I Grand Hotel
come generatori di cambiamento
tra 1870 e 1930
Indagini in contesti alpini
e subalpini tra laghi e monti
Convegno internazionale
Riva del Garda | Museo
Sezione di storia
16 ottobre 2015
h. 14.00-19.30
17 ottobre 2015
h. 9.30-15.45
La cultura dell’ospitalità:
aspetti economici e sociali
Andrea Leonardi, Julie Lapointe Guigoz,
Stefano Sulmoni, Andrea Zanini,
Patrick Gasser, Rodolfo Taiani,
Michael Wedekind
Architetture dell’accoglienza
e morfologie urbane
Ornella Selvafolta, Francesco Dal Negro,
Barbara Scala, Monica Aresi,
Giovanni Dellantonio
“Paesaggi importati”: aspetti botanici
Claudio Ferrata, Fiorenza Tisi
Patrimonio culturale e turismo.
Salvaguardia e valorizzazione
Roland Flückiger, Cinzia Robbiati,
Fabio Campolongo, Cristiana Volpi,
Michela Morgante, Monica Ronchini
Comune di Riva del Garda
Comune di Arco
Provincia autonoma di Trento
Riva del Garda | Museo
Arco | Galleria Civica G. Segantini
con il patrocinio di
in collaborazione con
Comitato scientifico
Roland Flückiger, Swiss Tourism Heritage
e Swiss Historic Hotels
Andrea Leonardi, Università degli Studi
di Trento
Monica Ronchini, Comune di Riva del Garda
Ornella Selvafolta, Politecnico di Milano
Organizzazione
Monica Aresi, Politecnico di Milano
Alessandro Paris, MAG Museo Alto Garda
Info
Riva del Garda | Museo
P.zza C. Battisti, 3/A
38066 Riva del Garda
+39 0464 573869
[email protected]
www.museoaltogarda.it
CURRICULA
ABSTRACT
RELATORI
Convegno internazionale
I Grand Hotel come generatori di cambiamento tra 1870 e 1930
Indagini in contesti alpini e subalpini tra laghi e monti
MAG Museo Alto Garda
Comune di Riva del Garda
Comune di Arco
Provincia Autonoma di Trento
Riva del Garda | Museo
Arco | Galleria Civica G. Segantini
Riva del Garda | Museo
Sezione di storia
16 – 17 ottobre 2015
Comitato scientifico:
Roland Flückiger (Swiss Tourism Heritage e Swiss Historic Hotels)
Andrea Leonardi (Università degli Studi di Trento)
Monica Ronchini (Comune di Riva del Garda)
Ornella Selvafolta (Politecnico di Milano)
Organizzazione:
Monica Aresi (Politecnico di Milano)
Alessandro Paris (MAG Museo Alto Garda)
In collaborazione con:
Con il patrocinio di:
Riva del Garda | Museo
Piazza C. Battisti, 3/A
38066 Riva del Garda (TN)
Arco | Galleria Civica G. Segantini
Via G. Segantini, 9
38062 Arco (TN)
Tel. +39 0464 573869
Fax. + 39 0464 573868
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MAG Museo Alto Garda
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Sezione I
La cultura dell'ospitalità: aspetti economici e sociali
Andrea Leonardi
Professore ordinario di Storia economica presso il Dipartimento di Economia e management dell’Università
degli Studi di Trento; è anche stato Visiting Professor presso la Wirtschaftswissenschaftliche Fakultät
dell’Università di Innsbruck e presso la Facoltà di Economia dell’Università cattolica di Milano. La sua ricerca
ha analizzato le traiettorie dello sviluppo nella montagna alpina, con particolare attenzione al contesto tirolese
e al ruolo delle organizzazioni mutualistico-solidali, nonché a quello delle diverse espressioni
dell’imprenditorialità, compresa quella del settore turistico. Ha anche dedicato una parte dei suoi studi al
processo di modernizzazione all’interno della Monarchia asburgica, così come alla storia finanziaria dell’Italia
nel secolo XX. Negli anni più recenti ha affiancato alle tematiche di ricerca storico-economica contemporanea
- in particolare relativa al secolo XX - quelle proprie della business history. Sta percorrendo diversi filoni di
indagine, inseriti in programmi di ricerca di interesse nazionale e internazionale. Uno di essi è volto a ricostruire
la rilevanza economica dell’espandersi del fenomeno turistico, specie nel contesto della montagna alpina. Un
secondo è invece mirato ad individuare il ruolo delle istituzioni di intermediazione finanziaria e creditizia di
fronte alle alterne vicende dell’economia italiana nel corso del secolo XX. Un ultimo filone risulta finalizzato a
cogliere il ruolo delle diverse tipologie di imprenditorialità nell’attivare nuovi percorsi di innovazione tecnologica,
soprattutto nel campo dell’approvvigionamento energetico ed in quello della modernizzazione delle
infrastrutture di comunicazione. Ha assunto la responsabilità e il coordinamento di diversi progetti di ricerca di
interesse sia nazionale che internazionale e svolto la funzione di referee sia nella valutazione di progetti di
ricerca in Italia, Austria e Svizzera, sia in qualità di componente di comitati scientifici di autorevoli riviste di
taratura internazionale. Ha organizzato e partecipato in qualità di relatore, discussant e chairman a numerosi
convegni scientifici di rilevanza internazionale.
A coronamento della sua ricerca ha prodotto oltre 200 pubblicazioni, sia sotto forma di volumi monografici (18),
che di saggi, apparsi in opere miscellanee e su riviste storiche ed economiche in diversi Paesi d’Europa. Ha
anche curato, sia da solo che in collaborazione con altri studiosi europei, numerose pubblicazioni (29), di
rilevanza nazionale e internazionale.
I Grand Hotel come motore dello sviluppo turistico in area alpina
Nei decenni finali del XIX secolo il deciso salto qualitativo e quantitativo del turismo
consentì il configurarsi di una nuova fisionomia economica per gli Alpenländer.
Particolarmente importanti risultarono le innovazioni nelle infrastrutture di
comunicazione e parallelamente il rafforzamento di diverse strutture di servizio, in
funzione dell’accoglienza ai turisti. Proprio lungo questa direttrice seppe incanalarsi
un’imprenditorialità completamente nuova, che si mostrò capace di forgiare e
consolidare una vera e propria cultura dell’ospitalità. Diversi contesti degli Alpenländer
si dimostrarono capaci, specie durante la belle époque di dare gradualmente vita ad
un’organizzazione turistica capace di orientare l’offerta alle esigenze della domanda.
Particolarmente importante risultò una serie di “prerequisiti” essenziali all’affermazione
di una destinazione turistica. In particolare rivestirono evidente rilievo le modalità con cui
in area alpina si era disposti ad accogliere chi proveniva dall’esterno. In effetti proprio
l’interazione tra domanda e offerta ebbe un ruolo basilare nell’indirizzare i flussi turistici
verso determinati settori della montagna alpina, o verso le località lacuali prealpine.
Certamente va considerata la bellezza e la suggestività dei posti, la salubrità dell’aria, le
condizioni climatiche favorevoli, così come deve essere valutato il ruolo di primaria
importanza assunto dalle diverse tipologie dei sistemi di comunicazione. Tuttavia nella
realizzazione di dotazioni infrastrutturali legate all’accoglienza degli ospiti e dunque nel
determinare importanti flussi di investimento che hanno decretato il successo di alcune
località sono intervenuti anche altri fattori. Uno di questi è quello legato all’attenzione
prestata al forestiero, al potenziale ospite, che poteva essere guardato e trattato con
simpatia, oppure con diffidenza. L’atteggiamento nei confronti di colui, o di colei, che
proveniva dall’esterno risulta dunque un elemento da non sottovalutare, in quanto da
esso è dipeso il consolidarsi o meno della cultura dell’ospitalità. Proprio questo tipo di
cultura ha avuto modo di mettersi in luce ben prima che il turismo riuscisse ad affermarsi
come fenomeno di massa. Essa ha finito per costituire una sorta di prerequisito capace
di contribuire al decollo del turismo in una determinata area; una sorta di marcia in più
che è stata capace di favorire il take off turistico. Anche grazie ad essa, si verificò la
convergenza di iniziative endogene con interessi esogeni, al fine di predisporre
2
un’offerta capace di convogliare la domanda turistica.
Nella relazione verrà individuato il ruolo assunto da operatori locali, che seppero cogliere
le opportunità che sarebbero loro derivate se avessero predisposto delle infrastrutture
adatte a ospitare un nuovo tipo di frequentatori dei laghi prealpini, piuttosto che della
montagna. Ma ancora più significativo risulterà seguire l’afflusso di capitale e il travaso
di imprenditorialità che dall’esterno si riversò proprio su queste località, creando in
alcune di esse un’offerta turistica di prim’ordine. Numerose furono infatti le destinazioni
che vennero alla ribalta nel periodo della belle époque come Kurorte, Luftkurorte e
Hohenluftkurorte e molto spesso a fare da traino alla loro affermazione fu l’apertura di
uno o più Grand Hotel, che in qualche caso si concretizzò con l’insediamento di autentici
Hoteldörfer, veri e propri motori per il consolidamento del turismo anche nei territori
circostanti.
Nella relazione verranno affrontati alcuni specifici casi in cui la presenza di Hotel di
rango, promossi e valorizzati da uno sforzo convergente tra energie imprenditoriali di
tipo endogeno e capitale e imprenditorialità arrivati dall’esterno, seppero svolgere la funzione di locomotiva per l’affermazione turistica di diverse destinazioni turistiche dell’area
alpina e prealpina. Verrà analizzato come la presenza di tali strutture ricettive abbia prodotto evidenti benefici anche nei confronti di località praticamente sconosciute. Se inizialmente tali destinazioni conobbero, proprio grazie ad una serie incisiva di investimenti
provenienti dall'esterno, l'occasione per dare vita a delle forme di ospitalità di alto profilo
qualitativo, di seguito, ai Grand Hotel si affiancarono locande e piccoli alberghi, promossi
dall'imprenditoria locale. Si originò così un tessuto ricettivo che acquisì gradualmente
consistenza, fino a imporsi - durante la belle époque - a livello internazionale.
