Il liceo “N. Spedalieri” di Catania e i suoi docenti (1861-1882)
di Daniela Fusto
Superando il tradizionale approccio che ha caratterizzato fino a oggi la produzione storiografica
sulle scuole e sull’istruzione in Italia, prevalentemente basata su indagini a carattere generale
incentrati sulla politica scolastica o sui modelli pedagogici, Giuseppe Giarrizzo ha proposto un
nuovo percorso di ricerca che mira a puntare l’attenzione sulle singole scuole, a indagare
dall’interno le loro vicende, il loro concreto vissuto, a conoscerne i protagonisti, allo scopo di
comprendere il ruolo che ciascun istituto scolastico ha esercitato nel territorio di appartenenza,
l’incidenza che ha avuto nella formazione culturale e civile dei cittadini che l’hanno
frequentata 1 .
Basandosi su queste premesse metodologiche, il presente contributo espone i primi risultati
di una ricerca volta a ricostruire la storia del liceo Nicola Spedalieri di Catania, nel periodo
compreso tra il 1861, anno della sua inaugurazione, e l’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento.
Nello specifico si è centrata l’attenzione sui docenti che in quegli anni esercitarono la loro
attività didattica presso l’istituto, provando a delinearne profili biografici, professionali e
culturali e a far luce sui contenuti e i metodi dell’insegnamento impartito agli allievi.
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Unico liceo pubblico della città fino alla fine del XIX secolo, lo Spedalieri venne istituito
con il Regio decreto prodittatoriale n. 263 del 17 ottobre 1860 attraverso il quale si adottava in
Sicilia la legge Casati 2 . Quest’ultima, come è noto, suddivideva l’istruzione secondaria in classica
e tecnica affidando alla prima, rivolta a chi avrebbe proseguito gli studi nelle università, la
formazione della nuova classe dirigente. A differenza degli istituti tecnici con finalità e
contenuti professionalizzanti, essa era caratterizzata da contenuti teorici volti a fornire una
preparazione propedeutica all’istruzione accademica. Nel solco della tradizione degli studi
classici, si era scelto un curriculum incentrato quasi esclusivamente su materie umanistiche per il
corso ginnasiale, ma che si apriva all’apprendimento di alcune discipline scientifiche in quello
liceale, dove si insegnavano oltre che la letteratura italiana, latina e greca, la filosofia e la storia,
anche «elementi della matematica, della fisico-chimica e della storia naturale» 3 . Questi ultimi
insegnamenti pur relegati a un ruolo secondario negli istituti classici, cercavano un più ampio
spazio, legittimati dal valore sempre maggiore che veniva loro attribuito dalla cultura europea
attraversata in quegli anni dalle nuove scoperte scientifiche e dalla diffusione del Positivismo.
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Cfr. G. Giarrizzo, M. Musumeci, Per una storia d’Italia come storia delle sue scuole. Una scuola di
frontiera, la «Manzoni» di Catania (1963-1988), Maimone, Catania 2005.
2
Si stabiliva inoltre quali nuove scuole istituire. Per l’istruzione classica − specifica il decreto − «sarà un
Liceo in ciascuna città capo di provincia; un Ginnasio in ciascun capo di circondario e in tutte quelle città la cui
popolazione sorpassa i ventimila abitanti»: articolo 19 del Decreto n. 263 del 17 ottobre 1860 in Raccolta degli
atti del governo dittatoriale e prodittatoriale in Sicilia (1860) , tip. Lao, Palermo 1861, p. 484. Ginnasi governativi
furono infatti istituiti ad Acireale, Nicosia e Caltagirone, le tre città capo di circondario della provincia di Catania.
3
La legge Casati, emanata per il Piemonte nel 1859, venne estesa a tutto il territorio nazionale dopo
l’unificazione italiana. La differenziazione tra studi classici e studi tecnici che la caratterizza ricalcava
principalmente il modello prussiano ma rispecchiava una distinzione presente in maniera più o meno accentuata
in molti paesi dell’Europa del tempo. Il corso di studi classici in Italia prevedeva una durata di otto anni
complessivi ed era suddiviso in due gradi: il Ginnasio di cinque anni e il Liceo di tre. Al Ginnasio si
apprendevano lettere italiane, latino, greco, aritmetica, geografia e storia. A proposito del sistema scolastico
italiano post-unitario cfr. G. Cives, a cura di, La scuola italiana dall’Unità ai nostri giorni , La Nuova Italia,
Scandicci 1990; S. Santamaita, Storia della scuola: dalla scuola al sistema formativo , Mondadori, Milano 1999; G.
Genovesi, Storia della scuola in Italia dal Settecento a oggi, Laterza, Bari 2001.
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1
Nel corso del secolo i governi dell’Italia neo-unificata mostrarono in realtà molte incertezze
sulla scelta dei programmi e dei libri di testo da adottare e sullo spazio da attribuire nel
curriculum dei licei ai due settori di studio, umanistico e scientifico, incertezza che rispecchiava i
vivaci dibattiti pedagogici che videro contrapposti, nella seconda metà dell’Ottocento, i più
importanti intellettuali del tempo 4 .
Attivamente inseriti in questo clima culturale, alcuni docenti del liceo Spedalieri
pubblicarono scritti in cui si espressero sulle questioni pedagogiche proponendo le proprie idee
sui metodi e i contenuti dell’insegnamento. In particolare coloro che aderirono alla nuova
filosofia positivista avanzarono istanze di rinnovamento dell’istruzione scolastica promuovendo
un approccio più razionale, realistico e concreto alle discipline. Gli insegnanti di lettere italiane,
ad esempio, in aspra polemica con la tradizione ‘classicistico-retorica’ predominante nelle scuole
italiane fino ad allora, sostennero che l’insegnamento della loro materia non si dovesse limitare
a una vuota trasmissione di regole grammaticali e stilistiche volte a far apprendere il corretto
uso della lingua italiana, ma occorresse soffermarsi sui contenuti della letteratura e avvicinare
l’allievo a questa, come alle altre discipline, in maniera ‘naturalistico-scientifica’, sviluppando le
sue capacità raziocinanti al fine di renderlo in grado di comprendere la realtà che lo circondava.
La polemica contro la tradizione di studi che aveva predominato in Italia fino ad allora era
accompagnata da un’aspra contestazione nei confronti del clero che aveva da sempre gestito
quel tipo di istruzione censurando lo studio di certi autori e adottando un metodo di
insegnamento che impediva allo studente di acquisire una propria libera capacità critica, poiché
imponeva regole e verità prestabilite. La nascita del sistema scolastico pubblico nazionale dopo
l’Unità aveva determinato la laicizzazione della scuola e contrastato il monopolio esercitato nel
campo dell’istruzione dalla Chiesa. Tuttavia l’influenza di quest’ultima continuò per alcuni anni
anche nei nuovi istituti scolastici pubblici, considerato che spesso i pochi insegnanti disponibili
o con i titoli necessari appartenevano al clero 5 .
Al liceo Spedalieri l’influenza dell’ambiente ecclesiastico sembra significativa nei primi anni
di attività 6 . Il primo anno scolastico la scuola ebbe sia un direttore di ginnasio, Pietro Laganà,
che un Preside di liceo, Giuseppe Coco Zanghì 7 , appartenenti alla Chiesa, i quali, come si
evince dai discorsi che pronunciarono in quegli anni, cercarono di far sì che nell’istituto la
formazione intellettuale degli allievi fosse accompagnata da una educazione cattolica: è
necessario infatti, asserisce Giuseppe Coco Zanghì, sia «istruire la mente che educare il cuore
della gioventù» e afferma che fa parte dei doveri degli insegnanti «insinuare all’opportunità nel
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Il problema dei metodi di insegnamento fu ampiamente affrontato soprattutto dai positivisti, cfr. D.
Bertoni Jovine, a cura di, Positivismo pedagogico italiano, UTET, Torino 1973.
5
A proposito della ‘tipologia’ di docenti reclutati nelle scuole classiche dopo l’unificazione italiana cfr. M.
Raicich, Itinerari della scuola classica dell’Ottocento , in S. Soldani, G. Turi, a cura di, Fare gli italiani. Scuola e
cultura nell’Italia contemporanea, Il Mulino, Bologna 1993, pp. 131-170.
6
Ma va diminuendo chiaramente negli anni successivi: il Preside dello Spedalieri, in una relazione
sull’andamento dell’istituto nell’anno scolastico 1868/1869 rivolta al Ministro della pubblica istruzione, inserisce
tra le sue proposte l’abolizione del direttore spirituale previsto dalla legge Casati. Inoltre il Prefetto in una
Relazione al Consiglio Provinciale Scolastico, databile ai primi anni Settanta dell’Ottocento, fa sapere che al liceoginnasio Spedalieri «l’istruzione religiosa è agonizzante, perché nessuno degli alunni vuol riceverla», Archivio di
Stato di Catania (d’ora in poi ASC), Prefettura di Catania, serie II, inv. II, busta 107.
7
Studioso di cultura enciclopedica e socio attivo dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania,
«dottore in Teologia e Sacri canoni, esaminatore del Regio Clero, socio dell’Accademia dei Trasformati di Noto,
già professore di Etica Cristiana, di Bibbia e di Lingue orientali nel seminario dei Chierici e professore
provvisorio di Dogmatica nella Regia Università di Catania». Cfr. G.C. Zanghì, Per la inaugurazione del Real
Liceo e Ginnasio di Catania, tip. Galatola, Catania 1862, p. 1. Tra i suoi scritti cfr. L’uomo e la scimmia.
(Memoria del socio ordinario Canonico Giuseppe Coco Zanghì) , in «Atti dell’Accademia Gioenia di scienze
naturali di Catania», serie III, tomo V, Galatola, Catania 1871, pp. 113-155, in cui confuta la teoria darwiniana
dell’evoluzione.
2
cuore degli allievi sentimenti religiosi, o almeno nelle loro menti verità che fondamentano la
morale» 8 . A questo scopo le discipline devono essere interpretate alla luce della religione
cristiana. Ad esempio, riguardo la storia, egli chiarisce che «nella serie degli eventi [bisogna; sc.]
riconoscere gli effetti di due cause attive e inegualmente autonome, l’una visibile e invisibile
l’altra, l’uomo e Dio. […] Lo storico presentando esempi di virtù e di vizio, ponga sovratutto
ogni cura nel farci amare la prima e aborrire il secondo» 9 . I classici della civiltà pagana devono
essere presentati agli allievi solo come esempi di perfezione oratoria e formale, mentre ai
contenuti delle loro opere occorre avvicinarsi con cautela poiché: «non si dovrebbe ormai
negare che maligno, o almeno estraneo germe provenga dal porre nelle mani degli allievi i soli
classici del paganesimo e dell’idolatria non ispiegati cristianamente. [...] I giovanetti arrossiscano
trovando in que’ libri esempi solenni di gesta dalle quali noi illuminati dal Cattolicismo ci
troviamo spesso lontani; non riconoscano come virtù tante azioni, che stimate altrettali in quel
tempo, oggi appariscono manifestazioni di lurido egoismo e di mascherato amor proprio» 10 . La
letteratura italiana è citata come studio della «italica favella»: «si tratta qui non solo di avviare la
gioventù alla conoscenza perfetta della lingua, della poesia e dell’oratoria patria, ma anche di
modellarla su’ classici greci e latini, i primi cultori delle lettere nelle nostre contrade» 11 .
Per quell’anno venne nominato docente di letteratura italiana al liceo, Vincenzo La Rosa.
Egli stesso nel discorso augurale pronunciato in occasione dell’apertura dell’istituto, in linea con
le disposizioni del Preside Zanghì, incita alla valorizzazione delle lettere in quanto strumento di
elevazione morale e spirituale: «è ufizio delle buone lettere, come della filosofia cristiana il
guardare con indifferenza i beni di quaggiù, non abbagliarci dalla loro appariscenza, e vivere
secondo la provvidenza ordina e dispone. Chi vive secondo la vera civiltà è uomo del Vangelo, e
gode di quella beatitudine che si può godere qui in terra» 12 .
La Rosa illustra poi in breve, rivolgendosi ai suoi allievi, il suo programma d’insegnamento.
«Scopo dei nostri studi» − afferma − «non è la vana curiosità ma il ben parlare e l’ottimo
scrivere»:
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Né crediate, o giovani, che i nostri studi si raggireranno sopra materie impenetrabili e vane, o
immaginarie e supposte; posciaché noi vi condurremo per un sentiero segnatoci dall’alta sapienza
regolatrice degli studi d’Italia. Di fatto per procedere con ordine e metodo dimostreremo dapprima
il bisogno che ha ciascun uomo d’istruirsi nella lingua e nella letteratura della sua nazione, per essere
civile e gradito all’universale, essendo le forme, onde si vestono i nostri pensieri i veri pregi dello
spirito umano. Daremo poscia uno storico cenno intorno alle origini della lingua e letteratura
italiana e di tutti i suoi mutamenti ora in meglio, ora in peggio, per essersi taluni ingegni allontanati
da’ veri padri delle italiane lettere. E però ricorderemo con plauso i secoli della nostra buona
letteratura, e faremo le debite lodi de’ migliori scrittori che si sono segnalati, facendo la disamina del
loro stile, notando le bellezze della loro lingua, e le immortali prerogative delle loro opere. E un
Dante un Petrarca un Boccaccio un Passavanti un Cavalca un Pandolfini dobbiamo noi in particolar
modo studiare, come aurei scrittori del trecento: del quattrocento loderemo e studieremo il
Poliziano: del cinquecento l’Ariosto il Caro il Firenzuola il Tasso il Guicciardini il Casa: del seicento
il Bartoli il Pallavicini il Segneri (tolti alcuni difetti propri del secolo) del settecento Gasparo Gozzi:
dell’ottocento il Parini il Monti il Botta il Leopardi il Cesari, il Perticari il Giordani. E per guide nella
storia letteraria seguiremo Giuseppe Maffei, e Paolo Emiliani-Giudici; posciaché se nell’uno
troveremo le notizie letterarie adorne di facile stile e preciso, nell’altro sono le materie meglio
ordinate e le cagioni delle vicende nelle lettere con molto acume indagate e spiegate.
G.C. Zanghì, Per la inaugurazione... cit., p. 17.
G.C. Zanghì, Per la inaugurazione... cit., p. 23.
10
Ivi, pp. 23-24.
11
Ivi, p. 15.
12
V. La Rosa, Sulla istruzione del popolo e protezione delle lettere. Discorso augurale di Vincenzo La Rosa
alla cattedra di letteratura italiana nel R. Liceo di Catania novellamente istituito , tip. La Fenice di Musumeci,
Firenze 1862, p. 12.
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Date larghe lodi a’ degni per imitarsi i loro pregi, faremo parola de’ secoli di corruzione nelle
lettere e degli scrittori che hanno avuto parte a tanto pubblico danno, essendo le buone lettere
maestre di civiltà all’umana famiglia e decoro alle nazioni; e perciò colla corruzione di esse si
corrompe la civiltà di un intero popolo […].
