F r a G i u s e p p e M A G L I O Z Z I o.h.
I FATEBENEFRATELLI
NELLE FILIPPINE
UNA PRESENZA INIZIATA NEL 1611
INTERROTTASI NEL 1888 E RIANNODATA NEL 1988
EDIZIONI FATEBENEFRATELLI
ROMA 2011
INDICE
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
2
Capitolo 1. La tenacia di fra Juan e fra Luca . . . . . . . . . . . . . . pag.
3
Capitolo 2. Un secondo più felice tentativo . . . . . . . . . . . . . . .pag.
7
Capitolo 3. Generosi fino all’olocausto . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 11
Capitolo 4. Le premesse del terzo tentativo . . . . . . . . . . . . . . . pag. 15
Capitolo 5. Altri semina, altri raccoglie . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 19
Capitolo 6. Dispensario antitubercolare . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 23
Capitolo 7. La Casa del Noviziato . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27
Capitolo 8. La Casa dello Scolasticato . . . . . . . . . . . . . . . .
pag. 31
Note . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 35
Cronologia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44
Dipinto commemorativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 45
Estratto da «Vita Ospedaliera. Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana» e da «Il Melograno. Taccuino virtuale giovandiano»
Quadro della nostra Chiesa di Amadeo raffigurante Maria, Regina dell’Ospitalità, attorniata dai Fatebenefratelli distintisi per santità: San Giovanni
di Dio, San Giovanni Grande, San Benedetto Menni, San Riccardo Pampuri, Beato Giuseppe Eulalio Valdés, Beato Eustachio Kugler, Venerabile
Francesco Camacho e Servo di Dio Guglielmo Gagnon.
PREAMBOLO
Più di un turista che atterrando a Manila, la capitale
delle Filippine, sia entrato in città percorrendo il lungomare Roxas, avrà notato nell’area di Pasay un vasto
ospedale che fronteggia la Baia di Manila e nella cui
insegna si legge Ospedale San Giovanni di Dio.
Giuridicamente inquadrato oggi come Fondazione
Didattica San Giovanni di Dio, l’ospedale eccelle sia per
l’assistenza sanitaria, ufficialmente riconosciuta tra le
migliori delle Filippine, sia per il rigoroso impegno
didattico, grazie alle Suore Vincenziane, che hanno la
responsabilità tanto dell’Ospedale quanto della Scuola
Infermieri.
Nella denominazione dell’Ospedale resta conservata
la memoria dell’antico legame con i frati dell’Ordine
Ospedaliero di San Giovanni di Dio, i quali dalla metà
del Seicento lo gestirono per oltre due secoli quand’era
ancora nella sede iniziale di Intramuros, com’è ancora
chiamato il borgo all’interno dei bastioni cittadini.
Pertanto l’attuale Ospedale San Giovanni di Dio è un
luogo di memoria storica, che attesta la lunga presenza
dell’Ordine Ospedaliero nelle Filippine.
2011, ANNO SPECIALE
I Fatebenefratelli, di nuovo oggi presenti nelle
Filippine, anche se operanti in ambiti diversi da allora,
stanno vivendo nel 2011 un anno speciale, in quanto
coincide non solo con il IV Centenario del loro primo
arrivo a Manila, ma anche con l’anno che l’Ordine
Ospedaliero ha voluto dedicare alla Famiglia di San
Giovanni di Dio, che vede affiatati in un medesimo
intento sia i frati sia quanti altri collaborano oggi nella
missione assistenziale dei Fatebenefratelli. Uno dei
contributi di fra Giuseppe Magliozzi alla celebrazione di
quest’anno speciale è l’aver dato alle stampe il libro che
ora state leggendo.
L’AUTORE
Fra Giuseppe Magliozzi, appartenente alla Provincia
Romana dei Fatebenefratelli e missionario nelle
Filippine da oltre vent’anni, è considerato uno dei più
eminenti storici del suo Istituto. È uno scrittore prolifico che si distingue per l’ampiezza ed il rigore delle sue
ricerche. Ha pubblicato diversi libri ed un’infinità di
articoli d’argomento religioso, spirituale e storico, con
uno specifico interesse agli argomenti riguardanti
l’Ordine Ospedaliero ed il suo ispiratore e fondatore,
San Giovanni di Dio. A ben pensarci, nessuno meglio
di lui poteva scrivere una storia accurata ed autorevole
della presenza dell’Ordine Ospedaliero in quest’arcipelago filippino dove egli è stato inviato a prodigarsi
come fatebenefratello.
UNA PUBBLICAZIONE DI GRAN VALORE
Questa pubblicazione risulterà preziosa per l’Ordine
Ospedaliero ed in particolare per i Confratelli della
Delegazione Filippina. Vi si ritrovano non solo le
vicende dei Fatebenefratelli nelle Filippine dal primo
arrivo nel 1611 fino alla morte dell’ultimo frate dell’epoca coloniale spagnola, fra Manuel Peña, nel 1887, ma
anche le vicende recenti, che iniziano con l’arrivo dei
due confratelli che nel 1988 dettero vita alla prima
Comunità in Quiapo, uno dei quartieri più poveri della
città di Manila.
RADICI PROFONDE
Un Organismo, chiamato Comitato Interprovinciale
per l’Asia ed il Pacifico, unisce per le iniziative di comune interesse le Comunità e le Opere dell’Ordine
Ospedaliero esistenti in 12 differenti nazioni del
Lontano Oriente e dell’Oceania. Nella maggior parte di
tali nazioni la presenza dell’Ordine Ospedaliero risale al
fervore di nuovi progetti missionari che ci fu al termine
della II Guerra Mondiale. Nel caso però di tre nazioni Cina, India e Filippine - in realtà non si trattò di una
prima fondazione, ma piuttosto di una ripresa nel secolo XX. Tali tre nazioni assicurarono perciò alla presenza dell’Ordine Ospedaliero nel lontano Oriente e
nell’Oceania delle radici assai più profonde di quelle
abbastanza recenti delle restanti nazioni. Questo libro,
con il suo chiaro e avvincente resoconto delle vicende
dell’Ordine Ospedaliero negli anni assai poco esplorati
della presenza dei Fatebenefratelli nelle Filippine
durante l’epoca coloniale spagnola, ci stimola a nutrire
gratitudine al Signore e speranza nel futuro. Questo
risultato, ne son sicuro, rallegrerà molto fra Giuseppe
Magliozzi e lo ricompenserà ampiamente dell’amore
con cui ha scritto questo libro. L’Ordine Ospedaliero ed
i lettori gli devono essere sinceramente grati.
Fra Brian O’Donnell o.h.
Presidente del Comitato Interprovinciale
per l’Asia ed il Pacifico
Sidney, 8/III/2011 - Festa di San Giovanni di Dio
1
on sempre sappiamo bene dove stiamo andando
e talora ci sentiamo perduti e scoraggiati. La fede
però ci assicura che fu Iddio a darci la vita e che
Egli, come un Padre affettuoso, continua a seguirci
passo passo per aiutarci a realizzare il nostro tassello personale nel meraviglioso mosaico del Regno dei Cieli
che siamo chiamati a godere nella vita eterna.
In Cielo il tempo si fermerà e non ci sarà più l’ansia
di nuovi scogli da superare. La vita terrena sarà solo un
ricordo, però non lontano, ma vivo e palpitante.
Quando potremo mirare Dio a faccia a faccia, nei suoi
occhi vedremo scorrere, in tutto il suo vero senso, il
nostro e l’altrui passato, gioendo del bene che Dio ci ha
dato la grazia di compiere e rivivendo gli sbagli con profonda gratitudine per la bontà del Signore che ci aiutò
a superarli. In Cielo nessun istante della nostra vita terrena resterà perduto nell’oblio, al contrario vivremo di
memoria e sarà proprio essa a conferire spessore all’amore che ci unirà eternamente a Dio.
N
Ecco perché quando qui sulla terra studiamo le antiche vicende, stiamo anticipando, sia pure in maniera
pallidissima, ciò che in Cielo sarà il motivo conduttore
dell’ineffabile sinfonia della vita eterna. Come ha perciò ben sintetizzato Benedetto XVI parlando ai giovani
nella Cattedrale di Sulmona il 5 luglio 2010, “il cristiano è uno che ha buona memoria, che ama la storia e cerca
di conoscerla”.
Mosso appunto da questo peculiare amore cristiano
alla storia, ho cercato di rievocare un’intricata vicenda
iniziata giusto quattro secoli fa, quando nel 1611 i primi
due fatebenefratelli posero piede sul suolo delle
Filippine, incespicante passo inaugurale di un’avventura
che ha proseguito con i suoi alti e bassi fino ad oggi e
della quale chi scrive n’è stato partecipe per quasi un
quarto di secolo.
Nella fiducia che un giorno Dio me ne svelerà ogni
dettaglio, ho dunque ripercorso negli otto brevi capitoli1 del libro questo nostro cammino di quattro secoli,
costellato di fede e d’amore per gli infermi, ma anche di
sbagli e sconfitte, che però la grazia del Signore ci ha
aiutato a superare, poiché Egli voleva che tramite noi
Fatebenefratelli la sua premurosa carezza raggiungesse
gli ammalati ed i disabili di questo fascinoso lembo del
Lontano Oriente.
L’antico Ospedale San Juan de Dios a Manila, come appariva nel 1840. In primo piano è raffigurato fra Apollinario de la Cruz mentre consegna un
quadretto di San Giuseppe ad un membro dell’omonima Confraternita. Ad ispirare questa tela, eseguita dal pittore Eladio S. Santos nel 2010, è stata
l’incisione riprodotta nella terza pagina del capitolo 2.
2
i suol dire che non c’è due senza tre. Fedeli al proverbio, noi Fatebenefratelli per tre volte siamo tornati ad insediarci nelle Filippine: dapprima nel 1611, poi nel 1643 ed infine nel 1988. Come sarà meglio precisato più avanti, punto di partenza di tale presenza fu fra Pedro Egiziaco (1568-1630), che per la sua fama di taumaturgo era
stato nel 1604 presentato da uno membri del Consiglio delle Indie, il licenziato Francisco de Tejada y Mendoza, alla
Regina di Spagna, che unitamente al suo consorte Filippo III nutrì da allora una perenne gratitudine per il nostro frate,
avendo predetto loro la nascita e l’ascesa al trono del tanto a lungo desiderato erede, il futuro Filippo IV, ed avendo
inoltre per ben due volte sanato il principino, dopo che i medici di Corte l’avevano ormai dato per spacciato1.
L’arcipelago delle Filippine rappresentava il lembo più lontano del dominio spagnolo e quello che aveva permesso a
Carlo V d’affermare che sul suo regno non tramontava mai il sole. Nel 1611 e per ancora due secoli i collegamenti
con la madrepatria avvenivano normalmente tramite l’America, sicché fu dal porto di Acapulco, sito sul lato del
Messico che guarda l’Oceano Pacifico, che giovedì 24 marzo 1611 salparono per le Filippine i primi nostri frati.
Dopo tre mesi di navigazione2 essi entrarono il 20 giugno 1611 nella Baia di Manila3. V’erano venuti per rispondere, anche se purtroppo in maniera non protocollare, ad un invito ufficiale del re di Spagna, cui erano giunte petizioni
da Manila d’affidare loro l’Ospedale Reale, inviate il 30 giugno 1606 dal Fiscale4, Rodrigo Díaz Guiral, ed il 7 luglio
1606 da mons. Diego de Soria, vescovo suffraganeo dell’arcidiocesi di Manila, in quel momento rimasta sede vacante5.
L’Ospedale Reale di Manila era pubblico, ma dall’8 gennaio 1598 era stato affidato alla Confraternita della Santa
Misericordia, fondata a Manila il 16 aprile 1594; il vasto incendio del primo maggio 1603, divampato in ampie zone
di Intramuros, aveva però provocato gravissimi danni alle strutture lignee dell’Ospedale6, già segnalati al Re che,
infatti, con Regia Ordinanza del 4 novembre 1606 ne sollecitò la riparazione7. Tale Ordinanza, che s’incrociò con la
petizione del vescovo suffraganeo, risultò in qualche modo fruttuosa, poiché nel 1612 il nuovo arcivescovo di Manila
potrà benedire la nuova sede dell’Ospedale Reale, edificata in pietra8, però la petizione9 metteva in evidenza non i
problemi della struttura edilizia, ma quelli della carenza di personale in grado di assicurare un buon livello d’assistenza e pertanto suggeriva: “Per una buona gestione e mantenimento è cosa necessarissima che vostra maestà inviasse quattro o cinque frati di quelli detti di Giovanni di Dio, con autorizzazione di vostra maestà e di sua Santità
per ricevere altri, poiché già hanno la Casa fatta e tutto il necessario10”.
Per comprendere il duplice riferimento all’autorità del Re ed a quella del Papa, bisognava ricordare che in applicazione delle Bolle emanate da Alessandro VI nel 1493 e del Trattato di Tordesillas firmato il 7 giugno 1494 dai
sovrani di Spagna e di Portogallo, questi s’erano assunto l’impegno del Patronato Ecclesiastico su tutti i loro territori d’oltremare, ossia di provvedere alla loro cristianizzazione ed in effetti, in zelante conformità a tale impegno, continuarono per quattro secoli ad assicurare l’invio di missionari ed il loro sostentamento, provvedendo alla costruzione di Conventi, Parrocchie ed Ospedali, col positivo
risultato che tutte codeste terre lontane divennero
nazioni cattoliche.
Poiché lo scegliere i missionari spettava canonicamente al Patrono, i Re di Spagna nel caso delle Filippine si
rivolsero solo a pochissimi Istituti più osservanti e per tal
motivo considerati più affidabili11. Nel noto acquerello
dipinto nel 1847 dall’artista filippino José H. Lozano12
appaiono perciò raffigurati come presenti nelle Filippine
solamente cinque Ordini Religiosi maschili13: gli
Agostiniani, giuntivi per primi nel 1565; i Francescani,
che v’erano dal 1578; i Domenicani, presenti dal 1587;
i Recolletti (ramo degli Agostiniani, che solo nel 1912
diverrà autonomo), arrivativi nel 1606; ed infine i
Fatebenefratelli, il cui insediamento nelle Filippine,
auspicato da mons. Diego de Soria fin dal 1606, fu tutt’altro che facile, come cercheremo di riassumere.
Acquerello dipinto nel 1847 dall’artista filippino José H. Lozano.
S
3
Quando la lettera del vescovo, dopo un anno di viaggio, fu finalmente
recapitata alla Corte di Spagna, sul retro stesso del foglio fu dapprima tracciato un riassunto della petizione e poi riportata la decisione presa nella
seduta di Consiglio del 24 settembre 1607: “che vadano i quattro frati
richiesti e che si incarichi Don Francisco de Tejada di concordare questo
con il Fratello Maggiore dell’Antón Martín”. L’accoglimento della richiesta
va in buona parte attribuita al fatto che dal 1601 al 1619 fece parte del
Regio Consiglio delle Indie il già menzionato don Francisco de Tejada y
Mendoza, grande amico ed estimatore di fra Pedro Egiziaco, che era allora il
Fratello Maggiore, ossia il Priore della nostra Comunità di Madrid, il cui
Ospedale era detto popolarmente14 di Antón Martín dal nome del fondatore, il venerabile Antón Martín, che v’era morto nel 1553 ed al quale è tuttora dedicata l’adiacente piazza e la sottostante stazione della metropolitana.
Purtroppo in quello scorcio del 1607 le Comunità spagnole dei
Fatebenefratelli non erano ancora state elevate ad Ordine e fra Pedro Egiziaco
non ne era ancora divenuto il Superiore Generale, ma era solo il Priore della
Comunità di Madrid; in tale veste, non gli fu possibile inviare i quattro confratelli nelle Filippine, anche se in passato molti ne erano partiti per l’America
Latina
sia dal suo Convento sia da altri Conventi della Spagna e continuaroIl primo Bollario per i Fatebenefratelli d’oltremare.
no ad andarvene altri negli anni seguenti, specie dopo che nell’aprile 1608 il
ramo spagnolo del nostro Istituto fu elevato a Ordine da Paolo V e fra Pedro Egiziaco ne fu alla guida per dodici anni.
Poiché la richiesta di Filippo III d’aprire una Comunità dei Fatebenefratelli a Manila era stata fatta conoscere da
fra Pedro ai confratelli, capitò che nel 1611 due frati che erano già in Messico, fra Juan de Gamboa e fra Luca de los
Angeles, ritenendo che l’invito fosse ancora valido, s’imbarcarono da Acapulco per le Filippine15. Di fra Juan sappiamo dall’Archivio delle Indie16 che la richiesta di farlo partire dalla Spagna con un gruppo di Fatebenefratelli guidato da fra Bruno de Avila era stata presentata a Siviglia il 13 maggio 1609. Un mns. messicano del 1643 ci descrive fra Juan come “brusco di carattere, piccolo di statura, ma gran cristiano” e ci precisa che il suo gruppo giunse
in America col galeone Santa Maria del Juncal, che era la nave ammiraglia della flotta di don Juan Gutiérrez
Garibay, mentre fra Luca de los Angeles giunse con un gruppo successivo17.
Come già visto, questi due frati arrivarono a Manila nell’estate del 1611 e subito inoltrarono richiesta alla Giunta
Municipale di poter fondare Ospedali, allegando la patente rilasciata loro in Messico dal Superiore Provinciale ed una
raccolta stampata di documenti pontifici, precisando che desideravano riavere poi indietro tale documentazione.
Bisogna infatti sapere che in linea di principio la Spagna vietava di introdurre libri o stampati nelle colonie e perciò
nel 1596 fra Baldassarre, che era allora il Priore di Madrid, aveva ottenuto dal Consiglio delle Indie di poter stampare e portare oltremare cinquanta o più copie della traduzione autorizzata dei Brevi e delle Bolle rilasciate ai
Fatebenefratelli da Pio V e da Gregorio XIII e rivalidate da Sisto V: questo libretto del 1596, di cui ci resta oggi un
unico esemplare nell’Archivio delle Indie, lo possiamo considerare il primo Bollario dell’Ordine18 e si può capire perché i frati non volessero separarsene.
Nella seduta dell’8 agosto 1611 la Giunta Municipale di Manila, presieduta dal Sindaco don Lorenzo de Figueroa e
presenti nove Consiglieri, tra cui don Pedro Gomez Cañete di cui torneremo a parlare, esaminò la richiesta e l’allegata documentazione, ma pospose la decisione, dando nel frattempo incarico a due Consiglieri sia di verificare se nell’ultimo rapporto inviato alla Corte di Madrid dal Procuratore Generale delle Filippine, il colonnello Hernando de los
Rios19, fosse stato sollecitato l’invio di Fatebenefratelli a Manila, sia di sentire il Governatore sull’opportunità di affidar loro un ospedale.
Nella seduta del successivo 16 agosto la Giunta Municipale di Manila, ascoltata la relazione del rapporto fatto
dai due Consiglieri al Governatore e di come costui sollecitava la Giunta a pronunciarsi sulla richiesta dei
Fatebenefratelli, fu risposto manifestando parere negativo, poiché “in Città non c’è posto né disposizioni, né cittadini che offrano ambienti per nuovi progetti ospedalieri, poiché gli esistenti sono sufficienti al bisogno20”.
Senza scoraggiarsi per la netta ripulsa municipale, i due frati decisero d’aspettare chiarimenti dal Re, confidando che
egli non si sarebbe rimangiato l’invito formulato nel 1607 ed avrebbe concesso una sanatoria all’errore procedurale
che essi avevano commesso nel non aver richiesto, prima di lasciare la Spagna, esplicito permesso nominativo d’aprire una Comunità a Manila.
Le comunicazioni con la Spagna erano allora affidate ad un galeone che una volta l’anno traversava il Pacifico, collegando Manila con Acapulco; da lì la posta era portata sull’altra costa e affidata ai galeoni che traversavano
l’Atlantico per raggiungere la Spagna. Ovviamente una risposta del Re non poteva arrivare prima di due o tre anni,
dipendendo anche dalla tutt’altro che celere burocrazia di Corte. Essendo così esasperanti i tempi d’attesa, mons.
Diego Vazquez de Mercado21, che dal 1610 era il nuovo arcivescovo di Manila, si commosse del caso e donò ai due
4
frati una casetta dove risiedere e dove nel frattempo aprire in modo provvisorio, senza ancora l’usbergo del Patronato
Reale, un piccolo Convalescenziario22.
Questo rudimentale Convalescenziario era situato subito fuori le mura di Manila, in un sobborgo chiamato
Bagumbayan, ossia Città Nuova, poiché sorto per accogliere la popolazione indigena di Manila quando nel 1571
Legazpy riservò ai soli spagnoli lo spazio urbano dentro la cerchia delle mura cittadine, designato perciò Intramuros.
La casetta sorgeva a poca distanza dalla Ermita de Nuestra Señora de Guia, che era un romitorio eretto dagli spagnoli nel 1571 in un’area ai margini di Bagumbayan per onorarvi una statua della Madonna della Guida, che trovarono lì e che probabilmente v’era arrivata grazie al traffico commerciale col vicino porto cinese di Macao, dove i portoghesi la veneravano come Patrona della città23.
Gli anni passarono senza che il sovrano rispondesse alla richiesta, per cui il 14 luglio 1615 fra Giovanni de Gamboa
spedì un sollecito, accompagnandolo da numerose dichiarazioni giurate di cittadini di Manila che lodavano la competenza e la carità con cui era gestito il convalescenziario di Bagumbayan24.
Nel frattempo, le Filippine subirono ripetuti attacchi dai pirati olandesi, sicché il Governatore Juan de Silva chiese al Re d’inviargli urgentemente una flotta con cui poterli fronteggiare, come era stato fatto nel 1612, quando
erano giunte di rinforzo a Manila cinque caravelle guidate da
Ruiz Gonzalez Sequeira per la rotta del Capo di Buona
Speranza e con a bordo una truppa di quasi cinquecento
uomini25.
La richiesta del Governatore fu accolta con Regia Ordinanza
del 28 marzo 1616 e la flotta, affidata al comando di Alonso
Fajardo de Tenza con agli ordini 600 marinai e 1600 fanti, fu
formata con sei galeoni e due patacchi, che erano bastimenti
leggeri e più agili, utilizzati per far da collegamento tra i galeoni. Poiché fin dalla guerra delle Alpujarras (1568-1570) per la
rivolta dei Mori in Andalusia e fin dalla battaglia navale di
Lepanto (1571) contro i Turchi, i Fatebenefratelli erano stabilmente divenuti una sorta di Croce Rossa per l’esercito e la
marina26, Filippo III chiese che s’imbarcassero dieci Fatebenefratelli come infermieri in questa flotta che attendeva a
Cadice di salpare per le Filippine: essi puntualmente vi salirono a bordo il 10 gennaio 1617. Questa Comunità itinerante
aveva come Priore fra Baldassarre de los Reyes27, che s’imbarcò assieme con un confratello ed un aiutante nel galeone
Nuestra Señora de los Reyes, mentre gli altri confratelli si suddivisero uno per ciascuno dei restanti sette vascelli, che erano
alla rada nella baia di Cadice28.
Ma proprio in quei giorni fra Pedro Egiziaco ricevette da
Manila una lettera di fra Juan de Gamboa che si lamentava di Manila: la Madonna di Guia in un’incisione settecentesca del
non aver ancora ottenuto risposta da Filippo III. Fra Pedro fatebenefratello fra Ippolito Jimenez.
discusse l’argomento in Consiglio e decisero di inviare una
dura protesta al sovrano, minacciandogli di ritirare i confratelli che s’erano imbarcati nella flotta di soccorso, se
non fosse immediatamente stata approvata la fondazione della Comunità di Manila29.
Chi esaminò la lettera minatoria di fra Pedro, nel prepararne il riassunto da leggere in Consiglio, ritenne prudente
smussare i toni e, senza menzionare il ricatto e tanto meno le lamentele giunte da Manila, presentarla semplicemente come una richiesta per garantire la funzionalità e la continuità dell’attività ospedaliera dei Fatebenefratelli una
volta che essi fossero giunti a Manila: pertanto il Consiglio decise che tanto al Governatore delle Filippine quanto
all’Arcivescovo di Manila fossero inviate Ordinanze30 richiedenti supporto logistico e riconoscimento organizzativo
ai frati che sarebbero giunti con la flotta di soccorso e di affidar loro gli Ospedali locali.
In linea teorica, tali Ordinanze avrebbero automaticamente risolto in maniera indiretta il problema dei due frati arrivati nel 1611 a Manila senza previa esplicita Ordinanza Regia. Fra Pedro fu lieto di ricevere copia delle due Ordinanze,
firmate dal sovrano in data primo febbraio 1617, e le conservò in archivio, ma purtroppo la famosa flotta non partì
mai31. Quando in Spagna giunse la notizia che il 16 aprile 1616 era morto il governatore delle Filippine, fu designato a succedergli Alonso Fajardo, ma poiché non si riusciva a trovare piloti che guidassero la flotta di soccorso per la
rotta dello stretto di Magellano, gli fu ordinato di partire senza la suddetta flotta che gli era stata affidata, ma imbarcandosi invece nel primo galeone in partenza per l’America Centrale e di lì in quello per Manila. Arrivato in America,
Fajardo ottenne dal viceré del Messico di allestirgli ad Acapulco una piccola flotta, con la quale raggiunse Manila il
3 luglio 1618 e riuscì con essa a controllare il pericolo olandese. Quando tale buona notizia giunse in Spagna, la flot5
ta di soccorso, ancora alla fonda nella baia di Cadice, fu mobilitata contro i Savoia nella appena scoppiata Guerra dei
Trent’anni32 ed i frati che v’erano a bordo non ebbero perciò alcun modo di raggiungere le Filippine e chiedervi l’applicazione delle due Regie Ordinanze33.
A peggiorare la situazione dei due frati di Manila fu il fatto che il citato colonnello Hernando de los Rios, che era
ascoltatissimo dal Re, non solo non chiese mai l’invio dei Fatebenefratelli, ma nel rapporto del 1619, pur apprezzando i cinque Ordini Religiosi presenti nelle Filippine, chiedeva di non inviarne altri “poiché la terra è nuova e non
c’è bisogno di così tanti differenti tipi di religiosi”.
A questo punto i due frati che erano a Manila, impallidendosi la speranza di ricevere da Madrid il regio permesso di
ufficializzare la propria presenza, si rassegnarono a tornarsene in Messico. Dall’Archivio delle Indie risulta che la
richiesta di fra Juan de Gamboa di imbarcarsi nel galeone che da Manila lo riportasse in Messico, fu presentata il 13
luglio 162134 e fu accolta con Regia Ordinanza del 162435. A motivo dei tempi burocratici per ricevere e utilizzare
tale permesso d’imbarco, fra Juan poté salpare dopo due anni e spirò quasi appena arrivato in Messico: secondo il
Necrologio delle Province Spagnole36 egli morì a Città del Messico il 6 marzo 1627 e ed il suo compagno fra Luca il
9 luglio 1629.
