GraphicZine 4
dello STUDIO GHIROTTI
GOBESSO
Paola Ghirotti, Roberto steve Gobesso
con Claudio Appetito e Alessandra Grossi
ROMA www.ghirottigobesso.com
anno UNO numero QUATTRO
LO STUDIO VI AUGURA UN FELICE ANNO DEL(dal
BUE
26 gennaio)
NUMERO
QUATTRO
OTTOBRE/DICEMBRE 2008
Studio Ghirotti Gobesso . Foto © Paola Ghirotti
GENNAIO JANUARY 2009
Kyoto
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un Giappone per il 2009
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Seijin no hi
PaolaGhirotti
martedì
Gifu-ken SANKYOKU RENGOHKAI
Gantan
2009.1.5 Junior Concert in Salamanca Hall
fresco di stampa
Calendario
dello Studio Ghirotti Gobesso
un Giappone per il 2009
Formato:
cm 28 x 58 a quattro colori
Qui la copertina
e il mese di gennaio
15 fotografie di Paola Ghirotti
Progetto e realizzazione:
Claudio Appetito
Paola Ghirotti
Roberto steve Gobesso
Alessandra Grossi
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 02
Studio Ghirotti Gobesso . Foto © Paola Ghirotti
Studio Ghirotti Gobesso . Foto © Paola Ghirotti
FEBBRAIO FEBRUARY 2009
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Kenkoku kinen no hi
Gifu-ken SANKYOKU RENGOHKAI
lunedì
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venerdì
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sabato
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Setsubun
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MARZO MARCH 2009
Kyoto
2009.1.5 Junior Concert in Salamanca Hall
Hina matsuri
Gifu-ken SANKYOKU RENGOHKAI
Shunbun no hi
2009.1.5 Junior Concert in Salamanca Hall
fresco di stampa
Calendario
dello Studio Ghirotti Gobesso
un Giappone per il 2009
GRAPHICZINE
Qui i mesi di febbraio e marzo
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 03
PAOLO PICOZZA
a.
paolo picozza
giovedì 6 novembre 2008 dopo le sei di sera
P
A
O
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C
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Z
Z
A
4 via capo le case . 00187 roma
voce 06.6791387. fax 06.6795844
www.galleriailsegno.com . [email protected]
orario 10.30-13.00 / 17.00-19.30
chiuso il lunedì mattina, domenica e sabato pomeriggio
Intorno, 2008, bitume e smalto su tela, cm 58 x 200
testo di marco tonelli
c.
b.
fresco di stampa
Cliente:
Galleria il segno
Elaborato:
catalogo mostra d’arte
Apnea, personale di Paolo Picozza
catalogo a cura di Francesca Antonini
e Giovanna Caterina de Feo
con un testo di Marco Tonelli
GRAPHICZINE
Caratteristiche del catalogo:
formato cm 27 x 24
96 pagine a quattro colori
c.:
invito
in formato cm 21 x 10
a.: copertina
dell’edizione per la mostra a Roma
Progetto e realizzazione:
Roberto steve Gobesso
b.: copertina
dell’edizione per la mostra a Tolosa
presso Galerie Fabrice Galvani
Immagine coordinata con sito internet
www.galleriailsegno.com
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 04
© 2008 Galleria il segno
Galleria il segno
Affondamento e verità
Roma, novembre-gennaio 2008
Catalogo a cura di/Curateurs du catalogue
Francesca Antonini
Giovanna Caterina de Feo
di Marco Tonelli
Galerie Fabrice Galvani
Vorrei parlare di una condizione intima, cioè l’essere, ed una pubblica del quadro, cioè l’apparire, evento che può mettere in crisi il suo essere. Non si parla del rischio che corre l’opera di fronte
al giudizio degli altri, al loro consenso o dissenso, qui per pubblico intendo la conclusione di un
quadro, il dover decidere che quello è un dipinto finito o uno studio o un bozzetto o un’opera incompleta, se non addirittura fallita. Non importa quale delle cinque, ma in ognuna di queste definizioni c’è comunque una chiusura perentoria, l’assegnazione di una condizione, di uno stato, di
un apparire che viene imposto all’essere. Questa decisione provoca a volte ansia e inquietudine,
in chi esegue e in chi guarda.
Per condizione intima non intendo quella psichica del pittore ma della pittura, laddove intimo è
lo stato del farsi dell’opera, la sua felice instabilità e apertura, le possibilità tutte ancora praticabili del suo futuro essere, spinto e ritardato sempre più in là. Finchè l’opera rimarrà a studio, sovrapposta, affiancata, nascosta da innumerevoli altre, sarà ancora viva e ricca di possibili vite. Questa
vitalità è la condizione della pittura come parte integrata e non separata dell’artista.
È tale condizione di felice instabilità che permette a Paolo Picozza di lasciarsi aperte tutte le strade, che nel suo caso sono realmente tali: strade e sentieri tra foreste e paesaggi, tra edifici industriali e metropolitani.
Toulouse, décembre-janvier 2008
testo di/texte de Marco Tonelli
4 via capo le case
00187 roma
voce 066791387
fax 066795844
www.galleriailsegno.com
[email protected]
2 rue fermat
31000 toulouse
tél / fax 0562172492
orario 10.30-13.00 / 17.00-19.30
chiusa il lunedì mattina
il sabato pomeriggio e la domenica
horaire
10.30-12.30 / 14.30-19.00
du mardì au samedì
PAO LO PI COZ Z A
Immersion et vérité
www.galeriefabricegalvani.com
[email protected]
de Marco Tonelli
Je voudrais parler d’une condition intime, autrement dit l’être, et d’une condition publique du tableau, à savoir le paraître, événement qui peut mettre en question son être. Il ne s’agit pas du risque
encouru par l’œuvre face au jugement des autres, à leur approbation ou désapprobation, j’entends ici
par public la conclusion d’un tableau, l’obligation de décider que le tableau est fini ou est une étude,
une ébauche, ou une œuvre incomplète, ou même carrément ratée. Chacune de ces définitions, peu
importe laquelle, contient une fermeture péremptoire, l’assignation d’une condition, d’un état, d’un
paraître qui est imposé à l’être. Cette décision suscite parfois anxiété et inquiétude chez l’auteur et chez
celui qui regarde.
Par condition intime je n’entends pas celle de la vie psychique du peintre mais celle de la peinture,
intime est l’état de l’œuvre en train de se faire, son heureuse instabilité et ouverture, les possibilités
toutes encore praticables de son être futur, poussé et renvoyé toujours plus loin. Tant que l’œuvre restera dans l’atelier, superposée, adossée, cachée par d’autres œuvres innombrables, elle sera encore
vivante et riche de vies possibles. Cette vitalité est la condition de la peinture comme partie intégrante
et non séparée de l’artiste.
C’est cette condition d’heureuse instabilité qui permet à Paolo Picozza de laisser ouvertes toutes
les routes, qui, dans son cas, le sont réellement : routes et sentiers entre forêts et paysages, entre bâtiments industriels et métropolitains. C’est la partie psychique de sa peinture : le paysage, qui n’en
Studio per La foresta di ghiaccio
2008 . smalto e carta su cartafeltro bitumata, foderata su tela . cm 194 x 594
émail et papier sur papier-futre bitumé, marouflé sur toile
Progetto grafico/ Conception graphique
Roberto steve Gobesso . STUDIO GHIROTTI GOBESSO
Fotografie/ Photographies
Studio Boys . Roma
Traduzione/ Traduction
Francesca Mosca
Ringraziamo/ On remerci
Claudio Appetito
Edoardo Aruta
Claudio Di Giambattista e Roberta Bucci
Alessandra Grossi
Gerad Kahn
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ro, opere fredde, gelide, mentali, drogate di acidi sintetici, che arrivano dritte al cervello, come scariche, come colpi, senza più sporcare neanche di terra, senza più sporcare neanche la terra, senza
più affondare nella palude. Penso ancora alla pittura di Kline, a quei suoi perentori gesti neri su bianco, che ad alcuni critici illuminati ricordavano le strutture e i piloni portanti in acciaio dei ponti di
New York, delle sopraelevate metropolitane. Gesti secchi e durissimi, senza bellezza alcuna se non
quella assoluta del loro essere fulminei ed essenziali come accettate, come lame di rasoi, come ferite e lacerazioni, come esplosioni. In Picozza queste sferzate si ricollegano, in senso tutto italiano,
quasi rinascimentale, al paesaggio, al senso panico della natura.
Dicevamo prima della coincidenza di arte e vita.
Nel caso di Picozza il punto è che, da una parte, fonde nella sua opera il processo realmente vissuto di una fisiologia e di una psicologia della pittura, dall’altra deve contenere l’affermazione di
Mainz, Fortezza di Mainz, 2004, Dal profondo
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questa verità dentro la cornice, finta, arbitraria, definita, del quadro. Insomma, la pittura di Picozza
alla fine genera questo interrogativo: “è possibile che dipingendo si riesca a dare realtà ad un gesto che appartiene ad un processo estraneo all’oggettività del reale?”. Credo che Picozza abbia capito il senso profondo di questo dilemma. Non usa la figura, non si lascia andare alla deriva astratta, ma mantiene sempre i piedi dentro quella palude lenta e inesorabile che gli ricorda, ci ricorda,
la gravità del reale e l’aspirazione ad uscirne, anche se questa pittura rimane pur sempre qualcosa
di molto diverso dalla realtà.
Senza barocchismi, manierismi, illusionismi, giochi di prestigio, funzioni metapittoriche, applicazioni concettuali dunque, ma considerando il dipingere un gesto non predeterminato ed un’azione
che deve pur avere, da qualche parte, una sua sostanza, Picozza dipinge fino in fondo e dipingendo dichiara, su tutte, la verità dei suoi quadri, la realtà della sua opera.
opere
œuvres
et noir, œuvres froides, glaciales, mentales, droguées d’acides synthétiques, qui arrivent droit au cerveau, telles des décharges, des coups, sans plus de terre pour salir, sans plus salir la terre, sans plus
s’enfoncer dans les marécages. Je pense encore une fois à la peinture de Kline, à ses gestes péremptoires noir sur blanc, qui pour certains critiques éclairés rappellent les structures et les piliers en acier
des ponts de New York, des métros aériens. Gestes secs et durs, sans beauté aucune si ce n’est celle,
absolue, de leur fulgurance et de leur caractère essentiel, comme des coups de hache, des coupures
de rasoirs, des blessures et des lacérations, comme des explosions. Chez Picozza ces coups de fouet
se rattachent, d’une manière bien italienne, presque Renaissance, au paysage, au sens panique de
la nature.
