Cosimo Damiano Fonseca
“Che tutto si stamperà in brieve tempo”
Un Atlante di Città del Mezzogiorno progettato
nel XVI secolo
Per cogliere il senso della proposta tematica di questa lectio
brevis non si può prescindere dal dibattito storiografico che in
quest’ultimo venticinquennio si è fatto sempre più insistito e
consapevole intorno alla coscienza della identità politica, sociale e
istituzionale della città verificata attraverso la stratificazione, la
scrittura o la riscrittura, la proiezione cartografica della propria
memoria. E questa operazione è stata ritenuta del tutto opportuna
se si consideri che il fenomeno cittadino è stato sempre
considerato carattere distintivo di una parte della realtà territoriale
italiana, il centro-nord appunto della penisola, dove l’esperienza
comunale ha conosciuto esiti di aggregazione urbana di rilevante
consistenza a fronte invece del Mezzogiorno entrato
precocemente nella sfera statuale del Regno normanno, anche se
allo stesso Mezzogiorno non erano state del tutto estranee
strutture similari.
Per fornire qualche coordinata storiografica basterà far riferimento
alle ricerche di Giovanni Vitolo su Civiltà e coscienza cittadina
nel Mezzogiorno medievale (secc. IX-XIII) (1990) alle quali non è
estraneo un saggio ormai classico di Giuseppe Galasso del 195960 su Le città campane nell’alto medioevo, al volume su La
memoria e la città. Scritture storiche tra Medioevo ed Età
moderna a cura di C. Bastia e M. Bolognani (1995), alle
laterziane Storie di Bari e di Lecce curate da Francesco Tateo
(1983) e di Benedetto Vetere (1993), alla collana La città nella
storia d’Italia concepita e diretta da Cesare De Seta (1980), agli
1
Atti del Convegno Il Libro e la Piazza. Le storie locali nel Regno
di Napoli e di Sicilia in Età moderna coordinati da Antonio Lerra
(2003) e, infine, al più recente volume di Antonio Iurilli, Storie di
città pugliesi. Edizioni a stampa. Secoli XVI-XVIII prefato dal già
citato Francesco Tateo (2011)1.
E che questo processo di omologazione della memoria della città
nella storia del Mezzogiorno italiano trovi la sua matrice
ideologica e concettuale nell’Umanesimo2 - e in quello napoletano
in particolare: si pensi a Pandolfo Collenuccio “qui
Neapoletanorum regum facta simul ac dicta etrusco sermone
edidit” con chiara allusione alla lingua toscana - varranno a
dimostrarlo, tra l’altro, due degli autori coinvolti nel dibattito
1
G. Vitolo, Civiltà e coscienza cittadina nel Mezzogiorno medievale (secc. IX-XIII),
Salerno 1990; G. Galasso, Le città campane nell’alto medioevo, in Mezzogiorno
medievale e moderno, Torino 1975, pp. 61-135. Di Vitolo si vedano altresì il volume
Napoli e Salerno. La costruzione dell’identità cittadina nel Mezzogiorno medievale,
Salerno 2001 e la ricerca curata dallo stesso Vitolo per il Centro Interuniversitario per
la storia delle Città campane nel Medioevo: Le città campane fra Tarda antichità e
Alto medioevo, Salerno 2005; La memoria e la città. Scritture storiche tra Medioevo
ed Età moderna, a cura di C. Bastia e M. Bolognani, Bologna 1995; Storia di Bari, a
cura di F. Tateo, I . Dalla Preistoria al Mille, Bari 1989; II. Dalla conquista normanna
al Ducato sforzesco, Bari 1990; Storia di Lecce dai Bizantini agli Aragonesi, I, a cura
di B. Vetere, Bari 1993; Le città nella storia d’Italia, direttore C. De Seta, Bari 1980
ss.; Il Libro e la Piazza. Le storie locali dei Regni di Napoli e di Sicilia in età
moderna, a cura di A. Lerra, Manduria-Bari-Roma 2004; A. Iurilli, Storie di Città
pugliesi, Edizioni a stampa. Secoli XVI-XVIII, prefazione di F. Tateo, Fasano 2011.
