1,00
www.friulisera.it
ANNO I N° 4
VENERDI 11 MARZO 2016
VOGLIAMO LA VERITA’
FR I U LISE RA aderisce all’appello
della sorella di Giulio Irene Regeni
che chiede che non cali l’oblio
sulla fine del giovane ricercatore.
DEREGULATION. Problemi per il lavoro, l’ambiente e la salute in Europa. In Friuli colpite le eccellenze agroalimentari e vinicole
Tutti i rischi di un trattato
Regole scritte a senso unico e le lobby influenzeranno le scelte dei Paesi | P. 06-07 |
AMBIENTE E CLIMA
Dissesti del
suolo, il Friuli
si scopre terra
molto fragile
UNA PASQUA
DI PASSIONE
u GLI EVENTI meteorologici
delle ultime settimane e i danni
gravi che ne sono scaturiti,
dall’erosione del litoraneo di
Grado, alle frane in Carnia, hanno evidenziato con specchiata
precisione come i dati degli ultimi anni sulle condizioni del
suolo siano drammaticamente
esatti. Alle cause naturali si è
sommata la scelleratezza costruttiva |P. 16|
L A F E S TA D E L L A C R I S T I A N I T À M A C C H I ATA D A G L I E G O I S M I | P. 0 2 |
SUPERMERCATI INFLAZIONATI
POPOLARE DI VICENZA
CRESCITA SENZA
SOSTA DI CENTRI
COMMERCIALI,
A QUALE COSTO?
La “debacle”
bancaria
annunciata
u L’aumento di centri commerciali e di
supermercati nella nostra regione non
sembra creare vera ricchezza sul territorio a discapito delle piccole realtà
commerciali locali. |P. 14|
u Con le azioni sul mercato si prospetta un primo di una lunga serie
di “bagni di sangue” per i molti
azionisti e risparmiatori friulani
della Popolare di Vicenza. |P. 11|
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
MAIL [email protected]
EDITORIALE
uno strumento giornalistico
innovativo al territorio del
Friuli. Per queste ragioni abbiamo scelto di far rinascere
FriuliSera, testata storica
friulana fondata nel 1967 e
che cessò le pubblicazioni dopo la morte prematura del
suo fondatore Alvise De Jeso.
FriuliSera era un quotidiano
che usciva nel pomeriggio a
Udine era diretto da Alvise
De Jeso, uomo descritto da
chi lo ricorda come professionista attento e capace, ma
anche in grado di affrontare
grandi battaglie ideali ed eti-
2016 nasce
il progetto
FriuliSera
........................................................
...
... FABIO FOLISI
... [email protected]
.
Senza dilungarsi troppo in
preamboli è palese che nonostante siamo nel mondo della
comunicazione in tempo reale vi è una carenza di giornalismo e questo in Friuli è
ancora più chiaro perchè si è
assistito ad uno stillicidio di
chiusure e ridimensionamenti di testate che hanno
impoverito l'offerta informativa. Un'area geografica come quella friulana dove non
circolano tutte le notizie e le
idee, potrebbe vivere in carenza di democrazia con tutti
i rischi politici, economici e
sociali che ne possono conseguire. Per questo ci è apparso
fondamentale creare un nuovo strumento informativo locale. Un nuovo giornale locale in grado di catalizzare e
concorrere alla circolazione
del pensiero e dei fatti per evitare che si instauri un monopolio della notizia, pericoloso
come tutti i monopoli in
quanto portatore di possibili
manipolazioni e ricatti d'immagine e sostanza. Per que-
Progetto FriuliSera e-Paper Un nuovo
giornale locale in grado di catalizzare idee e notizie
e concorrere alla libera circolazione del pensiero
sto, dopo aver lanciato il quotidiano web in abbonamento
e-Paper, che punta all'informazione nazionale ed internazionale, l'associazione “il
quotidiano nuovo” grazie al
concorso della nuova concessionaria
di
pubblicità
“Spa-comunicare”, ha deciso
di impegnarsi anche per dare
LA CAMPAGNA. Mantenere sempre alta l’attenzione sulla vicenda del giovane ricercatore friulano
Mai dimenticare Giulio
u DaoltreunmeselaprocuradiRoma
staindagandosullamortediGiulioRegeni, il ragazzo friulano scomparso al
Cairo il 25 gennaio scorso e trovato
mortoil3 febbraio.Leindaginistanno
andando molto a rilento soprattutto
per la scarsa collaborazione delle autorità giudiziarie e militari egiziane, che
più che fornire nuovi elementi depistano gli investigatori italiani. Anche se
propriooggigliegizianihannnodichiarato di voler collaborare con gli investigatori italiani che fino a ieri avevano
osteggiato. Del resto sonomolti i punti
su cui sono emerse delle nette divergenze a cominciare dai risultati dell'autopsia, ma in realtà l'impressione che al
Cairo in cinque settimane nessuno
aveva neppure provato acercare la verità sull'omicidio di Giulio. Al contrario,
ildepistaggiosulmovente,imandantie
gli esecutori, è cominciato appena il cadavere è stato ritrovato. Dalla tesi risibile dell'incidente stradale ai tentati di
ricondurrel'omicidio,primaallarapina
epoiaddiritturaapresunteragionipersonali, cercando perfino di infangare la
memoria della vittima. Una verità invece chiara fin dal primo momento, la
pista dei servizi egiziani, che sarà difficilissima da provare perchè la verità al
Cairo nessunola vuolecercare etrovare. Diciamolo chiaro, il caso di Giulio
Regenirischiadidiventareunadiquel-
letragediechesitramutanoinfarsa.Insomma il rischio che l'intera storia, finitoilclamoremediaticodelmomento,
venga assorbita nelle nebbie dei casi irrisolti,nelladensa nottedeimisteriitaliani, è forte. Quasi una certezza, perchè
gli ingredienti per cui questo avvenga ci
sono tutti, con il rischio principale che
cali il silenzio sulla vicenda. L'interesse
mediatico è infatti “volubile”basti pensare al caso del piccolo Aylan il bimbo
siriano di tre anni la cui foto choc del
corpo trovato morto annegato a faccia
in giù davanti alla spiaggia di Bodrum,
in Turchia, aveva fatto il giro del web
commuovendo il mondo intero, ma
che poi in poche settimane è stato dimenticato, sepolto sotto il velo dell’ipocrisia. C’è il rischio che Regeni come
Aylan finisca dentro un buio denso,
unanotteinterminabiledovetuttoèindistinguibile, inafferrabile. E' sempre
così quando per “ragion di stato”non si
può onon si devetrovare laverità perchè troppo scomode. E naturalmente
questoèaccadutoeforseaccadràanche
con la morte di Giulio il cui mistero non
sarà mai svelato se nessuno avrà davverointeresseafarlo, néleautoritàitalianeimpegnateafareaffariconilCairo
e conil regimedi AlSisi, néquelle egizianechehannotroppodanascondere,
né quelle autorità didattiche anglosassoni presso cui Regeni studiava fin da
ragazzino e che costituiscono il motivo
circostanziale per cui il giovane si trovava in Egitto e che forse qualche responsabilità indiretta, in quanto avvenuto, al giovane ricercatore friulano
l'hanno. La chiave di questo orrendo
delitto è senza dubbio da ricercare in
quella zona grigia dei servizi che si
muoveacavallodiPaesiedinteressivari, spesso se non sempre torbidi. Non
saràquindifacileavere laveritàcheinvoca la famiglia di Giulio, servirà proseguire nella mobilitazione magari
proponendo iniziative di boicottaggio e
di pressione dal basso che costringano
ladiplomaziaegizianaadarrestareiveri
assassinidiGiulio,perquestoproseguiremo come testataad appoggiare l'appello lanciato dalla sorella di Giulio Irene Regeni perchè sia fatta giustizia.
che. Disse di aver creato
FriuliSera come “un elemento di rottura nel conformismo e nell'apatia dei friulani”. Oggi la situazione non
sembra molto diversa ed il rischio che si ricada nell'apatia
informativa è davvero grande. Il nostro progetto prevede
quindi il lancio del nuovo
FriuliSera aggiornato non
tanto nella veste (sarà un tabloid, ma a colori) e neppure
nella periodicità (dal lunedì
al venerdì con uscita pomeridiana), ma nei metodi di
diffusione. Il giornale infatti
sarà in lettura digitale, con la
possibilità di essere scaricato
in Pdf dal sito ufficiale (visibile all'indirizzo: www.friulisera.it), ma con tutte le caratteristiche professionali di un
giornale impaginato graficamente. Insomma non uno
dei tanti siti d'informazione
presenti sul web che finiscono
per essere dei guazzabugli di
notizie messe in coda temporale senza che al lettore venga proposto un ordine preciso di importanza dei pezzi all'interno di una pagina o di
più pagine. Una scelta che
non è un ritorno al passato,
dato che per altro il FriuliSera sarà leggibile anche su tablet e smartphone, si tratta
invece di un modo per coniugare il giornalismo ad internet, per non scambiare la
semplice comunicazione di
fatti di cronaca con il lavoro
giornalistico che è ben altra
cosa. Al quotidiano digitale
verranno affiancati anche
dei prodotti cartacei periodici tematici, quello che state
leggendo ne è un esempio,
per seguire meglio eventi ed
approfondire temi fondamentali che la trattazione in
cronaca giornaliera non rende del tutto possibile. Un
giornalismo ragionato che
per onorare la nostra missione di stampa indipendente
sarà in distribuzione gratuita, come del resto lo è FriuliSera digitale.
home p@ge
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primo piano
TTIP: trattato Usa-Ue sul commercio catastrofe per
le aziende e per i consumatori? - Pag 6-7
attualità
Tolleranza zero all’abuso di alcol osti d’accordo ma
chiedono aiuto- Pag 12
Dissesti del suolo annunciati, causa non il clima ma
l’uomo- Pag 16
Alcol: «Legge ed educazione a pari passo» Pag 13
esteri
Imprenditori stranieri una risorsa per il paese- Pag 9
economia
Garantite le banche o i cittadini- Pag 4
Banca Popolare di Vicenza: debacle annunciataPag 11
costume
Inflazione di supermercati una vera colonizzazionePag 14
sport
La meteora di Udine è Zico Una leggenda in BrasilePag 17
Sportland, il progetto di una terra. Tutto l’Alto Friuli ne
è coinvolto- Pag 18
SPECIALE PASQUA
Tutti i servizi fra storia e attualità da Pag 19
FRIULISERA - EPAPER (SUPPLEMENTO ALL’EDIZIONE DEL 11/03/2016) l DIREZIONE E REDAZIONE: VIA PIER PAOLO PASOLINI 2, 33040 PRADAMANO (UD) TEL. 0432 1847695 - WWW.FRIULISERA.IT [email protected] - [email protected] N° ISCRIZIONE R.O.C.: l DIRETTORE RESPONSABILE: FABIO FOLISI l UFFICI DI CORRISPONDENZA: ROMA 069291973, MILANO 0221118502 l
CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ: SMA SRLS, VIA SELVUZZIS 53 33100, UDINE TEL. 3318179155 - [email protected] l REG. TRIBUNALE: UDINE, N° 2 DEL 06/02/2015 l RESPONSABILE TRATT. DATI
(D. LGS. 30/06/2003 N. 196): FABIO FOLISI l VERSIONE DIGITALE: PROVIDER: ONE.COM, DANIMARCA l TIPOGRAFIA SPECIALI: MEDIASTAMPA S.R.L. VIA DEL LITOGRAFO 4 BOLOGNA. TEL: 03928288201
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ANNO I N°INFORMAZIONE
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4
ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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ECONOMIA
DECRETO-MUTUI. La polemica esplosa da un apparentemente innocuo recepimento di una Direttiva Ue
Garantire le banche o i cittadini
una questione tutta da risolvere
La 1ª versione all’esame della Camera prevedeva dopo 7 rate non pagate la vendita diretta all’asta
le modifiche introdotte in seguito alle proteste hanno ridotto di molto la portata di tale modifica
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nella realtà, dato che la banca può facilmente porla all’aspirante mutuato
come condizione necessaria per
l’erogazione del credito. Per tentare
di ridurre questa evenienza, la proposta presentata dal Pd punta a prevedere l’assistenza del consumatore
da parte di un esperto di sua fiducia e
su tutta la procedura dovrà vigilare la
Banca d’Italia. Confermato, infine,
il divieto di “Patto commissorio”,
previsto dall’art. 2744 del Codice
Civile (vieta le pattuizioni in cui, in
caso di inadempimento del credito
garantito, si conviene che la cosa data in pegno o in ipoteca passi in proprietà del creditore, ndr).
u Le polemiche sul recepimento
della direttiva europea in materie di
mutui hanno provocato una ondata
di proteste, non solo a livello politico. Per fortuna, nei giorni successivi l’esecutivo è stato costretto a fare dietro front, grazie anche al pressing del movimento 5Stelle.
ALLARME MUTUI. La questione
non è certo di poco conto, infatti,
nell’ambito del recepimento di una
direttiva europea sulla trasparenza
dei contratti stipulati da banche e
clienti, si è tentato di approfittare
della maggiore autonomia concessa
da Bruxelles inserendo un codicillo
(poche parole) che avrebbe permesso alle banche di diventare proprietarie delle case acquistate attraverso
un mutuo da loro erogato, se il debitore salta 7 rate di pagamento, per
venderle e incassare quanto spetta
loro senza passare dal Tribunale.
PATUELLI (ABI) . Questa inquietante novità ha spinto il n° 1 di Abi
CASA VENDUTA. L’incubo della vendita all’asta della propria casa
(Associazione bancaria), Antonio
Patuelli, ad intervenire per cercare di
fare luce sulla situazione: «Non si
tratta di un recupero dei crediti pregressi, perchè questo riguarda il passato, ma una possibilità per il futuro,
lasciata alla libera contrattazione
per le famiglie e gli istituti bancari».
Sarete felici, dunque, di sapere che
questa autentica “Spada di Damocle” non si abbatterà su di noi, bensì
sui nostri figli.
L’esecutivo, da parte sua, dopo l’inserimento del famoso codicillo a livello euro-parlamentare, ha dichiarato la propria disponibilità ad apportare correzioni al decreto attuativo. Il vice ministro Zanetti ha fatto
un fumoso riferimento ad “archi
temporali” piuttosto che a 7 rate.
L’unica nota positiva è stato il chiarimento al perito, la cui nomina dovrà essere “super partes”.
IL GOVERNO. Nei giorni successivi la situazione si è evoluta e, come è già successo anche nel recente
passato, il governo tenta la via più
semplice, ma se il corteo dei fischi
diventa assordante, allora “pavidamente” fa retromarcia.