E per vedere in pratica i progressi nello studio si dovrà in frequente comporre sì in prosa,
come in verso, e si dovrà parlare in italiano13 .
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Studioso di retorica, imposta il programma di letteratura italiana sull’apprendimento della
lingua, aderendo tra l’altro a un preciso modello linguistico, quello della tradizione classicistica,
come si evince dalla scelta degli autori: prevalgono gli «aurei scrittori» del Trecento e del
Cinquecento, e per l’Ottocento predilige lo studio dei difensori del purismo o del classicismo
quali il Cesari, il Perticari, il Botta e il Giordani 14 . Gli interessi di La Rosa per l’aspetto formale
della disciplina sono confermati anche dal suo opuscolo Elementi di rettorica 15 :
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La favella è uno de’ più singolari privilegi che Dio diede all’uomo; perocché con essa riceve
perfezione, quindi è necessario che si parli con proprietà e con esattezza. L’arte che ciò insegna
dicesi retorica. Se non che quest’arte è stata talora rivolta a corrompimento degli uomini con pompa
e falsi ornamenti, ma la vera dimora nel pensar retto espresso con nobile semplicità; sicché sana
logica e soda rettorica deggiono andar sempre congiunte nell’opera di parlare e scrivere. La rettorica
dà le regole di ben parlare nella prima parte delle sue istituzioni; nella seconda si applicano le dette
regole all’arte oratoria e a’ vari generi di comporre in prosa, nella terza se ne fa l’applicazione all’arte
poetica e a’ vari generi di comporre in verso 16 .
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Si evince dai suoi scritti l’impegno nel ricercare il metodo migliore per agevolare
l’apprendimento dei giovani allievi
Le istituzioni di retorica dell’Inglese Ugone Blair 17 sono state riputate dal generale consenso
de’ dotti l’opera migliore in sì fatta materia sicché le varie istituzioni di rettorica si son fatte
seguendo le orme di lui, il quale è stato piuttosto compendiato che seguito. Noi abbiamo voluto
dare gli elementi di esse istituzioni seguendo i principii di tale opera come la migliore in sì fatto
genere.
Abbiamo cercato di ordinare e dare agli elementi un’aria di novità, se non nella materia, almeno
nella forma; affinché si potesse facilmente adattare alla istruzione giovanile. Abbiamo creduto
ancora dovere essere molto brevi e precisi sopprimendo anco gli esempii per non aumentare la
mole del volumetto. Per altro gli esempii possono facilmente supplirsi dalla voce del maestro
potendosi attingere dal Blair dal Soave o Montanari 18 , o dagli Elementi di rettorica del Fava, o dal
Picci del Di-Giovanni. In somma si è voluto compilare un libretto pei giovanetti e non per gli
adulti 19 .
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E ancora nell’opuscolo Elementi della storia della letteratura italiana:
Chi ha avuto occasione di dettar da qualche cattedra o di dar lezioni private, ha potuto
facilmente vedere come a’ giovanetti tornino facili solo gli elementi delle materie che dovranno
apparare, e come non ci sia peggior cosa che confondere le loro tenere menti con lunghi trattati o
con multiplici discipline, essendo questo il vero mezzo per non far apprender nulla. Laonde si grida
Ivi, pp. 12-14.
Fu anche autore di un Elogio di Pietro Giordani, Felice Sciuto, Catania 1851.
15
V. La Rosa, Elementi di retorica compilati da Vincenzo La Rosa ad uso de’ suoi Figliuoli , tip. Galatola,
Catania 1872.
16
Ivi, pp. 5-6.
17
Esempio di retorica classicistica.
18
Fu autore negli anni Trenta di un adattamento in chiave classicistica delle istituzioni di retorica del Blair
che circolò per molti anni nelle scuole.
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V. La Rosa, Elementi di retorica… cit., p. 3.
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da più tempo in Italia che fa d’uopo che i maestri di lettere o scienze scrivano facili e brevi trattati di
elementi, rinunciando alle lode che potrebber cogliere di dotti ed ingegnosi scrivendo lunghi lavori,
e che in sì fatto modo, potranno spendere utilmente il tempo, rendendo piana la via all’istruzione
de’ giovani.
Gli elementi di rettorica del Fava rispondono bene a questo fine, come quelli che racchiudono
in un volumetto una vasta materia; ma la storia letteraria, in qualunque autore si voglia studiare
riesce lunga e complicata, e gli alunni se ne scoraggiano e non ne cavano alcun profitto. Per la qual
cosa m’avvisai riuscire assai utile, se non necessario, il dare in un breve libretto gli elementi delle
italiane lettere, affinché gli allievi avessero una guida certa nel loro cammino, restando poi affidato
alle cure del professore il dilatarsi dalla cattedra, in quelle materie specialmente che richiedono
maggiore sviluppo 20 .
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Tra il 1862/1863 e il 1866/1867 la cattedra di letteratura italiana del liceo passò a Francesco
De Felice. Nato nel 1821 a Catania, qui aveva iniziato i suoi studi che completò poi a Palermo
prima di intraprendere la professione di insegnante. Figura di rilievo nelle vicende politiche
locali del periodo pre-unitario, nel 1848 fu tra i primi iniziatori del moto rivoluzionario, e venne
nominato prima Segretario del Comitato Centrale della provincia, poi Ispettore generale di
guerra, e infine deputato al Parlamento. Fallita la rivoluzione fu incarcerato a Messina, dove
rimase per alcuni anni prima di essere mandato al confino, ma continuò a lavorare e cospirare
per la libertà della patria, e già prima che si conoscesse lo sbarco di Garibaldi in Sicilia fece
insorgere la città di Lentini. Garibaldi lo nominò poi maggiore di fanteria e Presidente del
Consiglio di Guerra divisionale. Nel 1861 intraprese un viaggio a Torino dove conobbe il Prati,
il Giudici, il Brofferio, il Guerrazzi; poi fu a Milano dove Cesare Cantù lo presentò al Manzoni
e in seguito a Firenze. Percorse poi la Svizzera per studiare i metodi pedagogici del Pestalozzi e
del Girard. Destinato nel 1862 dal governo a essere Maggiore di piazza, De Felice chiese invece
di ritornare nell’insegnamento 21 ; il Ministro De Sanctis lo nominò, allora, professore di
Filosofia nel Regio liceo di Catania. Nelle lettere aveva esordito prima dei vent’anni con
parecchie poesie siciliane e italiane, e con un volume di cenni biografici d’uomini illustri siciliani;
scrisse anche un poemetto in versi sciolti, intitolato Ultime ore d’un pentito (Venezia 1845) 22 .
Filosofo d’indirizzo positivista, studioso di metodi pedagogici 23 , è molto attento al valore
dell’educazione morale degli allievi. Si tratta però di una morale laica che nasce
dall’osservazione della natura: è «cosa sommamente difficile, se non impossibile, il progresso
dell’educazione intellettuale, ove questa non siegua le orme della educazione fisica e di quella
morale [...] ed ove queste si discostino dalle indicazioni della maestra natura» 24 .
Per lui, intellettuale di formazione filosofica e non classica − sconosceva infatti latino e
greco −, lo studio della letteratura italiana non deve essere finalizzato esclusivamente ad
apprendere la lingua ma va inteso in senso più ampio come asserisce nell’opuscolo del 1862
Introduzione alla letteratura italiana , in cui espone per i suoi alunni di terzo liceo i principi alla
base dello studio della materia:
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Non pochi son quelli, i quali non veggono rapporto nessuno tra le lettere e le scienze
filosofiche, e che per Letteratura non intendono altra cosa, che un artificio di mera forma tendente
a soddisfare l’udito, od un’applicazione di regole suggerite dalle immani retoriche, per produrre
V. La Rosa, Elementi della storia della letteratura italiana, Stamperia sulle logge del grano, Firenze 1863.
Aveva già esercitato l’attività di docente presso l’istituto «Gorgia» di Lentini.
22
Cfr. A. De Gubernatis, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei , Le Monnier, Firenze 18791880. Fu inoltre socio di diverse accademie: la Gioenia di Catania, la Peloritana di Messina, la Dafnica di Acireale
e dell’Accademia di Petrarca ad Arezzo; cfr. anche De Felice Francesco, Elementi di Filosofia positiva, tip. Coco,
Catania 1870, p. 1.
23
Cfr. in proposito il suo scritto Studi pedagogici, tip. Galatola, Catania 1861.
24
Ivi p. 56.
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opere di mero diletto o di semplice passatempo. Ma ben altro significato ha per me la parola
Letteratura, e tale che in chi la professa è mestieri sieno vaste e profonde conoscenze sull’uomo e
sulla società; è mestieri ch’egli sia dotto in ogni Letteratura, non già come lo spagnuolo Andres o
l’italiano Quadrio; ma piuttosto siccome gli altissimi intelletti di Bacone e di Vico; è mestieri infine
ch’egli sia storico e filosofo, e che abbia inoltre tutte quelle conoscenze le quali formano il
pubblicista eccellente 25 .
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La letteratura è uno strumento per conoscere l’uomo e la società in cui è vissuto poiché
essa è un prodotto dell’attività dello spirito umano:
Il genio anche volendo, non può non versare nell’opera sua gli affetti, le gioie, i dolori, la fede, i
disinganni, le speranze, i timori e tutta intera la sua vita. In guisa che una mente investigatrice può
facilmente dalla natura ed indole d’un’opera conoscere i pensieri e i sentimenti dell’autore di essa,
giacché qualunque opera d’ingegno non è se non il complesso degli affetti, delle idee e de’ giudizi
dell’autore. Ond’è che io giudico, che tutte le opere de’ sommi intelletti, i quali studiarono
indefessamente nel libro della natura, sieno appartenenti alle Arti ovvero alle Scienze, tutte vanno
comprese nell’Antropologia, o scienza della natura dell’uomo.
Il genio inoltre, come toccai, è sempre in rapporto col tempo e col luogo in cui nacque. La
terra e l’età che il videro nascere sono le due prime educatrici della sua vergine intelligenza e del suo
cuore; ed è impossibile però ch’egli rimanga individuo separato dalla società alla quale appartiene, e
che non s’immedesimi nell’indole del suo secolo, e nella natura e civiltà della sua terra natia 26 . […]
Ciò che io vedo dunque nella Letteratura si è la più chiara e diretta espressione dell’uomo, della
società e de’ sociali progressi, e quindi il naturale connubio delle Arti, delle Discipline e delle
Scienze, perché nell’uomo e nella società vedo la Sensibilità, la Volontà e l’Intelligenza legate in
unico principio, nell’Attività dello spirito umano.
Noi dunque, giovani cari e fratelli, studiando la Letteratura, studieremo le passioni e i diritti
degli uomini, lo spirito e le costumanze delle nazioni, l’incivilimento de’ popoli; giacché essa
comprende tutto l’uomo, ed è l’indice dello stato morale, politico, economico e intellettuale della
società 27 .
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Oltre che insegnante di letteratura italiana, De Felice, come si è già accennato, fu anche
docente di filosofia presso lo Spedalieri fino al marzo del 1882 28 . Di questa sua attività egli
stesso fa riferimento in due scritti: Elementi di Filosofia positiva 29 e Tesi di Filosofia per gli
esami di licenza liceale secondo il programma governativo 30 . Nel primo difende ed espone i
principi del Positivismo. Occorre a suo parere «dimostrare e rendere popolare mediante gli
scritti e il pubblico insegnamento, la nuova direzione degli studi filosofici, [...] determinare
l’unica, la sola ed invariabile norma che deve guidare le menti nell’avvenire, quella cioè che
fonda la scienza sui fatti, e che da Galileo a noi non è stata seguita per il predominio della
scuola teologica» 31 . Nel secondo scritto critica le tesi scelte dal governo prima del 1867 per gli
esami di licenza liceale, poiché di stampo ontologico. Tesi come la Semplicità e medesimezza
dell’anima, o Di Dio Creatore e Provvidente , o, ancora, Dello stato dell’anima dopo la morte −
afferma − non si accordano in nessun modo con i princìpi positivisti 32 che lui intende
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F. De Felice, Introduzione alla Letteratura Italiana, tip. Coco, Catania 1863, p. XII.
Ivi, p. 46.
27
F. De Felice, Introduzione alla Letteratura… cit., p. 66.
28
Quell’anno venne nominato Provveditore agli studi della provincia di Siracusa, cfr. ASC, Prefettura di
Catania, serie II, inv. II, busta 85.
29
F. De Felice, Elementi di Filosofia positiva, Tip. Coco, Catania 1870.
30
F. De Felice, Tesi di Filosofia per gli esami di licenza liceale secondo il programma governativo , Tip.
Roma, Catania 1873.
31
De Felice, Elementi di Filosofia… cit., p. XXV.
32
Cfr. Ibidem.
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trasmettere ai suoi allievi, come risulta chiaro dal suo frequente rivendicare il diritto dei docenti
di insegnare le proprie idee filosofiche 33 :
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Sebbene come esaminatore non abbia mai preteso che i giovani non alunni liceali ripetessero le
mie dottrine e mi fossi contentato sempre anche di quelle dottrine che fanno a cozzi con le mie,
purché il giovane mi desse la certezza d’aver più o meno bene studiato la scienza; pure come
professore ho il diritto di pretendere che gli alunni del R. Liceo in cui insegno, vengano informati a’
miei principi, e che negli esami ripetano ciò che io ho loro insegnato 34 .
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Infatti, nel suddetto opuscolo Elementi di filosofia positiva, all’esposizione delle teorie
filosofiche premette delle considerazioni sui programmi varati quell’anno dal Ministro
Coppino 35 che approva proprio perché, a suo dire, emancipano gli studi filosofici da qualunque
ingerenza governativa, «lasciando i professori liberi di insegnare […] que’ principi che gli sono
propri» 36 .
Quello stesso anno (1867) Giuseppe Bustelli assunse l’incarico di docente di letteratura
italiana, incarico che mantenne fino al 1869/1870 37 . A differenza di De Felice, Bustelli era un
filologo, grecista e latinista. Nato a Civitavecchia il 9 aprile del 1832 da Nicola e da Laura
Arcangeli, dopo aver completato gli studi a Viterbo si era trasferito a Roma, dove nel 1854
aveva conseguito la laurea in legge. L’anno successivo aveva esordito come poeta con Alcuni
versi (Alessandria 1855), una raccolta che costituì il primo nucleo dei Canti nazionali (Firenze
1859), un’edizione successivamente accresciuta (Bologna 1864) e che lo rivelò classicista con
una forte componente patriottica, lontano quindi, di fatto, dai poeti della «scuola romana». Con
loro, però, Bustelli ebbe in comune il maestro latinista L.M. Rezzi. Nel 1858 uscì il suo
volgarizzamento del libro 1° degli Annali di Tacito (Roma 1858), lodato, fra gli altri, dal
Tommaseo. Pubblicò poi per interessamento del Carducci Vita e frammenti di Saffo da
Mitilene (Bologna 1863), e si occupò di traduzioni da Petronio, Catullo, Virgilio e altri autori,
che talvolta fece apparire nei periodici fiorentini e bolognesi cui frequentemente collaborava.