Per una visione complessiva del ruolo delle Città tra Medioevo ed Età moderna non si
può prescindere da alcuni volumi di carattere generale: G. Chittolini, Città, comunità e
feudi negli Stati dell’Italia centro-settentrionale (secc. XIV-XVI), Milano 1996; Die
Fruhgeschichte der europaischen Statdt im 11. Jahrhundert, a cura di J. Jarnut e P.
Johanek, Colmar-Weimar-Wien 1998; M. Berengo, L’Europa delle città: il volto della
società europea tra Medioevo ed Età moderna, Torino 1999 (Biblioteca di Cultura
storica, 234); F. Menant, L’Italia dei Comuni (1100-1350), traduzione e cura di I.
Mineo, Roma 2011e il recente pregevole volume di F. Bocchi, Per antiche strade.
Caratteri e aspetti delle città medievali, Roma 2013.
2
Fondamentale risulta in tale direzione il contributo di G. Giarrizzo, Erudizione
storiografica e coscienza storica, in Storia del Mezzogiorno, vol. IX, Aspetti e
problemi del Medioevo e dell’Età moderna, 2°, Napoli 1991, pp. 511-630, in part. pp.
520-526.
2
storiografico di cui si diceva dianzi: Aurelio Musi e Antonio
Iurilli.
Il primo ha rilevato come i “protagonisti della storia moderna
del Regno di Napoli” sono “Capitale, città, feudo e Chiesa”; gli
stessi che sono i soggetti principali della sua storiografia
dall’Umanesimo all’Illuminismo “ precisando come “l’analisi e il
giudizio su quel sistema di rapporti abbiano contribuito in modo
determinante a costruire l’autocoscienza della nazione napoletana
quale è venuta sviluppandosi dal tardo Quattrocento fino al
termine del Settecento”3.
Iurilli, a sua volta, ha evidenziato come il campo privilegiato
(della sua indagine) è stato il “pendant pugliese di quella
complessa evoluzione del genere storiografico che, partendo dal
modello umanistico-teorico dell’Historia opus oratorium maxime
e dal modello epidittico proprio di una storiografia di tendenza
aristocratica che fa coincidere la nobiltà della città con quella
della gens, ne segna l’evolversi nel modello erudito-antiquario più
congeniale di quello ai bisogni di una scrittura storiografica
destinata ad esaltare la marginalità politico-territoriale e a
rivalutarla come valore nobilitante dell’identità cittadina nei
termini di un rapporto di fedeltà dell’aristocrazia al potere centrale
e di un primato della gens nel tessuto sociale della città, anche per
effetto di un primato culturale”4.
Si è ritenuto di indulgere su questa premessa per mettere in
adeguato risalto l’iniziativa di un Atlante di città - e di città
meridionali nel nostro specifico caso - assunta da un frate
agostiniano di robusta levatura intellettuale e di variegati rapporti
con i circoli culturali romani e veneti della seconda metà del XVI
secolo. Si tratta di Angelo Rocca ritenuto il “fondatore della prima
biblioteca pubblica europea” come si legge nel frontespizio della
biografia dedicata al Rocca da Alfredo Serrai in occasione del
3
4
A. Musi, Stati “nazionali” e Storie locali, in Il Libro e la Piazza, cit., p. 13.
A. Iurilli, Storie di Città pugliesi, cit., pp. 16-17.
3
quarto centenario della Biblioteca Angelica di Roma (2004)5. Era
nato il Rocca nel 1545 a Rocca Contrada oggi Acervia nella
provincia di Ancona ed era stato precocemente avviato agli studi
prima nel convento degli Agostiniani di Camerino: studi
proseguiti successivamente a Perugia, Roma e Venezia. In
quest’ultima città erano maturati i suoi interessi specialmente in
contatto con Aldo Manuzio il giovane (1547-1597) presso la cui
tipografia pubblicò nel 1576 le Osservazioni intorno alle bellezze
della lingua italiana, opera questa che gli procurò la fama di
esperto in linguistica comparata6.
