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VITAOSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA
ANNO LXIX - N° 01
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GENNAIO 2014
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EDITORIALE
S O M M A R I O
RUBRICHE
4
Trasmettere il carisma dell’ospitalità
5
Una riflessione bioetica
sul caso Oliver Brustle
6
L’Africa in Italia
7
“O’ Scartiell”
la rappresentazione della scoliosi
nell’arte e nella cultura personale
8
Discriminazione AIDS
nei neonati e nei bambini
9
La sindrome del seno del tarso (SST):
una causa comune di dolore al piede
10
Il cuore perde gli attributi
che ne facevano il centro
delle manifestazioni psico-affettive
XXXIX – La circolazione sanguigna;
entità viventi “più numerose di tutti gli abitanti
dei Paesi Bassi”, ed “ex ovo omnia”
11
Schegge Giandidiane N. 36b
Le molte ricorrenze da celebrare nel 2014
15
Ven. Suor Maria Wilson,
vero angelo di carità
16
Fraternità e pace come stili di vita!
17
La sindrome
da dolore pelvico cronico nell’uomo
18
Volontari A.F.Ma.L:
“sulla strada di Cricchio”
DALLE NOSTRE CASE
19
Ospedale Sacro Cuore
di Gesù - Benevento
Festa del bambino prematuro
20-21
Ospedale San Pietro - Roma
La via di Francesco
“Colui che non guarda
le sfide, che non risponde alle sfide, non vive”
22
Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo
Aspettando il Natale...
23
Newsletter - Filippine
VITA OSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
ANNO LXIX
Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000
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Mariangela Roccu, Maria Pinto, Raffaele Sinno,
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Di Camillo
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Finito di stampare: gennaio 2014
In copertina: Lo stemma dei Fatebenefratelli nel
portone d'ingresso dell'Ospedale di Benevento
UN VANGELO
TUTTO D’ORO
R
icorre il 15 di gennaio la festa
di san Giovanni Calibita, i cui
resti sono custoditi in un’urna
sotto l’altare maggiore della più che
millenaria chiesa di san Giovanni Calibita, che fin dal 1585 i Fatebenefratelli officiano per il servizio pastorale
dei pazienti del loro Ospedale romano
dell’Isola Tiberina. Nel giorno della festa del Santo, l’urna viene resa visibile
ai fedeli mediante la temporanea rimozione dello sportello marmoreo che è al
centro del settecentesco paliotto, splendidamente intarsiato di pietre rare e di madreperla. Entrando in Chiesa, il secondo altare a destra è dedicato a questo santo, la cui
morte vi è raffigurata da una scenografica tela di un artista romano, Giovanni Battista
Lenardi (1656-1704), che vediamo riecheggiata nella vetrata del finestrone della facciata; il dettaglio che permette d’identificare il Santo è un Vangelo preziosamente rilegato, che egli tiene appoggiato sull’addome.
Bisogna, infatti, sapere che questo Santo, nato e vissuto a Costantinopoli, oggi detta Istanbul, apparteneva a un’influente famiglia bizantina, ma volle consacrarsi al Signore nella vita contemplativa, ritirandosi a vivere in un Convento di monaci acemeti, ossia “non dormienti”, termine un po’ esagerato, ma applicato loro perché, alternandosi in più gruppi, facevano in modo che in Chiesa ci fossero sempre, sia di giorno sia di notte, dei frati impegnati nella recita dell’Ufficio Divino. Un’altra peculiarità di questi monaci è che ciascuno possedeva una copia personale del Vangelo, da
cui continuamente attingere per la meditazione. Ecco perché Giovanni, senza spiegarne il motivo, chiese al padre di donargli un Vangelo e ne ricevette uno preziosamente decorato in oro. Appena l’ebbe, sparì di casa e andò in un Convento situato nella riva opposta dello stretto del Bosforo. Di lì, la notte si notavano le luci di Costantinopoli, che gli ricordavano gli agi della ricca dimora in cui era vissuto e talora gli
inducevano dei momenti di nostalgia. Per vincerli, prese una decisione estrema: tornò in incognito in città e assemblò una baracchetta proprio di fronte al suo palazzo,
in modo che paradossalmente la vista lo rafforzasse nel suo proposito di rinuncia a
ogni agio. Passarono gli anni senza che mai lo riconoscessero, però quando sentì avvicinarsi la morte, fece chiamare i suoi genitori Eutropio e Teodora, mostrando loro
il famoso Vangelo, sicché capirono d’aver ritrovato il figlio, anche se la gioia si mutò in pena di vederlo spirare. In suo ricordo edificarono lì stesso una cappella a custodirne la tomba; presto se ne diffuse il culto in Oriente, dove lo venerano col titolo
di Giovanni dal Vangelo d’oro o con quello di Calibita, perché visse in una capanna.
Secoli dopo, per sottrarli alla furia degli eretici iconoclasti, i suoi resti furono portati
a Ostia e poi di lì, per salvarli dalle incursioni dei Saraceni, trasferiti da Formoso, che
allora era vescovo di Porto e che nell’anno 891 diverrà Papa, nel lembo più sicuro della sua diocesi, ossia all’Isola Tiberina, dove gli fu innalzata una Chiesa sulle fondamenta del Tempio di Giove Giurario.
Certo non tutti siamo chiamati a vivere da penitenti in un povero tugurio, però tutti
possiamo imitare il Santo nel suo quotidiano cercare ispirazione nella lettura del Vangelo, tanto più che oggi non c’è più bisogno di farselo regalare in edizione lussuosa,
visto che i libri stanno andando fuori moda e tutto diventa accessibile in rete. Difatti,
la Conferenza Episcopale Italiana l’ha reso disponibile nel suo sito http://www.chiesacattolica.it/appbibbia e l’offre anche in versione tablet IOS e Android. Si chiama APP
BIBBIA CEI e offre accurate funzioni non solo di lettura, ma anche di navigazione e
ricerca, consentendo di inserire segnalibri e annotazioni personali: si può scaricare gratuitamente da APP Store e da Google Play.
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CHIESA E SALUTE
TRASMETTERE IL CARISMA
DELL’OSPITALITÀ
Fra Elia Tripaldi sac. o.h.
L
a “Ospitalità secondo lo stile di
san Giovanni di Dio trascende
l’ambito dei Confratelli che hanno
professato nell’Ordine”(Stat. Gen. 20) nel
senso che non è dono riservato solo ai religiosi ospedalieri, ma coinvolge i collaboratori laici presenti in ospedale o che,
per vari motivi, frequentano i centri dei
Fatebenefratelli e li qualifica con un più
forte legame familiare fino al punto da riconoscersi quasi un’unica famiglia, la
“Famiglia di san Giovanni di Dio” con la
quale condividono il carisma, la spiritualità e la missione. Nell’epoca in cui viveva Giovanni di Dio, da uomo carismatico
qual’era, attirava l’attenzione e suscitava
l’ammirazione di quanti incontrava. Molti, infatti, si sentivano spinti a seguirlo e a
unirsi a lui nelle opere di carità.
A una persona che gli era devota, il Santo aveva confidato – secondo quanto ci
tramanda il suo primo biografo - con parole profetiche, che “vi sarebbero stati
molti del suo abito nel ministero dei poveri per tutto il mondo”1. Ci auguriamo
che questo suo presagio continui ad avverarsi anche ai nostri giorni. Giovanni di
Dio rappresenta, ancor oggi, un valido
modello per chi desidera offrire la sua vita nel servizio degli altri, mentre noi abbiamo il compito di essere mediatori capaci di orientarli nella scelta. È innegabile il legame esistente tra il carisma e la pa-
4
storale della salute, l’evangelizzazione e
il sacerdozio compassionevole e misericordioso di Gesù: un binomio inscindibile per l’identità del religioso, seguace di
Giovanni di Dio. L’atto di testimoniare
(martyría) non è solo fatto di parole, ma
deve concretizzarsi pienamente nella condizione storica e nel contesto in cui la testimonianza deve essere espressa, altrimenti diventa incomprensibile e inefficace e non rende l’altro partecipe della sua
stessa felicità. Ancor più il legame diventa forte di fronte ai problemi di bioetica
relativi alla nascita, alla vita, alla malattia, alla salute e alla morte.
Paolo VI infatti scriveva nella Evangelii Nuntiandi che “l’uomo contemporaneo
ascolta più volentieri i testimoni che i
maestri o se ascolta i maestri lo fa perché
sono testimoni” (n.40). La testimonianza,
inoltre, non può essere solo personale, ma
comunitaria che avrà giusto compimento
quando chi la riceve diventa, a sua volta,
testimone e quindi capace di rispondere a
Dio che lo chiama alla vita religiosa ospedaliera. Tale testimonianza a sua volta
può arrivare alle estreme conseguenze,
raggiungendo anche, in modo semantico
(martyría), l’espressività totale e coerente, ossia il martirio: “Se dovete venire qui
(...)” – scriveva Giovanni di Dio al giovane Luigi Battista – “dovete lasciare la
pelle e il resto” (13). Molti religiosi, infatti, nel corso
di questi ultimi
anni hanno subito persecuzioni e un atroce martirio per
essere rimasti
vicini ai malati e testimoniare così il loro
fedele servizio
ai fratelli sofferenti.
Praticare l’annuncio della Parola di Dio,
dà senso alla vita del religioso, perché vive quanto Gesù ha detto a proposito di
quelli che rinunciano a se stessi, si accorge delle necessità materiali e spirituali del
fratello sofferente e bisognoso e, come il
Buon Samaritano della parabola evangelica, si accosta a lui, lo soccorre e si prende
cura di lui.
Ciò che l’evangelista Giovanni afferma
nella sua prima Lettera riguardo al Verbo
incarnato e alla comunione tra il Padre e
il Figlio: “Quello che abbiamo veduto e
udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con
noi”, (1,3), vale anche per i religiosi ospedalieri di san Giovanni di Dio, perché “la
gioia che sperimentiamo nella fedele sequela di Cristo, ci spinge a offrire agli altri la possibilità di condividere la nostra
vita” (Cost 53).
Il carisma di san Giovanni di Dio e il suo
messaggio di ospitalità e di amore sarà
sempre attuale nella società malata e in
cerca di benessere globale. Esso sarà vissuto sotto nuove forme di collaborazione,
nel prendersi cura del prossimo e nel diffondere speranza e fiducia nel Dio della
vita in un mondo che spesso è disorientato nelle sue scelte e orientato verso scelte
di morte. Dalla collaborazione si passa alla solidarietà, alla condivisione e alla trasmissione del carisma, della spiritualità e
della missione dell’Ordine.
Anche i volontari che frequentano i centri gestiti dai Fatebenefratelli “sono partecipi nella stessa maniera [dei religiosi] ed
esprimono nella dimensione della gratuità, in quanto credenti, il loro senso di comunione con i Confratelli, ogni qualvolta
che dedicano parte della loro vita e del loro tempo al servizio generoso e disinteressato rivolto ai malati e ai bisognosi”
(“Fatebenefratelli e collaboratori insieme
per servire e promuovere la vita”, n. 120).
_________________
DE CASTRO F., Storia della vita e sante opere di Giovanni di Dio, Ed. Fatebenefratelli Cernusco sul Naviglio (MI),
1975, p. 139
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BIOETICA
UNA RIFLESSIONE BIOETICA
SUL CASO OLIVER BRUSTLE
2) È confermata la posizione della giurisprudenza europea della non commerciabilità dell’embrione umano;
3) Si riapre indirettamente la questione della tutela giuridica dell’embrione umano.
Raffaele Sinno
N
el 1997 il direttore dell’Istituto di
Neurobiologia Ricostruttiva dell’Università di Bonn, Oliver
Brustle, depositò un brevetto riguardante
le cellule progenitrici nervose isolate e depurate, ottenute da cellule staminali embrionali umane, che potevano avviare la
ricerca su malattie degenerative nervose
come il morbo di Parkinson. Il brevetto fu
annullato, anche per l’azione di Greenpeace, alla luce della normativa tedesca vigente che vieta la brevettazione di embrioni o cellule derivate. Il direttore ricorse in appello adducendo la tesi che la normativa tedesca non era chiara, e che si riferiva all’embrione in toto, non a cellule
staminali ottenute da embrioni. L’alta corte tedesca, dopo un attento esame, rinviò
alla Corte Europea di Giustizia il caso,
chiedendo un parere circa la controversia
in modo da chiarire cosa siano esattamente gli embrioni umani e in particolare:
1) Se siano compresi tutti gli stadi di
sviluppo della vita umana, dalla fecondazione dell’ovulo o se si debba
considerare a raggiungimento di un
determinato stato di sviluppo;
2) Se siano compresi anche gli ovuli
umani non fecondati in cui sia stato
impiantato un nucleo proveniente da
una cellula umana matura, e quelli non
fecondati, ma stimolati attraverso diverse tecniche in modo da dividersi e
svilupparsi;
3) Se siano comprese anche le cellule
staminali ricavate da embrioni umani
nello stadio della blastocisti.
