Isontino = Friuli Orientale (anche nella cartografia storica) A considerare con sincero distacco, l'attribuzione di un nome molto diverso, rispetto all'originale, ad un popolo autoctono ed al suo territorio - perfino in tempi brevissimi, per motivi politici o militari - appare un fatto paradossale. Pensiamo, ad esempio, agli abitanti dell'Istria, che nel giro di pochi decenni sono stati considerati via via prima austriaci, poi italiani, poi jugoslavi ed ora devono definirsi (o si definiscono) croati o sloveni. Una simile situazione si è verificata pure nel territorio orientale del Friuli, posto maggiormente alla destra dell'Isonzo, dove - per la forza del potere dominante - gli autoctoni sono stati denominati, nel corso di un breve periodo, prima austriaci, poi italiani e giuliani (o più recentemente ‘isontini’), trascurando l'oggettività di essere innanzitutto ‘friulani’, poiché abitanti in un territorio chiaramente simile e contiguo1 al Friuli centrale e com- Lucio Peressi partecipi di un'evidente comunanza linguistico-culturale con i vicini confratelli2. Ritengo che - qualora non vi siano costrittive esigenze di carattere burocratico - dovrebbe essere logico e corretto riferirsi alla denominazione storicogeografica di appartenenza o di collocazione. Ciò se non altro perché essa è un elemento di riferimento stabile e non mutevole come le ricorrenti variazioni politico-amministrative. L'uso improprio di indicare una specifica zona geografica con una instabile e generica denominazione politicoamministrativa (come ad esempio ‘Friuli Venezia Giulia’, ora addirittura senza trattino di distinzione) ingenera incertezza nella individuazione del territorio ed equivoci, che sfociano talvolta nella comicità3. La persistenza di tale pessimo uso non si sa se si debba attribuire più alla superficialità dei comunicatori, alla La continuità geografica del territorio goriziano con quella del Friuli centrale è stata ben descritta anche dal nazionalista Giulio Caprin nel capitolo Il Friuli Austriaco del volumetto Paesaggi e spiriti di confine (Milano, Fratelli Treves, 1915), là dove si annota: «La continuità delle ‘cose’ [per indicare l'ambiente fisico e antropico] è tanto perfetta che il confine per dividerlo in due in qualche punto pare che abbia voluto ridere di se stesso». 2 Un caso analogo si sta verificando anche nel Friuli Occidentale dopo l'istituzione della Provincia di Pordenone. Infatti - da parte di comunicatori dei mass-media - piuttosto spesso, per indicare località della Destra Tagliamento situate anche molto lontane dal capoluogo, viene usata l'espressione ‘del Pordenonese’, come esse si trovassero nell'hinterland. Perfino le vallate alpine del Cellina e del Meduna vengono qualificate ‘vallate pordenonesi’ (sic! Vedi la vignetta sullo «Strolic furlan pal 2006», p. 42). 3 ,Riferisco qui solo due episodi fra i tanti che si potrebbero citare. Un'annunciatrice dell'emittente radiofonica regionale, dopo aver riportato la cronaca del Friuli Centrale, avverte: «... Ed ora dal Friuli passiamo alla Venezia Giulia: a Mariano del Friuli...». Altro episodio ‘radiofonico’ (ma anche giornalistico): «... le stazioni sciistiche del Friuli Venezia Giulia...» ed inoltre: «... le nostre Dolomiti del Friuli Venezia Giulia...». Viene da chiedersi istintivamente in quali località della Venezia Giulia si trovino le stazioni sciistiche e le Dolomiti. 