CURES
Maggio 2014
EDITORIALE
La storia e la geografia ci
sfidano e il Signore ci aiuta!
Se c’è una parola abusata come “evento”, e ne abbiamo già
parlato, questa è ”carisma”. Si dice che “ha carisma” un bravo
attore, qualunque professionista abbia successo o vip… Carisma
è dono ed ha la stessa radice di” grazia” in greco. Un dono
dall’alto che diventa responsabilità. Non per tutti uguale, un
dono che deve portare frutto non solo per sé, ma dato ad
ognuno il suo, per quello che serve a tutti. San Paolo usa molto
questo termine. Pare che il Signore ci provi gusto a donare e non
fa mancare l’essenziale con la fede, speranza e carità a chi lo
chiede, ma poi, venendo col suo Spirito in noi, ci porta un corredo
di sette doni: sapienza, intelletto, consiglio, scienza, fortezza,
pietà e timor di Dio. Siccome ama il benessere del suo popolo e
siccome nella storia succedono cose che diventano sfide per chi
crede, “Lui manda i panni secondo il freddo” che tradotto
significa dà doni particolari, per vincere le sfide, ad ogni epoca,
in ogni luogo, per ogni comunità che non sono mai uguali. Egli si
serve di credenti che vuole, per questo o per quello, a seconda
che servono per questa o quella missione particolare. San
Francesco serviva al tempo del clero simoniaco, dell’ignoranza di
un popolo, di una Chiesa attaccata a ricchezze, potere ed onori e
con lui è andata piuttosto bene. A Torino serviva qualcuno per
l’educazione dei minori abbandonati ed ecco S. Giovanni Bosco e
a seguire i Salesiani, in tutto il mondo ancora oggi, ovunque c’è
bisogno della stessa risposta; a Roma c’era già stato S. Filippo
Neri, “della stessa razza”. In Francia serviva uno come S.
Vincenzo De Paoli, per i poveri derelitti e finché ce ne sono, ci
saranno i Vincenziani e le opere “San Vincenzo”. Per l’Africa
animista e pagana serviva un Comboni ed oggi ci sono i
Comboniani, con lo stesso dono coltivato e protetto dalla Chiesa.
Storie di santi, certo, storie felici e gloriose. Ma chissà quante
non hanno avuto nessun esito e non perché sia finito il bisogno,
ma per quanto anch’io ne so qualcosa, può darsi perché non tutti
abbiano la stessa “scorza” di Padre Pio, può darsi che alcune
prove vengano in tempi troppo precoci. A tal proposito San Paolo
pronuncia un divieto urlato: “non spegnete i carismi!”, chi lo fa
offende lo Spirito e ferisce la Chiesa. Nella mia esperienza di
servizio è già successo due volte. Non si sono persi i frutti che
sono nelle mani di Dio, ma l’albero sì… che peccato, però, perché
il bisogno non è finito e qualcuno ne ha sofferto e ne soffre.
Don
“Qui ed ora” c’è Dio! È una buona notizia
accolta dall’Incarnazione ed ancor più nella
Risurrezione. La missione del cristiano
s’incarna ancora nel “qui ed ora”. Non avrei
mai pensato che in quel particolare
momento del ministero mi venisse chiesto
qualcosa del genere scuola … Fino ad allora
era stato più facile occuparmi di catechisti e
di insegnanti di Religione e poi di giovani
matti, piuttosto che cominciare ad
occuparmi di un Asilo!? Ma quel momento
qui, Passo Corese lo chiedeva!
Mi riferisco ai primi anni ‘90. Velocissimo
incremento di coppie giovani nel nostro
territorio, per mobilità di lavoro, senza
supporto familiare esteso, entrambi al
lavoro (per sopravvivenza, fitto e bollette).
Effetto psicologico e spirituale di espianto,
spaesamento, disorientamento. Perso
l’oratorio e in procinto di perdere la Scuola
dell’Infanzia, per sfratto, il paese stesso non
aveva più luoghi simbolici e momenti unitivi
se non … i bar! Mi dissi: “se non riesci a fare
una storia insieme alla gente non ci sarà
mai una comunità”. Un piccolo gruppo di
coraggiosi accettò la sfida e un Vescovo
illuminato don Salvatore Boccaccio la sposò
in pieno. Non c’era un progetto e già il
Consiglio Pastorale la ideava insieme con il
parroco. Non doveva essere un’impresa
solitaria, ma un’opera di evangelizzazione
nel servizio di carità, di tutti il più nobile:
l’educazione dei figli, attraverso la
formazione dei genitori.