La questione biogiuridica si poneva in un
doppio livello: il primo è di tener presente
della direttiva 98/44 europea sulla non brevettabilità degli embrioni a fini industriali
o di ricerca (art 6, n.2. Lett. c), e il secondo
piano, non meno importante, riguardava
l’indiretta conseguenza della definizione
giuridica dell’embrione, poiché vietando la
sua brevettabilità, gli si riconosceva un particolare status di protezione, che non era
mai direttamente compreso dalle normative europee. L’Alta Corte di Giustizia con
sentenza 18/10/2011 proc. C-34/10 si è così espressa sulla nozione di embrione: “Che
sin dalla sua fecondazione qualsiasi ovulo
umano deve essere considerato come tale,
dal momento che la fecondazione è tale da
dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano.”1 Inoltre riguardo alla seconda
richiesta i giudici si sono pronunciati in tal
modo: “Deve essere riconosciuta questa
qualificazione di embrione umano anche
all’ovulo non fecondato, indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi”.
Sulla questione della blastocisti la Corte rimanda tale decisione alle legislazioni dei
singoli stati membri. Inoltre, essa richiama
espressamente le normative 98/44 sulla
Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.2 Importante è la presa di posizione sul fatto che le cellule staminali prelevate da embrioni umani non possono essere estrapolate dal concetto di embrione ed
esaminando la nozione di “utilizzazione di
embrioni umani a fini industriali o commerciali” ritiene che essi non possano essere, in alcun modo, brevettabili, inclusa la dizione di utilizzo per ricerca scientifica, poiché “il fatto di accordare a un’invenzione un
brevetto implica, in linea di principio, lo
sfruttamento e la commercializzazione della stessa”. In definitiva, la Corte ritiene che
la ricerca scientifica che implichi l’utilizzazione di embrioni umani non possa ottenere la protezione del diritto dei brevetti. La riflessione bioetica su tale questione riguarda
i seguenti punti:
1) La ricerca scientifica non viene arrestata da tale sentenza, piuttosto si
propone che l’embrione non può essere considerato come un qualsiasi
materiale biologico;
Sul primo punto si deve specificare che
questa presa di posizione non vuole azzerare le ricerche sulle cellule staminali,
piuttosto ribadire che le biotecnologie
non possono valicare alcuni principi etici
che riconoscono all’embrione una speciale protezione, nel senso che pur non affrontando il dilemma dell’inizio della vita, si riconosce l’inviolabilità del processo embrionale nel suo iter procedurale.
Commercializzare l’embrione, o cellule
derivate, aprirebbe la strada a uno scivolamento etico e giuridico, una scienza che
si porrebbe non come curativa ma sostitutiva, con derive antiliberali e sopraffare
della dignità umana.
“Così come in società democratica non
si dovrebbe accettare di ottenere il benessere economico attraverso lo sfruttamento, la schiavitù, la violenza, allo stesso
modo nell’epoca delle biotecnologie dovremmo essere capaci di rifiutare, come
insegna questa sentenza, ipotetici risultati ottenuti tramite la distruzione dell’essere umano nella prima fase della sua esistenza”3. La scienza dovrebbe al contrario
continuare la ricerca sulle cellule staminali adulte o del cordone ombelicale e
puntare non tanto sulla sede del prelievo,
piuttosto sui meccanismi biomolecolari
che svelati potrebbero davvero essere la
base di una nuova rivoluzione in campo
biomedico.
_________________
Bollettino di informazione sulla giurisprudenza delle corti sovranazionali Europee, in www. cortecostituzionale.
it/bollettino_Cse_ 2011.pdf.
2
Direttiva 98/44CE in www.eur.lex.europa.eu/ LexUriServ.do.uri.
3
Commento del centro di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
sulla sentenza dell’Alta Corte di Giustizia
18/10/2011, in www.Janusoline.it
1
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INVITO ALLA LETTURA
L’AFRICA IN ITALIA
Per una controstoria post coloniale del cinema italiano
Viridiana Rotondi
Q
uesto è il titolo del bel volume a
cura di Leonardo De Franceschi
pubblicato nell’ambito della collana: Studi post coloniali di cinema e media dall’Aracne editrice con contributi di:
Luigia Annunziata, Rosetta Giuliani Caponetto, Alice Casalini, Maria Coletti,
Shelleen Greene, Alessandro Jedlowski,
Simone Moraldi, Farah Polato, Annamaria Rivera, Igiaba Scego, Vito Zagarrio.
È strutturato in tre parti. La prima (Riletture e prospettive) dedicata a una serie
di saggi, la seconda (Tra prassi e riflessione. Conversazioni) alle testimonianze
di cineasti africani quali Tarek Ben Abdallah, Rachid Benhadj, Kim Bikila. La
terza (Cineasti afrodiscendenti attivi nel
cinema italiano) un vero e proprio database con 507 schede e fotografie.
L’introduzione di Anna Maria Rivera (antropologa, saggista, scrittrice) spiega il ruolo importante che un’opera che si occupi di
colmare “uno dei tanti buchi che caratterizzano il rapporto della coscienza e dell’immaginario collettivo italiani con l’alterità”,
possa avere nel concorrere a illuminare criticamente e quindi a favorire e accelerare,
l’evoluzione verso rappresentazioni e quindi relazioni di e con l’altro meno “marcate”
da italo centrismo ed esotismo.
Leonardo De Franceschi propone poi
una piccola guida per “non addetti ai lavori” nella quale illustra le motivazioni
per lanciare oggi una collana di studi filmici con una prospettiva post coloniale.
Si tratta di un momento nel quale assumere tale prospettiva manifesta numerose potenzialità sia nell’ambito degli studi
accademici, ma anche e soprattutto per la
comprensione dei rapporti con l’alterità e
di come essa possa essere rappresentata o
analizzata in un ambito cinematografico e
più in generale dell’audiovisivo. Il volume vuole porsi (e vi riesce senz’altro) come contributo sia per evidenziare quanto
6
l’eredità del colonialismo e del razzismo
incidano, con riconfigurazioni varie, nel
cinema italiano e d’altro canto, rilevare
l’importanza che l’azione di cineasti afrodiscendenti ha avuto e continua ad avere
nel nostro cinema e quanta potrà averne
se potranno contare su condizioni che permettano loro di lavorare con continuità.
I contributi che compongono la prima
parte ci offrono un panorama narrativo e
interpretativo sulla presenza africana nel
nostro cinema a partire dal periodo del
muto per arrivare all’attualità.
Interessantissimi sono i riferimenti a
film muti con intento antropologico comunque venato da una visione di superiorità ed esotismo, come anche la differenziazione dei ruoli tra facce (valorizzate come attori), faccette (semplici
comparse) o blackface (italiani truccati
da neri per essere elevati al rango di protagonisti).
Si passa da saggi che
trattano la rappresentazione del soldato afroamericano nel cinema
neorealista e postbellico
alla
rappresentazione
dell’arabo nel cinema
italiano contemporaneo.
La filmografia è un vero
prezioso tesoro per chi
voglia recuperare la storia della visione dell’Africa da parte del nostro
cinema e del modo di
pensare delle diverse
epoche nei riguardi delle
nostre ex-colonie ed excolonizzati.
Le interviste ai cineasti
che compongono la seconda parte sono la necessaria integrazione al
punto di vista precedentemente espresso.
Lo sguardo si sposta in un ideale controcampo verso coloro che, provenendo dai
paesi rappresentati, si dedicano alla rappresentazione di se stessi e di “noi altri europei”1. Sono inoltre un’importante fonte
di ispirazione per conoscere opere “cinemafricane”.
La terza parte infine raccoglie le schede
e molte immagini dei cineasti che a vario
titolo (attori, montatori, registi…) hanno
lavorato nel cinema di produzione italiana. Database utilissimo nel quale si possono trovare anche sorprese. Un esempio
è la scheda di Salvatore Marino, attore,
credo, ormai interamente “acquisito” nell’immaginario collettivo italiano.
Il volume, veramente meritevole, anche
se di impronta parzialmente accademica,
è sicuramente una lettura consigliabile
per i mesi a venire è acquistabile anche on
line in formato cartaceo (23€) o digitale
(13,80€) (www.aracneeditrice.it).
_________________
Armando Gnisci, Noialtri europei, Roma, Bulzoni 1991
1
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M E D I C I N A N E L L’ A R T E
“O’ SCARTIELL”
LA RAPPRESENTAZIONE
DELLA SCOLIOSI NELL’ARTE
E NELLA CULTURA PERSONALE
...di scoliosi non si muore, ma si muore di cuore polmonare...
(cit. Prof. Ugo del Torto)
Una delle raffigurazione più commoventi della guarigione di un fanciullo gobbo è quella del Miracolo di santa Francesca Romana che può essere ammirato nel
Convento delle Oblate di Torre de’ Specchi a Roma (Fig.1). La scoliosi viene proposta anche nella raffigurazione allegorica francese con il personaggio di ‘’Polichinelle’’ il nostro Pulcinella, un fanfarone gradasso con doppia gobba (cifo-lordoscoliosi) e un vestito vistoso (Fig.2).
Luigi Meccariello, Sara Cioffi
I
l termine dialettale napoletano “scartiell”, intende il gibbo costale o qualsiasi malformazione come l’ipercifosi dorsale o le cifoscoliosi che colpiscono
la colonna vertebrale. Le patologie che affliggono la colonna vertebrale sono state
raffigurate in qualsiasi età storica dell’umanità e in qualsiasi forma d’arte.
grave malformazione della colonna vertebrale che le impedisce anche di muoversi. Questa nella sua deformità non ci
appare come una gobba ma solo come una
donna impossibilitata a muoversi per una
malattia che rende rigida la colonna, molto probabilmente una spondilite anchiolosante.
Il gibbo volgarmente gobba è stato il tema centrale della rappresentazione iconografica delle patologie della colonna vertebrale. Tuttavia in mancanza di diagnosi
precise o storie anamnestiche è impossibile fare diagnosi differenziali tra il gibbo
scoliotico o quello dovuto alla tubercolosi o al morbo di Scheuermann nell’adolescente. Nel seicento e nel settecento la
gobba diventò oggetto di scherno. Nicolas Andry de Boisregard (Lione, 1658 –
Parigi, 13 maggio 1742), padre dell’ortopedia moderna, creò nel 1741, a più di 80
anni d’età, il termine ortopedia unendo
due parole greche (ortho: dritto; pais, paido: bambino) e pubblicò L’Orthopédie.
Andry cercò sicuramente di ridare attraverso il trattamento delle deformità dei
fanciulli una dignità sociale a essi. Per
molti altri invece i gobbi erano persone
che portavano fortuna e accarezzare la
gobba voleva essere un atto di invocazione della fortuna.
Purtroppo la maggior parte di questi fanciulli affetti da scoliosi andavano incontro alla morte per cuore polmonare (insufficienza cardiaca, conseguenza delle
scoliosi gravi che portano lo schiacciamento dei polmoni). Uno dei miracoli di
Gesù Cristo riportato da Luca nel suo vangelo è la guarigione di una donna con una
Fig. 2
La patologia tubercolare può deformarsi con una deformità ipercifotica del rachide toracico chiamata Morbo di Pott dal
suo descrittore Percivall Pott , medico britannico del XVIII secolo. Durante questo
secolo la tubercolosi fu soprannominata
la Piaga Bianca, male di vivere, e male del
secolo. Era vista come una “malattia romantica”. Già nell’antichità possiamo ritrovare reperti nell’arte scultoria soprattutto nelle rappresentazioni di terracotta
di ipercifosi collegati ad aspetti somatici
di pazienti affetti da tubercolosi.