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33
Vedi quanto dice riguardo le ispezioni governative: «una piaga per l’istruzione secondaria, sono state le
Commissioni ispettorie spedite dal Ministero, le quali, sebbene siano state sempre composte da uomini
distintissimi, pure non sempre le loro Relazioni sono andate di accordo, per quel vario modo di sentire e
d’intendere che non di rado trovasi negli uomini che professano le medesime discipline o le stesse scienze.
Laonde i giudizii dei componenti delle Commissioni intorno a’ professori de’ Ginnasii e de’ Licei, sono riusciti
quasi sempre contraddittorii, imperocché gli uni vogliono che l’insegnamento secondario sia largo ed abbracci
tutta intera la scienza; gli altri che sia ristretto e compendioso, quasi ridotto ad una serie di definizioni. Qual
giovamento siffatti giudizii possano recare alla giustizia del governo, io non saprei; so bensì che i professori delle
scuole secondarie, lodati e biasimati secondo il vario giudizio di codeste Commissioni, non sanno più a qual
metodo attenersi, ed hanno perduto gran parte di quella energia che nasce dalla propria convinzione, e dal sapersi
liberi nel loro insegnamento», in ivi, p. VII.
34
F. De Felice, Tesi di Filosofia… cit., pp. 4-5.
35
F. De Felice, Considerazioni intorno ai programmi approvati col Real decreto del 10 ottobre 1867 , in Id.,
Elementi di Filosofia… cit., pp. V-XVII. Il Ministro Coppino raccomandava che lo studio della filosofia si
adattasse alla capacità dei giovani e che quindi tralasciasse «certe dispute molto spinose, che trovano luogo in un
superiore insegnamento». I principali precetti da seguire erano tre: «distinguere la filosofia elementare dalla
filosofia superiore; star sempre [...] nei soli confini della filosofia elementare; adoperare quel metodo che si addice
a tal parte della filosofia». Il fine è far «apprendere di filosofia quant’occorra per sapere le più manifeste ragioni di
ciò che sappiamo dal senso comune, apprendere quanto giovi ad ogni esercizio di scienza e di lettere o d’arti non
manuali», in G. Bonetta, G. Fioravanti, a cura di, L’istruzione classica (1860-1910), Ministero per i Beni Culturali
e Ambientali, Roma 1995, pp. 41-42.
36
F. De Felice, Elementi di Filosofia… cit., p. VII.
37
È inserita all’interno dell’opuscolo Elogio di Tommaso Campanella, tip. Caronda, Catania 1868. Si tratta di
un discorso pronunciato da Bustelli in occasione di una «festa letteraria» tenutasi al Regio Liceo Spedalieri nel
1867.
7
Infatti, iniziata nel 1861 ad Ascoli-Piceno la carriera di docente di lettere, il Bustelli insegnò a
Bologna dal 1862 al 1867 38 , con un’attiva presenza culturale: più che il saggio dedicato a Vittoria
Colonna (pubblicato in «Rivista bolognese», 1867, IV ss.) è da ricordare la polemica CarducciFanfani-Bustelli a proposito della Storia d’una crudele matrigna. Verso la fine del 1870,
divenuto ordinario nei licei, Bustelli passò da Catania a Milano; ma fu costretto ben presto, per
l’ostilità dell’ambiente scolastico, a trasferirsi a Bari 39 .
Nella Professione di Metodo per il magistero delle Lettere Italiane nel R. Liceo Spedalieri,
pubblicata in appendice al suo Elogio di Tommaso Campanella 40 , si riferisce alle nuove
disposizioni del Ministro Coppino asserendo di approvarle poiché promuovono uno studio
fondato sugli esempi e sull’analisi del testo:
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Le novelle Istruzioni e i novelli Programmi per l’insegnamento ginnasiale e liceale, che il signor
Ministro dell’Istruzione Pubblica sostitutiva nello scorso ottobre ai Programmi vecchi, introdussero
in esso insegnamento non poche e non lievi novità. [Per le lettere italiane; sc.] il signor Ministro,
provvedendo anzi al profitto reale della gioventù che alla vana pompa della cattedra, volle abolite le
larghe ed alte e teoriche dissertazioni di estetica, di critica e di storia letteraria, e a quelle surrogò lo
studio pratico della estetica, della critica e della lingua nazionale, per la via più spedita e più sicura e
alla meta più conducevole degli esempii 41 . Per cotal guisa alla estetica e alla critica campate in aria, e
indefinite e confuse così nei propositi come nelle sembianze e negli effetti, e disparate il più da ogni
esempio, e dai grandi archetipi classici bene spesso discordanti, succedettero l’estetica e la critica di
forme ben distinte e scolpite e incarnate con favella patria; una critica ed una estetica tratte vive e
palpitanti dalle viscere de’ più esemplari dettatori, e perpetuamente affratellate con l’esercizio dello
scrivere 42 .
F
F
F
F
Continua illustrando il suo metodo d’insegnamento e gli autori scelti che, come lui stesso
sottolinea, corrispondono a quelli stabiliti dal Ministro:
Imprendendo il mio insegnamento nel R. Liceo Spedalieri io debbo conformarmi, e di buon
grado mi conformo, alle novelle prescrizioni […]. Io qui debbo solamente e brevemente abbozzare
il metodo che per me si userà ammaestrando ed esercitando i nostri alunni nella pratica dello
scrivere.
Delle quattro lezioni assegnate alla prima Classe la prima sarà spesa nella lettura della Cronaca
del Compagni, la seconda in quella delle Storie Fiorentine del Macchiavelli, la terza in quella del
Petrarca; nella quarta si leggeranno e si correggeranno i componimenti settimanali, or d’uno or
d’altro genere, e per lo più prosastici. Queste letture saranno talora alternate con quelle di eletti
brani dell’Ariosto, del Tasso e di altri fra i migliori poeti e prosatori italiani d’ogni secolo. Delle tre
lezioni assegnate alla seconda Classe la prima sarà data alla lettura del Saggiatore di Galileo Galilei,
la seconda alla Commedia di Dante; nella terza saranno a quando a quando mescolate quelle de’
brani scelti di altri fra i più segnalati prosatori e poeti nostri d’ogni tempo, si per provvedere alcun
poco alla varietà, e si perché i giovani conoscano alquanto le vicende della lingua, dello stile e del
gusto in Italia. Sarà prescritto ad amendue le Classi lo studio a memoria e la recitazione de’ luoghi
38
Fu professore di letteratura italiana e storia nel Regio Istituto Tecnico di Bologna. Cfr. di G. Bustelli anche
lo scritto Letteratura e civiltà: prolusione recitata dal professore Giuseppe Bustelli nel solenne aprimento del
ginnasio di Ascoli il 14 marzo 1861, L. Cardi, Ascoli 1861.
39
Cfr. Dizionario biografico degli italiani, vol. 15, Treccani, Roma 1972.
40
Edito dalla Tip. Caronda, Catania 1868.
41
Così il ministro Coppino nei programmi del 1867: «gli esempi gioveranno assai più che le teoriche; né le
teoriche possono menare ad alcun risultamento pratico, se non raccolte per giudiziosa induzione, e non si
mostrino a’ giovani vive e parlanti negli scrittori». I programmi introdotti dal ministro Coppino nel 1867
cercarono di rendere gli studi «più graduati e proporzionati secondo la ragione loro intima, o secondo la capacità
degli alunni» mentre i programmi del 1860 e del 1862 erano quasi esclusivamente un elenco di nozioni da
imparare per superare l’esame finale, privi di riferimenti pedagogici o didattici. Cfr. G. Bonetta, G. Fioravanti, a
cura di, L’istruzione classica... cit., pp. 38-39.
42
G. Bustelli, Elogio di Tommaso… cit., pp. 27-28.
8
più insigni negli autori via via letti; e siffatte letture saranno continuamente illustrate da molto utili
considerazioni filologiche ed estetiche, e più parcamente dalle istoriche. Rispetto alle illustrazioni
filologiche, non saranno neglette le diverse origini e le vicende diverse delle voci e locuzioni italiane,
né, tra le varianti e i conciari de’ classici testi, quelli che vagliano a scoprir le finezze dello scrivere, o,
come il Tommaseo direbbe, le cure minute, ma non minuziose, dell’arte; e il linguaggio puro e ancor
vivo de’ nostri antichi sarà messo a riscontro col barbaro de’ moderni; e i giovani saranno addestrati
a scernere i barbarismi in genere e i gallicismi in specie dalla parte buona del parlare corrente, e a
sostituire i vocaboli e i modi nostrani ai forestieri, cansando ad un tempo l’arcaismo e, quanto è
ragionevolmente possibile, il neologismo. Assai cure saranno date ad assuefare i discenti, non solo
alla purità e correzione ed eleganza, ma altresì alla proprietà rigorosa del linguaggio; dote non meno
necessaria alle verità della scienza che alle bellezze dell’arte; traendo a ciò ajuto dalle indagini
etimologiche, comparate con l’uso più costante della classica antichità italiana, e col più generale e
più approvato uso della lingua parlata e scritta dalla buona modernità.
Quanto alle illustrazioni estetiche, saranno all’uopo brevemente ricordate ai giovani le capitali e
più sicure e più efficaci norme del bello; saranno additati la forma, la struttura e lo andamento
schietto e nativo del periodo e dello stile italiano; le differenze degli stili secondo le diverse indoli
degli scrittori e dei secoli; l’unità del concetto accordata con la varietà, l’economia delle parti, la
proprietà de’ pensieri e la compostezza degli affetti nelle opere classiche; saranno contrapposte le
immagini e le figure di queste, tanto più vive quanto meglio fondate nel vero artistico, alle immagini
e alle figure viziose che negli odierni scritti spesseggiano; e simili industrie. E, generalmente
parlando, ogni lezione si ridurrà, quanto più si possa, ad un continuo colloquio e cambiamento
d’idee, per domande e risposte, fra l’insegnante e i discepoli; e con ogni cura si noteranno, e
possibilmente si emenderanno, ne’ componimenti le falsità o vanità o contraddizioni di concetti, i
mancamenti di unità e di connessione, di economia e di varietà, la turgidezza o difformità delle
immagini e delle figure, le violazioni della convenienza ne’ pensieri e nella loro significazione, i falli
così di sintassi come di lingua e di dettato; e via discorrendo. Per conchiudere, né ideologo né
logodedalo; questa divisa io mi piglio; e pochi motti la chiariranno: «né divorzio dalla filosofia, né
scambio di magistero con la metafisica; né arte senza scienza, né scienza senz’arte; né meri vocaboli,
né astrazioni mere; né eleganze esanimi, né concetti idropici, la cui vanità paja persona mediante i
boati d’una loquela orgogliosa delle proprie tenebre, orgogliosa d’una ostentata barbarie». Io mi
propongo di ammaestrare questa gioventù per modo, ch’ella, in iscambio del poter dire «il
Professore sarà sublime d’ingegno e di studii e di facondia, ma io non intendo né imparo nulla»
debba, non attonita ma paga, confessare «il Professore non volerà sopra tutti come aquila, e non
sarà l’armadio di tutto lo scibile, ma io vo profittando».
Questa, per mio avviso, è l’unica via che possa menare i giovani a raccogliere
dall’insegnamento scolastico delle lettere italiane frutti e non fronde; frutti veraci, io dico, e duraturi
e praticamente utili a bene usare l’arte si possente e si ardua della parola.
Catania, novembre del 1867 43 .
F
F
Bustelli si presenta come promotore di uno studio fondato su un approccio diretto ai
classici e finalizzato ad apprendere l’uso della lingua italiana, una lingua priva di parole straniere
e parimenti lontana dall’arcaismo e dal neologismo, ma che doveva conformarsi al linguaggio
«puro e ancor vivo degli antichi» a cui era da contrapporre, evitandolo, «il barbaro dei moderni».
Frequente è inoltre nei suoi discorsi la volontà, più volte manifestata, di evitare la pedanteria e
l’eccesso di retorica. Un esempio di lezione lo si può ricavare dalla pubblicazione di un suo
commento sulla Canzone di Petrarca All’Italia, pronunciato in occasione di una delle
conferenze aperte al pubblico esterno che si tenevano periodicamente presso l’istituto 44 . Dal
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43
G. Bustelli, Elogio di Tommaso… cit., pp. 28-31.
«Occupato il Giovedì con pubbliche conferenze in materie già svolte nelle classi, a modo di riassunti,
alternandosi le conferenze propriamente dette in cui prendevano parte gli alunni e il professore, con alcune
dissertazioni accademiche, ma sempre nell’ordine e nella cerchia dei programmi; - conferenze che si
continuarono, senza interruzione, fino a tutto Luglio», così Vincenzo Riccardi di Lantosca, Preside allo Spedalieri
tra il 1866 e il 1869, in una relazione al prefetto ( Relazione finale per il 1868/69 conservata in ASC, Prefettura di
Catania, serie II, inv. II, busta 107). Nato intorno al 1835, Riccardi apparteneva a una nobile famiglia nizzarda.
44
9
commento si rileva sia l’attenzione data da Bustelli allo studio filologico, sia la sua ‘vena
patriottica’. La scelta della canzone doveva «testimoniare ad un tempo la [sua; sc.] duplice
devozione e alla patria italiana e al poeta immortale che la cantò» 45 . Nel commentare la
Canzone, che era già stata letta e interpretata a scuola, Bustelli, ripetendo come egli stesso dice
«le considerazioni già fatte in quella congiuntura», procede con questo metodo: 1. scegliendo e
spiegando luoghi degni di nota dal lato filologico; 2. aggiungendo chiose letterarie e storiche ai
passi più difficili da capire; 3. notando «alcune tra le più osservabili finezze e bellezze di
sentimento e di elocuzione» 46 .
Tra il 1872/1873 e il 1874/1875 insegnò letteratura italiana al liceo Spedalieri il poeta Mario
Rapisardi. Nato a Catania il 25 febbraio del 1844 da genitori di modeste origini, ricevette la
prima educazione da insegnanti appartenenti al clero: il canonico Mario Torrisi, che gli insegnò
retorica e lingua latina; il canonico Salvatore Bruno, suo maestro di letteratura; e infine il
francescano Antonino Maugeri 47 . Intraprese poi, spinto dal padre, gli studi giuridici, ma non si
laureò; dovette la sua attività di insegnante ai titoli letterari acquisiti attraverso le pubblicazioni e
all’aiuto di amici come il poeta Francesco Dall’Ongaro che aveva conosciuto insieme al Prati, al
Tommaseo, alla Fuà Fusinato, al Fanfani, nel 1865 durante il suo primo viaggio a Firenze 48 . Tra
le sue opere principali ricordiamo: La Palingenesi, Le Ricordanze, il Lucifero, il Giobbe,
l’Atlantide e le Poesie religiose.
