CURES Maggio 2014 EDITORIALE La storia e la geografia ci sfidano e il Signore ci aiuta! Se c’è una parola abusata come “evento”, e ne abbiamo già parlato, questa è ”carisma”. Si dice che “ha carisma” un bravo attore, qualunque professionista abbia successo o vip… Carisma è dono ed ha la stessa radice di” grazia” in greco. Un dono dall’alto che diventa responsabilità. Non per tutti uguale, un dono che deve portare frutto non solo per sé, ma dato ad ognuno il suo, per quello che serve a tutti. San Paolo usa molto questo termine. Pare che il Signore ci provi gusto a donare e non fa mancare l’essenziale con la fede, speranza e carità a chi lo chiede, ma poi, venendo col suo Spirito in noi, ci porta un corredo di sette doni: sapienza, intelletto, consiglio, scienza, fortezza, pietà e timor di Dio. Siccome ama il benessere del suo popolo e siccome nella storia succedono cose che diventano sfide per chi crede, “Lui manda i panni secondo il freddo” che tradotto significa dà doni particolari, per vincere le sfide, ad ogni epoca, in ogni luogo, per ogni comunità che non sono mai uguali. Egli si serve di credenti che vuole, per questo o per quello, a seconda che servono per questa o quella missione particolare. San Francesco serviva al tempo del clero simoniaco, dell’ignoranza di un popolo, di una Chiesa attaccata a ricchezze, potere ed onori e con lui è andata piuttosto bene. A Torino serviva qualcuno per l’educazione dei minori abbandonati ed ecco S. Giovanni Bosco e a seguire i Salesiani, in tutto il mondo ancora oggi, ovunque c’è bisogno della stessa risposta; a Roma c’era già stato S. Filippo Neri, “della stessa razza”. In Francia serviva uno come S. Vincenzo De Paoli, per i poveri derelitti e finché ce ne sono, ci saranno i Vincenziani e le opere “San Vincenzo”. Per l’Africa animista e pagana serviva un Comboni ed oggi ci sono i Comboniani, con lo stesso dono coltivato e protetto dalla Chiesa. Storie di santi, certo, storie felici e gloriose. Ma chissà quante non hanno avuto nessun esito e non perché sia finito il bisogno, ma per quanto anch’io ne so qualcosa, può darsi perché non tutti abbiano la stessa “scorza” di Padre Pio, può darsi che alcune prove vengano in tempi troppo precoci. A tal proposito San Paolo pronuncia un divieto urlato: “non spegnete i carismi!”, chi lo fa offende lo Spirito e ferisce la Chiesa. Nella mia esperienza di servizio è già successo due volte. Non si sono persi i frutti che sono nelle mani di Dio, ma l’albero sì… che peccato, però, perché il bisogno non è finito e qualcuno ne ha sofferto e ne soffre. Don “Qui ed ora” c’è Dio! È una buona notizia accolta dall’Incarnazione ed ancor più nella Risurrezione. La missione del cristiano s’incarna ancora nel “qui ed ora”. Non avrei mai pensato che in quel particolare momento del ministero mi venisse chiesto qualcosa del genere scuola … Fino ad allora era stato più facile occuparmi di catechisti e di insegnanti di Religione e poi di giovani matti, piuttosto che cominciare ad occuparmi di un Asilo!? Ma quel momento qui, Passo Corese lo chiedeva! Mi riferisco ai primi anni ‘90. Velocissimo incremento di coppie giovani nel nostro territorio, per mobilità di lavoro, senza supporto familiare esteso, entrambi al lavoro (per sopravvivenza, fitto e bollette). Effetto psicologico e spirituale di espianto, spaesamento, disorientamento. Perso l’oratorio e in procinto di perdere la Scuola dell’Infanzia, per sfratto, il paese stesso non aveva più luoghi simbolici e momenti unitivi se non … i bar! Mi dissi: “se non riesci a fare una storia insieme alla gente non ci sarà mai una comunità”. Un piccolo gruppo di coraggiosi accettò la sfida e un Vescovo illuminato don Salvatore Boccaccio la sposò in pieno. Non c’era un progetto e già il Consiglio Pastorale la ideava insieme con il parroco. Non doveva essere un’impresa solitaria, ma un’opera di evangelizzazione nel servizio di carità, di tutti il più nobile: l’educazione dei figli, attraverso la formazione dei genitori. (continua in seconda) Cominciò così con i