Monte Zuighe, nonché ad un altro ripostiglio di bronzi di cui si ha notizia (anche se se ne sono perse le tracce), offre un’idea assai articolata della fiorente attività metallurgica che si doveva svolgere in questa località. Le vetrine nn. 11 e 12 ed il pannello fra queste documentano la situazione dello strato d’uso della camera centrale. Una volta eliminato il crollo, infatti, sul sedile-bancone poggiante sul piano pavimentale, furono messi in luce numerosi frammenti relativi in massima parte, così come nel cortile, ad olle, ciotole, tegami e fornelli di varia dimensione e foggia. Fra le ciotole ve ne sono di umbilicate ed una deformata in corso di cottura. Sono presenti anche alcuni frammenti di askoidi decorati ed un’anforetta globulare quadriansata con ornamentazione costituita da cerchielli e linee incise. L’ultima vetrina della sala, infine, (n. 13) presenta i materiali rinvenuti fuori strato, ma che attestano inequivocabilmente il riuso di alcune parti del monumento, o dell’area ad esso adiacente, in età punica e romana. Al primo momento sono da attribuire una oinochoe ed alcuni frammenti a bande dipinte; un fondo in vernice nera, sigillata africana A, C e D ed alcune lucerne documentano la frequentazione a partire da epoca repubblicana fino alla piena età imperiale. Sala 5 L’ultima sala del Museo riunisce le testimonianze di epoca romana 12 e medievale. Sulla parete sinistra trovano posto i pannelli che illustrano i pochi insediamenti di età romana: i silos di Sas Conzas (n. 8), gli ipogei funerari di Sa Fraigada (n. 10) e il Pont’Ezzu (ii. 9). Le due vetrine relative a questa sezione espongono piccoli frammenti in sigillata africana rinvenuti sporadici in varie località, riferibili a forme che dal I secolo d.C. giungono fino al V, due tegole con il bollo dell’officina di produzione appartenente ad Atte, liberta di Nerone (I sec. d.C.), che-oltre che ad Olbia dovette probabilmente avere dei possedimenti in quest’area più interna; sono poi presenti dei pesi da telaio. Assai interessanti sono anche i materiali tardo-romani quali due olle da fuoco con presa ad orecchia impostata orizzontalmente (IVV sec. d.C.) e due frammenti di testi l’uno decorato a spina di pesce, l’altro a grossi cerchielli impressi. Sulla parete di destra sono presentati i monumenti di età medievale: Chiesa di Santa Croce (n. 11), chiesa di S.Elena (n. 12) e di San Giacomo (n. 13). Delle tegole bipedali che costituiscono la copertura originaria della Chiesa di Santa Croce sono esposti alcuni esemplari nella vetrina n. 17, mentre nella n. 16 è possibile vedere due frammenti di transenna pertinenti ad un’iconostasi, un anello digitale in bronzo (V-Vu sec. d.C.) decorato con una stella a cinque punte proveniente da Monte Zuighe, località dalla quale sono stati recuperati anche due ziri frammentari, sempre altomedievali, decorati da ricchi motivi impressi. Completano il quadro di questo periodo, materiali alto e basso medievali restituiti, nel corso di un saggio di scavo, dall’area cimiteriale adiacente alla chiesa di Santa Croce. Ricordiamo che il Museo possiede anche una sezione etnografica, infelicemente allogata in un ampio spazio che ha funzione di aula consiliare. Essa espone attualmente reperti attinenti a vari aspetti della cultura tradizionale (il lavoro contadino, la pastorizia e le tecniche tradizionali di lavorazione del latte, l’intreccio, la panificazione e la preparazione dei dolci, la filatura e la tessitura). Oltre che dagli oggetti ad esse relative, le varie attività sono documentate da riproduzioni fotografiche che ne colgono i momenti 13 salienti mostrando, per quanto possibile, le tecniche e le modalità di utilizzazione, nell’uso pratico, degli stessi oggetti esposti. Fig. 23 Necropoli ipogeica di Partulesi. Pianta e sezioni delle tombe 141516 e 21. I monumenti Si è preferito presentare delle schede dei siti separatamente dalla guida vera e propria del Museo per un duplice ordine di motivi. Da un lato, infatti, ci è parso più semplice per il lettore poter seguire il percorso attraverso le sale senza interruzioni provocate dalle descrizioni dei monumenti, dall’altro si è pensato che, a sua volta, l’itinerario attraverso gli insediamenti potesse avere la funzione di agile guida per chivolesse poi, eventualmente, avvicinarsi al territorio. Se è pur vero che la ricerca capillare condotta sul territorio di Ittireddu ha permesso di individuare le tracce di numerosi siti, è altrettanto vero che alcuni di essi offrono un interesse strettamente specialistico, riducendosi, in alcuni casi, ad una semplice attestazione di frequentazione. Per questo motivo pare opportuno segnalare