A
Raffaella Calamini
Il Duomo di Massa Marittima
Presentazione di Valerio Perna
Prefazione di Guido Tigler
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 
Desidero ringraziare per i suoi insegnamenti, dispensati con incessante fiducia e
disponibilità, il mio professore Guido Tigler; per i preziosi consigli Riccardo
Belcari, Fulvio Cervini, Andrea De Marchi, Saverio Lomartire e Carlo Tosco; per
avermi assistito nelle ricerche storiche, archivistiche e bibliografiche, nella
campagna fotografica, nell’impaginazione e nella pubblicazione di questo lavoro
Bianca Maria Aranguren, Luana Berrettini, Giovanna Bianchi, Giulia Bucci,
Gianluca Camerini, Serena Di Grazia, Giulia Galeotti, Giovanni Giura, Giovanni
Mariano, Matteo Mazzalupi, Lorenzo Marasco, Marco Paperini, Valerio Perna,
Roberta Pieraccioli, Dóra Sallay, Gianna Tinacci, don Sergio Trespi e Emanuele
Zappasodi.
A E.Z.
Le abbreviazioni nel testo andranno sciolte nel seguente modo:
ACM = Archivio Comunale di Massa Marittima
ASF = Archivio di Stato di Firenze
ASS = Archivio di Stato di Siena
AVM = Archivio Vescovile di Massa Marittima
SBAPSI = Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province
di Siena e Grosseto
SBSAE = Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Siena e
Grosseto
Crediti fotografici:
Riccardo Belcari (255, 257, 259)
Photothek des Kunsthistorischen Instituts in Florenz (325, 376, 377, 400, 401, 417,
423, 437)
Comune di Volterra (312)
L’autrice è a disposizione per gli eventuali aventi diritto che non è stato possibile
verificare e contattare.
Indice
11
Presentazione
13
Prefazione
17
Capitolo I
Profilo storico
1.1. Populonia: la prima sede diocesana, 17 – 1.2. Il trasferimento della
sede episcopale a Suvereto, 27 – 1.3. La sede definitiva: Massa Marittima,
30
49
Capitolo II
Il Duomo di San Cerbone
2.1. Letteratura critica, 49 – 2.2. I precedenti, 53 – 2.3. Descrizione
dell’edificio, 57
147
Capitolo III
La fase romanica
3.1. La prima fase, 147 – 3.2. Il portale, 161 – 3.3. La seconda fase, 174 –
3.4. La differente decorazione dei fianchi, 187 – 3.5. La terminazione, la
copertura e il presbiterio rialzato dell’antica chiesa, 191 – 3.6. L’arredo
interno, 200 – 3.7. Conclusioni, 222
10
267
Indice
Capitolo IV
La cattedrale nel Duecento e all’inizio del Trecento
4.1. Gli interventi precedenti l’ampliamento della cattedrale, 267 – 4.2. La
fase gotica, 279
351
Capitolo V
Gli interventi trecenteschi e quattrocenteschi
5.1. La decorazione pittorica, 351 – 5.2. L’apparato scultoreo, 375 – 5.3.
Le vetrate, 380 – 5.4. Le oreficerie, 383
413
Capitolo VI
Gli interventi dal Cinquecento ad oggi
427
Appendice I
Le opere nella cattedrale: schede
459
Appendice II
Le opere dalla cattedrale nel Museo d’Arte Sacra: schede
473
Bibliografia
Presentazione
Il “Centro Studi per il Territorio” opera nell’ambito dei Comuni
appartenenti alla diocesi di Massa Marittima e di Piombino, che è
divisa dai confini provinciali, ma costituisce un insieme omogeneo
sotto l’aspetto geografico e sociale. L’idea di dotare questo territorio
di una propria banca di credito cooperativo si è rivelata un’iniziativa
irta di ostacoli. Non per questo il Comitato promotore, ora Centro
Studi, ha rinunciato alla sua missione: quella di occuparsi dell’identità
dei comuni costieri di Piombino e Follonica, e di quelli interni di
Campiglia Marittima, Suvereto, Massa Marittima, tanto per citare i
maggiori.
