Notizie
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Infosportpagine
N. 8 - Ottobre 2012
nel nome di chi non può parlare
Fantascienza
o realtà?
Un racconto di
fantascienza pubblicato
40 anni fa descrive una
società disumana non
troppo diversa da quella
in cui viviamo oggi.
L’uomo e
l’aborto
Solo gli specialisti
conoscono
le conseguenze
devastanti che ha
l’aborto per il padre.
In memoria
di Chiara
Una ragazza di 28 anni è stata chiamata da Dio a mostrare che è
buono, che in Lui non ci sono tenebre e che la morte è vinta
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- Sommario -
Notizie
Editoriale1
Notizie dall’Italia
2
RIVISTA MENSILE
N. 8 - OTTOBRE 2012
Notizie dal mondo
3
Primo Piano
In ricordo di Chiara Corbella Petrillo
10
Angela Pellicciari
Siamo nati e non moriremo mai più
11
Antonio Brandi
4
Francesco Agnoli
Cheng Guancheng e Lou Xiaoying: due eroi per la vita 5
Sveva Colonna
Armati di diritto per la vita
8
Distribuzione
Rapida Vis, Via Cadlolo 90, 00136 Roma
Youth Defence: la battaglia per la vita in Irlanda9
Marzio Bianchi
In memoria di Nellie Gray12
Marco Respinti
Scienza e Morale
13
Carlo Manetti
Fantascienza o realtà?
14
Francesca Romana Poleggi
Cartesio, ancora lui
15
Mauro Faverzani
Anche l’uomo è tra le vittime dell’aborto
16
Antonello Vanni
Sesso (in)sicuro
17
Renzo Puccetti
Ciò che resta dopo un aborto volontario18
Cinzia Baccaglini
Economia e Vita
Nel diritto italiano il concepito è considerato una persona 19
Antonio Baldassarre
Crescita della popolazione: danno o beneficio?
Benedetto Rocchi
Progetto grafico
Massimo Festini
Tipografia
Eticart srl, via Garibaldi 5, 73011 Alezio
Pino Morandini
L’inizio della vita umana
Redazione
Via Ridolfino Venuti 34/A, 00162 Roma.
Tel. 06 45444909
6
Danilo Quinto
Obiezione di coscienza: diritto intoccabile
Editore
MP cooperativa giornalistica
Sede legale Via Marlengo 49/b, 39012 Merano (BZ)
Autorizzazione Tribunale BZ N6/03 dell’11/04/2003
Direttore Responsabile
Francesca Lazzeri
Attualità
Marciare per la vita
Testata
Infosportpagine-ProVita
20
Redazione
Francesca Romana Poleggi, Antonio Brandi,
Mario Palmaro, Andrea Giovanazzi
Hanno collaborato
alla realizzazione di questo numero
Francesco Agnoli, Cinzia Baccaglini,
Antonio Baldassarre, Marzio Bianchi, Antonio Brandi,
Sveva Colonna, Mauro Faverzani, Carlo Manetti,
Pino Morandini, Angela Pellicciari, Renzo Puccetti,
Danilo Quinto, Marco Respinti, Benedetto Rocchi,
Francesca Romana Poleggi, Antonello Vanni
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Editoriale
Notizie
1
Editoriale
Nel nome
di chi non può parlare
Questa iniziativa, dedicata a Chiara CorbellaPetrillo, vuole coinvolgere tutti coloro che - cristiani, credenti di altre religioni e non credenti
- concordano sul fatto che l’aborto è il più ignobile degli omicidi, perché perpetrato contro una
persona inerme, incapace di difendersi.
È soprattutto un servizio: vogliamo dare risonanza alle voci pro life in Italia e nel mondo;
vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica e
risvegliare le coscienze: la gente, spesso, non
comprende che l’aborto è un omicidio, perché
è disinformata; vogliamo mostrare come qualsiasi legge che renda legale l’aborto sia ingiusta,
nociva alla dignità umana ed incompatibile con
la legge naturale.
Vogliamo che se ne parli nelle scuole, nelle parrocchie, nei circoli culturali, tra la gente, per far
capire a tutti l’orrore dell’aborto.
Una volta che si sia creata una sensibilità sociale idonea, non sarà più un’utopia premere per
una riforma legislativa adeguata, che porti alla
abrogazione della legge 194. È un progetto certamente ambizioso, ma doveroso.
Vogliamo e dobbiamo batterci e parlare nel
nome di tutte quelle mamme, come Santa Gianna Beretta-Molla e Chiara Corbella-Petrillo, che
non possono più parlare perché hanno dato
la vita per i loro figli, e nel nome dei milioni
di bambini che ogni anno vengono uccisi nel
grembo delle loro madri.
Antonio Brandi
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Notizie dall’Italia
Notizie
Notizie dall’Italia
2
Medici specialisti del Gemelli e del Bambin Gesù hanno creato a
Roma il centro “Exit”.
Si chiama exit una delle tecniche operatorie che si usano sul bambino
quando è ancora nel grembo materno: il bimbo non ancora nato,
infatti, in questo centro è considerato un paziente come tutti gli altri.
Per questo - oltre ad avere un alto valore medico e scientifico - “Exit”
è un segnale culturale molto rilevante per chi ancora si ostina a non
voler riconoscere la dignità umana al concepito.
Si è svolto a Roma, sotto il patrocinio della seconda sezione della
Segretaria di Stato della Santa Sede e del Pontificio Consiglio
per la Famiglia, un vertice mondiale dei cattolici impegnati negli
organismi internazionali con l’obiettivo di imparare ad affrontare le
“industrie” dell’aborto.
Vittoria della vita: nell’ospedale di Jesi sono stati sospesi
gli aborti, poiché tutti i medici hanno esercitato il diritto di
obiezione di coscienza.
Il diritto alla vita , per un giudice di Spoleto, non è adeguatamente
tutelato dalla legge 194 del 1978, che gli antepone il diritto alla salute.
Purtroppo la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso. Il Consiglio
Direttivo dell’AIGOC, Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici
ha manifestato pubblicamente i sentimenti, che la decisione della Corte
Costituzionale ha suscitato: delusione, timore, dolore.
Il consiglio regionale del Veneto, ha approvato una legge di iniziativa
popolare presentata nel 2004 che prevede l’informazione delle donne
sulle possibili alternative all’aborto. Così sarà possibile l’accesso dei
volontari pro-life ai consultori e alle strutture socio-sanitarie.
Al cimitero di Desio è stata rimossa la
Croce dal luogo dove vengono sepolti i
bimbi non nati.
La vicenda ha interessato Repubblica.it e
ha suscitato la reazione di molti blogger.
Ne parleremo nel prossimo numero.
Marco Griffini, presidente della Ai.Bi. propone l’adozione di
bambini non nati: l’Associazione Amici dei Bambini, durante il
convegno “Oltre l’aborto la speranza nell’abbandono” che si è
tenuto a Milano, ha annunciato che sarà fatta una proposta di
legge in tal senso.
Si è svolta con successo “Cento Passeggini per la Vita”,
una manifestazione promossa dal Centro di Aiuto alla Vita di
Agrigento, opera don Guanella.
A Livorno, don Maurizio De Sanctis ha invitato i suoi
parrocchiani ad un concreto gesto di solidarietà per una
mamma in difficoltà. E così, grazie a Dio, è nata una bella
bambina che i parrocchiani di Santa Rosa sono orgogliosi di
aver sottratto all’aborto.
È durato una settimana il “Life Happening Vittoria Quarenghi” del
Movimento per la Vita. La manifestazione si è tenuta al villaggio “Porto
Rhoca” di Squillace, dove il Centro Servizi Volontariato di Catanzaro ha
organizzato una serie di incontri, scambi, dibattiti e corsi di formazione
per i volontari della vita.
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Notizie dal mondo
Notizie
3
Il 16 settembre si è svolta
a Zurigo la terza “Marcia
per la vita”, organizzata da
13 associazioni pro life. Il
corteo è stato disturbato
da schiamazzi, fischi e urla,
mentre i partecipanti
sfilavano con croci bianche
e piccole bare per
protestare contro il business
mortale dell’aborto.
Secondo uno studio
danese l’aborto indotto
aumenta il tasso di
mortalità tra le madri.
In India, a causa
dell’ aborto selettivo,
vengono uccise 500.000
bambine ogni anno.
“Ancorata nel cuore di Cristo, sorgente inesauribile di amore,
Barbara ha optato prima per la vita di sua figlia”: così Ignacio
Cabezas parla di sua moglie, Barbara Castro Garcia, che - come la
nostra Chiara Corbella -. ha rinunciato a curare il cancro per dare alla
luce la sua piccola Barbarita.
La Federazione Portoghese per la Vita ha proposto al
governo di eliminare tutte le spese e i costi connessi
all’aborto: per esempio il trasporto e l’alloggio pagati
alle madri e ai loro accompagnatori, oppure le licenze e i
sussidi. È stato calcolato che lo Stato potrebbe
risparmiare molti milioni di euro. Notizie dal mondo
Negli Usa c’è un animato dibattito
sull’aborto, ma si pratica l’eugenetica
nella quasi indifferenza più totale: la
“gender selection” è praticata estesamente
nelle cliniche degli Stati Uniti.
Si sono svolte le paralimpiadi, un vero inno alla vita, un segno di
civiltà e di speranza. Il coordinatore, J. Parker, alla chiusura dei giochi è
intervenuto con forza contro la normativa sull’aborto in Inghilterra.
Una nuova legge del governo conservatore dello stato americano
dell’Arizona cerca di limitare le possibilità di aborto disponendo
che il calcolo delle settimane di gravidanza cominci due settimane
prima del concepimento.
La Corte Costituzionale della Corea del Sud ha stabilito che il
diritto alla vita è il più fondamentale dei diritti umani e che il diritto
della donna di disporre del proprio corpo non può essere
considerato superiore al diritto alla vita del bambino nel grembo.
