Sebastiano Serra (a cura di) Sebastiano Moretti Tutte le opere Componimenti scritti, corrispondenze poetiche e versi superstiti delle gare estemporanee del più popolare poeta civile in lingua sarda del primo ’900 Sebastiano Serra (a cura di), Sebastiano Moretti. Tutte le opere Copyright© 2012 Edizioni del Faro Gruppo Editoriale Tangram Srl Via Verdi, 9/A – 38122 Trento www.edizionidelfaro.it – [email protected] Prima edizione: settembre 2012 – Printed in Italy ISBN: 978-88-6537-132-9 Alla memoria di mio padre che con stupore e riconoscenza declamava i suoi versi, di Cornelio Corona e di Francesco Madau che gelosamente li custodirono, di Giovanni Cappellu e di Antonio Stara che in modo indelebile li scolpirono nella mente e alla innumerevole schiera di uomini e donne che ne conservarono il ricordo nonostante il potere li avesse destinati all’oblio. Sommario Prefazione Introduzione 13 Vincenzo Nurchi 29 La tragica morte del deputato Felice Cavallotti 39 Elegia Anacreontica 51 Cantone sarda pro su grande disastru de Montebezzu 75 Su gridu de su minadore 87 17 Sas garas poeticas in Sardigna ei sos suos imbroglios 103 Sa divozione in Sardigna 115 Confutazione critica 127 Boghes de Sardigna 141 Sa campana sarda 169 Su valore de sos sardos in gherra 187 Su Parnasu sardu 237 239 243 245 247 247 249 251 252 254 256 258 260 262 264 266 267 268 270 272 276 278 S’esule Micheli Coga a Moretti Risposta di Moretti a Micheli Coga Bartolo Cinellu Risposta del Moretti Poddighe Salvatore Risposta di Antonio Scanu a Poddighe Risposta di Pietro Caria a Poddighe Risposta di Moretti a S. Poddighe A G. Antonio Oggiano Sollecito allo stesso Risposta di G. Antonio Oggiano Risentimentu Risposta del Masala A Giuanne Zedda A Ernesto Madeddu Su perdonu Risposta di A. Masala In morte de Maria Cadone A Luisi Pinna Angione Risposta di Luisi Pinna Angione A Pedru Caria Risposta de Pedru Caria A s’amigu Antoni Piludu Risposta de Antoni Piludu A Giuanne Selis Testoni Salvatore a Moretti Risposta a su collega Testoni A Mauru Medde A Pedru Caria Risposta de Pedru Caria Divagos a Nebodes e Nettas mias A Luisi Pinna Angione A s’amante difunta A su cullega Antoni Farina Risposta de Antoni Farina A su carissimu Angelinu Pedrette Risposta de Angelinu Pedrette A Gavinu Contini Risposta de Gavinu Contini In memoria de Maria e Angheleddu Naitana 280 282 286 289 293 296 298 300 304 305 307 309 313 316 320 323 326 330 334 338 Origine astuzias e ingannos de sa femina delittuosa 343 Mussolini in Sardigna 369 Serenatas de amore 399 401 402 404 405 407 408 410 413 415 416 418 420 421 422 424 427 428 430 432 435 437 439 439 A Filumena Dichiarazione Petizione A doppiu sensu Muttos Sos primos Amores A s’amante fingida A una presumida Amore sintzeru Elogiu a Paulina Caria Fingìda Sensazione Soliloquiu Fummu A Comare Incostanzia A una vile Sa mariposa Rimproveru Esortazione Indecentzia Blasfema A Clori A postu Su retrattu Malìa Muttu Su fiascu de Peppina A una vana A una millantadora Supplica de Ninedda Lamentu de un’isposu Dichiarazione Rifiutu Cuntrastu matrimoniale tra Coitunda “s’isposa” Coilongu “s’isposu” e Coibasciu “babbu de s’isposa” Cuntrastu matrimoniale Ironia pro unu bragheri 441 442 445 446 446 448 451 453 457 460 463 467 469 473 Componimenti vari 475 477 477 478 479 480 483 484 485 486 486 487 490 491 495 Poesie dialettali sarde 501 503 504 505 507 509 512 514 518 521 523 524 525 Composizioni inedite (1) 527 530 Risposta a Pedru Caria A Giulio Fanari A Bustianu Satta A Pedru Caria Risposta a “Su Deus sutta processu” A Tortolì Augurios a “Rassigna” Su caddu Su curridore Pro unu coro Chie lassat