LA SCRITTURA DOPPIA A SCACCHIERA
Dispensa a cura del Prof. Stefano Coronella ad uso esclusivo degli studenti
1.
Considerazioni preliminari.
La pregevole intuizione della partita doppia a forma di scacchiera si deve a Giovanni Rossi,
illustre logismografo, forse addirittura il migliore fra i logismografi.
Peraltro, egli giunse alla completa formulazione della teoria del mastro a scacchiera in partita
doppia quasi per caso: mentre stava studiando il determinante algebrico o simbolico (ovvero le
diverse permutazioni possibili tra conto e conto in partita doppia, compreso sé stesso) ed il relativo
determinante geometrico o grafico (ovvero la forma espositiva di tali permutazioni) si accorse che
quest’ultimo altro non era che una forma speciale di mastro a partita doppia.
Tale innovativo ritrovato si applica, in particolare, al libro mastro, consentendo di ottenere un
mastro sintetico e di agevole riscontro.
Il mastro a scacchiera si fonda sulla teorica matematica, che in seguito il Rossi sviluppò
diffusamente.
La scrittura doppia a forma scacchiera fu per la prima volta esposta dal Rossi in due conferenze
tenute presso il Collegio dei Ragionieri di Roma.
Successivamente l’autore realizzò un volume espressamente dedicato a questa tematica (1).
Benché l’opera sulla scrittura doppia a forma di scacchiera abbia avuto scarsissima diffusione (2),
tale innovativo ed interessante metodologia applicativa della partita doppia non passò inosservata,
anzi suscitò, già all’epoca, particolare interesse in ambito scientifico.
A questo proposito si rileva che la partita doppia «a scacchiera» fu l’argomento prescelto per la Tesi
di Diploma discussa da un certo Dionigi Biancardi, che tuttavia non è l’autore del «metodo dei
rendiconti a duplice tipo di analisi» di cui abbiamo trattato nel capitolo precedente, ma un omonimo.
Egli presentò il suo lavoro il 14 luglio 1894 presso la Scuola Superiore di applicazione di Studi
Commerciali in Genova e tale fu l’accoglienza da parte della commissione, che il Consiglio
Direttivo della Scuola deliberò di pubblicarla a proprie spese (3).
In questa tesi il Biancardi ricorda come «Il bel libro del Prof. Giovanni Rossi, intitolato ‘Lo
scacchiere anglo-normanno e la scrittura doppia a forma di scacchiera’ non ebbe […] fortuna
corrispondente alla importanza ed al merito intrinseco del lavoro».
Invero, aggiunge che «Come strumento di indagine e di dimostrazione, la scacchiera è usata,
con risultati bellissimi, dal Prof. Gagliardi nelle sue lezioni di Ragioneria Generale alla R. Scuola
Superiore di Commercio in Genova […] ma, sotto l’aspetto pratico, gli studi con tanta dottrina
(1) Cfr. ROSSI GIOVANNI, Lo scacchiere anglo-normanno e la scrittura doppia a forma di scacchiera, Tipografia
Eredi Botta, Roma, 1889.
(2) La monografia del 1889 ebbe una scarsissima diffusione in quanto venne pubblicata con il contributo del
Collegio dei Ragionieri di Roma (rappresentò il primo numero della «Biblioteca del Collegio dei Ragionieri di Roma»),
stampata in pochissime copie da consegnarsi ai soli associati e posta fuori commercio.
(3) Cfr. BIANCARDI DIONIGI, La scrittura in partita doppia a forma di scacchiera considerata nelle sue pratiche
applicazioni. Tesi presentata agli Esami di Diploma nella R. Scuola Superiore di Applicazione di Studi Commerciali in
Genova il 14 luglio 1894, Tipografia Monteverde, Genova, 1894.
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iniziati dal comm. Rossi, rimasero […] senza continuatori» (4).
Ciò posto, nel prosieguo si illustra, succintamente, il principio di funzionamento di questa
interessante e peculiare applicazione della partita doppia al libro mastro.