L’identità di una popolazione è caratterizzata dal comune
sentimento. Inizia dalle vicende storiche, religiose, sociali, e prosegue
con la vocazione economica, fino a sviluppare un atteggiamento
culturale condiviso e ben radicato. Nel nostro caso, è opinione diffusa
che lo sviluppo di questo processo identitario abbia subito un pesante
condizionamento dall’industrializzazione novecentesca di Piombino e
Follonica e dalla conseguente crescita demografica di questi due
comuni a danno dei comuni collinari, dove, di contro, si è mantenuta
la continuità del senso di appartenenza. Ora che la crisi della grande
industria è giunta al suo compimento, la cesura provocata dalla
parentesi novecentesca si andrà a poco a poco diluendo per favorire il
ritorno delle tendenze uniformi di lungo periodo.
Il contributo del Centro Studi alla pubblicazione della tesi di
dottorato di Raffaella Calamini si inquadra in questo processo di
attenzione e valorizzazione delle fonti della cultura locale. Quale
migliore occasione, quindi, per porre in evidenza il percorso storico di
12
Presentazione
una “perla” come il Duomo di San Cerbone a Massa Marittima! Il
Duomo è stato il centro di irradiazione dell’attività diocesana a partire
dalle origini nel V secolo D.C., e mantiene tutt’oggi il suo ruolo con
grande autorevolezza.
Le iniziative del Centro Studi intendono porre in evidenza il ruolo
della Banca CRAS e delle sue sedi di Follonica e Massa Marittima,
che hanno surrogato l’assenza di una Banca di Credito cooperativo
originata in questo territorio. Questa intesa ha generato la presente
iniziativa e sarà foriera di prossime edizioni, che sono già allo studio
in questa seconda parte del 2014.
In occasione di questa pubblicazione, i soci fondatori Sergio
Ballati, Doriano Destri, Alessandro Giuliani, Mario Lari, Daniele
Mormina, Valerio Perna, Giorgio Testini, ricordano la figura di Eros
Rossi che ha condiviso il nostro percorso fin dal suo inizio nel 1997.
Valerio Perna
Presidente del Centro Studi per il Territorio
Prefazione
Fortuna e sfortuna critica di una cattedrale medievale
La monografia sul Duomo di Massa Marittima nel Medioevo che
ho l’onore e il piacere di presentare, e che corrisponde – salvo qualche
ovvio taglio e qualche sintetizzazione imposta da ragioni di spazio –
alla tesi di dottorato elaborato dall’autrice fra 2011 e 2013 (Università
di Firenze, tutore il sottoscritto), colma una vistosa lacuna
bibliografica, dal momento che, incredibile dictu, non solo non
esisteva fino ad ora alcun libro, scientifico o divulgativo, bello o
brutto, interamente dedicato a tale importante cattedrale del
Medioevo, ma essa non era stata fatta oggetto neppure di una guida, a
prescindere dall’opuscolo di Arturo Arus (1884), che getta luce sugli
interventi del tempo. È vero che il Duomo ed il suo arredo artistico,
che comprende capolavori giustamente famosi, si è trovato ad essere
naturalmente al centro delle attenzioni degli studiosi che hanno
trattato della storia e dell’arte a Massa Marittima (gli eruditi locali
Luigi Petrocchi ed Enrico Lombardi, rispettivamente nel 1900 e negli
anni 1966, 1975 e 1985, e lo storico dell’arte Enzo Carli nel 1976), ma
esso non è mai stato analizzato in tutti i suoi aspetti, come adesso fa
Raffaella Calamini, cosa del resto avvenuta in modo appropriato solo
per tre cattedrali toscani del Medioevo, quelle di Pisa, Siena e Firenze
(appena ci si sposta verso Arezzo oppure verso Prato, Pistoia e Lucca
la situazione diventa drammatica).
L’isolamento della pittoresca ex città maremmana, che tanto
contribuisce al suo fascino anche turistico, ha quindi comportato una
grave emarginazione sul piano degli studi, almeno per quanto
14
Prefazione
concerne la percezione del monumento nel suo insieme, un po’ come
avviene nella stessa provincia grossetana per il Duomo di Sovana,
certo molto meno ricco di opere d’arte ma non meno problematico dal
punto di vista delle vicende costruttive. Eppure non sono mancanti, né
poteva essere altrimenti, studi illuminanti su singoli artisti o opere
d’arte del Duomo, che hanno gettato luce sulle due tappe della vita
artistica del complesso: quella romanica, legata a Pisa (e in minor
misura anche a Lucca), includente pure problematici apporti padani; e
quella gotica legata al cantiere del Duomo di Siena e al suo
caputmagister Giovanni Pisano, attivo a Massa dal 1287, come
informa una discussa epigrafe. Fra gli studi più meritori ricordo quelli
di Riccardo Belcari nel contesto romanico “tirrenico” e i restauri,
includenti il riuso del materiale di spoglio, quello di Paolo Montorsi
sulle sculture più o meno arcaizzanti d’ambito lombardo-emiliano
(lastre già credute altomedievali e portale), quello di Claudia
Bardelloni sul fonte battesimale di Giroldo da Como del 1267, quello
di Max Seidel sul crocifisso ligneo di Giovanni Pisano, quelli di
Luciano Bellosi e ora Alessandro Bagnoli sulle statuette di Profeti e
Santi attribuite più o meno convincentemente a Gano di Fazio e forse
a Camaino di Crescentino, quelli di Roberto Bartalini su Goro di
Gregorio, l’autore dell’arca di san Cerbone del 1324, quello di Anna
Rosa Garzelli sulla croce argentea di Andrea Pisano (corredata di
smalti traslucidi di tipo senese), ben inquadrata nella fase giovanile
seneseggiante del maestro di Pontedera da Gert Kreytenberg.