s’anzenu A Peppinu Tronci e Peppina Cadone A deus Baccu A Venere A s’amigu Giacintu Al Sig. Ing. Riga Dichiarazione de amore In morte de Gavinu Contene A s’amigu Giuanne Mura Amore Patriu 1 Amore Patriu 2 Passatempus A sa diletta isposa A Pietrinu All’amico Antioco Corda di S. Gavino Pro una dominiga de carrasegare Voluntade e destinu Composizioni inedite (2) 539 541 546 548 553 556 564 566 568 570 573 575 578 580 584 585 585 586 588 589 591 591 594 Modas 611 613 617 619 623 629 Tentas a bolu 633 Gare poetiche 651 653 666 687 710 726 743 Appendice 1 – Componimenti accertati ma non disponibili Appendice 2 – Due manoscritti del poeta Fonti e bibliografia 751 Pro su defuntu Frantziscu Matzone In bidda mia ballos ch’ana fattu A un’infame maridu Risposta di Antonio Fiori Controrisposta di Moretti In onore di Uras Geltrude A s’amigu Luigi Pinna A s’istrinsecu Amigu e Patriota Bartolo Cinellu A Gaitanu Idili Soliloquio Risposta di Moretti a Gavino Marras Bachis Murone a Sebastiano Moretti Risposta di Moretti All’amico Francesco Nascimbene A s’Uresu populadu A Pietro Caria A Pietrinu Vidili A Don Efisiu Puddu Brindisi per Eugenio Unali A sos isposos Angelinu Morette e Maria Luisa Coga A Clori Cantone de sos imbriagones Moda pro S. Antoni (Tresnuraghes) Moda pro S. Antoni (Silanus) Moda pro S. Sebustianu Moda pro S. Tiriagos Moda per S. Maria delle Grazie Gara poetica a Guspini Gara poetica a Portotorres (1912) Gara poetica a Portotorres (1913) Gara poetica Buggerru Gara poetica a Iglesias Su cane ei su matzone 753 757 Sebastiano Moretti Tutte le opere Sebastiano Moretti (foto gentilmente fornita da Rosa Manca) Prefazione Quella notte del 1932 i sinistri bagliori di un falò (nella Pelcia de Tilìba, una grotta appena sotto il paese di Tresnuraghes spazzata via diversi decenni orsono dalle ruspe e dall’asfalto), dopo la distruzione dei primi manoscritti in prossimità dell’abitazione, generarono inquietudine, paura, sgomento nei tantissimi ammiratori del poeta appena scomparso. Una parte della vasta produzione artistica e dei documenti andò così perduta, distrutta dai suoi familiari, secondo le versioni concordanti dei nostri vecchi. Tuttavia la maggior parte dei suoi versi – anche quelli più controversi – sono pervenuti fino a noi, grazie agli opuscoli pubblicati dall’autore in un trentennio, alle tante pagine trascritte da diversi concittadini e custodite talvolta fin troppo gelosamente, ad alcuni suoi manoscritti, alla straordinaria memoria di tanti estimatori. Stampati nelle menti di questi, i versi di Moretti più significativi erano spesso declamati come fossero massime e ciò ha permesso la loro divulgazione e salvaguardia per diversi decenni. Scomparsi ormai quasi tutti coloro che lo conobbero personalmente, la progressiva ghettizzazione delle culture locali, sopraffatte da culture altre e ora dalla globalizzazione, sta cancellando via via nella memoria collettiva financo le tracce del nostro concittadino più illustre. Ma perché, dopo tanti decenni dalla sua scomparsa, ha dovuto essere un ‘matematico’ (per giunta di formazione scientifica) a ricercare tutto il materiale possibile, a raccoglierlo, sistemarlo e pubblicarlo in un volume come questo? Per caso e per necessità. Per necessità, per colmare un inaccettabile vuoto: perché, conoscendo egli le conseguenze di un ulteriore ritardo nella raccolta dei testi, ha sentito la responsabilità, nei confronti del poeta ma anche del proprio padre suo grande estimatore, di impedire una progressiva e irreversibile perdita di conoscenza. Era urgente un recupero organico del materiale pubblicato e non, talvolta conosciuto