(continua in seconda)
Cominciò così con i pensionati al lavoro
(volontario naturalmente), i ragazzi e i giovani
del Camposcuola trasformati in piccoli
artigiani e artisti, i genitori e i nonni a
sottoscrivere una colletta mensile minima, ma
pur sempre significativa! Un manipolo di
fedeli pronti a rovinarsi il fegato di ansie e
avanti a tutta, con la preghiera, la riflessione,
da metterci l’anima.
Era la vocazione ed il carisma di una comunità
che l’aveva già vissuto con la costruzione del
primo Asilo di via Giulio Cesare… l’orgoglio di
chi scrive è quello di aver servito un carisma
fondativo del paese, perché lo ha saputo
ascoltare, accogliere e se n’è fatto carico,
come vero dono dello Spirito, da coltivare.
A testa bassa con l’immagine santa di Maria
Immacolata di Lourdes davanti agli occhi,
nella sua grotta sempre accogliente dei miei
sfoghi e delle ansie. Lei, la Signora aveva
regalato, attraverso la donazione di Paolo e
Teresa Franceschetti, una terra simbolica, per
il popolo che cresceva. A Lei, “Santa Maria
Nova” ancora tutto è affidato.
Sarà ancora Lei ad alimentare la pianta che
comincia a dare i frutti sperati, in quei
genitori che si pongono la domanda di come
educare i figli ad una preghiera efficace e
chiedono di farne esperienza per primi.
Intanto crescono come comunità tra loro e
con tutti. Santa Maria Nova, prega per loro e
per noi che speriamo da te le grazie
necessarie per andare avanti e crescere.
Tre stagioni per una stessa
passione
La storia si ripete?! Un terreno donato con la stessa volontà da
parte dei donanti: l’educazione dei bambini, dei giovani.
Ero piccola ma ricordo abbastanza quella novità così bella che
arrivava nel nostro piccolo paese: l’asilo. Avevo sentito parlare
tanta gente di altri paesi di quella scuola dove andavano
bambini piccoli, a Passo Corese non esisteva e mi incuriosiva
molto, non capivo come fosse possibile andare a scuola prima
della scuola elementare una scuola che io non avevo potuto
frequentare e, quella fortuna, tale mi pareva, toccava alla mia
sorellina.
Forse, non ho il periodo preciso, ma potrebbe trattarsi del 1956.
Il parroco don Rodolfo Mancini voleva questa scuola anche se
non aveva il posto dove poterla aprire, gli sembrò giusto
considerato che ormai il paese era in pieno sviluppo, prendere
uno stabile in affitto intanto che si provvedeva alla costruzione
sul terreno che era stato donato alla parrocchia dalle Signorine
Traversa. Fu così che iniziò l’avventura dell’asilo a Passo Corese.
Trovò l’edificio, una casa con giardino proprio vicino alla casa
dove abitavamo noi. La scuola secondo il parroco doveva essere
gestita da suore, ma certo trovare un istituto religioso non era
impresa da poco! Ormai però il progetto era partito e quindi
ritenne opportuno rivolgersi a delle insegnanti laiche in attesa di
trovare le suore. Vennero due giovani insegnanti, di Rieti,
rimasero però per un breve periodo, forse il primo anno perché
poi arrivarono le tanto sospirate suore dell’ordine dello Spirito
Santo che diressero la scuola almeno fino al 1990, suor Teresina,
suor Pasqualina, suor Maria Bernarda, suor Delia e la superiora
suor Emilia e via di seguito, per passare il testimone alle Suore
brasiliane missionarie della Madonna di Fatima che rimasero
fino al 1994, fecero seguito a loro le suore della Congregazione
“Missionarie della Madonna del Rosario”. Anche loro lasciarono
la parrocchia e si dovette ancora ricorrere ad insegnanti laiche.
Ma torniamo alla costruzione della scuola in via Giulio Cesare:
erano quelli tempi in cui le cose venivano fatte con pochi
documenti, il documento più importante era la parola data e fu
così, che” Don Camillo e Peppone” fecero in modo di costruire
l’asilo dandosi una mano e dimenticandosi poi di sistemare le
carte perché, se era pur vero che il comune aveva chiesto dei
finanziamenti per la costruzione era altrettanto vero che erano
una piccola parte di tutta la fatica che aveva fatto la
popolazione e il comitato di Santa Croce per poterlo finire. Era il
nostro asilo, orgoglio della parrocchia; ma la leggerezza di non
so chi ha permesso che ce lo portassero via.