Fig. 1
Nel 1944 a trentasette anni la pittrice
Frida Khalo dovette indossare un busto
d’acciaio, dopo un trauma per prevenire
deformità post traumatiche. Questo episodio che segnò molto la sua qualità di vita procurandole un grosso disaggio alla
pittura e alla vita sociale la portò a dipingere un altro dei suoi quadri più noti, «La
colonna spezzata».
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SANITÀ
DISCRIMINAZIONE AIDS
NEI NEONATI E NEI BAMBINI
Mariangela Roccu
“Ogni malato, nessuno escluso, possa accedere alle cure di cui ha bisogno.
Esprimiamo la nostra vicinanza alle persone che ne sono affette, specialmente ai bambini; una vicinanza che è molto concreta per l'impegno silenzioso di tanti missionari e operatori”.
Papa Francesco
L
’AIDS è una malattia mortale che
minaccia il diritto alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino.
L’articolo 24 della “Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” stabilisce che tutti i bambini hanno il diritto
di godere del miglior stato di salute possibile. L’HIV/AIDS non solo nega questo
diritto, ma minaccia direttamente anche i
quattro principi fondamentali della Convenzione: Non discriminazione; Superiore interesse; Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo; Ascolto delle
opinioni del minore.
smesso dalla madre al feto o al neonato
nel 13-48% dei casi, mentre l’HIV-2, diffuso nel continente africano, sarebbe trasmesso con frequenza minore. In sede di
counselling ostetrico non è possibile dare
a una donna sieropositiva che desideri
avere un figlio, una risposta definitiva sul
suo personale rischio di avere un bambino infetto. Il virus HIV può essere trasmesso dalla madre al bambino nel corso
della gravidanza, durante il parto, o con
l’allattamento al seno.
A maggio 2011 l’Assemblea Mondiale
dell’OMS ha approvato la nuova strategia
globale sanitaria sull’HIV/AIDS per il periodo 2011-2015, che si pone l’obiettivo
di azzerare l’AIDS pediatrico, dimezzare
i contagi tra i giovani, ridurre del 35% i
decessi per AIDS.
A fine 2012, secondo il rapporto globale
2013 Joint United ations Programme on
HIV/AIDS, erano 35.3 milioni le persone
affette in tutto il mondo. Nell’ultimo anno
ci sono stati più di 2 milioni di nuovi infetti. In calo le morti per AIDS che sono passate dai 2.3 milioni del 2005 ai 1.6 milioni
del 2012. Sensibilmente in calo anche il numero di nuovi infetti in età pediatrica: si è
passati, infatti, dai 550 mila del 2005 ai 260
mila del 2012. Nonostante questo, l’accesso ai trattamenti antiretrovirali nella popolazione pediatrica è circa la metà rispetto alla popolazione adulta. Attualmente nel
mondo i nuovi casi pediatrici di infezione
da HIV sono nella quasi totalità dovuti alla trasmissione verticale del virus.
Studi retrospettivi nazionali e internazionali evidenziano come l’HIV-1 sia tra-
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Recentemente è stato sperimentato con
successo, all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ed è il primo al mondo,
un vaccino pediatrico terapeutico contro
l’HIV, testato con risultati positivi, su due
gruppi per un totale di 20 bambini. Lo studio è pubblicato sulla rivista scientifica
open source Plos one, una scelta che consentirà a ricercatori di ogni Paese di accedere immediatamente e gratuitamente ai
risultati della ricerca per proseguirne la
strada o aggiungere il proprio contributo.
La somministrazione del vaccino, abbinata in uno dei due gruppi alla terapia antiretrovirale classica, ha determinato il significativo aumento di risposte immunologiche, potenzialmente in grado di determinare il controllo della replicazione
del virus dell’HIV. Il successo di questo
vaccino potrebbe ridurre, anche il rischio
dei fallimenti terapeutici legato alla ridotta aderenza nel tempo alle cure antiretrovirali e diminuire i costi per i sistemi sanitari nazionali, che spesso costituiscono
un impedimento all’accesso alle cure,
specie nei Paesi più poveri.
Il vaccino ha ricevuto il via libera dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
Riguardo ai tempi per la disponibilità sul
mercato, l’auspicio dei coordinatori della
sperimentazione è che il vaccino pediatrico terapeutico possa essere disponibile
sul mercato entro qualche anno.
La trasmissione materno-infantile dell’HIV
è un problema che riguarda prevalentemente paesi poveri o poco sviluppati. A
causa dell’ignoranza, della paura e dei pregiudizi, ai bambini sieropositivi o i cui genitori sono affetti da HIV/AIDS, viene negato il diritto all’istruzione, l’accesso ai servizi sanitari e sociali e vengono emarginati dalla comunità di appartenenza. In molte
società, la discriminazione di genere rende
le ragazze più vulnerabili dei loro coetanei
maschi al rischio di contrarre l’HIV. Spesso le ragazze hanno meno possibilità di accesso all’istruzione e ciò impedisce loro di
avere le informazioni necessarie alla prevenzione dell’HIV/AIDS. Inoltre, il divario di genere a causa di fattori fisici, sociali e culturali, sottrae alle donne il controllo
sulla propria sessualità rendendole più vulnerabili nei confronti del contagio.
Ulteriore aspetto discriminante riguarda i
servizi relativi all’HIV/AIDS; in molti paesi, infatti, sono stati pensati per gli adulti e
risultano difficilmente accessibili ai più giovani e ancor di meno ai neonati e bambini.
Da Sidney, anche Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione birmana e premio Nobel per la pace, ambasciatrice dell’Unaids
(Programma delle Nazioni unite per
l’Aids/Hiv), ha lanciato un appello contro la
discriminazione nei confronti dei malati di
Aids:”La lotta contro la discriminazione è
un’estensione della nostra lotta per liberarci dalla paura; il mio semplice messaggio è
che tutto inizia nella mente e nel cuore. Ci
dovrebbero essere meno calcoli e più calore, più amore, affetto e compassione”.
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 9
LA SINDROME DEL SENO
DEL TARSO (SST):
UNA CAUSA COMUNE
DI DOLORE AL PIEDE
Antonio Piscopo
I
l seno del tarso è una cavità imbutiforme la cui apertura massima si apre
lateralmente al piede, subito al di sotto e all’avanti del malleolo peroniero
(fig.1). Abitato in profondità da un robusto legamento tra astragalo e calcagno
(leg. interosseo astragalo-calcaneare), è
riempito per lo più da un tessuto cellulare lasso, ricco in terminazioni nervose,
che assumono un notevole significato sia
nella genesi che nella distribuzione topografica del dolore al mesopiede e al retropiede.
Dolore in corrispondenza del seno del
tarso può essere presente anche senza alcun motivo apparente e senza alcuna costatazione clinica e strumentale, in altri
casi può essere la trasmissione di uno stato morboso doloroso come nella spina
calcaneare, la fascite plantare o interessamenti degenerativi della sottoastragalica
e della tibio - tarsica compreso le alterazioni posturali torcenti sul mesopiede.
In considerazione di tutto ciò, si è soliti
classificare la sindrome del seno del tarso in quattro classi etiologiche:
zienti, è varia, confusa, mal delimitata,
vaga: le algie descritte interessano il tendine di Achille, il seno del tarso, fino a irradiarsi anteriormente al meso – avampiede, il tutto associato a un contesto di
esami strumentali (Rx, TAC, ECO, RMN)
del tutto negativi. L’unico dato clinico
presente è il dolore evocato alla digitopressione sull’imbuto laterale del seno del
tarso (test della digitopressione del seno –
fig. 2).
SST conseguente al transito del dolore: è
conseguente a una noxa patogena dolorosa clinicamente documentata, come la
spina calcaneare, la fascite plantare, una
patologia post-traumatica del retro piede,
alterazioni degenerative delle articolazioni periastragaliche. In tutti questi casi, il
dolore transita dal seno del tarso alle vie
di conduzione del dolore. In questi casi è
facile apprezzare nei pazienti un batuffolo adiposo che si estroflette dal seno del
tarso in regione sottomalleolare esterna.
- SST essenziale (senza alcuna causa
apparente);
- SST conseguente al transito del dolore;
- SST conseguente a lesioni proprie
del seno del tarso e del suo contenuto;
- SST associata e condizionata da lesioni degenerative delle parti molli.
SST secondario a lesioni dello stesso o del
suo contenuto: formazioni cistiche, neoplasie benigne, rare neoplasie maligne,
tutte a partenza dal seno del tarso, possono essere causa di dolore. Lesioni traumatiche per lo più legamentose del comparto esterno della caviglia, lesioni traumatiche e degenerative del complesso
osteo – legamentoso delle articolazioni
periastragaliche possono essere causa diretta di dolore o indiretta come nella sindrome da transito del dolore.
SST essenziale: rappresenta forse la causa più comune di sindrome dolorosa del
seno. I pazienti riferiscono dolore al retropiede sia sotto carico che a riposo. L’irradiazione del dolore, descritta dai pa-
SST associata e condizionata da lesioni
degenerative delle parti molli: è quella
condizione associata a lesioni degenerative delle parti molli tipiche delle forme
reumatiche, autoimmunitarie e delle alte-
razioni metaboliche: l’ipertrofia delle
parti molli del seno del tarso finisce per
coinvolgere le terminazioni nervose del
seno con algie di varia intensità e distribuzione topografica.
La diagnosi di SST non è sempre agevole, trattasi generalmente di pazienti che
dopo diverse consultazioni e dopo aver
praticato svariate cure mediche stanno
sempre al punto di partenza. Dolore alla
digitopressione sul seno del tarso e presenza di batuffolo adiposo sono due elementi spesso patognomonici.
L’infiltrazione di anestetico locale all’interno del seno (10 cc di naropina) avvalora l’ipotesi diagnostica oltre ad avere
effetto terapeutico.
La terapia chirurgica (asportazione del
batuffolo di cellulare lasso allocato nel seno) è riservata ai casi ribelli alla terapia
ma con diagnosi accertata di sindrome del
seno del tarso. Nei casi associati con patologie delle parti molli, le stesse vanno
contestualmente risolte in associazione
allo svuotamento del seno stesso. Nei casi con coinvolgimento degenerativo del
complesso delle articolazioni periastragaliche vanno presi in considerazione interventi di fusione delle articolazioni particolarmente compromesse.
Fig 1: proiezione cutanea del SST
Fig.2: test di evocazione del dolore
9
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 10
IL CAMMINO DELLA MEDICINA
IL CUORE PERDE GLI ATTRIBUTI
CHE NE FACEVANO IL CENTRO
DELLE MANIFESTAZIONI
PSICO - AFFETTIVE
XXXIX – La circolazione sanguigna; entità viventi “più
numerose di tutti gli abitanti dei Paesi Bassi”, ed “ex ovo
omnia”
le gustative e del tatto, e i corpuscoli rossi del sangue.
Fabio Liguori
P
er la straordinaria sua novità, nel
XVII secolo s’impone in fisiologia
la scoperta della circolazione sanguigna. Formatosi a Padova all’insegnamento di Galileo e di Vesalio, nell’opera
“Exercitatio anatomica de motu cordis et
sanguinis in animalibus” (1628) l’inglese
William Harvey raccoglie in forma chiara idee fin’allora soltanto enunciate e non
suffragate da esperimenti pratici e conclusivi come i suoi. La geniale idea fu di
considerare il cuore come una pompa funzionante per forza muscolare che fa scorrere il sangue venoso dalla periferia verso
il centro. Le valvole cardiache lasciano
poi fluire il sangue dagli atri ai ventricoli,
e da questi rinviato alla periferia.
La scoperta di un “circolo chiuso e continuo” cancellava definitivamente la concezione galenica delle diverse fonti della
circolazione: il cuore per il sangue arterioso, e il fegato per quello venoso. E per
quanto concerne il polso, si metteva risolutivamente in relazione la pulsazione dell’arteria alla pressione esercitata
dalla contrazione cardiaca. Perdeva, il cuore, tutti gli attributi che
idealmente ne avevano fatto il
centro di manifestazioni psico-affettive (emozioni, sensazioni,
amore, odio), caratteristiche degli
emisferi cerebrali.