Come oggi si richiede, tali studi specialistici vanno fatti dialogare
con l’insieme del contesto storico, per il quale la Calamini ha potuto
ricorrere alle indagini di Gabriella Garzella. Ancora molto da fare
resta anche sul piano della ricerca archeologica medievale, ad esempio
sulla chiesa di Massa Vecchia e sulla questione delle eventuali sedi
precedenti della cattedrale, ricerche condotte per aree limitrofe da
Giovanna Bianchi e dalla sua équipe. Solo di recente si è invece
acceso l’interesse per le fasi architettoniche e progettuali del Duomo,
tema sul quale la Calamini ha dovuto misurarsi con gli studi, dai
risultati in parte contrastanti, di sole tre pubblicazioni: chi scrive nel
2006, Dethard von Winterfeld nel 2007 e i restauratori Chiantelli,
Montevecchi e Sbardellati nel 2013. Nell’individuazione di due
sottofasi all’interno della fase della seconda metà del XII secolo e nel
Prefazione
15
chiarimento delle complesse vicende dei livelli dell’area presbiteriale
romanica la Calamini compie importanti passi in avanti, che trovo
pienamente convincenti.
Da quanto ho, sia pure sinteticamente, esposto sui limiti della
fortuna critica del monumento, credo sia emerso che occorreva
istituire interrelazioni fra i dati specialistici raggiunti sulle singole fasi
costruttive e su alcune delle opere d’arte, affrontando lo studio del
contesto nel suo insieme. Così ad esempio lo studio delle lastre a
rilievo, un tempo infondatamente credute provenienti da Massa
Vecchia, implica affrontare la questione dell’assetto del coro
romanico, domandandosi se vi fosse una recinzione di plutei, un
pulpito (sul tipo di quello di Guglielmo a Pisa oggi a Cagliari) oppure
un pontile (sul tipo di quello ‘campionese’ di Modena ricostituito
entro il 1919). L’analisi del presbiterio di Giovanni Pisano, autore
anche della parte superiore della facciata, implica l’attenzione al
nuovo assetto ottenuto dal coro, che ebbe una riformulazione sontuosa
sul modello dell’area presbiteriale del Duomo di Siena, dotata fra
1308 e 1311 della Maestà opistografa di Duccio, allungata fra 1310 e
1317 ed in seguito provvista delle quattro pale d’altare dei Santi
patroni dedicate agli episodi della vita della Vergine: non a caso nel
1316 Duccio, coadiuvato dalla bottega, replicò per Massa la sua
Maestà, ed ancora alla metà del Quattrocento Sano di Pietro fu
incaricato di copiare la Presentazione al Tempio in una pala, oggi
purtroppo ridotta a frammenti, del Duomo maremmano. Indagando
sulle traumatiche modifiche subite dal coro in età controriformistica,
la Calamini ha rinvenuto la documentazione d’archivio sullo
smembramento del 1585, che getta una nuova luce, purtroppo solo
parziale, su tale intricata questione.
Certo, molte questioni potranno e dovranno essere ancora chiarite –
e si rimane in attesa della pubblicazione definitiva dei risultati delle
indagini emerse in occasione dei recenti restauri diretti dalla
Soprintendenza di Siena e Grosseto e del relativo scoop in materia di
affreschi duecenteschi nel tiburio -, ma credo che chiunque abbia a
cuore questa chiesa non potrà non salutare come provvidenziale un
lavoro tanto meticoloso, che risponde a ogni tipo di curiosità tanto sul
contenitore quanto sul contenuto. Mi congratulo quindi con chi, in
tempi di crisi, ha capito l’opportunità di questa pubblicazione; né ho
16
Prefazione
abbandonato del tutto la speranza di vedere un giorno pubblicato
l’altrettanto utile lavoro di schedatura delle acquasantiere medievali
toscane compiuto dalla stessa autrice in occasione della sua tesi
magistrale.