Nous venons de parler de la rencontre entre l’art et la vie. Dans le cas de Picozza, il se trouve que,
d’une part, il fond dans son œuvre le processus réellement vécu d’une physiologie et d’une psycholo-
14
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gie de la peinture, et de l’autre, il doit contenir l’affirmation de cette vérité dans le cadre, feint, arbitraire, défini, du tableau. Pour tout dire, la peinture de Picozza génère au bout du compte ce questionnement : « Est-il possible qu’en peignant on réussisse à donner une réalité à un geste qui appartient à
un processus étranger à l’objectivité du réel ? ». Je crois que Picozza a compris le sens profond de ce dilemme. Il n’utilise pas la figure, il ne se laisse pas aller à la dérive abstraite mais il garde toujours les
pieds dans ce marécage lent et inexorable qui lui rappelle, nous rappelle, la gravité du réel et l’aspiration à en sortir, même si cette peinture demeure toujours quelque chose de bien différent de la réalité.
Sans baroquisme, maniérisme, illusionnisme, prestidigitation, fonctions métapicturales, applications conceptuelles autrement dit, mais en considérant le peindre comme un geste non prédéterminé
et une action qui doit avoir cependant, quelque part, sa substance, Picozza peint jusqu’au bout et, en
peignant, affirme, sur toutes, la vérité de ses tableaux, la réalité de son œuvre.
Lo studio, ottobre 2008/l’atelier, octobre 2008
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Stupidi paesaggi freddi / Ghiacci
2007 . olio su carta . cm 21 x 30 ca.
huile sur papier
Vuoto sereno
2008 . bitume e smalto su tela . cm 88 x 200
bitume et émail sur toile
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Di ghiaccio e terra
2008 . bitume e smalto su tela . cm 105 x 210
bitume et émail sur toile
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OPERE IN CATALOGO / OEVRES EN CATALOGUE
‹1›
Intorno
2008 . bitume e smalto su tela . cm 58 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 16 ›
Ombra veloce
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 150
bitume et émail sur toile
‹ 31 ›
‹2›
Senza diamanti
2008 . bitume e smalto su tela . cm 74 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 17 ›
Ombre veloci
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 150
bitume et émail sur toile
‹ 32 ›
‹3›
Vuoto sereno
2008 . bitume e smalto su tela . cm 88 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 18 ›
Montalto corre
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 150
bitume et émail sur toile
‹ 33 ›
Caldo pantano
2008 . olio, bitume e smalto su tela . cm 170 x 170
huile, bitume et émail sur toile
‹4›
D’aria veloce
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 19 ›
Montalto d’ombra
2008 . bitume e smalto su tela . cm 64 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 34 ›
La strada
2006 . bitume e smalto su tela . cm 200 x 300
bitume et émail sur toile
‹5›
Cattedrali di terra
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 300
bitume et émail sur toile
‹ 20 ›
Montalto
2008 . bitume e smalto su tela . cm 88 x 200
bitume et émail sur toile
‹6›
La città d’acqua
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 300
bitume et émail sur toile
‹ 21 ›
Montalto nera
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 200
bitume et émail sur toile
‹7›
Muri a vento e acqua
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 22 ›
Volumi alieni per città nostre
2008 . olio, bitume e smalto su tela . cm 50 x 300
huile, bitume et émail sur toile
‹8›
Di ghiaccio e terra
2008 . bitume e smalto su tela . cm 105 x 210
bitume et émail sur toile
‹ 23 ›
Canti per muraglioni
2008 . smalto su tela . cm 176 x 330
émail sur toile
‹9›
Dune e vulcani
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 24 ›
Muraglioni romani
2008 . smalto e carta su tela . cm 99 x 338
émail et papier sur toile
‹ 10 ›
Riva
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 25 ›
Muraglioni di luce
2008 . smalto su tela . cm 50 x 300
émail sur toile
Di vulcani piatti e acqua morbida
2008 . bitume e smalto su tela . cm 42 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 26 ›
Come un sepolcro
2008 . smalto su tela . cm 170 x 370
émail sur toile
‹ 12 ›
Vulcani come onde di terra
2008 . bitume e smalto su tela . cm 50 x 150
bitume et émail sur toile
‹ 27 ›
Boschi freddi e code calde
2008 . bitume e smalto su tela . cm 92 x 152
bitume et émail sur toile
‹ 13 ›
Onda dura
2008 . bitume e smalto su tela . cm 76 x 200
bitume et émail sur toile
‹ 28 ›
Dinosauri in palude
2007 . bitume e smalto su tela . cm 92 x 152
bitume et émail sur toile
‹ 14 ›
Falene
2008 . bitume e smalto su tela . cm 40 x 80
bitume et émail sur toile
‹ 29 ›
Foresta
2005 . bitume su formica . cm 90 x 90
bitume sur formica
‹ 15 ›
Onda di terra
2008 . bitume e smalto su tela . cm 36 x 82
bitume et émail sur toile
‹ 30 ›
Pinete per cani nottambuli
2008 . olio e smalto su tela . cm 50 x 150
huile et émail sur toile
‹ 11 ›
‹ 24 › Muraglioni romani
2008 . smalto e carta su tela . cm 99 x 338
émail et papier sur toile
58
59
90
Correnti fredde
2008 . olio e smalto su tela . cm 64 x 200
huile et émail sur toile
Correnti fredde per valli d’oriente
2008 . smalto su tela . cm 200 x 320
émail sur toile
‹ 35 ›
Studio per Romanera, via Giolitti
2006 . bitume e smalto su carta foderata su tela
cm 199 x 295
bitume et émail sur papier, marouflé sur toile
‹ 36 ›
Porta Venezia 2
2005 . bitume, smalto e acrilico su tela
cm 200 x 400
bitume, émail et acrylique sur toile
‹ 37 ›
Hangar nero
2006 . smalto su cartafeltro bitumata
foderata su tela . cm 100 x 341
émail sur papier-feutre bitumé, marouflé sur toile
‹ 38 ›
L’umore rosso di Giordano Bruno
2006 . smalto su cartafeltro bitumata
foderata su tela . cm 100 x 342,5
émail sur papier-feutre bitumé, marouflé sur toile
‹ 39 ›
Tevere in nero
2005-2008 . bitume e smalto su tela
cm 96 x 305
bitume et émail sur toile
Stupidi paesaggi freddi:
ghiacci
vulcani
hangar
muraglioni
foreste
notti
strade
2007 . olio su carta . cm 21 x 30 ca.
huile sur papier
91
fresco di stampa
Cliente:
Galleria il segno
Qui alcune doppie pagine
Elaborato:
catalogo mostra d’arte
Apnea, personale di Paolo Picozza
catalogo a cura di Francesca Antonini
e Giovanna Caterina de Feo
con un testo di Marco Tonelli
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 05
PROGETTO
MC CAIN
L’AMERICA CHE NON SI ARRENDE
LA STRATEGIA DEL FALCO
CHE COSA CAMBIA PER NOI
LIMES CONTINUA SU www.limesonline.com
6 2008
In caso di vittoria dell’altro candidato
PROGETTO
OBAMA
Alcuni bozzetti di Koen Ivens per l’illustrazione
SE L’AMERICA TORNA L’AMERICA
L’AGENDA DELLA RINASCITA
CHE COSA CAMBIA PER NOI
LIMES CONTINUA SU www.limesonline.com
6 2008
fresco di stampa
Cliente:
Gruppo Editoriale L’Espresso
Elaborato:
copertina di
Limes/Rivista italiana di geopolitica
numero 6.2008
Progetto e realizzazione:
Roberto steve Gobesso
www.limesonline.it
Formato:
cm 17 x 24
a quattro colori
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 06
VICINO ALLE DONNE,
CON L’AIUTO DI TUTTI.
VICINO ALLE DONNE, CON L’AIUTO DI TUTTI.
Come sostenere le nostre attività
Chi siamo,
come operiamo,
le attività
che abbiamo svolto
dal 2000 al 2008
CHI SIAMO, COME OPERIAMO, LE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO DAL 2000 AL 2008
CHI SIAMO, COME OPERIAMO, LE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO DAL 2000 AL 2008
COME SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ
Una scelta che risponde a tanti perché.
Le risorse migliori nascono dalle idee.
La Komen Italia cerca sempre di percorrere strade non battute
e di generare nuove risorse economiche piuttosto che competere
per le poche attualmente disponibili. Testimonianza eloquente
di questo impegno sono le molte iniziative di raccolta fondi e di promozione
della prevenzione realizzate in questi anni con l’aiuto di molti sostenitori.
·
UN FRANCOBOLLO SPECIALE
Grazie ad una partnership con Poste Italiane,
nel 2002 è stato emesso il primo francobollo con sovrapprezzo
per la lotta ai tumori del seno.
Con i fondi raccolti
dal francobollo della Regina Elena (circa 1 milione di euro),
è stato possibile offrire 49 borse di studio a giovani ricercatori
e sostenere 12 progetti di educazione, supporto,
diagnosi e trattamento dei tumori del seno in Italia.
In accordo con le indicazioni dell’apposito Decreto
del Presidente della Repubblica (Dpr del 26 marzo 2002)
i fondi raccolti hanno anche contribuito alla realizzazione
del nuovo Centro Interdipartimentale di Senologia nel Policlinico Gemelli di Roma.
Il successo ottenuto dal francobollo della Regina Elena
ha aperto la strada all’emissione di un nuovo francobollo
nel marzo 2006, questa volta di posta prioritaria,
con sovrapprezzo di 30 centesimi e tuttora in vendita.
·
SAMSUNG A FAVORE
DELLA LOTTA AI TUMORI DEL SENO
Tra la fine del 2007 e i primi mesi del 2008, sulla scia
di un progetto a carattere internazionale fortemente voluto
da Samsung, è stata avviata una iniziativa di raccolta fondi
e sensibilizzazione con il coinvolgimento attivo
delle principali catene di vendita di prodotti di telefonia.
Dall’autunno 2008 è in corso la nuova partnership
‘more than talk’, in collaborazione anche con TIM,
che prevede una donazione
legata alla vendita di 2 speciali cellulari rosa.
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COME SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ
1 Avviare un programma di marketing sociale
Il marketing sociale è una scelta strategica vincente per un’azienda,
soprattutto se riguarda iniziative per la promozione della salute.
Nei paesi anglosassoni, dove il marketing sociale è nato,
l’impegno sociale delle aziende è fortemente apprezzato dai consumatori.
In Italia è una strategia promozionale in crescita,
con risultati molto incoraggianti.
·
‘DONA IL RESTO’,
UNA PARTNERSHIP
CON POSTE ITALIANE
Nel 2007 si è svolta una Campagna Nazionale
di Educazione alla Salute del Seno
promossa congiuntamente
da Poste Italiane e Komen Italia.
La campagna è stata affiancata
dall’iniziativa di raccolta fondi Dona il Resto,
con la possibilità per il cliente
di donare alla lotta ai tumori del seno
il resto di ogni operazione postale effettuata.
·
LA LOTTA AI TUMORI DEL SENO
È UNA CAUSA DI GRANDE RILEVANZA SOCIALE
Il tumore del seno è una malattia
che coinvolge direttamente o indirettamente moltissime persone.
È infatti il tumore più frequente nelle donne,
con ripercussioni che si riflettono sulla famiglia, sugli amici e sul lavoro.
Solo nel nostro Paese ogni anno si registrano oltre 37.000 nuovi casi.