Restava sconosciuta la circolazione polmonare; ma Harvey aveva già intuito esserci una qualche
comunicazione tra arterie e vene
che portasse il sangue continua-
10
Perfette e complesse strutture organiche
mente in circolo. Sarà il bolognese Marcello Malpighi (1628-1694) a trovare il punto
di unione tra sistema arterioso e venoso,
scoprendo (1660) l’ultimo anello della circolazione sanguigna: i capillari, e la comunicazione tra vene e arterie a livello degli
alveoli polmonare. Vengono con ciò gettate le basi della teoria della respirazione.
Applicando i primi rudimentali microscopi all’osservazione di foglie e insetti,
Malpighi aveva anche iniziato la demolizione della teoria (ancora in auge!) della
“germinazione spontanea” ipotizzata da
Ippocrate, condivisa da Galeno, e persistita concettualmente per più di mille anni. Ed ora ammutolita di fronte alla straordinaria visione di perfette, complesse ed
eterogenee strutture organiche viventi che
la microscopia andava progressivamente
svelando. Nasce così l’istologia animale
e vegetale, e la medicina si arricchisce di
una nuova e feconda branca: l’anatomia
microscopica normale che permetterà a
Malpighi di osservare per primo le papil-
William Harvey (1628)
La figura più singolare della microscopia sarà quella di un dilettante, l’olandese
Anton Van Leeuwenhoek: un mercante di
tessuti che, nato a Delft (1632), non aveva mai messo piede in università, non conosceva altra lingua all’infuori del volgare olandese, e mai si sarebbe staccato dalla sua città natale. All’uso delle lenti il
mercante era stato trascinato dal suo mestiere: la conta dei fili dei tessuti.
Apportando continui miglioramenti al
microscopio, egli raggiunge ingrandimenti fino a 160 volte, e per primo riuscirà a osservare spermatozoi (1667) e protozoi
(1684) che, con stupore, definirà “più numerosi di tutti gli abitanti dei Paesi Bassi”.
Frattanto, gli scienziati del tempo concordavano sull’analogia tra l’apparato riproduttivo maschile e quello femminile
con la sola differenza nella collocazione
all’esterno o all’interno del corpo umano,
tanto che si riteneva essere l’ovaio un testicolo femminile, e che il concepimento
avvenisse per la miscela dello sperma maschile con uno femminile (la
cellula uovo non era stata
ancora individuata). Van
Leeuwenhoek non scriverà
libri, ma le sue scoperte
avranno tale pubblicità da
consentire all’anatomista
Reinier de Graaf (16411673) di scoprire i follicoli
ovarici. In contrapposizione
all’obsoleta
generazione
spontanea, il microscopio
decretava il definitivo principio: “ex ovo omnia”!
Microscopio di Hooke (1632)
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 11
Schegge Giandidiane N. 36b
L e molte ricor renze
da celebrare nel 2014
l’attuale Basilica di Granada: verrà a presiedere la Solenne Eucaristia il Superiore Generale del nostro Ordine, che inoltre nel pomeriggio coglierà l’occasione per
intrattenersi con i collaboratori di
Benevento e offrire una sintesi
della Carta d’Identità dell’Ordine, il
documento sul nostro stile d’assistenza ai malati, che fu distribuito
nel 2000 e che è stato riveduto nel
settembre 2012.
Forse non c’è nostro Ospedale
antico che abbia la fortuna, come
quello di Benevento, di vantare
così numerose e così esaurienti
pubblicazioni storiche, prime fra
tutte quelle dell’indimenticabile
don Giovanni Giordano, che ci
danno la possibilità di conoscerne
da vicino le vicende antiche. Per
chi, però, non ha tempo di consultarle, darò già ora – e poi qualche
altra volta nel corso dell’anno - veloci cenni, che spero riescano a
stuzzicare il desiderio d’andarsele
prima o poi a leggersele davvero,
costi quel che costi.
Benevento: l’Ospedale Sacro Cuore di Gesù in un disegno dell’arch. Michelini
F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 36b – Le molte ricorrenze da celebrare nel 2014
Del pari in aprile, ricorre il IV
Centenario della nostra presenza a
Benevento, dove l’allora presule,
card. Pompeo Arrigoni, c’insediò
con un contratto, sottoscritto il 22
aprile 1614 dal Superiore della nostra Provincia Napoletana, fra Filippo Martinez. Però il Comitato di
festeggiamenti in Benevento ha
preferito impegnarsi in tre iniziative
di valore soprattutto religioso che,
più che richiamare l’attenzione su
specifiche date storiche, aiutassero i
fedeli di Benevento a sentirsi in sintonia con noi nel ringraziare Dio dei
tanti favori che ci ha concesso per
ben assistere, nella routine di ogni
giorno come nelle emergenze più
drammatiche, un gran numero di
malati e di accidentati.
Un primo appuntamento sarà
per la festa di San Giovanni di
Dio, che verrà introdotta da una
mostra allestita nel Salone “Leone XIII” dell’Arciepiscopio e celebrata con un settenario in sette
successive Parrocchie cittadine e
la solenne conclusione alle 11
dell’8 marzo in Cattedrale, con
una Celebrazione Eucaristica che
sarà presieduta dall’arcivescovo di
Benevento. Un secondo appuntamento è previsto per la Festa del
Sacro Cuore di Gesù, che è il titolare del nostro Ospedale: si inizierà la mattina del 23 giugno nell’Auditorium con un Convegno
sul significato dei nostri quattro
secoli di presenza in città e farà seguito un Triduo serotino in Parrocchia, che si concluderà con
una solenne Concelebrazione, cui
interverranno anche le altre nostre Comunità della Provincia Romana. La chiusura delle celebrazioni del IV Centenario sarà il 28
novembre, giorno in cui si fa memoria della Traslazione delle Reliquie di San Giovanni di Dio nel-
205
N
el corso del 2014 son varie
le ricorrenze che il nostro
Ordine, ma soprattutto la
Provincia Romana, cercheranno
di doverosamente celebrare, come
minimo dedicandogli spazio nelle
pagine delle riviste, ma anche, se
parrà opportuno, organizzando sul
posto iniziative commemorative.
La maggiore ricorrenza è il Centenario della morte di S. Benedetto
Menni, avvenuta il 24 aprile 1914
a Dinan, in Francia ed è lì che
prenderanno avvio il 24 aprile le
celebrazioni a livello sia del nostro
Ordine, sia delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, da lui
fondate; la chiusura di questo speciale Anno Centenario avverrà
invece il 24 aprile 2015 a Ciempozuelos, in Spagna, dove se ne venera la tomba nella Casa Madre
delle sue Suore.
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 12
206
F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 36b – Le molte ricorrenze da celebrare nel 2014
Ho scelto d’iniziare col dare un
cenno all’inaugurazione dell’attuale Ospedale di Benevento, avvenuta il primo gennaio 1894, sicché se ne compie giusto questo mese il 120° anniversario. Personaggio chiave di codesto passaggio dal
vecchio al nuovo Ospedale fu fra
Pietro Maria De Giovanni (18421913), appartenente ad un’agiata
famiglia beneventana e del quale
tracciammo un’ampia biografia
nel gennaio 2013, poiché ne ricor-
reva il 12 febbraio il centenario
della morte. Qui ci limitiamo a ricordare che, pur avendo completato nel 1863 gli studi in Diritto
Civile, mai esercitò da avvocato,
non volendo sottomettersi al giuramento di fedeltà al re d’Italia,
che i cattolici, in ossequio alle direttive fornite dal Beato Pio IX,
consideravano un illegittimo usurpatore. Dopo un’esperienza di volontariato nel nostro Ospedale di
Napoli, De Giovanni decise di far-
Nell’atrio dell’Ospedale di Benevento spicca la data in cui fu benedetto
si religioso fatebenefratello e il 29
giugno 1876 ricevette l’abito di
Novizio a Roma nell’Ospedale
dell’Isola Tiberina, emettendovi i
Voti il primo luglio 1877 e restandovi di Comunità finché nel 1879
fu inviato come Priore a Benevento, dove giunse il 29 aprile e mantenne l’incarico fino al 1893. Egli
cercò di migliorare il vetusto
Ospedale di San Diodato, affidatoci nel 1614, ma l’angustia dell’edificio lo spinse a progettare la costruzione di un nuovo e più moderno Ospedale, che volle intitolare al Sacro Cuore di Gesù, utilizzando un terreno e i capitali avuti
in eredità dalla famiglia. La redazione del progetto, che prevedeva
oltre agli ambienti di ricovero anche un’assai spaziosa Chiesa, fu affidata all’ing. Vincenzo Ettore Satriano, che il 18 agosto 1885 ottenne il nulla osta della commissione edilizia. I lavori furono affidati all’Impresa di Luigi Zoppoli e
la posa della prima pietra fu benedetta il 15 ottobre 1885 da mons.
Antonio Scotti, che era il Vicario
Generale di Benevento.
Ci vollero molti anni per finire il
maestoso edificio, ma nel 1893 già
erano ultimati i Servizi essenziali
ed erano disponibili i primi 30 posti letto, sicché il 6 aprile il presule, che era il card. Camillo Siciliano di Rende, venne a benedire i locali e perciò nell’androne dell’Ospedale spicca nel pavimento la cifra di tale anno. A custodire l’edificio vi si insediò l’11 settembre la
prima Comunità Religiosa, formata dal Priore fra Giovanni di Dio
Frizza, dal medico chirurgo fra Stefano Maria Signorini e dal farmacista fra Meinrado Orsenigo, ma le
pratiche per l’agibilità dell’edificio
e per l’approvazione del Regolamento interno si protrassero a tal
punto, che l’accettazione dei primi
malati, per i quali nel frattempo
erano stati ultimati 60 posti letto
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 13
complessivi, iniziò solamente il
primo gennaio 1894. La sera prima, gli ultimi confratelli lasciarono per sempre le mura del San
Deodato e s’unirono alla nuova
Comunità, mentre fra Pietro Maria De Giovanni passò ad essere il
Priore dell’isola Tiberina.
“Non c’è alcuno che venendo la prima volta a Benevento non si fermi al
cancello del giardino che circonda la
Casa di Salute, e non si meravigli come
in una città di Provincia sia sorto un
Ospedale così grandioso. La facciata
prospiciente il viale manifesta da sola
che l’interno del fabbricato deve rispondere senz’altro alle esigenze più minute
dell’Ingegneria Sanitaria Moderna.
Nel vestibolo d’ingresso, a mano sinistra di chi entra è posta la farmacia
con l’annesso laboratorio e magazzino di deposito dei medicinali, a destra
il dispensario gratuito dei poveri. Alla farmacia si accorre fidenti da tutti
i Comuni della Provincia e anche da
molte delle Province limitrofe; e tutti
finora si mostrarono contenti sia della qualità dei medicinali somministrati a mitissimi prezzi, sia delle maniere gentili e cortesi con le quali si corrisponde alle innumerevoli esigenze
del pubblico da parte dei Frati preposti alla farmacia.
Di fronte al vestibolo è posta la scala di accesso ai piani superiori della
Casa di Salute. E qui mi si permetta
di far cenno innanzi tutto della bella
Immagine della Vergine Immacolata,
alla quale s’inchinano reverenti e de-
voti tutti coloro che vengono a chiedere conforto e salute alla Casa di
Giovanni di Dio. È stato felice il pensiero di far trovare in quel punto ai visitatori ed agl’infermieri la effige della madre di Gesù Cristo. È da essa
che viene rivolto a tutti il primo saluto della carità e della pace. In questo
santo luogo, pare che essa dica, voi
troverete la salute del corpo, e quella
dell’anima. All’una provvederanno
con tutti i mezzi che offre la scienza i
sanitari addetti al Pio Istituto; all’altra vi condurranno i buoni Frati sotto l’egida del santo loro Padre e Fondatore Giovanni di Dio.
È questo il linguaggio che a tutti parla quella bella Effigie della Vergine, ed
io son sicuro che tutti i poveri infermi
alla vista dell’Immagine Santa si sentano più confortati nell’anima quando mettono piede sulla scala che conduce al piano superiore.
La scala è agevole e piana. Se l’architettura della casa è ammirevole
sotto tutti i rapporti, ammirevolissima
e degna dei maggiori encomi è l’architettura della scala.