La cosa più brutta è stata che il fatto ha trovato l’interesse
solo di circa 120 persone, tante sono state le firme raccolte
per ostacolare l’esproprio dello stabile tanto sudato.
Il contenzioso iniziò negli anni 2000, proprio quando la
Sig.ra Teresa Franceschetti, ormai anziana, vedova e senza
figli aveva da poco donato la sua casa con il terreno intorno,
sito sulla via Ternana, quello che noi tutti chiamavamo “il
casale Franceschetti”, quello dove andavamo a fare i ritiri
per le prime comunioni e qualcuno di noi andava a prendere
ripetizioni di latino dal “prof. Paolo”. Mi ricordo andavamo
in bicicletta, e prima di cominciare davamo l’attacco ai
“mandolicchi” di quelle piante oggi imponenti.
Questa donazione, in quel particolare momento in cui
si sarebbe dovuta chiudere una scuola esistente da circa
40 anni, arrivava proprio come la manna nel deserto e don
Domenico Luciani, parroco della nostra parrocchia non si
lasciò sfuggire l’occasione.
Ricordo tutti i Consigli pastorali di cui facevo parte
convocati ripetutamente, per cercare di capire come fare
e con quali mezzi poter costruire su quel terreno dei
fabbricati per la pastorale parrocchiale, una nuova chiesa
e perché no, la nuova scuola. Certo non era un’impresa
facile: la parrocchia non aveva disponibilità di fondi per
poter fronteggiare una spesa del genere, ma don
Domenico a cui certo non manca l’ingegno e il nostro caro
vescovo, don Salvatore Boccaccio, non si fecero sfuggire
la possibilità di chiedere aiuto alla CEI. Considerati i
progetti presentati , la zona in via di sviluppo e la
posizione strategica del nostro paese che permette, per la
sua centralità, la facilità di accesso a tutte le parrocchie
della Diocesi, per corsi, convegni e scuole, la CEI ha
finanziato una parte del progetto. Sono così iniziati i lavori
e come già era avvenuto tanti e tanti anni prima, la
popolazione ha cominciato a finanziare il mutuo, a cui si
era dovuto ricorrere per finire il progetto. Intanto, intorno
a quella grotta, dove alla signora Franceschetti in un
momento di preghiera la santa Vergine aveva suggerito
che i figli che non aveva avuto erano tutti i bambini che da
brava catechista, anno dopo anno istruiva, don Domenico,
insieme a tanta gente di buona volontà, volontari del
giorno, erigeva una cappella in onore della Madonna
di Lourdes, la statua che la signora aveva posto nella
grotta e dove ogni giorno si recava a pregare e
lavorare. Ricordo ancora e mai lo dimenticherò,
anche perché quel momento è legato ad un
avvenimento importante e doloroso della mia vita,
era il maggio del 1998 quando andammo a ripulire la
grotta ormai invasa da rovi, per celebrare lì la
supplica dell’8 maggio. Da lì partì la
frequentazione del “casaletto” e, da quell’anno,
ripresero lì i ritiri dei bambini che si preparano a
fare la prima Comunione.
Oggi il Centro accoglie oltre alla meravigliosa
cappella, uno spazio dove si possono fare
banchetti, un luogo rustico, ma semplice e
carino, uno stabile con una sala convegni dove
possono essere accolti fino a 150 persone, una
scuola che grazie a Dio accogli 70 bambini,
qualche anno qualcuno in
più ma direi mai sotto quel numero, e con
grande orgoglio è stata in grado di aiutare
almeno altre 40 famiglie, perché ospita da due
anni l’asilo nido comunale che, dovendo
ristrutturare “il nostro vecchio asilo” non sapeva
come fronteggiare la situazione.