Il Rossi prevede anche l’applicazione della scacchiera al libro giornale (5), ma questa speciale
forma espositiva mal si presta per tale registro. È infatti senz’altro più congeniale affiancare al mastro
a scacchiera un libro giornale di forma tradizionale contenente il numero di riferimento agli scacchi
del libro mastro, in modo da poter concatenare fra loro questi due registri (6).
2.
Il principio di funzionamento.
Il principio di fondo del congegno scritturale del Rossi si basa sulla logica matriciale: il libro
mastro della scrittura doppia viene quindi ad essere rappresentato come un quadrato i cui lati – il
dare è espresso in orizzontale e l’avere in verticale (7) – sono divisi in tante parti uguali quanti sono
i conti accesi. Da ognuna di queste divisioni partono delle righe parallele che finiscono così per
intersecarsi fino a dar luogo ad una vera e propria scacchiera.
Ipotizzando, per semplicità di avere movimentato solo cinque conti (A, B, C, D, E), il mastro a
scacchiera che si ottiene assume la seguente veste grafica:
avere

dare
A
B
C
D
E

A
A
B
B
C
C
D
D
E
E

A
B
C
D
E
dare

avere
(4) BIANCARDI DIONIGI, La scrittura in partita doppia a forma di scacchiera…, op. cit., pagg. 5-6. Peraltro, il Prof.
Gagliardi, ricordato dal Biancardi, pubblicò anch’egli, nello stesso anno, un lavoro su tale forma di partita doppia: cfr.
GAGLIARDI ENRICO, La rappresentazione a scacchiera della teorica delle scritture a partita doppia, Tipografia Fratelli
Pagano, Genova, 1894. Sul mastro a scacchiera si è soffermato anche: BRUNELLI DOMENICO, La scrittura doppia a
scacchiera con una applicazione alla contabilità di un forno rurale, Tipografia Forense, Genova, 1890. Tuttavia, gli
autori – non molti in realtà – che successivamente si dedicarono all’argomento, lo fecero prevalentemente con finalità
teoriche, salvo il Fiori, che conseguì però scarsi risultati. In merito si vedano le successive considerazioni critiche.
(5) Cfr. ROSSI GIOVANNI, Lo scacchiere anglo-normanno…, op. cit., pag. 50 e segg. e la tavola VIII a pag. 122123.
(6) Cfr. BIANCARDI DIONIGI, La scrittura in partita doppia a forma di scacchiera…, op. cit., pag. 21 e segg..
(7) Si è preso l’avere in verticale e il dare in orizzontale, ma si può, ovviamente, impostare il mastro anche in senso
contrario (l’orizzontale per l’avere e il verticale per il dare).
2
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In questo esempio, il mastro a scacchiera è diviso in venticinque scacchi (5 X 5). Le serie di
scacchi che vanno da sinistra a destra sulla stessa riga (da A ad A, da B a B, ecc.) si dicono righe di
scacchi, mentre le serie che vanno dal basso in alto sulla stessa colonna (da A ad A, da B a B, ecc.)
si dicono colonne di scacchi.
Affinché il meccanismo funzioni, occorre assumere una convenzione: gli scacchi presenti in
una colonna rappresentano l’avere del conto che è indicato in testa alla colonna stessa, mentre gli
scacchi che sono in una linea rappresentano il dare del conto che è indicato in testa alla linea stessa.
Se, quindi, inseriamo i seguenti valori:
avere

A
B
C
D
E
A
A
B
dare
15
C
10
D
20
B
C
30
dare
D
E


E
A
B
C
D
E

avere
ne consegue che 10 è in dare del conto «C» e in avere del conto «B», 30 è in dare del conto
«D» e in avere del conto «D» e così via.
In questo modo, un conto viene ad essere rappresentato semplicemente da una riga e da una
colonna (8).
Nel nostro esempio, il conto «D» è rappresentato come nel disegno che segue:
(8) I singoli quadretti in cui è suddivisa la scacchiera identificano invece, al contempo, il dare di un conto e l’avere
di un altro conto, fatta esclusione per quelli lungo la diagonale che corre da «» a «» e che, come vedremo fra breve,
esprimono valori che si compensano.