I circa quindici anni che essi trascorsero a Manila non furono tuttavia sterili: la popolazione aveva apprezzato la loro
competenza e costante amore nell’assistere i convalescenti, per cui nonostante il mancato accoglimento continuarono a pervenire al sovrano petizioni dalle Filippine perché autorizzasse il ritorno dei Fatebenefratelli.
Il motivo dei persistenti dinieghi del Re a tali appelli era prevalentemente economico, poiché l’ingente spesa affrontata dal Patronato per assicurare la cristianizzazione di tali isole induceva a concentrarsi sull’impegno catechetico e
quindi a privilegiare l’invio di religiosi che assicurassero una fitta rete di Parrocchie, ed a lesinare invece sull’invio di
altri tipi di religiosi, dimenticando che la Chiesa locale rimane monca senza una contemporanea fioritura anche di
Istituti contemplativi e di Istituti caritativi37.
A Siviglia nell’Archivio delle Indie ho potuto rintracciare vari di questi inascoltati appelli dalle Filippine. Ad esempio, l’arcivescovo Miguel Garcia Serrano in una sua lettera inviata al re da Manila in data 31 luglio 1622, segnalava
tra le altre cose la disperata situazione dell’Ospedale Reale, supplicando che esso e gli altri fossero affidati ai
Fatebenefratelli38.
Parimenti due anni dopo, allo stesso tempo che una Regia Ordinanza del 21 aprile 1624 negava al governatore
Alonso Fajardo de Tenza di modificare la gestione degli ospedali e di insediarvi i Fatebenefratelli39, il Consiglio
Municipale di Manila rinnovava con lettera del 13 agosto 1624 la richiesta di darne l’amministrazione ai suddetti religiosi, ricevendone però nuovo rifiuto con Regia Ordinanza del 16 ottobre 162640. E di nuovo quello stesso anno, in
data 9 giugno 1626, il Procuratore Generale delle Filippine, Martín Castaño y Ayala, tornava a lamentare la carente
assistenza dei malati e dei feriti, supplicando d’inviare i Fatebenefratelli41, ma ugualmente senza risultato.
L’argomento fu ancora affrontato ripetutamente da Sebastián Hurtado de Corcuera y Gaviría, insediato Governatore
delle Filippine il 25 giugno 1635 e che con lettera del 30 giugno 1636 rimarcò al Re l’opportunità d’affidare ai
Fatebenefratelli la gestione degli ospedali, ricevendone però diniego con Regia Ordinanza del 2 ottobre 163842.
Parimenti senza risultato fu analoga richiesta formulata dal Procuratore Generale Juan Grau y Monfalcón, che l’inserì in un memoriale per il Re su 81 diversi argomenti, approvato dal Consiglio Municipale il 9 agosto 163843.
Non arrivando mai il beneplacito regio, il
Governatore decise nel 1640 di agire di propria iniziativa e recatosi negli Ospedali Reali di Manila e di
Cavite, ne mutò la gestione e chiese poi ai
Fatebenefratelli del Messico di inviargli dei frati per
affidar loro tali Ospedali44.
Già dal 1633 in America Latina le Comunità spagnole dei Fatebenefratelli erano state canonicamente
raggruppate in tre Commissariati Generali45, uno dei
quali, chiamato di Nuova Spagna, faceva capo a Città
del Messico ed aveva dal 1636 come Superiore fra
Joseph de Medrano46. Costui era nativo del Messico e
nel 1613, appena quindicenne, era entrato dai
Fatebenefratelli di Città del Messico: fu assai intraprendente e durante il suo superiorato, avendo alle sue
dipendenze oltre 160 confratelli, fu in grado di aprire
nuove Comunità in Guatemala, in Honduras ed in
In quest’Ospedale di Città del Messico, oggi divenuto Museo, risiedeva il
47, nonché, come vedremo nel prossimo
Nicaragua
Superiore Provinciale dei Fatebenefratelli ed in esso morirono fra Juan de
capitolo, finalmente nelle Filippine.
Gamboa e fra Luca de los Angeles.
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uando i Fatebenefratelli di Città del Messico ricevettero dal Governatore delle Filippine la richiesta d’avere dei
frati per gli ospedali di Manila e di Cavite, il Superiore inviò il sacerdote messicano fra Andrea de San Joseph
Rebollo e con lui fra Antonio de Santiago, che il 25 febbraio ottennero dal Viceré del Messico il permesso di
imbarcarsi nel galeone che collegava annualmente il porto di Acapulco alle Filippine1. La navigazione durava un tre
mesi ed il pericolo maggiore era quell’anno costituito dai pirati olandesi che dalla fine di aprile attendevano al varco
il galeone nello stretto di San Bernardino, allora chiamato Embocadero, che divide le isole di Luzon e di Samar.
Accortamente il capitano Pacheco, che comandava il galeone, avendo scorto sulla costa i fuochi che segnalavano l’agguato2, evitò lo stretto ed il 2 luglio riuscì ad approdare felicemente nella costa meridionale di Samar, a Borongan.
Una volta a Manila, il Governatore fu lieto di riceverli, ma fu costretto a giocare d’astuzia, in quanto tra i dispacci
arrivatigli col galeone c’era una regia ordinanza che gl’intimava di annullare la sua recente iniziativa presa
nell’Ospedale Reale di Manila; nell’ordinanza non si faceva però riferimento all’Ospedale Reale di Cavite ed egli perciò cercò di studiare un espediente giuridico che permettesse d’affidarlo ai due frati, che nel frattempo invitò ad insediarsi in tale città, che era il più importante porto militare delle Filippine e si trovava a poca distanza da Manila.
Nell’attesa che venisse chiarita la loro posizione giuridica, i due frati già nel novembre 1641 aprirono a Cavite un
ospedaletto di dieci letti sia per civili, sia per marinai e vogatori della flotta militare3. Nel frattempo la documentazione che avevano portato dal Messico ed in particolare la patente canonica concessa il 27 febbraio 1641 dal
Commissario Generale fra Joseph de Medrano a fra Andrea de San Joseph Rebollo4, vennero esaminate dal Fiscale
che con parere scritto del 28 gennaio 1642 ed in conformità al Regio Regolamento del 30 gennaio 1632 emanato specificamente per fornire direttive sull’attività dei Fatebenefratelli nelle Indie5, dette parere favorevole all’affidamento
provvisorio dell’Ospedale Reale di Cavite ai due frati, purché entro due anni essi ottenessero specifica conferma dal
Re6. Seguì, il giorno dopo, il decreto del Governatore e già il 30 gennaio avvenne la consegna dell’Ospedale Reale ai
frati7.
Dato che a Cavite tutto sembrava andar per il meglio, fra Andrea de San Joseph Rebollo provò ad ipotizzare una
fondazione anche a Manila, presentando una petizione al Governatore Hurtado de Corcuera per aprirla nei sobborghi
della Capitale lungo le rive del Pasig; anche questa volta il Fiscale, riconosciuto il bisogno di tale istituzione, espresse parere favorevole, in base al quale il Governatore con decreto del 14 aprile 1644 diede provvisoria autorizzazione a
comprare con l’aiuto di qualche benefattore privato un terreno e ad edificarvi un Convalescenziario ed annesso
Q
Veduta settecentesca di Cavite dal mare: il primo campanile a sinistra è quello dei Fatebenefratelli.
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Ospizio per Trovatelli, col vincolo però di ottenere entro sei anni il regio
beneplacito alla nuova Istituzione, della cui funzionalità confidava pienamente poiché, come attestò nel decreto8, i Fatebenefratelli “attendevano alla
salute degli infermi senza ricorrere a servitori o ad altre persone per somministrare le cure e gli alimenti; perché a ciò provvedevano personalmente, sia di giorno sia di notte, con amorevole carità; e in queste Isole nei
pochi anni dacché si sono stabiliti e han preso possesso dell’Ospedale
Reale di Cavite, come pure sui Galeoni, nei quali prestano assistenza sanitaria, sempre ci si era potuto render conto del pro e dell’utilità della loro
attività”.
Le notizie ottimistiche ricevute da Manila indussero il Commissario
Generale fra Joseph de Medrano a disporre che fra Andrea de San Joseph
Rebollo tornasse in Messico per rappresentare le Filippine al Capitolo
Provinciale indetto per il marzo 1644; ed a rimpiazzarlo nominò il 10 marzo
1643 come nuovo Superiore di Cavite il portoghese fra Francisco de
Magallanes, che però non riuscì ad imbarcarsi nel galeone di quell’anno.
Fra Francisco de Magallanes arrivò infine a Manila il 3 agosto 1644, portando la buona notizia che il Capitolo Provinciale aveva eretto le Filippine a
Dal 1694 la Vice Provincia ebbe San Raffaele
Vice Provincia. Con lui nel galeone viaggiava il nuovo Governatore di
come Patrono. Dal 1757 dipese da Madrid e fu
Manila, Diego Fajardo y Chacon, il quale accusò di peculato il suo predecesequiparata perciò a Provincia.
sore Hurtado de Corcuera, che fu condannato a cinque anni di carcere, ma
che poi in Spagna ottenne la revisione del processo, venendo riconosciuto innocente, tanto che fu poi Governatore
delle Isole Canarie dal 1661 al 16659.
Rimasti privi della protezione di Hurtado de Corcuera e non avendo ancora ricevuto il regio beneplacito, i due frati
furono costretti a lasciare l’Ospedale Reale di Cavite, ma non s’arresero e si sistemarono in una botteguccia, appellandosi al buon cuore del nuovo Governatore per poter improvvisare un ospedaletto di fortuna in un capannone in
legno, sito fuori le mura ed in parte affittato ad alcuni pescatori, che dovendo uscire al buio per pescare con la lampada, usavano il capannone come riparo nelle ore notturne in cui la porta delle mura cittadine rimaneva sbarrata: il
generale Pedro de Mendiola10, che comandava la fortezza di Cavite, dette il 25 settembre 1645 parere favorevole ed
altrettanto fecero i Giudici Cittadini, per cui il Governatore Diego Fajardo autorizzò con decreto del 6 ottobre 1645
l’insediamento provvisorio del nuovo Ospedale nel suddetto capannone, in attesa del regio beneplacito11.
L’ospedale subirà varie ristrutturazioni e complete riedificazioni, ma per un paio di decenni rimase un edificio di nessun pregio, com’è documentato da un singolare episodio: nel 1663 l’ingegnere olandese Richard Carr riuscì ad entrare in incognito a Cavite ed a tracciare un accurato schizzo della cittadella, ma fu poi scoperto e nello schizzo, che gli
fu confiscato e si conserva oggi nel Museo Navale di Madrid, appare disegnato, subito fuori le mura di Cavite,
l’Ospedale San Juan de Dios con la specifica ch’era in “bambu y nipa”, ossia in legno e paglia. Nonostante la povertà della struttura edilizia, l’assistenza ai malati era di buon livello ed espletata con tale zelo che riuscì a stimolare in
loco alcune vocazioni: il primo candidato che, superato il prescritto anno di Noviziato, venne ammesso alla
Professione dei Voti in Cavite fu nel 1647 fra Francisco Alabes, che era nato in México ad Oaxaca12.
Abbiamo visto che nell’aprile 1644 il Governatore Hurtado de Corcuera aveva ufficialmente approvato la richiesta
di fra Andrea de San Joseph Rebollo di edificare un Convalescenziario fuori Manila lungo il fiume Pasig e lasciato sperare in un suo personale appoggio finanziario13; ora che quest’ultimo era sfumato, fra Francisco de Magallanes pensò
di utilizzare per tale progetto il modesto edificio che nel 1611 era stato concesso ai Fatebenefratelli dal vescovo di
Manila: era un fabbricato con annesso un orto14 ed era
sito in Bagumbayan, accanto alla Chiesa di Nostra
Signora di Guia15. Fra Francisco presentò richiesta al
Governatore Diego Fajardo d’approvare tale cambio di
zona, il che fu concesso con decreto del 16 settembre
1644, alle solite condizioni che fosse poi ottenuto il
regio beneplacito per tale nuova fondazione16. Fu così
riaperto il Convalescenziario di Manila approntandovi
due sale, una per gli uomini e l’altra per le donne, per
complessivi venti letti: come superiore fu designato
l’appena menzionato fra Francisco Alabes17.
L’attività del Convalescenziario di Bagumbayan si
guadagnò presto la stima della popolazione di Manila e
L’Ospedale di Cavite prima d’esser distrutto dall’ultima guerra mondiale
questo aprì la strada per rendere infine stabile la pre- (disegno di Rafael Del Casal).
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senza dei Fatebenefratelli. Infatti, accadde che la Confraternita della
Misericordia, nata per gestire in Intramuros un Ospedale per i Nativi e poi per
qualche tempo incaricata anche di quello Reale, col passare degli anni s’era
andata impegnando sempre più in altri tipi di attività, specie in assistere le
orfanelle e garantir loro la dote, utilizzando a tal fine non direttamente i lasciti che riceveva, ma solo gli interessi che riusciva a ricavarne tramite prestiti
ed investimenti, per cui divenne una vera e propria banca e faceva fatica a
seguire da vicino l’andamento dell’Ospedale per i Nativi, tanto che pensò di
cederlo ai Fatebenefratelli. Nella seduta di Consiglio del 15 marzo 1656 essa
approvò tale cessione, ritenendola opportuna “non solo per alleggerire la
Confraternita delle spese che vi profonde, ma anche pel bene stesso della
città, poiché essendo peculiare di questi Religiosi l’attività ospedaliera,
porrebbero sicuro rimedio agli scarsi risultati cui attualmente approda
Dettaglio dell’Ospedale di Manila nella mappa
l’assistenza prestata agli infermi ricoverati nell’ospedale18”.
incisa da fra Hipólito Jiménez.
Fu così che l’ultimo di maggio del 1656 i Fatebenefratelli s’insediarono
nell’Ospedale della Santa Misericordia19 e primo Priore ne fu il portoghese
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fra Francisco Cardoso , che allestì tre sale distinte, di dodici letti ciascuna, così da poter cominciare a ricoverare
anche le donne, e fabbricò Cappella e Convento, poi crollati nel terremoto del 1664. Nel 1674 un altro terremoto
costrinse ad edificare di nuovo l’Ospedale21 che, sempre per la medesima causa, fu ricostruito più e più volte, ognora
più ampio: passò così ad avere dapprima 60 letti, poi 80, ed infine 10022.
Gli accordi stipulati con la Confraternita23 contemplavano la donazione irreversibile dell’Ospedale ai
Fatebenefratelli, che s’impegnavano a ricevervi tanto gli spagnoli, quanto gli indigeni ed i neri, nonché a prestare assistenza sanitaria nell’orfanotrofio di Santa Isabella, diretto dalla Confraternita; una clausola, la nona, stabiliva esplicitamente che l’Ospedale doveva conservare l’antica denominazione, ciò nondimeno presto venne chiamato da tutti
Ospedale San Giovanni di Dio e così viene designato, ad esempio, già in un regia ordinanza del 168024.
Con regia ordinanza25 del 5 dicembre 1659 fu approvato il passaggio dell’Ospedale ai Fatebenefratelli, il che finalmente legittimò il loro insediarsi nelle Filippine e fece loro abbandonare, dopo quasi mezzo secolo d’inutili tentativi,
ogni aspirazione a farsi affidare qualcuno degli Ospedali Reali, dove avrebbero beneficiato della copertura finanziaria
governativa d’ogni spesa di gestione, mentre optando per una struttura privata, il felice proseguimento dell’attività
dipendeva dal flusso delle elemosine e da eventuali lasciti testamentari.
La stima della popolazione per lo zelo e la professionalità dei Frati permise loro di affrontare anno dopo anno le spese
della gestione ospedaliera grazie al costante rivolo delle piccole offerte, ma soprattutto grazie all’acquisizione della
Hacienda Buenavista, una sterminata azienda agricola in provincia di Bulacan che rappresentò per due secoli la maggior risorsa con cui assicurare il ricovero gratuito dei pazienti. L’agostiniano padre Joaquín Martínez de Zúñiga, che
visitò la provincia di Bulacan nel 1802, quando descrive la Hacienda Buenavista sottolinea ripetutamente26 che l’appellativo era ben giustificato per il panorama godibile dalla collinetta sassosa27 dove sorgeva la residenza dei
Fatebenefratelli.
Punto di partenza per il costituirsi della Hacienda Buenavista fu un legato testamentario del 1649, disposto in segno
di gratitudine da un paziente del loro Convalescenziario di Bagumbayan, il capitano don Pedro Gómez de Cañete28.
Costui nel censimento degli spagnoli residenti a Manila nel 1634 risulta sposato ma senza prole29, beneficiario di
un’encomienda, ed esercitante l’incarico di Regidor,
ossia di Consigliere Municipale di Manila. Tale incarico, che egli esercitò fino al 164930, non era retribuito,
ma dava diritto a caricare un maggior quantitativo di
merce sul galeone per Acapulco31.
Quando s’aprì il testamento del capitano Gómez, fu
presentata opposizione da un altro consigliere comunale, il capitano Geronimo de Fuentes Cortés32, che vantava un credito nei confronti del defunto: avendo i
debiti precedenza sulle donazioni, la proprietà fu messa
all’asta, ma i Fatebenefratelli, con l’aiuto d’alcuni benefattori, se l’aggiudicarono con un’offerta di 12.100
pesos33 e negli anni successivi acquistarono altri terreni confinanti, formando una tenuta che si chiamò
Hacienda Buenavista, Pinaot e Bolo, dove oltre a coltivare riso ed allevare bovini allo stato brado, piantarono alberi da frutta e da taglio34.
L’Ospedale di Intramuros nell’incisione di Joseph Andrade (1742).
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La Hacienda Buenavista si estendeva per quasi 40.000 ettari in quelli
che sono gli attuali Comuni di San Rafael e San Ildefonso, nonché in parte
degli attuali Comuni di Bustos e Baliwag. Nella tenuta i Fatebenefratelli
insediarono un frate come Amministratore, ma nel secolo seguente ne
alleggerirono il compito, affidando i complessi rapporti col crescente
numero d’affittuari ad un intermediario secolare, assunto con contratto rinnovabile ogni cinque anni e che garantiva per la gestione dei loro ospedali un’entrata annua di 500 pesos e di trecento cesti di riso35, ognuno della
capacità di 75 litri.
Solamente sul finire del Settecento i Fatebenefratelli aprirono un vero e
proprio ospedale a San Rafael, nel quale si registravano una media di centocinquanta ricoveri all’anno36, ma già fin dal loro primo arrivo nella zona era
usuale che il frate inviato come Amministratore della tenuta mettesse la sua
competenza infermieristica a disposizione dei malati della zona, sia ricevendoli nella propria residenza, sia visitandoli nei loro villaggi.
La Vice Provincia Filippina ebbe in modo saltuario anche altri due
Ospedali37: già a fine Seicento uno di 15 letti nella fortezza di Cebu, del
quale fu nominato cappellano nel 1687 il messicano fra Antonio de
Robles38; e dal 1740 un altro di 8 letti nella fortezza di Zamboanga. In tutto
nelle Filippine i Fatebenefratelli ebbero pertanto appena sei Ospedali, ma era
Fra Manuel Peña, ultimo frate dei tempi
coloniali.
tanta la carità che dimostravano che la gente prese con affettuosa gratitudine a chiamarli Juaninos39 (Giovannini) invece della denominazione ufficiale di “Frati Ospedalieri di San Giovanni di Dio”. Ed in sintonia con tale stima popolare, già dal 24 febbraio 1703 l’arcivescovo di Manila, mons. Diego Camacho y Avila, annoverò San Giovanni di Dio tra i patroni della Diocesi40.
Agli inizi dell’Ottocento l’imperversare in Spagna di leggi persecutorie degli Istituti Religiosi provocò un rapido
declino del ramo spagnolo dei Fatebenefratelli. Il colpo più grave fu inferto dal decreto del 25 luglio 1835, che soppresse in Spagna le Comunità Religiose con meno di dodici membri: i Fatebenefratelli su 52 Ospedali ne salvarono
solo due; un successivo decreto del 9 marzo 1836 vietò di ricevere novizi, il che equivaleva a condannare l’Istituto ad
una lenta estinzione41.
Nelle Filippine le Comunità non furono sciolte, ma venne a mancare il ricambio dalla Spagna quando i frati invecchiavano o morivano; a ciò s’aggiunsero i danni del disastroso terremoto del 1863, che distrusse l’Ospedale di Manila
e rese inutilizzabile la Chiesa, sicché un regio decreto del 17 agosto 1865 dispose che la Comunità lasciasse la città e
si unisse a quella di Cavite: fu pertanto disposta una visita ecclesiastica per studiare le modalità del provvedimento,
che venne reso esecutivo il 29 agosto 1866 con un decreto42 del Governatore delle Filippine che prevedeva inoltre
l’istituzione di una Giunta laica per curare la ricostruzione dell’Ospedale e la gestione tanto di esso quanto della
Hacienda Buenavista.
Sia a Manila sia a San Rafael de Bulacan cessò dunque dal 1866 la presenza dei Fatebenefratelli, che sopravvissero
ancora poco più d’un ventennio unicamente nell’Ospedale di Cavite. Vani purtroppo restarono i ripetuti tentativi
compiuti da San Benedetto Menni, in quel
tempo Superiore della Provincia Spagnola
dell’Ordine, per far rifiorire l’Ordine nelle
Filippine prima che nel 1888 morisse a Cavite fra
Manuel Peña, ultimo superstite della Provincia
Filippina43. I beni dell’estinta Provincia andarono all’Arcidiocesi di Manila che, trascorso il
momento di confusione al passaggio dalla dominazione spagnola a quella statunitense, riuscì a
farsi riconoscere il possesso della Hacienda
Buenavista, di cui però un terzo nel 1944 fu
ceduto per modicissimo prezzo a vari affittuari44
ed il resto ceduto nel 1949 al Governo per appena 3.500.000 pesos45.
Quegli oltre due secoli di presenza non andarono però dimenticati, non solo per il ricordo della
carità che i frati seppero dimostrare con i malati,
ma anche per il martirio affrontato da tre di loro
ed ai quali dedicheremo il prossimo capitolo.
Nella mappa settecentesca di Zamboanga l’Ospedale ha il n. 8.
10
ell’albo d’onore dei Fatebenefratelli dell’antica Provincia delle Filippine figurano numerosi religiosi che si
distinsero per splendide doti morali e professionali, nonché tre che caddero martiri nell’esercizio del carisma
ospedaliero1 ed uno che fu giustiziato dall’esercito spagnolo, ma che oggi è additato come eroe della libertà2.
Sono convinto che questa generosità dei Fatebenefratelli del tempo spagnolo abbia interceduto dal Signore il rifiorire del nostro Ordine nelle Filippine e merita dunque rievocare almeno alcune di queste figure, non solo in segno di
gratitudine ma anche per trarne stimolo a vivere con pari generosità la vocazione ospedaliera. Oltre al Necrologio
Spagnolo3 la principale fonte su tali Confratelli è fra Juan Manuel Maldonado de Puga, che era Cappellano e Maestro
dei Novizi a Manila e che pubblicò nel 1742 un Compendio sulla fondazione e sviluppo della Provincia Filippina nel
quale tracciò un breve profilo biografico dei seguenti nove personaggi di maggior spicco4:
Fra Marcello del Arroyo: ricevette giovanissimo l’abito nell’Ospedale di Cavite e morì ultraottantenne in quello di
Manila il 4 giugno d’un anno imprecisato; fu zelante cappellano ed eccellente medico, che con l’abilità professionale
sapeva conquistarsi l’affetto dei pazienti, che poi aiutava a maturare nella fede.
Fra Francisco Alabes: nato ad Oaxaca, nel Messico, fu il primo, nel 1647, a ricevere l’abito a Cavite, dove fu poi
anche ordinato sacerdote; destinato alla nuova fondazione di Bagumbayan, vi rifulse per esimia virtù ed amore
all’Istituto; chiuse santamente i suoi giorni il 9 marzo 1671.
Fra Nicola Rino de Boroa: esercitò per lunghi anni l’arte sanitaria, eccellendo per competenza e carità; fu inoltre
sacerdote con profonde cognizioni di teologia morale e tomistica; morì nell’ospedale di Manila il 10 maggio 1684.
Fra Juan de Alarcón: fu per decenni il medico più ricercato di Manila; come sacerdote s’affermò per le sue capacità oratorie e poetiche, tanto che lo soprannominarono Pico de Oro (becco d’oro); morì anziano a Cavite il 10
dicembre 1699.
Fra Bernardo Javier: nato in Messico a Puebla, era dottore in Teologia e l’insegnò nella prestigiosa Università che i
Gesuiti avevano a Manila, finché decise di farsi fatebenefratello e dedicarsi all’umile servizio dei malati, sicché lo
soprannominarono Sol eclipsado (sole eclissato); entrò nel Noviziato di Manila e vi emise i Voti il 25 novembre 1671,
edificando tutti per lo spirito di carità, di povertà e di mortificazione; devoto dell’Assunta, auspicava di poter morire
nella sua festa e fu accontentato, entrando in agonia all’imbrunire del 14 agosto 1720; a quel tempo il nuovo giorno si
contava dal calar del sole e quando chiese che ora era, gli risposero che era l’una, al che, schioccando le dita come nacchere, replicò con gran gioia “Bene, bene, manca un’ora, che festa deliziosa c’è in Cielo!”; e puntualmente, al suonare le due, spirò.
Fra Luis de San Pablo: nato in Spagna a
Granada, venne a Manila come cappellano del
Governatore Domingo de Sabalburu, ma poi
rinunciò all’incarico ed entrò nel Noviziato dei
Fatebenefratelli, emettendo i Voti l’8 gennaio
1704; aveva portato dall’Europa un meraviglioso dipinto dell’Addolorata, che ottenne fosse
collocato in un altare collaterale della Chiesa
dell’Ospedale, dove divenne oggetto di grandissima venerazione per i fedeli non solo di
Manila, ma anche della Provincia, i quali si
costituirono in Confraternita, approvata dall’arcivescovo Diego Camacho il 4 marzo 1705;
vi si celebrava Messa Solenne ogni venerdì e le
pareti s’andarono ricoprendo di ex voto per le
continue grazie ottenute5.
Venerabile fra Antonio de Santiago: protagonista nel 1641 del secondo felice tentativo di Martirio del Ven. Antonio de Santiago (Granada: Museo de los Pisa).
N
11
impiantarsi nelle Filippine, ebbe come suo ultimo incarico quello di amministratore della Hacienda Buenavista, dove
il 14 aprile 1665 rimase vittima di un’incursione di una tribù negra6 scesa dai monti a razziare cibo; mortalmente colpito da una freccia, s’accasciò sul tronco d’un albero sul quale s’era da poco arrampicato un negretto di circa dieci anni,
il quale vedendo che il religioso restava inginocchiato ai piedi dell’albero, pensò ingenuamente che vi fosse rimasto di
vedetta e non si mosse di lì finché, trascorsi due giorni, la gente della fattoria scoprì il religioso morto; vedendo essi il
negretto sull’albero, lo presero e lo condussero al Convento di Manila, dove qualche tempo dopo, essendo stato istruito nella nostra Fede, ricevette il Santo Battesimo, sicché fra Antonio, dopo aver per anni offerto salute fisica a tanti
ammalati, alla fine della sua vita riuscì col suo sangue ad offrire occasione di salute spirituale allo spaurito negretto.
