3/2004 NOTIZIARIO DI STORIA E ATTUALITÀ SANTAGATESE N. 4 REG. TRIB. PS NR. 427 - DIR. RESP. G. DALL’ARA REDAZIONE SANT’AGATA FELTRIA FAX 0541/929744 - GRAFICA E FOTOCOMPOSIZIONE IL PONTE STAMPA LA PIEVE POLIGRAFICA EDITORIALE, V. VERUCCHIO - EMAIL [email protected] Sommario Elezioni 2004 2 Confermato il sindaco Polidori Cronaca 3 Personaggi 4 Ricordi di guerra 5 Formula 1 6 Il parroco che divideva 7 Le chiese mignon 8 L’armadio poetico 9 La cronaca di Benedetta 10 Storia antica 11 La tomba di Sveva 12 Perticara e l’Olanda ROCCA È UN’INIZIATIVA COMITATO FIERE ED INIZIATIVE PROMOZIONALI U n sentito ringraziamento all’intera cittadinanza per l’importante successo, di proporzioni che vanno al di là di ogni più rosea aspettativa, della lista civica “Insieme per lo sviluppo del comune”. È quanto desidera esprimere il sindaco, riconfermato, Goffredo Polidori. “Sono molto soddisfatto - dichiara il primo cittadino santagatese - del brillante risultato ottenuto dalla nostra lista, lista in cui sono rappresentate diverse componenti di forze politiche. Si tratta infatti di una lista civica trasversale con rappresentanti che vanno dal centro destra al centro sinistra, vincente per la credibilità delle persone e dei candidati piuttosto che per lo schieramento politico. Abbiamo ottenuto l’appoggio della cittadinanza che ha capito l’operazione politica complessiva portata avanti gra- zie ad un programma elettorale condiviso dalla maggioranza dei cittadini che ha visto unirsi forze politiche anche non convergenti, su di un progetto politico comune. Dai risultati elettorali è emerso anche un appoggio complessivo del centro destra che evidentemente si è sentito rappresentato e ha contribuito in modo importante alla vittoria sull’altra lista. Tutto ciò - conclude Polidori - aumenta la responsabilità del sindaco e della nuova amministrazione perché i problemi sono tangibili e urgenti. Basti pensare ai temi della viabilità, dei servizi, alle ristrutturazioni di importanti beni immobili come ad esempio la casa di riposo i cui lavori inizieranno a breve e comporteranno la questione del trasferimento degli anziani ospiti. Dobbiamo rimboccarci subito le mani senza crogiolarci sugli allori”. Benedetta Rinaldi La Rocca Maggio/Giugno 2004 CRONACA hanno sacrificato la loro vita per il lavoro e per un ideale di libertà. Se avete in casa fotografie, ricordi, attestati e desiderate aiutare il Comitato che sta organizzando la tradizionale festa di ferragosto, prendete contatto con Manlio Flenghi in Comune, o con Mario Nalin. Un cappello pieno di sogni “Un cappello pieno di sogni” è il titolo del libro appena uscito su Padre Marella (Minerva Edizioni). Si tratta di uno splendido libro con delle stupende fotografie di Walter Breveglieri. Nel libro si può leggere un breve profilo della vita, della filosofia, e delle opere realizzate da Padre Marella che tutti i lettori della Rocca ricordano bene. Tra le testimonianze citate nel testo si trovano quelle di Indro Montanelli, di don Dossetti e anche di Antonio Faeti, professore universitario di Bologna, di origini santagatesi. Ventidue Euro spesi bene. (Tra le tante idee che circolano tra i lettori della Rocca ci sarebbe quella di organizzare, dopo l’incontro promosso lo scorso anno su Padre Marella, una piccola mostra. C’è qualcuno interessato a dare una mano?) La pergamene delle Clarisse Pensiamo di fare cosa gradita ai lettori delle Rocca informandoli che è cominciata la trascrizione delle pergamene appartenute al convento delle Clarisse di S. Agata. Si tratta di una settantina di pergamene le più antiche delle quali sono del 1100. L’augurio è che la loro lettura, che avviene per la prima volta in maniera scientifica, dia nuove informazioni sulla storia del nostro paese, e del convento in particolare, così vedremo se sarà confermata l’ipotesi che il convento delle Clarisse sia stato fondato da S. Agnese, sorella di Santa Chiara. L’antica colombaia di Tramonto Se non avete letto la guida “La Valmarecchia delle colombaie” edita da Maggioli qualche anno fa a cura di Gianni Volpe, è ora di farlo. Troverete descritte e fotografate colombaie di Casteldelci, San Leo, Petrella Guidi, Pereto, Torriana, San Marino, Val Certajo, Miratoio, Talamello e tante altre ancora. Qualche poesia di Tonino Guerra, vecchi documenti, disegni, qualche episodio legato alla presenza dei piccioni nell’antichità, qualche mistero, stimoleranno la vostra curiosità e la conoscenza del nostro territorio. Ecco un brano tratto dal libro, riguarda l’antica colombaia di Palazzo Tramonto: “La casa si trova, con altre costruzioni rurali, in località Tramonto, al confine tra S. Agata Feltria e Casteldelci, poco distante dalla precedente torre di Val Certajo in alto, sul versante opposto del torrente delle Avezzane. Il toponimo Tramonto o Tramonti è molto antico e può essere ricollegabile, come hanno già segnalato altri studiosi, a tal Pellegrino de Turmonte che nel 1360 ne era sindaco. Nonostante l’arcaicità del sito, l’edificio e i suoi annessi sono relativamente recenti, come testimoniano l’architettura e ancor più chiaramente la chiave di volta con le iniziali F.G. (Federico Giovannetti) datata 1892, collocata sul portale. Pur senza grandi pretese formali, l’edificio si fa comunque notare per la piccola graziosa altana sul tetto che, per essere stata in seguito trasformata in colombaia, permette di inserire questa casa modesta e appartata, fuori da ogni circuito, in un itinerario particolare dei luoghi che in passato hanno ospitato gli uccelli della pace”. … e la Pro Loco lo ha chiamato “vicolo del bacio” Gli eroi di Maiano Il Comitato Pro Maiano, sta preparando un opuscolo dedicato agli Eroi di Maiano, che si sono distinti durante il servizio militare e in guerra, e ai caduti in miniera, nel passato. La pubblicazione intende riaccendere la memoria su quanti (foto Serafini) 2 La Rocca Maggio/Giugno 2004 PERSONAGGI Antonio Gabrielli di Fragheto H o letto sul giornale La Rocca 2/2004 a riguardo della miniera di Marcinelle e ho trovato una imprecisione: perché non sono due i montefeltrani deceduti in quella sciagura, ma tre: mio fratello Antonio di Sant’Agata Feltria Sapigno, Bianconi Giovanni di Novafeltria e Gabrielli Antonio di Casteldelci Fragheto. Il Gabrielli, ragazzo intelligente e pieno di iniziative, voleva creare energia elettrica con il montaggio di una turbina alla frazione di