NOTIZIE FSM Quadrimestrale - anno 9 - N. 15 - Febbraio 2009 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - CNS PD Il Focus Dimmi come dormi... La rete Stop all’osteoporosi Attività e... L’intervento condiviso La normativa che mancava Plus Ritornare al lavoro Sinergie e collaborazioni in riviera TecHnologie Le potenzialità dell’e-learning Il segreto della longevità Lo stile di vita per invecchiare bene editoriale la centralità del paziente Esistono alcune aree di intervento, alcune patologie che più e meglio di altre evidenziano la nostra capacità, dimostrata ormai quotidianamente, di mettere al centro del nostro operare il paziente e non la sua patologia, le sue esigenze, e non i suoi sintomi, le sue aspettative di reinserimento nel tessuto sociale e, in conseguenza di questo modo di “pensare” la sanità oggi, organizzare la molteplicità degli interventi necessari alla miglior presa in carico. La Fondazione Salvatore Maugeri creata nel 1965 dal professore Salvatore Maugeri, come “Clinica del lavoro”, opera nelle aree istituzionali della tutela della salute nell’ambiente di lavoro e della Medicina Riabilitativa, con l’obiettivo di favorire il recupero delle capacità residue funzionali e attitudinali della persona, l’autonomia e la qualità della vita mediante una riabilitazione di Alta Specializzazione. Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico dal 1969 è oggi presente su tutto il territorio italiano con una rete di 11 Istituti Scientifici e 3 Centri di Prevenzione. L’attività clinica, rivolta a soggetti post-acuti e cronici, è orientata alla diagnosi e alla cura delle malattie professionali, individuando e prevenendo i rischi legati ad produttive, e alla Riabilitazione di pazienti con menomazioni neuromotorie, cardiologiche, pneumologiche e di patologie croniche polisistemiche disabilitanti, NOTIZIE FSM favorendo il reinserimento della persona al lavoro e alle attività quotidiane e prevenendone la disabilità. L’attività assistenziale è di supporto alla ricerca scientifica per l’elaborazione di protocolli diagnostici, linee guida e protocolli riabilitativi ad approccio multidisciplinare nell’ambito di patologie complesse, di grande rilevanza epidemiologica e ad elevato assorbimento di risorse. L’attività di ricerca si avvale di 48 Laboratori Scientifici e si sviluppa per linee e tematiche sia specifiche che trasversali all’attività complessiva. La struttura a rete diffusa sul territorio nazionale permette, da un lato di accedere a campioni significativi dal punto di vista epidemiologico, dall’altro di garantire un continuo scambio di informazioni ed esperienze in gruppi di lavoro omogenei, interdisciplinari e multiprofessionali che assicurano l’eccellenza dei percorsi clinicoassistenziali e della ricerca scientifica. È successo con la SLA, in un percorso che vede Fondazione impegnata ormai da oltre 20 anni offrire un servizio assistenziale di eccellenza, completo e soprattutto personalizzato. Ma anche altre sono le patologie che vengono affrontate in Fondazione in quest’ottica: tra queste sicuramente troviamo quelle del sonno, purtroppo in continuo aumento, che richiedono un intervento multiprofessionale e dove grande importanza riveste lo stile di vita. E questo numero di NOTIZIE FSM affronta in apertura e in chiusura proprio questi temi. Nel caso dei disturbi respiratori del sonno mettendo in campo esperienza e modelli di intervento che oggi sono esempio per molti Centri del Sonno del Paese. Parlando dello stile di vita rammentando a tutti noi, nello speciale dedicato al tema della longevità, il potere di cui disponiamo per vivere in salute, nella mente e nel corpo. 1 Di numero in numero la rivista si sta arricchendo di nuovi contenuti, come è il caso dell’articolo che affronta il ruolo chiave della Commissione Ministeriale sullo stato vegetativo, cui partecipa anche Fondazione, ma anche di interventi più “leggeri” come la nuova rubrica Nonsolo FSM da cui emergono passioni e hobby di dipendenti e collaboratori; un modo, anche questo, per conoscersi sempre un po’ di più, oltre il camice o la divisa. Buona lettura a tutti. Il Presidente NOTIZIE FSM 24 4 9 12 18 23 2 IL FOCUS Dimmi come dormi... LA RETE Stop all’osteoporosi ATTIVITÀ E… L’intervento condiviso La normativa che mancava Come fare chiarezza 26 Giornata Salvatore Maugeri 2008 SIRAS: Collaborazioni e multidisciplinarietà 29 TECHNOLOGIE Le potenzialità dell’e-learning High-Tech per la prevenzione 34 LO STUDIO GOSPEL: lontani dalle ricadute 36 PLUS Ritornare al lavoro Sinergie e collaborazioni in riviera NEWS Nasce AriSLA Lumezzane: Radiografie al torace con accesso diretto IN CLASSE I Convegni di cui parlare: “Lavorare in squadra per una multiterapia” “Un aiuto dagli androgeni” Piano formativo 2009 STILI DI VITA Il segreto della longevità 40 IL CASO Parole, parole, soltanto parole? 42 PARLANO DI NOI La Fondazione e i media 44 NONSOLO FSM Un impegno tra RX e colori 3 NOTIZIE FSM Rivista quadrimestrale della Fondazione Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione I.R.C.C.S. Via Salvatore Maugeri, 4 - 27100 Pavia Foto Archivio Fondazione Salvatore Maugeri Progetto Grafico BtoB - Vicenza Direttore Responsabile Micaela Marcon Stampa Tipografia Nuova Jolly Viale dell’Industria, 28 35030 Rubano (PD) Redazione UNOPUNTOTRE Via G.B. Imperiali, 13 - 36100 Vicenza Tel./Fax 0444 317974 [email protected] Registrazione Tribunale di Padova n. 2120 del 25 febbraio 2008 Stampato su carta contenente 100% di fibre riciclate in conformità con RAL UZ 14- Blue Angel NOTIZIE FSM NOTIZIE FSM del Centro di Medicina del Sonno della Divisione di Pneumologia Riabilitativa dell’Istituto Scientifico di Veruno. Per questo la verifica del riposo notturno può anticipare il quadro futuro del paziente, affrontando la patologia in una fase precoce di insorgenza ed evitando i danni che ne possono derivare”. Il focus Dimmi come dormi... Disturbi respiratori nel sonno: un problema sottovalutato Da Veruno a Pavia a Montescano passando per Tradate e Cassano. Ecco alcuni esempi dell’esperienza di Fondazione Maugeri nell’affrontare le patologie del sonno 4 Russamento, apnee ostruttive, apnee centrali, ipoventilazione: patologie spesso nascoste, collegabili a diverse condizioni del paziente, il quale è ignaro di quanto accade. Pur comportando un’interruzione periodica e frequente della respirazione (maggiore di 10 secondi) associata ad alterazioni dello scambio dei gas nel sangue, della struttura del sonno, ed emodinamiche che possono perdurare anche in veglia, la persona che soffre di disturbi respiratori durante il sonno incorre in numerosi microrisvegli che non superano la soglia della consapevolezza. La persona non si sveglia mai completamente, ma ha una pessima qualità del sonno, che perde quindi la sua funzione riposante. Questo è forse il primo sintomo del problema, il campanello d’allarme che deve portare ad approfondire il problema e che spesso viene sottovalutato. All’interno di Fondazione Maugeri possiamo trovare livelli di complessità differenti nella gestione dell’attività che ruota comunque intorno ad un medesimo approccio: le patologie del sonno richiedono una valutazione globale del paziente e un coinvolgimento multidisciplinare delle professionalità. Il paziente, pur afferendo tipicamente all’ambito respiratorio/pneumologico, può interessare anche l’area cardiologica, neurologica o endocrinologica. “Il problema respiratorio si acuisce durante il sonno, quando manca il controllo volontario della persona - sottolinea il dottor Alberto Braghiroli, responsabile Certo, mai confondere la stanchezza dovuta alla mancanza di riposo, in termini quantitativi, con la scarsa qualità del sonno, che ha come conseguenze la sonnolenza diurna e il calo di attenzione e reattività. È questo il primo predittore di questa patologia, a sintomatologia indiretta. L’ipossia che si verifica nelle apnee, tipiche dei grandi russatori, produce, infatti, un’usura dell’organismo che aumenta il rischio cardio-vascolare e peggiora altre patologie respiratorie, che spesso si sovrappongono, come la BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) e le OSAS (Sindrome delle apnee del sonno). La valutazione notturna con l’esame di polisonnografia, eseguito dai Laboratori del Sonno di Fondazione Maugeri, negli Istituti Scientifici di Veruno e di Pavia e Montescano, permette diagnosi precoci e dettagliate di disturbi respiratori che di giorno possono anche non dare sintomi. Ad esempio, in caso di insufficienza cardiaca cronica il paziente può ignorare il verificarsi di apnee notturne, le quali invece aggravano la patologia e la situazione cardiologica di base. Allo stesso modo oltre il 50% dei pazienti con ictus soffre di questi disturbi, che rallentano il recupero, peggiorando la prognosi. L’esperienza ha portato i Centri di Medicina del Sonno di Fondazione Maugeri ad essere riconosciuti dall’Associazione Italiana di Medicina del Sonno come centri di riferimento nazionale per la formazione degli aspiranti medici esperti in quest’ambito. “Le insidie di questa patologia - continua il dr. Braghiroli - risiedono da un lato nella difficoltà della diagnosi, perché i sintomi non sono direttamente correlabili, e dall’altro nella trasversalità della patologia, che richiede un pool di specialisti per inquadrare correttamente il paziente. Il paziente-tipo è un russatore, prevalentemente maschio, spesso obeso, con apnee che si interrompono con rumorosa riapertura delle vie aeree, di cui è spesso unico testimone il partner. In Italia si stima che ne soffra tra il 2 e il 4% della popolazione adulta. Di circa un milione e seicentomila persone, solo sessantamila sono in cura nei pochi centri specializzati presenti in Italia, di certo insufficienti ad affrontare una patologia con questa prevalenza. Oltre alla polisonnografia, esame impegnativo e costoso, sono ora disponibili alcuni sistemi portatili che hanno permesso di passare da un ventina a circa 200 centri che fanno diagnosi e terapia nel nostro Paese. Il prossimo passo è un ulteriore sviluppo tecnologico e industriale, che vede Fondazione impegnata nella ricerca, nell’ottica di rendere maggiormente disponibile la strumentazione diagnostica e le relative competenze”. Il Laboratorio del Sonno di Veruno nei 20 anni di operatività, ha dato un forte impulso alla sensibilizzazione dei medici a questi disturbi: Medici di Medicina Generale, specialisti in cardiologia, diabetologia, nefrologia, obesità, ora chiedono valutazioni del sonno per i loro pazienti. Importante l’interazione con la cardiologia, che esegue screening sui pazienti con scompenso cardiaco, e propone il trattamento per migliorarne la prognosi. Centro di riferimento per il Piemonte, da cui arriva il 75% dei pazienti, funge da centro secondario per altri ambulatori di tutta Italia. Le liste di attesa vengono fatte con graduatorie in base al rischio, dando priorità a chi svolge un lavoro che può diventare pericoloso in caso di sonnolenza (autisti, turnisti o muratori ad esempio), ai pazienti più giovani, nei quali la mortalità per cause correlate è più alta, e a pazienti con patologie cardiovascolari conclamate, nei quali il trattamento dei disturbi del sonno rappresenta un importante fattore di prevenzione secondaria. Il trattamento elettivo e primario per queste patologie consiste nell’evitare che le vie aeree collassino. Si interviene dunque con una ventilazione meccanica e l’utilizzo della mascherina C PAP - Continuous Positive Airway Pressure, che aggiunge una modesta pressione positiva all’aria inspirata. Il beneficio è immediato, e il paziente riprende presto i normali ritmi sonno-veglia e le normali attività lavorative, ma si tratta di un trattamento protesico che ha dunque efficacia solo se utilizzato e non porta, di per sé ad un miglioramento dei sintomi. A VERUNO UN TRATTAMENTO EDUCAZIONALE MIRATO NOTIZIE FSM Fondamentale per coloro che soffrono di disturbi del sonno è lo stile di vita del paziente, che spesso necessita di una rieducazione di tipo alimentare, per combattere la tendenza all’obesità e alla sedentarietà. A supporto di questi pazienti e delle famiglie l’U.O. di Pneumologia Riabilitativa di Veruno ha sviluppato un programma educazionale che accompagna in tutte le fasi che caratterizzano la patologia: dalla diagnosi all’utilizzo e gestione dell’apparecchiatura fino al followup periodico. Un aiuto apprezzato dai pazienti che si traduce in una maggiore adesione al trattamento. “Prossimamente - afferma il dr. Carlo Sacco del Centro di Medicina del Sonno di Veruno - l’obiettivo è di intervenire anche da un punto vista psicologico attraverso tecniche comportamentali e aggregative, mutuate da approcci ad altre malattie croniche e alle dipendenze, così da abbassare il livello di abbandono della terapia”. POLISONNOGRAFIA L’ESAME SI SVOLGE DURANTE LA DEGENZA IN ISTITUTO: IL PAZIENTE TRASCORRE LA NOTTE NEL LABORATORIO DOVE, ATTRAVERSO UN POLISONNIGRAFO, SI ESEGUONO GLI ESAMI DI ELETTROENCELOGRAFIA, ELETTROMIOGRAFIA E REGISTRAZIONE DEL FLUSSO RESPIRATORIO, CHE PORTANO A VERIFICARE LA PRESENZA DI APNEE DEL SONNO I DISTURBI DEL SONNO a Russamento a Apnee ostruttive (OSAS) a Apnee centrali a Ipoventilazione NOTIZIE FSM 5 A colloquio con il dr. Bruno Balbi Primario dell’U.O. di Pneumologia Riabilitativa dell’Istituto Scientifico di Veruno IL LABORATORIO DEL SONNO DI VERUNO Fondato nel 1987, è il primo Laboratorio del Sonno inserito in una U.O. di Pneumologia. Tra le specificità troviamo il trattamento dei disturbi respiratori complicanti di patologie pediatriche, come malformazioni, malattie genetiche (sindrome di Down), e Sindrome di Ondine (interruzione della respirazione nel sonno), che richiedono una ventilazione notturna del bambino. Collabora, inoltre, con l’Università di Novara per l’esecuzione di Sleep Endoscopy, valutazioni volte a individuare le modalità di collasso, in vista di un intervento chirurgico finalizzato al ripristino della normale morfologia delle vie aeree. Intervento abitualmente eseguito su pazienti giovani al quale partecipano contestualmente l’otorino e il chirurgo maxillofacciale. Si parla spesso di OSAS come sinonimo di disturbi del sonno. Quanto pesa la presenza di pazienti con disturbi del sonno (DRS) in un’Unità di Pneumologia? Si tratta di una quota rilevante: per quanto riguarda Veruno quasi un quarto di tutti i pazienti. Nel 2008 sono stati circa 400 ed hanno coinvolto dal punto di vista clinico molte aree della nostra attività; il paziente con DRS, infatti, è un paziente respiratorio ma anche cardiologico con implicazioni metaboliche che va quindi valutato nel suo complesso con un approccio multidisciplinare. Per quanto riguarda l’aspetto pneumologico non è da trascurare che i DRS sono spesso causa e concausa dell’Insufficienza Respiratoria. Dal punto di vista organizzativo questo cosa comporta? La formazione del personale è fondamentale, la gestione di questi pazienti richiede, infatti, un’interazione continua tra medici, tecnici del sonno, personale infermieristico e assistenziale nell’ottica di ottimizzare l’utilizzo delle postazioni e permettere l’inserimento dei casi segnalati da altre Unità. L’approccio educazionale che ruolo riveste nel successo del trattamento? È importantissimo. L’interazione del personale abbinata agli strumenti informativi cartacei e alle sedute settimanali con i pazienti ci permettono di fugare dubbi, risolvere problemi pratici di gestione della patologia e soprattutto far passare importanti messaggi sullo stile di vita e sui cambiamenti necessari per ridurre i fattori di rischio. a a a Il laboratorio esegue 5 esami per notte, per cinque notti a settimana 1400 esami/anno 400 gli eseguiti in Cardiologia Staff: a 2 medici specializzati a 5 tecnici che svolgono l’attività di programmazione, registrazione, lettura delle polisonnografie ed educazionale Accosciati da sinistra a destra: Sabrina Rossi, Mirella Crevacore, Sonia Carli. In piedi da sinistra a destra: Carlo Sacco, Alberto Braghiroli, Alessandro Danioni e Massimo Godio Attività ambulatoriale, ricoveri e sperimentazioni in Telemedicina Le linee di ricerca del Centro di Medicina del sonno di Pavia-Montescano Ecco come gli Istituti di Pavia e Montescano affrontano le patologie del sonno a I DISTURBI RESPIRATORI DURANTE IL SONNO COME NUOVO FATTORE DETERMINANTE PER LO SVILUPPO DI INSUFFICIENZA RESPIRATORIA O ALTERAZIONI DEL SISTEMA CARDIOVASCOLARE: PROGETTO EUROPEO COST B26. a ANALISI DISCRIMINANTE DEI FATTORI RESPONSABILI DELLE ALTERAZIONI DELLO SCAMBIO GASSOSO NEI PAZIENTI AFFETTI DA SINDROME DELLE APNEE DURANTE IL SONNO a L’INTERAZIONE PAZIENTE/VENTILATORE MECCANICO DURANTE IL SONNO a DEFINIZIONE DI NUOVI PROTOCOLLI RIABILITATIVI DOMICILIARE DA AFFIANCARE AL PERCORSO INIZIATO DURANTE LA DEGENZA 6 Il Centro di Medicina del Sonno degli Istituti Scientifici di Pavia e Montescano, centro di riferimento nazionale per i disturbi respiratori durante il sonno, svolge attività clinica e attività di ricerca nel campo dei disturbi respiratori primitivi durante il sonno, della funzione respiratoria durante il sonno in corso di altre patologie respiratorie o sistemiche, principalmente cardiache, neurologiche e neuromuscolari, e nel campo della ventilazione meccanica non invasiva. In questo centro le patologie del sonno prevedono un approccio a 360 gradi, compreso anche il trattamento in regime ambulatoriale, con attività di diagnosi e follow-up periodici. Il programma riabilitativo definito per questi pazienti è molto articolato e complesso con i ruolo cardine di molte figure professionali, dai terapisti della riabilitazione, agli infermieri, al Servizio di Psicologia. E proprio sul percorso di follow up si sono concentrati gli sforzi dello staff con l’obiettivo di aumentare la compliance e migliorare lo stile di vita complessivo. “Abbiamo condotto uno studio pilota per verificare l’efficacia di un programma riabilitativo, per pazienti obesi con apnee del sonno, gestito in modalità di Telemedicina. I risultati sono stati molto incoraggianti - spiega il dr. Francesco Fanfulla, responsabile del Centro di Medicina del Sonno dei due Istituti Scientifici pavesi - in particolare per quanto riguarda il controllo del peso e il programma di allenamento. Il paziente viene dotato di un metabografo da polso in grado di registrare i passi giornalieri, il consumo energetico e il riposo notturno. Procediamo con un monitoraggio periodico al telefono, per controllare l’aderenza al programma fisico e a quello alimentare. In questo gruppo, seguito a distanza, si sono visti risultati sovrapponibili per quanto riguarda la terapia delle apnee rispetto al gruppo trattato in modo tradizionale (impiego della CPAP circa 6 ore/notte), ma esiti decisamente migliori per il calo ponderale, che in circa 6 mesi si attesta su una media di 2.5 punti di BMI (Body Max Index). Inoltre, in un altro studio condotto dal Servizio di Psicologia dell’Istituto di Montescano insieme al Centro di Medicina del sonno è stata dimostrata l’elevata prevalenza di alterazioni psicologiche oltre alle note alterazioni neurocognitive. NOTIZIE FSM a a a Dall’alto: Francesco Fanfulla, Nadia D’Artavilla Lupo, Rossella Trentin, Rita Maestroni OSPEDALIERA PER I PAZIENTI AFFETTI DA DISTURBI RESPIRATORI DURANTE IL SONNO E OBESITÀ SEVERA: IL CONTROLLO TELEMATICO DEI RISULTATI E DALL’ADERENZA AL TRATTAMENTO. I MECCANISMI FISIOPATOLOGICI DELLE ALTERAZIONI VENTILATORIE DURANTE IL SONNO IN CORSO DI SCOMPENSO CARDIACO CRONICO. LE ALTERAZIONI DELL’ATTIVITÀ FONATORIA NEI PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIE NEUROMUSCOLARI DELL’ETÀ EVOLUTIVA: MARKER PRECOCE DI ALTERAZIONE DELLA FUNZIONE RESPIRATORIA? NUOVE MISURE DEL GRADO DI SONNOLENZA DIURNA LABORATORI DEL SONNO DI PAVIA E MONTESCANO I DATI 2008 EPIDEMIOLOGIA DELL’OSAS a a 1000 PAZIENTI RICOVERATI 1000 PAZIENTI AMBULATORIALI 3500 INDAGINI NOTTURNE 100 DI TEST DI VIGILANZA. 