Venerabile fra Lorenzo Gómez: inviato in missione sanitaria nella Provincia d’Ilocos, cadde in un agguato tesogli
da una tribù di Tinguiani, scesi dai monti per razzia e che il 7 gennaio 1702 gli tolsero la vita a colpi di frecce7.
Venerabile fra Giovanni Antonio Guémez: fu anche lui assassinato a colpi di lancia il 13 maggio 1731 da una tribù
di Ladrones durante una delle loro frequenti scorrerie nella Hacienda Buenavista. La sua morte suscitò profonda
costernazione sia per la crudeltà e perfidia degli uccisori, sia per le qualità di cui rifulgeva questa persona, zelante nell’adempimento dei suoi doveri.
Riguardo a questi tre Venerabili, caduti martiri di carità mentre svolgevano il loro apostolato sanitario nelle
Filippine, va anzitutto precisato che il titolo viene loro attribuito per antica tradizione e figura nel Necrologio
Spagnolo dell’Ordine, ma che mai fu avviato il Processo di Beatificazione, anche se, specie in loco, esiste una certa
devozione popolare per loro ed i rispettivi presuli hanno manifestato la loro disponibilità ad introdurre la Causa.
Questo spiega perché nel 2006 a San Rafael de Bulacan il parroco della Chiesa di San Giovanni di Dio, don Jose
Dennis A. Espejo, ricorrendo il 275° anniversario del martirio di fra Giovanni Antonio Guémez, decise di innalzare
a lato della Chiesa un gruppo commemorativo in cemento che lo ricordasse unitamente a fra Antonio de Santiago,
trucidato anche lui a Bulacan. Realizzato con molta valentia dallo scultore Raul De Guzman, il monumento raffigura
i due martiri a grandezza quasi naturale e col loro abito religioso, sul cui scapolare è scolpito per maggior identificazione lo stemma dei Fatebenefratelli. Uno dei due martiri protende in alto un crocefisso per proclamare la sua fede in
Colui al quale ha offerto la propria vita; l’altro è invece
chino su un malato, accanto al quale è raffigurata sia
una brocca ed un bacile per alludere ad una qualche
medicazione, sia una palma per alludere al martirio che
subirono entrambi i religiosi.
Accanto al monumento una lapide in tagalog8, che è
la lingua usualmente parlata dalla popolazione del
posto, ricorda l’impegno caritativo dei due martiri, il
loro nome e la rispettiva data del loro martirio, nonché
un accenno che i Fatebenefratelli dal 1649 al 1866
ebbero in Bulacan la Hacienda Buenavista, con i cui
frutti poterono mantenere in efficienza tutti i loro ospedali nell’isola di Luzon. In calce alla lapide è inoltre
scolpita la data dell’inaugurazione del monumento, che
fu benedetto dal Rettore del Seminario Diocesano,
mons. Andrea S. Valera, la mattina dell’8 marzo 2006,
festa cittadina perché ricorrenza liturgica di San
Giovanni di Dio, da sempre titolare della Chiesa9.
Il bozzetto del monumento fu utilizzato per lo speciale annullo postale commemorativo adottato per un
mese dal Comune di San Rafael de Bulacan e da quello
di Manila10. Riproduzioni su tela di questo monumento di Bulacan, eseguite dal pittore Eladio S. Santos,
furono inoltre collocate sia nella Cappella che oggi i
Fatebenefratelli hanno a Manila, sia nella sala d’attesa
del loro Poliambulatorio11.
Per quanto riguarda fra Lorenzo Gómez, merita anzitutto chiarire la cornice storico-geografica del suo martirio12. I fatti si svolsero in una remota regione settentrionale dell’isola di Luzon, sita lungo il versante che
guarda la Cina. Quest’area era abitata da due distinti
gruppi d’origine malese: gli Ilocani ed i Tinguiani. I
Monumento di Bulacan (olio su tela di Eladio S. Santos).
primi avevano preso il sopravvento ed occupato soprat12
tutto le zone costiere, dedicandosi alla coltivazione del
riso ed al commercio; per via di quest’ultimo, i loro villaggi sorgevano soprattutto dov’erano insenature che
favorivano l’attracco dei battelli, tanto che la denominazione di codesto gruppo etnico deriva appunto dalla
parola “looc”, che significa insenatura costiera. La
denominazione dei Tinguiani deriva invece dalla parola “tinggi”, che significa altura, poiché furono costretti
ad insediarsi nelle zone montagnose dell’interno, dalle
quali a volte la penuria di cibo li spingeva a rapide razzie nelle più fertili zone costiere. Fu probabilmente
durante una di queste scorribande che alcuni Tinguiani
massacrarono il frate.
Il coraggioso avventurarsi dei Fatebenefratelli nella
remota provincia ilocana era divenuto consuetudinario
fin dal 1685. Il punto di partenza era stato il terribile
terremoto che colpì Manila il 15 marzo 1676, demolendo la loro Chiesa in Intramuros e facendo crollare
gran parte dell’Ospedale. Per ripararlo i Fatebenefratelli
chiesero un sussidio al re di Spagna, che era allora
Carlo II. La richiesta fu presentata a Madrid dal
Procuratore Generale dei Fatebenefratelli, fra
Sebastiano de Dessa y Cayzedo; fu esaudita da Sua
Maestà dopo oltre quattro anni con Decreto Reale del
9 giugno 1680 e nella misura di 500 tributi, da assegnare solo per vent’anni e allorché questi fossero risultati
disponibili13, cosa che accadde dopo altri cinque anni,
quando infine il 9 febbraio 1685 il Governatore delle
Filippine, Gabriele de Curucelaegui, assegnò
all’Ospedale di Manila 287 tributi nella provincia di
Cagayan e 115 in quella contigua di Ilocos14. A quel
Venerabile Lorenzo Gómez (olio su tela di Eladio S. Santos).
tempo il modo usuale del governo nel concedere sussidi o prebende non era infatti l’elargizione diretta di
contante, ma il titolo a riscuotere le tasse dovute dai nuclei familiari di una determinata zona, che era totalmente affidata - donde il nome di “Encomienda” - al beneficiario, con l’obbligo per costui di assicurare assistenza civile e religiosa alla popolazione.
L’Encomienda assegnata ai Fatebenefratelli nell’antica Provincia di Ilocos comprendeva 115 nuclei familiari stanziati nei dintorni di Purao (oggi Balaoan), Tagurin (oggi Tagudin) e Pedic, ossia lungo la riviera di ponente dell’estremità settentrionale dell’isola di Luzon, ed il tributo era pagato generalmente in natura, ma a norma di legge n’andava dedotta una quota per retribuire l’incaricato della catechesi. A partire dal 1685 nacque dunque per i
Fatebenefratelli di Manila la necessità di inviare ogni anno qualcuno a riscuotere i tributi dovuti dalle singole famiglie ed a pagare i catechisti. Ecco quanto a tal riguardo leggiamo nel Maldonado15: “Ogni anno ad ottobre viene inviato un Confratello nella Provincia di Ilocos affinché venga meglio effettuata la raccolta e consegna dei tributi
dell’Encomienda, che c’è stata assegnata in tale Provincia; ed allo stesso tempo affinché vada alla questua tra
gli agricoltori di quel territorio. Egli ha l’accortezza di portarsi dei farmaci e si avvale delle sue cognizioni per
offrire gratuitamente assistenza. Quando il raccolto è buono, raccoglie d’elemosina più o meno settecento cesti di
riso (circa 350 quintali). I nostri Religiosi sono talmente apprezzati in tale Provincia che quando a marzo, per
l’approssimarsi dei monsoni, se ne ritornano, la gente esprime loro il dispiacere nel vedersi mancare il conforto
dispensato nel frattempo ai molti di loro che ricevono rimedio ai propri malanni”.
A parte il riso raccolto a titolo d’elemosina in quei sei mesi di permanenza, il confratello inviato in Ilocos ne riportava i tributi dell’Encomienda, così specificati dal Maldonado16: “Il frutto annuo dell’Encomienda, dedotte le spese
di salari e degli altri gravami usuali, ammonta a cinquecento cesti di riso e duecentocinquanta manti di fibra;
ma se gli esattori cedono in elemosina la loro percentuale e se parimenti a titolo d’elemosina non viene addebitato il trasporto a Manila dei suddetti beni, il valore complessivo raggiunge i cento pesos”.
Come si vede, la popolarità dei Fatebenefratelli era tale che raccoglievano molto più riso in elemosina che in tributi. Certo per questo, la tragica morte di fra Lorenzo Gómez non scoraggiò i Fatebenefratelli, che non solo continuarono a visitare la zona, ma ottennero dal Governatore che i tributi inizialmente loro assegnati in Cagayan fossero
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permutati con altri in Ilocos17, in modo da meglio concentrare in tale provincia il loro apostolato. Il loro impegno fu premiato con la proroga della concessione dei tributi18, sancita una prima volta col Decreto Reale del 17 settembre 1705 e poi ancora di nuovo col successivo Decreto Reale del 2 luglio
1735. Grazie anche a tali tributi ed alle libere offerte dei fedeli di tale zona,
nel 1732 i Fatebenefratelli furono in grado di completare la sistemazione edilizia del complesso ospedaliero di Intramuros e quando l’11 maggio di tale
anno ci fu la solenne inaugurazione della loro nuova Chiesa, in segno di gratitudine essi invitarono a Manila a presiedere il Rito il vescovo di Nueva
Segovia, mons. Gerolamo L. de Herrera, dal quale dipendeva tutto il territorio ilocano19.
In occasione del terzo centenario del martirio del Venerabile Lorenzo
Gómez furono scoperte tre lapidi commemorative nei luoghi del suo apostolato20: la prima nella Chiesa Parrocchiale di Balaoan, dove venne a benedirla il locale presule della Diocesi di San Fernando de la Union, mons. Antonio
Monumento a fra Apollinario nella frazione dove
R. Tobias; la seconda lapide fu collocata nella Chiesa Parrocchiale di
nacque.
Tagudin, dopo essere stata benedetta nella cattedrale di Vigan dal rispettivo
arcivescovo mons. Edmondo M. Abaya, il quale volle anche onorare il martire intitolandogli l’Ambulatorio gratuito
che aveva aperto nel suo episcopio; la terza lapide fu collocata a Manila nella Cappella dell’Università Lyceum of the
Philippines, sorta nel dopoguerra sull’area esatta dove era in antico l’ospedale di San Giovanni di Dio, e venne a
benedirla l’ausiliario dell’arcidiocesi di Manila, mons. Teodoro J. Buhain, alla presenza del Superiore Generale dei
Fatebenefratelli e dei rappresentanti di tutte le Province dell’Ordine. Inoltre, per la Cappella dei Fatebenefratelli di
Manila il pittore Eladio S. Santos eseguì una tela ad olio21 raffigurante il Venerabile Lorenzo Gómez trafitto dalle frecce dei Tinguiani e che mira assorto il Cielo, da un cui squarcio irrompe luce ad assicurarlo del premio celeste; nella
sinistra egli stringe una palma, quale simbolo della sua immolazione come martire della carità mentre visitava i malati nella regione ilocana; in basso una melagrana, avvolta da spine e sormontata da una piccola croce di bambù, ricorda la sua appartenenza alla gloriosa schiera dei martiri Fatebenefratelli e specificamente a quelli delle Filippine.
Oltre ai nove Confratelli ricordati dal Maldonado, merita far menzione di un altro Confratello della Comunità di
Manila, fra Apollinario de la Cruz, annoverato nelle Filippine tra i martiri della libertà22. Egli aveva fondato per i
suoi conterranei di stirpe tagalog una pia Confraternita
in onore di San Giuseppe, del quale i Fatebenefratelli di
Manila erano particolarmente devoti ed usavano dedicargli solenni celebrazioni liturgiche, specie nel mese di
ottobre23. Ma nel 1841 il Governatore spagnolo,
sospettoso di ogni iniziativa sia pur lontanamente
nazionalistica, ordinò la soppressione della
Confraternita e chiese ai Fatebenefratelli di dimettere
fra Apollinario dalla loro Comunità, dove era stato
accolto come oblato fin dal 1830. Fra Apollinario riuscì
a fuggirsene e radunò sulle pendici del monte Banahaw
oltre tremila aderenti alla Confraternita, decisi a difendere pacificamente, ma ad oltranza, la loro libertà di
culto. Con pugno di ferro, il Governatore mandò un’armata a disperderli. La notte del 31 ottobre 1841 i soldati attaccarono l’accampamento, macchiandosi di
un’atroce strage, con centinaia di vittime, praticamente inermi, come è dimostrato dal fatto che le truppe spagnole ebbero appena undici feriti e nessun morto24. Fra
Apollinario riuscì a sfuggire, ma venne catturato il 4
novembre e, con giudizio sommario, immediatamente
giustiziato nella piazza centrale di Sariaya, venendogli
concesso giusto il tempo di ricevere l’assoluzione dal
parroco di Atimonan25. Oggi fra Apollinario è giustamente ricordato come eroe della Patria26 e gli sono
stati innalzati monumenti sia nel parco di Luneta a
Manila, sia altrove ed in particolare nella frazione di
Manila: monumento a fra Apollinario in Luneta Park.
Lucban dove nacque.
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opo la scomparsa dei Fatebenefratelli dalle Filippine, ad assistere i malati nei loro Ospedali subentrarono le
Figlie della Carità fondate da San Vincenzo de’ Paoli, alle quali fu affidato fin dal 1869 l’Ospedale Generale di
Manila, poi nel 1885 quello di Cavite e nel 1895 anche il Convalescenziario nell’isola del fiume Pasig.
Durante la Seconda Guerra Mondiale i tre rispettivi edifici andarono distrutti. Quello di Cavite non fu mai più ricostruito. Riguardo a Manila1, sull’area dell’Ospedale Generale che i Fatebenefratelli avevano avuto in Intramuros sorse
il complesso universitario “Lyceum of the Philippines” che, anche se in stile moderno, ripete lo stesso schema costruttivo di un quadrilatero con cortile centrale; tra i corsi che vi si svolgono ce n’è anche uno di Amministrazione
Alberghiera, frequentato da circa cinquemila studenti e che in inglese è detto di Hospitality Management, usando il termine Ospitalità in un senso ovviamente diverso da quello che ha per noi Fatebenefratelli, ma che per assonanza rievoca istintivamente in noi il ricordo della dedizione ospedaliera che espletammo in quel luogo. Riguardo infine al
Convalescenziario che sorgeva sull’isola del fiume Pasig, la ricostruzione ha seguito uno schema totalmente differente e le Figlie della Carità continuano a prodigarsi nell’Istituto, che però fin dal loro insediarvisi nel 1895 aveva cambiato destinazione, divenendo sede dell’Ospizio di San Jose2, che inizialmente accoglieva gli orfani ed oggi invece gli
anziani ed un gruppo di giovani minorati fisici; solo nelle mappe della città rimane un nostro ricordo, poiché la zona
vi appare ancor oggi designata con l’antica denominazione spagnola di Isla de la Convalecencia.
L’Arcidiocesi di Manila decise di ricostruire l’Ospedale Generale, mantenendo l’antica denominazione San Giovanni
di Dio, però edificandolo non più in Intramuros ma in un’area di Pasig fronteggiante lo splendido lungomare Roxas,
che costeggia la baia e che accoglie quanti entrano nella metropoli dall’aeroporto o dall’autostrada costiera. L’edificio
fu inaugurato nel dicembre 1952 ed in una nicchia accanto all’ingresso ha una statua di San Giovanni di Dio proveniente dal vecchio Ospedale e raffigurante il Santo che scopre Gesù nel malato che porta sulle spalle3.
Nel 1974 divenne arcivescovo di Manila il cardinal Jaime L. Sin che, vedendo gli immensi bisogni pastorali creati
dall’incessante crescita demografica della metropoli, incoraggiò l’insediamento di sempre più Istituti Religiosi, ponendosi come obiettivo che ce ne fosse almeno uno in ogni Parrocchia. Fu così che, trovandosi a Roma ed essendo entrato nella Farmacia Vaticana, come notò che era gestita dai Fatebenefratelli volle parlare con il Superiore e gli propose
d’affidare nuovamente a loro l’Ospedale di Manila. La richiesta fu trasmessa
alla Provincia Aragonese dell’Ordine poiché, quando nel 1934 furono erette
le tre Province Spagnole, a quella Aragonese fu ufficialmente indicata come
area di espansione missionaria l’America Centrale e le Filippine4. La
Provincia Aragonese non poté però esaudire la richiesta del card. Sin perché
in quel momento stava concentrando i propri sforzi in Sierra Leone, dove fin
dal 1967 aveva preso in carico l’Ospedale Generale di Lunsar. Parimenti
rimasero inascoltati gli appelli a ritornare formulati nel 1979 dalle Figlie della
Carità quando inviarono alle tre Province spagnole gli opuscoli pubblicati per
celebrare il IV Centenario dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Manila.
Non concretandosi il ritorno a Manila dei Confratelli spagnoli, nel prosieguo degli anni Settanta alcuni giovani filippini presero ad inviare domande
d’ammissione alla Provincia Australiana, che aveva il vantaggio d’essere più
vicina e di parlare l’inglese, che grazie al mezzo secolo di dominio statunitense era divenuta la lingua ufficiale di quell’arcipelago, dove ormai solo qualche
anziano era ancora capace di parlare spagnolo. In Australia dal 1974 era
Superiore Provinciale fra Brian O’Donnell, che decise nel settembre 1976 di
recarsi a Manila, dove ebbe un lungo colloquio con un giovane di buona cultura che mostrava grande interesse per l’Ordine e che assicurò che avrebbe
riflettuto sulla possibilità di farsi frate e che avrebbe comunicato quanto
prima la sua decisione, ma non si fece poi più vivo. Nel gennaio 1979 fra
Brian, accompagnato da un altro confratello, fece un nuovo viaggio a Manila, Antica statua di San Giovanni di Dio sita in
dove aveva dato appuntamento a vari giovani che erano stati in contatto epi- una nicchia a lato dell’ingresso dell’omonimo
stolare con il Promotore Vocazionale dell’Australia, ma nessuno di loro si pre- Ospedale di Manila.
D
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sentò, forse anche perché proprio durante la settimana trascorsa a Manila un
tifone paralizzò i trasporti in quasi tutta la nazione.
Nel decennio successivo cominciò ad interessarsi alle Filippine fra
Francesco Gillen, un Confratello della Provincia Statunitense, che fin dal
1973 era di Comunità all’Isola Tiberina5, dove usava prodigarsi al Pronto
Soccorso avvalendosi del suo inglese per aiutare come interprete i frequenti
pazienti stranieri, per lo più turisti. Oltre a loro c’era un altro tipo di pazienti che arrivavano ancor più spaesati ed erano le Suore di Clausura, talora da
molti decenni mai uscite di Convento, sicché si sentivano come pesci fuor
d’acqua e riprendevano coraggio allo scorgere il viso sorridente d’un frate.
Ovviamente, quando qualche altra suora dello stesso Convento veniva al
Pronto Soccorso, già sapeva di doversi rivolgere a fra Francesco, che con gli
anni divenne amico di molte Comunità Claustrali ed era invitato alle loro
feste liturgiche, dove egli distribuiva opuscoli del nostro Ordine. Accadde che
nel Convento di Santa Lucia, che le Suore Agostiniane hanno in via dei
Selci, ci fossero varie claustrali di nazionalità filippina ed una di loro ricavò
dagli opuscoli l’indirizzo romano del nostro Ordine e lo comunicò in patria,
per cui il giovane filippino Renato G. Caliso se ne servì per render noto il suo
P. Gabriele Russotto non solo fu un prolifico
desiderio d’entrare nel nostro Ordine. Dal 1980 era Promotore Vocazionale
scrittore ed efficace Postulatore, ma fu anche il
della Provincia Romana fra Angelico Bellino, che decise di smistare la richieprimo della Provincia Romana a patrocinare
sta a qualche Provincia di lingua inglese e ne incaricò fra Francesco, che però
l’apertura alle Filippine.
preferì parlarne invece con padre Gabriele Russotto, che era di Comunità
all’Isola Tiberina ma apparteneva alla Provincia Romana, mostrandogli l’opportunità che i Fatebenefratelli imitassero le Suore Agostiniane, accogliendo i filippini in Italia senza spaventarsi del problema linguistico.
Padre Russotto si lasciò convincere ed a sua volta persuase uno per uno i membri del Consiglio della Provincia
Romana, ricordando loro che la vocazione è un dono del Signore, che ne pone il seme nel cuore dei giovani, ma che
poi spetta a noi aiutarlo a crescere, senza defilarsi se chi bussa alla nostra porta parla inglese invece che italiano. Grazie
a p. Russotto, quando l’argomento fu discusso in Consiglio, fu unanimemente deciso che la Provincia Romana chiedesse al Superiore Generale il permesso di accogliere i filippini, dopo di che fra Francesco fu incaricato di rispondere
in inglese alle richieste che giungessero dalle Filippine e di chiarirle tramite scambi epistolari. Nel frattempo il 28
novembre 1984, mentre era di passaggio a Roma, si ricoverò all’Isola Tiberina mons. Bienvenido M. Lopez, che era
dal 1966 uno dei vescovi ausiliari di Manila e che commentò con molto favore l’ipotesi di un ritorno dei
Fatebenefratelli nelle Filippine e promise di parlarne anche con altri vescovi. Fra Francesco si sentì perciò incoraggiato a scrivere il 16 giugno 1985
una lettera al card. Sin, chiedendogli di essere autorizzato a svolgere attività vocazionale nella sua Diocesi: il cardinale gli rispose più che positivamente, implorando la benedizione del Signore e della Vergine affinché i
suoi sforzi fossero coronati da abbondanti vocazioni.
Ogni tre anni il Priore dell’Isola Tiberina usava offrire a fra Francesco un
biglietto aereo per andare a trovare la mamma a Boston e lui decise che
questa volta avrebbe fatto tappa a Manila, dove giunse il 4 settembre 1985
e v’ebbe un cordialissimo incontro col cardinale, che poi gli inviò in Italia
una lettera datata 23 settembre, nella quale precisava: “Scrivo questa lettera
per invitarvi ad estendere il vostro apostolato qui nell’arcidiocesi di Manila.
Nostro Signore vi ricompenserà per la generosità del vostro Istituto a rendersi
disponibile a servire la Chiesa qui a Manila”.
Fra Francesco rientrò a Roma il 5 ottobre 1985 e presentò alla Curia
Generalizia una breve relazione del suo viaggio, in cui evidenziava d’aver
preso contatto con almeno una dozzina di possibili postulanti filippini e
poneva in rilievo sia l’appoggio offertogli dal card. Sin, sia il gran bisogno
d’assicurare assistenza sanitaria ai più poveri, sicché concludeva dichiarandosi personalmente disponibile a tentare una fondazione nelle Filippine.
Confidando che tale sua aspirazione sarebbe arrivata a realizzarsi, fra
Francesco per intanto aveva cercato a Manila di organizzare meglio la selezione dei candidati ed era riuscito a trovare un aiuto prezioso nell’antico
nostro Ospedale, tuttora affidato alle Figlie della Carità, una delle quali,
Una simpatica vignetta del card. Sin con sottobraccio la sua amata cattedrale.
suor Francisca Umali, accettò di offrire per qualche tempo alloggio e lavo16
ro in ospedale ai nostri giovani, in modo
di poterli studiare meglio e poi, in caso di
giudizio positivo, sbrigare presso
l’Ambasciata Italiana la pratica per ottenere loro il visto per venire in Italia ad
iniziarvi la formazione religiosa.
Nell’aprile 1986, mentre i frati della
Provincia Romana stavano celebrando
nell’Ospedale San Pietro il loro Capitolo,
durante una pausa dei lavori all’uscire in
giardino per godersi per qualche minuto il
tepore primaverile, videro arrivare dall’aeroporto i primi due candidati filippini,
Renato G. Caliso e Tomaso A. Francisco,
tutti infreddoliti per quel clima che a loro
appariva invece più che invernale. Al
riprendere la seduta, il sottoscritto, che in
quel momento era provvisoriamente di
Genzano nell’ottobre 1987 la maggioranza dei candidati erano filippini e quattro di loro
Comunità in Togo, fece notare che in A
già con l’abito da novizi. La durata del loro discernimento vocazionale fu a volte brevissilinea di principio sarebbe convenuto pre- ma ed a volte di molti anni, ma nessuno perseverò nell’Ordine. Lato positivo della vicenda
disporre la formazione dei candidati filip- fu che quella momentanea folta presenza di filippini a Genzano favorì la decisione di insediare una Comunità a Manila, che il Signore benedì con più perseveranti vocazioni.
pini nella loro nazione e che proprio
secondo tale prospettiva egli era stato
inviato ad Afagnan a riorganizzarvi la Scuola Infermieri affinché i nostri Scolastici africani potessero acquisirvi il titolo senza esser costretti a venire in Europa. Purtroppo, al momento non apparve possibile organizzare la formazione in
Asia e pertanto il 29 luglio altri 4 candidati filippini furono accolti nel nostro Centro Formativo di Genzano di Roma,
dove fra Benedetto Possemato v’era stato confermato Padre Maestro per un secondo triennio.
Fra Francesco il 24 ottobre 1986 effettuò una seconda visita nell’arcipelago con l’appoggio della Provincia Italiana
delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, che avevano già accolto a Viterbo al chiudersi del 1985 le prime tre
candidate filippine. A Cagayan de Oro, nell’isola di Mindanao, fra Francesco parlò con i Gesuiti della Xavier
University e li trovò più che disponibili ad appoggiare eventuali iniziative del nostro Ordine nel campo dell’assistenza
psichiatrica; l’ipotesi fu presa particolarmente a cuore dall’arcivescovo di Cagayan de Oro, che era allora mons. Patrick
H. Cronin, il quale in data 28 febbraio 1987 indirizzò a fra Francesco una richiesta formale, suggerendo che il nostro
Superiore Provinciale, che era dal 1980 fra Pietro Cicinelli, venisse sul posto a verificare l’urgenza dei problemi psichiatrici ed a valutare le iniziative più adatte.
Rispondendo all’invito, fra Pietro arrivò a Manila il 25 marzo 1987, accompagnato da fra Francesco, dal sottoscritto e dal prof. Luisandro Canestrini, quale rappresentante dell’AFMAL, che è l’Associazione creata in Italia dai
Fatebenefratelli per i progetti di aiuto medico ai Paesi in via di sviluppo6. Non so perché fra Pietro volle anche me in
quel viaggio, né mai glielo chiesi, ma ricordo che con qualcuno mi limitai a commentare quella scelta con la battuta
che volevano farmi trascorrere “in cielo” il compleanno, poiché sorvolai l’Asia nel giorno che compivo 49 anni.