Il caso dei mutui è proprio da manuale. Il numero delle morosità necessarie per consentire alla banca di
mettere in vendita diretta la casa
(cuore delle polemiche) è passato da
7 a 18. Un’abisso. Tra le altre modifiche contenute nella proposta
presentata dal Governo e Pd per la
modifica del decreto-mutui, troviamo che la vendita senza passare
dall’Asta giudiziaria è possibile solo
se il cittadino ha sottoscritto liberamente la clausola di inadempimento. La vendita dell’immobile obbligherà la banca a cancellare il mutuo
anche se il valore del bene è inferiore
a quelli del debito residuo non pagato dal proprietario di casa. Se tutte
queste modifiche passassero, il risultato renderebbe il tutto molto me-
no aggressivo rispetto alla versione
originale. Da sottolineare che la
nuova normativa sull’inadempimento non si applicherà ai contratti
già in essere (non retroattività)
neanche in caso di surroga. A rafforzare la posizione del debitore (o viceversa a indebolire quella della
banca, ndr) la precisazione che la
clausola di inadempimento è facoltativa e la banca non può obbligare il
cittadino a sottoscriverla. In concreto, nel caso di inadempimento dopo
18 rate non pagate, la casa può essere
messa in vendita solo con uno specifico atto di disposizione dell’immobile da parte del consumatore.
Disposizione difficile da rispettare
CONCLUSIONI. L’Europa delle
leggi dovrebbe pensare meno a tu-
L’esecutivo visto il
coro di proteste ha fatto
dietro-front su tutto
telare gli interessi delle banche e di
più quelli delle masse di indigenti e
disperati che attualmente stanno
mettendo sotto pressione i confini e a
dura prova l’esistenza e lo scopo
dell’Unione. Il nostro governo, invece, dovrebbe smetterla di fare “regali” alle banche ad ogni occasione
che si presenta, dimostrando una
maggiore resistenza e resilienza nei
confronti dei poteri forti.
ANTONIO PATUELLI. Presidente Abi
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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Mondo
TRATTATO TRANSATLANTICO. Rischi per l’economia, l’ambiente e la salute in Europa
TTIP, cavallo di Troia
così ci invadono gli Usa
Agroalimentare, sanità e posti di lavoro in discussione per 850 milioni di persone
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u Diceva Otto von Bismarck, cancelliere di ferro della Prussia imperiale, già nell’Ottocento: «Meno le
persone sanno di come vengono
fatte le salsicce e le leggi e meglio
dormono la notte» Pare scritto oggi
per il Ttip, Trattato transatlantico
tra Ue e Usa in corso dal 2013, destinato a cambiare la vita in campo
agroalimentare, sanitario, ambientale e lavorativo a 850 milioni
di persone di qua e di là dall’Atlantico e a mutare le democrazie nelle
quali vivono. Gettiamo un sasso
nelle acque stagnanti in tema di
Ttip, grazie alla pubblicazione,
edita dalla Rosa Luxemburg Stiftung e basata su uno studio di John
Hilary, direttore di War on Want.
Titolo della pubblicazione: Il Partenariato transatlantico per il com-
Annunciato da Obama
nel 2013 tavolo ancora
aperto a Bruxelles
mercio e gli investimenti. Sottotitolo: Una carta per la deregolamentazione, un attacco ai posti di
lavoro, la fine della democrazia.
«L’obiettivo principale del Ttip spiega Hilary - è l’eliminazione
delle “barriere” normative che limitano i profitti potenzialmente
realizzabili da parte delle società
transnazionali a est e a ovest
dell’Atlantico. Queste “barriere”
rappresentano in realtà alcuni dei
nostri standard sociali più preziosi.
La posta in gioco, insomma, non
potrebbe essere più alta». Vediamo, punto per punto, come Hilary
arriva a queste conclusioni sul Ttip
annunciato nel febbraio 2013 dal
presidente Barack Obama.
NON TRASPARENTE
In una lettera alla controparte americana a inizio lavori, il negoziatore capo dell’Ue, Ignacio Garcia
Bercero, ha confermato che la
Commissione europea bloccherà
l’accesso pubblico a tutta la documentazione Ttip fino a 30 anni. La
Commissione europea tiene sotto
controllo le richieste di deregolamentazione dei negoziatori statunitensi ai Paesi europei. E’ negato
l’acceso anche a funzionari governativi degli Stati membri dell’Ue,
eccetto la consultazione in sale lettura dalle quali non possono essere
rimossi o copiati. Bozze di posizioni negoziali sono rese note a
consulenti del governo americano,
liberi di comunicarle alle società
partner europee. A fine 2013, poi, i
negoziatori Ue e Usa hanno istituito il Regulatory cooperation council (Consiglio di cooperazione normativa) che consente alle compagnie di controllare gli standard
normativi.
MINACCIA AL LAVORO
Una valutazione d’impatto, chiesta dalla Commissione europea al
Centre for economic policy research, nell’ipotesi più ottimistica afferma che il Pil dell’Ue potrebbe
aumentare dello 0,5% entro il 2027
grazie al Ttip. A fronte del quale la
Commissione stessa ha confermato che può comportare per i lavoratori europei un ricollocamento
<dilazionato nel tempo ed effettivo>, poiché le aziende saranno incoraggiate a procurarsi merci e servizi dagli Usa dove gli standard di
lavoro sono più bassi e i diritti sindacali inesistenti. Il Nafta (Accordo di libero scambio nordamericano) in vigore dal 1994, secondo
uno studio dell’Economic policy
sui primi 12 anni di concordato, ha
provocato una perdita di oltre un
milione di posti di lavoro e un calo
del potere di acquisto dei salari. Gli
imprenditori vedono nel Ttip l’opportunità di trasferire la produzione in Paesi a salari più bassi e i lavoratori meno tutelati. Infine, con
le misure Ttip a protezione degli
investitori qualsiasi miglioramento delle condizioni contrattuali potrà dare luogo a richieste di risarcimento da parte delle imprese europee e statunitensi.
SICUREZZA ALIMENTARE
L’eliminazione delle normative
europee sulla sicurezza alimentare
è uno degli obiettivi principali dei
gruppi aziendali nel Ttip. Nel mirino è il ricorso dell’Ue al principio
di precauzione che pone l’onere
della prova a ogni azienda che cerchi di immettere sul mercato un
prodotto in potenza pericoloso. La
legge Usa non utilizza il principio
di precauzione. Così circa il 70%
degli alimenti trasformati nei supermercati statunitensi contengono ingredienti Ogm e in Europa no,
dove comunque dev’essere dichiarato nell’etichetta. Le normative 2009 sul controllo europeo dei
pesticidi a salvaguardia della salute umana e dell’ambiente sono al
centro del Ttip per renderle meno
restrittive. I controlli Ue sugli interferenti endocrini, sostanze chimiche che alterano il sistema ormonale umano, hanno livelli massimi di contaminazione che bloccherebbero il 40% delle esportazioni alimentari Usa. Oltre il 90%
di carne bovina statunitense è prodotta con ormoni della crescita,
cancerogeni per l’uomo, e l’Ue ne
ha ristretto l’importazione dal
1988. Negli Stati Uniti gli avicoltori trattano le carcasse dei volatili
con cloro prima di venderle, pratica vietata nell’Ue dal 1997. La
Commissione europea, però, ha
già abolito il divieto d’importazione dagli Usa di suini vivi e carne
bovina spruzzata con acido lattico.
AMBIENTE DEREGOLATO
La Commissione europea riconosce che il Ttip aggraverà l’impatto
sull’ambiente poiché, <qualsiasi
scenario> si profili negli scambi
Ue - Usa, porterà a un aumento di
produzione, consumi e traffico internazionale di merci con <perico-
li sia per le risorse naturali sia per la
conservazione della biodiversità>.
Con le emissioni di gas serra la
quantità di CO2 nell’atmosfera aumenterà di 11 tonnellate, sforando
gli impegni presi dall’Ue per la riduzione con il Protocollo di Kyoto.
Nell’Ue il regolamento di gestione
delle sostanze chimiche Reach del
2007 si basa sul principio di precauzione. In Usa la Toxic substances control act (Tsca) del 1976 inverte l’onere della prova. Grazie
alla Tsca, l’Agenzia statunitense
di protezione ambientale ha controllato solo sei delle 84.000 sostanze chimiche in commercio negli Usa. Mentre l’Ue vieta l’uso di
1.200 sostanze per la produzione
di cosmetici, gli Usa ne vietano solo una dozzina. I requisiti di sostenibilità della direttiva europea sulle energie rinnovabili sono presi di
mira dai produttori di agrocarburanti statunitensi. Il governo americano, inoltre, con il Ttip mina la
direttiva europea sulla qualità dei
carburanti.
SERVIZI PUBBLICI ADDIO
Il Ttip mira anche a liberalizzare il
mercato dei servizi estendendo alle aziende private l’erogazione di
servizi pubblici quali sanità, istruzione e fornitura idrica. Uno degli
effetti più insidiosi degli accordi di
libero scambio, come il Ttip, è che
per i Paesi è di fatto impossibile ripristinare i servizi pubblici una
volta privatizzati. Tanto più se il
Ttip adotterà l’”elenco negativo”,
già visto nel nuovo accordo Ue Canada, in base a cui tutti i settori
di servizi sono liberalizzabili a meno che non siano classificati quali
eccezioni. Al contrario dell’”elenco positivo” impiegato dall’Ue, in
cui solo i settori indicati per l’inclusione sono aperti alla concorrenza. Inoltre, Commissione Ue e
governo Usa intendono servirsi del
Ttip per aprire gli appalti pubblici
al settore privato, non consentendo
più politiche di appalto di governi
locali per obiettivi sciali e ambientali. Infine, la potente lobby finanziaria londinese e settore bancario
tedesco da un lato, oltre alle più
grandi banche Usa dall’altro, mirano alla deregolamentazione delle normative finanziarie introdotte
a seguito della crisi del 2008.
SFERA PRIVATA A RISCHIO
Il capitolo del Ttip relativo ai diritti
di proprietà intellettuale è concepito per contenere disposizioni in
tema di diritti d’autore, brevetti e
marchi e ha per obiettivo di rafforzare il controllo sul sapere esercitato dalle imprese a spese dei cittadini europei e americani. Il Ttip
potrebbe reintrodurre elementi
centrali dell’Acta (Accordo commerciale anticontraffazione) già
respinto dal Parlamento europeo
nel 2012, poiché avrebbe chiesto ai
fornitori di servizi internet di controllare l’attività in rete e di dare informazioni su qualsiasi persona
sospettata di violare le disposizioni del diritto d’autore. Infine, il
Ttip metterà in pericolo anche le
leggi sulla privacy dei dati, facilitando alle compagnie l’accesso ai
dati personali per scopi commerciali.
CHE COS’E’ IL TTIP?
u Legittimo erede di Transatlantic business dialogue
(Dialogo del commercio transatlantico) del 1995 e Transatlantic economic council
(Consiglio economico transatlantico) del 2007, non è un
accordo di scambio tradizionale, concepito per ridurre le
tariffe sulle importazioni tra
partner commerciali, poiché
le tariffe tra Ue e Usa sono già
a livelli minimi. Le parti riconoscono che l’obiettivo primario del Ttip è piuttosto di
abbattere le “barriere” normative. Il Ttip mira altresì a
creare nuovi mercati aprendo
servizi pubblici e contratti per
appalti governativi alla concorrenza di società transnazionali, minacciando un’ulteriore
ondata di privatizzazioni in
settori quali sanità e istruzione. La cosa più preoccupante è
che il Ttip sta cercando di conferire agli investitori stranieri
un nuovo diritto di citare in giudizio i governi sovrani, portandoli davanti a tribunali arbitrali
e creati ad hoc, per rifarsi della
perdita di profitti eventualmente causata da decisioni di
politica pubblica.
MAIL [email protected]
ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
7
CRONACA
REGOLE A SENSO UNICO. Così le lobby dirigeranno e influenzeranno le scelte dei Paesi
ISDS “tribunale” arbitrale
il diavolo lì mette la coda
Solo gli investitori potranno citare in giudizio gli Stati, ma anche Regioni e Comuni
ma la collettività non potrà citare le Multinazionali di fronte a questi Tribunali
............................................................
...
... EMILIA ACCOMANDO
...
.
u Per capire quanto pericolo si possa nascondere nel TTIP bisogna sapere che un pilastro di questo trattato in corso di negoziazione tra
USA ed Unione Europea sono gli
ISDS, i Tribunali che proteggono
gli interessi delle Multinazionali.
Fra l’altro, la proposta di riforma di
questi Tribunali lascia invariata la
loro natura, un'arma nelle mani dei
potentati economici.
Già dal settembre 2015, la Commissione europea, delegata a negoziare
il TTIP, il trattato di libero mercato
tra USA ed UE, contrastato fortemente perché elimina i diritti e le tutele dei cittadini europei a favore dei
profitti delle Multinazionali, ha formulato una nuova proposta per la
cosiddetta clausola ISDS (Investor-to-state dispute settlement), un
sistema di arbitrato internazionale
che garantisce gli interessi dei grandi investitori.
E il diavolo ci aveva già messo la coda!
Questa clausola, già prevista dagli
anni '90 nei trattati commerciali non
tariffari, ha una sua storia; viene
adottata dal WTO, Organizzazione
mondiale del Commercio, perché
tutti gli investitori siano garantiti
con il trattamento più favorevole,
anche in trattati bilaterali tra Multinazionali e Stati.
Frequente l'uso di questa luciferina
clausola fino ad oggi. La Vattenfall,
Società energetica svedese per il nucleare, ha già ottenuto 3.700 milioni
di euro dalla Germania, citata in
giudizio per le sue politiche favorevoli ad energie pulite. La Philip
Morris ha in corso due cause contro
l'Australia e l'Uruguay per le nuove
confezioni di pacchetti di sigarette
con sigle che richiamano la tossicità
del fumo. La società petrolifera statunitense Ethyl, accusata di aggiungere nella benzina senza piombo un
additivo neurotossico, costringe,
minacciando una richiesta di risarcimento di 251 milioni di dollari, il
Canada ad abrogare una legge di tutela della salute dei cittadini.