Julie Lapointe Guigoz
Archivist and curator of museums and cultural heritage for the municipality of Bagnes, in Wallis, Switzerland,
she participated between 2008 and 2012 as a research assistant for the Swiss National Science Foundation
(SNSF) in the project "Tourism system and technical culture in the Lake Geneva region: actors, social networks
and synergies (1852-1914)". The persons in charge were Cédric Humair, University of Lausanne, and Laurent
Tissot, University of Neuchâtel. Her current doctoral thesis focuses on the technical infrastructures of hotels in
the Lake Geneva region between 1850 and 1914. She holds an MA in History, Economy and French literature
from the University of Lausanne (2008) and a Bachelor of Business Administration from the University of Sherbrooke, Canada (2001). She has published an edited book Système touristique et culture technique dans l’arc
lémanique: analyse d’une success story et de ses effets sur l’économie régionale (1852-1914) with Cédric
Humair, Marc Gigase and Stefano Sulmoni (Editions Alphil – Presses universitaires suisses, 2014) and some
articles about hotels industry including “Les innovations techniques des grands hôtels veveysans du XIXe
siècle: un facteur de succès” (in Les Annales veveysannes, 2014). Her current article explores the thematic of
energy used by hotels during the 19th-20th centuries.
Stefano Sulmoni
Masters of Arts (MA), University of Fribourg (Switzerland) in 2005. Graduation thesis: Sulmoni Stefano, «Pro
Lugano». Una società al servizio della promozione turistica nella Lugano della Belle Epoque (1888-1920),
under supervision of Prof. Francis Python, University of Fribourg (Switzerland), 2005. From 2006 to 2007
National Science Foundation researcher (NFS, Switzerland) and from 2008 to 2011 National Science
Foundation doctoral student (NFS, Switzerland). Doctorate, History Department, University of Lausanne
(Switzerland) in 2008. Research: Tourist system and technical culture in the “Arc lémanique”: actors, social
networks and synergies (1852-1914), NSF research program under the supervision of Cédric Humair and
Laurent Tissot. From 2006: teacher of history in a professional commercial school of Locarno (Ticino,
Switzerland).
Publications:
Humair Cédric, Gigase Marc, Guigoz Julie Lapointe, Sulmoni Stefano, Système touristique et culture technique
dans l’Arc lémanique, Neuchâtel, Editions Alphil, 2014. Humair Cédric, Gigase Marc, Guigoz Julie Lapointe,
Sulmoni Stefano, «La success story du tourisme dans l’Arc lémanique et ses effets économiques, techniques
et socioculturels (1852-1914)», in Gigase Marc, Humair Cédric et Tissot Laurent (éd.), Le tourisme comme
facteur de transformations économiques, techniques et sociales (XIXe –XXe siècles), Neuchâtel, Editions
Alphil, 2014, pp.13-35. Sulmoni Stefano, «Tourisme et innovation technique : l’exemple de la Compagnie
générale de navigation sur le lac Léman (1873-1914) » in : Humair C. e Tissot L. (sld), Le tourisme suisse et
son rayonnement international. « Switzerland, the playground of the world », Lausanne, Antipodes, 2011,
pp.135-151. Sulmoni Stefano, «Système de transport et développement touristique. Le cas de la ville de
Lugano et ses alentours pendant la Belle Epoque, 1880-1920» in : Schiedt H.U., Tissot L., Merki
3
C.M.,Schwinges R.C. (éd.), Histoire des transports, Zürich, Chronos Verlag, 2010, pp.435-447. Sulmoni
Stefano, «Pro Lugano: une société au service de l’aménagement d’espaces de loisirs (1888-1919)» in:
Gilomen H.J., Schumacher B., Tissot L. (eds.), Temps libre et loisirs du 14e au 20e siècle,Zürich,
Chronos, 2005, pp. 143-155.
Tourism and hotel industry development in the Switzerland lakeside areas (Geneva Lake and Lugano Lake) between 1870-1920: a factor of urban transformations and technological innovation promotion
As part of the Swiss tourist system, the first-class hotels built in the second half in the
19th century served both as residences for foreigners and field of action for promoters
of progress. In order to satisfy the expectations of an increasingly demanding clientele,
in regard to mobility, hygiene and comfort, the Swiss hoteliers not only had to adapt the
hotel’s infrastructure with the latest technical innovations, but they also had to connect
their hotels to efficient outstanding supplies networks. At the turn of the century, the
acceleration of technical progress and utilisation of new sources of energy, such as
electricity, forced the first-class hotels to provide facilities like central heating, electric
lighting and lifts service in order to remain competitive. From then on, modernity became
a primary distinguishing factor in the luxury hotel industry, both in Switzerland and abroad.
In Switzerland, the Lake Geneva hoteliers were among the pioneers in introducing
modern technology in their hotels. The installation and the use of technological
innovations was at that time a real technical challenge for hoteliers. More than just having
their buildings equipped with the latest lift or lightning system, they also needed to find
money to finance their purchase and connect their machines to powerful energy supplies,
such as pressurised-water networks, gas or electric systems.
Which factors have contributed to the spread of this new technology within this tourist
area? What special features did the Lake Geneva hotels have compared to other hotels
in Switzerland? The aim of this contribution, which proposes to study the link between
the hotels’ infrastructures and the technical culture, will focus on the important part
managing technical progress has played in the success of the Lake Geneva hotel
industry.
Dalla seconda metà del XIX secolo e soprattutto dopo il 1882, con l’apertura della linea
ferroviaria del San Gottardo, la località di Lugano (Canton Ticino, Svizzera) conobbe uno
sviluppo turistico importante che la portò a diventare, alla vigilia della Grande guerra,
una tra le destinazioni più conosciute della Svizzera in grado di attirare, da gran parte
dell’Europa, una clientela numerosa ed agiata (aristocrazia e alta borghesia).
Questo successo non è imputabile esclusivamente alla crescita della domanda turistica
tipica della società dei loisirs affermatasi proprio nel corso della Belle Époque, o alle
attrattività naturali del territorio (clima, montagne e lago). Decisiva fu la capacità degli
attori locali di rispondere a una domanda turistica, sempre più esigente e soggetta a
rapide mutazioni, con un’offerta adeguata. L’obiettivo del contributo è di mostrare in che
modo i principali attori del settore turistico luganese si mobilitarono per costruire questa
offerta turistica con particolare riferimento alle trasformazioni del territorio cittadino. Si
tratterà perciò di evidenziare e analizzare i cambiamenti generali che l’industria del
forestiero ha generato sulla struttura urbana di Lugano con la valorizzazione di alcune
parti della città sino ad allora poco considerate (il lungolago e la parte alta della città)
come pure le iniziative intraprese da gruppi locali per pianificare in funzione turistica
alcuni spazi urbani ed extraurbani, procedendo con operazioni di abbellimento
contraddistinte dalla promozione dell’elemento naturale al loro interno e dal
miglioramento della loro dimensione estetica ed igienica. In alcuni casi queste iniziative
si contraddistinsero per l’integrazione d’importanti innovazioni tecnologiche. Un aspetto
che il contributo cercherà di evidenziare con particolare riferimento alla dimensione della
mobilità di prossimità e delle reti infrastrutturali. L’intervento traccerà infine un profilo dei
principali protagonisti di queste trasformazioni e della loro rete sociale.
4
Patrick Gasser
Laurea in Storia all’Università di Innsbruck. Dal 2007 collaboratore dell’Azienda “Musei provinciali". Dal 2010
collaboratore scientifico del Touriseum - Museo Provinciale del Turismo a Merano. Dal 2015 direttore del
Touriseum.
Ultimamente studi e pubblicazioni sul tema turismo e guerra: Dall’emergente “località di cura di fama mondiale”
alla “località di cura della guerra mondiale”: Merano nella prima guerra mondiale, in “Guerra e turismo“, la
quinta pubblicazione della collana di studi, Tourism & Museum“del Touriseum (2014), curato da Patrick Gasser,
Andrea Leonardi, Gunda Barth-Scalmani. Curatore della mostra, con Evelyn Reso, "Turismo & Guerra"
ospitata presso il Touriseum (31 marzo 2015- 15 novembre 2015) e del relativo catalogo.
Da borgo rurale a “località di cura di fama mondiale”: Merano e i suoi Grand Hotel
La Belle Époque ha segnato il periodo di maggior splendore per il Tirolo meridionale e
la “città di cura invernale” Merano, che a quell’epoca era in pieno sviluppo. In seguito al
primo soggiorno a Merano dell’imperatrice Elisabetta nel 1870, il numero dei visitatori
raddoppiò. Mancavano però ancora infrastrutture turistiche, per cui le richieste delle
camere superavano di gran lunga il numero di quelle proposte. Il crollo della borsa nel
1873 pose un freno ai primi grandi progetti. Tuttavia l’evoluta “località di cura di fama
mondiale” non smette di progredire: Merano vive un boom, l’alta nobiltà austriaca,
tedesca e russa viene a passeggiare lungo le “promenade” appena costruite sul fiume
Passirio. Dal 1881 la nuova stazione serve da punto di riferimento e di partenza per uno
sviluppo della città molto avveduto: numerose ville, parchi e grandi alberghi vengono in
pochi anni progettati e realizzati in spazi estremamente esigui, la “più grande densità di
nuovi alberghi di grandi dimensioni della monarchia”. Il potenziale sembra illimitato e
attira sempre nuovi investitori e imprenditori.