Battute a parte, ipotizzo due delle molteplici motivazioni di fra Pietro: il considerare che ero reduce da nove mesi in
Africa, dove avevo saputo superare i problemi del clima tropicale e della lingua, anche se lì si trattava del francese e
non dell’inglese; ed il volermi coinvolgermi nell’avviare una fondazione nelle Filippine che permettesse allo stesso
tempo, come proprio io avevo chiesto in Capitolo, l’organizzare in loco la formazione dei candidati.
All’aeroporto di Manila ci attendeva un collega medico, il dr. Eric C. Nubla, che ci accompagnò a Parañaque nel
Santuario della Madonna Ausiliatrice, dove i Salesiani ci ospitarono nella foresteria che avevano allestito nella torre
campanaria. Lasciate le valige in stanza, scendemmo a pregare in Chiesa e ricordo che mi colpì leggere nel cartellone
il versetto responsoriale della Festa dell’Annunciazione “Eccomi, o Signore, a compiere la tua volontà”, che m’incoraggiava ad arrendermi ai piani del Signore, vicini a sconvolgere quasi mezzo secolo d’ordinaria vita romana.
La nostra visita si protrasse fino al 6 aprile e si articolò in tre momenti: il primo a Manila, dove avemmo incontri
con varie autorità di governo per verificare la fattibilità e la sostenibilità di iniziative ospedaliere e col card. Sin, che
propose di metterci a disposizione un edificio per svolgere attività sociosanitaria in favore della popolazione di Quiapo,
uno dei quartieri più poveri della città; la seconda tappa fu a Cebu, dove la Diocesi ci offrì la gestione di un ospedaletto che stava ultimando a Dalaguete e che andammo a visitare; la terza tappa fu a Cagayan de Oro, dove incontrammo il Vescovo e varie Autorità Civili e Religiose, prendendo visione del terreno che intendevano offrirci perché
vi edificassimo un Istituto Psichiatrico. Parallelamente agli incontri di lavoro, fra Francesco dialogò in tutte e tre le
città con numerosi giovani che aspiravano ad entrare nel nostro Ordine ed ai quali aveva dato appuntamento, col
17
risultato che l’11 giugno un secondo gruppo di altri
cinque candidati filippini fu fatto venire a Genzano.
Fra Francesco tornò di nuovo nelle Filippine il 15
luglio 1987, questa volta assieme alle Suore
Ospedaliere per guidarle nella loro prima presa di
contatto con le autorità ecclesiastiche locali. In
seguito ai colloqui che ebbe con i candidati, il 27
ottobre un terzo ed ultimo gruppo di nove filippini fu
accolto a Genzano.
Del primo gruppo iniziale di sei postulanti filippini
giunti a Genzano l’anno prima, cinque furono ammessi il 3 ottobre al biennio del Noviziato7, che solo in
quattro avrebbero poi superato. Quello stesso mese era
in Vaticano per il Sinodo il card. Sin ed il 22 ottobre
fra Pietro ebbe un colloquio con lui, confermandogli
per iscritto l’intento di accettare la fondazione di
Manila che, dopo averne discusso con i suoi
Fra Giuseppe a colloquio col Papa la mattina del 28 gennaio 1988.
Consiglieri e col Superiore Generale, era apparsa la
più fattibile rispetto a quelle di Cebu e di Cagayan de
Oro. Dato che l’edifico offertoci dal cardinale ospitava al momento un Dormitorio per studentesse, fra Pietro lo informò che per non creare disagi i Confratelli lo avrebbero preso in consegna a fine marzo, poiché nelle Filippine l’anno
scolastico termina a metà marzo.
A formare la prima Comunità di Manila furono designati fra Francesco ed il sottoscritto. Quando giunse notizia che
due Consiglieri Generali, fra Brian O’Donell e fra Emerich Steigerwald, avrebbero visitato le Filippine dall’11 al 18
gennaio 1988 per valutare l’imminente fondazione a Manila o eventualmente a Cagayan de Oro, fra Pietro anticipò
la partenza di fra Francesco8, che giunse a Manila il 7 gennaio e poté guidare i due Consiglieri nella presa di conoscenza dei due progetti9. Io non partii con fra Francesco poiché mio padre era grave e morì proprio in quei giorni10,
per cui fra Pietro stabilì di farmi partire il mese seguente assieme alle Suore Ospedaliere, che venivano anche loro ad
aprire una Comunità a Manila, dove giunsi con loro l’8 febbraio; prima di lasciare Roma assistetti con loro la mattina del 28 gennaio alla Messa privata del Beato Giovanni Paolo II, che al termine del Rito si intrattenne brevemente
con noi, paternamente benedicendo i nostri progetti e le nostre persone11.
In attesa di prendere in consegna l’edificio di Quiapo, fui per qualche settimana ospite con fra Francesco dai
Carmelitani e compilai il primo numero d’un notiziario, dal titolo inglese di Newsletter e che in tutti questi anni ha
sempre rispettato la sua cadenza mensile, tenendoci collegati per email con i Confratelli e gli amici di tutto il mondo.
La mattina del 22 febbraio presentai al card. Sin le credenziali firmatemi in data 11 febbraio dal Provinciale12 e mi fu
immediatamente rilasciata dal Vicario Generale una certificazione dell’incardinamento dei Fatebenefratelli
nell’Arcidiocesi, con la quale potei avviare le pratiche per il riconoscimento giuridico civile come Ente Religioso13.
Dal 2 marzo ci trasferimmo provvisoriamente in un
piccolo villino, sito nel comprensorio Executive
Heights di Parañaque e prestatoci gratis dalle Terziarie
Carmelitane, che lo usavano per incontri di preghiera o giornate di Ritiro14; in esso v’accogliemmo lo
stesso giorno tre candidati che le Figlie della Carità
stavano seguendo per noi nell’Ospedale San Giovanni
di Dio. Teoricamente i tre stavano in attesa di raggiungere Genzano, ma da quel momento nessun filippino fu più mandato in Italia. Dopo aver firmato il 15
marzo il contratto di fitto gratuito dell’edificio messoci a disposizione dall’Arcidiocesi a Quiapo, v’entrammo ufficialmente assieme ai tre candidati giovedì 31
marzo; l’indomani era Venerdì Santo, sicché venne
spontaneo riflettere che ci attendevano momenti difficili, forse anche di Passione, ma ci sentimmo fiduciosi che questo terzo tentativo d’insediare l’Ordine
nelle Filippine avrebbe anche dato, con l’aiuto del
22 febbraio 1988: l’incontro col card. Sin per l’incardinamento diocesano
nostro e delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù.
Signore, momenti di vincente gioia Pasquale.
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Manila in antico nel borgo fortificato di Intramuros potevano di giorno entrar tutti, ma alla notte serravano le
porte della cinta muraria e solo gli spagnoli potevano pernottarvi, sicché i nativi avevano casa altrove ed i più
ricchi di loro prediligevano la strada che collega la Basilica di San Sebastiano a quella del Nazareno.
Oggi tale strada è intitolata al pittore filippino Felix Resurrecion Hidalgo y Padilla (1853-1913) ed ancora vi si notano molti edifici d’epoca coloniale, ma i ricchi durante il dominio statunitense cominciarono a migrare in nuove più
moderne zone residenziali della metropoli, col risultato che tale strada e l’intero quartiere di Quiapo divenne uno degli
angoli più poveri e più maleodoranti di Manila, dove torme di senza dimora, qui chiamati squatters (ossia accovacciati)1 vivono accampati sui marciapiedi o in baracchette abusive.
Entrando in tale strada dal versante di San Sebastiano, l’edificio messoci a disposizione dall’Arcidiocesi2 era il quarto sulla sinistra e fu costruito secondo i criteri antisismici adottati per secoli a Manila, ossia aveva solo due piani, di
cui quello a pianterreno era in muratura e quello sopraelevato era in legno, per affrontar meglio le oscillazioni da
sisma. L’uso del legno comporta però due grossi inconvenienti: la maggior facilità d’incendi, che a Manila sono perciò frequentissimi3, ed il rischio d’esser attaccato dalle termiti, contro le quali, dimostrarsi inutili le esche, l’unico
rimedio radicale è d’individuare il nido ed uccidervi la regina; ma se ciò è abbastanza possibile in zone aperte, dove i
nidi protrudono dal terreno, è arduo in città, dove i nidi sono celati sotto le fondamenta di strade e palazzi.
La proprietà misurava un 1.500 metri quadri ed aveva un giardino centrale, quanto mai prezioso per purificare l’aria
inquinatissima di Quiapo, sicché ci affrettammo ad aggiungervi vari alberi di chico, dalla chioma perenne e dai gustosi frutti. La costruzione prospettava sulla strada per 31 metri ed era larga 11 metri: aveva al pianterreno la portineria,
la Cappella, la sala incontri, un garage ed un piccolo ambulatorio medico; al piano rialzato aveva un dormitorio con
letti a castello per 80 studenti. L’edificio presentava estesi danni da termiti. La soluzione più logica sarebbe stata di
demolirlo e sostituirlo con uno in cemento armato, ma questo non ci era possibile, poiché non eravamo noi i proprietari dell’immobile e ci era solo consentito eseguire, a nostre spese, lavori di manutenzione e riparazione. Ci affidammo pertanto all’arch. Imelda B. Cancio, che rimosse completamente il linoleum del piano rialzato per individuare e sostituire le travi lesionate4 e proseguì poi riparando i servizi ed adattando tale piano a Centro di Formazione per
i nostri candidati, dotandolo di auletta, sala ricreazione, ufficio, cinque stanzette singole ed una camerata unica, ma
sepimentata a mezz’altezza in 22 box individuali, ciascuno con letto, tavolino e armadietto.
Sul lato opposto della proprietà, ossia lungo il canale, c’era una costruzione più piccola, misurante metri 27 per 5,7
ed avente al piano rialzato un Conventino con un Oratorio e otto cellette, dove ci sistemammo con i Prepostulanti,
in attesa di trasferirli nella citata camerata, che
fu ultimata in luglio. Fra Francesco suggerì che
le stanze sotto il Conventino potessero essere
adattate ad Ospizio Psichiatrico, ma l’ipotesi fu
dovuta scartare, sia per l’angustia di tali stanze,
sia perché fummo costretti a murarvi le finestre, lasciando per la luce solo qualche blocco
trasparente in vetrocemento, essendovi addossate lungo tutta la parete esterna dell’edificio le
baracchette degli squatters. Col tempo, tali
stanze finirono utilizzate per l’Ufficio
Amministrativo, la Biblioteca ed il Refettorio
dei Confratelli Professi.
Mentre procedevano i lavori edilizi di riparazione ed adattamento, che si protrassero per
tutto l’anno nell’edificio principale e proseguirono durante i primi mesi del 1989 nei due piccoli locali della Lavanderia e della Cucina di- In questa foto dell’8 settembre 1989 per l’ingresso in Postulantato di cinque giovani
slocati ai due lati del giardino, cercammo di s’intravede qualcuno dei chico che piantammo dietro il possente mango.
A
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organizzare sia l’attività socio-sanitaria a favore della
popolazione povera, come vedremo meglio nel prossimo
capitolo, sia quella formativa dei nostri candidati.
Riguardo a costoro, fra Francesco proseguì nella cernita
di nuovi giovani, accogliendone nei primi cinque mesi
altri diciotto. Per integrare la loro formazione di base, firmammo il 9 luglio un accordo5 con il Preside del vicino
Liceo San Sebastiano degli Agostiniani Recolletti, ottenendo aprisse nel nostro Centro di Formazione una piccola sezione staccata con propri docenti per svolgervi
materie accademicamente accreditabili nel curriculum
dei giovani; il primo semestre iniziò il 14 luglio con le
materie di Inglese e Psicologia. Oltre a queste ed alle
lezioni di formazione religiosa, i giovani, per verificare la
loro attitudine ospedaliera, iniziarono dal 20 giugno una
pratica di volontariato nell’Istituto Psichiatrico di I giovani ammessi in Postulantato il 28/8/1988 nella foto ricordo col
Cappellano don Ermanno, le Suore Ospedaliere, Suor Virginia e suor
Mandaluyong, prestandosi per alcune ore ad aiutare i Francesca delle Figlie della Carità ed un amico italiano, il comandante
Pietro Giannattasio.
malati a lavarsi, vestirsi e far colazione.
Terminata la prima fase di discernimento, dodici di quei giovani furono
ammessi ufficialmente in Postulantato il 28 agosto, festa di Sant’Agostino,
del quale noi Fatebenefratelli seguiamo la Regola6. La cerimonia avvenne
nella nostra Cappella, dove fin dal primo giorno era custodito il Santissimo
e dove da metà giugno era quotidianamente celebrata la Santa Messa.
Inizialmente la Cappella era sobriamente decorata da tre sculture generiche:
al centro un crocefisso ed ai due angoli la Madonna e San Giuseppe. Proprio
quella mattina cominciammo a personalizzarla con una statuetta, scolpita a
Paete da Pio Fadul e donataci dal dr. Eric S. Nubla7: raffigurava San Raffaele
Arcangelo, che era il titolare della nostra antica Provincia Filippina, e s’ispirava ad un’incisione del 1742 nel libro del Maldonado8.
Prima della fine dell’anno i Postulanti ebbero l’emozione d’incontrare il
nuovo Superiore Generale, fra Brian O’Donnell, eletto da appena poche settimane. Fu una visita piuttosto rapida, ma di grande calore fraterno oltre che
natalizio, essendosi snodata dal pomeriggio del 22 dicembre alla mattina del
26. Fra Brian, che era già stato a Manila in gennaio per valutare la fattibilità dell’imminente fondazione, poté prendere atto delle trasformazioni già
effettuate e di quelle in via di realizzazione. I giovani rimasero colpiti dalle
doti di cordialità e di esperienza pedagogica di fra Brian, nonché della disponibilità con cui volle ascoltarli individualmente e perfino accompagnarli nel
La statuetta di San Raffaele Arcangelo, ispirata
loro tirocinio sia tra i degenti psichiatrici di Mandaluyong, sia tra i moriall’incisione pubblicata nel cap. 2.
bondi dell’Ospizio delle Suore di Madre Teresa di Calcutta9.
A Manila il Natale è vissuto con straordinaria intensità e fu perciò particolarmente significativo che nella
nostra Cappella la Solenne Messa di Mezzanotte - o di
Nochebuena come amano ancora chiamarla nelle
Filippine - fosse celebrata dal Rettore della Basilica del
Nazareno, mons. Jose C. Abriol, nostro grandissimo
amico ed estimatore. Per inciso, era stato lui, quando
non avevamo ancora un cappellano, a celebrare il 26
aprile la prima Messa per noi in tale Cappella, ricorrendo la festa della Madonna del Buon Consiglio10; proprio
a ricordo di tale Messa inaugurale fu poi innalzata nel
giardino del Poliambulatorio l’attuale edicola mariana
della Madonna del Buon Consiglio11.
La mattina di Natale la Messa fu invece celebrata dal
nostro cappellano, don Pericle Fajardo, che usò per la
prima volta il calice donatoci da padre Gabriele
Russotto12: questi l’aveva ricevuto per il 50° di sacerdo- Fra Brian a colloquio con i Postulanti.
20
zio e l’aveva inviato a Manila per sentirsi idealmente
legato a questa fondazione che egli fu il primo della
Provincia Romana ad auspicare.
Fu ancora don Fajardo a celebrare l’8 marzo per la festa
del nostro Fondatore, di cui proprio quella mattina collocammo nel Presbiterio una sua statua in legno scolpita
da Reynaldo Estonactoc ed ispirata a quella che è all’ingresso dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Manila,
ossia col malato sulle spalle che si trasfigura in Cristo13.
Altro momento indimenticabile per i Postulanti fu
l’incontro il 16 marzo con Madre Teresa di Calcutta,
venuta a Manila per la Professione Religiosa di alcune
Consorelle. Saputo chi erano, raccomandò ai giovani
con tagliente semplicità: “Be a saint. If not, better to pack La Messa dell’8 marzo 1989 quando fu inaugurata la statua del nostro
up and go home” (Fatevi santi. Se no, meglio far bagaglio Fondatore San Giovanni di Dio.
e tornare a casa)14.
Dopo la sua visita nelle Filippine, fra Brian aveva preso a cuore lo sviluppo del Centro Formativo, che non appariva in grado di accogliere in tempi brevi anche i candidati filippini che erano ancora a Genzano, per cui i cinque del
secondo gruppo15 vi avevano già iniziato il Noviziato il 24 settembre 1988 e cinque del terzo ed ultimo gruppo16 ve
l’avrebbero iniziato il 7 ottobre 1989. A Manila fra Francesco Gillen aveva insistito d’esser designato Maestro dei
Postulanti e, tenuto conto che era stato lui ad avere i primi contatti con
loro, gli era stato concesso, ma occorreva mantener separate le successive
tappe formative ed assegnarvi distinti Maestri. Fra Brian decise di chiedere
la collaborazione di altre Province di lingua inglese e promosse su questo
tema un incontro a Manila, che si svolse dal 5 all’8 aprile 1989 con la partecipazione dei Provinciali d’Irlanda e d’Australia e dei Maestri dei Novizi
d’Irlanda, Corea e Papua Nuova Guinea17: ne sarebbe scaturito, anche se in
tempi non rapidissimi, l’invio dall’Inghilterra come Maestro dei Novizi di fra
Michele Newman, che giungerà a Manila il 15 dicembre 1989, e l’invio
dall’Irlanda come Maestro degli Scolastici di fra Martino Taylor, che giungerà a Manila il 14 gennaio 1990.
Dal 12 al 21 aprile 1989 si celebrò a Roma il Capitolo della
Provincia Romana, cui partecipai
come quarto vocale ed ebbi modo
all’Isola Tiberina di incontrarmi
per l’ultima volta con padre
Dettaglio della statua.
Gabriele Russotto18, reduce da un
intervento chirurgico che rallentò, ma non poté impedirne la morte il mese dopo: egli, piangendo di commozione, mi chiese d’inginocchiarmi e di ricevere la sua ultima benedizione, assicurandomi che stava offrendo ogni giorno per il buon esito dell’impresa filippina le sofferenze del tumore che andava consumando il suo corpo
e si disse ben lieto che il Capitolo avesse chiesto l’erezione canonica della
Comunità di Manila, che fu poi sancita con Delibera Generalizia del 29 giugno 1989, che la pose sotto il patrocinio di San Giovanni di Dio19.
Fra Francesco Gillen m’aveva affidato una lettera per i Capitolari che li
lasciò sconcertati, poiché chiedeva che nel prosieguo della formazione gli
attuali candidati filippini non fossero iscritti a corsi di preparazione professionale, ma istruiti esclusivamente nell’assistenza ausiliaria dei malati mentali. La sua era una concezione troppo riduttiva ed in contrasto con l’art. 43
delle Costituzioni del nostro Ordine che testualmente esige “la preparazione
professionale dei Confratelli come requisito indispensabile per offrire agli ammalati e a ogni persona bisognosa il servizio efficiente che meritano e che giustamente
attendono da noi”. L’ovvia reazione fu che fra Brian il 7 giugno gli inviò per
posta l’ordine scritto di lasciare la Comunità di Manila e tornarsene in Visitando Intramuros con i partecipanti al verItalia20. Fra Francesco ricevette la lettera il 27 giugno e dopo averci riflet- tice di Provinciali e Formatori nell’aprile 1989.
21
tuto e discusso per telefono con fra Brian, decise di chiedere un triennio di esclaustrazione, per tentare autonomamente di fondare nelle Filippine una Famiglia
Religiosa ispirata alla primissima Comunità di San
Giovanni di Dio e che si limitasse ad aprire rifugi gratuiti a mentecatti ed emarginati, rifuggendo dal fondare
Ospedali o Centri Qualificati. Ottenuto l’assenso del
vescovo di Malolos, si trasferì il primo luglio in tale
Diocesi, dove lo raggiunsero dieci dei candidati che
aveva a Manila. Riuscì ad aprire un rifugio psichiatrico,
che andò espandendosi, ma trovò difficile formare una
Dal luglio 1989 i formandi vennero affidati a fra Giuseppe, coadiuvato da
Comunità Religiosa stabile, sicché ottenne dalla Santa fra Andrea.
Sede d’estendere l’esperimento della propria esclaustrazione fino al 1996 e poi ancora fino al 1999, quando si rassegnò a chiedere la dispensa dei propri Voti, concessagli il
19 ottobre 1999. Già dall’anno prima e su consiglio del nuovo vescovo di Malolos, il carmelitano mons. Rolando J.
Tria Tirona, fra Francesco aveva optato di dar vita semplicemente ad una Pubblica Associazione di fedeli sotto il patrocinio di San Giovanni di Dio, che ricevette approvazione diocesana il 12 marzo 1998.
Senza l’entusiasmo di fra Francesco, i suoi ripetuti viaggi esplorativi e la sua iniziale dedizione alle vocazioni filippine, mai forse né i Fatebenefratelli né le Suore Ospedaliere avrebbero compiuto il primo passo verso questo remoto
lembo d’Asia. Dobbiamo essergliene grati per il fondamentale contributo che ha dato al piano del Signore per la rinascita dell’Ordine a Manila e lasciamo a Dio di giudicare la rettitudine delle difficili decisioni che questo tenace bostoniano si è trovato a prendere negli ultimi vent’anni. Nel misterioso piano del Signore c’è chi semina e c’è chi raccoglie (Gv 4,37), sicché non meraviglia che nelle Filippine non solo fra Francesco, ma anche molti altri Confratelli filippini ed europei abbiano aiutato la prima crescita, ma non poi la mietitura, preferendo avviarsi su strade diverse.
Quando fra Francesco lasciò Manila, un diecina di candidati decise di non seguirlo, per cui rimasero affidati a me,
che all’incarico di Priore, datomi con Delibera Generalizia del 13 luglio 1989, sommai così quello di Responsabile del
Centro Formativo, conferitomi dal Provinciale21 con lettera del 14 luglio 1989. Mi aiutarono in questo secondo incarico sia fra Andrea Maria Rondeau, uno Scolastico venuto il 25 maggio dalla Provincia Romana per temporaneamente
rafforzare la nostra minuscola Comunità, sia soprattutto il nuovo cappellano don Edgardo S. Juanich, insediatosi dall’8
giugno e che per oltre quattro anni coadiuvò come Direttore Spirituale la formazione dei nostri giovani22: le sue doti
troveranno giusto riconoscimento nel 2002 con l’ordinazione episcopale e, da parte nostra, con l’affiliazione
all’Ordine, concessagli da fra Pascual Piles nel 2006 e vissuta con tanta partecipazione che a tutt’oggi egli ha una stanza fissa nel nostro Convento, dove immancabilmente alloggia le tante volte che viene a Manila.
Il 28 agosto 1989 giunse in visita a Manila il nuovo Provinciale, fra Benedetto Possemato, nelle cui mani la mattina dell’8 settembre rinnovò la sua Professione temporanea fra Andrea Maria, fungendo da testimoni io ed il cappellano, non essendoci altri Confratelli professi a presenziare questa che fu la prima emissione di Voti nella da poco eretta Comunità. A mezzogiorno poi, durante l’ora Media, ci fu l’ammissione in Postulantato di cinque nuovi candidati23.
Dal 18 al 20 ottobre 1989 fra Donato Forkan sostò a Manila prima di raggiungere come nuovo Delegato Provinciale
e Maestro dei Novizi la Corea, dove era già stato missionario per diciotto anni, come raccontò ai nostri giovani, sottolineando l’importanza di diffondere coraggiosamente la novità del nostro carisma in Asia, dando priorità alle sofferenze più trascurate e facendo leva sui valori positivi che Dio ha deposto in ogni razza e cultura24.
Ovviamente, anche a Manila noi c’eravamo preoccupati di dar priorità alle necessità sanitarie più trascurate. I bisogni erano immensi e variegati, ma fin dal viaggio esplorativo del 1987 avevamo cercato d’individuare un settore dove
poter portare un aiuto d’elevato livello professionale e con concrete possibilità d’affrontarne gli aspetti logistici ed economici. L’ipotesi iniziale di un impegno in campo psichiatrico fummo costretti a scartarla non solo per l’inadeguatezza dei locali disponibili a Quiapo, ma anche in
seguito ai colloqui avuti con Autorità filippine ed italiane, che esclusero ogni possibilità d’avere convenzioni o
finanziamenti. Trovammo invece consensi all’ipotesi
d’impegnarci nella lotta alla tubercolosi, terza causa di
morte nelle Filippine, per cui già dal 21 settembre 1988,
come meglio vedremo nel prossimo capitolo, aprimmo
un Dispensario Antitubercolare in un locale accanto alla
Portineria ed utilizzando come ambiente d’attesa il porticato esterno dell’edificio, che delimitammo con un’inL’inferriata con cui delimitammo il porticato esterno per farne zona d’attesa del Dispensario.
ferriata e dotammo di panche25.
22
ra i Fatebenefratelli proclamati Santi ce n’è uno, San Riccardo Pampuri, che pur essendo medico e pur avendo
perfettamente diagnosticato la tubercolosi di cui soffriva, non riuscì a guarirne e ne morì ad appena 33 anni1.
Era il 1930 e purtroppo in quel tempo per la tubercolosi non esistevano ancora terapie risolutive. La guarigione
che personalmente non poté avere, egli però l’intercedette dal Cielo per l’arch. Ferdinando Michelini, che nel 1954,
mentre era in fin di vita per una peritonite tubercolare, si raccomandò a lui e fu guarito all’istante; il prodigio fu poi
riconosciuto dalla Chiesa, che perciò nel 1981 proclamò Beato il frate2.
Ormai da mezzo secolo la ricerca medica ha infine reso possibile affrontare questa micidiale e diffusissima malattia
infettiva grazie a farmaci teoricamente in grado di sradicare dal mondo la tubercolosi, cosa che in effetti è quasi avvenuta nei Paesi ricchi. Tali farmaci agiscono interferendo nel processo della riproduzione bacillare, ma poiché questa
nel caso della tubercolosi si svolge con molta lentezza, occorre mantenere per mesi costantemente alta la concentrazione dei farmaci nei malati, il che comporta un impegno economico notevole e l’indispensabilità di educare il paziente a rispettare rigidamente la regolarità d’assunzione. Ne deriva che nei Paesi dove per ragioni economiche, politiche
e sociali questo non avviene, la tubercolosi continua ad infierire, sia perché non ci sono farmaci per tutti, sia perché
anche i pochi che iniziano la cura, spesso la interrompono al primo miglioramento, esponendosi al rischio non solo di
ricadute, ma, quel che è peggio, all’insorgere di forme resistenti agli antibiotici.
Quando mi stabilii a Manila, la tubercolosi provocava nel mondo tre milioni di morti l’anno e tra le tre nazioni asiatiche più colpite c’erano le Filippine, dov’era la terza causa di morte, tanto che nel 1954 il governo aveva provato a
varare un piano che offriva terapia gratuita ai pazienti più contagiosi, ma l’aveva poi sospeso per problemi di bilancio:
nel 1988 il 45,3 % del reddito nazionale serviva ad ammortizzare il debito estero e restava solo il 3,2 % per la Sanità.