anticipatamente il livello di visitabilità di ciascun monumento, per chi non sia un addetto ai lavori. Necropoli ipogeica di Monte Ruju * È accessibile, per chi dalla SS 128 bis fra il km 74 e 75 prenda il bivio per Ittireddu, all’altezza del secondo chilometro, sulla sinistra. Le 17 tombe che costituiscono la necropoli sono scavate in bassi banchi di tufo trachitico. Essendo state tutte saccheggiate in antico sono facilmente accessibili, pur non presentando caratteristiche di rilievo. Sono tutte pluricellulari con piante ora irregolari, ora con schema a sviluppo longitudi- 14 nale. Gli accessi alle varie tombe sono tutti del tipo a dromos che, però, non raggiunge mai dimensioni monumentali. In alcuni ipogei è possibile intuire interventi successivi alla prima escavazione, attestati, ad esempio, dall’unione in un unico complesso di tombe originariamente separate. La mancanza di materiali, sia dalle domus che dall’area circostante, non permette di stabilire i periodi di utilizzo della necropoli. Tomba 1: presenta cinque vani di forma assolutamente irregolare. Tomba la: impianto a T variato; sei celle regolari. Tomba 2a: cinque vani accuratamente lavorati; impianto a sviluppo longitudinale. Tomba 2-3: unica tomba, risultato della fusione di due ipogei. Sei vani di forma irregolare. La lavorazione delle pareti è molto curata e sul pavimento si notano i rincassi per l’alloggiamento delle lastre di chiusura. Tomba 4: inaccessibile perchè interrata. Tomba 5: due vani preceduti dall’accenno di un terzo. Tra le due celle portello di comunicazione munito di rincasso. Sulla destra dell’ingresso, sul fronte roccioso, accenno di escavazione di una rozza nicchia. Tomba 6-7: anche in questo caso si trattava originariamente di due ipogei separati che oggi risultano collegati. ,t costituita da dieci vani irregolari di rozza esecuzione. Tomba 8: sei vani irregolari e di rozza esecuzione. Tomba 9: unica cella rettangolare preceduta da breve dromos con il quale comunica tramite un portello con rincassi. Sulla parete di fondo è scolpito il contorno di un altro portello non scavato. Pareti ben rifinite. Tomba 10: unica cella preceduta da dromos; copertura in parte crollata. Tomba 11: tre celle irregolari precedute da lungo dromos; sul fondo una nicchietta. Tomba 12: lungo dromos scoperto che si apre su un’ampia cella irregolare lungo le pareti della quale corre una sorta di rozzo gradone (h cm 205). Sulla parete di fondo è ricavata una specie di nicchia. 15 Tomba 13: pianta a T. Lungo dromos e tre celle disposte orizzontalmente. Pareti piuttosto rozze. Tomba 14: tre vani preceduti da dromos scoperto. Tomba 15: quasi completamente crollata: residua ben visibile l’anticella. Tomba 16: quasi completamente crollata; distinguibile l’anticella e altri due vani. Necropoli di Monte Pira * Si raggiunge prendendo la via che costeggia il campo sportivo e proseguendo per circa 300 metri dopo aver preso il primo bivio sulla destra. Si tratta di 13 ipogei scavati nel tufo trachitico, quattro dei quali inaccessibili perchè quasi completamente interrati. È possibile che tali tombe non siano state violate o che, comunque, possano restituire dei materiali, come si è verificato per la domus n. I che si presentava ugualmente inaccessibile. Tomba 1: è l’ipogeo da cui fu recuperato il materiale esposto nella vetrina n. 1 del Museo. Tomba n. 2: due vani più un terzo inaccessibile. Tombe n. 36: interrate. Tomba n. 7: due vani, di cui il primo con volta crollata ed una nicchietta, preceduti da dromos. Tomba 8: residuano due celle, di cui una interrata, più un’area scoperta risultato di celle crollate. Tomba 9: inaccessibile perchè piena di materiali essendo impropriamente utilizzata come deposito. Tomba 10: quattro celle irregolari precedute da un dromos. Attuaimente vi sono allogati una mangiatoia ed un abbeveratoio. Tomba 11: residua un’unica grande cella con due nicchie. Tomba 12: volta completamente crollata: due vani, sulla parete di uno dei quali traccia di portello non scavato. Tomba 12a: due cavità interrate. Tomba 13: due vani comunicanti orizzontalmente. 