VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO
Il luogo del Pensiero e dell’ospitalità
Echi di passi perduti
Se, all’esterno della villa, la magia dei luoghi rende facile immaginarvi la
vita e i suoi suoni, all’interno la fa ormai da padrone solo l’alternarsi di luci e
ombre. Il gran vuoto si trasforma in una sensazione di freddo, che l’onnipresente biancore delle pareti nude non fa che accentuare, e riesce difficile riuscire a vedere abitati queste stanze, questi corridoi, se non passando attraverso lo
sguardo degli amici superstiti1, fedeli custodi degli affetti e delle memorie.
Immaginiamo i loro passi in questo luogo con un che di incerto, perché
anche di molti dolori sono costellati i ricordi, e pur tuttavia gli occhi, e le
voci, che si ravvivano nel rievocare qui il ritratto di Bismarck, là i busti di
Francesco Saverio e della sua diletta Antonia, affiancati nell’effigie come lo
furono nella vita...
Il vuoto maggiore non è però quello lasciato da quadri e statue, ma
quello lasciato dai libri, qui amorosamente raccolti a migliaia, a ricoprire
ogni parete della biblioteca, e persino quelle dell’attiguo studiolo, in cui
tante ore ha trascorso lo statista a scrivere a sua volta pagine su pagine...
Quasi nulla è scampato alla dispersione degli arredi: il fatto che a salvarsi,
oltre al prassitelico busto di Hermes2, siano state proprio le scaffalature
della biblioteca si può interpretare come un monito sul come far rivivere
questo luogo, che fu una sorta di tempio della cultura e dello studio.
Casa dalle molte stanze, Villa Nitti, ma anche dalle molte porte: segno
tangibile, esse pure, dei tanti cambiamenti avvenuti in una storia più che
centenaria. Verso il mare è rimasta, accanto alla porta-finestra frutto del
primo ampliamento (operato da Giovanni Marsicano), la porta che, coi
suoi gradini in grandi blocchi di pietra, era forse l’accesso all’antica torre: la
bizzarra stanza circolare superstite si meritò dai ragazzi della famiglia, negli
anni Cinquanta, il soprannome di “silurificio”3.
Il viale d’accesso ci guida naturalmente a quella che potremmo chiamare
“porta della palma”, per via della pianta monumentale, coeva alla costruzione della villa, e che tuttora la fiancheggia: gli ospiti che la varcavano erano
introdotti nell’ambiente al primo piano della torre; da qui, scendendo una
rampa di scale, potevano accedere allo studiolo di Nitti, o anche alla biblioteca, dove li accoglieva solenne un busto di Giuseppe Garibaldi, che - collocato com’era - guardava tutti dall’alto in basso. In alternativa, si poteva
utilizzare l’ingresso al vano scala collocato sul prospetto posteriore del
corpo di fabbrica creato proprio per salire fino al loggiato superiore e al
vasto terrazzo, che traeva luce dalla cupoletta in vetro aperta nel solaio.
Proprio qui il visitatore veniva accolto dalla lapide in cui Nitti, affidandosi
al latino, esprimeva il suo orgoglio ed insieme il suo auspicio per quello che
doveva essere (e fu, invero, per poco) il suo buon ritiro.
Pagato in tal modo il tributo all’ufficialità, per gli ospiti cui si addiceva
anche la qualifica di amici, vi era il portoncino già usato dai precedenti
proprietari, per il quale si accedeva alla parte più intima della casa, la grande cucina e le due sale da pranzo aperte sulla vista del mare.
Dati i dislivelli esistenti in quella che era la parte più antica della casa,
per accedere al piano terra occorreva salire alcuni gradini: i vani sulla
destra, che risultavano seminterrati, venivano usati solo per funzioni accessorie, come la legnaia, la cantina, il granaio.
Il corridoio centrale terminava nella biblioteca, estesa da una facciata
all’altra della casa e in assoluto l’ambiente più vasto dell’intero complesso.
E’ difficile immaginarla com’era allora, interamente tappezzata dai libri di
cui Nitti aveva voluto circondarsi e che traboccavano anche nello studiolo,
quella stanza nella torre divenuta per così dire il sancta sanctorum della villa:
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qui leggeva, meditava, scriveva; qui accoglieva ospiti e amici: qui, talvolta,
doveva semplicemente incantarsi ad osservare il mare sottostante. Vi custodiva anche cose a lui particolarmente care, come il quadro raffigurante il
cancelliere Bismarck, figura da lui ammiratissima, e si circondava di motti
di saggezza antica, incisi sulle “lapidette” di cui riferisce De Lorenzo.
Il primo piano era, ad eccezione della stanza della torre, interamente
occupato dalle camere da letto che dovevano accogliere non solo la già
numerosa famiglia, ma i vari parenti ed amici in visita, per non parlare di
quelli che possiamo considerare “ospiti istituzionali”. Chi fossero, volta per
volta, Nitti non mancò di annotarlo puntigliosamente nelle sue agende: e nel caso fosse necessario - ne possediamo un altrettanto puntiglioso riscontro nei rapporti della polizia politica, a partire dal momento in cui, dopo
l’avvento del fascismo, venne sottoposta a rigorosa sorveglianza anche la
dimora di Acquafredda. Troppo lungo (e quale ardua scelta!) sarebbe ricordare anche una parte soltanto di cotanti frequentatori: uno di loro, però
(forse per meglio aderire agli ideali di ascetismo che ne fecero uno dei primi
buddisti d’Italia), alla più elegante palazzina preferì sempre la piccola, semplicissima costruzione ubicata accanto all’ingresso della proprietà - fatto
che, nell’entourage nittiano, le valse il nome di “casetta De Lorenzo”.
