UN ENTE UNICO PER IL TURISMO R icordate quando la produzione degli occhiali veniva prima di tutto? Quando per il lavoro in fabbrica si scartava ogni altra proposta? Quando il turismo era sì importante ma non fondamentale e quindi mai settore di investimento… e anche per questo i turisti venivano sopportati? Da allora pare sia trascorsa un’eternità. In pochi anni sono cambiate velocemente le condizioni socio-economiche in Cadore. Oggi che il manifatturiero ha subito un ridimensionamento forzato è il turismo a catalizzare attenzioni, speranze e prospettive. Un settore, quello turistico cadorino, che ha tutte le carte in regola per guardare al futuro con ottimismo. Il Cadore ha la fortuna di detenere un patrimonio naturale da far invidia. Le Dolomiti con la gran parte delle cime più prestigiose sono in Cadore. E poi ci sono i laghi, i boschi, i paesaggi. Un ventaglio di attrazioni assolutamente strategico e potenziamente fortissimo nella competizione del mercato turistico. Anche perché questo “made in Cadore” è unico a non temere imitazioni né tantomeno contraffazioni. L’importante è gestirlo bene. Meglio - insomma - di come è stato fatto fino ad oggi. Meglio anche di come è stata gestita la “risorsa occhialerie”. E qui entrano in gioco l’intelligenza, che deve guidare la valorizzazione rispettosa ed equilibrata delle risorse che contornano l’attrazione turistica e la capacità strategica di pensare ad un progetto turistico unico per l’intero Cadore. Solo così il turismo potrà diventare una prospettiva economica capace di produrre e garantire occupazione e reddito. Le condizioni sono tassative anche e soprattutto per gli operatori del settore che sostengono di volersi mobilitare per tentare di comporre la frammentazione che, da sempre, caratterizza il comparto. E’ di pochi giorni fa la riunione, promossa dal presidente del Consorzio Dolomiti Gino Mondin, nel corso della quale è stato sottoscritto un “patto di collaborazione” tra i Consorzi turistici Alto Cadore, Auronzo-Misurina e gli operatori del Centro Cadore. Decisamente una scelta saggia che però deve essere considerata la prima tappa di un cammino che punta diritto alla creazione di un ente turistico unico per tutto il Cadore. Solo allora si potrà perfezionare l’azione di promozione e ottimizzare l’offerta. L’unità rafforzerebbe anche la valenza politica del turismo cadorino che potrebbe finalmente diventare soggetto autorevole nei rapporti istituzionali all’interno della provincia di Belluno e con la Regione Veneto. Com’è facile capire si tratta di una strada obbligata. Ogni alternativa deve (segue a pag. 2) Bepi Casagrande UN FONDO,TROPPE SPERANZE Alcuni Comuni potranno avviare progetti strategici rmai è entrato nel gergo politico e amministratiO vo, quasi a rappresentare la panacea che può risolvere tutti i problemi. Si tratta naturalmente del cosiddetto "fondo Brancher", il sistema creato con legge statale del 2009 per tentare di riequilibrare le situazioni economiche nei territori delle regioni a statuto ordinario confinanti con il Trentino Alto Adige. Nella Provincia di Belluno quattro comuni sono titolati per presentare progetti di investimento, in qualità di confinanti con la provincia di Bolzano: Comelico Superiore, Auronzo, Cortina e Livinallongo; altri rientrano nella categoria in quanto confinanti con la provincia di Trento. La "torta" da spartire è molto ricca: circa 150 milioni di euro complessivi per le due annualità 2010 e 2011 e per il prossimo anno è previsto lo stanziamento di un altra quota destinata al Fondo. Con il fondo Brancher Padola punterà al collegamento tra aree sciabili, Auronzo svilupperà gli itinerari ciclabili inizialmente previsti come potenziali beneficiari, sono ora in una fase di incertezza a causa di interpretazioni diverse della normativa. Resta il fatto che molti Comuni hanno la possibilità di avviare progetti strategici di ampio respiro, destinati a dare nuovo vigore all'economia locale e allo sviluppo del territorio. E' il caso di Comelico Superiore che punta tutto sul fondamentale collegamento tra l'area sciabile di Padola e la Val Pusteria, grazie anche all'interesse manifestato da vari imprenditori altoatesini. Il turismo invernale è infatti la chiave per aumentare le presenze turistiche anche nei mesi estivi e la collaborazione sinergica tra le due aree può rappresentare la condizione per migliorare il periodo di afflusso turistico, oggi limitato. Auronzo intende muoversi per lo sviluppo degli itinerari ciclabili che Per la gestione delle varie e complesse procedure è stato creato un "Organismo di Indirizzo" che ha provveduto a elaborare i criteri per l'assegnazione dei fondi sulla base di progetti di comuni singoli o associati, che verranno valutati e inseriti in una graduatoria. Non tutti i dubbi però sono stati risolti. Per esempio non è ancora chiaro il ruolo delle Comunità Montane e di altri organismi associativi dei Comuni (segue a pag. 2) come il Consorzio Bim, che Livio Olivotto RAPPRESENTANTE LADINO IN REGIONE a minoranza linguistica ladina è stata riconosciuta dalla legge dello Stato ItaliaL no 482/99, che ha delegato ai Comuni ed alle Province il compito di individuare i territori dove essa insiste. Con delibere dei consigli comunali e con successiva delibera del Consiglio provinciale, è stato disegnato il territorio delle minoranze, ladina, con 39 comuni, e germanofona con 1, nella parte nord della provincia di Belluno. E’ importante sottolineare questo aspetto, perché spesso parlando di Ladini ci si riferisce ad un gruppo di persone caratte- rizzate dall’attaccamento ai costumi ed alla tradizione, mentre invece quasi tutta la popolazione presente nei Comuni del territorio della minoranza è da considerarsi ladina. La provincia di Belluno è da tutti definita e considerata interamente montana. Però il suo territorio è caratterizzato da diversi aspetti orografici, la valbelluna e il feltrino per gran parte pianeggianti, mentre l’agordino, zoldo, cadore e comelico sono interamente inseriti nel sistema montuoso tra fondovalle e pendii. Queste quattro vallate sono quelle dove si (segue a pag. 2) Lucio Eicher Clere Storia d’imprenditoria e di lavoro MARCOLIN, UOMO D’ANTICO STAMPO on vuole passare per un “pioniere” dell'occhialeria, ben altri priN ma di lui avevano dato avvio a quel “miracolo industriale” di cui il Cadore sarà sempre fiero, ma Giovanni Coffen Marcolin è pur sempre un esempio di buon investimento su se stesso. Per necessità, dirà lui; per quel pizzico di attitudine e volontà che è il sale di ogni riuscita, aggiungiamo noi. Erano gli anni del dopoguerra e puntando sulle occhialerie “madri” fra cui spiccavano Lozza, Sàfilo, Fedon e De Villa (non dimenticando la Fedon Giorgio astucci e l'industria del legno), prese impulso l'economia del Cadore. Aveva 16 anni Giovanni quando nel 1947 terminò le “industriali” e gli studi, che pur gli piacevano, andando da apprendista presso Calisto Fedon. “Prima paga in busta chiusa, che ei portà a me mare”. Ma, lavorando e imparando, si costruì il suo sogno: aprì un proprio laboratorio nei primi mesi del 1961 e osò, si mise a fabbricare particolari aste in laminato oro che forniva alle aziende più grosse. Il mercato degli occhiali “tirava” a fine anni Sessanta e allora Giovanni ampliò alle montature e si costruì il suo piccolo stabilimento a Vallesella. Nel 1974 la Marcolin Occhiali Doublè produceva già 1000 occhiali al giorno e impiegava 80 dipendenti. Oggi Giovanni festeggia gli 80 anni nel suo ufficio di presidente e la Marcolin Spa è ovviamente un'altra azienda, fra le leader mondiali di un settore che ha conosciuto seri scossoni ma s'è attrezzato per risultare vincente. “Son contento, credo che l Padre Eterno al me voe particolarmente ben; ora ca in azienda l'e i miei fioi e me ciato con na gran serenità”, riassume questo capitano d'industria con tono affabile, accattivante, svelando un animo semplice, genuinamente cadorino. Al di là della storia, è la morale che dovrebbe interessare i giovani. Rdc VALLE ESTATE 2011 è cominciata con una Rievocazione Storica il 3 luglio ai Forti di Pian dell’ ERVIZIO Antro di Venas. Una giornata di storia vivente con le Sentinelle del Questo numero conLagazuoi tiene proposte e suggerimenti per scoprire e gustare il Cadore attraverso sagre, appuntamenti culturali, visite a musei, escursioni in Scoprì e percorse la cengia, ambienti meravigliosi. che nominò Gabriella. Lo ‘speciale’ Estate Così la storia che Armando 2011 viene distribuito Vecellio Galeno amava racconanche alle strutture tutare con entusiasmo. a Pag. 21 ristiche ad inizio luglio e agosto. S foto T. Albrizio Per non sprecare una risorsa ALLA PAG. 17 ESTATE 2011 Inserto ‘Speciale’ VIABILITA’ IN LADIN A des ch à tornó a verde la strada dla Val, dopo un pai d möide de dificoltes par i tance ch tocia caminé ogni dì dal Comelgo par dì a lorà, forse s desmöintia al sar vizio ch inà fato la stradela intrà i bosche sot al Col Trondo, ciamada d Bus del Val. a Pag. 20 MONTAGNA SPECIALE ESTATE Inserto del n. 7 Luglio 2010 - Distribuzione gratuita - Direzione e Amministrazione: Pieve di Cadore, P.za Tiziano UNA MIRIADE DI PROPOSTE Feste, sport, cultura, musica e tanta, tantissima montagna LUGLIO Il Gioco dell’e estate A CACCIA DI TIMBRI DEI RIFUGI ALPINI Q uest’anno il Cadore rega- ranno un premio speciale e prela una bella iniziativa ai libato a base di prodotti suoi abitanti e ai suoi turisti. Si del Cadore. L’opuscolo, tipici che è titratta di un grande gioco che tolato “Cadore Regno dei punta a far conoscere meglio i gi” contiene il regolamentoRifudel suoi rifugi con i sentieri da per- grande gioco, l’elenco dei correre per raggiungerli. Il gio- alpini presenti in Cadore rifugi co consiste nel collezionare i schede che ne illustrano con le timbri di almeno 15 rifugi alpini cificità e la descrizione le speche si trovano in Cadore. I tim- tieri da percorrere per de senraggiunbri devono essere raccolti in gerli. uno speciale opuscolo, preparaL’iniziativa è collegata to e stampato per l’occasione, in quella denominata “Cadore con Redistribuzione gratuita presso i gno delle Ciaspe” che tanto sucrifugi alpini cadorini. Quindi re- cesso ha conseguito nel corso candosi in un rifugio per ritirare dell’ultima stagione invernale. l’opuscolo si ha la possibilità di La nota positiva che qualifica effettuare il primo timbro. Poi queste iniziative deriva dalla ne mancano 14. I primi 300 partecipazione corale di escursionisti che collezioneran- enti pubblici e privati tutti gli del Cadono i 15 timbri prestabiliti riceve- re. VENERDÌ 1 LUGLIO CIBIANA - Festival di musica e specialità gastronomiche locali. Polo Culturale ore 21,30. DANTA - Alla scoperta delle Torbiere di Danta e visita alla fattoria didattica Ai Lares. Organizzatori: Guide alpine e naturalistiche 3Cime di Auronzo (3386755223). Partenza dall’Ufficio Turistico di Auronzo, ore 9. FORESTA DI SOMADIDA - Tutti i martedì e i giovedì di agosto dalle ore 9,30 alle 12 il Corpo Forestale dello Stato organizza visite guidate alla Foresta di Somadida. Partenza da Palus San Marco. SAPPADA - Atelier Incontri d’Arte. Mostra della pittrice Olga Riva Piller. Conoscere e vivere la montagna. Da domenica e giovedì di tutte le settimane dell’estate vengono organizzate escursioni adatte a tutti che vengono presentate ogni domenica alle ore 17 al Residence Borgo al Sole. Plodar Runde: tour enogastronomico a tappe con degustazione prodotti locali. SABATO 2 PIEVE - Sabato al Museo dell’Occhiale. Dalle ore 15,30 alle ore 18,15 laboratorio per realizzare gadget e conoscere la storia dell’occhiale. S. STEFANO - Inaugurazione di “Un bosco da favola”, ore 17 Hotel Krissin. Il Coro Comelico canta alle ore 10,30 nella Chiesa di Santo Stefano. AURONZO - Quinta edizione dell’Ultra Trail Lavaredo: 90 chilometri di corsa in montagna. SAN VITO - Mercatino dell’antiquariato. VODO - Festival Music&Tipical Food. Località Palada, ore 21. VIGO - Gruppo Folk “I Legar”. Spettacolo ore 20,30. LOZZO - Torneo di calcio a 5 “Memorial Manuel Calligaro”. DOMENICA 3 VENAS - Rievocazione storica 1915-1918. Dalle ore 10 alle ore 16 ai Forti di Pian dell’Antro. PADOLA - Trofeo Ribul Nin, corsa in montagna. Partenza da Padola alle ore 10 e arrivo al Rifugio Berti. Chilometri 10. Dislivello 740 metri. SAN NICOLÒ - Il Coro Comelico canta nella Chiesa parrocchiale durante la Messa delle ore 10,30. LOZZO - Torneo di calcio a 5. LUNEDÌ 4 SAN VITO - Mostra collettiva di arte contemporanea. Allestita nel Vecchio Asilo fino al 25 luglio. MARTEDÌ 5 SAPPADA - Animazione per bambini con giocolieri e artisti di strada. Piazza Palù ore 20,45. Corsi gratuiti di golf in località Sont dalle ore 9 alle ore 11. Bepi Casagrande Iniziativa realizzata con il contributo del Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano del Piave appartenenti alla Provincia di Belluno - Direttore responsabile Renato De Carlo TRA LUGLIO E AGOSTO IL CADORE PROPONE I nsieme le molte iniziative messe in calendario per questa estate, in Cadore, danno l’idea di un carnet variopinto, variegato e, per certi versi, anche succulento. Un mosaico di idee e di proposte che di sicuro incontrerà le esigenze e soddisferà i gusti dei Cadorini e dei Turisti amici del Cadore. Lo abbiamo capito raccogliendole in questo Speciale Estate che Il Cadore ha pensato, anche quest’anno, di pubblicare con i numeri di luglio e di agosto. Si tratta di feste e concerti musicali, di mostre e iniziative culturali di vario tipo, di appuntamenti sportivi e di escursioni, di visite guidate e di salite sulle cime più famose delle Dolomiti. Ma, come potete scoprire scorrendo il calendario, c’è molto altro ancora. Buona parte delle proposte rientrano nel capitolo delle riproposizioni. Ma quest’anno le novità sono proprio tante. E di peso, anche. Una è presentata qui a fianco. Si tratta di un gioco pensato per promuovere i rifugi alpini del Cadore. Un’altra bella novità dell’estate è il Parco Avventura di Auronzo. Mancava in Cadore. Ci hanno pensato le Guide alpine di Auronzo e un imprenditore della pianura. Di sicuro richiamerà attenzione e partecipazione. Le Guide alpine sono protagoniste anche di un’altra novità. Si tratta della proposta, rivolta a tutti senza limiti di età, di salire sulla Cima Grande di Lavaredo. È quel “senza limiti di età” che farà discutere. Molto bella ed azzeccata l’idea di far sfilare ad Auronzo e a Santo Stefano i figuranti del Palio di Vigo, Lozzo e Lorenzago. Un modo per far conoscere una fortunata manifestazione storica anche al di fuori dei suoi confini tradizionali. Tra le novità di quest’anno ci sono anche alcuni appuntamenti culturali di pregio come la Rassegna di concerti degli organi più antichi del Cadore e la Mostra sull’alpinismo cadorino allestita a Lorenzago. Tra le novità che richiameranno interesse e faranno parlare del Cadore oltre i suoi confini ci sono alcune importanti manifestazioni sportive come il Campionato italiano di corsa in montagna a San Vito, la gara di arrampicata sulla diga di Pieve e la Pedalonga. Tutto questo fino al 10 agosto. Molto altro riserveranno i rimanenti giorni di agosto e i primi di settembre. Ma di questo parleremo nello Speciale Estate allegato al numero di agosto de Il Cadore. Speciale Estate 2011 QUATTRO PAGINE DA CONSERVARE Con questo SPECIALE ESTATE Il Cadore vuole offrire ai Cadorini e ai Turisti che scelgono le nostre valli e le nostre montagne per trascorrere le vacanze tutte le opportunità messe in calendario in questa stagione. Ce ne sono tante e per tutti i gusti. In queste quattro pagine ci sono gli appuntamenti dal 9 luglio al 10 agosto. Nello SPECIALE allegato al prossimo numero de Il Cadore ci saranno tutte le proposte in calendario dall’11 agosto ai primi giorni di settembre. MERCOLEDÌ 6 BORCA - Saper&Sapori. Il mercatino sarà riproposto tutti mercoledì dell’estate. PERAROLO - Passeggiata con il Grest. Partenza ore 9. AURONZO - Con le Guide alpine ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo dove un volta c’era il mare. L’escursione è rivolta ai bambini dai 7 anni in su. Par- GRANDE BASKET a Pag. 22 UNA RETE MUSEALE CHE Dall’uomo RACCONTA IL CADORE di Mondeval ai reperti archeologici e alla casa di Tiziano Vecellio, dalla cultura alpina alla storia dell’occhiale a Pag. 3 ANNO LIX LUGLIO 2011 2 ENTE UNICO PER IL TURISMO dalla prima pagina tener conto del rischio di sciupare le opportunità di rilancio dell’economia locale offerte da un turismo attratto dalle inestimabili ricchezze naturali del Cadore. E su questo il nostro giornale, sollecitato dai lettori, intende vederci chiaro, capire chi vuole cosa. Lo farà organizzando uno dei suoi oramai collaudati forum. RAPPRESENTANTE LADINO IN REGIONE dalla prima pagina parla il ladino, nelle diverse sfumature di ladino atesino, ladino cadorino e ladino veneto. In esse si è sviluppata in questi anni una discreta coscienza di appartenere alla minoranza linguistica ladina dolomitica, come i vicini abitanti delle valli di badia, gardena e fassa. QUESTO E’ UN TERRITORIO LADINO Come quelle vallate sono riconosciute dai rispettivi governi provinciali come territori della minoranza ladina, così anche il territorio montano della provincia di Belluno dovrebbe essere riconosciuto dalla Provincia, dalla Regione Veneto e dallo Stato italiano “area ladina”, o come spesso la definiscono i movimenti culturali la “Ladinia delle Dolomiti venete”. Riconoscere la specificità di questo territorio come zona di minoranza linguistica dovrebbe essere considerato un valore aggiunto anche per altre zone di pianura della provincia di Belluno e dovrebbero essere sempre inseriti in tutti i provvedimenti che ad esso si riferiscono i riconoscimenti che in altre valli di minoranza nelle province vicine del Trentino Alto Adige vengono assegnati . IL NUOVO STATUTO REGIONALE OCCASIONE PER LA RAPPRESENTANZA LADINA L’appuntamento del nuovo statuto della Regione Veneto e le proposte di nuova legge elettorale che l’accompagnano offrono l’occasione ai movimenti culturali della Ladinia dolomitica di portare nuovamente sul tavolo della discussione il problema di avere un rappresentate della minoranza in Consiglio regionale del Vento, così come uno o più siedono in Consiglio provinciale di Bolzano e di Trento. Sarebbe importante che un consigliere di madre lingua ladina rappresentasse il po- 7 UN FONDO, TROPPE SPERANZE dalla prima pagina rappresentano un'offerta sempre più apprezzata dai turisti di tutta Europa. Anche Cortina ha in programma investimenti di grande rilievo per l'economia del territorio. L'auspicio di tutti è che le proposte dei Comuni trovino accoglimento nel momento dell'assegnazione dei finanziamenti e che, soprattutto, i progetti dei Comuni siano davvero utili per risollevare l'economia di tutta l'area cadorina che sta attraversando momenti davvero difficili.. fondato nel 1953 DIRETTORE RESPONSABILE Renato De Carlo VICE DIRETTORE Livio Olivotto REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE polo delle Dolomiti in Consiglio a Venezia. Per poter avere una presenza garantita dei Ladini a palazzo Balbi non dovrebbe essere la casualità o la “bontà” di un partito a far sì che un candidato della parte alta della provincia di Belluno sia eletto in consiglio regionale. Non convince neppure la proposta (a suo tempo valutata e avanzata dal movimento culturale in sede di dibattito sullo statuto e legge elettorale) di avere un consigliere eletto in rappresentanza di tutte le zone di minoranza delle varie province del Veneto. Tale proposta, rimpinguata da Bond con un rappresentate dei Veneti nel mondo, dovrebbe aggiungere 1 o 2 consiglieri a quelli espressi dal voto. Pare alquanto velleitario, in tempi di riduzione del numero dei rappresentanti nelle assemblee legislative, chiedere l’aumento dei consiglieri. Più realistica invece dovrebbe essere la proposta di riconoscere alla popolazione del territorio della minoranza ladina il diritto di eleggere un suo rappresentante in consiglio a Venezia. NUOVA FORMULAZIONE DELLA LEGGE ELETTORALE Si chiede quindi ai consiglieri di formulare la legge elettorale tenendo conto che in provincia di Belluno vengano eletti 3 consiglieri, 2 nella parte bassa della provincia e 1 nelle vallate di minoranza linguistica, cioè il territorio corrispondente a Agordino, Zoldo, Ampezzo Cadore e Comelico. Questa rappresentanza, caratterizzata esplicitamente come “consigliere ladino”, dovrebbe essere espressa dai votanti con il maggior numero di voti attribuiti a un rappresentante dei vari schieramenti in competizione elettorale. Così gli stessi partiti o movimenti dovrebbero confrontarsi con le problematiche del territorio con l’ottica della sensibilità di minoranza linguistica. Editrice Magnifica Comunità di Cadore Presidente Renzo Bortolot Cancelliere Marco Genova Segreteria Annalisa Santato Palazzo della Comunità - Piazza Tiziano 32044 Pieve di Cadore tel. 0435.32262 fax 0435.32858 EMail: [email protected] - Sito: www.il-cadore.it Spedizione in abbonamento postale - Pubblicità inferiore al 40% Fotocomp.: Aquarello - Il Cadore Stampa: Tipografia Tiziano Pieve di Cadore Reg.Tribunale di Belluno ordinanza del 5.4.1956 COME ACQUISTARE “IL CADORE” NELLE EDICOLE DEL CADORE: una copia € 2.10 - ARRETRATI: il doppio TARIFFE ABBONAMENTO ITALIA €25,00 ESTERO €25,00 PAESI EXTRAEUROPEI €34.00 SOSTENITORE € 50,00 - BENEMERITO da € 75,00 in su COME ABBONARSI UFFICIO: Segreteria Magnifica Comunità di Cadore, Pieve di Cadore POSTE: CONTO CORRENTE POSTALE: N. 12237327 intestato a “Il Cadore” - Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL) VAGLIA POSTALE a ”Il Cadore” Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL) - Italia BANCHE: BONIFICO presso Unicredit Banca Spa di Pieve di Cadore (BL) intestato a “Magnifica Comunità di Cadore”, causale “abbonamento” DALL’ITALIA: UNCRITB1D41 Codice IBAN IT21I0200861230000000807811 DALL’ESTERO: UNCRITB1M90 codice IBAN IT21I0200861230000000807811 TARIFFE INSERZIONI (per un centimetro di altezza, base una colonna): 12 inserzioni mensili € 13,00; 6 inserzioni mensili € 10.20; a 4 colori e in ultima pagina tariffa doppia. IVA sempre esclusa. La Direzione e l’Editore non rispondono delle opinioni degli articolisti. Foto e articoli non pubblicati saranno restituiti solo a richiesta. Resp. trattamento dati (ex D.lgs 30.6.03 n.196): Renato De Carlo QUESTO NUMERO È STATO CHIUSO AL 4.7.2011 7 ANNO LIX Luglio 2011 coprire la montagna dolomitica significa anche sofferS marsi sulla storia di questa terra: il Cadore. Al turista viene offerta una valida e curata proposta museale che si allarga su tutto il territorio ed accontenta anche i più esigenti visitatori. Iniziamo il nostro giro da PIEVE DI CADORE che è pure storicamente il centro sede della Magnifica Comunità di Cadore che affonda le radici nel tardo Medioevo (XIII secolo) e nelle esperienze di autogoverno che hanno lasciato forti valori identitari. L’offerta culturale ripresenta qui quell’interessante percorso che dall’epoca antica porta a quella contemporanea e ci fa capire l’importanza ed il fondamentale ruolo svolto dal Cadore nel passato. Partendo dalle vestigia preromane del IV sec. a.C. e romane raccolte nel Museo Archeologico, si passa all’affascinante storia medievale e moderna rappresentata dal Palazzo Comunitativo pregno di testimonianze che hanno sempre profondamente legato le