16 Necropoli di Partulesi ** Via più agevole per raggiungere il sito è quella che dal Museo conduce alla chiesa diruta di S.Elena, subito dopo la quale si piega a destra percorrendo un tratto a fondo naturale per circa 300 metri. Per un fronte di circa 1 chilometro, sono state scavate nel banco tufaceo una trentina di domus de janas. Il complesso, però, doveva cornprendere un maggior numero di ipogei in quanto la roccia conserva accanto alle numerose cavità dovute all’azione eolica-tracce di tombe completamente distrutte. Tomba 1: dromos scoperto che precede tre vani (l’ultimo con nicchietta) a sviluppo longitudinale. Tomba 2: tre vani irregolari. La cella principale, sulla sinistra, ha una sorta di “letto” rialzato di ca. cm 20. Tomba 3: due vani irregolari. Tomba 4: due vani irregolari. Tomba 5: dromos scoperto che precede due celle. La prima ha una pianta abbastanza regolare ed ha un’altezza (m 1,30) superiore a quella della media dei vani degli altri ipogei. Tomba 6: quattro vani anche se in origine dovevano essere cinque; quello centrale, infatti, è stato ottenuto dalla fusione di due. = Tomba 7: solo labili tracce. Tomba 8: oggi è un’unica cella, ma in origine doveva constare di un dromos e due vani. Tomba 9: pianta a T variato. Quattro vani; tra i primi due, portello con rincasso per la lastra sul pavimento. Tomba 10: due vani preceduti da accenno di dromos. Sulla soglia, canaletta per il deflusso delle acque. Tomba 11: quattro vani a sviluppo longitudinale, piuttosto regolari e con pareti ben lavorate, comunicanti fra loro tramite portelli con cornice. Ai lati dell’ultima cella due nicchiette. Tomba 12: impianto a T variato; cinque vani preceduti da dromos. Sulla parete dell’ultima cella tracce di un portello non scavato. Tomba 13: parzialmente distrutta; residua un ampio vano risultato della fusione di almeno due e altre due celle.= 17 Tombe 14-15-16: originariamente si trattava di tre ipogei di cui restano ancora ben visibili i singoli accessi, attualmente però sono comunicanti fra loro. Complessivamente sono 12 vani. La peculiarità di questa tomba è che, esternamente, sopra l’ingresso della domus n. 14 è scolpita una stele alta complessivamente m 2,75. Nella parte superiore, la roccia appare lavorata a semicerchio (raggio m 0,60) con, quasi al centro, un solco profondo cm 5; è probabile che qui fosse allogata la lunetta. Si tratta di un intervento successivo all’escavazione della tomba, ad imitazione delle steli delle contemporanee tombe di giganti di età nuragica. Tomba 17: tre piccoli vani originariamente preceduti da un dromos. Sulla soglia dell’entrata è una canaletta per la fuoriuscita delle acque. Tomba 18: tre vani preceduti da dromos. Tra gli ultimi due, bel portello architravato. Pareti e volta ben rifinite. All’interno, davanti all’entrata, è una cuppella. Tomba 19: indubbiamente è la più bella e la meglio conservata dell’intero complesso. Impianto a T. Tre vani preceduti da dromos. La cella di fondo ha sulla sinistra un gradone, mentre sulla parete frontale una nicchietta. Notevole l’altezza dei vani. Tomba 20: in gran parte crollata. Tomba 21: monocellulare, irregolare, preceduta da dromos. Tomba 22: completamente rimaneggiata per allogarvi una porcilaia. Tomba 23: due vani di buona lavorazione. Tomba 24: due vani irregolari, ma ben rifiniti, preceduti da dromos. Fra di essi portello con rincasso sul pavimento per la lastra di chiusura. Tomba 25: in parte rimaneggiata. Due celle e una nicchia. Molte cuppelle sulle pareti. Tomba 26: ipogeo a sviluppo longitudinale. Dromos parzialmente scoperto comunicante con un vano separato dall’altra cella da un bel portello munito di cornice e architravato. Nuraghe Sa Domu ‘e s’Orku * E accessibile, per chi dalla SS 128 bis fra il km 74 e 75 prenda il 18 bivio per Ittireddu, sulla destra seguendo le apposite indicazioni. E indubbiamente un monumento di rilevantissimo interesse, purtroppo però in assai precarie condizioni di conservazione. E un nuraghe a corridoio. L’ingresso, orientato a Sud e ampio m 0,90 (h m 1,50), è sormontato da un architrave (m 1,80x0,40). Il corridoio è lungo m 8,50 e largo circa m 1,10; è coperto a piattabanda da blocchi di notevoli dimensioni di cui ne residuano quattro. La muratura è costituita da massi di grossa pezzatura ed ha uno spessore variante tra i m 1,50 e i 3 metri. Fra il corridoio e questa muratura ben distinguibile è oggi visibile solo un ammasso di pietre di più piccolo taglio che non è chiaro se sia da interpretare come crollo o come una sorta di riempimento intenzionale. Gli assi misurano circa m 1011. L’altezza si conserva per m 3. Il monumento è circondato da un imponente villaggio costituito da capanne, recinti e cortili, talvolta conservati per un’altezza di oltre 2 metri, che copre una superficie di circa 18 ettari. Parte delle strutture furono riutilizzate in età romana. Nuraghe Funtana Si trova a circa 1 km a Sud-Est del centro abitato ed è raggiungibile per mezzo di una strada comunale che passando per Funtana ‘e Josso scavalca su un ponticello il Rio Calarighes. Il monumento, costruito in irregolari filari di blocchi trachitici, è un nuraghe complesso che consta di una torre principale