UN ENTE UNICO
PER IL TURISMO
R
icordate quando la produzione degli occhiali veniva prima di tutto?
Quando per il lavoro in fabbrica si scartava ogni altra proposta? Quando il turismo era sì importante ma non fondamentale e quindi mai settore di investimento… e anche per questo i turisti venivano sopportati? Da allora pare sia trascorsa un’eternità. In pochi anni sono
cambiate velocemente le condizioni socio-economiche in Cadore. Oggi che il
manifatturiero ha subito un ridimensionamento forzato è il turismo a catalizzare attenzioni, speranze e prospettive.
Un settore, quello turistico cadorino,
che ha tutte le carte in regola per guardare al futuro con ottimismo.
Il Cadore ha la fortuna di detenere un
patrimonio naturale da far invidia. Le
Dolomiti con la gran parte delle cime
più prestigiose sono in Cadore. E poi ci
sono i laghi, i boschi, i paesaggi. Un
ventaglio di attrazioni assolutamente
strategico e potenziamente fortissimo
nella competizione del mercato turistico. Anche perché questo “made in Cadore” è unico a non temere imitazioni
né tantomeno contraffazioni. L’importante è gestirlo bene. Meglio - insomma
- di come è stato fatto fino ad oggi. Meglio anche di come è stata gestita la “risorsa occhialerie”.
E qui entrano in gioco l’intelligenza,
che deve guidare la valorizzazione rispettosa ed equilibrata delle risorse che
contornano l’attrazione turistica e la capacità strategica di pensare ad un progetto turistico unico per l’intero Cadore.
Solo così il turismo potrà diventare una
prospettiva economica capace di produrre e garantire occupazione e reddito. Le condizioni sono tassative anche e
soprattutto per gli operatori del settore
che sostengono di volersi mobilitare
per tentare di comporre la frammentazione che, da sempre, caratterizza il
comparto. E’ di pochi giorni fa la riunione, promossa dal presidente del Consorzio Dolomiti Gino Mondin, nel corso
della quale è stato sottoscritto un “patto
di collaborazione” tra i Consorzi turistici Alto Cadore, Auronzo-Misurina e gli
operatori del Centro Cadore. Decisamente una scelta saggia che però deve
essere considerata la prima tappa di un
cammino che punta diritto alla creazione di un ente turistico unico per tutto il
Cadore. Solo allora si potrà perfezionare l’azione di promozione e ottimizzare
l’offerta. L’unità rafforzerebbe anche la
valenza politica del turismo cadorino
che potrebbe finalmente diventare soggetto autorevole nei rapporti istituzionali all’interno della provincia di Belluno e
con la Regione Veneto.
Com’è facile capire si tratta di una
strada obbligata. Ogni alternativa deve
(segue a pag. 2)
Bepi Casagrande
UN FONDO,TROPPE SPERANZE
Alcuni Comuni potranno avviare progetti strategici
rmai è entrato nel gergo
politico e amministratiO
vo, quasi a rappresentare la panacea che può risolvere tutti i
problemi. Si tratta naturalmente del cosiddetto "fondo
Brancher", il sistema creato
con legge statale del 2009
per tentare di riequilibrare
le situazioni economiche nei
territori delle regioni a statuto ordinario confinanti
con il Trentino Alto Adige.
Nella Provincia di Belluno
quattro comuni sono titolati
per presentare progetti di investimento, in qualità di confinanti con la provincia di Bolzano: Comelico Superiore, Auronzo, Cortina e Livinallongo;
altri rientrano nella categoria
in quanto confinanti con la provincia di Trento. La "torta" da
spartire è molto ricca: circa
150 milioni di euro complessivi
per le due annualità 2010 e
2011 e per il prossimo anno è
previsto lo stanziamento di un
altra quota destinata al Fondo.
Con il fondo
Brancher Padola
punterà al
collegamento
tra aree sciabili,
Auronzo
svilupperà gli
itinerari ciclabili
inizialmente previsti come potenziali beneficiari, sono ora in
una fase di incertezza a causa
di interpretazioni diverse della
normativa. Resta il fatto che
molti Comuni hanno la possibilità di avviare progetti strategici di ampio respiro, destinati
a dare nuovo vigore all'economia locale e allo sviluppo del
territorio. E' il caso di Comelico Superiore che punta tutto
sul fondamentale collegamento tra l'area sciabile di Padola e
la Val Pusteria, grazie anche all'interesse manifestato da vari
imprenditori altoatesini. Il turismo invernale è infatti la chiave per aumentare le presenze
turistiche anche nei mesi estivi
e la collaborazione sinergica
tra le due aree può rappresentare la condizione per migliorare il periodo di afflusso turistico, oggi limitato. Auronzo intende muoversi per lo sviluppo
degli itinerari ciclabili che
Per la gestione delle varie e
complesse procedure è stato
creato un "Organismo di Indirizzo" che ha provveduto a elaborare i criteri per l'assegnazione dei fondi sulla base di
progetti di comuni singoli o associati, che verranno valutati e
inseriti in una graduatoria.
Non tutti i dubbi però sono
stati risolti. Per esempio non è
ancora chiaro il ruolo delle Comunità Montane e di altri organismi associativi dei Comuni (segue a pag. 2)
come il Consorzio Bim, che
Livio Olivotto
RAPPRESENTANTE LADINO
IN REGIONE
a minoranza linguistica ladina è stata riconosciuta dalla legge dello Stato ItaliaL
no 482/99, che ha delegato ai Comuni ed alle
Province il compito di individuare i territori
dove essa insiste. Con delibere dei consigli comunali e con successiva delibera del Consiglio provinciale, è stato disegnato il territorio
delle minoranze, ladina, con 39 comuni, e germanofona con 1, nella parte nord della provincia di Belluno. E’ importante sottolineare questo aspetto, perché spesso parlando di Ladini
ci si riferisce ad un gruppo di persone caratte-
rizzate dall’attaccamento ai costumi ed alla tradizione, mentre invece quasi tutta la popolazione presente nei Comuni del territorio della
minoranza è da considerarsi ladina.
La provincia di Belluno è da tutti definita e
considerata interamente montana. Però il suo
territorio è caratterizzato da diversi aspetti
orografici, la valbelluna e il feltrino per gran
parte pianeggianti, mentre l’agordino, zoldo,
cadore e comelico sono interamente inseriti
nel sistema montuoso tra fondovalle e pendii.
Queste quattro vallate sono quelle dove si
(segue a pag. 2)
Lucio Eicher Clere
Storia d’imprenditoria
e di lavoro
MARCOLIN, UOMO
D’ANTICO STAMPO
on vuole passare per un “pioniere” dell'occhialeria, ben altri priN
ma di lui avevano dato avvio a quel “miracolo industriale” di cui il Cadore sarà
sempre fiero, ma Giovanni Coffen Marcolin è pur sempre un esempio di buon
investimento su se stesso. Per necessità, dirà lui; per quel pizzico di attitudine e volontà che è il sale di ogni riuscita, aggiungiamo noi.
Erano gli anni del dopoguerra e puntando sulle occhialerie “madri” fra cui
spiccavano Lozza, Sàfilo, Fedon e De
Villa (non dimenticando la Fedon Giorgio astucci e l'industria del legno), prese impulso l'economia del Cadore.
Aveva 16 anni Giovanni quando nel
1947 terminò le “industriali” e gli studi,
che pur gli piacevano, andando da apprendista presso Calisto Fedon. “Prima paga in busta chiusa, che ei portà a
me mare”. Ma, lavorando e imparando,
si costruì il suo sogno: aprì un proprio
laboratorio nei primi mesi del 1961 e
osò, si mise a fabbricare particolari
aste in laminato oro che forniva alle
aziende più grosse. Il mercato degli occhiali “tirava” a fine anni Sessanta e allora Giovanni ampliò alle montature e
si costruì il suo piccolo stabilimento a
Vallesella. Nel 1974 la Marcolin Occhiali Doublè produceva già 1000 occhiali al giorno e impiegava 80 dipendenti.
Oggi Giovanni festeggia gli 80 anni
nel suo ufficio di presidente e la Marcolin Spa è ovviamente un'altra azienda, fra le leader mondiali di un settore
che ha conosciuto seri scossoni ma s'è
attrezzato per risultare vincente. “Son
contento, credo che l Padre Eterno al me
voe particolarmente ben; ora ca in
azienda l'e i miei fioi e me ciato con na
gran serenità”, riassume questo capitano d'industria con tono affabile, accattivante, svelando un animo semplice, genuinamente cadorino.
Al di là della storia, è la morale che
dovrebbe interessare i giovani. Rdc
VALLE ESTATE
2011 è cominciata
con una Rievocazione
Storica il 3 luglio ai
Forti di Pian dell’
ERVIZIO
Antro di Venas.
Una giornata di storia
vivente
con le
Sentinelle
del
Questo numero conLagazuoi
tiene proposte e suggerimenti per scoprire e
gustare il Cadore attraverso sagre, appuntamenti culturali, visite a
musei, escursioni in
Scoprì e percorse la cengia,
ambienti meravigliosi.
che nominò Gabriella.
Lo ‘speciale’ Estate
Così la storia che Armando
2011 viene distribuito
Vecellio Galeno amava racconanche alle strutture tutare con entusiasmo.
a Pag. 21
ristiche ad inizio luglio
e agosto.
S
foto T. Albrizio
Per non sprecare
una risorsa
ALLA PAG. 17
ESTATE 2011 Inserto ‘Speciale’
VIABILITA’ IN LADIN
A des ch à tornó a verde la strada dla Val,
dopo un pai d möide de dificoltes par i tance ch tocia caminé ogni dì dal Comelgo par
dì a lorà, forse s desmöintia al sar vizio ch
inà fato la stradela intrà i bosche sot al Col
Trondo, ciamada d Bus del Val.
a Pag. 20
MONTAGNA
SPECIALE ESTATE
Inserto del n. 7 Luglio 2010 - Distribuzione gratuita
- Direzione e Amministrazione: Pieve di Cadore, P.za
Tiziano
UNA MIRIADE
DI PROPOSTE
Feste, sport, cultura, musica
e tanta, tantissima montagna
LUGLIO
Il Gioco dell’e
estate
A CACCIA DI TIMBRI
DEI RIFUGI ALPINI
Q
uest’anno il Cadore rega- ranno un premio speciale e prela una bella iniziativa ai libato a base di prodotti
suoi abitanti e ai suoi turisti. Si del Cadore. L’opuscolo, tipici
che è titratta di un grande gioco che tolato “Cadore Regno
dei
punta a far conoscere meglio i gi” contiene il regolamentoRifudel
suoi rifugi con i sentieri da per- grande gioco, l’elenco
dei
correre per raggiungerli. Il gio- alpini presenti in Cadore rifugi
co consiste nel collezionare i schede che ne illustrano con le
timbri di almeno 15 rifugi alpini cificità e la descrizione le speche si trovano in Cadore. I tim- tieri da percorrere per de senraggiunbri devono essere raccolti in gerli.
uno speciale opuscolo, preparaL’iniziativa è collegata
to e stampato per l’occasione, in quella denominata “Cadore con
Redistribuzione gratuita presso i gno delle Ciaspe” che
tanto sucrifugi alpini cadorini. Quindi re- cesso ha conseguito
nel corso
candosi in un rifugio per ritirare dell’ultima stagione invernale.
l’opuscolo si ha la possibilità di La nota positiva che
qualifica
effettuare il primo timbro. Poi queste iniziative deriva
dalla
ne mancano 14. I primi 300 partecipazione corale di
escursionisti che collezioneran- enti pubblici e privati tutti gli
del Cadono i 15 timbri prestabiliti riceve- re.
VENERDÌ 1 LUGLIO
CIBIANA - Festival di musica e specialità gastronomiche locali. Polo Culturale ore 21,30.
DANTA - Alla scoperta delle Torbiere di Danta e visita alla fattoria didattica Ai Lares. Organizzatori:
Guide alpine e naturalistiche 3Cime di Auronzo
(3386755223). Partenza dall’Ufficio Turistico di Auronzo, ore 9.
FORESTA DI SOMADIDA - Tutti i martedì e i giovedì di agosto dalle ore 9,30 alle 12 il Corpo Forestale dello Stato organizza visite guidate alla Foresta di Somadida. Partenza da Palus San Marco.
SAPPADA - Atelier Incontri d’Arte. Mostra della pittrice Olga Riva Piller.
Conoscere e vivere la montagna. Da domenica e
giovedì di tutte le settimane dell’estate vengono organizzate escursioni adatte a tutti che vengono presentate ogni domenica alle ore 17 al Residence Borgo al Sole.
Plodar Runde: tour enogastronomico a tappe con
degustazione prodotti locali.
SABATO 2
PIEVE - Sabato al Museo dell’Occhiale. Dalle ore
15,30 alle ore 18,15 laboratorio per realizzare gadget e conoscere la storia dell’occhiale.
S. STEFANO - Inaugurazione di “Un bosco da favola”, ore 17 Hotel Krissin.
Il Coro Comelico canta alle ore 10,30 nella Chiesa
di Santo Stefano.
AURONZO - Quinta edizione dell’Ultra Trail Lavaredo: 90 chilometri di corsa in montagna.
SAN VITO - Mercatino dell’antiquariato.
VODO - Festival Music&Tipical Food. Località Palada, ore 21.
VIGO - Gruppo Folk “I Legar”. Spettacolo ore 20,30.
LOZZO - Torneo di calcio a 5 “Memorial Manuel
Calligaro”.
DOMENICA 3
VENAS - Rievocazione storica 1915-1918. Dalle ore
10 alle ore 16 ai Forti di Pian dell’Antro.
PADOLA - Trofeo Ribul Nin, corsa in montagna.
Partenza da Padola alle ore 10 e arrivo al Rifugio
Berti. Chilometri 10. Dislivello 740 metri.
SAN NICOLÒ - Il Coro Comelico canta nella Chiesa
parrocchiale durante la Messa delle ore 10,30.
LOZZO - Torneo di calcio a 5.
LUNEDÌ 4
SAN VITO - Mostra collettiva di arte contemporanea. Allestita nel Vecchio Asilo fino al 25 luglio.
MARTEDÌ 5
SAPPADA - Animazione per bambini con giocolieri
e artisti di strada. Piazza Palù ore 20,45.
Corsi gratuiti di golf in località Sont dalle ore 9 alle
ore 11.
Bepi Casagrande
Iniziativa realizzata con il
contributo del Consorzio dei
Comuni del Bacino Imbrifero
Montano del Piave
appartenenti alla Provincia
di Belluno
- Direttore responsabile Renato De Carlo
TRA LUGLIO E AGOSTO
IL CADORE PROPONE
I
nsieme le molte iniziative messe
in calendario per questa estate, in
Cadore, danno l’idea di un carnet variopinto, variegato e, per certi versi,
anche succulento. Un mosaico di idee
e di proposte che di sicuro incontrerà
le esigenze e soddisferà i gusti dei Cadorini e dei Turisti amici del Cadore.
Lo abbiamo capito raccogliendole in
questo Speciale Estate che Il Cadore
ha pensato, anche quest’anno, di pubblicare con i numeri di luglio e di agosto. Si tratta di feste e concerti musicali, di mostre e iniziative culturali di
vario tipo, di appuntamenti sportivi e
di escursioni, di visite guidate e di salite sulle cime più famose delle Dolomiti. Ma, come potete scoprire scorrendo il calendario, c’è molto altro ancora. Buona parte delle proposte rientrano nel capitolo delle riproposizioni.
Ma quest’anno le novità sono proprio
tante. E di peso, anche. Una è presentata qui a fianco. Si tratta di un gioco
pensato per promuovere i rifugi alpini
del Cadore. Un’altra bella novità dell’estate è il Parco Avventura di Auronzo. Mancava in Cadore. Ci hanno pensato le Guide alpine di Auronzo e un
imprenditore della pianura. Di sicuro
richiamerà attenzione e partecipazione. Le Guide alpine sono protagoniste
anche di un’altra novità. Si tratta della
proposta, rivolta a tutti senza limiti di
età, di salire sulla Cima Grande di Lavaredo. È quel “senza limiti di età”
che farà discutere. Molto bella ed azzeccata l’idea di far sfilare ad Auronzo
e a Santo Stefano i figuranti del Palio
di Vigo, Lozzo e Lorenzago. Un modo
per far conoscere una fortunata manifestazione storica anche al di fuori dei
suoi confini tradizionali. Tra le novità
di quest’anno ci sono anche alcuni appuntamenti culturali di pregio come la
Rassegna di concerti degli organi più
antichi del Cadore e la Mostra sull’alpinismo cadorino allestita a Lorenzago. Tra le novità che richiameranno
interesse e faranno parlare del Cadore oltre i suoi confini ci sono alcune
importanti manifestazioni sportive come il Campionato italiano di corsa in
montagna a San Vito, la gara di arrampicata sulla diga di Pieve e la Pedalonga.
Tutto questo fino al 10 agosto. Molto altro riserveranno i rimanenti giorni di agosto e i primi di settembre. Ma
di questo parleremo nello Speciale
Estate allegato al numero di agosto de
Il Cadore.
Speciale
Estate 2011
QUATTRO
PAGINE
DA
CONSERVARE
Con questo SPECIALE ESTATE
Il Cadore
vuole offrire ai Cadorini e ai Turisti
che scelgono le nostre valli e le nostre
montagne per trascorrere le vacanze
tutte le opportunità messe in calendario in questa stagione. Ce ne sono tante e per tutti i gusti.
In queste quattro pagine ci sono gli
appuntamenti dal 9 luglio al 10 agosto.
Nello SPECIALE allegato al prossimo numero de Il Cadore ci saranno
tutte le proposte in calendario dall’11
agosto ai primi giorni di settembre.
MERCOLEDÌ 6
BORCA - Saper&Sapori. Il mercatino sarà riproposto tutti mercoledì dell’estate.
PERAROLO - Passeggiata con il Grest. Partenza
ore 9.
AURONZO - Con le Guide alpine ai piedi delle Tre
Cime di Lavaredo dove un volta c’era il mare. L’escursione è rivolta ai bambini dai 7 anni in su. Par-
GRANDE BASKET
a Pag. 22
UNA RETE MUSEALE CHE Dall’uomo
RACCONTA IL CADORE di Mondeval
ai reperti
archeologici
e alla casa
di Tiziano
Vecellio,
dalla cultura
alpina
alla storia
dell’occhiale
a Pag. 3
ANNO LIX
LUGLIO 2011
2
ENTE UNICO PER IL
TURISMO
dalla prima pagina
tener conto del rischio di sciupare le opportunità di
rilancio dell’economia locale offerte da un turismo attratto dalle inestimabili ricchezze naturali del Cadore. E su
questo il nostro giornale, sollecitato dai lettori, intende vederci chiaro, capire chi vuole cosa. Lo farà organizzando
uno dei suoi oramai collaudati forum.
RAPPRESENTANTE
LADINO IN REGIONE
dalla prima pagina
parla il ladino, nelle
diverse sfumature di ladino
atesino, ladino cadorino e
ladino veneto. In esse si è
sviluppata in questi anni
una discreta coscienza di
appartenere alla minoranza linguistica ladina dolomitica, come i vicini abitanti delle valli di badia, gardena e fassa.
QUESTO E’ UN
TERRITORIO LADINO
Come quelle vallate sono
riconosciute dai rispettivi
governi provinciali come
territori della minoranza ladina, così anche il territorio
montano della provincia di
Belluno dovrebbe essere riconosciuto dalla Provincia,
dalla Regione Veneto e dallo Stato italiano “area ladina”, o come spesso la definiscono i movimenti culturali
la “Ladinia delle Dolomiti
venete”. Riconoscere la specificità di questo territorio
come zona di minoranza linguistica dovrebbe essere
considerato un valore aggiunto anche per altre zone
di pianura della provincia di
Belluno e dovrebbero essere sempre inseriti in tutti i
provvedimenti che ad esso
si riferiscono i riconoscimenti che in altre valli di
minoranza nelle province
vicine del Trentino Alto
Adige vengono assegnati .
IL NUOVO STATUTO
REGIONALE
OCCASIONE PER LA
RAPPRESENTANZA
LADINA
L’appuntamento del nuovo statuto della Regione Veneto e le proposte di nuova
legge elettorale che l’accompagnano offrono l’occasione ai movimenti culturali
della Ladinia dolomitica di
portare nuovamente sul tavolo della discussione il
problema di avere un rappresentate della minoranza
in Consiglio regionale del
Vento, così come uno o più
siedono in Consiglio provinciale di Bolzano e di Trento.
Sarebbe importante che un
consigliere di madre lingua
ladina rappresentasse il po-
7
UN FONDO,
TROPPE SPERANZE
dalla prima pagina
rappresentano un'offerta sempre più apprezzata
dai turisti di tutta Europa. Anche Cortina ha in programma investimenti di grande rilievo per l'economia del territorio.
L'auspicio di tutti è che le proposte dei Comuni trovino
accoglimento nel momento dell'assegnazione dei finanziamenti e che, soprattutto, i progetti dei Comuni siano
davvero utili per risollevare l'economia di tutta l'area cadorina che sta attraversando momenti davvero difficili..
fondato nel 1953
DIRETTORE RESPONSABILE
Renato De Carlo
VICE DIRETTORE
Livio Olivotto
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE
polo delle Dolomiti in Consiglio a Venezia.
Per poter avere una presenza garantita dei Ladini a
palazzo Balbi non dovrebbe
essere la casualità o la “bontà” di un partito a far sì che
un candidato della parte alta della provincia di Belluno
sia eletto in consiglio regionale. Non convince neppure la proposta (a suo tempo
valutata e avanzata dal movimento culturale in sede di
dibattito sullo statuto e legge elettorale) di avere un
consigliere eletto in rappresentanza di tutte le zone di
minoranza delle varie province del Veneto. Tale proposta, rimpinguata da Bond
con un rappresentate dei
Veneti nel mondo, dovrebbe aggiungere 1 o 2 consiglieri a quelli espressi dal
voto. Pare alquanto velleitario, in tempi di riduzione
del numero dei rappresentanti nelle assemblee legislative, chiedere l’aumento
dei consiglieri. Più realistica invece dovrebbe essere
la proposta di riconoscere
alla popolazione del territorio della minoranza ladina il
diritto di eleggere un suo
rappresentante in consiglio
a Venezia.
NUOVA FORMULAZIONE
DELLA LEGGE
ELETTORALE
Si chiede quindi ai consiglieri di formulare la legge
elettorale tenendo conto
che in provincia di Belluno
vengano eletti 3 consiglieri,
2 nella parte bassa della provincia e 1 nelle vallate di minoranza linguistica, cioè il
territorio corrispondente a
Agordino, Zoldo, Ampezzo
Cadore e Comelico. Questa
rappresentanza, caratterizzata esplicitamente come
“consigliere ladino”, dovrebbe essere espressa dai
votanti con il maggior numero di voti attribuiti a un
rappresentante dei vari
schieramenti in competizione elettorale. Così gli stessi
partiti o movimenti dovrebbero confrontarsi con le
problematiche del territorio
con l’ottica della sensibilità
di minoranza linguistica.
Editrice
Magnifica Comunità di Cadore
Presidente
Renzo Bortolot
Cancelliere
Marco Genova
Segreteria
Annalisa Santato
Palazzo della Comunità - Piazza Tiziano 32044 Pieve di Cadore
tel. 0435.32262 fax 0435.32858
EMail: [email protected] - Sito: www.il-cadore.it
Spedizione in abbonamento postale - Pubblicità inferiore al 40%
Fotocomp.: Aquarello - Il Cadore
Stampa: Tipografia Tiziano Pieve di Cadore
Reg.Tribunale di Belluno ordinanza del 5.4.1956
COME ACQUISTARE “IL CADORE”
NELLE EDICOLE DEL CADORE: una copia € 2.10
- ARRETRATI: il doppio
TARIFFE ABBONAMENTO
ITALIA €25,00 ESTERO €25,00 PAESI EXTRAEUROPEI €34.00
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COME ABBONARSI
UFFICIO: Segreteria Magnifica Comunità di Cadore, Pieve di Cadore
POSTE: CONTO CORRENTE POSTALE: N. 12237327
intestato a “Il Cadore” - Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL)
VAGLIA POSTALE a
”Il Cadore” Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL) - Italia
BANCHE: BONIFICO presso Unicredit Banca Spa di Pieve di Cadore (BL)
intestato a “Magnifica Comunità di Cadore”, causale “abbonamento”
DALL’ITALIA: UNCRITB1D41
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La Direzione e l’Editore non rispondono delle opinioni degli articolisti.
Foto e articoli non pubblicati saranno restituiti solo a richiesta.
Resp. trattamento dati (ex D.lgs 30.6.03 n.196): Renato De Carlo
QUESTO NUMERO È STATO CHIUSO AL 4.7.2011
7
ANNO LIX
Luglio 2011
coprire la montagna dolomitica significa anche sofferS
marsi sulla storia di questa terra: il
Cadore. Al turista viene offerta
una valida e curata proposta museale che si allarga su tutto il territorio ed accontenta anche i più esigenti visitatori.
Iniziamo il nostro giro da PIEVE DI CADORE che è pure storicamente il centro sede della Magnifica Comunità di Cadore che
affonda le radici nel tardo Medioevo (XIII secolo) e nelle esperienze
di autogoverno che hanno lasciato
forti valori identitari. L’offerta culturale ripresenta qui quell’interessante percorso che dall’epoca antica porta a quella contemporanea e
ci fa capire l’importanza ed il fondamentale ruolo svolto dal Cadore nel passato. Partendo dalle vestigia preromane del IV sec. a.C. e
romane raccolte nel Museo Archeologico, si passa all’affascinante storia medievale e moderna
rappresentata dal Palazzo Comunitativo pregno di testimonianze
che hanno sempre profondamente legato le genti cadorine; a qualche centinaio di metri, si può visitare la Casa Natale di Tiziano
dove ci s’immerge ancora nella
magica atmosfera dei ricordi del
sommo pittore; si passa poi all’età
contemporanea, ben rappresentata dal Museo dell’Occhiale, che
offre uno spaccato delle attività
che hanno caratterizzato lo sviluppo industriale del Cadore nell’ultimo secolo e contiene una ricca
collezione databile dal XVI secolo;
non può mancare inoltre la visita
alla Chiesa Arcidiaconale che
espone i suoi tesori d’arte sacra e
fra tutte quella tela della “Madonna tra i Santi” dove Tiziano ha ritratto i figli e se stesso.