Gli altri annessi furono invece, fino alla sua morte, il piccolo regno del
colono, Luigi Marchetti, e di sua moglie, fatti venire dall’Umbria per realizzare il sogno rurale in chiave moderna del Nitti, sperimentando su piccola
scala quello che era il suo concetto di fattoria modello, maturato dopo aver
toccato con mano quali fossero realmente le condizioni di vita e di lavoro
dei contadini meridionali.
Nitti con un gruppo di amici di Maratea (per gentile concessione di G. Fontana).
Lo studio di Nitti a Napoli.
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La libreria di Villa Nitti ad Acquafredda.
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Il silenzio e la quiete
Se pochi furono gli anni in cui Nitti potè godere della sua villa, almeno,
prima dell’esilio, vi soggiornò per periodi piuttosto lunghi, e la bellezza del
posto non gli fece probabilmente rimpiangere le sue precedenti tradizionali
vacanze marine sulle spiagge napoletane.
Il primo soggiorno durò tre mesi: dal 6 agosto al 9 novembre 1921.
Il 3 agosto 1921, così scriveva Nitti all’amico Giovanni Amendola: “Io
conto di essere sabato mattina ad Acquafredda, in silenzio. E vi rimarrò il
più lungamente possibile.”4 Il ritiro ad Acquafredda pareva a Nitti il modo
migliore per prepararsi al ritorno nell’agone politico. E qui egli si dedicò a
tracciare e a diffondere le sue idee “di ricostruzione europea cui riteneva
strettamente legate la pace e la prosperità del mondo.”5
Intorno alla metà di settembre si recò a fargli visita l’amico Giovanni
Amendola. Molto probabilmente, Nitti dovette accompagnarlo nel viaggio
di ritorno, fino a Sapri. Così infatti gli scrive il successivo 18 settembre:
Mio caro Amendola,
grazie della sua affettuosa premura. Che mare, tornando da Sapri! Le onde
pareva che dovessero sempre fracassare la barca e il piccolo motore mugghiare nello sforzo. Ma infine giungemmo bene, con un piccolo bagno.
Questi mari sono come l’Europa attuale: nessuna previsione è possibile! 6
I tre mesi di permanenza trascorsero in un silenzio assai operoso, durante il quale Nitti attese alla stesura dell’opera L’Europa senza pace, prima di
una trilogia dedicata alla crisi europea. Così scrisse ad Amendola il primo
ottobre:
Mio caro Amendola,
sono a buon punto col mio libro e spero fra dieci giorni averlo finito. Ma
lavoro non mai meno di otto o nove ore al giorno.7
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Mantenendo fede alle sue previsioni, ad ottobre Nitti ultimò il libro e
già ai primi di novembre, prima di lasciare Acquafredda, ne poté correggere
le bozze. Contemporaneamente, scrisse anche ben 13 articoli per la famosa
agenzia di stampa statunitense, l’United Press.8
Come risulta tuttavia dalla sua agenda, in questo lungo periodo Nitti e i
suoi familiari non trascurarono di compiere piacevoli gite nei dintorni,
sempre accompagnati e ospitati da numerosi amici e conoscenti, come
quella effettuata il 21 settembre all’Isola di Dino e a San Nicola Arcella.9
(DOC. 15)
Ancora nulla era venuto a turbare il suo tranquillo soggiorno e il 14
ottobre, all’amico Giovanni Amendola che gli aveva chiesto se era vero ciò
che riferivano i giornali a proposito di alcune insidie fasciste contro di lui
ad Acquafredda, così scriveva:
Mio caro Amendola,
grazie della sua lettera!
Io ho finito il mio libro e sono ora lieto di averlo scritto. […]
Conto di rimanere qui sino alla fine di ottobre. Posso lavorare più serenamente, non dò luogo a pettegolezzi.
Non vi sono insidie fasciste contro di me fuori quelle inventate da
Bergamini. Non ho ricevuto nemmeno una lettera anonima e altre minacce
non ho che quelle dell’Idea Nazionale e del Giornale d’Italia.10
Dall’agenda di Nitti del 1922 e dal carteggio con Giovanni Amendola
veniamo poi a sapere che Nitti si recò ad Acquafredda per un breve periodo
di cinque giorni, subito dopo la Pasqua del 1922, dal 18 al 22 aprile.11
Il terzo soggiorno di Nitti ad Acquafredda, il più lungo, si protrasse dal
20 agosto 1922 sino al 17 novembre dell’anno successivo. Il 23 ed il 24
agosto 1922, come si legge in alcune veloci annotazioni sulle agende del
periodo, Nitti si dedicò all’ordinamento della biblioteca e dell’archivio. Lo
stesso 23 agosto, nuove interessanti prospettive si aprirono per la mensa
VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO
della numerosa famiglia: in quel giorno, infatti, cominciò “il servizio il
pescatore Raffaele de Biase.”12 (DOC. 16)
Nel silenzio dell’amato rifugio lucano Nitti si concentrò sulla stesura del
secondo volume della trilogia, La decadenza dell’Europa, e, come risulta dall’elenco che redasse sull’agenda del 1922, preparò dieci articoli per l’United
Press. Così scriveva, il 2 settembre, ancora una volta all’amico Amendola:
Io sto scrivendo con gran lena il mio nuovo libro. […]
Qui è un gran silenzio e una gran pace e, fra tanto agitarsi di passioni, trovo
modo di lavorare un po’ in silenzio e in quiete.13
Nitti terminò l’opera il 2 ottobre.
DOC.14. Cartolina spedita nel 1923 da Filomena Nitti, madre dello statista lucano, a
Gemma Saraceno di Atella, raffigurante Villa Nitti appena ultimata nella splendida cornice di Acquafredda.
Archivio privato Michele Saraceno in Atella (PZ), Carteggio Francesco Saverio Nitti Alfredo Saraceno (1915-1947).
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DOC. 15. Acquafredda di Maratea, 22 settembre 1921. Agenda di Nitti del 1921 con
l’annotazione della gita fatta all’Isola di Dino e a San Nicola Arcella.