Oggi, quella che nella diocesi, dal punto di vista
materiale era la parrocchia più povera, perché
non aveva neanche il posto per poter parcheggiare
l’auto del parroco di turno, ha un impero che le
permette non ancora sonni tanto tranquilli in quanto
c’è ancora un mutuo da pagare, ma che permetterà
in un prossimo futuro la possibilità di vivere
serenamente anche perché, finanza permettendo, su
quel Centro esistono progetti che darebbero alla
parrocchia la possibilità di mantenersi senza alcun
problema. Esiste un team di persone che da molto
spendono un po’ del loro tempo, volontariamente,
per mandare avanti la baracca, considerato che non
è una “impresa” privata, ma è la nostra parrocchia,
chiedo, a chiunque volesse aiutare di farsi avanti, le
porte della “Chiesa” sono aperte a tutti coloro che
nella loro vita vogliono portare aiuti costruttivi senza
voler distruggere l’operato di chi da tempo vive per
loro. E’ la nostra parrocchia, colui che ha
progettato tutto questo sta per lasciarci, è stato
un parroco che ha dato l’anima, per realizzare
per tutti noi un Centro che farebbe invidia a
molti, ora sta a noi tutti mantenere ciò che con
tanto amore e tanti sacrifici è stato realizzato.
LA SCUOLA
CATTOLICA PER TE
Scuola dell’Infanzia
“Santa Croce”
Qualche giorno fa Don Domenico mi chiede :
“Scrivi un articolo commentando lo Statuto della
Scuola, per il prossimo “Cures”?”, dico si per
obbedienza e dentro di me sento impossibile ed
ardua l’impresa, ci penso e ci ripenso e poi una
mattina in classe con i bimbi, mi viene spontanea
la risposta: “Sono loro il più bel commento allo
Statuto della Nostra scuola”.
Una scuola che educa a partire da una concezione
di uomo dotato di intelligenza, di coscienza, di
libertà, in relazione con l’altro, chiamato ad essere
responsabile, aperto al mistero e alla presenza di
Dio; una scuola che propone la cultura e le
discipline come strumento per la ricerca della
Verità e del senso della vita ( “Veritas in dulcedine
caritatis” recita il motto dell’Associazione “Santa
Maria Nova”). Nello stile dello spirito di famiglia;
ponendo attenzione all’educazione integrale dei
bambini, il sogno è la felicità dei ragazzi.
La Scuola dell’Infanzia “Santa Croce” si connota
come scuola cattolica in quanto, nell’educazione,
ha come punti di riferimento il Magistero della
Chiesa e per adozione segue il metodo educativo
di Don Bosco “Educare evangelizzando,
evangelizzare educando”, fondato su: Ragione –
Religione – Amorevolezza. Tale metodo:
- valorizza e promuove la cultura della vita
- crea un ambiente sereno
- è attento al bambino in crescita ed alle
caratteristiche del suo sviluppo
- valorizza tutte le dimensioni della persona
- favorisce il protagonismo del bambino e la vita di
gruppo
- riconosce il ruolo fondamentale della famiglia
nell’educazione.
La scuola dell’Infanzia “Santa Croce” tiene conto
dei documenti del Magistero della Chiesa, della
Costituzione Italiana (art. 2, 3, 4, 21, 33, 34), delle
Indicazioni Nazionali per il Curricolo Settembre
2012 e di tutta la normativa scolastica, ministeriale
e regionale, che riguarda la scuola dell’infanzia.
L’insegnamento della religione rappresenta un
aspetto ed un mezzo specifico che si colloca
all’interno di una proposta educativa più ampia, che
deve avere una sua originalità ed un suo taglio
particolare proprio in vista della finalità generale
assegnata alla scuola cattolica.
La scuola è parrocchiale. La Comunità parrocchiale
“Santa Croce” vede nella Scuola uno dei principali
mezzi di formazione umana, culturale e religiosa e
ritiene l’azione educativa una valida collaborazione
alla costruzione di una società più giusta e solidale.
L’obiettivo da perseguire costantemente è quello di
“dar vita ad un ambiente comunitario scolastico
permeato dello spirito evangelico di libertà e
carità”. (Concilio Vat. II, Gravissimum Educationis, 8)
In questa luce la corresponsabilità tra genitori e
insegnanti, il patto formativo può favorire la
trasformazione della scuola in comunità preposta
all’educazione delle nuove generazioni.
La Scuola persegue le finalità di consolidare nei
bambini l’identità cioè Vivere serenamente tutte le
dimensioni del proprio io; di sviluppare l’autonomia
quindi avere fiducia in sé e fidarsi degli altri; di
acquisire competenze di relazione al mondo: giocare,
muoversi, manipolare, curiosare, domandare; di
relazione agli altri: vivere le prime esperienze di
cittadinanza. Scoprire l’altro da sé. Attribuire
progressiva importanza agli altri, ai loro bisogni.