I Tribunali dell'ISDS, già nella prima versione, non erano certo Tribunali di giustizia ordinaria, ma particolari strumenti previsti dal diritto
pubblico internazionale. Non erano
previsti giudici di ruolo con pubblica autorità, ma arbitri scelti in accordo tra gli Investitori e le Multinazio-
nali da elenchi di avvocati aziendali
internazionali. Veniva esautorata la
giustizia ordinaria di ciascuno Stato
e tanto più la Corte di Giustizia europea. Su 3.200 trattati bilaterali di
investimento, il 93% presentava
ISDS, una giustizia privata.
Ed ora?
Di fronte allo scandalo della citazione in giudizio da parte delle lobby
degli Stati che tra l'altro non vincono mai, di fronte alla perdita di sovranità della giustizia nazionale ed
europea e alle clamorose proteste di
tutta Europa, la Commissaria europea Cecilia Maldstrom, delegata alla negoziazione del TTIP, ha proposto una nuova versione dei Tribunali.
Il sistema, un Investment Court Sistem, un ICS, sarebbe più vicino ad
un Tribunale ordinario, con un Tribunale di prima istanza e una Corte
d'appello, con Giudici “altamente
qualificati” estratti a sorte da apposite liste e atti trasparenti.
Ma il nostro diavolaccio continua a
metterci la coda!
Solo gli investitori potranno citare
in giudizio gli Stati (ed anche Regioni e Comuni) che non permettono i loro profitti, ma la collettività
non potrà citare le Multinazionali di
fronte a questi Tribunali. La clausola ISDS diventa perciò uno strumento in mano alle lobby per dirigere e influenzare le scelte degli
Stati su ambiente, sanità, lavoro, diritti umani.
Anche Alfred De Zayas, esperto
ONU per i diritti umani, si pronuncia negativamente su questa ultima
proposta, sottolineando la necessità
dell'ascolto dei sindacati, degli operatori sanitari, dei consumatori, degli esperti ambientali.
La proposta viene bocciata per questi motivi dalla campagna Stop
TTIP Italia che considera la riforma
“un tentativo di mantenere invariata
l’architettura del meccanismo attraverso modifiche di facciata”.
La nuova corte arbitrale manterrebbe intatti i privilegi di gruppi privati
nei confronti della società civile.
Mantenendo la possibilità per le imprese di scegliere se rivolgersi a
questo tribunale internazionale o
utilizzare quelli nazionali, si crea
una scappatoia. La nuova Corte,
inoltre, non prevede l’esclusione di
arbitri che “fino ad oggi hanno fatto
nella grande maggioranza dei casi
gli interessi delle aziende – dicono
da Stop TTIP Italia –. Anzi, la riforma proposta dalla Commissione europea li innalza al rango di giudici,
cui spetta una percentuale del risarcimento finale. In tal modo, si legit-
tima l’investitore a chiedere compensi milionari o miliardari ai governi. Tanto più alte saranno le richieste, tanto più salirà la parcella
del giudice in caso di condanna dello Stato”.
E il nostro diavolaccio se la ride!
Opposizione crescente al TTIP
“IL COMMERCIO È
GUERRA” COME
A SUD DEL MONDO
u Da entrambi i lati dell’Atlantico
cresce il movimento d'opposizione al Ttip poiché la gente
prende coscienza della minaccia che i negoziati costituiscono
per molti aspetti della vita. L’appello della società civile è di
bloccare il Ttip sostituendolo
con un mandato commerciale
alternativo che ponga cittadini e
pianeta in primo piano rispetto al
profitto aziendale. A meno di non
giungere alla conclusione di Yash Tandon dopo avere assistito,
per decenni, a negoziati commerciali internazionali al fianco
dei paesi del Sud: “Il commercio
è guerra”. Nel libro Le commerce
c’est la guerre (Cetim, Ginevra,
2015) dimostra che la storia del
libero scambio, lungi dalla retorica su sviluppo e crescita, è una
continua dominazione dei Paesi
poveri da parte di quelli occidentali e delle loro multinazionali.
Oggi che è aperto il dibattito sul
trattato di libero scambio transatlantico, gli europei cominciano
a sperimentare ciò che è, da
sempre, la realtà dall’altra parte
del pianeta. Che Tandon conosce bene da negoziatore per
l’Uganda suo Paese natale, poi
per il Kenya e il South Centre,
think-tank dei Paesi del Sud.
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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ECONOMIA
NORDEST E FRIULI. I risultati della ricerca condotta dalla Fondazione Leone
Imprenditori stranieri
una risorsa per il paese
Negli ultimi 5 anni i titolari di azienda nati in Italia sono diminuiti, gli altri no
uIn questi lunghi anni di crisi la presenza di imprenditori stranieri ha di
fatto aiutato l’economia complessiva fornendo un contributo crescente
al suo bilancio complessivo. Si tratta di un fenomeno che non va ostacolato o rifiutato, bensì incentivato
e gestito nella maniera opportuna al
fine di creare nuove opportunità occupazionali e per l’intero indotto.
FVG. Estrapolando l’analisi a livello regionale, emerge un dato interessante per il Fvg: una presenza
(13,5%) e un tasso di crescita
(+12,9%) superiore alla media nella
provincia di Trieste. Elemento influenzato, probabilmente, dalla vicinanza ai confini. A seguire nella
classifica Gorizia, Pordenone e
Udine.
IL FENOMENO. La Fondazione
Leone Moressa ha analizzato i dati
2015 riferiti al Nordest, confermando la crescita degli imprenditori
stranieri e il continuo calo di quelli
italiani. Considerando la macro area
del Nordest, gli imprenditori stra-
I cinesi sono aumentati
molto, un’imprenditore
straniero su 10 è orientale
nieri attivi hanno sfiorato quota 85
mila l’anno scorso, registrando una
crescita a doppia cifra (+12,5%) negli ultimi 5 anni. Ancora più importante è stata la crescita a livello na-
ZHANG XIN. Una delle imprenditrici cinesi più ricche nel settore immobiliare
zionale (+20,4%) mentre, al contrario, considerando nello specifico il
Fvg, il fenomeno risulta ridimensionato (+7,9%).
Nello stesso periodo, il numero di
imprenditori italiani operanti nel
Nordest è calato del 7,6%, dato simile a quello nazionale (-7,4%),
mentre a livello regionale, in Fvg il
fenomeno ha assunto proporzioni
EXPORT. Ci siamo ripresi dallo scandalo “metanolo” di 30 anni fa
L’Italia dei vini sembra risorta
Tra i vari mercati svettano gli Usa che ha superato la Germania
u L’Italia sta rivivendo una autentico rinascimento del vino,
con un costante trend di crescita, sia in termini quantitativi che qualitativi, che dura
ininterrottamente da 30 anni.
Dal 1986 (anno in cui esplose
lo scandalo dei vini al metanolo) ad oggi le esportazioni sono cresciute di quasi 7 volte,
un quinto di tutte le bottiglie
di vino in circolazione è fatto
in Italia, per un valore commerciale che sfiora i 5 miliardi
e mezzo di euro.
Questo è l’ultimo dato disponibile, riferito al 2015, annata
record per le vendite all’estero. Lo certifica il dossier “Accadde domani. A 30 anni dal
metanolo il vino e il made in
Italy verso la qualità”, promosso da Coldiretti e Fonda-
pensata da nuovi contributi esterni.
Passando ad analizzare il dato della
crescita degli imprenditori stranieri,
emerge un vero e proprio boom di
titolari d’azienda cinesi (+38,8%),
dato che gli ha permesso di diventare la prima posizione della classifica (11% del totale degli imprenditori stranieri, in pratica uno su dieci). Tra gli incrementi si segnalano i
nuovi arrivi di imprenditori rumeni
+20%) e marocchini (+14,6%),
mentre si registra un calo di titolari
di origine svizzera (-6,5%), serbi
(-32,6%) e francesi. A livello settoriale, i principali settori sono quelli
del commercio e delle costruzioni
che, da soli, assorbono circa la metà
degli imprenditori stranieri. L’edilizia rappresenta anche l’unico settore con un calo negli ultimi 5 anni
(-4%).
zione Symbola. In termini di
aree geografiche, il mercato
degli Stati Uniti ha superato
quello della Germania (geograficamente più vicino), il
primo svetta con 1,3 miliardi
di euro di export, il secondo
con circa un miliardo. Al terzo
posto l’Inghilterra con oltre
700 milioni. Distanziata la Cina con “appena” 80 milioni nel
2015.
In termini di prodotto, il vino
che si vende meglio è lo spumante: le bollicine nel 2015
hanno venduto molto di più
(+50%) rispetto a quelli dei cugini transalpini. Il presidente
della Coldiretti Roberto Moncalvo: «Adesso la nuova sfida
è quella di rafforzare e difendere le posizioni acquisite,
contrastando la concorrenza
sleale dei produttori internazionali». Decisamente più prosaico Ermete Realacci, presidente di Symbola: «Quello che
è accaduto dopo lo scandalo
metanolo nel vino italiano rappresenta una straordinaria
metafora della missione del
nostro Paese: cibo e cultura».
maggiori (-10,1%). La somma delle
due componenti a livello di regione,
indica nel Fvg una evidente riduzione della classe imprenditoriale autoctona non adeguatamente com-
CONCLUSIONI. I ricercatori della Fondazione Leone Moressa hanno concluso: «I dati testimoniano la
crescente importanza della imprenditoria straniera nel sistema produttivo italiano e nel Nordest. Una realtà in crescita in tutte le regioni e in
tutti i settori che può diventare un
veicolo utile a creare sinergie con gli
imprenditori locali e ad attrarre nuovi investimenti».
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
ECONOMIA
LA VICENDA. L’istituto ha avviato la necessaria procedura per la quotazione in Borsa
Banca Popolare di Vicenza
una “debacle” annunciata
Per gli azionisti si preannuncia una disastrosa perdita del valore delle quote
.........................................................
...
... NOSTRO SERVIZIO
...
.
u La Banca Popolare di Vicenza
Soc.Coop.p.A. ha recentemente
depositato, presso Borsa Italiana
S.p.A., la domanda di ammissione a quotazione delle proprie
azioni sul mercato telematico
azionario. Questo si prospetto come il primo di una lunga serie di
“bagni di sangue”, infatti, molti
istituti di credito (compresa la popolare di Vicenza), hanno dovuto
fare grossi tagli ai proprio bilanci
per far fronte alle crescenti sofferenze. Il risultato, secondo gli
analisti, sarà un drastico ridimensionamento del valore delle quote detenute dagli attuali azionisti.
Come previsto dall’iter ufficiale,
dopo il deposito presso la Borsa
Italiana della domanda è stato
contestualmente presentato anche alla Consob (Organo di controllo delle società quotate in
Borsa, ndr) la richiesta di approvazione. L’aumento di capitale,
necessario al completamento
dell’operazione di trasformazione, è stato subordinato all’approvazione (o ratifica) da parte
dell’Assemblea dei soci della
Banca prevista per il 5 marzo (vedi box a lato). Numerosi gli enti
incaricati di svolgere il ruolo di
coordinamento, consulenza legale e finanziario dell’operazione.
Il comunicato ufficiale annuncia:
«Con circa 40 miliardi di euro di
attivo, 5.500 dipendenti ed una
rete di 627 punti vendita (tra filiali, negozi finanziari e punti pri-
LA PROTESTA. Alcuni azionisti protestano chiedendo lumi su chi avrebbe dovuto vigilare
LA ASSEMBLEA “FIUME” DEGLI AZIONISTI
u GAMBELLARA
Si è aperta sabato 5 marzo a
Gambellara l’assemblea-fiume della Popolare di Vicenza
chiamata a decidere sulla
trasformazione in Spa,
sull’aumento e la quotazione. «Ci troviamo di fronte a
una scelta non solo morale
ma anche dalle conseguenze
giuridiche», ha detto il presidente Stefano Dolcetta, prima di dare lettura della missiva inviata dalla Banca centrale europea. E’ seguito l’intervento dell’a.d. Iorio: «Capisco il senso di tradimento
che colpisce tutti voi. Votare
no significherebbe regalare
questa banca perché avremmo un valore di realizzo pari a
zero». L’a.d. ha anche ricordato che «ridurre gli attivi
della banca sotto 8 miliardi
(oltre tale soglia le banche
popolari sono obbligate a trasformarsi in Spa) non sarebbe tecnicamente perseguibile, significherebbe ridurre
drasticamente gli impieghi
sul territorio». Alle 9 erano
presenti 5.448 soci, di cui
2.860 in sala. Dopo una sofferta riunione la trasformazione è stata approvata, schivando l’intervento della Bce.
vate) distribuiti in tutta Italia, il
Gruppo Banca Popolare di Vicenza rappresenta la decima realtà bancaria in Italia per totale attivo. Fondato a Vicenza nel 1866
come prima banca popolare del
Veneto, il Gruppo conta oggi su
circa 119.000 tra soci e azionisti
ed un 1,4 milioni di clienti».
Al di la di quanto dichiarato dai
canali ufficiali, la situazione patrimoniale dell’istituto di credito
è tutt’altro che rosea e gli effetti
di questa operazione, imposta
dall’alto, saranno per nulla indolore per i soci, che dovranno sopportare perdite da “lacrime e sangue”. I citati oltre 100 mila clienti
della banca, infatti, hanno già dovuto sopportare una pesante svalutazione delle loro azioni, passate da 62,5 a 48 euro. Un drastico taglio che non risulterà affatto un caso isolato. Dopo le necessarie pulizie di bilancio, il valore per azione dovrebbe scendere sotto i 30 euro fin da subito per
poi precipitare poco sopra quota
20 euro dopo la quotazione in
borsa, allineandosi al moltiplicatore utilizzato (0,7) per le banche
quotate. Analisti e operatori stimano ulteriori e draconiane riduzioni derivanti dal valore di bilancio attuale (ridotto a 2 miliardi, ndr). Tirando le somme, la
perdita di valore potrebbe arrivare a sfiorare i 5 miliardi di euro,
quanto investito dai clienti-soci
della banca negli ultimi 20 anni.
Il processo di quotazione ha messo in luce (e vanificato) un meccanismo, tipico delle popolari
non quotate, che permetteva di
occultare gli effetti della crisi attraverso accantonamenti minimi
per coprire le sofferenze che riducevano le perdite da riportare a
bilancio. L’immagine ufficiale
che ne risultava era quella di una
banca in salute, ma la realtà sta
piombando addosso tutta in un
colpo con effetti a dir poco devastanti.
© G.S.
INCHIESTA. Reati di associazione a delinquere e falso in bilancio.
