TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 127 Luigi Cattanei già Preside del Liceo Classico Colombo Un fiero avversario di Cavour “Noi non vogliamo appartenere a una Camera che, a detta dei giornali, deve compiere la spoliazione del Santo Padre e deve operare a levargli la sua Roma. Noi non consigliamo nessuno, restringendoci a dire ciò che vogliamo fare noi. E noi non volgiamo essere né eletti, né elettori”. Margotti TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 128 TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 129 Il Tempietto Un fiero avversario di Cavour Luigi Cattanei Biografia di un oppositore trascurato Pur se il lungo governo democristiano ha infittito gli studi sulle posizioni cattoliche nel Risorgimento, rifacendosi ai cattolici-liberali, al non expedit, al Murri, al Giolitti a don Sturzo, ha trascurato (forse per le vicende dei suoi scritti) il più famoso oppositore della politica e stampa cavouriana. Giacomo Margotti (18321887), sanremese, doveva ai prelati della sua famiglia la disponibilità del padre Francesco, presidente del Tribunale di Commercio, ad una carriera ecclesiastica del figlio. Invero gli studi, affidati “per comodità” a tale Carboni (detto “Ribussa”) non l’avrebbero portato lontano, se lo zio canonico Giovanni non l’avesse voluto al collegio civico, ove divideva l’insegnamento con altri sacerdoti. Giacomo (che spesso vestiva già l’abito talare) nel vecchio convento agostiniano fuori città maturò una vocazione religiosa e passò naturaliter al Seminario di Ventimiglia. Durante il cursus studiorum, in un ambiente circoscritto e pettegolo, dove l’insegnamento era improntato a un cattolicesimo severo ma un po’ freddo, si segnalò per studi costanti pur con risvolti critici che mettevano allo scoperto una personalità polemica: la facoltà espressiva si prestava agli scatti, 129 alle punture risentite e frequenti. Colto quanto bastava, non brillò per frequenza, ma nel 1824 era diacono. Accademia di Superga L’anno dopo il vescovo Biale ne intuì doti, carattere e dottrina per indirizzare ulteriori studi a Torino, dove l’Accademia di Superga raccoglieva in congregazione dodici sacerdoti, impegnati appunto in studi superiori di teologia e diritto. Ne erano usciti teologi e prelati di buona fama. Reggeva in quell’anno la congregazione il teologo Guglielmo Audisio; Margotti ebbe dal padre il placet per il trasferimento,ma incontrò il no dell’arcivescovo torinese Luigi Franzoni, il quale esigeva che solo sacerdoti laureati accedessero all’Accademia. Il rifiuto non demoralizzò Margotti; dai gesuiti ventimigliesi trovò l’appoggio necessario per trasferirsi a Genova, in S. Ambrogio presso i loro confratelli che tenevano allora l’Università cittadina. Don Margotti vi bruciò le tappe e toccò la laurea in teologia anche con esami pubblici che esaltavano la preparazione ventimigliese e misero a frutto la permanenza a Genova, determinando sia l’ingresso a pieno titolo nella Congregazione di Superga, sia una maggior autostima, che lo volgeva anche più alla polemica. L’ambiente ne porgeva limitate occasioni, se si tien presente quanto poterono offrire i due soli giornali che vi si leggevano.