Fragheto. Iniziò i lavori ma non giunse a termine per mancanza di denaro e fece anche qualche piccolo debito ed è per questo che emigrò in Belgio con la speranza di rimediare i soldi per portare a termine il suo sogno. Purtroppo la tragedia spense per sempre lui e i suoi sogni e fu ancora più Come e quanto sottoscrivere? Ordinario 13 Euro Sostenitore 15 Euro Benemerito 25 Euro SOTTOSCRIZIONI Le sottoscrizioni possono essere inviate alla redazione della Rocca, Casella Postale 26, 61019 S. Agata Feltria (Pesaro), oppure possono essere consegnate ai vari collaboratori che distribuiscono (volontariamente) il giornale a S. Agata, Novafeltria e nei paesi vicini. Se siete alla ricerca di un numero arretrato della Rocca potete rivolgervi ad Arrigo Bonci, o a Paola Boldrini, nei rispettivi negozi in piazza Garibaldi a S. Agata. triste la sua fine perché non aveva nessun familiare a piangere la sua morte. Solo qualche lontano parente era presente alla consegna della bara contenente la sua salma al rientro in Italia, come non c’era nessuno al ritiro della sua medaglia dei Maestri del Lavoro a Miniera di Perticara il 27 marzo, ma solo il sindaco del suo paese. Ludovico Molari Grazie all’amico Molari che ci permette di correggere una imprecisione, contenuta nel comunicato stampa relativo all’iniziativa della Regione Marche che si è svolta a Miniera, in ricordo della tragedia di Marcinelle. In passato (1997) la Rocca ha pubblicato le fotografie di Antonio Molari e di Giovanni Bianconi, due giovani minatori morti a Marcinelle; ci piacerebbe pubblicare anche la foto di Antonio Gabrielli, magari in occasione della Giornata Nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, che lo scorso anno fu celebrata dal Ministro Tremaglia proprio a Marcinelle. La Rocca, il giornale del tuo paese Le vostre foto nel nostro sito, prendete nota del nuovo indirizzo Tutti i sottoscrittori che ci faranno avere la loro fotografia, potranno rivedersi nel sito web della Rocca. Se è da molto tempo che non lo visitate fatelo subito! Il sito web curato da Gino Sampaoli è ora pieno di informazioni e di fotografie inedite del nostro paese. Aiutateci a realizzare la sezione in dialetto e prendete nota del nuovo indirizzo - http://santagata.altervista.org/ Abbiamo bisogno del tuo contributo! Grazie ai volontari che hanno provveduto a scrivere e distribuire il giornale, grazie alle fotografie di Enzo Liverani e Marco Zanchini, ad Arrigo Bonci che coordina la distribuzione, e grazie ai lettori e sostenitori, numerosi come sempre. Se il giornale vi piace ditelo ai vostri amici, e chiedete loro di sottoscrivere, per ricevere regolarmente la Rocca! Se volete aiutarci a fare più bello questo giornale, inviateci articoli, fotografie, ricordi, lettere e commenti. Se non siete d’accordo con il contenuto degli articoli pubblicati, o più semplicemente volete dire la vostra opinione, scriveteci. Scuola di dialetto A Gino Sampaoli piacerebbe organizzare, da Milano, una nuova sezione del sito web: “A scuola di Dialetto” ma per fare questo avrebbe bisogno della “materia prima” e cioè di qualcuno di S. Agata che sappia parlare il bel dialetto Santagatese. Un’idea potrebbe essere quella di coinvolgere gli insegnanti ed i bambini delle Scuole per aiutare il sito a documentare il nostro dialetto. Tra i nostri lettori c’è qualche volenteroso? Angelo Masini, ben. Milano Flora Bossari, S. Agata Alberto Simoncini (benemerito), S. Agata Anna Vicini (sost), S. Agata Tiziana Tontoni (sost) S. Agata Bruno Sorbini (sost) Pesaro Marie Joelle Cangini (sost) S. Agata Florindo Diana (ben) Bologna Eva Mariani (sost) Novafeltria Sandra Torri (sost), Ugrigno Antonio Sartini (sost), S. Agata Ettore Sampaoli (sost), Milano Ersilia Paci (sost), Pereto Adriano Mazzini (sost), S. Agata Arnaldo Vicini (sost), Badia di Longiano Fausto Rinaldi (sost), Pesaro Marco Guidi(sost), Novafeltria Domenico Cappelli (sost), S. Agata Roberto Giovannini (sost), S. Agata Enzo Gentili (ben) S. Agata Riccardo Boldrini (sost), S. Agata Decio Valli (sost), S. Agata Martino Valli (sost), S. Agata Leonilde Miliani (sost), S. Agata Nicoletta paci (sost), S. Agata Mario Nalin (sost), Bologna Gigliola Fabbretti (sost), S. Agata Domenico Magnani (sost), S. Agata Pietro bartolini (sost), S. Agata Rina Mariani (sost), Genova Franco Guidi (sost), Rimini Tosca Ciacci (sost), S. Agata Don Elio Ciacci (sost), S. Agata Luigi Ricci (sost), Limbiate 3 Teresa Borghesi (sost), S. Agata Renzo Giovannetti (sost), Pesaro Mirella Oprandi (sost), S. Agata Marco Manni (sost), Brescia Sergio Salone (sost), S. Agata Paola Piacenti (sost), Talamello Graziella Piacenti (sost), S. Agata Gugliemnina Rossi (sost), S. Agata Grazia Bartolini (ben) S. Agata Fosco Sartini (sost), S. Agata Edgardo Paolucci (sost), S. Agata Federico Manzi (sost), S. Agata Edgardo Bossari (sost), Sarsina Gianfranco Ramberti (sost), S. Agata Famiglia Luigi Ospici (sost), S. Agata Maurizio Rinaldi (sost), Rimini La Rocca Maggio/Giugno 2004 STORIA “Il sangue dei vinti” Ricordi di guerra A bitavo a Molino del Rio e alla Giardiniera, da piccolo, sul finire della guerra. Ascoltavo dai grandi orrendi fatti di sangue avvenuti nel territorio di Casteldelci. Una “maestra”: Assunta Paggetti, tutte le mattine dal Lamone andava a fare scuola a Ca’ Marcello accompagnata da una nipote giovanetta. Un giorno fatale si avviò da sola: la nipote l’avrebbe seguita. Nascosto dietro uno “scalandro” qualcuno l’aspettava da tempo: è stata afferrata da di dietro e sgozzata con uno scannino per maiali. Aveva le mani tutte tagliate nel tentativo di difendersi. Buttata da una parte in mezzo ai cespugli, venne ritrovata dalla nipote di ritorno dalla scuola, dove la zia non era mai arrivata. Si fecero indagini, naturalmente, ma nessuno degli assassini di quegli anni è stato scoperto e punito. Qualche tempo prima, proprio poco lontano dalla casa del Lamone, era stato torturato per ore Marcelli Gettulio, un giovane renitente di leva, uno dei tanti che aveva allacciata ai pantaloni la cintura di un tedesco scomparso. Seviziato in tutti i modi possibili, non ha raccontato la storia della cintura. Ancora, qualche tempo prima alla “Crocina” di Frassineto, un “partigiano” aveva sparato, si dice per gelosia, ad un soldato tedesco. Ma questa storia è abbastanza nota perché, come al solito, ha portato ad una rappresaglia, durante la quale sono stati