Fu un umanista, in sintonia con la cultura positivista a lui contemporanea, conoscitore da
autodidatta delle opere degli antichi greci da cui riteneva si dovesse riprendere «il modo di
intendere e riprodurre il vero» 49 , e dei latini tra i quali amava in particolare Lucrezio, di cui
tradusse nel 1880 il De rerum natura 50 . Riteneva che solo il pensiero scientifico potesse portare
l’uomo alla scoperta di una verità senza compromessi, sosteneva che il pensiero dovesse
fondarsi sull’analisi delle leggi della natura, ed era per questo contrario a ogni forma di
dogmatismo. Contrapponeva all’ascetismo imposto dalla Chiesa il materialismo, inteso come
«concezione meccanica della natura» 51 , verso il quale era indirizzato, a suo parere, il mondo
contemporaneo:
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Il materialismo è l’avvenire della scienza e dell’umanità: lo si maledice per ignoranza o per mala
fede; si accusa d’immoralità quando esso è la più alta espressione della morale […].
Combattere perciò la religione di Cristo che annichila l’umana personalità, sposta i poli della
vita, nega la famiglia e la patria, è opera non dirò solamente morale ma santa. Essa, come già le
altre, cadrà; e il materialismo vituperato adesso spiegherà la sua bandiera trionfante sulle rovine. Il
materialismo sarà la religione degli uomini che non devono più credere alle rivelazioni di un
mucchio d’ignoranti fanatici, a meno che non vogliano coprirsi gli occhi per non vedere e tapparsi le
orecchie per non sentire. Alle visioni e all’estasi si è sostituito il telescopio; ai nomi di S. Teresa, di
Aveva studiato lettere all’Università di Torino e ancora studente si era dedicato alla pubblicazione del giornale
letterario intitolato: «Il Satana». Dopo la laurea era divenuto professore di ginnasio ad Aosta e prima di diventare
Preside aveva esercitato l’attività di docente di lettere italiane in diversi licei d’Italia. Fu oltre che a Catania, a
Brescia, a Milano e a Bari. Scrisse dei versi raccolti sotto il titolo Le isole deserte, cfr. De Gubernatis, Dizionario
biografico degli… cit., pp. 874-875.
45
G. Bustelli, Su la Canzone del Petrarca all’Italia, tip. Caronda, Catania 1869, p. 1.
46
Ivi, p. 3.
47
Cfr. E. Esposito, Mario Rapisardi, in Letteratura italiana. I minori, IV, Marzorati, Milano 1962, p. 3071.
48
Cfr. M. Rapisardi, Epistolario, a cura di A. Tomaselli, Giannotta, Catania 1922, p. XII.
49
Lettera a G. Stiavelli, dicembre 1881, in ivi, p. 162.
50
Cfr. S. Catalano, Una vita tormentata: Mario Rapisardi e Giselda Fojanesi , La tecnica della scuola, Catania
1991, pp. 49-50.
51
M. Rapisardi, Il nuovo concetto scientifico, tip. Galatola, Catania 1880, pp. 8-9.
10
Frate Alberico e di S. Patrizio quelli di Galileo, di Newton, di Laplace, di Herschell; ai fabbricatori di
mondi in sei giorni, le opere di Darwin, di Huxley, di Buchner, di Moleschott, di Strauss 52 .
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Dal 1870 Rapisardi insegnava letteratura italiana presso l’Università degli studi di Catania in
qualità di incaricato annuale 53 , ma le necessità economiche lo spinsero nel 1872 a richiedere, su
suggerimento del suo amico Francesco Dall’Ongaro, anche la docenza presso lo Spedalieri:
F
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Considerando che le Università secondarie sono destinate a perire o a trasformarsi in istituti
minori, non ti piacerebbe una cattedra di letteratura in un Liceo, nella quale abbasseresti, è vero la
voce, ma buscheresti uno stipendio quasi triplo? senza chiuderti il varco al passaggio, quando che
fosse ad una delle università maggiori?
Se fossi in te accetterei, anche perché in un Liceo avresti discepoli veri, e faresti una vera
scuola.
Non ti dico già che il posto ci sia bello e pronto, ma sarebbe facile che si presentasse, e ch’ io
potessi perorare efficacemente per te. Rispondi subito per mia norma qui a Roma presso il
ministero della pubblica istruzione 54 .
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Qualche giorno dopo, il Dall’Ongaro sempre da Roma scrive ancora al Rapisardi in
proposito, rispondendo a una lettera nella quale egli lo aveva interrogato sulla possibilità di
sostituire un docente del Liceo:
Il professore del Liceo non è dimissionario, ma chiese ed ottenne due mesi di riposo per causa
di salute. Ove la causa divenisse permanente allora sarà il tempo di rinnovare la tua domanda, e sarà
spero accolta favorevolmente.
Intanto potresti dall’autorità scolastica locale ottenere di supplirlo, senza lasciare la tua cattedra
universitaria, ch’è sempre il tuo punto d’appoggio.
Non posso dirti di più se non raccomandarti un po’ di quella pazienza che esercito da tanti
anni, e non mi abbandona, perché pur troppo ne avrò tuttora mestieri.
In fretta con tutto l’affetto. Tuo Dall’Ongaro 55 .
F
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Rapisardi accettò, fu dapprima supplente (per qualche mese nel 1872) e poi, per circa tre
anni scolastici (dal 1872/1873 al 1874/1875), professore reggente di letteratura italiana 56 , nel
pieno periodo della redazione del Lucifero (1869-1876).
Certamente faticoso, considerata anche la sua salute malferma, fu per lui il doppio
insegnamento. Così scriveva infatti a Calcedonio Reina nel 1873:
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Son professore al Liceo e all’Università: quattr’ore al giorno di occupazione, e circa tremila
franchi all’anno. Lavoro di buona voglia ma un bel giorno manderò al diavolo ogni cosa e andrò a
farmi romito. Scrivo il Satana, cose terribili, se tu sapessi! Il paradiso in caricatura; l’apoteosi della
ragione; l’uomo che si mette al posto di Dio, e tant’altre cose da far venire i brividi57 .
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M. Rapisardi a F. Rapisardi, di villa, 10 settembre 1877, in Id., Epistolario… cit., pp. 103-104.
Cfr. Ivi, pp. XIII-XIV.
54
Lettera conservata presso le Biblioteche Riunite Civica e Ursino-Recupero, Fondo Rapisardi
Corrispondenti.
55
Ibidem.
56
Cfr. S. Catalano, Una vita tormentata: Mario Rapisardi e Giselda Fojanesi, La tecnica della scuola, Catania
1991, pp. 121-122.
57
M. Rapisardi, Epistolario… cit., pp. 48-51.
52
53
11
Poi nel novembre dello stesso anno, in una lettera indirizzata ad Erminia Fuà Fusinato 58 ,
esprime tutto il suo sdegno verso un improvviso provvedimento del Ministro della Pubblica
Istruzione:
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Gentilissima ed illustre signora,
Tornato a Catania dopo d’aver corso non pochi pericoli nel Lazzaretto di Nisida dove sono
successi più casi di colera, senza contare i disagi di un viaggio orribile che durò non meno di 33 ore,
quando si fa regolarmente in sole 16 ore, e tutto questo per trovarmi in tempo all’apertura delle
scuole e per non domandare un secondo congedo al ministero, come hanno fatto tanti altri
professori, mi vien data la poco grata sorpresa che il ministero ha ritenuto il mio stipendio mensile
di ottobre senza assegnarne nessuna ragione.
Io non so veramente a qual cosa attribuire cotesta sospensione: so che i miei amici di qui
hanno nella mia assenza lavorato di buzzo buono per discreditarmi presso il ministero e insidiarmi
questo misero tozzo che io vorrei poter gittare nelle loro gole per farli una volta tacere, ma non ho
creduto mai né credo ancora che il governo potesse mai farmi il torto di dar retta piuttosto a loro
che a me. La prego perciò mia gentile signora, a voler prender conto di questo o dal Masi 59 o da
altri perché io sappia almeno la ragione di questa sospensione; e se mi si voglia dare un castigo, o sia
stata piuttosto una dimenticanza.
Ché se codesto signor Ministro, o chi per lui, crede in coscienza che io sia degno d’esser
trattato con tanta poca delicatezza, in fede mia, io son capace di provargli con la mia dimissione che
al di sopra di quei meschini franchetti che pur mi sono necessari e al di sopra di qualunque altra
ricchezza io ho avuto e avrò sempre l’orgoglio di porre la mia dignità. Canterò un inno alla miseria e
alla libertà, e porterò con me la soddisfazione di avere fatto il mio dovere e di tenermi
rispettosamente lontano da questa combriccola di così detti professori, che io vorrei chiamar
soltanto ramarri se non avessero anche l’istinto della volpe e del lupo 60 .
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F
Dalla lettura della sua Introduzione allo studio della letteratura italiana pronunciata nel 1870
ad apertura del suo corso presso l’Università, si rileva il modo in cui Rapisardi concepiva
l’insegnamento di questa disciplina:
Quando la letteratura degli studi superiori e delle università fu voluta ridurre ad un superficiale
ed ozioso esercizio di retorica e d’umanità, bastava esporre più o meno diffusamente le regole del
bello scrivere, annoverare con più o meno di scrupolo le figure così dette di parola o di pensiero,
leggere o commentare Petrarca a documento incontestabile della loro patavinità , invocar l’aiuto del
P. Segneri o del P. Bartoli (padre sempre, già si intende), masticar qualche verso latino d’ Orazio a
foggia d’agnus dei, e impartire infine la santa benedizione a solenne remissione dei peccati di
pensiero e di parola, come le loro figure, che gli scolari avean potuto commettere fra una tentennata
di capo ed un sonoro sbadiglio.
Per noi, o signori, lo studio della letteratura è tutt’altro. Io mi sarei vergognato di salir questa
cattedra, se non avessi assunto con me stesso l’impegno di dimostrarvi, come la letteratura non sia
semplice studio di forma ma di concetti, non di soli libri ma di uomini, non maestra di lambiccate
eleganze e di provocanti civetterie, ma solenne istitutrice di popoli ad esempio di virili costumi e
documento infallibile di civiltà.
Per la qual cosa, mentre noi rivolgeremo le nostre cure all’investigazione delle forme differenti
delle arti della parola, non trasanderemo di studiar l’armonia che tutte le obbliga e affratella; mentre
58
Poetessa e patriota. Nata a Rovigo nel 1834, morta nel 1876 a Roma, ove diresse la scuola superiore
femminile.
59
Provveditore centrale per l’istruzione secondaria.
60
M. Rapisardi, Epistolario… cit., pp. 62-63. Altro riferimento sulla sua vita al Liceo è in una lettera che
Angelo De Gubernatis gli scrisse il 16 gennaio 1874 da Firenze, informato di suoi contrasti col Preside:
«Vidi per un momento oggi la tua signora suocera, e mi fece dotto di gravi dispiaceri e contrasti che hai con
codesto Preside.
Non so di che si tratti. Cercherò di vederla domani o doman l’altro per saperne di più. Intanto ti scrivo un
rigo per supplicarti d’aver coraggio e pazienza – finché puoi. Il tuo tempo, per Dio, verrà». Lettera conservata
presso le Biblioteche Riunite Civica e Ursino-Recupero, Fondo Rapisard - Corrispondenti.
12
discorreremo i principii e la storia gloriosa dell’arte nostra, noi andrem ricercando le più o men
visibili influenze esercitate dalle antiche letterature e dalla lingua greca e latina sull’indole della
nostra lingua e sullo spirito della nostra letteratura; mentre studieremo le glorie e gli errori, le
vergogne e i trionfi del nostro passato, disporremo l’animo e l’ingegno alle più strenue battaglie
dell’avvenire 61 […].
Voi non troverete probabilmente nei miei discorsi né quella ricca suppellettile d’erudizione, che
facilmente illude, e troppo facilmente s’acquista, né quel fare solenne e quasi apostolico che con
tanta leggerezza si assume e si vuol sostenere con tanta serietà. Vi parlerò franco e sincero,
smetterò, se è possibile, tutto ciò che possa sentir di didattico e di precettivo; non pretenderò
d’insegnarvi l’Arte, ma spero però di farvela amare 62 .
F
F
F
F
In mancanza di documenti che ci informino sul programma adottato da Rapisardi per
l’insegnamento di letteratura italiana al liceo Spedalieri, è indicativa delle sue preferenze la
lettera in cui commenta il programma che l’amico Settimio Cipolla stilò quando, qualche anno
dopo Rapisardi, si accingeva a intraprendere le sue lezioni presso lo stesso liceo 63 . La lettera
risale al 30 ottobre 1880:
F
F
Caro Settimio,
Il vostro programma è degno di voi. Approvo e caldeggerei all’occorrenza il vostro concetto
sull’insegnamento della storia letteraria a ritroso, che corrisponde bene ai principi di un
insegnamento scientifico positivo. Non approvo affatto la scelta del Leopardi come libro di testo
nella prima classe; primo, perché giovani affatto digiuni di ogni nozione filosofica non possono,
malgrado qualsiasi spiegazione e commento, comprendere quell’altissima poesia; secondo, perché
voi, che tanto badate all’educazione del cuore e alla formazione del carattere, dovreste accorgervi
non essere prudente instillar nell’animo di giovani inesperti della vita il funesto veleno di quella
disperatissima filosofia.
I giovani devono amare la vita, non disprezzarla prima di conoscerla; credere agli ideali
dell’umanità e avventarsi animosi alla conquista di essi; non voltare ad essi le spalle e accasciarsi
dove che sia dubitando e maledicendo.
La poesia di quel grande ammalato è degna di tanta ammirazione quanto l’animo di lui è degno
di compianto; ma essa è perniciosissima per gli effetti che può produrre nell’animo dei giovani e che
non sono diversi alla fine di quelli prodotti dall’ascetismo platonico cristiano.
Lodo la scelta dei classici per la 2a e la 3 a classe; ma vorrei sapere del Galilei che opera dareste:
il «Saggiatore» che è la più agevole, sarà pure un osso ben duro per la materia astronomica e
matematica, la quale i giovani intenderanno poco né potranno studiare senza molti sbadigli. Non
potreste scegliere invece i «dialoghi» del Tasso? E nella 1 a classe invece del Leopardi non potreste
dare il Parini? Non dimenticate in ogni modo il 1° volume dei «Miei ricordi» modello raro di prosa
schietta ed artistica.
Gradite intanto le congratulazioni e i saluti cordiali del vostro… 64 .