Nel piccolo paese di PERAROLO DI CADORE vi è raccontata
3
MUSEI IN CADORE
STORIA E ARTE DA SCOPRIRE
Palazzo Magnifica
Comunità di Cadore
Casa Natale
di Tiziano
OFFERTA
CULTURALE
Museo
Archeologico
Museo
dell’
Occhiale
Museo
Paleontologico
DALL’EPOCA ANTICA ALLA CONTEMPORANEA
Museo
della Cultura
Alpina
Arcidiaconale di Pieve
Museo di Costalissoio
invece un’altra storia, quella economica del Cadore quando i boschi ed il commercio del legname
rappresentavano una parte importante del sostentamento. Qui si
può visitare il Museo del Cidolo
e del Legname.
A LOZZO DI CADORE troviamo il Museo della Latteria, dove
foto ed oggetti raccontano la storia
dell’alpeggio e della trasformazione del latte, momenti importanti
nella vita della comunità.
Salendo a LORENZAGO, troviamo il Museo del Papa, contenente oggetti appartenuti a papa
Wojtyla.
Arriviamo ad AURONZO, dove
il Museo Multitematico - Flora e
Fauna di Palazzo Corte Metto
espone fossili e reperti archeologici
del periodo romano, nonché minerali, fiori e animali tipici della zona.
Continuando verso il Comelico,
si può visitare il Museo Paleontologico di DANTA DI CADORE,
che conserva dei reperti eccezionali, come quel cucciolo di Pasittacosaurus...
A PADOLA DI COMELICO
sono esposte al Museo della Cultura Alpina diverse collezioni di
attrezzi agricoli ed artigianali,
mentre nella vicina DOSOLEDO
vi si trova un Museo Etno Antropologico che racconta la storia
delle lavorazioni dei metalli.
Spostandoci a SAPPADA da visitare è il Museo Civico Etnografico che raccoglie manufatti dell’antica Plodn.
E’ questo ai MUSEI un viaggio
interessante che val la pena di abbinarlo alle visite delle tante CHIESE d’epoca, un patrimonio d’arte,
d’architettura e di devozione che
non lascia indifferenti.
Non c’è che da rimanere stupiti
dalla storia e dalla cultura che in
Cadore vi si trova.
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4
EVENTI
ederla per gustarla,
perché questa mostra
V
è fonte inimmaginabile di
curiosità e di annotazioni
storiche che ti riportano a
verificare le tue conoscenze.
Conviene iniziare il percorso dei “Paesaggi della Memoria” dalla sede espositiva
del Municipio dove, sui 32
pannelli e nelle 11 vetrinette
sono presentati con accurata
scelta i fatti storici dell’800
che hanno coinvolto in qualche modo il Cadore ed i relativi cimeli, dall’età napoleonica fino alla Grande Guerra,
passando attraverso tre
guerre d’indipendenza, i moti del 1848 e del 1864, la
Breccia di Porta Pia, ma pure le guerre coloniali, le celebrazioni del 1898, la crescita
demografica, sociale e culturale del Cadore.
Contemporaneamente alla
lettura sui pannelli di cotanti
fatti, ben illustrati anche dalle molte foto e documenti, è
d’obbligo l’osservazione dei
cimeli: lettere, onorificenze,
medaglie, nappine e armi
dei Corpi franchi, armi di diverso genere, vestiario militare tra cui una giubba garibaldina e una lettera di Garibaldi, e altro ancora.
L’altra sala espositiva dei
“Paesaggi della memoria” è
presso l’edificio del Cos.Mo.
La grande mostra a Pieve di Cadore per il 150° dell’Unità d’Italia
racconta vicende storiche con largo spazio a fatti e personaggi cadorini
I PAESAGGI DELLA MEMORIA
Due le sedi espositive: presso la 56 pannelli e 21 vetrinette raccontano
sala del Municipio e al Cos.Mo.
la storia d’Italia e del Cadore
che, fra l’altro, è sede di un le certamente la pena di visiQui, con altrettanta curata grandi fatti del ‘900, dalla diMuseo dell’Occhiale che va- tare.
scelta, vengono illustrati i fesa della frontiera orientale
’ stata celebrata degnamente al cinema
E
Piave la ricorrenza del 45°
del Coro Comelico, alla presenza di un folto pubblico e
di molte autorità. Dopo il
saluto in apertura del presidente Luciano Da Rin,
visibilmente emozionato, il
Coro ha eseguito tre canti
inseriti nel nuovissimo CD
dal titolo "Noi siam partiti"
contenente 16 brani dedicati alle famiglie venete sparse per il mondo che il Coro
ha visitato negli ultimi anni,
dal Canada al Brasile, dall'Uruguay al Belgio e legati
per la gran parte alla produzione originale del Coro,
frutto dell'impegno e della
ricerca del direttore Luciano Casanova Fuga.
Questo aspetto peculiare
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agli eventi delle due guerre
mondiali, dalla fine dello
stato liberale al Fascismo e
alla Resistenza, per finire
con la Costituzione della Repubblica Italiana. Anche qui
ovviamente viene dato largo
risalto a fatti e personaggi
cadorini che più hanno inciso sulla nostra storia locale.
Nella sala vi sono altri 24
pannelli, 10 vetrinette e 4
postazioni di armi, tutto materiale che vale la pena di
leggere e soffermarsi: lettere, oggetti personali, armi
coloniali, divise della Prima
e Seconda guerra mondiale,
giacche, orbace e medaglioni fascisti, onorificenze, casacche da campo di concentramento e fazzoletti partigiani, scritti, mitragliatori e
quant’altro, ma il tutto
estremamente interessante.
Non vanno qui dimenticati i curatori della mostra che
tanto si sono prodigati: Giovanni De Donà, Roberto
Granzotto, Giovanni Monico, Carlo Anelli Monti,
Walter Musizza, Giancarlo Pagogna e Luigi Tabacchi Borin, Maria Giovanna Coletti, Vittore Doro, e
non da ultimo, il giovane
Massimo Albrizio che ha
curato il progetto grafico.
T. C.
(foto di Tommaso Albrizio)
CORO COMELICO IN FESTA PER I 45 ANNI
Nuovissimo CD,
16 brani dedicati
alle famiglie
venete sparse
nel mondo
Grande festa al cinema Piave di S. Stefano di
Cadore, il Comune riconosce il Coro come
gruppo d’interesse culturale
Riuscita trasferta a Roma con impegni prestigiosi
presso la Famiglia Veneti e la chiesa del Pantheon
che rende il Coro Comelico ambasciatore della cultura popolare e ladina in
Italia ed all'estero, è stato
evidenziato dal sindaco
Alessandra Buzzo che
ha ringraziato il direttore
e i coristi per l'attività
svolta. Il Comune che offre al Coro la sede presso
il Palazzo municipale, ha
anche approvato nelle settimane scorse una deliberazione ufficiale con cui
riconosce il Coro come
gruppo di interesse culturale comunale.
Parole di elogio sono
giunte anche dall'onorevole Maurizio Paniz,
che ha sottolineato la capacità del complesso di
emozionare e commuovere lo spettatore cantando i
sentimenti, le passioni, la
vita. Un grazie al coro è
venuto anche dall'asses-
sore provinciale Silver
De Zolt, che già come sindaco del Comune comeliano aveva avuto modo di partecipare alle trasferte del
Coro in Canada e Brasile, e
con la sua amministrazione
aveva concesso gli spazi indispensabili per ospitare la
sede del sodalizio.
La festa è proseguita con
i riconoscimenti ai coristi e al direttore, con una
menzione particolare per
Luigi Pellizzaroli, corista
fondatore che per 45 anni
ha partecipato al sodalizio,
senza interruzioni. La serata ha poi visto le apprezzate
esibizioni dei cori maschili
di Bressanone e Livinallongo e della corale mista di Fidenza. Nei giorni successivi il Coro è stato anche impegnato in una riuscita
trasferta nella Capitale,
con due impegni prestigio-
si. Il concerto presso la sede della famiglia dei Veneti
del Lazio, proprio a ridosso
di Villa Borghese, grazie all'iniziativa del prof. Giancandido De Martin e di
Renzo Boito, e l'accompagnamento di una Santa
Messa nella Chiesa del
Pantheon, nel centro di Roma, tempio millenario che
ospita le tombe di Vittorio
Emanuele II, del figlio Umberto I e anche di Raffaello
Sanzio, promosso da don
Nicola Tagliente di S. Stefano di Cadore, che a Roma
svolge l'incarico di cappellano della Polizia di Stato e
che si è prestato con cortesia e grande disponibilità
per illustrare alla comitiva
del Coro le ricchezze religiose, storiche e artistiche
del Vaticano e della Basilica
di S.Pietro.
Livio Olivotto
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A
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pre Tre Cime Adventure Park. Ed è una
ventata di novità in quel di
Auronzo che così si dimostra sempre più sensibile al
miglioramento ed alla qualità delle infrastrutture da offrire ai turisti e, perché no,
anche ai locali. Quelle esperienze fra la natura che i
bimbi-ragazzi d'oggigiorno
poco possono praticare per
gli svariati motivi che tutti
conosciamo, le trovano al
Park nei boschi di Taiarezze
sotto l'Agudo al di là dell'Ansiei, un percorso esaltante
da esplorare, proprio da avventura, da grandi emozioni:
sentieri aerei fra i fitti alberi,
dove scale di corda, ponti tibetani, altissime piattaforme
panoramiche, liane e teleferiche di trasferimento, ti caricano di adrenalina e ti consentono di misurare le forze.
Percorsi verdi per i ragazzi,
percorso rosso per gli sportivi adulti più impegnati.
Già dal primo giorno (ultimo week end di giugno) un
nugolo di bambini e ragazzi
si sparpagliano su per i quattro percorsi che ovviamente
sono graduati nelle difficoltà,
sprizzando felicità e talvolta
qualche timore. Orgoglio misto a perplessità anche per i
genitori giù a basso, ma ci
5
sono loro ad insegnare e vigilare, a far scuola: il team
delle Guide alpine Tre Cime con Michele Zandegiacomo e gli altri, da Alex Pivirotto e Ferruccio Svaluto. Il
Tre Cime Adventure Park è
nato per loro iniziativa, unitamente all'imprenditore Edi
Aldo Raf fin presidente di
Eurosporting di Pordenoneche all'inaugurazione ha detto: “Abbiamo dato concretezza al nostro progetto di turismo sportivo. Ci è piaciuta
questa collaborazione con le
Guide Alpine che consente di
offrire ai giovani l’opportunità di muoversi nella natura
con attività propedeutiche ad
ogni tipo di sport.”
Una natura che non è stata toccata, come ha illustrato l’assessore alla cultura
Tatiana Pais Becher che
ha dato avvio agli interventi
di saluto: “I percorsi si sviluppano su quattro livelli
d’altezza e di dif ficoltà con
43 piattaforme, raggiungendo i 14 metri di altezza nel
percorso rosso; la piattaforma panoramica è posta a 20
metri d’altezza sopra gli alberi e consente una stupenda
panoramica da Auronzo alle
Tre Cime. Nella progettazione dei percorsi, gli alberi sono stati analizzati e collau-
Aperto a Auronzo il TRE CIME ADVENTURE PARK
Sinergia tra Eurosporting e le Guide alpine Auronzo
RAGAZZI, CHE AVVENTURA!
Nel bosco di Taiarezze, quattro percorsi aerei su cui
cimentarsi e da esplorare fino all’altezza di 20 metri
Garantite emozioni in piena sicurezza con le guide alpine
dati per valutare l’idoneità a
sostenere i vari percorsi.”
Soddisfatto anche il sindaco di Auronzo Bruno Zandegiacomo Orsolina che
ha tagliato il nastro per l’inaugurazione: “Ringrazio
quanti hanno collaborato a
questa iniziativa dove si è dimostrato come ci si può muovere nel contesto incontaminato del bosco rispettando la
natura. Al di là dell’aspetto
turistico, questa è una bella
opportunità per far avvicinare i bambini e i ragazzi alla
natura.”
Sì, le diverse attività che
al Tre Cime Adventure Park
si possono praticare sono
quantomai adatte ai bambini
delle scuole per avvicinarli
in modo sicuro ed entusiasmante ai segreti del bosco
e dell'arrampicata.
E pure agli adulti
Le bellezze naturali del
paesaggio qui in Val d’Ansiei e il clima favorevole in
questo periodo estivo rendono indimenticabili le vacanze e le esperienze vissute nel Park.
Tony Cardel
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EVENTI
EVENTO UNICO
IN ITALIA
arà il paesino di Zoppè
S
di Cadore, ai piedi del
monte Pelmo, ad ospitare in
agosto il raduno dell’Ekv
(Europaisher Kohler Verein), l’Associazione Europea dei Carbonai. La candidatura del comune di Zoppè
ad ospitare l’8° incontro europeo dell’associazione, fortemente voluta dall’ l’Union
de i Ladign de Zopè, è stata
favorevolmente accolta dall’Ekv in occasione dell’ultimo congresso europeo svoltosi a Rostok due anni fa.
Una grande soddisfazione
dunque per il paese di Zoppè
di Cadore, il primo in Italia
ad ospitare un evento simile
e che nonostante i suoi pochi
abitanti (269 all’incirca), dimostra ancora una volta di
sapersi rimboccare le maniche per tenere viva la tradizione, la storia e la cultura locale, in un ambiente non
sempre facile da vivere (Zoppè è infatti uno dei paesi più
in quota del Cadore, posto a
1461 metri d’altitudine).
L’Union de i Ladign de
«L
Zopè», si legge sul sito
www.museoetnograficozopp
edicadore.com, «ha lo scopo
di promuovere la conoscenza
del territorio e la conservazione del patrimonio etno-culturale. Tra le tante attività svolte nel recente passato, L’U-
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L’ottavo incontro europeo nel piccolo paese sotto il Pelmo
è stato fortemente voluto dall’Union de i Ladign de Zopè
A ZOPPE’ CARBONAI
DA TUTTA EUROPA
Ricostruite delle carbonaie. La produzione
di carbone vegetale era una delle
principali attività su queste montagne
Il 26 agosto a Pian l’accensione del Poiat
e la processione in costume ladino
nion de i Ladign con il Museo
Etnografico ha organizzato
alcune ricostruzioni di carbonaie: la produzione del carbone vegetale è stata infatti una
delle principali attività lavorative nelle nostre montagne.
In particolare Zoppè di Cadore è nato a seguito di queste
attività legate strettamente alla lavorazione dei metalli».
Proprio grazie a queste attività, il Museo Etnografico è
uscito dai confini locali per
farsi conoscere anche all’estero dove i Ladign sono venuti a contatto con l’Associazione europea dei Carbonai.
Arriveranno dunque a Zoppè
gruppi provenienti da tutta
Europa, in particolare da
Svizzera, Austria, Francia,
Olanda, Germania, Repubblica Ceca, Polonia e Belgio,
tra cui molti carbonai tuttora
attivi.
«Occorre ricordare», si legge ancora sul sito, «che la
presenza (in particolare in
Germania) dei gelatieri provenienti dalle valli cadorine e
principalmente da Zoppè di
Cadore (…), crea un legame
a doppio filo tra l’organizzazione di questo evento, l’associazione Ekv (nata in Germania) e l’attività dei gelatieri. L’attività del gelatiere stagionale che ha permesso un
relativo benessere nelle nostre
valli (oltre alla possibilità di
non abbandonare definitivamente questo territorio, così
come è successo in altri ambiti alpini), è stata l’attività alternativa nel momento in cui
non è stato più possibile ottenere un’economia sufficiente
a vivere in modo stabile in
questo territorio, economia
sostenuta principalmente dalla produzione del carbone.
Questo benessere che ha permesso bene o male una conservazione territoriale, deve
trovare una possibilità di integrazione e rilancio per il futuro di questo ambiente, divenuto prezioso proprio perché
rimasto ai margini delle trasformazioni
violente avvenute nei territori montani
attigui, ragione per cui
Zoppè con il
suo territorio si trova all’interno di una delle aree riconosciute Patrimonio Mondiale
dell’Umanità».
L’arrivo dei carbonai a
Zoppè di Cadore è previsto per giovedì 25 agosto.
Il suggestivo momento dell’accensione del Poiat (la carbonaia) si terrà invece il 26
Cooperativa Outdoor Store
di San Vito di Cadore
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Tel. 0436 890421
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di Valle di Cadore
Tel. 0435 501534
di Irene Pampanin
agosto alle 18 a Pian, dopo
una processione in costume
ladino. Il raduno dei carbonai andrà a coinvolgere tutta
la val zoldana e il longaronese, sono infatti previste visite
culturali al Museo del Chiodo, degli Zattieri e del Vajont
nonché al museo di Messner
sul monte Rite. Tutto il programma completo delle giornate può essere consultato
sul sito www. museoetnograficozoppedicadore.com.
A fare da cornice all’importante incontro con l’Ekv,
verrà inaugurata il 7 agosto la mostra fotografica
“Inte” di Marco Gallo, una
raccolta di fotografie scattate
lo scorso anno all’interno di
alcune case abbandonate ma
rimaste ancora integre, quasi fossero abitate. La mostra,
voluta per non dimenticare
come era la casa dopo l’abbandono della montagna, sarà visitabile presso le scuole
elementari di Zoppè fino al
12 settembre. Da non dimenticare poi la festa patronale
di Sant’Anna il 26 luglio e
la Festa della Montagna il
3 settembre.
L’ESTATE APPUNTAMENTI
IN VAL FIORENTINA
a Pro Loco Val Fiorentina e il
comune di Selva di Cadore
L
aprono le porte all’estate con tante
Cooperativa
di San Vito di Cadore
Tel. 0436 9117
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novità, prima tra tutte la mostra
della famosa artista lecchese Luisa
Rota Sperti, già conosciuta in Cadore per l’esposizione dedicata a
Dino Buzzati nel 2006, ospitata dal
"Messner Mountain Museum "Dolomites" sul Monte Rite. Questa
volta tocca al museo civico Vittorino Cazzetta, dove la Rota Sperti
espone per la prima volta le
opere originali dal ciclo “AI
CONFINI DEL CIELO” dedicato alle leggende delle Dolomiti e,
in particolare, ai personaggi femminili, come la Regina dei Fanes, la
Gamina o l’ultima Delibana. La mostra è per la maggior parte un
omaggio a Carlo Felice Wolff. Rimarrà aperta fino al 18 settembre,
dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle
18.30, esclusi i lunedì di luglio e settembre. L’autrice incontrerà inoltre
il pubblico il 16 e 17 luglio nella sala
culturale del museo.
Altra novità: il concorso di disegno e fotografia “LUCI E COLORI”, voluto dalla Pro Loco Val
Fiorentina per esaltare la creatività
di ospiti e paesani, utilizzando l’arte come stimolo per guardare con
più attenzione le bellezze che ci circondano. Per questa prima edizione è stato scelto il tema “Fiori spontanei della Valle Fiorentina”. Le
opere dovranno pervenire all’ufficio Pro Loco entro il 7 agosto secondo le modalità previste dal regolamento
(scaricabile
da
www.valfiorentina.it o richiedendolo direttamente in ufficio). Le premiazioni si terranno nella sala culturale del museo Cazzetta il prossimo 20 agosto.
In concomitanza alle premiazioni
del concorso “Luci e colori” verrà
consegnato il premio per la diffusione della cultura locale “1°
MEMORIAL PALMIERI - MAZZOTTI” avente come obiettivo
quello di incentivare il mantenimento, la divulgazione e lo sviluppo della cultura del proprio territorio, nonché premiare studi e ricerche finalizzate alla valorizzazione e
alla gestione compatibile con la sal-
Info. 0437 720243
vaguardia del paesaggio di Selva.
Per la seconda estate consecutiva la sala culturale del museo
civico ospiterà “CINEMA SOTTO IL PELMO”, serate di cineforum gratuite legate al tema del
viaggio. Verranno proiettati “La
marcia dei pinguini” (1 agosto, ore
20.45), “Up” (8 agosto, ore 20.45),
“Rio” (16 agosto, ore 17) e “North
Face – Una storia vera” (22 agosto,
ore 20.45). Il 5 agosto la sala culturale ospiterà anche la proiezione
del lungometraggio “Le senza volto – Streghe di Cavarnere”, prodotto dall’associazione Belluno Ciak
per la regia di Franco Fontana, il
quale sarà presente alla serata. Il
film, consigliato ad un pubblico sopra i 14 anni, racconta la leggenda
di alcune streghe che abitavano la
zona di Cavarnere (comune di Trichiana), dove si trovano dodici faggi secolari posti in cerchio. Si racconta che proprio in quel posto le
streghe facessero dei riti magici.
Proseguiranno tutti i martedì di
luglio e di agosto anche le passeggiate nel bosco con partenza presso l’area pic-nic, a cui seguiranno i
PRANZI CON BIANCANEVE in
un caratteristico bivacco immerso nel bosco, dove i prodotti
tipici verranno cucinati sul fuoco
come una volta.
INCONTRI CON L’AUTORE”
E SERATE TEMATICHE. E’ previsto per ferragosto l’arrivo a Selva
di Cadore dello scrittore Gian Antonio Stella, autore del libro “La
Casta”. Sarà invece Marco Sala
(alpinista e gestore del rifugio Passo Staulanza) il relatore delle serate “Wonderful Alaska e Makalù 2”
l’8 luglio e “Il respiro delle montagne” il 25 luglio. Verrà ripresentato
sabato 23 luglio presso il museo
Cazzetta alle 20.30, lo SPETTACOLO TEATRALE “Il mistero dei
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arà un Palio di San Martino
ricco di novità quello che caS
ratterizzerà l’estate alle porte. Nato
due anni fa grazie alla pro loco di
Vigo e portato avanti dalla stessa
anche nell’estate 2010 con ben
quattro eventi dedicati, il Palio di
quest’anno promette uno spettacolo ancora più avvincente delle precedenti edizioni. Ad aprile, infatti, è
nata l’associazione “Praemium
Sancti Martini”, costituita grazie all’impegno delle tre pro loco di Vigo, Lozzo e Lorenzago e dei rispettivi presidenti Marcello Zannantonio, Nerino Lora e Tiziano Tremonti. Essa, presieduta da Carlo
Colarieti Tosti, sancisce una collaborazione già cominciata due anni
fa in occasione della prima edizione del Palio e ha lo scopo di organizzare gli eventi legati alla rievocazione storica in questione.
La rievocazione, inoltre, riunisce
i paesi che anticamente, nel Medioevo, costituivano l’Arvaglo, ovvero Laggio, Vigo, Pelos, Lorenzago e Lozzo. Due, infine, le basi storiche su cui si ergono le manifestazioni: il 1208, anno in cui nacque a
Vigo la Pieve di san Martino, e il
periodo intorno al 1345, in cui visse
Ainardo, il personaggio principale
della rievocazione.
Molteplici sono gli appuntamenti in programma. Innanzi tutto si terranno tre eventi che costituiranno la gara per la contesa del
Palio. Le cinque squadre dei paesi
dell’Arvaglo si sfideranno in gare
di tiro con l’arco e giochi di fortuna che prevedono le prime due
fasi a Lozzo, il 24 luglio, e a Lorenzago, il 7 agosto. L’evento più
importante, però, sarà quello del 34 settembre a Vigo, dove si terrà la fase finale della gara e due
giornate ricche di appuntamenti
alla riscoperta del Medioevo. Saranno presenti gli oltre ottanta figuranti dell’associaione Praemium
Sancti Martini, dal gruppo delle
guardie “Cadubrii Custodes” al
gruppo arcieri, dai nobili ai popolani, dai giocatori ai tamburini. Vi saranno poi gli sbandieratori di Feltre, il gruppo storico “La Fara” con i
suoi guerrieri Longobardi e la grande novità di quest’anno: il gruppo di
rievocazione medievale “Ulrich von
Starkenberg”, di Bolzano. Questi
ultimi saranno presenti in entrambe le giornate e porteranno la loro
A Vigo quattro eventi quest’estate con il Palio di San Martino
Il clou con la “riscoperta del Medioevo” il 3-4 settembre
UN PALIO RICCO DI NOVITA’
Saranno presenti
oltre 80 figuranti:
nobili, popolani,
guardie, arcieri,
giocolieri, tamburini
La rievocazione
storica riunisce
i paesi che nel
Medioevo, intorno
al 1345 quando
visse Ainardo,
costituivano
l’Arvaglo: Laggio,
Vigo, Pelos,
Lorenzago e Lozzo
Cura l’evento
l’associazione
Praemium Sancti
Martini,
cui partecipano
le pro-loco di Vigo,
Lozzo e Lorenzago
Novità:
è nato il gruppo
tamburini con i
bambini della
Scuola primaria
ventennale esperienza nell’arte medievale della scrittura, della cucina,
della tessitura, della fabbricazione
d’armi e del combattimento.