·
LA KOMEN ITALIA
È UN’ASSOCIAZIONE MOLTO APPREZZATA
La Komen Italia è il primo affiliato internazionale
della Susan G. Komen for the Cure,
la principale organizzazione non profit nel mondo
impegnata nella lotta ai tumori del seno.
Dal 2000 ad oggi la Komen Italia ha svolto
numerosi programmi concreti e innovativi,
tanto da essere oggi annoverata tra le organizzazioni non profit più meritevoli,
efficaci e di successo in campo nazionale.
·
JOHNSON&JOHNSON PER LA SALUTE DELLE DONNE
La Komen Italia ha utilizzato ed utilizza
canali capillari e conosolidati,
offerti dai propri partner aziendali,
per veicolare alle donne, in modo diffuso,
le linee guida della prevenzione dei tumori del seno.
Dal 2003, ad esempio, è stata avviata
una collaborazione con la Johnson&Johnson
che ha portato alla creazione di confezioni speciali
dei prodotti Carefree contenenti
un pieghevole informativo sulla salute del seno.
·
LE AZIENDE SENSIBILI ALLE CAUSE SOCIALI
SONO PREMIATE DALLA CLIENTELA
Studi condotti da vari istituti di ricerca nazionali ed internazionali
hanno confermato che i consumatori sono sempre più sensibili alle cause sociali
e preferiscono acquistare prodotti di aziende socialmente impegnate.
Tali studi indicano che le aziende sensibili, premiate dalla clientela,
registrano un aumento del fatturato tra il 3 % e il 14 %,
e riscuotono maggiore consenso anche tra i propri dipendenti.
INTERNAZIONALI BNL DI ITALIA, LO SPORT SCENDE IN CAMPO
·
Dal 2008 la Komen Italia è stata scelta come partner
per le attività sociali da una delle più importanti
manifestazioni sportive italiane,
gli Internazionali BNL d’Italia.
La nuova partnership,
che sarà ripetuta anche nel 2009,
ha consentito inoltre di sensibilizzare
gli spettatori più giovani
ad adottare uno stile di vita salutare
e ad includere tra le proprie abitudini
le norme di prevenzione.
·
Il contributo economico può essere generato in due modi:
·
·
·
destinando una percentuale sulla vendita di ogni articolo
con una donazione predefinita dell’azienda,
non collegata direttamente all’andamento delle vendite del prodotto
QUALI SONO I VANTAGGI CONCRETI
Un programma di marketing sociale realizza benefici significativi per l’azienda:
·
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COME FUNZIONA UN PROGRAMMA DI MARKETING SOCIALE
L’azienda sceglie di legare alla Komen Italia il proprio marchio,
o quello di un prodotto, o di una linea dedicata.
Dalla vendita di tale prodotto deriva un contributo economico con cui l’azienda
aiuta la Komen Italia ad avviare nuovi progetti nella lotta ai tumori del seno.
AGGIUNGE VALORE AL PROPRIO MARCHIO
La partecipazione ad un’iniziativa benefica infatti
nobilita e conferisce prestigio al brand e all’azienda stessa
INCREMENTA LA VISIBILITÀ DEL BRAND AZIENDALE
Intorno al programma di marketing sociale può essere realizzata
una campagna di comunicazione sociale ad hoc sui media nazionali e locali
e nei punti vendita, eventualmente amplificata
dal coinvolgimento di speciali testimonial
FIDELIZZA LA PROPRIA CLIENTELA
I consumatori che abitualmente scelgono i prodotti dell’azienda
apprezzeranno sicuramente l’impegno sociale
e saranno motivati ancor di più a preferire tali prodotti
BENEFICIA DI AGEVOLAZIONI FISCALI
Secondo le normative vigenti le donazioni, le sponsorizzazioni
e le attività di volontariato aziendale dei dipendenti
a favore di una onlus godono di particolari benefici fiscali
(esonero parziale o totale del versamento di contributi
L. 80/2005 dell’art. 14 del decreto 35/2005)
DÀ UN GRANDE CONTRIBUTO ALLA COLLETTIVITÀ
Un programma di marketing sociale è in grado sia di generare fondi,
sia di aiutare a diffondere ad un più ampio pubblico messaggi
sulla salute del seno, allegando al prodotto un opuscolo educativo
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fresco di stampa
Cliente:
Komen Italia onlus
GRAPHICZINE
Elaborato:
Stampati istituzionali
per l’informazione e il sostegno
delle attività dell’Associazione
Formato:
ciascuno cm 21 x 29,7
a quattro colori,
un sedicesimo + copertina
Qui le due copertine
e due doppie pagine
Progetto e realizzazione:
Roberto steve Gobesso
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 07
Le attività svolte
dalla Komen Italia
Come sostenere
le attività della Komen Italia
CHI SIAMO, COME OPERIAMO, LE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO DAL 2000 AL 2008
COME SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ
Scegliere di essere al fianco della Komen Italia
è una decisione importante, con riflessi positivi
per l’azienda che si impegna a sostenere le sue iniziative
e anche per la collettività.
È una scelta che può essere fatta in diversi modi.
Komen Italia onlus. Per un futuro più rosa.
La Komen Italia è una organizzazione non-profit,
basata sul volontariato, che opera dal 2000 nella lotta ai tumori del seno.
La causa di cui si occupa ha una grande rilevanza sociale
e coinvolge direttamente o indirettamente moltissime famiglie italiane.
I tumori del seno infatti rappresentano le neoplasie maligne più frequenti nelle donne
e la principale causa di morte nella popolazione femminile sopra i 35 anni.
Seppure occasionalmente, anche gli uomini
possono sviluppare questa malattia (1 caso ogni 100 tumori del seno).
Ogni anno in Italia più di 37.000 donne ricevono una diagnosi di tumore del seno
e, sebbene le possibilità di guarigione siano piuttosto alte,
oltre 11.000 donne perdono la loro battaglia.
C’è quindi ancora molto da fare, sia per rendere la malattia sempre curabile,
sia per aiutare le tante donne italiane ad affrontare questa esperienza con meno paura,
con maggiori informazioni e con un atteggiamento più determinato e positivo.
1 Avviare un programma di marketing sociale
2 Diventare sponsor della Race for the Cure
3 Contribuire con altre azioni di sostegno all’Associazione
Questi sono gli obiettivi della Komen Italia:
·
PROMUOVERE LA PREVENZIONE SECONDARIA
cioè la diagnosi precoce, strumento di grande efficacia,
che può consentire la guarigione in oltre il 90 % dei casi
·
INCREMENTARE IL SUPPORTO ALLE DONNE
CHE SI CONFRONTANO CON LA MALATTIA
per aiutarle a disporre di informazioni
sempre adeguate e di maggiori opportunità
per il recupero del pieno benessere fisico e psichico
·
CONTRIBUIRE A MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLE CURE
attraverso l’aggiornamento continuo degli operatori sanitari,
il sostegno a giovani ricercatori e il potenziamento delle strutture cliniche.
La Komen Italia raccoglie fondi,
con iniziative spesso innovative, per svolgere i propri progetti
in ognuno di questi settori, ma anche per aiutare altre associazioni
a realizzare nuovi programmi nella lotta ai tumori del seno.
1
CHI SIAMO, COME OPERIAMO, LE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO DAL 2000 AL 2008
La Race a Roma fa un po’ storia...
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CHI SIAMO, COME OPERIAMO, LE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO DAL 2000 AL 2008
COME SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ
Il 28 maggio 2000 la Komen Italia
affronta con successo la sua prima sfida:
organizzare a Roma la prima Race for the Cure
mai svolta al di fuori degli Stati Uniti.
Il favore del pubblico va ben oltre
le più ottimistiche aspettative
già nella prima edizione, e al Circo Massimo si contano più di 5.500 partecipanti
e ben 200 Donne in Rosa che, per la prima volta,
decidono di raccontare pubblicamente la loro esperienza con il tumore del seno.
·
Così il 10 giugno la Race si corre anche a Bari
Anche DA NOI, sulla scia del modello americano,
la Komen Italia realizza con i propri partner
iniziative di raccolta fondi e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Tra le partnership più importanti:
Mars Snackfood realizza da alcuni anni
un pacchetto esclusivo di M&M’s personalizzando
le famose praline di cioccolato con il simbolico fiocco rosa
e donando alla Komen il 10 % di ogni confezione venduta,
per un totale di oltre 3 milioni e mezzo di dollari.
e il 14 ottobre a Bologna.
Anche in queste città il successo di pubblico
è pari a quello registrato a Roma e cresce di anno in anno,
così come il sostegno convinto di istituzioni e testimonial.
BARI 2008
·
Negli STATI UNITI, la Susan G. Komen for the Cure
viene continuamente scelta da un gran numero di aziende di grande livello,
sia nazionali che internazionali, per campagne di marketing sociale.
Solo per citare alcuni esempi:
Nel 2007 il successo consolidato della Race di Roma
incoraggia la Komen Italia a lanciare la mini-maratona anche in altre città italiane.
Il successo della manifestazione cresce di anno in anno
e nel maggio 2008 la nona edizione della Race
fa segnare un ennesimo record di presenze,
con quasi 37 mila iscritti e oltre 2.100 Donne in Rosa,
qualificandosi come la seconda mini-maratona più partecipata d’Italia.
COME SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ
I vantaggi concreti di un programma di marketing sociale.
... e si diffonde in Italia.
Johnson&Johnson, tra i principali sostenitori
della Race fin dal 2000, ha realizzato una campagna
di educazione e raccolta fondi con il proprio marchio Carefree,
personalizzando le confezioni con un opuscolo
per la salute del seno e un bollettino postale per
le donazioni delle proprie clienti.
BOLOGNA 2008
Samsung, partner
della Komen Italia dal 2007 e co-major sponsor delle Race,
nell’ottobre del 2008 ha avviato, anche con la collaborazione di TIM,
una nuova campagna di raccolta fondi ‘more than talk’
legata alla vendita di due telefoni cellulari rosa.
Energizer è ormai da anni sponsor nazionale della Race negli Usa.
Inoltre, ogni autunno, fornisce un ulteriore supporto
attraverso la vendita di una confezione speciale di batterie.
Telecom Italia, nel 2001, ha dedicato alla Komen Italia
una scheda telefonica per promuovere la Race
e per sensibilizzare l’opinione pubblica
sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce.
New Balance, tra i maggiori sostenitori della Komen Usa
e sponsor tecnico delle Race, devolve il 15 % del prezzo di vendita
di una collezione sportiva contraddistinta dal fiocco rosa.
Ad oggi, l’iniziativa ha consentito di raccogliere 1,450,000 dollari.
Analoga partnership sta per partire anche in Italia.
5.000
9.000
12.000
17.000
18.000
20.000
25.000
34.000
Beauty Point, affermata catena di profumerie
del centro Italia e partner storico della Race,
nel maggio 2008 ha deciso di avviare anche
un nuovo progetto di marketing sociale
destinando all’Associazione
parte del ricavato della vendita
di alcuni prodotti ‘a marchio’.