In Spagna il ministro della giustizia, Alberto Ruiz
Gallardòn, un esponente di sinistra del Governo
Rajoy, ha annunciato la prossima presentazione
di una riforma della legge sull’aborto. Il progetto
mira a ridimensionare la legge vigente introdotta dal
governo di Zapatero, che ha
trasformato l’aborto in un diritto della donna.
È stata accettata da una Corte scozzese la
richiesta di appello di due infermiere cristiane
di Glasgow che si sono rifiutate di assistere
i medici che praticano l’aborto nell’ospedale
dove lavorano da vent’anni.
Il deputato di Pietroburgo Vitaly
Milonov ha proposto di conferire lo
status di cittadini ai bimbi in grembo
dal momento del concepimento
o per lo meno da quando il cuore
inizia a battere. Secondo il politico,
l’aborto va combattuto ufficialmente
come omicidio. In Russia l’aborto
è consentito entro le 12 settimane
di gravidanza, fatta eccezione per
i casi in cui la donna sia vittima di
stupro o la sua salute in pericolo.
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Disponibile in Germania, Austria,
Svizzera e Liechtenstein il primo
esame del sangue “fai da te”
che consente di diagnosticare la
sindrome di Down già dalla
dodicesima settimana di
gravidanza. La cosa ha diffuso
preoccupazione e sconcerto per la
chiara deriva eugenetica che ne
consegue.
Nata nel Nord Carolina (USA) a gennaio dopo sole 25
settimane di gestazione, pesava 270 grammi: poteva
essere contenuta tra i palmi di due mani. La piccola
Kenna Claire Moore ha lottato sei mesi per la vita e ora
finalmente è a casa con i suoi genitori.
Schiacciante vittoria nelle votazioni a sostegno del Principe
Alois del Liechtenstein, il cui potere di veto era stato messo
in discussione perché lo scorso anno lo aveva usato contro
la legalizzazione dell’aborto.
Il patriarcato ortodosso russo è sceso apertamente in
campo contro l’aborto: “è il peggiore olocausto nella storia
dell’umanità”, ha detto il portavoce della chiesa ortodossa
moscovita, partecipando a una marcia contro l’aborto che
ha sfilato per le vie del centro della capitale russa.
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Notizie
Attualità
4
Marciare per la vita
Anche in Italia la manifestazione unitaria della base ProLife,
punto di partenza di una battaglia in difesa dei più deboli.
O
gni anno, centinaia e
centinaia di migliaia di
persone sfilano in tutto il mondo nelle Marce per la Vita, da Washington a
Parigi, da Bruxelles a Varsavia.
Anche in Italia vi sono state numerose iniziative Pro-Life, da
nord a sud, come la Marcia per
la Vita siciliana, il Life Day e la
Marcia per la Vita di Desenzano, il 28 Maggio 2011 che, pur
essendo stata organizzata in pochissimo tempo, ed in un paese
piuttosto decentrato del nord Italia, ha avuto un notevole successo. Straordinario, addirittura, l’esito della II Marcia Nazionale per
la Vita organizzata a Roma il 13
maggio di quest’anno, la prima
di questo tipo organizzata nella
capitale: circa 15.000 persone
hanno sfilato dal Colosseo a Castel sant’Angelo per dire il loro sì
alla vita e il loro no, chiaro e forte, all’aborto. Hanno partecipato
numerose realtà del mondo Pro
Life Italiano, religiosi, laici, atei,
tibetani, buddisti e varie organizPer informazioni:
www.marciaperlavita.it
tel. 06-32110310
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zazioni per i diritti umani. Perché
di questo si tratta, del diritto alla
dignità umana che ogni persona
possiede dal momento del concepimento.
Perché una marcia? Perché certe verità, comprensibili al cuore di ogni uomo, non possono
restare confinate ai muri di una
chiesa, o alle sale dei convegni.
Il nostro Paese sta morendo di
vecchiaia, perché dal 1978 l’eliminazione di almeno 5 milioni
di bambini a causa della legge
194, ci ha portato in un inverno
familiare e demografico che
ha conseguenze in ogni aspetto
della vita sociale ed individuale.
L’aborto infatti, oltre che eliminazione di un bambino, è una ferita immensa al cuore e al corpo
della madre e del padre, anche
quando costoro pensano il contrario; è, inoltre, un atto che mina
la famiglia, cellula base della società; infine colpisce la società
intera, che viene privata dei suoi
giovani, cioè della sua più grande ricchezza. L’aborto è anche,
per i credenti, un crimine contro
Dio, creatore e datore della vita.
Manifestare pubblicamente queste verità è dunque un atto dovuto, di vera e propria carità: è il
ricordare a tutti qualcosa che si
vuole nascondere o dimenticare
o magari confinare nell’ambito
delle opinioni soggettive.
La caratteristica fondamentale
della marcia - che è preceduta
da un convegno e che ha come
corollari pubblicazioni, incontri,
conferenze ecc. - è che essa si
propone come evento unitario
del mondo prolife italiano, per
troppi anni sminuito da strategie
minimaliste, oltre che dall’ostilità di gran parte del mondo politico. Un evento che auspica il
superamento di timori, divisioni
e personalismi e il rilancio a tutto
campo della battaglia per la Vita.
La marcia è quindi aperta a tutti,
credenti e non credenti, a qualsiasi associazione o meno appartengano, ed è, come ha scritto
qualcuno, “l’unica manifestazione in cui non si rivendicano i
propri diritti, ma quelli degli altri.
Non si cerca di prevaricare un
avversario, ma di difendere il più
debole dei deboli. Non si urla il
proprio ego, ma si dà voce a chi
non ne ha”.
Ci vediamo alla prossima marcia
il 12 Maggio 2013!
Francesco Agnoli
10/10/12 08:35
Notizie
Attualità
5
Chen Guangcheng e Lou Xiaoying:
due eroi per la Vita
Da trent’anni le donne e i bambini cinesi subiscono morte e violenza
per la barbara politica di pianificazione familiare,
posta in essere con la complicità della comunità internazionale.
C
ll Governo Cinese
si vanta infatti
di aver evitato 400
milioni di nascite
dal 1979
Chen Guangcheng
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hen Guangcheng, 41
anni, non vedente, si è
battuto contro la campagna di sterilizzazioni
ed aborti forzati imposta dal regime comunista cinese nella provincia dello Shandong, nel 2004.
Per questo è stato detenuto in un
Laogai e costretto al lavoro forzato per più di quattro anni ed è
stato obbligato agli arresti domiciliari per quasi due anni, durante
i quali ha subito torture ed abusi
insieme alla sua famiglia: amici e
parenti sono stati arrestati. Grazie alla pressione internazionale
è ora negli USA ma presto tornerà in Cina per continuare la sua
battaglia. Lou Xiaoying, ormai
condannata a morte da una gravissima insufficienza renale, si è
battuta per la vita di tanti bambini
per quasi tutta la sua esistenza,
vissuta in povertà. Secondo il
quotidiano cinese Yanzhao Metro Daily, Lou ha infatti salvato
ben trenta neonati abbandonati
sul ciglio della strada o nei bidoni della spazzatura nella città
di Jinhua, nello Zhejiang, tragica
testimonianza della politica del
figlio unico cinese. Ancora oggi
nel 2012, fra le tante libertà represse nella Cina post-olimpica,
non è consentito ai genitori di
avere il numero desiderato di figli. A parte alcune eccezioni, la
regola è che ogni coppia deve
procreare un solo bambino. Anche per sposarsi e per mettere
al mondo un figlio è obbligatorio
ricevere una licenza speciale
emessa dal governo. Di conseguenza, la legge repressiva sulla pianificazione familiare causa
decine di migliaia di sterilizza-
zioni e aborti forzati all’anno.
Il Governo Cinese si vanta infatti
di aver “evitato”, dalla prima introduzione della politica del figlio
unico del 1979, ben 400 milioni
di nascite. Che cosa accomuna Xiaoying e Guangcheng?
Semplicemente il coraggio di
battersi per i più deboli e per gli
indifesi. Ambedue sono mossi
dallo stesso spirito che spinge
tanti altri dissidenti cinesi, come
Mao Hengfeng e Huang Qi, a
battersi contro gli aborti forzati
e la“cultura della morte” che impera in Cina e che, purtroppo,
è diffusa anche in occidente:
basti pensare alla politica demografica attuata dalle agenzie
dell’ONU, come l’UNFPA, a cui
anche l’UE e l’Italia concedono
ampi finanziamenti, che tra l’altro sostiene concretamente con
mezzi e know-how la barbara
politica di controllo delle nascite
di Pechino. Con la scoperta del
DNA, la scienza conferma che la
vita di ogni essere umano inizia
dal concepimento. Gesù Cristo
ci insegna “non fare agli altri ciò
che non vuoi sia fatto a te”. Ebbene, come possiamo noi oggi
meravigliarci dell’aumento delle
guerre, delle violenze, dei soprusi, del fatto che neonati sono
gettati nei bidoni di spazzatura o
abbandonati per strada, dell’egoismo e del male imperante,
se, con la scusa di un cosiddetto
“diritto alla scelta” per la donna,
dimentichiamo il diritto alla vita
del bambino e quindi ne sentenziamo la condanna a morte, mediante l’aborto?
Sveva Colonna
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Notizie
Attualità
6
Armati di diritto per la vita
Intervista a Gianfranco Amato
presidente di Giuristi per la Vita
I
l successo della seconda marcia nazionale per la vita, organizzata da Famiglia Domani,
Movimento Europeo Difesa
Vita (Mevd) e da tante altre sigle
pro life, ha portato alla nascita dei
“Giuristi per la vita”, presieduti
dall’avvocato Gianfranco Amato,
al quale chiediamo: come possono aiutare i “Giuristi per la Vita”, il
consolidamento di un sentire cattolico diffuso e militante sui temi
della vita?