50% I PAZIENTI FUORI REGIONE 6 APPARECCHIATURE STANZIALI E 16 PORTATILI CIRCA 10.000 SEGUITI REGOLARMENTE DALL’INIZIO DELL’ATTIVITÀ (1997 MONTESCANO; OTTOBRE 2004 PAVIA) 3-5% POPOLAZIONE ADULTA EUROPEA (9-15% QUELLA AMERICANA) 2-3% DELLA POPOLAZIONE PEDIATRICA (CA. IL 45% DEI BAMBINI CON SINDROME DI DOWN) a a a a a 40% DEI BAMBINI OBESI 10% DEI PAZIENTI CON BPCO 33% DEI PAZIENTI CON IPERTENSIONE ARTERIOSA 10-30% CON INSUFFICIENZA CARDIACA ARITMIE NOTTURNE (CA. 4% DI TUTTE LE OSA) RAPPORTO MASCHI:FEMMINE = 2:1 (1:1 NEI BAMBINI E NEGLI ANZIANI) 7 L’Istituto di Tradate al tavolo di lavoro permanente per affrontare l’aumento dei casi di OSAS a Varese “L’U.O. di Pneumologia di Tradate - ci spiega la dottoressa Margherita Neri, Responsabile dell’Unità - pur non avendo al suo interno un vero e proprio Centro dello Studio del Sonno esegue abitualmente su questi pazienti monitoraggi cardiorespiratori completi, solo raramente Polisonnografie. I pazienti seguiti regolarmente sono ormai circa 500 e vengono effettuate nuove diagnosi al ritmo di circa 100 all’anno. La domanda proveniente dal territorio è in continuo aumento e proprio per questo la ASL di Varese ha allestito da alcuni anni un tavolo di lavoro permanente che riunisce tutti i Centri della Provincia che si occupano di questa patologia per un confronto di esperienze e di operatività; ciò ha permesso di proporre ed adottare le migliori soluzioni per un problema di grande impatto epidemiologico e socio-sanitario. I pazienti sono sempre ricoverati per l’adattamento al ventilatore, modalità di accoglienza che permette all’équipe non soltanto un’osservazione diretta per qualche notte ma anche di impostare un intervento educazionale che si è strutturato negli anni in modo molto complesso ed articolato. Il paziente con OSAS è, infatti, accolto e preso in carico da uno staff multidisciplinare composto Medici, Infermieri professionali, Tecnici di funzionalità respiratoria, Psicologo, Dietologo. L’intervento complessivo educazionale prevede: a Somministrazione di test sanitari e psicologici a Colloqui operatore sanitario-paziente a Colloqui operatore sanitario-paziente-familiari a Incontri con gruppi di pazienti a Incontri con gruppi di pazienti e familiari a Opuscoli illustrativi il cui contenuto viene discusso con il paziente a Dimostrazioni pratiche con i ventilatori utilizzati 8 Lo scopo del grande sforzo comune è quello di informare il paziente della natura della sua patologia, della necessità di terapia e delle opzioni terapeutiche. Spesso il paziente è ancora giovane ed in età lavorativa, e gli si richiede di modificare radicalmente le sue abitudini di vita adottando uno stile di vita più sano ma probabilmente meno gratificante. Per questo è indispensabile uno sforzo corale di informazione, formazione e persuasione che coinvolga tutte le figure elencate, in particolare lo psicologo e il dietista. Con questi mezzi infatti cerchiamo di fare accettare al paziente la sua patologia e di fargli seguire con costanza le terapie necessarie, compresa l’eventuale dieta ipocalorica o la necessità di eseguire attività fisica regolare. Il follow up del programma di intervento prevede controlli regolari dopo 3, 6, infine ogni 12 mesi, in occasione di successivi controlli programmati già al momento delle dimissioni e che vengono svolti in collaborazione con l’équipe”. CASSANO PUNTO DI RIFERIMENTO PER LE REGIONI DEL SUD UN LABORATORIO DI POLISONNOGRAFIA CHE DAL 1995 EFFETTUA ESAMI PER LA DIAGNOSI DELLE PATOLOGIE RESPIRATORIE LEGATE AL SONNO NONCHÉ IL TRATTAMENTO DI TALE PATOLOGIA - AFFERMA LA DOTTORESSA MARIA ALIANI RESPONSABILE DEL LABORATORIO -. QUESTE VALUTAZIONI SI EFFETTUANO IN REGIME DI RICOVERO PER ACUTI DOVE VIENE EFFETTUATA LA DIAGNOSI E LA TITOLAZIONE DELLA PRESSIONE TERAPEUTICA NECESSARIA AL PAZIENTE PER LA NORMALIZZAZIONE DEL PATTERN VENTILATORIO CON RIDUZIONE DEGLI EVENTI APNOICI E DELLE DESATURAZIONI; E IN REGIME RIABILITATIVO PER L’ADATTAMENTO ALLA PROTESI VENTILATORIA PER POTER OTTENERE LA MIGLIOR COMPLIANCE AL TRATTAMENTO STESSO. ATTUALMENTE SI ESEGUONO CIRCA 600 ESAMI L’ANNO ANCHE SE, VISTO L’AUMENTO DI INCIDENZA DELLA MALATTIA, SIA IN AMBITO PNEUMOLOGICO, SIA CARDIOLOGICO E NEUROLOGICO, IL NUMERO DI RICHIESTE DAL TERRITORIO (PROVENIENTI PREVALENTEMENTE Da Sinistra: Carmela Petruzzelis, Dionisio Fortunato, Maria Aliani, Patrizia Guido, Angela Battista DALLA PROVINCIA DI BARI, FOGGIA E LECCE, NONCHÉ DALLE REGIONI BASILICATA, CAMPANIA, CALABRIA E SICILIA) È IN CONTINUO AUMENTO E OGGI LA LISTA DI ATTESA È DI CIRCA 6 MESI. Stop all’Osteoporosi l’esercizio fisico principe della prevenzione L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da una ridotta massa ossea e dal deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità e predisposizione alle fratture, soprattutto dell’anca, della colonna vertebrale e del polso. Un nemico feroce da non sottovalutare per i soggetti in età avanzata, che rischia di penalizzare fortemente la qualità della vita: un esempio su tutti la frattura al femore, che accade con maggiore frequenza nelle donne e che solo nel 30-40% dei casi consente una ripresa completa, mentre circa la metà dei soggetti colpiti deve fare i conti con una più o meno grave disabilità motoria nell’anno successivo alla frattura. Per questo è fondamentale il lavoro di prevenzione sin dalla tenera età: “È stato fortunatamente dimostrato - afferma Marco Monticone Primario dell’Unità Operativa di Riabilitazione Neuromotoria Specialistica dell’Istituto Scientifico di Lissone della Fondazione Maugeri - che un’attività fisica regolare può esercitare un’azione benefica sui disturbi e sulle malattie che colpiscono i muscoli e le ossa, quali osteoartrite, dolori lombari e osteoporosi: gli esercizi di allenamento, infatti, rafforzano muscoli, tendini e legamenti e migliorano la densità delle ossa”. L’osso è un tessuto vivo e complesso che si modifica continuamente e continuamente si ripara: si parla, infatti, di “rimodellamento osseo”. Questa continua attività di trasformazione e rimodellamento ha lo scopo di rendere le ossa più idonee alle esigenze funzionali delle varie età. Soprattutto dopo la menopausa si manifesta uno squilibrio fra riassorbimento e formazione ossea, principalmente a causa della carenza di La rete Agli Istituti Scientifici di Lissone e Castel Goffredo una task force per trattare, ma soprattutto prevenire una patologia sempre più diffusa estrogeni che hanno di per sé un’azione protettiva nei confronti del tessuto osseo. Di qui l’importanza dell’entità del patrimonio osseo con cui la donna arriva alla menopausa: quanto maggiore è la massa ossea raggiunta in età giovanile, tanto più la donna risulta protetta nei confronti della perdita ossea postmenopausale. Tuttavia, anche quando l’attività fisica in età giovanile non è stata esercitata con costanza, l’esercizio fisico regolare viene comunque prescritto, anche nei programmi d’intervento per la gestione dell’osteoporosi conclamata: infatti l’attività motoria, sia pur iniziata tardivamente, aumenta la massa ossea anche in soggetti con densità ossea ridotta, diminuendo significativamente il rischio di fratture, oltre ad essere efficace anche nel ridurre il consumo di analgesici. osteoporosi: i dati Le stime dell’International Osteoporosis Foundation affermano che a soffrire di osteoporosi è una donna su tre fra i 60 e i 70 anni e due su tre dopo gli 80, anche se prima della diagnosi la maggior parte di esse non sa di essere a rischio. In Italia sono 5 milioni le persone che ne soffrono, di cui 4 milioni sono donne. Solo 600.000 italiane (cioè 1 su 5) si curano. La complicanza più frequente è la frattura del femore (78.000 l’anno circa), con una previsione dell’OMS di 4 milioni di fratture nei prossimi 25 anni. L’OMS ha collocato l’osteoporosi tra le patologie di grande rilevanza sociale e fra le grandi sfide dei prossimi decenni. Oltre ai fattori fisiologici ormonali e di invecchiamento incidono sull’insorgenza della malattia gli stili di vita tipici della società del benessere: fumo, alcool, sedentarietà, alimentazione, magrezza. 9 Quale attività fisica va preferita? Dr. Marco Monticone 10 “Le Linee Guida SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione) sull’Osteoporosi, pubblicate nel dicembre 2005, hanno rivisto la Letteratura sull’efficacia dei principali esercizi da svolgere per i soggetti affetti da osteoporosi - continua il dottor Monticone -. In particolare, in età post-menopausale, hanno evidenziato gli effetti positivi a proposito degli esercizi aerobici, sito-specifici, con macchinari e posturali, sia per la riduzione del rischio di caduta, sia per l’equilibrio e l’agilità, e aggiungono i criteri valutativi e le raccomandazioni terapeutiche che lo specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione è invitato a seguire”. “Molto semplicemente, bisogna tener presente che per ess ere positivo il programma di attività fisica deve poter essere facilmente eseguito. Gli esercizi devono essere individuati e prescelti dal personale sanitario autorizzato e competente, evitando di scatenare dolore, rigidità articolare e muscolare, cadute inaspettate, cali della pressione arteriosa, dolore cardiaco (angina pectoris), o respiro affannoso”. Particolarmente indicate per il soggetto osteoporotico sono tutte le attività eseguite a carico naturale in cui il peso corporeo grava sulle ossa: infatti il peso del corpo unito alla forza di gravità stimola positivamente la calcificazione con conseguente aumento della densità ossea. Pertanto le attività fisiche da preferire sono la camminata, la marcia, il ballo, il salire le scale e l’aerobica. “La corsa leggera, invece - conclude Monticone - è un ottimo esercizio ma occorre evitarla in caso di osteoporosi avanzata per non aumentare il rischio di fratture. Mentre il ciclismo ed il nuoto sono da evitare, se non altro in quanto esercizi in cui il carico sulle ossa è inferiore e quindi meno utili”. “L’esercizio fisico per essere efficace, però, deve prevedere precise caratteristiche fisiche quali: intensità, frequenza, numero di ripetizioni, durata temporale e limite soglia. E l’effetto dipende dalla modalità di esecuzione - sottolinea il dottor Monticone -: il risultato finale è determinato dalla specificità e selettività dell’esercizio. Purtroppo, invece, l’adesione al trattamento non è sempre altissima e varia dal 42% al 63% per i soggetti che effettuano gli esercizi domiciliari tre volte alla settimana, dal 26% al 72% in chi li svolge almeno due volte”. Oltre agli esercizi in carico, vanno consigliati quelli per il potenziamento della forza muscolare (in particolare, della colonna vertebrale e degli arti inferiori), quelli posturali (attenzione al dorso curvo tipico dell’età senile) e dell’equilibrio (per ridurre il rischio di caduta a terra). Una sorveglianza continua nel tempo, da parte del medico e del fisioterapista, dello stato del paziente risulta fondamentale, così come una variazione negli esercizi ad intervalli prestabiliti (ogni 3-4 mesi). Il segreto della compliance, sia nelle sedute in palestra sia a casa, risiede infatti nel motivare il paziente e aiutarlo a comprenderne l’importanza. Coloro che incorrono nella complicanza fratturativa vertebrale vengono individuati quanto più precocemente possibile (ricordo che 50% delle fratture osteoporotiche vertebrali sono paucisintomatiche!) e trattati anche dal punto di vista riabilitativo. Inizialmente il trattamento non potrà che essere conservativo, con ausilio di apposito busto e limitazione del carico ad evitare ulteriori complicanze; successivamente verrà intrapresa una cauta fase riabilitativa che dovrà soprattutto mirare ad un equilibrato potenziamento della muscolatura antigravitaria, ad una rieducazione al cammino, alle reazioni di equilibrio. Sono diverse centinaia i pazienti trattati nell’Unità grazie anche alla presenza in Istituto di un densitometro DEXA e allo staff che coinvolge medici Fisiatri, Reumatologi, terapisti della riabilitazione, medici e tecnici della Radiologia e Biologi del Laboratorio Analisi. I grandi numeri della nostra attività potrebbero consentire in futuro di dare vita ad un ambulatorio dedicato esclusivamente ai pazienti osteoporotici. Intanto, sul piano della ricerca scientifica è già concluso un trial clinico sull’efficacia di un farmaco per la prevenzione dell’osteoporosi da glucocorticoidi ed un altro trial multicentrico sull’efficacia di altro farmaco nell’osteoporosi postmenopausale è tuttora in corso”. Quando si parla di osteoporosi si parla soprattutto di prevenzione delle fratture (e delle rifratture). Osteoporosi significa difatti patologica fragilità dell’osso. Innanzitutto bisogna prendere atto che ad occuparsi scientificamente di osteoporosi, in Italia, sono soprattutto Reumatologi, Endocrinologi e Fisiatri. La figura dell’Ortopedico diviene invece fondamentale al momento della frattura, soprattutto della frattura di femore o di polso. Infatti le fratture osteoporotiche più comuni (quelle vertebrali), sono spesso silenti o paucisintomatiche e di regola non richiedono trattamento chirurgico potendo efficacemente essere trattate da altre figure di Specialisti, purchè esperti di osteoporosi. a Di regola l’osteoporosi non è dolorosa, e se lo diventa è, probabilmente perché si è prodotta una frattura! E’ quindi fuorviante pensare di attribuire ad una bassa massa ossea disturbi articolari o muscolari che devono essere correttamente valutati e diagnosticati dal Reumatologo. a La diagnosi di osteoporosi non può di regola essere eseguita precocemente con la radiologia tradizionale, giacchè diventa visibile solo in fase avanzata o peggio, con l’evento fratturativo. a La diagnosi di osteoporosi si avvale della densitometria ossea, ad oggi l’unico parametro misurabile della densità minerale ossea (BMD). Al contrario i marcatori del turnover osseo, ancorchè costosi e spesso di difficile attuazione, possono essere utili soltanto in ambito di ricerca o nei casi di osteoporosi secondaria. a Non esiste una sola forma di osteoporosi: se numericamente l’osteoporosi postmenopausale (femminile) è la più rappresentata, non bisogna dimenticare che esiste anche l’osteoporosi nel maschio; inoltre esistono numerose forme di osteoporosi secondaria, dipendenti cioè da altre patologie, da farmaci o da scorretti stili di vita. a Il trattamento dell’osteoporosi va sostanzialmente personalizzato, pur nel rispetto delle linee guida internazionali. Va subito detto che l’intervento farmacologico va attentamente ponderato e messo in atto con la massima precocità: oggi disponiamo di farmaci in grado di recuperare la massa ossea e quindi di diminuire il rischio fratturativo, tuttavia essi necessitano di tempi medio-lunghi per potere esplicare appieno la loro attività. Nel frattempo vanno messe in atto tutte quelle ulteriori misure atte a ridurre il rischio di caduta. A cominciare da quelle più banali: le calzature devono essere chiuse e a base allargata per aumentare la stabilità; i tappetini scendiletto vanno tassativamente aboliti perchè spesso causa di rovinose cadute; le ginocchia instabili vanno protette Come individuarla, come intervenire Con il dottor Gianantonio Saviola, Responsabile dellʼUnità Operativa di Reumatologia dellʼIstituto Scientifico di Castel Goffredo, vogliamo mettere lʼaccento su alcuni punti fondamentali per la comprensione dellʼosteoporosi in presenza di malattie reumatologiche Dr. Gianantonio Saviola Nelle malattie reumatologiche, ad esempio l’artrite reumatoide, la co-presenza di osteoporosi è praticamente la regola: all’esordio della malattia artritica infatti, un occhio esperto potrà apprezzare una osteoporosi localizzata a livello delle articolazioni colpite dall’artrite, soprattutto le piccole articolazioni delle mani; successivamente il fenomeno, diviene generalizzato. I malati reumatologici sono quelli maggiormente rappresentati nel nostro Istituto all’Unità Operativa di Reumatologia Riabilitativa. A partire dal 1992, anno di istituzione del primo embrione dell’Unità Operativa di Reumatologia Riabilitativa sono centinaia i pazienti che vengono periodicamente sottoposti a densitometria ossea e - ove necessario - a terapia farmacologica per prevenzione delle fratture o delle rifratture. Coloro che presentano un elevato