Ma fu a Roma, dove fu richiamato dal Vicario generale del suo
Ordine, Agostino Molari da Fivizzano nel 1579, che presero
consistenza i suoi interessi per la cartografia in genere e per le
piante della città in particolare7. E qui va fatto un necessario
riferimento al più generale contesto dell’ultimo trentennio del
XVI secolo a proposito delle edizioni degli atlanti di città8. E’
noto come il primo atlante moderno venga ritenuto quello del
1570 pubblicato ad Anversa da Abramo Ortelius (1527-1598)
Theatrum Orbis Terrarum, seguito due anni più tardi da quello
che Georg Braun (1541-1622) editò a Colonia con il titolo di
Theatrum urbium praecipuarum mundi9. E sono questi anche gli
5
A. Serrai, Angelo Rocca fondatore della prima biblioteca pubblicare europea. Nel
quarto centenario della Biblioteca Angelica, Milano 2005.
6
J. Kresalkova, Conoscenza del mondo slavo in Italia nel secolo XVI, in Contributi
italiani all’VIII Congresso internazionale degli Slavisti, pp. 139-173.
7
E. Dotto, Disegni di città. Rappresentazioni e modelli nelle immagini raccolte da
Angelo Rocca alla fine del Cinquecento, Siracusa 2004, pp. 29-42. Cfr. R. Almagià, La
Cartografia in Italia nel Cinquecento, in “Rivista Geografica Italiana”, XXI-XXII
(1914-1915), pp. 128-231.
8
Dotto, Disegni di città, pp. 128-231. Cfr. T. Colletta, Atlanti di città nel Cinquecento,
Napoli 1984; C. De Seta, L’immagine delle città italiane dal XV al XIX secolo, Napoli
1988. Si vedano altresì L. Bagrow, History of cartography, a cura di S. A. Skelton,
London 1964; E Gazzè, Governare il territorio. La Sicilia descritta, misurata,
disegnata (secoli XVI-XVII), Acireale-Roma 2012.
9
A. Ortelius, Theatrum Orbis terrarum, Antwerp 1570; G. Braun-F. Hogenberg,
Theatrum Urbium praecipuarum mundi, Colonia 1572-1618. Quest’opera è conosciuta
anche con il titolo di Civitates Orbis Terrarum: titolo peraltro del primo volume. Franz
4
anni (dal 1580 in poi) nei quali per incarico di Gregorio XIII il
cosmografo e matematico perugino, il domenicano Egnazio Danti
(1536-1586), dipingeva nella Galleria delle Carte geografiche in
Vaticano le tavole d’Italia10.
L’occasione propizia per porre mano a una Brieve descrittione
delle Città e terre d’Italia accompagnata dal corredo cartografico
dei Disegni, venne offerta al Rocca dalla Visita canonica ai
Conventi agostiniani che il Priore generale, Spirito Pelo
Anguissola da Vicenza, avrebbe intrapresa il 26 settembre 1583 e
che si sarebbe conclusa il 12 giugno 1584 avendo al suo fianco
come segretario lo stesso Rocca. Del Registrum di questa visita
ora disponiamo di una accurata edizione realizzata da Claudia
Castellani nella serie dei Fontes Historiae Ordinis Sancti
Augustini che ci consente tra l’altro di individuare con precisione
le località visitate o quelle attraversate di cui è conservata la
veduta11. Si aggiunga che allo stesso Anguissola non erano
estranei gli interessi relativi alla raffigurazione delle città se è vero
che fosse intervenuto presso il papa Gregorio XIII affinché la sua
città natale, Vicenza, fosse inserita tra le 14 città della Galleria
Vaticana delle Carte geografiche, anzi che a tale riguardo avesse
fatto redigere un disegno a penna con inchiostro marrone e
acquerello azzurro su carta bianca consistente in una veduta a volo
d’uccello della città veneta e dei suoi monumenti ora conservata
alla Biblioteca Angelica e datata al 158012.