(1) Alla Torino piuttosto bigotta venivano tardi echi d’oltralpe sui casi dei gesuiti e sulle questioni del potere temporale papale. TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 130 130 Il Tempietto Fortunatamente l’ordinazione sacerdotale di don Margotti (1846) trovò caldi riconoscimenti, feste, congratulazioni e contatti con l’arcivescovo. Era una svolta. Notizie della amnistia concessa da Pio IX e del nuovo corso politico Carloalbertino (dopo il licenziamento del Solaro della Margherita) lo raggiunsero in vacanze a Sanremo; tornò a Superga, ove visse il ’48 e le diverse scelte e opinioni che circolavano sul Gioberti, autore preferito dal Margotti, osservatore assido di uomini ed eventi, fino a vergare un’ode al re proprio mentre emanava la legge sulla stampa… Essa moltiplicò i giornali letti a Superga, stimolo sufficiente a don Margotti, che inviò quattro pezzi polemici al "Giornale degli Operai” e allo "Smascheratore", incorrendo in rimproveri, perfino in minacce: per stampare ancora dovette farlo in Liguria. A Torino aveva a disposizione giornali codini che fece oggetto di critica, tirandosi addosso avversari e censure. C’era quanto bastava per fare ritorno a Sanremo ove il vescovo gli avrebbe affidato la parrocchia di S. Siro; ma Margotti rifiutò, obbedendo alla spinta polemico - giornalistica che aveva conosciuto a Superga. Da giornalista a Direttore della Rivista "l’Armonia" Una nuova occasione venne ben presto, giacché un gruppo di personalità subalpine diede ascolto e sostegno alle insistenze del Can. Audisio, incline a fondare un nuovo giornale cattolico. Il marchese Carlo Emanuele Birago di Vische, Mons. Moreno vescovo d’Ivrea caldeggiavano il gruppo fondatore. Da loro, che lo reputavano vocato al giornalismo, fu chiamato in gioco il Margotti, affinché desse un nome alla testata. Allorché il sacerdote propose La provvidenza non se ne fece nulla, assumendo invece quello di un giornaletto ligure fuso col nuovo foglio: L’Armonia della religione con la Libertà, cui il Margotti fece seguire il motto Fortiter et Suaviter… L’organigramma redazionale, posta la proprietà del Birago, vedeva direttore l’Audisio, primo collaboratore il teologo genovese Fabio Invrea, mentre prestigiosi nel gruppo erano il fratello di Cavour, Gustavo, e il Rosmini, L’esordio si ebbe con la dichiarata ispirazione cattolica e il conformarsi al verbo del papa.(2) Un programma più conservatore di quanto risultò poi “L’Armonia” (che la critica odierna annovera nella costellazione dei giornali pugnaci o cattolico moderati!!)(3) V’è però da tener conto che di così frequenti e combattivi articoli ne fecero una pubblicazione di punta nell’intransigenza. Forse l’aver preso le distanze dai gesuiti (col Rosmini) favorì per qualche tempo l’equivoco in cui incorse “La gazzetta del popolo”. La guerra fu seguita con attenzione “ricordatevi che è in vostra mano la salute della patria, che siete cittadini, che dovete consacrarvi interamente al bene della medesima…Viva Carlo Alberto! Viva Vittorio Emanuele!” TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 131 Il Tempietto Se c’era riprovazione per la legge che sopprimeva le congregazioni religiose, in redazione più ci si dolse per la sconfitta di Custoza, sostenendo un governo Gioberti. La posizione assunta comportava attacchi a Brofferio, a Depretis, Sioto Pintor, Valerio e a quanti si agitavano fra costituzione e repubblica. Margotti continuava a scrivere, di preferenza sullo "Smascheratore” e non tornavano graditi al Gioberti i suoi articoli né taluni opuscoli che sostenevano altra linea dalla stampa cattolica, arrivando a stilare il sacerdote sanremese una ventina di ritratti (dai deputati Balbo, Brofferio, De Castro, Mauro, Sito Pintor, fino a Camillo Cavour…). Profili abbastanza pesanti, se si esclude l’ultimo, certo per un riguardo al fratello Gustavo… Era un confronto secco con la vita pubblica, tanto che l’opuscolo ora firmato Giovanni Mongibello (pseudonimo non privo d’arguzia): era presto per inimicarsi l’ambiente di Superga in così breve tempo. Ma Margotti non si sottrasse al pubblico giudizio. Gli studi, la permanenza fra i gesuiti genovesi, la preparazione politica a Torino dovettero contribuire