“Operando sul campo. L’esperienza ha dimostrato quanto sia
importante proclamare e difendere il diritto alla vita anche nelle sedi
in cui esso viene interpretato e applicato. Da qui è nata l’idea di costituire una task force operativa di
giuristi. I radicali hanno dimostrato, purtroppo, come una pattuglia
di agguerriti e convinti avvocati riesca ad ottenere molto più di tanti
autorevoli saggi, erudite conferenze e illustri simposi. ‘Giuristi
per la Vita’ vuole essere una
task force operativa, costituita da un gruppo affiatato e
risoluto di avvocati, filosofi
del diritto, docenti, studenti, capace di diventare un
utile strumento nella lotta in
difesa della vita.
Con questa iniziativa potremmo dimostrare che la
Marcia per la Vita non è stata
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un’esperienza estemporanea o un
evento limitato alla pura testimonianza. In molti, abbiamo ritenuto
che occorreva evitare il rischio di
un autocompiacimento per l’esaltante risultato ottenuto e di non
fare, quindi, la fine del Family Day,
quella meravigliosa esperienza
che tante speranze aveva destato e che si è tristemente conclusa
in un nulla di fatto. La Marcia per
la Vita sarà giudicata dalla capacità di dar voce ad un popolo, di
generare una presenza culturale,
di creare sinergie e di aggregare intelligenze in difesa del diritto
sacrosanto e sempre inalienabile
della vita. Igitur ex fructibus eius
cognoscemus eam. Sono convinto che ‘Giuristi per la Vita’ sia uno
di quei frutti”.
Molti cattolici, sui temi della bioetica, sembrano operare accettando
il “male minore” e cercando il compromesso con chi si batte contro
Non c’è nulla da
fare: in tema di
vita e di morte non
sono possibili
compromessi al
ribasso
la vita. I “Giuristi per la vita” come
considerano questa posizione?
“Non c’è nulla da fare: in tema di
vita e di morte non sono possibili compromessi al ribasso, né
giova scendere a patti col Male.
‘Nolite locum dare Diabolo’, ammoniva San Paolo. Chi si illudeva
che la Legge 194 avrebbe limitato
il ricorso all’aborto – accettando
tale normativa come male minore – è stato smentito dall’utilizzo
strumentale del concetto di ‘tutela
della salute psichica della donna’,
che ha concesso a quest’ultima
un pieno e assoluto diritto di vita e
di morte nei confronti del nascituro. Chi si illudeva che la Legge 40
avrebbe limitato gli abusi della fe-
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Notizie
Attualità
7
È immorale per i
giuristi tacere e
non reagire
condazione assistita – accettando
tale normativa come male minore
– è stato smentito dagli interventi
giurisprudenziali di magistrati eugenisti, che stanno smantellando ciò che di positivo contempla
quella legge. Chi si illudeva che
la somministrazione della pillola
abortiva RU486 sarebbe avvenuta con ricovero in una struttura
sanitaria pubblica – accettando
l’applicazione della Legge 194
come male minore – è stato smentito dal riconoscimento alla donna
del diritto al rifiuto delle cure ospedaliere, che ha portato, di fatto,
all’aborto a domicilio. Potremmo
continuare.
Si esaltano sempre più spesso
scelte suicidarie ed eutanasiche.
Lei crede che questo possa essere un “fronte giuridico” che si può
aprire?
Ritengo proprio di sì. Ciò che sta
oggi accadendo in Gran Bretagna
sul tema dell’assisted suicide ci
rende evidente come quella battaglia sia destinata a combattersi,
anche da noi, proprio sul fronte
giuridico.
Non dimentichiamo, poi, che il
decreto 9 luglio 2008 emesso
dalla Corte di Appello di Milano,
con cui è stato disposto l’‘ac-
Eluana Englaro
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cudimento accompagnatorio’ di
Eluana Englaro verso la morte,
ha introdotto per la prima volta
nel nostro ordinamento giuridico il principio secondo cui senza
una ‘pienezza di facoltà motorie e
psichiche’, l’esistenza umana si
riduce a ‘vita non degna di essere vissuta’, traduzione italiana del
termine ‘lebensunwertes Leben’,
coniato dai giuristi tedeschi anni
’30 e riecheggiato tristemente nelle aule giudiziarie del Terzo Reich.
Si tratta di ‘una crepa nella nostra
civiltà’, come direbbe il Cardinal
Bagnasco. È un salto qualitativo
in pejus, di fronte al quale è immorale per i giuristi tacere e non
reagire”.
Quello europeo può diventare un
ambito del vostro intervento?
“È già un ambito in cui dover intervenire. Basti pensare al recente pronunciamento della Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo sulla legge 40. Dovremmo creare
un network europeo. Penso, ad
esempio, agli amici del Christian
Legal Center, di Advocates International, di Human Dignity Watch,
e dell’A.D.F.”.
Quale tipo di rapporto pensa si
possa instaurare con il Parlamento?
“La situazione politica generale
non appare davvero confortante
per i cattolici. Ritengo, però, che
un interlocutore interessante possa senz’altro essere l’Associazione Intergruppo Parlamentare per il valore
della Vita, coordinata dal
senatore Stefano De Lillo”.
Occuparsi della vita in termini di diritto significa seguire nel senso opposto il
metodo di chi vuole perseguire la via giuridica per affermare la morte. Non crede che i decenni trascorsi
nel non comprendere che
Gianfranco Amato
questa è stata la strada vincente
dello schieramento anti-umano,
possano incidere sui vostri obiettivi?
“Sono anni che vado predicando
che occorre occuparsi della vita
in termini di diritto, ma nel mondo
cattolico la mia è rimasta una voce
alquanto isolata. Quando sulla pillola RU486 rilanciai la proposta di
strutturare un team di legali – proposta ripresa da Ferrara sul Foglio
il 6 agosto 2009 con l’articolo intitolato ‘Avv. & Prof. Prove tecniche
di battaglia radicale contro la kill
pill che viola la legge 194’ – i luminari del mondo cattolico risposero
che la via del diritto in bioetica
non aveva futuro e prospettive. La
realtà, purtroppo, non pare aver
dato loro ragione. Forse il biodiritto è considerato morto nelle
aule accademiche, ma la cronaca quotidiana ci dimostra come
goda di ottima salute nelle aule
giudiziarie. Dalla Corte Europea
dei Diritti dell’Uomo fino all’ultimo
giudice monocratico di un Tribunale di periferia. Ecco perché è
arrivata l’ora di smettere di pontificare e di rimboccarsi umilmente
le maniche”.
Danilo Quinto
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Notizie
Attualità
8
Obiezione di coscienza,
diritto intoccabile
Anche il laico Comitato Nazionale di Bioetica
conferma che il diritto all’obiezione di coscienza
è inviolabile
L
’alta percentuale di medici che, in Italia, si rifiuta di praticare l’aborto
dichiarandosi
obiettore
di coscienza – circa l’80% - sta
mandando su tutte le furie gli
esponenti della cultura radicale e comunque della mentalità
dominante i quali, in dissonanza con le loro storiche battaglie per i diritti, oggi si battono,
ed accanitamente, contro un
diritto: quello di essere obiettori, appunto. Un diritto fondato
sia giuridicamente sia storicamente e moralmente. “Medico”
è infatti un termine, la cui radice
mad, madh – ricorda Felici - «in
varie lingue assume allo stesso
tempo sia il significato di medicare che quello di insegnare»
(Consenso informato, Lìbrati
2008 p. 21). Dunque l’obiettore sinceramente convinto non
è affatto un “cattivo medico”,
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bensì un vero medico. Quanto
al lato giuridico, i riferimenti sono
molteplici. A partire dall’osannata Legge 194/78, la quale riserva
un intero articolo (il 9) alla disciplina dell’obiezione di coscienza,
mentre invece non contempla
alcuna funzione abortiva per l’attività dei Consultori familiari. Non
è cioè scritto da nessuna parte
che questi abbiano l’obbligo di
rilasciare il certificato autorizzativo dell’aborto. Pertanto, alla luce
della L. 194 - per la cui difesa ci si
prodiga con energie degne di miglior causa - non solo l’obiezione
di coscienza si configura quale
diritto, ma risulta – con riferimento al criterio interpretativo «ubi lex
voluit, dixit» - che i consultori non
abbiano alcun obbligo di rilasciare certificati per l’interruzione di
gravidanza. Sempre a proposito
di obiezione di coscienza, c’è da
dire come questa sia valida non
L’obiettore
sinceramente
convinto è un
vero medico
solo, come abbiamo visto, per i
medici, ma anche per i farmacisti che intendessero sottrarsi alla
vendita di farmaci i quali, qualora
vi sia stato concepimento, sono
purtroppo abortivi. Infatti, il già
ricordato art. 9 della L. 194/78,
che disciplina la possibilità di sollevare obiezione di coscienza di
fronte all’aborto, lo fa con riferimento al «personale sanitario ed
esercente le attività sanitarie». E
nessuno dubita che il farmacista
faccia parte del «personale sanitario»: il R.D. 27/07/1934, n. 1265,
al capo I, intitolato “Dell’esercizio delle professioni sanitarie”,
all’art. 99 sottopone a vigilanza
«l’esercizio della medicina e della
chirurgia, della veterinaria, della
farmacia». Se a ciò si aggiunge
che la gravidanza perfino nei vari
vocabolari della lingua italiana,
oltre che nelle più accreditate risultanze scientifiche, decorre dal
completamento della penetrazione spermatica nell’ovulo, ne consegue che anche per i farmacisti
l’obiezione di coscienza configuri
a pieno titolo un diritto. Diritto che
il luglio scorso anche il laico Comitato Nazionale di Bioetica ha
ricordato essere «costituzionalmente fondato (con riferimento
ai diritti inviolabili dell’uomo)» e
connotato importante di «un’istituzione democratica, in quanto
preserva il carattere problematico
delle questioni inerenti alla tutela
dei diritti fondamentali senza vincolarle in modo assoluto al potere delle maggioranze».