Persegue le proprie finalità attraverso l’organizzazione di un ambiente, di vita, di relazioni, di
apprendimento e di qualità, garantito dalla
professionalità degli operatori e dal dialogo sociale
ed educativo con le famiglie e con la comunità
parrocchiale e civile.
I bambini sono il nostro futuro e ragione profonda
per conservare e migliorare la vita comune, sul
nostro pianeta; sono espressione di un mondo
complesso e inesauribile, di energie, potenzialità,
sorprese e anche di fragilità che vanno conosciute,
osservate, accompagnate con cura, studio,
responsabilità e attesa; sono portatori di speciali e
inalienabili diritti.
La Scuola ha un’attenzione particolare per la
famiglia, offrendo ascolto, confronto su temi
educativi e didattici. In particolare offe ai genitori
l’opportunità di incontrare esperti nelle scienze
umane proponendo temi vitali per la crescita del
bambino/a. Secondo la tradizione specifica di questa
scuola dell’infanzia, la nostra comunità educante
favorisce rapporti interpersonali tra Scuola, genitori e
bambini, per accompagnare, sostenere la famiglia nel
difficile compito educativo. Nella scuola operano
docenti ed operatori motivati, attenti alle specificità
dei bambini e dei gruppi di cui si prendono cura, sono
un indispensabile fattore di qualità per la costruzione
di un ambiente educativo, sicuro, accogliente,
ben organizzato, capace di suscitare la fiducia
dei genitori e della comunità.
Lo stile educativo dei docenti della scuola
dell’infanzia “Santa Croce” si ispira a criteri di: ascolto, - accompagnamento,- interazione
partecipata, - mediazione comunicativa, con una
continua capacità di osservazione del bambino,
di presa in carico del suo “mondo”, di lettura
delle sue scoperte, di sostegno e di incoraggiamento all’evoluzione dei suoi apprendimenti.
La professionalità docente si arricchisce
attraverso:
* il lavoro collaborativo,
* la formazione continua in servizio,
* la riflessione sulla pratica didattica,
* il rapporto adulto con i saperi e la cultura.
Si cerca di costruire una comunità professionale
ricca di relazioni, orientata all’innovazione è
stimolata dalla leadership educativa e dalla
presenza di forme di coordinamento
pedagogico.
Daniela
Da Genitori e per i figli
siamo in parrocchia
Quando ci siamo sposati, nell’ormai lontano
2005, abbiamo scelto di vivere a Passo Corese,
un centro a noi non molto familiare, perché
provenienti da due paesi diversi, dopo un
periodo di vita trascorsa in città, ma “comodo”,
perché ci permetteva di raggiungere facilmente
il posto di lavoro e nello stesso tempo di vivere
la bellezza di un paese più a dimensione umana.
All’inizio conoscevamo poche persone, ma
avevamo, dentro di noi, forte la consapevolezza
che facevamo parte della grande famiglia della chiesa
che ci avrebbe accolti anche in questo nuovo ambiente.
Ci siamo recati in parrocchia e lì abbiamo incontrato
Don Domenico, un parroco veramente speciale, che ha
saputo raccogliere le nostre aspettative e ci ha
presentato un luogo accogliente dove condividere le
speranze e la gioia di una vera famiglia.
Don Domenico ci ha invitato, insieme ad altre giovani
coppie, a frequentare la “lectio divina”, è stata quella
l’occasione di conoscere altre persone e iniziare un bel
rapporto di amicizia che ancora oggi continua.
Successivamente per molti di noi è arrivato il grande
dono dei figli e così si è presentata la scelta della scuola
materna dove iscrivere i nostri figli. Sapendo che la
comunità parrocchiale che ci aveva accolti e della quale
oramai ci sentivamo parte,
aveva una scuola
dell’infanzia, ci è sembrato naturale iscrivere lì i nostri
bimbi.
Con il tempo ci siamo resi conto che questa era una
nuova opportunità di crescita, non solo per i bimbi, ma
per l’intera famiglia. E’ stato bello vedere i bambini
pregare la mattina tenendosi per mano davanti la
statua della nostra mamma celeste Maria e ben presto
conoscere le preghiere che la chiesa recita ogni giorno.
Io per esempio non avevo mai imparato a memoria la
preghiera del mattino ed è stato il mio bimbo Filippo ad
insegnarmela! Cominciare in questo modo la giornata ci
ha fatto capire che Gesù è una presenza costante e il
punto centrale nella vita delle nostre famiglie.