1 25 loro disinformazione, a una forma di campanilismo provinciale o piuttosto ad un pedissequo adeguamento ad un certo andazzo o calcolo politico. Ciò asseconda il piano di alcuni (o tanti?) politici che vogliono una Regione indifferenziata, omologata, immemore del proprio passato, ‘anestesizzata’ e in tal modo resa arrendevole a modifiche dell'assetto amministrativo (ad esempio inizialmente l'aggregazione del Monfalconese alla Provincia di Trieste, che ha bisogno di espandersi), codificando così in seguito il definitivo smembramento del Friuli (vedi D'Aronco 1983, Nazzi 1991 e Strassoldo 2005). Non sto qui a soffermarmi sugli stretti legami di carattere linguistico, etnografico, artistico con il territorio del Friuli Centrale, legami che sono stati descritti nel volume Cultura friulana del Goriziano (vedi Tassin 2003). Qualche studioso ha tenuto (o ci tiene) a sminuire la ‘friulanità’ del territorio, mettendo in luce maggiormente gli apporti ed i condizionamenti culturali e politici del periodo austriaco; ma forse era opportuno precisare che tali ‘contaminazioni’ erano più evi- denti nei centri urbani (e nell'apparato istituzionale) che nella zona agricola, dove la friulanità si palesava nelle strutture abitative4, nei sistemi di vita5 e nella consapevolezza di appartenere alla ‘piccola patria’. Questa coscienza traspariva e traspare ancor oggi (anche in ambienti cittadini) attraverso numerose testimonianze letterarie in italiano ed in friulano nelle descrizioni del proprio ambiente fisico e familiare6. Anche i geografi e i cartografi del passato e dei primi decenni del secolo scorso (fossero italiani o stranieri) avevano la consapevolezza della continuità del territorio friulano, evidente non solo nelle numerose carte geografiche del Friuli (in alcune con analitiche Descriptio)7, ma anche nelle carte ‘politiche’ con la specificazione di ‘Friuli Veneto’ e ‘Friuli Austriaco’8 oppure di ‘Friuli Goriziano ed Udinese’. Non mi soffermo ad esaminare il caso del territorio di Monfalcone, che - avendo esso seguito politicamente le sorti del Friuli Centrale ed Occidentale fino all'epoca napoleonica - è stato considerato ‘Friuli’ non solo nelle carte geografiche e politiche, ma anche nei saggi9 e nelle indicazione segnaletiche (fig. 1)10. Vedi Nice 1940 per la tipologia della ‘casa friulana’. Per una conoscenza di uno dei tre musei etnografici del Goriziano vedi Fain 1993. 6 Basti citare a titolo esemplificativo: per l'800 Federico Comelli che nel suo Almanac “Il me pais” proclama: «Chista nestra patria si clama Friûl», nel primo '900 Dolfo Carrara che scrive la poesia Soi furlan ed in tempi recenti Guido Maghet con le belle pagine El scuvierzimi furlàn. Un'altra prova dell'innato sentirsi friulani è stata dimostrata dalla larga diffusione degli almanacchi o strolics in friulano (vedi Gianni Nazzi, I lunaris dal '800 dal Friûl Orientâl, «Ladinia», VIII (1984), pp. 129-137) e dei catechismi (vedi Ciceri 1969, pp. 273-287). E non è certo di secondaria importanza - per capire la rispondenza che rivestiva la lingua friulana nella popolazione locale del Goriziano - la stampa di manifesti delle autorità austriache con testo in friulano accanto a quello in tedesco, in ungherese e in italiano (vedi Chiurlo 1922, pp. 68-69 e Peressi 1976, pp. 163-164). 7 Vedi ad esempio: la Vera Descrizione del Friuli nella Carta omonima di G. Andrea Valvassore del 1553 in Lago 1998, p. 17. 8 Vedi ad esempio: la scritta trasversale di Friuli su tutto il territorio, anche sulla ‘Contea di Gorizia’ ed inoltre con la specificazione di ‘Friuli Austriaco’ nella carta Li Ducati [...] che compongono Parte del Circolo d'Austria di Giacomo Cantelli del 1686 in LAGO, cit., p. 237. 9 Vedi ad esempio le riproduzioni - pubblicate nel n. 1 del 2009 a p. 72 di questa rivista - delle copertine del Ragguaglio geografico-storico del territorio di Monfalcone nel Friuli di B. Asquini del 1741 e delle Dissertazioni di ogni coltura [...] del Friuli Austriaco di M. Tuzzi del 1777. 10 Vedi ad esempio la foto (g.c.) della stazione di Ronchi (tratta dalla rivista annuale «T. Q.- Tiliaventum Quaderni», n. 3- 2005) che reca la tabella ‘Ronchi Ferr. Friul.’. Anche la progettata ‘trenovia’ diretta Gorizia-Aquileia avrebbe dovuto far parte della ‘rete friulana’ (vedi Comitato Promotore, La trenovia friulana, Proposta di progetto finanziario, Gorizia 1894). 