Pino Morandini
vice presidente
del Movimento Per la Vita
10/10/12 08:35
Notizie
Attualità
9
Youth Defence:
la battaglia per la vita in Irlanda
S
Un movimento giovanile, osteggiato dai politici,
privilegia l’attività di strada a diretto contatto con la gente
i potrebbe tradurre come
“giovani in difesa” della
Vita. È il 1992 quando
un piccolo gruppo di
giovani e giovanissimi irlandesi
di fronte al tentativo dei poteri forti di legalizzare l’aborto in
Irlanda decide di dare vita a un
movimento prolife. Il gruppo, privo di appoggi e osteggiato dai
politici, privilegia l’attività di strada a diretto contatto con la gente. Loro dicono che è veramente
interessante incontrare tutti i tipi
di persone per strada: buoni,
cattivi, poveri, ricchi, impegnati,
menefreghisti e a tutti parlare,
spiegare cosa è la vita e cosa è veramente – il crimine dell’aborto. Il loro attivismo è contagioso
e fa rumore: attira nuovi amici e
si procura nuovi nemici. Al loro
primo raduno di piazza – dicono
con umorismo irlandese – si ritrovano 1197 persone, un cane,
due biciclette e un uomo con la
barba finta! Una prima intervista
radiofonica è come un segnale a
tutti gli irlandesi di buona volontà
e inizia una campagna attivistica
in crescendo che culmina in una
sorta di miracolo: a dispetto di
ministri, deputati e poteri forti
il referendum sull’aborto è una
clamorosa vittoria del buon
senso e della parte più sana
del popolo irlandese con il
63% dei voti a favore della Vita!
Ma così come una sconfitta non
avrebbe scoraggiato questi giovani entusiasti, la vittoria non li
induce a dormire sugli allori. Negli anni seguenti il movimento è
un continuo vulcano in eruzione:
campagne di strada, cicli di conferenze di controinformazione
nelle scuole, interviste, manifesti
sui muri e sugli autobus, inter-
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venti ai discorsi dei politici che
vorrebbero lavarsene le mani
“dimenticando” il tema e vengono rumorosamente costretti loro
malgrado, a prendere posizione.
Non viene tralasciato neppure il
lavoro capillare e diretto: diverse
donne che volevano abortire (basta andare nella vicina Inghilterra
per eliminare il bambino) vengono persuase e aiutate a prendere
la giusta decisione. A un raduno
del 1996 partecipa un gruppo
di donne coi figli piccoli: sono
i bambini salvati direttamente da Youth Defence e portati
in braccio da madri felici. Nel
corso degli anni il movimento
cresce e si rafforza: pubblica una
rivista, diversi opuscoli informativi, apre una nuova sede centrale, partecipa a conferenze prolife nel mondo, organizza anche
campagne di telefonate ai deputati che si sono dichiarati prolife
quando cercavano voti: “mantieni la tua promessa” ripetuto per
telefono decine di volte al giorno.
Mentre i poteri forti tramano per
legalizzare lo sterminio, l’Irlanda
resta la punta di diamante della
battaglia prolife nel mondo per
20 anni fino a oggi.
Ma Erode non ama essere contrastato: il governo irlandese
viene “invitato” a uniformarsi
alle direttive degli organismi internazionali in tema di aborto,
spots di Youth Defence vengono boicottati dai media, non
mancano le critiche politiche e
le pressioni da parte della polizia soprattutto quando vengono esposti manifesti che
mostrano la vera natura dell’aborto – pur riconoscendo che
l’attività di questi giovani è perfettamente legale. Nel 1995 due
leaders, Niamh Nic Mhathuna
e John Heaney, vengono ricevuti dal Papa che li ringrazia e
li incoraggia a proseguire sulla strada intrapresa in difesa
della Vita. Oggi, mentre si (ri)
parla di introdurre l’aborto in Irlanda, Youth Defence ha lanciato una nuova fase di lotta con
un grande congresso al quale
hanno preso parte numerosi
dottori e specialisti da ogni parte del mondo che hanno ricordato – ancora una volta! – che
il bambino nel ventre materno è una Vita fin dall’inizio e
che nessun trucco dialettico,
nessun “problema” potrà mai
cambiare la realtà. Questo
movimento può essere preso
come esempio da tutti i militanti prolife nel mondo per le sue
caratteristiche: perseveranza,
coerenza, volontà d’azione,
fantasia e - perché no? – senso dell’umorismo di fronte alle
difficoltà. Un esempio di come
si trasformano le parole in
azioni.
Marzio Bianchi
www.youthdefence.ie
10/10/12 08:35
Notizie
Primo Piano
10
In ricordo di Chiara Corbella Petrillo
La vita di Chiara, la sua storia,
sono la prova che la Risurrezione di Cristo
è un fatto tanto vero quanto reale
I
numeri sono numeri: cioè
hanno un significato. Profondo. Il 13 maggio è il giorno in
cui sono cominciate le apparizioni di Maria a Fatima. Continuate ogni 13 del mese per sei
mesi. Maria è apparsa a tre giovanissimi pastori: un maschietto
e due ragazzine: Lucia, Giacinta
e Francesco.
Francesco e Giacinta sono morti
giovanissimi: hanno dedicato le
loro sofferenze e la loro vita a
Gesù perché attraverso di loro
l’amore di Dio potesse continuare a vincere. A vincere la battaglia finale, quella che attende e
spaventa ognuno. La battaglia
contro la morte. La morte, ce lo
dice il libro della Sapienza, non è
stata creata da Dio ma è entrata
nel mondo per invidia di satana.
Dio stesso, autore e perfezionatore della fede, Dio in cui non
ci sono tenebre perché c’è solo
vita, ha combattuto e vinto la battaglia contro questo mostro diabolico che ci rende schiavi della
paura e, quindi, del peccato.
La chiesa orientale celebra la
vittoria sulla morte di Gesù risorto con un bellissimo saluto che
dura tutto il periodo di Pasqua e
cioè cinquanta giorni. Quando
due persone si incontrano si salutano così:
Cristo è risorto! (dice il primo)
È veramente risorto! (risponde
il secondo).
Il 13 giugno 2012 questo saluto
si è fatto carne in una famiglia
romana benedetta dalla fede.
Una ragazza di 28 anni è stata chiamata da Dio a mostrare
che è buono, che in lui non ci
sono tenebre e che la morte è
vinta. La vita di Chiara Corbella,
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la sua storia, sono la prova che
la risurrezione di Cristo è un fatto tanto vero, tanto reale, che si
ripete ogni volta che c’è un cristiano.
Con queste parole Chiara racconta il miracolo del suo matrimonio, della sua maternità, della
sua fede, della sua
morte: “libera dalle
aspettative che mi
ero creata ho potuto vedere con occhi
nuovi quello che
Dio voleva per me.
Poco dopo contro
ogni nostra aspettativa superate le
nostre paure abbiamo deciso di
sposarci.
Nel matrimonio il
Signore ha voluto donarci dei figli
speciali: Maria Grazia Letizia e Davide
Giovanni, ma ci ha
chiesto di accompagnarli soltanto
fino alla nascita, ci
ha permesso di abbracciarli, battezzarli e consegnarli
nelle mani del Padre in una serenità
e una gioia sconvolgente.
Ora ci ha affidato questo terzo
figlio, Francesco che sta bene e
nascerà tra poco, ma ci ha chiesto anche di continuare a fidarci
di Lui nonostante un tumore che
ho scoperto poche settimane fa
e che cerca di metterci paura
del futuro, ma noi continuiamo a
credere che Dio farà anche questa volta cose grandi”.
“Grandi cose ha fatto il Signore per noi”, recita il salmo 125.
Grandi cose ha fatto il Signore
per Chiara.
Angela Pellicciari
Libera dalle
aspettative che mi
ero creata ho
potuto vedere
con occhi nuovi
quello che Dio
voleva per me
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Notizie
Primo Piano
11
“Siamo nati e non moriremo mai più”
S
iamo nati e non moriremo mai più” sono
parole di Chiara Corbella-Petrillo che rappresentano una forte testimonianza di fede nella risurrezione.
Conoscevo Chiara fin da giovanissima. Era una ragazza normale, serena, spesso auto-ironica, che ha sempre condotto
una vita semplice. All’età di 5
“
anni, sull’esempio della madre,
Maria Anselma, comincia a frequentare una comunità del Rinnovamento dello Spirito e insieme
alla sorella Elisa inizia un percorso
di fede che l’accompagna nella
crescita e che le insegna a pregare Gesù in maniera spontanea.
All’età di 18 anni, in un pellegrinaggio, incontra Enrico con cui
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La testimonianza straordinaria
di una madre dei nostri giorni
si fidanza pochi mesi dopo. Nel
2008 la coppia corona il sogno di
sposarsi, ad Assisi. Ricordo ancora la sua gioiosità nel cantare con
gli amici, dopo la cerimonia. Chiara ed Enrico conducono una vita
normale, amano scherzare, uscire
e divertirsi con gli amici. Nel matrimonio il Signore ha voluto donare
a Chiara ed Enrico dei figli speciali: Maria Grazia Letizia, Davide
Giovanni e Francesco. Chiara ed
Enrico sono una coppia che ha
sempre posto prima di tutto la
vita dei loro figli, davanti ad ogni
considerazione di convenienza
personale: prima hanno portato
a termine le gravidanze di Maria
Grazia Letizia e Davide Giovanni,
sapendo che i bimbi non sarebbero sopravvissuti al parto; poi,
quando Chiara, ancora incinta di
Francesco, si sottopone ad un
intervento in anestesia locale che
conferma un carcinoma e quindi la
necessità di un secondo intervento molto più invasivo, decidono di
ritardare il più possibile l’operazione per consentire la completa
formazione del bambino.