La città e i suoi grandi progetti già realizzati hanno un effetto catalizzatore sul
palcoscenico delle tecnologie e dei prodotti più all’avanguardia nel campo dell’attività
alberghiera e della fornitura di servizi per i successivi progetti in tutta la regione. È questo
mix di operatori locali, ad esempio il duo di ingegneri edili “Musch & Lun”, e di
imprenditori e pionieri forestieri, come “Pietro Delugan” che, in stretta cooperazione con
altri protagonisti, mette in moto lo sviluppo demografico e socio-economico di Merano.
Nel giugno del 1914 Merano registra, per la stagione di cura appena conclusa, 40.000
ospiti e 1,2 milioni di pernottamenti nei suoi 7.000 letti tra alberghi e pensioni. Un nuovo
record. Sembra che questa impennata possa durare per sempre. Per la stagione
successiva la “Kurvorstehung”, la società per la promozione del turismo di Merano, conta
sulla presenza di 50.000 ospiti, cifra cui dovrebbe contribuire anche il nuovo “Kurhaus”
che sta per essere inaugurato. Altri progetti per la costruzione di infrastrutture turistiche
verranno a lungo accantonati a causa della guerra. La città negli anni successivi diventa
una località di cura per feriti e malati degli eserciti austro-ungarico e tedesco. Proprio le
infrastrutture già presenti, costituite da grandi alberghi, un buon numero di medici e il
collegamento alla rete ferroviaria europea, che prima dello scoppio della guerra avevano
dato fama mondiale alla città, ora tornano estremamente utili ai militari in guerra. D’altro
canto Merano, che al di fuori dei suoi confini è vista come un luogo di ricovero della
Croce Rossa, è però anche al riparo dagli attacchi bellici e potrà così salvaguardare il
patrimonio immobiliare dei suoi hotel cinque stelle per il dopoguerra.
Con la fine della guerra Merano, come il resto del Tirolo meridionale, si ritrova in una
situazione completamente nuova, che avrà grandi ripercussioni anche sui Grand Hotel
e sui loro proprietari.
Che cosa ne è stato degli hotel di lusso di Merano, qual è oggi la loro funzione per la
città e all’interno di essa? La relazione illustra la nascita e la storia in continua evoluzione
dei cosiddetti “Grand Hotel” di Merano.
Andrea Zanini
È professore associato di Storia economica presso l’Università degli Studi di Genova, dove insegna Storia
economica e Storia economica del turismo. Si è laureato con lode in Economia e Commercio presso
5
l’Università degli Studi di Genova nel febbraio 1998 e nell’aprile 2003 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca
in Storia economica presso l’Università degli Studi di Bari. Dopo essere stato titolare di un assegno di ricerca
presso l’Università degli Studi di Genova, dal dicembre 2005 al dicembre 2014 ha prestato servizio come
ricercatore in Storia economica presso lo stesso Ateneo. I suoi attuali interessi di ricerca riguardano lo sviluppo
del turismo in Italia dall’Ottocento a oggi, con particolare attenzione alle implicazioni economiche e sociali. Su
tali temi ha pubblicato una monografia e numerosi saggi, editi in Italia e all’estero. Fa parte del Comitato
scientifico della collana Storia del turismo. Annale, promossa dall’Istituto per la Storia del Risorgimento
Italiano-Comitato di Napoli e pubblicata dall’editore Franco Angeli. Ha inoltre operato quale referee e book
reviewer per collane editoriali e riviste scientifiche italiane e straniere. Pubblicazioni recenti:
Zanini A. (2015), La promozione turistica durante la Belle Époque: il caso della Riviera ligure, in P. Folguera,
J.C. Pereira, C. García, J. Izquierdo, R. Pallol, R. Sánchez, C. Sanz, P. Toboso (editores) Pensar con la Historia
desde el siglo XXI, Actas del XII Congreso de la Asociación de Historia Contemporánea, Madrid, Ediciones
de la Universidad Autónoma de Madrid, pp. 365-381.
Zanini A. (2014a), Da health resorts a salons d’Europe. Sociabilità culturale e turismo d’élite in Liguria nel
secondo Ottocento, in «Memoria e Ricerca», n. 46, pp. 95-110.
Zanini A. (2014b), Verso una politica turistica nazionale. Gli albergatori italiani di fronte alla prima guerra
mondiale, in P. Gasser, A. Leonardi, G. Barth-Scalmani (Hrsg.), Krieg und Tourismus im Spannungsfeld des
Ersten Weltkrieges / Guerra e Turismo nell’area di tensione della Prima Guerra Mondiale, Innsbruck-WienBozen, StudienVerlag, pp. 313-331.
Teodori M. e Zanini A. (2013), Institutions publiques et associations patronales: le cas de l’Association italienne
des hôteliers (1899-1943), in D. Fraboulet, C. Druelle-Korn, P. Vernus (a cura di), Les organisations patronales
et la sphère publique. Europe XIXe et XXe siècles, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, pp. 171-181.
Zanini A. (2012a), Un secolo di turismo in Liguria. Dinamiche, percorsi, attori, Milano, FrancoAngeli, pp. 5-167.
Zanini A. (2012b), Formazione professionale e sviluppo: gli esordi dell’istruzione alberghiera in Italia, in
«Società e Storia», n. 136, pp. 355-386.
Rollandi M.S., Zanini A. (2011), “Italian Riviera”: dal turismo terapeutico al turismo sociale in Liguria (secoli
XIX-XX), in C. Barciela, C. Manera, R. Molina, A. Di Vittorio (a cura di), La evolución de la industria turística
en España e Italia, Palma de Mallorca, Institut Balear d’Economia, pp. 137-177.
Zanini A. (2011a), L’evoluzione di un family business fra tradizione e innovazione: gli Alberghi Fioroni a Genova
(1897-1939), in P. Battilani (a cura di), Storia del turismo. Annale 8, Le imprese, Milano, FrancoAngeli, pp. 4570.
Zanini A. (2011b), Dal “vecchio empirismo” alla “tecnica razionale”. Alle origini della formazione professionale
alberghiera in Italia, in K. Köstlin, A. Leonardi, P. Rösch (Hrsg.), Kellner und Kellnerin: eine Kulturgeschichte /
Cameriere e Cameriera: una storia culturale, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, pp. 243-257.
Grandi alberghi e organizzazione turistica in Italia tra Otto e Novecento.
Dall’esperienza lariana alla dimensione nazionale
I grand hotel rappresentano uno dei simboli del turismo aristocratico della Belle Époque
e sono da tempo oggetto di indagini storiografiche sotto molteplici angolazioni.
Nonostante la netta prevalenza di studi di taglio architettonico e urbanistico, negli ultimi
anni si è registrata una crescente attenzione verso la componente socio-economica,
contribuendo così a delineare un quadro complessivo più articolato.
Un recente volume relativo all’area svizzera del Lago di Ginevra [C. Humair et al.,
Système touristique et culture technique dans l’Arc lémanique: analyse d’une success
story et de ses effets sur l’économie régionale (1852-1914), Neuchâtel 2014] ha posto
in evidenza come dal punto di vista economico i grandi alberghi rappresentino uno dei
fattori fondamentali per la costruzione di un sistema turistico in grado di portare al
successo internazionale una regione turistica.
L’avvento di strutture ricettive lussuose, di grandi dimensioni, in grado di offrire una vasta
gamma di servizi di alto livello, rivoluziona profondamente il settore dell’ospitalità e pone
gli albergatori di fronte a nuove sfide che impongono la ricerca di soluzioni appropriate in
termini finanziari, tecnologici, organizzativi e gestionali. Tuttavia la forza dirompente di tali
mutamenti va oltre la singola realtà aziendale, non solo per le ricadute sugli altri settori
economici (dai trasporti, all’impiantistica, al mercato finanziario, ecc.), ma anche per il forte
impulso alla nascita di strutture di coordinamento in grado di realizzare una più efficace
tutela e promozione degli interessi turistici. In questo ambito si inseriscono le
organizzazioni di carattere professionale, come le associazioni di albergatori, attraverso le
quali imprenditori, pur in concorrenza fra loro, danno vita a forme di aggregazione e di
coordinamento finalizzate non solo alla tutela degli interessi di categoria, ma anche a
promuovere lo sviluppo del settore e a colmare il vuoto di rappresentatività in ambito
politico e amministrativo. Non è casuale che tra i più attivi e convinti promotori dei nuovi
sodalizi vi siano proprio i titolari dei principali grand hotel.
Per quanto concerne il caso italiano si può osservare che sebbene tali mutamenti siano
riscontrabili con qualche decennio di ritardo rispetto ad altri paesi europei, e in particolare
alla Svizzera, esistono alcune aree pilota che rappresentano un interessante laboratorio
dal quale, al volgere del ventesimo secolo, scaturiranno iniziative di più vasta portata.
Utilizzando fonti d’archivio (conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato e l’Archivio di
Stato di Como) e pubblicistica coeva (opuscoli, periodici, ecc.), e rifacendosi alla letteratura
internazionale in materia, questo contributo si propone di evidenziare il ruolo giocato dai
6
grand hotel e dagli imprenditori alberghieri presenti nell’area del Lago di Como nella
modernizzazione dell’organizzazione turistica locale, e come proprio la loro fruttuosa
esperienza abbia rappresentato un importante passo verso la genesi dei primi organismi
operanti su scala nazionale.