Le varie attività scolastiche che si sono svolte durante
l’anno ci hanno permesso di condividere con le altre
famiglie momenti molto belli come il Natale: è stato
emozionante vedere i nostri bambini interpretare i
personaggi del presepe e ricordare insieme a loro che
questa festa celebra innanzitutto la nascita di Gesù.
Ci sono stati inoltre altri momenti d’incontro, di
condivisione, che ci hanno permesso di conoscerci
meglio, di renderci conto che non siamo soli ma che un
Dio Padre ci vuole bene e ci accoglie sempre nella sua
casa. E mentre i nostri bambini crescevano e
imparavano cose nuove, noi siamo cresciuti insieme a
loro e alle altre famiglie con le quali ancora oggi
cerchiamo di vivere una comunità più umana, più vicina
alle persone.
Tutte queste opportunità che ci ha dato la scuola
dell’infanzia “Santa Croce”, con Don Domenico
pensiamo siano una ricchezza per l’intera comunità
parrocchiale e quest’anno che la nostra piccolina
Caterina deve iniziare la scuola materna la scelta è
stata naturale.
Pensiamo che questa scuola sia un dono del
Signore e quindi è importante l’impegno di tutti
nel farla crescere sempre di più perché nuove
famiglie possano sentirsi membri di una più
grande famiglia che è la Parrocchia, un luogo
accogliente, sano, vero dove il Padre buono si fa
incontro a tutti quelli che lo cercano e i fratelli che
stanno dentro sono pronti a far festa per il ritorno
di ognuno.
Monica e Giovanni
Nell’interesse dei
bambini
Voglio far seguito al mio primo articolo sulla
diffusione di materiale gender per l’educazione
scolastica finalizzato alla programmazione di
educazione sessuale gender (quella ideologia che
propugna non esserci affatto differenza di genere,
ma legittima e proponibile scelta di generi:
maschile, femminile, gay, lesbo, trans
perfettamente alla pari, con garanzie, vincoli e
diritti uguali di fronte alla società, ai fini di
matrimoni, adozioni ecc…) Il Sottosegretario del
Ministero dell’Istruzione Cecilia Guerra, ha
affermato che non è «accettabile che materiale
didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli
insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari
opportunità senza alcun confronto con il Ministero
dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università».
Posizione sostenuta anche dal Sottosegretario
Gabriele Toccafondi.
Io stessa ho potuto leggere, gli opuscoli affermano
che «i tratti caratteriali, sociali e culturali, come il
grado di religiosità, costituiscono fattori importanti
da tenere in considerazione nel delineare il ritratto
di un individuo omofobo», e che «appare evidente
come maggiore risulta il grado di cieca credenza
nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità
che un individuo abbia un’attitudine omofoba».
E' chiaro che queste persone non abbiano mai
conosciuto la Chiesa come Madre affettuosa, che
accoglie tutti, né sappiano che il messaggio
fondante del Vangelo è l'Amore, persino verso il
nemico.
Risulta difficile credere che il Ministero non sapesse
nulla, ma già il fatto che abbia preso le distanze
ufficialmente da quanto sta accadendo è un passo
avanti, nell'interesse dei bambini. Sì, perché il
problema è proprio questo: quale è realmente la
priorità di questi opuscoli? Quali possono essere le
conseguenze sociali di un indottrinamento LGBT su
vasta scala dei bambini? A questo proposito, spero
di poter proporre presto l'intervista allo psicologo
infantile Marco Scicchitano, che collabora con la
Manif Pour Tous.
Per il momento, per rispondere a queste
domande, vi riporto le parole scritte in una
dolcissima lettera da un ragazzo gay, figlio di un
padre single gay, che lo ha adottato.
Manuel ha sempre creduto di detestare suo padre,
perché lo ha cresciuto nell'ossessione che non
fosse eterosessuale, quindi secondo tutti gli
stereotipi “da maschio” del caso; ha creduto di
essere un figlio sbagliato e se ne faceva una colpa.
Suo padre gli ha insegnato che un genitore è chi ti
ama, che è falso sostenere che un bambino ha
bisogno di una mamma e che quello che conta è
l’amore e non il sesso del genitore.
Manuel afferma, però, che il punto non è se una
persona, etero o gay, possa o meno essere un
bravo genitore, perché non esiste il bravo genitore,
ma che il bambino possa capire chi è lui/lei in
rapporto al mondo.