all’autostima, volgendolo più sicuro a interessi cittadini e politici, visto che gli spiriti polemico - politici trovavano esca nella concorde Accademia dell’Audisio: se non ci si vuole limitare ai fogli citati, c’erano “La Gazzetta piemontese” e “L’Universo”, i soli fogli che giungevano a Superga. Dalla Torino bigotta e nell’Accademia appartata appena echi d’oltralpe circa i casi gesuitici e l’eterno problema del 131 potere temporale…Ordinato sacerdote nel 1846, Margotti frequentò l’Arcivescovo col quale potè parlare da competente - dei "Prolegomeni” giobertiani, perché Mons. Moreno l’aveva voluto all’“Armonia”: ne aveva notato l’efficacia giornalistica, dandone notizia al vescovo Biale di Ventimiglia in questi termini: “Riesce ottimamente nella polemica giornalistica: poiché le cose della religione cattolica volgono di male in peggio…” La lettera passò dal Biale… al Margotti, poiché il vescovo vedeva la vena pubblicistica “graffiare” più delle omelie… Con la spinta vescovile venne da Sanremo quella paterna, anche se l’ambito redazionale di don Giacomo si restringeva a qualche articolo di circostanza sulle notizie e a tener d’occhio la coerenza della linea del giornale. A ventisei anni egli si vedeva aprire carriera e agio di studi con una retribuzione di 1.500 franchi annui. Avrebbe poi scritto di sé: “giornalista per obbedienza da 32 anni anni - scriveva nel 64 - non sono mai stato amico del giornalismo. Dall’anno 1856 aveva in mente uno scritto sui danni che porta il giornalismo alla letteratura, alla politica, alla morale… Col passare del tempo restai sempre più persuaso di questa verità. Il giornalista è un poeta improvvisato, costretto a improvvisare non sonetti o madrigali ma economia politica, gius pubblico, apologia cattolica. Non si può dire a sua scusa “s’improvvisa, signori, non si TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 132 132 Il Tempietto stampa”. Dovendo l’improvvisazione essere più presto stampata che finita”.(4) I tempi e l’ambiente giornalistico torinese non erano facili; l’Audisio nutriva qualche riserva sul giovane collaboratore per certi riconoscimenti che gli venivano fin dalla "Gazzetta", foglio che “pur ribocca di gesuitismo fra i ritenuti massoni”(5), i quali si accanivano contro “L’Armonia” e l’Audisio, volgarmente insultati: “fate ribrezzo” per aver celebrato la morte di Carlo Alberto il 19.XI.1849. Ci fu un’interpellanza parlamentare che sollecitò la destituzione del canonico. Toccò a Margotti ribattere allo schieramento avversario, assumendo la direzione dell’“Armonia”. I toni si fecero ancor più vibranti e accesi, fino a denunziare pericoli repubblicani, intesi a mettere "a nudo le origini, la missione e la competenza di talune false dottrine con le quali taluno vorrebbe inaugurare il risorgimento italiano… Un fantasma armato di pugnale, detto repubblica, in gennaio compare a Roma, in febbraio a Firenze, in marzo a Genova. Nel Piemonte una banda democratica, sinonimo di repubblicana, mandava a rompersi contro l’Austria un Re degno di miglior e destino… Il fantasma repubblicano sparì dall’Italia ma si rifugiava nella Camera subalpina, inetta, imprudente, subdola, ostile al principe e alla nazione". Pesavano sulla pagina le preoccupazioni dettate dalla cura di difendere i cattolici, pur nel rispetto dello Statuto, dalle Leggi Siccardi (1850), che profilavano spiriti anticattolici ed anticlericali. Il concorde giudizio dei prelati sulla vis polemica non era tale da soddisfare il Margotti, perché al giornale si voleva una linea più cauta. Il nuovo direttore ne era non poco infastidito, ma gettava il suo animo nelle pagine, pur vedendo il rischio che Pio IX prendesse posizioni diverse da quelle