Altri guai in vista per Zonin & C.
u Le questioni giudiziarie della
Banca popolare di Vicenza sembrano complicarsi ulteriormente. Dopo l’inchiesta legata ai reati di ostacolo alla vigilanza e agiotaggio, la
procura sembra stia indagando sul
reato di associazione a delinquere e
falso in bilancio. Al termine dell’inchiesta si potrà davvero definire se
l’associazione a delinquere esiste o
meno. È evidente che a questo punto
la situazione di tutti gli indagati si è
ulteriormente aggravata. Tra questi
3 consiglieri e tre manager, tra cui
l’ex presidente Giovanni Zonin e
l’ex dg Samuele Sorato. A settembre sono stati perquisiti gli uffici e le
abitazioni dei sei indagati dagli uomini del Nucleo valutario della Gdf,
che ha sequestrato materiale ritenuto rilevante. Sotto osservazione la
situazione patrimoniale della banca, con crediti deteriorati mai svalutati e azioni acquistate al solo scopo di nascondere buchi di bilancio.
Nel mirino dei pm e del Nucleo valutario anche due fondi esteri, Optimum e Athena, controllati dalla
banca quasi al 100% e che, secondo
gli ispettori di Bankitalia, partecipavano all’acquisto delle azioni. Sarebbero emersi anche finanziamenti
“opachi” a gruppi industriali e sottoscrizioni a bond che la procura di
Vicenza sta valutando. Tali sviluppi
giungono in un momento molto delicato per l’istituto di credito che ha
appena ufficializzato l’avvio della
procedura per la quotazione in Borsa. Un processo reso obbligatorio
dall’Ue e che richiederà enormi sacrifici ai suoi azionisti.
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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CRONACA / Udine
UBRIACHI. Punire i gestori dei bar è efficace alla prevenzione? Una riflessione con gli addetti ai lavori.
Tolleranza zero all’abuso di alcol
osti d’accordo ma chiedono aiuto
Gli esercenti sono in sintonia con la legge, ma troppo spesso temono per la loro incolumità.
u Fiumi di alcolin città. E, nel mirino, gli esercenti. Si fa un gran
parlare a Udine sulla questione del
bere smodato, soprattutto da parte
degli adolescenti, e sulla “tolleranza zero” minacciata dal Questore, ritenendo osti e baristi responsabili degli ubriachi e dei
danni da loro causati. Una calata
di mannaia “che ci sta”, un po’ come punire un “pusher” legalizzato. Non è facile, infatti, affrontare
la questione con grandi convinzioni. Il terreno è delicato e, come
sempre, attorno alla Legge, alla
sua giustezza ed efficacia, ruota
come un turbine l'etica, che solleva dubbi, interroga le coscienze
e spesso ci disarma davanti ai
grandi paradossi. C’è, infatti, chi
preferisce l’educazione, al bastone, chi investirebbe più sforzi nella prevenzione a partire da scuola
e famiglia, definendo la Legge imposta ai barman il più inutile proibizionismo. E se educazione e
Legge andassero, invece, a pari
passo? Da che mondo e mondo le
regole servono ad “educare”.
Ma il problema dell’alcolismo è
qualcosa di ben più profondo, e
difficilmente si risolve con i dieci
comandamenti e gli opuscoli educativi. L’alcolismo è un sintomo
di disagio, e anche uno stato profondo e radicato dell’anima.
Era il 1990 quando Cesare Marchi
scrisse che «il vino aveva dalla sua
una splendida letteratura, mentre
l’acqua solo la bolletta delle
aziende municipalizzate». Battute a parte, la lotta all’alcol è parte
di una rivoluzione culturale e sociale che, ad essere franchi, sem-
brerebbe umanamente impossibile. E non resta che affidarsi al
buon senso di ognuno e all’esempio di chi gli sta accanto. Perché,
forse, la vera educazione, la vera
prevenzione, non è dire a questi
figli: “l’alcol uccide”, ma insegnare loro a pensare, ad avere opinioni personali, a discernere rimanendo fedeli a una visione per il
domani.
Ma torniamo a bomba. «Non è
giusto che siano gli osti a pagare? -
risponde uno di loro - Gli ultimi di
una filiera produttiva? E’ come
multare un tabaccaio se un uomo
muore di cancro ai polmoni».
Ricordiamo, al proposito, che in
materia di sicurezza pubblica il titolare di un esercizio è soggetto
tanto alle norme sanzionatorie di
tipo amministrativo (Tulps: testo
unico di pubblica sicurezza)
quanto alle norme di natura penale
(codice penale e leggi speciali).In
sintesi, al titolare di un locale pubblico autorizzato alla somministrazione di bevande alcoliche, è
vietata la vendita di alcol ai minorenni e la somministrazione ai
ragazzi di età inferiore ai 16 anni
(art. 689 cp); alle persone in evidente stato di ebrezza (691 cp) e a
persone palesemente affette da
malattia mentale. Il gestore è poi
tenuto a sedare ogni disordine,
schiamazzo e disturbo alla quiete
e, infine, addio sonni tranquilli se
un suo alticcio cliente crea incidenti dopo l’uscita dal bar. In caso
di trasgressione della legge, secondo una normativa del 1931,
decisamente vecchiotta e in odor
di “regime”, sulla chiusura del lo-
cale o sulla sospensione della licenza (o autorizzazione che dir si
voglia) per la vendita di alcolici
decide sulla base del Tulps il Questore, ovvero un poliziotto), anche
se le più alte in grado. E qui già si
solleva ancora qualche dubbio etico perché, in tal caso, forse viene a
mancare un compiuto contraddittorio e le garanzie che il sistema
giudiziario comunque offre. A
meno che il gestore del locale decida di ricorrere al Tar.
Ma nonostante tutto, osti e baristi
udinesi sembrano accettare di
buon grado la legge. Anzi, la maggior parte di loro si dimostra, addirittura, favorevole. Dal Wine
Bar al Friuli, dall’Amadeus al Sottogusto, fino a molti altri che preferiscono mantenere l’anonimato,
la voce che si solleva è unanime.
«La legge è giusta, e noi gestori
facciamo il possibile. Ma negare il
bicchiere a un ubriaco è estremamente pericoloso. Questo deve essere chiaro a tutti. Va bene la tolleranza zero, ma chiediamo alla
polizia più presenza sul territorio.
Non possiamo fare tutto da soli».
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Cividale del Friuli
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CRONACA / Udine
INTERVISTA. Su alcol, leggi e prevenzione, risponde lo psichiatra Francesco Piani responsabile del Sert
«Legge ed educazione a pari passo»
L’età di chi abusa di alcol è sempre più bassa. Richiesti interventi perfino nelle quinte elementari
F. PIANI Affianco il Sert
u Tolleranza zero. Sulla questione alcol, giovani e responsabilità,
tema che da settimane angustia
Udine, risponde il coordinatore
del Sert reparto dipendenze, Francesco Piani.
Professore, nell’ottica della prevenzione dell’abuso
di alcol, ha senso abbassare la mannaia sui gestori dei
locali? Salvando forse le
piazze dai vandalismi, ma
non certo i ragazzi?
«Ci sono almeno tre considerazioni da fare: La prima è che le leggi
vanno rispettate, perché avere regolamenti scritti che poi nessuno
applica non ha davvero alcun sen-
so. Anzi, peggiorano la situazione. Dal punto di vista della prevenzione, invece, il successo è possibile soltanto se, all’educazione dei
ragazzi nelle scuole e nelle famiglie, si affianca anche l’azione
della legge. E viceversa. L’una
senza l’altra, non può che generare
un’azione preventiva ed educativa fallimentare. E questo non lo
dico soltanto io, ma anche le linee
guida dell’Oms. Dunque, cade in
errore chi predica soltanto l’azione punitiva, considerando inefficace quella educativa, e viceversa
cade in errore chi considera valida
soltanto l’educazione, puntando il
dito contro l’azione punitiva. Bisogna stare attenti ai moralismi,
sia in un senso che nell’altro. Ripeto, il rispetto delle leggi accanto
a una azione educativa che mira al
cambiamento dei comportamenti,
è la sola scelta vincente».
A Udine ci sono un sacco di
bar, spuntano come funghi,
spesso effimeri, ma senza
posa. Si inneggia, poi, a
Friuli Doc e tanti sforzi in
quel senso dedicano le amministrazioni e le associazioni culturali. Poi, dall’altro, si bastona l’esercente e
il titolare della mescita. Secondo lei ci dovrebbe esse-
re più controllo “dell’offerta”?
«Non è questo il punto. Nessuno
vieta alla gente di andare a divertirsi bevendo qualcosa. Chi va a
bere, però, lo deve fare con buon
senso e nel rispetto della legge, di
sé stesso e del prossimo. Se questo
non accade, ritengo che sia
nell’interesse dei gestori intervenire, cercare di fare la differenza.
A nessuno piace avere ubriachi in
casa, o rischiare la chiusura. E ritengo che un percorso educativo
su come gestire le cose, sui rischi e
le conseguenze dell’alcol sia utile
anche per loro».
Le forze dell’ordine dicono
tolleranza zero. Vale in assoluto, o in certi luoghi, come il Friuli VG dove il bere è
fenomeno culturale e di costume, bisogna adottare
misure diverse, più elastiche. Fare i conti con la tradizione, e con la capacità
“di tenuta”…
«La cultura e la tradizione non ti
rendono immune dalle malattie e
dalla morte. Tant’è che di alcol si
continua ad ammalarsi e a morire.
Ad ogni modo è vero che in ogni
luogo è necessario fare i conti con
la cultura, i diritti di chi vende e di
chi produce; ma è necessario tro-
vare le giuste misure e i giusti
equilibri. Bisogna essere coerenti
nei comportamenti, e imparare a
fare delle scelte precise. Scegliere, ad esempio, tra salute e cultura,
o tra salute e commercio. Perdonate, ma su queste questioni ho un
atteggiamento “talebano”. Inoltre
ritengo che sia necessaria un’etica
della comunicazione e dell’informazione, partendo dalla stampa,
per passare ai politici, alle forze
dell’ordine fino ai medici. Insomma, è inutile dedicare paginoni di
fierezza sulla festa del vino, magari plaudendo alle grandi bravate, per poi, il giorno dopo, dedicare
paginoni agli incidenti, demonizzando i giovani o le istituzioni.
Anche in questo caso serve coerenza, e giusti equilibri e misure.
Un’azione educativa concordata».
Lei opera al Sert da moltissimi anni, dunque ha il polso della situazione, se così
si può dire. Sono in aumento i casi difficili di dipendenza? Oggi, è tanto peggio
di ieri?
«Non ho numeri alla mano. E’ difficile a dirsi, perché non abbiamo
dati statistici. Ma una cosa certa la
posso dire: sta aumentando la diminuzione dell’età delle persone
coinvolte. Aumentano i giovanissimi. Pensate che capita che i dirigenti scolastici ci chiedano di intervenire anche per casi nelle
quinte elementari. Non parliamo
poi delle medie, dove ormai si è
consolidato anche lo spaccio di
droghe. Ma alcol e droghe non fa
differenza, stiamo parlando di
comportamenti a rischio e di forte
disagio».
Già, e le cause di questi disagi sono sotto agli occhi di tutti. Si può
incolpare la decadenza di questa
cultura, i modelli sbagliati, tornando all’eterna questione: riuscire a insegnare il discernimento, la
qualità della vita, la prospettiva.
Ma a proposito di droghe:
sbagliamo se diciamo che
l’alcol è la peggiore di tutte? E non c’è Cannabis o allucinogeni che tengano?
«Dall’entità dei danni, singoli e
sociali che crea, non sbagliate affatto».
Nei migliori bar, dal 1920.
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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CRONACA / Udine
IL CASO. Continuano a nascere nuovi centri commerciali, ma il prezzo da pagare è alto
UNIVERSITÀ
Inflazione di supermercati
una vera colonizzazione
Non si pensa che i soldi spesi nei colossi, non generano ricchezza territoriale
i posti di lavoro sono spesso sottopagati, mentre crescono i fallimenti in città
........................................................
...
... LUCIA BURELLO
... [email protected]
.
u Supermercati come funghi.
Li vedi spuntare lungo i viali attraverso la bruma dei bigi pomeriggi friulani, mostri in cemento
armato che sembrano nutrirsi
dell’humus dei campi di periferia. Campi e orti un tempo contadini, e ora sacrificati alla cementificazione più demenziale.
Capannoni e zone commerciali
che si estendono per chilometri e
chilometri, una distesa di edifici
alti tutti uguali, massimo due livelli, costruiti secondo i piani regolatori dove, purtroppo, un
tempo passavano le stradine per
uscire in bicicletta e andar per
prati.
Supermercati ovunque che superano di gran lunga il fabbisogno
dei quartieri, più supermercati
che residenti; già pronti o in costruzione. In auto puoi divertirti a
fare la conta, come quando da
bimbi si faceva a gara a chi vedeva più alberi di Natale.
Sul viale Palmanova ne esistono
già sei, presto ne arriverà un altro
e un altro si amplierà ulteriormente.
Iper-mercati e discount a traino
di grandi catene che ingoiano la
qualità della vita delle piccole
comunità, privando gli abitanti
dei rapporti umani, della qualità
del cibo, dell’appartenenza ai
luoghi, della dignità del lavoro,
della
salute
ambientale,
dell’economia e della sussistenza dei piccoli centri. Sì perché
non serve un genio per capire che
tutti i soldi che gli udinesi spendono all’interno di questi buchi
neri, finiscono a far parte di un
bottino che vola fuori dai confini
IL DANNO
u EX SANTI. La prima foto
riporta lo stabile, di discutibile
bellezza, che ha preso il posto a Udine della ex clinica
Santi (nella foto sotto), gioiellino architettonico opera del
grande architetto Midena.
Il vecchio edificio si trovava in
via Monte Grappa e per un
po’ fu nel mirino della stampa
perché considerato possibile
futuro Hospice. Ma l’edificio
fu venduto a un prezzo non
molto conveniente dalla Fondazione Hoffmann per realizzare denaro utile a progetti sul
fine vita più ambiziosi. E poi
miseramente falliti.
Nel frattempo, i nuovi proprietari dell’edificio destinarono
l’area alla costruzione dell’ennesimo supermercato in città.
regionali per finire nelle casse
dei colossi internazionali. Salvo
una miseranda parte che serve a
stipendiare dipendenti troppo
spesso sfruttati o sottopagati.
Uomini e donne costretti a contratti da sciacallaggio dove la parola dignità, se mai è compresa, è
un sostantivo obsoleto e ridicolo.
Di fronte a tutto questo, il centro
storico cittadino è già nella fossa.
E vive e dimentica a suon di bevute, dal momento che bar e osterie sembrano l’unica, chimerica,
risorsa.