Archivio Centrale dello Stato, Francesco Saverio Nitti, b. 3, Agenda 1921.
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DOC. 16. Acquafredda di Maratea, 23 agosto 1922. Agenda di Nitti con le annotazioni
riguardanti l’ordinamento della biblioteca e dell’archivio e l’inizio del servizio del pescatore Raffaele de Biase.
Archivio Centrale dello Stato, Francesco Saverio Nitti, b. 3, Agenda 1922.
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DOCC. 17 e 18. Acquafredda di Maratea, 1 luglio e 10 novembre 1923. Lettere scritte da Francesco Saverio Nitti ad Alfredo Saraceno di Atella dall’amato rifugio di Acquafredda.
Archivio privato Michele Saraceno in Atella (PZ), Carteggio Francesco Saverio Nitti - Alfredo Saraceno (1915-1947).
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Le insidie fasciste
Il clima di tranquilla serenità che circondava la villa era destinato a
mutare.
Il 18 ottobre giunsero ad Acquafredda due intermediari di Mussolini:
Giorgio Schiff Giorgini e l’ambasciatore Romano Avezzana.14 I due, dopo
lunghi colloqui, ripartirono lo stesso giorno. Ma i tentativi di accordi politici di Mussolini con lo statista lucano naufragarono e il 28 ottobre Nitti si
vide recapitare ad Acquafredda una lettera del ministro Amendola che verosimilmente doveva informarlo sulle dimissioni chieste ai ministri da Facta
nel Consiglio del 26 ottobre.15
L’ascesa al potere del fascismo non scosse particolarmente Nitti, che preferì rimanere ad Acquafredda per lavorare in piena tranquillità. Egli era
convinto che “le idee di democrazia e di libertà” avrebbero presto ripreso
“il loro sopravvento”: “io preferisco per ora rimanere ad Acquafredda, in
solitudine e attendere che gli avvenimenti si prendano la pena di darmi
ragione.”16 Nel suo ritiro egli non viveva però isolato, ma andò tessendo
rapporti intensi con eminenti personalità e gruppi rappresentativi per sollecitare l’adesione a programmi di riassetto internazionale.17
I rapporti con Mussolini si ruppero irrimediabilmente e le conseguenze
furono presto evidenti. Il 3 dicembre 1922 il sottosegretario al Ministero
dell’interno, Aldo Finzi, impartì le seguenti disposizioni al prefetto di
Potenza: “Prego Vossignoria disporre oculata e segreta vigilanza per accertare persone che frequentano onorevole Nitti segnalandomele due volte settimana.”18 I prefetti che si susseguirono nella sede di Potenza si attennero
scrupolosamente agli ordini loro impartiti inviando numerosi telegrammi
al Ministero durante tutto il periodo della permanenza di Nitti nel villaggio
lucano.19 La vigilanza si concentrò in modo particolare sugli arrivi allo
scalo ferroviario di Acquafredda.
Il 31 dicembre andò a visitarlo un incaricato di Mussolini per chiedergli
di compiere un qualsiasi gesto che fosse chiaramente interpretabile come
atto di riconoscimento della legalità del governo fascista: tale poteva essere,
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ad esempio, un suo intervento alla Camera.20 L’atto di riconoscimento
richiesto da Mussolini, però, non arrivò mai.
Nel mese di febbraio ebbe luogo un tentativo di aggressione contro la
persona dell’uomo politico da parte di un gruppo di squadristi giunti da
fuori regione. Dell’episodio sono giunte sino a noi varie e differenti versioni, le quali però concordano tutte sul fallimento del tentativo, non andato
in porto grazie all’astuzia e al pronto intervento di alcune persone amiche
della famiglia Nitti, tra cui Giuseppe Crivella e Biagio Vitolo.21
In una comunicazione che il prefetto Carpani di Potenza inviò al
Ministero dell’interno il 6 marzo 1923, leggiamo: “In questi giorni on.
Nitti è stato visitato da S.E. Fredrich ex ministro presidente Ungheria
accompagnato da sig. Iach addetto ambasciata ungherese a Roma.” 22
(DOC. 19) Il 9 agosto dello stesso anno telegrafava invece il prefetto
Spadavecchia: “In questi giorni on. Nitti è stato visitato dal signor
Angeloro proveniente da Roma.”23 (DOC. 20) Dal carteggio sembra che
tutte le sollecitazioni, da parte di Roma, di meglio identificare tale signor
Angeloro, siano rimaste insoddisfatte.
Lo stesso 9 agosto, il prefetto di Potenza chiedeva al Ministero dell’interno se non fosse “il caso di interessare il prefetto di Salerno” per la vigilanza
su coloro che si recavano a Villa Nitti imbarcandosi da Sapri.24 (DOC. 21)
Con lettera del successivo 16 agosto, il prefetto di Salerno assicurava “aver
disposto l’opportuno servizio di vigilanza per essere in grado di segnalare a
codesto on. Ministero ed alla Prefettura di Potenza l’eventuale partenza da
Sapri, per via di mare, di persone dirette ad Acquafredda, alla villa dell’on.