Wacoal, affermata azienda di intimo, dona 2 dollari
per ogni reggiseno acquistato, o anche soltanto provato,
nel corso dell’evento speciale Fit for the Cure,
con un contributo complessivo alla Fondazione
di oltre 1,3 milioni di dollari.
LA PARTECIPAZIONE ALLA RACE DI ROMA
37.000
Poste Italiane, nel 2007,
ha realizzato con la Komen Italia
la campagna nazionale di raccolta fondi Dona il Resto
che prevedeva per i clienti di Poste
la possibilità di donare all’Associazione
il resto delle proprie operazioni effettuate.
KitchenAid ha realizzato
una speciale linea rosa di utensili e robot da cucina
donando il 10 % del prezzo di vendita di ogni prodotto alla Komen,
raccogliendo ad oggi oltre 5 milioni di dollari.
Da qualche anno l’iniziativa si svolge anche in Italia.
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2003
2004
2005
2006
2007
American Airlines che sostiene la Race da oltre 20 anni,
offre ai propri clienti un bonus di 5 miglia
per ogni dollaro donato alla Komen attraverso un link online.
La partnership, partita nel 2008,
ha già consentito la raccolta di 600.000 dollari
ed anche in Italia sono allo studio delle iniziative simili.
2008
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CHI SIAMO, COME OPERIAMO, LE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO DAL 2000 AL 2008
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L’INCONTRO CON LA FIRST LADY AMERICANA
Nel febbraio 2006, la First Lady americana Laura Bush - per molti anni
volontaria della Fondazione Komen negli Stati Uniti ha riservato alla Komen Italia l’onore di una visita ufficiale.
Nel corso di tale visita la signora Bush
ha ricevuto dalla madrina della Race 2006 Flavia Veltroni
la maglietta ed il pettorale n. 1 della manifestazione,
ed ha consegnato
il primo Premio al Volontariato istituito dalla Komen Italia.
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CHI SIAMO, COME OPERIAMO, LE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO DAL 2000 AL 2008
COME SOSTENERE LE NOSTRE ATTIVITÀ
2 Diventare sponsor della Race for the Cure
Un progetto che fa muovere il mondo.
Fin dall’inizio la Komen Italia ha avuto la capacità di coinvolgere attivamente
istituzioni, sponsor, testimonial e volontari,
che hanno affiancato generosamente l’Associazione in questi anni
consentendole di operare con sempre maggiore efficacia
e di raggiungere un pubblico sempre più vasto.
·
IL COINVOLGIMENTO DELLE ISTITUZIONI
La Race for the Cure, l’evento più conosciuto della Komen Italia,
è una mini-maratona che ha l’obiettivo di raccogliere fondi,
sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione
ed esprimere solidarietà alle donne
che si confrontano con il tumore del seno.
Ministero della Salute
Regione
Lazio
Provincia
di Roma
Comune
di Roma
Regione
Puglia
Provincia
di Bari
Comune
di Bari
Regione
Emilia
Romagna
Provincia
di Bologna
Comune
di Bologna
·
·
LA VISITA DELLA SIGNORA NAPOLITANO
In occasione del Villaggio della Prevenzione 2007 a Roma,
la Komen Italia ha avuto l’onore della visita della signora
Clio Napolitano, moglie del Presidente della Repubblica,
che ha inaugurato l’unità mobile di mammografia
donata alla Komen Italia dalla Fondazione Johnson&Johnson
ed ha incontrato i numerosi volontari
impegnati nella realizzazione dell’iniziativa.
·
IL SOSTEGNO DELLA COMUNITÀ AMERICANA
La comunità americana a Roma e gli Ambasciatori degli Stati Uniti in Italia
sostengono da sempre con grande passione le attività della Komen Italia
e partecipano con entusiasmo ad ogni edizione della Race for the Cure di Roma.
Inoltre, nel gennaio 2008
presso la residenza romana dell’Ambasciatore,
è stato organizzato un cocktail
a favore della Komen Italia.
DEI LORO RAPPRESENTANTI
come Gianni Alemanno, Pierferdinando Casini, Sergio Cofferati
Vincenzo Divella, Beatrice Draghetti, Michele Emiliano, Publio Fiori
Enrico Gasbarra, Maurizio Gasparri, Mario Landolfi, Piero Marrazzo
Giovanna Melandri, Gianni Petrucci, Romano Prodi, Gianni Rivera
Ronald Spogli, Francesco Storace, Walter Veltroni, Niki Vendola e Nicola Zingaretti.
·
LA RACE È UN EVENTO CHE:
ha una grande visibilità sui media,
sia nazionali che locali
·
beneficia del supporto continuo
delle più importanti Istituzioni,
di tanti celebri testimonial e di prestigiose aziende
·
offre una importante occasione di “incontro diretto”
con un vasto e diversificato pubblico
per attività di sampling,
fidelizzazione di vecchi clienti
e raggiungimento di nuovi target
·
genera contributi per finanziare progetti,
anche di altre Associazioni,
nell’ambito della lotta ai tumori del seno in tutta Italia
·
·
Star Dust, società di vendita diretta
nel settore cosmetici a base naturale,
dal 2007 ha scelto la Komen come partner privilegiato
del suo primo progetto di marketing sociale.
Ogni mese vengono selezionati due prodotti e sono
devoluti all’Associazione 0.50 euro per ogni pezzo venduto.
DI TANTI PERSONAGGI PUBBLICI
come Livia Azzariti, Roberta Bianchi Gasbarra, Clio Bittoni Napolitano
Laura Bush, Maria Grazia Cucinotta, Ilaria d’Amico, Rosario Fiorello
Flavia Franzoni Prodi, Gianni Morandi, Flavia Prisco Veltroni
Isabella Rauti Alemanno, Giulio Scarpati, Roberta Serdoz Marrazzo e Georgia Spogli.
·
LA PARTECIPAZIONE ALLA RACE DI ROMA
Nel 2009
la Race for the Cure
di Roma è alla
DECIMA EDIZIONE
E L’ENERGIA INESAURIBILE DEI VOLONTARI
Domenica 17 maggio
sarà un evento straordinario
Gennaio 2008:
il presidente della Komen Italia al cocktail a Villa Taverna
tra la signora Veltroni e la moglie dell’ambasciatore Spogli.
40.000
5.000
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17.000
18.000
20.000
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34.000
37.000
30.000
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
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fresco di stampa
Cliente:
Komen Italia onlus
GRAPHICZINE
Elaborato:
Stampati istituzionali
per l’informazione e il sostegno
delle attività dell’Associazione
Qui alcune doppie pagine
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 08
a.
b.
via D’Ascanio 29 . 00186 Roma
voce 06.68808153 . mobile 331.4755910
partita iva 06266740965
www.resantiquaria.com . [email protected]
c.
via D’Ascanio 29 . 00186 Roma
voce 06.68808153 . mobile 331.4755910 . www.resantiquaria.com . [email protected]
d.
fresco di stampa
Cliente:
Res Antiquaria
di Elvira Cattaneo
Elaborato:
immagine coordinata
c.:
biglietto da visita
a.:
ridefinizione del marchio
da un esecutivo dell’architetto
Bartolomeo Quintiliani/Studio Q
d.:
cartoncino
b.:
logotipo
GRAPHICZINE
Progetto e realizzazione:
Claudio Appetito
Roberto steve Gobesso
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 09
fresco di rete
Cliente:
Res Antiquaria
di Elvira Cattaneo
Elaborato:
sito internet
Indirizzo:
www.resantiquaria.com
Progetto e realizzazione:
Claudio Appetito
Roberto steve Gobesso
Alessandra Grossi
Formato:
pixel 860 x 560
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 10
SAPIENZA - UNIVERSITÀ DI ROMA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA
DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA, RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI
SAPIENZA- UNIVERSITÀ DI ROMA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA
DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA, RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI
NUOVA SERIE, FASCICOLO 51 - 2008
NUOVA SERIE, FASCICOLO 51 - 2008
SAGGI
Giorgio Ortolani
VITRUVIO
E LA CULTURA DELL’ARCHITETTO
CARIATIDI E TELAMONI
NELL’ARCHITETTURA ‘IMPERIALE’
PAG
3
Arnaldo Bruschi
LE VICENDE DELLA CHIESA
DI SAN PIETRO IN MONTORIO
E QUALCHE NOTA
SUI PROBLEMI STORIOGRAFICI
DELL’ARCHITETTURA ROMANA
DEL QUATTROCENTO
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Daniela Salvi
PALAZZETTO TURCI
UN PICCOLO PALAZZO
PER L’ARISTOCRAZIA MINORE
35
RILIEVI E DOCUMENTI
Micaela Antonucci
UN «PALAZZO
COSTRUITO COME UNA FORTEZZA»
LA ROCCA DI MONTEFIASCONE
DAL MEDIOEVO
AGLI INTERVENTI DEI SANGALLO
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Rita Maria Elia
LA CHIESA
DELLA NATIVITÀ DI GESÙ
IN PIAZZA PASQUINO
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Sabrina Di Girolamo
LUIGI MORETTI
E IL VIALE DELL’IMPERO
AL FORO MUSSOLINI
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BONSIGNORI EDITORE
1
BONSIGNORI EDITORE
in cantiere
Cliente:
Sapienza
Università di Roma
Dipartimento
di storia dell’architettura,
restauro e conservazione
dei beni architettonici
Elaborato:
Quaderni
dell’Istituto di storia dell’architettura
numero 51.2008
con Bonsignori editore
Pagine:
96 + copertina
GRAPHICZINE
Qui la copertina e il frontespizio
Impaginazione:
Roberto steve Gobesso
Formato:
cm 24 x 34, in bianco/nero
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 11
Fig. 8 - Roma,
Foro di Traiano,
restituzione della facciata
della basilica Ulpia,
da P. Martellotti,
in «Palladio»,
36, 2005, p. 97.
Fig. 18 - Roma, complesso di San Marco (palazzo Venezia),
viridario, cortile (foto E. Bentivoglio),
da La Roma di Leon Battista Alberti, cit., p. 115.
Fig. 5 - Corinto, Museo archeologico,
statua di giovane orientale dalla Facciata
dei Prigionieri sull’agorà (foto dell’autore).
sembra concretizzare la descrizione di
Pausania. Il monumento costituiva un elaborato prospetto mistilineo, del tipo derivato dalle scene teatrali e usato anche
nei ninfei, che nobilitava l’accesso all’agorà della capitale della provincia Achaia.