A Manila l’incidenza della tubercolosi era la più alta dell’arcipelago, sicché l’ipotesi d’aprirvi un Dispensario
Antitubercolare fu ben accolta dalle autorità locali, particolarmente dal Ministro dei Servizi Sociali e dello Sviluppo,
che era al momento la nota tisiatra Mita Pardo de Tavera, con la quale avemmo un lungo colloquio il 13 aprile3.
Affidammo il nostro progetto al Beato Pampuri affinché guidasse il nostro impegno nella lotta antitubercolare e
come primo passo fondammo una NGo che agevolasse le sponsorizzazioni e le cooperazioni con altri Enti sia locali sia
internazionali: la chiamammo Granada Foundation, con riferimento alla melagrana che figura nello stemma del nostro
Ordine, ed ebbe il 20 marzo 1988 la sua prima Assemblea dei Soci, tutti segnalatici dal salesiano p. Pierangelo
Quaranta, che l’anno prima ci aveva ospitati nel Santuario della Madonna Ausiliatrice; la Granada Foundation ottenne il riconoscimento giuridico il 26 agosto 1988, giusto
in tempo per assumersi la titolarità del Dispensario4.
Secondo passo fu l’acquisto, stipulato il 23 maggio 1988 dopo
l’approvazione concessa il 10 maggio dal Consiglio della
Provincia Romana, di un edificio confinante con quello datoci in uso per un ventennio dall’Arcidiocesi. Si trattava di una
struttura utilizzata per alcuni anni dalla vicina Università
Quezon come sede succursale di alcuni corsi e purtroppo ormai
fatiscente, sicché andava demolita, ma la sua area, un rettangolo con fronte strada di circa 29 metri ed una profondità di 55
metri, ci avrebbe consentito negli anni seguenti una graduale
espansione dei servizi ed il loro totale trasferimento nella nuova
sede prima dello scadere del ventennio.
Terzo fondamentale passo fu la ricerca di personale
qualificato. Grazie alle Canossiane riuscii a contattare
il dr. Glorioso V. Saturay, uno straordinario tisiatra, che
meriterebbe d’esser ricordato come l’apostolo dei tubercolosi. Nato a Gumaca, una cittadina a nord di Manila, Il Beato Giovanni Paolo II con l’arch. Michelini, la cui prodigiosa guarida una peritonite tubercolare permise di proclamare Beato fra
il 20 giugno 1936 da una famiglia di agricoltori, conse- gione
Riccardo Pampuri. Quando poi questi fu nel 1989 proclamato Santo, fu il
guì la laurea in Medicina nel 1960 presso l’Università di dr. Saturay a rappresentar le Filippine alla cerimonia in Vaticano.
T
23
San Tommaso, che è la più antica dell’Asia, essendo stata fondata nel 1611 dai Domenicani. Se alcuni medici scelgono la
specializzazione in base alla possibilità di trovare poi clienti
facoltosi, il dr. Saturay scelse invece con gran generosità di
dedicarsi ai tubercolosi proprio perché in genere sono i poveri a
restarne colpiti: per un quarto di secolo si prodigò per loro
nell’Istituto Quezon, che nelle Filippine costituisce la più
importante struttura sanitaria creata per la lotta alla tubercolosi. Per i primi sei anni egli vi prestò servizio senza mai prendersi ferie e le utilizzò poi tutte insieme nel 1966 per effettuare
L’iniziale insegna stradale del nostro Dispensario.
sotto l’egida dell’OMS vari mesi di tirocinio negli Stati Uniti,
Scandinavia, Inghilterra e Formosa, al fine di studiarvi i programmi di controllo della tubercolosi.
Nel 1974, avendo nel frattempo conseguito le specializzazioni sia in Tisiatria sia in Patologia Clinica, si vide affidare la Direzione del Servizio di Laboratorio dell’Istituto Quezon. Col passare degli anni si rese conto che per combattere la tubercolosi non erano sufficienti le strutture ospedaliere, ma bisognava raggiungere i malati nel loro ambiente,
sicché fin dal 1972 egli offrì il suo tempo libero come volontario nelle file dell’associazione AKAP, recandosi in zone
rurali per istruire nella lotta antitubercolare gli operatori sanitari
di base. Erano i tempi della dittatura di Marcos e questo suo impegno sociale a favore dei contadini lo fece finire nella lista nera
delle Autorità Militari, ragion per cui nel 1982 si vide costretto a
fuggirsene all’estero, restando per tre anni a lavorare in Arabia
Saudita come direttore di un Laboratorio Medico. Tornò dall’esilio negli eroici giorni della rivoluzione pacifica di EDSA, assistendo nel febbraio 1986 alla fine della dittatura, il che gli consentì di
riunirsi alla moglie ed ai quattro figli e di riprendere il suo impegno di volontariato nella lotta alla tubercolosi nelle zone rurali e
tra gli squatters della metropoli. Quando l’incontrai, ci trovammo
talmente in sintonia che fu facile convincerlo a divenire il
Direttore Medico del nostro programma, al quale restò legato finché visse, ossia per 19 anni. Accanto a questo suo impegno prioritario con noi, il dr. Saturay continuò a prodigarsi in varie altre iniziative sociali, sia accettando per un quinquennio d’essere rappresentante di quartiere, sia offrendo aiuto a vari progetti di lotta
antitubercolare, particolarmente nel campo dell’educazione sanitaria e della formazione di operatori sanitari di base.
Il dr. Saturay con alcuni tra i suoi primi e più fedeli collaboratori: l’infermiera Leticia D. Dupecec, il tecnico di
Inaugurammo il nostro Dispensario gratuito il 21 settembre 1988
Laboratorio Monico D. Acosta e l’assistente sociale Maricor
e già quello stesso giorno, grazie al prestigio del dr. Saturay, il
A. Talamayan.
Ministero
della Sanità ci consegnò medicinali sufficienti per il ciclo semestrale di cura di cento tubercolosi, purché selezionati secondo le
direttive governative, che per ristrettezza di fondi limitavano la
cura ai casi socialmente più pericolosi, ossia le forme polmonari
aperte e quindi contagiose. Noi però, utilizzando in tal caso i
medicinali fattici pervenire dall’AFMAL, prendevamo in cura
anche le forme chiuse ed in qualunque organo, non solo perché
non ce la sentivamo di negare farmaci a chi scoprivamo n’aveva
bisogno, ma anche perché, se lasciate senza cura, potevano in
seguito evolvere in forme contagiose e tardare ad essere individuate come tali5.
L’anno successivo il Ministero ci consegnò medicine per altri
50 pazienti e negli anni seguenti ricevemmo spesso medicinali
dall’Assessorato Sanitario Regionale e da altri Enti, ma fu soprattutto per l’aiuto costante dell’AFMAL che riuscimmo sempre ad
assicurare cure ai nostri malati. In vent’anni d’attività oltre
40.000 pazienti sono stati individuati come tubercolosi, schedati
e seguiti negli anni successivi. Per debellare la tubercolosi non
Il dr. Saturay controllando i malati nel loro ambiente.
basta però fornire medicine ai malati, sia perché spesso sono restii
24
a farsi curare, non volendo pubblicizzare la loro malattia, sia perché talora non
confidano nella guarigione, sia perché, specie dopo un primo miglioramento,
non comprendono la necessità di seguire con rigida sequenza e fino in fondo
lo schema terapeutico per scongiurare l’insorgere di resistenza agli antibiotici;
pertanto nel nostro programma il dr. Saturay dette sempre gran rilievo ad un’opera capillare di informazione non solo durante la visita ambulatoriale, ma
anche mediante colloqui a domicilio, specie quando qualcuno non veniva a
prendere puntualmente i farmaci. Inoltre, ben sapendo come per gli indigenti
fosse difficile affrontare il costo dei mezzi pubblici, egli organizzò le cose in
modo che nella stessa mattinata della prima visita era possibile confermare il
sospetto diagnostico mediante l’esame dell’escreato e, quando necessario,
mediante una radiografia, ed immediatamente iniziare la somministrazione dei
farmaci. Altro punto fermo era d’invitare a controllo l’intero nucleo familiare
per evidenziare precocemente gli eventuali contagiati. Infine, sapendo che i
malati erano tentati di vendersi le medicine per acquistare cibo, da un lato fu
aperta una mensa gratuita e dall’altro si chiedeva d’avere indietro le confezioni vuote dei farmaci e si verificava dal colore delle urine se erano stati davveIl nipote del Presidente Quezon alla premiazione
ro assunti.
del dr. Saturay.
Purtroppo raramente in altri Centri di Lotta Antitubercolare si trovava
tanta solerzia per l’educazione sanitaria dei pazienti e loro congiunti. Ne risultò che negli anni seguenti il maggior
afflusso di medicinali antitubercolari offerti da Enti
Internazionali ottenne solo di far scendere la tubercolosi
da terza ad ottava causa di mortalità, ma causò un tremendo espandersi dei casi di resistenza agli antibiotici,
tanto che oggi le Filippine sono assieme alla Cina la
nazione asiatica che ne ha di più. Ovviamente tale incidenza non è un problema puramente interno della nazione, ma rappresenta un grosso pericolo per la comunità
mondiale, sicché dal 2003 grazie agli aiuti internazionali
fu varato un piano che garantisce cure gratuite ad ogni
malato contagioso, ma solo tramite Enti pubblici o privati che dimostrino di seguire correttamente lo schema
internazionale di trattamento DOTS (Directly Observed
Treatment Short)6.
Il dr. Saturay visitando un paziente.
I meriti pionieristici del dr. Saturay non mancarono
d’essere apprezzati da vari Enti, fino anche ad attribuirgli speciali riconoscimenti a livello nazionale, dei quali ricordiamo qui i tre più significativi. Nel 2000 la Coalition of Services of the Elderly (COSE) lo incluse nella rosa dei dieci
cittadini anziani che avevano esemplarmente speso la loro vita a servizio della Comunità; alla solenne premiazione,
svoltasi il pomeriggio di domenica 8 ottobre a Quezon City nell’auditorio di San Paolo, furono felici di presenziare
non solo i Fatebenefratelli delle Filippine, ma anche il loro padre Provinciale, fra Pietro Cicinelli, e perfino un rappresentante del Parlamento Italiano venuto con lui da Roma, il sen. Enrico Pianetta, al quale l’Assemblea diresse un
caloroso applauso di benvenuto7.
Nel 2003 fu assegnato al dr. Saturay il nuovo premio
nazionale per meriti in campo medico8, istituito giusto
quell’anno per onorare l’indimenticabile presidente delle
Filippine, Emanuele L. Quezon, morto vittima della tubercolosi il primo agosto 1944. Un nipote del presidente, che
porta lo stesso nome e cognome del nonno, consegnò il premio al dr. Saturay il 19 agosto, complimentandosi per il suo
esemplare impegno antitubercolare, dapprima come tisiologo e batteriologo del maggiore Ospedale Tisiatrico di
Manila, il Quezon Institute, e poi da 15 anni come Direttore
Medico del nostro Poliambulatorio, dalla cui Sezione
Tisiatrica, che fu la prima ad essere attivata, dipendevano
in quel momento il monitoraggio di oltre ventimila tubercolosi e la rilevazione dell’antibioticoresistenza.
L’infermiera Leticia D. Dupecec raccogliendo i dati d’un malato.
Un terzo importante riconoscimento gli fu assegnato
25
l’anno seguente9. Quando ascoltiamo le notizie in televisione, l’enfasi è sempre su ciò che è andato storto, ma se la
nazione nonostante tutto continua faticosamente a camminare è perché una massa anonima ma preziosa di buoni cittadini continua a prodigarsi con una generosità spesso eroica;
cercando di dare un piccolo spunto d’inversione di tendenza
a questo micidiale modo di far cronaca, uno delle maggiori
reti televisive delle Filippine, la ABS-CBN, istituì un premio
annuale per segnalare alla cittadinanza questi anonimi ma
autentici eroi del quotidiano impegno civico e per il 2004
esso fu assegnato dalla Fondazione Geny Lopez Jr. al dr.
Saturay. Nel diploma di eroe nazionale che gli consegnarono
il pomeriggio del 16 luglio nella Sala Hogan dell’Ateneo di Sullo sfondo la scritta che campeggiava sulla sede iniziale del Dispensario;
Manila. si leggeva che il premio gli era stato conferito “per il in primo piano la scritta sul portico d’accesso alla nuova sede.
suo aver messo costantemente in secondo piano l’interesse o lucro
personale, dando priorità al bene della comunità sociale, impegnandosi senza sosta a svolgere nel modo più eccellente possibile
la propria professione e dedicando la propria vita a servizio dei poveri”.
I Fatebenefratelli fecero il possibile per facilitare l’impresa del dr. Saturay e nel corso degli anni Novanta riuscirono
a potenziare notevolmente il Dispensario, soprattutto grazie ad un progetto di cooperazione internazionale elaborato dall’AFMAL e che ottenne in Italia dal Ministero
degli Esteri un contributo, approvato nel marzo 1991 e saldato in tre rate, rispettivamente negli anni 1991, 1997 e 1999, per un totale di settecento milioni di lire, pari a
circa il 20% della spesa complessiva affrontata; al resto provvidero i soci e benefattori dell’AFMAL e la Provincia Romana.
Tale progetto, previsto inizialmente per una durata triennale, comprendeva sia la
fornitura di farmaci ed attrezzature, sia le spese del personale e di alcuni corsi di qualificazione per operatori sanitari di base, sia che nel terreno che avevamo acquistato
fosse costruita una palazzina di circa duemila metri quadri che ospitasse in maniera
stabile il Centro Socio-Sanitario che avevamo aperto nei locali prestatici per un ventennio dall’Arcidiocesi di Manila10.
I lavori edilizi, affidati all’arch. Imelda B. Cancio, furono avviati nel 1992, verificando come prima cosa la solidità del terreno, poiché Quiapo è sito nel delta del fiume
Pasig e l’edificio prospettava su uno dei suoi canali; le trivellazioni di saggio, condotte fino ad una profondità di 40 metri, misero in evidenza che dopo uno stato iniziale
Il dr. Saturay accanto all’asta della bandi 10-13 metri, formato da sabbia e melma fangosa, seguiva uno strato argilloso di
diera della vecchia Scuola che demolimmo per far posto alla palazzina.
media consistenza, estendentesi fino a 22-24 metri di profondità, dopo il quale v’era
uno strato formato da pietra arenaria di buona solidità. Per dare all’edificio la solidità
necessaria per affrontare fino al settimo grado i terremoti che frequentemente colpiscono le Filippine, apparve necessario poggiarlo su 110 piloni di fondazione lunghi 25 metri e capaci di sostenere ognuno un carico di 75 tonnellate, i
quali furono conficcati nel terreno fino ad ancorarsi saldamente sulla pietra arenaria11.
La prima pietra della palazzina venne posta la mattina del 9 aprile 1992, benedetta da mons. Roberto A. Espenilla,
vicerettore della Basilica del Nazareno12. I lavori procedettero a ritmo irregolare, per la difficoltà di trovare aiuti puntualmente, ma infine nel marzo del 1995 fu possibile trasferire il Dispensario Antitubercolare nei nuovi locali e nel
marzo del 1996 v’iniziò a funzionare un apparecchio Radiologico della Siemens particolarmente indicato per le indagini polmonari. L’inaugurazione ufficiale della palazzina
avvenne il 15 novembre 1997, festa del Patrocinio della
Madonna che è la Titolare della Delegazione Filippina, al
termine di una Messa Solenne presieduta dall’arcivescovo di
Manila, card. James L. Sin, attorniato da tredici concelebranti, tra cui due dall’Italia: fra Bartolomeo Coladonato e
fra Angelico Bellino. Dopo il Rito, celebrato all’aperto, il
padre Provinciale, fra Pietro Cicinelli, ringraziò le centinaia
di intervenuti ed in particolare l’Ambasciatore d’Italia nelle
Filippine, Sua Ecc.za Graziella Simbolotti, la quale, dopo
aver brevemente replicato, si diresse con le autorità all’ingresso della palazzina, dove scoprì una targa commemoratiL’ambasciatrice ed il card. Sin all’inaugurazione della palazzina.
va in bronzo, che fu quindi benedetta dal cardinale.
26
razie alla collaborazione offertaci per un quinquennio dalle nostre Province Inglese ed Irlandese, che inviarono
nelle Filippine rispettivamente fra Michele Newman e fra Martino Taylor1, a partire dal 1990 fu possibile organizzare totalmente in loco le varie tappe sia del discernimento vocazionale, sia della progressiva formazione
umana, religiosa e spirituale dei vari filippini che, dopo esser venuti in contatto con noi, ci confidavano di sentirsi
chiamati dal Signore a divenire Fatebenefratelli.
Per motivi pedagogici è bene che le successive tappe formative dei futuri religiosi siano svolte in ambiti nettamente distinti non solo dal punto di vista direttivo, organizzativo e logistico, ma possibilmente anche geografico, sicché
fu deciso d’avviare il Noviziato in qualche località fuori Manila, ma non troppo lontana e con buoni collegamenti
stradali, in modo che restasse facile sia condividere le risorse umane delle due Comunità, sia avere dei periodici
momenti d’incontro di tutti i formandi per mantenere vivo in loro il senso d’appartenenza ad un’unica realtà.
La scelta del luogo cadde sull’unico Comune delle Filippine intitolato ad un italiano, un cadetto di Casa Savoia cui
fu affidato il trono di Spagna in un momento di tale turbolenza politica che egli preferì abdicare dopo meno di tre
anni. Mentre egli ancora regnava, nelle Filippine una porzione del circondario di Silang fu il 12 luglio 1872 elevata a
Comune autonomo e ricevette il nome di Amadeo in onore di quell’effimero sovrano di un impero coloniale ormai
sbriciolatosi ma che ancora comprendeva Cuba e le Filippine2.
Naturalmente non furono motivi d’orgoglio nazionale a farci scegliere Amadeo, ma il fatto ch’era ad appena 70 km
da Manila e sito in zona agricola a 500 metri d’altezza, sicché beneficiava di un clima assai meno inquinato ed afoso.
Ancor più importante era la circostanza che nel contiguo Comune di Tagaytay esistevano già oltre una ventina di
Noviziati di altri Istituti Religiosi maschili e femminili, che avevano deciso di condividere i talenti dei rispettivi
Formatori dando vita con loro a cicli annuali di lezioni comuni intercongregazionali sulle materie identiche, col vantaggio che nei singoli Centri al Maestro restava affidato solo l’insegnamento degli aspetti peculiari della propria
Famiglia Religiosa e gli rimaneva più tempo da dedicare ai colloqui a tu per tu con i candidati.
Da alcuni anni Tagaytay, sita od oltre 700 metri d’altezza e adagiata sul panoramico ciglio del lago vulcanico di Taal,
era divenuta luogo preferito di villeggiatura per gli abitanti di Manila, con la conseguenza che il costo del terreno v’era
assai salito, mentre nella contigua Amadeo si manteneva molto più basso ed inoltre l’ambiente era molto più tranquillo, non essendo invaso da escursionisti e villeggianti. Comprammo due ettari di terreno lungo una strada provinciale che da Tagaytay scende ad Amadeo e prosegue poi verso il mare fino al porto militare di Cavite, dal quale pren-
G
L’ingresso della proprietà acquistata nel Comune chiamato Amadeo in onore di Amedeo di Savoia, qui in una litografia giovanile.
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de nome l’intera Provincia, pur non essendone il capoluogo, che è
Trece Martires. La proprietà, di cui firmammo il contratto d’acquisto il 24 aprile, in felice voluta coincidenza della festa del Beato
Benedetto Menni3, è situata nella frazione Salaban, abbastanza
vicina alla Parrocchia di Amadeo, che dista 4 km, ed a quella di
Tagaytay, che dista 7 km: entrambe le Parrocchie appartengono
alla Diocesi di Imus il cui vescovo, mons. Felice P. Perez, ci aveva
ricevuto in udienza il 18 aprile, paternamente approvando il
nostro progetto e sottolineando che era un apprezzato ritorno nel
territorio, poiché i nostri Confratelli avevano già avuto una
Comunità a Cavite dal 1641 al 1887.
Al centro della proprietà c’era un villino di 270 metri quadri ed
in discrete condizioni, utilizzabile come iniziale sede del Centro di Don Juanich benedicendo la Cappellina nel villino.
Formazione4, sicché nella seduta del 27 aprile 1990 il Consiglio
Generale dei Fatebenefratelli approvò l’erezione canonica del Noviziato nelle Filippine ed il Padre Generale firmò la
patente di fra Michele come Maestro dei Novizi, nonché al contempo la patente di fra Martino come Maestro degli
Scolastici a Manila. Le patenti furono loro consegnate dal Provinciale fra Benedetto Possemato, che visitò le Filippine
dal 15 al 21 maggio e formalizzò inoltre l’affidamento a fra Martino anche dei Postulanti e Prepostulanti5.
Terminati alcuni lavori di adattamento del villino di
Amadeo, il 29 giugno 1990, festa dell’Apostolo San Pietro,
Patrono della Provincia Romana dei Fatebenefratelli, fu
aperto ufficialmente il Noviziato, che fu benedetto da don
Edgardo S. Juanich, il quale celebrò a mezzogiorno la Santa
Messa ed insediò il Santissimo nel tabernacolo della
Cappellina 6. La Comunità restò formata dal Maestro, fra
Michele Newman, e da fra Francesco Perrotta, giunto
dall’Italia il 9 novembre a dare il cambio a fra Andrea.
Formavano il primo drappello di Novizi i tre perseveranti
degli iniziali ventidue aspiranti accolti a Manila da Gillen;
l’ammissione in Noviziato di questi tre giovani era avvenuta nella nostra Cappella di Quiapo il 20 maggio, mentre vi
si trovava ancora in visita il padre Provinciale.
A questi tre Novizi di primo anno si aggiunsero presto i quattro
filippini che nel 1988 avevano iniziato il loro biennio di Noviziato
a Genzano e vennero a completarlo nelle Filippine, dove giunsero il
I tre frati inglesi prestati al Noviziato di Amadeo.
19 luglio7 ed ottennero d’essere ammessi alla Professione il 24 ottobre 1990, la prima che fu celebrata nella nostra Cappella di Manila8.
L’ultimo filippino ancora a Genzano, dove aveva iniziato il Noviziato nel 1989, rientrò in patria il 30 maggio 1991 e fu
ammesso alla Professione il successivo 8 dicembre, la prima che fu celebrata nella Parrocchia di Amadeo9, dove fu parimenti celebrata il 14 giugno 1992 la Professione dei primi tre Novizi10 accolti da fra Michele Newman, il quale però nel
frattempo era rientrato in patria già dal 28 febbraio e gli era succeduto come Maestro dei Novizi un confratello sacerdote della stessa Provincia Inglese, fra Michele Francis11, giunto a Manila il 21 gennaio e che dal 19 agosto era stato affiancato da un altro confratello inglese, il settantenne fra Giuseppe
Carroll, che era già stato missionario in Africa per 25 anni, ai quali
volle generosamente aggiungere altri 18 mesi nelle Filippine12.
Ad Amadeo l’anno 1992 fu segnato non solo dal cambio di
Maestro, ma anche dal cambio di edificio, benedetto il 9 luglio,
festa della Madonna della Lampada, dal Nunzio Apostolico nelle
Filippine, l’arcivescovo Gian Vincenzo Moreni, che presiedette la
Solenne Concelebrazione nell’ampia veranda coperta del primo
piano13. La prima pietra di questa nuova sede del Noviziato era
stata benedetta dal parroco di Amadeo, don Giacomo E. Catipay,
la mattina del primo maggio 1991, festa di San Riccardo Pampuri,
al quale era intitolato il centro di Formazione14. Aveva elaborato
il progetto l’arch. Imelda B. Cancio15, che disegnò un edificio a
forma di L e orientato in senso est-ovest, così non solo da affrontare meglio sole e vento, ma anche defilarsi il più possibile dal fra- I primi tre Novizi accettati nelle Filippine.
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stuono della strada provinciale, che dista 80 metri. Per ragioni economiche la costruzione fu suddivisa in due fasi, rimandando ad un
secondo momento l’ala della Chiesa e dando priorità agli alloggi e
servizi. Alle 23 stanze per i Religiosi, tutte singole e col bagno, fu
riservato il secondo e terzo piano, mentre al pianterreno trovarono posto l’atrio, l’ufficio, le aule scolastiche, il refettorio e la cucina, e nel seminterrato la foresteria, la lavanderia e l’alloggio del
personale, nonché un porticato che nel 1996 sarà poi trasformato
in camerata per i Prenovizi16.
Meno di un mese dopo l’inaugurazione del nuovo edificio del
Noviziato, la Curia Generalizia dei Fatebenefratelli concesse in
data primo agosto 1992 il riconoscimento canonico alla Comunità
di Amadeo, della quale fra Michele Francis fu nominato Priore;
allo stesso tempo le due Comunità delle Filippine furono costitui- L’arcivescovo Moreni benedicendo il Noviziato.
te il 30 ottobre in Delegazione Provinciale17, della quale ebbi la
guida fino al 2007, quando ebbi infine la gioia di vedermi succedere da fra Romanito M. Salada, primo confratello
filippino ad essere designato Delegato Provinciale18.
A distanza di due anni, per la festa di San Riccardo Pampuri che nel 1994 cadeva liturgicamente il 30 aprile, fu possibile ultimare la Chiesa di Amadeo. Venne a benedirla ed a consacrarne l’altare il nuovo vescovo di Imus mons.
Manuel C. Sobreviñas19, al quale il Superiore Generale fra Brian O’Donnel porse, perché le depositasse nella piattaforma dell’altare, alcune reliquie dei Novizi Fatebenefratelli caduti
martiri in Spagna a Calafell e proclamati Beati nel 1992; in onore
di questi martiri fu collocato nel 1994 nel coro della Chiesa un
grande bassorilievo in legno20, raffigurante il loro ingresso in Cielo,
nonché nel 2003 un dipinto nel presbiterio raffigurante il loro martirio. Nel corso degli anni la Chiesa è andata arricchendosi di altri
dipinti dedicati rispettivamente alla Madonna del Patrocino, quale
titolare della Delegazione Filippina; a Maria, quale Regina
dell’Ospitalità; a San Riccardo Pampuri, quale titolare della Casa
del Noviziato; a San Giovanni di Dio; a San Giovanni Grande; a
San Benedetto Menni; al Venerabile Francesco Camacho; al Servo
di Dio Guglielmo Gagnon21. Inoltre, fin dall’inaugurazione furono
collocate varie sculture in legno: il maestoso Crocifisso dell’abside,
trafitto da quattro chiodi a simboleggiare i nostri quattro Voti e
L’arch. Cancio, prodigatasi gratis ad Amadeo, vi ricevette
completato in basso dal gruppo della Vergine e dell’Apostolo
nel 1992 da fra Brian l’affiliazione all’Ordine.