L’amico Gianluigi De Palo, assessore alla famiglia del Comune di
Roma, scrive: “Hanno affrontato
queste prove con il sorriso e
con un sereno affidamento alla
Provvidenza. Mai si son lasciati
sconvolgere, ma hanno accettato la volontà di Colui che non fa
nulla per caso”.
“Chiara non è morta per suo
figlio: ha dato la vita a suo figlio”. Così afferma Padre Vito
nell’omelia per il funerale. Durante tutto questo periodo di prova
per la famiglia, è stata lei, Chiara, a dare agli altri la forza di andare avanti. Mi racconta il papà
Roberto:”Verso le otto del mattino del 13 giugno - Chiara ci ha
lasciato a mezzogiorno - Enrico
Chiara non è
morta per suo
figlio: ha dato la
vita a suo figlio
le chiede: Chiara, amore mio, ma
questa Croce è veramente dolce, come dice il Signore? Lei
lo guarda, sorride e con un filo
di voce dice: sì, Enrico, è molto
dolce”. Così, tutta la famiglia l’ha
vista spegnersi felice e con il sorriso sulle labbra. Quel sorriso che
ha attraversato la sua vita nonostante le ripetute enormi prove a
cui è stata sottoposta. Al funerale, il cardinale Vicario di Roma,
Agostino Vallini definisce Chiara come una “seconda Gianna
Beretta Molla”. Chiara aveva
certamente le idee molto chiare
circa la gravidanza ed il riconoscimento del feto come persona
con piena dignità e non si è mai
posta come una martire, ma ha
accettato anche quello che non
comprendeva perché aveva fiducia nel disegno del Signore.
Ed è nel nome di tutte le mamme
che hanno dato la vita per i loro
figli, come Gianna e Chiara, che
è nata questa nostra iniziativa pro
life.
Antonio Brandi
Il Signore
mette la verità
in ognuno di noi;
non c’è possibilità
di fraintendere.
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Notizie
Attualità
12
In memoria di Nellie Gray
La Giovanna d’Arco del Vangelo della vita
D
al 13 agosto 2012 la
difesa della vita ha un
enorme vantaggio in
più. Nellie J. Gray, storica leader del movimento antiabortista statunitense, scomparsa in quella data all’età di 88
anni, assiste la buona battaglia
dall’alto del Cielo.
Era la fondatrice, la direttrice e
l’infaticabile animatrice dell’oramai famosissima “March for
Life”, che ogni fine gennaio richiama a Washington migliaia e
migliaia di persone. Le esequie
sono state celebrate il 24 agosto nella parrocchia a cui Nellie
apparteneva, la St. Mary Mother
of God di Washington, a Chinatown, con una Messa cantata
celebrata secondo il messale di
san Pio V, come espressamente richiesto dalla defunta. Alla
liturgia hanno partecipato pure
l’arcivescovo di Washington,
cardinale Donald W. Wuerl, e
l’arcivescovo di Boston, cardinale Sean O’Malley.
Nellie era nata in Texas il 25 giugno 1924 e da giovane teneva
ben poco a cuore le “cose di
Chiesa”; eppure, come ha avuto
occasione di ricordare decenni
dopo, «la mia vita era trapuntata di elementi cattolici». Fino a
quando, Nellie era ancora una
giovinetta, incontrò un sacerdo-
te cattolico che le seppe spiegare la pienezza della fede, accompagnandola quindi al battesimo.
Arruolatasi nel Women’s Army
Corps di Camp Bennett in Texas nel 1944 (divenne caporale),
Nellie studiò dapprima Business
ed Economia, e poi Diritto nel
prestigioso ateneo di Georgetown, al contempo lavorando,
e per 28 anni, per il governo federale, prima al Dipartimento di
Stato, poi al ministero del Lavoro. Da avvocato ha patrocinato
cause anche davanti alla Corte
Suprema federale di Washington, la massima magistratura
giuridica del Paese che presto
sarebbe però diventata la sua
“bestia nera”. Perché il 21 gennaio 1973 la Corte Suprema
legalizzò – con quello che molti
ancora definiscono un abuso di
potere – l’aborto in tutti i 50 Stati nordamericani a conclusione
di un processo – il famosissimo
caso di stupro “Roe v. Wade” –,
il quale alla fine si è rivelato però
essere solo una colossale montatura. Fu a quel punto che Nellie gettò la toga alle ortiche per
chiamare a raccolta il popolo.
Un giorno, ha ricordato Nellie
nel 2010, «ricevetti una telefonata dai Cavalieri di Colombo»,
la famosa charity cattolica americana. «Non sapevo nemmeno
Nellie Gray
chi fossero, ma mi illustrarono
la loro risoluta opposizione all’aborto, aggiungendo che stavano
cercando un luogo dove discutere del progetto di una marcia
popolare. Il luogo lo trovarono
subito: il soggiorno di casa mia.
E così, durante una riunione di
una trentina di persone, mi venne chiesto se, data la mia buona
conoscenza degli ambienti politici della capitale, potevo dare
una mano per trovare oratori
che intervenissero all’evento».
La March for Life è nata così, nel
1974: un successo enorme, forte
di 20mila persone, che dunque
ha spinto Nellie a trasformare
l’avvenimento in una mobilitazione permanente attraverso il
“March for Life Education
& Defense Fund”, che per
decenni si è occupato di reperire la necessaria copertura economica e di mantenere uniti i gruppi antiabortisti.
Al funerale il card O’Malley
ha definita Nellie «la Giovanna d’Arco del Vangelo della vita», e davvero la materia
c’è tutta.
Marco Respinti
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Scienza e morale
Notizie
13
L’inizio della vita umana
Il concepito è, da
un punto di vista
scientifico, una
persona umana
nello stadio
iniziale
U
na delle caratteristiche
della cultura post illuministica è la diffusione a
livello popolare, di un
nuovo bigottismo: le norme
del vivere sono dettate da ideologie o, addirittura, sono prive
di ogni fondamento; si tende a
non considerare più la realtà
come fondamento della norma.
La conseguenza più appariscente è l’eliminazione dall’orizzonte
culturale non solo del concetto
di etica e di diritto naturale: si
tende a rendere “immorale” la
ricerca della verità, in quanto
tenderebbe a far venire meno
presunti “diritti”.
Un esempio emblematico di ciò
si ha nel caso della legalizzazione dell’aborto procurato. Per
giustificarla, si omette sistematicamente di considerare che
cosa sia il concepito. Ci si riferisce a lui con espressioni volutamente vaghe, quali «frutto del
concepimento».
Il concepito è, da un punto di
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La scienza ha dimostrato che l’essere umano
inizia già dal concepimento
vista scientifico, una persona
umana nello stadio iniziale. L’essere umano, in tutta la sua esistenza terrena, è soggetto ad un
continuo mutamento endogeno, vale a dire che non è indotto
dall’esterno, quantunque possa essere facilitato da elementi
esterni. Questo sviluppo inizia
esattamente con il concepimento, in quanto il gamete maschile
e quello femminile, presi singolarmente, non hanno nessuna
capacità di sviluppo, ma, una
volta unitisi in un unico essere,
questo inizia quella parabola
evolutiva che durerà fino alla
morte.
Questo concetto, che, da un
punto di vista filosofico, era chiaro all’uomo da millenni, ha trovato con gli studi della moderna
genetica la sua dimostrazione
scientifica. Il concepito possiede già tutto il patrimonio
genetico della persona adulta; questi studi hanno raggiunto
il loro apice con la mappatura completa del DNA a partire
dal sangue materno, compiuta dall’équipe del Professor
Stephen Quake dell’Università
di Stanford, in California (USA),
tra giugno e luglio 2012. Ciò è
ovvio da un punto di vista logico, in quanto, dopo il concepi-
mento, la persona non subisce
alcun apporto dall’esterno, che
vi possa introdurre il suddetto
patrimonio genetico. Ma oggi,
grazie alle osservazioni e agli
studi compiuti sugli uomini nella
fase embrionale, si è potuto verificare ciò che prima si era solo
dedotto: il patrimonio genetico
della persona è già presente nella fase prenatale.
È ora palesemente evidente che
negare la perfetta umanità del
concepito non è solamente irrazionale, ma anche assolutamente antiscientifico e fideistico, nel
senso più spregevole
del termine, vale a dire
nel senso di anteporre
una propria ideologia
all’evidenza della realtà.
Tra gli antichi romani o
gli spartani che attribuivano al padre il diritto
di uccidere i propri figli,
ma non si sono mai sognati di negare l’umanità a questi ultimi, e coloro che
oggi negano l’umanità del concepito, per concedere alla madre il diritto di sopprimerlo, forse
non ci sarà una grande differenza etica, ma di sicuro, c’è un
maggiore rispetto per la scienza
e la ragione in capo agli antichi.
Carlo Manetti
Il patrimonio
genetico della
persona è già
presente nella
fase prenatale
10/10/12 08:35
Notizie
Scienza e morale
14
Fantascienza o realtà?
Un racconto di fantascienza pubblicato 40 anni fa descrive una società
disumana non troppo diversa da quella in cui viviamo oggi.
B
lade Runner, Minority Report e Paycheck
sono forse i film più famosi tratti dai romanzi
di Philip Dick. Tra le sue opere
meno conosciute, c’è anche un
racconto del 1974 intitolato “Le
pre-persone”. È una storia di
fantascienza che si svolge in un
contesto sociale agghiacciante.
Per non togliere agli interessati il
piacere della lettura, riportiamo
solamente un paio di citazioni
dall’edizione del 2005 (Fanucci).
Negli Stati Uniti in profonda crisi economica, la competizione
sociale è più spietata che mai.
Tutti devono avere l’attestato di
normalità della polizia regionale,
e la gente ha perso l’umanità.