rischio fratturativo senza fratture da fragilità, vanno educati ad uno stile di vita congruo (dieta con apporto sufficiente di calcio, cauto esercizio fisico, riduzione di fumo ed alcoolici), mentre eventuali concause osteoporogene debbono essere identificate e se possibile eliminate. con tutori appositi; inoltre vanno posizionati corrimano sulle scale e nei servizi igienici. I pazienti con ridotta capacità deambulatoria autonoma vanno tutorizzati con bastoni, deambulatori o altro ausilio. Va posta inoltre grande attenzione ad alcuni farmaci, soprattutto gli ipotensivi e gli ansiolitici, perchè gli effetti collaterali di alcuni di essi, soprattutto nell’anziano possono manifestarsi con deficit dell’equilibrio. Il ruolo della vitamina D Da alcuni anni è stato chiaramente individuato un importante fattore di rischio per le cadute, soprattutto negli anziani: il deficit di vitamina D. La carenza di questa vitamina è stata a lungo considerata importante soltanto ai fini del mantenimento dell’omeostasi del metabolismo calcico. In realtà si è recentemente dimostrato che la vitamina D è anche necessaria per contrastare la miopatia prossimale dell’anziano, una forma di degenerazione muscolare che colpisce soprattutto la radice degli arti inferiori, con conseguente maggiore suscettibilità alle cadute. Inoltre è stato pure dimostrato che la carenza di vitamina D è una delle principali cause di fallimento della terapia farmacologica dell’osteoporosi. Pertanto l’adeguata somministrazione di vitamina D (soprattutto colecalciferolo = vitamina D3) è uno dei capisaldi non soltanto della terapia, ma anche delle fasi preventive e riabilitative dell’osteoporosi. vigilanza e l’attenzione, e riaffiorati i movimenti orolinguali, si inizia lo svezzamento della deglutizione, secondo una scelta nutrizionale che dipende dalla gravità della disfagia. Attività e... L’intervento condiviso L’importanza della gratificazione del cibo per riabilitare dal trauma Molti i disturbi correlati al Trauma Cranio Encefalico tra questi la disfagia occupa un ruolo di rilievo 12 Quale relazione intercorre tra il miglioramento della disfagia neurogena e il recupero funzionale sia cognitivo sia motorio in pazienti con esiti di Trauma Cranio Encefalico? Il Trauma Cranio Encefalico, infatti, comporta esiti di grande impatto sociale sia per il tipo di disabilità che produce (cognitiva, neuromotoria, comportamentale), sia perché interessa in particolare giovani adulti, vittime, nella maggior parte dei casi, di incidenti stradali. Le fasce di età maggiormente a rischio sono tra i 15 e i 24 anni e dopo i 64 anni. Fra i diversi disturbi presenti in caso di TCE, la disfagia occupa un posto di rilievo, essendo responsabile di infezioni polmonari, disidratazione e mal nutrizione, che possono influenzare negativamente il recupero funzionale. I pazienti con grave Trauma Cranio Encefalico, trasferiti nella U.O. di Neuroriabilitazione, non possono alimentarsi per bocca, in seguito a deficit neuropsicologici, comportamentali, a danni alle strutture centrali e periferiche delle strutture preposte alla deglutizione, oppure per la prolungata inattività o per la presenza di dispositivi esterni di alimentazione come la cannula endotracheale o il sondino naso-gastrico. Uno studio retrospettivo, condotto su 33 pazienti con esiti di TCE di età compresa tra i 17 e il 68 anni, dall’U.O. di Neuroriabilitazione intensiva di Fondazione Maugeri, presente all’interno dell’Azienda Ospedaliera O.C.R. di Sciacca, contribuisce a chiarire il valore della deglutizione quale potente stimolo risvegliante e gratificante, che contribuisce al miglioramento delle abilità motorie e cognitive. Lo studio, presentato nel novembre 2008 al XXXVI Congresso Nazionale SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa) di Roma, evidenzia inoltre una correlazione tra il recupero funzionale e la tempestività di un programma riabilitativo-assistenziale mirato alla ripresa della deglutizione, che riduce la frequenza delle complicanze, migliorando la prognosi. “Il punto di partenza per l’intervento riabilitativo afferma il dottor Domenico De Cicco, Primario dell’U.O. di Neuroriabilitazione - sempre personalizzato, è di considerare l’individuo nella sua globalità, fisica, psichica ed esistenziale, ovvero di considerare, ai fine della nostra valutazione, non solo la situazione neurologica complessiva, ma anche le condizioni familiari e l’eventuale presenza associata di sintomi neurologici focali (aprassia, disartria, afasia, emisomatognosia, ecc.). L’apporto di figure multi-professionali e inter-disciplinari, in rapporto alle diverse competenze contribuisce ad arricchire il quadro complessivo del paziente e ci permette un intervento davvero mirato”. “Anche l’obiettivo terapeutico è stato diverso per i vari pazienti, conclude il dottor De Cicco - pur puntando sempre all’autonomia in ambito motorio e cognitivo. Diffrente è stato, infatti, il recupero della deglutizione fisiologica, il più possibile vicino alla normalità, la costruzione di una deglutizione funzionale, caratterizzata da una maggiore durata dell’atto deglutitorio. Questo ci ha permesso, anche attraverso eventuali limitazioni dietetiche e l’adozione di posture facilitanti, di puntare ad un nuovo inserimento del paziente in ambito familiare e sociale, cercando di ristabilire la giusta armonia affettivo-relazionale”. il campione 33 pazienti con esiti di TCE: 30 maschi e 3 femmine Riabilitazione: quali i risultati I risultati del programma riabilitativo sono valutati rispetto ai temi della nutrizione, delle abilità motorie, e dell’ambito cognitivo. Al termine della degenza il 50% dei pazienti era in nutrizione orale mediante dieta libera, il 15% era a dieta orale con limitazioni e il 30% era in nutrizione enterale per SNG/PEG. Il 24% dei pazienti ha raggiunto l’autonomia motoria, il 30% necessitava di assistenza parziale e il 43% di assistenza completa. In abito cognitivo, il 15% dei pazienti ha raggiunto l’autonomia, il 52% necessitava di assistenza parziale e il 30% di assistenza completa. Età tra i 17 e i 68 anni, con prevalenza di giovani di età inferiore a 40 anni 22 presentavano una grave forma di disfagia 45-60 gg, la durata media della degenza I pazienti presentavano deficit cognitivo e/o comportamentale: contenuto della coscienza ridotto, attenzione labile, comprensione labile, verbalizzazione assente, disturbi comportamentali apresenza di riflessi sunzione e muso) primordiali (morsus, adeficit motori (posture del tronco e del capo non corrette, deficit motori centrali o periferici e presenza di dispositivi ostacolanti la deglutizione). Intervento riabilitativo NOTIZIE FSM La valutazione clinica inizia con l’analisi delle capacità attentive e dell’atteggiamento posturale del capo e del tronco; considera, tra gli altri, i sintomi soggettivi relativi al disturbo, la condizione clinica generale, e si basa sulla valutazione neurologica ed in particolare dei nervi cranici coinvolti nel meccanismo della deglutizione. L’osservazione della postura e la valutazione del tono, del trofismo, dell’articolarità, dei deficit motori, dei deficit sensitivi delle abilità cognitive e motorie e delle abilità nell’attività di vita quotidiana permettono poi una valutazione del percorso riabilitativo. Per l’aspetto logopedico, invece, si esegue l’osservazione di diverse componenti, come il livello di vigilanza, l’attenzione, la comprensione, la memoria a breve termine, la postura generale, e si considerano l’aspetto morfologico e funzionale delle strutture orofaringee e i movimenti bucco-linguo-facciali. Si svolgono quindi le prove di deglutizione, verificando la presenza di eventuali segni di inalazione e riflessi di protezione (tosse, raclage), e una valutazione delle funzioni correlate con la deglutizione, come la fonazione e la respirazione. La valutazione strumentale della deglutizione si avvale della videofluorografia, eseguita da radiologo e logopedista, che consente un’analisi di tutte le fasi del processo, evidenziando le aspirazioni silenti e stabilendo la gravità della disfagia neurogena sulla base delle alterazioni documentate. Una volta migliorate la Lo staff dell’dall’U.O. di Neuroriabilitazione intensiva di Fondazione Maugeri, presente all’interno dell’Azienda Ospedaliera O.C.R. di Sciacca 13 I CAV SECONDO OMS E NELL’UNIONE EUROPEA Le funzioni e ruoli identificati per i CAV Attività e... La normativa che mancava Siglato l’Accordo Stato-Regioni sui Centri Antiveleni in Italia Il 28 febbraio 2008 è stato sancito, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un Accordo, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente la definizione di attività ed i requisiti basilari di funzionamento dei Centri Antiveleni (Rep. Atti n. 56/ESR). Un traguardo importante frutto della collaborazione tra la Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, la Direzione Generale Sanità delle Regioni Lombardia e Lazio e il contributo del CNIT- Centro Nazionale di Informazione Tossicologica, dell’IRCCS Fondazione Maugeri di Pavia che da tempo auspicava una disciplina dell’attività. “Oggi, dunque anche l’Italia dispone di una normativa che definisce e fissa ruoli e funzioni di questi servizi fondamentali per la salute pubblica che svolgono funzioni specifiche, non riconducibili ad altre strutture operative ed essenziali per i Servizi Sanitari Nazionale e Regionali - ci spiega il dottor Carlo Locatelli del CNIT di Pavia che ha preso parte al tavolo di lavoro -. Per svolgere l’attività medico-specialistica presso i CAV occorre, infatti, uno staff di medici tossicologi esclusivamente dedicato, debitamente formato e continuamente addestrato. L’elevata specializzazione e le peculiarità funzionali dei CAV richiedono l’organizzazione di strutture complesse la cui operatività si svolga in modo autonomo, ma sinergico, con altri servizi eventualmente coinvolti nel percorso assistenziale, sia all’interno della struttura ospedaliera ove il CAV ha sede che sul territorio”. Le funzioni identificate dalla normativa hanno l’obiettivo di assicurare almeno tre dei seguenti risultati di grande rilievo per la sicurezza e la salute pubblica: (a) una migliore presa in carico del paziente intossicato e appropriatezza delle cure prestate; (b) riduzione degli accessi impropri al sistema ospedaliero delle urgenze e a quello territoriale, dei ricoveri non strettamente necessari, delle indagini diagnostiche e strumentali non appropriate, e (c) un valido supporto specialistico alle altre strutture e Istituzioni (pubbliche e private) che operano in ambito sanitario o che possono comunque essere determinanti per la sicurezza e la salute: ciò si riferisce in particolare alla gestione di emergenze chimico-tossicologiche convenzionali. “L’importante riconoscimento delle funzioni e attività dei CAV da parte dello Stato e delle Regioni - conclude il dottor Locatelli - implica un notevole sviluppo e adeguamento di questi servizi nel breve-medio termine, non solo per fronteggiare adeguatamente le urgenze, ma anche per poter dar risposta alla crescente domanda di consulenza, di documentazione e di valutazione epidemiologico-tossicologica da parte di Istituzioni, Organismi ed Enti locali, regionali, nazionali e sopranazionali”. NOTIZIE FSM 1 Consulenza tossicologica specialistica, in urgenza e non, agli operatori sanitari delle Aziende Ospedaliere, delle ASL, ai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, per la gestione dei pazienti con problematiche tossicologiche 2 Consulenza tossicologica specialistica per via telefonica alla popolazione in relazione al grado di pericolosità dell’esposizione, alla possibilità di trattamento domiciliare o all’eventuale necessità di ricovero 3 Attività clinica specialistica al fine di assicurare la gestione diretta dei pazienti con intossicazione acuta presso il pronto soccorso e il dipartimento d’emergenza dell’ospedale in cui è operativo il CAV o presso il proprio reparto (ove presente) 4 5 6 7 DAL 1953, ANNO IN CUI È SORTO UFFICIALMENTE IL PRIMO CENTRO ANTIVELENI NEGLI USA, NUMEROSI CAV SONO STATI CREATI IN QUASI TUTTI I PAESI SVILUPPATI. NEGLI USA SONO OGGI OPERATIVI 69 CAV E IN EUROPA VE NE SONO PIÙ DI 80, ALMENO UNO IN OGNI PAESE. SONO DUE LE RISOLUZIONI CEE CHE DEFINISCONO COMPITI E FUNZIONI DEI CAV NEGLI STATI MEMBRI: RISOLUZIONE CEE 90/C 329/03 DEL 3 DICEMBRE 1990 RELATIVA AL MIGLIORAMENTO DELLA PREVENZIONE E DEL TRATTAMENTO DELLE INTOSSICAZIONI ACUTE NELL’UOMO E RISOLUZIONE CEE DEL 29 MAGGIO 1986 RELATIVA A UN PROGRAMMA D’AZIONE DELLA COMUNITÀ SULLA TOSSICOLOGIA AI FINI DELLA PROTEZIONE DELLA SALUTE Attività di consulenza presso altri reparti dell’ospedale e visite specialistiche ambulatoriali Identificazione delle necessità di tossicologia analitica clinica a livello nazionale, ai fini di una razionalizzazione delle risorse esistenti e di una loro migliore disponibilità Reperimento, implementazione e continuo aggiornamento di banche dati tossicologiche e di banche dati relative a tutti i prodotti commercializzati in Italia (farmaci, prodotti per uso domestico, prodotti per uso agricolo, prodotti industriali, ecc.) Elaborazione statistico-epidemiologica dei dati relativi alle intossicazioni, anche in collaborazione con altri Enti istituzionalmente competenti LE INTOSSICAZIONI: I DATI L’INCIDENZA MEDIA ANNUA DELLE INTOSSICAZIONI ACUTE È, NEL NOSTRO PAESE COME NEL RESTO D’EUROPA, APPROSSIMATIVAMENTE DI 1 CASO OGNI 100 ABITANTI, E SONO IN CONTINUO AUMENTO. A CAUSA DELL’ENORME VARIABILITÀ DI AGENTI TOSSICI A CUI AVVIENE L’ESPOSIZIONE E DELLA MODALITÀ DI ESPOSIZIONE (ES. ABUSO), I QUADRI CLINICI SONO OGNI VOLTA DIVERSI E RISULTANO SPESSO DI DIFFICILE INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO. L’IMPORTANTE ATTIVITÀ SANITARIA CHE NE CONSEGUE, SIA NEL CAMPO DELLA CURA (DIAGNOSI E TERAPIA) SIA IN QUELLO DELLA PREVENZIONE, È DIMOSTRATA DAI NUMERI DELLE CONSULENZE FORNITE DAI CENTRI ANTIVELENI (CAV) ITALIANI (PIÙ DI 150.000/ANNO) E DA QUELLI DELLE DIAGNOSI PRINCIPALI DI DIMISSIONE (CIRCA 100.000/ANNO) RELATIVI A RICOVERI OSPEDALIERI PER INTOSSICAZIONI/AVVELENAMENTI E ABUSO DI ALCOL E ALTRE SOSTANZE. I DATI DELLE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERE NON INCLUDONO LE PRESTAZIONI PER INTOSSICAZIONI ACUTE FORNITE NEI SERVIZI D’URGENZA E NON SEGUITE DA RICOVERO (STIMABILI IN CIRCA 500.000/ANNO) E QUELLE AMBULATORIALI (PER PROBLEMATICHE CRONICHE). 8 Partecipazione alle attività di sorveglianza, vigilanza e allerta, in collaborazione con il Ministero della Salute, le Regioni e altri Enti istituzionalmente competenti 9 10 Monitoraggio del fabbisogno e valutazione di efficacia e sicurezza degli antidoti Attività di collaborazione, fatte salve le competenze dei livelli istituzionali, nell’approvvigionamento, gestione e fornitura in urgenza degli antidoti di difficile reperimento 11 Supporto tossicologico per la gestione delle urgenze ed emergenze sanitarie derivanti da incidenti chimici, convenzionali e non, ivi comprese le problematiche terroristiche, anche a supporto della Protezione Civile 12 Partecipazione a gruppi di lavoro per l’elaborazione dei piani per le emergenze chimiche-industriali in stretto collegamento con gli Organismi ed Enti competenti in materia di Protezione Civile 13 Supporto, collaborazione e consulenza nei confronti dei Dipartimenti di Prevenzione e dei Dipartimenti Veterinari delle ASL, dei Laboratori di Sanità Pubblica, degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e dei Dipartimenti Provinciali delle ARPA/APPA per gli aspetti di competenza 14 15 Attività di formazione e aggiornamento in tossicologia clinica rivolta agli operatori sanitari dei Servizi Sanitari Regionali e Nazionale 16 17 Attività di ricerca clinica e, ove possibile, preclinica, con particolare riferimento agli aspetti di diagnosi, di trattamento e di prevenzione Attività didattica rivolta a studenti di discipline sanitarie, nonché attività didattica per la prevenzione e il primo soccorso rivolta al pubblico (sia adulto che in età scolare) Realizzazione, mantenimento e continuo miglioramento, sia dal punto di vista funzionale che tecnologico e scientifico, di un sistema nazionale in grado di funzionare come una rete integrata sia nei servizi d’urgenza sia in quelli della prevenzione, sia a livello regionale che nazionale, nonché in grado di interfacciarsi a livello europeo. NOTIZIE FSM 15 Attività e... Dal Coma agli stati vegetativi, il percorso dopo un danno cerebrale severo passa per diverse fasi cliniche, non sempre in evoluzione Come fare chiarezza Riprende l’attività della Commissione Ministeriale tecnico-scientifica sullo stato vegetativo e sullo stato di minima coscienza che vede tra gli esperti, come nella prima fase dei lavori nel 2005, la dottoressa Caterina Pistarini, Primario dell’Unità di Risveglio e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Istituto Scientifico di Pavia di Fondazione Maugeri. Un documento per la definizione degli stati vegetativi e stati di minima coscienza è ritenuto essenziale per normare un campo sanitario ancora molto lacunoso e dalle forti implicazioni etiche. Quello attuale riprende un percorso iniziato nel 2005, che è stato finora accidentato: si tratta di un iter che subisce l’influenza dei fatti eclatanti di attualità, che rendono solo un rilievo mediatico alla problematica, come sono stati il caso di Terry Schiavo, e ora quello di Eluana Englaro, ma che richiedono una risposta istituzionale per fare chiarezza su alcuni concetti basilari. È questo il compito del “Gruppo di lavoro sullo stato vegetativo e di minima coscienza” istituito dal Ministero della Salute e del Welfare. La Commissione, presieduta dal sottosegretario On. Eugenia Roccella oggi vede anche la presenza di 17 membri in rappresentanza di realtà ospedaliere, universitarie, di ricerca, cui partecipa, per Fondazione Maugeri, il professor Marcello Imbriani, Direttore Scientifico Centrale. Definire il problema è importante non solo a livello clinico ma anche per le implicazioni a livello divulgativo. Troppo spesso, infatti, si creano aspettative irrealistiche, anche nei familiari, rispetto a queste patologie. Uno dei gruppi di lavoro si occupa di verificare quali siano le tecniche di indagine neurofisiologica che permettono di capire se esistono aree cerebrali ancora attive e, di conseguenza, approfondire il concetto di coscienza e di “contenuti di coscienza”e di opportunità riabilitative a seguito della stimolazione. L’aspetto epidemiologico della problematica, è attualmente di difficile definizione ma è indispensabile per arrivare a stabilire le aspettative e i percorsi di cura più adeguati per questi pazienti. Questo lavoro è affiancato da quello dei rappresentanti delle diverse associazioni dei famigliari che esprimono le loro problematiche, attraverso un apposito Tavolo. “Una volta condiviso e approvato il documento finale - sottolinea la dottoressa Pistarini - sarà più facile, anche se non meno doloroso, chiarire i confini e le linee di azione nei confronti di casi che oggi assorbono l’attenzione dei media. Qui sta l’importanza del documento che stiamo preparando, che contribuirà a chiarire alcuni aspetti lacunosi del sistema legislativo che, ad esempio, non riconosce validità al testamento biologico”. 