solo da pochissime persone, attualmente disperso, frammentato in quaderni manoscritti, in fascicoli originali o ristampati, confusi con opuscoli a lui attribuiti ma palesemente apocrifi. Per caso perché, appartenendo egli all’ultima generazione che ha conosciuto l’arte e il genio dei grandi improvvisatori sardi, li ha apprezzati, ha sperimentato l’ammirazione dei padri per loro e per Moretti in particolare, ha ascoltato fin da ragazzo i suoi versi mille volte da loro declamati, insieme ad aneddoti e a testimonianze. Il problema deriva dal fatto che Moretti è stato scomodo da vivo: lo è stato per il potere politico ed economico da lui fustigati; lo è stato per la Chiesa, per il suo anticlericalismo viscerale [“feroce” scrisse B. Muroni in Gente di Planargia]. Scomodo lo è stato anche da morto, se è vero che finora gli è stata dedicata dal suo paese solo una piccola via e la sua opera – che ritengo abbia globalmente un oggettivo valore storico-letterario, pur trattandosi di letteratura minore – è stata ignorata e in parte rimossa dalle istituzioni locali, in un certo senso mantenuta in uno stato semiclandestino per imbarazzi e condizionamenti di varia natura. Niente fu fatto infatti per un cinquantennio fino al 1980, quando vi fu un tentativo di recupero della sua opera da parte della 13 Sebastiano Moretti. Tutte le opere Pro Loco, che si esaurì però con la pubblicazione di soli cinque fascicoli ciclostilati: Su valore de sos sardos in gherra I (a cura del compianto Billia Muroni), Su valore de sos sardos in gherra II (a cura di Checco Dettori) e Su gridu de suminadore. S’esule. Modas (a cura dello scrivente) nel luglio 1980, Boghes de Sardigna (a cura di Tittino Dettori) e Sa campana sarda (a cura di Giovanni Piras) nel luglio 1981. Successivamente nel 1994, sempre dalla Pro Loco, questi fascicoli furono raccolti in un unico volume [Sebastiano Moretti, Opere scelte, S’Alvure]. La stessa Pro Loco lo commemorò nel 1982 in occasione del cinquantenario della morte, organizzando una conferenza (relatori Manlio Brigaglia, Paolo Pillonca, Giommaria Tuveri), una gara poetica con undici improvvisatori (praticamente quasi tutti i migliori del tempo, a partire da Sotgiu, Piredda, Seu e Zizi) che ne onorarono la memoria senza chiedere compensi, e un concorso di poesia in lingua sarda. Nel 2004 l’Amm. ne comunale organizzò una conferenza (relatori Paolo Pillonca, Nicola Tanda, Luciano Sechi e il sottoscritto). Infine un omaggio gli è stato tributato la scorsa estate 2011 con il concerto letterario dal titolo Ite bellu su intender raccontare… finanziato dalla Pro Loco e realizzato da un gruppo di musicisti (E. Luglié, C. G. Sanna, M. Fragiacomo, G. Solinas, con Clara Farina voce narrante) su una selezione di versi tratti da varie sue opere. Ora, a ottanta anni dalla morte, è giunto il momento per il suo paese di saldare fino in fondo il debito nei suoi confronti, solo parzialmente onorato al rientro dall’esilio agli inizi degli anni ’20, affinché, col suo nome, se ne conservi per quanto possibile integra l’opera. Tutto il suo paese, il cui nome fu divulgato grazie a lui in ogni angolo della Sardegna, dovrebbe onorarne la memoria, riparando così – anche se tardivamente – all’ingiustizia che il poeta gridò con questi versi tristi de S’esule: Si b’esseran maneras De poder cancellare Sos natales ch’in te de’ apo tentu: Pro chi nudda m’esseras, Dia sagrificare S’esistentzia mia cun cuntentu; Ma… cale Geremia, Trista Patria mia, Ti cumpiango, e nde fatto lamentu! De cuss’ infamidade S’impronta tenes pro s’eternidade! Alla sua morte, che si sappia, solo l’improvvisatrice