Riteniamo sia ipocrita riempirsi
la bocca con il vantaggio dei soldi Pisus e il rilancio del piccolo
centro emporiale quando, favorendo la nascita dei centri com-
merciali, si svuotano per ben due
volte le tasche degli udinesi.
Quando comprano e quando i loro soldi svaniscono dal circuito
commerciale cittadino per finire
chissà dove. Lasciando a secco la
città e chi ci vive.
E’ su questo che gli udinesi dovrebbero interrogarsi, invece di
esultare ingenuamente di fronte
a un nuovo cubo di plastica e scatolette. Anzi, dovrebbero indignarsi e ribellarsi davanti
all’ipocrisia di chi spalleggia
questa devastazione portando,
quali tesi a favore, i posti di lavoro e l’aumento dell’economia.
Già, l’economia, ma non certo
quella locale. E il lavoro? Per due
commessi sfruttati al supermercato, quanti sono i piccoli arti-
giani e le botteghe costrette a
chiudere?
Insomma, prima di lasciarci colonizzare da questi cuboni senza
volto e amministrati da “fantasmi”, prima di vedere, all’improvviso, dietro il campo di “lidric” le transenne per la loro edificazione, pensiamo che la qualità della nostra vita è raccogliere
quel lidric e venderlo in san Giacomo, e con i soldi ricavati, comprare la carne dal macellaio del
borgo, che a sua volta comprerà
il pane al forno sotto casa. E così
che, nel piccolo, si possono fronteggiare le difficoltà, difendendo
il tanto vituperato genius loci
che, all’alba di un’era “stellare”,
paradossalmente è rimasta l’unica vera risorsa per sopravvivere.
WASSERMANN ospita la scuola
UN NOME
PER LA SCUOLA
SUPERIORE
L’Università di Udine ha deciso di
scegliere il nome della sua Scuola
Superiore tramite votazione
all’interno della comunità universitaria. Studenti, docenti, ricercatori e personale tecnico e amministrativo sono invitati a proporre
la denominazione tramite un sondaggio online che si chiuderà il 31
marzo. Il nome scelto sarà reso noto il 30 giugno, alla vigilia di Conoscenza in Festa 2016, durante la
cerimonia di scoprimento della
targa di intitolazione. A tal fine il
rettore Alberto De Toni ha istituito un’apposita Commissione, formata da sette membri: oltre a lui, la
direttrice della Scuola, Donata
Levi, i rappresentanti del Senato
accademico Marina Brollo e Roberto Rinaldo, i rappresentanti del
Consiglio di amministrazione
Stefano Miani e Carla Di Loreto e
la rappresentante degli studenti
della Scuola Superiore Marilena
Palomba. «Nessun problema con
il legato di Toppo Wassermann –
rassicura il rettore – abbiamo verificato con gli uffici legali
dell’ateneo e del Comune che la
scelta di dare un nome alla Scuola
è assolutamente compatibile con
quanto richiesto dal legato. L’edificio che ospita la Scuola continuerà a chiamarsi “Istituto di Studi Superiori di Toppo Wassermann” e ci sarà un’apposita tabella a segnalarlo. Una delle attività
ospitate al suo interno è quella della Scuola Superiore dell’ateneo
che avrà un suo nome distintivo».
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CRONACA
AMBIENTE. Il Friuli Venezia Giulia si scopre territorio fragile
Dissesti del suolo annunciati
causa non il clima ma l’uomo
Alle cause naturali si è sommata la scelleratezza costruttiva
.............................................................
...
... REDAZIONE FRIULISERA
...
.
Menù di Pasqua
Franciacorta Bonomi Crù Perdù
Salmone Loch Fyne
FRQFUHPDGL3KLODGHOSKLDHROLRD൵XPLFDWR
Risotto alle vongole con calamari
gambero rosso e lime
Pesce spada alla pizzaiola con gelato al
cappero e insalata liquida
Ananas e lime con zenzero e wasabi
Agnello caramello all’aceto di lamponi
e cavolo capuccio
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Chiuso la Domenica
u Gli eventi meteorologici delle ultime settimane e gli eventi che ne sono scaturiti, dall’erosione del litoraneo di Grado, alle frane in Carnia,
hanno evidenziato con specchiata
precisione come i dati degli ultimi
anni sulle condizioni del suolo siano
drammaticamente esatti. Questo vale ovviamente per l’intera penisola,
ma come vedremo anche per la nostra Regione. Dall’ultimo rapporto
Dissesto idrogeologico in Italia,
pubblicato dall’Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) emerge infatti un
quadro davvero preoccupante: la
maggior parte del territorio italiano,
Fvg compreso, è a rischio idrogeologico. Insomma Italia sempre più
fragile con oltre l’88% dei comuni
italiani è a rischio idrogeologico. Il
nostro Paese, a causa della sua conformazione geologica, geomorfologica e idrografica, è già in partenza
predisposta a fenomeni di dissesto.
L’intensa e incontrollata urbanizzazione del dopoguerra, la deforestazione e l’abbandono delle zone
montane ha aumentato il numero di
aree vulnerabili. Il clima, inoltre non
aiuta. Aumenta la frequenza di fenomeni meteorologici estremi e la loro
intensità: piogge, che normalmente
dovrebbero cadere nell’arco di mesi, vengono concentrate in poche ore
provocando piene improvvise e rischi sempre più alti per la popolazione. Se questo è il quadro nazionale
non è che nella Regione Fvg la situazione sia migliore, anzi, la Regione Friuli Venezia Giulia presenta
un territorio complesso, dove le propaggini orientali della catena alpina
(Alpi Carniche e Giulie), presenti a
nord, degradano in una pianura alluvionale che si espande verso sud
sino alla laguna di Grado-Marano ed
all’Alto Adriatico. Questa caratteristica, unitamente a quelle litologiche, geomorfologiche e pluviometriche (la catena dei monti Musi è
una delle zone più piovose d’Italia),
crea un contesto di vulnerabilità e
quindi di rischio idrogeologico che
deve esser correttamente valutato
per garantire l’incolumità della popolazione. Del resto è noto che negli
ultimi decenni il territorio regionale
è stato colpito da vari avvenimenti
calamitosi legati all’ambiente naturale che si sono ripetuti con una certa
costanza. Questi possono esser suddivisi in grandi eventi come le alluvioni del 1966 e del 1996 ed in eventi
minori (ma non per questo trascura-
bili), soprattutto di tipo alluvionale,
che si sono susseguiti con una cadenza quasi annuale. Tutti questi
episodi hanno interessato praticamente l’intero territorio regionale,
andando ad interagire con gli elementi geolitologici e morfologici
propri di questa Regione. Si sono così verificate e si continuano a verificare, frane e smottamenti, allagamenti di abitati e terreni, coinvolgendo sia le zone montane e pedemontane sia la pianura friulana. Fin
qui i dati “naturali”, ma la situazione
in realtà è stata aggravata dalle attività umane, soprattutto quelle
messe in atto nel secolo scorso con
uno sviluppo urbanistico che non ha
tenuto conto del rischio e del delicato assetto idrogeologico. Basti
pensare che nella maggioranza dei
comuni del Fvg sono presenti abitazioni e costruzioni, anche relativamente recenti, nelle aree golenali,
negli alvei dei fiumi e nelle aree a rischio frana.
Vi sono addirittura interi quartieri a
rischio nonchè intere zone industriali che sono sorte dobve non dovevano sorgere aggravando i rischi
non solo per chi vi lavora ma anche
per il resto della popolazione a causa
degli eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei ter-
reni e da queste nelle falde. Vale la
pena riportare il commento di qualche giorno fa della vicepresidente
della commissione Ambiente di
Montecitorio Serebna Pellegrino,
proprio relativamente ai dati Ispra
sul Fvg: “I dati forniti dall’Ispra sul
dissesto idrogeologico nel nostro
Paese confermano quanto denunciamo da tempo: siamo un Paese ad
alto rischio e sono necessari interventi straordinari e non la messa in
fila di interventi già programmati e
finanziati da tempo. In Friuli Venezia Giulia l’84 per cento dei Comuni
è interessato da pericolosità di frana
elevata e molto elevata e pericolosità idraulica: significa che 85.500
persone circa risiedono in aree a rischio.” “40 miliardi sono necessari
per un concreto piano di messa in sicurezza che, se ben programmato,
genererebbe in dieci anni lavoro e
stabilità. Abbiamo vissuto per decenni in costante stato di emergenza,
in cui si continua a salvaguardare di
più la speculazione, garantendo appalti non sempre trasparenti. Bisogna chiudere con quella stagione.”
Spiega la parlamentare. “Il Governo
sostiene di continuo che il dissesto è
una priorità, prosegue Pellegrino,
ma tale affermazione mal si sposa
con gli atti prodotti, a partire dal decreto Sblocca Italia. Si passi dalle
parole ai fatti approvando la legge
sul consumo di suolo e mettendo in
sicurezza tutto il territorio. Solo così
si potrà affrontare la fragilità del nostro Paese messa in luce ad ogni
evento atmosferico.” “Non vorremmo – conclude Pellegrino – che il
governo, con la mossa del cavallo,
imponesse a tutti i cittadini, per sanare il nostro magnifico territorio,
l’assicurazione obbligatoria su tutti
gli immobili per i danni catastrofali.
La toppa sarebbe peggio del buco”.
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SPECIALE Pasqua
CALCIO L’Udinese di 32 anni fa, il ricordo di un’età dell’oro
Non basta un articolo per descrivere le sensazioni sul campo
La meteora di Udine è Zico E’ il 1983-84:
primo anno in A
Una leggenda in Brasile
Quella di ‘el Galinho’ è una storia da raccontare ai giovani
..........................................................
...
... REDAZIONE FRIULISERA
...
.
u Il 3 marzo di 63 anni fa fu un
giorno speciale: in particolare per
i tifosi del Flamengo e dell’Udinese. Arthur Antunes Coimbra, in
arte Zico, soprannominato ‘el Galinho’ per il fisico gracile, nasce a
Rio de Janeiro. Fin da piccolo, come altri campioni, il suo talento è
più che evidente. Insieme agli altri
fratelli Zico passa ore a correre
dietro ad una palla. A 17 anni è un
ragazzo normale, che ha guadagnato 11 cm in altezza e 16 kg di
peso anche grazie ad un lavoro in
palestra ad hoc. A quell’età il fisico può ancora fare la differenza:
non la farà più nel momento di
scendere in campo, davanti ad un
mostro di tecnica e rapidità.
Dal ‘71 all’ ’83 Zico veste sempre
la maglia del Flamengo: 489 presenze e 368 gol. Sono numeri impressionanti: il calcio non è quello
frenetico e fisico degli ultimi 20
anni, anche se parliamo del campionato brasiliano (dove difendere non era la prima attitudine delle
squadre).
Nell’ ‘80 Zico vince il suo primo
campionato brasiliano: verranno
ZICO. Con la maglia dell’Udinese ‘a banda verticale’.
anche una Coppa Libertadores (la
Champions League sudamericana) ed una Coppa Intercontinentale. Anche in Nazionale le percentuali sono strabilianti: 72 partite e 52 gol. Prende parte a tre
mondiali: ‘78 in Argentina, ‘82 in
Spagna e ‘86 in Messico. Il più
celebre calciatore carioca dopo
Pelè arriva a Udine l’anno dopo la
vittoria dell’Italia al Mundial spa-
gnolo. Ci rimane poco, ma resta
nella memoria di sportivi e non.
Allora in Italia giocavano tre fuoriclasse assoluti: oltre a Zico,
c’erano Michel Platini e Diego
Armando Maradona. Un ‘lusso’
anche e soprattutto per gli occhi:
Zico scende in campo 39 volte e fa
22 gol. Cosa accadeva sul rettangolo di gioco, bè forse a Udine
non s’era mai visto.
u MAGIA Pochi ricorderanno il ruolino di marcia di
quell’Udinese, allenata da
Enzo Ferrari. Alla prima
d’andata, l’11 settembre,
l’Udinese impressionò: al
Ferraris col Genoa fu uno
0-5. Gol di Mauro, raddoppio di Zico al primo gol con i
bianconeri in serie A, doppietta di Virdis ed ancora Zico. Sette giorni dopo l’esordio al Friuli: arriva il Catania. Altra doppietta di Zico:
3-1. La domenica dopo la
prima sconfitta al Partenio
con l’Avellino: Zico segna
l’unica rete. Alla quarta di
campionato arriva il Verona
ed è 1-1: gol di Zico dopo
18’. Altro pareggio a Firenze, poi arriva l’Inter al Friuli
ed è un 2-2. El Galinho segna su rigore il primo gol.
Segue la sconfitta ad Ascoli,
una delle ‘bestie nere’
dell’Udinese allora. Al Friuli
c’è poi la Roma: 0-0 fino
all’85° di gioco quando su
lancio di Causio è proprio
Zico a far esplodere il Friuli.
Seguono una sconfitta (con
la Samp) e quattro pareggi
(Pisa, Torino, Juve e Lazio):
Zico resta a secco. Il brasiliano torna nei tabellini
all’arrivo del Napoli a Udine:
suo un gol nel 4-1. A San Siro col Milan ne fa ancora
due per il 3-3 finale. Al ritorno, in casa, col Genoa l’Udinese vince: Zico farà una
doppietta a Catania solo
nella partita dopo. Due suoi
gol anche nella vittoria
sull’Avellino in casa: segna
poi a Verona ma stavolta si
perde 2-1. Arriva la Fiorentina: 3-1 per i padroni di casa,
la seconda rete è del numero 10. Poi due sconfitte con
Inter e Roma e lo 0-0 con
l’Ascoli. Quindi il Pisa, la
Samp, il Torino e di nuovo la
Juve: dopo un digiuno di sei
partite, un gol nel 3-2 a favore dei torinesi. Nelle ultime tre partite solo un gol
nella vittoria con la Lazio.
Sono 19 gol in 24 partite al
primo anno in Italia: in campo la ‘saudade’ spariva.
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SPECIALE Pasqua
GEMONA «Ora imminenti appuntamenti ci attendono: facciamo un marchio tipicamente friulano»
Sportland, il progetto di una terra
Tutto l’Alto Friuli ne è coinvolto
Quest’anno sono trascorsi 40 anni dal terremoto del ‘76: le iniziative ed il programma in arrivo
Gemona e gli altri comuni punteranno forte su sport e turismo per costruire il proprio futuro
..........................................................
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... NOSTRO SERVIZIO
...