alla quale, in epoche successive, furono aggiunte due torri laterali ed un muro di rifascio che delimitarono, nella parte antistante l’ingresso, un piccolo cortile rettangolare. La torre centrale, alla quale non è più possibile accedere direttamente, ma soltanto attraverso la torre di NE, ha l’ingresso orientato a SE delimitato superiormente da un possente architrave sormontato da un finestrino di scarico. Tale ingresso immette in un andito lungo più di 4 metri coperto da un solaio piano costituito da quattro lastroni. Tra il soffitto e le pareti furono inseriti, al momento della costruzione, alcuni pezzi di sughero, ancora oggi perfettamente conservati, con la probabile funzione di garantire elasticità nei movimenti dovuti alle escursioni termiche. 19 Sulla destra dell’andito è una nicchia, mentre di fronte ad essa è il vano della scala, il cui piano di calpestio lastricato è ad un’altezza di circa cm 70 sopra quello del corridoio. Sul lato sinistro della scala è una piccola nicchia. Dal corridoio, una porta alta più di 2 metri introduce nella camera (diametro m 4,25; h m 5,10) originariamente coperta non a tholos ma da un soffitto ligneo, poggiante sulla risega ancora ben visibile, che costituiva anche il piano di calpestio del secondo piano oggi quasi completamente crollato. Il pavimento della camera consta di un battuto di terra (spessore cm 20 circa) su cui poggia un sedile-bancone ad andamento circolare costituito da 29 blocchi troncopiramidali. Tre nicchie disposte a croce sono state ricavate nello spessore murario. La prima, sulla sinistra, è stata parzialmente chiusa con un muro a doppio paramento in blocchi perfettamente lavorati per motivi che neanche con lo scavo è stato possibile chiarire. La nicchia centrale, che presenta due brevi bracci, ha una pavimentazione a lastre irregolari sulla quale fu rinvenuta la grande olla esposta in Museo. Al livello del battuto pavimentale e del sedile, la rimozione dell’imponente strato di crollo (oltre 4 metri) costituito dalle pietre del piano superiore, ha consentito di mettere in luce lo strato di materiale in situ riferibile all’ultima fase di frequentazione nuragica. Come si è accennato, in un momento successivo alla costruzione della torre principale, sebbene non determinabile con precisione, al nucleo originario furono aggiunte due torri (secondo lo schema ad addizione frontale) ed un muro di rifascio. La torre NE, alla quale si accede per un ingresso a luce rettangolare è perfettamente conservata fino alla volta compresa. Ai lati del vano di accesso sono due piccole nicchiette ricavate nello spessore murario per tutta la profondità ad una cinquantina di centimetri da terra, mentre di fronte è l’ingresso che conduce nel cortile. Sul lato N del cortile è una piccola scala di 12 gradini che porta al piano superiore della torre NE. La torre S, anchessa in comunicazione col cortile tramite un rozzo vano di accesso architravato, è mal conservata ed è ancora in corso di scavo. Residuano un massimo di tre filari; sul lato SO è ancora indi- 20 viduabile lo stipite riferibile alla porta d’ingresso. Il muro di rifascio, che sul lato SO è di tessitura muraria assai più raffinata che altrove, forse dovuta ad un risarcimento avvenuto nel corso del tempo, è unito alle torri laterali con una parete rettilinea incidente alla torre centrale; è dunque ipotizzabile che la costruzione delle due torri e del muro di rifascio siano da considerarsi non coeve, anche se probabilmente fra i due interventi non deve essere intercorso un lungo lasso di tempo. L’intera costruzione poggia su una fondazione costituita da un vespaio alto più di un metro e costituito da pietre di piccola e media pezzatura. Nell’area circostante il nuraghe sono individuabili labili tracce di alcune capanne (che verranno scavate in futuro) facenti parte dell’insediamento abitativo che, come si è accennato, si sviluppò essenzialmente lungo le pendici di Monte Zuighe. Insediamento di Monte Zuighe ** Come è stato detto l’insediamento costituisce un’unità inscindibile col nuraghe Funtana. A causa degli ingenti crolli e della folta vegetazione, la lettura delle emergenze è spesso problematica e, a volte, la presenza di strutture è più intuita che constatata, grazie alla testimonianza dell’abbondante materiale ceramico che si raccoglie in superficie. Oltre alle capanne, particolarmente interessante è una struttura, ubicata su un pianoro a mezza costa, che ha pianta ellittica (asse maggiore esterno m 4,85; asse minore m 3,80; h residua m 1,70), forse originariamente coperta a tholos, con vistose tracce di vetrificazione al suo interno. Ciò ha permesso di interpretarla come un manufatto legato probabilmente all’attività fusoria (fornace). A circa 150 metri da questa struttura sono 6 pozzi scavati nella roccia, di rozza fattura, con forma a campana (profondità variabile fra i m 1,25 e i m 3,25) facenti parte di un insediamento forse di natura produttiva al quale dovrebbero appartenere anche una serie di vaschette circolari e rettangolari site nelle immediate adiacenze. 