Maria Farina, tra tutti i colleghi viventi, lo commemorò: di altri non si ha memoria. Ecco i versi tratti da un opuscolo pubblicato dalla stessa, versi – in particolare gli ultimi – che appaiono non di prammatica, di pura cortesia, ma di nostalgia e di rimpianto: Tresnuraghes pianghe dae coro chi su santu dovere tou faghes, pro cunfortu de fizu e de muzere chi oe bestin de nieddu mantu, e pensa ch’est un’eroe su ch’est mortu. De fizu e de muzere pro cunfortu chi oe bestin de nieddu mantu, 14 Prefazione e faghe su dovere tou santu ca de nieddu mantu bestin oe e pensa chi su ch’est mortu est un’eroe. Pro cunfortu de fizu e de muzere chi su santu dovere tou faghes, pianghe dae coro Tresnuraghes chi has perdidu in Pitanu unu tesoro. L’ana sentidu in tottu Logudoro ca sa fama ch’aiat non fit vana, chi cantaiat che poeta dottu in Logudoro l’an sentidu tottu ca sa fama ch’aiat non fit vana. Tottu sentidu in Logudoro l’ana ca che poeta dottu cantaiat, e non fit vana sa fama ch’aiat chi cantaiat che dottu poeta. Pianalza non sias indiscreta chi su meritu sou non li dias, Pianalza indiscreta non sias un’Arcadu a lu ponner in olvidu. Pro cunfortu de fizu e de muzere chi su santu dovere tou faghes, pianghe dae coro Tresnuraghes chi unu tesoro in Pitanu as perdidu. Inue ana sa salma seppellidu abbrunida piantabi una palma e onore e gloria decanta igue… Sa salma seppellida l’ana inue abbrunida piantabi una palma, inue seppellidu ana sa salma igue onore e gloria decanta. Abbrunida una palma bi pianta e igue decanta onore e gloria. E pro tennere eterna una memoria a sos posteros tuos ch’an’ a bennere eterna una memoria pro tennere una PI e un’EMMA incidi a manu. Pro cunfortu de fizu e de muzere chi su santu dovere tou faghes, pianghe dae coro Tresnuraghes chi unu tesoro has perdidu in Pitanu. 15 Sebastiano Moretti. Tutte le opere Anglona cun Tresgenta e Campidanu render’ onores a s’estintu tenta, ca fit distintu fra sos autores; tenta a s’estintu de render’ onores ca fra sos autores fit distintu. Tent’a render’ onores a s’estintu Campidanu e Anglona cun Tresgenta; render’ onores a s’estintu tenta Tresgenta e Campidanu cun Anglona. E tesseli de laru una corona in signu de affettu su pius caru una corona tesseli de laru e ponela in sa tumba memoranda. E fagheli che deo propaganda pro li dare s’onore meritadu. Caru Pittanu, cullega istimadu, cun megus non bi cantas pius in gara, ma sa tua memoria m’est cara chi finas mortu in sa tumba ti onoro. Tresnuraghes pianghe dae coro. In una gara a Tresnuraghes, dopo la sua scomparsa, probabilmente dalla stessa Maria Farina piuttosto che dal padre Antonio, è stata cantata la seguente ottava (che contiene versi simili a un’altra che Paolo Pillonca in Chent’annos dice essere stata composta da A. Cubeddu in onore di G. Pirastru, deceduto come Moretti nel 1932): Pesadinde da sa tumba Pitanu e benidinde a su fiancu meu… Unu tema cantamos manu manu e personificamos su recreu. Torra che paladinu, capitanu de sas Musas mandadas da Deu, pro rinnovare cun tegus sas garas sena te bellas, ma cun tegus raras! Tresnuraghes, 12 aprile 2012 16 S. Serra Introduzione Note Biografiche Il 3 Giugno 1868, a Tresnuraghes nel rione S’Ulimu, nasce Sebastiano Moretti, più noto in Sardegna come Pitanu Morete, da Antonio, mugnaio, e da M. Marchesa Cadoni. L’adolescenza. Certamente, come tutti i bambini del tempo, aiuta il padre nel mulino sul Riu Mannu ma, altrettanto certamente, ha la fortuna di studiare alcuni anni nel Seminario di Bosa. Che frequenti il Seminario lo ricordano i suoi colleghi poeti (S. Poddighe in Su banchitu magicu, o S. Testoni nella