Nitti.”25
Intorno alla metà di agosto Nitti si rivolse direttamente ad Emilio De
Bono, direttore generale della Pubblica Sicurezza, affinché desse le necessarie istruzioni volte ad evitargli quelle violenze e volgarità che ormai già sentiva nell’aria e che avrebbero fatto scendere l’Italia “al mal costume dei paesi
balcanici”.26
VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO
In un altro telegramma della Prefettura di Potenza si riferiva che il 26
agosto avevano fatto visita a Nitti due antifascisti di Trieste, Nicola Cupolo
ed il giornalista Ristori.27 (DOC. 22) Forti momenti di tensione si verificarono anche per alcuni scontri che i figli dello statista ebbero con fascisti di
Maratea. In un appunto non firmato conservato nel carteggio del
Casellario politico centrale, leggiamo infatti: “Il Prefetto di Potenza con
telegramma 7.9.1923 n. 6 informa che i figli dell’on. Nitti minacciarono di
bastonare il fascista Verducci Saverio di Maratea.”28
Dal 10 settembre al 18 ottobre 1923 Nitti scrisse l’ultima opera della
sua trilogia, La tragedia dell’Europa. Che farà l’America? mentre, agli inizi di
novembre, riprese la collaborazione giornalistica alla United Press, al
“Manchester Guardian” e a “La Capital” di Rosario, in Argentina.29
Fra gli ultimi ospiti della villa fu il figlio di Giovanni Amendola il quale,
in data 28 settembre 1923, a proposito della imminente partenza del figlio
Giorgio per Acquafredda, scrisse a Nitti: “Desidero molto ch’egli conosca il
suo ritiro, e sono assai lieto ch’egli goda un paio di giorni della loro compagnia.”30
Giorgio Amendola rimase molto colpito dalla cultura europea che si
respirava in casa Nitti, ancor più notevole se messa in confronto con la
ristrettezza provinciale che aveva riscontrato in altri centri del Mezzogiorno.
Dei giorni ad Acquafredda serberà sempre un ricordo molto intenso e
dolce, tanto da essere indotto a scriverne in alcune pagine del suo libro Una
scelta di vita:
frequenti. Alle spalle della casa cominciava l’oliveto e poi il bosco che invitava alle passeggiate.31
Il ricordo dell’”allegra” casa di Acquafredda tornerà in Giorgio
Amendola anche in una circostanza molto triste, quella dei funerali di Gian
Paolo Nitti, nipote dello statista, prematuramente scomparso nel 1970.
Nell’estremo saluto all’amico, Giorgio Amendola disse:
Ricordo Acquafredda, prima della bufera fascista, cinquantanni or sono, la
grande casa allegra e serena, affacciata sul mare, riscaldata dal grande calore
umano di una famiglia unita e ricca di valori e di temperamenti, animata
dalla intelligenza aperta e moderna di tuo nonno e dalla grande bontà di
tua nonna. Poi il periodo fascista, le devastazioni, gli assassini, l’esilio, il
lungo cammino, la difficile ricerca. E la casa di Acquafredda custodiva,
intanto, nell’Italia oppressa dal fascismo, libri, ricordi, affetti.32
Acquafredda era incantevole in quella fine di settembre, calda e luminosa. Il
piccolo paese, una frazione di Maratea, era praticamente isolato, non aveva
strade. C’era una piccola stazioncina, alla quale si fermavano soltanto i treni
omnibus. Oppure bisognava scendere a Sapri e prendere una barca.
[…]
A casa Nitti si anticipavano costumi che s’imposero decenni dopo. Donna
Antonia teneva la direzione della casa con una grande intelligente bontà,
vedeva e comprendeva tutto, metteva tutti a loro agio. La spiaggia era
magnifica, calda e pulita, l’acqua trasparente, e la giornata volava via tra
sport, letture, conversazioni. La famiglia era numerosa e le visite degli amici
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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO
DOC. 19. Copia del telegramma spedito il 6 marzo 1923 dal prefetto Carpani di Potenza
al Ministero dell’interno, in cui si dà notizia della visita a Nitti da parte di “S.E. Fredrich
ex ministro presidente Ungheria accompagnato da sig. Iach addetto ambasciata ungherese
a Roma.” Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di
Pubblica Sicurezza, Casellario Politico Centrale, b. 3548.
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DOC. 20. Copia del telegramma spedito il 9 agosto 1923 del prefetto Spadavecchia di
Potenza al Ministero dell’interno in cui si dà notizia della visita a Nitti da parte del “signor
Angeloro proveniente da Roma.”
Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica
Sicurezza, Casellario Politico Centrale, b. 3548.
VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO
DOC. 21. Potenza, 9 agosto 1923. Lettera del prefetto Spadavecchia di Potenza al ministero dell’interno in cui si chiede se non sia “il caso di interessare il prefetto di Salerno” per
la vigilanza su coloro che si recavano a Villa Nitti imbarcandosi da Sapri.
Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica
Sicurezza, Casellario Politico Centrale, b. 3548.
DOC. 22. Copia del telegramma spedito il 27 agosto 1923 dal prefetto Spadavecchia di
Potenza al Ministero dell’interno in cui si dà notizia della visita a Nitti da parte di
“Cupolo Nicola e Comm. Ristori.”
Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica
Sicurezza, Casellario Politico Centrale, b. 3548.