16 NOTIZIE FSM La mancanza di uno studio epidemiologico sugli stati vegetativi e stati di minima coscienza è da attribuirsi alla relativa recente crescita del problema. Con l’avanzamento tecnico-scientifico nel campo della rianimazione, e il miglioramento della qualità dell’assistenza, infatti, i casi di sopravvivenza a patologie cerebrali sono in aumento, e i pazienti hanno maggiore aspettativa di vita. “E’ essenziale una classificazione uniforme e raffinata dello stato del paziente al momento della dimissione dall’ospedale - prosegue la dottoressa - . Attualmente si verifica invece una dispersione di dati a causa dell’interpretazione che viene data della patologia e in conseguenza del fatto che i pazienti, dopo il ricovero in rianimazione, vengono indirizzati in strutture di accoglienza di diversa tipologia. Il passo successivo che GLOSSARIO STATO VEGETATIVO auspichiamo possa vedere la luce in tempi brevi è un registro unico, in fase di elaborazione, con i dati delle strutture di riabilitazione che porterà ad una conferenza nazionale di consenso sulla cerebro-lesione, preposta ad elaborare le linee guida per la gestione organizzativa e clinica, di questi pazienti”. Nell’ambito delle Unità preposte in Fondazione Maugeri dal 2004 al 2006 sono stati trattati un centinaio di casi di stati vegetativi. “In realtà - prosegue la dottoressa Pistarini - sappiamo ancora poco sullo stato vegetativo. La domanda da porsi è quanto questi pazienti siano disabili. Finché questa area non sarà disciplinata, non si potranno definire i percorsi di cura e le caratteristiche delle strutture più idonee ad accoglierli all’interno del Sistema Sanitario”. “Attualmente il nostro IRCCS dimette dopo un percorso di cura verso strutture protette, raramente al domicilio del paziente o verso le Unità di Accoglienza Permanente. Queste ultime, ancora troppo rare per rispondere adeguatamente ai bisogni specifici dei pazienti e delle loro famiglie - spiega la dottoressa - potranno aumentare proprio in seguito all’attuazione del documento in elaborazione. Dall’accordo con le Regioni arriverà una risposta da parte del Sistema Sanitario ad un problema che oggi è ancora lasciato all’iniziativa autonoma di privati, singoli e associazioni”. “L’attività della commissione riparte comunque dal buon lavoro compiuto dalla precedente che ha lavorato nel 2006 conclude la dottoressa Pistarini -. Il centro dell’attenzione sta appunto oggi sull’aggiornamento dei dati epidemiologici e sulla definizione delle diverse situazioni cliniche che si determinano dopo un evento neurologico. È importante giungere ad una determinazione appropriata e condivisa di cosa si intende per stato vegetativo, stato di minima coscienza, morte cerebrale, grave cerebrolesione e coma. Il documento della Commissione dovrà poi seguire l’iter amministrativo-legislativo per diventare operativo”. Stato di vigilanza senza consapevolezza. La persona mantiene le funzioni vitali (respiro, pressione), giace ad occhi aperti ma non è in contatto con l’ambiente che la circonda. Non manifesta consapevolezza di se stesso o forme di comunicazione. Ha motilità di tipo riflesso e non intenzionale. STATO DI MINIMA COSCIENZA (MCS) Descrive un quadro clinico di severa compromissione di coscienza nella quale però la persona dimostra una minima evidenza di sè e dell’ambiente circostante: esecuzione di ordini semplici, risposte gestuali o verbali si/no, verbalizzazione intelleggibile, movimenti o comportamenti affettivi in relazione a stimoli ambientali rilevanti e non attribuibili ad attività riflessa. Almeno uno dei criteri nominati deve essere presente e riproducibile per sostenere la diagnosi. COMA Stato di completa perdita della coscienza da cui il paziente non può essere risvegliato dagli stimoli ordinari. MORTE CEREBRALE Stato in cui sono cessate irreversibilmente tutte le funzioni cerebrali. SINDROME DEL LOCKED-IN Sindrome di de-efferentazione con immobilità assoluta, ad eccezione della motilità oculare, con coscienza conservata e presenza di consapevolezza di sé e dell’ambiente. 17 volta innescano una ricaduta sul piano socio-economico sia generale, in seguito alla perdita di professionalità e di forza lavoro o il ricorso a sussidi assistenziali, sia di ordine personale, dall’aspetto economico privato ai risvolti psicologici che investono l’autostima e la qualità della vita delle pazienti. Lo studio italiano è importante proprio perché prende in considerazione l’aspetto del lavoro come momento di realizzazione per la donna, un concetto ancora poco radicato nella nostra cultura. Plus 18 Ritornare al lavoro... ...e alla vita di tutti i giorni Dal cancro oggi si può guarire e comunque si sopravvive sempre più a lungo. Questo dato impatta fortemente sul risvolto sociale e lavorativo dei pazienti, ed è questa una delle tematiche emergenti per l’oncologia. Il paziente con diagnosi di tumore si trova infatti ad affrontare il passaggio da una vita attiva, all’inattività e alla disabilità temporanee e deve essere accompagnato, oltre che nel percorso di cura specifica, anche al recupero della disabilità psico-fisica fino al reinserimento occupazionale. NOTIZIE FSM Studi sulla ripresa del lavoro di donne dopo un tumore al seno sono più frequenti in Paesi del Nord Europa, in contesti sociali che danno una diversa rilevanza al ruolo del lavoro nel mondo femminile. In Italia studi di questo genere sono rari. Fondazione Maugeri ha voluto esplorare quest’ambito per cercare di dar voce al vissuto delle donne e cogliere il legame tra malattia e rientro al lavoro. Pubblicato nel 2008 e coordinato dalla dottoressa Maria Rosa Strada, Responsabile dell’Unità Operativa di Riabilitazione Oncologica dell’Istituto Scientifico di Pavia, lo studio era finalizzato a valutare l’impatto della malattia e delle terapie sul ritorno al lavoro, quantificando la percentuale di pazienti che riprendono la professione, verificando inoltre eventuali cambi di mansione e di orario. “Il dato generale - specifica la dottoressa Strada - ci dice che le pazienti durante la terapia desiderano tornare a lavorare, il lavoro rappresenta, infatti, un segnale di ripresa di una vita famigliare e professionale il più possibile simile al momento prima della diagnosi”. Certo, si parla di patologie che possono lasciare diversi gradi di disabilità, che a loro L’approfondimento svolto da Fondazione Maugeri ha interessato 131 pazienti in età lavorativa, operate per carcinoma mammario e occupate al momento della diagnosi. Il questionario per la raccolta dei dati riguardava dati personali (età alla diagnosi, titolo di studio, presenza di figli), fattori correlati alla malattia (durata della malattia, effetti collaterali della terapia, comorbidità), elementi inerenti il tipo e l’orario di lavoro. Per l’analisi e la misurazione dei risultati, in mancanza di letteratura locale, è stato tradotto e impiegato il test VBBA (van Veldhoven, 1994), di paternità olandese e specifico per il lavoro. I risultati dello studio si possono considerare positivi e mostrano che sono tornate al lavoro 97 pazienti su 131 (il 74%), con una prevalenza di donne con lavoro dipendente (77 del totale dei rientri al lavoro), e intellettuale (65%). Nel 53% dei casi hanno ottenuto un orario flessibile. Tra le pazienti che non hanno ripreso a lavorare, il 53% è stato costretto dalle conseguenze fisiche della neoplasia e dei trattamenti, il 41% per motivazioni personali, legate al mutato ordine di priorità e di atteggiamento verso il lavoro; il 6% per politiche aziendali. “Dal punto di vista statistico - prosegue la dottoressa Strada - sono risultati significativi nel determinare il rientro al lavoro due fattori in particolare, ovvero il tipo di lavoro (fisico oppure intellettuale), e la durata della malattia, intesa come il periodo in cui la paziente ha ritenuto di non sentirsi nelle condizioni di lavorare. A questo proposito la linea di demarcazione è intorno ai 60 giorni di malattia. Certo la possibilità di poter disporre di un orario flessibile è stato incentivante”. Rilevante anche la presenza del sintomo della fatigue che anche nei pazienti oncologici riduce i livelli di energia, aumenta la debolezza, la sonnolenza e le difficoltà di concentrazione. Lo studio, pur nei limiti del campione coinvolto, permette di comprendere il ruolo della sfera occupazionale del paziente oncologico sul tessuto lavorativo. Consente inoltre una migliore conoscenza delle capacità lavorative e dell’impatto della malattia e delle terapie sulla performance fisica delle donne dopo un tumore mammario. Il prossimo step sarà considerare i diversi aspetti della qualità della vita, il ruolo sociale, la ripresa della quotidianità, gli aspetti psicologici delle pazienti. Uno degli obiettivi della moderna oncologia si identifica, infatti, con l’erogazione di una qualità di cura che preservi la funzione e l’autonomia, minimizzando gli effetti collaterali del trattamento, e che sia finalizzata ad un ripristino, il più rapido possibile, di tutte le condizioni di vita precedenti, compresa quella lavorativa. I DIRITTI DEL LAVORATORE MALATO Le conquiste di AIMaC e FAVO 2003 - La legge di riforma del mercato del lavoro, la cosiddetta “Legge Biagi”, prevede la possibilità, per il malato dipendente del settore privato, di passare dal tempo pieno al tempo parziale per potersi curare con maggiore agio, mantenendo però il diritto a riprendere il normale orario di lavoro quando lo riterrà opportuno. 2005 - La legge n.80/2005 (riordino della Pubblica Amministrazione) snellisce l’iter burocratico per l’accertamento della disabilità e dell’handicap presso le Aziende Sanitarie Locali, riducendo i tempi di accertamento da un anno a 15 giorni. FAVO e AIMaC stabiliscono un accordo con l’INPS. Viene approvata una disposizione affinché le commissioni mediche dell’Ente ottemperino alle verifiche entro un termine di 30 giorni. Nel 2007 vengono aggiornati gli importi delle provvidenze per gli invalidi civili e i limiti di reddito previsti per avere diritto alle relative prestazioni assistenziali. 2007 - Il protocollo sul Welfare, collegato alla Finanziaria 2008, estende i benefici della norma della Legge Biagi ai dipendenti del pubblico impiego e, in diversa misura, anche ai lavoratori familiari o conviventi che assistono il malato. www.aimac.it; www.favo.it 19 TUMORE AL SENO: i dati 34% di tutti i tumori femminili in Europa Oltre 400.000 donne in Italia vivono con diagnosi di tumore L’incidenza aumenta con l’età e mostra picchi tra i 45 e i 55 anni (età lavorativa) Aumento dei casi (dati di prevalenza): anno 1995 - 270.000 casi; anno 2005 - 400.000 casi LE PAZIENTI DELLO STUDIO a131 donne con diagnosi di carcinoma mammario aEtà: tra i 18 e i 60 anni, con età media di 45 anni aIstruzione: 9 con istruzione elementare, 32 con media inferiore, 66 con media superiore, 24 con laurea aMalattia: 26 con comorbidità; 63 con esiti chirurgici; 73 hanno fatto riabilitazione; 50 presentano tossicità da chemio e radio terapia aRapporto di lavoro: 33 autonomo, 50 dipendente pubblico, 48 dipendente d’azienda aTipologia di lavoro: 54 lavoro fisico, 77 intellettuale aTempo di lavoro: 105 occupate a tempo pieno, 26 a part-time Sinergie e collaborazioni in riviera Plus Con il direttore dell’Istituto scientifico di Nervi, a tre anni dall’inaugurazione della nuova sede, facciamo il punto per capire progetti e sviluppo della riabilitazione in Liguria 20 14 Un sole e una temperatura primaverili ci accolgono nella bellissima Nervi e ci trattengono, rendendo difficile il ritorno verso le nebbie a cui siamo ormai tristemente (sempre più) abituati. Incontriamo il dottor Paolo Sessarego, Direttore dell’Istituto Scientifico di Nervi, nonché direttore Scientifico, Direttore Sanitario e Primario dell’U. O di RRF; e con lui incontriamo i molti collaboratori in corsia e in palestra da cui traspare trasporto e quell’affiatamento tipici delle strutture di dimensioni più contenute e che gli stessi pazienti percepiscono ed apprezzano. 62 posti letto di degenza ordinaria di cui 20 ad indirizzo neuromotorio, più 5 letti di Day Hospital all’interno dell’Unità Operativa di Recupero e Riabilitazione Funzionale; una piena operatività dopo il trasferimento nel novembre 2005, una sede più idonea e funzionale e tanti progetti in corso e per il futuro. Parte quindi positivamente questo 2009 per l’Istituto? “Abbiamo numerose collaborazioni in atto ma soprattutto abbiamo visto rinnovata ed ampliata la fiducia nel nostro lavoro da parte della ASL 3 “Genovese” che nel novembre dello scorso anno ha appunto rinnovato il Protocollo di convenzione con Fondazione Maugeri. Una convenzione che per i prossimi tre anni regolerà i flussi dell’attività clinico-assistenziale e le collaborazioni sul fronte della ricerca con l’obiettivo di orientare i nostri interventi al recupero globale della persona”. Questo significa anche un ampliamento del vostro intervento? “Certo, con questa convenzione oltre al fatto di essere parte della rete assistenziale della ASL, ovvero di tutta l’area metropolitana genovese, siamo disponibili nella gestione di eventuali picchi di emergenza per accogliere, per l’intervento riabilitativo, pazienti con patologie ortopedico-reumatologiche. E ancora, la fiducia della ASL si legge anche nella possibilità che ci è stata affidata di gestire i singoli casi, dalla segnalazione del ricovero fino alla dimissione nel territorio, grazie alla disponibilità di strutture di riferimento dove poter inviare i pazienti per continuare il trattamento in regime riabilitativo non intensivo. Con le altre Aziende Sanitarie Locali cerchiamo, invece, di organizzare i flussi sulla base delle segnalazioni nelle aree di intervento di nostra competenza. Contribuiamo, quindi, a determinare quella rete assistenziale che rappresenta uno degli obiettivi prioritari di un sistema sanitario”. Da IRCCS come si muove la collaborazione sul piano della ricerca? “Il focus del nostro intervento di ricerca vede in primo piano il lavoro svolto con i colleghi della ASL 3 e dell’Ospedale La Colletta di Arenzano per il trattamento riabilitativo dei pazienti anziani dopo frattura di femore con uno studio di follow up a sei mesi che dimostra l’importanza dell’intervento riabilitativo intensivo. Progetto presentato anche all’ultima edizione della SIMFER e che prevede un riscontro complessivo a un anno”. Un’altra collaborazione scientifica di rilievo, interna a Fondazione, è quella che da anni si sta svolgendo nell’area nutrizionale con il Dr. Roberto Aquilani. In quest’ambito, è stato attivato quest’anno un progetto di ricerca interessante su: “Prevalenza e correzione del danno ossidativo in pazienti con Ictus ischemico in fase subacuta”. E sul fronte delle applicazioni di Telemedicina, come si sta muovendo l’Istituto? “Considerato il potenziale delle applicazioni della Telemedicina attive in Fondazione, abbiamo presentato all’Assessorato competente, in collaborazione con “La Colletta”, un programma di Telemedicina per seguire il malato neurologico. È ancora tutto da definire ma speriamo possa trovare presto un terreno di operatività”. La formazione sul campo riveste un ruolo fondamentale. Quali sono le figure che l’Istituto accoglie per i tirocini formativi? “Medici specializzandi, Terapisti nell’ambito della laurea in Terapia Fisica e Riabilitazione e Infermieri nell’ambito della laurea in Infermieristica, sono le figure che trascorrono qui da noi un periodo di tirocinio pratico e che spesso, soprattutto per terapisti e infermieri, possono trovare un valido punto di riferimento per l’attività professionale futura. Le collaborazioni sono attive con la Clinica Universitaria e la Clinica Ortopedica di Genova”. Come funziona la convivenza con la ASL che nella struttura è presente con piastra ambulatoriale? “La collaborazione è totale. La convenzione che abbiamo con il sistema ambulatoriale ci permette di assicurare ai nostri pazienti una copertura totale delle prestazioni specialistiche erogate dai colleghi”. Parliamo ora di qualità percepita del servizio, il dato che effettivamente esprime o meno la soddisfazione del paziente. “La dottoressa Marcella Ottonello, Responsabile della Qualità in Istituto ha appena concluso l’analisi dei questionari che esprimono un giudizio ottimo sotto ogni aspetto. Con un buon giudizio anche sul fronte dei tempi d’attesa che da noi si attestano, dal momento della segnalazione che ci arriva dai vari ospedali, intorno ai 20 giorni. A proposito di qualità abbiamo appena concluso il corso ISO 9001 che ha coinvolto nell’arco del 2008 il personale dipendente a tutti i livelli per la sistematizzazione dei processi. E’ un lavoro che ha richiesto un grosso impegno per la parte documentale e che richiederà ancora tempo per essere poi trasferito in ogni aspetto dell’attività. Una parte del processo di qualità ha coinvolto in particolare il personale infermieristico che a breve inizierà ad utilizzare la cartella infermieristica informatizzata e per la quale abbiamo proposto una declinazione per il Day hospital di RRF nell’ottica di poter disporre di una cartella multiprofessionale”. È stato un anno impegnativo su molti fronti? “Decisamente e il 2009 non sarà da meno: ci sarà sicuramente la verifica da parte di controllori esterni per il rinnovo della certificazione e alla fine di quest’anno abbiamo il rinnovo dell’Accreditamento con la Regione. Nella pratica si tratta di aggiornare l’importante lavoro fatto tre anni fa per la verifica dei requisiti della struttura, del personale e delle apparecchiature. In questo percorso abbiamo, comunque, il prezioso supporto della sede centrale. Sempre nei percorsi di qualità è attivo un automonitoraggio da parte del personale, funzionale ad attivare le azioni correttive per quanto attiene le cadute, le lesioni e le infezioni ospedaliere, ambiti che ci vedono costantemente impegnati come da indicazioni a livello centrale”. Il clima esterno come possiamo vedere è quantomeno favorevole. E quello interno? “Diciamo che è un tema che stiamo affrontando gradualmente, settore per settore. È anche vero che l’analisi del clima interno richiede una situazione di stabilità sotto molti punti di vista. A Nervi la situazione è stata negli ultimi anni molto complessa e variegata: per i preparativi legati allo spostamento, per l’adeguamento nell’attuale struttura, per il turn over del personale e gli impegni legati alle procedure di certificazione e accreditamento. Premesso che è la prima volta che si affronta in maniera così completa il problema in Fondazione, oggi possiamo dire che la situazione si è stabilizzata e grazie alla preparazione delle figure interne preposte a queste valutazioni stiamo introducendo gli strumenti per un’analisi approfondita delle relazioni e del clima interni”. Progetti per un riutilizzo della struttura storica? “Si tratta di uno spazio che Fondazione intende utilizzare e valorizzare. Naturalmente si cercheranno di individuare alcune aree di attività in sintonia con la ASL e gli Ospedali per dare ulteriori risposte alle esigenze di salute espresse dal territorio”. Ma questo è un altro capitolo… che rimandiamo alla prossima intervista. 