Vi sarà poi intrattenimento con
musica medievale, a cui seguirà la
danza del ventre e una spettacolare
serata di fuochi artificiali. Sarà allestito un mercatino, si terranno giochi per i bambini, grazie al gruppo
suoni scomparsi” liberamente
ispirato al libro di Paola Favero. La
rappresentazione vedrà protagonisti
i genitori dei bambini della scuola
dell’infanzia di Selva. Ogni giovedì
sera (dal 21 luglio al 24 agosto), lo
Snack Bar Ileade di Santa Fosca presenterà MUSICA DAL VIVO accompagnata alla degustazione di
grappe di Fausto Moè. La musica
andrà però anche in alta quota. Il 29
luglio sulla terrazza del Rifugio Averau (a partire dalle 14.00) si esibirà il
pianista e cantante Luca Carniello,
alla cui musica si accosterà la lettura
Gruppo teatrale dei genitori
2010
foto d’archivio
2010
2009
Vi saranno inoltre altre due
animazione dell’associazione, e
giochi per i più grandi, come il lan- uscite per i figuranti dell’associo del tronco, la corsa coi sacchi e ciazione, il 16 luglio ad Aurontante altre divertenti attività.
zo e il 5 agosto a Santo Stefano,
di favole tratte da “Rifugio Settimo
Cielo”. L’evento verrà ripetuto il 21
agosto presso il Rifugio Aquileia.
Da non dimenticare poi l’inaugurazione di una nuova ippovia il 28 luglio, il primo TORNEO DI BOCCE
organizzato dalla Pensione Lorenzini di Pescul per il 18 e 19 agosto,
nonché le tradizionali feste paesane:
il 17 luglio la SAGRA DELLA MADONNA DEL CARMINE e il 31
quella di Sant’Osvaldo, il 10 agosto
San Lorenzo e il 15 la sagra della
“Madona De Aost”.
Irene Pampanin
in occasione della manifestazione
“Vita nelle Vie”.
Altra importante novità riguarda
un nuovo gruppo dell’associazione.
Grazie alla collaborazione con la
scuola Primaria di Vigo è nato il
gruppo tamburini. Il progetto, cominciato in gennaio grazie all’iniziativa dell’insegnante Annamaria
Mazzolini e chiamato “Ti racconto
di dame e cavalieri”, ha visto la partecipazione di diversi membri dell’associazione del Palio ad incontri
con i bambini. In questi, si è avuto
modo di far scoprire ai giovani alunni la tradizione storica del Palio, allargandosi poi alla cultura medievale nel suo complesso e, grazie alle
guardie e agli arcieri, si sono tenute
anche avvincenti dimostrazioni sull’utilizzo delle armi. I bambini, poi,
hanno avuto modo di approfondire
i contenuti con le insegnanti, che
hanno intrapreso un percorso formativo che ha riguardato tutte le
importanti figure che hanno contraddistinto la storia del Cadore. Il
progetto si è concluso il giugno
scorso, quando alla presenza dei
genitori, del sindaco di Vigo Mauro
Da Rin Bettina e di una folta rappresentanza di figuranti, tutti i bambini
sono stati nominati singolarmente
“Messere” o “Damigella”.
“L’esperienza con i bambini delle
scuole” racconta il presidente Colarieti Tosti “è stata davvero esaltante perché tutti hanno dimostrato
grande interesse e partecipazione alle attività promosse dalla nostra associazione. È inoltre per noi motivo
di grande orgoglio il fatto che una
decina di loro ha deciso entrare a
far parte della nostra associazione e
di costituire il gruppo tamburini,
che parteciperà a tutti gli eventi in
programma e che avrà il compito di
aprire il corteo medievale. Anche
tutti gli altri bambini parteciperanno al corteo, al seguito dello stendardo rappresentante la loro scuola. Il
nostro obbiettivo per il prossimo anno è quello di portare avanti questa
iniziativa, coinvolgendo anche le altre scuole dei paesi del Palio, ovvero
Lorenzago e Lozzo.”
Mario Da Rin
A LOZZO CON LA BIBLIOTECA
all’8 al 17 luglio si terrà a Lozzo presso la biblioteca comunale la mostra “APPUNTAD
MENTI CON LA BIBLIOTECA – La storia, i libri, il teatro, la musica e le testimonianze di
Lozzo di Cadore”. Il tutto nasce dall’idea del nuovo
consiglio della Biblioteca Comunale, eletto nell’ottobre 2010 e presieduto da Anna Doriguzzi, che vede
Matteo Poclener come segretario, Giuseppe Larese
Filon come Tesoriere, Chiara Lora e Daniele De
Meio come consiglieri e Miriam Zanella rappresentante della giunta comunale e assessore alla cultura.
La mostra consisterà in un ideale viaggio nella vita, dall’angolo dell’ “Infanzia” a quello dell’ “Adolescenza”, dall’ “Età adulta” alla “Terza età”; una quinta
parte, infine, sarà dedicata alla “Cultura Ladina”. Vi
sarà poi uno spazio dedicato ai bambini.
Eventi di spicco in programma presso l’ Auditorium Comunale sono: venerdì 8, “La Biblioteca Comunale in Mostra”, proposte letterarie di tutti i gusti,
anche per i più piccoli, con la lettura-spettacolo
“L’uomo che piantava gli alberi” con Federica De
Col e Andrea Dassie. Giovedì 14, “La Biblioteca Comunale in Musica”, con la partecipazione dei “Fabrizio e naietre”, un gruppo musicale di Costalta che
interpreterà Fabrizio De André. Infine, domenica 17,
si terrà la serata tematica “La Biblioteca Comunale
in…”, in cui si terrà un dibattito sulla cultura locale e verranno presentati alcuni libri al riguardo.
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Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni
VOCAZIONI COMELICESI
ALICE SACCO, DA MEDICO A SUORA
Alice Sacco, cardiologa all'Ospedale Niguarda in Milano è stata chiamata da Dio
e ha detto “sì”. Il nonno paterno era Gildo Sacco di San
Nicolò e la nonna paterna
era Gemma Doriguzzi Bozzo di Danta. E' entrata nell'ordine delle “Suore Missionarie di Gesù Redentore”,
fondato da madre Teresa
Gospar, con sede in AfforiMilano nel complesso “Villa
Luce”. Queste donne velate,
certamente chiamate da
Dio, ma anche stimolate dalle esigenze sociali del nostro tempo, hanno deciso di
dedicare la loro vita, in molteplici ruoli, all'inserimento
nel mondo della scuola, del
lavoro e della famiglia, di ra-
gazze minorenni sfortunate
che dalla famiglia d'origine
o dalla società sono state
maltrattate e che ora hanno
tutto il diritto di tornare a vivere. Dice madre Teresa e
con lei tutte le suore e anche l'ultima arrivata suor
Alice: “Queste ragazze hanno tanto sofferto e noi non
vogliamo che soffrano ancora, quindi vogliamo dare
loro tutto il bene spirituale e
materiale possibile” (...)
Suor Alice ha 34 anni,
grande passione per lo
sport, per i viaggi e per il
contatto quotidiano con Dio
tramite la preghiera. Il suo
impegno è stato lo studio ed
ora è il lavoro in ausilio ai
malati ed agli emarginati,
sempre in una atmosfera di
fede non bacchettona e di
carità silenziosa. Sapete che
cosa dicono i suoi colleghi
medici e infermieri al Niguarda? “Alice cura con dedizione tutti, ma se hanno la
pelle scura e non parlano
bene l'italiano ha qualche attenzione in più”. Il 30 aprile,
nella chiesa di Santa Giustina in Affori, Alice ha professato i primi voti. Ha celebrato la funzione il vescovo di
Vigevano mons. Vincenzo
Di Mauro coadiuvato da
don Riccardo Festa parroco
della comunità pastorale in
cui è inserita anche la parrocchia di Trenno. (...) Erano presenti sull'altare altri
sacerdoti tra cui don Angelo
A SIDNEY UNA FOTO HA FATTO DISCUTERE
Egr. Signor De Carlo, la
ringrazio della sua lettera
del 7 giugno riguardo le
foto pubblicate nel numero (Il Cadore) di marzo
dove il Signor Bruno Cossalter presidente dei Bellunesi nel Mondo di
Sydney mi accusa in pubblico di avere levato io
dalla foto la sua persona.
Come spiegatole per telefono la pregherei di fare
chiarezza su Il Cadore di
luglio...
La ringrazio e colgo l’incontro per cordialmente
salutarla.
Giovanni Pinazza
Sidney
Preg. mo Signor Pinazza, mi spiace della disputa
che lo ha coinvolto con il
presidente dell'Associazione Bellunesi di Sidney, tuttavia non ne ravviso il motivo.
A marzo ho pubblicato
la sua immagine unita-
mente al mio saluto per il
rinnovo dell’abbonamento,
tratta dalla foto che mi era
stata inviata e pubblicata
integralmente a gennaio.
Non vedo perché il presidente Cossalter volesse apparirvi in questa seconda
occasione assieme a lei e al
Signor Zanella (il quale, è
stato erroneamente inserito ritenendolo cadorino).
Questo è il mensile dei
Cadorini, di chi vive in
Cadore, di chi ama il Cadore. Questo è il giornale
istituzionale e storico della
Comunità di Cadore e ha
sempre messo in rilievo l'opera importante dei Cadorini nel Mondo. Lei è uno
di questi.
Tutto qui, non capisco
come possa essere diventato un “caso” fra di Voi.
Penso che ora il presidente
Cossalter capirà che non
c’è stato né da parte sua
Signor Pinazza né da par-
te nostra alcunché di scorretto. Cordiali saluti
Renato De Carlo
Balcon parroco di San Nicolò e Danta, comuni delle dolomiti bellunesi, giunto per
l'occasione a Milano alla testa di una graditissima rappresentanza di miei paesani.
Ha reso ancor più solenne e
lieta la cerimonia il coro di
Trenno diretto dal maestro
Ambrogio Geroli. Mi piace
qui ricordare la partecipazione del primario cardiologo del Niguarda Silvio Klugmann accompagnato dalla
consorte e da un nutrito
gruppo di medici ed infermieri nonché la partecipazione del presidente di Co-
op Lombardia Silvano Ambrosetti seguito da Valter
Molinaro responsabile del
progetto “Buon Fine” di cui
Villa Luce sta già fruendo.
Erano presenti per il comune di San Nicolò i consiglieri Ivana Cesari e Ugo Regin
e per il comune di Danta il
consigliere Fabio Mattea. Il
sindaco di San Nicolò Giancarlo Ianese e il sindaco di
Danta Virginio Menia hanno voluto far giungere via
posta le loro congratulazioni. E' pervenuta a santificare
la festa la benedizione del
papa Benedetto XVI. E ancora le benedizioni di Dionigi arcivescovo di Milano, di
AU G U R I A
E N N I E F E D O N PASETTO E SIMONETTI
La Signora Ennie Fedon, madre dell’imprenditore Callisto Fedon, ha
compiuto il 21 giugno scorso la bellezza di 101 anni ed è in piena forma.
Complimenti!
Sul mensile di
maggio ho trovato
pubblicato il mio libro su Masi Simonetti, con l’ottimo articolo curato da Ennio
Rossignoli.
Grazie infinite…
anche perché pochi si
preoccupano di questo grande pittore da
me conosciuto quando lavoravo a Forno
di Zoldo (nell’allora
Cassa di Risparmio).
Tempo fa Giuseppe
Marchiori mi aveva
scritto, fra l’altro, che
“bisogna essere in giri particolari, special-
Giuseppe vescovo di Belluno e Feltre, vescovo dei
monti, di Francesco vescovo di Rimini, vescovo del
mare e di Attilio già parroco
di San Nicolò. Merita una riflessione l'omelia del vescovo Vincenzo, densa di ricordi, di significati e di stimoli.
La stessa suor Alice, nel suo
saluto ai presenti, ha sottolineato con forza le parole del
vescovo ribadendo il suo impegno a vivere e lavorare costantemente all'insegna della dedizione prescindendo
dalla carriera e dal reddito.
Concludendo, l'orgoglio
mi spinge a dire che questa
suora è mia figlia, che sono
entusiasta della sua scelta e
che anche mia moglie, pian
piano, sta condividendo la
gioia di Alice. Voi sapete
che ogni mamma vede come traguardo per le figlie il
matrimonio e la maternità,
ma a volte c'è Qualcuno
che ci mette lo zampino e
allora... così sia.
Giuliano Sacco
Pubblico quasi integralmente la lettera perché tutti
noi comprendiamo la gioia
dei genitori e il grande passo
nel mondo che Alice ha fatto.
mente di carattere ufficiale”. Ma il Masi
non ha figli e pochissimi amici che si
preoccupano di ricordarlo.
La ringrazio ancora moltissimo.
Deferenti saluti.
Emilio Pasetto
Domegliara
Errata Corrige
(VR)
Sul numero di Giugno è stato cambiato nome a Marino Baldissera, direttore del Coro Cortina. Pure lui ha sorriso presentandosi alle prove con il
nuovo nome. Ma l’errore è da doppio
segno rosso e l’articolista non sa proprio dire come possa essere successo.
7
ANNO LIX
Luglio 2011
9
Lettere & opinioni • Lettere & opinioni • Lettere & opinioni
Sul progetto sciistico Cadore-Civetta
Sull’intervista al sindaco Fiori, riceviamo e pubblichiamo
QUEL TITOLO GALEOTTO
MODO OBIETTIVO D’AFFRONTARE IL TEMA
Caro Direttore,
ho letto il suo articolo in
merito al NO al collegamento Cadore Civetta. Prima di accusare di immobilismo i legittimi proprietari
del territorio la invito ad informarsi adeguatamente su
cosa siano le Regole cadorine e che cosa rappresentino. La invito inoltre a visionare il progetto presente
sul sito Cadore Civetta, dove potrà informarsi sui costi e sul consumo di territorio in termini di piste, impianti, demanio sciabile
strade ecc...
Se, ancora, avesse qualche dubbio, provi a leggere
i vari documenti che ha prodotto il comitato del no e
che ha predisposto un sito.
WWWpelmo-mondev&.it.
Con molto rammarico
prendo atto della poca informazione dei fautori del
si, locali e non. Diocesi
compresa. Indipendentemente dall’idea, forse valida, del collegamento, l’irrealizzabilità tecnica, economica e amministrativa,
avrebbero forse dovuto far
riflettere le persone. Ma mi
sembra che ciò non sia avvenuto. E sì che era sufficiente leggere... Aggiungo
fin da ora la mia intenzione
di non acquistare più il suo
giornale ... Cordialità
walhalla l970
sco, la natura e le nostre
crode, la nostra gente, la
tradizione delle Regole,
stanno a cuore da sempre
anche a me.
Giornalisticamente parlando è nostro dovere dare
spazio a tutti, e a questo noi
ci atteniamo più di altri,
perché “viviamo” quella frase scritta sulla testata del
giornale: Justitia et fide conservabitur. Il nostro è un
giornale storico di cultura e
approfondimenti sociali, è il
giornale di proposta per un
Cadore che deve rimanere
ambito di idee e iniziative,
perché solo così un popolo
può avere futuro.
Dunque, pur comprendendo il suo disappunto per
un’intervista che non condivide, non vedo la necessità
di addossare a noi le contraddizioni che affiorano sul
territorio, né tantomeno di
lanciare giudizi sommari.
Lo dico senza malizia: lasci l’anonimato e si faccia
sentire per un approfondimento sul tema. Cordialità
Renato De Carlo
“Caro Signor Sindaco
di S. Vito. Sono un vecchio ambientalista per età
e storia personale, ho letto
con attenzione la sua intervista al Direttore Renato
De Carlo.
Lei ha fotografato con
precisione e scrupolo l’intera vicenda del progetto
di collegamento col Civetta
e Zoldano. Un modo obiettivo di affrontare il tema
come deve fare un serio e
valente
amministratore
pubblico. Grazie e complimenti.
Una prima considerazione generale: il confronto
con le strutture complessive dell’Alto Adige chiarisce
un divario pesante. Le politiche urbanistiche, i servizi
sulla mobilità di accesso
sia sul piano internazionale
che nazionale sono argomenti che sostengono il
marketing dell’area. Una
seconda considerazione:
lei ha rilevato un problema
che condiziona tutto l’arco
alpino soprattutto quello a
sud. L’innevamento si sta
progressivamente alzando
INIZIATIVA PER L’INTITOLAZIONE A GIOVANNI
PAOLO II DELL’OSPEDALE DEL CADORE
Ringraziando per la cortese attenzione, mi permetto
di chiedere a tutti un sostegno a questa importante iniziativa.
Grazie ancora con i miei
più cordiali saluti.
Nizzardo Tremonti
Il giorno 21 luglio 1996,
con una manifestazione indimenticabile in piazza Tiziano, a Pieve di Cadore,
PAPA GIOVANNI PAOLO
Il è stato insignito della CITTADINANZA ONORARIA
dei Cadore, dall’allora presidente della Magnifica Comunità Giancandido De
Martin. Presenti alla cerimonia: il Segretario particolare del Papa, mons. Stanislao Dziwisz, attuale Arcivescovo di Cracovia; il Vescovo di Belluno, mons. Pietro
Brollo, attuale Arcivescovo
emerito di Udine; l’Arcidiacono del Cadore, mons.
Renzo Marinello; tutti i sindaci del Cadore ed altre personalità della cultura e storia cadorina; una immensa
folla.
In ricordo di questa storica visita del PAPA alla Magnifica Comunità di Cadore,
il sindaco dell’epoca, dott.
Roberto Faccin, rese nota la
volontà di intitolare 1’ Ospe-
Egregio walhalla l970.
Forse ha letto la mia intervista al sindaco come
una presa di posizione del
giornale, ma così non è.
Faccio solo il mio mestiere
di approfondire le tematiche, senza passioni, tant’è
che avevo chiesto un appuntamento anche al presidente
di una Regola di S. Vito e
ho pubblicato precedentemente una presa di posizione di ambientalisti. Di mio,
ho solo detto che l’immobilismo è un brutto sintomo. E
non serve spiegare per capirci. Ho rilevato che su
questo problema, come su
altri in Cadore, si è discusso, si è deciso democraticamente, ma si sono fatti pochi passi avanti sulla strada
del rilancio del turismo o
della montagna. E, garanti-
dale di Pieve di Cadore a
Sua Santità Giovanni Paolo
II. In tale circostanza, il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera 1 di Belluno,
dr. Angelo Lino Del Favero,
mostrò al Santo Padre la targa in bronzo “ad memoriam”. Dalla Santa Sede arrivò anche un ringraziamento
per questa disponibilità.
Ma la cerimonia di battesimo non si tenne mai. E l’ospedale di Pieve non viene
documentato, neppure istituzionalmente, come dedicato al beato Giovanni Paolo
II. Nella carta intestata non
esiste la dicitura. All’ingresso dell’ospedale, per la verità, c’è la famosa targa, che
però è quasi invisibile e che,
in ogni caso è stata rimessa
dopo un periodo di assenza;
non si sapeva dov’era finita.
Di fronte ad una Società
che talvolta sembra appagata dalla mediocrità che l’avvolge come un manto protettivo e rassicurante; in un
mondo solcato da divisioni
di ogni genere, raggelato
nell’indifferenza politica, la
figura di Papa Giovanni Paolo II, che nella Sua persona
ha rappresentato l’immagine biblica del “servo sofferente”, ci appare l’emblema
di una grande forza.
Quando nel 1978 aprì il
Suo pontificato dicendo:
“Non abbiate paura, aprite
le porte a Cristo” ha insegnato a tutti che “è la vita
che deve riempire il dolore,
non il contrario”.
Nell’interpretare con semplicità il pensiero di tanta
gente comune, ritengo doveroso onorare l’impegno
preso nel lontano 21 luglio
1996. Ricordare il beato Giovanni Paolo II, la più alta autorità morale del ventesimo
secolo, è come rinascere
ogni giorno: è uno splendido inno alla VITA, soprattutto per la nostra montagna
dimenticata. La riconoscenza è la memoria del cuore.
Accogliamo da parte nostra l’invito, anche perché
non si tratta di una formalità ma di uf ficializzare un
impegno preso. E la parola è
sacra.
verso i 1800-2000 m.s.l.m.
Sarà crescente in eguale
tendenza il rapporto tra
l’impegno finanziario e la
durata dell’utilizzo degli
impianti. Una terza considerazione: la montagna venete paga duramente il suo
peso minoritario in una Regione attenta alle tematiche della pianura, per ovvi
interessi politici ed economici. Vale la pena di ricordare i brillanti risultati dell’euroregione Tirolo A.A. Trentino rispetto al progetto Alpe - Adria, che è molto
Adria e poco Alpe, il che
spiega le posizioni ostili
della Carinzia. Quarta considerazione: il Cadore Dolomitico che ha una posizione dominante nel territorio Dolomitico tutelato
dall’Unesco ha una opzione per costruire un suo
progetto turistico sociale
originale e molto esclusivo, dopo lo spostamento
del Distretto dell’Occhiale
verso Longarone - Alpago.
Il turismo è tutt’ora ritenuto la risorsa economica
principale, ma altrove si
guarda alla nuova economia della conoscenza e della tecnologia avanzata.
Vicino a noi la provincia
di Trento gioca la carta
della banda larga che garantisce la connessione di
tutto il territorio col resto
del mondo: da Trento e Rovereto, fino ai piccoli Comuni isolati della montagna. Alcuni mesi fa ho letto
la storia di un affermato
operatore australiano consulente del governo del
suo paese e di tanti enti ed
aziende in America, Asia e
Europa. Sua moglie, figlia
di emigranti trentini, ha
ereditato dalle parti delle
Pale di S. Martino una casa
di pietra e legno vicino al
bosco. Dopo averla vista, il
marito verificò lo stato della connessione informatica
nel Trentino e decise di
spostare nella casa appena
ereditata il suo lavoro. Non
passerò metà della mia vita
in aereo e negli spostamenti a terra, disse. E così
pare abbia fatto.”
Dino Fava
10
ANNO LIX
Luglio 2011
Testimonianze
•
Racconti
QUELLE MILLE LIRE DATEMI DALLO
SCRITTORE HEMINGWAY A CORTINA
ravamo nel 1971 Mi
trovavo a New York
E
in visita allo zio Henry, fratello di mio padre e, quando gli dissi che a Cortina
nei primi anni 1950 avevo
conosciuto Ernest Hemingway mi disse sorridendo: lui ed io, siamo nati
tutti e due il 21 luglio. Io
nell’anno 1898 e lui nel
1899.
Allora gli raccontai la
storia. Potrei facilmente
sapere l’anno in cui incontrai Hemingway, ma non lo
faccio di proposito. Voglio
scrivere solo quello che mi
suggerisce la memoria.
Finita la scuola alberghiera di Cortina, nel
1949, cominciai a lavorare
in un negozio che vendeva
generi alimentari, verdura,
pane e, nel negozio retrostante anche il pesce. Un
giorno entrò un uomo ac-
compagnato dalla moglie.
Il mio principale mi disse
che si trattava di uno scrittore americano famoso che
abitava provvisoriamente a
villa Aprile. Venivano spesso in negozio: una o due
volte la settimana. Lui parlava un italiano stentato,
peggiore di quanto lo parlasse sua moglie. Io, adoperando il mio inglese scolastico, facevo da interprete
Conser vo ancora un biglietto in cui avevo segnato
una sua ordinazione. C’è
scritto: Sei bottiglie di
Martini dry, sei di Gordon’s dr y gin, sei di whisky
Four Roses, quattro di Bitter Campari, quattro di
Rum Bacardi e per finire
dodici bottiglie di Valpolicella Bertani. Ricordo due
persone tranquille, marito
e moglie, che andavano
d’accordo tra di loro e che
svolgevano una vita normale. Ho letto dopo che lui
stava scrivendo in quel periodo il libro” Di là del fiume e tra gli alberi” Dopo
due o tre mesi, vennero in
negozio accompagnati da
una signora italiana, bella
e giovane. Stavano per lasciare Cortina e volevano
organizzare una serata tra
conoscenti. Questa signora mi fece aprire una scatola contenente un prosciutto cotto di circa dieci chilogrammi, lo fece tagliare a
metà e prese la parte ante-
•
riore che pesava circa cinque chili. Io, curioso, le
chiesi cosa volesse fame.
Mi rispose che si trattava
di una specialità americana: bisognava fare dei buchi sulla parte superiore,
riempirli poi di miele e
scaldare il tutto aI forno.
Se chiudo gli occhi, vedo
ancora il retro banco del
negozio, con una fila di vasi di vetro contenenti varie
specialità e vedo Hemingway che indicando ogni vaso diceva: “a pound” (circa
mezzo chilo). Giardiniera,
cipolline, cetrioli, olive verdi, olive nere, Gurke tedeschi, carciofini sott’olio,
alici arrotolate sott’olio.
Continuò ordinando varie
7
Appuntamenti
specie di salumi affettati.
Abituato a casa mia a mangiare polenta e pane cercando sempre di risparmiare sul companatico, rimasi di stucco quando Hemingway vedendo il banco
del pane, finì la sua ordinazione dicendo: e quattro
rosette.
Due o tre giorni prima
della loro partenza Hemingway venne in negozio
e chiese se potevamo spedirgli un baule. Il giorno
dopo mi recai a villa Aprile.
La bella signora italiana mi
aiutò a caricare il baule sul
pianale anteriore della
Lambretta a tre ruote ed io
andai alla stazione del Trenino delle Dolomiti e lo
spedii a Cuba. Quando
venne a pagare il trasporto
al mio principale vidi Hemingway per l’ultima volta.
Si avvicinò al banco dove
mi trovavo e mi mise qualcosa in mano. Senza pensarci e senza dire nulla, misi questo rotolo in tasca e
lo vidi lasciare il negozio.
Allora levai dalla tasca
quello che vi avevo messo.
Non so cosa pagherei per
riavere quelle mille lire.