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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO
L’esilio e la minaccia di sequestro
Nel mese di novembre 1923, Nitti si apprestava a lasciare Acquafredda
per far ritorno a Roma. Già preso dalla malinconia, così scriveva alla cognata Katy Persico:
Cara Katy, Acquafredda è più bella in questi giorni in cui ci prepariamo a
lasciarla e in noi, e sopra tutto in me, è una grande tristezza. Ho piantato
nuovi alberi, moltissimi rampicanti ed erbe pendule e anche un gran numero di gerani sulla costa. L’anno venturo avremo una gran fioritura!33
Preoccupato dal clima di tensione che vedeva crescere intorno alla sua
persona e che avrebbe potuto ritorcersi con rappresaglie contro il suo amato
rifugio lucano, il 14 novembre si risolveva a rivolgersi al prefetto di
Potenza:
Sabato andrò con la famiglia a Roma e la mia casa di Acquafredda rimarrà
chiusa. Se Ella crede utile, sarà bene far rimanere qualche Carabiniere ad
Acquafredda e disporre per la vigilanza. Se Carabinieri non vi fossero disponibili, preferirei che non vi rimanesse alcuno, in quanto non mi pare che gli
agenti investigativi possano avere alcuna utilità ai fini della sicurezza. Nella
casa non vi è nulla che possa attrarre: ma tutto è forse da prevedere.34
La richiesta di Nitti non andò del tutto disattesa. Interpellata in proposito
dal prefetto di Potenza, la Direzione generale di Pubblica Sicurezza di Roma
autorizzò a provvedere alla vigilanza della villa “nel modo che riterrà migliore
e come deve farsi per ogni cittadino specialmente esposto ad insidie e pericoli, tenendo anche conto della scarsezza di agenti a disposizione.”35
Nei primi giorni di dicembre, su un piccolo foglio recante la dicitura
Importante, Nitti lasciò ai suoi familiari precise disposizioni riguardanti la
villa: “Rinnovare prima di partire l’assicurazione per i danni e violenze
popolari del Lloyd solo per la casa di Acquafredda per lire 300 mila.”36
Il 15 aprile 1924, durante la sua permanenza a Napoli che precede la
partenza per l’esilio, così scrive Nitti sulla sua agenda:
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Il dott. Fiorenzano venuto da Acquafredda mi dà notizie dettagliate del piccolo podere. Le rose crescono rapidamente e tutte le piante di fiori che io
ho messe sono attecchite. Ecco un po’ di poesia in tanta volgarità. E come
sarei lieto se potessi tornare ad Acquafredda!37
Ma nemmeno in esilio Nitti avrebbe avuto pace, e la sorte della villa
lucana è una preoccupazione ricorrente. Mentre Nitti, la moglie ed i figli
iniziano il loro doloroso peregrinare attraverso varie nazioni europee, durato oltre vent’anni e drammaticamente culminato con la deportazione in
Tirolo, ad Acquafredda - dove lo statista aveva fatto radunare mobili, suppellettili e libri della sua casa di Napoli e quanto, della casa romana, era
stato risparmiato dall’incursione squadrista del 1923 - soggiorneranno, di
quando in quando, l’anziana madre dello statista, Filomena, e le sorelle,
Eleonora ed Anita. A quest’ultima, in una lettera del 28 agosto 1935, raccomandava: “Bisogna che il fondicello di Acquafredda non deperisca troppo e perciò rimedia alle spese più indispensabili”.38 Per far fronte alle spese
richieste dall’immobile, tra l’estate del 1937 e quella del 1938 Nitti invitava
ancora la sorella a vendere, in tre riprese, 50.000 lire di quel poco di consolidato che le rimaneva.39
In una lettera del 6 luglio 1935 al cognato Leopoldo Persico, egli
esprimeva l’amarezza provocatagli da due tasse inique intimategli dal
Governatorato di Roma per la casa di via Alessandro Farnese e dall’Ufficio
Imposte di Maratea per il fabbricato di Acquafredda:
Oggi mi sono giunte due ingrate notizie, l’una riguardante il ricorso per
Acquafredda, l’altra l’assurda tassa di Roma. Non ti so dire quanto simili
soperchierie stupide mi irritino. Bisogna opporsi in tutti i modi alle assurde
richieste. Ti prego metterti d’accordo con Anita e se vi sono spese di fartele
anticipare. Vorrei che Ianfolla ti coadiuvasse. Non è possibile che contro tali
enormità giuridiche e morali non vi sia modo di reagire. Confido nella tua
alacrità e nel tuo interessamento. Dirai a Ianfolla che io tengo molto anche
VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO
per ragioni morali a liberarmi di richieste che sono una vera offesa. (…) Ho
avuto da una grande associazione politica inglese e poi da molte parti inviti
largamente retribuiti per tenere un discorso sulla questione dell’Etiopia. Ho
rifiutato per un rispetto al mio paese. E in Italia mi compensano con tanta
cortesia.40 (DOC. 24)
I termini della questione, relativamente alla villa lucana, sono ben
descritti in una lettera che il 2 gennaio 1935 il prefetto di Potenza indirizzava al Ministero dell’interno. Ai fini dell’applicazione dell’imposta sui fabbricati, nonché di quella sui terreni per quanto concerneva l’area coltivabile
adiacente alla villa, il valore di quest’ultima era stato valutato in £.
500.000. In conseguenza di tale accertamento, il reddito annuo della villa
era stato calcolato in £. 20.000, a decorrere dal 1924. Per mezzo dell’avvocato Luigi Marini di Maratea, già nel 1926 Nitti aveva contestato tale valutazione e presentato reclamo alla Commissione di prima istanza, sostenendo che, essendo stato il fabbricato costruito negli anni 1921-22, doveva
essere esente dalle imposte per 25 anni; in ogni caso, il reddito proposto era
senz’altro esagerato. Ma la Commissione rigettò il reclamo. Il 4 ottobre
1934 la sorella di Nitti, Anita Li Greci, faceva pervenire all’Ufficio delle
Imposte di Lagonegro un secondo reclamo diretto alla Commissione
Provinciale sostenendo le stesse ragioni avanzate nel primo reclamo.