Michael Wedekind
Nato a Brema (Germania), ha studiato storia, romanistica e scienze dell’educazione alle università di Münster
(Germania), Perugia, Bologna e Bucarest (Romania). Dopo la laurea ha conseguito il Dottorato di ricerca in
Storia moderna e contemporanea all’università di Münster con una tesi sull’Occupazione nazista nelle Zone
di operazione delle Prealpi e del Litorale Adriatico (1943-1945). Ha proseguito gli studi postdottorali
dedicandosi al Nazionalismo austro-tedesco e italiano in Tirolo a cavallo tra Otto e Novecento. È stato guest
professor all’Istituto Italo-Germanico in Trento (Fondazione Kessler) e alle università di Trento e Bucarest. Dal
2000 al 2003 è stato collaboratore scientifico dell’università di Trento, dal 2003 ricercatore presso il
Dipartimento di storia dell’Università di Münster. Dal 2011 lavora presso l’Istituto di Storia socio-economica
dell’Università di Vienna. Presentemente prepara una monografia sul ruolo degli studiosi tedeschi e italiani nel
riassetto etnico dell’area alpina ed alto-adriatica tra il 1939 e il 1945. Dal 1994, a più riprese, ha collaborato
con il Museo storico in Trento. È stato referee per varie istituzioni, fra cui ultimamente la Giunta regionale del
Tirolo. I suoi campi di ricerca riguardano la storia moderna e contemporanea tedesca, austriaca e italiana,
specialmente quella della regione Alpe-Adria, nonché il Sudest europeo (Romania, Slovenia, Ungheria). Le
sue pubblicazioni sono dedicate alla storia del nazionalismo, dei problemi etnopolitici e delle minoranze etnolinguistiche come pure ai regimi fascisti nell’Europa del periodo interbellico e alla storia della Seconda guerra
mondiale. Altre aree d’interesse sono la storia delle borghesie europee, la storia delle scienze, della
demografia come pure quella dell’alpinismo e turismo.
Rodolfo Taiani
Si è laureato nel 1981 presso la Facoltà di scienze politiche dell'Università degli studi di Milano. Nel 1992 ha
conseguito il dottorato di ricerca in storia presso l'Istituto universitario europeo di San Domenico di Fiesole (FI).
Dal 1991 opera professionalmente nel settore delle biblioteche specialistiche, dapprima presso la Biblioteca
d'Ateneo dell'Università degli studi di Trento e dal 1995 come responsabile della biblioteca presso il Museo
storico in Trento. Dal 2000 ha assunto anche la responsabilità presso lo stesso dell'Istituto del settore editoriale.
Dal 2008 è responsabile dell'area editoria e servizi presso la Fondazione Museo storico del Trentino. Negli
anni ha continuato a coltivare interessi di ricerca, occupandosi in particolare di temi di storia sociale e culturale
dei secoli XVIII-XX. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni fra le quali si segnalano le monografie: Sulla pelle
del villano: profili di terapeuti e metodi di cura empirica nella tradizione trentina (con Emanuela Renzetti), San
Michele all'Adige, Museo degli Usi e Costumi della Gente trentina, 1988; Il governo dell'esistenza:
organizzazione sanitaria e tutela della salute pubblica in Trentino nella prima metà del XIX secolo, Bologna, Il
mulino, 1995; Magnifica Comunità di Fiemme: inventario dell’archivio 1245-1945 (con Marcello Bonazza),
Trento, Provincia autonoma di Trento, 1999; La regola feudale di Predazzo: inventario dell'archivio, Trento,
Provincia autonoma di Trento, 2002; Provato e certo: rimedi segreti fra scienza e tradizione (con Emanuela
Renzetti), Trento, Fondazione Museo storico del Trentino, 2008; Castagne matte, Pergine Valsugana,
Publistampa, 2013 (con Felice Ficco).
Avamposti della modernità
L'intervento cercherà di cogliere e porre in risalto tutti quegli elementi che hanno fatto
dei Grand Hotel (o Palace Hotel), tra fine Ottocento e inizi del Novecento e fino allo
scoppio della Grande Guerra, dei veri e propri avamposti della modernità, templi laici
dedicati alla celebrazione dell'affermazione della nuova borghesia urbana, ma al tempo
stesso ibrida imitazione di certe "corti" del passato delle quali recuperavano,
riformulandoli, comportamenti sociali mutuati da modelli culturali di tipo aristocratico.
Attraverso la comparazione fra l'organizzazione e il funzionamento interni di alcuni
Grand Hotel, esempi scelti guardando ad ambienti diversi (lacustre, montano e marino)
più che a specifici territori politico-amministrativi, si evidenzieranno, anche attraverso
l'esame delle principali caratteristiche edificiali, quelle componenti che hanno promosso
queste strutture a veri e propri laboratori sociali, rappresentazioni spazio temporali in
scala ridotta di quanto la società esterna, conquistata dai miti della Belle Epoque,
sognava nel frattempo di realizzare.
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Sezione II
Architetture dell'accoglienza e morfologie urbane
Ornella Selvafolta
Ornella Selvafolta, laureata in architettura al Politecnico di Milano ha completato la sua formazione alla
Pennsylvania State University con borsa di studio Fulbright per “advanced research”. E’ professore ordinario
di Storia dell’architettura al Politecnico di Milano e membro del Collegio docenti del dottorato in
“Conservazione dei beni architettonici” nello stesso ateneo. Ha insegnato Storia dell’Architettura
Contemporanea alle Scuole di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Milano e dell’Università degli Studi di Genova. I suoi studi e le sue ricerche riguardano temi di storia
dell’architettura e dell’ingegneria, delle arti decorative, del paesaggio e del giardino tra il XVIII e XX secolo,
in ambito internazionale, ma con particolare riferimento alla cultura del progetto a Milano e in Lombardia. Ha
pubblicato numerosi contributi di tipo scientifico, ha organizzato mostre e partecipato a convegni nazionali e
internazionali.
Tra le pubblicazioni inerenti architetture e paesaggi del lago di Como cfr:
O.S. (a cura di), con A. Ranzi, Case-museo tra storia e progetto. Esempi sul lago di Como, Provincia di Lecco,
Istituzione Villa Monastero, Politecnico di Milano, Cattaneo Grafiche, Oggiono (Lecco) 2007
Lago di Como e dintorni: i nuovi paesaggi del turismo tra Ottocento e Novecento, http://www.artnouveaunet.eu/get_page.asp?stran=61#Proceedings_Como-Cernobbio, giugno 2007
Ornella Selvafolta, I giardini di villa Melzi d’Eril a Bellagio. Un museo all’aperto tra natura arte e storia, Milano,
Villa Melzi Bellagio, Cisalpino Istituto Editoriale Universitario, 2012
O.S., La tradizione della villeggiatura tra grandi ville e paesaggi del centro-lago di Como nella prima metà
dell’Ottocento, in Architettura e paesaggi della villeggiatura in Italia tra Otto e Novecento, a cura di Fabio
Mangone, Gemma Belli, Maria Grazia Tempieri, Milano, Franco Angeli, 2015.
Francesco Dal Negro
Medico, appassionato conoscitore del mondo alpino e della sua storia, da anni si è interessato
specificatamente ai vari aspetti dell’insediamento umano nelle Alpi, in particolare studiando l’evoluzione dei
luoghi di accoglienza dai primi ospizi alle più recenti strutture alberghiere. Ha partecipato a convegni sul tema,
ha collaborato a riviste italiane e straniere e ha dato alle stampe alcuni volumi sul tema dello sviluppo
dell’industria alberghiera nella regione alpina.
Tra le sue pubblicazioni si ricordano: Hotel des Alpes. Storie di alberghi e albergatori dalla Savoia al
Torilo/Historische gastlichkeit von Savoyen bis Tyrol, Baden, 2007; Stelvio, un passo e la sua storia, Crema
2004; Postgasthöfe und stationen an der Brennerstrasse, Bressanone 1996; Post Hotel. Alberghi della Posta
nelle Alpi Centrali/Postgasthöfe in den Zentralalpen, Lugano, 1986.
Alberghi e infrastrutture. Rapporti reciproci
Il problema del rapporto tra albergo ed infrastrutture presenti nel territorio si è fatto più
stretto ed è diventato più complesso con lo sviluppo del turismo nella seconda metà del
XIX secolo quando dove sorgevano i vecchi villaggi alpini sono sorte più moderne
località di soggiorno. Negli stessi anni nascevano e si sviluppavano nuove forme diverse
di infrastrutture dedicate alla mobilità, dalle grandi strade alpine alle ferrovie transalpine
fino alle ferrovie secondarie di montagna. Contemporaneamente Il passaggio, nel
campo dell’edilizia alberghiera, dal piccolo albergo alpino, sorto molte volte sul luogo di
una vecchia casa di paese, edificato da manodopera locale su schemi tradizionali,
all’edificazione dei grandi alberghi finanziati da capitale forestiero, su progetto molte
volte di famosi architetti cittadini, richiamava non più alpinisti ed escursionisti disposti
anche ad alcuni disagi, piuttosto la raffinata clientela della alta società, abituata a
spostarsi con le comodità che il progresso ormai offriva. La nuova offerta alberghiera ed
il nascere di nuove infrastrutture di trasporto si sono venute a condizionare a vicenda,
mantenendo per anni (e tuttora in molte località) un reciproco interesse economico.
Luoghi di soggiorno e di cura divennero famosi e frequentati grazie alla loro facilità
d’accesso, oltre ben inteso, alle ricchezze naturali che potevano offrire. Una famosa
strada turistica, la Dolomitenstrasse completata nel 1909, percorsa ancora dalle
diligenze vide sorgere ai suoi bordi grandi strutture alberghiere, progettate e costruite
dagli stessi gruppi di interesse anche con capitali incrociati. Le grandi ferrovie
transalpine videro sorgere grandi alberghi nei pressi delle stazioni, quando addirittura,
come nel caso della Südbahn, unitamente agli edifici delle stazioni costruivano grandi
alberghi, non solo a Dobbiaco/Toblach ma anche in altre località. Ma dove il fenomeno
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tra ‘800 e ’900 divenne più diffuso e più caratteristico fu nel campo delle ferrovie
secondarie di montagna, specie ma non solo in Svizzera. Si è trattato di centinaia di
impianti, per lo più funicolari e ferrovie a dentiera, molte ancora in esercizio, che
raggiungevano punti panoramici su cui veniva edificato un albergo, spesso un grande
albergo, che per la sua posizione e la facilità di accesso potè riscuotere ben presto un
grande successo. Molte volte albergo e ferrovia se non un’unica entità societaria erano
comunque controllate dagli stessi capitali e l’interesse ovviamente era reciproco.