Hogenberg (1535 – c. 1590) ebbe un compito ben preciso, quello del reperimento delle
immagini e della loro incisione, mentre il progetto e l’articolazione dell’opera vanno
attribuite a Georg Braun. Su Ortelius, si veda G. Koeman, Abraham Ortelius, sa vie et
son “Theatrum Orbis Terrarum”, Losanna 1964.
10
R. Almagià, Le pitture murali della Galleria delle carte geografiche, Città del
Vaticano 1952; L. Gambi - M. Milanesi - A. Pinelli, La Galleria delle Carte
geografiche in Vaticano, Modena 1997.
11
Spiritus Vicentini, Registrum Viatorum 1583-1586, quod edendum curavit Claudia
Castellani, Romae 2004 (Fontes Historiae Ordinis Sancti Augustini, Prima Series
Registra Priorum Generalium, volumen 48).
12
C. Barbieri, La pianta prospettica di Vicenza del 1580, Vicenza 1973, p. 4. Il
disegno a penna della pianta della città veneta – che il Priore generale dell’Ordine
Spirito Anguissola nella lettera inviata l’11 maggio 1586 per la celebrazione del
5
Molto verosimilmente durante le tappe del viaggio incontrò
direttamente o individuò i tramiti che avrebbero redatto sia la
pianta che la descrizione della località se è vero, come è vero, che
solo nel 1586, due anni dopo la conclusione della Visita, egli
inviò un indice degli argomenti ai quali attenersi nella redazione
delle descrizioni che avrebbero accompagnata la pianta.
E’ senza dubbio di grande interesse anche metodologico e
concettuale l’elencazione dei quesiti che Rocca poneva ai suoi
corrispondenti e di cui nella Biblioteca Angelica si sono rinvenute
due copie: la prima nel ms. 1214 (c. 149), la seconda incollata nel
verso del foglio di guardia del Theatrum Urbium Italicarum di P.
Luca Bertelli (A. A. 8.3) un incisore e stampatore veneziano degli
anni cinquanta/ottanta del XVI secolo verosimilmente conosciuto
dal Rocca durante il suo soggiorno veneziano13.
I due esemplari sono stati esposti nella Mostra del 2004
organizzata per il quarto centenario della istituzione della
Biblioteca Angelica14.
Comunque ciò che colpisce nella proposta del Rocca quale
committente dei profili delle città, pur nella “contaminazione dei
generi della tradizione umanistica” e nel superamento del modello
Capitolo generale definisce “nostra urbs insignis, copiosa et munificentissima”
(Spiritus Vicentini, Registrum Viatorum, n. 858, p. 367) – è opera di Giambattista
Pittoni ed è conservato presso la Biblioteca Angelica di Roma con la segnatura B.
ANG. BSNS 5681. Si veda in proposito N. Muratore e P. Munafò, Immagini di Città
raccolte da un Frate Agostiniano alla fine del XVI secolo, Roma 1991 (Ministero per i
Beni Culturali e Ambientali, Biblioteca Angelica), n. 1, pp. 26-27. A proposito della
Carte Rocca, relativamente al Principato Citra, si consulti il saggio di I. Friello, Le
immagini dei centri del Principato Ultra nella raccolta di Angelo Rocca della fine del
XVI secolo, in I punti di vista e le vedute di città. Secoli XII-XVI, a cura di U. Soragni,
Teresa Colletta (Storia dell’Urbanistica. Annuario nazionale di storia delle da città e
del territorio fondato da Enrico Guidoni, anno XXIX – Serie Terza 2. 1/2010), Roma
2010, pp. 175-185.