Poiché entro dieci anni non ci
sarà più cibo per nessuno, bisogna raggiungere la crescita
zero. Il dialogo che segue, tra
uno dei protagonisti, Ian Best,
e la moglie, una donna comune, perfettamente “normale”, è
illuminante.“Voglio un aborto!” ...
“È ‘in’ adesso, avere un aborto.
Cosa abbiamo noi? Un ragazzino.... È imbarazzante.” Poi aggiunge: “E il tipo di aborto che
praticano ora, per le donne nei
primi mesi, costa solo un centinaio di dollari, come quaranta litri
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Voglio un aborto!...
È ‘in’ adesso, avere un
aborto. Cosa abbiamo
noi? Un ragazzino...
È imbarazzante
di benzina! E ne puoi parlare per
ore praticamente con chiunque
incontri”. Ian si girò per guardarla in viso e con voce piatta disse:
“E ti lasciano anche tenere l’embrione. Puoi riportartelo a casa in
una bottiglia, magari dipinto con
una speciale vernice fosforescente affinché brilli nell’oscurità
come una specie di lampadina”.
In un altro punto della storia,
l’altro protagonista, Ed Gantro,
spiega come si è evoluta la normativa sull’aborto negli anni. Un
embrione non ha diritti per la
costituzione americana e quindi
può legalmente essere ucciso
da un dottore. Eppure il feto era
stato considerato, almeno per
un certo periodo, una “persona”
anche dal punto di vista giuridico; ma poi la folla abortista aveva deciso che neanche a sette
mesi si può parlare di “essere
umano”.... E,
un bel giorno,
era toccata ai
neonati: sono
come dei vegetali, non capiscono nulla,
non parlano.
Così la lobby
abortista aveva
perorato
la sua causa,
vincendo, stabilendo che un
neonato è solo
un feto espulso dall’utero materno. La Chiesa da tempo andava
sostenendo che già lo zigote è
una forma di vita sacra come
tutte le altre sulla Terra, ma poi di
compromesso in compromesso, il termine legale fu inesorabilmente spostato sempre
più in avanti. E così fino a 12
anni, i figli indesiderati possono
diventare “bambini randagi” e
possono essere eliminati: non
hanno ancora un’anima, sono
“pre-persone”. Il camion degli
aborti che gira regolarmente
per il paese li porta via, in un
luogo che i funzionari considerano un centro di protezione per
i bambini.
Ian Best ad un certo punto si
chiede perché quanto più è indifesa una creatura tanto più per
alcuni è facile farla fuori. E si dà
una risposta: lo fanno, perché
possono. La società ha consegnato il potere a persone in grado di uccidere le creature più
indifese.... c’è l’odio dei grandi
per i piccoli... odio per qualsiasi
cosa sia in grado di crescere.
È fantascienza? Da tempo esiste
l’aborto al momento della nascita (partial birth abortion), e già si
parla di aborto post parto...
Francesca Romana Poleggi
E un bel giorno era
toccata ai neonati:
sono come dei
vegetali, non
capiscono nulla.
10/10/12 08:35
Notizie
Scienza e morale
15
Alle origini del materialismo, che devastò
il concetto di vita, rendendola altro rispetto al corpo
C
iò che oggi diciamo a
proposito della vita, ha
le proprie radici in un
preciso contesto filosofico e teologico, che ha generato le contemporanee categorie mentali e che dunque val la
pena riconsiderare, per meglio
comprendere le radici dell’attuale dibattito.
Occorre andare a Cartesio, “padre” del nefando “dubbio metodico”, per
ritrovare la meno nota
(ma non per questo
meno pestifera) distinzione tra vita cosciente e vita vegetativa o
corporeità, distinzione tanto rivoluzionaria
quanto arbitraria.
Fino ad allora, specie
con la filosofia scolastica, il fenomeno della vita in generale era
oggetto di studio della
psicologia, che a sua
volta faceva riferimento
alla filosofia della natura, alla physica aristotelica, la quale proseguiva naturaliter in una
metafisica dell’uomo.
Era insomma un tutto
organico, che individuava una gerarchia di
enti, composti di ma- Cartesio
teria e forma, dalle più
elementari sino all’anima umana. Non a caso il “De Anima” di
Aristotele iniziava nel secondo
libro con una filosofia della vita
e terminava nel terzo con una
teoria sull’intelletto umano. Da
Cartesio in poi, non più.
Secondo Cartesio, infatti, col
termine di vita cosciente doveva
intendersi l’anima spirituale, la
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Cartesio, ancora lui...
res cogitans; col termine di vita
vegetativa era da intendersi, invece, la rex estensa.
È come se improvvisamente
tra i due concetti si fosse creato
un abisso, come se fossero diventati radicalmente e strutturalmente eterogenei, su due piani
diversi e paralleli, ciascuno con
leggi proprie. Com’era possibile
la loro coesistenza nell’essere
umano? Cartesio, questo, non
lo ha mai spiegato. E non lo ha
mai spiegato, perché non poteva spiegarlo.
Il discorso sulle bestie, con tali
premesse, era più facile da liquidare. Esse non avrebbero
alcuna forma di coscienza, godrebbero solo di vita sensitiva,
dunque sarebbero pure macchi-
ne, caratterizzate dal movimento della materia, com’era stato
descritto nel suo “Trattato delle
passioni”. Ma per l’uomo la questione si faceva molto più complessa, né convinse la sua teoria
della glandola pineale, “cabina
di regia” dell’anima.
Uno spiritualismo tanto assurdo,
insomma, quello di Cartesio, da
renderlo sospetto, improbabile,
ingiustificabile,
surrealistico, minandolo
a partire dalle fondamenta.
L’operazione fu tutt’altro che indolore: infatti,
aprì la strada al materialismo ed alla conseguente psicologia
materialistica, il cui
scopo fu quello di spiegare tutta la vita psichica, anche intellettiva, in
modo meccanico. Da
qui discesero le teorie
- tanto singolari quanto
insostenibili - dell’occasionalismo di Malebranche, dell’armonia
prestabilita di Leibniz,
del parallelismo psicofisico di Spinoza, e
via dicendo. Tutt’altro
che parentesi o retaggio del passato: se gli
organismi viventi son
macchine, come le
macchine possono infatti esser smontati o anche distrutti
a piacimento e senza troppi
scrupoli di carattere bioetico.
Purtroppo, come si può notare,
gli effetti di tale impostazione si
fanno sentire pesantemente anche oggi. Anzi: ancor più oggi.
Mauro Faverzani
10/10/12 08:35
Notizie
Scienza e morale
16
Anche l’uomo
è tra le vittime
dell’aborto
Numerosi sociologi e psicologi
confermano il trauma
post abortivo maschile
O
ltre alle donne anche
gli uomini possono
soffrire di problemi
psicologici
causati
dal vissuto abortivo. Se sulla sofferenza femminile esiste
una crescente documentazione, più limitata è la ricerca
sugli uomini, anche se diversi
studi, come quelli del sociologo Arthur Shostak o di psicologi come Vincent Rue o Guy
Condon negli Usa e Claudio
Risé in Italia, hanno verificato
una reazione negativa definita
trauma post abortivo maschile (Male Postabortion Trauma)
che erode l’identità personale
del maschio, da un lato minandone l’autostima dall’altro soffocandola con il senso di colpa e il rimorso che ne deriva.
Non solo: in questo processo
psicologico viene inflitto un
grave colpo anche alla maturazione di una compiuta identità
di genere: per il maschio, partecipare al concepimento di un
figlio significa vivere il nucleo
centrale della virilità, dell’essere davvero uomini: la capacità, intesa anche come forza e
potenza, di avviare il processo
vitale di un altro essere umano.
I sintomi del trauma post abortivo maschile si manifestano in
modo diverso, in relazione al
ruolo avuto nella scelta abortiva: rimorso, senso di colpa
o di impotenza, irritabilità e
scatti di rabbia, ansia e depressione nei giorni in cui ricorre
la data dell’aborto, sbalzi di
umore immotivati, diminuzione
dell’autostima e della fiducia in
se stessi, senso di colpa e atteggiamenti di autopunizione,
dipendenze compulsive (droghe, alcol, nuove dipendenze
on line), disfunzioni sessuali
come impotenza o comportamenti sessuali a rischio, insonnia e incubi notturni, ideazioni
suicide, incapacità di costruire
relazioni con il mondo femminile o di mantenere la propria famiglia, instabilità nel lavoro. E
questi sono solo alcuni segnali
di una sofferenza psicologica
che non va sottovalutata per
le conseguenze che può avere sulla vita emotiva, affettiva e
relazionale dell’individuo. Cosa
Approfondimenti in Internet:
“Uomini che abbattono il muro del silenzio”
in http://www.antonello-vanni.it/uomini_testimoniano_contro_aborto.htm;
il “Documento per il padre”
http://www.claudio-rise.it/documento_per_il_padre.htm
e “Aborto: nel cuore del maschio” nel sito dei Maschi Selvatici
http://www.maschiselvatici.it.
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Il trauma post abortivo
maschile erode
l’identità personale
può fare un uomo che vive questo dramma? Innanzitutto deve
riconoscere e ammettere il
problema poi deve decidere di
farsi aiutare per lenire questa
sofferenza, rivolgendosi a uno
psicologo esperto nelle problematiche psicologiche maschili,
ma anche a un amico che sappia ascoltare, o a un sacerdote
attento ai problemi spirituali.
Oppure può intraprendere un
percorso di guarigione come
quelli proposti dalla Vigna di
Rachele (www.vignadirachele.
org). Infine, dato che il trauma abortivo incide negativamente sull’identità di genere,
è necessario intraprendere un
cammino di ricerca personale sull’identità maschile nella
sua pienezza: è un percorso
fondamentale per ritrovare se
stessi, soprattutto dopo gravi
sofferenze.