Sarà il primo dopoguerra a mettere in crisi questo sistema duale; ad eccezione della
Svizzera dove una lungimirante politica dei trasporti non ha smantellato ma anzi
potenziato la rete ferroviaria secondaria, nel resto delle Alpi la nuova infrastruttura a
favore del turismo è diventata la strada, favorendo la diffusione dell’automobile e una
mobilità individuale sicuramente più elastica ma rivelandone però spesso i limiti ed
anche costi a carico del territorio i cui effetti in molte località già si fanno sentire
negativamente.
Barbara Scala
Laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1997 con una tesi del titolo “Teoria e restauro nella Riva di
Luigi Antonio Baruffaldi (1850 - 1905)”, relatore prof. Gian Paolo Treccani. Specialista in Restauro dei
Monumenti dal 2003 con una tesi intitolata “La documentazione del cantiere per il progetto di manutenzione
nel caso del riuso del Castello di Polpenazze del Garda”, relatori prof. Gian Paolo Treccani e ing. Lorenzo
Jurina; correlatore arch. Luciano Lussignolie. Dottore di Ricerca in Conservazione del Beni Architettonici dal
2009 con una ricerca dal titolo “La manutenzione programmata: il caso dei castelli della Valtenesi”, relatore
Prof. Gian Paolo Treccani. Titolare di incarichi di ricerca dal 2001 al 2008 e assegnista di ricerca presso
l’Università degli studi di Brescia (Facoltà di Ingegneria) nel 2010 e nel 2012-2013.
Ha partecipato in qualità di relatrice a numerosi convegni nazionali ed internazionali aventi come oggetto la
conservazione e la prevenzione del patrimonio architettonico e monumentale principalmente del territorio
bresciano e gardesano, il rischio sismico e la vulnerabilità urbana e autrice, sui medesimi temi, di saggi, articoli
e capitoli di libri. Con il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento, del Museo Civico di Riva del Garda,
Archivio Storico e Biblioteca Comunale e da parte dell’Associazione Riccardo Pinter, nel 2000 ha pubblicato
«Riva, città gagliarda, città cortese».
È inoltre titolare di uno studio di architettura con specializzazione in restauro, manutenzione e conservazione
dei beni architettonici monumentali.
La Riva del Garda voluta da “L’avvocato con la matita, promotore dei Restauri,
difensore dell'italianità ed attento all'industria del forestiero”
Il contributo vuole presentare l'esempio della città di Riva del Garda che vive un
momento di trasformazione importante nella seconda metà dell'800 che traghetta la città
tra la Riva tradizionale ottocentesca e la Riva moderna dell’arch. Gian Carlo Maroni: due
età architettoniche e storiche diversissime. Dopo la cocente delusione dei moti del '48,
si assiste ad una serie di trasformazioni urbane e architettoniche che, concognizione di
causa vengo accompagnate dall'attenta guida di Luigi Antonio Baruffaldi. Podestà di
Riva dal 1851 al 1854 e dal 1861 al 1864, nonché storico, membro influente della
Commissione d’Ornato cittadina e soprattutto per mezzo secolo Conservatore e
successivamente socio corrispondente dell’i.r.Commissione Centrale per l’indagine e la
conservazione dei Monumenti dell’Impero costituisce l'emblema di un'epoca di
trasformazione ed innovazione della città, che mostra da un lato l'attenzione alla
nascente “industria del forestiero”, ma dall'altro è consapevole del valore e significato
socio-politico che il tessuto locale, con le proprie caratteristiche storico architettoniche,
porta con se. Il riconosciuto valore politico dell'architettura storica (si pensi alle porte
civiche) diventa emblema di identità locali, che trovano nelle attività di restauro realizzate,
l'occasione per la esternazione di un malessere “identitario” ma nello stesso tempo la
manifestazione della qualità e vivacità di una città turistica avamposto dell'Impero sul
Garda. L'equilibrato connubio che Luigi Antonio Baruffaldi riesce a governare in modo
magistrale, permette di non creare il distacco tra la città “dei turisti” e la città “ dei
rivani”(come invece è capitato ad Arco): il nuovo piano regolatore del 1876, oltre la
creazione di viali rettilinei verso la periferia, aveva previsto opere di risanamento del
centro volte a ricreare una sorta di «colore locale» tanto ricercato dal turista. La città
storica non rinunciò alla propria identità, perciò il programma di promozione turistica
conservò saldi i principî della tradizione sociale e culturale originari: «sapeva offrire un
ambiente culturalmente avanzato e consolidato al quale la ricca borghesia e la classe
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intellettuale mitteleuropea si accostano con il gusto della scoperta, pronte ad apprezzare
ed in parte ad assimilare i valori culturali (anche ambientali) di una terra
fondamentalmente, e anche orgogliosamente italiana». Ma del resto, il processo di
«tedeschizzazione» era un rischio reale da correre per garantire la permanenza
dell’«forestiero»: perciò, accanto ai recuperi di testimonianze storiche dislocate nel
territorio urbano, nel 1892 si assistette alla creazione di un’apposita Società di
abbellimento d’affiancare alla commissione d’ornato.
Di fatti, le prime guide turistiche, nel lodare le qualità climatiche e ambientali della zona,
non scordavano di parlare della storia della città, delle peculiarità che questa terra offriva,
comuni alle altre zone del Garda italiano ed del commercio, ancora attivo con le terre di
confine.
Monica Aresi
Architetto, ha conseguito nel 2013 il titolo di dottore di ricerca in Conservazione dei Beni Architettonici presso
il Politecnico di Milano con una ricerca dal titolo La trasformazione di un paesaggio e la sua “costruzione”
turistica. Il volto ridefinito della costa nord-occidentale del Lago di Garda (1880-1940). Dal 2008 affianca
l’attività di libera professionista, principalmente nel settore della progettazione degli interventi sul costruito,
all’attività di ricerca in ambito universitario. I suoi principali temi di interesse riguardano la storia delle
architetture e dei paesaggi del turismo nel periodo tra Otto e Novecento, con approfondimenti che spaziano
dalla storia urbana, agli aspetti costruttivi e stilistici delle fabbriche e dei professionisti coinvolti nel settore del
progetto, oltre all’architettura rurale e il patrimonio immateriale ad essa connessa. Ha svolto diverse ricerche
storiche-documentarie riguardanti fabbriche ottocentesche in ambito ombardo, sia vincolate sia riferite ad
“architetture minori”, propedeutiche a progetti di conservazione o valorizzazione dei beni. Su questi argomenti
ha partecipato come relatrice a diversi convegni specialistici e ha pubblicato saggi in volumi e periodici. Dal
2009 svolge incarichi di collaborazione alla didattica presso la Scuola di Ingegneria Edile-Architettura (sede
Lecco) e quella di Architettura e Società del Politecnico di Milano per i corsi di “Storia dell’Architettura” e
“Historical Building Preservation Studio”.
Tra caratteri internazionali e paesaggio locale. I Grand Hotel di Gardone Riviera
(1883-1914)
L’intervento prende in considerazione la "fondazione" turistica di Gardone Riviera,
località posta sulla sponda occidentale del lago di Garda, nel contesto storico, politico e
culturale compreso tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.
L’indagine riguarda i mutamenti che hanno interessato il paese, trasformato, in pochi
decenni, da piccolo borgo agreste a meta internazionale frequentata da facoltosi
industriali e professionisti provenienti d’Oltralpe, attraverso una tematica ritenuta
emblematica per interpretare il nuovo indirizzo ed assetto turistico assunto dal paese,
ossia l'esperienza dei Grand Hotel. La loro diffusione a Gardone e la capacità di
condizionare morfologia e assetto della località saranno così rilevanti da poter
denominare questi complessi edifici "generatori di cambiamento" di vaste porzioni del
paesaggio gardonese. Sarà inoltre interessante notare come la cultura internazionale
dei Grand Hotel, che imponeva modelli e riferimenti comuni, atti a soddisfare le
aspettative della borghesia in ascesa, verrà calata nella realtà locale e condizionata
dall'ambiente circostante.
I temi toccati nell'analisi del progetto che ha reso possibile questa trasformazione,
apparentemente fatto di singoli episodi, ma guidato in realtà da interessi e volontà
comuni, riguardano:
 la rete di nuove competenze, professionalità e figure che portarono sul Garda una
diversa cultura (del progetto, degli spazi verdi e più in generale del vivere e dell’abitare)
e a cui sono relazionati nuovi modi di attrezzare il territorio;
 una sintetica visione delle principali strutture realizzate a cavallo del secolo e delle
loro trasformazioni nel tempo, approfondendo aspetti tecnologici, distributivi e stilistici;
 i cambiamenti urbani che i Grand Hotel portarono con se’ tra cui la realizzazione di
passeggi pubblici quali lungolago, promenade e passeggiate nell'entroterra, ma anche
costruzione di luoghi di incontro, svago e divertimento.
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Giovanni Dellantonio
Giovanni Dellantonio (nato a Cavalese, Trento, Italia, 1960), si è laureato in storia dell'architettura presso lo
IUAV Istituto di Architettura di Venezia con il massimo dei voti; è architetto. Nel 1991 è stato premiato con il
Premio per giovani storici "Onestinghel" promosso dalla Società di Studi Trentini di Scienze storiche di Trento.
Dopo essere stato collaboratore esterno del Servizio per i Beni Culturali a Trento, lavora dal 2000 come
funzionario della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia di Trento pressol’Ufficio beni storico-artistici.