Queste immagini di giovani con le braccia conserte (fig. 5), tipiche delle raffigurazioni di prigionieri, e con vesti orientali si riferivano ai parti, eredi dell’impero
achemenide sconfitti da Settimio Severo,
che aveva conquistato la stessa capitale
Ctesifonte, come illustrato nell’arco al Foro Romano. Nell’arco di Settimio Severo, dedicato nel 203, i plinti sostenenti le
colonne sono decorati con figure a rilievo di prigionieri di età matura, verosimilmente comandanti parti condotti da ufficiali romani. Lo stesso motivo fu poi replicato nello stesso contesto architettonico nell’arco di Costantino. Considerando le origini orientali di queste immagini
di popoli sottomessi, si può richiamare il
portale della grande Sala delle Udienze
di Serse a Persepoli (fig. 6), con la figura
del gran re in trono sovrapposta ad una
dettagliata raffigurazione a scala maggiore del trono stesso, tenuto sollevato da figure allusive ai popoli vinti, che potevano ispirare ai greci l’esecuzione di immagini analoghe 14.
Uno dei primi monumenti con la personificazione di una città sembrerebbe
quello ricordato da Vitruvio (II, 8, 15) a
Rodi, eretto da Artemisia alla metà del IV
Fig. 6 - Persepoli, portale della grande Sala delle Udienze con il re Serse in trono (foto dell’autore).
Fig. 20 - Roma, Palazzo Venezia, cortile,
le arcate del portico (rilievo Letarouilly,
particolare), da La Roma
di Leon Battista Alberti, cit., p. 123.
Fig. 7 - Roma, Foro di Traiano, restituzione dei portici laterali,
da P. Martellotti, in «Palladio», 36, 2005, p. 98.
sec. a.C., ove la sovrana imprimeva il segno della schiavitù alla città: «aeneasque
duas statuas fecit, una Rhodiorum civitatis, alteram suae imaginis, et ita figuravit
Rhodiorum civitati stigmata imponentem». Come tutta la trattazione su Artemisia però, Vitruvio sembrerebbe aver
sintetizzato realtà e fantasia, confondendo la sovrana con l’omonima antenata,
eroina nella battaglia di Salamina. Il primo esempio a Roma di queste monumentali personificazioni doveva essere il gruppo marmoreo delle quattordici nazioni
del teatro di Pompeo, ricordato da Plinio
(Naturalis Historia, XXXVI, 41) e Svetonio (Nero, 46), che le vede protagoniste
di uno degli incubi di Nerone che precedettero la sua morte. Non è stato invece
localizzato il portico ricordato da Servio:
«Porticum enim Augustus fecerat in qua
simulacra omnium gentium conlocaverat:
Giorgio Ortolani . CARIATIDI E TELAMONI NELL’ARCHITETTURA “IMPERIALE”
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quae porticus appellabatur Ad Nationes»
(Ad Aen., VIII, 721).
Nelle fonti storiche che descrivono la
basilica Aemilia nel Foro Romano, con le
statue dei frigi in marmo pavonazzetto,
come nelle statue ritrovate a Roma nell’area degli Horti Sallustiani al Quirinale, appartenuti anche a Cesare, appaiono
raffigurazioni di popoli vinti con i costumi orientali, la cui immagine esotica era
rafforzata dall’uso di marmi colorati, tra
cui il marmor phrygium da Synadda, o
‘pavonazzetto’ 15. Più o meno della stessa
epoca, in piccole dimensioni, possiamo
ricordare il rilievo funerario da Torre Gaia al Museo Nazionale Romano con figure di prigionieri-telamoni posti a sostegno di una sella curulis, o il rilievo da Pozzuoli al Museo Nazionale di Napoli con
cariatidi allusive a province conquistate,
anche perché inquadranti una figura di
donna prigioniera. Una successiva testimonianza di statue raffiguranti popoli vinti controllati da Roma è stata riconosciuta anche nel Foro Transitorio, dove gli
scavi hanno messo in luce un’altra delle
figure a rilievo dell’attico, simile a quella
rimasta in opera che era stata interpretata come Minerva, a cui era dedicato il
tempio al centro del Foro 16.
Sostegni architettonici simboleggianti
la sottomissione di popoli vinti furono poi
utilizzati nel Foro di Traiano, ultimo e più
grande dei fori imperiali che – sia nella
planimetria con grandi esedre semicircolari, sia nell’alzato (fig. 7) con portici corinzi sormontati da un attico – seguiva il
modello del Foro di Augusto. Di quest’ultimo riprende anche il tipo di cornice baccellata posta al di sopra dell’attico, dove
però erano posti daci prigionieri, come
quelli poi riutilizzati nell’Arco di Costan-
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 51/2008
complessivo dello svolgimento d’insieme
dei fatti.
È stato spesso osservato che – dopo la
ripresa edilizia papale, i progetti, le costruzioni e l’impostazione ideologica di
Nicolò V e dal suo tempo fino al tempo
di Pio II e poi a quello di Alessandro VI
– la vicenda dell’architettura quattrocentesca romana si svolge tra due fondamentali ‘caposaldi’ emergenti, per consapevolezza culturale, originalità e, almeno per
certe parti, elevato livello qualitativo, anche a confronto dell’insieme della produzione architettonica italiana coeva. Il primo ‘caposaldo’ dell’innovazione è costituito, al tempo di Paolo II, dall’ampliamento (linguisticamente preceduto dalla Loggia delle Benedizioni di Pio II a San Pietro, fig. 19) del complesso di San Marco
(Palazzo Venezia) (figg. 18, 20), con la chie-
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24
5
Come il grande palazzo cardinalizio,
anche il piccolo palazzo del curiale novarese deriva dall’ideale di un’architettura
all’antica vagheggiato dal Riario e da altri
umanisti della sua cerchia sulla base di un
nuovo interesse per Vitruvio e per i monumenti dell’antichità, maturato a partire dai primi anni Ottanta del Quattrocento 7. Circostanza che rende assai plausibile l’ipotesi circa la possibile presenza del
committente del palazzetto in tale giro di
studiosi, oltretutto considerando che il
Turci era scrittore apostolico come alcuni di loro8.
Turchi d’Asti, tanto da far pensare che la
stirpe del Turci provenga da un ramo dell’omonima casata astigiana 17. Infatti, dopo aver acquisito il titolo nobiliare nel XII
secolo, questa casata diviene potente e famosa nel secolo seguente esercitando il
dominio su Asti e su altri feudi, fino a stringere un legame con l’Impero alla fine del
Duecento; circostanza che l’induce ad assumere l’immagine dell’aquila nel suo
stemma 18. Ma, dal 1305 frequenti lotte civili protratte sino ai primi decenni del
Quattrocento spingono i Turchi d’Asti
verso un lento declino, ed è possibile che
alcuni di loro si siano trasferiti nel terri-
torio della vicina Novara in una condizione di decadenza tale da non permetterne
la considerazione negli elenchi delle famiglie nobili.
Comunque, alla fine del Quattrocento
vari esponenti dei de Turchis di Novara
sono presenti a Roma nella veste di funzionari pontifici. Il primo di cui sia documentata la presenza è il canonico milanese e notaio di Rota Pietro Turci, che nel
1481 risultava già da vari anni nella corte
romana 19, dove muore nel 1498 20. Mentre, dal 1494 si rileva l’esistenza nell’Urbe
dello scrittore apostolico Giovanni Battista Turci, già ricordato quale erede del pa-
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5
10 mt
Fig. 3 - Lo stemma di Giovanni Pietro Turci
nel camino marmoreo del secondo piano.
Fig. 2 - Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, A 1889.
Nel disegno è riconoscibile parte del prospetto di palazzetto Turci
su via del Governo Vecchio con varianti nella forma delle finestre.
Inoltre, sono rappresentati dei particolari della cornice terminale dell’edificio.
N
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Daniela Salvi . PALAZZETTO TURCI A ROMA
1 mt
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1717 Viene eretto un terzo altare dedicato a S. Antonio da Padova, al cui interno trova posto un quadro di Michelangelo Cerruti raffigurante il santo (Sciubba 1977).
1735 L’architetto Francesco Ferruzzi propone una possibile trasformazione della tribuna della chiesa presentando due dica.
segni rappresentanti la pianta e la sezione dell’ambiente.
Tale progetto presenta un impianto più articolato rispetto a quello esistente, configurando la parte di chiesa che
ospitava il coro come uno spazio distinto dal resto dell’aula. Ferruzzi prevede quindi lo sfondamento della parete
terminale, con la creazione di un’abside centinata e la realizzazione di una cupola, priva di tamburo, impostata su
quattro arconi e culminante in un’ampia lanterna. Il progetto non verrà tuttavia realizzato (Doc. 7; Manfredi 1991?).
1748 L’architetto Francesco Golia dirige i lavori per la realizzazione di una nuova sacrestia con annesso vestiario e per il
restauro dell’altar maggiore e dei quattro altari secondari
(Doc. 2; Manfredi 19912).
1748 14 settembre
Il muratore Pietro Luigioni firma la misura e la stima dei
lavori eseguiti (Doc. 2). In seguito alla realizzazione della
sacrestia, l’altare maggiore viene smontato completamente dei marmi d’impiallacciatura del gradino superiore e
delle colonne portanti in muratura. Esso viene poi ricostruito utilizzando gli stessi materiali. In seguito viene collocato un quadro in cornice di stucco eseguito dal Melchiorri (Sciubba 1977).
1749 La volta sulla cappella dell’altar maggiore viene demolita,
realizzandone una nuova a forma ellittica (Doc. 2).
1752 Giuseppe Vasi realizza un’incisione della piazza di Pasquino nella quale la facciata è raffigurata con un portale con
timpano e con paraste ai lati, rialzate su basamenti; in al-
76
1752 to il coronamento appare con profilo curvilineo (Vasi 1752).
1806 Giuseppe Valadier propone una sua soluzione per il rifacimento della facciata della chiesa. Giuseppe Antonio
ca.
Guattani, nel pubblicare la proposta del Valadier nel
1808, fa sapere che: «vari progetti sono stati messi in campo, ed esaminati, per venire al punto di dare a questo ...
Tempio una conveniente Facciata» (Guattani 1808; Marconi 1964).
Fig. 19 - Gaetano Bonoli,
grafico segnato col numero 3.
Figg. 20, 21, 22 - Giovan Battista Benedetti, rilievo della facciata esistente
e due soluzioni di progetto, grafici segnati con i numeri 4, 5, 6.
1828 L’architetto Francesco Gasparoni avanza una sua proposta per il rifacimento della facciata della chiesa di piazza
Pasquino (Scarfone 1999).
1835 Achille Pinelli realizza un dipinto nel quale mostra la facciata della chiesa con il suo insolito coronamento, le quattro finestre e il portale con timpano triangolare (Brizzi
1985).
1835- In questi anni si sviluppano iniziative che hanno per og1836 getto il rifacimento della facciata della chiesa.
Il 17 novembre 1835 l’architetto Luigi Moneti, per ordine del guardiano Gioacchino Ascenzi, rileva le misure del
fondamento del prospetto, pari ad una lunghezza di palmi 48 e 1/2, larghezza palmi 4 e 1/2 e altezza palmi 26 e 1/2
(Doc. 8). Ciò testimonia l’intenzione concreta di dar luogo ai lavori.