F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 36b – Le molte ricorrenze da celebrare nel 2014
In occasione della riconferma di
fra Giovanni di Dio Frizza a Priore
di Benevento, il padre Felice Nuzi, missionario del Preziosissimo
Sangue, pubblicò un opuscolo che
ci permette di farci un’idea precisa
di come appariva l’Ospedale nel
1899, sicché merita riprodurne alcuni passaggi:
Ai piedi della Madonna di Lourdes i frati, le suore e il cappellano dell’Ospedale
207
L’8 marzo seguente fu aperta al
pubblico la Farmacia che, come si
legge nella Cronaca della Casa, “riscosse l’immediata fiducia non solo
dei Beneventani, ma anche dei forestieri, specialmente per la freschezza
dei medicinali, la mitezza dei prezzi e
la scrupolosità nella spedizione delle
ricette”. In quegli anni una Cappella interna sostituiva la Chiesa,
che fu infine ultimata nel 1897,
sicché il 4 marzo la consacrò il
card. Camillo Siciliano di Rende e
dalla Cronaca della Casa ricaviamo che a quel momento la Comunità Religiosa era composta dal
Priore fra Giovanni di Dio Frizza,
dal cappellano padre Giuseppe Patano, dagli infermieri fra Marco
Picchi e fra Raffaele Di Maro, dagli assistenti di farmacia fra Gregorio Adriatico e fra Gaetano Catuogno, dal sacrestano fra Beniamino Rovetta; presenti alla cerimonia furono anche vari confratelli venuti da Roma, tra cui “il benemerito fondatore M. R. P. Pietro
De Giovanni, e P. Giov. Battista Orsenigo, Fondatore del Sanatorio di
Nettuno”.
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 14
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F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 36b – Le molte ricorrenze da celebrare nel 2014
Per quanto io sappia, è la più splendida e comoda scala che sia stata costruita in Benevento. L’ampiezza dei
gradini, e l’agevole svolgimento dei
medesimi rende facile a tutti l’accesso ai piani superiori.
Il trattamento che si fa agli infermi
è quanto di meglio si possa desiderare. A prescindere dai Frati, i quali
meritano tutti senza distinzione la
maggior riverenza e rispetto, sono degni anche di somma considerazione
gl’inservienti dello Stabilimento. La
loro pietà e sollecitudine a vantaggio
dei poveri sofferenti li colloca in una
categoria molto superiore a quella dei
servitori prezzolati. Essi prestano la
loro opera con tanta dignità e rispetto da riuscire difficile distinguerli dal
personale della comunità religiosa; ed
auguro a tutte le Case di Salute di
avere inservienti di simil fatta.
L’assistenza medico-chirurgica è prestata da quattro fra i più anziani ed
egregi sanitari del paese, quali sono i
D
DirettoreA
Artistico
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Barbera
dottori Cav. Carrano,
Sertoli,
Maiatico, Barricelli, della cui opera io ritengo che la
Casa di Salute abbia avuto sempre
a lodarsi nelle normali e straordinarie contingenze
dell’Istituto. V’è
anche un servizio
speciale di oculistica, e il Prof. G.
Moyne che viene
da Napoli ogni
settimana a prestare la sua opera
efficace e, direi
quasi, prodigiosa
a vantaggio dei poveri infermi, viene
salutato da tutti
come un angelo
consolatore”.
Sperando di tornare in altre occasioni a raccontare le ulteriori
vicissitudini di quell’arioso edificio, passo ora ad accennare ad altre celebrazioni in programma
nei prossimi mesi del 2014. A
Manila il 22 febbraio c’è la solenne chiusura del XXV dell’insediamento in Diocesi di noi Fatebenefratelli e delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù.
Sia noi sia loro ricevemmo in tale giorno la lettera di permesso
del presule, che era allora il card.
Giacomo L. Sin, sicché insieme
ci recheremo nella cripta della
Cattedrale a pregare sulla sua
tomba, e lì fra Eldy L. de Castro,
Delegato Provinciale nelle Filippine, celebrerà una Messa privata di ringraziamento. Alle dieci
del mattino ci sarà invece a Pasig,
nella Parrocchia di San Giuda
Taddeo, la Messa Ufficiale di
Chiusura del XXV, presieduta dal
locale presule, mons. Mylo Hubert C. Vergara.
A Nettuno in marzo verranno allo stesso tempo commemorati i 150
anni che il celebre dentista fra Giovanni Battista Orsenigo (18371904) ricevette l’abito da frate e i
125 anni che diede il via in Nettuno alla costruzione di quell’Ospedale che poi sarebbe stato ricordato col suo nome e nella cui Cappella è custodita la sua tomba. Intitolata a lui, è sorta da quasi dieci
anni a Nettuno un’Associazione
Culturale, formata soprattutto da
medici, che quest’anno ha programmato per il pomeriggio di sabato primo marzo un Convegno su
fra Orsenigo, con il Patrocinio del
Comune, che ha messo a disposizione le sale del Forte Sangallo, dove già nei giorni precedenti verrà
esposto diverso materiale iconografico, messo a disposizione da Alberto Sulpizi, docente di Storia del
Territorio Nettunese: il Convegno
si svolgerà dalla 15,30 alle 19 nella Sala dei Sigilli al piano alto del
Forte e prevede interventi di Sulpizi, che parlerà dell’antica Nettuno; del dr. Vincenzo Monti, che rievocherà le vicende dell’Ospedale,
il cui suolo fu acquistato l’11 giugno 1889; e di me, che son stato
chiamato a dire qualcosa del mio
confratello fra Orsenigo, visto che
anch’io ho ricevuto l’abito da fatebenefratello esattamente mezzo secolo fa, il 26 gennaio 1964, ossia
l’anno che la matita dell’argentino
Quino iniziò a disegnare Mafalda,
la bimba dalle domande impertinenti, sicché me ne faranno anche
a me di non meno impertinenti.
Chiudo questa veloce lista delle
ricorrenze del 2014 accennando a
due di cui ancora non ci son notizie su come saranno celebrate: si
compiranno il primo novembre 25
anni della Canonizzazione di San
Riccardo Pampuri; e il 26 dello
stesso mese si compiranno 50 anni
dell’Erezione Canonica della nostra Comunità di Palermo.
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 15
“I L M E L O G R A N O ”
VEN. SUOR MARIA WILSON,
VERO ANGELO DI CARITÀ
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
L
o scorso ottobre Papa Francesco
ha autorizzato la promulgazione
del Decreto che riconosce le virtù
eroiche della Venerabile suor Maria di
San Francesco Wilson, che fondò le Suore Francescane di Nostra Signora delle
Vittorie, alle quali mi sento assai legato
perché nel 1975, mentr’ero a Roma il
Priore dell’Ospedale San Pietro, risposero con generosità al mio appello ad aprire in esso una loro Comunità per prodigarvisi nel servizio ai malati; e perché nel
1995 potei aiutarle ad aprire una loro Comunità nelle Filippine, sicché auspico di
cuore che tale Decreto incrementi la devozione dei fedeli e che per intercessione di suor Maria Wilson ci siano presto
dei miracoli che consentano di proclamarla Beata.
Suor Wilson nacque il 3 ottobre 1840 in
India a Hurryhur (Mysore) da genitori inglesi, che l’educarono nella religione anglicana. Morta la madre, rientrò con la famiglia in Inghilterra nel 1842. Durante un
soggiorno in Francia si sentì attratta dalla
religione cattolica e vinse le ultime esitazioni il 30 aprile 1873, dopo aver a lungo
invocato la Madonna stringendo al petto
una statuetta di Nostra Signora delle Vittorie, che è venerata a Parigi. L’anno dopo tornò in Francia, facendosi terziaria
francescana e diplomandovisi infermiera,
sicché poi lavorò per un triennio nell’Ospedale londinese di San Giorgio.
Nel 1881 si recò nell’isola portoghese
di Madera per assistere un’inglese tisica, poi rientrata in patria l’anno dopo,
ma lei non se ne mosse più, impegnandosi con l’appoggio del vescovo nel dispensario per i poveri e dedicandosi alla catechesi dei bambini, all’educazione
degli orfani e a sempre nuovi impegni
sociali, trovando delle giovani native
che le si affiancarono e con le quali avviò nel 1884 quella che sarebbe divenuta l’attuale Congregazione, approvata
dalla Diocesi nel 1896 e che andò contando varie Comunità nell’isola, riconosciute dal Governo nel 1901. La denominazione di Suore Francescane di Nostra Signora delle Vittorie nacque dalla
sua gran devozione per il Poverello,
quale terziaria francescana, e da quella
a Nostra Signora delle Vittorie, cui si
sentiva debitrice della propria conversione alla fede cattolica.
Piatto ricordo dell’arrivo delle Suore nell’Ospedale San Pietro nel 1975
Venerabile Suor Maria Wilson
Le suore furono così apprezzate per il loro addossarsi nel 1907 la responsabilità
del Lazzaretto in una tremenda epidemia
di vaiolo, che il re insignì suor Wilson della più alta onorificenza portoghese, ossia
il cavalierato dell’Ordine della Torre e
Spada, il cui collare si può notare nella foto qui in alto, che fu scattata in quella occasione. Ma nel 1910, col passaggio a Repubblica, fu negata la personalità giuridica a tutti gli Istituti Religiosi e suor Wilson, quale straniera, fu addirittura espulsa da Madera. Varie sue suore però, pur
obbligate a deporre l’abito religioso, seguirono in secreto a rinnovare i Voti e alcune poche anche a lavorare in due Comunità, finché nel novembre 1911 suor
Wilson poté tornare a Madera, riunendole di nuovo prima che morte la cogliesse
il 18 ottobre 1916 nel Convento di San
Bernardino a Camara de Lobos. La salma
fu traslata nel 1939 a Funchal e il Processo di Canonizzazione iniziò nel 1991.
Le suore divennero di diritto pontificio
nel 1967 e sono oggi diffuse non solo a
Madera, ma anche in tutto il Portogallo,
nelle Azzorre, nel Mozambico, in Italia,
in Inghilterra, in Germania, in Brasile, in
Sudafrica, nelle Filippine, in Angola, in
India, nel Congo, in Timor e in Tanzania.
Alle suore è affiancata l’Associazione
“Amici di Suor Wilson”, approvata nel
2002 dal Dicastero Vaticano, nella quale
i laici sono invitati a farsi anche loro angeli di carità nell’ambiente in cui vivono.
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ANIMAZIONE GIOVANILE
FRATERNITÀ E PACE
COME STILI DI VITA!
Fra Massimo Scribano, o.h.
D
opo il clima natalizio che ci ha visti impegnati a fare memoria del
mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, ora siamo tornati al Tempo
Ordinario, dopo la celebrazione del Battesimo del Signore, che chiude il Tempo
Natalizio.
Come tutti sappiamo è consuetudine che
il primo gennaio, il Sommo Pontefice dia
un messaggio per la giornata mondiale
per la pace. E proprio da questo messaggio voglio partire e riflettere con voi, in
questo mio articolo.
Leggendo il messaggio, già dal titolo
possiamo scrutare cosa Papa Francesco
voglia trasmettere a tutto il mondo: “Fraternità, fondamento e via per la pace”.
Sembra quasi un richiamo e un invito da
parte del Papa a voler puntare e investire
la nostra esistenza sulla pace. Ma come
operare in modo pacifico per meglio conformarci nella beatitudine evangelica
“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio? (Mt 5,9).
La Sacra Scrittura è maestra in tutto
questo, ma ancora di più Cristo è stato
per eccellenza l’operatore di pace. Il
mondo e l’esistenza umana è sempre in
costante ricerca della pace, ma non riesce a trovarla, perché “Dio ci ha fatti
per Lui, e il nostro cuore è inquieto finché non trova quiete in Lui” (fecisti nos
ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te), ci suggerisce sant’Agostino nelle Confessioni. La società di oggi non cammina con Dio, anzi
vuole fare tutto senza Dio, non ha bisogno di Dio o meglio crede di non averne bisogno. Purtroppo questa forma
mentis è diffusa in tutte le persone e anche nei giovani. Non lasciatevi rubare la
speranza, ha ribadito Papa Francesco e
questo monito è ancora vivo e pressante
per poter risollevare il cuore e la mente
di ogni essere umano che vive in condizioni a volte pietose. Siamo stati creati
per vivere dignitosamente e solo con
Dio questo può avvenire, togliendo Dio
dalla nostra vita abbiamo tolto il respiro
e la capacità di vivere.