genti cadorine; a qualche centinaio di metri, si può visitare la Casa Natale di Tiziano dove ci s’immerge ancora nella magica atmosfera dei ricordi del sommo pittore; si passa poi all’età contemporanea, ben rappresentata dal Museo dell’Occhiale, che offre uno spaccato delle attività che hanno caratterizzato lo sviluppo industriale del Cadore nell’ultimo secolo e contiene una ricca collezione databile dal XVI secolo; non può mancare inoltre la visita alla Chiesa Arcidiaconale che espone i suoi tesori d’arte sacra e fra tutte quella tela della “Madonna tra i Santi” dove Tiziano ha ritratto i figli e se stesso. Nel piccolo paese di PERAROLO DI CADORE vi è raccontata 3 MUSEI IN CADORE STORIA E ARTE DA SCOPRIRE Palazzo Magnifica Comunità di Cadore Casa Natale di Tiziano OFFERTA CULTURALE Museo Archeologico Museo dell’ Occhiale Museo Paleontologico DALL’EPOCA ANTICA ALLA CONTEMPORANEA Museo della Cultura Alpina Arcidiaconale di Pieve Museo di Costalissoio invece un’altra storia, quella economica del Cadore quando i boschi ed il commercio del legname rappresentavano una parte importante del sostentamento. Qui si può visitare il Museo del Cidolo e del Legname. A LOZZO DI CADORE troviamo il Museo della Latteria, dove foto ed oggetti raccontano la storia dell’alpeggio e della trasformazione del latte, momenti importanti nella vita della comunità. Salendo a LORENZAGO, troviamo il Museo del Papa, contenente oggetti appartenuti a papa Wojtyla. Arriviamo ad AURONZO, dove il Museo Multitematico - Flora e Fauna di Palazzo Corte Metto espone fossili e reperti archeologici del periodo romano, nonché minerali, fiori e animali tipici della zona. Continuando verso il Comelico, si può visitare il Museo Paleontologico di DANTA DI CADORE, che conserva dei reperti eccezionali, come quel cucciolo di Pasittacosaurus... A PADOLA DI COMELICO sono esposte al Museo della Cultura Alpina diverse collezioni di attrezzi agricoli ed artigianali, mentre nella vicina DOSOLEDO vi si trova un Museo Etno Antropologico che racconta la storia delle lavorazioni dei metalli. Spostandoci a SAPPADA da visitare è il Museo Civico Etnografico che raccoglie manufatti dell’antica Plodn. E’ questo ai MUSEI un viaggio interessante che val la pena di abbinarlo alle visite delle tante CHIESE d’epoca, un patrimonio d’arte, d’architettura e di devozione che non lascia indifferenti. Non c’è che da rimanere stupiti dalla storia e dalla cultura che in Cadore vi si trova. CONCESSIONARIA RENAULT PER LA PROVINCIA DI BELLUNO DAL PONT - VIA DEL BOSCON n. 73 - TEL. 0437 915050 CARROZZERIA - OFFICINA - SERVIZIO REVISIONI - Mctc n. 42 Ricambi originali - manodopera affidabile e professionale 4 EVENTI ederla per gustarla, perché questa mostra V è fonte inimmaginabile di curiosità e di annotazioni storiche che ti riportano a verificare le tue conoscenze. Conviene iniziare il percorso dei “Paesaggi della Memoria” dalla sede espositiva del Municipio dove, sui 32 pannelli e nelle 11 vetrinette sono presentati con accurata scelta i fatti storici dell’800 che hanno coinvolto in qualche modo il Cadore ed i relativi cimeli, dall’età napoleonica fino alla Grande Guerra, passando attraverso tre guerre d’indipendenza, i moti del 1848 e del 1864, la Breccia di Porta Pia, ma pure le guerre coloniali, le celebrazioni del 1898, la crescita demografica, sociale e culturale del Cadore. Contemporaneamente alla lettura sui pannelli di cotanti fatti, ben illustrati anche dalle molte foto e documenti, è d’obbligo l’osservazione dei cimeli: lettere, onorificenze, medaglie, nappine e armi dei Corpi franchi, armi di diverso genere, vestiario militare tra cui una giubba garibaldina e una lettera di Garibaldi, e altro ancora. L’altra sala espositiva dei “Paesaggi della memoria” è presso l’edificio del Cos.Mo. La grande mostra a Pieve di Cadore per il 150° dell’Unità d’Italia racconta vicende storiche con largo spazio a fatti e personaggi cadorini I PAESAGGI DELLA MEMORIA Due le sedi espositive: presso la 56 pannelli e 21 vetrinette raccontano sala del Municipio e al Cos.Mo. la storia d’Italia e del Cadore che, fra l’altro, è sede di un le certamente la pena di visiQui, con altrettanta curata grandi fatti del ‘900, dalla diMuseo dell’Occhiale che va- tare. scelta, vengono illustrati i fesa della frontiera orientale ’ stata celebrata degnamente al cinema E Piave la ricorrenza del 45° del Coro Comelico, alla presenza di un folto pubblico e di molte autorità. Dopo il saluto in apertura del presidente Luciano Da Rin, visibilmente emozionato, il Coro ha eseguito tre canti inseriti nel nuovissimo CD dal titolo "Noi siam partiti" contenente 16 brani dedicati alle famiglie venete sparse per il mondo che il Coro ha visitato negli ultimi anni, dal Canada al Brasile, dall'Uruguay al Belgio e legati per la gran parte alla produzione originale del Coro, frutto dell'impegno e della ricerca del direttore Luciano Casanova Fuga. Questo aspetto peculiare ANNO LIX Luglio 2011 7 agli eventi delle due guerre mondiali, dalla fine dello stato liberale al Fascismo e alla Resistenza, per finire con la Costituzione della Repubblica Italiana. Anche qui ovviamente viene dato largo risalto a fatti e personaggi cadorini che più hanno inciso sulla nostra storia locale. Nella sala vi sono altri 24 pannelli, 10 vetrinette e 4 postazioni di armi, tutto materiale che vale la pena di leggere e soffermarsi: lettere, oggetti personali, armi coloniali, divise della Prima e Seconda guerra mondiale, giacche, orbace e medaglioni fascisti, onorificenze, casacche da campo di concentramento e fazzoletti partigiani, scritti, mitragliatori e quant’altro, ma il tutto estremamente interessante. Non vanno qui dimenticati i curatori della mostra che tanto si sono prodigati: Giovanni De Donà, Roberto Granzotto, Giovanni Monico, Carlo Anelli Monti, Walter Musizza, Giancarlo Pagogna e Luigi Tabacchi Borin, Maria Giovanna Coletti, Vittore Doro, e non da ultimo, il giovane Massimo Albrizio che ha curato il progetto grafico. T. C. (foto di Tommaso Albrizio) CORO COMELICO IN FESTA PER I 45 ANNI Nuovissimo CD, 16 brani dedicati alle famiglie venete sparse nel mondo Grande festa al cinema Piave di S. Stefano di Cadore, il Comune riconosce il Coro come gruppo d’interesse culturale Riuscita trasferta a Roma con impegni prestigiosi presso la Famiglia Veneti e la chiesa del Pantheon che rende il Coro Comelico ambasciatore della cultura popolare e ladina in Italia ed all'estero, è stato evidenziato dal sindaco Alessandra Buzzo che ha ringraziato il direttore e i coristi per l'attività svolta. Il Comune che offre al Coro la sede presso il Palazzo municipale, ha anche approvato nelle settimane scorse una deliberazione ufficiale con cui riconosce il Coro come gruppo di interesse culturale comunale. Parole di elogio sono giunte anche dall'onorevole Maurizio Paniz, che ha sottolineato la capacità del complesso di emozionare e commuovere lo spettatore cantando i sentimenti, le passioni, la vita. Un grazie al coro è venuto anche dall'asses- sore provinciale Silver De Zolt, che già come sindaco del Comune comeliano aveva avuto modo di partecipare alle trasferte del Coro in Canada e Brasile, e con la sua amministrazione aveva concesso gli spazi indispensabili per ospitare la sede del sodalizio. La festa è proseguita con i riconoscimenti ai coristi e al direttore, con una menzione particolare per Luigi Pellizzaroli, corista fondatore che per 45 anni ha partecipato al sodalizio, senza interruzioni. La serata ha poi visto le apprezzate esibizioni dei cori maschili di Bressanone e Livinallongo e della corale mista di Fidenza. Nei giorni successivi il Coro è stato anche impegnato in una riuscita trasferta nella Capitale, con due impegni prestigio- si. Il concerto presso la sede della famiglia dei Veneti del Lazio, proprio a ridosso di Villa Borghese, grazie all'iniziativa del prof. Giancandido De Martin e di Renzo Boito, e l'accompagnamento di una Santa Messa nella Chiesa del Pantheon, nel centro di Roma, tempio millenario che ospita le tombe di Vittorio Emanuele II, del figlio Umberto I e anche di Raffaello Sanzio, promosso da don Nicola Tagliente di S. Stefano di Cadore, che a Roma svolge l'incarico di cappellano della Polizia di Stato e che si è prestato con cortesia e grande disponibilità per illustrare alla comitiva del Coro le ricchezze religiose, storiche e artistiche del Vaticano e della Basilica di S.Pietro. Livio Olivotto 7 A ANNO LIX Luglio 2011 pre Tre Cime Adventure Park. Ed è una ventata di novità in quel di Auronzo che così si dimostra sempre più sensibile al miglioramento ed alla qualità delle infrastrutture da offrire ai turisti e, perché no, anche ai locali. Quelle esperienze fra la natura che i bimbi-ragazzi d'oggigiorno poco possono praticare per gli svariati motivi che tutti conosciamo, le trovano al Park nei boschi di Taiarezze sotto l'Agudo al di là dell'Ansiei, un percorso esaltante da esplorare, proprio da avventura, da grandi emozioni: sentieri aerei fra i fitti alberi, dove scale di corda, ponti tibetani, altissime piattaforme panoramiche, liane e teleferiche di trasferimento, ti caricano di adrenalina e ti consentono di misurare le forze. Percorsi verdi per i ragazzi, percorso rosso per gli sportivi adulti più impegnati. Già dal primo giorno (ultimo week end di giugno) un nugolo di bambini e ragazzi si sparpagliano su per i quattro percorsi che ovviamente sono graduati nelle difficoltà, sprizzando felicità e talvolta qualche timore. Orgoglio misto a perplessità anche per i genitori giù a basso, ma ci 5 sono loro ad insegnare e vigilare, a far scuola: il team delle Guide alpine Tre Cime con Michele Zandegiacomo e gli altri, da Alex Pivirotto e Ferruccio Svaluto. Il Tre Cime Adventure Park è nato per loro iniziativa, unitamente all'imprenditore Edi Aldo Raf fin presidente di Eurosporting di Pordenoneche all'inaugurazione ha detto: “Abbiamo dato concretezza al nostro progetto di turismo sportivo. Ci è piaciuta questa collaborazione con le Guide Alpine che consente di offrire ai giovani l’opportunità di muoversi nella natura con attività propedeutiche ad ogni tipo di sport.” Una natura che non è stata toccata, come ha illustrato l’assessore alla cultura Tatiana Pais Becher che ha dato avvio agli interventi di saluto: “I percorsi si sviluppano su quattro livelli d’altezza e di dif ficoltà con 43 piattaforme, raggiungendo i 14 metri di altezza nel percorso rosso; la piattaforma panoramica è posta a 20 metri d’altezza sopra gli alberi e consente una stupenda panoramica da Auronzo alle Tre Cime. Nella progettazione dei percorsi, gli alberi sono stati analizzati e collau- Aperto a Auronzo il TRE CIME ADVENTURE PARK Sinergia tra Eurosporting e le Guide alpine Auronzo RAGAZZI, CHE AVVENTURA! Nel bosco di Taiarezze, quattro percorsi aerei su cui cimentarsi e da esplorare fino all’altezza di 20 metri Garantite emozioni in piena sicurezza con le guide alpine dati per valutare l’idoneità a sostenere i vari percorsi.” Soddisfatto anche il sindaco di Auronzo Bruno Zandegiacomo Orsolina che ha tagliato il nastro per l’inaugurazione: “Ringrazio quanti hanno collaborato a questa iniziativa dove si è dimostrato come ci si può muovere nel contesto incontaminato del bosco rispettando la natura. Al di là dell’aspetto turistico, questa è una bella opportunità per far avvicinare i bambini e i ragazzi alla natura.” Sì, le diverse attività che al Tre Cime Adventure Park si possono praticare sono quantomai adatte ai bambini delle scuole per avvicinarli in modo sicuro ed entusiasmante ai segreti del bosco e dell'arrampicata. E pure agli adulti Le bellezze naturali del paesaggio qui in Val d’Ansiei e il clima favorevole in questo periodo estivo rendono indimenticabili le vacanze e le esperienze vissute nel Park. Tony Cardel 6 EVENTI EVENTO UNICO IN ITALIA arà il paesino di Zoppè S di Cadore, ai piedi del monte Pelmo, ad ospitare in agosto il raduno dell’Ekv (Europaisher Kohler Verein), l’Associazione Europea dei Carbonai. La candidatura del comune di Zoppè ad ospitare l’8° incontro europeo dell’associazione, fortemente voluta dall’ l’Union de i Ladign de Zopè, è stata favorevolmente accolta dall’Ekv in occasione dell’ultimo congresso europeo svoltosi a Rostok due anni fa. Una grande soddisfazione dunque per il paese di Zoppè di Cadore, il primo in Italia ad ospitare un evento simile e che nonostante i suoi pochi abitanti (269 all’incirca), dimostra ancora una volta di sapersi rimboccare le maniche per tenere viva la tradizione, la storia e la cultura locale, in un ambiente non sempre facile da vivere (Zoppè è infatti uno dei paesi più in quota del Cadore, posto a 1461 metri d’altitudine). L’Union de i Ladign de «L Zopè», si legge sul sito www.museoetnograficozopp edicadore.com, «ha lo scopo di promuovere la conoscenza del territorio e la conservazione del patrimonio etno-culturale. Tra le tante attività svolte nel recente passato, L’U- ANNO LIX Luglio 2011 L’ottavo incontro europeo nel piccolo paese sotto il Pelmo è stato fortemente voluto dall’Union de i Ladign de Zopè A ZOPPE’ CARBONAI DA TUTTA EUROPA Ricostruite delle carbonaie. La produzione di carbone vegetale era una delle principali attività su queste montagne Il 26 agosto a Pian l’accensione del Poiat e la processione in costume ladino nion de i Ladign con il Museo Etnografico ha organizzato alcune ricostruzioni di carbonaie: la produzione del carbone vegetale è stata infatti una delle principali attività lavorative nelle nostre montagne. In particolare Zoppè di Cadore è nato a seguito di queste attività legate strettamente alla lavorazione dei metalli». Proprio grazie a queste attività, il Museo Etnografico è uscito dai confini locali per farsi conoscere anche all’estero dove i Ladign sono venuti a contatto con l’Associazione europea dei Carbonai. Arriveranno dunque a Zoppè gruppi provenienti da tutta Europa, in particolare da Svizzera, Austria, Francia, Olanda, Germania, Repubblica Ceca, Polonia e Belgio, tra cui molti carbonai tuttora attivi. «Occorre ricordare», si legge ancora sul sito, «che la presenza (in particolare in Germania) dei gelatieri provenienti dalle valli cadorine e principalmente da Zoppè di Cadore (…), crea un legame a doppio filo tra l’organizzazione di questo evento, l’associazione Ekv (nata in Germania) e l’attività dei gelatieri. L’attività del gelatiere stagionale che ha permesso un relativo benessere nelle nostre valli (oltre alla possibilità di non abbandonare definitivamente questo territorio, così come è successo in altri ambiti alpini), è stata l’attività alternativa nel momento in cui non è stato più possibile ottenere un’economia sufficiente a vivere in modo stabile in questo territorio, economia sostenuta principalmente dalla produzione del carbone. Questo benessere che ha permesso bene o male una conservazione territoriale, deve trovare una possibilità di integrazione e rilancio per il futuro di questo ambiente, divenuto prezioso proprio perché rimasto ai margini delle trasformazioni violente avvenute nei territori montani attigui, ragione per cui Zoppè con il suo territorio si trova all’interno di una delle aree riconosciute Patrimonio Mondiale dell’Umanità». L’arrivo dei carbonai a Zoppè di Cadore è previsto per giovedì 25 agosto. Il suggestivo momento dell’accensione del Poiat (la carbonaia) si terrà invece il 26 Cooperativa Outdoor Store di San Vito di Cadore Tel. 0436 99229 House Market e Ferramenta di San Vito di Cadore Tel. 0436 890421 Minimarket Cooperativa di Auronzo di Cadore Tel. 0435 400814 Market Cooperativa di Borca di Cadore Tel. 0435 482662 Market Cooperativa di Calalzo di Cadore Tel. 0435 501708 Market Cooperativa di Cibiana di Cadore Tel. 0435 540162 Market Cooperativa di Laggio di Cadore Tel. 0435 77073 Market Cooperativa di Selva di Cadore Tel. 0437 720613 Minimarket Cooperativa di Santa Fosca Tel. 0437 720140 Market Cooperativa di Zoldo Alto Tel. 0437 788560 Market Cooperativa di Valle di Cadore Tel. 0435 30188 Abbigliamento & Arredocasa di Valle di Cadore Tel. 0435 501534 di Irene Pampanin agosto alle 18 a Pian, dopo una processione in costume ladino. Il raduno dei carbonai andrà a coinvolgere tutta la val zoldana e il longaronese, sono infatti previste visite culturali al Museo del Chiodo, degli Zattieri e del Vajont nonché al museo di Messner sul monte Rite. Tutto il programma completo delle giornate può essere consultato sul sito www. museoetnograficozoppedicadore.com. A fare da cornice all’importante incontro con l’Ekv, verrà inaugurata il 7 agosto la mostra fotografica “Inte” di Marco Gallo, una raccolta di fotografie scattate lo scorso anno all’interno di alcune case abbandonate ma rimaste ancora integre, quasi fossero abitate. La mostra, voluta per non dimenticare come era la casa dopo l’abbandono della montagna, sarà visitabile presso le scuole elementari di Zoppè fino al 12 settembre. Da non dimenticare poi la festa patronale di Sant’Anna il 26 luglio e la Festa della Montagna il 3 settembre. L’ESTATE APPUNTAMENTI IN VAL FIORENTINA a Pro Loco Val Fiorentina e il comune di Selva di Cadore L aprono le porte all’estate con tante Cooperativa di San Vito di Cadore Tel. 0436 9117 7 novità, prima tra tutte la mostra della famosa artista lecchese Luisa Rota Sperti, già conosciuta in Cadore per l’esposizione dedicata a Dino Buzzati nel 2006, ospitata dal "Messner Mountain Museum "Dolomites" sul Monte Rite. Questa volta tocca al museo civico Vittorino Cazzetta, dove la Rota Sperti espone per la prima volta le opere originali dal ciclo “AI CONFINI DEL CIELO” dedicato alle leggende delle Dolomiti e, in particolare, ai personaggi femminili, come la Regina dei Fanes, la Gamina o l’ultima Delibana. La mostra è per la maggior parte un omaggio a Carlo Felice Wolff. Rimarrà aperta fino al 18 settembre, dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30, esclusi i lunedì di luglio e settembre. L’autrice incontrerà inoltre il pubblico il 16 e 17 luglio nella sala culturale del museo. Altra novità: il concorso di disegno e fotografia “LUCI E COLORI”, voluto dalla Pro Loco Val Fiorentina per esaltare la creatività di ospiti e paesani, utilizzando l’arte come stimolo per guardare con più attenzione le bellezze che ci circondano. Per questa prima edizione è stato scelto il tema “Fiori spontanei della Valle Fiorentina”. Le opere dovranno pervenire all’ufficio Pro Loco entro il 7 agosto secondo le modalità previste dal regolamento (scaricabile da www.valfiorentina.it o richiedendolo direttamente in ufficio). Le premiazioni si terranno nella sala culturale del museo Cazzetta il prossimo 20 agosto. In concomitanza alle premiazioni del concorso “Luci e colori” verrà consegnato il premio per la diffusione della cultura locale “1° MEMORIAL PALMIERI - MAZZOTTI” avente come obiettivo quello di incentivare il mantenimento, la divulgazione e lo sviluppo della cultura del proprio territorio, nonché premiare studi e ricerche finalizzate alla valorizzazione e alla gestione compatibile con la sal- Info. 0437 720243 vaguardia del paesaggio di Selva. Per la seconda estate consecutiva la sala culturale del museo civico ospiterà “CINEMA SOTTO IL PELMO”, serate di cineforum gratuite legate al tema del viaggio. Verranno proiettati “La marcia dei pinguini” (1 agosto, ore 20.45), “Up” (8 agosto, ore 20.45), “Rio” (16 agosto, ore 17) e “North Face – Una storia vera” (22 agosto, ore 20.45). Il 5 agosto la sala culturale ospiterà anche la proiezione del lungometraggio “Le senza volto – Streghe di Cavarnere”, prodotto dall’associazione Belluno Ciak per la regia di Franco Fontana, il quale sarà presente alla serata. Il film, consigliato ad un pubblico sopra i 14 anni, racconta la leggenda di alcune streghe che abitavano la zona di Cavarnere (comune di Trichiana), dove si trovano dodici faggi secolari posti in cerchio. Si racconta che proprio in quel posto le streghe facessero dei riti magici. Proseguiranno tutti i martedì di luglio e di agosto anche le passeggiate nel bosco con partenza presso l’area pic-nic, a cui seguiranno i PRANZI CON BIANCANEVE in un caratteristico bivacco immerso nel bosco, dove i prodotti tipici verranno cucinati sul fuoco come una volta. INCONTRI CON L’AUTORE” E SERATE TEMATICHE. E’ previsto per ferragosto l’arrivo a Selva di Cadore dello scrittore Gian Antonio Stella, autore del libro “La Casta”. Sarà invece Marco Sala (alpinista e gestore del rifugio Passo Staulanza) il relatore delle serate “Wonderful Alaska e Makalù 2” l’8 luglio e “Il respiro delle montagne” il 25 luglio. Verrà ripresentato sabato 23 luglio presso il museo Cazzetta alle 20.30, lo SPETTACOLO TEATRALE “Il mistero dei 7 7 ANNO LIX Luglio 2011 arà un Palio di San Martino ricco di novità quello che caS ratterizzerà l’estate alle porte. Nato due anni fa grazie alla pro loco di Vigo e portato avanti dalla stessa anche nell’estate 2010 con ben quattro eventi dedicati, il Palio di quest’anno promette uno spettacolo ancora più avvincente delle precedenti edizioni. Ad aprile, infatti, è nata l’associazione “Praemium Sancti Martini”, costituita grazie all’impegno delle tre pro loco di Vigo, Lozzo e Lorenzago e dei rispettivi presidenti Marcello Zannantonio, Nerino Lora e Tiziano Tremonti. Essa, presieduta da Carlo Colarieti Tosti, sancisce una collaborazione già cominciata due anni fa in occasione della prima edizione del Palio e ha lo scopo di organizzare gli eventi legati alla rievocazione storica in questione. La rievocazione, inoltre, riunisce i paesi che anticamente, nel Medioevo, costituivano l’Arvaglo, ovvero Laggio, Vigo, Pelos, Lorenzago e Lozzo. Due, infine, le basi storiche su cui si ergono le manifestazioni: il 1208, anno in cui nacque a Vigo la Pieve di san Martino, e il periodo intorno al 1345, in cui visse Ainardo, il personaggio principale della rievocazione. Molteplici sono gli appuntamenti in programma. Innanzi tutto si terranno tre eventi che costituiranno la gara per la contesa del Palio. Le cinque squadre dei paesi dell’Arvaglo si sfideranno in gare di tiro con l’arco e giochi di fortuna che prevedono le prime due fasi a Lozzo, il 24 luglio, e a Lorenzago, il 7 agosto. L’evento più importante, però, sarà quello del 34 settembre a Vigo, dove si terrà la fase finale della gara e due giornate ricche di appuntamenti alla riscoperta del Medioevo. Saranno presenti gli oltre ottanta figuranti dell’associaione Praemium Sancti Martini, dal gruppo delle guardie “Cadubrii Custodes” al gruppo arcieri, dai nobili ai popolani, dai giocatori ai tamburini. Vi saranno poi gli sbandieratori di Feltre, il gruppo storico “La Fara” con i suoi guerrieri Longobardi e la grande novità di quest’anno: il gruppo di rievocazione medievale “Ulrich von Starkenberg”, di Bolzano. Questi ultimi saranno presenti in entrambe le giornate e porteranno la loro A Vigo quattro eventi quest’estate con il Palio di San Martino Il clou con la “riscoperta del Medioevo” il 3-4 settembre UN PALIO RICCO DI NOVITA’ Saranno presenti oltre 80 figuranti: nobili, popolani, guardie, arcieri, giocolieri, tamburini La rievocazione storica riunisce i paesi che nel Medioevo, intorno al 1345 quando visse Ainardo, costituivano l’Arvaglo: Laggio, Vigo, Pelos, Lorenzago e Lozzo Cura l’evento l’associazione Praemium Sancti Martini, cui partecipano le pro-loco di Vigo, Lozzo e Lorenzago Novità: è nato il gruppo tamburini