F
F
Fondamentale era per Rapisardi il ruolo che la scuola avrebbe potuto svolgere per il
progresso della nazione: «per fare gl’Italiani» − scrive in una lettera a Grassi-Bertazzi il 10 luglio
1909 − «bisogna rifare la scuola», convinto che «molti mali che travagliano la vita sociale
contemporanea dipendono principalmente dal dissidio fra il pensiero e l’azione, fra la scuola e
M. Rapisardi, Introduzione allo studio della letteratura italiana, Grimaldo, Venezia 1871, pp. 17-18.
Rapisardi, Epistolario, cit., p. 20.
63
Settimio Cipolla glielo aveva inviato su richiesta dello stesso Rapisardi che, rallegrandosi per la nomina di
docente presso il Liceo accordata all’amico, gli aveva scritto in una lettera, datata 5 ottobre 1880: «ora siete
finalmente al vostro posto. Io ne sono proprio contento. Se credete che quel po’ d’esperienza acquistata
insegnando due anni al liceo vi possa in qualche modo giovare, io la metto tutta ai vostri ordini […]. Non
vorreste mandarmi il programma delle lezioni che darete al liceo?», in M. Rapisardi, Epistolario… cit., pp. 124125.
64
Da S. Giovanni La Punta, 30 ottobre 1880 in M. Rapisardi, Epistolario… cit., p. 126.
61
62
13
la vita» 65 . Egli più volte critica l’insegnamento vuoto, retorico e nozionistico che, a suo dire,
predomina nel periodo a lui contemporaneo:
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Io credo mio principale dovere proseguire il mio non troppo agevole istituto di rivolgere il
nostro insegnamento all’educazione dell’animo, alla formazione di quel carattere morale onde tutti
in Italia lamentano il disfacimento, senza badare che una delle precise cagioni di questo è da
ricercarsi nel metodo stesso degli studi, magnificato come storico e positivo e realistico, ma
grettamente adoperato e spesso frainteso in modo che, invece di addentrarci nella conoscenza reale
delle cose, dalla realtà e dalle manifestazioni tutte della vita nella natura e nella storia, stolidamente
ci abbandona, ci segrega quasi e ci scinde dalla vita stessa per farci smarrire nei labirinti filologici e
grammaticali, dove qualunque intelletto, senza il filo di Arianna di una generosa filosofia,
miseramente si perde.
Si grida, si sbraita da tutte le parti realismo, positivismo, naturalismo; si svergogna l’Italia con la
maligna e interessata querimonia sul decadimento dei nostri studi, e non ci si vuole accorgere che
per essere realisti e positivisti e naturalisti bisogna accostarsi anzitutto alla realtà, alla natura, alla
vita; e non si vuol capire che per rialzare gli studi bisogna prima d’ogni cosa rialzare gli animi,
nobilitare i caratteri, armonizzare l’istruzione e l’educazione, far dell’insegnamento e dell’arte e
dell’opera degli scrittori una missione e un apostolato di moralità, di civiltà, di umanità.
Ma quale utilità morale potete voi cavare da un insegnamento che non vi dà altro che una serie
di notizie, siano anche esatte e nuove e pazientemente cercate e diligentemente ordinate, senza mai
farci entrare nelle ragioni onde un monumento letterario, come produzione dell’ingegno in un dato
periodo e in un dato paese, è strettamente legato alle condizioni di quella data civiltà?66 .
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La sua permanenza allo Spedalieri era cessata alla fine dell’anno scolastico 1874/1875,
quando aveva ottenuto la promozione a straordinario 67 di letteratura italiana all’Università di
Catania e il ruolo di incaricato di letteratura latina 68 .
Lo sostituì Raffaele Bonari 69 , alunno prediletto di Francesco De Sanctis, a cui successe nel
1880 il già citato Settimio Cipolla. Questi, nato a Taormina il 21 agosto 1852, orfano del padre e
povero fin dalla fanciullezza, aveva intrapreso con fatica gli studi e cominciato la sua carriera
scolastica da insegnante primario; poi, compiuti gli studi superiori, aveva concorso per
l’insegnamento nei licei 70 , ottenendo la cattedra di letteratura italiana allo Spedalieri. Dopo
appena due anni di magistero fu trasferito al liceo di Lucera 71 , nonostante avesse fatto istanza al
Ministro per evitare il cambiamento di sede, istanza peraltro appoggiata dal Prefetto con una
lettera oggi conservata presso l’Archivio di Stato di Catania 72 . Il Prefetto fa notare le difficoltà
economiche e quelle fisiche del Cipolla (mutilato della gamba destra), difficoltà che rendevano
necessaria la sua permanenza a Catania dove potevano essergli di aiuto la madre e le sorelle. Il
Ministro rispose di non poter accordare la sua richiesta di non trasferimento di sede,
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65
La lettera è riportata in C. Librizzi, Per una scuola migliore, Castorina, Catania 1968, pp. 43-44.
M. Rapisardi: La scuola e la vita, in «Endimione», 15 agosto 1924.
67
Diventerà ordinario nel 1879, e aprirà l’anno accademico (1879/1880) con la prolusione Il nuovo
concetto scientifico… cit.
68
S. Catalano, Una vita tormentata... cit., p. 50.
69
Raffaele Bonari insegnò allo Spedalieri tra il 1876 e il 1880. Nacque a Spinoso il 2 maggio 1845 e morì il
24 gennaio 1911. Nell’agosto del 1860 cooperò alla costituzione del governo provvisorio lucano. Di De Sanctis
curò il volume postumo Studio su Giacomo Leopardi (Morano, Napoli 1885, I ediz.). Insegnò letteratura italiana
anche a Pisa e nei collegi militari di Napoli e di Roma, cfr. F. Ercole, Gli uomini politici, in Il Risorgimento
Italiano, vol. II, E.B.B.I., Roma 1942. Tra i suoi scritti ricordiamo il discorso pronunciato Per la solenne
distribuzione di premi alle scuole pubbliche e private di Catania (tip. Bellini, Catania 1877), durante la festa
nazionale dello statuto.
70
S. Salomone, La Sicilia intellettuale e contemporanea, F. Galati, Catania 1911.
71
Cfr. M. Rapisardi, Epistolario… cit., p. 183.
72
Documento datato 19 settembre 1882, ASC, Prefettura di Catania, serie II, inv. II, busta 85.
66
14
nonostante stimasse il professore Cipolla, stima confermata dalla concessione di una
promozione 73 .
Vicino al pensiero di Rapisardi, Cipolla riteneva che «il fine supremo della scuola [fosse; sc.]
quello di formare nello studioso un carattere» per cui fondamentale era per lui spingere l’allievo
all’analisi critica senza imporgli verità prestabilite: gli studi devono insegnare all’uomo quello
che è e il posto che occupa nell’universo. Una chiara concezione positivista espresse nel
discorso Ai giovani del liceo Spedalieri tenuto in occasione della distribuzione delle licenze
d’onore nell’anno scolastico 1880/1881. Elogiando le nuove riforme per la scuola che
tendevano alla laicità e a concedere più spazio alle discipline scientifiche, condanna
nell’educazione del passato (recente passato) la presenza dell’elemento ascetico, gesuitico e
accademico-arcadico. Quest’ultimo elemento aveva determinato negli studi classici il
predominio della forma e della retorica, e non era ancora – afferma Cipolla – «del tutto
estirpato dalle nostre terre»:
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Il giorno in cui l’Italia destossi, con quel grido memorando di riscossa che partì dalle nostre
spiagge, e fu dagl’Italiani compiuta l’opera più meravigliosa che ricordi la storia, quel nuovo spirito
che rianimò la nazione fece anche rinascere la scuola. Ciò che da quel tempo s’è fatto per la
pubblica istruzione, non occorre, o giovani, che io ve lo ricordi, essendo voi stati educati col nuovo
sistema di studi; ma non posso però tacere che il fine supremo della scuola, qual è quello
dell’educazione e della formazione di un popolo, fu in gran parte e per molto tempo trascurato. Di
ciò che al presente si fa […] [altro non posso fare che; sc.] manifestare la più sincera e profonda
ammirazione per le nuove istituzioni e riforme scolastiche […].
Dando però un rapido sguardo all’opera degli anni trascorsi, parmi che un’educazione
veramente liberale, consentanea ai principi della scienza e alle tradizioni della nostra storia, avrebbe
dovuto sin dai primi anni estirpare dal cuore d’Italia le spine dell’ascetismo cristiano, del
gesuitesimo cattolico e della vanità arcadica. Avrebbe dovuto pensare che la scuola non può avere
attinenza alcuna con la Chiesa, e tanto meno poi la scuola italiana; imperocché da Arnaldo da
Brescia ai valorosi poeti e filosofi moderni, il pensiero italiano non ha fatto che lottare
costantemente contro i principi della Chiesa romana. Un’educazione positiva, libera da arcadicherie
e da frasche accademiche, avrebbe dovuto pensare che la parte meccanica e retorica degli studi
classici, per cui, al dire d’un illustre italiano, l’antichità ha predominato nelle nostre scuole come
forma e non come idea; altro non è che un rimasuglio dell’educazione gesuitica e arcadica, la quale
separava assolutamente il pensiero dalla forma, e nulla sapea del moderno rinascimento. A ravvivare
gli studi classici, si sarebbe dovuto principalmente mostrare alla mente dei giovani la continuità del
pensiero umano, facendo loro comprendere come il mondo moderno nasca dall’antico, e non ad
esso si sovrapponga quale il vivo al morto; trasportando al possibile il loro spirito nell’ambiente
della vita greco-latina, in quella religione, in quei costumi, fra le vie e i monumenti di Atene e di
Roma; facendo infine imparare le lingue classiche come viva manifestazione di pensieri e di
sentimenti lor noti.
Gli studi scientifici, liberati da tante reticenze e timidezze, insieme coll’educazione delle facoltà
intellettuali, avrebbero dovuto proporsi con maggior chiarezza il fine di dare un esatto concetto
della natura e della storia; ed esponendo quelle teorie che mostrano l’uomo come il prodotto di una
lunga evoluzione naturale e storica, metterle a fronte delle dottrine teologiche, lasciando che la
mente stessa e l’animo del giovane maturassero in sé le cognizioni apprese, e s’aprissero una via nel
vero.
Con l’istessa serenità scientifica e imparzialità positivista si sarebbe potuto far conoscere come
dalla scienza, libera da ogni sorta di opinioni teologiche, nasca una nuova legge morale; secondo la
quale i doveri e i diritti dell’uomo derivano dalla conoscenza stessa del posto che egli occupa nella
natura.
Ma le nostre scuole cominciarono invece coll’imporre il catechismo romano all’infanzia e il
direttore spirituale alla gioventù dei licei; e mantennero pur sempre nell’insegnamento quel vecchio
concetto teologico, per cui in ogni fatto della natura viene mostrata la mano del sovrannaturale, e in
tutto il corso della storia quella della Provvidenza […].
73
Ibidem.
15
Cotali profonde antimonie vanno ora fortunatamente poco a poco scomparendo; e la
istituzione della palestra ginnastica sostituita ai vecchi esercizi spirituali, lo sbandamento della
istruzione religiosa, o propriamente del catechismo romano, e più di tutto l’aura di libertà che
comincia a penetrare nella scuola […] tutto ciò promette un avvenire più lieto e sorridente.
Le riforme che ora si vanno compiendo nella pubblica istruzione, mostrano un savio
avviamento scientifico 74 .
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Occorre secondo Cipolla rivalutare il pensiero degli scrittori greci e latini riprendendone in
particolare «l’antico sentimento della natura» e il concetto dell’unità delle facoltà umane contro
il dispregio in cui il Cristianesimo ha tenuto per secoli l’aspetto materiale dell’uomo:
il falso concetto del mondo su cui il Cristianesimo fondò tutta la sua dottrina, disperdendo i
principi scientifici già nati nella scuola epicurea e luminosamente esposti da Lucrezio, l’ascetismo in
cui profondò il mondo cristiano, il falso ideale della vita; furono causa di vero e grave decadimento,
a cui noi dobbiamo principalmente la fiacchezza dei secoli posteriori alla cultura greco-latina 75 .
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Il pensiero positivista non influenzò solo la sua concezione dell’educazione e del modo
d’intendere l’insegnamento della letteratura italiana, ma anche il metodo didattico adottato.
Nell’opuscolo L’educazione scientifica nelle scuole primarie 76 critica il metodo tradizionale
basato sull’apprendimento di precetti e regole e promuove il metodo galileiano basato
sull’osservazione:
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L’insegnamento delle regole isolate non può dare che un’istruzione empirica, la quale se ne va
con la stessa facilità con cui è venuta. Quel che ci vuole è l’attitudine a pensare, la conoscenza dei
fatti, la potenza del saper dedurre i principi e le regole dalle osservazioni. Il metodo di quei nostri
insegnanti che si studiano di somministrare a pillole la scienza mediante dei sunti e suntarelli, non fa
che affievolire e annichilire le facoltà intellettuali degli alunni [...]. La natura non dà che dei fatti, e il
metodo che vuol tenerle dietro, bisogna si parta da essi. La regola è l’ultimo risultato cui la mente
perviene dopo un lungo viaggio 77 .
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Dalla già citata lettera in cui Rapisardi commenta il programma per il liceo stilato da
Cipolla, si evince inoltre che egli adottò un innovativo metodo d’insegnamento della letteratura
italiana definito «della storia letteraria a ritroso», metodo che − dice lo stesso Rapisardi −
«corrisponde bene ai principi di un insegnamento scientifico positivo» 78 . Basato su uno studio
degli scrittori che segue l’ordine cronologico inverso esso sarà adottato, qualche anno dopo
anche dai professori Orazio Bacci e Alessandro D’Ancona, i quali spiegano, nella Prefazione al
Manuale della Letteratura Italiana compilato nel 1892, che questo sistema ha il vantaggio di far
giungere gli studenti allo studio degli autori più antichi al terzo liceo, quando possiedono
«maggiore apertura di mente e saldezza di giudizio». Mentre alle prime classi è riservato lo
studio di scrittori meno ostici, perché più vicini, per pensiero e lingua, ai moderni 79 .
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Come si è già accennato precedentemente, nonostante il governo italiano avesse voluto
attribuire all’istruzione classica un impianto prevalentemente linguistico-letterario che permarrà
per tutto l’Ottocento, nel corso della seconda metà del secolo esso tenderà in parte a estendere
lo spazio concesso allo studio delle scienze fisiche, introducendo ad esempio materie
74
S. Cipolla, Ai giovani del Liceo Spedalieri, F. Galati, Catania 1881, pp. 33-36.
Ivi, p. 18.
76
S. Cipolla, L’educazione scientifica nelle scuole primarie, Tip. della gazzetta d’Italia, Firenze 1879.
77
Ivi, pp. 29-30.
78
M. Rapisardi, Epistolario… cit., p. 124.
79
A. D’Ancona, O. Bacci, Manuale della letteratura italiana, Barbera, Firenze 1913, pp. XI-XII.
75
16
supplementari come la storia naturale nei ginnasi e la geografia fisica nei licei 80 . Questo parziale
orientamento scientifico dei programmi scolastici avrà inizio tra gli anni Settanta e Ottanta
quando i rapidi progressi della scienza e i successi della società tecnologica condizioneranno in
modo più evidente tutta la cultura italiana, fino a influenzare, come abbiamo già visto, anche
l’apprendimento delle discipline umanistiche 81 .