pensionati al lavoro (volontario naturalmente), i ragazzi e i giovani del Camposcuola trasformati in piccoli artigiani e artisti, i genitori e i nonni a sottoscrivere una colletta mensile minima, ma pur sempre significativa! Un manipolo di fedeli pronti a rovinarsi il fegato di ansie e avanti a tutta, con la preghiera, la riflessione, da metterci l’anima. Era la vocazione ed il carisma di una comunità che l’aveva già vissuto con la costruzione del primo Asilo di via Giulio Cesare… l’orgoglio di chi scrive è quello di aver servito un carisma fondativo del paese, perché lo ha saputo ascoltare, accogliere e se n’è fatto carico, come vero dono dello Spirito, da coltivare. A testa bassa con l’immagine santa di Maria Immacolata di Lourdes davanti agli occhi, nella sua grotta sempre accogliente dei miei sfoghi e delle ansie. Lei, la Signora aveva regalato, attraverso la donazione di Paolo e Teresa Franceschetti, una terra simbolica, per il popolo che cresceva. A Lei, “Santa Maria Nova” ancora tutto è affidato. Sarà ancora Lei ad alimentare la pianta che comincia a dare i frutti sperati, in quei genitori che si pongono la domanda di come educare i figli ad una preghiera efficace e chiedono di farne esperienza per primi. Intanto crescono come comunità tra loro e con tutti. Santa Maria Nova, prega per loro e per noi che speriamo da te le grazie necessarie per andare avanti e crescere. Tre stagioni per una stessa passione La storia si ripete?! Un terreno donato con la stessa volontà da parte dei donanti: l’educazione dei bambini, dei giovani. Ero piccola ma ricordo abbastanza quella novità così bella che arrivava nel nostro piccolo paese: l’asilo. Avevo sentito parlare tanta gente di altri paesi di quella scuola dove andavano bambini piccoli, a Passo Corese non esisteva e mi incuriosiva molto, non capivo come fosse possibile andare a scuola prima della scuola elementare una scuola che io non avevo potuto frequentare e, quella fortuna, tale mi pareva, toccava alla mia sorellina. Forse, non ho il periodo preciso, ma potrebbe trattarsi del 1956. Il parroco don Rodolfo Mancini voleva questa scuola anche se non aveva il posto dove poterla aprire, gli sembrò giusto considerato che ormai il paese era in pieno sviluppo, prendere uno stabile in affitto intanto che si provvedeva alla costruzione sul terreno che era stato donato alla parrocchia dalle Signorine Traversa. Fu così che iniziò l’avventura dell’asilo a Passo Corese. Trovò l’edificio, una casa con giardino proprio vicino alla casa dove abitavamo noi. La scuola secondo il parroco doveva essere gestita da suore, ma certo trovare un istituto religioso non era impresa da poco! Ormai però il progetto era partito e quindi ritenne opportuno rivolgersi a delle insegnanti laiche in attesa di trovare le suore. Vennero due giovani insegnanti, di Rieti, rimasero però per un breve periodo, forse il primo anno perché poi arrivarono le tanto sospirate suore dell’ordine dello Spirito Santo che diressero la scuola almeno fino al 1990, suor Teresina, suor Pasqualina, suor Maria Bernarda, suor Delia e la superiora suor Emilia e via di seguito, per passare il testimone alle Suore brasiliane missionarie della Madonna di Fatima che rimasero fino al 1994, fecero seguito a loro le suore della Congregazione “Missionarie della Madonna del Rosario”. Anche loro lasciarono la parrocchia e si dovette ancora ricorrere ad insegnanti laiche. Ma torniamo alla costruzione della scuola in via Giulio Cesare: erano quelli tempi in cui le cose venivano fatte con pochi documenti, il documento più importante era la parola data e fu così, che” Don Camillo e Peppone” fecero in modo di costruire l’asilo dandosi una mano e dimenticandosi poi di sistemare le carte perché, se era pur vero che il comune aveva chiesto dei finanziamenti per la costruzione era altrettanto vero che erano una piccola parte di tutta la fatica che aveva fatto la popolazione e il comitato di Santa Croce per poterlo finire. Era il nostro asilo, orgoglio della parrocchia; ma la leggerezza di non so chi