Studioso di storia dell'arte e dell'architettura, ha partecipato come relatore a numerosi congressi internazionali
e ha scritto i saggi relativi alla storia di architettura per due volumi dedicati all’epoca medievale e moderna
della Storia del Trentino promossa da Istituto Trentino di Cultura. Ha progettato e diretto numerosi restauri di
beni di interesse storico-artistico.
Architettura, decorazione, arredi: uno sguardo sui grandi alberghi in Trentino e
Tirolo fra Otto e Novecento
La relazione esamina la costruzione e si sofferma sulla decorazione e sugli arredi –
anche sulla base di documentazione dell’epoca - di una serie di edifici per l’ospitalità
qualificati un tempo come Grand Hotel. Si considerano edifici in Trentino (Trento, Levico,
Vetriolo, Roncegno, San Martino di Castrozza, Lavarone, Rovereto, Canazei, Madonna
di Campiglio, Passo delle Mendola) e nel Tirolo – odierno Alto Adige (Bolzano, Gries,
Merano, Solda, Collalbo, Carezza, Dobbiaco, Colle Isarco, Brennero) e nel Tirolo
austriaco (Innsbruck, Igls, Finstermünz) dove lasciarono la loro opera anche artisti
all’epoca affermati come Gotfried Hofer, Bruno Goldschmitt, Tony Grubhofer, Fortunato
Depero e Tito Chini.
Nell’ area alpina l’affermarsi di un nuovo tipo edilizio al servizio della nascente industria
turistica, salutistica e termale che di per sè nasce rifacendosi a modelli prettamente
internazionali e moderni che si staccano del tutto per forme, dimensioni e dotazioni
tecnologiche dalle costruzioni tradizionali e che si rivolgono ad una clientela aristocratica
e medio e alto borghese per lo più di provenienza mitteleuropea è mitigato in molti casi
dalle realizzazioni di apparati decorativi che mirano a costruire un legame – a volte
inventato e allusivo – con quella che si considera la tradizione locale. Lo spartiacque
della prima guerra mondiale con il passaggio del Trentino e dell’Alto Adige – accomunati
nella provincia della Venezia Tridentina – non cambierà di molto la situazione. Almeno
fino a quello che si può considerare lo spartiacque del 1938, alla vigilia della seconda
guerra mondiale, gli stranieri saranno ancora considerati i benvenuti in regione.
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Sessione III
“Paesaggi importati”: aspetti botanici
Claudio Ferrata
Si è formato in geografia umana e in architettura del paesaggio presso l’Università di Ginevra. Ha svolto attività
didattica presso l’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera Italiana, è stato titolare del corso di
Introduzione al paesaggio alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. È attualmente membro della
Commissione del paesaggio del Cantone Ticino. Oltre che autore di numerosi articoli apparsi in riviste
specializzate ha pubblicato La fabbricazione del paesaggio dei laghi. Giardini, panorami e cittadine per
stranieri tra Ceresio, Lario e Verbano (Casagrande, Bellinzona, 2008) e L’esperienza del paesaggio (Carocci,
2014).
Quando l’albero è un migrante
Attribuiamo ai paesaggi vegetali una relativa stabilità: naturalmente questi evolvono e si
trasformano sotto l’influsso dei mutamenti climatici e ambientali. Ma non dobbiamo
dimenticare il ruolo svolto dall’uomo nell’importazione e acclimatazione di piante
alloctone. L’importazione di piante da luoghi lontani non è solo avvenuta per motivi
strettamente utilitaristici. È il caso delle piante importate a cavallo tra 800 e 900 che
dovevano soddisfare le esigenze e le ambizioni estetiche di una élite di collezionisti e di
proprietari di giardini. Attraverso un esperimento svoltosi sul territorio in scala 1:1,
l’importazione di vegetali ha trasformato numerosi paesaggi lungo le rive del
Mediterraneo o dei laghi insubrici.
Fiorenza Tisi
Biologa, dal 2001 è responsabile del Centro di Valorizzazione Scientifica del Garda - Villino Campi di Riva del
Garda, sede territoriale dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente in convenzione con il Comune
di Riva del Garda, dove cura progetti espositivi e culturali finalizzati alla valorizzazione del territorio e allo
sviluppo sostenibile. Dal 1988 al 2005 si è occupata di museologia scientifica, orti botanici, educazione,
ricerche fenologiche e geobotaniche in qualità di conservatore al MUSE, Museo delle Scienze di Trento.
Formazione: Laurea in Scienze Biologiche all’Università di Padova (1985), Dottorato di ricerca in Botanica ed
Ecologia all’Università di Innsbruck (1995), Diploma Internazionale di Educazione negli Orti Botanici presso i
Royal Botanic Gardens, Kew di Londra (2000), Diploma di specializzazione in Economia e Management dei
Musei e dei Servizi Culturali presso l’Università di Ferrara (2004), Master Universitario in Diritto e Management
delle Amministrazioni Pubbliche presso l’Università degli Studi di Trento e TSM Trentino School of
Management (2012). E’ socia onoraria del Garden Club Trento, socia dell’Accademia Roveretana degli Agiati,
della Società Botanica Italiana e di altre società scientifiche, fa parte del consiglio direttivo del Centro Studi
Judicaria. E’ autrice di oltre 130 pubblicazioni scientifiche e divulgative.
Profilo botanico del paesaggio turistico gardesano
Il lago di Garda è stato sempre apprezzato dai turisti provenienti dall’Europa
settentrionale, che qui hanno la possibilità di incontrare gli elementi più caratteristici della
vegetazione mediterranea: il leccio, la quercia sempreverde che raggiunge il suo limite
settentrionale di distribuzione; l’olivo, da sempre coltivato e oggi sempre meglio
valorizzato per la produzione del pregiatissimo olio; il cipresso, altra icona paesaggistica.
La particolare orografia consente di apprezzare, in pochissimo spazio e con un solo
sguardo, tutte le fasce altitudinali della vegetazione: dalla submediterranea lungo le rive
del lago, a 65 m s.l.m., a quella alpina, sui crinali delle catene montuose, a quote di circa
2000 m s.l.m.
Grazie al clima particolarmente mite, la varietà delle specie esotiche che nel tempo sono
state messe a dimora nei parchi delle ville e delle strutture di accoglienza è grandissima.
Ogni parco ha una fisionomia propria, i tratti botanici sono strettamente correlati alla sua
storia, alla qualità del progetto e a chi se ne è preso cura.
Tra le essenze più comuni ci sono specie per lo più mediterranee, ma anche asiatiche,
americane, australiane: cedri, magnolie, ippocastani, allori, tassi, sequoie, eucalipti,
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palme cinesi, oleandri, ligustri, bossi, viburni, fotinie, osmanti... Ci sono anche tante rarità
botaniche, come ad esempio l’albero di avocado più settentrionale del mondo. Si
possono stimare alcune centinaia di specie arboree ed arbustive, ma manca un
inventario, uno studio analitico che documenti le eccellenze e le fragilità di questo
patrimonio.
Ma quello che forse più ci impressiona è la maestosità di tanti monumenti vegetali
ultracentenari, eccezionali testimoni che ci fanno capire l’importante ruolo che il verde
svolge per migliorare la vita (la nostra e quella della terra), il valore della biodiversità, la
fortuna che abbiamo nel poter ammirare tanta bellezza.
Le potenzialità del patrimonio botanico gardesano per lo sviluppo economico del
territorio, anche in senso turistico, non sono mai state pienamente espresse ed ora è
urgente farlo, anche nell’ottica di promuovere la consapevolezza dell’intera società circa
le conseguenze dell’azione umana sul nostro pianeta e l’assoluta necessità di cambiare
modelli economici e sociali.
Andrebbe studiato un bel progetto partecipato, condiviso e degno di questo nostro bene
comune unico al mondo.
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Sessione IV
Patrimonio culturale e turismo.
Salvaguardia e valorizzazione
Roland Flückiger
Dr. Roland Flückiger-Seiler is an architect and architectural historian. He has worked as curator of historic
buildings and monuments in the canton and in the city of Berne. He also headed research in Swiss architectural
and cultural history (e.g. Swiss National Science Foundation research project ‘Swiss hotels between 1830–
1920’). Numerous publications (including two classics on Swiss hotel history: ‘Hotelträume’ and ‘Hotelpaläste’
and ‘Berghotels’) and teaching positions. Initiator and chairman of the jury for the ICOMOS award ‘Historic
Hotel / Restaurant of the Year’, member of the board of ‘Swiss Historic Hotels’.
Grand Hotels in Switzerland 1880-1914. construction, opposition and rediscovery
Around 1800 many new places of interest for tourists were discovered in Switzerland.
They sparked the construction of first small guest houses at main lakesides and
mountain inns in the 1830s. During the first hotel boom in the 1860s, many new facilities
were built along lakes. This period significantly increased the number of tourist
destinations, most prominently featuring magnificent sites with lake views like Glion
above Lake of Geneva or the famous Bürgenstock overlooking Lake Lucerne. At the
same time many hotels were constructed in the mountains – predominantly in the
Bernese Alps near the famous peak Jungfrau or in the Alps of the Canton Valais around
the Matterhorn (Mont Cervin near Zermatt) and near the Glacier of Aletsch.
The “Belle Époque” between 1880 and 1914 saw the rise of so called Grand Hotels
marking the peak of luxury hospitality. Life in a Grand Hotel operated in a closed world.
They offered everything a tourist could wish for: Luxurious rooms for all kind of
entertainment, spacious dining rooms and stucco-ornamented ballrooms with famous
paintings. During that period, hotels of comparable opulence reached higher and higher
altitudes – to 2’000 meter. Also the number of hotels in Switzerland grew from 1000 to
around 3600 and the number of beds from 57,000 to 170,000. For many places more
room nights would only be recorded in the 1960s.