che parevano averlo indotto all’amnistia del ’46, alla mosse per una lega doganale italiana, alla tutela del confine coi reparti col Durando. La presenza di questi venne sopravvalutata e creduta alleanza del governo col Pontefice, talchè si ritenne poi "sua debolezza” e obbedienza a convinzioni tutte personali il passaggio a una nuova politica…(6) Le lagnanze laiche sul malgoverno del Pontefice avevano qualche fondamento, ma il papa s’era pur speso in interventi di curia, aveva tolto dall’Indice gli scritti di Galileo ed elevato alla porpora uomini valenti, quando ancora erano poco noti (Angelo Mai), favorendo il decollo della monumentale opera del Migne.(7) Le battaglie ideologiche e le polemiche tra anticattolici e cattolici nell’avvio del Risorgimento possono dettare un interrogativo: esso era divenuto anticlericale per l’avversione del clero e cattolici o questi gli furono ostili perché il comportamento del governo s’era fatto ostile al mondo cattolico e al clero con misure TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 133 Il Tempietto legislative? Così è arduo spiegare tanto la presenza di sacerdoti-martiri nelle cospirazioni del tempo, in cui Mazzini un poco spento mentre Pio IX legittimava la presenza austriaca in Italia, quale garante dell’ordine. Su tale equilibrio instabile Pio IX parve(8) alla politica cavouriana “perplesso” sulle classi dirigenti e insistente sull’autorevolezza del clero (che per tutto il secolo fu biasimato dai liberali, molto sommari nel passar sopra figure di spicco (come il Cottolengo, Don Bosco, Rosmini, Gioberti, Camboni, Massara, Sapeto). Fatto si è che l’“Armonia” e il suo direttore si scatenarono all’arresto di Mons. Fransoni, posto in atto dai governativi, pronti a inserirsi in elettorato indeciso e influenzabile. L’immancabile sequestro del giornale e la multa al gerente ebbero a pretesto un aspro articolo ironizzante (“L’era nuova del Piemonte”)(9) cui seguì una discesa in campo dell’arcivescovo di Torino, coll’invito a non far conto delle leggi sopprimenti il foro ecclesiastico. La contesa era al color bianco; il ministro De Rossi di Santarosa tenne duro sulle leggi anticlericali; ma, in punto di morte, gli si negarono i sacramenti! Nel clima creatosi il Margotti ricorse ad un espediente giornalistico vistoso: diede alla stampa solo mezzo foglio del giornale gremito di notizie a denunziare “L’anno della violenza (1850), della menzogna, dei soprusi e delle vessazioni, che vide predicati incatenati e vescovi alla berlina, Siccardi che trionfa, la Chiesa che 133 patisce, i fiscali sul Campidoglio, i vescovi sulla Rupe Tarpea, i cattolici in lacrime, i rivoluzionari in festa”.(10) Conoscitore del pubblico e della sua psicologia, Margotti non si limitò a questo, ricorrendo alle consuete colonne dello "Smascheratore", offerto in strenna con la difesa dei vescovi di Torino e di Asti: “Ho fatto un frontespizio lungo per molte ragioni: perché restasse qualcosa nella testa di coloro che si sono impegnati a non voler leggere in questo tempo se non il frontespizio”. Era l’ora della sua massima vis polemica, dell’ironia feroce, delle parole forti, che scontentavano tanto Gustavo Cavour per gli attacchi (che non condivideva) mossi al fratello Camillo: ne assunse le difese sul giornale rivale (Il Risorgimento) e pure lui passò il segno, pur contestando i notabili delle due parti in contesa. Pochi tenero un comportamento guardingo, e all’inizio del ’51 Gustavo lasciava l’“Armonia” sulla quale le parole più roventi non erano comparse, giacchè i contendenti si esprimevano su altri fogli, quasi a garantire dal sequestro il loro giornale… La polemica si volse alle persone e ne fece le spese il Margotti, deriso