gara del 1912 a Portotorres, ad esempio), ma è un fatto noto a tutti coloro che l’hanno conosciuto. Sarebbe oltretutto davvero difficile comprendere il suo ricorso, in diversi componimenti, a locuzioni latine grammaticalmente e sintatticamente corrette, se Moretti fosse realmente un autodidatta come sostenuto nel 3° fascicolo di Sardu so… del 1982 (le informazioni riportate al riguardo non sono corrette, pur se fornite anche dal figlio del poeta: in fondo i contatti di questi con il padre sono eccezionali, dopo la separazione dei genitori avvenuta a qualche anno di distanza dal matrimonio). Ma il lavoro del padre gli va stretto e l’attitudine alla rima lo porta a cimentarsi giovanissimo, in una festa privata, con un affermato poeta improvvisatore locale Frantziscu Monte noto Matzone: è questo il suo battesimo ufficiale come improvvisatore. La gioventù. Successivamente si cimenta anche nelle composizioni scritte. A diciannove anni scrive In morte de Frantziscu Matzone; nel 1893 compone A un’infame maridu, una tenzone col poeta bosano Antonio Fiori che assume caratteri sempre più aspri. Non sappiamo però quale lavoro svolga in questa fase della sua vita. Gli influssi culturali che su di lui hanno avuto le idee della democrazia radicale sostenute dall’avvocato Luigi Canetto e la critica protestante alla Chiesa cattolica del prete ribelle Angelo Cossu (entrambi suoi compaesani), la sua vis polemica, le aspirazioni non soddisfatte a un lavoro adeguato alle sue competenze, forse anche questioni di cuore, determinano però contrasti con il potere politico, amministrativo e religioso locale. Tuttavia, se nel 1897 pubblica presso la Tipografia Vescovile di Bosa una composizione indirizzata al negoziante bosano G. Nurchi Baldino nella ricorrenza dell’anniversario della morte del padre, i rapporti con il clero, a questa data, non si sono ancora deteriorati. Si trova a fianco del maestro Gavino Marras, suo compaesano, nel sostegno dato nelle elezioni politiche 1897-98 all’avv. Poddighe contro il deputato Solinas Apostoli sostenuto invece dalla giunta Zedda [G. M. Muroni, Gente di Planargia]. L’inimicizia con gli amministratori e il clero costerà però cara a entrambi, costringendoli all’esilio: accusato di aver scritto e divulgato alcune composizioni diffamatorie e di minacce verso alcuni testimoni, è denunciato, processato e assolto (il 5 Maggio 1898). 17 Sebastiano Moretti. Tutte le opere Intanto scrive e pubblica, nella primavera del 1898 a Oristano, La tragica morte del deputato Felice Cavallotti. Ma la vita diventa per lui sempre più insopportabile nel suo paese ed è costretto ad abbandonarlo. In miniera. Cerca e trova lavoro nella miniera di S. Giovanni presso Gonnesa, nel 1899. Scrive S’esule, dolorosa autodifesa ma anche orgoglioso atto di accusa verso il suo paese natio. Nelle miniere dell’Iglesiente conosce lo sfruttamento operaio, la nostalgia degli amici, ma ne trova di nuovi, minatori e poeti come lui: Pietro Caria di Macomer, Salvatore Poddighe e Antonio Scano di Dualchi, Antonio Masala di Borore e altri ancora. Con loro si ritrova, in occasione di feste, quando il lavoro e la fatica lo permettono, a improvvisare rime e a bere due bicchieri di vino. Con loro, e in particolare con Pietro Caria e Salvatore Poddighe, inizia un sodalizio che resisterà fino alla morte. Appena dopo il regicidio di Umberto nel 1900 scrive e pubblica a Iglesias Compendio della vita e tragica fine di Umberto I. Nel settembre del 1901 sposa a Iglesias una giovane domestica di Abbasanta, M. Antonia Sanna, che gli darà un figlio, Giovanni. Ben presto però il rapporto si deteriora: la