fucilati dai tedeschi, vari inoocenti della zona, oggi sepolti nel cimitero di Santa Sofia Valmarecchia. Ma il nome del “partigiano” quantomeno imprudente è rimasto ufficialmente nascosto. Ora, che mi sto avviando alla vecchiaia, voglio dare una mano alla storia e ricordare tutti questi senza giustizia, e lasciare ai posteri “l’ardua sentenza”, Vorrei anche far sapere al Presidente Ciampi, sempre che legga la Rocca, che anche questa è “resistenza”, anzi è l’unica che conosciamo noi montanari. Ho tralasciato di parlare di Fragheto, perché i fatti sono, apparentemente, noti. Vorrei chiedere però a Domenica Buriani, due volte in Gabrielli, che so in buona salute, che racconti su “Il Ponte” perché i Tedeschi se la sono presa tanto con i Fraghetini! Vorrei anche far riflettere Ciampi, sempre che legga la Rocca, che se in un comune così piccolo come Casteldelci ci sono da scoprire tante “resistenze” quante ce ne saranno in tutta Italia? Dopo sessantant’anni credo sia ora di tirare fuori i cadaveri dagli armadi e dare sì il giusto amore agli eroi di quei tempi, ma anche smettere di far passare per eroismi quelle che sono state soltanto vigliaccate. Marino Moretti Settembre 1943 Un breve periodo di speranza S i era sentita, anche a Maiano, la radio che avvertiva dell’armistizio avvenuto. Per tutti fu come dire: la guerra è finita. Qualche soldato tornò a casa, a Maiano, e ciò dette ancora più speranza alla gente, che aveva figlie e fratelli tanto lontano. Al monte vennero due sloveni, che fuggirono dal campo di prigionia di Fanoli. In attesa anche loro della fine della guerra furono ospitati da Felice C. al monte, in attesa di tempi più sicuri. Felice, che aveva anche lui un figlio soldato, nei Balcani, li ospitò in cambio dei lavori nei campi. Si era creata simpatia con questi due uomini e la gente pensava: anche i nostri figlioli così lontani da casa potrebbero trovare aiuto, presso le famiglie del posto, in attesa del ritorno a casa. Questa situazioni aveva acceso molte speranze nella gente. Ricordo nei lavori dei campi la laboriosità di questi uomini. Parlavano spesso della loro casa, i loro cari. La gente, fra l’altro, non vedeva più girare i soliti uomini in divisa, col pantalone alla zuava e il fez in testa. A fine settembre, una sera, sotto la loggia del monte, i vicini tutti, grandi e piccoli, spannocchiavano il granoturco. Una grande compagnia, rumorosa ed allegra. Tutti ascoltavano questi due slavi, che avevano tante cose da raccontare. C’era chi cantava, chi suonava, era una festa laboriosa, così come ogni occasione valida per cacciare stanchezza, preoccupazioni, ed invitare invece una speranza di serenità. 4 A metà serata venne un uomo, che ricordo benissimo, che portò una triste notizia. La guerra continua, i due uomini dovevano andare via subito, non importa come: era nata la “repubblica di Salò”. Tornarono, nei giorni seguenti, ancora le divise di prima: camicia nera, pantalone alla zuava, ribattezzati così dalla gente dopo il 25 luglio. I due uomini partirono la notte stessa. Crollò la speranza di pace a breve. A novembre anch’io partii per Roma; ma nessuno, credo, avrebbe potuto prevedere cosa ci sarebbe toccato nei due anni a venire: due eserciti agguerriti che combatterono sulla nostra terra, con l’aggravante di una guerra fratricida, e venne l’inferno Rizziero Angeli La Rocca Maggio/Giugno 2004 PERSONAGGI Dalla Valmarecchia l’ingegnere di Fisichella Q uando nei gran premi del 2004 vedrete un ragazzo di 35 anni chino sulla Sauber di Formula 1 di Giancarlo Fisichella, vedrete anche un pezzo di Romagna. “Ho vissuto poco da queste parti, i miei genitori per lavorare hanno fatto spesso la valigia, ma ciò non toglie che io mi senta e quindi sia romagnolo”. Più dell’anagrafe, insomma, poté il sangue per questo ex bambino che nei suoi primi anni di vita passati fra,Sant’Agata, Miniera (dove abitava il padre) e Miramare di Rimini giocava con le macchinine, le macchinine e le macchinine. Un gioco divenuto passione e poi mestiere. Da quest’anno Giampaolo Dall’Ara, laurea al politecnico di Milano in ingegneria meccanica, è il responsabile tecnico della Sauber di Giancarlo Fisichella. Tanto per capirci, quei signori che parlano spesso ad un microfono digitando qualcosa su un pc portatile. “Le automobili sono sempre state il mio pallino. Quando mio padre si è trasferito vicino a Monza, i miei giri in bici finivano sempre davanti alle reti dell’autodromo. Certo, quando mi sono iscritto all’università pensavo di finire a progettare auto di serie”. E invece? “E invece è andata proprio così... nel senso che subito dopo la laurea e un anno fra gli alpini ho vinto una borsa di studio in Fiat. Lavoro appassionante, ma di quattrini pochi. Lì ho conosciuto tecni- ci del reparto corse e così, nel 1994, è partita la mia avventura sugli autodromi. Seguivo le alfa 155 del campionato Dtm tedesco, poi affossato nel 1996. A quel punto sono passato al Superturismo, con le Alfa 156. Ma è chiaro che quando sei nelle corse guardi sempre alla F1”. E da dove è arrivata la spinta giusta per entrare in Sauber? “Che ci crediate o no, ho mandato curriculum in giro. La prima risposta dalla Svizzera, anzi, fu negativa. Poi, dopo qualche mese, quando non ci pensavo più, mi hanno chiamato. E così, nel 1999 mi sono trasferito in Svizzera a dirigere il team che si occupa dei test”. E quindi si è trovato a fianco dell’astro nascente della McLaren, Kimi Raikkonen... “Siamo i primi ad averlo portato in pista. Più del talento stupisce la fred- dezza di questo ragazzo. E’ più forte di Montoya, ma forse inferiore ad Alonso. Comunque sono arrivato dove volevo, ma quest’anno perderò il conto dei chilometri dovendo seguire tutti i gran premi”. Ottimista per Fisichella? “speriamo nella macchina nuova, nella nuova galleria del vento costata 40 milioni di euro e nei nuovi motori Ferrari che, ci assicurano, saranno uguali a quelli di Schumy e Barrichello”. Ma come vive un romagnolo in Svizzera? “Bene, molto bene. La Sauber è un ambiente straordinario dove lavorano tecnici di 20 nazioni. Ho una moglie e una bimba di 15 mesi che si godono la qualità della vita di questa terra. Sia chiaro, però. Mia figlia è nata in Italia”. (da Il Resto Carlino) del Giampaolo Dall’Ara, 35 anni, ingegnere nel team della Sauber di Formula 1, nato da genitori romagnoli e per molti anni vissuto fra Savignano di Rigo e Miramare. Quest’anno è l’ingegnere di pista del pilota italiano Giancarlo Fisichella, passato alla casa svizzera e ai motori Ferrari. 