Giovanni che pongono la corona di spine sul capo di San Giovanni
di Dio; la statua della Madonna del Sacro Cuore di Gesù, sita in una nicchia laterale; e sui lati della navata i bassorilievi di San Pietro Apostolo, quale Patrono della Provincia Romana, e di San Raffaele Arcangelo, quale Patrono dell’antica Viceprovincia Filippina. Da menzionare in fine due contributi giunti dall’Italia: l’artistico tabernacolo, fuso in
Italia dalla Domus Dei e riproducente la facciata della distrutta nostra Chiesa di Manila, quale appariva nel Settecento;
e l’armoniosa campana, con a sbalzo la figura di San Riccardo Pampuri, fusa con perizia millenaria ad Agnone dalla
Ditta Marinelli e benedetta ad Amadeo da mons. Sobreviñas22 il 3 giugno 2000.
Completata la costruzione del Noviziato, si pose allo studio l’avvio di un’attività apostolica che desse risposta a qualche specifico
bisogno locale ed allo stesso tempo offrisse ai Novizi la possibilità
d’avere già in casa un primo approccio al mondo dei malati, che
finora era stato dovuto organizzare in alcuni Centri esterni dedicati ai disabili. Dal 17 aprile 1995 fra Michele Francis era rientrato in
Inghilterra23 e, dopo un breve interregno affidato a fra Bartolomeo
Coladonato, era subentrato dal 29 maggio come Maestro e Priore
fra Francesco Perrotta24, cui si affiancò dal 6 ottobre fra Antonio
Botticella come cappellano25; dopo una serie di colloqui con i
responsabili dei Centri assistenziali della zona ed in particolare con
quelli del “Chosen Children”, l’ipotesi migliore parve loro quello di
aprire una Casa-Famiglia per orfani disabili, utilizzando il villino Nell’ala corta del Noviziato fu ubicato il portico, il refettorio
dov’era stato agli inizi il Noviziato. Primo passo fu quello di modi- e la veranda.
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ficare lo Statuto della nostra NGo, che avevamo avviata nel 1988
in vista dell’impegno antitubercolare nel nostro Centro di Manila
e della quale ora ampliammo le finalità includendovi l’impegno
educativo con i disabili, tanto che il nome fu modificato in
Granada Educational Foundation, Inc., più brevemente indicato con
la sigla GEFI; tali cambi di finalità e di denominazione furono
approvati dal Ministero degli Affari Sociali il 4 maggio 1995.
Superati vari altri problemi burocratici, organizzativi e di personale, i primi due orfanelli disabili, Barry e Louis, arrivarono il 15 giugno 1996 nel villino di Amadeo, opportunamente ristrutturato per
accogliere dieci bambini e intitolato in lingua locale tagalog Bahay
Fra Antonio benedicendo le palme nel piazzale della palestra.
San Rafael, ossia “Casa San Raffaele”, essendo stato dedicato
all’Arcangelo San Raffaele non solo perché è l’angelo che simboleggia l’attenzione del Signore per i sofferenti ed i malati, ma anche perché nella frazione Salaban esiste fin da tempi lontani una gran devozione a San Raffaele, di cui venerano nella Cappella Rurale un’antica statuetta d’epoca coloniale che lo raffigura con lo scapolare dei Fatebenefratelli mentre distribuisce il pane ai pazienti dell’Ospedale fondato a Granata da San Giovanni di Dio26. Fu proprio in tale Cappella
che fra Antonio battezzò tutti assieme i primi quattro orfanelli, ossia i due già menzionati e Mathias e Peter, che erano
arrivati il 19 giugno. E fu proprio dalla Cappella Rurale che domenica 27 ottobre, a conclusione della festa patronale
della frazione, condussero in processione la statuetta di San Raffaele per solennizzare l’inaugurazione ufficiale del nostro
nuovo Centro Residenziale Psico-Medico-Pedagogico27, ormai funzionante a pieno ritmo e che, dopo un anno di rodaggio, fu autorizzato dal Ministero degli Affari Sociali con licenza provvisoria triennale28 del 18 settembre 1997.
Un aiuto decisivo per dare una fisionomia d’avanguardia alla Bahay San Rafael l’avemmo dal nostro confratello
australiano fra Vianney Welch, che venne nell’aprile 1997 e poi ancora in settembre29 ad illustrarci i metodi utilizzati nel suo paese per il recupero motorio dei disabili ed in particolare quello che l’ungherese Andrea Petö chiamò
Conductive Education, cioè un’educazione orchestrata che invece del consueto approccio multidisciplinare, nel quale
i collaboratori perseguono autonomamente ognuno un proprio obiettivo, preferisce un approccio transdisciplinare, nel
quale cioè tutto il gruppo assistenziale agisce col medesimo affiatamento e coordinamento di un’orchestra musicale
affinché ogni momento della giornata possa con tanta creatività essere utilizzato nell’insegnare al bambino cerebroleso l’esecuzione di specifici movimenti parziali che poi, opportunamente integrati, gli permetteranno in maniera progressiva una sempre maggiore autonomia, a cominciare dalla capacità di alimentarsi da solo e di muoversi da solo. Nel
metodo di Petö l’insegnamento viene facilitato sia da una cornice di gioco che mantiene sveglio l’interesse del bambino, sia dal costante uso di filastrocche cantilenate che tramite l’instaurarsi di riflessi condizionati rendono più semplice l’apprendimento degli automatismi motori, permettendo il raggiungimento di traguardi davvero insperati per
bambini che la scienza medica suole considerare senza alcuna speranza30; in realtà, il nostro sistema nervoso ha incredibili capacità di risolvere i problemi creati da una disfunzione muscolare, ma tale capacità può emergere solo dopo
fortissima e prolungata stimolazione, che nel caso della Conductive Education deve durare uno o due anni.
Nel marzo 1998 fra Romanito andò in Australia, dove fra Vianney gli organizzò in due Centri di Melbourne e di
Sidney un trimestre di tirocinio pratico in Conductive Education31. Un mese dopo il rientro ad Amadeo fra Romanito
riuscì ad essere il primo ad avviare nelle Filippine la Conductive Education, ottenendo risultati sorprendenti, tanto che
il Ministero degli Affari Sociali non esitò a concederci l’accreditamento definitivo32 già il 21 agosto 1998.
Oltre al villino, la Bahay San Rafael cominciò ad utilizzare per le attività di riabilitazione sia l’ampio salone sottostante la Chiesa, sia un vecchio capannone per l’essiccamento del caffè, che fu totalmente ristrutturato ed inaugurato nel marzo 1999 come palestra coperta, dotata anche di
vasca per fisioterapia33. Fu anche ipotizzata la costruzione di
un nuovo villino di 650 metri quadri, ma la ricerca di sponsor si protrasse per anni e solo grazie alla determinazione
dell’allora Provinciale fra Angelico Bellino fu infine possibile collocarne la prima pietra34 l’11 febbraio 2007 e già il
21 ottobre i locali furono benedetti dall’ausiliare emerito di
Manila, mons. Teodoro J. Buhain. I nuovi ambienti hanno
permesso nel luglio 2008 all’allora Priore, fra Firmino O.
Paniza, l’aprire un Ambulatorio di Fisioterapia Infantile ed
una Scuola per Disabili, approvata nel gennaio 2010 dal
Ministero dell’Educazione35 e che si cercherà nel 2012 di
Gruppo di disabili accanto al monumento a San Riccardo Pampuri,
inaugurato nel 2007 assieme al retrostante villino.
trasformare in Scuola Elementare Speciale.
30
el novembre 1989 la Comunità di Manila accolse i primi confratelli filippini
di Voti Semplici, rientrati dall’Italia dopo aver emesso a Genzano l’8 ottobre
la prima Professione al concludersi del Noviziato1, e fu aperto per loro lo
Scolasticato, nel quale potessero proseguire la propria formazione religiosa e professionale in attesa d’accedere ai Voti Solenni. Lo Scolasticato fu ubicato a Manila per
motivi logistici, poiché il circostante quartiere di Quiapo pullula di Istituti
Universitari ed è a breve distanza dalla prestigiosa Università di Santo Tomas, che è
la più antica dell’Asia, essendo stata fondata dai Domenicani nel 1611. Manila ha un
traffico spaventoso ed è perciò un grosso vantaggio per chi è impegnato negli studi il
vivere a breve distanza dalla propria Università, evitando così di spendere quotidianamente varie ore nei mezzi di trasporto pubblico e di esporsi all’aria inquinata che
ristagna nelle arterie di grande circolazione. Come Maestro degli Scolastici fu desi- Fra Martino Taylor in una foto del 1990.
gnato fra Martino Taylor, prestatoci dalla Provincia Irlandese e che si prodigò per noi
a Manila fino al 27 marzo 19952; la sua nomina fu approvata dal Definitorio Generale nella seduta del 27 aprile 1990
ed inoltre il padre Provinciale, con lettera del 5 maggio, formalizzò l’affidamento a fra Martino anche dei Postulanti3.
Per mantenere distinti i due gruppi di formandi, i Postulanti rimasero nell’edificio a fronte strada, mentre agli Scolastici
fu riservato l’edificio in fondo al giardino, che da allora prese il nome di “Centro Studi Beato Benedetto Menni” e subì alcune modifiche per renderlo più funzionale: al piano rialzato furono coperti il terrazzo e l’atrio per ricavarne nuove stanze
d’abitazione ed una Sala Studio4, mentre al pianterreno furono allestiti il Refettorio e la Biblioteca. La sede dello
Scolasticato fu benedetta5 il 28 agosto 1990 ed accolse i due restanti candidati del primo gruppo di Genzano, seguiti poco
dopo dai quattro restanti del secondo gruppo, non appena il 24 ottobre 1990 emisero la Professione Semplice nella nostra
Cappella di Manila; era per noi la prima volta, dopo l’epoca coloniale, che una Professione Religiosa era celebrata nelle
Filippine ed a presiederla venne mons. Cornelio de Wit, che era il vescovo che nell’Arcidiocesi di Manila fungeva da
Vicario Episcopale per i Religiosi6. L’anno dopo giunse nello Scolasticato l’unico rimasto del terzo ed ultimo gruppo di
Genzano, dopo emessa l’8 dicembre la prima Professione nella Parrocchia di Amadeo durante la Messa mattutina celebrata dal parroco don Giacomo E. Catipay7. A partire dall’anno seguente cominciò il flusso dei candidati entrati
nell’Ordine a Manila ed i primi furono i tre che emisero la prima Professione
nella Parrocchia di Amadeo8 il 14 giugno 1992.
Il primo dei candidati di Genzano a concludere il periodo formativo dello
Scolasticato emise la Professione Solenne a Manila nella Basilica di San
Sebastiano l’8 dicembre 1996 durante una Concelebrazione presieduta dal
Vicario Generale dell’Arcidiocesi, mons. Josefino S. Ramirez9. Quanto ai
candidati entrati a Manila, l’attuale loro decano emise la Professione
Solenne il 7 ottobre 2000 nelle mani del padre Provinciale, fra Pietro
Cicinelli, durante una Concelebrazione presieduta nel Santuario del Santo
Volto, che è giusto di fronte al nostro Convento di Manila, dal vescovo ausiliario dell’Arcidiocesi, mons. Teodoro J. Buhain10, che nel novembre del
2006 verrà affiliato al nostro Ordine, in segno di gratitudine per la profonda amicizia ed il consistente aiuto di cui hanno sempre beneficiato sia la
nostra Comunità di Manila, specie nel quinquennio in cui egli fu parroco
della zona, sia la nostra Comunità di Amadeo, dove egli viene regolarmente a celebrare ogni domenica da quando risiede a Tagaytay11.
Nel gennaio 2001 fu possibile acquistare in contiguità al nostro
Poliambulatorio un lotto di quasi 1.400 metri quadri, di cui 900 coperti da un
edificio del tempo coloniale12, da vari anni adibito a Dormitorio studentesco e
Voti Solenni emessi a Manila nel settembre 2000 da
nel quale, eseguite alcune riparazioni e rinnovato il tetto, fu trasferito lo fra Eldy de Castro, attuale decano dei frati filippini
Scolasticato. Gli ambienti erano molto più spaziosi, ma la struttura era in legno e loro Delegato Provinciale.
N
31
e soggetta perciò all’attacco dalle termiti. Nel gennaio
2005 ci si accorse che le termiti aveva pericolosamente
corroso i pilastri d’un estremo della casa, il quale fu perciò
dovuto demolire d’urgenza13, il che ci costrinse a riportare
provvisoriamente lo Scolasticato nella vecchia sede14.
Cominciammo come primo passo a trasferire la
Cappella, che i ponteggi metallici puntellanti la trave
del soffitto avevano resa poco funzionale e squallida, e
nell’estate 2005 ne iniziammo a costruire in muratura
una nuova nel nostro suolo resosi libero a fine marzo al
concludersi degli accennati lavori di demolizione15.
Ultimata la Cappella, come data per la sua benedizione
e la consacrazione dell’altare fu scelta quella significatiI partecipanti agli Esercizi predicati dal confratello australiano fra
va dell’11 febbraio 2006, ricorrenza della Giornata
Raimondo Hornby nel maggio 2001.
Mondiale del Malato16, ed a presiedere il rito venne
mons. Gaudenzio B. Rosales, dal novembre 2003 arcivescovo di Manila e che nel marzo 2006 avrebbe ricevuto la berretta cardinalizia17.
La Cappella è costituita da un edificio rettangolare di 63 metri quadri, suddiviso in tre zone: al centro il presbiterio,
da un lato il tabernacolo con spazio per l’adorazione e dal lato opposto il coro monastico per la recita dell’Ufficio. Uno
dei lati lunghi della cappella è in contiguità del muro di cinta, mentre l’altro lato lungo, dotato di due porte centrali
scorrevoli, prospetta sulla restante area rimasta libera
con la demolizione e nella quale è stata riassemblata la
tettoia su pilastri metallici che in passato avevamo innalzato a copertura del campo di pallacanestro esistente
nella proprietà dell’Arcidiocesi; in questo modo la tettoia, oltre a fornire un luogo riparato da sole e pioggia per
attività sportive e festicciole, può in occasione di importanti celebrazioni liturgiche trasformarsi in spazio accessorio della Cappella, il cui altare rimane perfettamente
visibile attraverso il varco di 4 metri delle porte scorrevoli. Tale altare ha una mensa di marmo ottagonale che
può essere utilizzata in due distinte direzioni: nei giorni
Mons. Luis Antonio G. Tagle, vescovo di Imus, alla celebrazione del 28
feriali il celebrante si pone dal lato dell’altare che guarnovembre 2002 per il 50° di Voti di fra Vittorio Paglietti, che è nelle
Filippine dal 6 dicembre 1995.
da il coro e nella parete alle sue spalle si staglia una grande croce realizzata con lastre di marmo ed al centro della quale c’è il tabernacolo foggiato a melagrana ch’era nella
vecchia Cappella; nelle liturgie con ampia partecipazione di fedeli egli celebra invece avendo alla sinistra il coro, alla
destra il tabernacolo, alle spalle il retablo e di fronte la porta scorrevole, che all’aprirsi trasforma il cortile coperto in
una sorta di navata centrale di 240 metri quadri.
L’altare poggia su un basamento quadrato, che racchiude una piccola cella fenestrata su tre lati ed ospitante un artistico reliquiario realizzato a Manila dall’ing. Mario Viel ed in cui è racchiuso un ossicino carpale della mano destra di
San Giovanni di Dio, quella mano che tante sofferenze lenì, quella mano che tante volte si tese a chiedere aiuto per i
più abbandonati. Per il retablo della Cappella il pittore filippino Eladio Santos ha dipinto una tela raffigurante la visione che San Giovanni di Dio ebbe nella Cappella del
Santissimo nella Cattedrale di Granada, quando la
Madonna gli pose sul capo la corona di spine del Figlio,
quale mistico incoraggiamento ad impreziosire ogni sofferenza, unendole a quelle di Cristo. Ai due lati del quadro
sono le statue di San Giovanni di Dio e di San Riccardo
Pampuri, che lo scultore filippino Reynaldo Estonactoc18
aveva scolpito in legno per la vecchia Cappella, al pari di
quella del Bambinello Gesù che porge la melagrana, ora
posta in fondo al coro monastico, dove sono anche i quadri
di Eladio Santos riproducenti i tre nostri Venerabili trucidati nelle Filippine in epoca coloniale19. Attigua al coro c’è
la sacrestia, sormontata da un piccolo campanile a vela: la
campana, donataci dall’ing. Davide Tursi, proviene dalla
millenaria fonderia di Agnone e reca le immagini del Sacro
Il canto della Salve Regina davanti al quadro mariano dell’appena
inaugurata Cappella di Manila.
Cuore di Gesù e di San Pio da Pietrelcina.
32
Dopo il trasferimento della Cappella, il secondo
passo fu il trasferimento degli alloggi dei
Confratelli, per i quali si decise di sopraelevare di
due piani il villino degli Ambulatori che avevamo
inaugurato nel 1997. La gettata in cemento del
terzo piano, destinato a Scolasticato e prevedente
11 stanze singole, un atrio con salotto, un salone
per Refettorio e Biblioteca ed una Cappellina20,
avvenne il 24 agosto 2005; quella del quarto ed
ultimo piano, destinato alla Comunità, avvenne il
25 settembre; ultimate le rifiniture interne, iniziammo in primavera il trasloco della Biblioteca e
degli arredamenti ed il 24 aprile 2006, festa titolare di San Benedetto Menni, che è il titolare dello
Scolasticato di Manila, esso fu benedetto dal Pur essendo ancora una minuscola realtà, la Delegazione Provinciale deIle
seppe ospitare in maniera impeccabile l’Assemblea Generale dei
nostro cappellano don Domenico Mai Xuan Vinh Filippine
Fatebenefratelli, svoltasi a Tagaytay dal primo al 6 dicembre 2003.
al termine della Concelebrazione che egli presiedette nella Cappellina dello Scolasticato21. In essa il tabernacolo è collocato al centro della vetrata, che dà luce alla
stanza: lo sovrasta il motto in inglese God is Love (Dio è amore) e sopra il motto è innicchiata una croce bottonuta,
consegnataci nel dicembre 2003 dai Confratelli dell’India22 a
ricordare che fu l’apostolo San Tommaso, morto martire in India, il
primo a adottare questo tipo di croce, caratterizzata al termine dei
suoi bracci da piccoli germogli che simboleggiano la vita che fiorì
da quel legno di morte. Ai due lati della croce campeggiano oggi i
due quadri di Eladio Santos raffiguranti il Beato Giuseppe Eulalio
Valdés23 e il Beato Eustachio Kugler24. Ai piedi del tabernacolo c’è
l’altare, che poggia su un solo pilastro, nel cui incavo è visibile un
reliquiario formato da una melagrana sormontata da una croce bottonuta, al centro della quale è incastonato un frammento osseo di
San Benedetto Menni, a simbolicamente segnare la sua presenza
nelle Filippine, dove ripetutamente aveva in vita cercato di metter
piede per farvi rifiorire i Fatebenefratelli. All’angolo della parete
frontale c’è una nicchia con una statuetta in resina di San
Benedetto Menni; sull’arco della nicchia le iniziali OH e HSC
ricordano l’Ordine cui appartenne il Santo e la Congregazione di
Suore da lui fondate nel 1881 ed oggi operanti anche a Manila.
Nel 2000, in occasione della Giornata Mondiale del Malato,
Completa la semplicissima decorazione della Cappellina il baldacla Vice Presidente delle Filippine, Gloria Macpagal Arroyo,
chino
dell’altare, stagliantesi sul bianco del soffitto e conformato a
visitò il nostro Poliambulatorio; l’anno dopo, i nostri bambicroce greca, colorata internamente in rosso, per richiamare così
ni audiolesi le restituirono il 5 dicembre la visita nel Palazzo
Presidenziale di Malacañang, dove ascoltarono con lei la
nell’insieme l’emblema della Croce Rossa, della quale il Santo fu
Messa del mattino e si trattennero con lei a colazione.
uno dei primissimi volontari e finora l’unico di loro elevato agli
onori degli altari, tanto che nelle Filippine qualche Diocesi lo ha scelto come Patrono del Volontariato25.
Dopo il trasferimento degli alloggi dei Confratelli, il terzo passo fu il trasferimento dell’Ufficio Amministrativo e di
Cucina e Lavanderia26, cui provvedemmo ristrutturando la Portineria della nostra proprietà ed innalzandovi accanto,
lungo la linea di confine, un villino lungo ventotto metri e
largo cinque, nel quale collocammo a pianterreno i suddetti
servizi e nel piano rialzato un Conventino per le tre Figlie di
Santa Maria di Leuca, che fin dal 15 aprile 1996 cooperano
con noi a Quiapo nell’attività assistenziale27. La prima pietra28 fu posta l’8 settembre 2006 e la benedizione dei nuovi
ambienti fu fatta dall’attuale Vicario Arcidiocesano per i
Religiosi, mons. James T. Ferry, al termine della Concelebrazione che presiedette nell’Oratorio delle Suore il 26 aprile 2007, festa della Madonna del Buon Consiglio, in cui
onore quello stesso giorno egli benedisse in giardino un’edicola mariana nella quale Ella è effigiata in una maiolica
donataci dai Confratelli della Provincia Romana ed eseguita
Il nuovo villino e sullo sfondo la sopraelevazione del Poliambulatorio.
a Deruta nella Bottega Artigianale di Nicolini29.
33
Quanto al trasferimento del Postulantato, mutò sede dapprima
nella parte non demolita dell’edificio attiguo alla Cappella, e poi ad
Amadeo, nei locali ristrutturati che mons. Buhain benedì nel
novembre 201030.
Dopo aver ricordato l’evoluzione edilizia della Casa di Manila, va
accennato all’attività socio-assistenziale che è andata sviluppandosi dal 1988 fino ad oggi. Come già illustrato in un precedente capitolo, si cominciò con un Dispensario Antitubercolare e collegato
Gabinetto Radiologico e Laboratorio Analisi, ma poiché molti dei
pazienti venivano con patologie che essi temevano tubercolari, ma
che in realtà non lo erano, il nostro Centro di necessità si configurò anche come un Ambulatorio di Medicina Generale. Col tempo
Una recita natalizia dei bambini audiolesi.
vi affiancammo altri Ambulatori gratuiti, a cominciare dal
Gabinetto Dentistico, aperto il 29 ottobre 1996 e tra i più affollati, per cui nell’aprile 2000 fu dotato di una seconda
poltrona31; seguì l’Ambulatorio di Ostetricia e Ginecologia, aperto il 10 gennaio 1997; l’Ambulatorio di Oculistica
ed Optometria, aperto l’11 gennaio 1997 e che dal 2006 offre anche interventi ambulatoriali per la rimozione della
cataratta32; l’Ambulatorio Pediatrico, aperto il 4 gennaio 1999. Ebbero vita transitoria gli Ambulatori di Otoiatria e
di Psichiatria, aperti nel 1997, di Dermatologia33, aperto nel 1998, e di Fisioterapia34, aperto nel 1999, ma quest’ultimo ha potuto riaprire il 20 luglio 2009 e lo affianca un nuovo Servizio di Terapia Occupazionale35.
Nell’ambito delle iniziative sociali va ricordata sia l’apertura il 25 marzo 1996 di un Consultorio per ragazze madri,
dotato anche di servizio di telefono amico, cui giungono giornalmente una diecina di chiamate ed il cui numero è pubblicizzato dalle istituzioni cattoliche cittadine36; sia la creazione il 27 luglio 1997 di un assai attivo Club della Terza
Età37, al quale hanno aderito oltre un centinaio di anziani di Quiapo; sia soprattutto l’entrata in funzione il 15 luglio
1996 di una Scuola dell’Infanzia riservata ai bambini audiolesi38, che dopo la prevista fase sperimentale fu regolarmente riconosciuta dal Ministero dell’Educazione39, che le concesse l’accreditamento definitivo il 4 maggio 1999.
La peculiarità della nostra Scuola per l’Infanzia Audiolesa è che invece di avvalersi del tradizionale linguaggio dei
gesti, adotta un approccio audio-verbale che può consentire al bambino di entrare in comunicazione diretta con le
persone normali, senza dover più ricorrere agli interpreti. Si tratta di un approccio abbastanza recente e che siamo stati
tra i primi a adottare nelle Filippine, avvalendoci dell’aiuto di una NGo del Giappone40, dove il metodo è assai diffuso. Per fruire del metodo gli allievi devono avere specifici requisiti di età e di capacità uditiva. Di età, perché la capacità di apprendere ad articolare le parole raggiunge l’apice a tre anni di età e va poi rapidamente declinando, sicché
adolescenti ed adulti l’hanno ormai perduta; questo spiega perché nella nostra Scuola accettiamo bambini solo dai due
agli otto anni. Occorre poi che il bambino abbia in almeno un orecchio un minimo di capacità uditiva, in modo che
sfruttando al massimo tale residua capacità egli riesca a percepire i suoni della voce umana e quindi a riprodurli, cioè
a parlare; è inoltre addestrato a leggere le parole sulle labbra degli altri, in modo che purché veda in viso l’interlocutore può agevolmente dialogare con lui anche se la soglia uditiva è bassissima.
Per ben sfruttare la residua capacità uditiva del bambino provvediamo anzitutto a dotarli di adeguati apparecchi acustici ed a controllarli di frequente. Per evitare poi che l’interferenza di suoni esterni distragga l’attenzione del bambino, curiamo al massimo l’isolamento acustico delle superfici interne delle aule ed ovviamente manteniamo chiuse le
finestre, il che, dato il clima tropicale, ci costringe ad utilizzare dei condizionatori d’aria. Ad evitare inoltre che eventuali interferenze radio raggiungano l’apparecchio acustico, negli ambienti della scuola viene installato il Loop System,
che è uno schermo magnetico simile a quello usato in alcuni teatri per evitare che in sala squillino i cellulari degli
spettatori41. Ovviamente tutte queste precauzioni hanno un costo
che rende molto caro questo tipo di scuole, anche perché l’insegnamento si svolge in gran parte a livello individuale, il che richiede
un elevato numero di insegnanti rispetto al numero degli alunni; la
conseguenza è che da una parte le Scuole Pubbliche, pur accettando in classe allievi sordi, utilizzano con loro esclusivamente il linguaggio dei gesti, e dall’altra che le pochissime Scuole Private che
utilizzano l’approccio audio-verbale hanno rette d’iscrizione affrontabili solo da famiglie molto ricche. La nostra Scuola accoglie invece i poveri e ci riesce grazie alle adozioni a distanza che ci aiutano a
coprire le spese.
Per ospitare la Scuola adattammo al meglio alcune Aule didattiche del Poliambulatorio, ma l’AFMaL ha iniziato la raccolta di
fondi42 per costruire una nuova sede, più ampia, più funzionale ed Bambini audiolesi con fra Gian Marco L. Languez, diplomatosi in Terapia Occupazionale nel 2008.
in grado di accogliere anche altri tipi di bambini disabili.