21 La ristrutturazione dell’Ospedale Civile di Genova-Nervi: un esempio di collaborazione pubblico-privato lo staff amministrativo La sede dell’Istituto Scientifico di Nervi è frutto del recupero e della rifunzionalizzazione dell’ex Ospedale di Nervi e rappresenta un esempio di positiva collaborazione tra sanità pubblica e privata. Inaugurata il 12 febbraio 2005 la struttura ospita oggi il “Polo riabilitativo” per attività di degenza e Day Hospital, gestito da Fondazione Maugeri, presente già dal 1986 a Nervi e una piastra ambulatoriale plurispecialistica, gestita dalla Azienda Sanitaria Genovese n. 3. La palestra La struttura è dotata di un’ampia palestra attrezzata per la valutazione baropodometrica statica e dinamica, l’esame del cammino, un sistema di valutazione dell’equilibrio e un treadmill, dotato di sistema di supporto e controllo feed back, utilizzabile nella riabilitazione del malato neurologico. Sono inoltre disponibili apparecchiature per la terapia fisica, tra cui laser terapia, elettroterapia antalgica, elettrostimolazione e magnetoterapia. L’ascensore La struttura è dotata di un ascensore di collegamento diretto tra Corso Europa e l’ingresso principale all’ospedale, opera che crea un importante collegamento tra il centro abitato e la struttura sanitaria. i fisioterapisti La piastra ambulatoriale gestita direttamente dagli specialisti della ASL N. 3 Genovese, comprende i servizi di Laboratorio Analisi, Radiologia Cardiologia e Diabetologia, oltre ai seguenti ambulatori: Allergologia, Chirurgia, Dermatologia, Ginecologia con ecografia prenatale, Oculistica e Fluorangiografia, Ortopedia, Otorino Laringoiatria (ORL), Pediatria, Pneumologia, Reumatologia, Terapia del dolore, Urologia. 22 gli infermieri NERVI in numeri 62 posti letto di RRF di cui 20 per pazienti Neurologici e Neuromotori 5 posti letto di Day Hospital RRF 756 i pazienti ricoverati nel 2008 di cui 554 di RRF e 202 di Neuroriabilitazione 78 i DH nel 2008 lo staff medico NOTIZIE FSM NASCE AriSLA PER UN MONDO SENZA SLA News È stata inaugurata lo scorso 18 dicembre, nei locali dell’Istituto Scientifico di Milano di via Camaldoli messi a disposizione dalla Fondazione Maugeri, la sede di AriSLA, l’Agenzia di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Scopo dell’Agenzia, costituita da Fondazione Cariplo, Fondazione Telethon, Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport e AISLA, sarà di offrire ai malati di SLA più speranze di cura e migliore qualità di vita, garantendo la migliore ricerca, che verrà sostenuta con un investimento pari a 1 milione di euro all’anno. Con questo obiettivo saranno messi a punto strumenti dedicati al finanziamento della ricerca scientifica. All’evento, presentato dalla giornalista di RAI 3 Ines Maggiolini, hanno preso parte tra gli altri, il consigliere regionale della Regione Lombardia Mario Sala in rappresentanza del governatore On. Roberto Formigoni, il sovrintendente sanitario Antonio Spanevello e la dottoressa Chiara Maugeri per l’IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri, ed i rappresentanti delle quattro realtà fondatrici di AriSla: Carlo Mango e Francesco Pierrotti in rappresentanza del presidente di Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, il presidente di Aisla Onlus Mario Melazzini, il condirettore generale di Fondazione Telethon Angelo Maramai, l’ex calciatore Massimo Mauro che, con Gianluca Vialli e Cristina Grande Stevens ha dato vita alla Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus. A chiudere la cerimonia inaugurale la benedizione di Monsignor Franco Giulio Brambilla, Vescovo Ausiliare di Milano e Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. LUMEZZANE RADIOGRAFIE AL TORACE CON ACCESSO DIRETTO Da gennaio 2008 il Servizio di Radiologia dell’Istituto Scientifico di Lumezzane ha introdotto una novità per gli utenti: l’accesso diretto per le radiografie al torace. Il paziente, in possesso dell’impegnativa del medico di famiglia, può presentarsi direttamente al servizio (dal lunedì al venerdì con orario dalle 8.30 alle 11.00 e dalle 13.30 alle 14.30) per l’esecuzione dell’esame. Grazie alle nuove apparecchiature radiologiche e alla nuova TC Multislice di recente acquisizione, che hanno velocizzato le tempistiche d’esecuzione e migliorato la qualità delle prestazioni, è stato possibile inserire i pazienti esterni nell’operatività programmata del servizio.In presenza di patologia o in caso di acuzie, si procede alla refertazione contestuale dell’esame, che è trattato quindi come un caso urgente. Gli altri esami radiologici (Rx, TC, Mammografie, Ecografie) si eseguono, invece, secondo liste di attesa che rimangono comunque entro i termini definiti dalla Regione Lombardia. La novità è stata introdotta al termine dei lavori di ristrutturazione, con la ripresa della normale operatività. Essa rappresenta un servizio ulteriore al paziente che, limitatamente a questa prestazione, vede abbattute le liste di attesa. Dopo un anno di attività i pazienti che giornalmente richiedono una radiografia al torace si sono attestati intorno alla decina. Nel 2008 sono state erogate 1100 prestazioni con la modalità di accesso diretto, senza che questo abbia interferito con i tempi stabiliti per le normali liste d’attesa. Ma non mancano le eccezioni. “Lo scorso inverno, in periodo di influenza - afferma il dottor Massimo Zambianchi, Responsabile del Servizio di Radiologia - si è verificato un picco negli accessi, con 22 persone in un solo giorno, ma si è trattato di un caso eccezionale, che abbiamo affrontato grazie alla disponibilità del personale di trattenersi più a lungo per fare questi esami. L’intento per il 2009 sarebbe quello di realizzare una modalità di accesso diretto anche per l’ortopantomografia (la panoramica dentaria). Per questo sono in corso le opportune verifiche di fattibilità organizzativa con la Direzione Sanitaria”. Nell’anno in corso il Servizio di Radiologia sarà anche impegnato nello screening mammografico, da effettuarsi ad anni alterni. Si attendono, nel complesso, circa 3400 donne che riceveranno a domicilio un invito spedito dal personale della Direzione Sanitaria in collaborazione con la ASL e con il Comune, con indicato l’appuntamento per lo svolgimento di questo esame preventivo. 23 In classe È iniziata l’attività formativa per l’anno 2009 del Centro Studi Fondazione Maugeri che presenta corsi e congressi che approfondiscono molti temi collegati all’attività clinica e di ricerca di Fondazione. Pubblichiamo di seguito l’offerta dei prossimi appuntamenti nazionali. Il calendario completo e dettagliato è consultabile sul sito www.fsm.it al link Attività formativa e congressuale. I convegni di cui parlare Lavorare in squadra per una multiterapia PAVIA 4500 i pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica in Italia, 600 in Lombardia, una malattia rara che richiede sinergie a vari livelli per arrivare ad una terapia. Se ne è discusso al II Convegno Nazionale sulla SLA “Dal laboratorio di ricerca al letto del malato” “La SLA, malattia rara, può offrire gli spunti per capire come il nostro sistema socio sanitario può e deve affrontare una patologia che interessa trasversalmente molte aree dell’assistenza, - queste le parole dell’Assessore Regionale alla Sanità Luciano Bresciani nel suo intervento al convegno Nazionale SLA tenutosi lo scorso 12 dicembre al Centro Studi Fondazione Maugeri di Pavia –. Si deve poter disporre di due livelli di assistenza: quello per acuti dove trovare il massimo dell’offerta tecnologica e il II livello territoriale dove poter disporre di un’assistenza multidisciplinare completa ed efficace che pone al centro del sistema il paziente e il suo medico di fiducia. Solo così sarà possibile offrire risposte chiare ed immediate in grado di incidere sulla qualità di vita dei malati SLA”. E ancora: “Nel giro di un anno dovremo arrivare in Lombardia ad una dotazione finanziaria pro capite per ogni medico di Medicina Generale suddivisa per DRG così da permettere un reale intervento a fronte di bisogni definiti ha concluso l’assessore”. Molte le tematiche affrontate da oltre 20 specialisti e ricercatori al II° Convegno Nazionale sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica organizzato da Fondazione Maugeri. Ed in particolare si è parlato di ricerca “Che presenta numerosi spunti ma che ancora richiede uno sforzo congiunto per dare una risposta ad una malattia conosciuta da 134 anni ma che ancora non si riesce a fermare” ha affermato il Prof. Silvio Garattini, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che nella sua lettura magistrale ha sottolineato l’importanza della ricerca traslazionale che permette di passare dal laboratorio alle applicazioni cliniche per giungere a una cura personalizzata per ogni singolo paziente. E la ricerca si muove su più fronti “Con il primo obiettivo di individuare uno o più biomarcatori in grado di permettere una diagnosi tempestiva della malattia, di seguirne la progressione e quindi impostare un trattamento altrettanto tempestivo” ha affermato Caterina Bendotti Responsabile del Laboratorio di Neurobiologia Molecolare del Dipartimento di Neuroscienze delll’Istituto Mario Negri - “Anche dagli Stati Uniti molti sono i filoni di ricerca aperti per giungere presto 24 a questo obiettivo - è l’intervento di Piera Pasinelli - direttore scientifico del ALS Packard Center della Thomas Jefferson University di Philadelfia”. Dopo l’intervento del Presidente della Provincia di Pavia Vittorio Poma, quello del Preside della facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Pavia Alberto Calligaro, che ha illustrato il livello della collaborazione e sinergia esistente tra le facoltà di medicina lombarde, nonché le eccellenti competenze registrate nel network delle facoltà ora presente a livello europeo. Le parole del Dr. Mario Melazzini, Direttore del Day hospital oncologico dell’Istituto di Pavia della Fondazione Maugeri e Presidente nazionale dell’AISLA, raccontano della grande speranza sia sul fronte della qualità dell’assistenza sia su quello della ricerca che grazie ad AriSLA, l’Agenzia di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica che potrà contare annualmente su una base di un milione di euro di grant per dare un giorno una terapia alla SLA. Un aiuto 28-29 maggio Corso interattivo di diagnosi e terapia del dolore inizio 16 febbraio fine 20 novembre Corso teorico pratico di Cifoplastica tutti i mesi Studiare il sistema nervoso osservando la cute 12 giugno I limiti di trattamento nel paziente oncologico in età avanzata 28 marzo 8 domande sui tumori alla mammella 8 domande sui tumori al colon-retto 14 e 21 maggio La gestione del rischio clinico nelle presentazioni radiologiche, radioterapeutiche e di medicina nucleare maggio e giugno Individuazione, ruolo e responsabilità di dirigenti e preposti in materia di Igiene, prevenzione e sicurezza sul lavoro maggio-giugno Il Dolore primavera riedizione in autunno TELESE L’Insufficienza respiratoria: un approccio multidisciplinare 2-18 aprile La lesione midollare: dall’acuto alla riabilitazione aprile Corso di aggiornamento teorico-pratico “La gestione del cardiopatico complesso” maggio 25 CASSANO dagli androgeni Lo scorso 13 dicembre al convegno “Il ruolo degli androgeni nella Medicina riproduttiva e sessuale maschile e femminile” organizzato dall’Unità di Medicina Interna ed Endocrinologia dell’IRCCS Fondazione Maugeri, diretta dal Prof. Luca Chiovato e dall’Università di Pavia si sono affrontate molte tematiche della medicina in coppia. Parlare di androgeni significa parlare di ormoni comunemente considerati “maschili per eccellenza”. Poco noto ai non addetti ai lavori è che gli androgeni sono simbolo di fertilità e buona salute anche nella donna. Con l’avanzare dell’età questi ormoni tendono a diminuire e dal loro calo possono derivare sintomi e patologie rilevanti per entrambi i sessi. “Anche se nell’uomo non esiste una vera andropausa, molto spesso con l’avanzare dell’età - afferma il Prof. Chiovato - si osserva una progressiva riduzione della secrezione di testosterone, che può avere importanti ripercussioni metaboliche, cardiovascolari e neurologiche. Il calo degli androgeni ha influenze anche sulla sessualità e sul tono dell’umore, e quindi sulla qualità di vita dell’uomo e della donna”. “Sul fronte del benessere mentale e della risposta sessuale femminile afferma la dr.ssa Rossella Nappi, ricercatrice dell’Università di Pavia e responsabile dell’ambulatorio di Endocrinologia Ginecologica e Menopausa dell’U.O di Medicina Interna ed Endocrinologia dell’Istituto Scientifico di Pavia - ci sono positive esperienze cliniche ottenute somministrando testosterone e molecole ad azione estrogenica ed androgenica come il titolone. Questi farmaci si sono dimostrati efficaci nel contrastare i sintomi della menopausa, inclusi il calo dell’umore e della libido”. Numerosi gli esperti italiani che hanno affrontato il tema legato agli effetti sistemici degli androgeni, sulla riproduzione maschile e femminile, ai deficit androgenici nell’uomo e dei benefici che l’uomo ultraquarantenne può trarre dalle terapie con preparati a base di testosterone. La sfera femminile, con tutte le sfaccettature collegate all’influenza degli androgeni sulla riproduzione e sulla sessualità ha toccato i temi dell’iperandrogenismo nella donna, del deficit di ovulazione e della conseguente infertilità, discutendo le possibili terapie volte non solo a favorire la fertilità, ma anche ad evitare patologie correlate come la sindrome metabolica e il carcinoma dell’endometrio. Diagnostica allergologica: test in vivo e test in vitro Corso Teorico-pratico sulla ventilazione assistita in pazienti con scompenso cardiaco cronico novembre Terapia manuale con Metodo Pompages 7-10 maggio VERUNO GLI ANDROGENI: lo studio DA UNO STUDIO CONDOTTO IN 29 PAESI SU UN CAMPIONE DI 27500 UOMINI E DONNE TRA I 40 E GLI 80 ANNI, VOLTO A VERIFICARE L’IMPORTANZA DELLA SESSUALITÀ E LA PREVALENZA DELLE DISFUNZIONI SESSUALI, È EMERSO CHE PER L’ 82% DEGLI UOMINI E IL 76% DELLE DONNE “UNA VITA SESSUALE SODDISFACENTE È ESSENZIALE PER LA RELAZIONE DI COPPIA”. LA MAGGIOR PARTE DEGLI INTERVISTATI, SIA UOMINI, SIA DONNE, CONCORDAVA CHE L’ETÀ, ANCHE AVANZATA, NON LIMITAVA IL DESIDERIO SESSUALE Valutazione funzionale del paziente con scompenso cardiaco cronico: dal laboratorio alla pratica clinica 20-21 novembre La riabilitazione respiratoria: basi generali e nuovi orientamenti 12-13-14 ottobre LISSONE La riabilitazione del paziente sottoposto a protesi totale d’anca 4 aprile La riabilitazione del paziente sottoposto a protesi totale di ginocchio 14 maggio La riabilitazione del paziente con esiti di ictus cerebri 14 maggio “Burden of care” a causa del paziente cronico Da definire La tecnologia la servizio della Riabilitazione Da definire Qualità della vita o una vita di qualità? Da definire In classe Giornata Salvatore Maugeri 2008 “La Sclerosi Laterale Amiotrofica. L’esperienza di Fondazione Maugeri: un percorso tra Passato, Presente e Futuro“ 26 Una giornata di festa dal triplice significato: ricordare l’esempio del Professor Salvatore Maugeri, presentare quegli esempi di eccellenza che l’Istituzione ha saputo sviluppare e proporre come modello scientifico-clinico-assistenziale negli ultimi anni e premiare dipendenti e collaboratori con 25 e 30 anni di servizio. Filo conduttore di lunedì 17 novembre 2008 è stata la SLA - Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia che ben rappresenta quell’approccio multi e inter-disciplinare strutturato intorno al paziente e che grazie anche al ruolo attivo del dottor Mario Melazzini sta ricevendo l’attenzione delle istituzioni e dei media. Attraverso un video emozionale e gli interventi in sala dei relatori coinvolti a vari livelli nella gestione della patologia, sono emerse le