5 La Rocca Maggio/Giugno 2004 STORIA Il parroco che divideva il paese N elle prime tre puntate la Rocca ha raccontato come Don Bonaccorsi sia riuscito a diventare parroco di S. Agata dividendo il paese, creando scandali e grossi problemi alla Giunta Comunale, alle organizzazioni politiche guidate dai repubblicani e al Vescovo, al punto che la Curia decise di inviare in paese Don Baldassini per rimettere ordine . Il giovane sacerdote però non riesce a tenere a freno il più “navigato” Don Bonaccorsi. Ecco l’ultima puntata. Il 9 marzo del 1912 la Giunta Comunale di S. Agata esprime compiacimento al Vicario della Diocesi per l’apertura del concorso per la Parrocchia di S. Agata che ha bisogno “di un degno pastore”, dopo “le lunghe sofferenze patite dalla popolazione per una scelta infelice”. La Giunta Comunale guidata da Giuseppe Celli invita a considerare se in paese tra i Sacerdoti della Parrocchia non vi sia già “la persona adatta”. Tra le firme della giunta quella di Rodolfo Luchesi. Il 25 marzo un elenco di 146 firme di “signore e signorine” parte da S. Agata per chiedere al Vicario che la Chiesa non resti chiusa durante la settimana santa come accaduto l’anno precedente. Tra le firmatarie troviamo Adele Buffoni vedova Celli, Maria Ragazzini e Maria Bellocchi. Il 30 dello stesso mese il sacerdote Filippo Baldassini, inviato dalla Curia a seguire di persona gli avvenimenti, invia una lunga lettera nella quale descrive la situazione che si è venuta a creare in paese: “Riguardo alla Processione, non so come potrà andare. Se Bonaccorsi chiude la Chiesa gli andrà male. Se apre la Chiesa ma, o nasconde, o non vuol dare gli oggetti e la cera solita, andrà egualmente male. Certo che esso sceglie una di queste due vie”, e inoltre i preti litigano tra loro creando scandalo nel popolo che non sa più chi sia il vero Giuda, molti fedeli non vogliono andare in Collegiata dal Bonaccorsi e lui impedisce ai frati di fare comunioni pasquali. Pare addirittura che col pretesto della richiesta di permesso per la processione il Bonaccorsi faccia firmare un foglio che non si sa cosa contenga, e voci a non finire. “Siamo in piena Tripolitana” - conclude - e lui stesso corre il rischio di finire in galera per le querele del Bonaccorsi o di perdere la fede. La situazione sembra precipitare allorquando il Bonaccorsi nel mese di aprile del 1912 chiede all’Amministrazione Comunale di S.Agata di poter effettuare la processione del Venerdì Santo (il giorno 14 alle ore 20). Alla vigilia del Venerdì Santo il Sindaco in considerazione del fatto che “per la persona del promotore della processione detta del Venerdì Santo, Sig. Bonaccorsi Don Carlo, la processione suddetta può dar luogo a serie perturbazioni dell’ordine pubblico” vieta clamorosamente la processione. Visto poi come la cittadinanza accoglie il decreto il Sindaco fa almeno in parte marcia indietro: il giorno dopo chiarisce pubblicamente che qualunque altro sacerdote avrebbe potuto promuovere la processione tranquillamente. Ed invita la popolazione a non interpretare male il decreto del Sindaco. Quel che accadde lo apprendiamo da una lettera del 4 maggio che Vittorio Buffoni e Paolo Bartoletti scrivono al Vicario. I due lamentano che la promessa di allontanare Don Bonaccorsi non sia ancora stata mantenuta, “invece egli è ancora qui”. Se la processione del Venerdì Santo è stata fatta e tutto è proceduto senza disordini - dicono - è merito di don Baldassini, sacerdote amato dal popolo “che ad ogni costo voleva sollevarsi”. Ma il futuro non è roseo perché si attende la festa del Corpus Domini, “guai se quel giorno chiesa e canonica non saranno libere”. Il 25 giugno 1912 Don Ercole Bartolini, cappellano della Collegiata, scrive da S. Agata al Vicario Generale di Pennabilli. Don Ercole sostiene di aver prestato 300 lire a Don Bonaccorsi, il quale però disse in seguito che il biglietto da 100 lire era falso (ed accusò per questo don Ercole) e aggiunse di aver restituito le 200 lire. In più don Bartolini si trova ora citato in Tribunale con una richiesta di danni per 40 mila lire. “Mi consigli Monsignore come agire” conclude. 6 La situazione si ingarbuglia ulteriormente: il 9 dicembre arriva infatti a Don Bonaccorsi la tanto attesa Bolla Pontificia, manca ancora però l’exequatur. Ormai sotto accusa è lo stesso Vicario al quale giungono lettere di santagatesi che lo accusano apertamente di non aver mantenuto e fatto quanto promesso. Girolama Rossi in Celli chiede di “smettere questa prudenza” che permette ad un “sacerdote indegno di tenere in agitazione il paese”, e dichiara che farà conoscere a Roma il “contegno poco decoroso del Vicario Vescovile” che si limita a cercare di accontentare con buone parole. Lo stesso Don Baldassini si ribella al Vicario e scrive il 16 febbraio 1913: “Da oggi non farò più cose odiose contro Bonaccorsi, siano pure comandate dai Superiori: Esso ha tentato ogni via per sacrificarmi, ed io ho rimesso anche di salute; ma è giusto però che io non sia sempre lo strumento in mano ai Superiori che offende Bonaccorsi, e nello stesso tempo i Superiori si dicono salvi”. Una lettera datata 23 gennaio 1913, e firmata Brigida Buffoni, sembra spezzare una lancia a favore di Don Bonaccorsi. In essa infatti si accusa Don Baldassini di volere “il dominio della Parrocchia”, e per far questo mina la credibilità di Don Bonaccorsi con diffamazioni e calunnie “insinuando al popolo che egli è scomunicato e sospeso, che la sua Messa non è valida”. Senonchè, pochi giorni dopo, un’altra lettera - che chiarisce i fatti giunge al Vicario. La scrive Clementina Mazzoni Casadei “Il 23 scorso ho dovuto ricopiare una lettera a lei diretta. Non volevo farlo ma non ho potuto esimermi riguardo che ho un interesse con la Signora che gliel’ha spedita, quindi ho dovuto farlo contro volontà. Da quel giorno non ho più avuto l’animo contento essendo il contenuto della lettera una calunnia contro il Cappellano di qui (cioè don Baldassini), buono e zelante sacerdote. Il mio confessore mi ha detto di scrivere a lei e di farle conoscere la verità. La lettera che ho dovuto ricopiare era stata scritta da Don segue nella pagina a fianco La Rocca Maggio/Giugno 2004 STORIA Bonaccorsi, ne ho conosciuta la calligrafia, e la Signora stessa me