3
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D
15
D
20
30
dare
avere
Il dare viene pertanto ad essere uguale a 50 (20+30), mentre l’avere è pari a 45 (15+30).
Inoltre, le somme che si trovano sui quadrati della diagonale - (la zona grigia della figura
seguente) indicano le somme che sono sia in dare che in avere di uno stesso conto, e che quindi si
compensano, esattamente come nel caso della somma 30 che è in dare e in avere del conto «D».
avere

A
B
C
D
E
A
A
B
dare
15
C
10
D
20
B
C
30
dare
D
E


E
A
B
C
D
E

avere
In questa peculiare tipologia di mastro, può annotarsi qualsiasi tipo di operazione, sia che dia
4
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origine ad articoli semplici, composti o complessi (9).
Ovviamente, il numero delle righe e delle colonne, quindi degli scacchi, sarà destinato ad
aumentare notevolmente per poter contenere tutti i conti aperti.
Ai nostri fini, tuttavia, come esempio si può prendere un numero limitato di conti.
Un articolo semplice, che nel libro giornale si contabilizza come:
«D»
a
«B»
20
viene registrato nel mastro a scacchiera come segue:
avere
A
dare
B
C
D
E
A
A
B
B
C
C
D
20
dare
D
E
E
A
B
C
D
E
avere
Un articolo di giornale composto del tipo:
«B»
a
Diversi
«C»
«D»
55
25
30
nel mastro a scacchiera assume la seguente configurazione:
(9) Si ricorda che un articolo «semplice» prevede un solo movimento in dare ed un solo movimento in avere. Un
articolo «composto» prevede invece un solo movimento in dare e due o più movimenti in avere (o viceversa). Un
articolo complesso, infine, prevede due o più movimenti in dare e due o più movimenti in avere.
5
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avere
A
B
C
D
E
A
A
B
dare
25
30
B
C
C
D
D
E
E
A
B
C
D
dare
E
avere
Il caso più complicato è ovviamente rappresentato dalla rilevazione di un articolo complesso. In
questa circostanza, la registrazione a mastro può comunque essere operata in tanti modi differenti,
anche se un po’ complicati. Di seguito illustriamo uno dei più semplici.
Ad esempio, il seguente articolo complesso a libro giornale:
Diversi
«A»
«C»
«D»
a
Diversi
90
20
30
40
55
35
«B»
«E»
comporta anzitutto il seguente riporto «provvisorio» nel mastro a scacchiera:
avere
A
B
C
D
E
A
20
B
dare
C
30
D
40
E
55
35
avere
6
dare
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A questo punto occorre comporre la colonna «E» con tre scacchi la cui somma dia 35 e la
colonna «B» con la differenza fra la colonna «E» e la colonna esterna 20, 30, 40.
Ipotizzando che gli importi della colonna «E» siano pari a 16+12+7, la colonna «B» sarà uguale
al residuo così calcolato:
Residuo
+ 20
- 16
+ 4
+30
- 12
+ 18
+ 40
- 7
+ 33
Dal che la seguente iscrizione:
avere
A
A
B
C
D
E
4
16
20
C
18
12
30
D
33
7
40
55
35
B
dare
dare
E
avere
I numeri fuori del quadrato (quelli «provvisori», evidenziati in grigio) non devono essere presi
in considerazione: solo quelli all’interno del quadrante sono infatti deputati alla registrazione
dell’operazione complessa.
Per meglio chiarire i concetti sopra esposti, ipotizziamo ora un caso concreto, applicando il
sistema patrimoniale, com’era in voga sul finire del XIX secolo (10).
Peraltro, data l’estrema peculiarità grafica del mastro a scacchiera, ci è sembrato opportuno
proporre un esempio più strutturato rispetto a quelli delle altre applicazioni contabili.
Ciò, lo vedremo, ci consentirà di illustrare meglio anche il meccanismo di chiusura dei conti,
del tutto peculiare.
Viene costituita un’azienda individuale con un capitale pari a 100 mediante apporto in contanti.
Nel mastro a scacchiera occorrerà, rispettivamente, addebitare la Cassa e accreditare il conto acceso
al Capitale per 100.