34
Introduzione
1) Per tali otto capitoli ho utilizzato il testo di quelli
apparsi come inserto centrale nei nn. 3, 4, 5, 6, 7-8, 9,
11 e 12 di «Vita Ospedaliera. Rivista mensile dei
Fatebenefratelli della Provincia Romana», LXIII
(2008), revisionandoli ed integrandovi sia alcune mie
pagine del calendario murale 2011 della suddetta rivista, sia le note che avevo aggiunto ai suddetti capitoli
nel diffonderli nei nn. 8, 17, 18, 20, 24, 31 del 2008 e 2
del 2009 de «Il Melograno. Taccuino virtuale giovandiano», X e XI.
Capitolo I. La tenacia di fra Juan e fra Luca
1) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, IV Centenario dell’elezione
di Fra Pedro Egiziaco a primo Superiore Generale del Ramo
spagnolo, in «Archivo Hospitalario. Revista de historia
de la Orden Hospitaria de San Juan de Dios», 2008, 6,
pp. 453-457.
2) Per la durata della navigazione, che iniziò giovedì 24
marzo da Acapulco e permise d’avvistare le Isole dei
Ladri (oggi dette Marianne) il 29 maggio e di doppiare
il 10 giugno il Capo dello Spirito Santo, all’estremo sud
dell’Isola di Luzon nella quale si trova Manila, cf.
Alfonso CEBALLOS-ESCALERA GILA, Una navegación de
Acapulco a Manila en 1611. El cosmógrafo mayor Juan
Bautista de Labaña, el inventor Luis de Fonseca Coutinho
y el problema de la desviación de la aguja, in «Revista de
Historia Naval», XVII (1999), 65, pp. 36 e 41-42.
3) Per la data dell’arrivo a Manila il 20 giugno, cf. Félix
ÁLVAREZ MARTÍNEZ, Galeón de Acapulco. El viaje de la
misericordia de Dios. Relato histórico, Madrid, Ed.
Polifemo, 1993, p. 114.
4) Compito del Fiscale era di difendere le prerogative
Reali, specie in ambito patrimoniale e tributario, dal
che gli derivò l’appellativo, piuttosto restrittivo rispetto alle effettive competenze.
5) Su questo presule, che fu vescovo di Nuova Segovia
dal 1604 al 1613, cf. Giuseppe MAGLIOZZI, La petizione
del vescovo di Nueva Segovia, in «Il Melograno. Taccuino
virtuale giovandiano», IV, 5, 8 febbraio 2002, pp. 1-2.
Cf. anche Hilario OCIO e Eladio NEIRA, Misioneros
Dominicos en el Extremo Oriente. 1587-1835, Manila,
Life Today Publications, 2000, vol. I, pp. 41-44.
6) Cf. Antonio DE MORGA, Historical Events of the
Philippine Islands, Manila, National Historical Institute,
1990, p. 302.
7) Cf. Juan Manuel MALDONADO DE PUGA, Religiosa
Hospitalidad por los Hijos del Piadoso Coripheo Patriarcha
y Padre de los Pobres S. Juan de Dios en su Provincia de S.
Raphael de las Islas Philipinas, Granada, Joseph de la
Puerta, 1742, pp. 15-23.
8) Cf. Lucio GUTIÉRREZ, The Archdiocese of Manila. A
pilgrimage in time (1565-1999), Manila, The Roman
Catholic Archbishop of Manila, 1999, vol. I, p. 161.
9) Per il testo spagnolo della petizione di mons. Diego
de Soria, datata 7 luglio 1606, e sua traduzione italiana,
cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Fra Pietro Egiziaco e i Reali della
casa d’Austria, in «Il Melograno. Taccuino virtuale giovandiano», VIII, 27, 28 dicembre 2005, pp. 10-11. Per
una traduzione inglese della petizione cf. Emma Helen
BLAIR e James Alexander ROBERTSON, The Philippine
Islands, 1493-1898, Mandaluyong, Cachos Hermanos
Inc, 1973, vol. XXVIII, pp. 143-144.
10) Analoga era stata la segnalazione della mancanza
di personale qualificato inviata dal citato fiscale
Rodrigo Díaz Guiral per chiedere che l’Ospedale fosse
affidato ai Fatebenefratelli. Cf. Archivio delle Indie Siviglia (d’ora in poi AGI), Filipinas, 19, R. 7, N. 105
(folio 6r), Carta del fiscal (30 giugno 1606).
11) Cf. Eutimio SASTRE SANTOS, La vita religiosa nella
storia della Chiesa e della società, Milano, Ancora, 1997,
p. 552.
12) Cf. José María A. CARIÑO, José Honorato Lozano,
Filipinas 1847, Manila, Ars Mundi, 2002, acquerello n.
22. Cf. anche Giuseppe MAGLIOZZI, Un acquerello del
1847, in «Vita Ospedaliera», LX (2005), 3, p. 23.
13) Gli Ordini in realtà erano arrivati ad essere sei, ma
i Gesuiti, che avevano raggiunto le Filippine già nel
1581, n’erano poi scomparsi nel 1768 a motivo della
temporanea soppressione del loro Istituto e poterono
tornarvi solo nel 1859. Cf. L. GUTIÉRREZ, op. cit., vol. I,
pp. 28 e 207.
14) La denominazione ufficiale del nostro Ospedale di
Madrid era “Nostra Signora dell’Amor di Dio”, ma tutti lo
35
conoscevano col nome del suo fondatore, il venerabile
Antón Martín. Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Madrid e Antón
Martín, in «Vita Ospedaliera», LVIII (2003), 12, p. 16.
15) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 31-35.
16) Cf. AGI, Contratación, 5314, N. 2, R. 37.
17) Per ampi stralci del mns. messicano del 1643, la cui
colloc. è Biblioteca Naz. Madrid, R/3047, cf. Luis
ORTEGA LAZARO, Para la Historia de la Orden Hospitalaria
de San Juan de Dios en Hispanoamérica y Filipinas, Madrid,
Fundación Juan Ciudad, 1992, pp. 414-415. Per Garibay
cf. Pablo Emilio PÉREZ-MALLAÍNA, Juan Gutiérrez
Garibay, in «Revista de Indias», LXX (2010), 249, pp.
319-343.
18) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Da quattro secoli in
America, in «Vita Ospedaliera», LI (1996), 11, p. 8.
19) Giunto non ancora trentenne a Manila nel 1588, il
colonnello e poi sacerdote Hernando de los Rios si era
talmente fatto ben volere che nel 1605 i Filippini lo
avevano designato loro Procuratore presso il Re, alla cui
Corte s’era recato nel 1606 e n’era ora appena tornato,
essendo salpato da Acapulco per Manila il 23 marzo
1611 (cf. MARTÍN FERNÁNDEZ DE NAVARRETE,
Disertación sobre la historia de la náutica, y de las ciencias
matemáticas que han contribuido a sus progresos entre los
españoles, Madrid, Impr. de la viuda de Calero, 1846, pp.
263-268). Per inciso, egli nel suddetto verbale della
Giunta Municipale di Manila (riportato integralmente
da J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., p. 33) viene
designato come “Padre Geronimo de los Rios”, il che
dimostra una scarsa accuratezza nel citare i nomi delle
persone, alla quale può ricondursi il fatto che nello stesso verbale si legge che la petizione fu presentata dal
Confratello “Fray Geronimo de Gamboa”, ossia con
Juan mutato anch’esso in Geronimo, il che lasciò perplesso il Maldonado, che lo commenta con ben due
pagine di ipotesi (Idem, pp. 34-35), per nulla sospettando che fu un ennesimo lapsus dell’estensore del verbale.
20) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., p. 34.
21) Su di lui, che fu il primo sacerdote secolare dell’arcidiocesi di Manila, cf. Ruperto C. SANTOS, Anales
Ecclesiasticos de Philipinas, 1574-1682, Manila, The
Roman Catholic Archbishop of Manila, 1994, vol. I,
pp. 53-55.
22) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 35-36;
sulle successive vicende del Convalescenziario cf.
Giuseppe MAGLIOZZI, Antiche vicende dei Fatebenefratelli
nelle Filippine (1611-1887), Roma, Centro Studi “San
Giovanni di Dio”, 1986, pp. 6 e 11. Quando l’occupazione inglese di Manila (1762-1764) fece radere al suolo
tutti gli edifici di Bagumbayan, i Fatebenefratelli trasferirono il Convalescenziario in un’isoletta del fiume Pasig,
per questo ancor oggi chiamata Isla de la Convalecencia,
nonostante che già dal 1895 l’antico Convalescenziario
di Sant’Andrea fu chiuso e l’edificio assegnato all’Ospizio
36
di San Giuseppe, tuttora gestito dalle Suore della Carità.
23) La statua di Nuestra Señora de Guía è tuttora veneratissima a Manila ed il Tempio, ricostruito varie volte
lungo i secoli, è stato il 3 dicembre 2005 proclamato
Santuario Arcidiocesano. Cf. Giuseppe MAGLIOZZI,
Sotto la guida di Maria, in «Vita Ospedaliera», LXI
(2006), 1, p. 23.
24) Cf. AGI, Filipinas, 80, Interrogatorio Informe al rey
sobre la situación de los enfermos en los Hospitales de
Indias por Fr. Juan de Gamboa, 14 de julio de 1615.
Ciudad de Manila.
25) Cf. E. H. BLAIR e J. A. ROBERTSON, op. cit, vol.
XVIII, p. 91, nota 21.
26) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, I Fatebenefratelli nell’assistenza sanitaria alle forze armate delle nazioni europee, in
«Il Melograno. Taccuino virtuale giovandiano», VIII,
26, 28 novembre 2006, pp. 3-4, 10-11 e 14-15.
27) Di lui sappiamo che aveva fondato nel 1596
l’Ospedale di Ocaña. Cf. Juan SANTOS, Cronología
Hospitalaria y Resumen Historial de la Sagrada Religión del
Glorioso Patriarca San Juan de Dios, vol. II, Madrid,
Orden Hospitalaria de San Juan de Dios, 1977, p. 181.
28) Cf. AGI, Contratación, 3016, Papeles Armada 1617.
29) Tale documento e relative annotazioni è riportato
sia in originale, sia in traduzione italiana, in Giuseppe
MAGLIOZZI, Fra Pietro Egiziaco e i Reali della casa
d’Austria, in «Il Melograno. Taccuino virtuale giovandiano», VIII, 27, 28 dicembre 2005, pp. 12-13.
30) Nel presente lavoro il termine ordinanza traduce il
termine spagnolo cedula, col quale erano designati i
decreti firmati dal Re in risposta a petizioni pervenutegli.
31) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., p. 24
32) Cf. E. H. BLAIR e J. A. ROBERTSON, op. cit, vol.
XVIII, p. 91, nota 21.
33) Per il testo dell’ordinanza all’arcivescovo e sua traduzione italiana, cf. G. MAGLIOZZI, Fra Pietro…cit, p.
14, poiché il Santos, nel tracciare le vicende
dell’Ordine nelle Filippine, trascrive l’ordinanza del
1617 al governatore, ma non quella all’arcivescovo. Si
noti che Santos suppone che tale ordinanza abbia
segnato l’inizio della nostra attività in questo lembo
d’Asia, per cui indica il 1618 quale anno di fondazione
dell’ospedale di Manila (cf. J. SANTOS, op. cit., vol. II,
pp. 587-591 e 700); Maldonado obiettò che dalla documentazione di Manila risultava che la flotta non v’era
mai arrivata e che i due frati che erano già lì, non avendo mai ottenuto l’autorizzazione regia, finirono per tornarsene in Messico (cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op.
cit., pp. 24-25), ma tutti gli altri autori hanno continuato fino ad oggi ad accettare l’erronea cronologia
proposta dal Santos.
34) Cf. AGI, Filipinas, 80.
35) Cf. AGI, Cámara, 139-3-3. T. VIII, f 68v 80.
36) Fu compilato nel 1965 da fra Juan Ciudad GÓMEZ
BUENO, basandosi su antichi manoscritti, che però cita
solo genericamente nell’introduzione, per cui è arduo
individuare la fonte di singoli dati.
37) Riguardo a questi ultimi, l’attuale Pontefice
Benedetto XVI già nella sua prima enciclica ha tenuto
a rimarcare che “l’esercizio della carità appartiene all’essenza della Chiesa tanto quanto l’annuncio del Vangelo”
(Enc. Deus caritas est, n. 22), concetto che ama spesso
ribadire nelle sue allocuzioni.
38) Cf. AGI, Filipinas, 74, riportata in inglese da John
N. SCHUMACHER, Readings in Philippine Church history,
Quezon City, Loyola School of Theology, 1987, pp.
153-154.
39) Cf. AGI, Filipinas, 340, L. 3, ff. 352v-353v.
40) Cf. AGI, Filipinas, 329, L. 3, Fols. 114v-115r. Tale
ordinanza fu fraintesa dal colonnello Clavijo (cf.
Salvador CLAVIJO Y CLAVIJO, La Orden Hospitalaria de
San Juan de Dios en la Marina de Guerra de España.
Presencia y nexo, Madrid, 1950, pp. 386-387) e tale
fraintendimento continua ad essere ripetuto dagli autori posteriori. Lo stile delle ordinanze prevedeva all’inizio un riassunto della petizione ed a seguire la decisione
regia, che poteva essere d’accoglimento o di rifiuto. In
questa ordinanza il riassunto elenca le carenze ospedaliere e suggerisce che vengano a risolverle i Fatebenefratelli, ma la parte dispositiva non fa alcun accenno ai
frati e dunque rifiuta che possano andarvi, mentre
Clavijo paradossalmente la interpreta come consenso
del Re all’invio dei frati.
41) Cf. AGI, Filipinas, 27. N. 136, Fols. 737r-738v.
42) Cf. AGI, Filipinas, 330, L. 4, Fols. 98r-101v.
43) Cf. AGI, Filipinas, 27, N. 235, Fols. 1260r-1354r.
44) Cf. E. H. BLAIR e J. A. ROBERTSON, op. cit, vol.
XXXV, pp. 289-290.
45) Cf. Gabriele RUSSOTTO, “San Giovanni di Dio e il
suo Ordine Ospedaliero”, Roma 1969, vol. II, p. 343.
y Padre de los Pobres S. Juan de Dios en su Provincia de S.
Raphael de las Islas Philipinas, Granada, Joseph de la
Puerta, 1742, pp. 46-47.
2) Cf. Emma Helen BLAIR e James Alexander
ROBERTSON, The Philippine Islands, 1493-1898,
Mandaluyong, Cachos Hermanos Inc, 1973, vol.
XXXV, p. 214, nota 58.
3) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 52-53.
4) Per il testo della patente cf. J. M. MALDONADO
PUGA, op. cit., pp. 42-45.
DE
5) Tale specifico Regolamento (contenuto in un Auto,
ossia un’ordinanza emanata per regia iniziativa) fu poi
riformulato dal Regio Consiglio delle Indie con Auto del
20 aprile 1652 (cf. Salvador CLAVIJO Y CLAVIJO, La Orden
Hospitalaria de San Juan de Dios en la Marina de Guerra de
España. Presencia y nexo, Madrid, 1950, pp. 282-283) e
confluì infine in una sorta di codice coloniale voluto da
Carlo II, la Recopilación de Leyes de los Reynos de las Indias,
la cui edizione principe fu stampata in 4 volumi a Madrid
nel 1681 da Julián de Paredes. Tutti gli articoli della
Recopilación riguardanti i Fatebenefratelli sono stati di
recente riprodotti in Solange ALBERRO, Apuntes para la
Historia de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios en la
Nueva España-México, 1604-2004, Città del Messico, El
Colegio de México, 2005, pp. 285-292.
6) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 55-56.
7) Idem, pp. 57-58.
8) Per il testo del decreto cf. Idem, pp. 73-77.
9) Cf. Gregorio F. ZAIDE, Documentary sources of
Philippine History, Manila, National Bookstore, 1990,
vol IV, p. 384, nota 2.
10) Era stimato come militare e come gentiluomo e
considerato onestissimo. Cf. E. H. BLAIR e J. A.
ROBERTSON, op. cit, vol. XXXVII, p. 212 e vol.
XXXVIII, p. 56.
11) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 67-69.
12) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., p. 210.
46) Era nativo del Messico ed era entrato dai
Fatebenefratelli di Città del Messico nel 1613, ad appena 15 anni. Fu assai intraprendente e durante il suo
superiorato, avendo alle sue dipendenze oltre 160 confratelli, fu in grado di aprire nuove Comunità non solo
nelle Filippine, ma anche in Guatemala, Honduras e
Nicaragua. Cf. L. ORTEGA LAZARO, op. cit., pp. 419-428.
13) Idem, p. 81.
47) Cf. L. ORTEGA LAZARO, op. cit., pp. 419-428.
17) Idem, pp. 81 e 210.
14) Idem, p. 42.
15) Sui legami di questo Santuario con i
Fatebenefratelli cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Sotto la guida
di Maria, in «Vita Ospedaliera», LXI (2006), 1, p. 23.
16) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 77-80.
18) Idem, p. 85.
Capitolo II. Un secondo più felice tentativo
19) Idem, p. 101.
1) Cf. Juan Manuel MALDONADO DE PUGA, Religiosa
Hospitalidad por los Hijos del Piadoso Coripheo Patriarcha
20) Diventerà poi Vicario Provinciale delle Filippine il 4
agosto 1662, conservando tale carica fino al 4 settembre
1666 (Idem, p. 196). La presenza di frati portoghesi nelle
37
Filippine si spiega col fatto che dal 1580 al 1640 i portoghesi divennero sudditi del Re di Spagna e come tali avevano facilità di stabilirsi nei domini coloniali spagnoli.
21) Idem, p. 102.
22) Cf. S. CLAVIJO Y CLAVIJO, op. cit., p. 173. Anche lo
Scodaniglio nella sua statistica del 1685 indica in 100
la disponibilità di letti nell’Ospedale di Manila (cf.
Marco Aurelio SCODANIGLIO, Tavola Cronologica della
Religione del B. Giovanni di Dio detta de’ Fate Ben Fratelli,
Roma, Mascardi, 1685, p. 14).
23) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 86-93.
24) Idem, p. 226.
25) Per il testo dell’ordinanza cf. Idem, pp. 100-101.
26) Cf. Joaquín MARTÍNEZ DE ZÚÑIGA, Status of the
Philippines in 1800, Manila, Filipiniana Book Guild,
1973, pp. 308 e 325.
27) La gente del posto mi ha raccontato che la collinetta sparì dopo la Seconda Guerra Mondiale: Manila
era stata terribilmente distrutta e per la riedificazione
dei suoi palazzi andò a ruba l’ottima pietra di costruzione di quella collinetta, che finì perciò totalmente
spianata.
Hospitalarios», a. 1979, n. 51, p. 46.
40) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., p. 151. Cf.
anche Giuseppe MAGLIOZZI, Mons. Camacho ed i
Fatebenefratelli di Manila, in «Il Melograno. Taccuino
virtuale giovandiano», V (18 settembre 2003), 10, p. 7.
41) Cf. J. C. GÓMEZ BUENO, op. cit., pp. 369-370.
42) Cf. Luis ORTEGA LAZARO, Para la Historia de la
Orden Hospitalaria de San Juan de Dios en
Hispanoamérica y Filipinas, Madrid, Fundación Juan
Ciudad, 1992, p. 673.
43) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Antiche vicende dei
Fatebenefratelli nelle Filippine (1611-1687), Roma,
Centro Studi “San Giovanni di Dio”, 1986, p. 27.
44) Cf. Michael J. CONNOLLY, Church lands and peasant
unrest in the Philippines, Manila, Ateneo de Manila
University Press, 1992, p. 128.
45) Cf. Martin J. NOONE, The Cultural Conflict. The Life
and Times of Michael O’Doherty, Archbishop of Manila,
Manila, Historical Conservation Society, 1989, p. 401.
Capitolo III. Generosi fino all’olocausto
28) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., p. 117.
29) In realtà aveva avuto un figlio, entrato dagli
Agostiniani ma morto appena neoprofesso nel 1631,
venendo sepolto nella Chiesa di Sant’Agostino in
Intramuros. Cf. Gaspare di Sant’Agostino CAÑELLAS
VALLEJO, Conquistas de las Islas Filipinas. 1565-1615,
Manila, San Agustín Museum, 1998, p. 956.
30) Cf. AGI, Filipinas, 45. Cf. anche Luis MERINO, El
Cabildo Secular: aspectos fundacionales y administrativos,
Manila, The Intramuros Administration, 1983, vol. I,
p. 151, nota 74 e p. 172.
31) Idem, p. 154, nota 83.
32) Per le sue generalità e titolo, cf. E. H. BLAIR e J. A.
ROBERTSON, op. cit, vol. XXIV, p. 312; vol. XXVI, p.
184; vol. XXVII, p. 48; vol. XXIX, p. 256; vol. XXXVI,
p. 48; e vol. XXXXVII, p. 175.
33) Cf. J. M. MALDONADO, op. cit., pp. 117 e 215.
34) Idem, p. 221.
35) Idem, p. 221.
36) Cf. Juan Ciudad GÓMEZ BUENO, Compendio de historia de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios,
Granada, Archivo Interprovincial, 1963, p. 307.
37) Cf. J. C. GÓMEZ BUENO, op. cit., pp. 289 e 307.
38) Cf. J. M. MALDONADO, op. cit., p. 198.
39) Cf. Filomena ZULUETA, Carta recibida del Hospital de
San Juan de Dios de Pasay, Filipinas, in «Boletín
Informativo San Juan de Dios Castilla - Hermanos
38
1) Il più importante omaggio artistico a questi tre martiri furono le 12 grandi tele oggi conservate a Granada
nel Museo de los Pisa e che furono dipinte in occasione dell’Esposizione Missionaria Nazionale organizzata a
Barcellona dalla Spagna nel 1929. Le tele furono pubblicate a colori in uno speciale album di cartoline
postali distaccabili (cf. VV. PP. Antonio de Santiago,
Lorenzo Gomez y Antonio Guemez, O.H. mártires por la
Santa Fé, en Filipinas, Barcelona, Orden Hospitalaria de
San Juan de Dios, 1929). Le scene descritte in queste
tele furono ispirate da un profilo biografico romanzato
dei tre martiri, scritto quello stesso anno dal Beato
Guglielmo G. Llop che, per inciso, riceverà poi anche
lui dal Signore la corona del martirio, venendo fucilato
il 28 novembre 1936 a Paracuellos del Jarama (Madrid)
durante la Guerra Civile Spagnola (cf. Guillermo LLOP,
Nuestros Mártires en Filipinas, in AA.VV., Labor
Hospitalario-Misionera de la Orden de San Juan de Dios en
el mundo, fuera de Europa, Madrid, Imp. del Asilo de
Huérfanos del S. C. de Jesús, 1929, pp. 111-129).
2) Nel 160° anniversario della sua morte gli fu dedicato un cortometraggio con il patrocinio della
Commissione Nazionale per la Cultura e l’Arte. Cf.
Giuseppe MAGLIOZZI, Un eroe nazionale, in «Vita
Ospedaliera», LVII (2002), 1, p. 23.
3) Il Necrologio delle Province Spagnole fu curato da fra
Juan Ciudad Gómez Bueno nel 1965 utilizzando gli
antichi registri conventuali delle Messe di suffragio.
4) Cf. Juan Manuel MALDONADO DE PUGA, Religiosa
Hospitalidad por los Hijos del Piadoso Coripheo Patriarcha
y Padre de los Pobres S. Juan de Dios en su Provincia de S.
Raphael de las Islas Philipinas, Granada, Joseph de la
Puerta, 1742, pp. 210-213.
5) Cf. J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 154-156.
6) Le tribù negre furono le prime ad insediarsi nelle
Filippine ed ancor oggi piccoli gruppi di Negritos,
attualmente designati come Aetas, sopravvivono nelle
zone montagnose, dove andarono rifugiandosi quando
le tribù malesi presero ad insediarsi nell’arcipelago.
7) In occasione del terzo centenario del martirio del
Venerabile Lorenzo Gómez la rivista ufficiale
dell’Arcidiocesi di Manila ne pubblicò un profilo biografico. Cf. Jose C. ABRIOL, Venerable Brother Lawrence
Gomez, in «Vademecum», XX (2002), 2, pp. 29-32.
8) Per il testo in tagalog della lapide cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, Dal Darro al Maasin, in «Il Melograno.
Taccuino virtuale giovandiano», VIII, 4 (25 marzo
2006), p. 21.
25) Questo parroco si chiamava padre Esteban Mena.
Cf. Idem, p. 100.
26) Alla sua tragica morte si è ispirato un moderno
romanzo spagnolo (cf. Pedro ORTIZ ARMENGOL, Pasyón
filipina del hermano Pule, Madrid, Otero Ediciones,
1971) ed è stata anche elaborata un’interpretazione
sociopolitica dell’episodio (cf. Reynaldo CLEMEÑA
ILETO, Pasyon and Revolution. Popular movements in the
Philippines, 1840-1910, Manila, Ateneo de Manila
University Press, 1989, pp. 29-63), ma per un’obiettiva
ricostruzione storica resta finora insuperabile lo studio
di una ricercatrice giapponese, fortunatamente disponibile anche in inglese: Setsuho IKEHATA, Popular
Catholicism in the Nineteenth-Century Philippines: The
case of the Cofradía de San José, in AA. VV., Reading
Southest Asia, Ithaca (New York), Cornell University,
1990, vol. 1, pp. 109-188.
Capitolo IV. Le premesse del terzo tentativo
9) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Festa di San Giovanni di
Dio, in «Vita Ospedaliera», LXI (2006), 4, p. 23.
10) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Un antico martire, in
«Vita Ospedaliera», LXI (2006), 6, p. 23.
11) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Il martirio del Venerabile
Fra Giovanni Antonio Guémez, in «Vita Ospedaliera»,
LXI (2006), 5, p. 15.
12) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Martire nelle Filippine, in
«Vita Ospedaliera», LVII (2002), 1, p. 10.
13) Tale Decreto Reale è riportato integralmente da J.
M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp. 226-227.
14) Anche il Decreto del Governatore è riportato integralmente da J. M. MALDONADO DE PUGA, op. cit., pp.
227-229.
15) Cf. Idem, p. 224.
1) Nel 1913 fu aperta nell’Ospedale una Scuola
Infermieri che negli ultimi decenni ha assunto tale
importanza che l’Ospedale è divenuto giuridicamente
un annesso della Scuola.
2) Fondato nel 1810 dal Governatore nella calle
Arroceros, quest’Ospizio fu nel 1847 trasferito in un
angolino dell’Isola e poi dal 1865 restò affidato alle
Figlie della Carità, che in seguito riuscirono ad annettervi l’intera area del nostro antico Convalescenziario.
Cf. Coylee GAMBOA, Hospicio de San Jose, Cradle of
hope. 200th Year Celebration, Manila, Hospicio de San
Jose, 2009, pp. 20-26; cf. anche Giuseppe MAGLIOZZI,
Bicentenario nell’Isola, in «Vita Ospedaliera», LXV
(2010), 1 p. 23..
20) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Rinverdendo la tradizione,
in «Vita Ospedaliera», LVII (2002), 6, p. 23; e
Giuseppe MAGLIOZZI, Dopo tre secoli, in «Vita
Ospedaliera», LIX (2004), 1, p. 16.