l’ha confermato. I documenti che abbiamo potuto consultare finiscono qui. Il prete contestato rimarrà a S. Agata ancora qualche tempo, poi finalmente se ne andrà. G.D. Qualche considerazione finale C’è poco da dire a proposito del comportamento poco cristallino del Bonaccorsi e dei suoi evidenti limiti di carattere, anche se in molte delle accuse si sente il clima culturale di quegli anni, ed anche il clima del piccolo paese pieno di rancori personali. Va detto che alcune accuse mosse contro di lui sono poco credibili come il fatto che abbia sostenuto la campagna elettorale dei socialisti. Ciò che meraviglia di più è il lento dipanarsi della vicenda, dovuto tra l’altro: - al fatto che il Bonaccorsi aveva rotto i ponti alle spalle e non aveva alternative di impiego, - al fatto che il Vescovo prima, e il Vicario successivamente, portati a temporeggiare non affrontarono nei termini dovuti la questione. Meraviglia il tono quasi ricattatorio più che disperato di alcune lettere del Bonaccorsi al suo Vescovo, ma meravigliano anche le ripicche personali non degne di un sacerdote (come quando impedisce di far suonare le campane a mezzanotte in occasione della messa solenne per l’ottavo centenario di santa Chiara celebrato presso le Clarisse da Don Bartolini, o durante le solennità pasquali, o le infinite querele che minaccia e sporge). Restano come macigni i pareri negativi dei Tribunali, e soprattutto la conclusione della “conciliazione” avvenuta prima di quel che avrebbe potuto essere un processo spettacolare. Quanto alla Curia, resta inspiegabile il fatto che fosse stato dato l’incarico di Economo Spirituale a Bonaccorsi quando era ancora Parroco a Montriolo, un incarico che finiva per tenerlo lontano e gli impediva di rispettare gli impegni con il Vescovo di Modigliana. La lettera di Don Baldassini del 1913 apre uno squarcio su un atteggiamento pilatesco che fino ad allora si era solo potuto intravvedere, che è in fondo, forse, il vero grande responsabile di tutta la vicenda.. Valmarecchia: viaggio nelle chiese mignon S i è rimboccato il saio, ha reclutato un secchio, una cazzuola e coppi a volontà con un obiettivo: curare il tetto della chiesa. “il luogo è incantevole, l’edificio pure: non meritava una fine ingloriosa spiega il frate cappuccino - così nel 1995, ho sistemato il tetto e ripulito la facciata”. Il restauro non è completo, ma padre Giacomo, cappuccino di Sant’Agata Feltria, il suo dovere l’ha fatto. Casciaio oggi può accogliere anche piccoli gruppi di ospiti. La canonica dispone di mansarda, cucina e legnaia e un pavimento in legno che “regge” fino a quindici persone. “In estate ci vengono i ragazzi” confessa soddisfatto il frate 60enne. Casciato, nel bosco a venti minuti d’auto da Sant’Agata Feltria, non è l’unico esempio di chiesette mignon in alta Valmarecchia. Si tratta di curiosità architettonica e di culto diffusa a tappeto in tutta la vallata. Chiese piccole così che avrebbero fatto cantare di stupore anche Fred Buscaglione. Non si tratta infatti, di cellette votive ma di edifici di culto veri e propri, ma di dimensione mignon. Se Cà Rosello detiene a due passi da Secchiano il primato per dimensioni ridotte, la storia di questi edifici e soprattutto la loro “resurrezione” è spesso frutto della passione dei residenti e della fedeltà di emigranti che in questa fetta di terra hanno lasciato almeno il cuore. Piedimonte ad esempio. In quella proprietà battente bandiera perticarese i cappuccini hanno piantato le tende per nove anni, prima di cedere il testimone ai ragazzi di don Oreste Benzi. Ripulita e sistemata, la casa ospita sei giovani dell’associazione papa Giovanni XXIII, mentre la chiesa arriva a contenere venti persone. Qualcuno di questi a Botticella dovrebbe star fuori: capienza massima quindici fedeli. Dimensioni più comunitarie si ritrovano a Schigno, Senatello e alla Madonna del Piano, in comune di Casteldelci. Stesso discorso a Uffogliano mentre a Monterotondo, patria del “mago” Gambetti, la chiesa di forma romanica è uno spettacolo per gli occhi e per il cuore. (p.g.) Il Maestro Fausto Rinaldi agli inizi della sua carriera costellata di successi 7 La Rocca Maggio/Giugno 2004 ATTUALITÀ L’armadio poetico di Pennabilli È uscito da poco un libro di sociologia del turismo che contiene un bel riconoscimento alla città di Pennabilli ed ai suoi personaggi. L’autore è un famoso giornalista tedesco, Roland Gunter. Pensiamo di fare cosa gradita ai nostri lettori proponendo una pagina del libro. Io ho una casa ad Anghiari, in Toscana. Un mio amico faceva il servizio civile a Santarcangelo, siamo andati là, al festival “Teatro sul posto” (nel 1987). Ho dormito a casa dell’architetto Claudio Lazzarini, che è responsabile di molti progetti di spazi pubblici, e l’ho conosciuto: da allora il suo lavoro mi ha conquistato. Lui mi ha portato da un suo amico: Tonino Guerra, un poeta e regista. L’ho intervistato: ha lavorato con Antonioni, Fellini, Rosi, i fratelli Taviani, Tarkofskji, Anghelopous. All’inizio mi trattava in modo un po’ distaccato. Lo capisco: viene infatti strumentalizzato da molte persone. Poi ho scritto una pagina sul quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine, un’altra sul giornale di Basilea e in seguito ho scritto molto altro. In molti anni mi sono attenuto a questo tema; Tonino lo apprezzava, e così siamo diventati amici. Ho poi fatto una mostra all’hotel “Lago Verde” a Pennabilli, con foto e testi in italiano e in tedesco: si trattava di una visione d’insieme, fino ai giorni nostri, dei circa trenta “luoghi poetici” in val Marecchia. Da qui ci sono poi state altre piccole mostre nei corridoi e stanze a tema. Nasce così un hotel culturale. Regalo all’hotel molti miei testi che avevo comprato in vista di un impegnativo libro di viaggio sulla regione. Si crea una piccola biblioteca in un armadio poetico di Marco Brogi. Dopodichè faccio portare dalla Germania una grossa lumaca di ferro di Horst Wolframm e la faccio sistemare sul prato davanti all’hotel. Diventa la beniamina dei bambini. Anche i ricevimenti di nozze vogliono averla nelle loro fotografie. E più di una persona si è piazzata tra le sue antenne a forma di corna: per divertirsi al gioco del “cornuto”! Per la famiglia che gestisce l’hotel ormai non sono più un ospite, ma un amico. Quando vado a stare là - due volte l’anno - ogni mattina verso le 11 vado dal mio