L’architetto Pietro Parisotti sottopone al cardinale Falzacappa, protettore dell’arciconfraternita degli Agonizzanti, la soluzione da lui ideata per il prospetto della chiesa,
affinché venga realizzata. Altri architetti inviano i loro progetti. La complessiva raccolta di questi si conserva nell’Archivio storico del Vicariato di Roma e comprende venti
grafici, di cui soltanto uno rappresenta il rilievo dello stato di fatto della facciata. Gli autori dei disegni sono: 1-2)
Cesare Corazzini (copia del disegno conservato all’ASL);
3) Gaetano Bonoli; 4-5-6) Giovan Battista Benedetti (rilievo della facciata esistente e due soluzioni di progetto);
7) Pietro Parisotti (copia del disegno conservato all’ASL);
8) Giuseppe Verni; 9-10) Gaetano Gnassi (tre soluzioni di
progetto e uno schema esecutivo relazionato all’interno
Rita Maria Elia . LA CHIESA DELLA NATIVITÀ DI GESÙ
76
Fig. 25 - Giuseppe Verni,
grafico segnato col numero 8.
Fig. 26 - Agostino Giorgioli,
grafico segnato col numero 11.
Fig. 9 - Veduta dell’interno in stato di abbandono in una cartolina della prima metà del ‘900.
Figg. 12, 13 - Loggiato a tre arcate sul lato occidentale, unica parte conservatasi del cortile interno cinquecentesco,
attribuito ad Antonio da Sangallo il Giovane. Veduta esterna e interna.
Fig. 10 - Corte interna allo stato attuale dopo gli interventi di restauro,
con la cisterna e i resti delle murature medievali e rinascimentali visibili dopo i lavori di scavo.
Fig. 11 - Dettaglio dei resti delle murature visibili sul lato meridionale della corte interna.
0
Fig. 14 - O. Fasolo, ricostruzione del loggiato cinquecentesco della rocca di Montefiascone
(da O. Fasolo, Contributo ad Antonio e G. Battista da Sangallo: la Rocca di Montefiascone,
in «Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura», fascc. 31-48, serie VI-VIII, 1961, pp.159-168).
Fig. 15 - Cortile interno: sulla sinistra, il loggiato a tre arcate;
al centro, i resti dell’ordine di pilastri dorici sulla parete
e sulla destra le sue arcate aperte verso l’ingresso.
Micaela Antonucci . LA ROCCA DI MONTEFIASCONE DAL MEDIOEVO AGLI INTERVENTI DEI SANGALLO
Fig. 17 - L. Moretti. Piazza Imperiale
all’E-42, 1938. A sinistra la divaricazione
dei portici laterali; a destra una veduta
prospettica di un lato minore della piazza
e in basso l’agorà di Assos, da M. Piacentini,
Classicità dell’E-42, in «Civiltà», 1938, p. 25;
Piazza imperiale ed edifici prospicienti,
in «Architettura», dicembre 1938,
a. XVII, fasc. speciale, pp. 870-871.
presentava carattere unitario pur essendo
strutturato su cinque diversi tipi edilizi. In
particolare, gli edifici progettati in prima
persona da Moretti furono da lui piegati
con minime variazioni di angoli, a realizzarne una percezione ancora una volta in
fondo complessa, nonostante la semplicità volumetrica e tipologica (figg. 18 e 19).
Dopo la Seconda guerra mondiale –
d’altronde – e proprio poco dopo il Villaggio Olimpico, lo stesso Moretti diede
una spiegazione sintetica ma efficace dei
propri riferimenti di trent’anni prima per
il viale dell’Impero, da lui inteso come
«…una strada, … un viale, … una corsa
monumentale, concepita nel senso – processionale e sacrale – dei cosiddetti viali
delle sfingi della tradizione templare egiziana. Il tema, che imponeva una sorta di
calendario commemorativo, è svolto nella maniera più semplice, e perciò stesso
più efficace: una duplice teoria di cippi
Figg. 18, 19 - L. Moretti, V. Cafiero, A. Libera, A. Luccichenti e V. Monaco.
Il Villaggio Olimpico, 1960. A sinistra la planimetria con gli edifici progettati da Moretti
segnati in nero, da I.n.c.i.s., Villaggio Olimpico, quartiere di Roma, Roma 1960, p. 1;
a destra le piegature evidenti dei corpi di fabbrica (2007).
Figg. 23, 24 - Gaetano Gnassi, tre soluzioni di progetto e uno schema esecutivo
relazionato all’interno della chiesa, grafici segnati con i numeri 9 e 10.
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 51/2008
25
1
2
3 mt
Fig. 16 - Resti della base del pilastro d’angolo
e della pavimentazione a spinapesce del cortile cinquecentesco.
Fig. 20 - A Limongelli. Ricostruzione del tempio
della Dea Hathor, 1933, da: C.E. Oppo,
Alessandro Limongelli, in «Architettura»,
a. XIII, 1933, fasc. VIII, p. 503.
Fig. 27 - Zappati ?,
grafico segnato col numero 13.
77
92
77
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 51/2008
65
65
Il viale dell’Impero nell’opera
di Luigi Moretti e altri confronti
Analogamente a quanto realizzato nel
1937 nel viale, anche nel progetto dell’anno successivo per il Concorso per la Piazza Imperiale, Moretti espresse una sensibilità spiccata per la percezione dei grandi spazi vuoti e dei loro dettagli. Anche
per l’E-42 i portici sui lati lunghi della piazza in questione, non avrebbero dovuto essere – diversamente da quanto era negli altri progetti presentati – paralleli all’asse
longitudinale della composizione, ma divaricati, in analogia proprio a quanto appena eseguito nel viale dell’Impero. Il rimando a questo è comunque esplicito per
l’adozione, ancora una volta, di nastri figurati a terra ai lati di un asse centrale longitudinale (fig. 17), marcato da una fontana. Con un occhio all’impianto planimetrico del Foro di Traiano e del Foro di Augusto – a quel tempo appena riscoperti, o
– anche – dell’agorà di Assos, come affermato dalla letteratura del tempo, il suo
modo di progettare era comunque sempre attento alla percezione dello spazio 35.
Lo stesso modo di procedere – non a
caso – ritorna anche molto dopo, nel Villaggio Olimpico realizzato sempre a Roma per le Olimpiadi del 196036. La presenza di Moretti nel gruppo di lavoro formato da Vittorio Cafiero, Adalberto Libera,
Amedeo Luccichenti e Vittorio Monaco,
risultò fondamentale in tal senso nella fase di impianto generale del progetto e nelle varie parti di sua competenza. Il quartiere, destinato ad alloggi per gli atleti e
poi per famiglie di impiegati dello Stato,
1805 Viene restaurato a cura dei confratelli l’altare del Crocifisso, costituito in particolare da due colonne in portasanta
e da un basamento in cui compare la scritta Liberalitas Fratum 1805. Nello stesso anno viene riedificato l’altare dedicato alla Madonna (Doc. 9).
1827 Per il saggio finale della classe di Architettura teoretica,
tenuta da Gaspare Salvi all’Accademia di San Luca, “si
propone ai studenti di quell’epoca per soggetto d’istruzione mensile l’invenzione del prospetto della ven. chiesa degli Agonizzanti”. Vengono così elaborate trenta diverse soluzioni, fra le quali viene prescelta col numero maggiore
di consensi quella redatta da Pietro Parisotti (doc. 10).
Dei disegni relativi all’esercitazione, due, ad opera di Cesare Corazzini e Pietro Parisotti, sono conservati nell’archivio dell’Accademia di S. Luca (Doc. 6; Marconi, Cipriani, Valeriani 1974).
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 51/2008
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Figg. 20, 38 - Soluzioni proposte per la realizzazione di un nuovo prospetto per la chiesa
della Natività di Gesù nel 1835-36. I disegni, eseguiti da vari architetti, si conservano numerati
da 1 a 20 all’interno di una raccolta nell’Archivio storico del Vicariato di Roma (figg. 20-36),
comprensiva delle copie di quelli realizzati da Cesare Corazzini e Pietro Parisotti,
indicate rispettivamente con i numeri 1, 2 e 7 (figg. 17-18). Gli ultimi due disegni (figg. 37-38)
si conservano invece nel Gabinetto Comunale delle Stampe. In questa pagina i seguenti autori:
1803 L’altare di S. Michele viene demolito per dar vita a quello della Madonna, dopo l’avvenuto miracolo del movimento degli occhi dell’immagine raffigurata nel quadro.
Con l’occasione si restaurano alcuni locali dell’oratorio
per una spesa complessiva di 563 scudi e 74 baiocchi
(Sciubba 1977).
Arnaldo Bruschi . SAN PIETRO IN MONTORIO E IL QUATTROCENTO
3
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 51/2008
36
1715 me diverse da quelle documentate nel 1835 (vedi). Non è
possibile arguire se lo scritto tratti di un prospetto già realizzato o se illustri un progetto di rifacimento.
La facciata nella soluzione pensata da Zampa è più elevata e larga rispetto alla situazione precedente, avendo così
una migliore proporzione; possiede uno zoccolo alla base, sopra il quale vi è un piedistallo sostenente una colonna per parte; le due colonne sorreggono l’architrave, il fregio e la cornice. Al di sopra del frontespizio è posizionata
una croce, con ai lati due figure che rappresenteranno le
virtù teologali. Quanto all’interno della chiesa, viene descritto come diviso in tre parti regolate dalla necessità di
adattarsi al preesistente edificio. Il primo spazio dell’aula,
che è il maggiore, si estende dalla porta fino al grande arco che sostiene superiormente un muro maestro. Il successivo spazio, della stessa ampiezza del primo, giunge fino al presbiterio. Infine vi è la cappella maggiore con il
suo altare. Qui la volta è dipinta e lumeggiata d’oro ed è
occupata nel mezzo da un quadro ovato in cui è dipinto
lo Spirito Santo. Nelle pareti della parte iniziale dell’aula
è eretto da ambo le parti un altare; questi si presentano
uguali nelle forme e intitolati al Crocifisso Agonizzante e
a S. Michele Arcangelo. Le fronti interne sono articolate
da quattro paraste (due per parte), che sostengono il cornicione che corre per tutta la chiesa; al di sopra del quale, nella volta, si aprono quattro finestroni ovati. Sul muro interno della facciata è situato, sopra la porta della chiesa, il coro dei musici (Doc. 3; Sciubba 1977).
coli (1471) e alla villa della Magliana (1490)
per Innocenzo VIII, ma anche lui detto
«architecto nobilissimo»21 – e di maestranze spesso lombarde oltre che, soprattutto, quello, spesso determinante, dei committenti. Dopo gli anni ‘82-‘83 la situazione tende in parte a cambiare, specialmente per apporti ‘urbinati’ che sembra plausibile attribuire a Baccio Pontelli in contatto a Urbino con Francesco di Giorgio
(anche quest’ultimo, abbiamo visto, negli
anni ‘80-‘90 saltuariamente di passaggio
a Roma). Tuttavia questa linea urbinate si
contaminerà con i precedenti, ormai consistenti modi eclettici locali. Alla fine degli anni ‘80 il palazzo della Cancelleria,
anche con altri apporti, specialmente urbinati e settentrionali, riassume, innovando, la situazione romana e prelude al decisivo cambiamento bramantesco.