La ricerca scientifica, per la quale, per i motivi esposti, si nutriva un interesse
particolarmente vivo in quegli anni in Italia come in Europa, aveva a Catania le sue maggiori
istituzioni nell’Università e nell’Accademia Gioenia di scienze naturali. Quest’ultima, nata nel
1824 «per promuovere ricerche di storia naturale con speciale riguardo alla Sicilia», dava un
contributo non indifferente all’accrescimento del sapere scientifico e poneva Catania al passo
con l’Italia e con l’estero, pur occupandosi prevalentemente (ma non esclusivamente) della
realtà locale che intendeva valorizzare. È da sottolineare poi, che tra le due istituzioni citate
esisteva un rapporto di collaborazione considerato che la strumentazione del gabinetto di fisica
come molti dei materiali zoologici e geologici di cui disponeva l’Università erano di proprietà o
provenivano da donazioni dei soci dell’Accademia e che un numero rilevante di questi ultimi era
impegnato nelle attività istituzionali dell’Università stessa 82 .
Come era inserito il Liceo Spedalieri in questo contesto culturale? Si può certamente
affermare che non ne era estraneo. Attraverso le ricerche effettuate è stato possibile accertare
infatti che alcuni dei docenti di storia naturale e di fisica del liceo catanese appartenevano
all’ambiente universitario, in qualità di insegnanti o di ricercatori e altri, in numero rilevante,
erano soci attivi o onorari dell’Accademia Gioenia per conto della quale realizzarono studi
scientifici ancora oggi consultabili grazie ai resoconti che ne vennero pubblicati negli «atti» o nel
«giornale del gabinetto letterario» dell’Accademia.
L’importanza che al liceo Spedalieri veniva attribuita alle discipline scientifiche è già
significativa fin dal primo anno di attività, come si evince dalla già citata prolusione pronunciata
in occasione dell’apertura dell’istituto dal Preside Zanghì, anch’egli socio attivo dell’Accademia
Gioenia. Questi, nell’illustrare gli argomenti principali oggetto dell’insegnamento affrontato dal
docente di ciascuna materia, si sofferma ampiamente sulle materie scientifiche di cui esalta
l’utilità con particolare riguardo alla storia naturale:
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Scienza mercè la quale, al dire di Milne Edwards, il grande ed armonico spettacolo della natura
svelandoci quanto il bello reale della creazione prevalga al bello ideale delle umane, sublima l’anima
ed abilita lo spirito a pensieri alti e salutari. Conviene mettere innanzi ai giovani, diceva Buffon la
Storia naturale, e appunto in quel tempo, in cui la ragione comincia a svilupparsi, in quell’età in cui
potrebbero incominciare a credere di essere molto dotti, nulla è più capace di abbassare il loro amor
proprio, e di far loro sentire di quante cose siano ignoranti; e indipendentemente di questo primo
effetto il quale non può essere altro che utile; uno studio anche leggiero della storia naturale
Cfr. S, Cipolla, Ai giovani del… cit., p. 36.
A questo proposito si riporta il titolo del tema d’italiano assegnato per la licenza liceale nel 1885:
«Considerata la grandissima parte che nella civiltà presente hanno le scienze e le loro applicazioni, ricercare quale
campo rimanga alle varie forme letterarie, specialmente alla poesia» citato in P. De Nardi, Di un falso supposto
nel tema di italiano per l’esame di licenza liceale dell’anno 1885 , Camilla e Bertolero, Torino 1885. Nel 1891
Villari, nella relazione in cui spiegava al Re le ragioni delle sue modifiche ai programmi del 1891, sosteneva la
necessità di semplificare il programma delle materie scientifiche, riducendolo a un insegnamento elementare, più
consono agli istituti di istruzione secondaria classica e ciò perché sotto la spinta della diffusione del Positivismo
«il programma di alcune scienze è divenuto troppo particolareggiato» in G. Bonetta, G. Fioravanti, a cura di,
L’istruzione classica…cit., p. 48.
82
L’Accademia inoltre promuoveva i contatti con le altre istituzioni culturali e di ricerca italiane ed estere alle
quali inviava il bollettino e gli atti (in cui venivano pubblicati periodicamente i lavori dei suoi soci), ricevendone in
cambio le loro produzioni editoriali; cfr. M. Alberghina, a cura di, L’Accademia Gioenia: 180 anni di cultura
scientifica (1824-2004). Protagonisti, luoghi e vicende di un circolo di dotti, Maimone, Catania 2005, p. 12.
80
81
17
solleverà le loro idee, e farà loro conoscere un’infinità di cose che s’ignorano dal comune degli
uomini, e che nel vivere vengono sovente in uso.
A far pago il voto dell’illustre naturalista seguito in ciò da altri sommi moderni, che vogliono
oramai dar posto alla storia naturale tra gli elementi di ogni vera ed utile educazione, nel nostro
Stabilimento il professore addetto, cominciando dalla Geologia presenterà dapprima il nostro globo
con l’immensa massa fluida trasparente ed elastica che lo circonda sino all’altezza massima di 80
chilometri e con le acque che ne coprono i due terzi della superficie, noterà i costituenti dell’una e
delle altre, e studierà la struttura e la formazione della scorza del globo entrando nella geognosia e
nella geogonia; passando alla anorganologia parlerà delle principali sostanze brute e della varia loro
maniera di esistere in natura; e venendo quindi alla scienza degli esseri viventi, data la definizione di
essi, e cennati gli elementi predominanti in quei composti, ne farà conoscere l’origine e
l’accrescimento ventilando le questioni dell’eterogenia, farà assistere l’alunno attonito al
procedimento delle piante e degli animali dalla cellula primitiva al completo sviluppo dell’organismo
vivente, e classificherà infine le prime e i secondi.
È incumbenza del professore di Fisica Chimica e astronomia elementare trattenere il
giovanetto alle medesime meraviglie nella disamina dei fenomeni che presentansi nelle molecole
integranti de’ corpi semplice, nelle costituenti de’ composti, nelle masse planetarie. Qui inerzia e
forza, o meglio equilibrio e moto nei solidi nei liquidi e ne’ gas, e fenomeni che ne dipendono; qui
elenco de’ corpi elementari, loro precipue combinazioni, nomenclatura chimica, e poi varie
modificazioni della materia eterea, calorico elettricità e luce con le scoverte e le invenzioni relative;
qui oltre alla conoscenza della sfera celeste e del moto doppio della terra donde emergono le
variazioni delle stagioni e dei giorni, studio addentellato per la Geografia, si noteranno le diverse
specie dei corpi celesti, e dei loro movimenti; si appresteranno in somma le prime nozioni di quella
mirabile scienza, direi, rifatta da tre arditi ingegni Copernico, Galileo e Newton, che le fecero
percorrere tre grandi fasi, dell’ordinamento, delle funzioni, e della vita.
Se non che, non può leggersi, correttamente nel gran libro della natura senza prima appararne i
caratteri in cui sta scritto, e che sono circoli triangoli ed altre figure di Geometria: Characteres ejus,
diceva un sommo, sunt circuli triangula et aliae figurae geometricae. Laonde trovasi indispensabile
l’insegnamento della scienza del calcolo. Non mi si accagionerà di paralogismo per conclusione più
estesa delle premesse, ponendo mente alle relazioni delle quantità continue con le quantità discrete,
e al modo analitico di trattar le prime con le formole algebriche sostituite alle figure, considerando
di più come sieno zeppe delle medesime formole le pagine di un libro elementare di fisica, e quanto
la chimica stessa, dacché Richter v’introdusse il rigore dell’espressione matematica, quanto, dico,
vada anch’essa debitrice al calcolo riguardo la bella dottrina delle proporzioni definite o multiple,
per cui il ragionamento suggerisce nuove scoverte, che poscia si fanno per induzione, e ricordando
in fine che ad ogni fisica scoperta si applica la scienza delle quantità, crescendo sempre in tal modo
il numero delle matematiche miste, come Bacone lo avvertiva con quella sagacità, che gli facea
prevedere la sorte avvenire delle umane conoscenze […].
La scienza del calcolo rende il giovanetto avvezzo alla meditazione, e così lo pone nello stato di
meglio conoscersi, gli fa provare il bisogno della certezza, e così lo impegna alla critica, finalmente
gli somministra il metodo analitico che ci mostra il principio ed i limiti delle nostre conoscenze, e
che, a detta del Cousin, à dato un carattere specifico alle moderne scuole filosofiche. È fuori dubbio
altronde che siamo debitori alle matematiche del buon metodo, della chiarezza e della precisione
che, come osserva il Pollin, da un certo tempo in qua si veggono nelle buone opere, e che l’algebra
e la teoria delle serie ànno sublimato la mente ai più astratti ed intellettuali concepimenti […]. Per
tanta importanza la scienza per antonomasia, à un posto distinto nel nostro Ateneo. Ricevuti nella
sezione inferiore di esso ossia nel Ginnasio i rudimenti di aritmetica sino alla teoria de’ rapporti e
delle proporzioni, con applicazione al sistema metrico, si passa nella sezione superiore ossia nel
Liceo a udire lezioni d’algebra, cioè della restaurazione e del compimento dell’aritmetica […], quindi
si viene alla geometria (che suona misura della terra, poiché questa scienza la prima volta fu usata
dagli Egizi nel bisogno di ristabilire i limiti de’ campi confusi per le inondazioni del Nilo); e
finalmente alla trigonometria parte dell’antecedente, che si volge alle misure de’ triangoli, ovvero a
trovare le parti incognite di essi per via di quelle che si ànno.
Con le discipline sinora accennate l’alunno acquista una somma considerevole di verità
riguardo a se stesso ed agli esseri che gli stanno intorno, e riceve multiplici elementi su cui può e
18
deve spiegare l’energia del suo intelletto e della sua ragione, che trasformano e si assimilano i dati
della sensibilità, potenza al par di essi conoscitiva di apprendimento 83 .
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L’insegnamento della Storia naturale fu affidato per il primo anno scolastico a Salvatore
Biondi Giunti che lo mantenne fino al 1864, mentre esercitava contemporaneamente la
professione di Chirurgo primario del sifilicomio di Catania 84 . Nato nel capoluogo etneo nel
1829, aveva studiato Medicina presso l’Università della sua città specializzandosi con successo
in Chirurgia e facendo «giovinetto ancora le prime e più alte operazioni». Si era dedicato
successivamente alle scienze naturali accrescendo con varie scoperte le conoscenze scientifiche
in campo zoologico. Per questi meriti era stato chiamato dall’Accademia Gioenia come socio
attivo e da altre accademie come socio corrispondente 85 . Era stato a Catania uno dei promotori
della rivolta antiborbonica. Subito dopo fu chiamato come insegnante di storia naturale presso il
neo-istituito liceo Spedalieri 86 . Di questo esordio si conserva la prolusione con la quale aprì
l’anno scolastico: Sull’utilità dello studio della storia naturale, in cui esalta il beneficio morale
derivante dall’apprendimento della materia che insegna:
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La contemplazione dei segreti arcani della natura, la conoscenza dei costumi, dell’indole,
dell’ufficio degli esseri organizzati ed inorganici e della importanza che hanno questi esseri
relativamente all’insieme del globo terraqueo, e d’una specie ad un’altra, non piccola luce sparge
nello spirito e nell’intelletto umano, e lo studio della natura e delle leggi cosmologiche, mentre ci
spiega fenomeni che senza queste conoscenze sarebbero stati incomprensibili, sommamente ci
diletta, c’istruisce insieme, ed infallibilmente ci conduce al miglioramento sociale, e moralizzamento
della specie umana; come ben faceva rilevare giorni sono il nostro insigne Preside. E quantunque
evvi del favoloso in molte virtù ed esempi morali d’animali, pure la favola istessa simboleggiata
poeticamente negli animali, di non poca utilità si rende per condurre alla morale la vergine mente
dei giovanetti 87 .
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La storia naturale ha per Biondi anche un’utilità pratica da cui trae giovamento tutta la
società:
Se ci facciamo a considerare ed esaminare l’utile, che apportano l’insieme di quelle scienze, che
dandosi scambievolmente la mano; costituiscono la Storia Naturale questa bella parte dello scibile
umano; vedremo a chiare note il miglioramento progressivo del secolo in cui viviamo, esser dovuto
in gran parte ai progressi delle naturali scienze. Quante idee superstiziose non ha dal volgo messo in
bando la meccanica celeste, onde tanti vantaggi ne ha ricavato il marino, il geografo, il geologo ed
altri: determinando mercè la conoscenza della sfera celeste, i varii punti del mare e della terra?
Quanto al miglioramento dell’agricoltura non hanno giovato la meteorologia e la chimica? [...].
Tutto ciò che ho detto della chimica, può dirsi della fisica, senza la quale non possono
intendersi i fenomeni e le leggi che governano tutti i corpi in generale 88 .
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83
G.C. Zanghì, Per la inaugurazione del Real liceo… cit., pp. 9-13.
S. Biondi-Giunti, Sull’utilità dello studio della storia naturale e sulle più probabili idee della genesi del
globo, Galatola, Catania 1862, p. 1. A proposito dell’origine della terra Biondi scrive: «Potessimo renderci certi
dei misteriosi segreti della creazione, della genesi del globo terracqueo! ma invano! Tutto quello che si è detto
dagli antichi filosofi, non sono che chimere, e dotte e splendide ipotesi. E noi riferendo le opinioni di taluni
autori, le esporremo soltanto come cenni storici di quelle idee spacciate sino allo stato attuale dalla scienza, e non
le terremo come dommi; ma come assurde fantasie o probabili congetture», ivi, p. 14.
85
Esattamente della Società Senckerbergiana dei Curiosi della Natura di Francoforte sul Meno,
dell’Accademia delle Scienze detta dei Fisiocratici di Siena, dell’Accademia Aretina del Petrarca in Arezzo, della
Accademia agraria di Pesaro.
86
Per i cenni biografici su S. Biondi cfr. la Necrologia di Salvatore Biondi scritta da Salvatore Brancaleone e
pubblicata nel «Giornale del gabinetto letterario dell’Accademia Gioenia», Nuova serie, volume IV, fasc. II,
Galatola, Catania marzo e aprile 1865, pp. 110-112.
87
S. Biondi-Giunti, Sull’utilità dello... cit., pp. 13-14.
88
Ivi, pp. 4-6.
84
19
Biondi elenca i benefici delle scienze naturali cominciando dalla meccanica celeste, e
passando poi alla meteorologia, alla chimica, alla fisica, alla geologia, e alla botanica per arrivare
infine alla zoologia:
Non meno interessante, non manco utile, è lo studio della Zoologia, o degli animali che
popolano la superficie della terra, e l’acque dei mari, dei fiumi e dei laghi. Per l’assiduo e profondo
studio di essa l’uomo giunge a sapere il loro sterminato numero, e dei meglio noti conoscerne la
forma, l’indole, il costume e l’utile che si può trarre del loro servigio, dal sapore delle loro carni,
dalla morbidezza delle loro pelli, dalla bellezza e splendore delle loro penne, dall’armonia della voce,
e cento altre cose 89 .