con i bambini della Scuola primaria ventennale esperienza nell’arte medievale della scrittura, della cucina, della tessitura, della fabbricazione d’armi e del combattimento. Vi sarà poi intrattenimento con musica medievale, a cui seguirà la danza del ventre e una spettacolare serata di fuochi artificiali. Sarà allestito un mercatino, si terranno giochi per i bambini, grazie al gruppo suoni scomparsi” liberamente ispirato al libro di Paola Favero. La rappresentazione vedrà protagonisti i genitori dei bambini della scuola dell’infanzia di Selva. Ogni giovedì sera (dal 21 luglio al 24 agosto), lo Snack Bar Ileade di Santa Fosca presenterà MUSICA DAL VIVO accompagnata alla degustazione di grappe di Fausto Moè. La musica andrà però anche in alta quota. Il 29 luglio sulla terrazza del Rifugio Averau (a partire dalle 14.00) si esibirà il pianista e cantante Luca Carniello, alla cui musica si accosterà la lettura Gruppo teatrale dei genitori 2010 foto d’archivio 2010 2009 Vi saranno inoltre altre due animazione dell’associazione, e giochi per i più grandi, come il lan- uscite per i figuranti dell’associo del tronco, la corsa coi sacchi e ciazione, il 16 luglio ad Aurontante altre divertenti attività. zo e il 5 agosto a Santo Stefano, di favole tratte da “Rifugio Settimo Cielo”. L’evento verrà ripetuto il 21 agosto presso il Rifugio Aquileia. Da non dimenticare poi l’inaugurazione di una nuova ippovia il 28 luglio, il primo TORNEO DI BOCCE organizzato dalla Pensione Lorenzini di Pescul per il 18 e 19 agosto, nonché le tradizionali feste paesane: il 17 luglio la SAGRA DELLA MADONNA DEL CARMINE e il 31 quella di Sant’Osvaldo, il 10 agosto San Lorenzo e il 15 la sagra della “Madona De Aost”. Irene Pampanin in occasione della manifestazione “Vita nelle Vie”. Altra importante novità riguarda un nuovo gruppo dell’associazione. Grazie alla collaborazione con la scuola Primaria di Vigo è nato il gruppo tamburini. Il progetto, cominciato in gennaio grazie all’iniziativa dell’insegnante Annamaria Mazzolini e chiamato “Ti racconto di dame e cavalieri”, ha visto la partecipazione di diversi membri dell’associazione del Palio ad incontri con i bambini. In questi, si è avuto modo di far scoprire ai giovani alunni la tradizione storica del Palio, allargandosi poi alla cultura medievale nel suo complesso e, grazie alle guardie e agli arcieri, si sono tenute anche avvincenti dimostrazioni sull’utilizzo delle armi. I bambini, poi, hanno avuto modo di approfondire i contenuti con le insegnanti, che hanno intrapreso un percorso formativo che ha riguardato tutte le importanti figure che hanno contraddistinto la storia del Cadore. Il progetto si è concluso il giugno scorso, quando alla presenza dei genitori, del sindaco di Vigo Mauro Da Rin Bettina e di una folta rappresentanza di figuranti, tutti i bambini sono stati nominati singolarmente “Messere” o “Damigella”. “L’esperienza con i bambini delle scuole” racconta il presidente Colarieti Tosti “è stata davvero esaltante perché tutti hanno dimostrato grande interesse e partecipazione alle attività promosse dalla nostra associazione. È inoltre per noi motivo di grande orgoglio il fatto che una decina di loro ha deciso entrare a far parte della nostra associazione e di costituire il gruppo tamburini, che parteciperà a tutti gli eventi in programma e che avrà il compito di aprire il corteo medievale. Anche tutti gli altri bambini parteciperanno al corteo, al seguito dello stendardo rappresentante la loro scuola. Il nostro obbiettivo per il prossimo anno è quello di portare avanti questa iniziativa, coinvolgendo anche le altre scuole dei paesi del Palio, ovvero Lorenzago e Lozzo.” Mario Da Rin A LOZZO CON LA BIBLIOTECA all’8 al 17 luglio si terrà a Lozzo presso la biblioteca comunale la mostra “APPUNTAD MENTI CON LA BIBLIOTECA – La storia, i libri, il teatro, la musica e le testimonianze di Lozzo di Cadore”. Il tutto nasce dall’idea del nuovo consiglio della Biblioteca Comunale, eletto nell’ottobre 2010 e presieduto da Anna Doriguzzi, che vede Matteo Poclener come segretario, Giuseppe Larese Filon come Tesoriere, Chiara Lora e Daniele De Meio come consiglieri e Miriam Zanella rappresentante della giunta comunale e assessore alla cultura. La mostra consisterà in un ideale viaggio nella vita, dall’angolo dell’ “Infanzia” a quello dell’ “Adolescenza”, dall’ “Età adulta” alla “Terza età”; una quinta parte, infine, sarà dedicata alla “Cultura Ladina”. Vi sarà poi uno spazio dedicato ai bambini. Eventi di spicco in programma presso l’ Auditorium Comunale sono: venerdì 8, “La Biblioteca Comunale in Mostra”, proposte letterarie di tutti i gusti, anche per i più piccoli, con la lettura-spettacolo “L’uomo che piantava gli alberi” con Federica De Col e Andrea Dassie. Giovedì 14, “La Biblioteca Comunale in Musica”, con la partecipazione dei “Fabrizio e naietre”, un gruppo musicale di Costalta che interpreterà Fabrizio De André. Infine, domenica 17, si terrà la serata tematica “La Biblioteca Comunale in…”, in cui si terrà un dibattito sulla cultura locale e verranno presentati alcuni libri al riguardo. 8 ANNO LIX Luglio 2011 7 Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni VOCAZIONI COMELICESI ALICE SACCO, DA MEDICO A SUORA Alice Sacco, cardiologa all'Ospedale Niguarda in Milano è stata chiamata da Dio e ha detto “sì”. Il nonno paterno era Gildo Sacco di San Nicolò e la nonna paterna era Gemma Doriguzzi Bozzo di Danta. E' entrata nell'ordine delle “Suore Missionarie di Gesù Redentore”, fondato da madre Teresa Gospar, con sede in AfforiMilano nel complesso “Villa Luce”. Queste donne velate, certamente chiamate da Dio, ma anche stimolate dalle esigenze sociali del nostro tempo, hanno deciso di dedicare la loro vita, in molteplici ruoli, all'inserimento nel mondo della scuola, del lavoro e della famiglia, di ra- gazze minorenni sfortunate che dalla famiglia d'origine o dalla società sono state maltrattate e che ora hanno tutto il diritto di tornare a vivere. Dice madre Teresa e con lei tutte le suore e anche l'ultima arrivata suor Alice: “Queste ragazze hanno tanto sofferto e noi non vogliamo che soffrano ancora, quindi vogliamo dare loro tutto il bene spirituale e materiale possibile” (...) Suor Alice ha 34 anni, grande passione per lo sport, per i viaggi e per il contatto quotidiano con Dio tramite la preghiera. Il suo impegno è stato lo studio ed ora è il lavoro in ausilio ai malati ed agli emarginati, sempre in una atmosfera di fede non bacchettona e di carità silenziosa. Sapete che cosa dicono i suoi colleghi medici e infermieri al Niguarda? “Alice cura con dedizione tutti, ma se hanno la pelle scura e non parlano bene l'italiano ha qualche attenzione in più”. Il 30 aprile, nella chiesa di Santa Giustina in Affori, Alice ha professato i primi voti. Ha celebrato la funzione il vescovo di Vigevano mons. Vincenzo Di Mauro coadiuvato da don Riccardo Festa parroco della comunità pastorale in cui è inserita anche la parrocchia di Trenno. (...) Erano presenti sull'altare altri sacerdoti tra cui don Angelo A SIDNEY UNA FOTO HA FATTO DISCUTERE Egr. Signor De Carlo, la ringrazio della sua lettera del 7 giugno riguardo le foto pubblicate nel numero (Il Cadore) di marzo dove il Signor Bruno Cossalter presidente dei Bellunesi nel Mondo di Sydney mi accusa in pubblico di avere levato io dalla foto la sua persona. Come spiegatole per telefono la pregherei di fare chiarezza su Il Cadore di luglio... La ringrazio e colgo l’incontro per cordialmente salutarla. Giovanni Pinazza Sidney Preg. mo Signor Pinazza, mi spiace della disputa che lo ha coinvolto con il presidente dell'Associazione Bellunesi di Sidney, tuttavia non ne ravviso il motivo. A marzo ho pubblicato la sua immagine unita- mente al mio saluto per il rinnovo dell’abbonamento, tratta dalla foto che mi era stata inviata e pubblicata integralmente a gennaio. Non vedo perché il presidente Cossalter volesse apparirvi in questa seconda occasione assieme a lei e al Signor Zanella (il quale, è stato erroneamente inserito ritenendolo cadorino). Questo è il mensile dei Cadorini, di chi vive in Cadore, di chi ama il Cadore. Questo è il giornale istituzionale e storico della Comunità di Cadore e ha sempre messo in rilievo l'opera importante dei Cadorini nel Mondo. Lei è uno di questi. Tutto qui, non capisco come possa essere diventato un “caso” fra di Voi. Penso che ora il presidente Cossalter capirà che non c’è stato né da parte sua Signor Pinazza né da par- te nostra alcunché di scorretto. Cordiali saluti Renato De Carlo Balcon parroco di San Nicolò e Danta, comuni delle dolomiti bellunesi, giunto per l'occasione a Milano alla testa di una graditissima rappresentanza di miei paesani. Ha reso ancor più solenne e lieta la cerimonia il coro di Trenno diretto dal maestro Ambrogio Geroli. Mi piace qui ricordare la partecipazione del primario cardiologo del Niguarda Silvio Klugmann accompagnato dalla consorte e da un nutrito gruppo di medici ed infermieri nonché la partecipazione del presidente di Co- op Lombardia Silvano Ambrosetti seguito da Valter Molinaro responsabile del progetto “Buon Fine” di cui Villa Luce sta già fruendo. Erano presenti per il comune di San Nicolò i consiglieri Ivana Cesari e Ugo Regin e per il comune di Danta il consigliere Fabio Mattea. Il sindaco di San Nicolò Giancarlo Ianese e il sindaco di Danta Virginio Menia hanno voluto far giungere via posta le loro congratulazioni. E' pervenuta a santificare la festa la benedizione del papa Benedetto XVI. E ancora le benedizioni di Dionigi arcivescovo di Milano, di AU G U R I A E N N I E F E D O N PASETTO E SIMONETTI La Signora Ennie Fedon, madre dell’imprenditore Callisto Fedon, ha compiuto il 21 giugno scorso la bellezza di 101 anni ed è in piena forma. Complimenti! Sul mensile di maggio ho trovato pubblicato il mio libro su Masi Simonetti, con l’ottimo articolo curato da Ennio Rossignoli. Grazie infinite… anche perché pochi si preoccupano di questo grande pittore da me conosciuto quando lavoravo a Forno di Zoldo (nell’allora Cassa di Risparmio). Tempo fa Giuseppe Marchiori mi aveva scritto, fra l’altro, che “bisogna essere in giri particolari, special- Giuseppe vescovo di Belluno e Feltre, vescovo dei monti, di Francesco vescovo di Rimini, vescovo del mare e di Attilio già parroco di San Nicolò. Merita una riflessione l'omelia del vescovo Vincenzo, densa di ricordi, di significati e di stimoli. La stessa suor Alice, nel suo saluto ai presenti, ha sottolineato con forza le parole del vescovo ribadendo il suo impegno a vivere e lavorare costantemente all'insegna della dedizione prescindendo dalla carriera e dal reddito. Concludendo, l'orgoglio mi spinge a dire che questa suora è mia figlia, che sono entusiasta della sua scelta e che anche mia moglie, pian piano, sta condividendo la gioia di Alice. Voi sapete che ogni mamma vede come traguardo per le figlie il matrimonio e la maternità, ma a volte c'è Qualcuno che ci mette lo zampino e allora... così sia. Giuliano Sacco Pubblico quasi integralmente la lettera perché tutti noi comprendiamo la gioia dei genitori e il grande passo nel mondo che Alice ha fatto. mente di carattere ufficiale”. Ma il Masi non ha figli e pochissimi amici che si preoccupano di ricordarlo. La ringrazio ancora moltissimo. Deferenti saluti. Emilio Pasetto Domegliara Errata Corrige (VR) Sul numero di Giugno è stato cambiato nome a Marino Baldissera, direttore del Coro Cortina. Pure lui ha sorriso presentandosi alle prove con il nuovo nome. Ma l’errore è da doppio segno rosso e l’articolista non sa proprio dire come possa essere successo. 7 ANNO LIX Luglio 2011 9 Lettere & opinioni • Lettere & opinioni • Lettere & opinioni Sul progetto sciistico Cadore-Civetta Sull’intervista al sindaco Fiori, riceviamo e pubblichiamo QUEL TITOLO GALEOTTO MODO OBIETTIVO D’AFFRONTARE IL TEMA Caro Direttore, ho letto il suo articolo in merito al NO al collegamento Cadore Civetta. Prima di accusare di immobilismo i legittimi proprietari del territorio la invito ad informarsi adeguatamente su cosa siano le Regole cadorine e che cosa rappresentino. La invito inoltre a visionare il progetto presente sul sito Cadore Civetta, dove potrà informarsi sui costi e sul consumo di territorio in termini di piste, impianti, demanio sciabile strade ecc... Se, ancora, avesse qualche dubbio, provi a leggere i vari documenti che ha prodotto il comitato del no e che ha predisposto un sito. WWWpelmo-mondev&.it. Con molto rammarico prendo atto della poca informazione dei fautori del si, locali e non. Diocesi compresa. Indipendentemente dall’idea, forse valida, del collegamento, l’irrealizzabilità tecnica, economica e amministrativa, avrebbero forse dovuto far riflettere le persone. Ma mi sembra che ciò non sia avvenuto. E sì che era sufficiente leggere... Aggiungo fin da ora la mia intenzione di non acquistare più il suo giornale ... Cordialità walhalla l970 sco, la natura e le nostre crode, la nostra gente, la tradizione delle Regole, stanno a cuore da sempre anche a me. Giornalisticamente parlando è nostro dovere dare spazio a tutti, e a questo noi ci atteniamo più di altri, perché “viviamo” quella frase scritta sulla testata del giornale: Justitia et fide conservabitur. Il nostro è un giornale storico di cultura e approfondimenti sociali, è il giornale di proposta per un Cadore che deve rimanere ambito di idee e iniziative, perché solo così un popolo può avere futuro. Dunque, pur comprendendo il suo disappunto per un’intervista che non condivide, non vedo la necessità di addossare a noi le contraddizioni che affiorano sul territorio, né tantomeno di lanciare giudizi sommari. Lo dico senza malizia: lasci l’anonimato e si faccia sentire per un approfondimento sul tema. Cordialità Renato De Carlo “Caro Signor Sindaco di S. Vito. Sono un vecchio ambientalista per età e storia personale, ho letto con attenzione la sua intervista al Direttore Renato De Carlo. Lei ha fotografato con precisione e scrupolo l’intera vicenda del progetto di collegamento col Civetta e Zoldano. Un modo obiettivo di affrontare il tema come deve fare un serio e valente amministratore pubblico. Grazie e complimenti. Una prima considerazione generale: il confronto con le strutture complessive dell’Alto Adige chiarisce un divario pesante. Le politiche urbanistiche, i servizi sulla mobilità di accesso sia sul piano internazionale che nazionale sono argomenti che sostengono il marketing dell’area. Una seconda considerazione: lei ha rilevato un problema che condiziona tutto l’arco alpino soprattutto quello a sud. L’innevamento si sta progressivamente alzando INIZIATIVA PER L’INTITOLAZIONE A GIOVANNI PAOLO II DELL’OSPEDALE DEL CADORE Ringraziando per la cortese attenzione, mi permetto di chiedere a tutti un sostegno a questa importante iniziativa. Grazie ancora con i miei più cordiali saluti. Nizzardo Tremonti Il giorno 21 luglio 1996, con una manifestazione indimenticabile in piazza Tiziano, a Pieve di Cadore, PAPA GIOVANNI PAOLO Il è stato insignito della CITTADINANZA ONORARIA dei Cadore, dall’allora presidente della Magnifica Comunità Giancandido De Martin. Presenti alla cerimonia: il Segretario particolare del Papa, mons. Stanislao Dziwisz, attuale Arcivescovo di Cracovia; il Vescovo di Belluno, mons. Pietro Brollo, attuale Arcivescovo emerito di Udine; l’Arcidiacono del Cadore, mons. Renzo Marinello; tutti i sindaci del Cadore ed altre personalità della cultura e storia cadorina; una immensa folla. In ricordo di questa storica visita del PAPA alla Magnifica Comunità di Cadore, il sindaco dell’epoca, dott. Roberto Faccin, rese nota la volontà di intitolare 1’ Ospe- Egregio walhalla l970. Forse ha letto la mia intervista al sindaco come una presa di posizione del giornale, ma così non è. Faccio solo il mio mestiere di approfondire le tematiche, senza passioni, tant’è che avevo chiesto un appuntamento anche al presidente di una Regola di S. Vito e ho pubblicato precedentemente una presa di posizione di ambientalisti. Di mio, ho solo detto che l’immobilismo è un brutto sintomo. E non serve spiegare per capirci. Ho rilevato che su questo problema, come su altri in Cadore, si è discusso, si è deciso democraticamente, ma si sono fatti pochi passi avanti sulla strada del rilancio del turismo o della montagna. E, garanti- dale di Pieve di Cadore a Sua Santità Giovanni Paolo II. In tale circostanza, il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera 1 di Belluno, dr. Angelo Lino Del Favero, mostrò al Santo Padre la targa in bronzo “ad memoriam”. Dalla Santa Sede arrivò anche un ringraziamento per questa disponibilità. Ma la cerimonia di battesimo non si tenne mai. E l’ospedale di Pieve non viene documentato, neppure istituzionalmente, come dedicato al beato Giovanni Paolo II. Nella carta intestata non esiste la dicitura. All’ingresso dell’ospedale, per la verità, c’è la famosa targa, che però è quasi invisibile e che, in ogni caso è stata rimessa dopo un periodo di assenza; non si sapeva dov’era finita. Di fronte ad una Società che talvolta sembra appagata dalla mediocrità che l’avvolge come un manto protettivo e rassicurante; in un mondo solcato da divisioni di ogni genere, raggelato nell’indifferenza politica, la figura di Papa Giovanni Paolo II, che nella Sua persona ha rappresentato l’immagine biblica del “servo sofferente”, ci appare l’emblema di una grande forza. Quando nel 1978 aprì il Suo pontificato dicendo: “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo” ha insegnato a tutti che “è la vita che deve riempire il dolore, non il contrario”. Nell’interpretare con semplicità il pensiero di tanta gente comune, ritengo doveroso onorare l’impegno preso nel lontano 21 luglio 1996. Ricordare il beato Giovanni Paolo II, la più alta autorità morale del ventesimo secolo, è come rinascere ogni giorno: è uno splendido inno alla VITA, soprattutto per la nostra montagna dimenticata. La riconoscenza è la memoria del cuore. Accogliamo da parte nostra l’invito, anche perché non si tratta di una formalità ma di uf ficializzare un impegno preso. E la parola è sacra. verso i 1800-2000 m.s.l.m. Sarà crescente in eguale tendenza il rapporto tra l’impegno finanziario e la durata dell’utilizzo degli impianti. Una terza considerazione: la montagna venete paga duramente il suo peso minoritario in una Regione attenta alle tematiche della pianura, per ovvi interessi politici ed economici. Vale la pena di ricordare i brillanti risultati dell’euroregione Tirolo A.A. Trentino rispetto al progetto Alpe - Adria, che è molto Adria e poco Alpe, il che spiega le posizioni ostili della Carinzia. Quarta considerazione: il Cadore Dolomitico che ha una posizione dominante nel territorio Dolomitico tutelato dall’Unesco ha una opzione per costruire un suo progetto turistico sociale originale e molto esclusivo, dopo lo spostamento del Distretto dell’Occhiale verso Longarone - Alpago. Il turismo è tutt’ora ritenuto la risorsa economica principale, ma altrove si guarda alla nuova economia della conoscenza e della tecnologia avanzata. Vicino a noi la provincia di Trento gioca la carta della banda larga che garantisce la connessione di tutto il territorio col resto del mondo: da Trento e Rovereto, fino ai piccoli Comuni isolati della montagna. Alcuni mesi fa ho letto la storia di un affermato operatore australiano consulente del governo del suo paese e di tanti enti ed aziende in America, Asia e Europa. Sua moglie, figlia di emigranti trentini, ha ereditato dalle parti delle Pale di S. Martino una casa di pietra e legno vicino al bosco. Dopo averla vista, il marito verificò lo stato della connessione informatica nel Trentino e decise di spostare nella casa appena ereditata il suo lavoro. Non passerò metà della mia vita in aereo e negli spostamenti a terra, disse. E così pare abbia fatto.” Dino Fava 10 ANNO LIX Luglio 2011 Testimonianze • Racconti QUELLE MILLE LIRE DATEMI DALLO SCRITTORE HEMINGWAY A CORTINA ravamo nel 1971 Mi trovavo a New York E in visita allo zio Henry, fratello di mio padre e, quando gli dissi che a Cortina nei primi anni 1950 avevo conosciuto Ernest Hemingway mi disse sorridendo: lui ed io, siamo nati tutti e due il 21 luglio. Io nell’anno 1898 e lui nel 1899. Allora gli raccontai la storia. Potrei facilmente sapere l’anno in cui incontrai Hemingway, ma non lo faccio di proposito. Voglio scrivere solo quello che mi suggerisce la memoria. Finita la scuola alberghiera di Cortina, nel 1949, cominciai a lavorare in un negozio che vendeva generi alimentari, verdura, pane e, nel negozio retrostante anche il pesce. Un giorno entrò un uomo ac- compagnato dalla moglie. Il mio principale mi disse che si trattava di uno scrittore americano famoso che abitava provvisoriamente a villa Aprile. Venivano spesso in negozio: una o due volte la settimana. Lui parlava un italiano stentato, peggiore di quanto lo parlasse sua moglie. Io, adoperando il mio inglese scolastico, facevo da interprete Conser vo ancora un biglietto in cui avevo segnato una sua ordinazione. C’è scritto: Sei bottiglie di Martini dry, sei di Gordon’s dr y gin, sei di whisky Four Roses, quattro di Bitter Campari, quattro di Rum Bacardi e per finire dodici bottiglie di Valpolicella Bertani. Ricordo due persone tranquille, marito e moglie, che andavano d’accordo tra di loro e che svolgevano una vita normale. Ho letto dopo che lui stava scrivendo in quel periodo il libro” Di là del fiume e tra gli alberi” Dopo due o tre mesi, vennero in negozio accompagnati da una signora italiana, bella e giovane. Stavano per lasciare Cortina e volevano organizzare una serata tra conoscenti. Questa signora mi fece aprire una scatola contenente un prosciutto cotto di circa dieci chilogrammi, lo fece tagliare a metà e prese la parte ante- • riore che pesava circa cinque chili. Io, curioso, le chiesi cosa volesse fame. Mi rispose che si trattava di una specialità americana: bisognava fare dei buchi sulla parte superiore, riempirli poi di miele e scaldare il tutto aI forno. Se chiudo gli occhi, vedo ancora il retro banco del negozio, con una fila di vasi di vetro contenenti varie specialità e vedo Hemingway che indicando ogni vaso diceva: “a pound” (circa mezzo chilo). Giardiniera, cipolline, cetrioli, olive verdi, olive nere, Gurke tedeschi, carciofini sott’olio, alici arrotolate sott’olio. Continuò ordinando varie 7 Appuntamenti specie di salumi affettati. Abituato a casa mia a mangiare polenta e pane cercando sempre di risparmiare sul companatico, rimasi di stucco quando Hemingway vedendo il banco del pane, finì la sua ordinazione dicendo: e quattro rosette. Due o tre giorni prima della loro partenza Hemingway venne in negozio e chiese se potevamo spedirgli un baule. Il giorno dopo mi recai a villa Aprile. La bella signora italiana mi aiutò a caricare il baule sul pianale anteriore della Lambretta a tre ruote ed io andai alla stazione del Trenino delle Dolomiti e lo spedii a Cuba. Quando venne a pagare il trasporto al mio principale vidi Hemingway per l’ultima volta. Si avvicinò al banco dove mi trovavo e mi mise qualcosa in mano. Senza pensarci e senza dire nulla, misi questo rotolo in tasca e lo vidi lasciare il negozio. Allora levai dalla tasca quello che vi avevo messo. Non so cosa pagherei per riavere quelle mille lire. Non so come spesi quei soldi, ma di sicuro non mi durarono