“Chi accetta la vita di Cristo e vive in
Lui, riconosce Dio come Padre e a Lui
dona totalmente se stesso, amandolo sopra ogni cosa. L’uomo riconciliato vede
in Dio il Padre di tutti e, per conseguenza, è sollecitato a vivere una fraternità
aperta a tutti. In Cristo, l’altro è accolto e
amato come figlio o figlia di Dio, come
fratello o sorella, non come un estraneo,
tantomeno come un antagonista o addirittura un nemico. Nella famiglia di Dio,
dove tutti sono figli di uno stesso Padre,
e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono “vite di scarto”. Tutti
godono di un’eguale e intangibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di Cristo, morto in
croce e risorto per ognuno. È questa la
ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli
(messaggio per la pace papa Francesco).
Fraternità è la parola chiave per poter
vivere in pace con se stessi e con gli altri. È una condizione prioritaria se vogliamo che la nostra esistenza cambi rotta e abbia un risvolto positivo. Siamo
bombardati dagli impegni quotidiani, il
lavoro, la famiglia, lo studio sono tutte
situazioni necessarie per vivere ma se
usate con equilibrio e offrendo il proprio
tempo a Dio lo stress che vediamo attorno a noi probabilmente non esisterebbe.
L’invito del Sommo Pontefice risulta
calzante e molto attuale: facciamo della
nostra vita un capolavoro, poiché il Maestro è Dio che ci ha creati a sua immagine
e somiglianza, per poter dire di noi stessi
“Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era
cosa molto buona” (Gn 1,31).
Ringraziamo il Signore per averci donato un pontefice capace di fraternità e
di tenerezza e chiediamo a Lui una forte
volontà di comunione con lui e la docilità ai suoi insegnamenti. Buon inizio di
anno in fraternità!
Per informazioni sulle attività di Pastorale giovanile o consultazioni sull’orientamento vocazionale consultate il sito www.pastoralegiovanilefbf.it o mandateci una mail all’indirizzo: [email protected]
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PA G I N E D I M E D I C I N A
LA SINDROME DA DOLORE
PELVICO CRONICO NELL’UOMO
Franco Luigi Spampinato
L
a Sindrome da Dolore Pelvico Cronico nell’Uomo è un insieme di
quadri clinici che hanno come denominatore comune la presenza di Dolore
Pelvico Cronico, soggetto, nel corso del
tempo, a periodi di attenuazione ed esacerbazione. È un quadro relativamente di
frequente osservazione negli Ambulatori
Urologici in Uomini da 30 a 60 anni.
Il Dolore Pelvico Cronico spesso comporta importanti ripercussioni di tipo psicologico, fino ad arrivare a veri e propri
stati ansioso-depressivi. Purtroppo il fatto che non sempre è possibile un adeguato inquadramento eziologico e clinico e di
conseguenza un’efficace terapia risolutiva, spiega perfettamente tutte le implicazioni di carattere clinico, psicologico e relazionale di tale tipo di Patologia.
La sintomatologia presentata dal Paziente può essere varia, con dolenzia persistente alla regione sovrapubica, spesso irradiata alle regioni perineale e scrotale, a
volte più evidente in caso di vescica piena. Il dolore viene riferito di tipo continuo,
gravativo o puntorio, soggetto talvolta a irregolari periodi alternati di remissione ed
esacerbazione. La minzione e l’eiaculazione risultano spesso dolorose.
Le prime cause da ricercare sono le Infezioni Batteriche della Prostata, definite
come Prostatiti Batteriche. Esse possono
decorrere in forma acuta, con possibile
evoluzione in forma subacuta e cronica, a
causa della particolare conformazione
ghiandolare, della non adeguata penetrazione antibiotica nei tessuti, della carica
batterica e della loro virulenza. Le Prostatiti Batteriche possono complicare l’Iperplasia Benigna della Prostata e il Carcinoma Prostatico. Un’altra causa è la
Prostatite non Batterica, in cui non si repertano batteri nel secreto prostatico, pur
avendo questo parametri di tipo infiammatorio.
In altri casi la Prostata risulta dolente alla palpazione, con presenza di sintomatologia dolorosa soggettiva, anche se nel secreto prostatico non si repertano batteri né
altri elementi infiammatori.
Un’altra possibile causa, anche se molto rara nell’Uomo, è la Cistite Interstiziale, quadro clinico molto complesso e a tutt’oggi non perfettamente definito, consistente in un’alterazione degenerativo-infiammatoria della mucosa vescicale.
Sono state formulate varie ipotesi sulla
fisiopatologia del Dolore Pelvico Cronico.
Gli unici quadri che sembrano avere migliore definizione sono quelli relativi alle
Prostatiti Batteriche, in quanto il rapporto di causalità tra Infezione Batterica, Infiammazione e Quadro Clinico sembra
sufficientemente esaustivo.
Diverso è il quadro delle Prostatiti non
Batteriche, nei loro aspetti Infiammatorio
e Non Infiammatorio, che rientrano nei
quadri di Dolore Pelvico Cronico di difficile inquadramento clinico e conseguentemente terapeutico.
Purtroppo, a tutt’oggi, la Sindrome da
Dolore Pelvico Cronico non è stata ancora soddisfacentemente definita. Le cause
sembrano molteplici, comportando l’ipotesi di un concorso di più fattori tra loro
variamente combinati, Genetici, Fisiologici, Neurologici, Neuromuscolari, Endocrini, Immunologici, Psicologici. Alcuni
studi recenti hanno preso in considerazione l’attività degli Androgeni, del Sistema
Adrenergico, degli Estrogeni, del Sistema
Immunitario, nelle relazioni Stroma-Epitelio Prostatico. D’altra parte altre ricerche hanno definito che l’Infiammazione
non può rappresentare il solo meccanismo
fisiopatologico della Prostatite non Batterica. Si è ipotizzata quindi una correlazione tra Infiammazione e sintomatologia
dolorosa, studiando anche alcuni mediatori dell’Infiammazione, come le Citochine prodotte dai leucociti, dalle cellule endoteliali ed epiteliali.
Inoltre è stato ampiamente documentato che, in generale, le Citochine possiedono un importante ruolo nella modulazione della sintomatologia dolorosa, pertanto è possibile che un aumento delle Citochine o una riduzione dei loro inibitori
possa essere collegato a un aumento della sintomatologia dolorosa.
Purtroppo le Opzioni Terapeutiche sono
ancora oggetto di discussione.
I Farmaci Antinfiammatori non Steroidei, gli AlfaLitici selettivi, la Dutasteride,
sono caratterizzati da importanti effetti
collaterali negativi.
Una categoria di farmaci che ha trovato
favorevole indicazione nel trattamento
della Sindrome da Dolore Pelvico Cronico nell’Uomo è quella dei Fitofarmaci.
Sono stati impiegati a tale scopo il
Pygeum, la Serenoa, l’Urtica Dioica, la
Cucurbita, la Segale Cereale, la Boswella, la Griffonia.
Gli effetti collaterali, tranne possibili
reazioni allergiche, sono molto scarsi.
La loro azione sembra essere in parte antiandrogena e antiestrogena, ma la loro
caratteristica principale è quella di possedere una significativa attività antinfiammatoria, con inibizione della Citochina,
della Lipossigenasi e della Ciclossigenasi, inoltre inibiscono la proliferazione cellulare indotta dal BetaFGF e favoriscono
l’Apoptosi.
In conclusione possiamo affermare che,
a fronte degli importanti disturbi soggettivi e psicologici, tale Sindrome è sostenuta da Patologie non Maligne, anche se
è comunque sempre opportuno eseguire
tutti gli accertamenti urologici del caso
per escludere la presenza di Patologie
Maligne concomitanti e per definire
quanto meglio possibile la Malattia Causale della Sindrome da Dolore Pelvico
Cronico presentata dal Paziente.
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A.F.Ma.L
VOLONTARI A.F.MA.L.:
“SULLA STRADA DI CRICCHIO”
Antonio Canestrari
L
’équipe medica, formata dal dott.
Antonio Canestrari, dott. Marco
Peresson e dott. Raffaele Pilla,
professionisti volontari dell’Ospedale
San Pietro Fatebenefratelli di Roma e dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento, si è recata a Thies in Senegal, dal
21 novembre al 7 dicembre scorso, per
svolgere la seconda missione umanitaria
per la prevenzione e la cura di epilessia e
malattie mentali.
Al nostro arrivo tutto ci è sembrato strano, diverso, per come siamo abituati a organizzare il lavoro. Nel Centro Dalal Xel
di Thies accedono pazienti senza aver preso un appuntamento, arrivano la mattina
presto, si registrano, e aspettano di essere
chiamati per effettuare una visita. Attendono anche per ore senza mai protestare.
I pazienti provengono oltre che dalla città, anche dai villaggi o cittadine vicine,
perché il Centro è l’unico nella Regione a
occuparsi di patologie neurologiche.
Il loro Sistema Sanitario non prevede
convenzioni e tutte le prestazioni sono a
pagamento. I pazienti che abbiamo visitato, anche molti bambini, erano quasi tutti
affetti da epilessia, anche con forme gra-
vi (stato di male epilettico da probabile
malaria, e altre importanti forme di epilessia), spesso mal controllate da una inadeguata terapia. La difficoltà che abbiamo
incontrato è stata quella di non poter gestire la terapia del paziente, sia per la difficoltà di reperire farmaci specifici, sia per
le difficoltà economiche delle famiglie
che non potevano permettersi di pagare i
nuovi farmaci.
Le giornate sono trascorse velocemente piene di lavoro, ma anche di emozioni, di conoscenza di abitudini e stili di vita molto diversi dai nostri. Tutto scorre
lentamente senza particolari sollecitazioni e stress tipici del nostro modo di vivere. Abbiamo dedicato due giornate per
partecipare a una “Carovana Medica”
nella città di Kaolac, durante la quale abbiamo visitato alcuni pazienti affetti da
patologie neurologiche. In questa occasione abbiamo avuto degli incontri con
un’importante ginecologa locale, durante i quali abbiamo consigliato di programmare una campagna informativa
per convincere le donne a partorire nelle
strutture sanitarie presenti sul territorio o
negli ospedali, al fine di limitare le sofferenze da parto dei nascituri che sono
una delle cause dell’epilessia.
Dr. Peresson visita una bimba affetta da epilessia
18
Da sinistra: dr. Pilla, fr. François,
fr. Jean, dr. Canestrari
In un’altra giornata siamo andati a consegnare presso una scuola cattolica di un
villaggio, il materiale didattico acquistato
con fondi personali e con i soldi raccolti
durante una cena di beneficenza. In questa
occasione, viste le notevoli difficoltà economiche che questa scuola ha per mantenere il normale svolgimento delle lezioni,
gli insegnanti ci hanno fornito una lista
delle cose più necessarie di cui hanno bisogno e proposto di trovare una scuola italiana disposta a effettuare un gemellaggio.
La nostra permanenza in Senegal è stata un’esperienza unica della quale restano
indelebili nella memoria alcuni momenti:
le partite di pallone, per strada o su un
marciapiede, giocate con un pezzo di stoffa con i bambini del luogo che impazzivano di gioia a ogni rete segnata; la cordialità e l’ospitalità del popolo senegalese; il sorriso dei loro bambini incuriositi
nel vedere, anche per la prima volta, il
Toubab (uomo bianco); le grandi differenze sociali tra la popolazione; la felicità dei bambini e degli insegnanti quando
siamo andati a consegnare il materiale didattico; l’indescrivibile cielo stellato dell’Africa; i tramonti nella savana; l’ospitalità di frère Francoise, Jean, Pier, la comunità religiosa di Thies.
Alla fine ti resta dentro tanta nostalgia e
la voglia di ritornare al più presto…forse
l’insieme di queste emozioni è quello che
chiamano il mal d’Africa.