Antonello Vanni
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Notizie
Scienza e morale
17
Sesso (in)sicuro
Gli studi statistici
confermano che il condom
non è sufficiente per evitare
le malattie veneree
3
297 soggetti intervistati
nell’arco di 12 mesi, riferite 9304 relazioni sessuali con il partner principale e altre 6793 con partner
occasionali, uso del preservativo almeno una volta rispettivamente nel 53-66,6% dei casi;
nel 29,9-39,1% dei soggetti almeno una volta il preservativo
si è rotto, sfilato, o non è stato usato dall’inizio alla fine del
rapporto. Sono questi i numeri
dello studio RESPECT-2, condotto su soggetti seguiti presso ambulatori di malattie sessualmente trasmesse appena
pubblicato sulla rivista Sexually
Transmitted Diseases. Queste
cifre confermano un quadro
ormai ben delineato: pensare
di contrastare l’espandersi
delle malattie a trasmissione
sessuale con la diffusione del
lattice vulcanizzato è una chimera. Questo se si vuole rima-
La promozione di
pillola e preservativo
per ottenere il
cosiddetto “sesso
sicuro” veicola un
messaggio
banalizzante
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nere sul piano della scienza, se
invece si entra in un contesto
ideologico, allora tutto cambia,
giacché la logica insegna che
ex falso quodlibet (dal falso
quel che piace). In realtà se ai
proclami saccenti sparati nel
ventilatore mediatico si sostituisse un pizzico di maggiore
serietà, di cautela, di umiltà e
ad esempio si leggesse la letteratura scientifica, se ne analizzassero i risultati, si tenesse
conto del lavoro di scienziati
che studiano il comportamento
umano, allora le cose andrebbero un po’ meglio. Riguardo
all’ultimo aspetto infatti sono
ormai stati acquisiti molti dati a
supporto di modelli comportamentali descritti dalla planned
behavioural theory e dal rational choice model. La prima afferma che le persone tendono
a seguire quel comportamento
che precedentemente avevano
stabilito di fare sulla base di un
mix formato da attitudine personale, percezione sociale e
conseguenze previste. La seconda prevede che i comportamenti tendono a modificarsi
sulla base del rapporto rischio/
beneficio percepito. Nel campo
della sessualità la promozione
di pillola e preservativo per
ottenere il cosiddetto “sesso sicuro” veicola un messaggio banalizzante riguardo
alla sessualità (il sesso è un
fatto di puro piacere) e deresponsabilizzante perché fa
credere che si possa demandare tutto alla tecnica. Spesso
ci si accorge troppo tardi che si
tratta di una pubblicità ingannevole. Negli Stati Uniti soltanto l’8% delle donne che abortiscono non hanno mai usato
la contraccezione. In Francia,
una delle nazioni dove l’ideale
contraccettivo è stato pervicacemente perseguito da un efficiente sistema di promozione, controllo e pianificazione
statale, dopo 4 anni di utilizzo
il 48% delle donne interrompono l’assunzione della pillola e
due terzi delle adolescenti che
abortiscono sono rimaste incinte perché il contraccettivo ha
fallito, percentuali che si inseriscono in una cornice impressionante di oltre duecentomila
aborti ogni anno. Nel difendere
l’enciclica Humanae vitae che
ribadiva l’illiceità della contraccezione, la filosofa Elizabeth
Anscombe scrisse in un saggio
del 1972: “La Cristianità ha insegnato agli uomini ad essere casti così come i pagani pensavano dovessero esserlo le donne
oneste; la morale contraccettiva
insegna che le donne devono
essere poco caste così come i
pagani pensavano dovessero
esserlo gli uomini”. Tutto qui.
Renzo Puccetti
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Notizie
Scienza e morale
18
Ciò che resta dopo un aborto volontario
La testimonianza di una psicoterapeuta specializzata
nella cura dei traumi conseguenti all’aborto
S
ono in treno, di città in
città a raccontare ciò
che resta dopo un aborto volontario, quali sofferenze per la donna, per gli uomini, per gli altri figli, per i nonni,
per i medici obiettori e non, per
l’intera società. È diventato più
difficile difendere la vita appena concepita oggi! Lo vivo sulla
pelle tutti i giorni. Tra colloqui di
salvataggio, terapie postaborto e postfecondazione artificiale, telefonate infinite nel mezzo
della notte di donne che non
riescono a perdonarsi di avere ucciso il loro figlio, che tirano fuori a quelle ore l’ecografia
per baciarla e chiedere scusa al
bimbo che non è con loro, che
sperano che i medici abbiano
lasciato dentro un pezzettino
che si possa riformare per non
toglierlo più, che raccontano di
come abbiano iniziato a drogarsi e ubriacarsi dopo l’aborto o in
corrispondenza della data del
parto che non c’è stato, di come
abbiano cercato, buttandosi in
mille altre storie fallimentari, di
avere un altro figlio per cercare
di sostituire quello abortito, per
colmare quel vuoto lasciato
non riuscendoci; che portano
fiori bianchi davanti alle cliniche
dove hanno abortito il giorno
dell’anniversario del loro aborto; e tanto altro ascoltano le mie
orecchie. E nei giornali il festeggiamento per una legge buona,
applicata bene, che fa diminuire
il numero degli aborti, si parla di
diritti, di autodeterminazione della donna, che bisogna facilitare
togliendo gli ostacoli delle procedure, di consultori che funzionano benissimo anzi con troppi
obiettori per il gusto di qualcuno.
Quanto è distante la verità su
quel piccolo essere che si sta
formando nel grembo di ogni
mamma incinta, quanto distante
la ‘salute riproduttiva’ dalle sofferenze postaborto. Come siamo
potuti arrivare a tanto? Chi spaventano questi bimbi concepiti
se vengono al mondo? No! solo
se la donna vuole! È la risposta
di certo veterofemminismo che
con il femminile ha poco a che
fare. Ma la realtà poi è un’altra.
Donne che non si perdonano,
donne che mi inseguono dopo
ogni conferenza dicendo che ciò
che dico è vero, che anche a loro
è successo e non dimenticano e
si accusano di essere state deboli in quel momento. Altro che incidenti fortuiti. L’ho cercato, l’ho
voluto, c’ero. Sono io la responsabile. E la memoria conferma:
ho firmato, sono stata una codarda. Avrei dovuto lottare e non
l’ho fatto. Gli studi scientifici sulle
conseguenze fisiche e psichiche
non mancano. Le testimonianze personali che sono diventati
libri nemmeno. E allora perché
non aprire gli occhi una volta
per tutte sul baratro che si apre
dopo e la sensazione di morte
che ti consuma dentro perché
la tua bara è ancora lì, il figlio che
non c’è più, il figlio che hai ucciso? Perché continuare a parlare
di conseguenze psichiche post
aborto, di ansia, depressione,
bassa autostima, fobie,
ossessioni, pensieri intrusivi se non disturbi
più gravi che arrivano
fino alle psicosi? Perché è la vita che lo chiede, che chiede di dare
un nome a quei figli, di
lenire queste ferite purulenti per non fare altro
danno a se stessi e a
quelli che ti circondano,
ai figli che verranno e a
quelli che ci sono già.
E continua la corsa di
questo treno. Un’altra
corsa, un’altra fermata,
un’altra conferenza. Lo
stesso identico dolore.
Cinzia Baccaglini
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10/10/12 08:35
Economia e vita
Notizie
19
Nel diritto italiano il concepito
è considerato una persona
N
Pochi conoscono l’interpretazione restrittiva
che la Corte Costituzionale diede alle possibilità di abortire.
Ancor meno si sa che la Corte da sempre ha considerato
il concepito una persona
el dibattito politico degli ultimi decenni, è del
tutto scomparsa ogni discussione sul tema della
revisione della legge n. 194, che
disciplina l’interruzione volontaria
della gravidanza. Le ragioni sono
a tutti evidenti. L’esistenza di maggioranze politiche molto eterogenee dal punto di vista culturale,
molto fragili e poco compatte ha
prodotto l’espunzione di un tema
che, essendo visto in modo opposto all’interno di ambedue le coalizioni partitiche, viene considerato
estremamente “pericoloso” per la
stabilità politica. Eppure non è una
novità affermare che la legge n.
194 è frutto di una visione culturale
che oggi viene ritenuta dalla maggioranza degli studiosi superata,
oltreché di difficile armonizzazione con la decisione fondamentale
che in tale materia ha pronunziato
la Corte costituzionale nel 1975
e da allora mai rinnegata. Quest’ultima, infatti, ha correttamente impostato il problema costituzionale
dell’aborto volontario come conseguenza del conflitto tra il diritto
alla vita della madre e quello del
nascituro (che è considerato dalla
Corte «persona» sin dal momento del concepimento) i due diritti,
parimenti fondamentali e inviolabili (ex art. 2 Cost.), e dunque
di egual valore giuridico. Partendo da tale premessa, la Corte ha
giustificato costituzionalmente l’aborto soltanto di fronte al fatto,
accertato da un medico, che la
continuazione della gravidanza
arrecherebbe un serio pericolo
alla sua salute fisica e psichica
della madre. È noto come questo
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requisito essenziale sia stato applicato con molta, anzi eccessiva,
latitudine nella prassi sanitaria di
ogni giorno, tale da ridurre in molti casi l’aborto a una libera scelta
della donna incinta. Non è questa
la sede per discutere ciò. Mi preme invece sottolineare un altro
aspetto connesso a tale prassi, diciamo così, creativa. La legge n.