ha permesso che ce lo portassero via. La cosa più brutta è stata che il fatto ha trovato l’interesse solo di circa 120 persone, tante sono state le firme raccolte per ostacolare l’esproprio dello stabile tanto sudato. Il contenzioso iniziò negli anni 2000, proprio quando la Sig.ra Teresa Franceschetti, ormai anziana, vedova e senza figli aveva da poco donato la sua casa con il terreno intorno, sito sulla via Ternana, quello che noi tutti chiamavamo “il casale Franceschetti”, quello dove andavamo a fare i ritiri per le prime comunioni e qualcuno di noi andava a prendere ripetizioni di latino dal “prof. Paolo”. Mi ricordo andavamo in bicicletta, e prima di cominciare davamo l’attacco ai “mandolicchi” di quelle piante oggi imponenti. Questa donazione, in quel particolare momento in cui si sarebbe dovuta chiudere una scuola esistente da circa 40 anni, arrivava proprio come la manna nel deserto e don Domenico Luciani, parroco della nostra parrocchia non si lasciò sfuggire l’occasione. Ricordo tutti i Consigli pastorali di cui facevo parte convocati ripetutamente, per cercare di capire come fare e con quali mezzi poter costruire su quel terreno dei fabbricati per la pastorale parrocchiale, una nuova chiesa e perché no, la nuova scuola. Certo non era un’impresa facile: la parrocchia non aveva disponibilità di fondi per poter fronteggiare una spesa del genere, ma don Domenico a cui certo non manca l’ingegno e il nostro caro vescovo, don Salvatore Boccaccio, non si fecero sfuggire la possibilità di chiedere aiuto alla CEI. Considerati i progetti presentati , la zona in via di sviluppo e la posizione strategica del nostro paese che permette, per la sua centralità, la facilità di accesso a tutte le parrocchie della Diocesi, per corsi, convegni e scuole, la CEI ha finanziato una parte del progetto. Sono così iniziati i lavori e come già era avvenuto tanti e tanti anni prima, la popolazione ha cominciato a finanziare il mutuo, a cui si era dovuto ricorrere per finire il progetto. Intanto, intorno a quella grotta, dove alla signora Franceschetti in un momento di preghiera la santa Vergine aveva suggerito che i figli che non aveva avuto erano tutti i bambini che da brava catechista, anno dopo anno istruiva, don Domenico, insieme a tanta gente di buona volontà, volontari del giorno, erigeva una cappella in onore della Madonna di Lourdes, la statua che la signora aveva posto nella grotta e dove ogni giorno si recava a pregare e lavorare. Ricordo ancora e mai lo dimenticherò, anche perché quel momento è legato ad un avvenimento importante e doloroso della mia vita, era il maggio del 1998 quando andammo a ripulire la grotta ormai invasa da rovi, per celebrare lì la supplica dell’8 maggio. Da lì partì la frequentazione del “casaletto” e, da quell’anno, ripresero lì i ritiri dei bambini che si preparano a fare la prima Comunione. Oggi il Centro accoglie oltre alla meravigliosa cappella, uno spazio dove si possono fare banchetti, un luogo rustico, ma semplice e carino, uno stabile con una sala convegni dove possono essere accolti fino a 150 persone, una scuola che grazie a Dio accogli 70 bambini, qualche anno qualcuno in più ma direi mai sotto quel numero, e con grande orgoglio è stata in grado di aiutare almeno altre 40 famiglie, perché ospita da due anni l’asilo nido comunale che, dovendo ristrutturare “il nostro vecchio asilo” non sapeva come fronteggiare la situazione. Oggi, quella che nella diocesi, dal punto di vista materiale era la parrocchia più povera, perché non aveva neanche il posto per poter parcheggiare l’auto del parroco di turno, ha un impero che le permette non ancora sonni tanto tranquilli in quanto c’è ancora un mutuo da pagare, ma che permetterà in un prossimo futuro la possibilità di vivere serenamente anche perché, finanza permettendo, su quel Centro esistono progetti che darebbero alla parrocchia la possibilità di mantenersi senza alcun problema. Esiste un team di persone che da molto spendono un po’ del loro tempo, volontariamente, per mandare avanti la