L’appello fu respinto ancora una volta, e il prefetto prevedeva che al più
presto si sarebbe arrivati, nel caso di mancato pagamento da parte di Nitti,
“agli atti coattivi e al sequestro giudiziale dell’immobile”. In tal caso,
aggiungeva il prefetto, l’acquisto sarebbe stato fatto dalla Federazione
Fascista locale, la quale avrebbe adibito l’immobile a colonia marina per i
bambini bisognosi. Nella sua lettera, tra l’altro, il prefetto scriveva che la
villa era “composta di un piano terra e di due piani superiori e di complessivi 27 vani”, che era “riccamente ammobigliata” e che conteneva “qualche
oggetto d’arte di pregio”.41 Ma gli uffici romani preferirono non dar corso
alla pratica portata avanti con tanto zelo dal prefetto di Potenza, e in calce
alla relazione prefettizia il capo della divisione affari generali e riservati scriveva “non occuparsene”.42 (DOC. 25)
Il 6 maggio 1936 un capitano del Regio Esercito della Divisione
Militare di Napoli, Attilio Tadonio, si presentava ad uno dei cancelli della
villa chiedendo al custode Luigi Marchetti di poterla visitare. Il Marchetti
cercò di fare resistenza, dichiarando che le disposizioni ricevute dal proprietario della villa non gli permettevano di accogliere la richiesta. Ma dinanzi
alle insistenze del capitano, il custode dovette cedere facendo visitare il villino “in tutti i suoi particolari”. Durante la visita, il Tadonio fece comprendere al Marchetti che probabilmente il villino sarebbe stato occupato. Il
giorno dopo, il 7 maggio, il Marchetti informava la sorella di Nitti, Anita,
consegnataria del villino, circa l’accaduto:
Vi fo sapere che ieri è venuto qui un capitano dell’esercito in divisa e volle
entrare, io lo volevo impedire ma lui disse che aveva l’ordine dall’autorità e
così le permisi di vedere dove lui credeva, visitò le stanze e domandò molte
cose volle sapere chi amministrava se ci abitavate e dove era il padrone volle
vedere dove era la via per entrare con l’automobile e sapere se avevate il
motoscafo io le risposi come sapevo, disse perché la tenevano abbandonata
e se vendevano e poi disse che si occuperà questa parola mi lasciò pensare,
io vi ho avvisato perché in dovere e così regolarvi ed informarvi se dovrebbe
succedere qualcosa di straordinario spero che siano curiosità in caso contrario dovrei essere avvisato del come contenermi. 43
Il progetto della colonia marina, fortunatamente, non andò in porto.
Al 23 giugno 1928, del resto, risale il progetto dell’ing. Raffaele
Tarantini per la costruzione della colonia in altra zona del Comune di
Maratea. (DOC. 26)
Sventata la minaccia di sequestro, si profilano continuamente nuovi
pericoli, che toccano il culmine quando la costa tra Maratea e Sapri, alla
fine della guerra, diviene teatro di un combattimento tra i nazisti in ritirata
e le truppe alleate. Nitti, che apprende dell’episodio attraverso i giornali
tedeschi, scrive: “Ma Acquafredda esiste ancora? e che cosa troverò tornando in Italia? che cosa non sarà stato portato via dalle truppe combattenti e
che cosa non sarà stato distrutto?”
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Grande è, in particolare, la preoccupazione per la sua amatissima biblioteca: “Ad Acquafredda sono da dieci a quindicimila libri, e numero grandissimo di opuscoli, alcuni assai rari. Che cosa sono diventati? non so più
nulla”; ma lascia trapelare, anche, ciò che doveva rappresentare per lui l’eremo lucano nella sua interezza: “Che cosa è stato di ciò ch’era nella villa? e la
stessa villa esiste più? o quanta parte di essa esiste? (...) Io avevo pensato di
fare di quella modesta villa e del piccolo podere che è intorno (meno di un
ettaro) il rifugio della mia vecchiaia, luogo di calma, di studio e di meditazione. Potrò, anche tornando in Italia, andare a soggiornare ad
Acquafredda?”44
DOC. 23. Scheda biografica di Francesco Saverio Nitti.
Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica
Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3549, fasc. 3.
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DOC. 24. Parigi, 6 luglio 1935. Lettera di Nitti al cognato Leopoldo Persico, nella quale
lo statista esprime l’amarezza provocatagli dalle tasse inique intimategli dal Governatorato
di Roma per la casa di via Alessandro Farnese e dall’Ufficio Imposte di Maratea per il fabbricato di Acquafredda. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione
generale di Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3549, fasc. 5.
DOC. 25. Potenza, 17 agosto 1935. Lettera del Prefetto di Potenza al Ministero dell’interno nella quale si spiegano i termini della questione relativa alla tassa sulla villa.
Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale di Pubblica
Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3549, fasc. 5.
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DOC. 26. 23 giugno 1928. Progetto di costruzione di colonia marina in Maratea.
Archivio di Stato di Potenza, Prefettura, Atti amministrativi.
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Ritorno ad Acquafredda
L’accorata domanda di Nitti troverà risposta soltanto nel dopoguerra: il
ritorno in Italia avviene nel luglio 1945 ma, una volta ancora, egli non
potrà godere che per brevi periodi del suo eremo sulla scogliera, essendo
nuovamente sceso nell’agone politico, mentre la sua vita privata viene continuamente segnata da tragedie.
Nel 1947, infatti, l’anziano statista (cui la morte già aveva sottratto due
figli, Vincenzo e Luigia) perde anche il figlio Federico e, qualche mese
dopo, la madre; Antonia, la moglie amatissima - con la quale ancora nel
1947 si faceva ritrarre nel giardino del rifugio lucano - lo abbandonerà per
sempre all’inizio del 1948, lasciandolo in uno stato di profonda desolazione
(e quasi, per sua stessa ammissione, di non-vita).
Proprio nel 1947 si situa uno degli ultimi soggiorni di Nitti ad
Acquafredda, ricostruibile attraverso la sua agenda di quell’anno. (DOC.
27) Nitti partì da Roma il mattino del 7 agosto accompagnato dalla moglie
e dai due nipoti Antonella e Mariano Dolci, orfani della figlia Luigia.