specificità di un percorso che ha richiesto vent’anni per essere codificato e che oggi rappresenta un’eccellenza nel nostro Paese. A chiusura della mattinata la consueta consegna delle targhe ai collaboratori da parte del Presidente. NOTIZIE FSM NOTIZIE FSM In classe Collaborazioni e multidisciplinarietà Ecco le linee guida per il secondo triennio di attività della SIRAS Esaltare le peculiarità delle attività riabilitative di elevata qualificazione integrandole con la ricerca e l’innovazione clinica e con la promozione della formazione e lo sviluppo culturale e scientifico in Medicina Riabilitativa di Alta Specializzazione: con questi obiettivi scientifici e culturali, nel 2006 nasce la SIRAS, Società Italiana della Riabilitazione di Alta Specializzazione, che vede in Fondazione Maugeri il motore propulsore e che oggi raccoglie realtà scientifiche e rappresentanti a livello nazionale. Nel primo triennio di vita, sotto la presidenza del Dottor Pantaleo Giannuzzi, la SIRAS ha raggiunto una definizione del proprio ambito di intervento e ha visto l’instaurarsi di proficui rapporti di cooperazione con altre Società Scientifiche e con gli Istituti operanti a livello nazionale ed internazionale nel settore della riabilitazione avanzata e della ricerca applicata in riabilitazione. Le attività principali sono stati gli annuali appuntamenti di approfondimento scientifico che si sono tenuti prima a Pavia poi Benevento e infine nel 2008 a Stresa. Eletta Presidente per il periodo 2009 - 2011 è la dottoressa Caterina Pistarini, Responsabile dell’Unità di Risveglio, dell’Unità di Neuroriabilitazione e dell’Unità Spinale dell’Istituto Scientifico di Pavia. SIRAS, che attualmente riunisce, per tutti i centri di Fondazione, le diverse professionalità, punta ora a potenziare l’ambito di interdisciplinarietà. “Negli obiettivi della Società - sottolinea la dottoressa Pistarini - abbiamo l’ampliamento delle collaborazioni con le altre Società Scientifiche Nazionali e Internazionali di Riabilitazione, Organizzazioni Governative ed Associazioni Professionali, Istituzioni ed Enti per creare percorsi diagnostici-terapeutici e riabilitativi multidisciplinari, per favorire l’aggiornamento scientifico e rappresentare l’interfaccia tra mondo medico-scientifico e le competenti autorità del settore socio-sanitario”. Il triennio appena iniziato sarà contraddistinto dalla partecipazione di SIRAS a molteplici eventi formativi e iniziative scientifiche locali, nazionali e internazionali e da azioni mirate allo sviluppo di iniziative sul piano scientifico-clinico e della ricerca per promuovere la partecipazione dei membri della Società, ad oggi oltre 500, che operano nelle diverse strutture riabilitative nazionali. L’appuntamento principe rimane il Congresso Annuale, previsto per il prossimo ottobre a Pavia, che verterà sull’impiego delle nuove tecnologie e sul futuro della Biomedicina. Coinvolgerà un ampio ventaglio di argomenti, dalla bioingegneria all’applicazione medico-clinica delle strumentazioni più innovative SIRAS: le discipline a CARDIOLOGIA RIABILITATIVA a PNEUMOLOGIA RIABILITATIVA a RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA a FISIATRIA a TERAPIA OCCUPAZIONALE – ERGONOMIA a SCIENZE MOTORIE I CONVEGNI NAZIONALI E-learning TecHnologie la formazione a distanza in medicina I primi risultati di un progetto sperimentale promosso in collaborazione tra Ministero della Salute e Fondazione Maugeri nelle aree della salute e della sicurezza in ambiente di lavoro Il sapere professionale in medicina - visto il costante evolvere delle conoscenze scientifiche - richiede un continuo aggiornamento dei professionisti di settore. Tale necessità è stata tradotta in termini operativi tramite sistemi formalizzati di controllo dell’aggiornamento grazie ai programmi di Continuing Medical Education - CME (Educazione Continua in Medicina - ECM nella versione italiana). Il programma ECM nel contesto italiano è giunto, tuttavia, in un momento particolare della rivoluzione delle tecnologie informatiche e telematiche: ecco, quindi, l’introduzione della “formazione a distanza”, o FAD, inserita nel progetto nazionale ECM come uno tra i modelli educativi sicuramente più innovativi, soprattutto sul piano della fruizione dei contenuti. Ma la FAD per l’educazione continua in medicina non ha ad oggi una regolamentazione da parte della commissione nazionale ECM. È stata avviata lo scorso anno, dal Ministero della Salute in maniera sperimentale, individuando in campo nazionale 48 Provider organizzatori per dare avvio e sviluppare programmi specifici in aree di loro interesse per coinvolgere, gratuitamente, circa 1000 utenti ciascuno. 29 2006 - Pavia “Le Frontiere della Riabilitazione Multispecialistica” - Focus sull’intervento riabilitativo in campo neuromotorio, cardiologico e pneumologico, in particolare per il paziente critico e complesso 2007 - Benevento “Le Sfide della Riabilitazione Multispecialistica” - Focus e approfondimenti sulla biologia molecolare, nutrizione clinica e prevenzione 2008 - Stresa (VB) NOTIZIE FSM “Le Frontiere della Riabilitazione Multispecialistica: la gestione della comorbidità in riabilitazione” - Focus specifico su tematiche di bioetica riferite al fine vita nei pazienti portatori di malattie degenerative ad andamento progressivo NOTIZIE FSM In questo contesto si colloca il progetto sperimentale “e-learning per la qualità della vita e la sicurezza in ambiente di lavoro” sviluppato, in collaborazione col Ministero della Salute, presso la Fondazione Maugeri, sotto la supervisione del Prof. Marcello Imbriani e con il contributo operativo dell’Ing. M. Cristina Mazzoleni della Direzione Scientifica Centrale. Una sperimentazione che, per quanto detto sopra, precorre i tempi nella formazione continua in materia di tutela del lavoratore e che si prefigge lo scopo di produrre programmi volti al miglioramento dell’ambiente di lavoro, al fine di implementare le conoscenze e la diffusione di linee guida in tema di prevenzione e sorveglianza sanitaria del personale esposto a fattori di rischio chimici, fisici e psico-sociali. Nell’ambito del progetto, e fino al 31 ottobre scorso, sono stati avviati 11 corsi, per un totale di 51 crediti, fruibili gratuitamente via internet, su argomenti come asma professionale, polmoniti da ipersensibilità e pneumopatie da metalli duri, patologie da esposizione a vibrazioni meccaniche, patologie legate all’uso di videoterminali, patologie correlate al rumore, la movimentazione manuale di carichi, stirene, stress lavorativo, il metodo Sobane e la movimentazione manuale dei pazienti (il solo corso per non medici). 30 I corsi realizzati, accreditati dalla commissione nazionale ECM, erano rivolti ai medici (specialisti in Medicina del Lavoro, Medicina Legale e delle Assicurazioni, Igiene e Medicina Preventiva), ma anche ad infermieri, fisioterapisti e terapisti occupazionali. Indubbiamente la FAD presenta notevoli vantaggi: non richiede luoghi o tempi prefissati per accedere alle informazioni. Il prodotto formativo è basato infatti sull’utilizzo di materiali durevoli quali i supporti cartacei, audio e video, ma anche informatici e multimediali (Internet, CDRom etc.). Questo permette quindi di poter usufruire in maniera “asincrona” dell’evento, in tempi e luoghi diversi, superando il più classico approccio di didattica frontale, applicato nelle attività formative di tipo residenziale. Un’altra caratteristica della formazione a distanza è l’attività individuale: l’utente-discente partecipa all’attività formativa singolarmente nei tempi e nei luoghi prescelti, ma soprattutto, ricevendo la formazione in forma singola, ne fa parte in maniera attiva, sia nella fase di acquisizione delle informazioni e conoscenze, sia nella fase di autovalutazione. La individualità dell’attività didattica si estrinseca anche nel fatto che il fruitore del corso può, in massima libertà e in maniera autonoma, scegliere di approfondire le parti più interessanti, più inerenti alla sua formazione o le tematiche più complesse. In senso positivo sono da considerare anche i costi di gestione che prevedono, dopo un investimento iniziale, la possibilità di rendere fruibile il corso ad un numero elevato di utenti. Positivi i giudizi soggettivi raccolti attraverso i questionari di gradimento e i messaggi indirizzati ai docenti o inseriti su siti web e forum del settore. Sono 2400 gli utenti che si sono iscritti alla piattaforma e-learning realizzata da Fondazione Maugeri (41% medici, 18% infermieri, 34% terapisti) e più di 6000 i corsi erogati, numeri ben superiori alle aspettative. E anche l’età anagrafica stupisce in quanto copre una larga fascia di utenti, dai 23 ai 65 anni. L’interesse per l’iniziativa è stato notevole se si pensa che i medici iscritti hanno in media “frequentato” 4,9 corsi ciascuno (in un range 1-10) e che in alcuni casi si sono avute iscrizioni anche da parte di personale sanitario destinato a non acquisire crediti ECM attraverso la fruizione di questi corsi. Altro dato molto significativo è la consistente presenza della componente femminile (38% dell’utenza medica, 73% di quella non medica) a conferma che la formazione a distanza ha caratteristiche confacenti anche alle problematiche di chi deve maggiormente gestire la conciliazione dei tempi lavoro-famiglia. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, poi, la maggior parte dei corsi (62%) sono stati erogati ad utenti residenti nelle regioni del nord Italia. Per quanto riguarda i risultati, il confronto tra punteggi raggiunti nei test di ingresso e nei test finali documenta globalmente l’efficacia formativa del modello utilizzato: i corsi sono stati completati e superati con successo mediamente nel 78% dei casi. Va detto, però, che il modello utilizzato presenta sicuramente maggiori difficoltà: la presenza, in aggiunta al classico test finale, dei casi clinici da risolvere implica, infatti, un impegno ulteriore e spesso sono stati necessari più tentativi (in media 1.9 , in un range 1-4) per raggiungere un risultato positivo. Per contro, è stato segnalato uno scarso utilizzo del tutor, per chiarimenti o approfondimenti, anche in caso di fallimento dei test. 31 REQUISITI DELLA FORMAZIONE IN E-LEARNING aUn alto grado di indipendenza del percorso didattico da vincoli di presenza fisica o di orario specifico (Formazione a distanza FAD) al’impiego del personal computer come strumento principale per la partecipazione al percorso di GLI STRUMENTI DELLA FAD Oggi la FAD dispone di strumenti e di potenzialità importanti. In America e nel mondo è denominata “e-learning” e si può articolare fondamentalmente sulla dimensione, audio, video e delle animazioni interattive del Web Based Training. È utilizzata per la progettazione di corsi di autoapprendimento, e sull’uso degli strumenti di comunità, come supporto all’apprendimento, quali il visual classroom, le chat e i forum. Una grande opportunità di cui possono beneficiare diverse aree, dal mondo dello studio, universitario e della ricerca, a quello delle imprese private e delle organizzazioni pubbliche. NOTIZIE FSM apprendimento (computer based training CBT) al’utilizzo della connessione in rete per la fruizione dei materiali didattici e lo sviluppo di attività formative (WEB based training WBT) aL’integrazione dei contenuti in una piattaforma tecnologica specifica (learning management system) ail monitoraggio continuo attraverso il tracciamento del percorso seguito dal discente ainterazione umana con i docenti/tutor e con gli altri studenti per favorire, tramite le tecnologie di comunicazione in rete, la creazione di contesti collettivi di apprendimento ala valutazione continua del processo di erogazione e fruizione TecHnologie Dagli studi effettuati dalla Federazione Italiana delle Malattie Digestive (FIMAD) in collaborazione con il Ministero della Salute si evince non solo il forte impatto epidemiologico delle malattie digestive compresi i tumori, ma anche il forte aumento della domanda di endoscopia nell’ambito della prevenzione primaria e secondaria. In particolare nello screening, nella diagnosi, nella terapia e riabilitazione del tumore del colon retto. High-tech per la prevenzione Fondazione Maugeri, in collaborazione con la ASL di Pavia, partecipa alla campagna di screening del tumore del colon-retto promossa da Regione Lombardia nei confronti della popolazione di età superiore ai 50 anni. Dei circa 3.000 esami l’anno eseguiti dal servizio di endoscopia digestiva, il 15% sono endoscopie operative (polipectomie, inserimento di protesi, dilatazioni e gastrostomie, estrazione di calcoli nelle vie biliari), i restanti sono invece indagini diagnostiche che sovente richiedono l’esecuzione di biopsia. Considerata l’importante valenza dello screening preventivo del tumore del colon retto, una colonscopia di qualità garantisce una diagnosi più sicura ed accurata. “A questo proposito - conclude il Dottor Cupella - con la Società Italiana di Endoscopia Digestiva e Regione Lombardia abbiamo realizzato dei programmi di retraining con l’obiettivo di standardizzare al meglio le procedure dell’esame colonscopico, collaborando per definire gli indicatori di qualità”. Con la tecnologia Narrow Band Imaging alI’Istituto di Pavia un passo avanti nel riconoscimento delle lesioni, anche neoplastiche, del tratto digestivo Fa un passo avanti l’endoscopia diagnostica, grazie ai nuovi videoendoscopi ad alta definizione, strumenti per l’acquisizione di immagini che, grazie ad un elevatissimo grado di risoluzione, permettono una maggiore penetranza diagnostica e il riconoscimento di lesioni pre-neoplastiche e neoplastiche del tratto digestivo (tratto superiore, stomaco, colon). L’interesse maturato nei confronti delle lesioni precedentemente non accessibili all’endoscopia standard ha sollecitato ulteriormente lo sviluppo degli endoscopi, fino all’introduzione della magnificazione, ovvero la possibilità di ingrandire l’immagine inquadrata, per mezzo di una leva posizionata nell’impugnatura dello strumento, fino a 140 volte. L’ambulatorio di endoscopia digestiva e gastroenterologia riabilitativa dell’Istituto di Pavia della Fondazione Maugeri da dicembre 2008 ha interamente rinnovato la dotazione strumentale, che consta ora di sei videoendoscopi NBI (Narrow Band Imaging) e altri due nuovi endoscopi a tecnologia tradizionale. Un avanzamento tecnologico che ha richiesto un investimento complessivo importante di circa 200.000 euro. L’Istituto di Pavia è così il primo nella provincia e uno dei pochi centri in Lombardia, ad avvalersi di questa nuova tecnologia presente sul mercato internazionale da circa 3 anni. 32 “L’ultimo decennio - afferma il Dottor Francesco Cupella, Responsabile dell’ ambulatorio di endoscopia digestiva e gastroenterologia riabilitativa dell’Istituto - ha definitivamente sancito NOTIZIE FSM la superiorità degli endoscopi elettronici ad alta risoluzione (videoendoscopi), che impiegano la tecnologia NBI su quelli analogici (fibroscopi). L’alta risoluzione delle immagini permette, infatti, di discriminare lesioni anche di piccolissime dimensioni che in una endoscopia tradizionale potrebbero sfuggire all’occhio dell’operatore. Questa tecnologia sfrutta una specifica incidenza della luce che, applicata ad una particolare lunghezza d’onda, permette di evidenziare i vasi sottomucosi, visualizzando le caratteristiche della microcircolazione della lesione. Ciò permette di orientare in modo più preciso la nostra diagnosi. Allo stesse tempo possiamo ottenere una colorazione virtuale dei tessuti, evitando di ricorrere ad una colorazione vitale, che richiede una prassi più laboriosa e tempi più lunghi di esecuzione”. Nell’esame del tratto digestivo superiore, ed in particolare dell’esofago, la videoendoscopia è un importante ausilio per definire e valutare eventuali condizioni pre-neoplastiche, come accade nel caso della patologia del reflusso gastroesofageo o Esofago di Barrett, in aumento in Occidente. Per l’esame del colon, inoltre, la tecnologia più avanzata permette una maggiore evidenziazione delle lesioni polipoidi piatte, che fino a pochi anni fa non venivano nemmeno rilevate. Si tratta di lesioni ad alto rischio di degenerazione neoplastica che seguono un’evoluzione non lineare e dunque, se non riscontrate, rappresentano un grave rischio per il paziente. 