Non so come spesi quei
soldi, ma di sicuro non mi
durarono a lungo: anche
perché a quel tempo come
apprendista, guadagnavo
seimilacinquecento lire al
mese
Piero De Ghetto
Il Lions Club Pieve di Cadore chiude l’Anno Sociale
SERVICE “CANI GUIDA” E ELENA GALLI PRESIDENTE
Spettacolare esibizione di unità
cinofile al Parco Vallesella il 18 giugno
l passaggio delle
consegne del Lions
I
Club di Pieve di Cadore,
al termine dell’annata lionistica 2010/11, è stata
quest’anno inserito in
una bella manifestazione
tematica nell’ambito del
ser vice “CANI GUIDA
PER I NON VEDENTI”,
organizzata dai Lions
Clubs della Provincia di
Belluno e svoltasi sabato
18 giugno presso il Parco
Sportivo di Vallesella di
Cadore, presenti anche
rappresentanti degli altri
Clubs del Triveneto.
Numerosissimi
gli
spettatori attenti alle interessanti e spettacolari
esibizioni svoltesi nel
piazzale antistante il campo sportivo: quella delle
unità cinofili della Polizia
di Frontiera, di stanza
presso l’aereoporto di
Venezia, presentata dal
Commissario di P.S.
di Cortina d’Ampezzo
dr. ssa Angela Pierobon; quella dei cani da
valanga e ricerca, di stanza presso il Centro della
Scuola Alpina di Predazzo, presentata dal Tenente Andrea Gilar-
denghi comandante
della GdF di Auronzo;
quella del CNSAS, della
locale Stazione del Centro Cadore, presentata
dall’istruttore nazionale cinofilo Matteo Tabacchi; ed infine l’addestramento dei cani per
ciechi della “Scuola cani
guida di Limbiate”, presentata dal Presidente
Giovanni Fossati.
All’interno dell’ampio
ed attrezzato tendone la
giornata è proseguita
con il pranzo preparato
dall’Associazione San Vigilio di Vallesella di Cadore, allietato dall’esibizione degli allievi della
scuola di danza “Danzamania di Domegge di Cadore” diretta dall’insegnante Katia Moletta,
consorte del Presidente
del Club di Pieve di Cadore.
In vari inter valli, nel
corso della manifestazione, il Lions Club di Pieve
di Cadore, dopo l’investitura del nuovo socio
Dr. Angelo Costola, ha
voluto ricordare, con una
targa, data ai familiari, la
figura del Dr. Enrico
De Lotto, medico, storico e mecenate, autore del celebre libro “Dallo smeraldo di Nerone
agli occhiali del Cadore”,
mentre all’imprenditore
cadorino
Romano
Cian ha conferito l’onorificenza lionistica “Melvin
Jones”, per il suo costante impegno nelle attività
sociali ed umanitarie in
Italia ed all’estero.
A fine giornata, alla
presenza del Presidente
del C.d.G. Dr. Stefano
Camurri Piloni, nonché
dei Governatori: Fabio
Feudale, Dario Nicoli
e di altre autorità, lionistiche, religiose, civili e
militari, ha avuto luogo la
cerimonia dello “scambio
del martello” e cioè il formale passaggio delle
consegne dal Presidente uscente Enrico Cian
a quello entrante Elena Galli (nella foto).
Da notare positivamente che, dopo 42 anni
di vita associativa, la signora Elena Galli è il primo Presidente donna del
Lions Club di Pieve di
Cadore.
G. Osvaldo
D’Ambrosi
7
ANNO LIX
Luglio 2011
a fontana, posta nella
borgata Giau lungo la
L
strada regia nella zona alta
di Venas, porta la data 1927.
Da lì parte una strada asfaltata che in breve diventa sterrata e si inoltra, in un'atmosfera quasi magica, verso la
chiesetta di San Giacomo a
Dovesto. Per raggiungerla,
tuttavia, occorre salire un
bel po' protetti da una sorta
di tunnel arboreo. Sulla destra, in basso, si distinguono
nitidi i tetti di Vallesina, mentre i bordi del bosco sono
punteggiati da una gran
quantità di funghi non commestibili. E’ una tabella indicativa che invita a visitare la
chiesetta, deviando sulla destra. Può succedere di incontrare un cacciatore col fucile
a tracolla e, magari, due
mazze da tamburo. Si percorre così un sentiero che in
breve porta a quella che potremmo definire una sorta di
“apparizione”: San Giacomo
è lì, con la sua facciata essenziale che si staglia al centro
di una radura, fra colori di rara e intensa bellezza.
La chiesetta, ora proprietà
della Regola in fase di costituzione, è stata costruita ad
inizio '600 su iniziativa di
Giacomo de Jacobis, appartenente ad una famiglia di
11
Nella zona alta di Venas di Cadore, una poco conosciuta chiesetta del ‘600
NELLA MAGICA ATMOSFERA
La chiesetta di
DI DOVESTO
San Giacomo
fu costruita
a fine ‘600
su iniziativa
di Giacomo
de Jacobis
Conteneva
una pala
attribuita a
Cesare
Vecellio
Perarolo assai attiva nel
commercio del legname. E'
piccola, elegante, con un
oculo centrale. Un architrave fa da trait d'union fra la
porta d'ingresso e le due finestrelle laterali.
Proprio sulla porta è attaccato con delle puntine da disegno un ritaglio di giornale
datato 1987 e firmato Mario
Ferruccio Belli. Si tratta di
un'intervista al compianto
parroco di Venas, don Alfieri
De Lorenzo, scomparso nell’agosto 2009. In essa viene
ricostruita brevemente la
storia della chiesetta, con
una descrizione dettagliata
della pala di Cesare Vecellio,
cugino del grande Tiziano,
commissionata proprio da
Giacomo de Jacobis. Si tratta della “Madonna col Bambino e i santi Francesco (o
Antonio?), Giacomo Maggiore, Cecilia e Chiara”. Raccontava don Alfieri a Belli
che il San Giacomo vestito
di rosso raffigurava il committente, mentre la Vergine
aveva le sembianze della
moglie e le due sante quelle
delle figlie. Il dipinto è stato
trasferito da tempo, per motivi di sicurezza, nella parrocchiale di Venas.
Tuttavia, se la tradizione
popolare attribuisce il dipinto - sul quale campeggia lo
stemma della famiglia committente - a Cesare Vecellio,
altri autori, come Maria Silvia e Antonella Guzzon, appaiono molto perplessi al riguardo, a motivo della sua
staticità ed assenza di pro-
fondità spaziale.
Il fascino della chiesetta,
come si presenta attualmente, resta comunque intatto
per il suo sorgere completamente isolata nel bosco, con
la pura semplicità del suo disegno architettonico. All'interno, spicca un vecchio, elegante altare di legno dipinto,
sormontato da una tela raffigurante San Giacomo in visione, con il tradizionale bastone, come si addice al patrono dei pellegrini. Sullo
“DISVELARSI”
Testi realizzati al “Laboratorio di scrittura” di Pieve
BRANI AL FEMMINILE
di dialogare tacitamente con
lo specchio di casa sua, al
quale rivela momenti sia positivi che di difficoltà. Anche
Floriana Cian riferisce dei
suoi colloqui segreti con la
quotidianità degli oggetti
che la circondano, mentre
Roberta Coletti assegna valore di nostalgica memoria
all’osservazione della sua casa di campagna contornata
dalla nebbia primaverile.
Anna Costan Zovi descrive
con leggera e tenera ironia il
viaggio sentimentale effettuato in un tempo in cui non
era frequente l’abitudine di
andare in vacanza con il fidanzato. Antonietta Crepaz
si sofferma invece ad evidenziare i tremori provati
nel viaggiare da sola in treno, di sera, da Ponte nelle Alpi a Calalzo, con un unico
viaggiatore dall’aspetto poco
rassicurante. Liliana De
Bona parla con emozione
dei problemi incontrati a motivo della sua difficoltà di lin-
’ uscito il quarto fascicolo del laboratorio di
E
scrittura di Pieve di Cadore,
contenente testi realizzati
nel corso dell’edizione 20102011, ultimata di recente al
Centro territoriale permanente.
Si tratta di brani interamente al femminile, emblematici della qualità raggiunta e dell’impegno delle partecipanti, espresso con narrazioni personalizzate, che
toccano non di rado le corde
di una sorta di “disvelamento”.
Non a caso il titolo è “Disvelarsi. Querce e fuscelli”, a
sottolineare la verità esistenziale di gran parte dei testi
contenuti nella pubblicazione, sponsorizzata anche quest’anno dal Rotary club Cadore-Cortina. Sono stati privilegiati alcuni filoni - come
si legge nella presentazione
di Antonio Chiades, che ha
coordinato e diretto il laboratorio - come ad esempio le
emozioni suggerite dall’osservazione non superficiale
di una vecchia fotografia rispecchiante momenti felici;
o il cammino liberante in direzione del proprio passato;
o, ancora, l’ascolto di una voce immaginaria assegnata
agli oggetti che appartengono al vissuto quotidiano.
“Davanti alla casa del poeta” è il titolo del brano con
cui Anna Bacolla descrive
le emozioni provate in occasione di visite effettuate ai
luoghi abitati da Gozzano,
Kazantzakis, Carducci, Victor Hugo. In “Io sono così”
Emi Boccato descrive le
componenti di fondo del suo
carattere e in un successivo
componimento si sofferma a
rievocare i momenti più
emozionanti del suo lontano
viaggio di nozze. Norma
Casanova immagina invece
guaggio e delle persone che
l’hanno aiutata a superarla.
Francesca De Denaro affida alla tensione linguistica
della poesia la sorpresa derivatale dall’osservazione attenta e sensibile di persone e
stati d’animo. Adriana De
Lotto sottolinea con sorridente consapevolezza la diversità delle sensazioni provate davanti a due fotografie
scattate in periodi differenti
della sua vita. Federica De
Lotto, invece, si sofferma
sulla difficoltà di assegnare
alle parole la reale possibilità
di comunicare, quando interviene un’intensa lacerazione
interiore. Armanna De
Martin riflette sui momenti
sereni rivissuti attraverso la
riscoperta di una vecchia foto di famiglia. Fides De Rigo Cromaro affida alla sua
penna, ferma sul tavolo, la
capacità di evocare la profondità del suo vissuto esistenziale. Giovanna Deppi,
in un brano sospeso fra pro-
sa e poesia, descrive un
momento lieve e commosso della sua infanzia. Lucia
Finco riferisce del suo
amore per la scrittura di
Mauro Corona e del suo
desiderio di poterlo incontrare. Giustina Forni ricostruisce con annotazioni
essenziali l’originale figura dell’auronzano “Mario
poeta”,
recentemente
scomparso, mentre Marilli Genova racconta con
taglio narrativo la contrastata vicenda di due amici innamorati della stessa donna.
Anna Rita Linoso fa rivivere, attraverso il confronto fra
due foto scattate a distanza
di tempo, la sofferta diversità di umori e stati d’animo.
Maria Marinello propone,
attraverso una serie di incisive annotazioni, la positività
di atteggiamento raggiungibile ad un certo punto della
vita. Bortola Pordon descrive con sorridente ironia,
in un brano dal titolo “Ho
sfondo, le montagne. In alto,
spiccano due angeli. I muri,
poi, sono contornati dalle
vecchie stampe di una Via
Crucis.
Giacomo, detto il Maggiore, era uno degli Apostoli.
Lui e il fratello, Giovanni
evangelista, avevano ricevuto l’appellativo di “figli del
tuono” per l’impetuosità del
loro carattere. Avevano assistito in prima persona, racconta il vangelo, a momenti
importanti della vita di Gesù,
come la risurrezione della figlia di Giairo, capo della sinagoga, e la trasfigurazione.
Con Giacomo, in quelle circostanze, vi erano solamente
Pietro e Giovanni. E l’emozione era stata fortissima
quando Gesù aveva preso
per mano la figlia dodicenne
di Giairo, dicendole “alzati” e
riportandola in vita.
I resti mortali dell’Apostolo, il primo ad essere martirizzato durante la persecuzione scatenata dal re Erode
Agrippa, sono stati trasferiti
a Compostela in Spagna, dove nel 1075 venne avviata la
costruzione della celebre
chiesa, meta finale del “cammino” di Santiago (città che
prese il nome da San Giacomo: in spagnolo Sant-Yago).
Antonio Chiades
trovato l’amore”, le sensazioni provate nella convivenza
con un gattino particolarmente affettuoso. Rita
Rech, rievocando un viaggio
sul Machu Picchu, immagina di incontrare misteriosamente, a livello quasi medianico, un amico scomparso.
La pubblicazione si chiude
con un breve, quasi profetico scritto di Celsa Riva,
mancata lo scorso Natale, a
ottant’anni, dopo un incidente stradale avvenuto a Valle.
Maria Giacin
12
STORIA
ANNO LIX
Luglio 2011
Vicende storiche sull’autonomia delle prime comunità cristiane in Cadore
L’atto che nel 1208 fu sottoscritto fra le sette Pievi e la chiesa matrice
L e mie ricerche sulle antiche pergamene liturgiche
che sono raccolte nel libro
da poco presentato sono iniziate dal documento del 21
marzo 1208 che è ritenuto
l’atto di fondazione delle pievi cadorine. Oggi vorrei parlare ancora di questo documento dopo le dotte riflessioni presentate due anni fa dal
prof. Giandomenico Zanderigo Rosolo in occasione degli 800 anni della fondazione
delle pievi cadorine.
1208. 21 Marzo - In
Vic[entia]. In domo murata
D. Petri Mauricij in qua scholares habitant, presente Magistro Ugone de Francia...
(ecc., ndr).
Ne riassumo brevemente il
contenuto. L’atto riferisce
d’una vertenza che da qualche tempo si trascinava tra
Stefano chierico romano che
godeva del beneficio della
chiesa di S. Maria di Pieve, e i
sacerdoti a lui soggetti, beneficiati e residenti per la cura anime nelle sette chiese
cadorine rappresentati a Vicenza dal chierico Oldorico e
che si era finalmente conclusa davanti al notaio di curia
Benincasa e ai testimoni nel
palazzo di Pietro Maurisio.
Stefano chierico romano
salda la partita [cioè pone fine alla vertenza] al chierico
Oldorico della chiesa di S.
Stefano di Comelico che accetta anche a nome di Onesto presbitero della medesima chiesa, di Corradino suddiacono della chiesa di S.
Martino di Vigo, di Azzone
presbitero della chiesa di S.
Giustina di Auronzo, di Paisio
presbitero della chiesa di S.
Giorgio di Domegge, di Gualfardo presbitero della chiesa
di S. Martino di Valle, di Azzone presbitero della chiesa
di S. Vito di Resinego, di Mainardo presbitero della chiesa
di S. Giacomo di Ampezzo.
Stefano rinuncia ad ogni
pretesa su tutto ciò che poteva appartenere alle sette
chiese e che aveva fatto sequestrare a favore della pieve
di S. Maria. I rettori delle
chiese ottengono di poter risiedere stabilmente in loco,
ciò che già facevano da anni
senza averne il diritto. E’ l’inizio dell’emancipazione delle
chiese cadorine dalla matrice
di Pieve. Il documento non è
un atto della curia romana,
né del patriarcato di Aquileia,
ma un concordio, cioè un atto
civile per risolvere una questione finanziaria.
Chi ha ascoltato le riflessioni fatte in questa sede
L’ATTO CHE CHIUSE LA VERTENZA
PIEVE - S. Maria N. AURONZO - S.Giustina S.STEFANO - S.Stefano VIGO - S. Martino
CORTINA -S.Giacomo S. VITO C. - S. Vito
dal professore Zanderigo
ricorda che aveva formulato 5 domande su quel documento: Quando? Dove?
Chi? Che cosa? Perché?
Alle quali aveva risposto
con rigore scientifico.
Essendo stato il documento redatto nella mia città, in
questa occasione, vorrei riprendere alcune domande:
Dove? e Chi? La prima risposta è “a Vicenza in casa di
Pietro Maurisio nella quale
abitano gli scolari”. La seconda: “Stefano chierico romano”
pievano o comunque beneficiato della matrice di Pieve di
Cadore e “Oldorico chierico
della chiesa di S. Stefano in
Comelico” i due protagonisti
che rappresentano le parti in
causa. Le notizie forniteci
dalla data topica sono molto
interessanti perché, insieme
ad altri documenti [si possono contare su una mano] ci
confermano della presenza a
Vicenza dell’università e,
quindi, vanno ad accrescere
le notizie su questa prestigiosa istituzione.
E’ nata spontanea un’altra
mia domanda: per quale
motivo questo importante
documento per le chiese cadorine fu rogato a Vicenza?
Una risposta è che in quei
mesi il patriarca di Aquileia
Wolfger di Ellenbrechtskirchen con il suo seguito, si trovava a Vicenza per la fallimentare situazione finanziaria in cui versava la chiesa vicentina dovuta all’ingente debito accumulato dal vescovo
Uberto II a causa dei mancati
introiti per le usurpazioni dei
beni ecclesiastici. Facevano
parte del seguito e presenziavano in qualità di testimoni in
un documento voluto dal patriarca e redatto a Verona nel
VALLE - S. Martino
1206: il cardinale Adelardo
vescovo di Verona, Enrico vescovo di Mantova, Corrado
vescovo di Trento, Enverardo abbate di Vangaditia, Stefano e Bertoldo canonici della chiesa di Aquileia, Stefano
de Tibaldo “de urbe romana,
Marcellino canonico di Aquileia, Orandino canonico di
Verona e altri.
Quel prete Stefano de
Tibaldo “de urbe roomana””,
potrebbe essere identificato
con il chierico romano Stefano pievano o comunque beneficiato della chiesa matrice
di Pieve di Cadore. Non desta meraviglia il fatto che il
pievano facesse parte del seguito del patriarca perché fino al Concilio di Trento non
c’era l’obbligo della residenza e la cura d’anime veniva, in
un certo senso, subappaltata
ad un altro prete disposto ad
abitare in quella parrocchia.
A questo punto bisogna
precisare che nel caso del titolo “chierico” attribuito a Stefano dovrebbe essere inteso
quale sacerdote appartenente al clero romano, cioè composto dall’insieme delle persone che appartengono in
gradi diversi all’ordine ecclesiastico e non riduttivamente
a chi ha ricevuto il primo degli ordini inferiori, come sembrerebbe, invece, per il titolo
che accompagna il nome di
Oldorico. Stefano “de urbe romana” nel documento del
1206 è elencato fra cardinali
vescovi e canonici e non c’è
motivo di pensare che non
fosse almeno un sacerdote.
Due titoli all’apparenza uguali, ma con significato diverso.
Sul pavimento della parrocchiale di S. Vito, ad esempio,
si legge in una lapide: “Clericis in pace quiescentibus…”
DOMEGGE - S.Giorgio
[per i chierici che riposano in
pace…] ma sarebbe sbagliato pensare ad un sepolcro riservato esclusivamente ai
chierici e non ai pievani e sacerdoti di S. Vito!
Fatte queste precisazioni,
mi sembra ovvio dedurre che
uno dei due protagonisti doveva abitare con altri “scolares” nella casa del Maurisio.
Silvana Collodo formula l’ipotesi, ricordata anche in questa sede dal prof. Zanderigo,
che lo studente fosse il chierico Stefano venuto da Roma a
Vicenza per gli studi di diritto
e che proprio per mantenersi
negli studi sia stato investito
del beneficio della pieve di S.
Maria.
Non potrebbe, invece, essere stato il chierico Oldorico ad essere lo studente a Vicenza? La formazione dei futuri presbiteri, prima dell’istituzione dei seminari con il
Concilio di Trento, seguiva le
direttive impartite dapprima
da Gregorio VII nel 1078 il
quale ordinava a tutti i vescovi di istituire nella loro chiesa
una scuola di grammatica.
Poi da Alessandro III (11591181), nel terzo concilio lateranense, che prescriveva fosse stipendiato un maestro di
grammatica per insegnare ai
chierici e agli scolari poveri.
Infine da Innocenzo III, nel
quarto concilio lateranense
del 1215, il quale concedeva
che la formazione dei futuri
presbiteri fosse estesa anche
alle chiese inferiori, purché
avessero rendite sufficienti.
Ne consegue che il chierico
Oldorico in quel 1208 avrebbe dovuto frequentare la
scuola di grammatica istituita
presso la cattedrale di Udine
o della vicina Belluno, ma essendo attiva già dal 1204 un’u-
Il chierico Stefano
di S. Maria di
Pieve rinuncia ad
ogni pretesa
E’ l’inizio dell’
emancipazione
delle 7 chiese
cadorine e nasce
l’arcidiaconato
del Cadore
niversità a Vicenza, come dirò più avanti, è verosimile
che avesse scelto proprio la
mia città per seguire contemporaneamente la scuola di
grammatica della cattedrale e
l’università trovando alloggio
in casa di Pietro Maurisio. Il
giovane Oldorico, che penso
di vivace intelligenza, aspirando ad una carriera ecclesiastica avrebbe frequentato i corsi
di diritto civile e canonico.
(...) Oldorico godeva della
piena fiducia dei preti cadorini tanto che, informati dallo
stesso circa la permanenza a
Vicenza di Stefano pievano o
beneficiato della chiesa di S.
Maria di Pieve e disponibile
per colloqui e scambi di opinioni, gli conferirono la procura a trattare per una positiva conclusione della vertenza
facendo affidamento anche
sulla valida assistenza assicurata al giovane e combattivo
chierico dai docenti dell’università.
L’interesse per la risoluzione dell’annosa vertenza era
tutto dei preti cadorini e non
di Stefano che nella causa fu
soccombente. A garanzia infatti di quanto pattuito dovette vincolare tutti i beni della
chiesa di S. Maria di Pieve e i
suoi personali rinunciando
per sé e per i suoi successori
ad agire in giudizio.
Il primo dei testimoni è
il magister Ugone di Francia
un docente dell’università
che ritengo, avendo preso a
cuore il problema sollevato
dallo studente Oldorico, sia
stato poi il regista dell’intera
operazione. Ser Damaso romano potrebbe essere stato il
testimone chiamato da Stefano perché di Roma come lui,
mentre gli altri due sarebbero stati chiamati da Oldorico:
Bertume di Giovanni vicentino e Ubertino Volpe, entrambi studenti e compagni di cor-
7
so di Oldorico. Anche Ubertino Volpe era vicentino perché a Vicenza esiste ancora
una sontuosa villa Volpe e
molte famiglie nobili, ora
estinte, portavano cognomi
di animali. L’ipotesi di Oldorico studente a Vicenza viene
avvalorata dalla scelta del notaio che rogò l’atto: Benincasa notaio di curia, che faceva
parte come Stefano del seguito del patriarca, disponibile
quindi a redigere un pubblico atto se la richiesta proveniva da un suo conoscente, non
così se a richiederne le sue
prestazioni fosse stato lo sconosciuto seppur brillante studente cadorino Oldorico.
Queste sono delle congetture che ognuno può accogliere o respingere, senza però dimenticare che Oldorico,
conclusi gli studi, sarà ordinato sacerdote e ritornerà in
Cadore con la preziosa pergamena che depositerà nell’archivio della Regola di Santo Stefano di Comelico conservato presso la sacrestia
della chiesa. Nel 1212, dopo
soli pochi anni, Oldorico succederà proprio a Stefano nella carica di ”archipresbyter Cadubrii”, carica che ricoprirà
con grande competenza almeno fino al 1235.
Ecco quanto sappiamo di
Oldorico che con il titolo
di “archipresbyter Cadubrii”
presenzia in atti pubblici proprio per la sua competenza
giuridica. Nel 1212 è testimone in un atto del notaio Azone
per l’emancipazione di un figlio di Salomone di Pozzale.
L’anno successivo presenzia
ad un compromesso e arbitrato tra le vicinìe e consorti
di Domegge, Candide e S. Nicolò per i confini del monte
Cialiscòn in Van di Diè. Nel
1220 è ancora testimone in
un compromesso ed arbitrato
tra le vicinìe di Pozzale e Calalzo per il monte Oten. Infine, sempre in qualità di “archipresbyter Cadubrii”, è il
primo ad essere elencato tra i
presenti a Pieve il 5 novembre 1235 all’emanazione degli
statuti caminesi.
Non si conoscono altri documenti, invece, su Stefano
che lasciò il beneficio di S.
Maria di Pieve forse per un
altro più prestigioso e redditizio. Il suo nome dovrebbe comunque essere inserito quale secondo pievano della
chiesa matrice di Pieve, ma
di lui tutti gli storici si sono
dimenticati: non appare neppure nella ricostruzione cronologica dei pievani e arcidiaconi fatta dal pure attento
Giovanni Fabbiani nella sua
Breve storia del Cadore.
Vittorio Bolcato
7
N
ANNO LIX
Luglio 2011
ato a Lorenzago 1'8
gennaio 1896, da Benedetto e Maria De Lorenzo,
Giovanni, detto poi “Nani
Aviator”, fu un autentico pioniere del volo, primo cadorino, e tra i primi di tutto il Veneto, a conseguire il brevetto
di volo. Fu lui che negli anni
’20 diede il via alla semina e
cura dei numerosi frutteti di
mele che ancora oggi esistono attorno a Lorenzago, organizzando poi dei convegni
e mostre sulla frutticoltura e
l’erboristeria.
“Nani” era un’eccellente
fotografo, capace di assicurarci immagini ineffabili ed
irripetibili dell’Oltrepiave, oltre che valente studioso di
storia e tradizioni locali. Aiutò Antonio Berti nella stesura delle sue famose guide
sulle “Dolomiti Orientali”,
compilò diversi itinerari per
la “Guida Sciatoria” del 1938
organizzando diverse competizione sciistiche invernali.
Stimato impiegato comunale, collaborò per molti anni a
“II Cadore” con Ezio Baldovin, cui era legato da grande
amicizia, segnalandosi con
diversi articoli di rievocazione storica e memorialistica.
Morì il 16 luglio 1976. Il suo
prezioso archivio, ricco di
tanti documenti e ricerche
nonché di preziose fotografie
è oggi conservato con religiosa cura dalla nuora Adriana Riù di Udine che gentilmente ci ha fornito il materiale per questo articolo.