(10) Nella presente esemplificazione si è adottata un’impostazione di tipo «patrimoniale», ovvero, si è applicato al
metodo della partita doppia tenuta sotto forma di scacchiera il sistema patrimoniale. Il principio di funzionamento della
scacchiera, comunque, non cambia assolutamente impiegando un’impostazione diversa.
7
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avere
Capitale
Cassa
Debitori
(crediti)
Merci
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
100
Merci
dare
Debitori
(crediti)
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
avere
Vengono poi acquistate merci in contanti per 80, il che comporta un accreditamento del conto
cassa contro un addebitamento del conto merci per il medesimo importo.
avere
Capitale
Cassa
Debitori
(crediti)
Merci
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
Merci
100
80
dare
Debitori
(crediti)
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
avere
Successivamente si vende a credito metà delle merci acquistate (40) realizzando 70, quindi con
un utile sulla vendita pari a 30.
Ciò comporta, a fronte dell’addebito del conto «Debitori», il contemporaneo accredito del conto
«Merci» di 40 e del conto «Utili e perdite» per 30.
La rappresentazione grafica è la seguente.
8
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avere
Capitale
Cassa
Debitori
(crediti)
Merci
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
100
Merci
80
Debitori
(crediti)
dare
40
30
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
avere
Dopodiché, si procede a vendere in contanti un quarto delle merci acquistate (20) per un
importo pari a 15, quindi subendo una perdita di 5.
In questo caso all’accredito del conto «Merci» per 20 corrisponde un contemporaneo addebito
del conto «Cassa» per 15 e del conto «Utili e perdite» per 5.
Graficamente:
avere
Capitale
Cassa
Debitori
(crediti)
Merci
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
Merci
Debitori
(crediti)
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
100
15
80
dare
40
30
5
avere
Procedo quindi ad incassare integralmente il mio credito di 50.
Addebiterò pertanto il conto «Cassa», accreditando contemporaneamente il conto «Debitori»
9
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per 50.
Rappresentando graficamente l’articolo avrò:
avere
Capitale
Cassa
Merci
Debitori
(crediti)
15
50
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
100
Merci
80
Debitori
(crediti)
dare
40
30
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
5
avere
Infine, si pagano spese diverse per 12.
In questo caso si accrediterà il conto «Cassa» e si addebiterà contemporaneamente il conto
denominato «Utili e perdite».
avere
Capitale
Cassa
Merci
Debitori
(crediti)
15
50
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
Merci
100
80
Debitori
(crediti)
dare
40
30
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
12
5
avere
Ora, supponendo di non avere altre operazioni (11), procediamo alla chiusura dei conti.
Si dovrà anzitutto procedere a sommare in orizzontale tutte le linee dare e in verticale tutte le
colonne avere, come segue:
(11) Nella presente esemplificazione esuliamo dalle scritture di assestamento, che non presentano difficoltà alcuna,
salvo la necessità di aprire ulteriori righe e colonne espressamente dedicate ai conti tipici delle scritture di fine esercizio.
10
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avere
Capitale
Cassa
Merci
Debitori
(crediti)
15
50
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
100
Merci
165
80
Debitori
(crediti)
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
80
40
100
12
5
92
60
30
dare
70
17
50
30
avere
La somma di tutti i dare e di tutti gli avere deve, ovviamente, corrispondere (12). I relativi totali
saranno inseriti nel quadrante in basso a destra che, conterrà, appunto, i totali delle righe e delle
colonne.
avere
Capitale
Cassa
Merci
Debitori
(crediti)
15
50
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
100
Merci
165
80
Debitori
(crediti)
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
80
40
100
12
5
92
60
30
dare
70
17
50
30
332
avere
(12) Questa è anche l’unica forma di riscontro e di verifica degli errori delle registrazioni. I classici errori di
«trasporto» tipici della partita doppia tradizionale non possono infatti avvenire con il mastro a scacchiera. Invero,
mentre «Nei mastri e negli svolgimenti ordinari […] l’errore di trasporto può avvenire oltreché per isbaglio di conto, per
collocamento in sezione diversa da quella indicata nel [registro] Cronologico (due dare e due avere, invece di un dare e
di un avere). Nella scacchiera ciò non può avvenire perché la collocazione, unica per la cifra, è doppia nel segno. Si
eliminano insomma tutti quegli errori che il ragioniere sa rinvenire, per poi opportunamente correggerli, mediante il
Bilancio di verificazione». BIANCARDI DIONIGI, La scrittura in partita doppia a forma di scacchiera…, op. cit., pagg.