13
Muratore- Munafò, Immagini di città, p. 22, n. 10.
14
Si tratta di un Opuscolo fuori commercio stampato a Roma nel maggio 2005 con il
titolo Angelo Rocca erudito e bibliofilo.
6
annalistico15 è la restituzione il più possibile esaustiva e organica
della facies della città secondo il metodo che il domenicano
bolognese, Fra Leandro Alberti, aveva introdotto nella
Descrittione di tutta Italia. L’opera era stata stampata per
Anselmo Giaccarelli a Bologna il 1550 con il titolo: Descrittione
di tutta Italia… nella quale si contiene il sito di esse, l'origine et
le Signorie delle Città, et delle Castella, coi nomi antichi, et
moderni, i costumi de' Popoli, le conditioni de’ i Paesi. Et più gli
uomini famosi che l’hanno illustrate, i monti, i luoghi, i fiumi , le
fontane, i bagni le miniere, con tutte l’opere meravigliose in Lei
dalla natura prodotte…16
Si tratta in larga misura degli stessi indicatori che Rocca, in
maniera più analitica, richiedeva ai compilatori del suo progetto:
innanzitutto l’individuazione delle fonti a corredo delle
descrizioni (Archivi della Comunità, Storie particolari derivate o
da “qualche memoria degli antichi” o “per traditione dei
Predecessori”); poi l’origine del luogo, del nome, la consistenza
della popolazione, la data della fondazione se prima o dopo Roma
se prima o dopo Cristo e il nome del fondatore; quindi le cose
notevoli (rocche, fortezze, archi, resti archeologici, chiese, marmi,
15
F. Tateo, Epidittica e antiquaria nelle memorie cittadine del Mezzogiorno, in La
memoria e la città. Scritture storiche tra Medioevo ed Età moderna, cit., pp. 29-39.
16
E’ stato sempre posto in adeguato rilievo l’importanza della Descrittione
dell’Alberti sia sul piano culturale in quanto inaugurava un genere letterario di grande
fortuna e tradizione sia sul piano metodologico in quanto intendeva celebrare le
meraviglie paesaggistiche, le ricerche storiche, economiche e politiche della penisola
italiana all’insegna di due coordinate: l’unità geografica e l’articolazione delle realtà
regionali e territoriali. Illuminanti contributi alla conoscenza della personalità e del
metodo di Alberti vengono da L. Gambi, Per una rilettura di Biondi e Alberti
geografi, in Il Rinascimento nelle carte padane. Società e Cultura, a cura di F. Rosai,
Bari 1977, pp. 259-275; G. Petrelli, L’officina del geografo: la Descrittione di tutta
l’Italia di Leandro Alberti negli studi geografico-antiquari
tra Quattro e
Cinquecento, Milano 2004; L’Italia dell’inquisitore: Storia e geografia dell’Italia del
Cinquecento nella Descrittione di Leandro Alberti. Atti del Convegno Internazionale
di studi (Bologna, 27-29 maggio 2004), a cura di M. Donattini, Bologna 2007. Sui
rapporti tra l’Italia illustrata di Flavio Biondo e la Descrittione dell’Alberti, si veda
Blondus Flavius, Italia illustrata, 1, a cura di P. Pontari, Roma 2011 (Ministero per i
Beni e le Attività Culturali. Edizione nazionale delle Opere di Biondo Flavio, 4 (I).