a lungo: anche perché a quel tempo come apprendista, guadagnavo seimilacinquecento lire al mese Piero De Ghetto Il Lions Club Pieve di Cadore chiude l’Anno Sociale SERVICE “CANI GUIDA” E ELENA GALLI PRESIDENTE Spettacolare esibizione di unità cinofile al Parco Vallesella il 18 giugno l passaggio delle consegne del Lions I Club di Pieve di Cadore, al termine dell’annata lionistica 2010/11, è stata quest’anno inserito in una bella manifestazione tematica nell’ambito del ser vice “CANI GUIDA PER I NON VEDENTI”, organizzata dai Lions Clubs della Provincia di Belluno e svoltasi sabato 18 giugno presso il Parco Sportivo di Vallesella di Cadore, presenti anche rappresentanti degli altri Clubs del Triveneto. Numerosissimi gli spettatori attenti alle interessanti e spettacolari esibizioni svoltesi nel piazzale antistante il campo sportivo: quella delle unità cinofili della Polizia di Frontiera, di stanza presso l’aereoporto di Venezia, presentata dal Commissario di P.S. di Cortina d’Ampezzo dr. ssa Angela Pierobon; quella dei cani da valanga e ricerca, di stanza presso il Centro della Scuola Alpina di Predazzo, presentata dal Tenente Andrea Gilar- denghi comandante della GdF di Auronzo; quella del CNSAS, della locale Stazione del Centro Cadore, presentata dall’istruttore nazionale cinofilo Matteo Tabacchi; ed infine l’addestramento dei cani per ciechi della “Scuola cani guida di Limbiate”, presentata dal Presidente Giovanni Fossati. All’interno dell’ampio ed attrezzato tendone la giornata è proseguita con il pranzo preparato dall’Associazione San Vigilio di Vallesella di Cadore, allietato dall’esibizione degli allievi della scuola di danza “Danzamania di Domegge di Cadore” diretta dall’insegnante Katia Moletta, consorte del Presidente del Club di Pieve di Cadore. In vari inter valli, nel corso della manifestazione, il Lions Club di Pieve di Cadore, dopo l’investitura del nuovo socio Dr. Angelo Costola, ha voluto ricordare, con una targa, data ai familiari, la figura del Dr. Enrico De Lotto, medico, storico e mecenate, autore del celebre libro “Dallo smeraldo di Nerone agli occhiali del Cadore”, mentre all’imprenditore cadorino Romano Cian ha conferito l’onorificenza lionistica “Melvin Jones”, per il suo costante impegno nelle attività sociali ed umanitarie in Italia ed all’estero. A fine giornata, alla presenza del Presidente del C.d.G. Dr. Stefano Camurri Piloni, nonché dei Governatori: Fabio Feudale, Dario Nicoli e di altre autorità, lionistiche, religiose, civili e militari, ha avuto luogo la cerimonia dello “scambio del martello” e cioè il formale passaggio delle consegne dal Presidente uscente Enrico Cian a quello entrante Elena Galli (nella foto). Da notare positivamente che, dopo 42 anni di vita associativa, la signora Elena Galli è il primo Presidente donna del Lions Club di Pieve di Cadore. G. Osvaldo D’Ambrosi 7 ANNO LIX Luglio 2011 a fontana, posta nella borgata Giau lungo la L strada regia nella zona alta di Venas, porta la data 1927. Da lì parte una strada asfaltata che in breve diventa sterrata e si inoltra, in un'atmosfera quasi magica, verso la chiesetta di San Giacomo a Dovesto. Per raggiungerla, tuttavia, occorre salire un bel po' protetti da una sorta di tunnel arboreo. Sulla destra, in basso, si distinguono nitidi i tetti di Vallesina, mentre i bordi del bosco sono punteggiati da una gran quantità di funghi non commestibili. E’ una tabella indicativa che invita a visitare la chiesetta, deviando sulla destra. Può succedere di incontrare un cacciatore col fucile a tracolla e, magari, due mazze da tamburo. Si percorre così un sentiero che in breve porta a quella che potremmo definire una sorta di “apparizione”: San Giacomo è lì, con la sua facciata essenziale che si staglia al centro di una radura, fra colori di rara e intensa bellezza. La chiesetta, ora proprietà della Regola in fase di costituzione, è stata costruita ad inizio '600 su iniziativa di Giacomo de Jacobis, appartenente ad una famiglia di 11 Nella zona alta di Venas di Cadore, una poco conosciuta chiesetta del ‘600 NELLA MAGICA ATMOSFERA La chiesetta di DI DOVESTO San Giacomo fu costruita a fine ‘600 su iniziativa di Giacomo de Jacobis Conteneva una pala attribuita a Cesare Vecellio Perarolo assai attiva nel commercio del legname. E' piccola, elegante, con un oculo centrale. Un architrave fa da trait d'union fra la porta d'ingresso e le due finestrelle laterali. Proprio sulla porta è attaccato con delle puntine da disegno un ritaglio di giornale datato 1987 e firmato Mario Ferruccio Belli. Si tratta di un'intervista al compianto parroco di Venas, don Alfieri De Lorenzo, scomparso nell’agosto 2009. In essa viene ricostruita brevemente la storia della chiesetta, con una descrizione dettagliata della pala di Cesare Vecellio, cugino del grande Tiziano, commissionata proprio da Giacomo de Jacobis. Si tratta della “Madonna col Bambino e i santi Francesco (o Antonio?), Giacomo Maggiore, Cecilia e Chiara”. Raccontava don Alfieri a Belli che il San Giacomo vestito di rosso raffigurava il committente, mentre la Vergine aveva le sembianze della moglie e le due sante quelle delle figlie. Il dipinto è stato trasferito da tempo, per motivi di sicurezza, nella parrocchiale di Venas. Tuttavia, se la tradizione popolare attribuisce il dipinto - sul quale campeggia lo stemma della famiglia committente - a Cesare Vecellio, altri autori, come Maria Silvia e Antonella Guzzon, appaiono molto perplessi al riguardo, a motivo della sua staticità ed assenza di pro- fondità spaziale. Il fascino della chiesetta, come si presenta attualmente, resta comunque intatto per il suo sorgere completamente isolata nel bosco, con la pura semplicità del suo disegno architettonico. All'interno, spicca un vecchio, elegante altare di legno dipinto, sormontato da una tela raffigurante San Giacomo in visione, con il tradizionale bastone, come si addice al patrono dei pellegrini. Sullo “DISVELARSI” Testi realizzati al “Laboratorio di scrittura” di Pieve BRANI AL FEMMINILE di dialogare tacitamente con lo specchio di casa sua, al quale rivela momenti sia positivi che di difficoltà. Anche Floriana Cian riferisce dei suoi colloqui segreti con la quotidianità degli oggetti che la circondano, mentre Roberta Coletti assegna valore di nostalgica memoria all’osservazione della sua casa di campagna contornata dalla nebbia primaverile. Anna Costan Zovi descrive con leggera e tenera ironia il viaggio sentimentale effettuato in un tempo in cui non era frequente l’abitudine di andare in vacanza con il fidanzato. Antonietta Crepaz si sofferma invece ad evidenziare i tremori provati nel viaggiare da sola in treno, di sera, da Ponte nelle Alpi a Calalzo, con un unico viaggiatore dall’aspetto poco rassicurante. Liliana De Bona parla con emozione dei problemi incontrati a motivo della sua difficoltà di lin- ’ uscito il quarto fascicolo del laboratorio di E scrittura di Pieve di Cadore, contenente testi realizzati nel corso dell’edizione 20102011, ultimata di recente al Centro territoriale permanente. Si tratta di brani interamente al femminile, emblematici della qualità raggiunta e dell’impegno delle partecipanti, espresso con narrazioni personalizzate, che toccano non di rado le corde di una sorta di “disvelamento”. Non a caso il titolo è “Disvelarsi. Querce e fuscelli”, a sottolineare la verità esistenziale di gran parte dei testi contenuti nella pubblicazione, sponsorizzata anche quest’anno dal Rotary club Cadore-Cortina. Sono stati privilegiati alcuni filoni - come si legge nella presentazione di Antonio Chiades, che ha coordinato e diretto il laboratorio - come ad esempio le emozioni suggerite dall’osservazione non superficiale di una vecchia fotografia rispecchiante momenti felici; o il cammino liberante in direzione del proprio passato; o, ancora, l’ascolto di una voce immaginaria assegnata agli oggetti che appartengono al vissuto quotidiano. “Davanti alla casa del poeta” è il titolo del brano con cui Anna Bacolla descrive le emozioni provate in occasione di visite effettuate ai luoghi abitati da Gozzano, Kazantzakis, Carducci, Victor Hugo. In “Io sono così” Emi Boccato descrive le componenti di fondo del suo carattere e in un successivo componimento si sofferma a rievocare i momenti più emozionanti del suo lontano viaggio di nozze. Norma Casanova immagina invece guaggio e delle persone che l’hanno aiutata a superarla. Francesca De Denaro affida alla tensione linguistica della poesia la sorpresa derivatale dall’osservazione attenta e sensibile di persone e stati d’animo. Adriana De Lotto sottolinea con sorridente consapevolezza la diversità delle sensazioni provate davanti a due fotografie scattate in periodi differenti della sua vita. Federica De Lotto, invece, si sofferma sulla difficoltà di assegnare alle parole la reale possibilità di comunicare, quando interviene un’intensa lacerazione interiore. Armanna De Martin riflette sui momenti sereni rivissuti attraverso la riscoperta di una vecchia foto di famiglia. Fides De Rigo Cromaro affida alla sua penna, ferma sul tavolo, la capacità di evocare la profondità del suo vissuto esistenziale. Giovanna Deppi, in un brano sospeso fra pro- sa e poesia, descrive un momento lieve e commosso della sua infanzia. Lucia Finco riferisce del suo amore per la scrittura di Mauro Corona e del suo desiderio di poterlo incontrare. Giustina Forni ricostruisce con annotazioni essenziali l’originale figura dell’auronzano “Mario poeta”, recentemente scomparso, mentre Marilli Genova racconta con taglio narrativo la contrastata vicenda di due amici innamorati della stessa donna. Anna Rita Linoso fa rivivere, attraverso il confronto fra due foto scattate a distanza di tempo, la sofferta diversità di umori e stati d’animo. Maria Marinello propone, attraverso una serie di incisive annotazioni, la positività di atteggiamento raggiungibile ad un certo punto della vita. Bortola Pordon descrive con sorridente ironia, in un brano dal titolo “Ho sfondo, le montagne. In alto, spiccano due angeli. I muri, poi, sono contornati dalle vecchie stampe di una Via Crucis. Giacomo, detto il Maggiore, era uno degli Apostoli. Lui e il fratello, Giovanni evangelista, avevano ricevuto l’appellativo di “figli del tuono” per l’impetuosità del loro carattere. Avevano assistito in prima persona, racconta il vangelo, a momenti importanti della vita di Gesù, come la risurrezione della figlia di Giairo, capo della sinagoga, e la trasfigurazione. Con Giacomo, in quelle circostanze, vi erano solamente Pietro e Giovanni. E l’emozione era stata fortissima quando Gesù aveva preso per mano la figlia dodicenne di Giairo, dicendole “alzati” e riportandola in vita. I resti mortali dell’Apostolo, il primo ad essere martirizzato durante la persecuzione scatenata dal re Erode Agrippa, sono stati trasferiti a Compostela in Spagna, dove nel 1075 venne avviata la costruzione della celebre chiesa, meta finale del “cammino” di Santiago (città che prese il nome da San Giacomo: in spagnolo Sant-Yago). Antonio Chiades trovato l’amore”, le sensazioni provate nella convivenza con un gattino particolarmente affettuoso. Rita Rech, rievocando un viaggio sul Machu Picchu, immagina di incontrare misteriosamente, a livello quasi medianico, un amico scomparso. La pubblicazione si chiude con un breve, quasi profetico scritto di Celsa Riva, mancata lo scorso Natale, a ottant’anni, dopo un incidente stradale avvenuto a Valle. Maria Giacin 12 STORIA ANNO LIX Luglio 2011 Vicende storiche sull’autonomia delle prime comunità cristiane in Cadore L’atto che nel 1208 fu sottoscritto fra le sette Pievi e la chiesa matrice L e mie ricerche sulle antiche pergamene liturgiche che sono raccolte nel libro da poco presentato sono iniziate dal documento del 21 marzo 1208 che è ritenuto l’atto di fondazione delle pievi cadorine. Oggi vorrei parlare ancora di questo documento dopo le dotte riflessioni presentate due anni fa dal prof. Giandomenico Zanderigo Rosolo in occasione degli 800 anni della fondazione delle pievi cadorine. 1208. 21 Marzo - In Vic[entia]. In domo murata D. Petri Mauricij in qua scholares habitant, presente Magistro Ugone de Francia... (ecc., ndr). Ne riassumo brevemente il contenuto. L’atto riferisce d’una vertenza che da qualche tempo si trascinava tra Stefano chierico romano che godeva del beneficio della chiesa di S. Maria di Pieve, e i sacerdoti a lui soggetti, beneficiati e residenti per la cura anime nelle sette chiese cadorine rappresentati a Vicenza dal chierico Oldorico e che si era finalmente conclusa davanti al notaio di curia Benincasa e ai testimoni nel palazzo di Pietro Maurisio. Stefano chierico romano salda la partita [cioè pone fine alla vertenza] al chierico Oldorico della chiesa di S. Stefano di Comelico che accetta anche a nome di Onesto presbitero della medesima chiesa, di Corradino suddiacono della chiesa di S. Martino di Vigo, di Azzone presbitero della chiesa di S. Giustina di Auronzo, di Paisio presbitero della chiesa di S. Giorgio di Domegge, di Gualfardo presbitero della chiesa di S. Martino di Valle, di Azzone presbitero della chiesa di S. Vito di Resinego, di Mainardo presbitero della chiesa di S. Giacomo di Ampezzo. Stefano rinuncia ad ogni pretesa su tutto ciò che poteva appartenere alle sette chiese e che aveva fatto sequestrare a favore della pieve di S. Maria. I rettori delle chiese ottengono di poter risiedere stabilmente in loco, ciò che già facevano da anni senza averne il diritto. E’ l’inizio dell’emancipazione delle chiese cadorine dalla matrice di Pieve. Il documento non è un atto della curia romana, né del patriarcato di Aquileia, ma un concordio, cioè un atto civile per risolvere una questione finanziaria. Chi ha ascoltato le riflessioni fatte in questa sede L’ATTO CHE CHIUSE LA VERTENZA PIEVE - S. Maria N. AURONZO - S.Giustina S.STEFANO - S.Stefano VIGO - S. Martino CORTINA -S.Giacomo S. VITO C. - S. Vito dal professore Zanderigo ricorda che aveva formulato 5 domande su quel documento: Quando? Dove? Chi? Che cosa? Perché? Alle quali aveva risposto con rigore scientifico. Essendo stato il documento redatto nella mia città, in questa occasione, vorrei riprendere alcune domande: Dove? e Chi? La prima risposta è “a Vicenza in casa di Pietro Maurisio nella quale abitano gli scolari”. La seconda: “Stefano chierico romano” pievano o comunque beneficiato della matrice di Pieve di Cadore e “Oldorico chierico della chiesa di S. Stefano in Comelico” i due protagonisti che rappresentano le parti in causa. Le notizie forniteci dalla data topica sono molto interessanti perché, insieme ad altri documenti [si possono contare su una mano] ci confermano della presenza a Vicenza dell’università e, quindi, vanno ad accrescere le notizie su questa prestigiosa istituzione. E’ nata spontanea un’altra mia domanda: per quale motivo questo importante documento per le chiese cadorine fu rogato a Vicenza? Una risposta è che in quei mesi il patriarca di Aquileia Wolfger di Ellenbrechtskirchen con il suo seguito, si trovava a Vicenza per la fallimentare situazione finanziaria in cui versava la chiesa vicentina dovuta all’ingente debito accumulato dal vescovo Uberto II a causa dei mancati introiti per le usurpazioni dei beni ecclesiastici. Facevano parte del seguito e presenziavano in qualità di testimoni in un documento voluto dal patriarca e redatto a Verona nel VALLE - S. Martino 1206: il cardinale Adelardo vescovo di Verona, Enrico vescovo di Mantova, Corrado vescovo di Trento, Enverardo abbate di Vangaditia, Stefano e Bertoldo canonici della chiesa di Aquileia, Stefano de Tibaldo “de urbe romana, Marcellino canonico di Aquileia, Orandino canonico di Verona e altri. Quel prete Stefano de Tibaldo “de urbe roomana””, potrebbe essere identificato con il chierico romano Stefano pievano o comunque beneficiato della chiesa matrice di Pieve di Cadore. Non desta meraviglia il fatto che il pievano facesse parte del seguito del patriarca perché fino al Concilio di Trento non c’era l’obbligo della residenza e la cura d’anime veniva, in un certo senso, subappaltata ad un altro prete disposto ad abitare in quella parrocchia. A questo punto bisogna precisare che nel caso del titolo “chierico” attribuito a Stefano dovrebbe essere inteso quale sacerdote appartenente al clero romano, cioè composto dall’insieme delle persone che appartengono in gradi diversi all’ordine ecclesiastico e non riduttivamente a chi ha ricevuto il primo degli ordini inferiori, come sembrerebbe, invece, per il titolo che accompagna il nome di Oldorico. Stefano “de urbe romana” nel documento del 1206 è elencato fra cardinali vescovi e canonici e non c’è motivo di pensare che non fosse almeno un sacerdote. Due titoli all’apparenza uguali, ma con significato diverso. Sul pavimento della parrocchiale di S. Vito, ad esempio, si legge in una lapide: “Clericis in pace quiescentibus…” DOMEGGE - S.Giorgio [per i chierici che riposano in pace…] ma sarebbe sbagliato pensare ad un sepolcro riservato esclusivamente ai chierici e non ai pievani e sacerdoti di S. Vito! Fatte queste precisazioni, mi sembra ovvio dedurre che uno dei due protagonisti doveva abitare con altri “scolares” nella casa del Maurisio. Silvana Collodo formula l’ipotesi, ricordata anche in questa sede dal prof. Zanderigo, che lo studente fosse il chierico Stefano venuto da Roma a Vicenza per gli studi di diritto e che proprio per mantenersi negli studi sia stato investito del beneficio della pieve di S. Maria. Non potrebbe, invece, essere stato il chierico Oldorico ad essere lo studente a Vicenza? La formazione dei futuri presbiteri, prima dell’istituzione dei seminari con il Concilio di Trento, seguiva le direttive impartite dapprima da Gregorio VII nel 1078 il quale ordinava a tutti i vescovi di istituire nella loro chiesa una scuola di grammatica. Poi da Alessandro III (11591181), nel terzo concilio lateranense, che prescriveva fosse stipendiato un maestro di grammatica per insegnare ai chierici e agli scolari poveri. Infine da Innocenzo III, nel quarto concilio lateranense del 1215, il quale concedeva che la formazione dei futuri presbiteri fosse estesa anche alle chiese inferiori, purché avessero rendite sufficienti. Ne consegue che il chierico Oldorico in quel 1208 avrebbe dovuto frequentare la scuola di grammatica istituita presso la cattedrale di Udine o della vicina Belluno, ma essendo attiva già dal 1204 un’u- Il chierico Stefano di S. Maria di Pieve rinuncia ad ogni pretesa E’ l’inizio dell’ emancipazione delle 7 chiese cadorine e nasce l’arcidiaconato del Cadore niversità a Vicenza, come dirò più avanti, è verosimile che avesse scelto proprio la mia città per seguire contemporaneamente la scuola di grammatica della cattedrale e l’università trovando alloggio in casa di Pietro Maurisio. Il giovane Oldorico, che penso di vivace intelligenza, aspirando ad una carriera ecclesiastica avrebbe frequentato i corsi di diritto civile e canonico. (...) Oldorico godeva della piena fiducia dei preti cadorini tanto che, informati dallo stesso circa la permanenza a Vicenza di Stefano pievano o beneficiato della chiesa di S. Maria di Pieve e disponibile per colloqui e scambi di opinioni, gli conferirono la procura a trattare per una positiva conclusione della vertenza facendo affidamento anche sulla valida assistenza assicurata al giovane e combattivo chierico dai docenti dell’università. L’interesse per la risoluzione dell’annosa vertenza era tutto dei preti cadorini e non di Stefano che nella causa fu soccombente. A garanzia infatti di quanto pattuito dovette vincolare tutti i beni della chiesa di S. Maria di Pieve e i suoi personali rinunciando per sé e per i suoi successori ad agire in giudizio. Il primo dei testimoni è il magister Ugone di Francia un docente dell’università che ritengo, avendo preso a cuore il problema sollevato dallo studente Oldorico, sia stato poi il regista dell’intera operazione. Ser Damaso romano potrebbe essere stato il testimone chiamato da Stefano perché di Roma come lui, mentre gli altri due sarebbero stati chiamati da Oldorico: Bertume di Giovanni vicentino e Ubertino Volpe, entrambi studenti e compagni di cor- 7 so di Oldorico. Anche Ubertino Volpe era vicentino perché a Vicenza esiste ancora una sontuosa villa Volpe e molte famiglie nobili, ora estinte, portavano cognomi di animali. L’ipotesi di Oldorico studente a Vicenza viene avvalorata dalla scelta del notaio che rogò l’atto: Benincasa notaio di curia, che faceva parte come Stefano del seguito del patriarca, disponibile quindi a redigere un pubblico atto se la richiesta proveniva da un suo conoscente, non così se a richiederne le sue prestazioni fosse stato lo sconosciuto seppur brillante studente cadorino Oldorico. Queste sono delle congetture che ognuno può accogliere o respingere, senza però dimenticare che Oldorico, conclusi gli studi, sarà ordinato sacerdote e ritornerà in Cadore con la preziosa pergamena che depositerà nell’archivio della Regola di Santo Stefano di Comelico conservato presso la sacrestia della chiesa. Nel 1212, dopo soli pochi anni, Oldorico succederà proprio a Stefano nella carica di ”archipresbyter Cadubrii”, carica che ricoprirà con grande competenza almeno fino al 1235. Ecco quanto sappiamo di Oldorico che con il titolo di “archipresbyter Cadubrii” presenzia in atti pubblici proprio per la sua competenza giuridica. Nel 1212 è testimone in un atto del notaio Azone per l’emancipazione di un figlio di Salomone di Pozzale. L’anno successivo presenzia ad un compromesso e arbitrato tra le vicinìe e consorti di Domegge, Candide e S. Nicolò per i confini del monte Cialiscòn in Van di Diè. Nel 1220 è ancora testimone in un compromesso ed arbitrato tra le vicinìe di Pozzale e Calalzo per il monte Oten. Infine, sempre in qualità di “archipresbyter Cadubrii”, è il primo ad essere elencato tra i presenti a Pieve il 5 novembre 1235 all’emanazione degli statuti caminesi. Non si conoscono altri documenti, invece, su Stefano che lasciò il beneficio di S. Maria di Pieve forse per un altro più prestigioso e redditizio. Il suo nome dovrebbe comunque essere inserito quale secondo pievano della chiesa matrice di Pieve, ma di lui tutti gli storici si sono dimenticati: non appare neppure nella ricostruzione cronologica dei pievani e arcidiaconi fatta dal pure attento Giovanni Fabbiani nella sua Breve storia del Cadore. Vittorio Bolcato 7 N ANNO LIX Luglio 2011 ato a Lorenzago 1'8 gennaio 1896, da Benedetto e Maria De Lorenzo, Giovanni, detto poi “Nani Aviator”, fu un autentico pioniere del volo, primo cadorino, e tra i primi di tutto il Veneto, a conseguire il brevetto di volo. Fu lui che negli anni ’20 diede il via alla semina e cura dei numerosi frutteti di mele che ancora oggi esistono attorno a Lorenzago, organizzando poi dei convegni e mostre sulla frutticoltura e l’erboristeria. “Nani” era un’eccellente fotografo, capace di assicurarci immagini ineffabili ed irripetibili dell’Oltrepiave, oltre che valente studioso di storia e tradizioni locali. Aiutò Antonio Berti nella stesura delle sue famose guide sulle “Dolomiti Orientali”, compilò diversi itinerari per la “Guida Sciatoria” del 1938 organizzando diverse competizione sciistiche invernali. Stimato impiegato comunale, collaborò per molti anni a “II Cadore” con Ezio Baldovin, cui era legato da grande