per una poesiola corsa per la città: “Precedeva il convoglio don Margotto col naso sporco, adunco e TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 134 134 Il Tempietto rubicondo, portando sulla groppa un gran fagotto di velenosi articoli di fondo" Il sacerdote fu pronto a ribattere colpo su colpo (“ho il naso non adunco, non sporco… il mio nome comparisce per la prima volta sul giornale rivoluzionario”), anche se gli restò appioppato l’epiteto di Furibondo margotto. Non cedette di un passo, volgendo tutta la polemica scaturita dall’articolo “Carabinieri d’Italia e la Rivista dello Statuto” contro il giornale rivale, “Il Risorgimento” che Cavour abbandonò offeso, (altre armi gli restavano…). Margotti non fu pago, la difesa di un vescovo incorso nella disapprovazione liberale si tradusse nell’ennesima denuncia politica, giacché “giornali e deputati possono insultare i preti, frati e vescovi, il Papa, la Chiesa tutta, un vescovo non può indicare ai fedeli perché vanno a pregare”.(11) La prosa e la sincerità indicano la temperatura del contrasto, allargatosi per l’esilio del Franzoni, minacciato d’arresto coi presuli di mezzo Piemonte opposti alle leggi antiecclesiastiche. Ma il giornale passa la misura e al suo interno lascia percepire crepe: Rosmini e Alimonda abbandonano l’“Armonia”, retta ancora dal Birago coi redattori rimasti dell’ala destra che fa capo a Mons. Moreno. Ora certe posizioni s’accostano ai gesuiti e alla loro rivista, si punta sulla miglior tiratura, s’arriva a un quarto numero autunnale recante documentazioni storiche che richiamano lettori fino ad un traguardo impensato(12) di sei numeri la settimana(1855). Ma va detto che Margotti prova la sua penna polemica su altre testate, sfodera documenti inediti relativi a miracoli; attacca Aurelio Bianchi Giovini diffondendosi sulla condanna del Direttore dell’“Opinione” per aver diffamato e derubato(!) la Chiesa. Ora siamo alla rissa giornalistica, la minaccia di sequestro si concreta dopo l’ennesimo attacco a Cavour per un anticlericalismo che si dice risalire al D’Azeglio, per la legge sopprimente ben 35 congregazioni religiose fra quelle non rivolte a istruzione o beneficenza, talchè si trovarono fuori di convento ben 8563 religiosi! “Pensateci, speriamo nella misericordia di Dio e ricordiamo anche che in Piemonte alle usurpazioni francesi seguiva il 1814!” “Né eletti, né elettori” Roma aveva rotto le relazioni con quel governo che correva il rischio di scomunica;(13) esso usò la maniera forte: vennero sequestrate ben 3000 copie dell’"Armonia"(il doppio d’ogni altro foglio), ritenendo di interpretare una diffusa opinione filogovernativa; il 1855 scatenò il governo contro il direttore; lettere minatorie d’un certo Botto “sottotenente a Roma e a Venezia nel ’49 giunsero a Margotti, con una quantità d’insulti e la chiusa “Et du TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 135 Il Tempietto boyan au dernier pretre entranlons le dernier des papes”. Don Margotti conobbe l’aggressione fisica allo svolto di via della Zecca in via Vanchiglia, presso il caffè “Progresso” (quasi un simbolo!). Ne uscì tramortito per un colpo al capo. Non fece conto del nome dell’aggressore e dei mandanti che gli si volevano fornire notizie (“per meglio perdonarli”) anche se l’episodio gli costò qualche giorno di assenza dal giornale ove il fido don Emanuelli aveva stampato pacatamente notizia e condanna di violenza e calunnia; Margotti si limitò a compianger l’aggressore ed a perdonare i violenti: “Lode a Dio io posso portare alta la fronte contro certe insinuazioni, invocare di preferenza l’attestato medesimo dei miei avversari. Essi hanno sottomesso la mia vita a una polizia di cui non trovasi esempio nel resto d’Italia: e non mi permisero nemmeno di muovermi da Torino senza pubblicarlo. Seppero perfino e dissero che una volta viaggiando presi il nome di mia madre e lo scrissi sul baule. Povero me se avessi fatto qualcosa di male!