baracca, considerato che non è una “impresa” privata, ma è la nostra parrocchia, chiedo, a chiunque volesse aiutare di farsi avanti, le porte della “Chiesa” sono aperte a tutti coloro che nella loro vita vogliono portare aiuti costruttivi senza voler distruggere l’operato di chi da tempo vive per loro. E’ la nostra parrocchia, colui che ha progettato tutto questo sta per lasciarci, è stato un parroco che ha dato l’anima, per realizzare per tutti noi un Centro che farebbe invidia a molti, ora sta a noi tutti mantenere ciò che con tanto amore e tanti sacrifici è stato realizzato. LA SCUOLA CATTOLICA PER TE Scuola dell’Infanzia “Santa Croce” Qualche giorno fa Don Domenico mi chiede : “Scrivi un articolo commentando lo Statuto della Scuola, per il prossimo “Cures”?”, dico si per obbedienza e dentro di me sento impossibile ed ardua l’impresa, ci penso e ci ripenso e poi una mattina in classe con i bimbi, mi viene spontanea la risposta: “Sono loro il più bel commento allo Statuto della Nostra scuola”. Una scuola che educa a partire da una concezione di uomo dotato di intelligenza, di coscienza, di libertà, in relazione con l’altro, chiamato ad essere responsabile, aperto al mistero e alla presenza di Dio; una scuola che propone la cultura e le discipline come strumento per la ricerca della Verità e del senso della vita ( “Veritas in dulcedine caritatis” recita il motto dell’Associazione “Santa Maria Nova”). Nello stile dello spirito di famiglia; ponendo attenzione all’educazione integrale dei bambini, il sogno è la felicità dei ragazzi. La Scuola dell’Infanzia “Santa Croce” si connota come scuola cattolica in quanto, nell’educazione, ha come punti di riferimento il Magistero della Chiesa e per adozione segue il metodo educativo di Don Bosco “Educare evangelizzando, evangelizzare educando”, fondato su: Ragione – Religione – Amorevolezza. Tale metodo: - valorizza e promuove la cultura della vita - crea un ambiente sereno - è attento al bambino in crescita ed alle caratteristiche del suo sviluppo - valorizza tutte le dimensioni della persona - favorisce il protagonismo del bambino e la vita di gruppo - riconosce il ruolo fondamentale della famiglia nell’educazione. La scuola dell’Infanzia “Santa Croce” tiene conto dei documenti del Magistero della Chiesa, della Costituzione Italiana (art. 2, 3, 4, 21, 33, 34), delle Indicazioni Nazionali per il Curricolo Settembre 2012 e di tutta la normativa scolastica, ministeriale e regionale, che riguarda la scuola dell’infanzia. L’insegnamento della religione rappresenta un aspetto ed un mezzo specifico che si colloca all’interno di una proposta educativa più ampia, che deve avere una sua originalità ed un suo taglio particolare proprio in vista della finalità generale assegnata alla scuola cattolica. La scuola è parrocchiale. La Comunità parrocchiale “Santa Croce” vede nella Scuola uno dei principali mezzi di formazione umana, culturale e religiosa e ritiene l’azione educativa una valida collaborazione alla costruzione di una società più giusta e solidale. L’obiettivo da perseguire costantemente è quello di “dar vita ad un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità”. (Concilio Vat. II, Gravissimum Educationis, 8) In questa luce la corresponsabilità tra genitori e insegnanti, il patto formativo può favorire la trasformazione della scuola in comunità preposta all’educazione delle nuove generazioni. La Scuola persegue le finalità di consolidare nei bambini l’identità cioè Vivere serenamente tutte le dimensioni del proprio io; di sviluppare l’autonomia quindi avere fiducia in sé e fidarsi degli altri; di acquisire competenze di relazione al mondo: giocare, muoversi, manipolare, curiosare, domandare; di relazione agli altri: vivere le prime esperienze di cittadinanza. Scoprire l’altro da sé. Attribuire progressiva importanza agli altri, ai loro bisogni. Persegue le proprie finalità attraverso l’organizzazione di un ambiente, di vita, di relazioni, di apprendimento e di qualità, garantito dalla professionalità degli operatori e