13-14. Resta solo, ad evidenza, il rischio di riportare una cifra sbagliata o di movimentare il quadretto scorretto. In tal
caso l’errore è «doppio» ed è quindi anche più difficilmente riscontrabile.
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Si osserva, a questo punto, che il conto «Utili e perdite» ha in avere un importo pari a 30 e in
dare un importo pari a 17 (12+5).
Ne consegue un saldo positivo di 13 (30 – 17) che rappresenta, contemporaneamente,
l’incremento subito dal patrimonio aziendale nel periodo di riferimento e il reddito prodotto nel
medesimo.
Esso, pertanto, verrà collocato, a bilanciamento, in dare del conto «Utili e perdite» e in avere
del conto «Capitale».
Risulteranno, di conseguenza, cambiati anche i totali del conto «Utili e perdite» e del conto
«Capitale», rispettivamente per quanto riguarda il dare e l’avere, oltre che il totale generale.
avere
Capitale
Cassa
Merci
Debitori
(crediti)
15
50
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
100
Merci
165
80
Debitori
(crediti)
80
40
30
dare
70
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
13
12
5
113
92
60
30
50
30
345
avere
In questo modo abbiamo proceduto a chiudere i conti «di reddito».
Occorre ora chiudere i conti «di capitale», ovvero i conti di carattere patrimoniale (escluso il
conto «Capitale»). Essi presentano i seguenti saldi.
Conto
Cassa
Merci
Debitori
Totale
Dare
165
80
70
Avere
92
60
50
Saldo
73 (dare)
20 (dare)
20 (dare)
113 (dare)
Si procede quindi ad aprire il conto «Bilancio di chiusura» su cui «giro» i saldi dei conti citati.
Al contempo, si chiude il conto «Capitale» con il con il conto «Bilancio di chiusura» appena
formato, come segue:
12
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Capitale
Cassa
Merci
avere
Debitori Creditori
(crediti) (debiti)
Utili e
perdite
Capitale
Cassa
dare
Bilancio
di chius.
113
100
Merci
15
50
165
80
Debitori
(crediti)
113
80
40
30
dare
70
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
13
Bilancio
di chius.
113
12
5
30
73
20
20
165
80
70
113
30
113
571
avere
Come si nota, e non potrebbe essere altrimenti, mutano anche i rispettivi totali del dare e
dell’avere ed il totale generale (575).
A questo punto, il libro mastro a scacchiera è perfettamente chiuso e bilanciato (13) e presenterà
pertanto la seguente e definitiva configurazione:
Capitale
Cassa
Libro mastro a scacchiera
avere
Debitori Creditori
Merci
(crediti) (debiti)
Utili e Bilancio
perdite di chius.
Capitale
Cassa
dare
113
100
Merci
Debitori
(crediti)
Creditori
(debiti)
Utili e
perdite
Bilancio
di chius.
15
50
165
80
80
40
13
113
113
30
12
5
73
20
20
165
80
70
dare
70
30
113
30
113
571
(13) Per la riapertura dei conti basterà accendere specifici conti (riga e colonna) al bilancio d’apertura e stornare gli
eventuali conti sospesi, analogamente a quanto avviene nella partita doppia tradizionale.
13
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avere
Ad evidenza, si tratta di un semplice esempio, con pochi conti e registrazioni.
Tuttavia, il procedimento di rilevazione e di chiusura dei conti resta il medesimo anche in
presenza di situazioni più complicate.
L’unica differenza risiede nel numero degli scacchi, ovvero delle righe e delle colonne, il quale
è destinato via via ad aumentare con la crescente complessità della gestione aziendale e la maggiore
analiticità dei conti che vengono movimentati.