Dovette essere un viaggio piacevole, allietato dagli omaggi di molti amici e
dai festeggiamenti degli stessi ferrovieri. Arrivarono alle ore 13.00 ad
Acquafredda, dove Nitti trovò “tutto in abbandono”. La casa era in buono
stato, grazie a recenti interventi di restauro, ma pure bisognosa di lavori per
diventare più “confortevole e sicura”. Ad Acquafredda arrivarono la figlia
Filomena con il marito Daniel Bovet ed i loro due bambini. Nitti si inserì
subito nella vita del paese andando la sera stessa a cena a casa dei Crivella.45
Di questo periodo sono rimaste, tra l’altro, alcune lettere inviate da
Francesco Saverio e da Antonia Nitti all’amico e compare Alfredo Saraceno
di Atella. Il 9 agosto 1947 così scrive la signora Nitti: “Caro compare,
siamo finalmente giunti in questo asilo di pace e io spero di trattenere mio
marito in assoluto riposo almeno fino alla fine del mese.” (DOC. 28) In
calce alla lettera, Nitti aggiunge di suo pugno: “Ero stanchissimo e mi sono
deciso a venir qui dove la gente mi lascerà più tranquillo o almeno più
solo.” Nella successiva lettera del 10 agosto, scrive ancora Nitti a Saraceno:
“Sono qui da cinque giorni e i primi tre mi sono riposato ma non bastano.
Ho guardato il sole e il mare.” Dopo i primi tre giorni, nessun riposo più
dovette esserci per Nitti il quale, con tono sconsolato, scrive nella terza ed
ultima lettera: “Ero venuto qui per riposare e ahimè! Non ho riposato e tornerò a Roma subito dove troverò ancora un grande lavoro.”
Le visite si diradarono poi a tal punto che, ad Acquafredda, come ricorda un ragazzo del luogo nei primi anni Cinquanta, “... don Francesco ...
non ci viene mai lui, ma don Peppino il nipote sì che ci viene, in estate...”
Anche sul villaggio il trascorrere del tempo ha, d’altro canto, lasciato
segni marcati: la piaga dell’emigrazione, qui come in molte parti della
Basilicata, ne ha fatto un “paese senza uomini”, come viene amaramente
descritto in un reportage giornalistico dell’epoca, firmato, per la rivista
“Noi donne”46, da Giose Rimanelli, ed illustrato dalle splendide fotografie
di Franco Pinna, che rendono per intero la triste realtà dello spopolamento,
ed il peso economico che viene a gravare interamente sulla popolazione
femminile. Piccoli abitati in cui i ragazzi (come il sedicenne Lucio le cui
parole abbiamo riportato sopra) riescono ad avere una macchinetta per farsi
la barba solo grazie alla generosità dei giornalisti che ha accompagnato nella
visita...
Per l’ex presidente del Consiglio, si avvicina intanto l’ora dell’ultimo
appuntamento. Nel suo testamento olografo, consegnato al notaio romano
Ramiro Volpe nel dicembre 1951, la disposizione iniziale riguarda proprio
la villa lucana:
La mia casa di campagna sita in Acquafredda (Potenza) con il terreno
annesso coltivato dal custode per suo uso personale, proprietà che ha sempre rappresentato per me un passivo (...) lascio per un terzo a mio figlio
Giuseppe, per un terzo a mia figlia Filomena e per un terzo ai miei nipoti
Mariano ed Antonella Dolci...
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Ormai morente, ai nipoti riuniti intorno al suo letto, Nitti disse: “Non
dimenticatevi il meridione: andate, viaggiate nel Meridione, cercate di
conoscerlo e di amarlo nel suo dramma; visitate la mia Melfi, la mia
Acquafredda, la mia Basilicata; l’Italia stessa deve cercare di capire il
Meridione.”47 Tra le ultime parole, tra gli ultimi pensieri, oltre a quelli per
il natìo Vulture e per i nipotini rimasti orfani, di cui raccontano le biografie
ufficiali, non ne poteva mancare uno per quello che era stato sì il luogo del
pensiero, ma anche - e molto più a lungo - il luogo del rimpianto.
Nitti insieme alla moglie in uno degli ultimi soggiorni ad Acquafredda.
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DOC. 27. Acquafredda di Maratea, 1947. Agenda di Nitti con le annotazioni riguardanti
il ritorno ad Acquafredda dopo il lungo intervallo degli anni d’esilio.
Archivio Centrale dello Stato, Francesco Saverio Nitti, b. 3, Agenda 1947, annotazione del
7 agosto.
DOC. 28. Acquafredda, 9 agosto 1947. Lettera di Antonia e Francesco Saverio Nitti ad
Alfredo Saraceno. Archivio privato Michele Saraceno in Atella (PZ), Carteggio Francesco
Saverio Nitti - Alfredo Saraceno (1915-1947).
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Veduta di Acquafredda negli anni Cinquanta del Novecento.
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Immagini di vita quotidiana ad Acquafredda riprese dall’obiettivo di Franco Pinna per la rivista “Noi donne” (per gentile concessione della Fondazione Pinna).
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Il tempo dell’abbandono
Per alcuni anni ancora, dopo la morte di Francesco Saverio Nitti, la casa
lucana torna ad animarsi almeno ad ogni estate, e riprende vita con le conversazioni degli amici e i giochi dei nipoti.
Uno di loro, in particolare, sembra destinato ad emulare il percorso
politico del nonno: Gian Paolo Nitti Bovet, figlio di Filomena. Ma, una
volta ancora, la tragedia è in agguato: in una curva della strada costiera,
mentre si dirige verso Acquafredda per riposarsi dalle fatiche di una vittoriosa campagna elettorale, perde la vita in un incidente della strada. Nel
discorso funebre tenuto nel corso dei funerali, Giorgio Amendola ricordò
come, nel suo percorso umano e politico, Gian Paolo Nitti fosse stato
molto aiutato
in un’incontro svoltosi a Maratea l’11 novembre 1974, del quale si conservano alcune fotografie provenienti dall’archivio privato di Vincenzo
Verrastro.
dall’amore per Acquafredda, dalla scoperta della vecchia casa, che rappresentò per lui un aggancio solido con la realtà, una possibilità di rapporti
concreti con gli uomini, le cose, il paesaggio, la condizione per non considerarsi più un emigrato, un apolide, o un rimpatriato. Acquafredda era
diventato il suo domicilio ideale.48
Da quel momento, per la madre (rimasta proprietaria insieme ai nipoti
Antonia e Mariano Dolci, dopo aver scambiato col fratello Giuseppe la
propria quota della casa romana), la villa è ormai popolata da fantasmi, e
giunge alla determinazione di cederla. Probabilmente qualcosa di tale decisione trapela all’esterno, e qualcuno concepisce l’idea di acquistare la proprietà per realizzarvi un piano di lottizzazione.