dal dialogo sociale ed educativo con le famiglie e con la comunità parrocchiale e civile. I bambini sono il nostro futuro e ragione profonda per conservare e migliorare la vita comune, sul nostro pianeta; sono espressione di un mondo complesso e inesauribile, di energie, potenzialità, sorprese e anche di fragilità che vanno conosciute, osservate, accompagnate con cura, studio, responsabilità e attesa; sono portatori di speciali e inalienabili diritti. La Scuola ha un’attenzione particolare per la famiglia, offrendo ascolto, confronto su temi educativi e didattici. In particolare offe ai genitori l’opportunità di incontrare esperti nelle scienze umane proponendo temi vitali per la crescita del bambino/a. Secondo la tradizione specifica di questa scuola dell’infanzia, la nostra comunità educante favorisce rapporti interpersonali tra Scuola, genitori e bambini, per accompagnare, sostenere la famiglia nel difficile compito educativo. Nella scuola operano docenti ed operatori motivati, attenti alle specificità dei bambini e dei gruppi di cui si prendono cura, sono un indispensabile fattore di qualità per la costruzione di un ambiente educativo, sicuro, accogliente, ben organizzato, capace di suscitare la fiducia dei genitori e della comunità. Lo stile educativo dei docenti della scuola dell’infanzia “Santa Croce” si ispira a criteri di: ascolto, - accompagnamento,- interazione partecipata, - mediazione comunicativa, con una continua capacità di osservazione del bambino, di presa in carico del suo “mondo”, di lettura delle sue scoperte, di sostegno e di incoraggiamento all’evoluzione dei suoi apprendimenti. La professionalità docente si arricchisce attraverso: * il lavoro collaborativo, * la formazione continua in servizio, * la riflessione sulla pratica didattica, * il rapporto adulto con i saperi e la cultura. Si cerca di costruire una comunità professionale ricca di relazioni, orientata all’innovazione è stimolata dalla leadership educativa e dalla presenza di forme di coordinamento pedagogico. Daniela Da Genitori e per i figli siamo in parrocchia Quando ci siamo sposati, nell’ormai lontano 2005, abbiamo scelto di vivere a Passo Corese, un centro a noi non molto familiare, perché provenienti da due paesi diversi, dopo un periodo di vita trascorsa in città, ma “comodo”, perché ci permetteva di raggiungere facilmente il posto di lavoro e nello stesso tempo di vivere la bellezza di un paese più a dimensione umana. All’inizio conoscevamo poche persone, ma avevamo, dentro di noi, forte la consapevolezza che facevamo parte della grande famiglia della chiesa che ci avrebbe accolti anche in questo nuovo ambiente. Ci siamo recati in parrocchia e lì abbiamo incontrato Don Domenico, un parroco veramente speciale, che ha saputo raccogliere le nostre aspettative e ci ha presentato un luogo accogliente dove condividere le speranze e la gioia di una vera famiglia. Don Domenico ci ha invitato, insieme ad altre giovani coppie, a frequentare la “lectio divina”, è stata quella l’occasione di conoscere altre persone e iniziare un bel rapporto di amicizia che ancora oggi continua. Successivamente per molti di noi è arrivato il grande dono dei figli e così si è presentata la scelta della scuola materna dove iscrivere i nostri figli. Sapendo che la comunità parrocchiale che ci aveva accolti e della quale oramai ci sentivamo parte, aveva una scuola dell’infanzia, ci è sembrato naturale iscrivere lì i nostri bimbi. Con il tempo ci siamo resi conto che questa era una nuova opportunità di crescita, non solo per i bimbi, ma per l’intera famiglia. E’ stato bello vedere i bambini pregare la mattina tenendosi per mano davanti la statua della nostra mamma celeste Maria e ben presto conoscere le preghiere che la chiesa recita ogni giorno. Io per esempio non avevo mai imparato a memoria la preghiera del mattino ed è stato il mio bimbo Filippo ad insegnarmela! Cominciare in questo modo la giornata ci ha fatto capire che Gesù è una presenza costante e il punto centrale nella vita delle nostre famiglie. Le