21 Fonte sacra di Funtana ‘e Baule ** A destra della Provinciale IttiredduBono, a circa 2 km da Ittireddu, si imbocca un breve tracciato a fondo naturale e lo si percorre per poche decine di metri. Il monumento, che sfrutta una polla d’acqua sorgiva, è costruito in blocchi di trachite rozzamente lavorati nella parte superiore, mentre la tessitura muraria della parte inferiore è costituita da corsi regolari di conci parallelepipedi. Un breve dromos (largh. m 1,48; lung. m 0,80), in origine lastricato, precedeva il vano del pozzo a pianta trapezoidale, con copertura (oggi in parte crollata) a lastre piane degradanti verso il fondo sormontate da un tumulo di pietre e terra. Una piccola scala di cinque gradini prende avvio dalla soglia, delimitata da due stipiti, e conduce alla base del pozzo, anch’essa di forma trapezoidale, profondo m 1,70. Silos di Sas Conzas Il sito è raggiungibile, sulla destra, per la strada a fondo naturale che costeggia il Campo Sportivo, da percorrersi per circa 1 km. È senza dubbio uno degli insediamenti di maggiore interesse per la sua unicità. In una zona costituita da bassi affioramenti trachitici sono state scavate, in successione, 10 cisterne con la forma di grandi dolii. Queste hanno una profondità che varia dai m 1,70 ai m 2,20 circa ed hanno un’ampiezza massima tra i m 1,40 e i m 1,70. Le strette imboccature (m 0,500,70) sono attualmente coperte da chiusini di protezione. Una serie di canalette scavate nella roccia consentivano il defluire delle acque piovane. Confronti con manufatti simili hanno portato ad ipotizzare che le cisterne siano state utilizzate per conservare derrate alimentari. In particolare si ritiene plausibile che abbiano contenuto olio o olive in considerazione del fatto che, nelle immediate adiacenze, vi sono due torchi costituiti da due vaschette di forma irregolare tra loro comunicanti tramite uno stretto canale, la prima con funzione di torcu/ar e la 22 seconda di lacus. Altre due vasche rettangolari (una lunga m 2,00, larga cm 80 e profonda cm 40-50; l’altra misurante m 2,45x1,00x0,27), da interpretarsi probabilmente come vasche di decantazione per l’olio, fanno anch’esse parte di questo insediamento produttivo. A breve distanza da questi silos ce ne sono altri tre (località Olensas) adiacenti ad una articolata capanna quadrangolare. Per quanto riguarda la datazione ditali manufatti, in assenza di materiali, i confronti nella Penisola e con la Francia e la Spagna portano a collocarli ad epoca romano-repubblicana fino alla prima età imperiale ed anche oltre. Pont’Ezzu È raggiungibile per mezzo dell’antico tracciato viario che, dipartendosi dal centro di Ittireddu, passa davanti alla sede del Municipio, costeggia le chiese extraurbane di Sant’Elena e di S.Giacomo, e piega ad Ovest, segnando il confine con Mores. Proprio al confine Sud-Ovest fra i comuni di Mores ed Ittireddu sono i resti di un ponte, orientato EO, originariamente a tre arcate che serviva all’attraversamento del Riu Mannu. Della primitiva costruzione, di probabile impianto romano, anche se con successivi interventi di età medievale, residuano due arcate di differente dimensione per una lunghezza totale di 18 metri. La prima è a sesto ribassato, mentre quella minore è a tutto sesto. All’attacco degli intradossi coi piedritti sono conservati i fori utilizzati per l’alloggiamento delle travi lignee per le centine. La facciavista dei pilastri è in regolari corsi di pietra basaltica ad eccezione del secondo e quarto filare sul lato Sud e dell’ultimo del lato Nord che sono costituiti da conci di tufo chiaro. A livello delle fondazioni si possono notare i resti dei rostri frangicorrente, mentre sono andati peduti il coronamento ed i parapetti. 