LA PIOGGIA DI
METEORITI DEL 1900
“Il primo spettacolo offertomi dalla natura cui assistetti
e che lasciò profondo ricordo
nella mia giovane mente fu
una pioggia di stelle cadenti
credo avvenuta verso l’anno
1900. Allora avevo 4 anni ed
una sera mi trovai fuori casa
con mia madre in un crocicchio vicino alla mia casa dove c’erano molte donne e uomini richiamati da un fenomeno celeste di una grandiosità spettacolosa.
Era già buio forte ma il cielo era continuamente saettato
da sciami di stelle cadenti che
di diversa intensità, luminosità e grandezza, solcavano il
cielo in tutti i sensi senza posa. Incrociandosi, investendosi, accavallandosi, in una ridda d’inferno. Lo spettacolo
era indescrivibile anche per
la penna di un provetto narratore. Le donne, ricordo,
erano spaventate perché ritenevano il fenomeno foriero di
chissà quali sciagure e recitavano orazioni.
Invece di eclissi di luna e di
sole ne ho viste diverse, di sole
tutte parziali e di luna totali.
Mi è rimasta impressa la prima eclissi di sole che vidi,
avevo forse 10 anni. Visto che
il fenomeno astronomico si ripete sovente ho finito per dagli
poca importanza.”
FRANA IN VAL
CRIDOLA NEL 1906
Verso la metà del mese di
agosto dell’anno 1906 mi trovavo con i miei famigliari nella località delle Ciaurutte per
la raccolta del foraggio di
montagna. Sin dal mattino
neri nuvoloni andavano accumulandosi e specialmente
condensandosi e concentrandosi attorno le montagne. Nel pomeriggio, preceduto da lampi e dal brontolio
del tuono sempre più vicino,
si formò un spaventoso tem-
13
Fenomeni metereologici, astronomici e fisici dei quali fu spettatore
Giovanni Gerardini de Andol, eccellente fotografo e valente studioso
I FATTI STRANI DI NANI L’AVIATOR
Fu un autentico
pioniere del volo
Eclissi - 15.2.1961
La cometa del 1910
“Il mare di nubi
Nel prezioso archivio di Gerardini le annotazioni pareva una distesa
e le foto degli eventi in cui si è trovato spettatore di morbida lana”
Verso il Cadore - 27 luglio 1916
porale sulla zona. Ci siamo
ritirati nel fienile e subito,
preceduta da una violenta
grandinata, si apersero le cateratte del cielo che si era
oscurato come di notte. Non
si scorgeva ad un passo di distanza. La pioggia cadeva fitta che il tetto non faceva a
tempo a scaricarla che filtrava fortemente nell’interno.
La scena era illuminata sinistramente dai bagliori dei
lampi che si susseguivano
senza tregua e resa più paurosa dall’ululato del vento e
dal rimbombo assordante
del tuono. Ad un tratto, fra
tutto questo pandemonio, si
ode un prolungato e pauroso
boato proveniente da Val del
Cridola, che sorpassava l’urlo del vento, lo scroscio della
pioggia e il rombo del tuono.
La scena era impressionante perché il boato si faceva sempre più forte e non si
sapeva identificare la causa.
Io accelerai con maggior devozione le orazioni perché la
paura e lo spavento erano in
continuo aumento. Finalmente dopo un quarto d’ora
il boato cessò e cessò pure il
temporale. La mattina successiva passando per Stabiere con grande sorpresa vidi
tutto il fondovalle della Val
del Cridola, prima tutto verde, ora coperto da un lungo
serpeggiante candido ghiaione. Allora ho capito quale era
stata la causa che mi aveva
fatto prendere tanta paura.
Il ghiaione fatto precipitare da una violenta condensazione di nubi dai contrafforti
del Montanello, aveva investito tutta la valle del Cridola
fino al ciglio delle sorgenti.
Sul suo passaggio aveva travolto il casone di ricovero dei
pastori ed un grande macigno alto circa 8 metri che
stava a lato. Né dell’uno, né
dell’altro si è più trovata trac-
cia. Fu fortuna che non siano
stati travolti i pastori e la
mandria delle giovenche
perché proprio il giorno innanzi era stato fatto lo spostamento nella malga di Santigo. Sul ghiaione si notava
un grande solco prodotto
dall’acqua e la massa di materiale caduto si calcola aggirarsi sui 150 mila metri cubi.
Il nubifragio aveva fatto gravi
danni anche ai molini di F.
Barnabò e ai ponti di Pomoline (lungo la strada Lorenzago Vallesella), dove la gran
massa d’acqua scaricò nella
valle opposta a quella del Cridola.
LA COMETA DEL 1910
Per l’anno 1910 era stato
preannunciato il passaggio
Gerardini con l’aereo Farman - 1915
di una cometa. Anziché quella prevista è apparsa sull’orizzonte al crepuscolo un’altra cometa dal nome di un altro scopritore. L’astro era
bello, il nucleo luminoso era
rivolto verso il sole, mentre
la coda, lunga e ad arco ampio, evanescente, era diretta
verso lo zenit. Il fenomeno
per la sua rarità era bello e
attraente. La cometa fece la
sua apparizione per alcune
sere, poi lentamente si allontanò finché scomparve. Prima della sua apparizione si
andava dicendo che avrebbe
provocato un cataclisma sul-
la terra, ovvero la fine del
mondo. La cometa è passata
provocando timore in qualcuno e gioia in altri per il bel
spettacolo, è passata senza
torcere un capello a nessuno
ma si diceva, anzi, che la terra e la luna fossero rimaste
investite per qualche ora dallo strascico della sua coda,
insomma è passata accarezzandole.
IL BOLIDE DEL 1916
Di una bellissima caduta di
bolide fui spettatore nella
primavera dell’anno 1916 ad
Aviano ove prestavo servizio
quale pilota militare. Una se-
di Walter Musizza Giovanni De Donà
ra verso le 10 scendevo in bicicletta verso il paese di Aviano e verso l’aeroporto quando il cielo si illuminò improvvisamente a giorno verso
sud-est. Un enorme bolide
che poteva avere la grandezza eguale al diametro apparente del sole scendeva relativamente lento in direzione
sud-ovest. Splendeva di luce
bianca leggermente giallognola illuminando il paesaggio quasi come a giorno.
Man mano che calava all’orizzonte la sua tinta cambiava assumendo colorazioni diverse. Le ombre delle piante
e delle cose si spostavano e
si allungavano a vista.
Il bolide, dato che apparentemente cadeva relativamente lento deve essere stato molto lontano vista la sua
apparente grandezza ed era
di una grandiosa spettacolarità. Scomparso sotto l’orizzonte si presumeva fosse caduto in terra ma più probabilmente in mare chissà dove. Questa è stata una delle
più belle visioni di fenomeni
celesti di cui fui testimone
nella mia vita perché è stato
veramente uno spettacolo
grandioso.
IL FUOCO DI S. ELMO
Nell’estate del 1916 ero
militare in servizio sempre al
campo d’aviazione di Aviano.
Dormivo nella parte alta della caserma con altri miei colleghi piloti. A lato della mia
branda scendeva un tubo
dell’acquedotto che proveniva da un piccolo serbatoio di
distribuzione posto nella soprastante soffitta. Erano le
10 di sera quando sulla zona
scoppiò un furioso temporale. Improvvisamente una potente esplosione secca ed un
bagliore da accecare ci fece
sussultare: un fulmine si era
scaricato sul parafulmine
della caserma. Nello stesso
istante vidi scendere lentamente lungo il tubo al mio
fianco una palla di fuoco di
un bel blu violetto. Appena
toccato il pavimento la palla
prese a correre all’impazzata
rimbalzando da una parete
all’altra. Dopo in po’ di questa allegra corsa disordinata,
(segue a pag. 16
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ANNO LIX
Luglio 2011
14
CURIOSITÀ STORICHE Ci fu anche l’omaggio di un cadorino al Sovrano assassinato a Monza
ddio Re buono, leale, benefico, magna- “LA
“A
nimo, valoroso, che aveva
fatto scopo della sua vita il
bene e la prosperità della Patria”. Nell'infinità di voci
che, all'indomani del mortale attentato del 29 luglio
1900, si levarono per esecrare il gesto assassino dell'anarchico Bresci ed elogiare
le virtù di Umberto I, vi fu
anche quella dell'ingegnere
cadorino Baldassarre Pilotti. Sua la commemorazione del defunto rappresentante di Casa Savoia fatta il
16 settembre di quello stesso anno nella sala consiliare
del municipio di Ponte San
Nicolò, nel Padovano.
Pronunciò un discorso dagli accenti commossi e appassionati, intriso di elogi e
richiami ai meriti acquisiti
dal personaggio.
“Pare un sogno, Signori esordì Pilotti - poichè i nostri cuori, le nostre menti
non sanno concepire come vi
possa essere al mondo un uomo-belva, tale da immagina-
BELVA CHE ASSASSINO’
RE UMBERTO”
re e condurre a termine senza ira, senza odio, senza rancore, freddamente, cinicamente il più grande delitto
del nostro secolo". Talchè se
non vi fosse stato il tempestivo intervento dei carabinieri
il "vigliacco assassino" non
avrebbe certo avuto modo di
sottrarsi alla "immediata,
pronta, sommaria giustizia”.
D'altro canto a dar la misura concreta del rapporto
di affetto tra quel re e il suo
popolo bastava aver visto i
solenni funerali, fra schiere
di vecchi, giovani e donne in
lacrime, quasi che si trattasse di un padre, un figlio o un
fratello. Per Pilotti “nessuna
nazione al mondo poteva
vantarsi d'aver un Sovrano
popolare e democratico come
il nostro e che avesse nel suo
attivo un passato così glorio-
so di virtù militari e civili”.
Passava quindi a ritratteggiarne la biografia, rievocando gli episodi di valore
di cui era stato protagonista
sul campo di battaglia, dimostrandosi degno erede e
continuatore dell'opera del
genitore definito a pieno diritto "Padre della Patria". Affettuoso e generoso con il
popolo, sempre a fianco dei
propri sudditi in ogni drammatico frangente e calamità,
re Umberto si era conquistato ovunque l'affetto spontaneo del popolo. Come dimenticare il suo accorrere
nel Veneto dove, nell'autunno 1882, si era verificato il
disastro dello straripamento
del Brenta, dell'Adige e del
Po? O il suo precipitarsi a
Casamicciola, nel Napoletano, colpita nel luglio 1883 da
un terrificante terremoto
I STRANI FATTI DI NANI L’AVIATOR
esplose come un
buon colpo di pistola. I colleghi che prima se ne stavano
chieti e zitti diedero la stura
ai commenti più disparati. La
manifestazione era dovuta al
fuoco di Sant’Elmo.
IN AEREO
SENZA OSSIGENO
Nel mese di dicembre
1918 volavo a 7000 metri sopra la zona di Brescia. La
giornata era limpidissima, il
panorama che si presentava
alla vista era meraviglioso.
L’occhio spaziava molto perché la distesa era molto ampia: dalle Alpi Bavaresi a
nord con tutta la coorte di
vette della Svizzera, a sera fino alla catena delle Alpi. A
sud oltre Ancona e ad est lo
sguardo abbracciava l’Istria
della quale si distingueva bene la forma geografica. Si
scorgeva tutto il corso tortuoso del Po come un nastro
d’argento, Torino, Milano,
Bologna e le minori città settentrionali e pure le vette più
alte del mio Cadore. Il cielo
aveva perduto la sua tinta azzurra e s’era fatto di color
grigio piombo. Il sole sembrava più piccolo ma in compenso splendeva di una luce
viva scintillante quale i riflessi di una lucida lama metallica.
A quella quota sentivo il
respiro faticoso, lento, come
di chi respira col bavaglio.
Mi aveva preso una gran voglia di dormire ed a tratti posavo la testa sui bordi della
carlinga, socchiudevo gli occhi e mi pareva di ristorarmi,
ma con uno sforzo enorme
di volontà dovevo riprendermi subito perché sentivo che
da
pag. 13
senza accorgermi mi sarei
addormentato. Un forte dolore mi aveva preso alla gola
nella zona fra la sede delle
glandole e le orecchie. Dolore che si prova forzando di
soffiare in una bottiglia. Avevo intenzione di fare ancora
quota perché il motore rendeva bene e l’aeroplano continuava a salire senza fatica,
ma nella paura di essere preso dal sonno pensai di scendere. Il freddo non era forte
in ragione dell’altezza raggiunta e della stagione come
temevo. Tante volte a quote
più basse la temperatura era
molto più bassa, tanto che la
benzina che sgocciolava dal
serbatoio più di una volta mi
è gelata in grumo come di
cera trasparente sul fondo
della carlinga e scesi più volte coi piedi e le mani con i
Per i tuoi
peccati di gola
PASTICCERIA
CAFFETTERIA
L’AMORE PER
LA PROPRIA TERRA
NEL SEGNO
DELL’ ACCOGLIENZA
Il dolce di produzione propria, la ricerca esclusiva di nuove mète
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7
vano, non sdegnando di soffermarsi al letto de' poveri
ammalati, d'intrattenersi
con essi, bene spesso di riscaldar con la sua mano regale
quella fredda e scarna dei
moribondi, dappertutto lasciando sussidi, conforti, speranze”.
Nè durante il suo regno vi
fu in Italia Società di Mutuo
Soccorso, Istituto Pio o Associazione benefica che non
abbia contratto debito di riconoscenza col re per la prodigalità di cui sempre diede
prova. “E l'Italia - sottolineava compiaciuto Pilotti - nei
ventidue anni del suo regno
assurse al grado di progresso
cui era follia sperare”. Che
poi contro il nobile petto di
cotal uomo sia stato puntato
due volte il pugnale e una pistola abbia messo a segno il
colpo micidiale, pareva all'oratore cosa incredibile.
“Signori - esclamò Pilotti
avviandosi a concludere: il
Re Umberto è morto ma non
son morti, nè morranno in
noi la di lui memoria e il ricordo delle sue eccelse virtù”.
Bruno De Donà
che mietè migliaia di vittime? Analoga premura dimostrò all'insorgere di epidemie. Bastava qui rammentare la visita a Napoli flagellata dal colera dove “l'eroismo
e l'abnegazione di Umberto
superarono ogni prevedibilità... non dando ascolto ai
consigli di prudenza che gli
venivano sussurrati dagli
aiutanti che l'accompagna-
primi sintomi del congelamento.
AURORE BOREALI E
IL BOLIDE DEL 1942
Mi capitò, durante un altro
volo, di attraversare un mare
di nubi. Questo, visto dall’aeroplano è uno spettacolo dei
più belli. La superficie superiore è fatta a piccole dune e
gobbe. L’aereo fila via a tutta
velocità accarezzando, quasi
sfiorando quelle protuberanze. Pare una distesa di morbida lana o di neve e vien voglia di farci le capriole. L’aereo, a seconda della sua posizione rispetto al sole, è preceduto o inseguito dalla sua
ombra, dai contorni nitidi e
circoscritta da un cerchio
d’arcobaleno, che corre e
scavalca ostacoli, sale e scende dalle dune senza mai
rompere o sfilare il delicato
tessuto di questo manto celeste. Sopra, il cielo splende
di un’azzurro vivo, il più
terso, e va sfumando verso l’orizzonte dando alle
gibbosità delle nubi dei riflessi iridescenti.
Il gennaio 1938 a sera,
verso il crepuscolo, improvvisamente apparvero
in cielo a nord-ovest verso
le Marmarole fasci di luce
rossa vivi di fiamma a forma di raggiere, di bande
che andavano mutando di
forma l’intensità luminosa
variando di posizione, spostandosi, dispegnendosi,
riaccendendosi in modo
capriccioso. Più tardi ver-
Valanga in Val de Cridola, 1951
so la notte, dal
lato delle Marmarole rimase
qualche fascio
di luce rossa,
mentre il fenomeno andava
intensificandosi a nord da dove si avanzava
una fascia di luce bianco-giallo
verdognola,
che investì tutto l’orizzonte, a
frangie, a bande parallele alternate da zone
oscure, e raggiere che sorgevano da dietro il Tudaio.
La superba luminaria durò fino a notte inoltrata poi piano cielo da nord-est a sud-owest
piano si spense ed il cielo ri- dove scoppiò alto, lanciando
tornò normale. Ricordo che d’intorno miriadi di stelle
da bambino ho avuto ancora che illuminarono la notte.
la fortuna di vedere aurore Stetti in attesa d’udire l’eboreali, ma quella del gen- splosione ma non sentii nulnaio 1938 ha passato la par- la. Chissà a quale altezza sate, perché di uno spettacolo rà esploso. Sulla traiettoria
eccezionale.
del suo passaggio è rimasta
La notte del 19 novembre per molto tempo una lunga
1942, verso le 3 del mattino, scia biancastra che pian piami avviavo a piedi alla stazio- no si dilatò spostandosi e da
ne ferroviaria di Calalzo e mi retta che era, assunse una
trovavo poco prima del Pon- forma contorta come di nute Cidolo sotto Domegge voletta. Ho pensato che la
quando il cielo si accese im- scia fosse costituita dai gas
provvisamente di luce bian- formatisi per l’incandescenca scintillante. Era un bolide za del meteorite. Però il bolidi eccezionale grandiosità e de che vidi ad Aviano nel
luminosità con una lunga co- 1916 è stato di una grandiosida. In un baleno attraversò il tà spettacolare..
7
ANNO LIX
Luglio 2011
CADORINI
D’OLTREMARE
L
a notizia della dipartita
del noto imprenditore
brasiliano, originario di Lozzo, la si è appresa dal Bollettino Parrocchiale pasquale e,
successivamente, da un ricordo del Nostro apparso su
queste stesse colonne a firma di Gabriele Carniel.
Sincero era conosciuto ed
apprezzato dai paesani per il
suo carattere gioviale, il suo
innato e signorile tratto che
sempre contraddistingueva
il suo porsi con l’interlocutore, la sua prestanza fisica
non disgiunta da accattivanti
sembianze estetiche “tipicamente latine”, come diceva il
prof. Giovanni Fabbiani, profondo conoscitore di storia
dell’arte e della letteratura
antica; Sincero era insomma
quello che si definisce un
bell’uomo, con una notevole
rassomiglianza e gli stessi
modi garbati di un attore sardo che, negli anni ’40 e ’50,
furoreggiava al cinema e nei
fotoromanzi: Amedeo Nazzari, tanto che in paese, soprattutto fra le donne in cerca di
marito, era stato, giustappunto, attribuito a Sincero
l’appellativo di “Amedeo
Nazzari di Lozzo”.
I miei ricordi di lui, i molti
aneddoti della sua intensa e,
per certi versi, avventurosa,
entusiasmante e fortunata
esistenza sono legati alla comune origine lozzese, alla vicinanza-anche fisica- delle dimore delle due nostre famiglie e, soprattutto, al rapporto personale impostato su di
una viva cordialità ed amicizia che si rinnovava ad ogni
incontro in paese.
Dell’importanza e delle
qualità eccezionali dell’uomo
ebbi comunque pieno sentore allorquando ebbi la fortuita occasione di conoscere a
Roma l’insigne giurista G.
Spinelli il quale, all’atto delle
presentazioni, ebbe subito la
curiosità di domandarmi se,
per caso, fossi parente del
“magnate brasiliano Sincero
Zanella”. Dalla descrizione
che mi venne fatta allorquando affermai di conoscere
molto bene Sincero, venne
fuori un quadro di notizie su
di un personaggio di prim’ordine, sui suoi multiformi interessi economico-finanziari,
sociali, civili, culturali ed artistici.
E del fatto che fosse pure
un munifico benefattore ed
ospitale anfitrione, ebbi prova al ritorno del signor Silvio
Pais, di Auronzo, da un suo
viaggio in Brasile, dove si
era recato per far visita ad
una cognata, la nota suora
15
DIVENNE UN MAGNATE BRASILIANO
L’intensa, avventurosa, entusiasmante e fortunata
esistenza di Sincero Zanella, di Lozzo di Cadore
cadorina che allora gestiva glio in un clima di serenità,
un lebbrosario. Facendo egli di affetto e di educazione al Apprezzato per il
scalo a S. Paolo, indirizzai senso del dovere ed alla la- carattere gioviale
Pais da Sincero che gli riser- boriosità e tale impronta rivò un’accoglienza davvero mase indelebile nel loro pri- e il portamento
straordinaria e scoprì anche mogenito.
signorile, Sincero
La giovinezza fu certamenche lo Zanella era da tanto
tempo munifico benefattore te serena ma alquanto spar- cercò la fortuna
dell’iniziativa della suora au- tana e priva di inusuali, per il
tempo, smancerie e sdolcina- in Brasile a fine
ronzana.
Del resto, la vita di Sincero ture cui nè Salvatore, nè Ca- anni ‘40, e la trovò
è bene tratteggiata, senza en- tina erano avvezzi. Il cruccio
fasi alcuna ma con piana di Sincero è forse stato quel- Fu grande
semplicità e modestia, nel lo di non aver potuto seguire
suo libro di memorie, la sua un regolare corso di studi su- imprenditore,
autobiografia che va sotto il periori (come traspare antitolo di “Il nonno si raccon- che dalla lettura del suo li- munifico benefattore
ta”. Libro che si legge tutto bro). Le vicende della guerra ed ospitale anfitrione
d’un fiato e che riesce a farci cui il Nostro partecipò sia sul
molto meditare sul destino e, fronte francese che su quello Una sua
insieme, sulle opportunità greco-albanese ed Yugoslache l’uomo, spinto dalla irre- vo furono di una durezza autobiografia in
frenabile molla della volontà inimmaginabile e furono la
e dalla voglia di bene opera- prima autentica lezione di vi- “Il nonno si racconta”
re per affermarsi può cogliere nella vita, magari a dispetto di tutte le possibili limitazioni di situazioni, luoghi ed
anguste e tarpanti visioni, sovente tipiche di chi vive in
un piccolo borgo di montagna. E Sincero ha saputo superare ogni ostacolo e, ansioso di conoscenza e di nuove
esperienze - in questo, moderno Ulisse -, mosse i primi
passi alla scoperta di un
mondo del tutto nuovo.
LA FAMIGLIA D’ORIGINE
A LOZZO DI CADORE
Sincero nasce a Lozzo nel
1918 da Salvatore “Piangi” e
da Da Sacco Caterina (detta
Catina). Coniugi laboriosi e
stimati che abitavano nella
casa avita sita nell’attuale Via
Milano. Il padre, Salvatore,
da provetto artigiano, seppe
trasformarsi in piccolo imprenditore acquistando, con
il fratello Benvenuto, una
campagna con vigneto in
quel di Velletri. All’inizio degli anni Trenta, Salvatore gestì a Lozzo un emporio, rilevato dal grande invalido di
guerra Apollonio Da Pra, e
di tale attività esiste ancora
una locandina che così recita: “Zanella Salvatore - Completo assortimento di calzature, cappelli, ombrelli, valigie,
corone mortuarie, mobili;
rappresentanze e depositi”. Fu
anche antesignano della procedura per ingrandimenti fotografici ed in molte case i
vecchi coniugi sono ancora
raffigurati in grandi cornici
ovali, tutto opera di Salvatore. La moglie Catina poi, negli anni 1916 e ’17, fu anche
assunta dal Comune quale
maestra in sostituzione degli
insegnanti chiamati al fronte.
Tali genitori allevarono il fi-
ta per Sincero. Molte le fortuite coincidenze e molta fu
la fortuna che fecero sì che
lo Zanella potesse salvare la
pelle in quella bufera di tragici eventi. Bello è l’episodio
dell’incontro casuale che
Sincero farà poi a Brasilia
con un potenziale concorrente greco, che confesserà
di aver partecipato ad una
sanguinosa battaglia cui anche il nostro aveva partecipato sulle infide balze dei monti greci. E tutto si risolverà
con un accordo sull’appalto
in tandem per la importante
commessa governativa ed
una ... ‘libagione’ fuori ordinanza rimembrando i pericoli corsi.
Anche il dopoguerra non
fu scevro di difficoltà ma Sincero seppe cogliere molte
opportunità di lavoro con intelligenza e perspicacia: insieme all’amico di sempre,
Brivio Baldovin, costituì una
società per l’acquisto (specie
dagli Enti Pubblici) del legname ‘in piedi’, il suo taglio
e la successiva commercializzazione. Altra importante
attività fu quella del recupero e commercializzazione
del materiale ferroso residuato di guerra (in particolare quello ricavato dal ponte
sul Molinà, fatto saltare dai
partigiani).
EMIGRA IN BRASILE
Gli affari procedevano bene ma l’inquietudine per i
procellosi tempi era tanta,
poche le prospettive di lungo
periodo dato anche il clima
politico che all’epoca si respirava; e tutto ciò, unito al sempre presente spirito di... Ulisse, portarono Sincero a decidere di emigrare in Brasile
dove riteneva di poter avvia-
re una attività di sfruttamento dei legnami esotici o, in alternativa, quella di utilizzare
la sua esperienza fatta in più
stagioni presso l’impresa Larese di Calalzo (tinteggiature e pitture civili ed industriali). Zanella era un acuto
osservatore, uno cui era facile entrare in contatto ed amicizia con le persone, ben
conscio che, oltre tutto, questa sua dote avrebbe potuto
tornargli utile nella nuova
realtà che doveva affrontare.
Elegiaca appare la descrizione del suo affacciarsi alla finestra dell’accogliente albergo di S. Paolo la mattina del
suo primo risveglio in terra
brasiliana, Fu un momento
decisivo, nel quale l’uomo
prese coscienza della necessità di guardarsi subito attorno e di fare scelte che avrebbero comunque segnato la
sua vita. Ed ancora una volta
fortuna e conoscenze fatte
durante il lungo viaggio per
mare gli furono d’aiuto. Costituì con un connazionale
una piccola società, la Zanella & Boaglio Pinturas e fu l’inizio di una felice avventura.