varie attività scolastiche che si sono svolte durante l’anno ci hanno permesso di condividere con le altre famiglie momenti molto belli come il Natale: è stato emozionante vedere i nostri bambini interpretare i personaggi del presepe e ricordare insieme a loro che questa festa celebra innanzitutto la nascita di Gesù. Ci sono stati inoltre altri momenti d’incontro, di condivisione, che ci hanno permesso di conoscerci meglio, di renderci conto che non siamo soli ma che un Dio Padre ci vuole bene e ci accoglie sempre nella sua casa. E mentre i nostri bambini crescevano e imparavano cose nuove, noi siamo cresciuti insieme a loro e alle altre famiglie con le quali ancora oggi cerchiamo di vivere una comunità più umana, più vicina alle persone. Tutte queste opportunità che ci ha dato la scuola dell’infanzia “Santa Croce”, con Don Domenico pensiamo siano una ricchezza per l’intera comunità parrocchiale e quest’anno che la nostra piccolina Caterina deve iniziare la scuola materna la scelta è stata naturale. Pensiamo che questa scuola sia un dono del Signore e quindi è importante l’impegno di tutti nel farla crescere sempre di più perché nuove famiglie possano sentirsi membri di una più grande famiglia che è la Parrocchia, un luogo accogliente, sano, vero dove il Padre buono si fa incontro a tutti quelli che lo cercano e i fratelli che stanno dentro sono pronti a far festa per il ritorno di ognuno. Monica e Giovanni Nell’interesse dei bambini Voglio far seguito al mio primo articolo sulla diffusione di materiale gender per l’educazione scolastica finalizzato alla programmazione di educazione sessuale gender (quella ideologia che propugna non esserci affatto differenza di genere, ma legittima e proponibile scelta di generi: maschile, femminile, gay, lesbo, trans perfettamente alla pari, con garanzie, vincoli e diritti uguali di fronte alla società, ai fini di matrimoni, adozioni ecc…) Il Sottosegretario del Ministero dell’Istruzione Cecilia Guerra, ha affermato che non è «accettabile che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Ministero dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università». Posizione sostenuta anche dal Sottosegretario Gabriele Toccafondi. Io stessa ho potuto leggere, gli opuscoli affermano che «i tratti caratteriali, sociali e culturali, come il grado di religiosità, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo», e che «appare evidente come maggiore risulta il grado di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba». E' chiaro che queste persone non abbiano mai conosciuto la Chiesa come Madre affettuosa, che accoglie tutti, né sappiano che il messaggio fondante del Vangelo è l'Amore, persino verso il nemico. Risulta difficile credere che il Ministero non sapesse nulla, ma già il fatto che abbia preso le distanze ufficialmente da quanto sta accadendo è un passo avanti, nell'interesse dei bambini. Sì, perché il problema è proprio questo: quale è realmente la priorità di questi opuscoli? Quali possono essere le conseguenze sociali di un indottrinamento LGBT su vasta scala dei bambini? A questo proposito, spero di poter proporre presto l'intervista allo psicologo infantile Marco Scicchitano, che collabora con la Manif Pour Tous. Per il momento, per rispondere a queste domande, vi riporto le parole scritte in una dolcissima lettera da un ragazzo gay, figlio di un padre single gay, che lo ha adottato. Manuel ha sempre creduto di detestare suo padre, perché lo ha cresciuto nell'ossessione che non fosse eterosessuale, quindi secondo tutti gli stereotipi “da maschio” del caso; ha creduto di essere un figlio sbagliato e se ne faceva una colpa. Suo padre gli ha insegnato che un genitore è chi ti ama, che è falso sostenere che un bambino ha bisogno di una mamma e che quello che conta è l’amore e non il sesso del genitore. Manuel afferma, però, che il punto non è se una persona, etero o gay, possa o meno essere un bravo genitore, perché non esiste il bravo genitore, ma che il bambino possa capire chi è lui/lei in rapporto