4 5 26 Fig. 1. Stazione ferroviaria di Ronchi durante la Prima Guerra Mondiale con l'interessante Tabella (per g. c. della rivista «T.Q.»). Quanto fin qui scritto serve per presentare tre cartine ‘ufficiali’ che essendo state stampate tra la fine dell'800 ed i primi decenni del ’900 - contribuiscono a rendere più lungo l'elenco delle ‘carte’ del Goriziano con l'intitolazione ‘Friuli’11. La prima (fig. 2), molto nitida, è interessante non solo perché si riferisce esplicitamente al Friuli Austriaco, ma anche perché - essendo promossa da un'istituzione ufficiale (la Camera di Commercio di Gorizia) - rappresenta il progetto di linee tranviarie nella parte pianeggiante per un più intenso interscambio economico-culturale nella zona12. La seconda carta (fig. 3) è intitolata Friuli Orientale (a sud di Caporetto). È stata stampata dalla prestigiosa casa editrice U.T.E.T. di Torino nel 192013 e quindi nell'immediato dopo-guerra. Essa riveste una certa importanza perché dimostra che in quel periodo la denominazione politica ‘Venezia Giulia’ non aveva ancora fatto breccia nella cartografia ufficiale italiana. La terza carta (fig. 4), stampata dalla tipografia C. Capello di Milano per conto dell'editore V. Molesini di Gorizia e pubblicata dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, è significativa non solo per il titolo Friuli Orientale, ma anche per il sottotitolo che indica il Timavo come confine - che Sarebbe interessante tener presenti anche altre cartine ‘non ufficiali’ con tale intitolazione, come quella nell'almanacco - già citato - di F. Comelli Il me pais del 1855 (con i toponimi in friulano!), quella dell'edizione Vallardi del 1865 (pubblicata nel volume di P. Antonini, Il Friuli Orientale, dello stesso anno), quella di P. Meyer del 1910 (pubblicato nel volume di R. Jacumin, Le lotte contadine del Friuli Orientale 1891-1913) e quella di A. Tellini - pure con i toponimi friulani - dei primi anni '30 (pubblicata come allegata ai fascicoli della rivista «Archivi di Leteradure Furlane», n. 1316). A questo breve elenco dovrebbero essere ovviamente aggiunte le numerose carte ‘ufficiali’ che nella presentazione della configurwazione geografica del Friuli tra l'800 e il primo '900 comprendono anche il territorio goriziano (vedi le opere degli esimi geografi G.B. De Gasperi, G. Marinelli, A. Tellini). 12 La carta, di 34x36 cm, è inserita nell'opuscolo Oesterreichisch Friaul. Eine wirtschaftliche Studie. Herausgegeben von der Handels-und Gewerbekammer in Görz, stampato a Graz nel 1888. L'opuscolo è reperibile nella biblioteca della Società Filologica Friulana. 13 La carta, di 29x29 cm, è allegata al volume di A. Brunialti Il Friuli Orientale, della collana “Nuove Province Italiane”, Torino 1920. 11 27 possiamo definire ‘storico’ - del Friuli14. Anche in questo caso è evidente che la denominazione ‘politica’ non si 14 era ancora affermata, perché le regioni non avevano ancora una configurazione istituzionale ben definita15. La carta, formato 41x30 cm, faceva parte del fotolibro Gorizia (dal Rombon al Timavo). L'album, con elegante copertina, reca numerose foto di località del Goriziano e due pagina di ‘Cenni storici’ senza indicazione di autori e di data. La scheda bibliografica fa risalire la stampa agli anni '10, ma le notizie ‘storiche’ ivi contenute inducono a datare con certezza la stampa dopo la fine della guerra. La carta ha costituito un documento di riferimento per l'interessante articolo Il Friul di Jevat. Il confin oriental: storia e memoria di Anna Madriz, pubblicato sul settimanale «Voce Isontina» del 13 settembre 2008. Fig. 2. Particolare della carta con progetto di rete tramviaria del 1888 nel Friuli austriaco (di proprietà S.F.F.). 