I primi lavori riguardarono
modeste attività imprenditoriali come un garage o le dimore non certo di lusso della
classe medio-bassa. Nel 1950
Sincero aveva già però il vento in poppa e, liquidato il socio troppo timoroso, trasformò la società in una semplice Zanella Pinturas per pitture civili che riguardavano
adesso anche abitazioni di
lusso dell’alta borghesia.
NEL 1951 L’ESPASIONE
AZIENDALE E
IL MATRIMONIO
E la Zanella Pinturas fu il
vero motore che porterà
la vicenda di Sincero ai fasti
degli anni a venire. Alla pittura civile, con la industrializzazione forzata del Brasile,
Sincero Zanella abbinò con
acume ed avvedutezza anche
la attività di protezione di attrezzature, tubazioni, torri di
trasmissione e di tutto ciò
che era costruito in ferro,
soggetto pertanto a corrosione: mutò la denominazione
in “Zanella Pinturas Anticorrosao Ltda” e con la costruzione delle prime grosse
centrali ed altre grandi opere, nel 1951, iniziò il vero decollo con commesse pubbliche di grande rilievo. E’ di
questo periodo il nuovo incontro con la Signora Luisa
conosciuta sul vecchio piroscafo del primo viaggio in
Brasile. E fu amore indistruttibile coronato anche con la
nascita dell’erede, Fabio, oggi a capo dell’impero. Alle attività del ‘core-business’ si
aggiunsero attività di investimento in “fazende” per la
coltivazione e produzione
del caffè, attività immobiliari
e di costruzioni e, soprattutto, le commesse per opere
pubbliche nell’intera federazione. Da ricordare le opere
effettuate a Brasilia (la nuova capitale dell’ex colonia
portoghese), opere definite
dagli addetti ai lavori “semplicemente mastodontiche”.
HA DATO LAVORO AD
ALMENO 40.000 PERSONE
Il nome di Sincero era così
giunto sugli spalti della notorietà imprenditoriale e finanziaria. In tutti gli Stati dell’Unione esistevano filiali importanti della società Zanella. Sincero entrò in partecipazione con miriadi di inizia-
tive non trascurando nemmeno l’iniziale progetto di
sviluppo delle immense zone
vergini della Amazzonia. Conobbe molto bene il presidente Juscelino Kubitschek
(fondatore di Brasilia) ed intrattenne rapporti di stretta
amicizia con il presidente Janio Quadros. Da notare che
alcune iniziative portarono il
nome di “Catina”, “Salvatore” e Revis a significare la
struggente nostalgia per i
propri cari e le sue origini.
Venne poi la crisi economica con la grande inflazione e
Sincero accarezzò il progetto
di investire in Italia e lasciare
il Brasile. Ma era cosa complessa smobilizzare tutti i cospicui interessi colà intrecciati. Venne in Italia ed avviò
una serie di investimenti immobiliari in varie parti
(Trento, Mestre, la costiera
veneta, Belluno, Lozzo...) ma
con la moglie, vera ed autentica consigliera di ogni momento, decise di rimanere in
terra brasiliana, pur riducendo gli impegni industriali del
“core-business”a favore di
un notevole frazionamento
nei più disparati settori con
un occhio di riguardo a quello infrastrutturale delle lottizzazioni e costruzioni civili,
commerciali ed industriali.
E si tratta di cose grandiose, con il testimone ora totalmente passato nelle mani del
figlio. Io penso davvero che
di uomini come Sincero, nei
nostri paesi, ne nascano forse uno o due ogni quattro/cinque generazioni; basti pensare che ha dato lavoro ad almeno 40.000 persone...
Giuseppe Zanella
ANNO LIX
Luglio 2011
16
l turista che entra nella
chiesa di S. Maria GloI
riosa de’ Frari (Frati minori
conventuali), nell'omonimo
campo del sestiere di S. Polo, eretta a basilica minore
da Pio XI nel 1926, dopo
avere ammirato l'Assunzione di Maria, cui la stessa è
dedicata, nella pala dell'altare maggiore, la più grande di Venezia, e la Madonna
di Ca' Pesaro, sulla parete
nord della navata, entrambe opere di Tiziano, e prima di sostare davanti ai lavori di molti altri artisti, da
Bellini, Sansovino, Vivarini
a Donatello, Brustolon,
d'ordinario si reca a visitare
la tomba dello stesso Tiziano, presso l'altare del Crocifisso. E, giuntovi, non può
che restare perplesso di
fronte ad una duplice informazione, fornita da due losanghe contigue del pavimento: una dice: “Qui giace
il gran Tiziano de' Vecelli /
emulator de' Zeusi e degli
Apelli”; l'altra chiosa: “Lapide antica – qui trovata e qui
ricollocata – benché senza
traccia – della mortale spoglia del pittore – 1852”.
NULLA ERA STATO
FATTO PER ONORARE
LA TOMBA DI TIZIANO
Va detto che fino ad allora, nulla era stato fatto per
onorare degnamente la
tomba del pittore. Soltanto
il suo allievo Palma il Giovane (1544-1628) aveva progettato di farlo, non senza
accomunare la propria famiglia, con un monumento
che includesse il prozio Palma il Vecchio (1480-1528),
nella chiesa, vicina alla casa
di Tiziano, dei Santi Giovanni e Paolo (San Zanipòlo); l'opera, di fatto, si ridusse a due semplici busti, cui
fu aggiunto un terzo, dello
stesso offerente. Sopra la
porta della sacrestia un'iscrizione dice: TITIANO
VECELLIO / JACOBO
PALMA SENIORI JUNIORIQUE / AERE PALMEO
/ COMMUNI GLORIA (A
Tiziano Vecellio / A Jacopo
Palma il vecchio e il giovane
/con denaro dei Palma / per
comune gloria). Il tempo
continuò a scorrere, senza
ulteriori sussulti in proposito, fino a che (1794) i patrizi
Incertezza se il sommo Tiziano sia stato sepolto nella Chiesa de’ Frari
IN QUALE TOMBA RIPOSANO LE SPOGLIE
DEL VECELLIO?
L’imperatore
Ferdinando I
nel 1838 decise
di erigere
il monumento
a Tiziano
Nel luogo non fu
trovata la
mortale spoglia
Girolamo Zuliani e Angelo
Querini incaricarono di occuparsene il Canova. Ma,
nel generale disfacimento
della Repubblica, i due bozzetti approntati furono presto dimenticati, sicché,
morto lo scultore, li utilizzarono gli allievi per erigere, col concorso di tutta
l'Europa, il monumento a
lui stesso dedicato, in cui
fecero riporre il solo cuore;
com'è noto, la salma è custodita nel “suo” tempio di
Possagno. Ciò fece risaltare
ancor più il senso di colpevole negligenza nei confronti di Tiziano, che la poetessa Rosa Taddei, in una
“accademia” da lei data sul
tema “Le tombe di Tiziano
e Canova nella Chiesa de'
Frari”, cerca di esorcizzare
con i seguenti versi: “A me
rassembra che quel sacro
tempio / Duo ne potrebbe
raccorre in un solo: / E il
marmo di Canova saria
esempio / a chi spiegar volesse in alto il volo / del tempo ad onta che di noi fa
scempio. / Sovra qual marmo basta scrivere solo: / A
Tizian di Canova il diero i
voti / e ad entrambi il diedero i nepoti”.
Finalmente, nel 1838,
l'imperatore Ferdinando I,
in visita al Lombardo-Veneto, di cui era appena stato
incoronato re, dopo essere
stato anche nella chiesa de'
Frari, decise di rendere a
Tiziano quell'onore che il
suo avo Carlo V gli aveva
LE TESI
- Impensabile che nel 1576, mentre
infieriva la peste, il corteo funebre avesse attraversato
la città da Fondamenta Nuove fino a campo S. Polo
- Tiziano era solo “amalato de febre” e gli furono
tributati gli onori in deroga alle disposizioni;
le ossa possono essere andate disperse
tributato già in vita. La gestazione fu piuttosto lunga.
Soltanto nel 1842 venne stipulato un contratto, in cui si
prevedeva un compenso di
austriache £ 386.380,30,
con Luigi Zandomeneghi,
professore all'Accademia.
L'anno dopo ebbero inizio i
lavori, che però progredirono lentamente, al punto che
sopraggiunsero i fatidici anni 1848-49 e tutto si fermò.
Restaurato anche a Venezia
la sovranità austriaca, nella
persona di Francesco Giuseppe, il giovane imperatore, preso atto della morte
dello Zandomeneghi, ordinò al figlio dello stesso, Pietro, di concludere. Finalmente il 17 agosto 1852 il
monumento “era già eretto
nel luogo ove stava l'altare
del Crocefisso e dove fu sepolto Tiziano” (Ronzon).
Questo concorso di figure
imperiali fa dire al poeta
Scolari: “Od in terra a Tizian cada il pennello, / o
manchi all'onor suo degno
un avello, / non è mai tarda
la cesarea mano / alla gloria d'Italia e di Tiziano”. Il
concetto è plasticamente
reso dalle due statue, poste
agli angoli del gradino della
base, raffiguranti i secoli
XVI e XIX: la prima regge il
decreto di Carlo V: Eques
et comes Titianus sit – Carolus V 1533 (Tiziano sia
cavaliere e conte – Carlo V
1533), la seconda il decreto
di Ferdinando I: Titiano
monumentum erectum sit –
Ferdinandus I 1838 (Sia
eretto un monumento a Tiziano – Ferdinando I
1838).
Nel luogo dove stava l'altare del Crocefisso e dove
fu sepolto Tiziano, dice lo
storico: ma è proprio su
questo che si apre la questione. È ben vero che l'artista aveva espressamente
chiesto di essere sepolto ai
Frari presso la cappella del
Crocifisso e che per la sua
tomba stava dipingendo
una Pietà nella quale si era
autoritratto, rimasta incompiuta e completata dal sunnominato Palma il Giovane
(opera conservata presso le
Gallerie dell'Accademia),
come ricorda l'iscrizione dipinta in basso al centro:
Quod Titianus inchoatum
reliquit / Palma reverenter
absoluit / Deoque dedicavit
opus (Ciò che Tiziano lasciò
iniziato, Palma reverente-
mente concluse e a Dio dedicò l'opera).
POTEVA ESSERCI STATO
CORTEO FUNEBRE
DURANTE LA PESTE?
Tuttavia, il fatto che, durante l'erezione, circa un secolo dopo la morte, su progetto di Baldassarre Longhena, con sculture di Josse
De Corte, del nuovo, attuale
altare barocco del Crocifisso, come pure in occasione
del suo trasferimento nella
prima cappella dell'abside di
sinistra, per fare luogo al
monumento, non è stata trovata “traccia della mortale
spoglia del pittore”, ha indotto alcuni studiosi a concludere tout court che il nostro
grande non sia stato sepolto
ai Frari. Tra essi va ricordato Carlo Lotti, professore all'Accademia, che espone la
sua tesi in un articolo intitolato “L'equivoco di un monumento funebre – In che
tomba giacciono le spoglie
del Vecellio?”, comparso sul
Gazzettino del 2 febbraio
1955, dal seguente esordio:
“Una scritta incisa da un
ignoto fraticello nella chiesa
di S. Maria dei Frari presso
l'altare del Crocifisso, e più
tardi smentita dai frati, portò ad una serie di decisioni
errate”. Del tutto implausibile, a suo giudizio, che in
quel 1576, mentre infieriva
la peste, ci si sia potuti permettere di attraversare la
città, da quella che è ora la
zona di Fondamenta nuove,
dove Tiziano aveva casa e
studio, fino a Campo San Polo, con un corteo funebre.
CERTAMENTE VI FU
UNA DEROGA
Difende la tesi tradizionale Celso Fabbro (18831974), avvocato lorenzaghese che aveva al suo attivo approfonditi studi in materia. Da lui, anche quale figura istituzionale, più volte
presidente della Magnifica
comunità nel periodo 192050, in Cadore l'opinione
pubblica si attendeva, come
doverosa, una ferma risposta alla “provocazione”. Innanzitutto, egli osser va,
l'artista morì nella sua casa,
il 27 agosto 1576, “amalato
de febre” (e non di peste),
come attesta nel Registro
dei decessi Prè Domenego
Thomasini, piovan della
giesa di S. Cancian. Secon-
7
do, la Signoria concesse
“che gli fossero tributati solenni funerali, e ciò in deroga alle disposizioni che, in
quei giorni calamitosi, vietavano ogni pubblico trasporto funebre”. Terzo, la cerimonia ebbe luogo il giorno seguente, come attesta
la registrazione nel libro
cassa dei canonici di San
Canciano: “Per tanti abuti
del funerale del signor Titian, dignissimo pittor, in
San Cancian, fu sepolto alli
frari, ducati sei val L. 37,4”.
Non si può ignorare, tuttavia, che non meno dei documenti parlano i fatti. Durante i lavori per il nuovo altare
del Crocifisso (1672), quando sarebbe dovuta essere
naturale, considerato il personaggio, la ricognizione, se
non il trasloco, della salma
di Tiziano, nessuno cerca,
nessuno parla. Durante i lavori per il monumento, “nessuna traccia”. I fautori della
tesi tradizionale allegano le
ulteriori attestazioni del Sansovino, nel 1581, (Il Christo
miracoloso a mezza chiesa, a'
cui piedi è sepolto quel Titiano...), e del parroco di S.
Canciano agli Avogadori de
Comun, (Faccio fede qualmente nel 1576, 27 agosto
morse il mag. m. Tizian Vecelio pitor […] e fu sepolto
ali fra minori. In q. fidem.
Di giesa alì 27 zugnio 585),
a conferma di quanto dallo
stesso scritto nell'atto di
morte; e concludono non esserci alcuna meraviglia se,
per incuria od ignoranza, di
quelle ossa non ci si sia più
occupati, sicché possano essere andate disperse. Dispute interessanti, con fondate
ragioni, come accade, da entrambe le parti. Ma, allora,
ci si chiede, in quale altro
luogo potrebbe essere sepolto Tiziano? In un cimitero comune, o nel vasto giardino, confinante con la laguna, con vista verso l'isola di
Murano, della sua casa di
Rio terrà dei Birri grande,
magari all'ombra di quel
grande albero “dalle foglie
rotonde che egli ritrasse nel
quadro di san Pietro martire”, di cui parla il Lotti?
Certamente, il turista cadorino, che, giunto a Venezia, si fa dovere di rendere
visita al “suo” Tiziano, non
può dissimulare la propria
delusione quando, lette le
iscrizioni, si pone la domanda, sulle tracce alate del
poeta, se il suo corpo riposi
davvero “sotto il peso de'
marmi austriaci / in quel
de' Frari grigio silenzio”, oppure gli rimanga la consolazione che la sua “dif fusa
anima erri tra i paterni
monti ...”. Mentre attende
dagli esperti una risposta
appagante, l'incertezza gli
appare ancora più amara,
ove pensi che, a seguito
delle divergenze sorte coi
religiosi, la volontà dell'artista di essere ivi sepolto era
stata modificata, per testamento, con quella di “essere
sepolto nella chiesa arcidiaconale della sua Patria, nella cappella della sua vera famiglia: ma ciò non seguì,
perché s'interpose una mortifera pestilenza, che non lasciò eseguire in questo l'ordinazione di lui”, come riferisce l'anonimo del Tizianello, citato dallo stesso
Fabbro..
Giuseppe De Sandre
7
l’intervist
a
ANNO LIX
Luglio 2011
A TU PER TU
Giovanni
Coffen
Marcolin
arlare delle occhialerie del
Cadore, si sa, è come citare
P
archeologia industriale buona per
il Museo ma non più proponibile in
economia. Ma di quel “miracolo industriale” il Cadore andrà sempre
fiero e ne ricorderà gli uomini che
lo resero possibile per la seria vocazione imprenditoriale che spinse
l’economia locale e coinvolse la popolazione tutta.
Giovanni Coffen Marcolin è uno
di questi: uomo semplice e cordiale, pragmatico quanto basta, intimamente credente, genuinamente
cadorino. La sua è la storia di un
sogno giovanile, è la storia della
“Marcolin”, oggi, a 50 anni di distanza, azienda fra le leader nel
mercato dell'eyewear. Lo ascoltiamo nel suo ufficio di presidente a
Longarone, e non c'è traduzione
scritta che renda il calore e le sfumature della sua parlata.
Cavalier Marcolin, o commendator dell’Ordine di S. Silvestro se
preferisce, lei può essere ascritto
fra i pionieri dell'occhialeria. Come iniziò il suo sogno e come
si vede oggi alla bell'età di 80
anni?
“Alt, voi distingue - dice subito,
attento a non invadere campi altrui
-. Non ho ambizione di sentirmi
grande imprenditore, pioniere, anche perché la partenza della mia ditta è fatta da un paio di concomitanze. Ades a 80 ane passade stao ben,
me ciato con na gran serenità e na
gran pace, e chesta è na gran roba.
Chissà parché cà in azienda i vo ancora chesto vecio. Ma me piase. Son
credente, e credo che l Padre Eterno
me voe particolarmente ben parché
me a aiutà par tutta la vita.”
Quali sono queste concomitanze? Era il 1961... “Ero su alla
De Silvestro Flli. (poi Desil) già da
12 anni e facevo stampi per occhiali, lo stipendio da meccanico era
buono ma io volevo sperimentare
nuove idee tecniche. E poi, volevo
dare un futuro ai miei figli, nati
proprio allora, farli studiare come
io non ho potuto. Mio padre Cirillo,
che era rientrato dopo un periodo da
emigrante in Nuova Zelanda e lavorava in fabbrica da Momi Fedon,
mi ha preso in disparte prima ancora che finissi le ‘industriali’ e: «Senti, me a dito me pare, to suor a tacà
a laorà a 12 ane, to fradel a 13, tu
te a 16; sei che tu te volarae continuà ma …». Avevo passione per lo
studio ma anche grande venerazione per mio padre. Così, preso il diploma di congegnatore meccanico,
il primo luglio andai a lavorare
quaggiù nell'officina di Calisto Fedon.” Come meccanico? “Apprendista! outro che apprendista!- esclama
Giovanni con tono divertito -, là ho
fatto 2 anni.”
Incomincia l'attività in proprio. “Per mesi e mesi ho pensato
come impiantarmi. Aprii un laboratorio artigiano con la moglie
Mary nella casa appena costruita a
Vallesella, attuando la mia idea di
fabbricare particolari aste in laminato oro per occhiali da fornire alle
aziende locali. Fui facilitato anche
dal fatto che per l'avviamento allora
bastava uno scantinato e non servivano consistenti capitali.” E' la Fabbrica Artigiana Giovanni Coffen
Marcolin. “Dopo un paio d'anni
passai alle montature complete che
riscossero successo”, tanto che la piccola azienda nel 1964 cambiò nome
in Marcolin Occhiali Doublè. “Nel
1967 il passo successivo fu quello di
costruire il primo nucleo di uno stabilimento a Vallesella, dove perfezio-
STORIA D’IMPRENDITORIA E DI LAVORO
A 80 anni
Giovanni Marcolin
festeggia i 50 anni
della sua azienda,
oggi fra le leader
mondiali del settore
occhialerie
Il primo laboratorio
a Vallesella di
Cadore nel 1961
“Sono contento,
mi trovo con una
grande serenità”
MARCOLIN, UOMO D’ANTICO STAMPO
Giovanni, con i figli Cirillo e Maurizio - Parigi 1977
nai una nuova linea di modelli in
laminato oro che ebbe grande successo: piovvero le richieste da parte
dei grossisti che in quel periodo percorrevano il Cadore. Nacque così l’idea di vendere anche all’estero e di
avviare nel 1968 la commercializzazione negli Stati Uniti.”
Comincia l’espansione, lei affronta il mercato estero …
“La prima volta sono andato a
New York, no par vende occiai, ma
par cienì boi i clenti, par no perdili,
parché aveo consegne troppo in là,
questo dimostra che raza de portafoglio ordini che aveo. Era il settembre 1970 e mi sono portato dietro
mia moglie: Mary mi confortava
con la sua sensibilità femminile,
non voglio esaltare mia moglie,
ma…” E conosceva la lingua inglese? “Che lingua! Allora se fasea le
scole col solo talian. Me leveo su la
bonora alle zinche par imparame
un tin d’inglese e podè dì chele quattro parole che bisognea”.
Nel 1974 l’azienda produceva 1000 occhiali al giorno e impiegava 80 dipendenti.
“Utilizzavo tanto il terzismo e
pian piano mi facevo la rete commerciale. Nel 1976 ho aperto a Parigi una filiale (Marcolin France),
un ufficio-magazzino che riceveva
gli occhiali da noi e li andava a vendere. Poi nel 1977 ho acquisito filiali della Lozza di cui prima facevo il
fornitore, aprendo così Marcolin
Svizzera, Marcolin Germania e
Marcolin Austria.”
Sapeva osare, dunque. “In quei
tempi c’era lavoro per tutti. Quello
che non facevano le aziende in proprio veniva dato da fare fuori, negli
anni Settanta molti preferivano lavorare a casa saldando con una
macchinetta per più ore e guadagnare di più.”
Nel 1983 viene aggiunta una società di distribuzione in USA, con
consistente aumento della produ-
zione. E arriviamo al 1988 con
il trasferimento del quartier generale a Longarone. Come mai
Marcolin? “Avevamo bisogno di
spazi per un progetto d'espansione e
il Comune di Domegge aveva detto
di no ad ampliamenti perché non
previsti nel piano regolatore. Osteria, cosa fade? Giù a Longarone era
in vendita nel 1985 lo stabilimento
Atalierie des Orfevres: ho fatto l'offerta più alta e l'ho comperato. Prima però ei ciamà i fioi Maurizio e
Cirillo, che i stava finendo l'università alla Bocconi ma quan che i jenea a ciasa i magnea pan e ociai.
«Sientè fioi, ei dito, se volè fei calche
outro mestier io no compro, se invece avè passion de ienì cà allora fao
l’investimento». Abbiamo portato a
Longarone la lavorazione della plastica che avevamo nel frattempo attivato a Rasai, nel nuovo complesso
abbiamo preparato nuovi uffici e
Questa è la
storia di un
ragazzo che
si costruì il
suo sogno
“In quei tempi
l’era laoro par
dute in Cadore”
“Me a sempre
piasesto riscià,
fei qual cosa
de diverso”
quindi nel 1988 abbiamo trasferito
gli uffici da Vallesella. Io no aveo
nessuna intenzion de vegnì ca dò e
neanche de avè agevolazioni. Solo
che i fioi disea de no, io ca dò no
compreo.”
Trasferiti gli uffici e la direzione
generale a Longarone, la Marcolin
spa nel 1988 vede Maurizio alla vice presidenza e responsabile marketing, mentre Cirillo è l’amministratore delegato. Prende sempre
più consistenza l’azienda condotta
da Giovanni Coffen Marcolin con
lavoro, intuizione, ingegno e costanza, basandosi sul suo sogno
personale di realizzarsi.
Oggi però la Marcolin è una
fabbrica diversa, anche a seguito dell'entrata in Borsa. “Noi
Marcolin abbiamo visto che per gestire in maniera normale bisognava
espandersi. Allora nel 1999 abbiamo deciso di andare in Borsa. Se dà
parte del patrimonio al mercato e se
17
incassa schei. E la Borsa ha dato
possibilità di finanziamenti da reinvestire.”
Da quello che ci racconta, lei
amava un po’ il rischio. “Mia moglie Mary, che adesso è a casa e soffre perché vorrebbe continuare qui
in azienda, la e fantastica!, quando
dovevo ‘impiantarmi’ diceva: «Te so
un incosciente». Perché avevamo
dei figli e anche un debito di casa.
Incosciente, ma sote, ecco parché
diseo che al Padreterno me a aiutà,
ma sote, me a sempre piasesto riscià, fei calcosa de diverso, andà alla ricerca, sempre. Immaginarsi se
io non assecondavo i figli sull'entrata in Borsa.”
Un uomo genuino Giovanni Marcolin, d'antichi valori e d'indubbie
capacità. Dagli anni Novanta la
Marcolin prende quota, si distingue per design e qualità del prodotto, potenzia la distribuzione per assecondare la notorietà dei suoi
brand, si dà una struttura patrimoniale funzionale agli obiettivi di crescita, inaugura un nuovo stabilimento a Longarone, rafforza la presenza internazionale.
Il sogno di Giovanni in 50 anni è diventato una realtà forte,
la Marcolin Spa: 1000 dipendenti,
17 brand in licenza e 2 di proprietà,
11 filiali nel mondo; entrano da investitori Andrea e Diego Della Valle, Luigi Abete; Giovanni diventa
presidente con Cirillo vicepresidente e Maurizio responsabile del
marketing, mentre ad amministratore delegato e Ceo viene nominato nel 2008 Massimo Saracchi; nel
2010 viene inaugurato sempre a
Longarone un nuovo centro logistico e stile; mission tra ricerca e tradizione, una strategia da leader nel
mercato internazionale dell'eyewear di lusso. Ma questa è un'altra
storia. E il presidente ci rimanda
gentilmente ma correttamente ai
nuovi vertici.
Rimane da capire cosa Giovanni pensi sul futuro economico della sua amata terra, il Cadore. “Allora duto ndea e andea ben
al Cadore, l’era un mercato più facile, avone la liretta che andea da dio
e con marchi e dollari i comprea
una barca de ociai; adesso i cadorini
non debbono credere di poter ripristinare gli occhiali, se non di nicchia e
per mantenere le conoscenze di lavorazione. Noi avon piandesto col cuor
a serà Vallesella, ma i conti t’incioda. Non ho titolo per dire ai cadorini
cosa e come fare, ho vissuto in altri
tempi. Però, sono ottimista, con un
po' di iniziativa e dedizione, stando
attenti a scegliere il settore più consono, si può fare tutto. Turismo, ad
esempio..., con convinzione.”
Giovanni Coffen Marcolin, uomo
d'antico stampo che ha saputo continuare ad essere sempre moderno.