.
u “Il progetto Sportland – ha affermato Paolo Urbani, il sindaco
di Gemona -, ha già avuto un forte
impatto”. Oltre al suo comune ne
fanno parte Forgaria, Trasaghis,
Verzegnis, Moggio Udinese, Artegna, Montenars, Tolmezzo,
Bordano, Venzone, Osoppo, Buja, Resiutta, Cavazzo Carnico,
Tarcento, Villa Santina e Chiusaforte. “Ora imminenti appuntamenti ci attendono – prosegue Urbani -: a Milano presenteremo, il
22 marzo, il passaggio del Giro
d’Italia femminile. E poi ci saranno i British Open di parapendio ed
i relativi Mondiali. Infine il rally
con partenza proprio da Gemona”. Non c’è dubbio che tutti questi eventi sportivi porteranno una
grande ricaduta economica per
tutto l’Alto Friuli. “La nostra missione è – commenta il sindaco –
continuare a crederci, anche se gli
‘exploit’ degli anni passati saranno irripetibili: il traino-Pistorius e
l’apporto delle istituzioni, dei co-
GEMONA. Il sindaco Paolo Urbani.
muni e degli sponsor hanno fatto
tanto. Soprattutto grazie a Dolomia e alle Generali”. L’obiettivo
che si pone il sindaco è quello di
“andare a caccia di nicchie di mercato. E’ indispensabile caratterizzarsi. Abbiamo già l’accordo con
Un giorno un amico mi ha detto:
“Quando io raccolgo un grappolo
d’uva è un grappolo d’uva; quando lo
raccoglie Subida di Monte diventa un
vino eccezionale” (A.A. ).
E’ l’anno 1972 quando nostro padre Luigi
Antonutti, uno dei decani del vino friulano,
realizza un desiderio che porta dentro da
anni: vivere a tempo pieno da viticoltore.
Nasce così l’Azienda Agricola “Subida di
Monte”, che con il passare degli anni è
ETGUEKWVCQEEWRCPFQQIIKWPCUWRGTſEKG
di circa 10 ettari grazie all’amore e alla
passione che Gigi ha saputo dare.
.CſNQUQſCEJGCNKOGPVCNŏ#\KGPFCÂDCUCta sulla volontà di produrre vini nel massimo rispetto della natura e del territorio
evitando l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi, pesticidi e diserbanti.
La natura e le sue leggi vengono rispettate
cercando un rapporto armonico con l’amDKGPVG EKTEQUVCPVG CN ſPG FK RTQFWTTG FGNNG
uve naturali dalle quali ottenere un vino che
sia espressione del territorio e del vitigno.
Le uve vengono raccolte esclusivamente a manoNCXKPKſEC\KQPGXKGPGGUGIWKVC
prevalentemente in vasche d’acciaio con
controllo della temperatura di fermenta\KQPG OGPVTG NŏCHſPCOGPVQ RTGXGFG NC
UQUVC FGK XKPK UWNNG HGEEG ſPQ CN RGTKQFQ
di imbottigliamento. In media vengono
prodotte annualmente 50.000 bottiglie,
ottenute da vigneti a diverse densità d’impianto (5.000-7.000 viti/ettaro).
il Ministero dell’Ambiente: possiamo creare un marchio tipicamente friulano. Fatto di attività
sportiva e ambiente”. Le montagne sono il contesto di tutta l’area:
viene spontaneo pensare all’arrampicata sportiva, ai Mondiali di
parapendio in programma quest’anno ed a quelli di deltaplano
(2019). “Oggi è cambiato il modo
di produrre – sostiene il sindaco di
Gemona -: pensare che lo sviluppo arrivi come nel post-terremoto
sulla spinta delle manifatture, si-
gnifica non saper interpretare la
realtà”. All’interno della globalizzazione non bisogna solo “fare”,
ma anche promuoversi, rendere
attraenti e conosciuti i prodotti e le
qualità del territorio.
Sportland è un progetto intelligente. Sono tutte locali le risorse
impiegate, “e c’è tantissima gente
a rincorrere la passione sportiva”.
In attesa dell’uscita del programma delle iniziative Paolo Urbani
dà delle anticipazioni. “Il quarantennale del terremoto – spiega –
ha destato un’attenzione mai vista. Per la commemorazione ci sono già un centinaio d’iniziative da
parte delle associazioni”. A Gemona immancabile, il 6 maggio, il
ricordo dei morti: la messa ed il
corteo fino al cimitero. L’Ana milanese, in collaborazione con le
sezioni di Udine e Gemona, ha
previsto, dal 16 al 18 settembre,
l’incontro con gli alpini (un centinaio le sezioni) che si trovavano
negli 11 cantieri del 1976. E’ prevista la consegna della cittadinanza onoraria alla Brigata alpina Julia.
SUBIDAdiMONTE
www.subidadimonte.it
Collio Wines
CORMONS GO
L’annata 2015, che l’Azienda si prepara
ad imbottigliare per l’imminente Vinitaly,
si preannuncia come un’annata particolarmente positiva da un punto di vista qualitativo, grazie alla quantità di sole e alle precipitazioni intervallate da incrementi termici
notevoli, favorendo lo sviluppo di composti
aromatici e strutture importanti.
La vite predilige la collina più assoluta, i
pendii ben esposti dove assorbe direttaOGPVGKTCIIKFGNUQNGGVTCGDGPGſEKQFCNNG
correnti d’aria e dal drenaggio naturale delle acque piovane. I vitigni in collina risentono molto del cambiamento di stagione
e dell’escursione termica giornaliera, che
garantiranno al mosto una buona acidità
ſUUC EQP UWEEGUUKXC RTQFW\KQPG GF arricchimento di freschezza, sapidità e profumi. A rendere questa zona perfetta per la
produzione enologica di qualità contribuisce
anche l’impasto del terreno, che qui prende
il nome di Ponca, un mix di marne e arePCTKGFKQTKIKPGGQEGPKECHTWVVQFKUVTCVKſECzioni millenarie derivanti dal lento ritiro del
mare. A questa tipologia di terreno, ricco di
sali, microelementi e fossili marini, si deve
la connotazione unica e inconfondibile che
contraddistingue i vini del Collio.
A causa dell’erosione i viticoltori del Collio sono stati costretti a terrazzare le colline per impiantare le vigne evitando il
“consumo” dei colli e lo scalzamento delle viti. Questi terrazzi sono così diventati
una caratteristica delle nostre colline, in
CNEWPG\QPGUQPQFGſPKVGőTQPEJKŒ
Con l’inizio della Primavera 2011 l’azienda ha il piacere di accogliere i visitatori
nell’alloggio agrituristico recentemente
ristrutturato. Grazie al fascino del luogo
che in ogni stagione regala uno spettacolo
PCVWTCNGFKXGTUQPQPUCT´FKHſEKNGTKRQUCTG
il corpo e la mente dalle fatiche quotidiane.
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SPECIALE Pasqua
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SPECIALE Pasqua
SIGNIFICATO. Sono millenni che questa festività prima pagana poi religiosa ricorda all’umanità i cicli naturali
Pasqua e primavera sono luce e colore
sinonimi di vita che riparte dal buio
Pasquetta “lunga”, quest’anno, visto che la notte di Pasqua coincide con il ritorno dell’ora legale
u Parrá ovvio dirlo, ma esiste una
vera e propria correlazione tra l’arrivo della primavera e le festivitá
pasquali, anche se in questi tempi
di cambiamenti climatici il distacco fra le stagioni è sempre meno
preciso con il cambio di stagione
previsto dal calendario, come ricordano gli eventi tipicamente invernali della prima decade di marzo e il prolungarsi dell’autunno
quasi fino a Natale nel 2015.
Come vedremo nei servizi successivi che trattano specificatamente
della pasqua pre-cristiana, nei millenni questa sovrapposizione fra
primavera e Pasqua ha avuto significati diversi. Ma in ogni caso resta
chiarissimo che, sia la primavera
che la Pasqua, sono accomunate
dal concetto di rinascita, di ritorno
alla vita, sia esso concetto religioso che legato al riattivarsi di piante
e coltivazioni. Non a caso la Pasqua ricorre proprio in questo periodo dell’anno, a sottolineare come tutto l’universo obbedisca a
delle leggi universali, che la dimensione culturale umana non
può ignorare e nella storia non ha
ignorato, anche se oggi una certa
“violenza” commerciale ne ha sta-
ICONA ARTISTICA. La Primavera di Botticelli
turato in parte il significato più alto.
Ma in realtà conformandosi alla
natura, la cultura degli uomini è
comunque capace di mettere in
evidenza elementi naturali attraverso l’approntare delle feste che
trovano riscontro nell’ambito del-
la dimensione religiosa. Detto
questo, se la Pasqua cristiana segna il resuscitare del Cristo, la primavera indica il ritorno alla vita di
tutta la natura.
Una compartecipazione di natura e
cultura che si esprime in maniera
adeguata in questa correlazione
che è da tenere in considerazione e
che comporta oggi alcuni problemi visto che si tende a sfruttare e
mercificare ogni cosa. Se da un lato infatti ciclo della vita umana e
non viene espresso da un morire e
rigenerarsi, questo costituisce un
processo fondamentale di una consapevolezza che né le feste religiose né il sapere umano precedente
poteva ignorare. La Primavera,
che poi con l’ora legale allunga
pian piano le nostre giornate, arriverà proprio nella notte di Pasqua,
una coincidenza che marcherà ancora di più la differenza stagionale, il sole riscalderà più a lungo i
pomeriggi consentendo alla natura un risveglio lento e promettente.
Così anche quest'anno, clima pazzo permettendo, ci fermeremo,
credenti e non, per compiere alcuni riti, religiosi e non, ma che tutti
hanno alla base il richiamo alla vita
che riprende. Così anche la classica gita fuori porta assume un significato di riconciliazione con la natura che non si può negare.
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SPECIALE Pasqua
PREISTORIA. L’origine più remota della Pasqua è tuttora più incerta, ma certamente legata ai riti di primavera
La storia della Pasqua in epoca pre-cristiana
alle sue origini era una festa pagana pastorale
Si presume inizialmente si trattasse di una festa pastorale, praticata dalle popolazioni nomadi d’oriente
u La Pasqua senza dubbio è la
più importante festa religiosa per
i fedeli di religione cristiana o almeno così dovrebbe essere.
La Pasqua infatti celebra la resurrezione di Gesù Cristo, sebbene negli anni l’occasione si sia
trasformata in una giornata di festa e riposo anche per i non credenti. Ma se l’origine del Natale
è piuttosto intuitiva essendo associato all'evento lieto della nascita di Gesù, l’origine della Pasqua è tuttora più incerta e discussa.
Diciamo subito che la Pasqua si
festeggia di domenica perché nei
Vangeli viene riportato che il sepolcro vuoto di Gesù Cristo fu
scoperto il giorno successivo al
sabato, e la sua data cambia di
anno in anno per via del fatto che
da quasi 1700 anni viene osservata la domenica successiva al
primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera.
Probabilmente, alle sue origini,
la Pasqua era una festa pastorale,
praticata dalle popolazioni nomadi del Vicino Oriente, in cui si
offrivano le primizie del gregge.
Successivamente, in seguito ad
una maggiore sedentarietà delle
genti semitiche, sarebbe divenuta anche una festa agricola, in cui
si offrivano anche le primizie
della mietitura dell'orzo, attraverso la cottura del pane azzimo.
Queste due feste, assunsero un significato nuovo con Mosé, diventando il momento dell'anno
in cui il popolo ebraico ricordava
la liberazione dall'Egitto. Il fatto
storico-religioso, che legò la Pasqua all'uscita dall'Egitto, si trova nel capitolo 12 dell'Esodo.
Mosè ordinò al popolo ebraico,
prima di abbandonare l'Egitto,
che ogni famiglia immolasse un
capo di bestiame piccolo ,agnello, pecora o capra, senza difetto,
di un anno di età, e che bagnasse
col suo sangue gli stipiti e il frontone delle porte delle case.
I membri delle famiglie dovevano consumare il pasto in piedi,
con il bastone in mano, pronti per
la partenza, che sarebbe avvenuta in quella stessa notte, dopo che
l'angelo di Dio fosse passato per
uccidere tutti i primogeniti egiziani, risparmiando i primogeniti
ebrei le cui
abitazioni erano segnate col sangue. Gli Egiziani fecero pressio-
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non ancora lievitata, ossia il pane
azzimo. Così, come Dio vegliò
tutta la notte per porre in salvo.
Nel corso dei secoli, il rituale della Pasqua, pur sottoposto a variazioni e a modifiche, rimase sostanzialmente sempre uguale e la
festa è tuttora celebrata da tutti
gli Ebrei con la massima solen-
nità e per la durata di sette giorni.
Fu nel corso di una celebrazione
pasquale che Gesù Cristo, secondo la narrazione evangelica, istituì il sacramento dell'eucaristia.
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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SPECIALE Pasqua
PASQUA TUTTE LE DOMENICHE. Nei primissimi tempi del cristianesimo la Resurrezione ricordata ogni 7 giorni
La festività sacra più importante
resurrezione di Gesù è la cristianità
Oggi, la data si calcola scientificamente, basandosi sull'equinozio di primavera e la luna piena
u La celebrazione della Pasqua,
dal latino pascha e dall'ebraico
pesah, è la massima festività della liturgia cristiana, nella quale
viene rappresentato il mistero
della Resurrezione di Gesù Cristo.
Questo in qualche modo spiega il
perchè la Pasqua è la festività più
importante per i cattolici, dato
che perché i cristiani ritengono
più importante la resurrezione di
Gesù piuttosto che la sua nascita,
festeggiata durante il Natale.
La risurrezione di Gesù è infatti
uno dei punti chiave della fede
cristiana: per la Chiesa cattolica,
per esempio, chi frequenta la
messa ma ritiene che Gesù non
sia risorto non può essere considerato un credente. Il successo
“culturale” del Natale rispetto alla Pasqua è dato dal fatto che il
primo ha avuto la fortuna di “saldarsi” a una ricorrenza pagana
già esistente e che appare più
semplice festeggiare una nascita
rispetto ad una morte se pur seguita dalla resurrezione.
Nei primissimi tempi del cristianesimo la Resurrezione di Cristo
IL SEPOLCRO. La resurrezione di Gesù massima festività della liturgia cristiana
era ricordata ogni sette giorni, la
domenica. Successivamente, però, la Chiesa cristiana decise di
celebrare questo evento solo una
volta all'anno, ma diverse correnti religiose si contrapposero nello
stabilire quando.