amico Tonino e ci mettiamo a riflettere insieme. Io tengo sulle ginocchia dei foglietti e a volte anche un nastro magnetico e una macchina fotografica. Tonino Guerra è infatti un vulcano di idee e ne raccolgo a piene mani. Tonino Guerra visse per qualche tempo nella città tedesca di Troisdorf sul Reno - oltre 50 anni fa - in condizioni durissime: lavorando in un campo di concentramento, destinato a morire per fame e per il troppo lavoro. Fu là che scrisse le sue prime poesie, e un medico che era con lui nel campo le raccolse. Feci in modo che la città di Troisdorf nel 1992 invitasse il poeta e regista. Nelle conferenze io traducevo le discussioni e le divagazioni e poi lo portavo in giro per la regione della Ruhr. Da questo evento pubblico nacque il mio primo libro su Tonino Guerra: “Partenza a Troisdorf” (Essen 1992). Il poeta racconta la terribile guerra, mentre io presento uno schizzo biografico della sua vita. Dal 1998 osservo quanto segue: Tonino Guerra e il suo amico Gianni Giannini, con qualche aiuto hanno salvato la valle Marecchia grazie ad una visione artistico-letteraria dei “luoghi poetici”, che rappresentano anche una nuova dimensione di un tipo di architettura basato sulla semplicità. In quella valle infatti i paesi ormai vuoti - cadevano a pezzi - offrivano uno spettacolo crudele, che intristiva. Ma Tonino Guerra ha modificato lo sguardo, è un fantastico creatore di euforia. Da molti anni osservo come la valle a poco a poco torna a fiorire. Alla visione poetica segue il 8 lavoro di pianificazione, all’insegna della tutela e dello sviluppo. In seguito ho scritto un secondo libro su Tonino Guerra: sui “Luoghi Poetici” (Essen, 1998). Ed ora ci sono altre 300 pagine di manoscritto per un terzo libro. Nel 1992, in Germania, ho iniziato con alcuni amici - soprattutto con Janne Gunter e Horst Wolframm - a creare qualcosa di simile nella mia regione, ad Eisenheim, vicino al Reno, nel cuore della grande città di Oberhausen, vicino a Dusseldorf. Eisenheim è un luogo storico, pieno di turisti: è l’insediamento più antico nella regione della Ruhr. Abbiamo trapiantato lì le idee di Tonino Guerra. Ne sono risultati dei “luoghi poetici” su terreni privi di edifici, in giardini e davanti alla casa del popolo: “Il bosco dei Taubenhauser”, “Il viaggio spaziale sulla terra”, “L’idea”, “La musica dell’acqua”, un ricordo del poeta Heinrich Heine e altri. Tratto da Roland Gunter “Viaggi di conoscenza”, in “Lo sguardo del turista e il racconto dei luoghi” a cura di Rossana Bonadei e Ugo Volli, Franco Angeli Milano 2003. L’ancora di Novafeltria Un gruppo di studenti e di insegnanti dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Einaudi” di Novafeltria ha redatto, e pubblicato alla fine del mese di aprile, un giornale di 16 pagine dal titolo L’Ancora. Il giornale è ricco di informazioni, poesie, lettere e cronaca. Se volete leggere qualcosa di piacevole cercate di farvene dare una copia. Da parte nostra complimenti alla redazione dell’Ancora. La Rocca Maggio/Giugno 2004 ATTUALITÀ La nuova Giunta Rosana A Attendo che il mare mi dia un segnale per capire dove arriverò / Forse ad un porto sicuro o in un’isola tutta mia / Voglio sentire la mia voce femminile / Sono stanca di fare l’uomo e derubare con la tenerezza tutte le frontiere del cuore / Non voglio né un marito né un amante ma sì, un’anima per tutta la vita.” E’ una forza serena e fremente allo stesso tempo quella racchiusa nella poesia di Rosana Crispim da Costa, poetessa brasiliana di San Paolo che vive in Italia da quattordici anni, metà dei quali trascorsi a Sant’Agata Feltria dove attualmente risiede. “Può essere scontato per una poetessa - dichiara Rosana - ma la mia vita è sempre stata guidata dall’amore e in Italia inizialmente mi ha portato l’amore per la lingua italiana. Ho poi scelto, felicemente, di rimanere in questo paese per amore nei confronti di una persona”. Rosana Crispim da Costa è diventata poetessa all‚età di venticinque anni ma scrive da quando ne aveva dodici. Ha già all’attivo un libro di poesie uscito nel 1996 (“Il mio corpo traduce molte lingue” Fara Ed.), partecipa a quattro antologie di autori italiani e stranieri, insegna intercultura nelle scuole, ha collaborato con diverse radio e televisioni private e partecipa all’associazione interculturale Eks&Tra, dalla quale è stata premiata, che ogni anno e da più di dieci anni organizza un concorso-festival internazionale di letteratura di migrazioni patrocinato dalla provincia di Mantova, manifestazione che raccoglie scrittori che oggi sono premi importanti come il premio Montale. Oltre ai componimenti poetici si dedica anche a racconti e prosa poetica e da qualche tempo è diventata inoltre compositrice di canzoni. “La poesia prosegue la scrittrice - è il modo diretto di esprimere i miei sentimenti e ho la pretesa di scrivere per gli altri perché vorrei che si rispecchiassero in ciò che scrivo. Nell’ultimo seminario organizzato dall’Università dell’autobiografia ad Anghiari, abbiamo discusso della contaminazione nella lingua italiana, del contributo che uno scrittore straniero può apportare alla lingua italiana arricchendola di metafore, fanta- sia, nuove espressioni, il bagaglio culturale che ogni straniero porta con sé. La grande difficoltà di ogni scrittore è trovare un editore disposto a pubblicare le proprie opere. Io ho già terminato il mio secondo lavoro e spero di pubblicarlo entro l’anno. Gli strumenti della mia ispirazione sono le cose che vivo nel quotidiano e Sant’Agata Feltria è la fonte di forza e di ispirazione nella mia vita, l’aria che mi circonda, la campagna, i fiori, le lucciole. Scrivere è vivere, è il mio sfogo di gioia, di tristezza, di solitudine e di integrazione. Il mio progetto per il futuro è di trovare più tempo per scrivere e trasformare in poesia la gioia che mio figlio Julio Cesar, che ha quasi tre anni, sa trasmettermi”. Benedetta Rinaldi Il volo di Gerardo Immagine di S. Agata vista dal parapendio a motore di Gabriele Boldrini. Foto di Gerardo Boschi 9 Volti e nomi nuovi fra i consiglieri della giunta del comune di Sant‚Agata Feltria e atti di nomina anche nei confronti di due “vecchie conoscenze”, Francesco Bagnoli con delega a vice sindaco e assessore per le attività produttive, scuola e sport, e Andrea Rinaldi, riconfermato all’assessorato per il Turismo e la cultura. Costituita a poco meno di due