Poi Manuel scrive «Il bambino apprende
soprattutto dall’osservazione delle relazioni e dei
rapporti che accadono intorno a lui. Nella
famiglia, col papà e con la mamma, impara tutto
ciò di cui avrà bisogno nella vita, è un laboratorio,
un specchio della vita. La mancanza di un papà o
di una mamma è un’eccezione. La stragrande
maggioranza delle volte il figlio sopravvive ai
genitori e quando ciò non accade (per morte o
separazione) il bambino ne soffre e cercherà di
adattarsi alla mancanza di un padre, di una madre
o di entrambi i genitori. Sostenere che per un
bambino avere un padre o non averlo, avere una
madre o non averla sono la stessa cosa significa
che c’è qualcosa dietro, di diverso dal bene
ultimo del bambino. Significa che viene anteposto
qualcos’altro allo sviluppo psichico più facile e
adatto al bambino. Costringere il bambino ad
adattarsi a causa del desiderio di paternità o
maternità di un adulto io non lo chiamo amore.
Per questi motivi oggi mi sento impegnato, con
tutti i miei limiti, in una battaglia di verità al fianco
di tante persone che ho conosciuto in questi mesi:
omosessuali, eterosessuali, religiosi o atei. La
battaglia contro l’ideologia del gender, contro i
matrimoni gay e per la difesa del diritto di ogni
bambino ad avere un padre e una madre.
Oggi amo mio padre perché ho capito che anche
lui è caduto nella trappola Lgbt, che ci vorrebbe
tutti identici a spese dei più deboli, noi figli.
Chiara
Tutto parte da una
seria analisi … anche
l’evangelizzazione
Non bisogna essere degli esperti per capire
che la realtà sociale di Passo Corese, come
quella di tanti altri paesi dell’hinterland
romano , presenta variate sfaccettature .
Passo Corese è un’ insediamento urbano
densamente popolato, quello con il più alto
Tasso di Natalità, con l'età media più bassa e
con la più alta percentuale di coniugati (51,3%)
nella Provincia di Rieti.
Il territorio di Passo Corese, all'interno della
Provincia di Rieti, data la sua posizione
geografica, appare come luogo di un rapido
e spesso caotico incremento demografico che
contrasta con episodi di spopolamento presenti
in altre zone della provincia.
Il tasso di immigrazione italiana e straniera
rispetto ai comuni confinanti è in costante
aumento negli ultimi anni e la popolazione
dei residenti stranieri si attesta sul 13,5.
Accanto a questi dati statistici emerge una
realtà economica che, da una parte vede una
buona percentuale di abitanti, specialmente gli
autoctoni, che non sembra avere problemi
economici, ma che dall’altra, è sicuramente
affiancata da un consistente numero di famiglie
che vede costretti entrambi i genitori a
lavorare, per poter dare una vita dignitosa ai
figli, con la conseguente problematica di dove e
a chi affidare i figli durante il periodo in cui loro
lavorano .
Tale situazione socio-economica ha richiesto e
richiede una risposta da parte degli enti
pubblici, in termini di interventi di politiche a
sostegno della famiglia e di offerta di servizi
sociali quali: scuole materne, asili nido, ecc.,
che non sempre tali enti sono riusciti a
soddisfare in modo da coprire la totalità della
domanda.
La Parrocchia, che non si sente estranea di
fronte a tali realtà, per rispondere a questa
situazione ed alle numerose richieste di
sostegno che le pervenivano da parte di nuclei
famigliari che, per svariati motivi, purtroppo
erano esclusi dall’offerta pubblica ha, da anni e
con lungimiranza, pensato ad offrire una
qualche risposta a questa problematica, come a
tanta altre, con la realizzazione di un asilo nido
che potesse assicurare la presenza di una
struttura a cui potersi rivolgere ed a cui
affidare i propri figli, con la certezza che essi
ricevano una educazione che, basata su sani
principi religiosi e sociali, possa essere di aiuto
ad alla loro crescita umana e sociale.
A questo punto metterei alcuni dati sui numeri
degli alunni, sulle gratuità e sui servizi
particolari resi( orari ecc.) io non li conosco.
Questa è una delle tante realtà che la
parrocchia in questi anni ha fatto nascere e
che si sono sviluppate grazie all’impegno
personale di tante persone che, in uno spirito
evangelico di servizio, si sono prodigate affinchè
alcuni bisogni potessero trovare una qualche
soluzione.