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Passa allora a elencare una serie di animali sottolineandone l’utilità che hanno per l’uomo,
dal cavallo all’elefante al cane agli uccelli ai rettili ai pesci ai crostacei. Pur nella varietà dei suoi
interessi scientifici, infatti la zoologia e in particolare lo studio dei fossili furono il suo principale
campo di ricerca. Ne è frutto, tra le altre cose, la sua Monografia del genere brocchia 90 . Si tratta
di uno studio sulle diverse specie di questo genere di conchiglie, specie mai riconosciute da
alcuno studioso se non in parte da Andrea Aradas, illustre zoologo dell’Università e
dell’Accademia Gioenia:
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F
Da più tempo maneggiando dei fossili mi avvedeva che fra le brocchie, di cui è scopo in questa
scritta, vi erano delle differenze, che a più specie potevano far dipartire i miei esemplari: non sicuro
però delle conosciute nel mondo scientifico desistevo dall’idea di renderle di pubblica ragione,
quindi lasciavo scorrere gli anni senza seriamente occuparmene, ma sempre vagheggiando il
pensiero di chiarire quante specie se ne conoscevano.
In effetti con l’acquisto di altre opere, e visitando varie raccolte della nostra penisola e della
Francia, mi dovetti convincere che se ne conoscevano due sole specie, comunemente anzi una sola,
e con mia sorpresa non si sapevano ancora quelle pubblicate dal Professore Aradas. Allora senza
più indugiare ammanii la presente monografia che lessi nella nostra Accademia il dì 8 gennaro
1863 91 .
F
F
A Biondi si deve anche la fondazione del gabinetto di zoologia dello Spedalieri. Allestito nei
primi anni Sessanta, era «ricchissimo per svariate e rare specie di conchiglie e di preziosi oggetti
minerali» 92 .
Nel 1865 dopo soli quattro anni di docenza, Biondi dovette ritirarsi a vita privata a causa di
una grave malattia. Tra il 1865 e il 1869 la cattedra di storia naturale del liceo catanese fu
affidata a Ferdinando Aradas. Come Biondi anche Aradas aveva sposato in età giovanile la causa
della libertà partecipando agli eventi del 1860. Dottore in Medicina, dopo la cacciata dei
Borboni si era dedicato in particolare allo studio nel campo delle scienze naturali e nel
1864/1865 aveva accettato l’incarico di docente di scienze naturali nella R. Scuola tecnica di
Catania: «l’ufficio era modesto; ma egli, sapendo dare alle sue lezioni un interesse particolare;
allontanare le dotte discussioni per occuparsi di cose pratiche e utili, conciliare la parte teorica
colle applicazioni, giunse in breve tempo a porre in tanta evidenza l’importanza del suo
insegnamento, che il Municipio non esitò a metter a sua disposizione una cospicua somma per
l’acquisto di un conveniente materiale scientifico» 93 . Ma già l’anno successivo venne chiamato
come docente presso lo Spedalieri, impegnato nel frattempo sul fronte scolastico anche in
F
F
F
F
S. Biondi-Giunti, Sull’utilità dello... cit., pp. 7-13.
Cfr. «Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania», serie II, tomo XIX, Galatola, Catania
1864, pp. 173-217.
91
Ivi, p. 175.
92
Brancaleone, Necrologio di Salvatore Biondi, p. 111.
89
90
20
qualità di assessore delegato all’Istruzione 94 e successivamente di membro del Consiglio
Provinciale Scolastico. Poco dopo aver intrapreso la sua attività al Liceo fu nominato socio
attivo dell’Accademia Gioenia, anche in questo caso in sostituzione dello scomparso Biondi,
ricevendo anche l’incarico di direttore del giornale del gabinetto letterario dell’Accademia.
Continuava nel frattempo ad approfondire i suoi studi «lavorando nel gabinetto di Fisica delle
scuole tecniche ed in quello ricchissimo di Storia Naturale nel Liceo, [e partecipando; sc.] alle
pubbliche lezioni date per più mesi dal chiarissimo professore sig. O. Silvestri su varie materie
relative alla Fisica e Chimica» 95 .
Gli studi di Aradas erano prevalentemente orientati verso la geologia e la vulcanologia,
come mostra il suo lavoro su Le cause delle eruzioni vulcaniche e dei terremoti che Giovanni
Adamo Boltshauser, docente di fisica e poi Preside dello Spedalieri, definisce «la più importante
delle sue pubblicazioni scientifiche» 96 .
Particolarmente attento ad applicare alle sue ricerche il metodo scientifico fondato
sull’osservazione, si preoccupava di difenderlo e divulgarlo a dispetto della cultura teorica che
era ancora molto diffusa in Italia, e solo in quegli anni cominciava − a suo dire − a essere
soppiantata dall’indagine scientifica fondata sull’esperienza. A questo proposito è esplicativo il
discorso che pronunciò in occasione dell’apertura dell’anno scolastico 1864/1865 nella R.
scuola tecnica dove era appena stato chiamato ad insegnare: «i fatti sono il materiale, le teorie
rappresentano l’opera intelligente che presiede alla loro coordinazione», il metodo scientifico si
fonda sull’utilizzo di entrambi:
F
F
F
F
F
F
La preferenza accordata in vari tempi, a taluni dei nostri mezzi d’indagine, a scapito degli altri,
ha potentemente influito sul progresso della scienza. Dando alle facoltà dello spirito ed ai loro
prodotti un valore superlativo, negando ogni mezzo alle rivelazioni dei sensi, le più strane ubbie, i
più arditi supposti ebber fama di cose reali […].
Vi volle tutta la forza del genio di Galileo, immortale restauratore di quella scuola che il
filosofo di Samo fondò in questa terra degli Empedocli, degli Archimedi, dei Vinci e di molti altri
atletici ingegni, per rovesciare dalle fondamenta l’edificio aristotelico.
Un nuovo campo si aperse allora agli studi. Base di ogni fisica investigazione l’esperienza, essa
fu, in virtù di un processo così semplice come fecondo in utili risultamenti, innestata alle operazioni
dello spirito. Mirabile accordo del fatto con l’idea, a cui dobbiamo una parte dei misteri dei cieli e
che con incessante lavoro tende a strappare alla natura ciascuno dei suoi secreti!
Se non che, i pregiudizi rinascenti, da un canto, e l’intemperanza di taluni spiriti propensi
troppo al filosofare; il timore esagerato, dall’altro, di ricadere negli errori del passato col ricorrere
G.A. Boltshauser, Elogio di Ferdinando Aradas, in «Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di
Catania», serie III, tomo VIII, Galatola, Catania 1873, p. IV.
94
Cfr. a questo proposito la sua Relazione sulle scuole elementari municipali letta nella seduta del 7 maggio
al Consiglio comunale di Catania, tip. Caronda, Catania 1869.
95
G.A. Boltshauser, Elogio di Ferdinando… cit., p. V.
96
Egli abbracciando l’ipotesi «del calore centrale della terra», avvalorandola con diversi elementi
puntualmente riportati, ritiene proprio questo calore la causa prima delle eruzioni vulcaniche poiché nel corso di
un secolo una parte piccolissima di esso viene emessa con conseguente contrazione della crosta del globo,
fenomeno che rende necessario l’efflusso di un uguale volume di materia fusa. Questo efflusso ha luogo per
l’azione di agenti locali come l’acqua del mare che si infiltra negli strati della crosta terrestre trasformata in vapore
dal calore sotterraneo, o probabilmente quella dei laghi e delle piogge. Più complessa la spiegazione dei terremoti
per i quali l’autore individua diverse cause: innanzitutto distingue i terremoti legati all’attività vulcanica, causati
probabilmente dall’urto della materia liquida spinta dalla forza elastica del vapore acqueo contro le pareti del
fuoco vulcanico, da quelli che non hanno alcun rapporto con essa. Questi ultimi sono probabilmente legati ai
lenti movimenti del suolo causati dall’espansione della materia ignea, dallo spostamento delle linee isotermiche e
dalla dilatabilità delle rocce che compongono la crosta del globo: quando l’intensità di questi fenomeni aumenta
si verifica una scossa. Altra causa ne sono «le frane che si verificano nel sottosuolo e gli schiacciamenti delle
cavità sotterranee che vengono ad un tratto colmate dal materiale sovraincombente», cfr. F. Aradas, Le cause
delle eruzioni vulcaniche e dei terremoti, Galatola, Catania 1868, p. 48.
93
21
frequentemente allo strumento del pensiero, in diverso senso operando, han nociuto allo
avanzamento della scienza, in guisa che non può sembrare inutil cosa il chiamare talvolta
l’attenzione sullo stretto vincolo con cui nella ricerca del vero naturale devono procedere l’opera dei
sensi e quella dello spirito 97 .
F
F
Conclude il discorso accennando al suo nuovo ruolo di docente che intende intraprendere
applicando nell’insegnamento quanto detto finora, ovvero l’utilizzo inscindibile di esperienza e
teoria:
Preoccupato dall’idea dei doveri impostimi dalla mia nuova condizione d’insegnante intesi ad
ordinare le mie idee secondo il fine che mi parve migliore. Fossi almen riuscito in quest’opera, vi
domanderei mercè con animo più tranquillo, perché ogni buon esito degli sforzi che mirano ad
istruir la gioventù, è un beneficio di cui tutti indistintamente dobbiamo rallegrarci. L’avvenire del
nostro paese dipende dal buon avviamento degli studi ed è sulle menti vergini soprattutto che
bisogna agir con destrezza insinuandovi il gusto per la scienza e destando quella scintilla che sotto il
sole d’Italia divampa sì facilmente.
E a ciò, signori, non si giunge, a mio credere, col cattivare i sensi soltanto dei giovani, né
coll’incoraggiarne la fantasia, d’ordinario sbrigliata troppo, ma con alternare le esperienze alle
spiegazioni teoretiche, sempre in ordine al metodo che dev’essere il loro principale acquisto.
Se il buon volere a qualche cosa vale, nessuno ne ha più di me, o signori. Le mie meschine
facoltà e gli studi (ahimè troppo interrotti) saranno spesi nel procacciare il maggior bene agli allievi
che mi sono stati affidati 98 .
F
F
Di Aradas ci è pervenuto anche uno scritto legato alla sua attività presso lo Spedalieri:
l’Elogio del Cav. Giuseppe Gioeni , illustre vulcanologo, pronunciato in occasione dell’annuale
festa letteraria liceale durante la quale si era soliti celebrare un personaggio italiano di rilievo
culturale, storico o politico. La scelta di Gioeni è così spiegata da Aradas: «furono motivi che mi
determinarono pel Gioeni la natura dei suoi studi, quei medesimi nei quali vado esercitandomi e
l’aver con lui a comune luogo nativo queste mura» 99 . Di lui Aradas esalta l’ingegno, l’impegno
nello studio, le opere e accenna anche al sodalizio nato sotto il suo nome, l’istituzione
dell’Accademia omonima: «Osservate un fatto che cade quasi sotto i vostri sguardi. Poco dopo
la sua morte un pugno di dotti si unisce, si affratella, le idee son messe in comune, i frutti delle
ricerche individuali si assommano, un’accademia si forma sotto il patrocinio del suo nome e
prende ad illustrare il monte che fu oggetto caro dei suoi studii, e questa società, fatta adulta,
continua al presente i suoi lavori rigogliosa e gareggiante con le principali d’Italia» 100 . Aradas
scomparve nel 1869.
Successivamente la cattedra di storia naturale fu occupata per diversi anni (1871-1885) da
Giuseppe Pulvirenti. Non molte le notizie che possediamo su di lui. Sappiamo che insegnò
anche presso la scuola tecnica di Catania e che nonostante il suo incarico di docente di storia
naturale la chimica fu il suo principale campo di studio. Dagli annuari dell’Università di Catania
egli risulta tra il 1864/1865 e il 1875/1876 «preparatore» presso il laboratorio di Chimica e
presso la scuola farmaceutica dove collaborava con Orazio Silvestri, direttore del laboratorio ed
esponente di spicco dell’Università e dell’Accademia Gioenia. A questo proposito possediamo il
resoconto di una delle ricerche frutto di questa collaborazione, pubblicato negli Atti
dell’Accademia: Ricerche chimiche per servire allo studio dei vini della Sicilia, fatte nel
F
F
F
F
97
F. Aradas, I fatti e le teorie. Discorso letto nella R. scuola tecnica di Catania in occasione dell’apertura del
nuovo anno scolastico 1864/65, Galatola, Catania 1865, pp. 4-6.
98
F. Aradas, I fatti e… cit., p. 20.
99
F. Aradas, Elogio del Cav. Giuseppe Gioeni letto nella gran sala del palazzo municipale il 17 marzo 1869
nella ricorrenza dell’annua festa letteraria liceale, tip. Caronda, Catania 1869, p. 3.
100
Ivi, p. 27.
22
laboratorio di chimica della R. Università di Catania sotto la direzione del prof. Orazio Silvestri .
In esso Pulvirenti presenta i risultati delle ricerche chimiche condotte «per mettere in maggiore
evidenza le proprietà dei nostri vini» allo scopo di «contribuire fin d’ora ad arrecare materiali e
cognizioni che potranno in avvenire riuscire di grande vantaggio per fare prosperare una
industria che si trova tra noi in mezzo agli elementi e condizioni più favorevoli» 101 .
Non si può infine trascurare la figura di Giovanni Adamo Boltshauser, significativamente
presente allo Spedalieri nel periodo considerato, in quanto docente di fisica negli anni Sessanta
dell’Ottocento e successivamente Preside dell’istituto (1870/1871-1881/1882). Personalità di
rilievo nella vita culturale catanese, egli fu dapprima (dal gennaio 1868) socio corrispondente e
poi socio attivo dell’Accademia Gioenia (dal 1873), in sostituzione dello scomparso Ferdinando
Aradas. Fu inoltre, tra il 1868/1869 e il 1874/1875, professore incaricato di Fisica all’Università
di Catania nella facoltà di Medicina e Chirurgia e in quella di Scienze fisiche, matematiche e
naturali e per gli stessi anni Direttore incaricato del Gabinetto di Fisica e dell’Osservatorio
meteorologico sempre presso l’Università di Catania.