Per maggiore chiarezza, nonché praticità di rilevazione, alcuni autori che si sono occupati del
mastro a scacchiera, ma stranamente non il Rossi, suggeriscono di dotare ogni casella di un numero
di riconoscimento progressivo (14).
In tal modo, e nell’esempio appena compiuto, il mastro assume la seguente configurazione:
avere
Capitale
Cassa
Merci
Debitori
(Crediti)
Creditori
(Debiti)
Utili e
perdite
1
6
11
16
21
26
2
7
12
17
22
27
3
8
13
18
23
28
Bilancio di
chiusura
Capitale
Cassa
Dare
Merci
dare
Debitori
(Crediti)
4
9
14
19
24
29
Creditori
(Debiti)
5
10
15
20
25
30
Utili e
perdite
5
10
15
20
25
31
Bilancio di
chiusura
avere
3.
Considerazioni critiche.
Come segnalato nelle considerazioni preliminari, la scrittura doppia a forma di scacchiera ha
suscitato l’interesse di alcuni autori, anche se prevalentemente sotto il profilo teorico, piuttosto che
dal punto di vista operativo.
All’atto pratico, tale speciale metodologia di rilevazione presenta infatti una serie di problemi
che tendono a ridurne l’utilità (15).
(14) Cfr., per tutti, BELLINI CLITOFONTE, Trattato elementare teorico-pratico di ragioneria generale, sesta
edizione, Ulrico Hoepli. Editore-Libraio della Real Casa, Milano, 1910, pagg. 398-399. Tale numero progressivo si
inserisce nelle caselle riguardanti le rilevazioni d’esercizio e di chiusura. Non si utilizza invece nelle caselle di riepilogo
(bilancio di chiusura) e dei totali.
(15) Per quanto siamo riusciti ad appurare, l’unica applicazione pratica della contabilità a scacchiera è molto
successiva all’opera del Rossi e, peraltro, non ha neppure avuto vasta eco. Verso la fine degli anni ’30 Alfredo Fiori ha
14
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In primo luogo, il numero dei conti da movimentare deve essere necessariamente molto
limitato.
Infatti, un numero troppo elevato di conti non consentirebbe di gestire in maniera efficiente il
mastro a scacchiera.
In caso contrario, questo assumerebbe dimensioni esagerate e obbligherebbe il redattore a
difficoltosi se non addirittura impraticabili «esercizi» di contabilizzazione, fra l’altro con il rischio
di incorrere in errori nel collocamento dei valori nei rispettivi quadretti.
In secondo luogo, anche il numero delle operazioni dello stesso tipo (ad esempio acquisti in
contanti, vendite a dilazione, ecc.) poste in essere nel periodo di riferimento deve essere circoscritto.
Contrariamente, la gestione delle caselle del mastro diventa difficoltosa, soprattutto a causa
della necessità di scrivere di volta in volta nuovi valori all’interno di uno stesso quadrato. Vero è
che è possibile affiancare ad ogni registrazione un numero di riferimento (per esempio da ricondurre
alla connessa rilevazione al libro giornale), ma se tali registrazioni diventano eccessive, oltre alla
complicazione che ne consegue, si ha anche una perdita di significato dell’obiettivo di fondo del
documento in questione: fornire il quadro completo della situazione aziendale in modo sintetico e in
uno spazio ristretto. L’alternativa potrebbe essere quella di iscrivere in ogni casella il totale della
medesima e di effettuare svolgimenti analitici per ogni singolo conto (16), ma ciò comporta un
notevole appesantimento del lavoro del redattore.