Ma non sarà certo Filomena a tradire la memoria storica del luogo: non
si rivolge perciò ad un acquirente qualsiasi, bensì ad un’istituzione: nel
luglio 1973, con un atto di compravendita sottoscritto da Vincenzo
Verrastro - allora presidente della Giunta Regionale - la proprietà passa alla
Regione Basilicata. (DOC. 29)
Il problema di un degno riutilizzo della villa venne quasi subito discusso
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Acquafredda di Maratea, 11 novembre 1974. Il presidente della Regione Basilicata,
Vincenzo Verrastro, in visita a Villa Nitti. Archivio privato Vincenzo Verrastro in Potenza.
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DOC. 29. Potenza, 18 luglio 1973. Atto di acquisto di Villa Nitti da parte della Regione Basilicata. Archivio della Regione Basilicata, Fascicolo Villa Nitti.
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Note
1) Le descrizioni degli interni della villa e di alcune vicende che vi si svolsero sono dovute principalmente a Franco Bonelli e Giacomo Schettini, che nuovamente ringraziamo.
2) Sul busto, vd. in appendice. La libreria, trasferita in uno degli annessi della villa, è
recuperabile praticamente per intero.
3) Vd. supra, p. 28
4) E. D’AURIA, Carteggio… cit., p. 175.
5) F. BARBAGALLO, Nitti, Torino, UTET, 1984, p. 424.
6) E. D’AURIA, Carteggio… cit., p. 178.
7) Ivi, p. 182.
8) F. BARBAGALLO, Nitti cit., p. 641.
9) ACS, Francesco Saverio Nitti, b. 3, Agenda 1921, annotazione del 22 settembre.
10) E. D’AURIA, Carteggio… cit., p. 185.
11) Ivi, p. 200; ACS, Francesco Saverio Nitti, b. 3, Agenda 1922, annotazione del 17 aprile.
12) Ibid., annotazione del 23 agosto.
13) E. D’AURIA, Carteggio… cit., p. 205.
14) F. BARBAGALLO, Nitti cit., p. 456.
15) Ivi, p. 458.
16) Ivi, p. 462.
17) Ivi, p. 470.
18) G. PADULO, Francesco Saverio Nitti. Agenda del 1924, in “Archivio Storico Italiano”,
497-498, 1978, p. 268.
19) Ivi.
20) F. BARBAGALLO, Nitti cit., p. 650.
21) S. DE NICOLA, Francesco Saverio Nitti ad Acquafredda… cit., p. 5; A. BAROLINI,
A cent’anni dalla nascita… cit.; Il recupero di villa Nitti a Maratea… cit., pp. 51-52. Il
clima ormai non più sereno che si respirava a Villa Nitti traspare anche da due lettere
scritte da Acquafredda dalla madre di Nitti, donna Filomena, il 22 novembre 1922 ed
il 4 maggio 1923: cfr. P. DI STASI, Due lettere di donna Filomena Nitti, in “Aspetti
Letterari”, 1967, II, pp. 25-27.
22) ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, Casellario Politico
Centrale, b. 3548.
23) Ibidem.
24) Ibidem.
25) Ibidem.
26) F. BARBAGALLO, Nitti cit., p. 473.
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27) ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, Casellario Politico
Centrale, b. 3548.
28) Ibidem.
29) F. BARBAGALLO, Nitti cit., pp. 475, 477.
30) E. D’AURIA, Carteggio… cit., p. 228.
31) G. AMENDOLA, Una scelta di vita, Milano 1976, pp. 77-78.
32) F. GRISI, Una tragedia: la morte di Gian Paolo Nitti in un incidente stradale, in
“Aspetti Letterari”, 1970, IV-V, p. 39.
33) C. MAGISTRO, L’uomo di Acquafredda, in Francesco Saverio Nitti. La Regione
Basilicata nel cinquantenario della scomparsa. Mostra fotografica documentaria, a cura di
C. MAGISTRO, Potenza 2004.
34) ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, Casellario Politico
Centrale, b. 3548.
35) Ibidem.
36) F. BARBAGALLO, Nitti cit., p. 453.
37) G. PADULO, Francesco Saverio Nitti. Agenda del 1924, in “Archivio Storico Italiano”,
497-498, 1978, p. 318.
38) ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3549, fasc. 3 opp. 5?
39) F. BARBAGALLO, Nitti cit., p. 522.
40) ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3549, fasc. 5.
41) Ibidem.
42) F. BARBAGALLO, Nitti cit., p. 518.
43) ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3549, fasc. 5.
44) F. S. NITTI, Scritti politici. Diario di prigionia - Meditazioni dell’esilio, Bari 1967, pp.
709-713.
45) ACS, Francesco Saverio Nitti, b. 4, fasc. 3b, Agenda 1927, annotazione del 7 agosto.
46) “Noi donne”, n. 6, 8/2, 1953, pp. 6-7. Le due pagine della rivista sono state riprodotte in fac simile in: G. PINNA, Con gli occhi della memoria. La Lucania nelle fotografie
di Franco Pinna. 1952-1959, Trieste, Il Ramo d’Oro Editore, 2002, p. 148.
47) cfr. Michele Saraceno, Introduzione, in Vincenzo Nitti, L’opera di Nitti, Torino, Piero
Gobetti Editore, 1924 (rist. anast., Centro UNLA, Melfi, 2004).
48) F. GRISI, Una tragedia: la morte di Gian Paolo Nitti… cit., p. 40.
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