7
dipinti, statue con i soggetti e i nomi dei loro autori); e ancora
l’elenco degli uomini illustri nel campo ecclesiastico, militare,
letterario, artistico di ogni epoca; Santi e beati e loro reliquie;
sistemi idrici, orti, giardini, fiumi indicati con i loro nomi latini e
volgari “con le Pescagioni et Caciagioini”; eventi straordinari,
abbigliamento sia del ceto popolare che delle famiglie illustri; i
castelli del contado con i nomi degli insediamenti demici di loro
pertinenza; i mestieri per cui è noto il luogo o quello in cui
eccelle; la “qualità del territorio” con la menzione delle cose
notevoli, le acque, le rovine antiche, i prodotti pregiati della terra;
le fiere con la data di istituzione e la loro durata; lo stemma delle
città con la descrizione dei colori e del campo e, infine, la pianta
della Città o del territorio della grandezza di un quarto di foglio
con lo stemma della città in “un cantone di esso” in modo da
poterlo “fare intagliare in rame”17.
Nel redigere i vari profili, i soggetti interpellati direttamente
dal Rocca o sollecitati attraverso eruditi locali di riconosciuta
credibilità e autorevolezza, si attengono più o meno fedelmente
alle norme contenute nel questionario. E non manca qualcuno
come Giovanni Giovane, non certo ignoto ai circoli culturali
napoletani, che nel 1589 avrebbe pubblicato nella Capitale del
Regno il De Antiquitate et varia Tarentinorum Fortuna, il quale
ritenne di rimettere al suo committente la descrizione della città
jonica effettuata con chiaro intento cartografico da un noto
umanista, Antonio De Ferraris detto il Galateo, nel Liber de Situ
Japygiae, realizzato nel primo decennio del ‘500 su sollecitazione
del nobile Giovanni Battista Spinelli, genero dell’umanista
Tristano Caracciolo18.
17
Come è stato rilevato, del Questionario del Rocca sono conservate nella Biblioteca
Angelica due copie: una nel Ms. 1214 (c. 149), l’altra incollata nel verso del foglio di
guardia del Theatrum Urbium Italicarum di L. Bertelli del 1599 (AA. 8.3). Biblioteca
Angelica, Breve descrittione delle Città e Terre d’Italia.
18
La Descritione di Taranto è inserita tra le Carte Rocca conservate nell’Archivio
dell’Ordine Agostiniano in Roma. Sull’opera di Giovanni Giovane, si rinvia a C. D.
Fonseca, Il “De Antiquitate et varia Tarentinorum Fortuna” di Giovanni Giovane tra
8
L’enorme mole dei materiali pervenuti fu depositata presso la
Biblioteca Angelica dove, insieme con carte geografiche a stampa
e con disegni e vedute di varia natura e interesse, rimase sino al
1873 quando parte della documentazione ritenuta materiale di
archivio venne trasferita presso l’Archivio dell’Ordine
Agostiniano. Fu uno smembramento del tutto artificioso in quanto
parte delle Piante di Città, oltre le Descrizioni delle stesse, fu
trasferita all’Archivio dell’Ordine e parte delle Descrizioni, oltre
la quasi totalità delle Piante rimase presso la Biblioteca Angelica.
Si tratta di 92 piante manoscritte e di 187 descrizioni di città e di
paesi.
Una parte cospicua del materiale cartografico consistente in
77 esemplari delle piante è stata per la prima volta oggetto di
apposita pubblicazione nel 1991 a cura di Nicoletta Muratore e
Paola Munafò grazie alla collaborazione tra la Biblioteca Angelica
e l’Archivio Generale dell’Ordine Agostiniano allora diretti
rispettivamente da Carlo Federici e da P. Fernando Rojo. A loro
volta le Descrizioni rimasero quasi tutte inedite: 178 sono
conservate presso l’Archivio dell’Ordine Agostiniano, 28 presso
la Biblioteca Angelica rispettivamente 27 nel ms. 685 e una nel
ms. 237. L’area geografica nella quale si collocano è
prevalentemente quella delle regioni meridionali (Puglia,
Campania, Calabria e Sicilia) cui vanno aggiunti con pochi
esemplari tre regioni dell’Italia centrale (Marche, Abruzzo e
Molise).