Tali problemi possono dirsi superati solo recentemente, con l’avvento dei computer. Peraltro,
proprio i programmi per PC contenenti fogli di lavoro si basano sulla contabilità matriciale la cui
intuizione – tra l’altro non solo applicabile alle rilevazioni in partita doppia ma a qualsiasi partita ndimensionale – nonché la statuizione dei relativi fondamenti matematici e computistici sono
senz’altro da far risalire a Giovanni Rossi (17).
ripreso il concetto del mastro a scacchiera, ampliandone le funzioni e la portata. Il Fiori, peraltro, partendo proprio dal
mastro a scacchiera come sopra descritto ed affiancandogli un piccolo libro giornale ed una serie di schede per i
sottoconti e le partite dei corrispondenti ha tentato di proporre, in un piccolo opuscolo, una semplice e veloce
applicazione contabile da lui denominata «Contabilità 900». Cfr. FIORI ALFREDO, La contabilità 900, T. Camera, Pavia,
1937. Come egli stesso affermò tentando di divulgare la propria «invenzione,» riferendosi al mastro di Giovanni Rossi:
«[…] è evidente che le caselle della scacchiera non possono contenere che una sola o pochissime cifre. Questa la
ragione per cui essa è stata per tanto tempo relegata – per così dire – in soffitta. Solo con cifre relative non ad una sola
operazione, ma globali, relative cioè ad un dato periodo di tempo (mese, bimestre, trimestre, ..... anno) il Mastro della
scacchiera, diventato, pertanto, sintetico, può esser messo in grado di funzionare». E prosegue evidenziando che il
significato della parola «scacchiera» da lui assunto è usato «[…] in senso ben più ampio di quello col quale l’usava il
Rossi. Questi infatti lo limitava al concetto di ‘Mastro’ in forma di scacchiera. Oggi invece per ‘Scacchiera’ s’intende
un prospetto, che comprende non solo il ‘Mastro sintetico’ testé indicato […] ma serve anche ad altre funzioni». FIORI
ALFREDO, La «Scacchiera» del Rossi resa pratico e potente strumento contabile, in «Rivista Italiana di Ragioneria», n°
3-4, marzo-aprile 1938, pag. 113. In particolare, l’autore si riferisce al fatto di poter utilizzare il mastro a scacchiera
come una vera e propria tabella statistica, i cui dati vengono ad assumere un’importanza contabile nuova. Infatti,
prosegue il Fiori, «[…] mentre nei mastri sinottici di tutte le altre contabilità […] le cifre del Dare e dell’Avere di un
conto non dicono nulla, non avendo che il puro valore aritmetico di addendi di un’addizione, nei conti del Mastro della
Scacchiera esse sono destinate a spiegare e dimostrare il modo come il saldo finale è stato determinato, di quanti e quali
fattori esso è la risultante. Conseguentemente il ‘Mastro sintetico’ costituito da questi ‘conti dimostrativi’ può ben dirsi
un ‘Mastro ragionato’». E, dopo una serie di esemplificazioni afferma che «[…] la scacchiera equivale ad una
illustrazione in cifre di tutta la gestione amministrativa di un’azienda». FIORI ALFREDO, La «Scacchiera» del Rossi…,
op. cit., pagg. 113-114. I vantaggi di tale congegno contabile sono stati ben illustrati anche in una recensione apparsa
sulla Rivista Italiana di Ragioneria (cfr. n° 3, marzo 1937, pag. 91). Eppure, questo apprezzabile sforzo di «recuperare»
tale strumento di registrazione non ha avuto gran seguito. Alcuni anni prima del Fiori, Pasquale Unico aveva con un
proprio articolo evidenziato come la scacchiera del Rossi, benché ormai dimenticata, avesse precorso i tempi e potesse
considerarsi un’antesignana di alcune pratiche contabili successive. In merito si veda: UNICO PASQUALE, Una
esumazione: la scrittura doppia a forma di scacchiera, in «Rivista Italiana di Ragioneria», n° 7-8-9, luglio-agostosettembre 1933, pag. 311 e segg..
(16) Gli eventuali svolgimenti possono essere fatti mediante scacchiere multiple rispetto alla scacchiera principale.
(17) Sul punto cfr. CILLONI ANDREA, La genesi della contabilità matriciale e la «ragioneria scientifica» del secolo
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Dispensa a cura del Prof. Stefano Coronella ad uso esclusivo degli studenti
In terzo luogo, il mastro del Rossi prevede la completa soppressione della parte descrittiva dei
conti, il che conduce ad un’inevitabile sinteticità ed ermeticità del dettaglio delle informazioni
desumibili dal registro stesso.