Francesco Filosa
Il Maestro Udroiu è ancora
tra noi con la sua Nikopèa
Intensa è stata l'emozione quando per la prima
volta sono entrata nella scuola d'arte Nikopeia. Ho
sempre ammirato ed apprezzato l'arte come
forma di libera espressione e l'arte sacra, in
particolare, era quella che più mi affascinava, ma
le esigenze e gli impegni quotidiani non mi hanno
mai permesso, se non con letture, di avvicinarmi
concretamente al mondo artistico vero e proprio,
fatto di colori, pennelli forme e tecniche. La bella
sorpresa è stata quando, qui a Passo Corese, come
per incanto, sono stata informata dell'esistenza di
una fucina d'arte autentica, con tanto di maestro
iconografo bizantino, quello che cercavo io. Ho
preso coraggio e sono andata, io insegnante mi
sono trovata alunna gomito a gomito con alcuni
dei miei allievi della scuola media.
All'inizio ero imbarazzata ed un po' preoccupata,
le tante icone appese alle pareti della scuolalaboratorio, il carminio delle loro vesti, l'oro dei
fondi, la porpora dei veli sprigionavano
compostezza e profonda spiritualità. Poi giorno
dopo giorno ho iniziato a prendere sempre più
confidenza con quel mondo, scoprendo il fascino e
la sacralità di quelle icone, apprezzando tutto il
lavoro e l’impegno che si celano dietro a ciascuna
di esse. Il tutto però è stato possibile grazie al
Maestro Constantin Udroiu, che mi ha insegnato
non solo la tecnica ma, soprattutto, mi ha
trasmesso la passione per questa arte così
importante.
Il maestro Udroiu è stato, non solo per me ma per
tutti noi suoi allievi, un’opportunità unica che ci ha
permesso di crescere confrontandoci con una
realtà complessa e al tempo stesso affascinante
come quella dell’arte sacra. Inoltre la scuola ci ha
dato anche l’opportunità di conoscere molte altre
forme di arte nelle quali ognuno di noi ha potuto
sperimentarsi e misurarsi, trovando la forma
migliore per esprimere le nostre emozioni e la
nostra fede.
“L’arte è la rete fatale che coglie al volo, come
misteriose farfalle, i momenti strani sfuggiti
all’innocenza e alla distrazione degli uomini
ordinari”, tante volte ho letto questa frase di De
Chirico ma solo ora ne ho capito davvero il senso
perché lui, il Maestro Udroiu, non era affatto un
uomo ordinario.
Vilma Melillo
Grazie, Maestro!
Ebbi la ventura o meglio la grazia di conoscere il maestro
Constantin ad una mostra patrocinata dal Comune di Fara in
Sabina a Passo Corese. Mi affrettai a prendere contatti per
la prima mostra da fare nella nostra parrocchia… da lì
cominciò la nostra diuturna frequentazione, sempre intensa
sia per il numero di incontri sia per la qualità e la profondità.
A seguire non è passato
un evento o una solennità importante senza che il maestro
Udroiu, Senatore dell’Accademia di Romania non desse ai
nostri incontri diocesani o parrocchiali una veste preziosa ed
un tono contemplativo con la sua arte. Non dimenticherò le
tante e tante visite fatte da me nel suo piccolo e
preziosissimo eremo-atelier di Monterotondo.
Fu
lì, in occasione dell’anno santo Mariano indetto dal Santo
Pontefice Giovanni Paolo II, che gli espressi il desiderio di
realizzare una iconostasi sui misteri del Rosario nella nostra
chiesa di Santa Croce. Fu ben felice di poter realizzare un
opera per la nostra parrocchia e mi disse che già da tempo
stava coltivando l’idea, insieme con la sua amatissima sposa,
la prof.ssa Luisa, di trasferirsi a Passo Corese. La mia gioia e
la mia gratitudine crebbe nel momento in cui vennero nella
nostra comunità davvero e mi disse che aveva eretto a sede
ufficiale della scuola Nikopèa il Centro di Santa Maria Nova,
dove avrebbe realizzato con la sua scuola diverse opere
dentro ed intorno alla chiesetta che amava. Nutro la grande
speranza che tutti i suoi sogni sulla prosecuzione della sua
arte qui da noi si avverino.
Don domenico
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CURES - Parrocchia S. Croce