28 15 Che il confine storico e naturale del Friuli venisse ritenuto il Timavo è attestato non solo dalla cartografia storica riguardante specificatamente il Friuli ma anche da quella relativa ai territori attigui. Fig. 3. Particolare della carta del 1920 (per g. c. della Biblioteca Civica di Udine). 29 Per dimostrare quanto sia ancora viva l'indicazione del Goriziano come Friuli Orientale e quanto invece sia stata inopportuna la continuità a denominare tale territorio come ‘Venezia Giulia’ (attribuzione superata dopo le drastiche riduzioni territoriali conse- 16 guenti all'ultima guerra mondiale), si presentano qui un collage di copertine di recenti libri riguardanti la zona in oggetto16 (fig. 5) e la copertina di un documento ufficiale, un Regio Decreto del 1925, recante appunto l'indicazione di Friuli Orientale (fig. 6). Fig. 4. Particolare della carta "Dal Rombon al Timavo" degli anni '20 (di proprietà). Questa piccola rassegna va confrontata con l'elenco delle opere citate in proposito da G. Nazzi nell'opuscolo del 1991. 30 Fig. 5. Serie di copertine di recenti volumi relativi al Friuli Orientale. 31 Le suddette puntualizzazioni risultano opportune e di attualità in considerazione del fatto che - ora anche da parte di istituzioni - si tende a minimizzare, cioè a ridurre territorialmente il Friuli alla zona udinese attraverso svariati ed incauti colpi di mano17. Fig. 6. Frontespizio di un testo ufficiale del 1925. Si ringraziano per la cortese collaborazione la dott.ssa Marzia Di Donato della Sezione Friuli della Biblioteca Civica di Udine e il dott. Romano Vecchiet direttore della Biblioteca Civica di Udine. Bibliografia Bindo Chiurlo, Manifesti austriaci in friulano durante l'occupazione nemica, «Rivista della Società Filologica Friulana», III (1922), pp. 64-69 e spec. 68-69. Luigi Ciceri, La lingua friulana nelle chiese di Gorizia e del Friuli Orientale, in Luigi Ciceri (a cura di), Guriza, Numero Unico, 46° Congres, 28 setembar 1969, Udine, Società Filologica Friulana, 1969, pp. 273-287. Gianfranco D'Aronco, Friuli: regione mai nata, Udine, Clape culturâl furlane Hermes di Colored, 1983. Gino di Caporiacco, Venezia Giulia: la regione inesistente, Reana del Rojale, Chiandetti, 1978. Daniela Lorena Fain (a cura di), Il museo di documentazione della civiltà contadina di Colmello di Grotta, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 1993. Luciano Lago, Imago Adriae, Trieste, La Mongolfiera, 1998. Roberta Michieli-Giuliano Zelco (a cura di), Venezia Giulia. La regione inventata, Udine, Kappa Vu, 2008. Gianni Nazzi, Defriulanizzazione di Gorizia, Udine, Clape culturâl Acuilee, 1991. Bruno Nice, La casa rurale della Venezia Giulia, Bologna, Zanichelli, 1940. Lucio Peressi, Pe storie dal manifest furlan, «Ce fastu?» LII (1976), pp. 159-170 e spec. 163-164. Raimondo Strassoldo, Friuli: la soluzione finale, Udine, Clape culturâl Acuilee, 2005. Ferruccio Tassin (a cura di), Cultura friulana del Goriziano, 2. ed. aggiornata e ampliata [Gorizia, Istituto di Storia Sociale e Religiosa, 1988], Udine, Forum, 2003. 17 Fra i tanti colpi di mano, quelli che hanno attirato recentemente l'attenzione sono: il primo, l'attribuzione dell'I.G.T. (cioè l'Indicazione Geografica Tipica) ‘Venezia Giulia’, non interpretando correttamente la Legge 164/92, al vino prodotto nella parte centrale del Friuli (ad esempio Bertiolo, San Giorgio della Richinvelda, Spessa di Cividale!) [vedi Roberta Michieli, Il vigneto Venezia Giulia: una storia emblematica, nel volume Venezia Giulia: la Regione inventata, Udine, 2008]; un secondo episodio: la proposta di abolire la dizione ‘della cultura friulana’ nell'intitolazione dell'Auditorium Regionale di Gorizia. A questo proposito il Comitato Direttivo della Società Filologica Friulana il 3 ottobre u. s. ha stilato una mozione (si veda «Sot la Nape» LXII (2010), n. 1, p. 109), che è stata inviata alle autorità competenti al fine di un non accoglimento della proposta. 32