Come è stato osservato il livello dei corrispondenti del Rocca
e la qualità dei materiali descrittivi non presentano alcun carattere
di omogeneità trattandosi in larga misura di eruditi locali inclini a
esaltare aspetti e monumenti delle loro “piccole patrie” da angoli
visuali di ristretti e circoscritti orizzonti. La traccia dei quesiti
inviati dallo stesso Rocca risulta trascurata, se non addirittura
storia e storiografia di imminente pubblicazione. Per il De situ Japygiae si veda A. De
Ferrariis Galateo, La Iapigia (Liber de situ Iapigiae). Prefazione di F. Tateo.
Introduzione, testo, traduzione e note a cura di D. De Filippis, Galatina 2005.
9
obliterata, magari a favore di particolari elementi che attengono
alla specificità dei luoghi o alle loro memorie: si tratti di
postazioni militari, di edifici di culto, di emergenze urbane, di
patrimoni ecclesiastici. Insomma è completamente assente quella
linearità di lettura comprensiva delle componenti geografiche,
culturali e storiche del territorio che da Flavio Biondo a Leandro
Alberti aveva costituito l’intelaiatura delle nuove ricerche di cui
peraltro lo stesso Rocca va considerato a tutti gli effetti un
epigono provveduto e accorto.
Di grande interesse sarà nel prosieguo del lavoro individuare
meglio i corrispondenti, la loro formazione intellettuale, il ruolo
esercitato all’interno delle singole località. Sembrerebbe da
affondi finora provvisori effettuati sulle Descrizioni e sui loro
autori come sia prevalente il ceto degli ecclesiastici, alcuni più
scaltriti, altri meno competenti, ma gli uni e gli altri attenti alle
tradizioni indigene, alle condizioni climatiche, alle bellezze
paesaggistiche. Ciò che conta per loro è l’aderenza al vissuto
sociale dei luoghi, fatta anche con il ricordo di pestilenze, di
terremoti, di avverse condizioni atmosferiche. Sarebbe a tal fine
improprio, se non addirittura erroneo o fuorviante, paragonare
queste relazioni ai resoconti di viaggio come, ad esempio, quelli
compresi nella letteratura del Grand Tour: nel nostro caso si
stratta di voci emergenti all’interno delle tante realtà locali dove la
fierezza dell’appartenenza non fa aggio sulla estraneità di un
osservatore certamente curioso e non rare volte condizionato da
prevenzioni, da parzialità, da clichè abusati e diffusi.
Come è noto nel 1585 Rocca venne nominato da Sisto V
correttore della Tipografia Vaticana e Segretario della
Congregazione dell’Indice. Nel grandioso progetto culturale di
Sisto V era compresa la realizzazione della prima Biblioteca del
mondo cattolico, la Biblioteca Apostolica Vaticana, impresa nella
10
quale fu coinvolto Rocca come si evince da una delle opere dello
stesso Rocca pubblicata dalla Tipografia Vaticana nel 159119.
Sisto V lo volle anche come collaboratore della Biblia Vulgata: un
esemplare datato 1590 è conservato nella Biblioteca Angelica20.
Nel 1595 Rocca fu nominato Sacrista Pontificio21. Tale carica,
privilegio esclusivo degli Agostiniani fin dai tempi di Alessandro
VI era di grande importanza, soprattutto nelle fasi dell’elezione
pontificia. Come Sacrista Rocca fu vicino ai Pontefici Clemente
VIII e Paolo V. Dal primo ottenne per sé e per coloro che gli
sarebbero succeduti nella carica di Sacrista, il titolo di Vescovo di
Tagaste22.
In tale mutato contesto non divennero più preminenti per il
Rocca gli interessi cartografici e, conseguentemente, l’edizione
delle piante e delle relative descrizioni delle Città ad esse allegate.