194, mentre resta fedele ai principi
costituzionali allorché richiede una
motivazione terapeutica per poter giustificare il ricorso all’aborto,
nello stesso tempo stabilisce regole copiate da altre esperienze
giuridiche – in specie quella degli
Stati Uniti d’America – che in realtà muovono da una concezione
dell’aborto come libertà costituzionale. Mi riferisco in particolare al
termine di tre mesi posto come limite temporale per poter procedere legittimamente all’interruzione
volontaria della gravidanza. Tale
termine, in realtà, è stato escogitato dalla Corte Suprema nel famoso
caso Roe v. Wade del 1973 (e poi
seguito da varie leggi di molti altri
Stati), muovendo dalla premessa
definitoria (e apodittica) che il concepito non è «persona» fino a che
non risulta capace di una vita di relazione (sociale) autonoma, e cioè
fino all’incirca al sesto mese di gravidanza. Su questa base la Corte
americana riconosceva l’aborto
come libertà, anzi come diritto di
privacy (e quindi come diritto il cui
esercizio non si scontra, né può
scontrarsi, con diritti di altre persone), fino ai primi tre mesi di gravidanza, mentre esigeva una motivazione terapeutica a difesa della
salute (fisica e psichica) della ma-
dre per i successivi tre mesi. Non
c’è bisogno di interrogarsi su quale conoscenza scientifica la Corte
americana basasse tale bipartizione trimestrale, poiché in realtà non
era basata su nulla, tantomeno su
qualche fattore di diversità che intervenisse nel processo di sviluppo biologico del feto. Si vuole solo
sottolineare che il termine da essa
escogitato, una volta che è stato
ripreso dalla legge n. 194, ha introdotto in quest’ultima un elemento
di incoerenza con l’approccio
della collisione tra due contrapposti diritti (alla vita) di carattere inviolabile, sul quale la Corte
costituzionale italiana ha basato la
sua giustificazione costituzionale
dell’interruzione volontaria della
gravidanza. Quel termine, infatti, si
fonda sulla tesi che si è «persona»
solo quando si è autonomamente
capaci di una vita di relazione (sociale), cioè sulla teoria della vitalità,
mentre la possibilità di abortire è
giustificata dalla Costituzione
italiana (a giudizio della Corte
costituzionale) soltanto a partire dalla tesi che il concepito è
già «persona». Se vivessimo in un
Paese serenamente democratico,
desideroso di migliorare la qualità
della legislazione e della vita civile,
ogni residuo di una teoria, come
quella della vitalità, oggi screditata
e perciò respinta da tutti, verrebbe
rivisto ed emendato. Ma il dubbio
che ciò avvenga, non può non
gettare un’ombra anche sulla premessa appena posta.
Antonio Baldassarre,
Presidente emerito
della Corte Costituzionale
10/10/12 08:35
Notizie
Economia e vita
20
Crescita della popolazione: danno o beneficio?
È proprio vero che le grandi sfide per l’umanità
nei prossimi decenni deriveranno dal numero
di essere umani presenti sulla terra?
L
a sovrappopolazione della terra è una delle grandi
paure che la cultura della
morte ha diffuso nella nostra società. Ma è proprio vero
che le grandi sfide per l’umanità
nei prossimi decenni deriveranno dal numero di essere umani
presenti sulla terra?
Si è appena concluso il programma decennale mondiale
di censimenti della popolazione
e oggi è possibile riconsiderare
le previsioni demografiche alla
luce della popolazione effettiva
rilevata nel 2010: il rallentamento della crescita della popolazione è superiore alle attese.
In Cina il tasso di crescita medio
annuo della popolazione si è
dimezzato rispetto al decennio
precedente (dall’1% allo 0,56%),
in India è sceso sensibilmente passando dal 2,3 all’1,6%.
Si tratta di medie di un periodo
con tendenza alla diminuzione
perciò nell’anno 2010 il tasso di
crescita è stato sicuramente più
basso.
In realtà è ragionevole attendersi che la crescita demografica possa fermarsi del tutto
molto prima del previsto. Il tasso medio di fertilità che a livello
mondiale garantirebbe naturalmente la stabilità della popolazione è circa 2,3 figli per donna.
Nei paesi sviluppati è di gran
lunga inferiore. Ma anche in Cina
è ormai molto al di sotto il livello
di sostituzione (1,8); in India non
è superiore di molto (2,6). Sono
numeri che però devono essere
corretti al ribasso, per tener conto dello sbilanciamento tra i sessi. Naturalmente nascerebbero
105 maschietti ogni 100 bambine. Invece in Cina nascono 118
maschi ogni 100 femmine, in In-
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dia 110. La causa di queste differenze è tutta sociale: per motivi
culturali sono preferiti i figli maschi e così le bambine vengono
eliminate. Lo sbilanciamento tra i
sessi comporterà inevitabilmente una riduzione del tasso effettivo di fertilità rispetto a quello
apparente. Inoltre nel 2010 per
la prima volta la popolazione urbana ha superato quella rurale e
la tendenza alla migrazione verso le città è in forte espansione
nei paesi emergenti. Anche l’urbanizzazione è storicamente associata ad un calo della fertilità.
Tenendo conto di tutto si può
stimare un tasso di fertilità a livello mondiale intorno a 2,4 figli
per donna. Questo significa che
il declino del numero totale di
nascite di bambini potrebbe
cominciare molto presto, secondo alcuni intorno al 2020. La
popolazione totale continuerà a
crescere per un po’ ma solo per
l’allungamento della vita media.
Dovremmo essere contenti di
questo? Purtroppo no. Un rallentamento delle nascite unito ad
un allungamento della vita media comporta l’invecchiamento
della popolazione. Non solo: nei
paesi in cui la fertilità media non
è sufficiente a garantire naturalmente il “ricambio generazionale”, la quota di popolazione
in grado di lavorare e produrre
diminuisce. Per mantenere lo
stesso livello di benessere o
aumenta a sufficienza la produttività del lavoro o è necessario
utilizzare manodopera immigrata. È l’esperienza che stanno vivendo molti paesi europei, come
l’Italia. Paradossalmente i paesi
nei quali nascono ancora molti
bambini sono in possesso di
un vero e proprio “dividendo
demografico” che favorirà il
loro sviluppo economico. L’India, un paese capace di formare
anche manodopera qualificata,
già adesso comincia a trarre
vantaggio da questa situazione.
Ma se l’invecchiamento della popolazione è oggi un grave problema economico e sociale nei
paesi più ricchi, cosa potrà comportare in paesi emergenti come
la Cina, dove esistono ancora
grandi aree di povertà estrema e
disuguaglianza e dove manca la
libertà?
L’equazione crescita della popolazione = freno allo sviluppo è tanto semplicistica da
essere falsa. Molti paesi hanno
conosciuto alti tassi di sviluppo
del benessere materiale e sociale associati ad una crescita della
popolazione consistente: l’Italia
del boom economico è una di
queste. E sono ancora tutti da
dimostrare i “limiti delle risorse”
della terra: ancora a metà degli
anni ’90 la FAO stimava che le
terre potenzialmente destinabili
all’agricoltura potrebbero nutrire fino a 33 miliardi di persone.
All’origine di fame e carestie
c’è quasi sempre un problema
di distribuzione delle risorse e
dei diritti e non di insufficiente
produzione.
Nei prossimi decenni i teorici
della decrescita della popolazione vedranno coronato il loro sogno ma forse per molti popoli la
realtà assomiglierà piuttosto ad
un incubo. È tempo che si ricominci a guardare ogni bambino che nasce come una speranza e un dono non solo per
i suoi genitori ma per il mondo
intero.
Benedetto Rocchi
10/10/12 08:35
www.prolifenews.it
La nostra redazione cura un sito che viene aggiornato quotidianamente con notizie Pro Life dall’Italia e dal mondo.
Il sito ospita articoli di stampa relativi al tema della Vita e diverse rubriche che trattano vari argomenti di carattere
giuridico, scientifico, morale, economico e filosofico. Dai primi di novembre, ospita anche un catalogo per acquisti
di libri e DVD Pro Life.
Contributi e commenti sono benvenuti, scrivere a: [email protected]
Letture consigliate
Antonio Socci
Il genocidio censurato.
Aborto: un miliardo di vittime innocenti
Harry Wu
Strage di innocenti.
La politica del figlio unico in Cina
Piemme
Edizioni Guerini
Oltre un miliardo di bambini sono stati uccisi in 40
anni di aborto legalizzato (dati dell’OMS, che non tengono conto dell’aborto chimico). Ma di questi bambini
nessuno oggi vuole parlare: vittime a cui viene negato perfino lo statuto di vittima. Semplicemente non esistono. Non debbono esistere. Antonio Socci denuncia
quello che è il peggior crimine che l’umanità continua
a commettere, raccontando tutta la verità sull’aborto:
dalle origini del dibattito morale alle scelte politiche italiane e alle bugie sfacciate che sono state usate dalla
propaganda abortista negli anni ‘70, dall’attuale orientamento antinatalista dell’Onu e delle istituzioni europee,
alle polemiche sulla Ru486, alle coraggiose iniziative del
Movimento per la vita. Una lettura di base, necessaria
per tutti coloro che credono nella vita e vogliono difenderla nella Verità.
La Laogai Research Foundation, grazie a molte persone che hanno investigato sul campo sottoponendosi ad
enormi rischi, ha raccolto le testimonianze e i documenti
comprovanti le crudeltà commesse dai funzionari della
pianificazione familiare, con il supporto tecnico ed economico dell’ONU. Le sterilizzazioni e gli aborti forzati,
le violenze e il clima di terrore, l’obbligo di chiedere il
permesso anche per sposarsi e avere il primo figlio
hanno portato la Cina alla crescita zero. A prezzo però
della vita e della dignità di milioni di bambini, di donne
e di famiglie. D’altro canto, si manifestano preoccupanti conseguenze sociali come i suicidi femminili, la diminuzione della forza lavoro e l’invecchiamento della
popolazione. Inoltre la tradizionale preferenza per i figli
maschi e la politica del figlio unico combinate insieme,
incoraggiano gli abbandoni e gli infanticidi e offrono terreno fertile alla proliferazione di comportamenti criminali
come il traffico di donne e neonati.
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In memoria di Chiara