Una prima corrente, detta Paoli-
na-Giovannea, voleva celebrare
l'evento esattamente il giorno in
cui era avvenuto, in qualunque
giorno della settimana fosse caduto,
festeggiando lo stesso giorno sia
la morte, che la Resurrezione di
Gesù.
Una seconda corrente, chiamata
petrina, invece, propose di celebrarlo la domenica successiva al
giorno dell'anniversario.
Queste due correnti, entrambe
provenienti dalla Chiesa asiatica,
si scontrarono
inoltre con le consuetudini delle
Chiese d'Occidente, che celebravano la Pasqua la domenica successiva al primo plenilunio di primavera.
Nacquero così, nel mondo cristiano, gravi controversie, che si
risolsero soltanto con il concilio
di Nicea, nel 325, in cui si decise,
che la Pasqua doveva essere celebrata da tutta la cristianità nello
stesso giorno.
Il compito di stabilire, ogni anno,
tale giorno fu affidato alla Chiesa
di Alessandria,
ma successivamente, nel 525, la
Pasqua venne fissata fra il 22
marzo e il 25 aprile.
Oggi, la data si calcola scientificamente, basandosi sull'equinozio di primavera e la luna piena.
Ancora oggi però, la data della
Pasqua presso le Chiese ortodosse,
solitamente non coincide con
quella della Chiesa cattolica, perché le Chiese ortodosse utilizzano un calendario lievemente diverso da quello gregoriano, così
spesso la festa è celebrata dopo la
data fissata per la cattolicità.
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SPECIALE Pasqua
ICONE. Nella tradizione di molti paesi vi sono elementi comuni legati al concetto di vita, fertilità e abbondanza
I simboli “animali” della tradizione pasquale
dalle uova ai conigli, il passato si fuse col nuovo
Dalle uova colorate e decorate dei primi cristiani, all’arrivo del cioccolato contenitore di sorprese
u La Pasqua è festeggiata in ogni
continente ma ogni paese ha le proprie tradizioni per quanto riguarda i
festeggiamenti. In Sud America ad
esempio vanno molto le piñata,
contenitori colorati pieni di dolci
che i bambini devono rompere con
un bastone. In Scozia e in altri paesi
del nord Europa, per esempio, vengono bruciati dei falò all’aperto su
modello di alcuni antichi riti dei
Sassoni. Ma c’è un elemento che
accomuna molte tradizioni legate
alla Pasqua, ed è l’uovo. Uno dei festeggiamenti più noti al mondo, ad
esempio, è quello che si tiene ogni
anno nel giorno di Pasquetta alla
Casa Bianca: è l’Easter Egg Roll, la
corsa con le uova (bollite e decorate) che i bambini fanno rotolare sul
prato servendosi di una sorta di mestolo con un lungo manico. È una
tradizione di Washington che esisteva già nell’Ottocento, ma non
molti sanno che fu messa a rischio
da una legge del Congresso americano che nel 1876 vietò ai bambini
di praticarla nei prati della Casa
Bianca, poiché avrebbero rovinato
l’erba del palazzo. Ancora nel
1878, un articolo del Washington
Post metteva in guardia i bambini
delal città dal praticare l’Easter Egg
CASA BIANCA. Il gioco con le uova a due passi dalla celebre White House
Roll nei pressi della Casa Bianca,
poi però la tradizione prevalse sul
divieto. Ovviamente la tradizione
dell’uovo non è nata negli Usa, in
realtà i primi cristiani, per ricordare
il sangue di Gesù Cristo, durante la
Pasqua usavano pitturare le uova di
rosso e le decoravano con croci o altri simboli (una tradizione che dura
ancora oggi nei paesi ortodossi e
cristiano-orientali). La simbologia
dell’uovo per i primi cristiani era
abbastanza palese, dall’uovo nasce
la vita che a sua volta veniva associata con la rinascita di Gesù e quindi con la Pasqua. Secondo alcuni
studi la tradizione delle uova pasquali venne però rafforzata da
un’usanza tipicamente pasquale: la
quaresima, cioè il periodo di quaranta giorni prima della Pasqua nel
quale i credenti sono tenuti al “di-
giuno ecclesiastico”. In questo periodo è vietato mangiare carne. In
passato, e tuttora nelle chiese cristiane orientali, era vietato mangiare anche le uova. Era difficile però
costringere le galline a non depositare uova ed in quell’epoca pensare
di buttare via una preziosa risorsa
alimentare era una follia che non ci
poteva permettere. Così i primi cristiani che si trovavano con un sur-
plus di uova che non potevano mangiare pensarono comunque ad un
utilizzo. Insomma da una necessità
sarebbe nata la tradizione di bollirle
fino a farle diventare dure come sassi e poi dipingerle con colori sacri e
simbolici. Verso la fine dell’Ottocento, poi, i progressi tecnologici
avevano reso possibile unire la tradizione del cioccolato (introdotto
in Europa da poco) a quello delle
uova regalo pasquali. L’idea, pare,
venne per la prima volta ai dirigenti
della Cadbury, un’azienda dolciaria inglese, che nel 1875 crearono il
primo uovo di cioccolato pasquale
vuoto con all’interno una sorpresa.
Il nuovo prodotto fu un grandissimo successo di vendite che in poco
tempo si diffuse in tutto il mondo.
Oggi assieme all’uovo di cioccolato si è agiunto anche il coniglietto.
Non è chiaro per quale motivo sia
stato negli anni associato a una festività cristiana (nel Vangelo non
c’è traccia di conigli, che non sono
nemmeno stati adottati come simbolo dalle prime comunità cristiane). Piuttosto, sembra che il coniglio fosse considerato nell’antichità, per ovvi motivi legati alla sua
ben nota fertilità e quindi ben augurante per l’arrivo della primavera.
L’Azienda agricola Scarbolo a Spessa di Cividale
CURIOSITÀ. Il biblico rametto d’ulivo divenne simbolo politico
La colomba simbolo di pace
Il partito comunista francese commisionò il disegno a Picasso
u Una spiegazione particolare la
merita la Colomba pasquale, non il
dolce che nella sfrenata corsa a
rendere consumistico anche ciò
che di più sacro c’è. ,a del simbolo
della pace.
La colomba infatti è diventata icona universalmente riconosciuta
della volontà ripudiare guerre e
conflitti. Una pace che mai come in
questi giorni è messa in pericolo.
Nella cristianità questo simbolo di
pace e salvezza nasce perchè nella
Bibbia si narra che Noè durante il
diluvio universale fece uscire per
tre volte dall’arca una colomba
che, alla fine, tornò da lui con un
ramoscello d’ulivo nel becco segno evidente che la riconciliazione
con Dio era avvenuta e il diluvio
terminato.
In periodo pasquale questa connotazione salvifica viene ancora più
accentuata proprio in relazione al
sacrificio di Cristo morto sulla croce per salvare l’uomo. Del resto il
simbolo della colomba col ramoscello di ulivo è stato usato dai primi cristiani e poi in seguito adottato come simbolo laico fin dal secolo scorso.
In particolare quel simbolo è stato
reso popolare dall’artista Pablo Picasso nel 1949, che disegnerà il
medesimo soggetto più volte. Nel
gennaio 1949 infatti il Partito comunista francese chiese a Picasso
un disegno come simbolo. Si volva
un’immagine-simbolo per il congresso mondiale dei Partigiani della Pace, che si tenne poi a Parigi
nell’aprile del 1949. Il genio spagnolo scelse di dipingere la prima
di una serie di colombe, facendone
l’emblema novecentesco della pace. Ed un suo marchio di fabbrica:
la colomba della pace è ormai sempre e solo quella di Picasso. La colomba capostipite è ben piumata, è
a terra, e senza nulla nel becco: un
capolavoro quasi da realismo socialista. Le successive sono molto
più stilizzate, spesso in volo, e quasi tutte portano con sé il rametto
d’ulivo. Come risultato, il simbolo
sarà utilizzato ampiamente nella
propaganda del movimento per la
pace anche ai nostri giorni.
Forza della tradizione
u Una lunga e vincente tradizione. Passione e professionalità sono gli ingredienti fondamentali alla base del successo dell’Azienda agricola
Scarbolo di Spessa di Cividale
coltiva con cura e dedizione la
vite. Un’attività fatta di ottimi
vini e grande attenzione per la
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sud-ovest e ottimamente ventilate, si ottengono vini di eccellente qualità, autoctoni e
non, tipici dei Colli orientali.
Uno staff che opera con dedizione all’interno di 22 ettari di
vigneti, con una produzione
annua che si attesta su circa
100 mila bottiglie. Diciannove
le varietà di vini e spumanti a
catalogo. In questo momento
sta riscuotendo un buon successo la Ribolla Gialla, soprattutto nella versione spumante. Ma non dimentichiamo Cabernet, Schioppettino e Friulano, sempre molto apprezzati. A completare la gamma de-
gli ottimi vini ci sono i bianchi
Sauvignon, Chardonnay, Pinot
Grigio, Verduzzo Friulano e Picolit, mentre la carta dei rossi
si compone anche di Merlot,
Refosco dal peduncolo rosso,
Ronco di Canova, Franconia e
da non dimenticare il Pignolo
invecchiato oltre quattro anni.
Insomma, ce n’è davvero per
tutti i gusti e ogni palato potrà
incontrare quanto cerca.
I mercati di riferimento sono
quello locale e il Veneto, ma
non si trascura nemmeno
l’estero: Austria, Germania e
Repubblica Ceca sono canali
di export ormai consolidati.
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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SPECIALE / Pasqua
VIAGGIO NEL TEMPO. Nell’Ottocento i commercianti udinesi investivano moltissimi soldi in pubblicità
Udine, città elegante e sciantosa
la moda e le spese come a Parigi
«Il secolo XIX - scrisse un cronista del tempo - potrebbe anche chiamarsi il secolo della Réclame»
u CI SONO cose che, nel corso
dei secoli, non cambiano mai.
Nonostante il progresso, i cambiamenti culturali e le crisi, alcuni
costumi rimangono intatti e, uno
fra questi, è la moda e il piacere di
fare
acquisti.
Ecco dunque uno spaccato di Udine tra il XIX e il XX secolo quando, allora come oggi, approfittare
delle vendite pensando non solo al
risparmio, ma anche alla vanità,
era un imperativo categorico.
L’esempio arriva dalla Francia
dove, a metà dell’Ottocento, prima del diritto al voto, alla donna si
concesse la libertà di essere frivola. Inoltre abiti e stoffe non venivano più acquistati alle bancarelle, dove solitamente il prezzo
veniva contrattato a seconda delle
tasche dell’acquirente, ma all’interno di veri e propri magazzini e
boutique, dove il prezzo diventò
fisso e uguale per tutti. Non solo:
dove si poteva comperare a prezzi
ribassati nel cambio stagione e
dove il cliente poco soddisfatto
poteva essere rimborsato. Quella
francese fu la rivoluzione attuata
da un commerciante ambulante,
certo Aristide Boucicaut, che pos-
siamo tranquillamente definire il
padre del “Bon marché” parigino,
dei magazzini Harrods a Londra e
dei “Macy’s” a New York. Un po’
meno pretenziose, invece, ma discretamente raffinate erano le botteghe udinesi che, mai come in
quegli anni, investirono in pubblicità. Scrisse, infatti, uno dei cronisti
dell’epoca:
“Il secolo XIX potrebbe anche
chiamarsi il secolo della Réclame.
Esso l’ha innalzata a una istituzione commerciale e l’ha associata a tutto ciò che ha prodotto di
buono o di cattivo; tanto che oggidì, ciascuno nella sua specialità,
dichiara che il miglior cappello è
quello che egli vende.”
Ma l’attenzione per la moda a
Udine era grande, seguita perfino
da esperti e fini recensori. Ecco un
articolo che scritto nel negli anni
Venti del XX secolo, ragguaglia
le udinesi sulle tendenze del momento:
“I braccialetti sono tornati a far
gran voga. Molto richiesti sono
quelli flessibili di forme complicate e fatti di diverse composizioni brillanti ad imitazione delle
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18 MARZO ore 20.00
Balcone fiorito: quali piante
scegliere e quali trucchi adottare
per estati molto calde
a cura del p.a. Achille Minisini
pietre preziose e scintillanti. Nonostante la vistosità di tali braccialetti, molte signore ne portano
tre o quattro nello stesso braccio e
questa stravaganza, delle più manifeste, ora sembra essere l’ultra
eleganza. Un’altra tendenza in
voga, sempre in materia di gioielli, è quella di coprire l’avambraccio dal polso fino al gomito di monili dall’aspetto decisamente barbarico e selvaggio. Molto gradite
anche le bande d’oro dette “alla
schiava” battute e lavorate in filigrana. Molto di moda sono anche le scarpine di pelle lucida o di
vernice, semplici oppure con decorazioni di pelle di serpente o antilope, con il cinturino o senza, a
forma liscia o scollata. Queste
scarpine sono molto eleganti e
completano degnamente qualsiasi abbigliamento. Sfortunatamen-
te, anche quando sono fatte di pelle di migliore qualità, molto facilmente si sgretolano. In questi
casi suggeriamo di impregnarle,
prima di indossarle, di buon olio
di oliva. Il mantello nero è molto
usato in questa stagione per la
confezione degli abiti da sera ed è
ugualmente popolare tanto nelle
signore giovani che tra le donne di
una certa età. E a proposito del
nero, sorprende come le mode
cambino abitudini e culture. Fino
a poco tempo fa nessuna si sognava di usare questo colore, a meno
che non fosse in lutto”.
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
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SPECIALE / Pasqua
VIAGGIO NEL TEMPO. Profumo, questione importante agli inizi del XX secolo
Quando l’anima profuma
s’accendono i sensi del corpo
Nel 1900 un cronista udinese si cimenta in un breve saggio sulle essenze
il suo articolo tradisce un mal celato libertinaggio e fa molto discutere in città
IN TEMA DI FRIVOLEZZE e
donnine, ecco un articolo apparso
su "Il Giornale di Udine" del 1900
dove un cronista, “casanova dilettante”, si abbandona ad una dissertazione sull'importanza del
profumo sul gentil sesso.
Con grande curiosità riportiamo
lo scritto che, al tempo, occupò
uno spazio decisamente importante
sul
quotidiano.
“Nel secolo della benzina lasciate
ch'io parli di profumi. E' una piccola rivincita che mi prendo su
quei volgari parrucconi che pedalano, skyano e scioffano, e che
prediligono l'odor di pipa al dolcissimo effluvio di mandorla o
gardenia emanato da una donna.