al mondo. Poi Manuel scrive «Il bambino apprende soprattutto dall’osservazione delle relazioni e dei rapporti che accadono intorno a lui. Nella famiglia, col papà e con la mamma, impara tutto ciò di cui avrà bisogno nella vita, è un laboratorio, un specchio della vita. La mancanza di un papà o di una mamma è un’eccezione. La stragrande maggioranza delle volte il figlio sopravvive ai genitori e quando ciò non accade (per morte o separazione) il bambino ne soffre e cercherà di adattarsi alla mancanza di un padre, di una madre o di entrambi i genitori. Sostenere che per un bambino avere un padre o non averlo, avere una madre o non averla sono la stessa cosa significa che c’è qualcosa dietro, di diverso dal bene ultimo del bambino. Significa che viene anteposto qualcos’altro allo sviluppo psichico più facile e adatto al bambino. Costringere il bambino ad adattarsi a causa del desiderio di paternità o maternità di un adulto io non lo chiamo amore. Per questi motivi oggi mi sento impegnato, con tutti i miei limiti, in una battaglia di verità al fianco di tante persone che ho conosciuto in questi mesi: omosessuali, eterosessuali, religiosi o atei. La battaglia contro l’ideologia del gender, contro i matrimoni gay e per la difesa del diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre. Oggi amo mio padre perché ho capito che anche lui è caduto nella trappola Lgbt, che ci vorrebbe tutti identici a spese dei più deboli, noi figli. Chiara Tutto parte da una seria analisi … anche l’evangelizzazione Non bisogna essere degli esperti per capire che la realtà sociale di Passo Corese, come quella di tanti altri paesi dell’hinterland romano , presenta variate sfaccettature . Passo Corese è un’ insediamento urbano densamente popolato, quello con il più alto Tasso di Natalità, con l'età media più bassa e con la più alta percentuale di coniugati (51,3%) nella Provincia di Rieti. Il territorio di Passo Corese, all'interno della Provincia di Rieti, data la sua posizione geografica, appare come luogo di un rapido e spesso caotico incremento demografico che contrasta con episodi di spopolamento presenti in altre zone della provincia. Il tasso di immigrazione italiana e straniera rispetto ai comuni confinanti è in costante aumento negli ultimi anni e la popolazione dei residenti stranieri si attesta sul 13,5. Accanto a questi dati statistici emerge una realtà economica che, da una parte vede una buona percentuale di abitanti, specialmente gli autoctoni, che non sembra avere problemi economici, ma che dall’altra, è sicuramente affiancata da un consistente numero di famiglie che vede costretti entrambi i genitori a lavorare, per poter dare una vita dignitosa ai figli, con la conseguente problematica di dove e a chi affidare i figli durante il periodo in cui loro lavorano . Tale situazione socio-economica ha richiesto e richiede una risposta da parte degli enti pubblici, in termini di interventi di politiche a sostegno della famiglia e di offerta di servizi sociali quali: scuole materne, asili nido, ecc., che non sempre tali enti sono riusciti a soddisfare in modo da coprire la totalità della domanda. La Parrocchia, che non si sente estranea di fronte a tali realtà, per rispondere a questa situazione ed alle numerose richieste di sostegno che le pervenivano da parte di nuclei famigliari che, per svariati motivi, purtroppo erano esclusi dall’offerta pubblica ha, da anni e con lungimiranza, pensato ad offrire una qualche risposta a questa problematica, come a tanta altre, con la realizzazione di un asilo nido che potesse assicurare la presenza di una struttura a cui potersi rivolgere ed a cui affidare i propri figli, con la certezza che essi ricevano una educazione che, basata su sani principi religiosi e sociali, possa essere di aiuto ad alla loro crescita umana e sociale. A questo punto metterei alcuni dati sui numeri degli alunni, sulle gratuità e sui servizi particolari resi( orari ecc.) io non li conosco. Questa è una delle tante realtà che la parrocchia in questi anni ha fatto