Renato De Carlo
18
RECENSIONI
Angiola Tremonti
ANNO LIX
Luglio 2011
a cura di Ennio Rossignoli
LA VALLE DEGLI ORSI
ngiola confessa: “Ho
Struggente
scritto questo libro per
A
l'esigenza di porre ordine
metafora di
nella mia vita”, ma forse anche per il bisogno di affermare, al di là delle circostanze
biografiche, una personale
autonomia, una identità insidiata da una pesante contiguità famigliare”. E anche
perché lei ha una bella e disordinata storia dietro e accanto a sé, la storia di una
formazione inquieta, continuamente sospinta ad attraversare la vita nella normalità di un ruolo prestabilito –
moglie, madre, lavoratrice
dentro e fuori di casa – e oltre tale normalità, nel mondo della ribellione ai suoi riti, della libera creatività, della deflagrazione dell'arte.
D'altronde è dalla comparsa
di Sigmund Freud che noi
sappiamo come la scrittura,
e in particolare lo scrivere
di sé, costituisca una forma
di terapia psicologica; e come l'oggettivazione dei ricordi, del passato delle
esperienze, serva a trasferirli nella dimensione aperta del controllo, e a farne lo
spessore di ciò che siamo
stati su cui si deposita e vive
ciò che siamo.
E' così che la Valle dell'Orso (ma lei di orsi sperava di incontrarne tanti da
farne un titolo), lassù tra i
boschi del Cadore di Lorenzago, non è più solo un luogo dove ambientare la adolescenza e la bella gioventù,
ma è la struggente metafora
di una stagione della vita a
cui si erano aggrappati i sogni, le speranze, i progetti,
una stagione
della vita a
cui si erano
aggrappati
i sogni,
le speranze,
i progetti
quei “pericolosi regali della
fantasia al cuore”, di cui ha
scritto il poeta. Ma la Lorenzago avita, il paese dei Tremonti, con il “parco dei sogni”, la sua “regina degli alberi”, sarà solo una tappa –
seppure amena e carezzevole – nei suoi itinerari irrequieti: dalla Valtellina a Sondrio, da Milano a Cantù a
Lozzo cadorina: e poi l'Africa e L'India. Intanto lo studio, il lavoro: il diploma magistrale, l'insegnamento, il
meraviglioso rapporto con i
bambini in una scuola che
lei vuole aperta alla natura e
alla vita. Quindi la grafica
pubblicitaria, lo sport – il
tennis a livello professionale – l'arte del colore e della
materia; e ancora il volontariato tra l'umanità decomposta del Burkina Faso e della
Calcutta di Madre Teresa.
Fino alla politica, alle amarezze e al disgusto per i giochi di partito e le manovre
taroccate. Nasce Mabilla,
l'embrione gentile, un'altra
da sé con le sue sembianze,
la molteplicità chiusa nell'u-
Promosso a S. Stefano di Cadore
dalla Fondazione Centro Studi
A
nche quest’anno la
Fondazione Centro
Studi del Comelico e Sappada ha organizzato tre serate
con l’autore che hanno riscosso un buon successo di
partecipazione. Ha iniziato
nella sala polifunzionale di
Dosoledo, Enrico Vaime,
noto giornalista e scrittore, autentico maestro della
satira e dell'umorismo sia alla radio che in televisione,
accolto dal pubblico con un
applauso scrosciante. Ha
trattato con sapiente ironia
molti argomenti proposti
con efficacia e tempismo dal
Edizioni Bompiani
no di una personalità – e di
una persona – che “sogna,
pensa, osserva e crea. E a
cui nessuno può chiedere di
essere razionale”.
Oggi Angiola è una artista affermata, ma il suo percorso è costellato di delusioni e di dolori: che non sono
mancati in tutto lo svolgersi
di una vita peraltro ricca di
piccoli e grandi affetti – dagli amatissimi nipotini ai
suoi cari animali; una vita
piena, su cui corre a tratti lo
spettro del tempo che passa, della vecchiaia invalidante, della solitudine intorno e
dentro di sé. “Capire è crescere, un passo in più verso
la libertà, indispensabile per
agire”:così Angiola si racconta, con una sincerità che
scava nei ricordi, li incalza
per allinearli in sequenze
ora serie, ora divertenti,
sempre misurate dalla riflessione. Qualcuno ha detto che la vita non è né bella
né brutta, ma è originale:
non vale per tutti, ma certo
vale per lei, “pessimista felice”.
conduttore della serata
Orazio Longo.
Certo il tema principale
che ha connotato l'edizione
di quest'anno delle "Serate
con l'autore" è stato rispettato: il 150° anniversario dell'Unità d'Italia è stato commentato da Vaime senza polemiche ma con il senso e
l'orgoglio di essere italiano.
"Mi pare che in questa occasione così speciale possiamo
7
IL SIGNORE DELLE MONTAGNE
In ricordo di Marino Bianchi Fouzigora
l 21 ottobre del 1969, Marino Bianchi, di
Ernesto Majoni
Pietro Erminio, è precipitato mentre tenI
tava di aprire una nuova via alpinistica sulla
racconta la tragica
Cima del Lago, nel gruppo dei Fanis, in val
Parola. La roccia era solida, assolata ed scomparsa di Marino
asciutta. Marino aveva 51 anni e quel giorno
Bianchi, amata guida
accompagnava una cliente di nome Ducia
Pulitzer, 56 anni, di origine russa. Alla disgra- di Cortina d’Ampezzo
zia non ha assistito nessuno. Così con poche
parole essenziali Ernesto Majoni, già alpinista provetto ed oggi dinamico coordinatore
della “Comunità dei ladini storici delle Dolomiti con sede a Borca di Cadore”, racconta la
scomparsa tragica di una delle più amate guide alpine di Cortina d’Ampezzo.
Il personaggio è emblematico, rappresentativo di un paese in sviluppo rigoglioso, dopo l’esperienza delle Olimpiadi. Sposato con
Margherita Alverà, nipote del noto storico
don Pietro, aveva quattro figli ed era falegname artigiano. Esperto sciatore aveva partecipato alla fondazione del club degli Scoiattoli
di cui era socio dinamico avendo al suo attivo
una dozzina di prime vie sulle Dolomiti ampezzane. Inoltre partecipava con generosità
alle attività di soccorso alpino. Per il suo carattere solido, ma pure improntato al sorriso,
Majoni lo definisce “signore delle montagne.
“Le tappe della sua purtroppo breve vita sono
condensate in una serie di capitoletti, densi di
notizie. La famiglia; Gli esordi; Fondo, bob,
salto; Le prime scalate; Ancora una nuova
via; 6° grado sul Piz Armentarola; Una via
che non esiste; I primi clienti; Sul Pelmo con
Roberto; La ferrata in Tofana di Mezzo; Il gio-
vane notaio; Erwin delle Marmarole; Allenamento per l’Africa; Agosto, settembre nel continente nero; Margherita e i bambini; Sempre
presente; Note degli alpinisti; Di nuovo con il
viennese; Sulla torre che volle morire; Mi auguro di riprendere con Marino; La montagna
dei Zubianote; Di nuovo in Africa; Le ultime
vie nuove; Con Luisa sulla Croda Rossa; Bianchi è salito calmo e sicurissimo; Marino anche
sciatore; Vie e ancora vie; Il Castelletto e la Lipella; La sciagura sui Cadini; L’èa un di nostre, Ivano Dibona; Con il medico di JFK; La
bella estate; Grazie Marino, grazie amico;
Martedì 21 ottobre, Cima del Lago; Una vita
semplice e pulita; Due gare per ricordare; Cima Marino Bianchi; Anche una ferrata per
Marino; Verso una conclusione”.
Il volume intitolato appunto Il Signore delle montagne e il sottotitolo con il nome e l’appellativo dialettale della guida, è avvincente.
Formato superquadro (cm 23x22), 122 pagine, 55 fotografie in bianco e nero e a colori,
stampato dalla Print House di Cortina, gode
del patrocinio della sezione del Club Alpino
di Cortina d’Ampezzo.
M.F. Belli
COMELICO: SERATE CON L’AUTORE
permetterci un giorno di festa.
In fondo mica tutti gli italiani
devono per forza aprire bottega quotidianamente. Senza
retorica dobbiamo però capire
il significato della nostra storia, come qualcosa che ci unisce". Anche su Garibaldi le
opinioni divergono ma la storia va letta per quello che è, e
non interpretata come fa più
comodo. "È stata una rivoluzione borghese, ma pur sempre una rivoluzione". Quindi
Vaime è stato sollecitato su
temi legati alla sua giovinezza a Perugia, a quel modo di
vivere negli anni '50 e '60 ricco di propositi ed entusiasmo, pur tra ingenuità e infatuazioni. Il vivere in provincia
va visto come valore importante anche oggi, perché nei
piccoli borghi le persone vivono e si comportano in modo diverso,
rispetto alle metropoli. Certo i tempi
cambiano ma non va
dimenticata l'importanza del rapporto
tra le persone che
oggi passa in secondo piano parlando di
internet e di era informatica. In chiusura alcune riflessioni
sul modo di fare
giornalismo, sull'importanza di essere liberi da vincoli e
pressioni. "In Italia
c'è ampia libertà di
stampa ma il rischio
è l'autocensura e
questo rientra nella
responsabilità
di
ognuno".
Durante la serata,
con la partecipazione di un folto pubblico e molte domande,
sono stati letti dei
brani a cura dei ragazzi del gruppo I
Comelianti tratti
dall'ultimo libro di
Vaime “Era ormai
domani, quasi”.
Il secondo appuntamento
ha avuto luogo al cinema
Piave di S. Stefano di Cadore ove è stato proiettato il
film "Noi credevamo" di
Mario Martone, dedicato alle vicende del Risorgimento
italiano, dal 1830 al 1870, viste con gli occhi di tre protagonisti minori, coinvolti negli
eventi più significativi di quel
periodo storico, fondamentale per la nascita dello Stato
italiano. In apertura di serata,
Orazio Longo ha effettuato
un collegamento telefonico con lo sceneggiatore
Giancarlo De Cataldo, che
ha raccontato come è nata l'idea di realizzare quest'opera
di ampio respiro che, senza
retorica, racconta le aspirazioni e gli ideali di giovani rivoluzionari, ma anche le delusioni ed il rimpianto per un
risultato storico che non
sempre è coinciso con i propositi iniziali. "Loro ci credevano - ha chiesto Orazio Longo a De Cataldo - e noi?".
"Dobbiamo crederci anche
noi" ha risposto lo sceneggiatore "perché la nostra storia,
costruita nel 1800 con fatiche,
sacrifici e spesso con il sangue
di molti giovani, rappresenta
un patrimonio che deve unire
e non dividere". Il film, che ha
partecipato al Festival di Venezia, pur impegnativo per la
sua lunghezza (circa tre ore)
si fa apprezzare per la ricostruzione puntuale e non
convenzionale di un periodo
storico assai complesso.
Infine nella sala del Museo Algudnei di Dosoledo
l’incontro con la giornalista siciliana Michela Giuffrida, firma di Repubblica e
direttore del notiziario regionale dell’emittente Telecolor.
Dopo la descrizione del reportage da Giampilieri ancora oggi a pezzi dopo la tragedia di due anni fa con il versante di una montagna che
per le pioggie eccezionali è
scivolato travolgendo il paese, la giornalista ha parlato
del 'mestiere' dell'informazione. Il suo telegiornale,
'PrimaLineaTg' ha vinto quest'anno il premio TG d'Oro
come migliore notiziario regionale italiano. “La tv è uno
strumento pericoloso perché
veicolo di una informazione
passiva, non attiva come i
giornali - ha detto Giuffrida -.
Per questo è ancora più importante, se non fondamentale, che gli addetti ai lavori operino con un forte senso di responsabilità e professionalità.
L’Intervento conclusivo
del sindaco di Comelico
Superiore e consigliere della Fondazione Centro Studi,
Mario Zandonella Necca,
che ha registrato la buona riuscita dell'edizione di quest'anno con ospiti come Vaime, De Cataldo e Giuffrida,
auspicandone la prosecuzione per l'anno prossimo.
Livio Olivotto
7
ANNO LIX
Luglio 2011
er Samuel Pradetto
Cignotto la fotografia
P
è una passione coltivata con
impegno e pazienza, ma soprattutto è una dote innata
che egli sa cogliere con gli
occhi in maniera artistica.
Infatti non c’è scuola o insegnante che potrebbe educare alla immediatezza di uno
scatto che contiene quel
“qualcosa in più” che altri
normali fotografi non hanno. Samuel è un giovane comeliano di 34 anni che abita
a Mare. Lavora come falegname nella ditta Osta legno di Padola, ha un fisico
atletico che gli consente di
fare chilometri in bicicletta,
salire in quota con gli sci da
alpinismo, scalare pareti
rocciose. Sicuramente un
iperdotato, ma non solo fisicamente, soprattutto come
sensibilità artistica di persona che sa immergersi nella
natura con il gusto di capirne le forme, la luce, i colori.
Ha iniziato a girare con la
19
I RACCONTI FOTOGRAFICI DI SAMUEL
La Fotografia di Samuel
Pradetto Cignotto: dote
innata, passione coltivata
con impegno e pazienza
Premiato al prestigioso
concorso di Asferico,
sue foto sono inserite nei
volumi dell’AFNI
macchina fotografica fin da
adolescente, e ha approfondito la tecnica degli scatti
con vari obiettivi e tempi giusti di apertura dell’otturatore. Aveva una grande passione per le diapositive, di cui
conserva migliaia di pellicole. Negli ultimi anni si è convertito, come tutti, al digitale, pur con la diffidenza che
gli amanti della purezza fotografica della pellicola hanno
mantenuto.
Ma quello che
per lui conta è
raggiungere
un risultato di
racconto fotografico, più
che rimanere
nostalgicamente ancorato alla forma. Per questo, dopo
un paio d’anni di sperimentazione, e con la constatazione
che fare foto digitali costa
“L’ETERNO NELL’EFFIMERO”
a solamente 18 anni l’autore del libro
“L’eterno nell’effimero: la montagna
H
nella nebbia” (2011 – Tipografia Ghedina). Si
chiama Armin Calligaro, vive a Vallesella di Cadore e a settembre comincerà l’ultimo anno all’Istituto Statale d’Arte di Cortina. Appassionato
di musica, il giovane Calligaro canta e suona la
chitarra, dilettandosi a volte anche nella composizione di canzoni. «Il mio sogno, spiega l’autore, è quello di raggiungere uno stato interiore
che mi permetta di stare bene con gli altri ma soprattutto con me stesso e per ora sembrerebbe che
il mio “Io”, per trovare questa pace, mi stia portando dalla mia seconda mamma: la Natura».
Ed è proprio la Natura (con la “N” maiuscola) la
protagonista del suo primo libro.
Armin, il testo era stato pensato per un
concorso. Da qui l’idea di farne un libro.
“All'Istituto d'Arte mi era stata data l'opportunità di partecipare al concorso "Il paesaggio raccontato dai ragazzi" di Italia Nostra. Inizialmente avevo pensato di creare un dvd in cui si sarebbero potuti vedere vari bivacchi di montagna e rifugi. Poi ho deciso di lasciare la realtà agli altri e
di immergermi in quello che quaggiù nella normalità si chiama "sogno" o "illusione" e provare a
trasmettere ad altre persone quello che io stesso
ho provato fra le nebbie in montagna. Il libro inizia con delle mie riflessioni e poesie; ho deciso poi
di accompagnare alle mie foto alcuni scritti di
grandi poeti e alpinisti che con le loro parole riescono a rispecchiare molti dei miei pensieri”.
Perché la nebbia è così importante?
“Quando in montagna la nebbia cala tutto si trasforma: uno strano silenzio e una strana atmosfera trasformano quella che prima sembrava una
realtà concreta in una realtà effimera e ci si appiglia al sogno, all'immaginazione”.
Tu descrivi il tuo libro come un “diario
fotografico di vagabondaggio tra i monti”.
“Le foto sono caratterizzate dalla nebbia affinché
anche il lettore, come me quando sono immerso
in questo viaggio onirico, possa lasciare la realtà
e immergersi nell'immaginazione. Un amico, ironicamente(o forse no), dice che non avrei potuto
fare un diario fotografico con foto caratterizzate
dal sole perché ogni volta che vado a camminare
trovo brutto tempo. Io gli rispondo che non esiste
un "brutto tempo", anzi. Sono convinto che se
avessi camminato sotto il sole non sarei riuscito
ad immergermi pienamente nel misterioso mondo della montagna. Le foto presenti nel libro le ho
scattate sulle Marmarole e da Erto a Domegge”.
Cosa intendi per “vagabondaggio”? “A me
piace dormire nei bivacchi dove una volta arrivato mollo lo zaino a terra, tiro fuori il fornelletto
molto meno di quelle su pellicola, ha ripreso a partecipare a concorsi nazionali ed internazionali, dove si era segnalato in passato con premi
prestigiosi ed ha confermato
la sua bravura con il secondo posto al prestigioso concorso di fotografia
naturalistica Asferico,
nella sezione “paesaggi”.
Un concorso selettivo,
dove partecipano fotografi da tutto il mondo.
Su 300 fotografi, e su
5500 foto esaminate dalla giuria, due foto di Samuel Pradetto Cignotto
sono entrate nella pubblicazione che Asferico
La Natura è la protagonista
del primo libro di Armin Calligaro
“Questa mia prigionia rallegrata
da squarci di sogno che
mi diletto a vivere
e preparo una buona minestra o del riso e dove la
mattina, aperta la porta, mi ritrovo nella Natura incontaminata. Vagabondare tra i monti per
me significa prendere lo zaino e partire per vivere la montagna. Uso la parola"vivere" perché a
mio parere c'è differenza fra "vedere la montagna" e "vivere la montagna".
Che messaggio vuoi lanciare con il libro?
“Io spero che i miei coetanei possano scoprire
quello che li circonda senza andarsene con la scusa "che quassù non c'è niente da fare". Rispetto
chi se ne va da queste terre per fare nuove esperienze ma non sopporto chi dice di andarsene
perché "qua non c'è nulla": basterebbe che aprissero gli occhi e che provassero a vedere la "realtà"
dall'alto o vedere cosa c'è al di là della montagna
per scoprire l'immensità che ci avvolge. Molti giovani dicono di stare male quassù e sperano di esser felici andandosene. La realtà è che non stanno bene con se stessi. Anche io ho aperto gli occhi
poco tempo fa e mi sono accorto che nella Natura
a volte tocco la felicità. L’uomo ha dimenticato di
essere parte della Natura”. (...)
“Ringrazio di cuore, conclude l’autore, Giuliana Corbatto, Eros Maccagnan,Tommaso Valmassoi, Elisa Mazzucco, Simone Cesco Cancian,
i gestori del rif.Padova, rif.Cercenà e
rif.Ciareido, Nuovo Cadore e l’ Istituto d’Arte di
Cortina”.
Irene Pampanin
ha curato dopo la conclusione della gara. La foto arrivata seconda nella sezione “paesaggi” coglie lo
scenario unico delle Tre
Cime di Lavaredo in una
notte di luna. Samuel ha
commentato così la sua fotografia: “Fotografare le Tre Cime è sempre affascinante. Osservare queste cattedrali di
roccia con le più svariate condizioni di luce necessita fermarsi con tranquillità. Posizionato a Forcella Lavaredo
ho aspettato la notte. La luna
alta nel cielo illuminava le cime alla perfezione. La nebbia
scendeva da nord modellandole in continuazione. Con
un tempo di otturazione lungo ho ottenuto l’immagine
che volevo”.
Fa parte della passione di
Samuel stare in mezzo alla
natura per ore, giornate, alla
ricerca dei particolari che il
suo occhio artistico fissa in
fotografia. Nei periodi in cui
si dedicava alle forme e ai
colori del ghiaccio percorreva chilometri lungo il corso
di torrenti in zone impervie.
Quando ha fotografato camosci, pernici bianche, galli
cedroni, marmotte scalava
pareti rocciose o saliva pendii con le pelli di foca sotto
gli sci. Oppure si acquatta vicino ad uno stagno per scattare dei primi piani con
obiettivo macro ad una libellula. Proprio una foto così è
entrata nel libro del 5° concorso internazionale di fotografia, nella sezione “animali”, come ulteriore riconoscimento della bravura riconosciuta del giovane fotografo
comeliano. Egli ricerca i
confronti ed i contatti con i
colleghi che hanno più esperienza, per poter imparare
nuove tecniche e acquisire
altri spunti.
Molti suoi scatti sono conosciuti ed apprezzati nei siti
di fotografia più qualificati
del web. Pur essendo il Cadore lo spazio dove ama girare e cogliere istanti e particolari in foto, con altri amici ha
iniziato a frequentare altre
località suggestive, come il
Cansiglio, il Carso, la Laguna. E proprio a Cervignano
del Friuli c’è stata la premiazione e la grande mostra dei
vincitori e dei segnalati del
concorso promosso dall’Afni, associazione fotografi naturalisti italiani. Sorta a Milano nel 1989 per iniziativa di
alcuni prestigiosi fotografi
naturalisti, si è diffusa sul
territorio nazionale, collaborando con amministrazioni
pubbliche, centri di ricerca
ed educazione ambientale e
associazioni protezionistiche. Pubblica una rivista
quadrimestrale di fotografia
naturalistica, Asferico, e dei
volumi come quello dove sono state inserite le foto di Samuel Pradetto Cignotto.
Lucio Eicher Clere
ANNO LIX
Luglio 2011
20
Inte chesto sfoi se dora la
grafia de l Istituto Ladin
de la Dolomites
a cura di FRANCESCA LARESE FILON
Cadorins
La stradela d Bus de Val inà fato al
so bel sarvizio par al Comelgo
des ch à tornó a verA
dla Val,
LA DOBIACO-CORTINA-CIALAUZE dopo unde paila strada
d möide de dificoltes par i tance ch tocia
a stemana pasàda 1 é èra invalido de la guèra da tre àne de guèra e i ulti- caminé ogni dì dal ComelL ienù a San Vido un granda e al faéa fadìa a ca- me didòto més i èra stà in go par dì a lorà, forse s ded’Anpée a me contà duto de minà. 16 èro amigo dei so Germania preoniér. Alòra smöintia al sarvizio ch inà
la “Ferrovia delle Dolomiti”. Al me à dìto tanta ròbes
che quasi nesùn saéa: parcè che l’è stàda fata, cuanto
che i à stà a la fèi, cuante vagòi e cuante motrici che
l’aéa e tanta àutra ròbes. L à
parlà de pòntes, de galerìes
e al me à fato capì che el de
la ferovia al saéa duto.
Fin che ascoltào né èro
bén de stà atènto parcè che
me ienìa in ménte dute chi
ànes pasàde a di ie e fòra
col treno: prima a di a scòla
a Cortina e daspò a di a laurà. Cànche i à fàto véde la
staiòn de Borcia m’è ienù
in mente na ròba che me técia scrive.
Can che i à betà su la ferovìa come Capo Stai6n a
Bércia l’èra ienù an òn che
aéa inòn Tullio Tabacchi. L
fiéi, e, in dute chi ànes che
1 è stà a Borcia, nò i èi mèi
vedù a di in giro.
In chél dì, 1 èra na doménia vèrso la fin de màio del
1945, èro ie stàla de Chi de
Donìn che i daéo na man a
Sara a guernà la bèsties, èi
vardà in ie e èi vedù Tabacchi che ienìa in fòra con
tanta fadìa, an pas daòs
chei’àutro. L’èra la prima
òta che i vedéo fòra de la
stai6n. Can che 1 è ruà davein de Sara èi sentù che al
diéa:
«Sara, me à telefonà al
Capo Stai6n de Dobiàco e
ai m’à dito che ve fàe saé
che al vòs òn 1 è rua a Dobiaco inséra. Al parte col
treno incuéi bonòra e par
medodi al rùa a Borcia».
Tòne, al sò òn, al tomàa
ota… no ai tempe dei romane, n’
N
puoche de ane fa, dison sesanta, setanta, somea tante! Era gnère! Alora no era
sti camion grande, sti TIR con su dute i
“comfort”, sule strade giraa solo i “ciàr” coi
ciavai. Che guidaa ste “machine” era i “cavalèr”. No ocorea la patente, ma volèa tanto
ocio a ciareà sti “ciàr”. Che fasèa sto mestièr era sempre omis n’tempade, noi dasea
mai i ciavai, che era n’capitàl, te le man den
dovenoto, ma a dente che avèa na bela esperienza!
I vignea do da “monte” co sti ciar con su
n’tabià de fien e co le strade che era alora,
se i ruaa a ciasa senza rebaltà, bisognaa dilo “brae”. I dea fin a Belun, prima dela ferovia, a tole generi alimentari par le cooperative e do fin a Conean, e i vignea su con bote
de vin enormi, che volea siè, sète, omis co
le corde e le stanghe par tirale do del “ciàr”.
I “cavalèr” avea sempre laoro ma … quante
fadie e quante sacrifici! Col neve o la pioa a
chel ora i dovèa dì! De cheste persone ei cognosesto tante, ma de un ei un ricordo par-
me aéo fato de marevéa
che Tabacchi e Sara i se aése brazolà. Incuòi al capìso
an tin de pì.
Diés menùte fa, canche
èi inpizà al computer, èi ciatà cuatro e-mail: una da Arcangelo Conte da l’Australia, una da mè darmàn da
l’America, una da mè nevòda dal Portogallo e una da
San Vido. Al mondo 1 è
pròpio canbià.
Se me pénso de Tabacchi
me domando: «Ai méndo
élo deventà pi gran o pi
pìol? Ie i ùltime sesànta àne
séne dude inavànte o indaòs?»
De segùro i è che n’òta,
anche sèna tante strionée,
se faéa mànco fadìa a sentì
argo, un par chél’àutro.