amicizia, segnalandosi con diversi articoli di rievocazione storica e memorialistica. Morì il 16 luglio 1976. Il suo prezioso archivio, ricco di tanti documenti e ricerche nonché di preziose fotografie è oggi conservato con religiosa cura dalla nuora Adriana Riù di Udine che gentilmente ci ha fornito il materiale per questo articolo. LA PIOGGIA DI METEORITI DEL 1900 “Il primo spettacolo offertomi dalla natura cui assistetti e che lasciò profondo ricordo nella mia giovane mente fu una pioggia di stelle cadenti credo avvenuta verso l’anno 1900. Allora avevo 4 anni ed una sera mi trovai fuori casa con mia madre in un crocicchio vicino alla mia casa dove c’erano molte donne e uomini richiamati da un fenomeno celeste di una grandiosità spettacolosa. Era già buio forte ma il cielo era continuamente saettato da sciami di stelle cadenti che di diversa intensità, luminosità e grandezza, solcavano il cielo in tutti i sensi senza posa. Incrociandosi, investendosi, accavallandosi, in una ridda d’inferno. Lo spettacolo era indescrivibile anche per la penna di un provetto narratore. Le donne, ricordo, erano spaventate perché ritenevano il fenomeno foriero di chissà quali sciagure e recitavano orazioni. Invece di eclissi di luna e di sole ne ho viste diverse, di sole tutte parziali e di luna totali. Mi è rimasta impressa la prima eclissi di sole che vidi, avevo forse 10 anni. Visto che il fenomeno astronomico si ripete sovente ho finito per dagli poca importanza.” FRANA IN VAL CRIDOLA NEL 1906 Verso la metà del mese di agosto dell’anno 1906 mi trovavo con i miei famigliari nella località delle Ciaurutte per la raccolta del foraggio di montagna. Sin dal mattino neri nuvoloni andavano accumulandosi e specialmente condensandosi e concentrandosi attorno le montagne. Nel pomeriggio, preceduto da lampi e dal brontolio del tuono sempre più vicino, si formò un spaventoso tem- 13 Fenomeni metereologici, astronomici e fisici dei quali fu spettatore Giovanni Gerardini de Andol, eccellente fotografo e valente studioso I FATTI STRANI DI NANI L’AVIATOR Fu un autentico pioniere del volo Eclissi - 15.2.1961 La cometa del 1910 “Il mare di nubi Nel prezioso archivio di Gerardini le annotazioni pareva una distesa e le foto degli eventi in cui si è trovato spettatore di morbida lana” Verso il Cadore - 27 luglio 1916 porale sulla zona. Ci siamo ritirati nel fienile e subito, preceduta da una violenta grandinata, si apersero le cateratte del cielo che si era oscurato come di notte. Non si scorgeva ad un passo di distanza. La pioggia cadeva fitta che il tetto non faceva a tempo a scaricarla che filtrava fortemente nell’interno. La scena era illuminata sinistramente dai bagliori dei lampi che si susseguivano senza tregua e resa più paurosa dall’ululato del vento e dal rimbombo assordante del tuono. Ad un tratto, fra tutto questo pandemonio, si ode un prolungato e pauroso boato proveniente da Val del Cridola, che sorpassava l’urlo del vento, lo scroscio della pioggia e il rombo del tuono. La scena era impressionante perché il boato si faceva sempre più forte e non si sapeva identificare la causa. Io accelerai con maggior devozione le orazioni perché la paura e lo spavento erano in continuo aumento. Finalmente dopo un quarto d’ora il boato cessò e cessò pure il temporale. La mattina successiva passando per Stabiere con grande sorpresa vidi tutto il fondovalle della Val del Cridola, prima tutto verde, ora coperto da un lungo serpeggiante candido ghiaione. Allora ho capito quale era stata la causa che mi aveva fatto prendere tanta paura. Il ghiaione fatto precipitare da una violenta condensazione di nubi dai contrafforti del Montanello, aveva investito tutta la valle del Cridola fino al ciglio delle sorgenti. Sul suo passaggio aveva travolto il casone di ricovero dei pastori ed un grande macigno alto circa 8 metri che stava a lato. Né dell’uno, né dell’altro si è più trovata trac- cia. Fu fortuna che non siano stati travolti i pastori e la mandria delle giovenche perché proprio il giorno innanzi era stato fatto lo spostamento nella malga di Santigo. Sul ghiaione si notava un grande solco prodotto dall’acqua e la massa di materiale caduto si calcola aggirarsi sui 150 mila metri cubi. Il nubifragio aveva fatto gravi danni anche ai molini di F. Barnabò e ai ponti di Pomoline (lungo la strada Lorenzago Vallesella), dove la gran massa d’acqua scaricò nella valle opposta a quella del Cridola. LA COMETA DEL 1910 Per l’anno 1910 era stato preannunciato il passaggio Gerardini con l’aereo Farman - 1915 di una cometa. Anziché quella prevista è apparsa sull’orizzonte al crepuscolo un’altra cometa dal nome di un altro scopritore. L’astro era bello, il nucleo luminoso era rivolto verso il sole, mentre la coda, lunga e ad arco ampio, evanescente, era diretta verso lo zenit. Il fenomeno per la sua rarità era bello e attraente. La cometa fece la sua apparizione per alcune sere, poi lentamente si allontanò finché scomparve. Prima della sua apparizione si andava dicendo che avrebbe provocato un cataclisma sul- la terra, ovvero la fine del mondo. La cometa è passata provocando timore in qualcuno e gioia in altri per il bel spettacolo, è passata senza torcere un capello a nessuno ma si diceva, anzi, che la terra e la luna fossero rimaste investite per qualche ora dallo strascico della sua coda, insomma è passata accarezzandole. IL BOLIDE DEL 1916 Di una bellissima caduta di bolide fui spettatore nella primavera dell’anno 1916 ad Aviano ove prestavo servizio quale pilota militare. Una se- di Walter Musizza Giovanni De Donà ra verso le 10 scendevo in bicicletta verso il paese di Aviano e verso l’aeroporto quando il cielo si illuminò improvvisamente a giorno verso sud-est. Un enorme bolide che poteva avere la grandezza eguale al diametro apparente del sole scendeva relativamente lento in direzione sud-ovest. Splendeva di luce bianca leggermente giallognola illuminando il paesaggio quasi come a giorno. Man mano che calava all’orizzonte la sua tinta cambiava assumendo colorazioni diverse. Le ombre delle piante e delle cose si spostavano e si allungavano a vista. Il bolide, dato che apparentemente cadeva relativamente lento deve essere stato molto lontano vista la sua apparente grandezza ed era di una grandiosa spettacolarità. Scomparso sotto l’orizzonte si presumeva fosse caduto in terra ma più probabilmente in mare chissà dove. Questa è stata una delle più belle visioni di fenomeni celesti di cui fui testimone nella mia vita perché è stato veramente uno spettacolo grandioso. IL FUOCO DI S. ELMO Nell’estate del 1916 ero militare in servizio sempre al campo d’aviazione di Aviano. Dormivo nella parte alta della caserma con altri miei colleghi piloti. A lato della mia branda scendeva un tubo dell’acquedotto che proveniva da un piccolo serbatoio di distribuzione posto nella soprastante soffitta. Erano le 10 di sera quando sulla zona scoppiò un furioso temporale. Improvvisamente una potente esplosione secca ed un bagliore da accecare ci fece sussultare: un fulmine si era scaricato sul parafulmine della caserma. Nello stesso istante vidi scendere lentamente lungo il tubo al mio fianco una palla di fuoco di un bel blu violetto. Appena toccato il pavimento la palla prese a correre all’impazzata rimbalzando da una parete all’altra. Dopo in po’ di questa allegra corsa disordinata, (segue a pag. 16 Fontana Arreda Santo Stefano di Cadore Ambientazioni personalizzate anche su misura Via Medola, 21 - Tel. 0435.62377 Fax 0435.62985 - Cell. 338.9418974 e-mail: [email protected] ANNO LIX Luglio 2011 14 CURIOSITÀ STORICHE Ci fu anche l’omaggio di un cadorino al Sovrano assassinato a Monza ddio Re buono, leale, benefico, magna- “LA “A nimo, valoroso, che aveva fatto scopo della sua vita il bene e la prosperità della Patria”. Nell'infinità di voci che, all'indomani del mortale attentato del 29 luglio 1900, si levarono per esecrare il gesto assassino dell'anarchico Bresci ed elogiare le virtù di Umberto I, vi fu anche quella dell'ingegnere cadorino Baldassarre Pilotti. Sua la commemorazione del defunto rappresentante di Casa Savoia fatta il 16 settembre di quello stesso anno nella sala consiliare del municipio di Ponte San Nicolò, nel Padovano. Pronunciò un discorso dagli accenti commossi e appassionati, intriso di elogi e richiami ai meriti acquisiti dal personaggio. “Pare un sogno, Signori esordì Pilotti - poichè i nostri cuori, le nostre menti non sanno concepire come vi possa essere al mondo un uomo-belva, tale da immagina- BELVA CHE ASSASSINO’ RE UMBERTO” re e condurre a termine senza ira, senza odio, senza rancore, freddamente, cinicamente il più grande delitto del nostro secolo". Talchè se non vi fosse stato il tempestivo intervento dei carabinieri il "vigliacco assassino" non avrebbe certo avuto modo di sottrarsi alla "immediata, pronta, sommaria giustizia”. D'altro canto a dar la misura concreta del rapporto di affetto tra quel re e il suo popolo bastava aver visto i solenni funerali, fra schiere di vecchi, giovani e donne in lacrime, quasi che si trattasse di un padre, un figlio o un fratello. Per Pilotti “nessuna nazione al mondo poteva vantarsi d'aver un Sovrano popolare e democratico come il nostro e che avesse nel suo attivo un passato così glorio- so di virtù militari e civili”. Passava quindi a ritratteggiarne la biografia, rievocando gli episodi di valore di cui era stato protagonista sul campo di battaglia, dimostrandosi degno erede e continuatore dell'opera del genitore definito a pieno diritto "Padre della Patria". Affettuoso e generoso con il popolo, sempre a fianco dei propri sudditi in ogni drammatico frangente e calamità, re Umberto si era conquistato ovunque l'affetto spontaneo del popolo. Come dimenticare il suo accorrere nel Veneto dove, nell'autunno 1882, si era verificato il disastro dello straripamento del Brenta, dell'Adige e del Po? O il suo precipitarsi a Casamicciola, nel Napoletano, colpita nel luglio 1883 da un terrificante terremoto I STRANI FATTI DI NANI L’AVIATOR esplose come un buon colpo di pistola. I colleghi che prima se ne stavano chieti e zitti diedero la stura ai commenti più disparati. La manifestazione era dovuta al fuoco di Sant’Elmo. IN AEREO SENZA OSSIGENO Nel mese di dicembre 1918 volavo a 7000 metri sopra la zona di Brescia. La giornata era limpidissima, il panorama che si presentava alla vista era meraviglioso. L’occhio spaziava molto perché la distesa era molto ampia: dalle Alpi Bavaresi a nord con tutta la coorte di vette della Svizzera, a sera fino alla catena delle Alpi. A sud oltre Ancona e ad est lo sguardo abbracciava l’Istria della quale si distingueva bene la forma geografica. Si scorgeva tutto il corso tortuoso del Po come un nastro d’argento, Torino, Milano, Bologna e le minori città settentrionali e pure le vette più alte del mio Cadore. Il cielo aveva perduto la sua tinta azzurra e s’era fatto di color grigio piombo. Il sole sembrava più piccolo ma in compenso splendeva di una luce viva scintillante quale i riflessi di una lucida lama metallica. A quella quota sentivo il respiro faticoso, lento, come di chi respira col bavaglio. Mi aveva preso una gran voglia di dormire ed a tratti posavo la testa sui bordi della carlinga, socchiudevo gli occhi e mi pareva di ristorarmi, ma con uno sforzo enorme di volontà dovevo riprendermi subito perché sentivo che da pag. 13 senza accorgermi mi sarei addormentato. Un forte dolore mi aveva preso alla gola nella zona fra la sede delle glandole e le orecchie. Dolore che si prova forzando di soffiare in una bottiglia. Avevo intenzione di fare ancora quota perché il motore rendeva bene e l’aeroplano continuava a salire senza fatica, ma nella paura di essere preso dal sonno pensai di scendere. Il freddo non era forte in ragione dell’altezza raggiunta e della stagione come temevo. Tante volte a quote più basse la temperatura era molto più bassa, tanto che la benzina che sgocciolava dal serbatoio più di una volta mi è gelata in grumo come di cera trasparente sul fondo della carlinga e scesi più volte coi piedi e le mani con i Per i tuoi peccati di gola PASTICCERIA CAFFETTERIA L’AMORE PER LA PROPRIA TERRA NEL SEGNO DELL’ ACCOGLIENZA Il dolce di produzione propria, la ricerca esclusiva di nuove mète del gusto. Prodotti che coniugano esperienza e innovazione confezionati artigianalmente per ritrovare i sapori di una volta Anche da asporto e su ordinazione In un ambiente confortevole potrai trascorrere momenti indimenticabili assaporando bevande di Tuo maggior gradimento Dosoledo di Comelico Superiore (BL) - Borgata” Sacco Via Roma, 18 - Tel. 0435 68376 7 vano, non sdegnando di soffermarsi al letto de' poveri ammalati, d'intrattenersi con essi, bene spesso di riscaldar con la sua mano regale quella fredda e scarna dei moribondi, dappertutto lasciando sussidi, conforti, speranze”. Nè durante il suo regno vi fu in Italia Società di Mutuo Soccorso, Istituto Pio o Associazione benefica che non abbia contratto debito di riconoscenza col re per la prodigalità di cui sempre diede prova. “E l'Italia - sottolineava compiaciuto Pilotti - nei ventidue anni del suo regno assurse al grado di progresso cui era follia sperare”. Che poi contro il nobile petto di cotal uomo sia stato puntato due volte il pugnale e una pistola abbia messo a segno il colpo micidiale, pareva all'oratore cosa incredibile. “Signori - esclamò Pilotti avviandosi a concludere: il Re Umberto è morto ma non son morti, nè morranno in noi la di lui memoria e il ricordo delle sue eccelse virtù”. Bruno De Donà che mietè migliaia di vittime? Analoga premura dimostrò all'insorgere di epidemie. Bastava qui rammentare la visita a Napoli flagellata dal colera dove “l'eroismo e l'abnegazione di Umberto superarono ogni prevedibilità... non dando ascolto ai consigli di prudenza che gli venivano sussurrati dagli aiutanti che l'accompagna- primi sintomi del congelamento. AURORE BOREALI E IL BOLIDE DEL 1942 Mi capitò, durante un altro volo, di attraversare un mare di nubi. Questo, visto dall’aeroplano è uno spettacolo dei più belli. La superficie superiore è fatta a piccole dune e gobbe. L’aereo fila via a tutta velocità accarezzando, quasi sfiorando quelle protuberanze. Pare una distesa di morbida lana o di neve e vien voglia di farci le capriole. L’aereo, a seconda della sua posizione rispetto al sole, è preceduto o inseguito dalla sua ombra, dai contorni nitidi e circoscritta da un cerchio d’arcobaleno, che corre e scavalca ostacoli, sale e scende dalle dune senza mai rompere o sfilare il delicato tessuto di questo manto celeste. Sopra, il cielo splende di un’azzurro vivo, il più terso, e va sfumando verso l’orizzonte dando alle gibbosità delle nubi dei riflessi iridescenti. Il gennaio 1938 a sera, verso il crepuscolo, improvvisamente apparvero in cielo a nord-ovest verso le Marmarole fasci di luce rossa vivi di fiamma a forma di raggiere, di bande che andavano mutando di forma l’intensità luminosa variando di posizione, spostandosi, dispegnendosi, riaccendendosi in modo capriccioso. Più tardi ver- Valanga in Val de Cridola, 1951 so la notte, dal lato delle Marmarole rimase qualche fascio di luce rossa, mentre il fenomeno andava intensificandosi a nord da dove si avanzava una fascia di luce bianco-giallo verdognola, che investì tutto l’orizzonte, a frangie, a bande parallele alternate da zone oscure, e raggiere che sorgevano da dietro il Tudaio. La superba luminaria durò fino a notte inoltrata poi piano cielo da nord-est a sud-owest piano si spense ed il cielo ri- dove scoppiò alto, lanciando tornò normale. Ricordo che d’intorno miriadi di stelle da bambino ho avuto ancora che illuminarono la notte. la fortuna di vedere aurore Stetti in attesa d’udire l’eboreali, ma quella del gen- splosione ma non sentii nulnaio 1938 ha passato la par- la. Chissà a quale altezza sate, perché di uno spettacolo rà esploso. Sulla traiettoria eccezionale. del suo passaggio è rimasta La notte del 19 novembre per molto tempo una lunga 1942, verso le 3 del mattino, scia biancastra che pian piami avviavo a piedi alla stazio- no si dilatò spostandosi e da ne ferroviaria di Calalzo e mi retta che era, assunse una trovavo poco prima del Pon- forma contorta come di nute Cidolo sotto Domegge voletta. Ho pensato che la quando il cielo si accese im- scia fosse costituita dai gas provvisamente di luce bian- formatisi per l’incandescenca scintillante. Era un bolide za del meteorite. Però il bolidi eccezionale grandiosità e de che vidi ad Aviano nel luminosità con una lunga co- 1916 è stato di una grandiosida. In un baleno attraversò il tà spettacolare.. 7 ANNO LIX Luglio 2011 CADORINI D’OLTREMARE L a notizia della dipartita del noto imprenditore brasiliano, originario di Lozzo, la si è appresa dal Bollettino Parrocchiale pasquale e, successivamente, da un ricordo del Nostro apparso su queste stesse colonne a firma di Gabriele Carniel. Sincero era conosciuto ed apprezzato dai paesani per il suo carattere gioviale, il suo innato e signorile tratto che sempre contraddistingueva il suo porsi con l’interlocutore, la sua prestanza fisica non disgiunta da accattivanti sembianze estetiche “tipicamente latine”, come diceva il prof. Giovanni Fabbiani, profondo conoscitore di storia dell’arte e della letteratura antica; Sincero era insomma quello che si definisce un bell’uomo, con una notevole rassomiglianza e gli stessi modi garbati di un attore sardo che, negli anni ’40 e ’50, furoreggiava al cinema e nei fotoromanzi: Amedeo Nazzari, tanto che in paese, soprattutto fra le donne in cerca di marito, era stato, giustappunto, attribuito a Sincero l’appellativo di “Amedeo Nazzari di Lozzo”. I miei ricordi di lui, i molti aneddoti della sua intensa e, per certi versi, avventurosa, entusiasmante e fortunata esistenza sono legati alla comune origine lozzese, alla vicinanza-anche fisica- delle dimore delle due nostre famiglie e, soprattutto, al rapporto personale impostato su di una viva cordialità ed amicizia che si rinnovava ad ogni incontro in paese. Dell’importanza e delle qualità eccezionali dell’uomo ebbi comunque pieno sentore allorquando ebbi la fortuita occasione di conoscere a Roma l’insigne giurista G. Spinelli il quale, all’atto delle presentazioni, ebbe subito la curiosità di domandarmi se, per caso, fossi parente del “magnate brasiliano Sincero Zanella”. Dalla descrizione che mi venne fatta allorquando affermai di conoscere molto bene Sincero, venne fuori un quadro di notizie su di un personaggio di prim’ordine, sui suoi multiformi interessi economico-finanziari, sociali, civili, culturali ed artistici. E del fatto che fosse pure un munifico benefattore ed ospitale anfitrione, ebbi prova al ritorno del signor Silvio Pais, di Auronzo, da un suo viaggio in Brasile, dove si era recato per far visita ad una cognata, la nota suora 15 DIVENNE UN MAGNATE BRASILIANO L’intensa, avventurosa, entusiasmante e fortunata esistenza di Sincero Zanella, di Lozzo di Cadore cadorina che allora gestiva glio in un clima di serenità, un lebbrosario. Facendo egli di affetto e di educazione al Apprezzato per il scalo a S. Paolo, indirizzai senso del dovere ed alla la- carattere gioviale Pais da Sincero che gli riser- boriosità e tale impronta rivò un’accoglienza davvero mase indelebile nel loro pri- e il portamento straordinaria e scoprì anche mogenito. signorile, Sincero La giovinezza fu certamenche lo Zanella era da tanto tempo munifico benefattore te serena ma alquanto spar- cercò la fortuna dell’iniziativa della suora au- tana e priva di inusuali, per il tempo, smancerie e sdolcina- in Brasile a fine ronzana. Del resto, la vita di Sincero ture cui nè Salvatore, nè Ca- anni ‘40, e la trovò è bene tratteggiata, senza en- tina erano avvezzi. Il cruccio fasi alcuna ma con piana di Sincero è forse stato quel- Fu grande semplicità e modestia, nel lo di non aver potuto seguire suo libro di memorie, la sua un regolare corso di studi su- imprenditore, autobiografia che va sotto il periori (come traspare antitolo di “Il nonno si raccon- che dalla lettura del suo li- munifico benefattore ta”. Libro che si legge tutto bro). Le vicende della guerra ed ospitale anfitrione d’un fiato e che riesce a farci cui il Nostro partecipò sia sul molto meditare sul destino e, fronte francese che su quello Una sua insieme, sulle opportunità greco-albanese ed Yugoslache l’uomo, spinto dalla irre- vo furono di una durezza autobiografia in frenabile molla della volontà inimmaginabile e furono la e dalla voglia di bene opera- prima autentica lezione di vi- “Il nonno si racconta” re per affermarsi può cogliere nella vita, magari a dispetto di tutte le possibili limitazioni di situazioni, luoghi ed anguste e tarpanti visioni, sovente tipiche di chi vive in un piccolo borgo di montagna. E Sincero ha saputo superare ogni ostacolo e, ansioso di conoscenza e di nuove esperienze - in questo, moderno Ulisse -, mosse i primi passi alla scoperta di un mondo del tutto nuovo. LA FAMIGLIA D’ORIGINE A LOZZO DI CADORE Sincero nasce a Lozzo nel 1918 da Salvatore “Piangi” e da Da Sacco Caterina (detta Catina). Coniugi laboriosi e stimati che abitavano nella casa avita sita nell’attuale Via Milano. Il padre, Salvatore, da provetto artigiano, seppe trasformarsi in piccolo imprenditore acquistando, con il fratello Benvenuto, una campagna con vigneto in quel di Velletri. All’inizio degli anni Trenta, Salvatore gestì a Lozzo un emporio, rilevato dal grande invalido di guerra Apollonio Da Pra, e di tale attività esiste ancora una locandina che così recita: “Zanella Salvatore - Completo assortimento di calzature, cappelli, ombrelli, valigie, corone mortuarie, mobili; rappresentanze e depositi”. Fu anche antesignano della procedura per ingrandimenti fotografici ed in molte case i vecchi coniugi sono ancora raffigurati in grandi cornici ovali, tutto opera di Salvatore. La moglie Catina poi, negli anni 1916 e ’17, fu anche assunta dal Comune quale maestra in sostituzione degli insegnanti chiamati al fronte. Tali genitori allevarono il fi- ta per Sincero. Molte le fortuite coincidenze e molta fu la fortuna che fecero sì che lo Zanella potesse salvare la pelle in quella bufera di tragici eventi. Bello è l’episodio dell’incontro casuale che Sincero farà poi a Brasilia con un potenziale concorrente greco, che confesserà di aver partecipato ad una sanguinosa battaglia cui anche il nostro aveva partecipato sulle infide balze dei monti greci. E tutto si risolverà con un accordo sull’appalto in tandem per la importante commessa governativa ed una ... ‘libagione’ fuori ordinanza rimembrando i pericoli corsi. Anche il dopoguerra non fu scevro di difficoltà ma Sincero seppe cogliere molte opportunità di lavoro con intelligenza e perspicacia: insieme all’amico di sempre, Brivio Baldovin, costituì una società per l’acquisto (specie dagli Enti Pubblici) del legname ‘in piedi’, il suo taglio e la successiva commercializzazione. Altra importante attività fu quella del recupero e commercializzazione del materiale ferroso residuato di guerra (in particolare quello ricavato dal ponte sul Molinà, fatto saltare dai partigiani). EMIGRA IN BRASILE Gli affari procedevano bene ma l’inquietudine per i procellosi tempi era tanta, poche le prospettive di lungo periodo dato anche il clima politico che all’epoca si respirava; e tutto ciò, unito al sempre presente