Since the beginning of the 20th century opposition formed against the permanent
transformation of landscapes by big hotel constructions. By 1920s, progressive
architects called for a new, modern and “honest” architecture. They saw the Belle
Époque hotel as the symbol of an old, outmoded order. Strong objection persisted
throughout 20th century and only started to decline in the 1980s with the maintenance of
the Giessbach Hotel on the Lake of Brienz in Bernese Oberland. In 1997 the “Historic
hotel of the year” award was coined and became an important event for Swiss tourism.
In 2004 entrepreneurial hoteliers founded the marketing organisation “Swiss Historic
Hotels”, representing a new landmark in the rediscovery of historic hotel buildings. This
association is significant for showing hoteliers themselves learning to see the history and
value of their building as a marketing asset. The officially endorsed, century long
devaluation of historic hotel buildings in Switzerland was finally ended by such initiatives.
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Michela Morgante
Architetto, è dottore di ricerca in Urbanistica e si occupa di storia urbana contemporanea. Per un quinquennio
ha insegnato "Storia della città e del territorio" presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali a Ravenna.
Tra i temi indagati, cui ha dedicato saggi in riviste e monografie: il ruolo delle autorità di tutela storico-artistica
nella pianificazione delle città italiane tra Otto e Novecento, le dinamiche edilizie nella ricostruzione post-bellica,
l’infrastrutturazione del territorio per il governo delle acque, le politiche territoriali di area vasta. Le ricerche piu'
recenti riguardano la rappresentazione delle citta' d'arte italiane bombardate durante la Seconda guerra
mondiale, riletta attraverso la produzione fotografica degli Alleati.
A miniature Grand Hotel. Locanda S. Vigilio: paesaggio, elitarismo, immaginari
Il caso proposto intende affrontare un modello di ricettività turistica a prima vista difforme
dal modello tipologico e insediativo del Grand hotel, ma in realtà strettamente
imparentato a quell’universo in termini di glamour, spirito cosmopolita, potere generativo
sugli immaginari legati ai luoghi. Lambita dalle rotte di navigazione a vapore sul Garda,
punta S. Vigilio è dalla seconda metà del XIX sec. meta di escursioni giornaliere o
soggiorni più prolungati legati al Viaggio in Italia, tappa di spedizioni a scopo naturalistico
di botanici e geologi, punto panoramico privilegiato sulla costa orientale. L’animata vita
della locanda sul porticciolo, attracco e ritrovo di avventori spesso legati alla pesca, si
era plasmata sugli spazi dei corpi edilizi cingenti la darsena, accesso di servizio al
complesso domenicale poco più a monte. La funzione ricettiva faceva storicamente da
contrappunto alla tradizione di prodiga ospitalità promossa dall’umanista Agostino
Brenzone, occupando ab antiquo gli annessi fronte lago. Le strutture rinascimentali
dettano rigidamente i modi dell’organizzazione delle attività di ristoro: senza sostanziali
modifiche all’assetto disegnato dalla bottega del Sanmicheli, in simbiosi con un intorno
ambientale specialissimo, e come tale strettamente normato, sin dagli albori della
politica nazionale di protezione paesaggistica. L’istanza per una riedificazione più
massiccia a scopo alberghiero, tentata da un industriale nel 1913 viene stroncata sul
nascere dal Consiglio Superiore delle Belle Arti, a seguito del dibattito animato da
Corrado Ricci su riviste culturali come Emporium e Nuova Antologia, con l’ineludibile
appoggio del Touring Club Italiano. L’inclusione nell’elenco dei beni da tutelare come
“sito pittoresco”, fa di punta S. Vigilio un’icona della categoria normativa che Luigi
Parpagliolo sta parallelamente elaborando per stabilire i nuovi vincoli sulle “bellezze
naturali”. Di supporto al movimento protezionista fa eco l’apprezzamento largamente
condiviso – nel primo decennio del secolo – da un’élite nord’europea colta, composta
principalmente di artisti e letterati, attratti a S. Vigilio dallo speciale intreccio tra
mitizzazione rinascimentale dell’antico e conclamati valori estetico naturalistici presenti
nel sito. Diversi visitatori lasceranno in questi anni traccia visiva o scritta della loro
permanenza qui – dalle memorie libertine di Bertrand Russel, alle erudite divagazioni
benacensi della contessa Evelyn Martinengo, dall’epistolario dal Garda di D. H.
Lawrence, agli acquerelli dell’impressionista americano Sargent. Documenti che
attendono ancora una loro completa campionatura e una lettura a riscontro con una
specifica rassegna tesa a individuare gli stereotipi della visione di questo luogo-simbolo,
fino alla sua rappresentazione codificata e pervasivamente circolante nell’era del turismo
di massa.
L’Hotel-Pension S. Vigilio, “plain but good” nella corriva sintesi delle istruzioni Baedeker
1913, si componeva di una decina di stanze senza bagno privato, minuscola spiaggia,
loggiato-ristorante affacciato sull’acqua. Tale modesto livello degli standard viene solo
marginalmente innalzato negli anni Venti, con la rinnovata gestione del britannico Walsh,
figura di eccentrico forestiero inutilmente osteggiato dall’esterofobia nazionalista dal
fascismo locale, che farà dell’understatement la cifra di un irresistibile decollo.
L’ospitalità offerta dalla Locanda negli anni tra le due guerre sarà al contempo accurata
e spartana, qualificata e artigianale, esclusiva e sommessamente stilé: poco in linea con
il coevo modello dell’albergo di lusso in voga sulle riviere nostrane. La ricetta di Walsh
punta tutto sull’immersione totale nella natura, valorizzando al massimo l’esperienza di
isolamento, pace e tranquillità come antidoto alla frenesia mondana e alla “iperconnettività” della modernità metropolitana. È questo carattere di piccolo e esclusivo
rifugio hide-away la chiave di un rilancio che ne farà ancora nel secondo dopoguerra
meta ambita del riposo estivo di statisti, diplomatici, letterati, cantanti d’opera e star del
cinema (quasi mai italiani) cui S. Vigilio dovrà la sua visibilità anche nelle cronache rosa
nazionali.
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Fabio Campolongo
Rovereto, 1969, architetto, si è laureato nel 1995 presso l’Università IUAV di Venezia. Dal 1997 è funzionario
della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia Autonoma di Trento. Impegnato nell’attività di tutela
del patrimonio storico anche attraverso pubblicazioni, convegni e mostre, è attualmente funzionario di zona
per la città di Trento e incaricato dell’alta sorveglianza dei restauri della Cattedrale di San Vigilio, delle chiese
di Santa Maria Maggiore e di Sant’ Apollinare.
Tra i lavori seguiti in Valsugana si segnalano gli interventi alla torre Belvedere di Levico, al castello e alla
chiesa di S. Maria Assunta di Pergine e il recente restauro della sala autopsie presso l’ospedale psichiatrico
della stessa cittadina.
Nell’ambito dell’attività della Soprintendenza si occupa, inoltre, dell’architettura industriale e del patrimonio
otto-novecentesco. Su incarico della DARC del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha coordinato la
selezione, curata da Marco Mulazzani, delle opere di rilevante interesse artistico del secondo Novecento per
il Trentino-Alto Adige.
Tra le sue principali pubblicazioni si segnalano quelle edite in collaborazione con l’Archivio del ‘900 del MART
su Michelangelo Perghem Gelmi (MART, Trento 2012) ed Ettore Sottsass (Scripta, Trento 2013), le monografie
e i saggi nelle pubblicazioni della Soprintendenza: Trento ieri oggi domani (Trento 2008), L'Ossario per i caduti
dell'Esercito Austro-Ungarico nel cimitero di Trento (Trento 2010), Palazzo Ranzi a Trento (Trento 2011),
Palazzo Nogarola-Guarienti a Trento (Trento 2014).
Collabora fin dalla sua istituzione al corso di laurea in Ingegneria Edile/Architettura dell’Università degli Studi
di Trento dove dal 2004 è docente a contratto del corso di Storia dell’architettura contemporanea.
Cristiana Volpi
Trieste, 1974, architetto, si è laureata nel 2000 presso l’Università IUAV di Venezia, dove nel 2005 ha
conseguito anche il titolo di dottore di ricerca in storia dell’architettura e dell’urbanistica. Dal 2010 è ricercatore
a tempo determinato presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica dell’Università degli
Studi di Trento, dove coordina gli insegnamenti dell’area della storia dell’architettura per il corso di laurea in
Ingegneria Edile/Architettura, e svolge attività di ricerca nel campo della storia dell’architettura contemporanea.
Tra le sue principali pubblicazioni si segnalano i contributi nel catalogo dell’esposizione organizzata dal Centre
Pompidou di Parigi e la monografia su Robert Mallet-Stevens (Éditions du Centre Pompidou, Paris 2005;
Electa, Milano 2005), gli scritti contenuti nel catalogo dell’esposizione dedicata a Adolf Loos dall’Istituto
Austriaco di Roma (Electa, Milano 2006), e la monografia sul Palazzo Postale costruito ad Alessandria
dall’architetto Franco Petrucci durante il periodo fascista (Gangemi, Roma 2012). Recentemente ha
partecipato a diversi convegni internazionali, affrontando temi quali l’architettura dei padiglioni espositivi
(Budapest, 2013; Pamplona, 2014), i monumenti celebrativi eretti nelle terre di confine durante il fascismo
(Bolzano, 2012) e le opere per il turismo realizzate in Trentino nel corso del Novecento (Trento, 2012). Le
ricerche in ambito trentino sono state condotte insieme a Fabio Campolongo.
Per l’economia, l’arte e la patria. L’architettura dei Grand Hotel di piazza Dante a
Trento (1874-1943). Note per una storia di continue trasformazioni.