…” È guerra aperta, pure i fatti privati portano il segno d’un assedio polemico che scade fin nell’episodio personale e in accuse fuori di misura. E all’“Opinione” Margotti rispose: “Il Bianchi Giovini accusa senza reticenze che senza SARÀ o non SARÀ contro di me, lo dichiaro calunniatore, vigliacco.”(14) 135 In termini inconsueti 15 anni dopo, riparlandone su “L’unità cattolica” per il venticinquesimo del di giornalismo (1873) concludeva: “Ma non occupiamoci del mio periodicino (“L’Armonia”). Ancora due strenne polemico politiche aveva offerto Margotti con la Ciaria, almanacco 1875, rivolto a Cavour: “figlio e padre della Ciarla, che ciarlando divenne ministro e ministro si conserva ciarlando…” Seguì l’almanacco per l’anno dopo, La logomachia politica, in cui era satireggiato il Parlamento ove il sacerdote scrisse: “d’aver voluto mettere in ridicolo l’Abuso del parlamentarismo”. Un’altra satira (firmata Mongibello) raccoglieva un florilegio di citazioni di scritti contro Mazzini, Gioberti; Cavour era attaccato specialmente per la partecipazione al Congresso di Parigi "ove si prese una lezione dall’Austria(!) Furono inflitti al gerente in quell’anno, per u articolo sulla Festa dello Statuto ben 18 mesi di carcere: i processi intentagli furono un banco di prova per le elezioni del 1857 (Margotti aveva biasimato il Piemonte, non taceva…). La consultazione elettorale mostrò che gli intransigenti erano avversi… alla stato in quanto alla politica governativa: infatti i casi di Pisacane potevano tradire occulti legami con Torino; Genova pareva sull’orlo di una rivolta, la spedizione in Crimea dava la sensazione d’un inevitabile conflitto con l’Austria, accendendo gli animi. Gli elettori del 1949 erano soltanto 30.000; ma ora Cavour e i liberali pretendevano più forti maggioranze per TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 136 136 Il Tempietto la loro lotta politica, mentre un’altra corrente puntava a bloccare Cavour su quel progetto. Margotti aveva scritto il 30 novembre “I regicidi di Carlo Alberto” e si ebbe un processo voluto da Amedeo Melegari, ove fu difeso dall’avv. Vittorio Cancino. Ciò malgrado capeggiò i preparativi elettorali conservatori e controllò le operazioni di voto, presentandosi candidato ad…Oristano (ove non era mai andato). Per le elezioni l’Armonia” pubblicò l’elenco dei deputati con la posizione presa da ciascuno circa le leggi antiecclesiastiche passate: le tre leggi sul matrimonio erano state respinte dal Senato come quella di rettifica del Codice Penale, ma si erano colpiti diversi parroci, cui per la soppressione d’altre Congregazioni si sarebbe aggiunta la “legge - impostura” del servizio militare per tutti i giovani sotto i 24 ani (Il Margotti la definirà "imposta sul sangue"). Tuttavia seppe dimostrare che il dettato dell’articolo 98 si riferiva a parroci e vescovi, non ai canonici “che non curavano anime” e non avevano giurisdizione. Insinuò che la Camera non avrebbe avuto difficoltà a convalidare la di lui elezione se si fosse trattato di candidato governativo. Invano. Irregolarità elettorali si denunciarono per i casi di Margotti e Birago, ma il sacerdote inaspettatamente eletto, si presentò egualmente alla Camera per il giuramento (“di buona voglia in quanto giuravo come deputato avevo giurato molto prima come cattolico”). Intendeva così la materia cui avrebbe tenuto fede: fedeltà al re, ottemperanza allo Statuto e alla legge. Alla