Solo di recente grazie alla disponibilità del Direttore dell’Archivio
Generale dell’Ordine Agostiniano e alla collaborazione della
Direttrice della Biblioteca Angelica, oltre che della Società
Geografica Italiana, il progetto della edizione delle Descrizioni di
Città ha conosciuto una decisa ripresa. “Che tutto si stamperà in
19
Bibliotheca Apostolica Vaticana a Sixto V Pont. Max in splendidiorem,
commodioremq.
locum
translata,
et
a
Fratre
Angelo
Roccha
a
Camerino…commentario…illustrata…Romae ex Typographia Apostolica Vaticana,
1591. Nella Biblioteca Angelica è presente una edizione a stampa con note marginali:
M. G11.
20
Biblia Sacra vulgatae editionis tribus tomis distincta…Romae, ex Typographia
Apostolica Vaticana, 1590. La segnatura dell’Angelica è la seguente: Aut. 7. 3. Sui
rapporti tra il Rocca e la Biblioteca Vaticana si vedano ora i saggi contenuti nel
secondo volume della Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana: La Biblioteca
Vaticana tra Riforma cattolica, crescita delle collezioni e nuovo edificio (1535-1590),
a cura di M. Ceresa, Città del Vaticano 2012.
21
Serrai, Angelo Rocca, pp. 14-15.
22
Chronistoria de Apostolico Sacrario Nomenclaturam, institutionem, et intructionem,
Munia…item, Auctore. Fr. Angelo Rocca Camerte Ordinis Fratrum Eremitarum Sancti
Augustini, eiusdem Sacrarii Praefecto, et. Episcopo Tagastensi. Ad Sanctissimum
Dominum Nostrum Paulum V. Pont. Max., Romae, Apud Guillelmum Facciottum. M.
DC. V. La segnatura dell’Angelica è J 12.34. Una edizione anastatica dell’opera è stata
pubblicata a Roma dall’Ordine Agostiniano nel 2004 con una prefazione del P. Mario
Mattei, Custode del Sacrario Apostolico.
11
brieve tempo”, come scrisse il Rocca nel 1586 ai suoi
corrispondenti, e non è dato assicurare, ma, almeno si spera, di
non aspettare o far aspettare studiosi e curiosi quasi un altro
mezzo millennio23.
23
Desidero esprimere viva gratitudine al Direttore dell’Archivio Generale dell’Ordine
Agostiniano P. Luis Marín de San Martín per la generosa disponibilità alla
realizzazione del progetto relativo alle Carte Rocca.
12
13
14
15
16
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19
20
Didascalie delle Tavole
1. Roma, Biblioteca Angelica, Monumento ad Angelo Rocca.
2. Roma, Biblioteca Angelica, Brieve descritione delle Città e terre d’Italia, Ms.
1214, c.49
3. Descrittione di tutta l’Italia di Fra Leandro Alberti Bolognese, frontespizio
delle edizione del 1596.
4. Roma Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/46. Disegno a tutto campo
di Lentini.
5. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/72 a. Disegno a penna con
inchiostro marrone, con velature a pennello in grigio di Squillace.
6. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/59. Disegno a penna con
inchiostro marrone, con velature viola a pennello di Taranto.
7. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/66. Disegno a penna con
inchiostro marrone di Montescaglioso.
8. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/55. Disegno a penna con
inchiostro marrone e venature ocra a pennello di Salerno.
9. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/57. Disegno a penna con
inchiostro marrone di Benevento.
10. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/67. Disegno a penna con
inchiostro marrone e abbondanti velature a pennello di colore azzurro di Gaeta.
11. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/64. Disegno a penna con
inchiostro marrone di Campobasso.
12. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/68 a. Disegno a penna
con inchiostro marrone di Atri.
13. Roma, Biblioteca Angelica, Carte Rocca, BSNS 56/74 a. Disegno a penna
con inchiostro nero di Foligno.
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Relazione - Accademia Nazionale dei Lincei