Il contributo proposto indaga la vicende del Grand Hotel Trento, realizzato a partire dal
1874 su iniziativa di Francesco Ranzi, ampliato nel 1898 da Emilio Paor e
successivamente “riorganizzato” in un nuovo, razionale e monumentale edificio
progettato alla fine degli anni Trenta dall’ingegnere trentino Giovanni Lorenzi. I due
edifici definiscono ancora oggi a livello architettonico (benché soltanto uno di essi
conservi la funzione originaria) la piazza antistante la stazione ferroviaria. Occupata da
un ampio giardino e significativamente intitolata a Dante Alighieri, a partire dalla seconda
metà dell’Ottocento questa piazza rappresenta un luogo di arrivi e partenze, uno spazio
di compresenze antiche e moderne, un ambito privilegiato per il loisir ma anche per
patriottiche celebrazioni.
Come nel caso della città di Trento, i grandi alberghi, e in generale le architetture per il
turismo, riflettono molto spesso il mutare delle condizioni politiche, sociali, economiche
e tecnologiche di un’epoca e di un luogo. A questa complessità di fattori si aggiunge
però il continuo “aggiornamento” di strutture, impianti e finiture che implica un ininterrotto
processo di trasformazione degli edifici. Alla contemplazione della bellezza dei luoghi e
al desiderio di quiete che gli hotel offrono, si affianca, infatti, nel corso del tempo, un
interesse crescente verso i servizi e le attività proposte dagli albergatori. E se nei primi
anni Venti le nuove costruzioni per il turismo, specialmente in ambito trentino, si
caratterizzano per un certo “ambientismo”, negli anni successivi denotano, invece, una
progressiva indifferenza alle questioni dell’inserimento ambientale in favore
dell’adesione agli stilemi dell’architettura razionale e internazionale moderna.
Ristrutturazioni, ampliamenti, sostituzioni edilizie e rarissimi (quantomeno in ambito
trentino) restauri impongono, dunque, l’individuazione delle condizioni che stanno alla
base dei processi di adeguamento delle strutture ricettive; un ampio ragionamento sui
temi dell’efficienza, del rinnovamento in virtù dell’apparire di nuovi gusti e nuove mode,
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del soddisfacimento di standard qualitativi codificati, consente la comprensione di alcuni
dei processi di trasformazione che sono avvenuti nel tempo e che costituiscono una
caratteristica peculiare delle architetture per il turismo.
Lo sguardo dello storico (Cristiana Volpi) e le considerazioni del funzionario della
Soprintendenza per i beni culturali sull’architettura (Fabio Campolongo), parallelamente
alla lettura dei documenti d’archivio, anche alla luce delle complesse vicende storicopolitiche che la città di Trento attraversa nel periodo in oggetto, offrono la possibilità di
incrociare dati ed esperienze, al fine di focalizzare le ripercussioni del mercato del
turismo sul patrimonio architettonico. Quanto accaduto sin dalla metà dell’Ottocento
induce, infine, a considerazioni utili al dibattito sulla conservazione e riorganizzazione
delle strutture alberghiere e sulle trasformazioni dei paesaggi che per la loro bellezza
avevano da sempre incantato i viaggiatori.
Monica Ronchini
Dopo aver lasciato l’insegnamento nelle scuole superiori, si è dedicata alla ricerca all’interno del MAG Museo
di Riva del Garda in qualità di responsabile dei progetti dedicati al territorio dell’Alto Garda in tema di archeologia e storia in coordinamento con le soprintendenze provinciali; è stata responsabile dell’attività didattica del
MAG Museo Alto Garda con le scuole di ogni ordine e grado e delle iniziative con le associazioni culturali di
valorizzazione del territorio.
Ha collaborato con la Fondazione Museo storico del Trentino alla realizzazione di ricerche e programmi televisivi in relazione alla mostra Terre coltivate dedicata ai paesaggi agrari trentini.
Attualmente è responsabile del progetto Altrove del Comune di Riva del Garda per iniziative partecipate legate
ai temi dell’emigrazione del mondo giovanile con il coinvolgimento di diverse realtà provinciali e associazioni
locali e con progetti di servizio civile universale provinciale.
Temi di ricerca sono stati la lettura antropologica dello spazio attuale e storico, incrociando discipline diverse
come la demografia storia, la cartografia storica, la letteratura di viaggio.
Si è laureata in filosofia ad indirizzo storico-economico e nel 2010 in antropologia culturale con una tesi in
antropologia economica dedicata all’analisi dello spazio turistico (Spazio e immaginario a Riva del Garda: per
una lettura antropologica dei luoghi turistici, relatore Gino Satta - Università di Modena e Reggio Emilia).
Pubblicazioni:
2011 Il lago di Garda fra cartografia e fantastico, in Il Lago di Carta. Rappresentazione cartografica del territorio
gardesano (secc. XIV-XIX).Riva del Garda 27 marzo-26 giugno 2011. Trento: MAG Museo Alto Garda
2011 Il contado di Riva del Garda, fra immagini antiche e fascinazione del paesaggio: un contributo antrop
logico, in Riva del Garda nel Quattrocento: immagini di un territorio antico. Trento: MAG Museo Alto Garda
2012 Il percorso dei Lotze nella regione trentino-tirolese tra storia e fotografia, in Alberto Prandi (a cura
di),Viaggio al lago di Garda: Le vedute fotografiche dei Lotze 1860-1880. Trento: MAG Museo Alto Garda 2014
Il paesaggio rurale dei viaggiatori in Trentino, in Alessandro Bertolini (a cura di)Terre coltivate. Storia dei paesaggi agrari del Trentino. Trento: Fondazione Museo storico del Trentino
2014 Una comunità alpina tra passato e presente, in Gian Pietro Brogiolo (a cura di)Campi nel Sommolago
gardesano:etnoarcheologia di una comunità di montagna. Trento: MAG Museo Alto Garda - SAP Società archeologica srL.
2015 Spazi con-divisi: per una lettura antropologica dei luoghi pubblici del turismo a Riva del Garda, in (a cura
di Fabio Mangone, Gemma Belli e Maria Grazia Tampieri) Architettura e paesaggi della villeggiatura in Italia
fra Otto e Novecento. Milano: Franco Angeli
I grand hotels, l'interiorità e il lago. A proposito delle strutture alberghiere di Riva
del Garda
Se nei luoghi turistici gli spazi pubblici sono modellati secondo un'esplicita volontà di
ordinare la realtà in funzione della narrazione di un immaginario collettivo, negli alberghi,
e in particolare nei grand hotels, queste operazioni avvengono in modo più complesso
e mettono in campo più variabili sotto il generale fenomeno della cura.
I grandi alberghi sono 'luoghi sospesi', contesti nei quali la manipolazione degli spazi e
la definizione delle relazioni sono finalizzate a permettere, in un tempo brevissimo,
l'esperienza di ritorno alle emozioni, all'interiorità, alla bellezza, ad un luogo primigenio,
alla radice singolare dell'esistenza.
Prova ne è la diffusione capillare di centri dedicati alla cura del corpo e all'esaltazione
delle emozioni. Sullo sfondo, mai realmente profondo, accade l'incontro, con l'altro,
un'altra cultura, un'altra lingua.
Questo dispositivo funziona però grazie ad una precisa organizzazione dei luoghi e dei
clichè, ma in esso acquista un ruolo invisibile e non trascurabile la materialità delle
strutture, fatta della storia, dell'edificio, della famiglia che ne ha la proprietà, di un preciso
contesto ambientale.
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Dell'importanza di questo aspetto sono controprova le recenti trasformazioni degli assetti
proprietari, dove la nascita di società per azioni o strutture finanziarie a capo dei grand
hotel costringe la simulazione e la perfezione a farsi più marcate, mentre l'assenza di
una famiglia quale ordinatore occulto ma reale degli spazi, fa rincorrere l'idea di un luogo
comunque agganciato ad una volontà, ad una persona.
L'intervento procederà così alla lettura delle trasformazioni dei grandi alberghi di Riva
del Garda, viste sotto questo particolare angolo prospettico, per tentare, in un confronto
possibile grazie al materiale d'archivio e all'incontro con chi vi vive e lavora, di delineare
le ragioni che spiegano la persistenza e i possibili sviluppi di tali componenti e di strutture,
in un luogo, come questo angolo di lago alpino, che dalla fine dell'Ottocento continua ad
attirare migliaia di persone.
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Passeggiata sul lungolago di Riva del Garda
Sara Vicenzi
Collaboratrice del MAG Museo Alto Garda, si è laureata nel 2014 in Conservazione e Gestione dei Beni
Culturali con una tesi magistrale di geografia storica dal titolo “Riva del Garda e i catasti ottocenteschi: una
prima analisi geo-storica”. All’interno del museo si occupa della creazione e della realizzazione di percorsi
didattici sulla storia del XIX secolo nell’Alto Garda ed è stata curatrice della mostra “Il tempo e l’istante.
Paesaggi fotografici del Garda 1870-2000” inaugurata a Riva del Garda il 15 marzo 2015. I suoi ambiti di
ricerca si concentrano sulla storia locale del XIX secolo, con particolare attenzione alla cartografia catastale,
all’analisi del territorio nei suoi mutamenti dall’Ottocento ad oggi ed allo sviluppo urbanistico e culturale di Riva
ed Arco.
Passeggiata
Nel corso della passeggiata conclusiva verrà percorso il lungolago a partire dall’Hotel
Sole fino ad arrivare al parco Miralago. Verranno posti sotto l’osservazione dei
partecipanti alcuni dei luoghi più importanti di Riva del Garda per l’esperienza turistica
fra Otto e Novecento che, ancor oggi, rappresentano dei nodi cruciali per la vita
economica e sociale della città. Le esperte mostreranno i molteplici rimandi
all’esperienza del Grand Hotel presenti ancora oggi, nonché le scelte, sia di carattere
urbanistico sia naturalistico, che nel corso del tempo hanno sfruttato l’esistente, in
termini di clima, vegetazione, struttura urbanistica, implementandolo fino all’ottenimento
di una immagine della città concorde e unitaria.
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Locandina e Abstract - Università degli Studi di Brescia