3) Cf. MISSUS [Felix Carlo DURST], I Fatebenefratelli
nelle Filippine. L’Ospedale San Giovanni di Dio a Manila,
in «Vita Ospedaliera», XIX (1964), 6, pp. 189-192.
Secondo l’uso tipico dei Fatebenefratelli del Messico e
che essi introdussero a Manila, al collo del Santo c’è un
lungo rosario che scende sullo scapolare, mentre in
Europa i frati usavano avvolgerlo alla cintura; in antico
i frati laici, non avendo ancora l’obbligo dell’Ufficio
Divino, utilizzavano tale catena non solo per il Rosario
ma anche per recitare a Pater Noster un equivalente
dell’Ufficio Divino.
21) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Il Venerabile Gómez, in
«Vita Ospedaliera». n. 4, aprile 2002, p. 23.
4) Cf. José CRUSET, Crónica Hospitalaria, Barcelona,
Editorial Hospitalaria, 1971, p. 137.
22) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Un eroe nazionale, in
«Vita Ospedaliera», LVII (2002), 1, p. 23
5) Fra Francis Joseph GILLEN nacque a Boston, nel
gruppo etnico irlandese di Charleston, il 14 luglio 1930
e fu ammesso ai Voti Semplici il 29 agosto 1948 ed ai
Solenni il 29 agosto 1954; fu nominato Maestro dei
Novizi nel 1959, ma ne fu poi chiesto il trasferimento a
Roma, che fra Alfonso M. Gauthier accordò provvisoriamente il 16 maggio 1973 e confermò il 10 gennaio 1976.
16) Cf. Idem, pp. 229-230.
17) Cf. Idem, p. 229.
18) Cf. Ibidem.
19) Cf. Idem, p. 225.
23) Cf. J. M. MALDONADO
170.
DE
PUGA, op. cit., pp. 169-
24) Cf. Leandro TORMO SANZ, Lucban, Manila,
Historical Conservation Society, 1971, pp. 99-100.
39
6) Cf. Pietro CICINELLI, Filippine. Un viaggio e tante speranze, in «Vita Ospedaliera», XLII (1987), 5, pp. 74-76.
7) Cf. Ingresso in Noviziato, in «Vita Ospedaliera», LXII
(1987), 10, pp. 150-151.
8) Cf. Luisandro CANESTRINI, Isola Tiberina. Un affettuoso commiato, in «Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 1,
p. 10.
9) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Il ritorno dei Fatebenefratelli
nelle Filippine, in «Newsletter. Notiziario virtuale filippino», I, 1, 25 febbraio 1988, p. 4.
10) Cf. Nella pace del Signore, in «Vita Ospedaliera»,
LXIII (1988), 1, p. 14.
11) Cf. G. ROMANO [Giuseppe MAGLIOZZI], Con la benedizione del Papa, in «Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 1,
p. 3; cf. anche Giuseppe MAGLIOZZI, 15 anni nelle
Filippine, in «Vita Ospedaliera», LVIII (2003), 3, p. 23.
12) Fra Pietro scelse intenzionalmente quella data, sia
per porre la nuova fondazione sotto gli auspici della
Madonna di Lourdes, sia perché era il mio anniversario
di Professione Religiosa. Rievocando quel dettaglio, su
un pinnacolo al confine della nostra proprietà di
Quiapo e fronteggiante la Cappella fu collocata nel
2006 una statua della Madonna di Lourdes, che l’l1 febbraio l’arcivescovo di Manila, venuto a consacrare l’altare della Cappella, benedisse al termine della Messa.
13) Nelle Filippine non ci sono restrizioni al riconoscimento civile degli Enti Religiosi.
liera», XLIII (1988), 4, pp. 58-59); ed il seguente 11
maggio solo l’immediato arrivo dei pompieri riuscì a
bloccare un principio d’incendio nel nostro edificio su
strada, causato dall’imprudenza dei nostri operai (cf.
Giuseppe MAGLIOZZI, Squilla la nuova campana, in «Vita
Ospedaliera», XLIII (1988), 6, pp. 112-113).
4) Col passare degli anni anche le nuove travi furono
attaccate dalle termiti, che agiscono in modo subdolo,
consumando solo la parte interna, finché d’improvviso
il trave, ormai ridotto ad un guscio, cede; anche se
usammo verificare periodicamente con degli spunzoni
l’integrità interna dei travi e sostituire quelli eventualmente attaccati, a volte solo circostanze provvidenziali
ci permisero di scoprire in tempo il danno e scongiurare crolli (cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Grazie ai gattini, in
«Vita Ospedaliera», LXI (2006), 6, p. 23). Per inciso,
tentammo invano d’eliminare le termiti con delle
esche, purtroppo risultate inefficaci.
5) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Inizia l’anno scolastico, in
«Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 8-9, p. 149.
6) Cf. Luisandro CANESTRINI, Notiziario Filippino, in
«Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 10, p. 182.
7) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», I, 10, 28 agosto 1988, p. 22. Quando
nel 2008 lasciammo l’edificio, la statuetta fu trasferita
ad Amadeo nella nostra Scuola per Disabili, poiché è
intitolata a San Raffaele; ed una fedele replica di assai
maggior dimensioni fu collocata nel giardinetto interno
della Scuola.
14) Era un villino contrassegnato col n. 19.969 e sito
in Almond Street; aveva solo il pianterreno e comprendeva una Cappella, un piccolo Ufficio, un
Refettorio, una Cucina, due Servizi ed uno spiazzaletto
interno per parcheggiarvi l’auto. Cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario virtuale filippino», I, 2, 8 marzo 1988, p. 5.
8) Cf. Juan Manuel MALDONADO DE PUGA, Religiosa
Hospitalidad por los Hijos del Piadoso Coripheo Patriarcha
y Padre de los Pobres S. Juan de Dios en su Provincia de S.
Raphael de las Islas Philipinas, Granada, Joseph de la
Puerta, 1742.
Capitolo V. Altri semina, altri raccoglie
10) Oltre a celebrare il 26 aprile, mons. Abriol ci donò
una campana per la Cappella. Cf. Giuseppe MAGLIOZZI,
Squilla la nuova campana, in «Vita Ospedaliera», XLIII
(1988), 6, pp. 112-113.
1) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Obiettivo squatters, in
«Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 2, p. 27.
2) Ci fu dato in fitto gratuito per vent’anni. Quando lo
lasciammo, l’Arcidiocesi lo dette in uso all’Ordine di
Malta, che nell’agosto 2009 lo demolì, sostituendolo
con costruzioni interamente in cemento. Cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, I primi vent’anni, in «Vita Ospedaliera»,
LXIV (2009), 9, p. 23.
3) Appena pochi giorni dopo il nostro insediamento in
Quiapo il fuoco distrusse completamente il 15 aprile un
intero isolato a pochi metri da noi ed avrebbe certamente distrutto anche il nostro edificio se non fossimo
stati provvidenzialmente sottovento (cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, Si muovono i primi passi, in «Vita Ospeda40
9) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Natale a Manila.
Precedenza all’ultimogenita, in «Vita Ospedaliera», XLIV
(1989), 1, pp. 3-4.
11) L’edicola fu inaugurata il 26 aprile 2007. Cf.
Giuseppe MAGLIOZZI, Nuova edicola mariana, in «Vita
Ospedaliera», LII (2007), 5, p. 23.
12) Cf. G. MAGLIOZZI, Natale…cit., p. 4.
13) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter.
Notiziario virtuale filippino», II, 3, 8 marzo 1989, p. 5.
14) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter.
Notiziario virtuale filippino», II, 4, 9 aprile 1989, p. 7.
15) Cf. Luisandro CANESTRINI, Notiziario Filippino, in
«Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 10, p. 182.
16) Cf. Luisandro CANESTRINI, Notiziario Filippino, in
«Vita Ospedaliera», XLIV (1989), 10, p. 158.
Ospedaliera», LVIII (2003), 10, p. 23.
17) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter.
Notiziario virtuale filippino», II, 4, 9 aprile 1989, p. 8.
9) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Eroe nazionale, in «Vita
Ospedaliera», LIX (2004), 9, p. 23.
18) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 5, 12 maggio 1989, p. 10.
10) Cf. Luisandro CANESTRINI, Un Day-Hospital nel
quartiere di Quiapo. Manila - Filippine, in «Vita
Ospedaliera», XLVII (1992), 7-8, p. 12.
19) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 9, 21 settembre 1989, p. 18.
20) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 6, 21 giugno 1989, p. 11.
21) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 9, 21 settembre 1989, p. 17.
22) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 6, 21 giugno 1989, p. 11.
23) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 9, 21 settembre 1989, p. 17.
24) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 10, 24 ottobre 1989, p. 19.
25) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», II, 11, 24 settembre 1988, p. 26.
Capitolo VI. Il Dispensario antitubercolare
1) Per una succinta biografia del Santo, cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, “Vedere sempre Gesù nei miei ammalati”.
Con questo programma un medico dei nostri tempi arrivò a
farsi santo. L’esperienza del dr. Pampuri, medico e santo
(1897-1930), Ed. BIOS, Roma 1995.
11) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Il futuro Ambulatorio di
Quiapo, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 3, p. 15.
12) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, La prima pietra del nuovo
Ambulatorio, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 5,
p. 13.
13) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, La Professione Solenne di
fra Leone Ichon, in «Vita Ospedaliera», LIII (1998), 1,
pp. 14-15.
14) Questo il testo dell’iscrizione: THE SAN JUAN
DE DIOS CENTER // IS A PROJECT OF THE //
GRANADA EDUCATIONAL FOUNDATION,
INC. // PROMOTED BY THE ITALIAN ORGANIZATION AFMAL // WITH THE COOPERATION
OF THE // ROMAN PROVINCE OF THE HOSPITALLER BROTHERS // AND THE ITALIAN
DEPARTMENT OF FOREIGN AFFAIRS // AND
FORMALLY INAUGURATED // ON NOVEMBER
17TH, 1997 BY // HER EXCELLENCY GRAZIELLA
SIMBOLOTTI // ITALIAN AMBASSADOR TO
THE PHILIPPINES // AND BLESSED BY // HIS
EMINENCE JAIME CARD. L. SIN // ARCHBISHOP OF MANILA
Capitolo VII. La Casa di Noviziato
2) Grazie ad un nuovo miracolo, Pampuri fu proclamato Santo nel 1989 e fu il dr. Saturay a rappresentare le
Filippine nella cerimonia in Piazza San Pietro. Cf.
Luisandro CANESTRINI, Notiziario Filippino, in «Vita
Ospedaliera», XLIV (1989), 12, p. 190.
3) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, in «Newsletter. Notiziario
virtuale filippino», I, 4, 23 aprile 1988, pp. 9-10.
1) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Ogni chicco una bandiera,
in «Vita Ospedaliera», XLV (1990), 3, p. 14.
2) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Un rampollo dei Savoia, in
«Vita Ospedaliera», LVI (2001), 3, p. 23.
4) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Torna a fiorire il melograno,
in «Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 8-9, pp. 159-160.
3) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Una sede per il Noviziato, in
«Newsletter. Notiziario virtuale filippino», III, 4, 24
aprile 1990, pp. 7-8.
5) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Filippine. Di TBC si muore
ancora, in «Vita Ospedaliera», XLIII (1988), 12, pp.
205-206.
4) Cf. Luisandro CANESTRINI, Una sede per il Noviziato,
in «Vita Ospedaliera», XLV (1990), 5, p. 10.
6) Questo schema era stato concordato fin dal novembre 2000 in un vertice tenuto al Cairo ed al quale parteciparono le 22 nazioni con maggior incidenza della
tubercolosi. Cf. Fighting TB – Forging Ahead. Overwiew
of the Stop TB Special Project in the Western Pacific
Region, Manila, WHO Western Pacific Regional
Office, 2002, p. 14.
6) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Trasferimento del Noviziato
“San Riccardo Pampuri”, in «Newsletter. Notiziario virtuale filippino», III, 7, 2 luglio 1990, pp. 13-14.
7) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Un impegno esemplare, in
«Vita Ospedaliera», LV (2000), 12, p. 23.
8) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Dopo due secoli d’attesa, in
«Vita Ospedaliera», XLV (1990), 11, p. 9.
8) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Quindici anni, in «Vita
9) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Prima Professione ad
5) Cf. Luisandro CANESTRINI, Il punto, in «Vita
Ospedaliera», XLV (1990), 6, p. 15.
7) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Ritorno in patria, in «Vita
Ospedaliera», XLV (1990), 8-9, p. 15.
41
Amadeo, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 1, p. 13.
10) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Tre Novizi ammessi alla Professione, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 7-8, p. 5.
11) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Da un Michele all’altro, in
«Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 2, p. 15.
12) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Commiati e visi nuovi, in
«Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 9, p. 11; cf. anche
Giuseppe MAGLIOZZI, Visite e partenze, in «Vita
Ospedaliera», XLIX (1994), 4, p. 15.
13) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Inaugurazione ad Amadeo,
in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 9, p. 4.
14) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, La prima pietra del
Noviziato, in «Vita Ospedaliera», XLVI(1991), 6, p. 15.
15) L’arch. Cancio, prodigatasi gratis ad Amadeo, vi
ricevette nel 1992 da fra Brian l’affiliazione all’Ordine.
Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, L’arch. Cancio affiliata
all’Ordine, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 7-8,
p. 5.
28) Cf. G. ROMANO [Giuseppe MAGLIOZZI], Autorizzazione regionale, in «Vita Ospedaliera», LII (1997), 12,
p. 23.
29) Cf. G. ROMANO [Giuseppe MAGLIOZZI], Traguardi
insperati, in «Vita Ospedaliera», LII (1997), 11, p. 22.
30) Cf. G. ROMANO [Giuseppe MAGLIOZZI], Ora anche
Kim, in «Vita Ospedaliera», LIV (1999), 3, p. 23.
31) Cf. G. ROMANO [Giuseppe MAGLIOZZI], Tirocinio in
Australia, in «Vita Ospedaliera», LIII (1998), 5, p. 22.
32) Cf. G. ROMANO [Giuseppe MAGLIOZZI], Riconoscimento Ministeriale, in «Vita Ospedaliera», LIII (1998),
10, p. 23.
33) Cf. G. ROMANO [Giuseppe MAGLIOZZI], Festa del
Fondatore, in «Vita Ospedaliera», LIV (1999), 4, p. 23.
34) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Finalmente, in «Vita
Ospedaliera», LXIII (2007), 3, p. 23.
35) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Scuola San Raffaele, in
«Vita Ospedaliera», LXV (2010), 4, p. 23.
16) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Aperto il Prenoviziato, in
«Vita Ospedaliera», LI (1996), 6, p. 11.
Capitolo VIII. La Casa dello Scolasticato
17) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Le Filippine erette in
Delegazione, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 12,
p. 15; cf. anche Giuseppe MAGLIOZZI, Gemellaggio siculo, in «Vita Ospedaliera», XLVIII (1993), 2, p. 13.
1) Cf. Luisandro CANESTRINI, Il punto, in «Vita
Ospedaliera», XLIV (1989), 10, p. 158.
18) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Infine un filippino, in
«Vita Ospedaliera», LXII (2007), 4, p. 23.
2) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Arrivi e partenze, in «Vita
Ospedaliera», L (1995), 5, p. 5.
19) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Inaugurazione della
Cappella, in «Vita Ospedaliera», XLIX (1994), 6, p. 1213.
3) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Aperto il Noviziato nelle
Filippine, in «Newsletter. Notiziario virtuale filippino»,
III, 5, 20 maggio 1990, p. 10.
20) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, In memoria dei nostri martiri, in «Newsletter. Notiziario virtuale filippino», VII,
8, 15 agosto 1994, p. 16.
4) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Scolasticato Beato Menni,
in «Vita Ospedaliera», XLVIII (1993), 3, p. 15.
21) Per foto e commento di questi dipinti cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, Carisma ospedaliero ed arte filippina in 20
anni di presenza dei Fatebenefratelli nell’arcipelago, in
calendario murale 2008 allegato a «Vita Ospedaliera»,
LXII (2007), 12.
5) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Scolasticato Beato Menni,
in «Vita Ospedaliera», XLV (1990), 10, p. 11.
6) Cf. F.G.M. [Giuseppe MAGLIOZZI], Dopo due secoli
d’attesa, in «Vita Ospedaliera», XLV (1990), 11, p. 9.
7) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Prima Professione ad
Amadeo, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 1, p. 13.
22) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Ammissione ai Voti, in
«Vita Ospedaliera», LV (2000), 7-8, p. 23.
8) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Tre Novizi ammessi alla Professione, in «Vita Ospedaliera», XLVII (1992), 7-8, p. 5.
23) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Arrivi e partenze, in «Vita
Ospedaliera», L (1995), 5, p. 5.
9) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Per la prima
volta, in «Vita Ospedaliera», LII (1997), 2, p. 4.
24) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, L’albero fiammeggiante, in
«Vita Ospedaliera», L (1995), 7-8, p. 16.
10) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Professione
Solenne, in «Vita Ospedaliera», LV (2000), 9 p. 23.
25) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Giubileo sacerdotale, in
«Vita Ospedaliera», LI (1996), 9, p. 10.
11) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, 10 anni con i paraplegici,
in «Vita Ospedaliera», LXI (2006), 12, p. 23.
26) Cf. Francesco PERROTTA, “Bahay” San Rafael, in
«Vita Ospedaliera», LI (1996), 9, p. 6.
12) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Nuovo lotto,
in «Vita Ospedaliera», LVI(2001), 3 p. 23.
27) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Giubileo sacerdotale, in
«Vita Ospedaliera», LI (1996), 12, p. 5.
13) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Demolizione dello
Scolasticato, in «Vita Ospedaliera», LX (2005), 4, p. 23.
42
14) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Evacuati gli Scolastici, in
«Vita Ospedaliera», LX (2005), 2, p. 22.
34) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Poliambulatorio, in «Vita Ospedaliera», LIV (1999), 7-8, p. 23.
15) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Nuova Cappella, in «Vita
Ospedaliera», LX (2005), 11, p. 23.
35) Per i dati statistici sulla presente attività del nostro
Poliambulatorio gratuito di Manila, cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, Un anno in cifre, in «Vita Ospedaliera»,
LXVI (2011), 2, p. 23.
16) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Nuova Cappella a Manila,
in «Vita Ospedaliera», LXI (2006), 2, p. 23.
17) Di quella sua investitura e specie della sua presa di
possesso del titolo della Parrocchia romana del Nome
di Maria il cardinale ci confidò vari dettagli quando ci
ricevette nel suo ufficio il 5 maggio 2007. Cf. Giuseppe
MAGLIOZZI, Prima visita provincializia, in «Vita
Ospedaliera», LXII (2007), 7-8, p. 23.
18) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Pagine Juandediane,
Roma, Centro Studi “San Giovanni di Dio”, 1992, pp.
20 e 283-287.
19) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Il Venerabile Gomez, in
«Vita Ospedaliera», LVII (2002), 4, p. 23; e Giuseppe
MAGLIOZZI, Un antico Martire, in «Vita Ospedaliera»,
LXI (2006), 6, p. 23.
20) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Lavori, in «Vita
Ospedaliera», LX (2005), 10, p. 23.
21) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, San Benedetto Menni, in
«Vita Ospedaliera», LXI (2006), 5, p. 23.
22) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Il volto asiatico dell’Ospitalità, in «Vita Ospedaliera», LIX (2004), 1, pp. 4-5.
36) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, In difesa della vita, in
«Vita Ospedaliera», LI (1996), 6, p. 11.
37) In maniera informale il gruppo aveva cominciato
sin dal 1996 a riunirsi e ad organizzare attività. Cf.
Giuseppe MAGLIOZZI, Nonnette indomite, in
«Newsletter. Notiziario virtuale filippino», X, 3, 25
marzo 1997, p. 5.
38) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Sordi e sordastri, in «Vita
Ospedaliera», LI (1996), 9, p. 10.
39) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Riconoscimenti ministeriali, in «Vita Ospedaliera», LIV (1999),
10, p. 22.
40) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Educazione precoce, in «Vita Ospedaliera», LII (1997), 3, p. 13.
41) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Migliorare la
soglia uditiva, in «Vita Ospedaliera», LIV (1999), 2, p. 23.
42) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, L’AFMaL e le Filippine, in «Vita Ospedaliera», LXVI (2011), 1, p. 23.
23) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Miniretablo, in «Vita
Ospedaliera», LXIII (2008), 2, p. 23.
24) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Nuovo ritratto, in «Vita
Ospedaliera», LXIII (2008), 3, p. 23.
25) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, San Benedetto Menni proclamato a Taytay Patrono Diocesano del Volontariato, in
«Vita Ospedaliera», LVIII (2003), 11, p. 15.
26) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Nuovi Uffici e Servizi, in
«Vita Ospedaliera», LXI (2006), 9, p. 23.
27) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Le Suore di Leuca, in
«Vita Ospedaliera», LI (1996), 7-8, p. 7.
28) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, 18 anni con i poveri, in
«Vita Ospedaliera», LXI (2006), 10, p. 23.
29) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Nuova edicola mariana, in
«Vita Ospedaliera», LXII (2007), 5, p. 23.
30) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Madonna del Patrocinio,
in «Vita Ospedaliera», LXV (2010), 12, p. 23.
31) Cf. Giuseppe MAGLIOZZI, Gabinetto dentistico, in
«Newsletter. Notiziario virtuale filippino», XIII, 4, 26
aprile 2000, p. 8.
32) Giuseppe MAGLIOZZI, Tornare a vedere, in «Vita
Ospedaliera», LXI (2006), 1, p. 23.
33) Cf. G. Romano [Giuseppe MAGLIOZZI], Poliambulatorio, in «Vita Ospedaliera», LIII (1998), 2, p. 17.
Quadro della nostra Chiesa di Amadeo raffigurante la Madonna del
Patrocinio, Titolare della Delegazione Provinciale delle Filippine.
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7 VII 1606:
l’arcidiocesi di Manila chiede al re Filippo III d’affidare ai Fatebenefratelli l’Ospedale Reale
di Manila.
24 IX 1607:
in risposta, il Consiglio delle Indie chiede a fra Pietro Egiziaco d’inviare 4 frati a Manila.
23 III 1611:
fra Juan de Gamboa e fra Luca de los Angeles partono da Acapulco per Manila.
20 VI 1611:
i due frati sbarcano a Manila.
16 VIII 1611: la Giunta di Manila rifiuta d’affidare un ospedale ai due frati, ma il vescovo cede loro una
casetta dove aprono un Convalescenziario, in attesa che Filippo III accolga il loro ricorso.
14 VII 1615: non giungendo risposta al ricorso, fra Juan de Gamboa lo rinnova, accludendo dichiarazioni giurate favorevoli.
1° II 1617:
Ordinanza di Filippo III per l’affidamento degli Ospedali nelle Filippine ai Fatebenefratelli
presenti nella flotta di soccorso destinata a Manil, dove però mai arrivò.
13 VII 1621: fra Juan de Gamboa, persa la speranza di veder accolto il suo ricorso, chiede di tornare in
Messico, dove lui e fra Luca riapprodarono nel 1626.
25 II 1641:
permesso del viceré del Messico a fra Andrea de San Joseph Rebollo ed a fra Antonio de
Santiago d’imbarcarsi ad Acapulco per Manila.
30 I 1642:
viene affidato ai due frati l’Ospedale di Cavite.
16 IX 1644:
I Fatebenefratelli riaprono a Manila l’antico Convalescenziario, il che permise al Capitolo
Provinciale del Messico di erigere le due Case a Vice Provincia.
31 V 1656:
viene affidato ai Fatebenefratelli un Ospedale in Intramuros, dove restano fino al 29 agosto
1866.
24 II 1703:
San Giovanni di Dio incluso tra i Santi Patroni dell’Arcidiocesi di Manila.
4 XI 1841:
fucilazione di fra Apollinario de la Cruz, oggi additato come eroe nazionale.
Fine 1888:
s’interrompe la presenza dei Fatebenefratelli nelle Filippine con la morte a Cavite dell’ultimo frate, fra Manuel Peña.
31 III 1988:
ritorno dei Fatebenefratelli a Manila in un edificio di Quiapo, prestatoci per vent’anni
dall’Arcidiocesi.
21 IX 1988:
apertura a Manila di un Dispensario Antitubercolare, poi ampliato in Poliambulatorio.
29 VI 1990:
apertura ad Amadeo (Cavite) della Casa di Noviziato.
30 X 1992:
le due Case erette in Delegazione Provinciale.
15 VI 1996:
apertura ad Amadeo dell’Orfanotrofio per Disabili.
15 VII 1996: apertura a Manila della Scuola per l’Infanzia Audiolesa.
15 VII 2008: apertura ad Amadeo della Scuola per l’Infanzia Disabile.
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er celebrare il IV Centenario del primo arrivo dei
Fatebenefratelli a Manila è stata commissionata
al pittore Eladio S. Santos una tela che raffigurasse lo sbarco nelle Filippine di fra Juan de Gamboa e
di fra Luca de los Angeles il 20 giugno 1611.
Sappiamo dalle fonti che fra Juan era “piccolo di statura, ma gran cristiano”, sicché fedelmente l’artista ha raffigurato uno dei due frati abbastanza più basso dell’altro. I Fatebenefratelli a quell’epoca portavano al collo
un grosso rosario, come ben si vede nei superstiti quadri
dei nostri antichi Ospedali messicani, specie in quello
di Zacatecas, ma come spicca nitidamente anche nell’acquerello dipinto a Manila nel 1847 e che è qui riprodotto all’inizio del capitolo 1. Tale rosario, che vediamo
al collo dei due pionieri nelle Filippine, era usato non
P
solo per pregare la Madonna, ma anche per recitare a
Pater noster l’Ufficio Divino.
Accanto ai due frati si vedono i bagagli, che per i passeggeri ammessi a viaggiare nel galeone dovevano limitarsi ad un pagliericcio ed a due cassette misuranti non
più di una spanna di lunghezza, 18 pollici di larghezza e
15 di profondità.
A quel tempo nella Baia di Manila non esistevano
moli d’attracco per i galeoni, che pertanto restavano
ancorati ad una certa distanza dalla riva ed erano le barchette a fare da spola. L’artista per riprodurre con accuratezza il veliero ha avuto la fortuna di visitare una
replica in scala perfetta di un galeone del Seicento, che
era stato costruito per partecipare nel luglio 2010 alla
fiera di Shangai e che poi in ottobre sostò a Manila.
Nel quadro fra Juan indica il galeone, chiedendosi se
avrebbe tornato a viaggiarvi. I galeoni ancora per due
secoli, ossia fino al 1811, rappresentarono il solo mezzo
di collegamento con la madrepatria e, in effetti, lui e fra
Luca dovettero rassegnarsi a dovercisi imbarcare di
nuovo, facendo con esso ritorno in Messico nel 1626.
Ma era volere di Dio che altri frati avrebbero ricominciato l’impresa.
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I Fatebenefratelli nelle Filippine