Da quest’ultima carica e dalla natura delle sue numerose pubblicazioni, in gran parte
pubblicate negli atti dell’Accademia Gioenia, risulta chiaro il suo prevalente interesse per gli
studi meteorologici. Molte le sue relazioni sulle osservazioni meteorologiche fatte
nell’Università, lette durante le adunanze dei soci accademici. Parziali risultati di queste
osservazioni espose poi nell’opuscolo Formole meteorologiche in cui, prima di entrare nel
merito dell’argomento, riassume lo stato degli studi di meteorologia al suo tempo:
F
F
Non si può negare, che nell’ora decorso decennio la meteorologia sia assai meno progredita di
quanto si credette poter aspettare da una rete di osservatorii estesa su quasi l’intiera superficie
d’Europa, e da un apposito servizio telegrafico, per mezzo del quale le relative osservazioni sono
giornalmente riunite in pochi grandi centri per esservi paragonate e discusse. Ciò spiega, perché
non sono ancora cessate certe voci già altra volta compromettenti le accennate osservazioni, cioè
non poter queste condurci a considerazioni di qualche importanza, ed ancor meno alla conoscenza
delle leggi, che regolano le condizioni climatologiche d’una data contrada. Ma siccome la scienza
nello stato attuale non saprebbe dimostrare cotesta asserzione né come fondata, né come falsa,
quelle voci, piuttosto che indurci a discontinuare le osservazioni meteorologiche, debbono
stimularci a perfezionare gli attuali metodi d’osservazione, di notazione e di discussione. Sono esse
infatti, che mi hanno indotto ad occuparmi delle formole meteorologiche, che formano l’oggetto di
questa breve nota.
Due sono gli scopi prefissi della meteorologia moderna: la determinazione dei diversi climi,
che incontransi sulla superficie del globo, caratterizzandoli colle rispettive medie dell’altezza
barometrica, della temperatura, dell’intensità e direzione del vento ecc., e la conoscenza delle
relazioni che esse hanno tra loro e con conosciute forze fisiche […].
I fatti, adunque, dimostrano che l’attuale notazione meteorologica non è senza inconvenienti, e
che a renderla più confacente al suo scopo è mestieri di semplificarla, se non nei registri meteorici,
certamente negli estratti destinati alla stampa. Occupandomi di questo lavoro, or sono parecchi
anni, fui condotto infine a comprendere in una formola tutti i risultati relativi ad una medesima ora
d’osservazione in modo da avere, per ciascuno, il valore assoluto e di quanto esso differisce dalla
rispettiva media mensile o annua 102 .
F
F
Del suo insegnamento all’Università accenna nel lavoro Lo sperimento di Foucault, in cui
espone le modalità di svolgimento del detto esperimento realizzato nella chiesa degli ex padri
benedettini per agevolare la spiegazione del moto rotatorio della terra agli allievi:
G. Pulvirenti, Ricerche chimiche per servire allo studio dei vini della Sicilia, fatte nel laboratorio di
chimica della R. Università di Catania sotto la direzione del prof. Orazio Silvestri, in «Atti dell’Accademia Gioenia
di scienze naturali di Catania», serie III, tomo XII, Galatola, Catania 1869, pp. 48-49.
102
G.A. Boltshauser, Formole meteorologiche. Nota, Galatola, Catania 1870, pp. 1-2.
101
23
Condotto dal piano di studio, prefissomi nello scorso anno scolastico, per l’insegnamento della
fisica nella R. Università di Catania, ad esporre la teoria del pendolo, stimai cosa utile, non meno
che interessante, il far parola dello sperimento di Foucault, ed il dimostrare, come la deviazione del
piano d’oscillazione d’un pendolo sia una immediata conseguenza del moto rotatorio della terra 103 .
F
F
In occasione della festa letteraria liceale del 1870 pronunciò un Elogio di Carlo
Gemmellaro, in cui esalta il vulcanologo presentandolo agli allievi come esempio da seguire per
il suo impegno nello studio, per il suo coraggio di fronte alla morte, per l’operosità, per la
modestia e per il suo amore per la patria:
Benemeriti voi tutti, o cari giovani, se come lui voi amerete la patria, se anche voi saprete
tradurre in opere quell’arcano affetto per la patria terra e per la melodiosa sua lingua, che destano in
voi l’aspetto di questo bel cielo, i siti ridenti delle nostre campagne, lo specchio azzurro dei nostri
mari e la memoria d’un glorioso passato 104 .
F
F
Boltshauser fu anche autore di un Trattato di geometria intuitiva, con il quale si propose di
agevolare i principianti nell’apprendimento della geometria attraverso la sostituzione delle
«troppo rigorose dimostrazioni dei trattati di geometria» con il metodo intuitivo 105 .
Dopo il 1882, anno in cui lasciò la Presidenza dello Spedalieri, non abbiamo più notizie di
lui.
F
F
G.A. Boltshauser, Lo sperimento di Foucault eseguito nella chiesa degli ex padri benedettini di Catania,
comunicato all’Accademia Gioenia nella seduta del 28 febbraio dal socio corrispondente Cav. G. A. Boltshauser
prof. di fisica, direttore del gabinetto di fisica e dell’osservatorio meteorologico della R. Università di Catania , in
«Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania», serie III, tomo IV, Galatola, Catania 1870, pp. 83110.
104
G.A. Boltshauser, Elogio di Carlo Gemmellaro detto nella gran sala del Palazzo Municipale il 17 marzo
1870, in occasione dell’annua festa letteraria liceale dal Cav. G.A. Boltshauser, Galatola, Catania 1870, p. 24.
105
G.A. Boltshauser, Trattato di geometria intuitiva, Loescher, Torino 1882, p. 1.
103
24
Personale docente del Liceo Ginnasio “N. Spedalieri” tra il 1861 e il 1887F106
Anni scolastici in cui
insegnarono presso
l’istituto N. Spedalieri
Cognome
Nome
Materia
Classi
Primo
Ultimo
anno per
anno per
cui si ha
cui si ha
notizia
notizia
Ginnasio
inferiore
1861-62
1881-82
Liceo
1867-68
1868-69
Liceo
1875-76
1877-78
Storia
Liceo
1861-62
1879-80
Salvatore
Storia
naturale
Liceo
1861-62
1861-62
Boltshauser
Adamo
Fisica
Liceo
1868-69
1868-69
Bonari
Raffaele
Lett.ital.
Liceo
1876-77
1878-79
Brentari
Ottone
Materie
letterarie
1877-78
1879-80
BrunoF108
Salvatore
Materie
letterarie
Ginnasio
inferiore
Ginnasio
superiore
liceo
e 1874-75
1884-85
Bustelli
Giuseppe
Lett.ital.
Liceo
1867-68
1868-69
Campanile
Vincenzo
Matematica
Liceo
1874-75
1875
Caporali
Ettore
Matematica
Liceo
1875-76
1875-76
Cattaneo
Luigi
Materie
letterarie
Ginnasio
1877-78
1884-85
Cipolla
Settimio
Lett.ital.
Liceo
1880-81
1881-82
Amore
Carmelo
Aradas
Ferdinando
Bellasi
Carlo
Beritelli
Giovanni
BiondiF107
Cognome
Nome
Materie
letterarie
Storia
naturale
Fisica e
chimica
Materia
Classi
Anni scolastici in cui
insegnarono presso
l’istituto N.Spedalieri
Fonte: ASCT (Archivio di Stato di Catania), Fondo prefettura, Affari speciali dei comuni, serie II,
inventario II, busta 68.
106
107
S. Biondi-Giunti, Sull’utilità dello studio della storia naturale, tip. Galatola, Catania 1862.
108
Fu professore di letteratura italiana, latina e greca nel Seminario Vescovile, di storia nel Collegio
Cutelliano; fu inoltre professore di letteratura e archeologia greca nella Regia Università di Catania, cfr. S. Bruno,
Sulle doti da cercarsi in un ispettore scolastico e sulla fallacia del concorso come criterio per conoscerle ,
Cavallaro, Catania 1878, p. 1.
25
Primo
anno per
cui si ha
notizia
D’Addazio
Vincenzo
De Felice
Francesco
Decia
Giovanni
Drago
Vincenzo
Fenaroli
Giuliano
Latino e
greco
Filosofia e
lett. ital.
Latino e
greco
Latino e
greco
Lett. ital.
Gambera
Pietro
Geremia
Ultimo
anno per
cui si ha
notizia
Liceo
1874-75
1874-75
Liceo
1861-62
1881-82
Liceo
1876-77
1877
Liceo
1883-84
1884-85
Liceo
1871-72
1871-72
Matematica
Liceo
1876-77
1881-82
Gioacchino
Materie
letterarie
Ginnasio
superiore
1868-69
1874-75
Giorgi
Tommaso
Lett. ital.
Liceo
1875
1875
Guarnaccia
Francesco
Storia
Liceo
1881-82
1881-82
Guglielmini
Giuseppe
Materie
letterarie
Ginnasio
1868-69
1874-75
Laganà
Pietro
Materie
letterarie
Ginnasio
superiore
1861-62
LanzaniF109
Francesco
Latino e
greco
Liceo
1868-69
1872-73
Largajolli
Dionigio
Storia
Liceo
1875-76
1875-76
La Rosa
Vincenzo
Lett. ital.
Liceo
1861-62
1861-62
Lo Parco
Luciano
Lett.ital.
Liceo
1882-83
1884-85
Malanima
Alfonso
Materie
letterarie
Ginnasio
superiore
1875-76
1877-78
Palmieri
Giovanni
Fisica
Liceo
1878-79
1878-79
Cognome
Nome
Materia
Classi
Anni scolastici in cui
insegnarono presso
l’istituto N.Spedalieri
Primo
Ultimo
anno per
anno per
cui si ha
cui si ha
notizia
notizia
109
Professore nel Liceo di Padova, nacque il 2 dicembre 1837; laureatosi nel 1864 in lettere all’Università di
Pisa, fu nominato nello stesso anno professore a Trapani, passò a Catania nel 1866, e nel 1873 a Padova (cfr. A.
De Gubernatis, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, Le Monnier, Firenze 1879-1880, p. 612).
26
Pili
Bonifacio
Storia
Liceo
1880-81
1884-85
Pizzuto
Pasquale
Greco
Liceo
1883-84
1884-85
Pozzuolo
Lorenzo
Liceo
1877-78
1884-85
Puglisi
Salvatore
Ginnasio
inferiore
1868-69
1881-82
Pulvirenti
Giuseppe
Liceo
1871-72
1884-85
Rapisardi
Mario
Lett.ital.
Liceo
1872
1875
Rigoni
Giuseppe
Filosofia,
Latino e
greco
Liceo
1878-79
1880-81
Rocchetti
Marcello
Matematica
Liceo
1883-84
1884-85
Romanelli
Pietro
Soringo
Eugenio
Materie
letterarie
Ginnasio
superiore
1868-69
1874-75
Stiavelli
Giorgio
Materie
letterarie
Ginnasio
superiore
1878-79
1882-83
TermineTrigonaF110
Vincenzo
Lett.ital.
Liceo
1883-84
1884-85
Tognoli
Oreste
Matematica
Liceo
1868-69
1871-72
Zappalà
Pietro
Aritmetica
Ginnasio
1868-69
1875-76
Latino
greco e
filosofia
Materie
letterarie
Storia
naturale
1876-77
Insegnanti e materie impartite tra il 1861-62 e il 1884-85 al Liceo “N. Spedalieri”F111
Anni
scolast.
Letterat.
italiana
Filosofia
Storia
1861-62
La Rosa
De Felice
Beritelli
1862-63
De
Felice
De Felice
1863-64
Latino e
greco
Matemat.
Fisica e
Chimica
Storia
naturale
Biondi
Biondi
Biondi
110
Educatore e pubblicista, nato a Castrogiovanni il 18 novembre 1857 da Francesca e Giuseppe Trigona. La
sua vita di scrittore ebbe inizio nel 1875 con la rappresentazione presso il teatro «Alfieri» di Catania, d’un
dramma in versi, intitolato L’apostolo siciliano. Successivamente si stabilì definitivamente a Catania dove fu
chiamato a insegnare lettere italiane presso il “R. Istituto tecnico” e poi presso il “R. liceo Spedalieri”. Nel 1885
fu chiamato a dirigere la scuola tecnica di Melfi (Potenza) non governativa. Insegnò privatamente in Caltanissetta
e Catania, francese e tedesco. Nel 1891 si fornì, presso la R. Università di Napoli, di diploma d’abilitazione
all’insegnamento delle lettere italiane nelle scuole normali e negli istituti d’istruzione secondaria. Nel 1897 fu
nuovamente a Catania dove insegnò nella R. scuola tecnica “Sammartino Pardo”, cfr. Sebastiano Salomone, La
Sicilia intellettuale e contemporanea, F. Galati, Catania 1911, pp. 422-423.
111
Fonte: ASCT, Fondo prefettura, Affari speciali dei comuni, serie II, inventario II, busta 68.
27
1864-65
Biondi
1865-66
Aradas
1866-67
Aradas
1867-68
1868-69
Bustelli
Lanzani
Bustelli
Aradas
De Felice
Beritelli
Tognoli
Boltshause
r
Aradas
Boltshause
r
1869-70
1870-71
1871-72
Lanzani
Fenaroli
De Felice
1872-73
Lanzani
Rapisardi
De Felice
Beritelli
Tognoli
1873-74
Rapisardi
1874-75
D’Addaz
Rapisardi
io
De Felice
Beritelli
1875-76
GiorgiLargajoll
ie
D’Addaz D’Addaz
io
io
(supplen
ti) Bonari
De Felice
Largajo
lli
Caporali
1876-77
Decia
(supplen
te)
Bonari
Beritelli
Gambera
1877-78
Pozzuol
o
Bonari
187879F112
Pozzuol
o
Bonari
1879-80
Pozzuol
o
Bonari
Latino e
greco
Rigoni
-Pili
(latino) e
Stiavelli
(greco)
Anni
scolast.
1880-81
De Felice
Rigoni
Beritelli
Pulvirenti
Bellasi
Pulvirenti
Pulvirenti
Bellasi
Beritelli
Gambera
Palmieri
Rigoni
Beritelli
Gambera
Palmieri
Pulvirenti
Letterat.
italiana
Filosofia
Storia
Matemat.
Fisica e
Chimica
Storia
naturale
Cipolla
De Felice
e Rigoni
Pili
Gambera
112
A partire da quest’anno scolastico il primo e il secondo liceo furono divisi in due sezioni, di conseguenza
aumentò il numero dei docenti.
28
1881-82
Pozzuol
o Bruno
(latino) e
Stiavelli
(greco)
1882-83
Pozzuol
o Bruno
(latino) e Lo Parco
Stiavelli
(greco)
1883-84
1884-85
Cipolla
De Felice
Pili e
Guarna
ccia
Gambera
Pulvirenti
Pozzuol
o
Bruno
(latino)Pizzuto
(greco)Drago
(latino e
greco)
Lo Parco
e
Termine
Trigona
Pozzuolo
Pili
Rocchetti
Pulvirenti
Pozzuol
o-Bruno
(latino)Pizzuto
(greco)Drago
(latino e
greco)
Lo Parco
e
Termine
Trigona
Pozzuolo
Pili
Rocchetti
Pulvirenti
29
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