Guido Tigler
Università degli Studi di Firenze
Capitolo I
Profilo storico
1.1. Populonia: la prima sede diocesana
1.1.1. Le origini
Fino al 1978, data del passaggio all’attuale denominazione “di
Massa Marittima e Piombino”, la diocesi massetana conservava nella
sua intitolazione il ricordo della città di Populonia dalla quale ereditò
in epoca medievale il titolo di sede episcopale. L’antico centro costiero, unico insediamento etrusco sul mare, era situato sul promontorio
piombinese, a una distanza di circa quaranta chilometri ad ovest da
Massa; abitata a partire dall’Età del Bronzo Finale, la città deteneva
una rilevante importanza economica, riconducibile alla strategica posizione sulla costa ed al controllo sulle miniere metallifere del Campigliese e della vicina Isola d’Elba1. Al pari di altri centri dell’Etruria
1
Dalle prime campagne di scavo della metà dell’Ottocento ad oggi la ricerca archeologica
ha riportato alla luce numerose tombe, oggetti metallici, ceramiche, tracce di insediamenti
abitati, databili a partire dall’Età del Bronzo finale (XII–X secolo a.C.) fino all’età romana imperiale, incluso un tempio di grandi dimensioni riferibile al II secolo a.C.: si vedano F. FEDELI,
A. GALIBERTI, A. ROMUALDI, Populonia e il suo territorio: profilo storico–archeologico,
All’Insegna del Giglio, Firenze 1993, pp. 13–19, e G. CAMPOREALE, Gli Etruschi. Storia e civiltà, UTET, Torino 2004, p. 366. L’importanza economica del centro dovette perdurare almeno fino al I secolo a.C., dato che in seguito alla guerra sociale (91–88 a.C.) a Populonia
venne istituito un municipium, come confermato da alcune epigrafi: si consultino a tale proposito F. FEDELI, Populonia. Storia e territorio, All’Insegna del Giglio, Firenze 1983, p. 155, e
S. GELICHI, Populonia in età tardo antica e nell’Alto Medioevo, in Populonia e Piombino in
18
Capitolo I
settentrionale, la città sostenne Mario nella guerra civile dell’82 a.C.,
venendo di conseguenza assediata dall’esercito di Silla e subendo presumibilmente una parziale distruzione: pochi decenni più tardi il geografo greco Strabone consegna difatti il ritratto di una città semiabbandonata, ove non sopravvivono che i templi e poche altre costruzioni, con la popolazione concentrata nell’area portuale2. Simile è la condizione di abbandono riportata all’inizio del V secolo, ai versi 401–
414 del primo libro del De reditu suo, dal poeta romano Rutilio Namaziano, che in mezzo alle macerie riconosceva dell’antica cittadina
solamente le mura3. Nonostante le deprimenti descrizioni, all’inizio
del VI secolo Populonia è documentata quale sede episcopale: un Asellus episcopus ecclesiae Populoniensis è infatti tra i partecipanti di due
sinodi romani di papa Simmaco nel 502, circostanza che prova
l’esistenza di una chiesa già strutturata4. Nessuna notizia anteriore a
tale data ci è pervenuta, ma è stato supposto che l’origine della diocesi
sia da collocare nel IV secolo, dopo la pace costantinana e all’interno
dell’opera di evangelizzazione della Tuscia partita nel I secolo da Roma e rivolta in particolare alle città di una qualche rilevanza commerciale o politica, in quanto considerate ideali centri di propagazione
della nuova fede5.
età medievale e moderna, atti del convegno (Populonia, 1993) a cura di M.L. Ceccarelli Lemut e G. Garzella, Pacini, Ospedaletto Pisa 1996, pp. 37–51, in particolare 39.
2
STRABONE, Geografia.L’Italia, libri V e VI, a cura di A. M. Biraschi, BUR, Milano 1988,
pp. 97–98 (V, 2.6).