spirito di... Ulisse, portarono Sincero a decidere di emigrare in Brasile dove riteneva di poter avvia- re una attività di sfruttamento dei legnami esotici o, in alternativa, quella di utilizzare la sua esperienza fatta in più stagioni presso l’impresa Larese di Calalzo (tinteggiature e pitture civili ed industriali). Zanella era un acuto osservatore, uno cui era facile entrare in contatto ed amicizia con le persone, ben conscio che, oltre tutto, questa sua dote avrebbe potuto tornargli utile nella nuova realtà che doveva affrontare. Elegiaca appare la descrizione del suo affacciarsi alla finestra dell’accogliente albergo di S. Paolo la mattina del suo primo risveglio in terra brasiliana, Fu un momento decisivo, nel quale l’uomo prese coscienza della necessità di guardarsi subito attorno e di fare scelte che avrebbero comunque segnato la sua vita. Ed ancora una volta fortuna e conoscenze fatte durante il lungo viaggio per mare gli furono d’aiuto. Costituì con un connazionale una piccola società, la Zanella & Boaglio Pinturas e fu l’inizio di una felice avventura. I primi lavori riguardarono modeste attività imprenditoriali come un garage o le dimore non certo di lusso della classe medio-bassa. Nel 1950 Sincero aveva già però il vento in poppa e, liquidato il socio troppo timoroso, trasformò la società in una semplice Zanella Pinturas per pitture civili che riguardavano adesso anche abitazioni di lusso dell’alta borghesia. NEL 1951 L’ESPASIONE AZIENDALE E IL MATRIMONIO E la Zanella Pinturas fu il vero motore che porterà la vicenda di Sincero ai fasti degli anni a venire. Alla pittura civile, con la industrializzazione forzata del Brasile, Sincero Zanella abbinò con acume ed avvedutezza anche la attività di protezione di attrezzature, tubazioni, torri di trasmissione e di tutto ciò che era costruito in ferro, soggetto pertanto a corrosione: mutò la denominazione in “Zanella Pinturas Anticorrosao Ltda” e con la costruzione delle prime grosse centrali ed altre grandi opere, nel 1951, iniziò il vero decollo con commesse pubbliche di grande rilievo. E’ di questo periodo il nuovo incontro con la Signora Luisa conosciuta sul vecchio piroscafo del primo viaggio in Brasile. E fu amore indistruttibile coronato anche con la nascita dell’erede, Fabio, oggi a capo dell’impero. Alle attività del ‘core-business’ si aggiunsero attività di investimento in “fazende” per la coltivazione e produzione del caffè, attività immobiliari e di costruzioni e, soprattutto, le commesse per opere pubbliche nell’intera federazione. Da ricordare le opere effettuate a Brasilia (la nuova capitale dell’ex colonia portoghese), opere definite dagli addetti ai lavori “semplicemente mastodontiche”. HA DATO LAVORO AD ALMENO 40.000 PERSONE Il nome di Sincero era così giunto sugli spalti della notorietà imprenditoriale e finanziaria. In tutti gli Stati dell’Unione esistevano filiali importanti della società Zanella. Sincero entrò in partecipazione con miriadi di inizia- tive non trascurando nemmeno l’iniziale progetto di sviluppo delle immense zone vergini della Amazzonia. Conobbe molto bene il presidente Juscelino Kubitschek (fondatore di Brasilia) ed intrattenne rapporti di stretta amicizia con il presidente Janio Quadros. Da notare che alcune iniziative portarono il nome di “Catina”, “Salvatore” e Revis a significare la struggente nostalgia per i propri cari e le sue origini. Venne poi la crisi economica con la grande inflazione e Sincero accarezzò il progetto di investire in Italia e lasciare il Brasile. Ma era cosa complessa smobilizzare tutti i cospicui interessi colà intrecciati. Venne in Italia ed avviò una serie di investimenti immobiliari in varie parti (Trento, Mestre, la costiera veneta, Belluno, Lozzo...) ma con la moglie, vera ed autentica consigliera di ogni momento, decise di rimanere in terra brasiliana, pur riducendo gli impegni industriali del “core-business”a favore di un notevole frazionamento nei più disparati settori con un occhio di riguardo a quello infrastrutturale delle lottizzazioni e costruzioni civili, commerciali ed industriali. E si tratta di cose grandiose, con il testimone ora totalmente passato nelle mani del figlio. Io penso davvero che di uomini come Sincero, nei nostri paesi, ne nascano forse uno o due ogni quattro/cinque generazioni; basti pensare che ha dato lavoro ad almeno 40.000 persone... Giuseppe Zanella ANNO LIX Luglio 2011 16 l turista che entra nella chiesa di S. Maria GloI riosa de’ Frari (Frati minori conventuali), nell'omonimo campo del sestiere di S. Polo, eretta a basilica minore da Pio XI nel 1926, dopo avere ammirato l'Assunzione di Maria, cui la stessa è dedicata, nella pala dell'altare maggiore, la più grande di Venezia, e la Madonna di Ca' Pesaro, sulla parete nord della navata, entrambe opere di Tiziano, e prima di sostare davanti ai lavori di molti altri artisti, da Bellini, Sansovino, Vivarini a Donatello, Brustolon, d'ordinario si reca a visitare la tomba dello stesso Tiziano, presso l'altare del Crocifisso. E, giuntovi, non può che restare perplesso di fronte ad una duplice informazione, fornita da due losanghe contigue del pavimento: una dice: “Qui giace il gran Tiziano de' Vecelli / emulator de' Zeusi e degli Apelli”; l'altra chiosa: “Lapide antica – qui trovata e qui ricollocata – benché senza traccia – della mortale spoglia del pittore – 1852”. NULLA ERA STATO FATTO PER ONORARE LA TOMBA DI TIZIANO Va detto che fino ad allora, nulla era stato fatto per onorare degnamente la tomba del pittore. Soltanto il suo allievo Palma il Giovane (1544-1628) aveva progettato di farlo, non senza accomunare la propria famiglia, con un monumento che includesse il prozio Palma il Vecchio (1480-1528), nella chiesa, vicina alla casa di Tiziano, dei Santi Giovanni e Paolo (San Zanipòlo); l'opera, di fatto, si ridusse a due semplici busti, cui fu aggiunto un terzo, dello stesso offerente. Sopra la porta della sacrestia un'iscrizione dice: TITIANO VECELLIO / JACOBO PALMA SENIORI JUNIORIQUE / AERE PALMEO / COMMUNI GLORIA (A Tiziano Vecellio / A Jacopo Palma il vecchio e il giovane /con denaro dei Palma / per comune gloria). Il tempo continuò a scorrere, senza ulteriori sussulti in proposito, fino a che (1794) i patrizi Incertezza se il sommo Tiziano sia stato sepolto nella Chiesa de’ Frari IN QUALE TOMBA RIPOSANO LE SPOGLIE DEL VECELLIO? L’imperatore Ferdinando I nel 1838 decise di erigere il monumento a Tiziano Nel luogo non fu trovata la mortale spoglia Girolamo Zuliani e Angelo Querini incaricarono di occuparsene il Canova. Ma, nel generale disfacimento della Repubblica, i due bozzetti approntati furono presto dimenticati, sicché, morto lo scultore, li utilizzarono gli allievi per erigere, col concorso di tutta l'Europa, il monumento a lui stesso dedicato, in cui fecero riporre il solo cuore; com'è noto, la salma è custodita nel “suo” tempio di Possagno. Ciò fece risaltare ancor più il senso di colpevole negligenza nei confronti di Tiziano, che la poetessa Rosa Taddei, in una “accademia” da lei data sul tema “Le tombe di Tiziano e Canova nella Chiesa de' Frari”, cerca di esorcizzare con i seguenti versi: “A me rassembra che quel sacro tempio / Duo ne potrebbe raccorre in un solo: / E il marmo di Canova saria esempio / a chi spiegar volesse in alto il volo / del tempo ad onta che di noi fa scempio. / Sovra qual marmo basta scrivere solo: / A Tizian di Canova il diero i voti / e ad entrambi il diedero i nepoti”. Finalmente, nel 1838, l'imperatore Ferdinando I, in visita al Lombardo-Veneto, di cui era appena stato incoronato re, dopo essere stato anche nella chiesa de' Frari, decise di rendere a Tiziano quell'onore che il suo avo Carlo V gli aveva LE TESI - Impensabile che nel 1576, mentre infieriva la peste, il corteo funebre avesse attraversato la città da Fondamenta Nuove fino a campo S. Polo - Tiziano era solo “amalato de febre” e gli furono tributati gli onori in deroga alle disposizioni; le ossa possono essere andate disperse tributato già in vita. La gestazione fu piuttosto lunga. Soltanto nel 1842 venne stipulato un contratto, in cui si prevedeva un compenso di austriache £ 386.380,30, con Luigi Zandomeneghi, professore all'Accademia. L'anno dopo ebbero inizio i lavori, che però progredirono lentamente, al punto che sopraggiunsero i fatidici anni 1848-49 e tutto si fermò. Restaurato anche a Venezia la sovranità austriaca, nella persona di Francesco Giuseppe, il giovane imperatore, preso atto della morte dello Zandomeneghi, ordinò al figlio dello stesso, Pietro, di concludere. Finalmente il 17 agosto 1852 il monumento “era già eretto nel luogo ove stava l'altare del Crocefisso e dove fu sepolto Tiziano” (Ronzon). Questo concorso di figure imperiali fa dire al poeta Scolari: “Od in terra a Tizian cada il pennello, / o manchi all'onor suo degno un avello, / non è mai tarda la cesarea mano / alla gloria d'Italia e di Tiziano”. Il concetto è plasticamente reso dalle due statue, poste agli angoli del gradino della base, raffiguranti i secoli XVI e XIX: la prima regge il decreto di Carlo V: Eques et comes Titianus sit – Carolus V 1533 (Tiziano sia cavaliere e conte – Carlo V 1533), la seconda il decreto di Ferdinando I: Titiano monumentum erectum sit – Ferdinandus I 1838 (Sia eretto un monumento a Tiziano – Ferdinando I 1838). Nel luogo dove stava l'altare del Crocefisso e dove fu sepolto Tiziano, dice lo storico: ma è proprio su questo che si apre la questione. È ben vero che l'artista aveva espressamente chiesto di essere sepolto ai Frari presso la cappella del Crocifisso e che per la sua tomba stava dipingendo una Pietà nella quale si era autoritratto, rimasta incompiuta e completata dal sunnominato Palma il Giovane (opera conservata presso le Gallerie dell'Accademia), come ricorda l'iscrizione dipinta in basso al centro: Quod Titianus inchoatum reliquit / Palma reverenter absoluit / Deoque dedicavit opus (Ciò che Tiziano lasciò iniziato, Palma reverente- mente concluse e a Dio dedicò l'opera). POTEVA ESSERCI STATO CORTEO FUNEBRE DURANTE LA PESTE? Tuttavia, il fatto che, durante l'erezione, circa un secolo dopo la morte, su progetto di Baldassarre Longhena, con sculture di Josse De Corte, del nuovo, attuale altare barocco del Crocifisso, come pure in occasione del suo trasferimento nella prima cappella dell'abside di sinistra, per fare luogo al monumento, non è stata trovata “traccia della mortale spoglia del pittore”, ha indotto alcuni studiosi a concludere tout court che il nostro grande non sia stato sepolto ai Frari. Tra essi va ricordato Carlo Lotti, professore all'Accademia, che espone la sua tesi in un articolo intitolato “L'equivoco di un monumento funebre – In che tomba giacciono le spoglie del Vecellio?”, comparso sul Gazzettino del 2 febbraio 1955, dal seguente esordio: “Una scritta incisa da un ignoto fraticello nella chiesa di S. Maria dei Frari presso l'altare del Crocifisso, e più tardi smentita dai frati, portò ad una serie di decisioni errate”. Del tutto implausibile, a suo giudizio, che in quel 1576, mentre infieriva la peste, ci si sia potuti permettere di attraversare la città, da quella che è ora la zona di Fondamenta nuove, dove Tiziano aveva casa e studio, fino a Campo San Polo, con un corteo funebre. CERTAMENTE VI FU UNA DEROGA Difende la tesi tradizionale Celso Fabbro (18831974), avvocato lorenzaghese che aveva al suo attivo approfonditi studi in materia. Da lui, anche quale figura istituzionale, più volte presidente della Magnifica comunità nel periodo 192050, in Cadore l'opinione pubblica si attendeva, come doverosa, una ferma risposta alla “provocazione”. Innanzitutto, egli osser va, l'artista morì nella sua casa, il 27 agosto 1576, “amalato de febre” (e non di peste), come attesta nel Registro dei decessi Prè Domenego Thomasini, piovan della giesa di S. Cancian. Secon- 7 do, la Signoria concesse “che gli fossero tributati solenni funerali, e ciò in deroga alle disposizioni che, in quei giorni calamitosi, vietavano ogni pubblico trasporto funebre”. Terzo, la cerimonia ebbe luogo il giorno seguente, come attesta la registrazione nel libro cassa dei canonici di San Canciano: “Per tanti abuti del funerale del signor Titian, dignissimo pittor, in San Cancian, fu sepolto alli frari, ducati sei val L. 37,4”. Non si può ignorare, tuttavia, che non meno dei documenti parlano i fatti. Durante i lavori per il nuovo altare del Crocifisso (1672), quando sarebbe dovuta essere naturale, considerato il personaggio, la ricognizione, se non il trasloco, della salma di Tiziano, nessuno cerca, nessuno parla. Durante i lavori per il monumento, “nessuna traccia”. I fautori della tesi tradizionale allegano le ulteriori attestazioni del Sansovino, nel 1581, (Il Christo miracoloso a mezza chiesa, a' cui piedi è sepolto quel Titiano...), e del parroco di S. Canciano agli Avogadori de Comun, (Faccio fede qualmente nel 1576, 27 agosto morse il mag. m. Tizian Vecelio pitor […] e fu sepolto ali fra minori. In q. fidem. Di giesa alì 27 zugnio 585), a conferma di quanto dallo stesso scritto nell'atto di morte; e concludono non esserci alcuna meraviglia se, per incuria od ignoranza, di quelle ossa non ci si sia più occupati, sicché possano essere andate disperse. Dispute interessanti, con fondate ragioni, come accade, da entrambe le parti. Ma, allora, ci si chiede, in quale altro luogo potrebbe essere sepolto Tiziano? In un cimitero comune, o nel vasto giardino, confinante con la laguna, con vista verso l'isola di Murano, della sua casa di Rio terrà dei Birri grande, magari all'ombra di quel grande albero “dalle foglie rotonde che egli ritrasse nel quadro di san Pietro martire”, di cui parla il Lotti? Certamente, il turista cadorino, che, giunto a Venezia, si fa dovere di rendere visita al “suo” Tiziano, non può dissimulare la propria delusione quando, lette le iscrizioni, si pone la domanda, sulle tracce alate del poeta, se il suo corpo riposi davvero “sotto il peso de' marmi austriaci / in quel de' Frari grigio silenzio”, oppure gli rimanga la consolazione che la sua “dif fusa anima erri tra i paterni monti ...”. Mentre attende dagli esperti una risposta appagante, l'incertezza gli appare ancora più amara, ove pensi che, a seguito delle divergenze sorte coi religiosi, la volontà dell'artista di essere ivi sepolto era stata modificata, per testamento, con quella di “essere sepolto nella chiesa arcidiaconale della sua Patria, nella cappella della sua vera famiglia: ma ciò non seguì, perché s'interpose una mortifera pestilenza, che non lasciò eseguire in questo l'ordinazione di lui”, come riferisce l'anonimo del Tizianello, citato dallo stesso Fabbro.. Giuseppe De Sandre 7 l’intervist a ANNO LIX Luglio 2011 A TU PER TU Giovanni Coffen Marcolin arlare delle occhialerie del Cadore, si sa, è come citare P archeologia industriale buona per il Museo ma non più proponibile in economia. Ma di quel “miracolo industriale” il Cadore andrà sempre fiero e ne ricorderà gli uomini che lo resero possibile per la seria vocazione imprenditoriale che spinse l’economia locale e coinvolse la popolazione tutta. Giovanni Coffen Marcolin è uno di questi: uomo semplice e cordiale, pragmatico quanto basta, intimamente credente, genuinamente cadorino. La sua è la storia di un sogno giovanile, è la storia della “Marcolin”, oggi, a 50 anni di distanza, azienda fra le leader nel mercato dell'eyewear. Lo ascoltiamo nel suo ufficio di presidente a Longarone, e non c'è traduzione scritta che renda il calore e le sfumature della sua parlata. Cavalier Marcolin, o commendator dell’Ordine di S. Silvestro se preferisce, lei può essere ascritto fra i pionieri dell'occhialeria. Come iniziò il suo sogno e come si vede oggi alla bell'età di 80 anni? “Alt, voi distingue - dice subito, attento a non invadere campi altrui -. Non ho ambizione di sentirmi grande imprenditore, pioniere, anche perché la partenza della mia ditta è fatta da un paio di concomitanze. Ades a 80 ane passade stao ben, me ciato con na gran serenità e na gran pace, e chesta è na gran roba. Chissà parché cà in azienda i vo ancora chesto vecio. Ma me piase. Son credente, e credo che l Padre Eterno me voe particolarmente ben parché me a aiutà par tutta la vita.” Quali sono queste concomitanze? Era il 1961... “Ero su alla De Silvestro Flli. (poi Desil) già da 12 anni e facevo stampi per occhiali, lo stipendio da meccanico era buono ma io volevo sperimentare nuove idee tecniche. E poi, volevo dare un futuro ai miei figli, nati proprio allora, farli studiare come io non ho potuto. Mio padre Cirillo, che era rientrato dopo un periodo da emigrante in Nuova Zelanda e lavorava in fabbrica da Momi Fedon, mi ha preso in disparte prima ancora che finissi le ‘industriali’ e: «Senti, me a dito me pare, to suor a tacà a laorà a 12 ane, to fradel a 13, tu te a 16; sei che tu te volarae continuà ma …». Avevo passione per lo studio ma anche grande venerazione per mio padre. Così, preso il diploma di congegnatore meccanico, il primo luglio andai a lavorare quaggiù nell'officina di Calisto Fedon.” Come meccanico? “Apprendista! outro che apprendista!- esclama Giovanni con tono divertito -, là ho fatto 2 anni.” Incomincia l'attività in proprio. “Per mesi e mesi ho pensato come impiantarmi. Aprii un laboratorio artigiano con la moglie Mary nella casa appena costruita a Vallesella, attuando la mia idea di fabbricare particolari aste in laminato oro per occhiali da fornire alle aziende locali. Fui facilitato anche dal fatto che per l'avviamento allora bastava uno scantinato e non servivano consistenti capitali.” E' la Fabbrica Artigiana Giovanni Coffen Marcolin. “Dopo un paio d'anni passai alle montature complete che riscossero successo”, tanto che la piccola azienda nel 1964 cambiò nome in Marcolin Occhiali Doublè. “Nel 1967 il passo successivo fu quello di costruire il primo nucleo di uno stabilimento a Vallesella, dove perfezio- STORIA D’IMPRENDITORIA E DI LAVORO A 80 anni Giovanni Marcolin festeggia i 50 anni della sua azienda, oggi fra le leader mondiali del settore occhialerie Il primo laboratorio a Vallesella di Cadore nel 1961 “Sono contento, mi trovo con una grande serenità” MARCOLIN, UOMO D’ANTICO STAMPO Giovanni, con i figli Cirillo e Maurizio - Parigi 1977 nai una nuova linea di modelli in laminato oro che ebbe grande successo: piovvero le richieste da parte dei grossisti che in quel periodo percorrevano il Cadore. Nacque così l’idea di vendere anche all’estero e di avviare nel 1968 la commercializzazione negli Stati Uniti.” Comincia l’espansione, lei affronta il mercato estero … “La prima volta sono andato a New York, no par vende occiai, ma par cienì boi i clenti, par no perdili, parché aveo consegne troppo in là, questo dimostra che raza de portafoglio ordini che aveo. Era il settembre 1970 e mi sono portato dietro mia moglie: Mary mi confortava con la sua sensibilità femminile, non voglio esaltare mia moglie, ma…” E conosceva la lingua inglese? “Che lingua! Allora se fasea le scole col solo talian. Me leveo su la bonora alle zinche par imparame un tin d’inglese e podè dì chele quattro parole che bisognea”. Nel 1974 l’azienda produceva 1000 occhiali al giorno e impiegava 80 dipendenti. “Utilizzavo tanto il terzismo e pian piano mi facevo la rete commerciale. Nel 1976 ho aperto a Parigi una filiale (Marcolin France), un ufficio-magazzino che riceveva gli occhiali da noi e li andava a vendere. Poi nel 1977 ho acquisito filiali della Lozza di cui prima facevo il fornitore, aprendo così Marcolin Svizzera, Marcolin Germania e Marcolin Austria.” Sapeva osare, dunque. “In quei tempi c’era lavoro per tutti. Quello che non facevano le aziende in proprio veniva dato da fare fuori, negli anni Settanta molti preferivano lavorare a casa saldando con una macchinetta per più ore e guadagnare di più.” Nel 1983 viene aggiunta una società di distribuzione in USA, con consistente aumento della produ- zione. E arriviamo al 1988 con il trasferimento del quartier generale a Longarone. Come mai Marcolin? “Avevamo bisogno di spazi per un progetto d'espansione e il Comune di Domegge aveva detto di no ad ampliamenti perché non previsti nel piano regolatore. Osteria, cosa fade? Giù a Longarone era in vendita nel 1985 lo stabilimento Atalierie des Orfevres: ho fatto l'offerta più alta e l'ho comperato. Prima però ei ciamà i fioi Maurizio e Cirillo, che i stava finendo l'università alla Bocconi ma quan che i jenea a ciasa i magnea pan e ociai. «Sientè fioi, ei dito, se volè fei calche outro mestier io no compro, se invece avè passion de ienì cà allora fao l’investimento». Abbiamo portato a Longarone la lavorazione della plastica che avevamo nel frattempo attivato a Rasai, nel nuovo complesso abbiamo preparato nuovi uffici e Questa è la storia di un ragazzo che si costruì il suo sogno “In quei tempi l’era laoro par dute in Cadore” “Me a sempre piasesto riscià, fei qual cosa de diverso” quindi nel 1988 abbiamo trasferito gli uffici da Vallesella. Io no aveo nessuna intenzion de vegnì ca dò e neanche de avè agevolazioni. Solo che i fioi disea de no, io ca dò no compreo.” Trasferiti gli uffici e la direzione generale a Longarone, la Marcolin spa nel 1988 vede Maurizio alla vice presidenza e responsabile marketing, mentre Cirillo è l’amministratore delegato. Prende sempre più consistenza l’azienda condotta da Giovanni Coffen Marcolin con lavoro, intuizione, ingegno e costanza, basandosi sul suo sogno personale di realizzarsi. Oggi però la Marcolin è una fabbrica diversa, anche a seguito dell'entrata in Borsa. “Noi Marcolin abbiamo visto che per gestire in maniera normale bisognava espandersi. Allora nel 1999 abbiamo deciso di andare in Borsa. Se dà parte del patrimonio al mercato e se 17 incassa schei. E la Borsa ha dato possibilità di finanziamenti da reinvestire.” Da quello che ci racconta, lei amava un po’ il rischio. “Mia moglie Mary, che adesso è a casa e soffre perché vorrebbe continuare qui in azienda, la e fantastica!, quando dovevo ‘impiantarmi’ diceva: «Te so un incosciente». Perché avevamo dei figli e anche un debito di casa. Incosciente, ma sote, ecco parché diseo che al Padreterno me a aiutà, ma sote, me a sempre piasesto riscià, fei calcosa de diverso, andà alla ricerca, sempre. Immaginarsi se io non assecondavo i figli sull'entrata in Borsa.” Un uomo genuino Giovanni Marcolin, d'antichi valori e d'indubbie capacità. Dagli anni Novanta la Marcolin prende quota, si distingue per design e qualità del prodotto, potenzia la distribuzione per assecondare la notorietà dei suoi brand, si dà una struttura patrimoniale funzionale agli obiettivi di crescita, inaugura un nuovo stabilimento a Longarone, rafforza la presenza internazionale. Il sogno di Giovanni in 50 anni è diventato una realtà forte, la Marcolin Spa: 1000 dipendenti, 17 brand in licenza e 2 di proprietà, 11 filiali nel mondo; entrano da investitori Andrea e Diego Della Valle, Luigi Abete; Giovanni diventa presidente con Cirillo vicepresidente e Maurizio responsabile del marketing, mentre ad amministratore delegato e Ceo viene nominato nel 2008 Massimo Saracchi; nel 2010 viene inaugurato sempre a Longarone un nuovo centro logistico e stile; mission tra ricerca e tradizione, una strategia da leader nel mercato internazionale dell'eyewear di lusso. Ma questa è un'altra storia. E il presidente ci rimanda gentilmente ma