Fig. 23 - Tipi di pilastri nell’architettura del Quattrocento a Roma (disegno dell’autore).
25
stenute da piedritti su alti piedistalli. Il secondo livello era invece ‘smaterializzato’
per tutta la sua altezza ed estensione dall’apertura di tre alte arcate su piedritti inquadrate da uno slanciato ordine di paraste tuscaniche su piedistalli, uniti da una
balaustra continua che permetteva l’affaccio. L’impaginato dell’ordine era coronato da un’alta trabeazione tripartita con fregio liscio e dentelli o mensole – il disegno
non è sufficientemente nitido – nella cornice. Tornando alla pianta fontaniana di
rilievo della rocca, il resto del complesso
è contrassegnato da un colore rosso-marrone chiaro e la legenda riporta: «Il Colorito di Acquerella Archit[ettu]ra Antica», ovvero le parti di origine medievale.
Lo spazio interno alle mura perimetrali è
diviso in vari ambienti indicati semplicemente come «Stanze» e «Salone», mentre una piccola «Cappellina» absidata è
indicata all’interno della torre sud-ovest.
È da notare come le pareti che suddividono gli ambienti siano raffigurate non in
tratto continuo come le mura perimetrali, ma con più incerte linee tratteggiate. I
recenti scavi effettuati nella rocca hanno
riportato alla luce le fondazioni delle strutture interne del complesso, che sembrano corrispondere in gran parte al disegno
di Fontana. Forse l’architetto, usando linee tratteggiate e non piene, voleva in tal
modo indicare come già nella seconda metà del XVII secolo quelle murature fossero demolite e ne fosse rimasta solo la traccia a terra. Si può avanzare l’ipotesi che
la realizzazione del bastione alessandrino
prima e del cortile leonino poi avessero
comportato il riassetto planimetrico dell’intero complesso edilizio, con la conseguente demolizione delle strutture medievali sui lati sud e ovest del palazzo papale, delle quali erano rimaste appunto solo le tracce dei muri di fondazione.
Non si hanno al presente altre notizie
dell’attività di Antonio da Sangallo il Giovane nella rocca, ma sappiamo che la presenza dell’architetto fiorentino a Montefiascone non si limitò agli interventi nel
complesso fortificato papale. Nel 1522,
in attesa che il nuovo papa Adriano VI
(Adriano Florensz, 1522-1523) giungesse a Roma dalla Spagna per insediarsi sul
trono pontificio, Sangallo venne eletto dai
cittadini di Montefiascone capitano del
popolo, come testimonia un documento
datato al 21 febbraio di quell’anno 29. Nel
1523, in seguito alla grave epidemia di peste che aveva colpito la città, il Consiglio
Comunale deliberò la costruzione di una
chiesa dedicata alla Vergine, in luogo di
un’edicola posta in località detta Monte
Moro lungo la strada tra Montefiascone
e Marta, che ospitava una raffigurazione
della Madonna contornata da angeli attribuita al viterbese Antonio del Massa-
Fig. 4 - Palazzetto Turci,
prospetto su via del Governo Vecchio
e pianta del piano interrato
(rilievo dell’autore).
lazzetto 21. Egli risulta esserne proprietario in un atto notarile del 1531, purtroppo privo di dati relativi al conseguimento
della proprietà dell’edificio (Appendice,
II); fatto che nella pratica notarile del tempo potrebbe significare un’acquisizione
antecedente di almeno dieci/quindici anni. Quindi è possibile che lo abbia ereditato prima degli anni 1515/20 e verosimilmente nel periodo compreso tra la fine del
1503 e il 1517, in cui si collocherebbe la
morte del suo predecessore, rispetto al
quale non è dato di sapere che tipo di legame parentale avesse 22.
Sposato con l’aristocratica Lucrezia
Giustini, figlia del curiale Paolo Giustini
di Castello del rione Parione, Giovanni
Battista Turci muore senza figli tra il 1533
(Appendice, IV) e il 1536, anno in cui la
moglie risulta vedova 23. A lei dona l’usufrutto vita natural durante del palazzetto,
esprimendo la volontà di lasciarne il possesso alla famiglia di origine, ovvero all’erede Enrico Turci (Appendice, II-IV).
Una volontà inizialmente rispettata dalla
nobildonna e sancita nel suo testamento,
ma poi trasgredita da un codicillo redatto nel 1554, poco prima della sua morte,
con il quale lasciava il palazzetto al nipote Pompeo Giustini (Appendice, V-VII).
Come i Turci, anche i Giustini mantengono per un breve periodo la proprietà
dell’edificio, poiché il primogenito di Pompeo, Girolamo Giustini, subentrato all’eredità paterna nel 1572 (Appendice, VIII),
vende nel 1611 palazzetto Turci al pittore Pietro Contini, già inquilino nel 1595
della «parte inferiore» del fabbricato (Appendice, IX e X) 24. È possibile che il Contini abbia vissuto in questa parte del fabbricato fin dal 1582, anno in cui sposa a
Roma Felicia Sebastiani 25, dato che sembra fosse già allora molto legato all’ambiente della vicina parrocchia di S. Maria
in Vallicella, o Chiesa Nuova, e in più coin-
Fig. 21 - Progetto del San Pietro di Nicolò V,
modello con proposta di ricostruzione
di C.L. Frommel, da La Roma
di Leon Battista Alberti, cit., p. 109.
Fig. 22 - Tipi di capitelli su pilastri ottagoni
a Roma nel Quattrocento, da S. Valtieri,
L’architettura a Roma nel XV secolo,
cit., fig. 6, p. 261.
Anche i tipi più diffusi di capitelli – prima degli anni Sessanta del Quattrocento
e oltre – adottati dai marmorari romani –
se questi non reimpiegano o copiano modelli romani antichi – sembrano spesso di
tipo medioevale, tardo gotico, apparentati a modelli toscani e normalmente connessi con pilastri ottagoni (fig. 23): per lo
più, negli esempi più arcaici, ad un solo
giro di foglie lisce (d’acqua), anche solo
angolari – come nel palazzo apostolico di
Nicolò V a Santa Maria Maggiore – sotto
un abaco squadrato 26.
L’architettura civile – condizionata da
esigenze pratiche e funzionali, dopo l’esilio avignonese senza una forte e omogenea
tradizione locale e in assenza di veri, conosciuti, modelli antichi di edilizia domestica – segue schemi in qualche modo ancora più ‘medioevali’ di quella religiosa.
24
0
Il committente
e i proprietari nel tempo
Il lavoro di Giovanni Pietro Turci presso gli uffici vaticani è documentato da copie di bolle papali redatte tra il 1490 e il
1503, da lui sottoscritte con la sigla Jo. de
Turchis 9. Ulteriori informazioni sul suo
conto sono fornite da Joannes Burckardt,
che dal 1493 al 1499 annovera il curiale
tra gli scrittori e gli abbreviatori chiamati a partecipare alle varie funzioni pontificie, ricordandolo nel 1497 anche negli
elenchi degli ufficiali del piombo 10. Il Turci non è invece ricordato nei registri dei
funzionari di curia 11, nel Chronicon della
Congregazione lombarda 12, né in repertori di famiglie abitanti in Roma 13. Il suo
nome non compare neanche nel censimento di Leone X, eseguito tra il 1517 ed il
1518 14. Dunque, è plausibile che sia morto prima di questi anni, e comunque dopo l’8 ottobre del 1503, data in cui sigla
la più tarda delle suddette bolle 15.
Egli intendeva certamente abitare nel
palazzetto che fece costruire, data la presenza di epigrafi con il suo nome, come
vedremo, pure negli ambienti interni. Mentre le modeste dimensioni del fabbricato
inducono a ritenere che intendesse viverci con poche persone, e che fosse quindi
celibe e forse un ecclesiastico. La sua famiglia era nobile ed era originaria presumibilmente di Pogno (Novara), visto che
da questa cittadina proveniva Bernardino
de Turchis, vescovo di Canovia (Dalmazia) 16 e fratello dell’erede del palazzetto, il
nobile Giovanni Battista de Turchis (Appendice, II e III). Le origini nobiliari del
committente dell’edificio sono rivelate anche dal suo stemma, posto centralmente
rispetto a ciascuna delle citate epigrafi e
caratterizzato dalla raffigurazione di una
torre merlata sostenuta alla base da quattro leoni e sovrastata da un’aquila (fig. 3);
ovvero, da un’immagine che, secondo la
simbologia araldica, rappresenta una nobiltà antica, potente e famosa. Un’immagine che contrasta tuttavia con la scarsa
notorietà dei de Turchis di Novara, per
nulla ricordati negli elenchi delle casate
nobili; mentre sembra riflettere i più noti
Fig. 19 - Roma, San Marco, loggia delle Benedizioni,
portico inferiore, trabeazione capitello (foto F.P. Fiore)
da La Roma di Leon Battista Alberti, cit., p. 119.
sa e il viridario (Palazzetto) e il grande cortile incompiuto 18. Il secondo ‘caposaldo’ innovativo è costituito dal palazzo della Cancelleria che dal 1488-1489 ca., con l’intervento di più architetti, fino probabilmente ai Sangallo e a Bramante, si prolungherà fino al pontificato di Giulio II 19. La vasta attività progettuale e costruttiva del
pontificato di Sisto IV (1471-1484) occupa sostanzialmente la fase intermedia tra
questi due ‘caposaldi ’ (a loro volta ambedue problematici per quanto riguarda gli
architetti progettisti) e comprende opere
che presentano alcuni caratteri comuni –
che si prolungano al tempo di Innocenzo
VIII: si pensi al suo Belvedere vaticano –
ma che anche mostrano tra loro non trascurabili diversità linguistiche 20.