3
«Proxima securum reserat Populonia litus, qua naturalem ducit in arva sinum. Non illic
positas extollit in aethera moles lumine nocturno conspicienda pharos, sed speculam validae
rupis sortita vetustas, qua fluctus domitos arduus urguet apex, castellum geminos hominum
fundavit in usus, praesidium terris, indiciumque fretis. Agnosci nequeunt aevi monumenta
prioris, grandia consumpsit moenia tempus edax. Sola manent interceptis vestigia muris, ruderibus latis tecta sepulta iacent. Non indignemur mortalia corpora solvi: cernimus exemplis
oppida posse mori.» Per il commento e la traduzione dei versi si consulti A. FO, Una giornata
di viaggio: Rutilio a Populonia, in Materiali per Populonia 2, a cura di C. Mascione e A. Patera, All’Insegna del Giglio, Firenze 2003, pp. 257–270.
4
G. GARZELLA, Populonia, Cornino, Massa Marittima: l’itinerario di una sede diocesana, in Da Populonia a Massa Marittima: i 1500 anni di una diocesi, atti del convegno (Massa
Marittima, 2003) a cura di A. Benvenuti, Mandragora, Firenze 2005, pp. 137–151. Lo stesso
Asello è presente al sinodo di papa Gelasio I del 13 marzo 495, dove viene però menzionato
senza specificare di quale diocesi è vescovo.
5
S. SODI, M.L. CECCARELLI LEMUT, Per una riconsiderazione dell’evangelizzazione della
Tuscia: la Chiesa di Pisa dalle origini all’età carolingia, in «Rivista di Storia della Chiesa in
Italia», L, 1996, pp. 9–56; G. GARZELLA, Populonia, Cornino, cit., pp. 137–139.
Profilo storico
19
1.1.2. San Cerbone
Il secondo vescovo noto dopo Asello è Cerbone, santo titolare della
cattedrale massetana, le cui vicende agiografiche sono riprodotte
sull’architrave del portale della facciata e sull’arca del 1324 che
all’interno della chiesa ne conserva le spoglie6. Le due principali fonti
utili per ricostruirne la storia sono il capitolo undicesimo del terzo libro dei Dialoghi di Gregorio Magno (593–594)7 e la Vita Sancti Cerbonis, nota attraverso due redazioni8. Quest’ultima, formatasi secondo
studi recenti alla fine dell’XI secolo e stilata all’inizio del XII9, dipende
6
Recenti studi hanno infatti espunto la figura di Fiorenzo, presunto predecessore di Cerbone, dalla cronotassi dei vescovi populoniesi, in quanto non documentanto storicamente ma
conosciuto solo attraverso la leggenda agiografica del suo successore. In particolare Gabriella
Garzella (G. GARZELLA, Cronotassi dei vescovi di Populonia–Massa Marittima dalle origini
all’inizio del secolo XIII, in Pisa e la Toscana occidentale nel Medioevo. A Cinzio Volante nei
suoi 70 anni, GISEM–ETS, Pisa 1991, vol. I, pp. 1–21), sulla scorta di un nuovo esame dei
documenti, ha ricostruito la corretta successione dei vescovi di Populonia, correggendo i vari
errori presenti nelle liste compilate precedentemente (F. UGHELLI, Italia Sacra sive de episcopis Italiae et insularum adjacentium, apud Bernardinum Tanum, Romae 1647, vol. III, coll.
783–812; I. UGURGIERI AZZOLINI, Pompe Sanesi, o’ vero Relazione delli huomini, e donne illustri di Siena, e suo Stato, scritta dal padre maestro Fr. Isidoro Vgurgieri Azzolini
dell’ordine de’ Predicatori, 2 vol., nella stamperia di Pier’Antonio Fortunati, Pistoia 1649,
vol. I, pp. 213–215; A. CESARETTI, Memorie sacre e profane dell’antica diocesi di Populonia
al presente diocesi di Massa Marittima e osservazioni sopra la storia naturale del suo territorio. Parte prima tomo primo contenente la serie cronologica dei vescovi di detta diocesi, nella
stamperia di Giuseppe Tofani sulla Piazza de’ Pitti, Firenze 1784, pp. 7–74; G. CAPPELLETTI,
Le chiese d’Italia dalle origini sino ai nostri giorni, 21 vol., nel premiato stabilimento
dell’editore Giuseppe Antonelli, Venezia 1862, vol XVII, pp. 681–709, 724–726; S. GALLI DA
MODIGLIANA, Memorie storiche di Massa Marittima, 2 vol., tipografia A. Dionigi poi tipografia Massetana, Massa Marittima 1871–1873, vol. I, pp. 92–123, 165–173, 197–213, 335–359;
P.B. GAMS, Series episcoporum ecclesiae catholicae occidentalis ab initio usque ad annum
1198, J. Manz, Regensburg 1873–1886, pp. 755–756; F. LANZONI, Le diocesi d’Italia dalle
origini al principio del secolo VII, 2 vol., F. Lega, Faenza 1927, vol. I, pp. 554–558).