Signori, ma come non amare i
profumi? Chi, dalla suggestiva,
sottile essenza emanata da un bel
corpo di donna, non risente una
deliziosa vertigine di ebrezza?
Chi non amerebbe aspirare l'effluvio dell'olea frangrans e del suo
carnoso frutto nelle tiepide notti
estive, quando nel cielo illune palpitano le stelle come i cuori? Il
profumo è come il mercurio che
segna i gradi di gentilezza o di roz-
zezza di ogni spirito.
L'essenza di violetta, per esempio, è preferita dalle ragazzine; vi
è poi l'estratto di peau d'Espagne
che delizia le belle provocanti e
provocabili. Una donna colta, intelligente e artistica, invece, non
si profumerà mai di lavanda, e
nemmeno di muschio, lasciandoli
alle bottegaie. Così come alla borghesuccia mai regalare il wintergreen all'estratto di fieno fresco.
Ad ella mai passerà per la mente di
odorar di campagna.
C'è quindi nella scelta del profumo una questione psicologica. Il
profumo, dunque, è donna.
Si può mai amare un fiore privo di
fragranza? Lo stesso per l'altra
metà del cielo.
Si può mai amare un corpo senza
anima e senza fuoco di passione?
Io credo di no.
Il profumo è come un'aureola invisibile che circonda magnificamente il corpo di una donna che,
diversamente dai parrucconi volgari, non è destinato a saturarsi
delle esalazioni di zolfo, tannino e
di altre poco piacevoli materie organiche e inorganiche”.
UDINMUSICINVORE 2016
Torna “Sotans
- no - thanks”
In occasione dell’ “UdinMusicInVore 2016”, al via “Sotans no
thanks” rassegna di cultura e musica al Palamostre di Udine il 25
marzo alle 20.40. Riecco la manifestazione che vuole narrare
una terra attraverso gli occhi di
chi ci vive, di chi cerca di animarla. Il titolo di quest'anno vuole
ricordare che il Friuli è oggi più
che mai protagonista della vita
nazionale e non solo, grazie forse
alle tecnologie che hanno cancellato i confini della conoscenza,
della possibilità di fare scoprire la
propria opera. E così durante la
serata verranno raccontate alcune
delle realtà artistiche di ieri e di
oggi che rappresentano le nostre
eccellenze. Si comincia col Canzoniere di Aiello, una pagina importante della musica friulana tra
poesia e impegno civile, a seguire
il rapper Tubet e il suo Freestyle,
quindi Coretti e Lo Cascio, tra i
primi a portare negli anni 60 il cabaret in Friuli, mentre Pucci e
Chicayban racconteranno con le
loro chitarre la musica del mondo,
seguiti da Nicola Pascolo, virtuoso della fisarmonica che presenterà musiche di Rossini. Chiuderanno la serata i Cinque Uomini
sulla Cassa del Morto, giovani
musicisti entusiasti che stanno
raccogliendo successi in giro per
l'Italia.
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SPECIALE / Pasqua
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2016
FOLKS. La storia e il significato del regalo risalgono a prima della religione cristiana
Le origini dell’uovo pasquale
tra la tradizione e il marketing
E-commerce
SUL WEB FARE
GLI ACQUISTI DI
PASQUA È “EASY”
L’idea di metterci un regalo all’interno ha fatto esplodere la sua popolarità
u L’uovo è oggi una pietanza tipica delle festività pasquali: prima, infatti, veniva conservato durante la Quaresima, a causa del digiuno, per venire poi consumato
successivamente. Ma le origini
della simbologia dell’uovo risalgono a tempi antichissimi, addirittura precedenti alla nascita della religione cristiana. Il simbolo
principale che ha da sempre rappresentato l’uovo è quello della
vita, ma anche quello che riguarda
la sacralità ha rivestito un ruolo
importante, già da millenni prima
di Cristo.
Alcune culture pagane consideravano il cielo e la terra come due
parti che unite formavano un uovo, mentre gli egiziani ritenevano
che fosse il centro dei quattro elementi: terra, aria, fuoco e acqua.
Per quanto riguarda la tradizione
di donare uova, si hanno documentazioni dai tempi degli antichi
Persiani, che erano soliti scambiarsi le uova di gallina (a volte
sommariamente decorate a mano)
al principio della primavera.
Quindi l’uovo rappresenta dapprima la vita, poi la primavera e
UOVA DI CIOCCOLATA. Una versione artigianale
dunque la rinascita, andando poi a
delinearsi, con l’avvento del cristianesimo, come simbolo della
risurrezione e, quindi, della rinascita dell’Uomo.
La tradizione italiana prevede il
consumo dell’uovo di cioccolato
dopo il pranzo, anche se ora la forte influenza commerciale ha anticipato i tempi di diverse settima-
ne. La tradizione balcanica e quella greco ortodossa prevedono la
preparazione dell’uovo (rassodamento e decorazione con il colore
rosso) durante il giovedì santo ed
il suo consumo durante il giorno
di Pasqua.
Ma è l’uovo di cioccolata quello
che ha avuto la sua maggiore diffusione, soprattutto a partire dal
XX secolo, e vanta il maggior
consumo durante il periodo pasquale. E l’aggiunta, al suo interno, di un regalo è stata probabilmente la molla che ha fatto incrementare la sua popolarità in ambito commerciale, in particolare
tra i più piccoli. Di fatti, fino a
pochi decenni fa, la preparazione
delle uova di cioccolato era di pertinenza di esperti artigiani cioccolatai, ma in tempi più recenti
l’incremento nella richiesta ha reso necessario un processo di tipo
industriale. Le uova artigianali restano pregiate, ma la loro diffusione è nettamente inferiore rispetto a quelle commerciali.
Adesso è anche possibile optare
per differenti tipi di cioccolata,
come quella di soia, quella aromatizzata alla frutta, quella al peperoncino e tanti altri tipi, oltre
ovviamente al classico binomio
fondente al latte.
La diffusione delle uova di Pasqua è da collegarsi alla presenza,
al loro interno, dei giocattoli più
in voga del momento che, di fatto,
trasformano le uova in semplici
contenitori di prodotti, togliendo
u PER CHI non riesce a fare
a meno di comprare ogni cosa online, le occasioni di fare
acquisti pasquali non manca
di certo. Basta fare una breve
ricerca online per trovare decine di siti attrezzati di tutto
punto per rendere l’esperienza di acquisto non solo semplice e pratica, ma anche e
soprattutto sicura. Tra tanti vi
segnalo: angolinopasticceria.it, con le sue uova decorate, ovviamente a mano.
loro tutto il senso simbolico che
possedevano un tempo. Così il
cioccolato passa in secondo piano, così come la sua qualità.
In alcune aree del mondo, però, la
vera tradizione non è ancora stata
persa e all’uovo di cioccolata “occidentale” viene ancora preferito
quello classico della gallina; in
modo particolare gli ortodossi,
che vedono nell’uovo di cioccolata l’immagine di una mera strumentalizzazione
consumistica
della Pasqua.
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ANNO I N° 4 VENERDI 11 MARZO 2016
SPECIALE / Pasqua
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2016
LA STORIA. Dalla Grecia all’Egitto era tradizione scambiarsi uova colorate per celebrare il nuovo anno
L’antico segreto del dono della vita
il simbolo e l’evoluzione dell’uovo
L’usanza di donarne versioni preziose rivestite d’oro e pietre risale ai tempi di Edoardo Primo
tra degli esempi più rari e preziosi vi sono quelle realizzate dall’orafo russo Peter Carl Fabergè
u L'uovo rappresenta la Pasqua in
molte parti del mondo: c'è quello dipinto, intagliato, di cioccolato, di
terracotta e di cartapesta. Ma mentre
le uova di cartone o di cioccolato sono di origine recente, quelle vere
(prodotte dalla galline, ndr), colorate o dorate hanno un'origine radicata
molto nel lontana passato.
Le uova, infatti, probabilmente per
la loro forma e per il loro contenuto
sostanzioso e molto particolare,
hanno sempre rivestito un ruolo unico, quello del simbolo della vita in
sé, ma anche del mistero, quasi della
sacralità.
Faremo ora un lungo viaggio a ritoroso nel tempo ripercorrendo gran
parte della storia dell’uomo.
LA STORIA. Già al tempo del paganesimo in alcune credenze, il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà
dello stesso uovo, e le uova erano il
simbolo del ritorno della vita.
Gli uccelli infatti si preparavano il
nido e lo utilizzavano per le uova: a
quel punto tutti sapevano che l'inverno ed il freddo erano ormai passati.
I Greci, i Cinesi ed i Persiani se li
scambiavano come dono per le feste
Primaverili, così come nell'antico
Egitto le uova decorate erano scambiate all'equinozio di primavera, data di inizio del "nuovo anno", quando ancora l'anno si basava sulle le
stagioni.
L'uovo era visto come simbolo di
fertilità e quasi magia, dato che permetteva l’avverarsi della inspiegabile nascita di un essere vivente da
un oggetto così particolare. Le uova
venivano pertanto considerate oggetti dai poteri speciali, quasi magici, ed erano interrate sotto le fondamenta degli edifici per tenere lontano il male, portate in grembo dalle
donne in gravidanza per scoprire il
sesso del nascituro e le spose vi passavano sopra prima di entrare nella
loro nuova casa.
RELIGIONE. Le uova, associate
alla primavera per secoli, con l'avvento del Cristianesimo divennero
simbolo della rinascita non della natura ma dell'uomo stesso, della resurrezione del Cristo: come un pulcino esce dell'uovo, oggetto a prima
vista inerte, Cristo uscì vivo dalla
sua tomba.
Nella simbologia, le uova colorate
con colori brillanti rappresentano i
colori della primavera e la luce del
sole. Quelle colorate di rosso scuro
sono invece simbolo del sangue del
Cristo.
L'usanza di donare uova decorate
con elementi preziosi va molto indietro nel tempo e già nei libri contabili di Edoardo I di Inghilterra ri-
sulta segnata una spesa per 450 uova
rivestite d'oro e decorate da donare
come regalo di Pasqua. Ma le uova
più famose furono indubbiamente
quelle di un maestro orafo, Peter
Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette
dallo zar Alessandro, la commissione per la creazione di un dono speciale per la zarina Maria.
Il primo Fabergé fu un uovo di pla-
tino smaltato bianco che si apriva per
rivelare un uovo d'oro che a sua volta
conteneva un piccolo pulcino d'oro
ed una miniatura della corona imperiale.
Gli zar ne furono così entusiasti che
ordinarono a Fabergé di preparare
tutta una serie di uova da donare tutti
gli anni. L’orafo ne ricavò una fortuna.
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SPECIALE Pasqua
VECCHIE TRADIZIONI Accorrevano in molti, le famiglie si radunavano e si organizzavano per un gioco
A Cividale c’è il gioco del Trùc
QUANDO SENTITE PARLARE DI “ANDARE A FAR CORRERE LE UOVA” FORSE NON SAPETE PERCHÈ
ANCHE OGGI LA PASQUA È UN’OCCASIONE PER STARE INSIEME ALL’INSEGNA DELLA RINASCITA
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u Nel periodo in cui tutti festeggiano il Natale lo spazio che viene
riservato ai giochi non manca
mai: la tombola, il gioco delle carte etc. etc. Senza dimenticare i
tanti giochi che si possono fare
sulla neve. La Pasqua di solito annuncia la primavera e l’arrivo della bella stagione, perciò i giochi
non possono che essere di altro tipo.
In Friuli Venezia Giulia un gioco
che risale a parecchi decenni addietro è quello che consiste nel
“far correre le uova pasquali”. Di
che cosa si tratta ?
In friulano si chiama “Trùc”: è un
gioco che, secondo la tradizione
orale, viene legato in particolare
alla cittadina di Cividale del Friuli. I cividalesi, anche un secolo fa,
proprio nel giorno di Pasqua, ci si
cimentavano nell’aia di una casa
che poteva ospitare sia i partecipanti che la sponda concava per la
gara. Un’alternativa era che più
famiglie organizzassero assieme
il “trùc” su una pubblica via.
Le regole sono molto semplici: i
giocatori, utilizzando soltanto uova di gallina, sode e colorate, ef-
GIOCO DEL TRÙC. Come lo si praticava molti decenni fa.
fettuano dei “lanci” da una tegola
(in realtà le uova vengono lasciate
cadere dopo essere state poste su
un piccolo piano inclinato). E’ obbligatorio che l’uovo tocchi la tegola prima di rotolare: da qui deve
essere lasciato andare dal suo possessore, senza che avvengano delle spinte intenzionali.
Le uova lanciate dai giocatori
hanno caratteristiche tutte diverse
tra loro: prima del “trùc” vengono
bollite insieme a bucce di cipolla
rossa, camomilla matricaria,
prezzemolo, fiori d'aglio selvatico, primule, fondi di caffè, denti
di leone etc.
Ogni uovo è avvolto da una pezza
e legato con i suoi ‘ingredienti’ da
un filo di lana. Usciranno dalla
pentola, con acqua e aceto, dopo
15 minuti: una volta raffreddatesi,
se non vengono usate per altri motivi sono pronte per il gioco.
Lo scopo della giocata è quella di
colpire una o più uova che si trovano già all' interno del “trùc”: se
il partecipante riesce nel suo intento, allora è premiato con un altro tiro.
Al contrario chi vede il suo uovo
toccato e colpito dal lancio è costretto ad uscire temporaneamen-
te dal gioco: per rientrare è obbligatorio riscattare il proprio uovo e, poi, fare la fila. Solo a questo
punto si può tornare a lanciare.
Quando l'ultimo giocatore al lancio non colpisce alcun uovo avversario, il “trùc” ricomincia da
colui che era stato il primo in assoluto a lanciare l’uovo.
Se invece un giocatore decide di
ritirarsi dal “trùc”, è costretto a lasciare un giusto riscatto: una moneta in cambio del suo uovo.
Questa tradizione ludica pasquale, che risale ai tempi andati, sarà
ospitata anche nel 2016 dalla città
di Cividale: è prevista infatti nelle
giornate di domenica 27 e lunedì
28 marzo.
Sarà possibile assistere alle giocate dentro un catino di sabbia digradante, di sicuro più moderno di
quelli di un tempo. Forse anche la
struttura ovale sarà più bella e lineare, ma il significato del “trùc”
non cambia nemmeno oggi. L’uovo è un elemento simbolicamente
importante: rappresenta il valore
della rinascita, quel valore che è
sostenuto dalla festa della Pasqua
cristiana. Per i bambini curiosi,
per gli adulti e per i visitatori occasionali sarà un momento di divertimento e riflessione.
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