Piero De Ghetto
fato la stradela intrà i bosche sot al Col Trondo,
ciamada d Bus del Val. Par
cla banda, da mité dugn ai
prime d luio iné passade
dute el machine, bonora e
zal primo dop maddì a dì in
fora, e inant maddì e dadsöra a gni in inze. Na grön
spargneda d tenpo, picsöia
pla dente d Comelgo d Sote e Sapada, e na bela sodisfazion pl aministrazion
dal Comun d Sa Stefin e
anche dla Regola d Sa Stefin, che forse pi de duce
inà cardù zla possibilité da
föi passà dute el machine,
dopo ch l era stada asfaltada, e no snoma cölie d
emergenza.
La sindaca d Sa Stefin,
Alessandra Buzzo, dopo
ch l avee avù asicurazion
da la Region dal Veneto e
da l Anas, che cla stradela
saraa stada btuda aposto e
sfaltada, ne n é mai tireda
daota da l insiste parcheche da cla banda podössa
passà duce. E iné stada
scotada, sbögn ch i tecnici
ne n era tanto dacordo e
anche l Anas avee calche
preocupazion. In grazia
dla colaborazion intrà al
parsonal dla Comunità
montana e cöi dla inpresa
ch à loró sui pontes, iné
stó garantù al controlo dle
ore che s podee passà zi
doi sense e s à podù föi un
sperimöinto util anche par
etre viade ch fos bisogno.
Al sar vizio fato csi polito
iné stada anche na bela
slepazada par chi ch inavee criticó la pöcia iniziativa dla sindaca Buzzo. Picsöia un so colega, ch zal so
comun iné set ane ch n al
fa nente, anze ch al desfà
ch tin ch era stó fato, inavee fato scrive sui giornai
ch la Buzzo s era dada pö-
I CAVALER
ticolare: Vitorio de Belina! N’omenon gran
e gros, bon come el pan (el meo che puoi di
de lui). Là, ten una dele nostre bètole, la domenia dopo medodì, era dinverno e staseone la tel ciaudo a scoltà le storie de la so vita. El parlaa pian pian, sempre calmo, era n’piazer sta a sientilo! Ei vu sempre tanto rispèto par le persone anziane, ma devo dì
che stì vecie, sempre con rispèto, pur bravissimi tei so laore, coi doven i avea la lenga
n’tin ruspia e i tignea sempre chel distaco,
come se fose na colpa ese naseste calche an
dopo!
Co Vitorio no era così! Anche se par letà
podeone ese i so neode, al ne scoltaa con interese e tante ote el ne dasea anche rason!
No lavèa nesuna dificoltà a fei na partida a
tre sete con noi, così se sentione pi grande,
pi omis, onorade da podè dugà con lui, par
chesto siento verso chesta persona na viva
simpatia!
7
Vitorio era stou tante ane n’Nuova Zelanda, ma prima de di via lavèa fato anche el
“cavalèr”. I levaa ale tre dopo medanuote a
guarnà i ciavai e … lason che conte Vitorio:
“Sì, e vero, leveone ale tre a guarnà, ai ciavai vuò doe ore par magnà, e te chel tempo
se dovèa fei “brusca e striglia”, e n’portante
tegnì nete i ciavai parchè i sea sane!
Là, con noi che scoltaa era anche Chechin che se godèa a contrarià n’tin duto!
“Mai sentesto che i ciavai stee doe ore a
magnà!” E Vitorio: “Tu Checo te has tante
robe da n’parà, col tempo…forse!
“Se lauraa tanto inte par Auronze tei bosche de S. Marco, n’viado longo da feise
ogni di. E ciareone le tae sui ciàr e le porteone te le sieghe, avanti e n’drio duto el dì!
Chalche ota vignea la pioa bèlo bonora e
aveone sì na giacheta de tela cerada co n’ciapelàto, ma i pès era sempre n’bombade e
no se podèa perdese la dornada dopo n’via-
co da föi e che s dovee dì
contra Venezia par otgnì
col proteste (magare con li
caporion!) ch su la stradela d Bus de Val podössa
passà dute el machine. Visto com ch é dude el robe,
e savön che cösto n era du
a Venezia nanche la prima
ota par tratà al contributo,
iné sto polito ch söia stó
lassó da na banda e csi almanco al Comelgo inà avù
na bona.
Ades la stradela d Bus
de Val iné tornada na strada d sarvizio di regoliöre d
Sa Stefin par dì a föi lögne
e sarà dorada dai cicliste st
istede par la gara d Baiarde. Ma iné stó scrito nögro
su bianco ch i sode dla Region, ch iné fruto dle tasse
anche dla dente dal Comelgo, par sistemé e sfaltà
la strada d Bus de Val l à
fata gni la strada publica,
da dorà ogni ota (e spron d
no csi corögn) ch fossa bisogno.
Lucio Eicher Clere
do così longo!
E Chechin: “Quanche pioe se tole la ombrèla!”
“Ma varda chèsto chà, me piasarae vedete te a ciareà tae col zapìn e la ombrèla! Co
vigneone a ciasa, la sera, se fermeone te na
ostaria, ca a Treponti a beese n’cichet, calche ota co reone biandade saresone vigneste a ciasa dirète, ma i ciavài coi ruaa là i giraa inte, i volea fermase a ogni costo.
Là te sta ostaria era n’òn co la so femena.
I avea quatro tosate dai quatro ai dièse ane,
biei tosate, un pì bel de chelautro! Forse e
par chel che i ciavài se fermaa par vidà n’tin
sta famèa a tirà avanti!
Na dì se a fermou là na caroza de luso, e
desmontou doi siore americane, i a domandou se i avese na cambra par na stemana
che i se fermaa là a fei la cura te chele aghe
miracolose de Gogna. Ia dou la so cambra e
vuore dormia te sofita sui paioi de foe. Era
distade, dea ben isteso.
Chesti americane i continuaa a vardà sti
tosate e na sera i se a fermou là pi del solito.
Co i tosate era deste a dormì i a volesto parlà co sta femena e col so òn. Era da tanto
tempo che i pensaa de adotase n’tosato che
dei suoi no i avèa e alora ia fato così na proposta se i volese dai un. I avarae piasesto
chel pi piciol, i lavarae mandou te le mèo
scole americane e dute i so beni, che era
tante, fra calche an i sarae stade suoi. I se
n’pegnaa anche a mandà a scola cà i so fardièi.
Chesta femena, puareta, a piandesto par
tre dì. La pensaa che par lui sarae stou forse
na fortuna, ma come se fa a pensà de separà na mare dal fiol! Dopo tanto penà i sarae
stade dacordo ma a la condizion che almanco nota al an el vignese a ciatai, ma chesti
americane volea troncà ogni raporto, i avarae mandou ogni mes i solde ma nò lindirizo. Così è finiu duto là!”
A sentì na storia così pietosa son stade
dute mortificade e par n’tin nesun a parlou,
solo Checo continuaa a brontolà… “Voi Vitorio che avesau fato? I lavesau dou chel tosato!”
Vitorio, serio, ha vardou polito Checo inte pal muso e: “Si, iò de siguro i lavarae dou
se te avese avù te!”
Avon ridesto dute, anche Checo! Grazie
Vitorio!
Vittorio Emanuele De Podestà “Belina”,
cl.1881, uno dei 9 figli di Dionisio, partecipò alla Grande Guerra come soldato nel 7°
Regg. Alpini, nel 1924 emigrò in Australia
poi in Nuova Zelanda ad Auckland. Cavaliere di Vittorio Veneto, scomparso nell’estate
1969 E’ il padre di Celso, uno dei 44 internati italiani sull’isola di Some Island di cui
abbiamo già parlato su “Il Cadore”.
Tita De Ina
7
MONTAGNA
ANNO LIX
Luglio 2011
uando parlava della sua
Cengia Gabriella, Armando
Q
si trasformava. Ogni volta raccontava una storia meravigliosa sempre più ricca di particolari e sempre più coinvolgente. A scandire
le parole era l’entusiasmo con il
quale sapeva esprimere una passione sconfinata. E ogni volta il
vecchio Armando si trasformava.
Diventava un bambino. E la fantasia creativa, fatta anche di parole
non dette e riferimenti misteriosi,
prendeva il posto di quella razionalità che dovrebbe caratterizzare
le descrizioni di una Guida alpina.
Armando Vecellio Galeno, auronzano purosangue, esibiva con
orgoglio le effigi di Guida alpina e
gli si gonfiava il petto quando lo citavano come decano delle Guide
della Val d’Ansiei. Ma… raccontare della Cengia Gabriella gli dava
un sussulto più forte. Lo faceva volare, lo staccava dalla realtà, lo obbligava a sognare. Ascoltarlo era
una grazia. Guai ad interromperlo. Anche le domande di chiarimenti erano fuori luogo. Quel percorso, che inizia dopo le Guglie di
Stallata, proprio sopra il Cadin, là
dove finisce la ferrata Roghel, lo
esaltava, gli metteva le ali. L’aveva
scoperto lui. Era suo. Per Armando rappresentava l’emblema dell’avventura alpinistica, l’esempio
più bello di come si può attraversare una montagna, il massimo
per chi sogna ambienti selvaggi.
Per questo ogni occasione era
buona per parlare della Cengia
che non si limitava a descrivere e
neppure a raccontare. La sua era
piuttosto una recita, una declamazione. Compie 60 anni la Cengia di
Armando Vecellio Galeno. Gabriella era il nome di sua moglie
che aveva anche un secondo nome, Chiara e di cognome faceva
Sponga. Dopo averlo studiato a distanza ed esplorato a tratti nel corso degli anni Armando percorse lo
spettacolare itinerario per la prima volta il 17 agosto 1951. Con lui
c’era la moglie Gabriella. Ed ecco
svelato il perché del nome. “Ero
talmente innamorato di mia moglie che mi è venuto naturale dedicarle quel passaggio verso il Paradiso.” Parole che il vecchio Armando pronunciava con un pizzico di emozione.
L’intuizione della Guida esperta
si era trasformata in un percorso
eccezionale, tra i più belli delle
Dolomiti. Un capolavoro alpinistico. “Ma il merito non è tutto mio”.
Iniziava così il suo racconto. In
realtà un ruolo importante nell’individuazione della Cengia lo hanno avuto i camosci che lui, cacciatore prima che Guida alpina, sapeva seguire con astuzia e pazienza.
Dai camosci aveva imparato tante
cose a cominciare dalla conoscenza dettagliata degli angoli più appartati e selvaggi delle Dolomiti
della Val d’Ansiei. Ed è stato proprio seguendo un capobranco su
verso l’allora selvaggissimo Cadin
di Stallata che Armando cominciò
a pensare ad un passaggio per superare le strapiombanti pareti del
Giralba di Sotto senza bisogno di
corde. L’energico camoscio, infat-
di Bepi Casagrande
CENGIA GABRIELLA
60 ANNI DOPO
Un fantastico
percorso alpinistico
che taglia a 2500
metri d’altezza
le strapiombanti
pareti del monte
Giralba di Sotto
camosci. Seguendoli a distanza si
rese conto che la discesa più facile
dalla Cengia era quella che lo aveva impressionato di più e che lo
aveva bloccato e fatto tornare indietro più volte.
Quando percorse anche quell’ultimo tratto decise di parlarne
alla moglie Gabriella. E solo allora
programmò la traversata completa. Un’occasione importantissima
che, come abbiamo detto, condivise con la consorte alla quale dedicò il grandioso itinerario. Oggi
la Cengia Gabriella è annoverata
tra i grandi percorsi dolomitici.
Un riconoscimento al grande Armando Vecellio Galeno che ci ha
21
e sempre gentile, soprattutto con
le donne giovani nei confronti delle quali esibiva una galanteria d’altri tempi. Era molto orgoglioso di
essere una Guida alpina e si vantava, ma senza aggettivi, di aver diretto la Stazione del Soccorso alpino di Auronzo per parecchi anni
con una serie infinita di interventi
soprattutto sulle Tre Cime di Lavaredo. Si vantava anche di aver
fatto da Guida ai figli del presidente della Repubblica Antonio Segni
e dell’amicizia con Francesco Cossiga. Quando parlava delle vie
aperte con Gino Soldà, Velrio
Quinz, Piero Mazzorana provava
una soddisfazione grande che
LA’ DOVE OSANO
I CAMOSCI
La bella avventura
della vecchia guida
Armando Vecellio Galeno
che scoprì la Cengia, la
percorse e le diede
il nome della moglie
ti, arrivato sullo zoccolo della montagna,
si volatizzava. La scena si ripetè per altre
due volte, in tempi diversi. “Ero arrivato al
punto - ricordava - che
non pensavo ad altro.
Notte e giorno sognavo il passaggio misterioso che consentiva
al camoscio di sparire
e che, sicuramente,
avrebbe permesso ad
un alpinista di salire
e attraversare le pareti sud-ovest del Giralba di Sotto senza corde e chiodi.”
Poi, un bel giorno,
Armando decise di
provare. Salito in forcella si avventurò lungo la cengia a tratti molto esposta,
a tratti impervia, a tratti ostacolata
da massi e piccoli smottamenti.
Un passaggio meraviglioso che taglia a circa 2500 metri d’altezza le
grandiose pareti strapiombanti
della montagna. La prima esplorazione si fermò nei pressi del “passaggio del gatto” che solo nel corso
del suo secondo tentativo, un anno dopo, superò. “Non era difficile
-raccontava Armando - ma impressiona per l’esposizione. Per superarlo basta ranicchiarsi un po’ contro
la roccia. Una volta superato que-
“Notte e giorno sognavo il
passaggio misterioso che
consentiva al camoscio di sparire
Se attraversava lui le pareti
sud-ovest del Giralba di Sotto,
perché non un alpinista?”
sto restringimento la Cengia si allarga e diventa più facile.” Ma l’esplorazione di Armando non finisce qui. Per individuare l’uscita
ideale dalla Cengia impiegò altri
due anni. Anche in questo caso la
ricerca richiese tempi lunghi. A
complicarla sono stati soprattutto i
piccoli nevai che permangono lungo i canaloni che solcano le pieghe settentrionali del monte Giralba anche per buona parte dell’estate. Anche in questa occasione
la vecchia Guida è stata aiutata dai
IL REGNO DEI RIFUGI
C
’è gran fermento in Cadore per promuovere iniziative di promozione turistica. Così, per richiamare l’attenzione dei turisti ma anche dei valligiani, è stato approntato un vademecum e lanciato un grande gioco che si chiama “Cadore, Regno dei Rifugi”. Un gioco con tanto
di regolamento e di premi per gli escursionisti più affezionati che visiteranno almento 15 rifugi alpini della zona apponendo nel vademecum
il timbro del rifugio.
L’iniziativa, presentata lo scorso 27 giugno nella sala della Magnifica
Comunità a Pieve di Cadore, non deve essere vista come una mera corsa per i rifugi, ma diventare piuttosto un’occasione per salire i nostri
monti e cogliere l’atmosfera dei rifugi alpini, conoscerne la storia, assaporarne i piatti genuini.
L’iniziativa è sostenuta da un pool di enti pubblici e privati, col contributo economico del Consorzio BIM Piave.
foto T. Albrizio
Escursionisti
RDC 1983
lasciato il
10 dicembre 2004 all’età di 79 anni, passato alla storia come l’ultimo esponente di una tradizione di
Guide alpine che avevano appreso
l’arte dell’arrampicare inseguendo i camosci sulle Marmarole e
sulle cime della Val d’Ansiei in veste di cacciatori.
Ad Armando piaceva raccontare
storie di caccia dove - sosteneva non si fa peccato neppure a raccontarle grosse. Ironico, lo sguardo furbo e vivacissimo, simpatico
esternava con orgoglio. Ma il massimo della soddisfazione lo raggiungeva, e glielo si leggeva in volto, quando veniva invitato a raccontare la sua Cengia Gabriella.
Gli si accendevano gli occhi. Cominciava a gesticolare. Pareva volasse. La Cengia lo coinvolgeva
tutto. Era la sua grande creatura.
Chissà con quali parole avrebbe
celebrato, il prossimo 17 agosto, il
sessantesimo anniversario della
prima traversata.
ANNO LIX
Luglio 2011
22
’ Italia Under 20 supera largamente la Grecia e nel tripudio
L
del pubblico assiepato al Palasport di
Domegge s’aggiudica il 12° Torneo
Internazionale V. De Silvestro-B. Meneghin. Grande la soddisfazione degli azzurrini e naturalmente dei dirigenti, primi fra tutti il presidente della Federazione nazionale Dino Meneghin che qui è di casa e l’allenatore Pino Sacripanti.
Per gli appassionati, ecco la cronaca della partita disputata nella serata
del 2 luglio e ripresa in diretta su Rai
Sport, il che dimostra così l’attenzione che oggi ha questo torneo internazionale.
“Inizio caratterizzato dal duello
Gentile-Koukoulas che segnano a ripetizione: la Grecia sale subito sul 613 con Chrusikopoulus e Sacripanti si
rifugia in time-out. La musica non
cambia però, la difesa azzurra non
regge e Katsivelis porta i suoi indoppia cifra di vantaggio (7-18). L'Italia risale a -6 con Melli (12-18), ma Georgakis e Katsivelis la ricacciano a -12
(12-24) prima dell'11° punto di Gentile in questo quarto (14-24 al primo riposo).
Nella seconda frazione la Nazionale
dimezza il ritardo con Moraschini
(19-24) che poi indovina l'entrata dal
21-24. Il pubblico si infiamma e gli Azzurri impattano con Polonara (2424), chiudendo un tremendo break di
12-0. La gara si fa bella ed equilibrata,
De Nicolao da tre e la coppia Fontecchio-Melli dalla lunetta portano
avanti i nostri (32-29). A 1':50' dall'intervallo lungo, arriva la 'gemma' della
serata con la schiacciata in contropiede (che replicherà nel terzo quarto)
di Moraschini (34-29), la Grecia risponde però con le triple di Katsivelis
e Psaropoulus (36-35) e si va negli
spogliatoi sul 38-36, con gli ellenici
che hanno messo a segno soltanto 12
punti in questo periodo.
Nel terzo quarto l’Italia vola sul 47-
BASKET - La tradizionale sfida internazionale tra le
squadre Under 20 di Italia, Grecia, Slovenia e Svezia
Nel torneo
“De Silvestro
- Meneghin”
l’Italia
travolge
la Grecia
Dino
Meneghin
felice di
premiare i
suoi ragazzi
DOMEGGE CENTRO DEL BASKET
Italia - Slovenia 95 - 90
Italia - Slovenia 70 - 72
1 luglio 2011
30 giugno 2011 - Inizio
molto difficile per gli azzurri L’Italia si riscatta e vince
7
Nel quarto periodo le
triple di Traini e Gentile
portano gli Azzurri sul
massimo vantaggio (6446): la Grecia fatica in attacco, ma anche per merito della nostra difesa (2
stoppate consecutive di
Cervi). A metà quarto arriva il 'ventello' di vantaggio per Italbasket grazie
alla tripla di Vitali (69-49),
Melli infierisce sui greci
(73-49) che non segnano
più (solo 7 punti in questa
frazione) e la gara va in archivio con l'indiscutibile
punteggio di 77-53.”
Questo il commento a
fine gara di coach Sacripanti: “Abbiamo fatto
una buona gara. Oggi ho
potuto contare su una rotazione maggiore dei miei ragazzi rispetto a ieri, quando avevo i due playmaker
acciaccati. Siamo riusciti
a mettere in campo una
buona intensità difensiva e
faticato solo nel primo
quarto, dove abbiamo subìto 24 punti, ma negli altri
quarti li abbiamo tenuti a
12, 10 e 7, con una difesa
molto contenitiva. E’ stata
una bella serata per noi”.
Italia - Grecia 77 - 53
2 luglio 2011 - L’Italia
vince, bene in difesa
36 con un super Moraschini, gli ospiti rispondono con Kanonidis e Chrysikopoulos (51-46), ma Traini li ricaccia indietro con la tripla del 54-46. La
squadra di Sacripanti è comunque in
ritmo e Polonara e Moraschini ripristinano la doppia cifra di vantaggio
(56-46): si va all'ultimo intervallo su
un rassicurante 58-46 interno.
Sempre grande partecipazione al Camp Cadore,
uno dei più prestigiosi
camp italiani di pallacanestro per ragazzi all’insegna della vacanza e dello
sport. I ragazzi del 1° turno hanno iniziato felici le
attività sotto l’occhio attento dello staff tecnico.
CON L’ASD ‘CRIDOLA
LORENZAGO’ RINASCE
IL CENTRO SPORTIVO
Lorenzago riapre il CenA
tro Sportivo Cridola.
E' nata da pochi giorni l'
a.s.d. Cridola Lorenzago,
l'associazione sportiva formata
da un gruppo di volontari di Lorenzago che hanno pensato di
dedicare parte del loro tempo a
far sì che il centro polifunzionale Cridola che conta ben 2 campi di calcetto, 5 campi di tennis,
2 campi di bocce 1 campo di basket e 2 di volley possa prendere il volo. Il sodalizio, ha da poco aperto la campagna tessera-
menti con l'affiliazione all'ente
di promozione sportiva A.I.C.S.
riconosciuto dal C.O.N.I. passaggio obbligato per poter frequentare il Centro Cridola e ha
deliberato delle quote di utilizzo delle strutture assolutamente alla portata di tutti( es. 1 ora
di tennis a €.1.00 a persona)
perché lo scopo spiega il presidente Luigino Tremonti è
promuovere lo sport e far conoscere questo centro meraviglioso immerso in una natura così
verde e silenziosa.
7
ANNO LIX
Luglio 2011
23
l campo sportivo "A.
Celotta" di Vallesella di A VALLESELLA, FESTA FINALE DELL’ATTIVITÀ GIOVANILE CALCIO FEMMINILE “ROSA DI ... MAGGIO 2011”
I
Cadore nel week end del
11 e 12 giugno 2011, ha
ospitato l'8° Torneo Promozionale “Rosa di...
Maggio, “Festa Finale” dell'attività giovanile di calcio
femminile per giovani calciatrici nate dal 1997 al
2000.
Il Comune di Domegge
di Cadore, l'ASD Domegge
Calcio, con la partecipazione dell'Associazione San
Vigilio e della FIGC (in collaborazione con quella provinciale della responsabile
Manuela Boito), si sono
AL VENEZIA L’8° TROFEO UNDER 14
adoperati per mesi per organizzare questo importante e significativo evento.
Le squadre partecipanti alle fasi Finali Regionali di Calcio Femminile Under 14 sono state
10, proveniente da tutta la
regione del Veneto: C.F.
Bardolino (VR), A.S.D. Barcon (TV), Libertas Castagnaro (VR), A.S.D. Dolomiti (BL), A.C. Due Monti
(PD), A.S.D. Laghi (VI),
U.S.D.C. Rubano (PD),
A.C.F.D. Venezia 1984
(VE), FIGC (VE), A.S.D.
Fortitudo Mozzecane(VR).
Oltre 130 le atlete iscritte, con al seguito un nutrito
numero di dirigenti, accompagnatori e familiari,
che hanno allegramente affollato gli spazi adiacenti
agli impianti sportivi oltre
che le strutture alberghiere del Centro Cadore. Unica nota dolente il tempo
Sq uadra Vene zia 1984 (sopra)
Sq uadra A SD Dol om it i 2
Squadra 2 Monti (PD
D)(sopra)
Fortitu
udoo Mozzzecane ( VR))
Sul campo sportivo
di Vallesella
l’11 -12 giugno
10 squadre
under 14 e oltre
130 atlete iscritte
Compiacimento
dell’assessore di
Domegge Marco
Castellani per
questo evento
della FIGC
che ha battuto le agguerrite ragazze del Bardolino
per uno a zero. Un plauso al
Dolomiti, l'unica squadra
bellunese presente al torneo. Un evento che ha offerto una interessante occasione per vedere all'opera
quelle che potrebbero essere le future stelle del calcio
femminile.
Al termine della manifestazione tutti i partecipanti
hanno espresso viva soddisfazione per l'accoglienza e
l'organizzazione, nonché
grande apprezzamento per
la bellezza del contesto naturale e l'incanto del panorama circostante e molti
hanno approfittato dell'occasione per prenotare un
periodo di ferie in Cadore.
Durante le due giornate era
presente uno stand gastronomico che offriva varie
leccornie e che ha inoltre
proposto due succulenti
menù per la cena del sabato
sera e il pranzo della domenica, oltre a quelli speciali
per le giovani atlete.
Estremamente soddisfatti gli organizzatori. Compiacimento riassunto dalla di-
chiarazione finale di Marco
Castellani, presidente
dell'ASD Domegge Calcio e in questa occasione
anche in veste di Assessore
allo Sport del comune di
Domegge, che si è detto orgoglioso di aver ospitato
questo evento della FIGC, e
di avere accanto persone
fantastiche pronte a sacrificarsi per la perfetta riuscita
di queste manifestazioni,
esprimendo la speranza
che anche il Paese apprezzi
i sacrifici sostenuti per organizzare questi validi
eventi che danno un po' di
vita in questi paesi sempre
più poveri”.
Rina Barnabò
Informazione pubblicitaria. Le condizioni e i fogli informativi sono a disposizione del pubblico in tutte le nostre filiali, presso i nostri consulenti o su www.bancapopolare.it.
Squadra Femminile Domegge
Stagione 2010 - 2011
piuttosto inclemente, che
ha però concesso una gradita tregua nel pomeriggio
di domenica, per la parte
conclusiva dell'evento.
A disputarsi la gara finale sono state le formazioni
del Venezia e del Bardolino. Da rilevare che entrambe possono vantare la prima squadra in seria A. Dopo uno scontro intenso e
avvincente, la vittoria è
andata al Venezia 1984
sms b@nking,
la banca in un palmo di mano:
ricarica cellulare, richiesta saldo e movimenti… basta un SMS!
Informazioni presso la tua filiale oppure su www.smsbanking.it
www.bancapopolare.it
Scarica

un fondo, troppe speranze rappresentante ladino in regione