prima seduta, mentre il deputato Mari con Natayana e Garin contestò l’elezione del Crutti e del Sotgiu, a una proposta d’inchiesta non aderì perché…risultava assente dalla seduta (sebbene fosse in aula, col giornale spiegato che gli altri si contendevano); quando la Camera gli sconsigliava di prendere di petto l’argomento, si limitava a scrivere sul giornale il suo discorso, introdotto dalla formula: “Se fossi stato presente avrei detto…” Ma l’inchiesta parlamentare cancellò i risultati elettoral; malgrado qualche opposizione, vide sparire dalla Camera la più energica voce dei cattolici che dovettero ritirarsi nella formula che avrebbe retto per decenni la loro astensione: il motto era: “Né eletti, né elettori”. “Noi non vogliamo appartenere a una Camera che, a detta dei giornali, deve compiere la spoliazione del Santo Padre e deve operare a levargli la sua Roma. Noi non consigliamo nessuno, restringendoci a dire ciò che volgiamo fare noi. E noi non volgiamo essere né eletti, né elettori”. L’affluenza dei deputati (erano 397) alla seduta della Camera si ridusse. fu breve sull’“Armonia” il necrologio per la morte di Cavour, cui si riconoscevano finalmente doti di statista, suggerite anche dal suo trapasso d’osservanza cattolica. Ma le posizioni non mutavano, tanto più che il Margotti non scriveva soltanto sul suo giornale “Alcune osservazioni TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 137 Il Tempietto intorno alla separazione della Chiesa”, rispondendo con “l’indispensabilità della Chiesa al benessere statale” ad una pagina del Boggio che lodava i primi anni di vita politica. Ai primi d’agosto del 1963 “l’Armonia” riportò ancora un breve elogio papale: ma fu l’ultimo grido de giornale. Lascia l’Armonia La sua crisi era logica, in quanto non tutti i collaboratori (col Moreno in testa) avevano il medesimo sentire; né mancavano dissidi tra la direzione e proprietà del foglio, della tipografia, a causa dei frequenti sequestri. Si aggiunse ai problemi la scomparsa del Birago, che scatenò control il giornale i tribunali penale e di commercio, fattisi sempre più invasivi. Margotti credette opportuno lasciare “L’Armonia” che senza la sua figura avrebbe conosciuto più rari interventi oppressivi. L’11/X/1863, col fratello Stefano, corrispondente da Parigi e unitamente all’inseparabile Davide Emanuelli informò il Moreno e gli eredi - Birago della sua intenzione di ritirarsi (entro novembre) dal giornale, anche per ovviare alla carenza di fondi. Il nuovo giornale: “L’unità cattolica” V’era peraltro una ragione non espressa: il cardinal Fippo De Angeli (a Torino, in domicilio coatto) garantì al Margotti un sussidio della Santa Sede di Lire 100.000 (in parte poi rimborsato), onde facilitare l’uscita di un nuovo foglio, “L’unità cattolica. Giornale degli antichi scrittori dell’“Armonia”. “La caccia agli 137 abbandoni nel breve giro di tempo che precedette l’uscita parve "provocatoria” Ai proprietari dell’“Armonia”, che licenziarono rapidamente i collaboratori passati alla nuova testata dandone notizia ai lettori, mentre si spargeva la voce della prossima “linea” dell’“Unità cattolica”, che avrebbe offerto in dono, concorrenzialmente i primi tre numeri. Il divorzio di don Margotti dal giornale di tante battaglie e di tante polemiche alimentò sospetti sul nuovo foglio (fondato forse su promesse papali (“sotto il sublime magistero del Romano Pontefice”), stante anche il trasferimento de "L’unità” a Firenze.Voluto dai direttori della nuova testata il cenno all’“Armonia”, dava pur sempre una implicita valutazione positiva della figura e del passato di Margotti, che allineò il nuovo foglio alla figura e al dettato di PIO IX. (“L’unità” ebbe vita