correttamente ai nuovi vertici. Rimane da capire cosa Giovanni pensi sul futuro economico della sua amata terra, il Cadore. “Allora duto ndea e andea ben al Cadore, l’era un mercato più facile, avone la liretta che andea da dio e con marchi e dollari i comprea una barca de ociai; adesso i cadorini non debbono credere di poter ripristinare gli occhiali, se non di nicchia e per mantenere le conoscenze di lavorazione. Noi avon piandesto col cuor a serà Vallesella, ma i conti t’incioda. Non ho titolo per dire ai cadorini cosa e come fare, ho vissuto in altri tempi. Però, sono ottimista, con un po' di iniziativa e dedizione, stando attenti a scegliere il settore più consono, si può fare tutto. Turismo, ad esempio..., con convinzione.” Giovanni Coffen Marcolin, uomo d'antico stampo che ha saputo continuare ad essere sempre moderno. Renato De Carlo 18 RECENSIONI Angiola Tremonti ANNO LIX Luglio 2011 a cura di Ennio Rossignoli LA VALLE DEGLI ORSI ngiola confessa: “Ho Struggente scritto questo libro per A l'esigenza di porre ordine metafora di nella mia vita”, ma forse anche per il bisogno di affermare, al di là delle circostanze biografiche, una personale autonomia, una identità insidiata da una pesante contiguità famigliare”. E anche perché lei ha una bella e disordinata storia dietro e accanto a sé, la storia di una formazione inquieta, continuamente sospinta ad attraversare la vita nella normalità di un ruolo prestabilito – moglie, madre, lavoratrice dentro e fuori di casa – e oltre tale normalità, nel mondo della ribellione ai suoi riti, della libera creatività, della deflagrazione dell'arte. D'altronde è dalla comparsa di Sigmund Freud che noi sappiamo come la scrittura, e in particolare lo scrivere di sé, costituisca una forma di terapia psicologica; e come l'oggettivazione dei ricordi, del passato delle esperienze, serva a trasferirli nella dimensione aperta del controllo, e a farne lo spessore di ciò che siamo stati su cui si deposita e vive ciò che siamo. E' così che la Valle dell'Orso (ma lei di orsi sperava di incontrarne tanti da farne un titolo), lassù tra i boschi del Cadore di Lorenzago, non è più solo un luogo dove ambientare la adolescenza e la bella gioventù, ma è la struggente metafora di una stagione della vita a cui si erano aggrappati i sogni, le speranze, i progetti, una stagione della vita a cui si erano aggrappati i sogni, le speranze, i progetti quei “pericolosi regali della fantasia al cuore”, di cui ha scritto il poeta. Ma la Lorenzago avita, il paese dei Tremonti, con il “parco dei sogni”, la sua “regina degli alberi”, sarà solo una tappa – seppure amena e carezzevole – nei suoi itinerari irrequieti: dalla Valtellina a Sondrio, da Milano a Cantù a Lozzo cadorina: e poi l'Africa e L'India. Intanto lo studio, il lavoro: il diploma magistrale, l'insegnamento, il meraviglioso rapporto con i bambini in una scuola che lei vuole aperta alla natura e alla vita. Quindi la grafica pubblicitaria, lo sport – il tennis a livello professionale – l'arte del colore e della materia; e ancora il volontariato tra l'umanità decomposta del Burkina Faso e della Calcutta di Madre Teresa. Fino alla politica, alle amarezze e al disgusto per i giochi di partito e le manovre taroccate. Nasce Mabilla, l'embrione gentile, un'altra da sé con le sue sembianze, la molteplicità chiusa nell'u- Promosso a S. Stefano di Cadore dalla Fondazione Centro Studi A nche quest’anno la Fondazione Centro Studi del Comelico e Sappada ha organizzato tre serate con l’autore che hanno riscosso un buon successo di partecipazione. Ha iniziato nella sala polifunzionale di Dosoledo, Enrico Vaime, noto giornalista e scrittore, autentico maestro della satira e dell'umorismo sia alla radio che in televisione, accolto dal pubblico con un applauso scrosciante. Ha trattato con sapiente ironia molti argomenti proposti con efficacia e tempismo dal Edizioni Bompiani no di una personalità – e di una persona – che “sogna, pensa, osserva e crea. E a cui nessuno può chiedere di essere razionale”. Oggi Angiola è una artista affermata, ma il suo percorso è costellato di delusioni e di dolori: che non sono mancati in tutto lo svolgersi di una vita peraltro ricca di piccoli e grandi affetti – dagli amatissimi nipotini ai suoi cari animali; una vita piena, su cui corre a tratti lo spettro del tempo che passa, della vecchiaia invalidante, della solitudine intorno e dentro di sé. “Capire è crescere, un passo in più verso la libertà, indispensabile per agire”:così Angiola si racconta, con una sincerità che scava nei ricordi, li incalza per allinearli in sequenze ora serie, ora divertenti, sempre misurate dalla riflessione. Qualcuno ha detto che la vita non è né bella né brutta, ma è originale: non vale per tutti, ma certo vale per lei, “pessimista felice”. conduttore della serata Orazio Longo. Certo il tema principale che ha connotato l'edizione di quest'anno delle "Serate con l'autore" è stato rispettato: il 150° anniversario dell'Unità d'Italia è stato commentato da Vaime senza polemiche ma con il senso e l'orgoglio di essere italiano. "Mi pare che in questa occasione così speciale possiamo 7 IL SIGNORE DELLE MONTAGNE In ricordo di Marino Bianchi Fouzigora l 21 ottobre del 1969, Marino Bianchi, di Ernesto Majoni Pietro Erminio, è precipitato mentre tenI tava di aprire una nuova via alpinistica sulla racconta la tragica Cima del Lago, nel gruppo dei Fanis, in val Parola. La roccia era solida, assolata ed scomparsa di Marino asciutta. Marino aveva 51 anni e quel giorno Bianchi, amata guida accompagnava una cliente di nome Ducia Pulitzer, 56 anni, di origine russa. Alla disgra- di Cortina d’Ampezzo zia non ha assistito nessuno. Così con poche parole essenziali Ernesto Majoni, già alpinista provetto ed oggi dinamico coordinatore della “Comunità dei ladini storici delle Dolomiti con sede a Borca di Cadore”, racconta la scomparsa tragica di una delle più amate guide alpine di Cortina d’Ampezzo. Il personaggio è emblematico, rappresentativo di un paese in sviluppo rigoglioso, dopo l’esperienza delle Olimpiadi. Sposato con Margherita Alverà, nipote del noto storico don Pietro, aveva quattro figli ed era falegname artigiano. Esperto sciatore aveva partecipato alla fondazione del club degli Scoiattoli di cui era socio dinamico avendo al suo attivo una dozzina di prime vie sulle Dolomiti ampezzane. Inoltre partecipava con generosità alle attività di soccorso alpino. Per il suo carattere solido, ma pure improntato al sorriso, Majoni lo definisce “signore delle montagne. “Le tappe della sua purtroppo breve vita sono condensate in una serie di capitoletti, densi di notizie. La famiglia; Gli esordi; Fondo, bob, salto; Le prime scalate; Ancora una nuova via; 6° grado sul Piz Armentarola; Una via che non esiste; I primi clienti; Sul Pelmo con Roberto; La ferrata in Tofana di Mezzo; Il gio- vane notaio; Erwin delle Marmarole; Allenamento per l’Africa; Agosto, settembre nel continente nero; Margherita e i bambini; Sempre presente; Note degli alpinisti; Di nuovo con il viennese; Sulla torre che volle morire; Mi auguro di riprendere con Marino; La montagna dei Zubianote; Di nuovo in Africa; Le ultime vie nuove; Con Luisa sulla Croda Rossa; Bianchi è salito calmo e sicurissimo; Marino anche sciatore; Vie e ancora vie; Il Castelletto e la Lipella; La sciagura sui Cadini; L’èa un di nostre, Ivano Dibona; Con il medico di JFK; La bella estate; Grazie Marino, grazie amico; Martedì 21 ottobre, Cima del Lago; Una vita semplice e pulita; Due gare per ricordare; Cima Marino Bianchi; Anche una ferrata per Marino; Verso una conclusione”. Il volume intitolato appunto Il Signore delle montagne e il sottotitolo con il nome e l’appellativo dialettale della guida, è avvincente. Formato superquadro (cm 23x22), 122 pagine, 55 fotografie in bianco e nero e a colori, stampato dalla Print House di Cortina, gode del patrocinio della sezione del Club Alpino di Cortina d’Ampezzo. M.F. Belli COMELICO: SERATE CON L’AUTORE permetterci un giorno di festa. In fondo mica tutti gli italiani devono per forza aprire bottega quotidianamente. Senza retorica dobbiamo però capire il significato della nostra storia, come qualcosa che ci unisce". Anche su Garibaldi le opinioni divergono ma la storia va letta per quello che è, e non interpretata come fa più comodo. "È stata una rivoluzione borghese, ma pur sempre una rivoluzione". Quindi Vaime è stato sollecitato su temi legati alla sua giovinezza a Perugia, a quel modo di vivere negli anni '50 e '60 ricco di propositi ed entusiasmo, pur tra ingenuità e infatuazioni. Il vivere in provincia va visto come valore importante anche oggi, perché nei piccoli borghi le persone vivono e si comportano in modo diverso, rispetto alle metropoli. Certo i tempi cambiano ma non va dimenticata l'importanza del rapporto tra le persone che oggi passa in secondo piano parlando di internet e di era informatica. In chiusura alcune riflessioni sul modo di fare giornalismo, sull'importanza di essere liberi da vincoli e pressioni. "In Italia c'è ampia libertà di stampa ma il rischio è l'autocensura e questo rientra nella responsabilità di ognuno". Durante la serata, con la partecipazione di un folto pubblico e molte domande, sono stati letti dei brani a cura dei ragazzi del gruppo I Comelianti tratti dall'ultimo libro di Vaime “Era ormai domani, quasi”. Il secondo appuntamento ha avuto luogo al cinema Piave di S. Stefano di Cadore ove è stato proiettato il film "Noi credevamo" di Mario Martone, dedicato alle vicende del Risorgimento italiano, dal 1830 al 1870, viste con gli occhi di tre protagonisti minori, coinvolti negli eventi più significativi di quel periodo storico, fondamentale per la nascita dello Stato italiano. In apertura di serata, Orazio Longo ha effettuato un collegamento telefonico con lo sceneggiatore Giancarlo De Cataldo, che ha raccontato come è nata l'idea di realizzare quest'opera di ampio respiro che, senza retorica, racconta le aspirazioni e gli ideali di giovani rivoluzionari, ma anche le delusioni ed il rimpianto per un risultato storico che non sempre è coinciso con i propositi iniziali. "Loro ci credevano - ha chiesto Orazio Longo a De Cataldo - e noi?". "Dobbiamo crederci anche noi" ha risposto lo sceneggiatore "perché la nostra storia, costruita nel 1800 con fatiche, sacrifici e spesso con il sangue di molti giovani, rappresenta un patrimonio che deve unire e non dividere". Il film, che ha partecipato al Festival di Venezia, pur impegnativo per la sua lunghezza (circa tre ore) si fa apprezzare per la ricostruzione puntuale e non convenzionale di un periodo storico assai complesso. Infine nella sala del Museo Algudnei di Dosoledo l’incontro con la giornalista siciliana Michela Giuffrida, firma di Repubblica e direttore del notiziario regionale dell’emittente Telecolor. Dopo la descrizione del reportage da Giampilieri ancora oggi a pezzi dopo la tragedia di due anni fa con il versante di una montagna che per le pioggie eccezionali è scivolato travolgendo il paese, la giornalista ha parlato del 'mestiere' dell'informazione. Il suo telegiornale, 'PrimaLineaTg' ha vinto quest'anno il premio TG d'Oro come migliore notiziario regionale italiano. “La tv è uno strumento pericoloso perché veicolo di una informazione passiva, non attiva come i giornali - ha detto Giuffrida -. Per questo è ancora più importante, se non fondamentale, che gli addetti ai lavori operino con un forte senso di responsabilità e professionalità. L’Intervento conclusivo del sindaco di Comelico Superiore e consigliere della Fondazione Centro Studi, Mario Zandonella Necca, che ha registrato la buona riuscita dell'edizione di quest'anno con ospiti come Vaime, De Cataldo e Giuffrida, auspicandone la prosecuzione per l'anno prossimo. Livio Olivotto 7 ANNO LIX Luglio 2011 er Samuel Pradetto Cignotto la fotografia P è una passione coltivata con impegno e pazienza, ma soprattutto è una dote innata che egli sa cogliere con gli occhi in maniera artistica. Infatti non c’è scuola o insegnante che potrebbe educare alla immediatezza di uno scatto che contiene quel “qualcosa in più” che altri normali fotografi non hanno. Samuel è un giovane comeliano di 34 anni che abita a Mare. Lavora come falegname nella ditta Osta legno di Padola, ha un fisico atletico che gli consente di fare chilometri in bicicletta, salire in quota con gli sci da alpinismo, scalare pareti rocciose. Sicuramente un iperdotato, ma non solo fisicamente, soprattutto come sensibilità artistica di persona che sa immergersi nella natura con il gusto di capirne le forme, la luce, i colori. Ha iniziato a girare con la 19 I RACCONTI FOTOGRAFICI DI SAMUEL La Fotografia di Samuel Pradetto Cignotto: dote innata, passione coltivata con impegno e pazienza Premiato al prestigioso concorso di Asferico, sue foto sono inserite nei volumi dell’AFNI macchina fotografica fin da adolescente, e ha approfondito la tecnica degli scatti con vari obiettivi e tempi giusti di apertura dell’otturatore. Aveva una grande passione per le diapositive, di cui conserva migliaia di pellicole. Negli ultimi anni si è convertito, come tutti, al digitale, pur con la diffidenza che gli amanti della purezza fotografica della pellicola hanno mantenuto. Ma quello che per lui conta è raggiungere un risultato di racconto fotografico, più che rimanere nostalgicamente ancorato alla forma. Per questo, dopo un paio d’anni di sperimentazione, e con la constatazione che fare foto digitali costa “L’ETERNO NELL’EFFIMERO” a solamente 18 anni l’autore del libro “L’eterno nell’effimero: la montagna H nella nebbia” (2011 – Tipografia Ghedina). Si chiama Armin Calligaro, vive a Vallesella di Cadore e a settembre comincerà l’ultimo anno all’Istituto Statale d’Arte di Cortina. Appassionato di musica, il giovane Calligaro canta e suona la chitarra, dilettandosi a volte anche nella composizione di canzoni. «Il mio sogno, spiega l’autore, è quello di raggiungere uno stato interiore che mi permetta di stare bene con gli altri ma soprattutto con me stesso e per ora sembrerebbe che il mio “Io”, per trovare questa pace, mi stia portando dalla mia seconda mamma: la Natura». Ed è proprio la Natura (con la “N” maiuscola) la protagonista del suo primo libro. Armin, il testo era stato pensato per un concorso. Da qui l’idea di farne un libro. “All'Istituto d'Arte mi era stata data l'opportunità di partecipare al concorso "Il paesaggio raccontato dai ragazzi" di Italia Nostra. Inizialmente avevo pensato di creare un dvd in cui si sarebbero potuti vedere vari bivacchi di montagna e rifugi. Poi ho deciso di lasciare la realtà agli altri e di immergermi in quello che quaggiù nella normalità si chiama "sogno" o "illusione" e provare a trasmettere ad altre persone quello che io stesso ho provato fra le nebbie in montagna. Il libro inizia con delle mie riflessioni e poesie; ho deciso poi di accompagnare alle mie foto alcuni scritti di grandi poeti e alpinisti che con le loro parole riescono a rispecchiare molti dei miei pensieri”. Perché la nebbia è così importante? “Quando in montagna la nebbia cala tutto si trasforma: uno strano silenzio e una strana atmosfera trasformano quella che prima sembrava una realtà concreta in una realtà effimera e ci si appiglia al sogno, all'immaginazione”. Tu descrivi il tuo libro come un “diario fotografico di vagabondaggio tra i monti”. “Le foto sono caratterizzate dalla nebbia affinché anche il lettore, come me quando sono immerso in questo viaggio onirico, possa lasciare la realtà e immergersi nell'immaginazione. Un amico, ironicamente(o forse no), dice che non avrei potuto fare un diario fotografico con foto caratterizzate dal sole perché ogni volta che vado a camminare trovo brutto tempo. Io gli rispondo che non esiste un "brutto tempo", anzi. Sono convinto che se avessi camminato sotto il sole non sarei riuscito ad immergermi pienamente nel misterioso mondo della montagna. Le foto presenti nel libro le ho scattate sulle Marmarole e da Erto a Domegge”. Cosa intendi per “vagabondaggio”? “A me piace dormire nei bivacchi dove una volta arrivato mollo lo zaino a terra, tiro fuori il fornelletto molto meno di quelle su pellicola, ha ripreso a partecipare a concorsi nazionali ed internazionali, dove si era segnalato in passato con premi prestigiosi ed ha confermato la sua bravura con il secondo posto al prestigioso concorso di fotografia naturalistica Asferico, nella sezione “paesaggi”. Un concorso selettivo, dove partecipano fotografi da tutto il mondo. Su 300 fotografi, e su 5500 foto esaminate dalla giuria, due foto di Samuel Pradetto Cignotto sono entrate nella pubblicazione che Asferico La Natura è la protagonista del primo libro di Armin Calligaro “Questa mia prigionia rallegrata da squarci di sogno che mi diletto a vivere e preparo una buona minestra o del riso e dove la mattina, aperta la porta, mi ritrovo nella Natura incontaminata. Vagabondare tra i monti per me significa prendere lo zaino e partire per vivere la montagna. Uso la parola"vivere" perché a mio parere c'è differenza fra "vedere la montagna" e "vivere la montagna". Che messaggio vuoi lanciare con il libro? “Io spero che i miei coetanei possano scoprire quello che li circonda senza andarsene con la scusa "che quassù non c'è niente da fare". Rispetto chi se ne va da queste terre per fare nuove esperienze ma non sopporto chi dice di andarsene perché "qua non c'è nulla": basterebbe che aprissero gli occhi e che provassero a vedere la "realtà" dall'alto o vedere cosa c'è al di là della montagna per scoprire l'immensità che ci avvolge. Molti giovani dicono di stare male quassù e sperano di esser felici andandosene. La realtà è che non stanno bene con se stessi. Anche io ho aperto gli occhi poco tempo fa e mi sono accorto che nella Natura a volte tocco la felicità. L’uomo ha dimenticato di essere parte della Natura”. (...) “Ringrazio di cuore, conclude l’autore, Giuliana Corbatto, Eros Maccagnan,Tommaso Valmassoi, Elisa Mazzucco, Simone Cesco Cancian, i gestori del rif.Padova, rif.Cercenà e rif.Ciareido, Nuovo Cadore e l’ Istituto d’Arte di Cortina”. Irene Pampanin ha curato dopo la conclusione della gara. La foto arrivata seconda nella sezione “paesaggi” coglie lo scenario unico delle Tre Cime di Lavaredo in una notte di luna. Samuel ha commentato così la sua fotografia: “Fotografare le Tre Cime è sempre affascinante. Osservare queste cattedrali di roccia con le più svariate condizioni di luce necessita fermarsi con tranquillità. Posizionato a Forcella Lavaredo ho aspettato la notte. La luna alta nel cielo illuminava le cime alla perfezione. La nebbia scendeva da nord modellandole in continuazione. Con un tempo di otturazione lungo ho ottenuto l’immagine che volevo”. Fa parte della passione di Samuel stare in mezzo alla natura per ore, giornate, alla ricerca dei particolari che il suo occhio artistico fissa in fotografia. Nei periodi in cui si dedicava alle forme e ai colori del ghiaccio percorreva chilometri lungo il corso di torrenti in zone impervie. Quando ha fotografato camosci, pernici bianche, galli cedroni, marmotte scalava pareti rocciose o saliva pendii con le pelli di foca sotto gli sci. Oppure si acquatta vicino ad uno stagno per scattare dei primi piani con obiettivo macro ad una libellula. Proprio una foto così è entrata nel libro del 5° concorso internazionale di fotografia, nella sezione “animali”, come ulteriore riconoscimento della bravura riconosciuta del giovane fotografo comeliano. Egli ricerca i confronti ed i contatti con i colleghi che hanno più esperienza, per poter imparare nuove tecniche e acquisire altri spunti. Molti suoi scatti sono conosciuti ed apprezzati nei siti di fotografia più qualificati del web. Pur essendo il Cadore lo spazio dove ama girare e cogliere istanti e particolari in foto, con altri amici ha iniziato a frequentare altre località suggestive, come il Cansiglio, il Carso, la Laguna. E proprio a Cervignano del Friuli c’è stata la premiazione e la grande mostra dei vincitori e dei segnalati del concorso promosso dall’Afni, associazione fotografi naturalisti italiani. Sorta a Milano nel 1989 per iniziativa di alcuni prestigiosi fotografi naturalisti, si è diffusa sul territorio nazionale, collaborando con amministrazioni pubbliche, centri di ricerca ed educazione ambientale e associazioni protezionistiche. Pubblica una rivista quadrimestrale di fotografia naturalistica, Asferico, e dei volumi come quello dove sono state inserite le foto di Samuel Pradetto Cignotto. Lucio Eicher Clere ANNO LIX Luglio 2011 20 Inte chesto sfoi se dora la grafia de l Istituto Ladin de la Dolomites a cura di FRANCESCA LARESE FILON Cadorins La stradela d Bus de Val inà fato al so bel sarvizio par al Comelgo des ch à tornó a verA dla Val, LA DOBIACO-CORTINA-CIALAUZE dopo unde paila strada d möide de dificoltes par i tance ch tocia a stemana pasàda 1 é èra invalido de la guèra da tre àne de guèra e i ulti- caminé ogni dì dal ComelL ienù a San Vido un granda e al faéa fadìa a ca- me didòto més i èra stà in go par dì a lorà, forse s ded’Anpée a me contà duto de minà. 16 èro amigo dei so Germania preoniér. Alòra smöintia al sarvizio ch inà la “Ferrovia delle Dolomiti”. Al me à dìto tanta ròbes che quasi nesùn saéa: parcè che l’è stàda fata, cuanto che i à stà a la fèi, cuante vagòi e cuante motrici che l’aéa e tanta àutra ròbes. L à parlà de pòntes, de galerìes e al me à fato capì che el de la ferovia al saéa duto. Fin che ascoltào né èro bén de stà atènto parcè che me ienìa in ménte dute chi ànes pasàde a di ie e fòra col treno: prima a di a scòla a Cortina e daspò a di a laurà. Cànche i à fàto véde la staiòn de Borcia m’è ienù in mente na ròba che me técia scrive. Can che i à betà su la ferovìa come Capo Stai6n a Bércia l’èra ienù an òn che aéa inòn Tullio Tabacchi. L fiéi, e, in dute chi ànes che 1 è stà a Borcia, nò i èi mèi vedù a di in giro. In chél dì, 1 èra na doménia vèrso la fin de màio del 1945, èro ie stàla de Chi de Donìn che i daéo na man a Sara a guernà la bèsties, èi vardà in ie e èi vedù Tabacchi che ienìa in fòra con tanta fadìa, an pas daòs chei’àutro. L’èra la prima òta che i vedéo fòra de la stai6n. Can che 1 è ruà davein de Sara èi sentù che al diéa: «Sara, me à telefonà al Capo Stai6n de Dobiàco e ai m’à dito che ve fàe saé che al vòs òn 1 è rua a Dobiaco inséra. Al parte col treno incuéi bonòra e par medodi al rùa a Borcia». Tòne, al sò òn, al tomàa ota… no ai tempe dei romane, n’ N puoche de ane fa, dison sesanta, setanta, somea tante! Era gnère! Alora no era sti camion grande, sti TIR con su dute i “comfort”, sule strade giraa solo i “ciàr” coi ciavai. Che guidaa ste “machine” era i “cavalèr”. No ocorea la patente, ma volèa tanto ocio a ciareà sti “ciàr”. Che fasèa sto mestièr era sempre omis n’tempade, noi dasea mai i ciavai, che era n’capitàl, te le man den dovenoto, ma a dente che avèa na bela esperienza! I vignea do da “monte” co sti ciar con su n’tabià de fien e co le strade che era alora, se i ruaa a ciasa senza rebaltà, bisognaa dilo “brae”. I dea fin a Belun, prima dela ferovia, a tole generi alimentari par le cooperative e do fin a Conean, e i vignea su con bote de vin enormi, che volea siè, sète, omis co le corde e le stanghe par tirale do del “ciàr”. I “cavalèr” avea sempre laoro ma … quante fadie e quante sacrifici! Col neve o la pioa a chel ora i dovèa dì! De cheste persone ei cognosesto tante, ma de un ei un ricordo par- me aéo fato de marevéa che Tabacchi e Sara i se aése brazolà. Incuòi al capìso an tin de pì. Diés menùte fa, canche èi inpizà al computer, èi ciatà cuatro e-mail: una da Arcangelo Conte da l’Australia, una da mè darmàn da l’America, una da mè nevòda dal Portogallo e una da San Vido. Al mondo 1 è pròpio canbià. Se me pénso de Tabacchi me domando: «Ai méndo élo deventà pi gran o pi pìol? Ie i ùltime sesànta àne séne dude inavànte o indaòs?» De segùro i è che n’òta, anche sèna tante strionée, se faéa mànco fadìa a sentì argo, un par chél’àutro. Piero De Ghetto fato la stradela intrà i bosche sot al Col Trondo, ciamada d Bus del Val. Par cla banda, da mité dugn ai prime d luio iné passade dute el machine, bonora e zal primo dop maddì a dì in fora, e inant maddì e dadsöra a gni in inze. Na grön spargneda d tenpo, picsöia pla dente d Comelgo d Sote e Sapada, e na bela sodisfazion pl aministrazion dal Comun d Sa Stefin e anche dla Regola d Sa Stefin, che forse pi de duce inà cardù zla possibilité da föi passà dute el machine, dopo ch l era stada asfaltada, e no snoma cölie d emergenza. La sindaca d Sa Stefin, Alessandra Buzzo, dopo ch l avee avù asicurazion da la Region dal Veneto e da l Anas, che cla stradela saraa stada btuda aposto e sfaltada, ne n é mai tireda daota da l insiste parcheche da cla banda podössa passà duce. E iné stada scotada, sbögn ch i tecnici ne n era tanto dacordo e anche l Anas avee calche preocupazion. In grazia dla colaborazion intrà al parsonal dla Comunità montana e cöi dla inpresa ch à loró sui pontes, iné stó garantù al controlo dle ore che s podee passà zi doi sense e s à podù föi un sperimöinto util anche par etre viade ch fos bisogno. Al sar vizio fato csi polito iné stada anche na bela slepazada par chi ch inavee criticó la pöcia iniziativa dla sindaca Buzzo. Picsöia un so colega, ch zal so comun iné set ane ch n al fa nente, anze ch al desfà ch tin ch era stó fato, inavee fato scrive sui giornai ch la Buzzo s era dada pö- I CAVALER ticolare: Vitorio de Belina! N’omenon gran e gros, bon come el pan (el meo che puoi di de lui). Là, ten una dele nostre bètole, la domenia dopo medodì, era dinverno e staseone la tel ciaudo a scoltà le storie de la so vita. El parlaa pian pian, sempre calmo, era n’piazer sta a sientilo! Ei vu sempre tanto rispèto par le persone anziane, ma devo dì che stì vecie, sempre con rispèto, pur bravissimi tei so laore, coi doven i avea la lenga n’tin ruspia e i tignea sempre chel distaco, come se fose na colpa ese naseste calche an dopo! Co Vitorio no era così! Anche se par letà podeone ese i so neode, al ne scoltaa con interese e tante ote el ne dasea anche rason! No lavèa nesuna dificoltà a fei na partida a tre sete con noi, così se sentione pi grande, pi omis, onorade da podè dugà con lui, par chesto siento verso chesta persona na viva simpatia! 