23 Ipogei funerari in località Sa Fraigada ** Il sito è raggiungibile percorrendo la strada IttiredduBono, fino al km 7 e, quindi, prendendo, sulla sinistra, la strada a fondo naturale che porta alla Caserma della Forestale e salendo poi verso il pianoro in direzione Est per circa 300 metri. In un banco trachitico sono scavati due ipogei (originariamente probabilmente due domus de janas) utilizzati come luoghi di sepoltura in età tardoromana. Il primo consta di una cella (m 2,85x2,75; h 1,63) con ingresso ampio m 1,03-1,25. Lungo le pareti del vano sono stati ricavati gli alloggiamenti per tre tombe, solo una delle quali è stata portata a termine. La sepoltura, a “vasca da bagno” èlunga m 1,80 (largh. m O,410,58; prof. m 0,70). L’esistenza di una risega lungo il perimetro della tomba permette di ipotizzare l’esistenza di una lastra di chiusura. Ortogonalmente a questa prima tomba, sulla parete di fronte all’ingresso, è possibile osservarne una seconda non ultimata (prof. solo cm 12). La terza sepoltura non è stata neanche iniziata. Il secondo ipogeo, sito a circa 40 metri dal primo, consta di una vasta cella (m 4,80x3,40; h m 1,92) alla quale si accede per un ingresso preceduto da un breve dromos. Lungo le pareti del vano sono ricavate 5 tombe di tipologia analoga a quelle ottenute nel primo ipogeo. Lungo tutto il perimetro è una bassa banchina. La copertura è in parte crollata ed aveva andamento curvo. L’unità di misura usata nell’escavazione è senza dubbio il piede romano da cm 29,6 che è riscontrabile nei punti di inizio della lavorazione anche se poi l’andamento della roccia talvolta ha condizionato le dimensioni che non si mantengono con rigorosa precisione. Di notevole interesse è la presenza, nelle immediate vicinanze degli ipogei, di piccole cave che hanno sfruttato il banco trachitico. Sul fondo di esse sono ancora ben visibili i margini dei blocchi ricavati che, almeno in gran parte, sono stati utilizzati per ottenere le lastre di copertura delle tombe. 24 Chiesa di S.Croce Nel centro abitato nell’omonima piazzetta. È una piccola chiesa a navata unica con tre absidi, risultato di almeno due successive fasi costruttive. II primo impianto, di età altomedievale (VT-Vu secolo d.C.) consisteva in un organismo a corce greca monoabsidato, al quale, sempre in epoca altomedievale, furono addossate altre due piccole absidi. L’impianto originario fu modificato intorno al XII secolo con l’allungamento, fino alle dimensioni attuali, della navata. Tale aggiunta è facilmente leggibile nella cesura esistente nella muratura, ma ancora più dettagliatamente fu possibile osservare il diverso tipo di fondazioni delle due parti, nel corso di un intervento di scavo effettuato nel 1980 nell’adiacente area cimiteriale. La parte più antica, infatti, è semplicemente poggiata sul terreno, mentre la parte bassomedievale è stata edificata su robuste fondazioni. La copertura originaria consisteva in tegole piane di tradizione tardoromana, alcune delle quali sono conservate nel Museo Archeologico. Chiesa di S.Elena * Sulla destra, dopo circa 800 metri, per chi percorra la strada da Ittireddu a Pont’Ezzu. La chiesa, in pessimo stato di conservazione, è un piccolo organismo monoabsidato a nave unica. Un’iconostasi a tutt’altezza, con porta centrale, divideva l’aula dal bema, denunciandone l’impianto bizantino. Due gli ingressi: quello principale, sulla facciata Ovest, ed uno secondario sul lato Sud. Chiesa di S.Giacomo * L’edificio, d’impianto romanico, a navata unica ed abside 25 semicircolare, ha subito numerosi e pesanti rifacimenti. La facciata è pressoché totalmente di restauro. È stata modificata l’inclinazione delle falde del tetto e, in asse con la porta d’ingresso, è stato innalzato un campanile a vela. Accanto all’ingresso laterale, in età almeno tardo-barocca, è stata addossata alla costruzione originaria una loggia, funzionale al ristoro dei pellegrini in occasione della sagra, celebrata il 26 luglio. 26 Bibliografia Il territorio di Ittireddu fu oggetto di una tesi di laurea (G.PINTus, Saggio di catalogo archeologico (foglio 193 della Carta d’Italia, tavolette II NE e I SE), Cagliari, Anno Accademico 1945-46) rimasta medita ma di particolare interesse per le sue notizie sulla consistenza del patrimonio archeologico di 40 anni fa. I risultati della ricerca topografica effettuata negli anni 198081 sono stati pubblicati in F.GALLI, Archeologia del territorio: il Comune di It tireddu (Sassari), “Quaderni della Soprintendenza Archeologica di Sassari”, n. 14, Sassari 1983 (con bibliografia precedente sui singoli temi). Per il modellino di nuraghe si vedano G.LILLIu, Sculture della Sar degna nuragica, Verona 1966 (con bibliografia precedente) e A.MORAVETTI, Nuovi model/mi di torri nuragiche, “Bollettino d’Arte”, serie VI, 1980, n. 7, pp.6584. Per i rapporti preliminari delle campagne di scavo del Nuraghe Fun tana si veda F.GALLI, Scavi nel Nuraghe Funtana di ittireddu (Sassari), “Nuovo Bullettino Archeologico Sardo” 1 (1984), pp. 115-122; EAD. Nota preliminare alla III e IV campagna di scavo al Nuraghe Fun tana di lttfreddu (Sassari), “Nuovo Bullettino Archeologico Sardo” 2 (1985), pp. 