Senza pretendere di dire cose particolarmente nuove e molto semplificando il
quadro complessivo della situazione quattrocentesca romana, si può proporre preliminarmente una sintesi assai schematica
ma orientativamente utile alla sua comprensione d’insieme. L’impressione è che,
dagli anni ‘50 e prima degli anni ‘80, gli
interventi del Rossellino e poi specialmente il grande composito cantiere di palazzo Venezia, dove lavorano i protagonisti
della fase successiva, siano da porre per
molti versi all’origine degli sviluppi sistini. Ed è significativo che sia le opere del
Rossellino che il complesso di palazzo Venezia siano, seppur in modo assai diverso, in rapporto con la figura di Leon Battista Alberti. Ma è pure utile tener presente l’origine e la formazione dei diversi operatori. Quasi tutti gli ‘architetti’, principali protagonisti dei cantieri romani (papali) del tempo, sono toscani. Ciò non esclude l’apporto, nei diversi cantieri, di maestri settentrionali – come Giorgio da Castiglione o Graziadei Prata da Brescia, magistro murorum, attivo a San Pietro in Vin-
Abbiamo accennato che all’inizio della nuova architettura del ‘400 a Roma sembra che ci sia da porre, come è ovvio, specialmente il Rossellino al servizio di Nicolò V e poi di Pio II. In particolare pensiamo che specialmente il modello del suo
grandioso progetto per San Pietro (fig. 21)
– ricostruito, come si sa, in vari modi da
diversi studiosi ma immaginabile nei suoi
caratteri essenziali specialmente tramite la
celebre descrizione di Giannozzo Manetti 22 – abbia aperto una strada che contaminava creativamente spunti fiorentini,
medievali e moderni, provenienti da Brunelleschi e da Michelozzo, con embrionali suggestioni antiche (alle quali pensiamo
non deve essere stata estranea la presenza
a Roma di umanisti interessati all’antichità e in particolare di Leon Battista Alberti). Il Rossellino, di fronte al programma
di Nicolò V, dovendo progettare (14511452) una nuova ‘cattedrale’ non poteva
che rifarsi a modi ancora in certa misura
‘medievali’ – come quelli, ad esempio di
Santa Maria Novella o del duomo di Siena – aggiornati secondo spunti linguistici
dalle chiese del Brunelleschi – come la cupola all’incrocio del transetto – contaminati tuttavia con emotive impressioni, specialmente, dai grandi spazi termali romani. Significativa nel nuovo transetto di San
Pietro doveva essere la sequenza di volte
a crociera poggiate 23 su un ordine di colonne. Questa stessa strada – con un impianto medievale e pilastri linguisticamente ibridi – è poi seguita, più tardi, nel duomo di Pienza.
In questo tempo le forme dei pilastri e
dei loro capitelli (figg. 22, 23) sono molto
significative 24 in rapporto al grado di avvicinamento a nuove forme rinascimentali.
I pilastri quadrilobati che sorreggono
le volte del duomo di Pienza (1459-1464)
– con allungatissime semicolonne prive di
rastremazione e con capitelli ‘dorici’, desunti tramite Alberti da quelli della basilica Emilia, e fantasiose ‘trabeazioni’ – e i
coevi pilastri, forse pure disegnati da Rossellino, di San Giacomo degli Spagnoli ed
ancora altri esempi romani anche parecchio successivi, come quelli di Santa Maria del Popolo e di Sant’Agostino, seguono una logica legata ai loro rapporti con
le volte (a crociera) delle coperture. Una
logica ancora sostanzialmente ‘medievale’ (e infatti si apparentano ai tipi di pilastro impiegati da Brunelleschi più legati
alla tradizione; come quelli angolari della
cappella Barbadori in Santa Felicita o quelli della cupola di Santo Spirito). Si dà luogo, in questo modo, ad un linguaggio che
nelle chiese romane contamina una diffusa tradizione medioevale di tipo genericamente ‘romanico’ più che ‘gotico’ con elementi della nuova architettura umanistica anticheggiante 25.
Sabrina Di Girolamo . IL VIALE DELL’IMPERO AL FORO ITALICO
prismatici con iscrizioni incise in capitale
lapidario» 37. In un quadro più generale, il
suo riferimento di allora all’architettura
egizia antica poteva essere stato suggerito
dagli studi contemporanei in tal senso di
Alessandro Limongelli (fig. 20), a quel tempo assai noti sia a Roma sia in tutt’Italia 38.
Questi viali d’accesso agli antichi recinti
sacri sulle rive del Nilo erano con una parte centrale sopraelevata e due file di sfingi su basamenti ai lati e perpendicolari rispetto a essa. Qui si svolgevano riti, durante i quali solo il sacerdote poteva percorrerne la parte rialzata (fig. 21). In analogia a ciò, nel viale dell’Impero la pedana centrale più alta durante le manifestazioni pubbliche era percorribile solo da
Mussolini e dai suoi gerarchi. Tra i riferimenti più noti, ricordiamo i viali nei complessi sacri di Luxor e Karnak. In particolare nel primo troviamo forti somiglianze
con l’opera romana sia per la ricorrenza
del tema degli obelischi (anche se in origine due), sia per il riferimento esplicito
alle statue al piede di essi, così come – appunto – inizialmente pensato da Moretti
anche per il viale dell’Impero (figg. 22, 23);
ai lati dell’obelisco di Costantini – in asse al viale dell’Impero alla maniera piuttosto degli obelischi sistini del secondo
Cinquecento – egli, guardando anche a
Luxor, pose quattro monoliti di marmo
più grandi degli altri a concludere l’effetto – questo sì – quasi egizio di corsa monumentale, attraverso la ripetizione serrata di undici monoliti piccoli per lato 39.
Il viale dell’Impero di Moretti, però,
potrebbe in qualche modo avere anche
altri referenti, anteriori e pressoché contemporanei, soprattutto considerando l’insieme della cultura architettonica del tempo in cui fu realizzato; soprattutto a causa dell’attenzione imposta da Marcello
Piacentini, il principale referente di Mussolini per il nuovo stile littorio dell’architettura italiana del fascismo, nei confronti non solo dell’Antichità e di un certo tipo di realizzazioni europee del momento, ma anche verso talune grandi opere
d’oltre Atlantico. Ciò potrebbe spiegare
le analogie tra il Reflecting Pool del Mall
a Washington D.C. (fig. 24) e il viale in
questione, in ogni caso evidenti 40. Sta di
fatto che a Washington l’asse centrale lungo il vuoto di raccordo tra l’obelisco dedicato a Washington e il Lincon Memorial non era percorribile per la presenza
di uno specchio d’acqua per tutta la lunghezza (fig. 25), così come nel viale dell’Impero la pedana centrale sopraelevata
era con un’accessibilità limitata durante
le manifestazioni pubbliche. Ma non solo, perché i suoi monoliti proiettati sulla
vegetazione retrostante in fondo ricordavano in qualche modo i filari di alberi ai
lati del Reflecting Pool: una somiglianza
TEMPIO
SFINGI
OBELISCO
SPINA CENTRALE
Fig. 21 - Il viale delle sfingi del complesso di Luxor.
Schema dell’impianto planimetrico (disegno dell’autore).
Figg. 22, 23 - Il viale delle sfingi del complesso di Luxor (2007)
e il viale dell’Impero di Luigi Moretti, da: P. Marconi, Il Piazzale dell’Impero, cit., p. 351).
Figg. 24, 25 - Il Reflecting Pool del Mall a Washington D.C. (2007)
e lo schema dell’impianto planimetrico (disegno dell’autore).
LINCOLN MEMORIAL
FILARI DI ALBERI
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 51/2008
92
STATUE
SPECCHIO D’ACQUA
WASHINGTON MEMORIAL
FASCIA VERDE
93
93
in cantiere
Cliente:
Sapienza
Università di Roma
Dipartimento
di storia dell’architettura,
restauro e conservazione
dei beni architettonici
Elaborato:
Quaderni
dell’Istituto di storia dell’architettura
numero 51.2008
Qui alcune doppie pagine
con Bonsignori editore
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 12
in cantiere
Cliente:
MRF5
di Luigi Cinque
Elaborato:
CD-Rom musicale
completo di label
inlay e booklet
Progetto e realizzazione:
Claudio Appetito
Roberto steve Gobesso
Formato del booklet:
cm 12 x 12
16 pagine a quattro colori
con
illustrazioni di Gregorio Botta
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 13
Ci che di me sapeste non fu che la scialbatura, la tonaca che riveste la nost
umana ventura. Ed era forse oltre il telo l'azzurro tranquillo; vietava
limpido cielo solo un sigillo. 0 vero c'era il fal tico mutarsi della mia vita,
schiudersi d'un'ignita zolla che mai vedr . Rest cos questa scorza la vera m
sostanza; il fuoco che non sitsmorza
me si chiam : l'ignoranza. Se un'omb
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il fal tico mutarsi della mia vita, lo schiudersi d'un'ignita zolla che mai ved
Rest cos questa scorza la vera mia sostanza; il fuoco che non si smorza p
me si chiam : l'ignoranza. Se un'ombra scorgete, non un'ombra - ma quella
sono. Potessi spiccarla da me, offrirvela in dono. Ci che di me sapeste non
che la scialbatura, la tonaca che riveste la nostra umana ventura. Ed e
forse oltre il telo l'azzurro tranquillo; vietava il limpido cielo solo un sigi
lo. 0 vero c'era il fal tico mutarsi della mia vita, lo schiudersi d'un'ignita zol
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riveste la nostra umana ventura. Ed era forse oltre il telo l'azzurro tra
quillo; vietava il limpido cielo solo un sigillo. 0 vero c'era il fal tico muta
della mia vita, lo schiudersi d'un'ignita zolla che mai vedr . Rest cos quest
scorza la vera mia sostanza; il fuoco che non si smorza per me si chiam : l'ign
ranza. Se un'ombra scorgete, non un'ombra -ma quella io sono. Potessi spicca
la da me offrirvela in dono Ci che di me sapeste non fu che la scialba sola
Ro2m00a8Poesia
X.2008 . progetto grafico: roberto steve gobesso/studio ghirotti gobesso . illustrazioni: alessandra grossi . stampa: ??????????????
lei e le altre
Ci che di me sapeste non fu che la scialbatura, la tonaca che riveste la nost
umana ventura. Ed era forse oltre il telo l'azzurro tranquillo; vietava
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Rest cos questa scorza la vera mia sostanza; il fuoco che non si smorza p
me si chiam : l'ignoranza. Se un'ombra scorgete, non un'ombra - ma quella
sono. Potessi spiccarla da me, offrirvela in dono. Ci che di me sapeste non
che la scialbatura, la tonaca che riveste la nostra umana ventura. Ed e
forse oltre il telo l'azzurro tranquillo; vietava il limpido cielo solo un sigi
lo. 0 vero c'era il fal tico mutarsi della mia vita, lo schiudersi d'un'ignita zol
che mai vedr . Ci che di me sapeste non fu che la scialbatura, la tonaca c
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la da me offrirvela in dono Ci che di me sapeste non fu che la scialba sola
RO
MA
POE
SIA
200
8
progetto grafico: roberto steve gobesso . X.2008 .
studio ghirotti gobesso
illustrazioni: alessandra grossi . stampa: ??????????????
lei E le altrE
non realizzato
Cliente:
MRF5
di Luigi Cinque
Elaborato:
locandina
pieghevole/programma
Progetto e realizzazione:
Roberto steve Gobesso
Alessandra Grossi
Formato:
cm 32 x 48
a quattro colori
Qui la prima anta:
cm 32 x 24
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 14
dall’archivio fotografico
Roma
Galleria Rondanini:
una tela di Renato Guttuso
Fotografia di Roberto steve Gobesso
03.12.1981 . C 20D . N 2
GRAPHICZINE
NEWSLETTER TRIMESTRALE DELLO STUDIO GHIROTTI GOBESSO . ROMA . www.ghirottigobesso.com NUMERO QUATTRO . OTTOBRE/DICEMBRE 2008 . PAGINA 15
PAGINA 16
Dark girl . JAPAN . © Paola Ghirotti
GRAPHICZINE
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