sino al 1909), mentre “L’Armonia puntò sulla firma direttiva di Celestino Musso, ma vide diminuire i lettori (e finì anch’essa Firenze capitale, in cerca di finanziamenti freschi; invano (chè il ’70 ne vide la fine in un momento cruciale dei rapporti tra Papato e il Regno d’Italia). La morte si prese il Margotti il 6/V/1887 a Torino, in via Gioberti) dopo una brevissima malattia: aveva appena siglato "La concezione di S. Agostino e la conciliazione”. Il sacerdote aveva guardato lontano, se l’ultimo articolo de "L’unità” del 1929 coincise coll’esaltazione della processione in S. Pietro che aveva suggellato proprio la conciliazione. Fu salutata come TEMPIETTO 10_Layout 1 13/01/10 15:26 Pagina 138 138 Il Tempietto una vittoria; certo chiuse positivamente un conflitto durato dal Margotti (largamente compianto rimpianto in un clima aspro e sfavorevole, in difesa dei diritti cattolici). Alla morte gli fu da tutti riconosciuta e lodata la sempre schietta e rettilinea difesa della Chiesa, senza negarsi all’Italia negli anni del suo costituirsi a Regno, che furono a lungo dell’intransigenza, destinata a lungo seguito nel segno del suo motto, né eletti, nè elettori, divenuto formula civile e politica dei cattolici per decenni. Note (1) "La gazzetta piemontese” e, con scarsa diffusione,"L’Universo",organo degli ultramontanisti seguaci di Louis Veuillot. (2) Dichiarazione che il nostro giornale ispirandosi alla religione e al suo supremo Pastore, il pontefice di Roma, si indirizzerà al clericato non meno che al laicato. Al grande Pio saranno rivolti e fissi il nostro guardo e aperto il nostro animo alla sua parola per diffonderla nel clero, nel popolo e i ogni famiglia". (3) Cfr.B. Montale, Lineamenti generali per la storia dell’Armonia, in Atti del xxxiii Congresso di Storia del isaorgimento, Roma, 1958.Per i tipi di Alessandro Fontana “L’Armonia usciva bisettimnamente ; col tempo aggiunse un folgio, divenendo trisettimanale. (4) Cfr.Il giornale dei giornali, Milano, 24/2/ 1880, pag. 311 (5) La “Gazzetta” poggiava sul Bottero e sul Gvean, ritenuti massoni. (5) Cfr. Esposito, La massoneria in Italia, Roma 1952 (6) Il Perini Bembo le attribuì ad una (7) (8) (9) (10) (11) (12) (13) (14) oscillazione temperamentale fra la cura dell’opinione pubblica e le convinzioni personali maturate. Del resto un viaggio del Margotti a Londra nel ’58confermò l’alto concetto ch’egli aveva della città papale:il parallelo vergato la favorì ulteriormente. G. Spadolini, L’Oposizone cattolica, Firenze, Le Monnier, 1954 Così titolava l’Armonia; ma l’arcivescovo conobbe la convocazione in tribunale e, fattavi mancare la sua presenza finì per un mese agli arresti con una multa di 500 lire Può bastare l’enfasi di queste righe per evidenziare i toni della polemica margottiana. Su “Lo smascheramento” appariva il Panergrioc del Conte Giuseppe Siccardik, firmato Giuseppe, Mongibello, in Torino nel1851. Pure le copi stampate e diffuse offrono al temperatura della polemica in atto. L’arresto di Moms. Franzoni, allontanato poi dallo Stato, mentre le sue rendite venivano poste sotto sequestro furono un duro colpo per i cattolici; il matrimonio civile parve a Margotti un’impostura che trovava consenso solo fra “un’accozzaglia di gente” (i liberali). I fatti deprecati accrescevano gli spunti politici; “L’Armonia” diveniva quotidiano, in polemica per le spese di rafforzamento di Alessandria e di Spezia, per la vicenda d Crimea, per i necrologi governativi ("fagiolate") dei soldati caduti provocata dai “buffi di vento” dei memoriali cavoriani!… La polemica, violenta e senza più riguardi, finì per suscitare “code” giuridiche contro il gerente, che uscì condannato a 18 mesi di carcere…