87-108. Notizie sulle chiese di Santa Croce e di Sant’Elena in R.CAPRARA, L’archeologia romana e altomedievale nell’Oristanese, in “Atti del Convegno di Cuglieri (22-23 Giugno 1984)”, Taranto 1986, nn. 15 e 16, pp. 50-51; ID., L’età altomedievale nel territorio del LogudoroMeilogu, in Il Nuraghe S.Antine nel Logudoro-Meilogu, Sassari 1988, pp. 40617, figg. 1416. Una guida alla sezione archeologica del Museo di Ittireddu (mancante, ovviamente, della parte concernente l’esposizione dei materiali provenienti dagli scavi del Nuraghe Funtana) è stata edita nel 1984 dalla VI Comunità Montana “Monte Acuto” (a cura di F.Galli) in 27 occasione dell’inaugurazione del Museo. Inserito nel volume edito dal Banco di Sardegna L’Antiquarium ar borense e i civici musei archeologici della Sardegna, Sassari 1988, è un recente contributo sul Museo e il territorio: F.GALLI, Ittireddu, pp. 93102. Sempre a cura della VI Comunità Montana “Monte Acuto” è stato edito un agile opuscolo Guida breve alla sezione etnografica, che è tutto quello che per il momento è stato pubblicato sull’argomento. 28 Glossario Abside Addizione Ansato Arco a sesto ribassato Arco a tutto sesto Askos Aula Banconesedile Berna Bipedale Centina Concio Corso Crogiuolo Parte della chiesa cristiana, solitamente se micircolare, alle spalle dell’altare. (Frontale, laterale, concentrica, etc.). Dicesi nell’architettura nuragica della sistemazione delle torri aggiunte del bastione in rapporto al mastio in generale o alla parte anteriore del medesimo. Provvisto di manico o presa (biansato = con due manici; quadriansato = con quattro ma nici). Arco in cui i centri si trovano più in basso rispetto alla linea che congiunge gli estremi. Arco la cui curvatura è una semicirconferenza. Vaso di forma chiusa atto a versare un liquido da un beccuccio o da un orlo stretto. Parte della chiesa destinata ai fedeli. Lunga “panca”, costituita da vari blocchi ac costati, che segue, in tutto o in parte, la cir conferenza interna del vano (camera del nuraghe o capanna). Parte della chiesa riservata ai sacerdoti per la celebrazione della liturgia. Laterizio di due pedes (cm 59,2) dilato. Elemento ligneo di supporto per la costruzione di un arco. Pietra appositamente lavorata per essere messa in opera nella muratura. Fila di pietre disposte orizzontalmente in muratura. Dicesi anche assise o filare. Contenitore in materiale refrattario (pietra o terracotta) usato per la fusione dei metalli. 29 Cuppella Dolio Domus de janas Dromos Finestrino di scarico Iconostasi Ipogeo Isodoma (tecnica) Lacus Lekythos Lingotto Lunetta Matrice di fusione Menhir Necropoli Nuraghe a corridoio Ozieri (cultura di) 30 Cavità, in genere emisferica, scavata nella roccia. Grosso contenitore, solitamente di ceramica, per la conservazione di derrate alimentari. Tombe a grotticella, neolitiche ed eneolitiche, in Sardegna. Corridoio di accesso a camera funeraria. Vuoto lasciato nelle murature subito sopra un architrave per evitare che il peso delle me desime gravi sul centro dell’architrave provo candone la rottura. Elemento di separazione, completo o parziale (cancellum o semi-iconostasi) tra bema ed aula nelle chiese bizantine. Architettura sotterranea, grotticella artificiale. Tecnica edilizia che prevede l’uso di blocchi squadrati. Cavità per la raccolta e la decantazione dei liquidi di spremitura. Forma vascolare di origine attica, a corpo globulare, atta a contenere olii profumati. Blocco di metallo ottenuto per fusione. Parte superiore centinata della stele delle tombe di giganti. Forma in negativo (a una o due valve) in ma teriale refrattario, atta a ricevere metallo fuso per la fabbricazione di strumenti. Detto anche pietra fitta. Monolite di varia conformazione avente funzione probabil mente sacrale. Area destinata a sepolture (testualmente: città dei morti). Nuraghe in cui in luogo della camera a tholossi ha un corridoio di varia articolazione. Cultura del Neolitico recente in Sardegna. Panella Pianta a “T” Piattabanda Pozzo o fonte sacra Rifascio Rincasso Ripostiglio Sigillata Silos Stele Testo Thiasos Tholos Lingotto lenticolare pianoconvesso Schema planimetrico tipico di molte domus de janas nel quale la seconda cella, general mente rattangolare, è disposta trasversalmente rispetto all’asse della tomba. Sistema di copertura costituito da lastre o blocchi di pietra disposti orizzontalmente. Edificio di età nuragica destinato al culto delle acque. Incamiciatura muraria che rifascia la struttura del nuraghe semplice o del bastione in un nuraghe complesso. Solco, cornice ribassata rispetto al piano di parete che orna i portelli delle celle o costituisce