Inoltre, nell’esemplificazione proposta le rilevazioni erano agevoli in quanto riguardavano solo
scritture «semplici» o, al limite, «composte».
Ma se dovessimo contabilizzare numerose scritture «complesse», la registrazione diventerebbe
decisamente più lunga e difficoltosa.
D’altronde, il mastro a scacchiera presenta indubbi vantaggi, fra i quali devono essere ricordati:
– la speditezza nelle registrazioni (a patto però che i conti movimentati siano pochi) una volta
acquisita la padronanza dello strumento;
– l’eliminazione degli errori «di trasporto» dal giornale al mastro, data la rilevazione di
un’unica collocazione per il valore (benché doppia nel segno) (18);
– l’effettuazione estremamente semplice, dei riscontri di fine esercizio, prima delle
operazioni di chiusura, che si limitano a verificare la corrispondenza delle somme di tutte le
colonne dare e di tutte le colonne avere.
Per tali motivi, questa forma di scrittura doppia si presta solo per le aziende con un numero
ridotto di rilevazioni e di conti movimentati, oppure come strumento (sintetico) di controllo
dell’esattezza delle contabilizzazioni effettuate mediante la scrittura doppia tradizionale, quindi in
maniera analitica.
Ma vi è di più. Il mastro a scacchiera proposto dal Rossi non può rappresentare l’unico
documento contabile aziendale.
Ad esso dovrà essere necessariamente affiancato un libro giornale contenente le scritture
cronologiche (19).
Come ricordato nelle considerazioni preliminari, il Rossi ha tentato di applicare la logica
matriciale anche al giornale, ma con scarso successo.
La soluzione migliore è quindi quella di utilizzare un giornale tradizionale di tipo descrittivo: in
tal modo si riesce anche a compensare l’estrema sinteticità delle scritture sistematiche contenute nel
mastro a scacchiera con i relativi benefici sulla capacità informativa dell’impianto contabile (20).
Ricordiamo, infine, che il mastro «a scacchiera» rappresenta forse il primo tentativo concreto di
applicazione della teorica matematica, ideata dallo stesso Rossi e da lui compiutamente illustrata
qualche anno più tardi.
decimonono, in «Revista Española de Historia de la Contabilidad», n° 2, 2005, pag. 6. Da questo punto di vista sono da
considerarsi quasi «profetiche» le parole del Bellini, il quale in una successiva edizione della sua opera, più volte citata,
afferma che (si badi, è il 1921): «Forse quando sarà convenientemente applicata la meccanica alla registrazione, la
scrittura doppia a scacchiera diventerà la forma preferita nelle scritture complesse delle banche e di quelle altre grandi
aziende, dove per necessità di cose la registrazione stessa è sempre compendiosa». BELLINI CLITOFONTE, Trattato
elementare teorico-pratico di ragioneria generale, preceduto dalla conferenza Il pensiero e l’opera di Giuseppe
Cerboni, nona edizione, Ulrico Hoepli. Editore Libraio della Real Casa, Milano, 1921, pag. 417.
(18) Ciò è vero in linea di principio. Non sono invece scongiurabili errori grossolani come l’iscrizione di una cifra
sbagliata o il suo inserimento in un quadretto non corretto. In questa circostanza, lo si è rilevato anche in precedenza,
l’errore è «doppio» è quindi risulta più addirittura ancora più difficilmente riscontrabile rispetto alla partita doppia
tradizionale.
(19) Non a caso, anche la poco sopra ricordata applicazione pratica della scacchiera denominata «Contabilità 900»
prevedeva la presenza di un libro giornale (nonché di una serie di schede per i sottoconti).
(20) Cfr. BELLINI CLITOFONTE, Trattato elementare teorico-pratico di ragioneria generale, sesta edizione, op. cit.,
pag. 395, il quale suggerisce di richiamare nel giornale, per ciascun conto movimentato, i numeri progressivi attribuiti
ad ogni singola casella (ovvero ai singoli scacchi) del mastro, per il necessario collegamento fra i due libri.
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la scrittura doppia a scacchiera - Università degli studi di Napoli