settimane dalla vittoria della lista civica no. 2 “Insieme per lo sviluppo del Comune” capeggiata da Goffredo Polidori, la nuova squadra di giunta che peraltro era stata preannunciata durante gli incontri nelle frazioni e nel capoluogo durante la campagna elettorale. Consiglieri di maggioranza, oltre ai menzionati Bagnoli e Rinaldi, Guglielmino Cerbara, con delega ai lavori pubblici, urbanistica, agricoltura, personale e protezione civile, Roberto D’Orazi, Gloria Manzi, Gilberto Piccini, Giancarlo Marinelli e Daniele Paci. Nominato inoltre un assessore esterno, Giampaolo Ugolini, con delega ai servizi sociali. Consiglieri di minoranza saranno invece Gianfranco Marini, Ulderico Sabba, Ombretta Fabbri e Paolo Ricci. Benedetta Rinaldi La Rocca Maggio/Giugno 2004 STORIA Il cancelliere esecrato C ristoforo Beni, notaio in S. Agata dal 1775 al 1821, è nel 1802 da 16 anni cancelliere del tribunale podestarile dello stesso luogo, “contro le leggi fatte ab immemorabili che li paesani non possino, né debbino servire in detti impieghi”. Pare che egli impedisca con sotterfugi e raggiri che il podestà amministri con il dovuto rigore la giustizia. L’anonimo scrivente, avverso all’operato del Beni, avverte il delegato apostolico di Urbino dei “disordini” e delle ingiustizie commesse da quel cancelliere. Egli propone anche un esempio: “Pochi anni or sono un certo Luca Perruzzi della Comunità di Rusciano subordinata a questa di S. Agata, fece di giorno un omicidio, con torcere il collo ad un giovinetto di tredici anni senza alcun motivo (sic). Questo Peruzzi è di una famiglia rispettabile de’ nostri monti, di possidenza e di denaro. Il cancelliere Beni unito col giusdicente li vuotarono la borsa, e neppure presero il corpo del delitto; il delinquente fece un anno circa di contumacia, poi ritornò alla sua casa senza che la giustizia lo perseguitasse. Lo scopo dello scrivente è di voler sollecitare il presidente della provincia a voler rimediare ai disordini creati dal Beni col rimuoverlo dall’incarico affinché in avvenire la giustizia in S. Agata sia ripristinata. Un altro scrivente, anch’egli anonimo, informa lo stesso alto prelato sul modo in cui si vive nella “terra” di S. Agata Feltria e sua giurisdizione. Molte persone, sebbene non munite delle opportune licenze - riferisce l’ignoto denigratore dell’operato del Beni -, non si peritano di mostrarsi in pubblico con armi da fuoco e da taglio, ignorando il recente editto che ne vieta il porto abusivo. Alcuni di questi, contro le disposizioni di bandi antichi e recenti, hanno l’ardire di andare a caccia di starne e lepri in tempo di neve, e nel contempo di uccidere i colombi, dei quali hanno assottigliato di molto il numero, con grave danno dei loro proprietari e privando in tal modo anche l’ingrassa- mento della terra da lavoro in un paese così montuoso e dilavato dalle acque come il Santagatese. “Cacciando costoro devastano siepi, calpestano seminati, ed introducendosi anche ne’ grani in tempo che sono prossimi a maturare, ne fanno una strage esecrabile atterrandoli e coi piedi e coi cani che v’introducono; penetrando altresì nelle vigne, e prima che si maturano le uve, scelti alcuni grani, si osservano i grappoli gettati per terra, e giunto il tempo della vendemmia si sa che alcuni ne hanno trasportata tanta quantità alle proprie case, colla quale non solo hanno potuto fare l’acquato per uso dell’intera loro famiglia, ma anche il vino da vendere”. Ovunque regna il ladroneggio “e la soperchieria, formatasi non già dalla forza dell’indigenza, ma dell’indolenza di questo Tribunale”, dove pare domini incontrastato il tristo e forse corrotto cancelliere, e non i podestà protempore, “e passano mesi ed anni senza potersi ottenere un semplice decreto”. Un fatto presenta il nostro al delegato apostolico, ond’egli possa venire a conoscenza degli arbitri che si perpetrano nel tribunale di S. Agata, che egli chiama il tribunale di Pilato: “Sorpreso da birri un certo Gio. Para col corpo del delitto indosso, cioè con la refurtiva di alcuni panni di qualche conseguenza, senza consultare, che pur doveasi, fu benignamente dimesso la notte istessa in cui seguì il suo aresto. Prese costui magior ansia a delinquere, onde, trascorsi pochi giorni, si avanzò a comettere un furto sacrilego e qualificato coll’asportare dalla chiesa di S. Cristoforo un calice e patena, per cui arrestato nella città di Rimini ne l’atto che stavalo contraendo, ove resta per anche detenuto in quelle carceri”. Anche questo anonimo brama la rimozione dei Beni dall’incarico di cancelliere, considerato che il nuovo bargello, intraprendente e coraggioso ed attorniato da bravi sbirri, sarebbe sufficiente a far rispettare l’editto sul disarmo recentemente promulgato se un ufficiale forestiero, diverso dall’attuale, “non si faccia difensore della 10 vile marmaglia, che sempre più infoltisce”. Chi scrive però pecca senz’altro di parzialità nel descrivere la figura e l’operato del cancelliere santagatese perché egli stesso si propone come candidato a sostituirlo. E facendolo rivela segretamente il suo nome al solo delegato apostolico perché sospetta che i suoi uditori possano proteggere e difendere l’aborrito preteso rivale. La figura a tinte fosche che alcuni hanno voluto dipingere di Cristoforo Beni è messa in forse da una lettera del 1806 che lo stesso indirizza al delegato apostolico. Egli è stato destinato alla cancelleria di Pennabilli, ma supplica l’alto prelato di rimanere a S. Agata Feltria e di mandare in quella sede colui che al suo posto era destinato. Egli precisa di non essere nativo di S. Agata Feltria, bensì di Pietracuta e di avere ottenuto la cancelleria di quella terra, e di esservi stato riconfermato, non per il “servizio prestato per 20 anni nel giro de’ vicari, ma per avere eseguito tutte le confinazioni di questa Legazione colli Stati esteri quasi gratuitamente, cioè per soli baiocchi 75 al giorno, compresa la cavalcatura e cibarie”. Egli è convinto che, per i diritti acquisiti in quegli anni, meriti di rimanere nella stessa cancelleria e perciò ne implora la conferma, anche perché gli sarebbe di grave pregiudizio muoversi ora da detto luogo con la famiglia, dove svolge anche la funzione di computista e di notaio. E lì sarebbe rimasto, come testimonia una lettera del podestà di Sant’Agata al delegato apostolico del 26 gennaio 1808: “A fronte della stravaganza