nascere e che si sono sviluppate grazie all’impegno personale di tante persone che, in uno spirito evangelico di servizio, si sono prodigate affinchè alcuni bisogni potessero trovare una qualche soluzione. Francesco Filosa Il Maestro Udroiu è ancora tra noi con la sua Nikopèa Intensa è stata l'emozione quando per la prima volta sono entrata nella scuola d'arte Nikopeia. Ho sempre ammirato ed apprezzato l'arte come forma di libera espressione e l'arte sacra, in particolare, era quella che più mi affascinava, ma le esigenze e gli impegni quotidiani non mi hanno mai permesso, se non con letture, di avvicinarmi concretamente al mondo artistico vero e proprio, fatto di colori, pennelli forme e tecniche. La bella sorpresa è stata quando, qui a Passo Corese, come per incanto, sono stata informata dell'esistenza di una fucina d'arte autentica, con tanto di maestro iconografo bizantino, quello che cercavo io. Ho preso coraggio e sono andata, io insegnante mi sono trovata alunna gomito a gomito con alcuni dei miei allievi della scuola media. All'inizio ero imbarazzata ed un po' preoccupata, le tante icone appese alle pareti della scuolalaboratorio, il carminio delle loro vesti, l'oro dei fondi, la porpora dei veli sprigionavano compostezza e profonda spiritualità. Poi giorno dopo giorno ho iniziato a prendere sempre più confidenza con quel mondo, scoprendo il fascino e la sacralità di quelle icone, apprezzando tutto il lavoro e l’impegno che si celano dietro a ciascuna di esse. Il tutto però è stato possibile grazie al Maestro Constantin Udroiu, che mi ha insegnato non solo la tecnica ma, soprattutto, mi ha trasmesso la passione per questa arte così importante. Il maestro Udroiu è stato, non solo per me ma per tutti noi suoi allievi, un’opportunità unica che ci ha permesso di crescere confrontandoci con una realtà complessa e al tempo stesso affascinante come quella dell’arte sacra. Inoltre la scuola ci ha dato anche l’opportunità di conoscere molte altre forme di arte nelle quali ognuno di noi ha potuto sperimentarsi e misurarsi, trovando la forma migliore per esprimere le nostre emozioni e la nostra fede. “L’arte è la rete fatale che coglie al volo, come misteriose farfalle, i momenti strani sfuggiti all’innocenza e alla distrazione degli uomini ordinari”, tante volte ho letto questa frase di De Chirico ma solo ora ne ho capito davvero il senso perché lui, il Maestro Udroiu, non era affatto un uomo ordinario. Vilma Melillo Grazie, Maestro! Ebbi la ventura o meglio la grazia di conoscere il maestro Constantin ad una mostra patrocinata dal Comune di Fara in Sabina a Passo Corese. Mi affrettai a prendere contatti per la prima mostra da fare nella nostra parrocchia… da lì cominciò la nostra diuturna frequentazione, sempre intensa sia per il numero di incontri sia per la qualità e la profondità. A seguire non è passato un evento o una solennità importante senza che il maestro Udroiu, Senatore dell’Accademia di Romania non desse ai nostri incontri diocesani o parrocchiali una veste preziosa ed un tono contemplativo con la sua arte. Non dimenticherò le tante e tante visite fatte da me nel suo piccolo e preziosissimo eremo-atelier di Monterotondo. Fu lì, in occasione dell’anno santo Mariano indetto dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II, che gli espressi il desiderio di realizzare una iconostasi sui misteri del Rosario nella nostra chiesa di Santa Croce. Fu ben felice di poter realizzare un opera per la nostra parrocchia e mi disse che già da tempo stava coltivando l’idea, insieme con la sua amatissima sposa, la prof.ssa Luisa, di trasferirsi a Passo Corese. La mia gioia e la mia gratitudine crebbe nel momento in cui vennero nella nostra comunità davvero e mi disse che aveva eretto a sede ufficiale della scuola Nikopèa il Centro di Santa Maria Nova, dove avrebbe realizzato con la sua scuola diverse opere dentro ed intorno alla chiesetta che amava. Nutro la grande speranza che tutti i suoi sogni sulla prosecuzione della sua arte qui da noi si avverino. Don domenico