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OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO
FESTA
DEL BAMBINO PREMATURO
Gennaro Vetrano
L
a “Giornata del bimbo prematuro”
è giunta alla sua 10a edizione consolidando le caratteristiche di ospitalità e di accoglienza dei “Fatebenefratelli”. In occasione delle Festività Natalizie, i Collaboratori del Reparto di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale “Sacro Cuore di Gesù” di Benevento, hanno organizzato, con cura e
amore ormai consueti, la manifestazione,
componenti dell’équipe e, pertanto, ha espresso gratitudine,
in particolare al personale infermieristico e alla coordinatriDa sinistra: dr.ssa Sorrentino, dr. Vetrano,
ce infermieristica, suor Maria
suor Maria Grazia
Grazia. La signora Felicia Sabrina Dell’Anno, infermiera pediatrica dato pieno valore all’impegno assistendell’UTIN, ha portato i saluti e l’affetto di ziale e di amore dei collaboratori. Sono
tutti i Collaboratori, ricordando che, ac- intervenuti anche altri genitori e bambicanto a chi è in festa, si è sempre vicini an- ni, che, con viva emozione, hanno espresso i propri sentimenti di soddisfazione e
gratitudine; in particolare, genitori di altre Province e di altre Regioni hanno dichiarato di essere stati “fortunati” ad aver
vissuto un’esperienza di vita così importante per loro con noi. Infine, dopo una
carrellata di immagini di piccoli del nostro reparto, il coro di bambini “Mani Incanto” della Scuola “Madre Orsola Mezzini” di Benevento ha eseguito canzoni
natalizie.
Partecipanti alla festa
che si è tenuta il 3 gennaio alle ore 15,30
presso gli ambienti del Centro Congressi.
Il primo pensiero per chi ha partecipato alle edizioni precedenti è stato quello di accertare che la “Famiglia” si è realmente
ampliata. I locali, infatti, si sono rivelati
stretti per ospitare tutti, a conferma che lo
scopo di rivedere i piccoli, da noi assistiti, insieme ai loro genitori e familiari in un
clima di festa e di gioia è stato pienamente raggiunto. Sono intervenuti il superiore fra Angelico, il direttore sanitario,
dott.ssa Adriana Sorrentino e il direttore
dell’Area Amministrativa e AA. GG. dell’Ospedale, dott. Giovanni Carozza, che
hanno porto i saluti di benvenuto a tutti i
partecipanti della manifestazione. Il dott.
Gennaro Vetrano, primario dell’Unità di
Pediatria/Neonatologia/UTIN, ha ricordato che gli ottimi risultati ottenuti sono
dovuti alla qualità e all’impegno di tutti i
che a chi soffre e, al riguardo, ha invitato
a parlare la madre di una piccola che non
ce l’ha fatta; la testimonianza di questa
madre è stata molto preziosa, perché ha
La manifestazione si è chiusa con abbracci, strette di mano calorose tra genitori, medici, personale e infermiere che si
sono conosciuti in attimi di smarrimento
in un giorno il cui ricordo lentamente svanisce per cedere alla meraviglia e all’entusiasmo di rivedere bambini cresciuti
rincorrersi felici e giocare irrequieti come
è normale che facciano i bambini.
Il coro della scuola Madre Orsola Mezzini
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OSPEDALE SAN PIETRO - ROMA
LA VIA DI FRANCESCO
pranzo e qualche volta alla cena, ma poco
prima dello spettacolo, come d’incanto,
quel coacervo di voci in libertà, qualcuna
pure stonata, è divenuto magicamente corale e armonico. Quel coro avrebbe fatto
invidia ai cori più famosi e conosciuti.
I ritmi sincopati di “Forza Venite Gente”,
20 Dicembre 2013 Festa di Natale
Francesco interprete del Vangelo
Carlo Dalia
N
egli ultimi tempi a Roma il nome
di Francesco è divenuto molto
popolare, forse anche più di nomi come Cesare, Augusto, Fabrizio.
Tutto è nato dalla idolatria di Francesco
Totti, “ennesimo ottavo re di Roma”. Poi
mischiando sacro e profano, come sempre
accade nella capitale, è arrivata prepotentemente la dolcezza di Papa Francesco, il quale ha catalizzato e catalizza quotidianamente l’attenzione delle persone di tutto il mondo e in special modo quelle della capitale.
Non potevamo mancare noi del San Pietro... Così, in perfetta simbiosi, il Movimento dei laici e la pastorale sanitaria del
San Pietro hanno deciso di rappresentare
il cammino di san Francesco come testimonianza di un Natale diverso che ponesse al centro “l’uomo” e non la sua proiezione edonistica.
La macchina è stata allestita in poco tempo. Il coro de “Le note del Melograno”, incurante della sua inesperienza, ha selezionato alcuni dei brani più belli e impegnativi dell’opera “Forza Venite Gente”. Il
Il coro “Le note del Melograno”
dott. Failla ha selezionato alcuni fioretti di
san Francesco, fra Michele e fra Celestino hanno acquistato i doni natalizi per i
bambini. Tutto era pronto!
Due ore di spettacolo con canti, musica e
letture: il tutto alla presenza di Babbo Natale! Mesi di prove, rinunciando spesso al
“E volare volare”, “Laudato sii” hanno avuto l’effetto di trascinare i trecento spettatori e di trasformare la Chiesa del San Pietro
in un mega coro Gospel dove grandi e piccini si sono divertiti ad ascoltare e a ritmare
queste canzoni. Molta commozione hanno
provocato le canzoni “Natale a Greccio”,
“Francesco va” e “La luna”. La premiata
ditta “Fabio e Massimo Fatello Orsini”, ha
dato prova della sua bravura e della sua
passione cimentandosi in assoli di impareggiabile maestria. Una citazione merita
anche la solista Silvia Roberti che ci ha fatto entusiasmare con la sua “vocina”.
Tra una canzone e l’altra vi sono stati anche momenti di forte spiritualità: la sentita
lettura dei fioretti di san Francesco da parte
di fra Michele Montemurri, fra Celestino
Fiano, Carmela Reale, Lorenzo Contini,
Andrea Giovannini e fra Gerardo D’Auria
il quale, rivolto ai bambini, ha narrato il suo
fioretto come fosse una fiaba, riscuotendo
molta simpatia e tanti complimenti.
Il coro “Le note del Melograno”
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La serata si è conclusa con dei canti natalizi: Bianco Natale e Jingle Bells sono
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stati i cavalli di battaglia del coro, che ha
visto il debutto delle calde voci soliste di
Ornella Fosco e David Tursi e di un quintetto di giovanissime coriste: Alessia,
Aurora, Allegra, Elisabetta e Marianna,
che di sicuro avranno futuro! Gran finale
con “Tu scendi dalle stelle”, cantata da
grandi e piccini, in un divertentissimo
“caos armonico”, concluso con l’arrivo di
due Babbo Natale, che prima hanno donato ai bambini presenti i simboli della natività e tanti dolciumi, e poi sono andati nei
reparti ad allietare i malati. Alla fine è stato il tempo dei saluti. Il Padre Provinciale ha salutato tutti augurandosi a presto altri incontri.
Molto sentito è stato il caloroso ringraziamento del direttore Giuseppe D’uva,
vero e proprio deus ex machina del Coro,
il quale nel ringraziare tutti i partecipanti,
ha rivolto un emozionante saluto a tutti i
malati del nostro ospedale e in particolare a due nostri amici e colleghi che non
erano presenti in quella serata.
In conclusione un plauso va fatto ai
“professori” d’orchestra Gianluca Battisti - tastiere, Andrea Barone - chitarra,
Giovanni Cardone - mandolino e Rossana Serafino – percussioni; alle costumiste Chiara Piraccini ed Eleonora D’Este;
ai Babbo Natale Antonello Di Giovan-
“COLUI CHE NON GUARDA
LE SFIDE, CHE NON RISPONDE
ALLE SFIDE, NON VIVE”
Omelia di Papa Francesco agli Universitari
Walter Tatangelo (Studente 3° anno - Corso di Laurea in Infermieristica)
E
rano le 16.30 circa del 30 novembre
quando una delegazione di studenti
“futuri infermieri” dell’Ospedale
San Pietro Fatebenefratelli ha concordato
un appuntamento nei pressi del colonnato
dell’omonima basilica per assistere all’incontro che il Santo Padre ha fortemente voluto con gli universitari, per iniziare il nuovo Anno Liturgico e il cammino di Avvento che ci porterà al Santo Natale.
Già nei vicoli adiacenti la Basilica si respirava un’aria particolare; un’atmosfera
magica e festosa avvolgeva quell’enorme
e incantevole piazza gremita di studenti
provenienti da ogni dove; emozionante
era la fila composta da migliaia di persone che si prolungava in maniera ordinata
e diligente da una parte all’altra della piazza, pur di ottenere un posto all’interno della Basilica. Verso le 17.30 Papa Francesco
fa il suo ingresso all’interno della Basilica ed è lì che improvvisamente scende sulla piazza un silenzio “assordante” e solenne colmato dalla maestosità delle parole del Santo Padre che, guidato dalla
Lettera ai Tessalonicesi (1Ts 5, 23-24),
per sottolineare come la preoccupazione
di san Paolo sia valida anche per noi cristiani di oggi, cosi esordisce: “La pienezza della vita cristiana che Dio compie negli uomini è sempre insidiata dalla tentazione di cedere allo spirito mondano. Noi
siamo deboli, ma abbiamo un forte alleato: la fedeltà di Dio che mai delude e questo ci dà sicurezza, anche per affrontare
grandi sfide; non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide.
Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive”.
Stupefacente è la naturalezza con cui il
Santo Padre con appena una frase, la prima frase della sua omelia, sia già riuscito
a catturare le nostre menti e ad addentrarsi con estrema franchezza e semplicità in
quello che probabilmente per noi giovani
è uno dei problemi più rilevanti a tal punto da rendere la nostra esistenza, nonché
la nostra quotidianità, sempre più scialba
e povera di valori: la mancanza di coraggio nel mettersi in discussione per vivere
nandrea, Riccardo Martiri e a tutti i componenti del coro non citati: Allegra Della
Giovanna, Andrea Scorretti, Barbara Di
Natale, Carla Cargiulo, Chiara Piraccini,
Cosimo Pinto, Daniela Severini, Fabio
Paolisso, Katia Di Camillo, Marilena De
Sole, Mario Capone, Monica Angeletti,
Nicoletta Iacovelli, Paolo Porfiri, suor
Stefania e suor Gracinda.
Ognuno di loro ha portato il prezioso
contribuito e, come diceva la beata Madre
Teresa, ognuno di loro è la goccia che
riempie l’oceano.
Che altro dire? Alla prossima...
in maniera libera, onesta e rispettosa.
In una società come la nostra è diventato
troppo facile nascondersi, omologarsi alla
massa, chiudere gli occhi e lasciar passare,
far finta di niente, ma la verità è nelle parole di Papa Francesco: “Vivere senza una
fede, senza un patrimonio da difendere,
senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi non
dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere!”
È questa l’essenza della nostra esistenza, del nostro vivere quotidiano, perché è
inutile rimanere nel buio dell’indifferenza, nell’oscurità dell’apatia; bisogna invece reagire, perché la vita è sacra e va
vissuta, dando importanza a ogni secondo
che la compone.
È vero, non è facile, molteplici sono le
scappatoie che la vita ci mette a disposizione per sfuggire in maniera effimera e
fugace alla sofferenza, soprattutto quando
ci troviamo in difficoltà di fronte a ostacoli
che vediamo insormontabili; ma scappare
non serve e anche se nella maggior parte
dei casi lottare per la verità, paradossalmente, non ci porta a nulla, anzi ci porta al
tormento al dolore, alla derisione sociale,
non dobbiamo scoraggiarci; perché come
afferma il Santo Padre: “La nostra volontà e le nostre capacità, unite alla potenza
dello Spirito santo che abita in ciascuno di
noi dal giorno del Battesimo, ci consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei.”
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O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
ASPETTANDO IL NATALE…
Cettina Sorrenti
A
nche in questo Natale, la festa
della condivisione, il nostro albero è stato ricco di iniziative e
di impegno sociale rivolto verso i bisognosi. Il tutto è stato realizzato cercando
di creare un’atmosfera che ha contribuito
a scaldare i cuori e aiutato a trascorrere un
Natale sereno.
Le festività si sono aperte l’8 dicembre
con la celebrazione della Messa, presieduta dal vescovo ausiliare di Palermo,
mons. Carmelo Cuttitta e concelebrata dal
superiore dell’Ospedale, fra Luigi Gagliardotto.