della stagione e della grossa neve questo mio cancelliere Beni si è portato colla squadra feretrana nel vicariato di Montegelli per eseguire la commissione addossatagli dall’eccellenza vostra reverendissima con lettera facoltativa dei 16 andante, toccante l’espulsione dei coscritti del Regno Italico rifugiatisi in detto luogo”. Marco Battistelli La Rocca Maggio/Giugno 2004 STORIA La misteriosa tomba di Sveva N ell’Alta Val Marecchia, più o meno a metà strada tra Novafeltria e Pennabilli, c’è un’antica chiesa del Quattrocento, silenziosa custode di una splendida Madonna in ceramica di Luca Della Robbia e dei resti di un’altra “Madonna” molto più misteriosa. Posta su di un piccolo declivio fra un gruppo di case, la chiesa di Santa Maria D’antico è datata 1484, ma il suo aspetto esterno in conci di pietra, soprattutto la facciata con il bel rosone tipicamente gotico (anche se qui è attribuito allo stile Romanico, forse tardo, e datato XIII sec.), la lunetta scolpita in pietra arenaria - raffigurante la Vergine che benedice e protegge sotto il suo mantello i soldati - come il bel portale su cui è posta (anche se datati XV secolo) fanno pensare all’esistenza di una chiesa ancora più antica, ingrandita e rimodernata verso la fine del XV secolo. Qui nasce la leggenda che la vuole innalzata dal conte Gian Francesco Oliva, signore di quelle terre, in onore della sua amata di cui custodirebbe le spoglie. Si narra che il giovane conte avesse una relazione con una donna di nome Sveva (pare una cognata) di cui era molto innamorato, tanto da non riuscire a rassegnarsi alla sua prematura e improvvisa morte, avvenuta in una nevosa notte di febbraio. Cadeva fitta la neve quella notte e le grida disperate del conte squarciavano il silenzio calato sul paese d’Antico (oggi Santa Maria di Maiolo). Gli abitanti corsi fuori dalle case si recarono al castello per rendersi conto dell’accaduto e vi trovarono il loro signore in lacrime, straziato sopra il corpo ormai senza vita dell’amata Sveva. Piangeva e urlava disperato il conte e non si rassegnava a quella perdita. Andò avanti per ore, finché a mezzanotte, un giovane e misterioso messaggero suggerì al giovane feudatario di redimersi da tutti i suoi peccati e glorificare questo grande amore innalzando un tempio sacro alla Vergine Maria come tomba per la povera Sveva. Così fu detto, ed ecco la chiesa di Santa Maria dedicata alla Beata Vergine del Carmine, nel cui presbiterio in perfetto stile brunelleschiano, dietro all’altare di pietra, è posta la preziosa Madonna delle Grazie con Bambino del Della Robbia (uno degli artisti che lavorò nel Tempio Malatestiano di Rimini). Costruita nel 1484, ma consacrata nel 1509 e restaurata nel 1908, in questa piccola e affascinante chiesa dall’esterno medievale e l’interno cinquecentesco, non c’è traccia però della presenza di Sveva. Nessun segno. Niente tomba. Né un’iscrizione, una statua, una lapide, un dipinto... Si dice che in uno dei trentasei rosoni in stucco che decorano il soffitto a cassettoni del presbiterio Cinquecentesco, sia raffigurata un’immagine di donna... beato chi l’ha vista, perché io no. In compenso, si dice anche, a completare la leggenda, che nelle notti di febbraio quando nevica e spira la gelida tramontana, vicino alla chiesa appare una candida ombra gemente e china come su una tomba, finché s’allontana lentamente sull’aspro sentiero che sale verso il monte. In cerca di quella pace che mai trovò. Lara Fabbri (Tratto da Ariminum n. 3 - 2004) Igea Marina 1956 Prima fila in basso, abbiamo riconosciuto: Wally D’Orazio, Eva Mariani (grazie per la foto), Anna Dorazi, Gugliemina Rossi, Anna Bettini. Seconda fila: Elvina Ciccioni, Carla Cerbara, Anna Sartini, Paola Ricci, Lidia Sampaoli (?) Terza fila: Maria Marani, Sabba, Piacenti, Albarosa Cinarelli, Lina Ciccioni 11 La Rocca Maggio/Giugno 2004 CRONACA Le origini della Indel B Perticara capitale d’Olanda C Grazie a Saro Di Bartolo per aver rintracciato e fotografato la locandina che ricorda il contributo dato dalla Indel B ai viaggi nello spazio, con il brevetto relativo al sistema refrigerante orbitale. In riferimento all’articolo pubblicato sull’ultimo numero de La Rocca, al già nutrito numero di persone che si recarono a lavorare alla Mivis (ora Indel B) di Ravenna nel lontano 1969/70, vanno aggiunti i seguenti nominativi, con i quali ci scusiamo per la dimenticanza: Sergio Salone (ora novello pensionato) Calogero Virone Angelo Costantini Paolo Polidori Giacomo Bartolini Arnaldo Campitelli 12 arta geografica alla mano l’Olanda dista 1500 km. Attraversare mezza Europa non è certo una passeggiata, soprattutto in estate con le interminabili code in autostrada. Il classico esodo estivo però non riguarda le assolate spiagge di Rimini o Riccione bensì Perticara, piccolo paese dalle grandi tradizioni minerarie. Sono sempre di più i turisti olandesi (soprattutto), tedeschi e danesi che preferiscono alla frenesia della riviera un’oasi di tranquillità nell’alta Valmarecchia. I primi a scegliere questa meta sono stati Bert e Nel Eigenbrood, coniugi olandesi di Lisse (“la patria dei tulipani”, racconta fiera Nel) che durante una vacanza si sono innamorati di questi posti al punto da volerci vivere e lavorare. Così è nata l’idea del camping: “Questo è un posto meraviglioso con un panorama stupendo si entusiasma Bert - e credo che un camping mancasse in questa zona”. “ Quando siamo arrivati qui nel ‘98 c’era solo un capannone con quattro muri e il tetto - prosegue Nel -. Mancava l’acqua, la luce e il gas ma ci siamo dati da fare e nel maggio ‘99 abbiamo aperto. I turisti vengono qui per rilassarsi, per il cibo - le cuoche sono rigorosamente italiane - e per la cultura”. Con l’aiuto di Internet Bert e Nel si sono fatti conoscere in patria e da maggio a settembre di ogni anno parte una lunga processione di connazionali alla ricerca di relax. “ Questo è il secondo anno che vengo e sicuramente in futuro ci tornerò racconta Hans Kippers di Maastricht il panorama è incantevole e poi la pasta, il formaggio di fossa, i dolci sono ottimi motivi per passare le vacanze qui”. Intenti a smontare la loro tenda due ragazzi di Haarlem, Maurice e Monique: “Siamo stati molto bene, il cibo è buono e soprattutto rispetto a Roma è molto più economico”: Mentre ci allontaniamo, Bert dice convinto: “Torneranno”. C’è da credergli, ormai Perticara è un feudo olandese.