l’alloggiamento per i chiusini. Termine usato per indicare un insieme di og getti integri o frammentari di metallo (raccolti o meno in un contenitore) accantonati a scopo di tesaurizzazione. Produzione ceramica a carattere “industriale” di età imperiale che ha inizio in Italia e in Gallia e, successivamente, si concentra nelle province dell’Africa settentrionale. Il nome deriva dall’uso di forme e di decorazioni a stampo. Ripostiglio per conservare generi alimentari o di altra natura. Elemento monolitico (o bilitico) posto al centro dell’esedra delle tombe di giganti con portello pervio e coronamento centinato. Manufatto in ceramica, di forma circolare, privo di bordi, utilizzato come spiana per la cottura di focacce o simili. Corteggio, corteo. Insieme di personaggi mi nori intorno ad una figura principale, solita mente una divinità. Falsa cupola costituita da filari di pietre in 31 Tomba di giganti Torcular Transenna Vetrificazione 32 aggetto usata in Sardegna nelle camere interne dei nuraghi o nei templi a pozzo. In Sardegna, sepoltura tipica dell’Età del Bronzo solitamente costituita da un vano fu nerario piattabandato preceduto da un’ese dra e chiuso da una stele centinata. Cavità di alloggiamento del fondo di un pres soio. Elemento di separazione fra parti diverse di un edificio sacro cristiano. Fenomeno chimicofisico che si riscontra in elementi litici o ceramici sottoposti ad elevate temperature. SOMMARIO Il territorio attraverso i secoli Il Museo Salai Sala 2 Sala 3e4 Sala 5 I monumenti 1. Necropoli ipogeica di Monte Ruju 2. Necropoli ipogeica di Monte Pira 3. Necropoli ipogeica di Partulesi 4. Nuraghe Sa Domu ‘e s’Orku 5. Nuraghe Funtana 6. Insediamento di Monte Zuighe 7. Fonte sacra Funtana ‘e Baule 8. Silos di Sas Conzas 9. Pont’Ezzu 10. Ipogei funerari di Sa Fraigada 11. Chiesa di Santa Croce 12. Chiesa di S.Elena 13. Chiesa di S.Giacomo Bibliografia Fag. 5 7 9 11 14 22 28 29 30 31 32 34 37 37 39 42 43 45 46 47 49 33 34 35 36 Fig 1. Carta archeologica del territorio di Ittireddu. 37 38 Fig 2. Planimetria del Museo archeologico di Ittireddu 39 Fig 3. Vaso campaniforme e ciotola dalla domus I di Monte Pira. 40 Fig 4. Menhir da Lavrudu. 41 Fig 5. Bacile in pietra da Monte Zuighe. 42 43 Fig 6. Modellino di nuraghe in bronzo. Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Fig 7. Modellino di nuraghe in bronzo. Museo archeologico nazionale di Cagliari. 44 Fig 8. Matrice di fusione in steatite da Monte Zuighe. 45 Fig 9. Nuraghe Funtana. Pianta e assonometria con l’indicazione delle diverse fasi e dei rinvenimenti più significativi. 46 Fig 10. Focolare rinvenuto nella camera centrale del nuraghe Funtana 47 Fig 11. “Tavolini” in pietra rinvenuti nella camera centrale del nuraghe Funtana Fig 12. Tavolino dal nuraghe Funtana. 48 Fig 13. Olla quadriansata dalla camera centrale del nuraghe Funtana. 49 Fig 14. Crogiuolo fittile dallo strato di crollo del nuraghe Fig 15. Vaso globulare quadriansato rinvenuto nella camera centrale del nuraghe Funtana 50 Fig 16. Vaso con ciotola di copertura dal corridoio del nuraghe Funtana. Al suo interno furono rinvenuti circa 19 Kg di frammenti di lingotti di rame. 51 Fig 17. Vaso con ciotola di copertura dalla nicchia del corridoio del nyraghe Funtana 52 Fig 18. Askos dalla nicchia A della camera centrale del nuraghe Funtana 53 Fig 19. Anello digitale in bronzo (VI-VII sec. d.c.) da Monte Zuighe 54 Fig 20. Particolare della sezione etnografica allogata nell’aula consiliare. 55 Fig 21. Particolare della sezione etnografica allogata nell’aula consiliare. 56 Fig 22. Carta archeologica del territorio di Ittireddu 57 Fig 23. Necropoli ipogeica di Partulesi: pianta e sezioni delle tombe 14-1516 e 21 58 Fig 24. Veduta della necropoli ipogeica di Partulesi. 59 60 61 62 63 Fig 25. Nuraghe Funtana. Mastio centrale, rifascio e torre NE dalla quale si accede all’interno del monumento. 64 Fig 26. Nuraghe Funtana: lato SE. 65 66 Fig 27. Nuraghe Funtana. Interno della Torre NE visto dall’ingresso. Di fronte l’ingresso al cortile sul quale si apre il mastio. 67 68 Fig 28. Pozzo sacro di Funtana ‘e Baule: pianta e sezione. 69 Fig 29. Pozzo sacro di funtana ‘e Baule. Atrio. 70 Fig 30. Silos di Sas Conzas utilizzati per derrate alimentari. Fig 31. Sas Conzas. Vasca con canaletta di deflusso in probabile connessione con i pressoi. 71 Fig 32. Pont’Ezzu. Ponte romano posto al confine fra Ittireddu e Mores 72 Fig 33. Pont’Ezzu. Pianta e sezioni. 73 74 Fig 34. Ipogeo di Sa Fraigada. Pianta e sezione. 75 Fig 35. Planimetria delle chiese d’impianto bizantino di S. Elena e di S. Croce. 76 Fig 36. Absidi della Chiesa S. Croce. 77 78 79 80 81 82 83 84