33 INDICATORI DI QUALITÀ della colonscopia aInformazione adeguata al paziente sulle indicazioni, sui rischi, sulla preparazione e sui comportamenti da seguire dopo l’esame endoscopico aAppropriatezza delle indicazioni (intervallo di tempo nei controlli dopo resezione del tumore o dopo asportazione di polipi) aConfortevolezza (sedazione con oppiacei e ansiolitici durante l’esame) aCompletezza dell’esplorazione, che deve arrivare fino al cieco nel 90% degli esami a Definizione unanime della corretta pulizia del colon aTasso di evidenziazione di polipi non inferiore al 25% dei casi aTempo di osservazione del colon (tempo di estrazione dell’endoscopio) non inferiore ai 6 minuti aControllo dell’incidenza delle complicanze (0.5 % perforazioni -1% sanguinamento) aGestione non chirurgica del sanguinamento (con mezzi endoscopici) nel 90 % dei casi NOTIZIE FSM Lontani dalle ricadute Lo studio I dati dello studio GOSPEL sottolineano l’importanza della riabilitazione a lungo termine per ridurre i rischi cardiovascolari dopo un attacco cardiaco 22 34 Creare un modello di intervento nell’ambito della Riabilitazione Cardiologica fattibile ed efficace nel modificare realmente i fattori di rischio per l’infarto e allo stesso tempo migliorare la compliance farmacologia e lo stile di vita complessivo. Questo l’obiettivo centrato dal progetto GOSPEL (GlObal Secondary Prevention strategiEs to Limit Event Recurrence after Miocardial Infarction), partito in Italia nel 2001 grazie all’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), che ha visto l’Istituto di Veruno tra le strutture partecipanti, per valutare l’incidenza dei fattori di rischio e capire come aiutare i pazienti a gestire la propria vita in modo da limitare il pericolo di ricadute. I dati sono stati pubblicati recentemente su Archives of Internal Medicine di Jama e dimostrano la validità e l’efficacia di un programma di durata triennale dopo la riabilitazione cardiaca nella riduzione del rischio di un secondo attacco cardiaco e di altri eventi cardiovascolari. Da tempo l’Istituto di Veruno è in prima linea nella diffusione di programmi intensivi di prevenzione secondaria a lungo termine dove i cardiopatici sono sempre più pazienti complessi e per questo gestiti all’interno di percorsi di alta specializzazione per la riabilitazione cardiovascolare al fine di affrontare in modo organico ed efficace le problematiche assistenziali, compresa la gestione della fase post-acuta e cronica di pazienti critici. La riabilitazione cardiovascolare è un processo multifattoriale, attivo e dinamico che ha come fine ultimo quello di favorire la stabilità clinica, ridurre la disabilità conseguente alla malattia, favorire un ruolo attivo nella società. Tutti obiettivi realizzabili attraverso un approccio globale e integrato di tipo clinico e un intervento attivo, intensivo e a lungo termine. Tuttavia, le attuali procedure di riabilitazione sono purtroppo ancora basate esclusivamente su programmi a breve termine che hanno una scarsa probabilità di produrre benefici di lunga durata perché i pazienti non raggiungono quasi mai gli obiettivi terapeutici fissati, in quanto non sono costanti nelle cure e ligi nel seguire le indicazioni dei medici. Il progetto GOSPEL è stato condotto su due gruppi di pazienti, sottoposti, gli uni, ad un intervento riabilitativo a breve termine, gli altri, ad uno più intensivo a lungo termine, per verificare le modificazioni effettive e persistenti dei comportamenti scorretti legati allo stile di vita, e i pazienti seguiti con il programma intensivo hanno avuto i migliori risultati. “Con GOSPEL siamo riusciti a dimostrare quanto l’intervento sullo stile di vita possa incidere nel prevenire nuovi eventi acuti, spesso fatali - afferma il dottor Pantaleo Giannuzzi, primario della Divisione di Cardiologia Riabilitativa dell’Istituto di Veruno nonché Direttore scientifico e coordinatore del progetto GOSPEL -. Il miglioramento si è potuto vedere anche nella capacità di gestire positivamente le relazioni con l’ambiente esterno che possono essere fonte di stress, ansia, depressione, tutti fattori che influiscono in maniera significativa sulle patologie cardiache. Certo, un percorso così complesso richiede anche un’organizzazione già orientata a questo tipo di approccio, una struttura in grado, quindi, di fornire al paziente gli strumenti per un effettivo cambiamento, anche attraverso una continua analisi delle professionalità coinvolte. “Va detto che i partecipanti allo studio GOSPEL sono pazienti a rischio cardiovascolare relativamente basso conclude il dottor Giannuzzi - sono infatti abbastanza giovani, tra loro vi è una bassa percentuale di obesi (il 15%) e di ipertesi (il 44%). Tutto ciò ci fa pensare che in pazienti a più alto rischio cardiovascolare o semplicemente più anziani, ovvero nella gran parte dei soggetti colpiti da infarto, la riduzione del rischio cardiovascolare e i benefici possibili sarebbero ancora maggiori”. Al di là di quanto emerso dallo studio, il grande merito di GOSPEL è di aver diffuso e standardizzato nella comunità scientifica le componenti e le competenze richieste per condurre e ottimizzare il programma educazionale a lungo termine. PREMESSA 78 GOSPEL: i numeri in Italia solo 1 paziente su 2 segue le cure dopo l’infarto, meno del 50% corregge le proprie abitudini alimentari, e appena uno su 10 smette di fumare i Centri cardiologici ospedalieri italiani coinvolti 3241i pazienti,57 anni, 1620 con un’età media di che avevano subito un infarto del miocardio nei 3 mesi precedenti l’ingresso nello studio pazienti sono stati seguiti con un intervento educativo e comportamentale a lungo termine RISULTATI pazienti sono stati seguiti con un programma di assistenza tradizionale a riduzione del 33% di morte cardiovascolare più attacco cardiaco e ictus non fatale (3,2% nel gruppo di intervento contro il 4,8% nel gruppo con assistenza tradizionale), a riduzione del 36 % di morte cardiaca più attacco cardiaco non fatale (2,5% contro il 4%) a riduzione del 48% degli attacchi cardiaci non fatali (1,4% contro il 2,7%). a il 90% di chi ha partecipato al programma intensivo pratica un’attività fisica di difficoltà medio-alta a 3 anni dall’infarto, a il 65% segue una dieta mediterranea sana, a il 55% dei pazienti ha imparato a gestire meglio lo stress e affronta la vita in maniera più positiva rispetto al passato. NOTIZIE FSM 1621 35 di Franco Rengo Direttore Scientifico dell’Istituto di Telese dell’IRCCS Fondazione Maugeri e Direttore della Cattedra e della Scuola di Specializzazione in Geriatria dell’Università di Napoli Federico II Il segreto della longevità I FATTORI DELLA LONGEVITÀ La longevità, intesa come invecchiamento in buona salute, fisica e mentale, è una condizione biologica che si riscontra nel 10% degli ultrasessantacinquenni. È dovuta a vari fattori, quali: Lo stile di vita per invecchiare bene Stili di vita 36 22 PERCHÈ L’ITALIA È UN PAESE DI VECCHI aPossiede la più alta percentuale di ultra- sessantacinquenni (17,8%) aLa vita media è di 82,8 anni nelle femmine ed i 76,7 anni nei maschi aÈ il terzo Paese del mondo per aspettativa di vita alla nascita, che è di 78 anni aÈ la prima nazione del mondo ad aver raggiunto nel 1995 la parità numerica tra i giovani di 0-19 anni e gli ultrasessantenni, situazione che gli USA raggiungeranno nel 2025 aIn Italia dal 1995 al 2020 gli ultraottantenni aumenteranno di oltre il 350% aLa famiglia media italiana è costituita da un bambino, due genitori, quattro nonni e due bisnonni (1 bambino per 8 adultianziani). NOTIZIE FSM La longevità, intesa come invecchiamento in buona salute, è un tema divenuto di grande attualità negli anni ‘80, allorchè ci si è resi conto del drammatico fenomeno dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi industrializzati. In questo contesto, il nostro Paese si è trovato nel 2003 ad avere un tasso del 24.3% di ultra sessantenni, con il 15.1% di giovani con meno di 15 anni (ISTAT, 2003). Questa realtà demografica è legata alI’aumentata durata della vita media ed al contemporaneo basso tasso di fecondità (1.25 figli/donna, tasso del 45% al di sotto del livello di sostituzione pari a 2.1, che assicurerebbe sia la crescita zero della popolazione sia il blocco del suo invecchiamento). Le nostre generazioni stanno dunque assistendo ad una vera rivoluzione demografica mai osservata prima nella storia dell’umanità. È un fenomeno che trova le sue motivazioni in molteplici fattori, quali le migliorate condizioni socio-economico-ambientali ed igienico-sanitarie, gli importanti avanzamenti della medicina in campo diagnostico-valutativo e terapeutico-riabilitativo ed i miglioramenti dell’assistenza sanitaria. Questo scenario demografico da una parte ci ha posto di fronte ad una nuova realtà epidemiologica ed a nuove necessità assistenziali, dall’altra ha spinto il nostro interesse ad approfondire le conoscenze sull’invecchiamento fisiologico, potendo disporre di soggetti longevi, in età molto avanzata ma in buona salute. L’invecchiamento della popolazione, soprattutto nella coorte degli ultra ottantenni, ha permesso di selezionare una nuova tipologia di malati, noti nella letteratura internazionale come “anziani fragili”, caratterizzati da patologie multiple di vari organi ed apparati, da gradi diversi di disabilità fisica e/o mentale, da necessità di polifarmacoterapia, da un alto rischio iatrogeno, per i quali la medicina clinica tradizionale si è dimostrata inadeguata. Sono pazienti che per la loro complessità richiedono la disponibilità di un’équipe multidisciplinare coordinata dal geriatra, definita Unità di Valutazione Geriatrica (UVG) e costituita dal geriatra coordinatore, dall’infermiere, dall’assistente sociale, dal fisioterapista e dai vari specialisti necessari al singolo caso clinico. L’UVG opera con strumenti di Valutazione Multidimensionale (VMD), capaci nel contempo di pesare la salute fisica, la salute mentale, le condizioni socioeconomiche e la situazione ambientale, premessa indispensabile per poter definire un piano terapeutico-riabilitativo individuale da attuarsi nell’ambito della rete dei servizi socio-sanitari nella logica della continuità della cura. Un tale modello funzionale e strutturale si è dimostrato capace di ridurre la mortalità ospedaliera, di migliorare lo stato funzionale e di ridurre la riospedalizzazione e l’istituzionalizzazione. La presenza, d’altra parte, di soggetti in età molto avanzata ed in buone condizioni di salute ci ha permesso di studiare il cosiddetto “invecchiamento di successo”, costituito da soggetti ultra ottantacinquenni, senza importanti patologie e con conservate alte performance fisiche e mentali. È stato possibile in questi soggetti definire lo standard biologico strutturale e funzionale dei vari organi ed apparati invecchiati fisiologicamente ed individuare il ruolo di alcuni stili di vita, in particolare il tipo di alimentazione e l’attività fisica svolta, che • un buon patrimonio genetico alla nascita • la tutela del proprio genotipo attraverso l’adozione di corretti stili di vita • l’adozione della dieta mediterranea • la pratica di una costante attività fisica aerobica • il controllo dei fattori di rischio cardiovascolari 37 certamente hanno contribuito a garantire la longevità. La curva di mortalità è molto bassa nella popolazione che ha seguito uno stile di vita non salutare (dieta ipercalorica e sedentarietà), per espandersi in coloro che hanno assunto stili di vita salutari, con valori massimi in assenza di comorbilità. La ricerca scientifica ci ha fatto comprendere le modificazioni di molti meccanismi molecolari capaci di regolare nell’invecchiamento numerose funzioni. In questo contesto noi abbiamo particolarmente studiato il fenomeno del “precondizionamento ischemico”, che rappresenta il più potente meccanismo endogeno di protezione all’ischemia. Si tratta di una sorta di vaccinazione fisiologica del miocardio all’ischemia, che è in grado di ridurre la mortalità intraospedaliera per IMA del 50%, capacità che si perde con l’invecchiamento. Questa perdita può essere impedita dall’abitudine a praticare una buona e costante attività fisica e/o ad evitare regimi dietetici ipercalorici. C’è poi un fenomeno a cui stiamo assistendo senza porvi la dovuta attenzione e, soprattutto, senza intervenire operativamente. I mass-media spesso divulgano proiezioni che avvalorano la possibilità per l’uomo di raggiungere i 105, i 110 o i 120 anni. Più recentemente, disponendo dei dati epidemiologici degli anni ’80-’90, sono state riviste le proiezioni relative all’aspettativa di vita delle donne di 65 anni rispetto a quelle calcolate in base ai dati epidemiologici degli anni ’70-’80. La differenza tra le due proiezioni dimostra una perdita di oltre 2 anni di aspettativa di vita entro il 2050. In questo lasso di tempo assisteremo nei Paesi industrializzati ad un drammatico incremento dell’incidenza delle cardiovasculopatie, in particolare la cardiopatia ischemica, che dal 5° posto nel 1995 raggiungerà il 1° posto nel 2020 tra le malattie cronico-degenerative, facendo prevedere per il 2050 una triplicazione degli attuali eventi coronarici. La causa di questa rivoluzione epidemiologica è rappresentata dall’esplosione dell’obesità che attualmente colpisce anche in Italia circa il 70% del sesso femminile, il 55% del sesso maschile ed il 30% dei bambini. NOTIZIE FSM IL PARERE DELLO SPECIALISTA Genetica, fattori ambientali e qualche attenzione in più Cambiare prospettiva per facilitare un invecchiamento in salute Prof. Franco Rengo a 38 Invecchiamento: uno standard biologico fisso? Bismark per primo identificò l’età geriatrica con l’età del pensionamento, per cui su questa scorta ai giorni nostri sono definiti anziani gli ultra-65enni. Una tale definizione ha in passato assunto un significato esclusivamente burocratico-amministrativo, finchè i risultati più recenti della ricerca gerontologica hanno dimostrato che i 65 anni rappresentano nell’uomo un’età-spartiacque capace di mettere in evidenza significative modificazioni anatomo-funzionali a livello dei vari organi ed apparati, dando all’età geriatrica una valenza di tipo biologico. Nell’ambito dell’età geriatrica la longevità, intesa come invecchiamento in buona salute, riguarda gli ultra-85enni in assenza di importanti patologie e completamente autonomi dal punto di vista fisico e mentale. Questa invidiabile condizione biologica si riscontra nel 10% degli ultra-65enni, che sono riusciti a superare senza danni le numerose insidie della vita. L’invecchiamento è, infatti, un fenomeno molto variabile tra soggetti. L’aumentata aspettativa di vita nei Paesi sviluppati si è accompagnata ad un progressivo miglioramento del suo standard biologico, soprattutto nel sesso femminile. In assenza di un invecchiamento patologico, il sessantenne del 1950 corrisponde all’attuale ultra settantacinquenne. Dalla metà del ‘900 l’età della maturità si è andata espandendo, dai 50-60 anni agli attuali 70-75 anni, mentre l’età della vecchiaia è rimasta fissa agli ultimi 10 anni di vita, in cui l’invecchiamento si complica con patologie e disabilità. a Fattori genetici, fattori ambientali e corretto stile di vita come condizionano la longevità? Il ruolo della genetica è stato esplorato negli ultimi 30-40 anni. Oggi sappiamo che non basta scegliersi ascendenti longevi. Sono stati individuati numerosi “markers” della longevità, regolatori di numerose funzioni biologiche etàcorrelate, anche se dobbiamo ammettere l’impossibilità di poter giungere ad una comprensione completa di tutti i meccanismi che sottendono ad un fenomeno tanto complesso quale l’invecchiamento. La genetica spiega circa il 30% dell’invecchiamento in buona salute, mentre il 70% dipende dall’ambiente e dagli stili di vita. Individuati i “fattori di rischio” di molte malattie cronico-degenerative (cardiovasculopatie, BPCO, diabete, osteoporosi, neoplasie, etc), si è redatta una serie di linee guida per la prevenzione e la cura di numerose patologie. È andato poi aumentando l’interesse scientifico per i fattori ambientali e gli stili di vita che condizionano lo stato di salute dell’uomo, ed in particolare per il ruolo svolto dall’attività fisica, dal controllo di fumo e alcool, e dalla restrizione calorica nella prevenzione delle numerose patologie cronico-degenerative. NOTIZIE FSM Sono elementi importanti nella prevenzione primaria e secondaria di molte patologie, e una premessa per un invecchiamento in buona salute. a Quando inizia la prevenzione per diventare anziani in buona salute? Questi stili di vita non vanno assunti una volta raggiunta l’età geriatrica (>65 anni) bensì in età giovanile-matura, al fine di garantire una prevenzione primaria e, anche successivamente, qualora sia insorta nel frattempo una patologia. Numerosi studi dimostrano che giovani in normopeso, che hanno svolto nell’arco della loro vita un’attività sportiva regolare e continua, raggiungono età molto avanzate in buona salute. La combinazione dell’esercizio fisico aerobico e della restrizione calorica è in grado di prevenire l’ipertensione, le cardiovasculopatie, l’obesità, il diabete, le dislipidemie ovvero di condizionarne la morbilità e la mortalità (la sedentarietà e l’obesità incrementano il rischio cardiovascolare, con più alte prevalenze di ipertensione arteriosa, diabete di II tipo ed iperinsulinemia). a Perché è giusto parlare di prevenzione nell’anziano? È evidente l’interesse ad invecchiare senza importanti malattie (prevenzione primaria) ovvero evitando le recidive (prevenzione secondaria). Nel contesto degli interventi di prevenzione secondaria, oltre il controllo dei fattori di rischio ed una buona compliance terapeutica, un ruolo importante è recitato dall’attività fisica e della restrizione calorica. La lotta alla sedentarietà e all’obesità è riconosciuta infatti basilare per contrastare morbilità e mortalità cardiovascolare. a È necessario avere particolari attenzioni nella terza età per prevenire incidenti domestici o in altri contesti di rischio? L’invecchiamento è rappresentato dalla progressiva riduzione delle performance anatomo-funzionali dei vari organi ed apparati, che si riducono dopo i 65 anni e con maggiore evidenza dopo gli 80-85 anni. La maggiore perdita funzionale coinvolge l’apparato locomotore, per la riduzione della massa, della forza muscolare della reflettività nervosa, con conseguente compromissione dell’andatura e dell’equilibrio, ed alto rischio di incidenti domestici.Rischio che si aggrava ulteriormente in presenza di deficit cognitivo e/o di patologie somatiche e mentali. Nella prevenzione, di grande efficacia si dimostra l’allenamento fisico (nelle forme di attività fisica comprese quelle ludiche come ballo, piscina o palestra) che riesce a mantenere il trofismo e la forza muscolare, favorendo l’autonomia e riducendo significativamente il rischio di incidenti. Questo vale soprattutto in assenza di malattie importanti nello “young old” (65-75 anni) e nello “old-old” (75-85 anni), perdendo progressivamente valore nello “oldest-old” (>85 anni). a Quale sport nella terza età: benefici e rischi? Non esistono controindicazioni assolute a continuare lo sport da sempre praticato, a meno che non insorgano patologie che consigliano la sospensione dell’attività sportiva o l’eventuale sostituzione con un’attività fisica di più lieve intensità. In tal caso è necessario sottoporsi a controlli medici e strumentali periodici, almeno due volte l’anno. a “Mens sana in corpore sano”: si può tenere allenata la mente? L’attività fisica di per sé rappresenta anche un notevole stimolo sul sistema nervoso centrale e periferico e ci sono evidenze che l’esercizio muscolare eserciti un effetto favorevole anche sulle funzioni mentali, mentre si osservano effetti devastanti della sedentarietà e dell’isolamento