È stata anche l’occasione per festeggiare 92 collaboratori che hanno compiuto i
25 anni di attività. Le targhe sono state
consegnate ai festeggiati, emozionati e orgogliosi, dal superiore provinciale fra Pietro Cicinelli.
È stata una bella occasione nella quale si
è riunita la Famiglia ospedaliera. “Questa
Casa di Dio, ha detto fra Luigi – è posta
sotto la protezione dell’Immacolata. È in
questo giorno che desideriamo ricordare
tutti i Collaboratori per l’impegno profuso in questi 25 anni di attività in cui, sulle
orme di san Giovanni di Dio, si sono dedicati ai malati con professionalità, umanità e ospitalità. A loro è rivolta la nostra
preghiera di lode e di ringraziamento”.
Infine, in Pronto Soccorso è stata benedetta una lastra commemorativa del Beato Padre Pino Puglisi, per ricordare che 20
anni fa, dopo essere stato ferito, è stato accolto in Ospedale dai Religiosi e dai Collaboratori.
Il periodo natalizio è coinciso con diversi appuntamenti di solidarietà, finalizzati alla raccolta fondi per la costruzione
del Centro di Accoglienza “Beato Padre
Olallo” destinato ai poveri di Palermo.
È stata organizzata una rassegna teatrale che ha previsto la messa in scena di
quattro commedie di compagnie diverse.
Gli spettacoli si
svolgeranno anche
nei mesi di gennaio,
febbraio e marzo.
Inoltre, per la prima
volta, sono state
create le “ceste della solidarietà”.
“Questo Natale - ha sottolineato fra Luigi porgendo gli auguri ai Collaboratori che giunge al termine di un anno in cui le
parole che più abbiamo sentito pronunciare, a tutti i livelli, sono state: crisi, sacrifici, tagli, rappresentando la nascita, ci
invita idealmente a ricominciare. Come
comunità è un’opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire.- Per questo motivo l’augurio che mi sento di porre a tutti, in queste festività, è di riuscire a valorizzare ciò che si è e che si ha, come singoli e come comunità”.
I panettoni sono
stati donati da una
scuola alberghiera
che si trova nel nostro territorio e gli
altri prodotti sono
stati offerti da aziende cittadine e regionali che hanno aderito all’iniziativa.
Da sinistra: dr. Seroni, fra Pietro, mons. Cuttitta
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Sono state confezionate centodieci ceste. E ancora, in collaborazione con il
gruppo di Volontariato AVULSS che opera in Ospedale, è stato realizzato un sorteggio, una Sacra Famiglia, che si è tenuto in chiesa nel giorno dell’Epifania.
Da sinistra: fra Luigi, mons. Cuttitta, fra Pietro
VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 23
MISSIONI FILIPPINE
NEWSLETTER
UN NATALE PIÙ GENUINO
Nelle Filippine la festa del Natale è
vissuta con molta intensità sia in ambito liturgico - dove ai Riti universali si
aggiunge una speciale Novena di Messe preparatorie, dette del Gallo perché
celebrate in ore antelucane - sia in ambito sociale, tanto a livello di famiglia,
quanto a livello di posti di lavoro, nei
quali si tengono festicciole per scambiarsi auguri e regalini. Però quest’anno, le tremende devastazioni causate dal
tifone dell’8 novembre hanno indotto a
celebrare la ricorrenza del Natale con
l’intensità emotiva di sempre, ma con in
più un marcato spirito d’austerità e di
solidarietà.
Questo è stato il più bel Natale che abbiamo avuto a Manila, non solo perché
più genuino, ma anche perché in passato durante le feste restavamo senza cappellano, però ora che il buon Dio ha coronato i 25 anni della nostra presenza
con l’ordinazione sacerdotale di fra
Eldy L. de Castro, egli ha potuto celebrare in Casa sia le Messe della Novena, sia quelle che hanno arricchito i momenti di festa con i collaboratori, gli assistiti, i barboni e gli alluvionati. Va detto per questi ultimi che quando l’8 novembre un tifone apocalittico spazzò
via interi paesi, i superstiti furono accolti in tendopoli, ma poiché ci vorrà
tempo per dare loro una nuova casa, la
gente s’è offerta per intanto d’ospitarli
e anche noi abbiamo messo a disposizione il villino coloniale che eravamo in
attesa di ristrutturare e in cui abbiamo
accolto 21 persone, evacuate dalle isole
di Leyte e di Samar e che han preso parte attiva in tutte le nostre feste.
Dato che noi a Quiapo gestiamo un Poliambulatorio, hanno smistato da noi gli
evacuati che necessitavano di cure mediche, però giustamente senza separarli
dai loro congiunti, che qui di solito sono molto numerosi, sicché i nuclei familiari da noi ospitati sono stati tre in
tutto: uno da Guiuan (Samar) e due da
Tacloban (Leyte). Il caso più toccante è
stato quello di un fratturato di Tacloban,
una cui zia vive a Manila e viene da noi
come volontaria, ma non aveva notizie
se la famiglia del nipote si fosse salvata e ha pianto di commozione alla sorpresa d'incontrarlo ospite da noi assieme alla moglie e tutti i figli, di cui uno
d’appena due mesi.
Quando il 18 dicembre c’è stata la festa natalizia della nostra Scuola per Disabili, non solo v’hanno partecipato anche i sopravvissuti del tifone, ma hanno
ricevuto denaro e regalini sia dai genitori degli allievi, sia perfino dai tirocinanti. E parimenti, quando hanno partecipato il 20 dicembre alla festa natalizia
dei nostri impiegati, questi hanno rinunciato al consueto scambio di doni e
hanno offerto a loro il denaro che avrebbero speso per acquistarli; inoltre allorché, mescolati con loro, si son sfidati a
squadre in giochi di destrezza, hanno lasciato che i premi andassero tutti ai nostri ospiti.
Iniziate le ferie dei dipendenti, in Casa c’eravamo solo noi frati con gli ospiti e abbiamo speso assieme il Natale e
varie serate, precedute da Messe vespertine in cui fra Eldy ha predicato in Ta-
galog, per farsi ben comprendere dagli
ospiti e innalzare il loro morale. All’inizio della Messa della Vigilia i bambini
nostri ospiti hanno mimato gli eventi
della Notte Santa, ripetendo quanto avevano visto fare dagli alunni della nostra
Scuola e utilizzando gli stessi costumi.
Dopo la Messa abbiamo proiettato loro
il film The Nativity Story e poi cenato
tutti insieme, rallegrando la Noche Buena, (come ancora la chiamano qui) con
giochi e canti.
Alla serata del 27 hanno preso parte
anche le Suore Ospedaliere del Sacro
Cuore di Gesù e, dopo la cena, ci sono
stati non solo dei giochi, ma alcuni ospiti hanno voluto rievocare con ovvia
commozione il fiducioso coraggio con
cui affrontarono il tifone. Le Suore sono venute pure alla serata del 30, cui abbiamo invitato una quarantina di squatters (come qui chiamano i barboni) e loro figlioletti, che vivono accampati sui
marciapiedi della nostra strada e che,
dopo cena, abbiamo intrattenuto a lungo in giochi di squadra, congedandoli
poi con un pacco viveri.
Nella notte del 31, dopo una Messa vespertina alle nove di sera, abbiamo insieme agli ospiti vivacizzato le ore d’attesa del Nuovo Anno con buon cibo ed
esibizioni canore al videoke, che per inciso fu ideato nelle Filippine nel 1990,
migliorando il classico karaoke, frutto
anch’esso del genio filippino.
Manila: gli alluvionati con i regalini natalizi ricevuti dalla nostra Scuola per Disabili
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VO n° 01 gennaio 2014_Gennaio 2014 30/01/14 14.51 Pagina 24
I FATEBENEFRATELLI
ITALIANI NEL MONDO
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:
CURIA GENERALIZIA
www.ohsjd.org
• ROMA
Centro Internazionale Fatebenefratelli
Curia Generale
Via della Nocetta 263 - Cap 00164
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102
E-mail: [email protected]
Ospedale San Giovanni Calibita
Isola Tiberina 39 - Cap 00186
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001
E-mail: [email protected]
Sede della Scuola Infermieri
Professionali “Fatebenefratelli”
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Via della Luce 15 - Cap 00153
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308
E-mail: [email protected]
Ufficio Stampa Fatebenefratelli
Lungotevere de' Cenci, 5 - 00186 Roma
Tel.: 06.6837301 - Fax: 06.68370924
E-mail: [email protected]
• CITTÀ DEL VATICANO
Farmacia Vaticana
Cap 00120
Tel 06.69883422
Fax 06.69885361
• PALERMO
Ospedale Buccheri-La Ferla
Via M. Marine 197 - Cap 90123
Tel 091.479111 - Fax 091.477625
www.ospedalebuccherilaferla.it
• MONGUZZO (CO)
Centro Studi Fatebenefratelli
Cap 22046
Tel 031.650118 - Fax 031.617948
E-mail: [email protected]
• ALGHERO (SS)
Soggiorno San Raffaele
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041
• ROMANO D’EZZELINO (VI)
Casa di Riposo San Pio X
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• FILIPPINE
San Juan de Dios Charity Polyclinic
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918
E-mail: [email protected]
http://ohpinoy.wix.com/phils
Sede dello Scolasticato e Postulantato
della Delegazione Provinciale Filippina
San Ricardo Pampuri Center
26 Bo. Salaban
Amadeo 4119 Cavite
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737
E-mail: [email protected]
http://bahaysanrafael.weebly.com
Sede del Noviziato della Delegazione
PROVINCIA ROMANA
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA
www.provinciaromanafbf.it
www.fatebenefratelli.it
• ROMA
Curia Provinciale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794
E-mail: [email protected]
Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio”
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato della Provincia
Centro Direzionale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520
Ospedale San Pietro
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424
www.ospedalesanpietro.it
• GENZANO DI ROMA
Istituto San Giovanni di Dio
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052
www.istitutosangiovannididio.it
E-mail: [email protected]
Sede del Noviziato Interprovinciale
• BRESCIA
Centro San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.35011 - Fax 030.348255
[email protected]
Sede del Centro Pastorale Provinciale
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513
E-mail: [email protected]
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fatebenefratelli onlus
Via Corsica 341 - Cap 25123
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386
E-mail: [email protected]
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)
Curia Provinciale
Via Cavour 2 - Cap 20063
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285
Sede del Centro Studi e Formazione
Sede Legale
Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123
e-mail: [email protected]
Centro Sant’Ambrogio
Via Cavour 22 - Cap 20063
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332
E-mail:a [email protected]
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)
Centro Sacro Cuore di Gesù
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384
E-mail: [email protected]
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)
Beata Vergine della Consolata
Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175
E-mail: [email protected]
Comunità di accoglienza vocazionale
• SOLBIATE (CO)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Carlo Borromeo
Via Como 2 - Cap 22070
Tel 031.802211 - Fax 031.800434
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato
• TRIVOLZIO (PV)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Riccardo Pampuri
Via Sesia 23 - Cap 27020
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088
E-mail: [email protected]
• VARAZZE (SV)
Casa Religiosa di Ospitalità
Beata Vergine della Guardia
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019
Tel 019.93511 - Fax 019.98735
E-mail: [email protected]
• VENEZIA
Ospedale San Raffaele Arcangelo
Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121
Tel 041.783111 - Fax 041.718063
E-mail: [email protected]
Sede del Postulantato e dello Scolasticato
della Provincia
• CROAZIA
Bolnica Sv. Rafael
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga
Sumetlica 87 - 35404 Cernik
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• NAPOLI
Ospedale Madonna del Buon Consiglio
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643
www.ospedalebuonconsiglio.it
• ERBA (CO)
Ospedale Sacra Famiglia
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036
Tel 031.638111 - Fax 031.640316
E-mail: [email protected]
• ISRAELE - Holy Family Hospital
P.O. Box 8 - 16100 Nazareth
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101
• BENEVENTO
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935
www.ospedalesacrocuore.it
• GORIZIA
Casa di Riposo Villa San Giusto
Corso Italia 244 - Cap 34170
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988
E-mail: [email protected]
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé
Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in:
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu
Tanguiéta - B.P. 7
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