7 Vitorio era stou tante ane n’Nuova Zelanda, ma prima de di via lavèa fato anche el “cavalèr”. I levaa ale tre dopo medanuote a guarnà i ciavai e … lason che conte Vitorio: “Sì, e vero, leveone ale tre a guarnà, ai ciavai vuò doe ore par magnà, e te chel tempo se dovèa fei “brusca e striglia”, e n’portante tegnì nete i ciavai parchè i sea sane! Là, con noi che scoltaa era anche Chechin che se godèa a contrarià n’tin duto! “Mai sentesto che i ciavai stee doe ore a magnà!” E Vitorio: “Tu Checo te has tante robe da n’parà, col tempo…forse! “Se lauraa tanto inte par Auronze tei bosche de S. Marco, n’viado longo da feise ogni di. E ciareone le tae sui ciàr e le porteone te le sieghe, avanti e n’drio duto el dì! Chalche ota vignea la pioa bèlo bonora e aveone sì na giacheta de tela cerada co n’ciapelàto, ma i pès era sempre n’bombade e no se podèa perdese la dornada dopo n’via- co da föi e che s dovee dì contra Venezia par otgnì col proteste (magare con li caporion!) ch su la stradela d Bus de Val podössa passà dute el machine. Visto com ch é dude el robe, e savön che cösto n era du a Venezia nanche la prima ota par tratà al contributo, iné sto polito ch söia stó lassó da na banda e csi almanco al Comelgo inà avù na bona. Ades la stradela d Bus de Val iné tornada na strada d sarvizio di regoliöre d Sa Stefin par dì a föi lögne e sarà dorada dai cicliste st istede par la gara d Baiarde. Ma iné stó scrito nögro su bianco ch i sode dla Region, ch iné fruto dle tasse anche dla dente dal Comelgo, par sistemé e sfaltà la strada d Bus de Val l à fata gni la strada publica, da dorà ogni ota (e spron d no csi corögn) ch fossa bisogno. Lucio Eicher Clere do così longo! E Chechin: “Quanche pioe se tole la ombrèla!” “Ma varda chèsto chà, me piasarae vedete te a ciareà tae col zapìn e la ombrèla! Co vigneone a ciasa, la sera, se fermeone te na ostaria, ca a Treponti a beese n’cichet, calche ota co reone biandade saresone vigneste a ciasa dirète, ma i ciavài coi ruaa là i giraa inte, i volea fermase a ogni costo. Là te sta ostaria era n’òn co la so femena. I avea quatro tosate dai quatro ai dièse ane, biei tosate, un pì bel de chelautro! Forse e par chel che i ciavài se fermaa par vidà n’tin sta famèa a tirà avanti! Na dì se a fermou là na caroza de luso, e desmontou doi siore americane, i a domandou se i avese na cambra par na stemana che i se fermaa là a fei la cura te chele aghe miracolose de Gogna. Ia dou la so cambra e vuore dormia te sofita sui paioi de foe. Era distade, dea ben isteso. Chesti americane i continuaa a vardà sti tosate e na sera i se a fermou là pi del solito. Co i tosate era deste a dormì i a volesto parlà co sta femena e col so òn. Era da tanto tempo che i pensaa de adotase n’tosato che dei suoi no i avèa e alora ia fato così na proposta se i volese dai un. I avarae piasesto chel pi piciol, i lavarae mandou te le mèo scole americane e dute i so beni, che era tante, fra calche an i sarae stade suoi. I se n’pegnaa anche a mandà a scola cà i so fardièi. Chesta femena, puareta, a piandesto par tre dì. La pensaa che par lui sarae stou forse na fortuna, ma come se fa a pensà de separà na mare dal fiol! Dopo tanto penà i sarae stade dacordo ma a la condizion che almanco nota al an el vignese a ciatai, ma chesti americane volea troncà ogni raporto, i avarae mandou ogni mes i solde ma nò lindirizo. Così è finiu duto là!” A sentì na storia così pietosa son stade dute mortificade e par n’tin nesun a parlou, solo Checo continuaa a brontolà… “Voi Vitorio che avesau fato? I lavesau dou chel tosato!” Vitorio, serio, ha vardou polito Checo inte pal muso e: “Si, iò de siguro i lavarae dou se te avese avù te!” Avon ridesto dute, anche Checo! Grazie Vitorio! Vittorio Emanuele De Podestà “Belina”, cl.1881, uno dei 9 figli di Dionisio, partecipò alla Grande Guerra come soldato nel 7° Regg. Alpini, nel 1924 emigrò in Australia poi in Nuova Zelanda ad Auckland. Cavaliere di Vittorio Veneto, scomparso nell’estate 1969 E’ il padre di Celso, uno dei 44 internati italiani sull’isola di Some Island di cui abbiamo già parlato su “Il Cadore”. Tita De Ina 7 MONTAGNA ANNO LIX Luglio 2011 uando parlava della sua Cengia Gabriella, Armando Q si trasformava. Ogni volta raccontava una storia meravigliosa sempre più ricca di particolari e sempre più coinvolgente. A scandire le parole era l’entusiasmo con il quale sapeva esprimere una passione sconfinata. E ogni volta il vecchio Armando si trasformava. Diventava un bambino. E la fantasia creativa, fatta anche di parole non dette e riferimenti misteriosi, prendeva il posto di quella razionalità che dovrebbe caratterizzare le descrizioni di una Guida alpina. Armando Vecellio Galeno, auronzano purosangue, esibiva con orgoglio le effigi di Guida alpina e gli si gonfiava il petto quando lo citavano come decano delle Guide della Val d’Ansiei. Ma… raccontare della Cengia Gabriella gli dava un sussulto più forte. Lo faceva volare, lo staccava dalla realtà, lo obbligava a sognare. Ascoltarlo era una grazia. Guai ad interromperlo. Anche le domande di chiarimenti erano fuori luogo. Quel percorso, che inizia dopo le Guglie di Stallata, proprio sopra il Cadin, là dove finisce la ferrata Roghel, lo esaltava, gli metteva le ali. L’aveva scoperto lui. Era suo. Per Armando rappresentava l’emblema dell’avventura alpinistica, l’esempio più bello di come si può attraversare una montagna, il massimo per chi sogna ambienti selvaggi. Per questo ogni occasione era buona per parlare della Cengia che non si limitava a descrivere e neppure a raccontare. La sua era piuttosto una recita, una declamazione. Compie 60 anni la Cengia di Armando Vecellio Galeno. Gabriella era il nome di sua moglie che aveva anche un secondo nome, Chiara e di cognome faceva Sponga. Dopo averlo studiato a distanza ed esplorato a tratti nel corso degli anni Armando percorse lo spettacolare itinerario per la prima volta il 17 agosto 1951. Con lui c’era la moglie Gabriella. Ed ecco svelato il perché del nome. “Ero talmente innamorato di mia moglie che mi è venuto naturale dedicarle quel passaggio verso il Paradiso.” Parole che il vecchio Armando pronunciava con un pizzico di emozione. L’intuizione della Guida esperta si era trasformata in un percorso eccezionale, tra i più belli delle Dolomiti. Un capolavoro alpinistico. “Ma il merito non è tutto mio”. Iniziava così il suo racconto. In realtà un ruolo importante nell’individuazione della Cengia lo hanno avuto i camosci che lui, cacciatore prima che Guida alpina, sapeva seguire con astuzia e pazienza. Dai camosci aveva imparato tante cose a cominciare dalla conoscenza dettagliata degli angoli più appartati e selvaggi delle Dolomiti della Val d’Ansiei. Ed è stato proprio seguendo un capobranco su verso l’allora selvaggissimo Cadin di Stallata che Armando cominciò a pensare ad un passaggio per superare le strapiombanti pareti del Giralba di Sotto senza bisogno di corde. L’energico camoscio, infat- di Bepi Casagrande CENGIA GABRIELLA 60 ANNI DOPO Un fantastico percorso alpinistico che taglia a 2500 metri d’altezza le strapiombanti pareti del monte Giralba di Sotto camosci. Seguendoli a distanza si rese conto che la discesa più facile dalla Cengia era quella che lo aveva impressionato di più e che lo aveva bloccato e fatto tornare indietro più volte. Quando percorse anche quell’ultimo tratto decise di parlarne alla moglie Gabriella. E solo allora programmò la traversata completa. Un’occasione importantissima che, come abbiamo detto, condivise con la consorte alla quale dedicò il grandioso itinerario. Oggi la Cengia Gabriella è annoverata tra i grandi percorsi dolomitici. Un riconoscimento al grande Armando Vecellio Galeno che ci ha 21 e sempre gentile, soprattutto con le donne giovani nei confronti delle quali esibiva una galanteria d’altri tempi. Era molto orgoglioso di essere una Guida alpina e si vantava, ma senza aggettivi, di aver diretto la Stazione del Soccorso alpino di Auronzo per parecchi anni con una serie infinita di interventi soprattutto sulle Tre Cime di Lavaredo. Si vantava anche di aver fatto da Guida ai figli del presidente della Repubblica Antonio Segni e dell’amicizia con Francesco Cossiga. Quando parlava delle vie aperte con Gino Soldà, Velrio Quinz, Piero Mazzorana provava una soddisfazione grande che LA’ DOVE OSANO I CAMOSCI La bella avventura della vecchia guida Armando Vecellio Galeno che scoprì la Cengia, la percorse e le diede il nome della moglie ti, arrivato sullo zoccolo della montagna, si volatizzava. La scena si ripetè per altre due volte, in tempi diversi. “Ero arrivato al punto - ricordava - che non pensavo ad altro. Notte e giorno sognavo il passaggio misterioso che consentiva al camoscio di sparire e che, sicuramente, avrebbe permesso ad un alpinista di salire e attraversare le pareti sud-ovest del Giralba di Sotto senza corde e chiodi.” Poi, un bel giorno, Armando decise di provare. Salito in forcella si avventurò lungo la cengia a tratti molto esposta, a tratti impervia, a tratti ostacolata da massi e piccoli smottamenti. Un passaggio meraviglioso che taglia a circa 2500 metri d’altezza le grandiose pareti strapiombanti della montagna. La prima esplorazione si fermò nei pressi del “passaggio del gatto” che solo nel corso del suo secondo tentativo, un anno dopo, superò. “Non era difficile -raccontava Armando - ma impressiona per l’esposizione. Per superarlo basta ranicchiarsi un po’ contro la roccia. Una volta superato que- “Notte e giorno sognavo il passaggio misterioso che consentiva al camoscio di sparire Se attraversava lui le pareti sud-ovest del Giralba di Sotto, perché non un alpinista?” sto restringimento la Cengia si allarga e diventa più facile.” Ma l’esplorazione di Armando non finisce qui. Per individuare l’uscita ideale dalla Cengia impiegò altri due anni. Anche in questo caso la ricerca richiese tempi lunghi. A complicarla sono stati soprattutto i piccoli nevai che permangono lungo i canaloni che solcano le pieghe settentrionali del monte Giralba anche per buona parte dell’estate. Anche in questa occasione la vecchia Guida è stata aiutata dai IL REGNO DEI RIFUGI C ’è gran fermento in Cadore per promuovere iniziative di promozione turistica. Così, per richiamare l’attenzione dei turisti ma anche dei valligiani, è stato approntato un vademecum e lanciato un grande gioco che si chiama “Cadore, Regno dei Rifugi”. Un gioco con tanto di regolamento e di premi per gli escursionisti più affezionati che visiteranno almento 15 rifugi alpini della zona apponendo nel vademecum il timbro del rifugio. L’iniziativa, presentata lo scorso 27 giugno nella sala della Magnifica Comunità a Pieve di Cadore, non deve essere vista come una mera corsa per i rifugi, ma diventare piuttosto un’occasione per salire i nostri monti e cogliere l’atmosfera dei rifugi alpini, conoscerne la storia, assaporarne i piatti genuini. L’iniziativa è sostenuta da un pool di enti pubblici e privati, col contributo economico del Consorzio BIM Piave. foto T. Albrizio Escursionisti RDC 1983 lasciato il 10 dicembre 2004 all’età di 79 anni, passato alla storia come l’ultimo esponente di una tradizione di Guide alpine che avevano appreso l’arte dell’arrampicare inseguendo i camosci sulle Marmarole e sulle cime della Val d’Ansiei in veste di cacciatori. Ad Armando piaceva raccontare storie di caccia dove - sosteneva non si fa peccato neppure a raccontarle grosse. Ironico, lo sguardo furbo e vivacissimo, simpatico esternava con orgoglio. Ma il massimo della soddisfazione lo raggiungeva, e glielo si leggeva in volto, quando veniva invitato a raccontare la sua Cengia Gabriella. Gli si accendevano gli occhi. Cominciava a gesticolare. Pareva volasse. La Cengia lo coinvolgeva tutto. Era la sua grande creatura. Chissà con quali parole avrebbe celebrato, il prossimo 17 agosto, il sessantesimo anniversario della prima traversata. ANNO LIX Luglio 2011 22 ’ Italia Under 20 supera largamente la Grecia e nel tripudio L del pubblico assiepato al Palasport di Domegge s’aggiudica il 12° Torneo Internazionale V. De Silvestro-B. Meneghin. Grande la soddisfazione degli azzurrini e naturalmente dei dirigenti, primi fra tutti il presidente della Federazione nazionale Dino Meneghin che qui è di casa e l’allenatore Pino Sacripanti. Per gli appassionati, ecco la cronaca della partita disputata nella serata del 2 luglio e ripresa in diretta su Rai Sport, il che dimostra così l’attenzione che oggi ha questo torneo internazionale. “Inizio caratterizzato dal duello Gentile-Koukoulas che segnano a ripetizione: la Grecia sale subito sul 613 con Chrusikopoulus e Sacripanti si rifugia in time-out. La musica non cambia però, la difesa azzurra non regge e Katsivelis porta i suoi indoppia cifra di vantaggio (7-18). L'Italia risale a -6 con Melli (12-18), ma Georgakis e Katsivelis la ricacciano a -12 (12-24) prima dell'11° punto di Gentile in questo quarto (14-24 al primo riposo). Nella seconda frazione la Nazionale dimezza il ritardo con Moraschini (19-24) che poi indovina l'entrata dal 21-24. Il pubblico si infiamma e gli Azzurri impattano con Polonara (2424), chiudendo un tremendo break di 12-0. La gara si fa bella ed equilibrata, De Nicolao da tre e la coppia Fontecchio-Melli dalla lunetta portano avanti i nostri (32-29). A 1':50' dall'intervallo lungo, arriva la 'gemma' della serata con la schiacciata in contropiede (che replicherà nel terzo quarto) di Moraschini (34-29), la Grecia risponde però con le triple di Katsivelis e Psaropoulus (36-35) e si va negli spogliatoi sul 38-36, con gli ellenici che hanno messo a segno soltanto 12 punti in questo periodo. Nel terzo quarto l’Italia vola sul 47- BASKET - La tradizionale sfida internazionale tra le squadre Under 20 di Italia, Grecia, Slovenia e Svezia Nel torneo “De Silvestro - Meneghin” l’Italia travolge la Grecia Dino Meneghin felice di premiare i suoi ragazzi DOMEGGE CENTRO DEL BASKET Italia - Slovenia 95 - 90 Italia - Slovenia 70 - 72 1 luglio 2011 30 giugno 2011 - Inizio molto difficile per gli azzurri L’Italia si riscatta e vince 7 Nel quarto periodo le triple di Traini e Gentile portano gli Azzurri sul massimo vantaggio (6446): la Grecia fatica in attacco, ma anche per merito della nostra difesa (2 stoppate consecutive di Cervi). A metà quarto arriva il 'ventello' di vantaggio per Italbasket grazie alla tripla di Vitali (69-49), Melli infierisce sui greci (73-49) che non segnano più (solo 7 punti in questa frazione) e la gara va in archivio con l'indiscutibile punteggio di 77-53.” Questo il commento a fine gara di coach Sacripanti: “Abbiamo fatto una buona gara. Oggi ho potuto contare su una rotazione maggiore dei miei ragazzi rispetto a ieri, quando avevo i due playmaker acciaccati. Siamo riusciti a mettere in campo una buona intensità difensiva e faticato solo nel primo quarto, dove abbiamo subìto 24 punti, ma negli altri quarti li abbiamo tenuti a 12, 10 e 7, con una difesa molto contenitiva. E’ stata una bella serata per noi”. Italia - Grecia 77 - 53 2 luglio 2011 - L’Italia vince, bene in difesa 36 con un super Moraschini, gli ospiti rispondono con Kanonidis e Chrysikopoulos (51-46), ma Traini li ricaccia indietro con la tripla del 54-46. La squadra di Sacripanti è comunque in ritmo e Polonara e Moraschini ripristinano la doppia cifra di vantaggio (56-46): si va all'ultimo intervallo su un rassicurante 58-46 interno. Sempre grande partecipazione al Camp Cadore, uno dei più prestigiosi camp italiani di pallacanestro per ragazzi all’insegna della vacanza e dello sport. I ragazzi del 1° turno hanno iniziato felici le attività sotto l’occhio attento dello staff tecnico. CON L’ASD ‘CRIDOLA LORENZAGO’ RINASCE IL CENTRO SPORTIVO Lorenzago riapre il CenA tro Sportivo Cridola. E' nata da pochi giorni l' a.s.d. Cridola Lorenzago, l'associazione sportiva formata da un gruppo di volontari di Lorenzago che hanno pensato di dedicare parte del loro tempo a far sì che il centro polifunzionale Cridola che conta ben 2 campi di calcetto, 5 campi di tennis, 2 campi di bocce 1 campo di basket e 2 di volley possa prendere il volo. Il sodalizio, ha da poco aperto la campagna tessera- menti con l'affiliazione all'ente di promozione sportiva A.I.C.S. riconosciuto dal C.O.N.I. passaggio obbligato per poter frequentare il Centro Cridola e ha deliberato delle quote di utilizzo delle strutture assolutamente alla portata di tutti( es. 1 ora di tennis a €.1.00 a persona) perché lo scopo spiega il presidente Luigino Tremonti è promuovere lo sport e far conoscere questo centro meraviglioso immerso in una natura così verde e silenziosa. 7 ANNO LIX Luglio 2011 23 l campo sportivo "A. Celotta" di Vallesella di A VALLESELLA, FESTA FINALE DELL’ATTIVITÀ GIOVANILE CALCIO FEMMINILE “ROSA DI ... MAGGIO 2011” I Cadore nel week end del 11 e 12 giugno 2011, ha ospitato l'8° Torneo Promozionale “Rosa di... Maggio, “Festa Finale” dell'attività giovanile di calcio femminile per giovani calciatrici nate dal 1997 al 2000. Il Comune di Domegge di Cadore, l'ASD Domegge Calcio, con la partecipazione dell'Associazione San Vigilio e della FIGC (in collaborazione con quella provinciale della responsabile Manuela Boito), si sono AL VENEZIA L’8° TROFEO UNDER 14 adoperati per mesi per organizzare questo importante e significativo evento. Le squadre partecipanti alle fasi Finali Regionali di Calcio Femminile Under 14 sono state 10, proveniente da tutta la regione del Veneto: C.F. Bardolino (VR), A.S.D. Barcon (TV), Libertas Castagnaro (VR), A.S.D. Dolomiti (BL), A.C. Due Monti (PD), A.S.D. Laghi (VI), U.S.D.C. Rubano (PD), A.C.F.D. Venezia 1984 (VE), FIGC (VE), A.S.D. Fortitudo Mozzecane(VR). Oltre 130 le atlete iscritte, con al seguito un nutrito numero di dirigenti, accompagnatori e familiari, che hanno allegramente affollato gli spazi adiacenti agli impianti sportivi oltre che le strutture alberghiere del Centro Cadore. Unica nota dolente il tempo Sq uadra Vene zia 1984 (sopra) Sq uadra A SD Dol om it i 2 Squadra 2 Monti (PD D)(sopra) Fortitu udoo Mozzzecane ( VR)) Sul campo sportivo di Vallesella l’11 -12 giugno 10 squadre under 14 e oltre 130 atlete iscritte Compiacimento dell’assessore di Domegge Marco Castellani per questo evento della FIGC che ha battuto le agguerrite ragazze del Bardolino per uno a zero. Un plauso al Dolomiti, l'unica squadra bellunese presente al torneo. Un evento che ha offerto una interessante occasione per vedere all'opera quelle che potrebbero essere le future stelle del calcio femminile. Al termine della manifestazione tutti i partecipanti hanno espresso viva soddisfazione per l'accoglienza e l'organizzazione, nonché grande apprezzamento per la bellezza del contesto naturale e l'incanto del panorama circostante e molti hanno approfittato dell'occasione per prenotare un periodo di ferie in Cadore. Durante le due giornate era presente uno stand gastronomico che offriva varie leccornie e che ha inoltre proposto due succulenti menù per la cena del sabato sera e il pranzo della domenica, oltre a quelli speciali per le giovani atlete. Estremamente soddisfatti gli organizzatori. Compiacimento riassunto dalla di- chiarazione finale di Marco Castellani, presidente dell'ASD Domegge Calcio e in questa occasione anche in veste di Assessore allo Sport del comune di Domegge, che si è detto orgoglioso di aver ospitato questo evento della FIGC, e di avere accanto persone fantastiche pronte a sacrificarsi per la perfetta riuscita di queste manifestazioni, esprimendo la speranza che anche il Paese apprezzi i sacrifici sostenuti per organizzare questi validi eventi che danno un po' di vita in questi paesi sempre più poveri”. Rina Barnabò Informazione pubblicitaria. Le condizioni e i fogli informativi sono a disposizione del pubblico in tutte le nostre filiali, presso i nostri consulenti o su www.bancapopolare.it. Squadra Femminile Domegge Stagione 2010 - 2011 piuttosto inclemente, che ha però concesso una gradita tregua nel pomeriggio di domenica, per la parte conclusiva dell'evento. A disputarsi la gara finale sono state le formazioni del Venezia e del Bardolino. Da rilevare che entrambe possono vantare la prima squadra in seria A. Dopo uno scontro intenso e avvincente, la vittoria è andata al Venezia 1984 sms b@nking, la banca in un palmo di mano: ricarica cellulare, richiesta saldo e movimenti… basta un SMS! Informazioni presso la tua filiale oppure su www.smsbanking.it www.bancapopolare.it