7
Gregorii Magni dialogi, a cura di U. Moricca, Tip. Del Senato di G. Bardi, Roma 1924,
pp. 156–159.
8
La prima redazione, ovvero la trascrizione di Uberto Benvoglienti del testo di un antico
manoscritto senese, è riportata in F. UGHELLI, Italia Sacra sive de episcopis Italiae et insularum adjacentum, editio secunda aucta et emendata cura et studio N. Coleti, apud Sebastianum
Coleti, Venetiis 1718, vol. III, coll. 703–709; la seconda è edita in Acta Sanctorum Octobris ex
Latinis & Graecis, Tomus 5, a cura di C. Byeo, J. Bueo, J.B. Fonsono, Typis Caesareo–regiis,
Bruxellis 1786, pp. 96–101.
9
E. SUSI, Africani, cefalofori e “saraceni”. I cicli agiografici populoniesi dall’Alto Medioevo al XII secolo, in Da Populonia a Massa Marittima, cit., pp. 23–65, in particolare 61–
65. Ulteriori studi sui racconti agiografici di san Cerbone e del santo a lui legato, Regolo, so-
20
Capitolo I
strettamente, oltre che da Gregorio Magno, dalla Passio Sancti Reguli,10 la cui composizione è stata recentemente collocata in un momento
successivo alla traslazione a Lucca delle reliquie del santo dalla chiesa
di San Regolo in Gualdo (781)11.
La narrazione di Gregorio Magno inizia durante la guerra greco–
gotica (533–553 circa), con la cattura da parte di Totila, re degli Ostrogoti, di Cerbone, vescovo di Populonia, colpevole di aver offerto
ospitalità a soldati bizantini12. Portato a Roma dove è in corso
l’assedio ostrogota, il santo viene condannato dal re a essere pubblicamente dato in pasto a un orso, ma una volta presentato alla belva
questa gli lecca i piedi invece di divorarlo, con grande stupore degli
astanti: Totila si convince così a lasciarlo libero. Tornato a Populonia,
Cerbone è costretto ad una precipitosa fuga all’Elba a causa
dell’invasione longobarda; nell’isola il vescovo trascorre gli ultimi
anni della sua vita e all’avvicinarsi della propria morte chiede ai suoi
chierici di essere seppellito a Populonia, dove aveva preparato il proprio sepolcro. Essendo la città ancora occupata dai Longobardi, che si
erano spinti oltre gli Appennini intorno al 575, i chierici esitano timorosi, ma egli li intima di procedere senza paura. Il desiderio viene soddisfatto: dopo aver miracolosamente evitato una tempesta durante il
tragitto marino, il corpo di Cerbone viene trasportato a Populonia e ivi
sepolto.
La Passio Sancti Reguli, altro testo importante per la genesi della
successiva Vita Sancti Cerbonis, narra invece le gesta
dell’arcivescovo africano Regolo, il quale, abbandonata l’Africa in seguito alle persecuzioni degli Ariani sotto il re Unerico (484–497), parte via mare per la Tuscia accompagnato da due vescovi ― Felice e
no: P. CONTE, Osservazioni sulla leggenda di S. Cerbonio, vescovo di Populonia († 575), in
«Aevum. Rassegna di scienza storiche linguistiche e filologiche», LII, 1978, pp. 235–260, e
M. SIMONETTI, Note sulla tradizione agiografica di S. Regolo di Populonia, in Il Paleocristiano nella Tuscia, atti del convegno (Viterbo, 1979), Consorzio per la gestione delle biblioteche, Viterbo 1981, pp. 107–130.
10
Acta Sanctorum Septembris ex Latinis & Graecis, I, a cura di J. Pien, J. Stiltingh, J.
Limpens e J. van de Velde, apud Bernardum Albertum vander Plassche, Antverpiae 1746, pp.
229–240.
11
E. SUSI, op. cit., pp. 36–49.
12
Il capitolo dei Dialoghi riguardante san Cerbone, da cui sono tratte le successive notizie, è riportato anche in G. CAPPELLETTI, op. cit., pp. 681–683.
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