della persona. Il detto “mens sana in corpore sano” però non è sempre verificabile in età geriatrica, tenendo conto che la demenza, in particolare la malattia di Alzheimer, può compromettere in maniera drammatica l’autonomia mentale, pur in presenza di una completa normalità della salute e delle performance fisiche. Per invecchiare in buona salute, è necessario comunque che la persona non rinunci, finchè è possibile, all’impegno fisico e mentale, pur senza dimenticare che ad 80 anni non si è più ventenni. a Riabilitare il paziente anziano: serve un approccio speciale, basato sulla visione globale del paziente? L’invecchiamento patologico ha fatto individuare un nuovo standard clinico, caratterizzato dalla contemporanea presenza di comorbilità e disabilità, meglio noto nella letteratura internazionale come “anziano fragile”, che si riscontra con una prevalenza nel 15-20% degli ultra sessantacinquenni e nel 50-60% degli ultra ottantenni. L’anziano fragile è un paziente caratterizzato dall’incapacità a reagire efficacemente ad eventi che turbano il suo già precario equilibrio, quali il riacutizzarsi di una malattia cronica, l’instaurarsi di una malattia acuta anche se di modesta entità, un evento traumatico, sia di natura fisica che psichica, un intervento terapeutico inappropriato. Per affrontare la complessità di Benessere per punti a tavola: restrizione calorica. Dieta completa e bilanciata, sul prototipo della dieta mediterranea, che è contenuta in zuccheri semplici e grassi, ricca di verdure e frutta. attività fisica: il camminare a passo sostenuto in piano per 4-5 Km al giorno o mezz’ora di cyclette al giorno, in assenza di carico di resistenza, almeno per 5 giorni alla settimana aFumo: abolizione del fumo aAlcool: uso moderato Lo “HALE project”, condotto per oltre 10 anni in vaste casistiche, mostra come la sopravvivenza a 10 anni si incrementa drammaticamente se ad un fattore dello stile di vita se ne aggiunge progressivamente un altro, risultando massima nella popolazione che segue tutti e quattro gli stili di vita sopraccitati. questo paziente, la letteratura e la pratica clinica hanno accertato l’utilità della competenza geriatrica, garantita da un’équipe multidisciplinare capace di valutare la salute fisica, la salute mentale, la condizione socio-economica e la situazione ambientale, per definire il programma terapeutico-valutativo-riabilitativo individuale nel contesto della continuità della cura, nei differenti livelli di assistenza. L’anziano fragile è una realtà clinica che riscontriamo sempre più numerosa anche nelle strutture di riabilitazione intensiva, come si evince dai dati degli Istituti della Fondazione Maugeri, dove gli ultra sessantacinquenni hanno ormai superato il 65% dell’intera casistica. IL POTERE DELLE IMMAGINI E DELLE “CHIACCHIERE” Parole, parole NEGLI OSPEDALI, DI NORMA, OGNI COMUNICAZIONE AVVIENE IN FORMA VERBALE. A MONTESCANO INVECE SI UTILIZZA ANCHE MATERIALE VISIVO, AD ESEMPIO CON IL MENÙ ICONICO O CON LA MAPPA ICONICA DEL DOLORE E DEI BISOGNI. SONO STRUMENTI SEMPLICI PER RENDERE LE INFORMAZIONI DISPONIBILI AD ALTRE PARTI INTEGRE DEL SISTEMA COGNITIVO, IN PAZIENTI IN CUI L’AREA DEL LINGUAGGIO È SERIAMENTE COMPROMESSA. LA PERSONA TORNA COSÌ ATTORE DELLA PROPRIA VITA, NONOSTANTE LA DISABILITÀ, ESPRIMENDO BISOGNI, PREFERENZE E PERSINO CONCETTI ASTRATTI, INGAGGIANDO IN VERE CONVERSAZIONI. DA QUESTO NASCE L’INIZIATIVA DEI “SALOTTINI”, MOMENTI DI INCONTRO IN UNA DIMENSIONE NON OSPEDALIERA, PARTICOLARMENTE APPREZZATI DAI PAZIENTI. LA POSSIBILITÀ DI REGISTRARE GLI INCONTRI PERMETTE AGLI OPERATORI DI COGLIERE SFUMATURE ALTRIMENTI SFUGGENTI O RI-TARARE L’APPROCCIO CON UN SINGOLO PAZIENTE. FONDAMENTALE LA FORMAZIONE DEL PERSONALE, IN PARTICOLARE DEI LOGOPEDISTI, CHE ACQUISISCONO LE ABILITÀ DI ASCOLTO ATTIVO PER SAPER INTERPRETARE I SEGNI DEL LORO INTERLOCUTORE, E DI RESTITUZIONE GRAFICA DEL PENSIERO DEL PAZIENTE. soltanto parole? Stili di vita Riabilitare il linguaggio orale e scritto, ma anche ristabilire una comunicazione non verbale per il paziente afasico Forse è difficile simulare la condizione in cui si trova una persona nel momento in cui diventa impossibile per lei comunicare con l’esterno: il paziente afasico vive come “murato vivo”, con una sofferenza intima e una forte frustrazione causate dalla sua difficoltà a ripristinare un contatto, anche minimo, con l’esterno. L’afasia consiste in disturbi del linguaggio conseguenti ad una lesione cerebrale, a carico dell’emisfero sinistro, di natura vascolare, traumatica, neoplastica o degenerativa, che interessano la formulazione e la comprensione dei messaggi, orali o scritti. Rieducare al linguaggio significa sfruttare al massimo le capacità residue, ripristinando le funzioni danneggiate, con un programma sempre personalizzato per ogni singolo caso. La riabilitazione comporta un lavoro lungo, spesso anche di anni, che coinvolge tanto il paziente quanto le persone che gravitano attorno a lui (dagli operatori sanitari ai famigliari). Le attività previste per stimolare un recupero funzionale sono apparentemente semplici e a bassa tecnologia, molto basate sul “materiale umano”: un programma intenso e prolungato che utilizza solo carta e matita, in molti casi; decisamente poco impattante in termini di efficienza delle strutture ospedaliere. È anche per questo motivo che forse il servizio di logopedia, oggi, è spesso carente nell’offerta territoriale. 40 All’Istituto Scientifico di Veruno il servizio di logopedia si avvale del lavoro della dottoressa Marcella Laiacona e delle logopediste Nadia Allamano e Lorena Lorenzi. L’attività del servizio è principalmente rivolta ai pazienti ricoverati, prevedendo solo una attività diagnostica per eventuali pazienti ambulatoriali. Cruciale l’importanza della diagnosi che riguarda tutti gli aspetti del linguaggio: la comprensione di parole, di frasi, l’eloquio spontaneo, la scrittura. In base alla diagnosi si procede con la definizione del programma riabilitativo. Per la valutazione del disturbo afasico il Servizio si avvale di tre test validati per la lingua italiana: il BADA, per l’analisi dei deficit afasici, il test A.A.T. (Aachener Aphasie Test) e infine l’Esame del Linguaggio che costituisce l’aggiornamento del “classico” test per l’afasia di Anna Basso. Spesso il disturbo del linguaggio si estende anche alla scrittura. Questo può dipendere da un deficit di natura lessicale (relativo alle rappresentazioni delle parole nel lessico ortografico) oppure sublessicale (relativo alla routine che permette la scrittura tramite un procedimento di conversione fonologico-ortografica). Dall’alto lo staff dei servizi di logopedia di Montescano e dell’Istituto di Veruno NOTIZIE FSM La Fondazione Maugeri, con una sinergia tra i servizi di Logopedia degli Istituti di Veruno e Montescano, ha realizzato un test di diagnosi per le problematiche di scrittura (Test di deficit di scrittura, 1994, a cura di C. Luzzatti, M. Laiacona, N. Allamano, A. De Tanti, M.G. Inzaghi, L. Lorenzi). Un ulteriore studio su pazienti con disturbo di scrittura misto (lessicale e segmentale) è in fase di ultimazione. Alla dimissione del paziente in riabilitazione, viene rilasciata dal servizio una diagnosi del disturbo residuo e la rieducazione prosegue, quindi, nelle strutture del territorio di residenza. Le possibilità di recupero sono legate al tipo di deficit. Si possono raggiungere risultati ottimi, ma non si arriva mai ad un ripristino della condizione precedente al danno cerebrale. Dopo un primo recupero spontaneo, che avviene di solito entro un mese dall’evento che ha causato l’afasia, si inizia la rieducazione, fatta di stimolazioni mirate in base alle capacità residue. L’obiettivo è migliorare la comunicazione, con traguardi graduali e specifici, per una vita di relazione che sia il più possibile soddisfacente. All’Istituto Scientifico di Montescano il servizio di logopedia è invece rivolto, oltre che ai pazienti ricoverati, anche a quelli ambulatoriali. Il centro è attivo, in particolare, sul fronte del recupero di casi più gravi di afasia, nei quali il linguaggio verbale è perduto e i test tradizionali non possono nemmeno essere somministrati. “Questo non significa che manchino i presupposti per la comunicazione - spiega la dottoressa Caterina Guarnaschelli, Primario dell’U.O di Riabilitazione Specialistica Neuromotoria 2 - Gravi Cerebrolesioni cui afferiscono i pazienti sottoposti a trattamenti con i logopedisti -. Dal 2003, primi in Italia, abbiamo implementato metodi che si rifanno alle tappe di sviluppo precedenti alla formazione del linguaggio verbale, per recuperare le possibilità di comunicazione della persona basandosi sulla sua capacità di simbolizzazione, ovvero di formare nella mente il concetto da esprimere. Il lavoro del logopedista consiste nel capire cosa il paziente vuole comunicare, e trasformare il messaggio compreso in una rappresentazione iconica e verbale ”. A questo processo si rifanno le tecniche della AAC (Comunicazione Aumentativa e Alternativa). “In pazienti con grave cerebrolesione acquisita, che presentano gravi difficoltà motorie, lesioni cerebrali devastanti, capacità comunicative praticamente assenti, si utilizza la metodologia fondata sulla comunicazione non verbale, puntando sul tono, sulla mimica, sulla postura, o ancora sugli sguardi per trovare una possibilità alternativa di comunicazione, ri-creando il contesto di vita del paziente (spazi, personaggi della realtà quotidiana del disabile, diario delle sue attività) e gli strumenti affinché questo possa farsi comprendere dagli altri - spiegano dal Servizio di Logopedia guidato dalla dottoressa Antonella Contardi”. Si ristabilisce, insomma, un flusso tra un emittente e un destinatario di un messaggio, trovando un nuovo codice, un sistema di segnali condiviso che permetta di ricostruire e decifrare quel messaggio. L’abile verifica la propria comprensione delle intenzioni del disabile, con una restituzione, verbale e grafica, di quanto si pensa sia nell’intenzione del paziente. “Abbiamo trovato un metodo per ristabilire un contatto - prosegue la dottoressa Guarnaschelli - la possibilità di esprimere ciò che piace o non piace, ad esempio nella scelta del menù, ma anche di raccontarsi. Questo riduce sensibilmente l’ansia e la disperazione del paziente, già fortemente limitato dalla malattia, ma anche la frustrazione dei caregivers, che riescono ad interpretare correttamente le intenzioni della persona, ripristinando, se pur a fatica, una relazione con il proprio caro. Non dimentichiamo che si tratta di persone con funzioni cognitive spesso integre, cui manca la parola, che hanno piena intenzione di comunicare e di avere un ruolo attivo nella loro vita”. La collaborazione continua, sia clinica che formativa, con il Prof. Luzzatti ha permesso di approfondire alcune tematiche di rilievo connesse alla diagnosi e alla rieducazione dei deficit articolatori, fonologici e morfo-sintattici nell’afasia, dei modelli mentali volti all’identificazione di immagini e alla denominazione e all’uso dei test di linguaggio nella rieducazione dei pazienti afasici. Di grande impatto per il paziente, e funzionale al suo recupero, è il quaderno personale che si crea con le rappresentazioni dei concetti che appartengono alla sfera personale dell’afasico e le sue esigenze di comunicazione. Così Francesca, una donna ancora in giovane età, riesce nuovamente a gestire la sua famiglia, Mario ha creato un entourage di persone con cui comunicare e per Luca, che a 40 anni ha avuto un evento emorragico, si è improntato un programma intensivo di riabilitazione finalizzata ad un ritorno al lavoro e ai suoi affetti. Tanti esempi di come sia possibile avere comunque un ruolo attivo nonostante la disabilità comunicativa. NOTIZIE FSM 23 41 Parlano di noi L’Espresso gennaio 2009 RAI TRE Come Stai dicembre 2008 - febbraio 2009 Elisir “Longevità” Il Quotidiano di Foggia Il Quotidiano di Bari gennaio 2009 novembre 2008 Il Sannio gennaio 2009 Puglia gennaio 2009 la Provincia Pavese novembre 2008 il Sole 24 ore Sanità dicembre 2008 Gente novembre 2008 TELENOVA TgN “Inaugurazione sede AriSLA” il Sole 24 ore Sanità dicembre 2008 Corriere della Sera ed.Milano dicembre 2008 dicembre 2008 42 23 Il Ticino novembre 2008 Io Donna dicembre 2008 Salute - La Repubblica novembre - gennaio 2008 Telesette novembre 2008 RAI 1 la Provincia Pavese novembre - dicembre 2008 Sabato & Domenica “Riabilitazione dall’Ictus” novembre 2008 NOTIZIE FSM NOTIZIE FSM Istituti Scientifici Massimo Zambianchi, responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per immagini a Lumezzane, ci racconta la sua passione Un impegno tra RX e colori Nonsolo FSM PAVIA 27100 Sede di Via Salvatore Maugeri, 10 Sede di Via Palestro, 26 Tel. 0382 5921 fax 0382 592081 Sede di Via Boezio, 28 Tel. 0382 5931 fax 0382 593081 MILANO 20146 Via Clefi 9 Tel. 02 43069511 fax 02 43069529 MILANO 20138 Via Camaldoli 64 Tel. 02 507259 fax 02 50725202 MONTESCANO 27040 (PV) Via per Montescano Tel. 0385 2471 fax 0385 61386 LISSONE 20035 (MI) Via Mons. Bernasconi, 16 Tel. 039 4657235 fax 039 4657234 44 Pittura ed emozioni con materiali di recupero: questo è anche il mondo di Massimo Zambianchi, Responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini dell’Istituto di Lumezzane e operativo in Fondazione Maugeri da più di 10 anni. La sua passione per le pittura nasce già tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80. «Ero appena diciottenne, esordisce Zambianchi, e mi dedicavo in particolare alla fotografia, mio primo grande amore, ma non disdegnavo le mostre di pittura. Un giorno andai ad una personale di un artista che non mi piacque per niente, anzi quella mostra in particolare mi sembrò quasi una presa in giro e fu, per assurdo, lo stimolo ad iniziare, perché, pensai, se poteva dipingere quel pittore lo potevo fare anch’io!». Dalla fotografia alla pittura il passo è stato breve anche se il dottor Zambianchi non ha mai abbandonato la prima. «Mi piace immortalare la realtà, fissare fenomeni naturali e momenti significativi: per questo amo la macchina fotografica. Ma nella pittura ho trovato un qualcosa in più: con un quadro, o nell’arte in genere, si riesce ad esprimere quello che non può essere riprodotto con gli altri mezzi, come le emozioni, i tratti della personalità, i sentimenti». Si rifà a qualche modello? «Attingo dalla corrente astratta e informale, adattandola alla mia personalità. A dire il vero ho iniziato dal classico ma non mi piaceva e io riesco a dipingere solo se mi diverto». Che stile segue e che materiali usa? «Il mio stile è stato definito neo-informale dal professor Martucci, uno dei periti di arte contemporanea iscritto al Tribunale di Milano, in occasione di una critica apparsa in Arte e Cultura per una mia personale a Brera. Ma se dovessi autodefinirmi direi che le mie opere sono astratte: utilizzo materiali diversi, di scarto, soprattutto plastica, legno, cavi o dispositivi elettrici, abbinandoli ai colori ad olio, in tutte le tonalità. Tutti i miei quadri hanno poi una caratteristica comune: lo spago, simbolo del legame con la realtà. Sono quadri molto materici, con un certo spessore, dove i vari elementi emergono dalla superficie per incontrare vista e tatto dello spettatore». LUMEZZANE 25066 (BS) Via Mazzini,129 Tel. 030 8253011 fax 030 8920262 Quanto tempo dedica a questa passione? «Dipingo quando ne ho voglia perché lo faccio per puro piacere personale. Il genere di pittura cui mi dedico, però, richiede molto tempo, la maggior parte del quale in termini di preparazione, per “pensare” alla realizzazione: per questa fase possono essere necessarie dalle 15 alle 25 ore». CASTEL GOFFREDO 46042 (MN) Via Ospedale, 36 Tel. 0376 77471 fax 0376 779886 Quante mostre ha al suo attivo? «Tre personali (Giugno 2004, Pietra de’ Giorgi, Pavia; Maggio 2007, Milano, Brera; Ottobre 2008, Broni, Pavia) e molte collettive, tra cui le più importanti a Roma, nella Chiesa degli artisti, e a Firenze, in Galleria del centro storico». Progetti per il futuro? «Cito due impegni dei quali sono molto fiero. L’uno più vicino e l’altro in fase di programmazione. Il primo riguarda un mio bozzetto che è stato scelto per la copertina di un libro che verrà presentato a febbraio a Roma, per un progetto benefico a favore dell’infanzia. Si intitola “La prima casa”, scritto a quattro mani dal professor Mancuso e dalla giornalista Zezza, e parla del feto all’interno del ventre materno. Il secondo riguarda invece un progetto personale: una mostra multimediale dove la pittura si mescolerà ad altre forme d’arte, come la fotografia e la musica – tutto rigorosamente di mia produzione, compresa la musica -. L’obiettivo è quello di esprimere il concetto di arte universale, identica in ogni sua forma espressiva, capace in vari modi di raccontare e rafforzare pensieri ed emozioni». TRADATE 21049 (VA) Via Roncaccio, 16 Tel. 0331 829111 fax 0331 829555 NERVI 16167 (GE) Genova-Nervi Via Missolungi, 14 Tel. 010 307911 fax 010 30791269 VERUNO 28010 (NO) Via per Revislate, 13 Tel. 0322 884711 fax 0322 884816 CASSANO DELLE MURGE 70020 (BA) Via Per Mercadante KM 2 Tel. 080 7814111 fax 0820 7814310 Sedi distaccate di Sciacca e Mistretta: SCIACCA 92019 (AG) U.O di Neuroriabilitazione intensiva c/o Azienda Ospedaliera O.C.R. di Sciacca Via Pompei c.da Seniazza Tel. 0925 962369 fax 0925 962359 MISTRETTA 98073 (ME) U.O di Neuroriabilitazione intensiva c/o Presidio Ospedaliero Santissimo Salvatore Via A. Salamone Tel. 0921 389562 fax 0921 389572 TELESE TERME 82037 (BN) Via Bagni Vecchi, 1 Tel. 0824 909111 fax 0824 909614 CAMPOLI M.T. 82030 (BN) Via Nino Bixio, 10 Tel. 0824 873072 fax 0824 873073 Laboratori di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale PAVIA 27100 Via Salvatore Maugeri, 10 Tel. 0382 592300 fax 0382 592072 CASSANO DELLE MURGE 70020 (BA) Via Per Mercadante KM 2 Tel. 080 781411 fax 080 7814310 PADOVA 35127 Via Svizzera, 16 Tel. 049 8064511 fax 049 80645558 Sede distaccata di Torino Casa di Cura Major TORINO 10124 Via Santa Giulia, 60 Tel. 011 8151611 fax 011 8171864 NOTIZIE FSM