moglie lo abbandona alla volta di Napoli portando con sé il figlioletto. Lavorando in miniera scopre e condivide con gli altri minatori il problema del loro sfruttamento da parte delle società minerarie, e scopre il bisogno di organizzazione nelle lotte operaie, il ruolo del sindacato, le idee e le battaglie del socialismo riformista diffuse dal dirigente sindacale dei minatori iglesienti Giuseppe Cavallera. Nel 1903 (come lui stesso scrive, se non si tratta di un errore di data, in una nota di Sos males chi affligin sa Sardigna ei s’urgente rimediu, del 1906) pubblica probabilmente una prima edizione di Su gridu de su minadore. Nel 1904 scrive e pubblica, ancora a Iglesias, Cantone cumposta pro su grande disastru sutzessu a sa miniera de Montebezzu, nella quale si preannuncia l’uscita di un altro volumetto dal titolo Il prete, l’operaio e l’avvocato (ma di questo non resta traccia e non sappiamo se la composizione abbia visto davvero la luce, se sia stata mandata all’indice o se l’autore ne abbia modificato il titolo). Nello stesso anno, in occasione delle elezioni per lo scioglimento della Camera da parte di Giolitti (in seguito al I sciopero generale proclamato in Italia principalmente a causa dell’eccidio di Buggerru), pubblica l’edizione a noi pervenuta di Su gridu de su minadore a sostegno della campagna elettorale del socialista Giuseppe Cavallera. La pubblicazione stavolta avviene a Sassari, presumibilmente perché, essendo il concorrente di Cavallera per il collegio di Iglesias l’ingegnere on. Castoldi, proprietario della miniera di Montevecchio, incontra difficoltà con il vecchio editore. Cavallera viene sconfitto e la reazione padronale agli scioperi del 1904 è molto dura, con punizioni e licenziamenti. Forse Moretti è una delle vittime di questa reazione e deve ancora fuggire se nel 1906 lo troviamo residente a Sorso dove, forse, è arrivato già da qualche anno: si rifugia nel sassarese, dove tradizionalmente è forte il partito democratico radicale. Moretti improvvisatore professionista. Ora probabilmente vive grazie ai premi assegnati dalle giurie ai vincitori delle gare poetiche nelle piazze dell’isola ma deve anche vendere i fascicoli delle sue opere pubblicate. Diventa un beniamino del pubblico se, come scrive il compianto Billia Muroni in Gente di Planargia riprendendo la cronaca della Nuova Sardegna, la mattina dell’8 maggio 1906 Moretti è acclamato a Bono dal comitato e dalla folla in una manifestazione lungo le strade del 18 Introduzione paese al grido di “Abbasso la camorra, viva Moretti”, dopo che nella sera precedente i colleghi Testoni, Pirastru, A. Farina e la figlia Maria si rifiutano di cantare con lui non presentandosi sul palco. Probabilmente è una risposta a questi fatti la scrittura e la pubblicazione a Sassari di Sas garas poeticas in Sardigna ei sos suos imbroglios, in cui critica anche con ironia le scelte dei comitati organizzatori, i colleghi che li ricattano e le giurie partigiane. A giugno finisce di scrivere Sos males chi affligin sa Sardigna ei s’urgente rimediu che pubblica a Oristano. Il rientro in patria. Rientra a Tresnuraghes, ormai apprezzato improvvisatore, per schierarsi nel 1907 con slancio “fiero e gagliardo” nella contesa elettorale per il rinnovo dell’Amm. ne comunale. I suoi vecchi avversari subiscono una disfatta. Nel 1908 integra e pubblica presso la tipografia U. Satta di Sassari una nuova edizione de Sos males chi affligin sa Sardigna, stavolta col titolo Boghes de Sardigna. Partecipa a gare poetiche ma, ad esempio, nel 1908 a Nuoro polemizza col vincitore A. Cubeddu per la supremazia [Sardu so… N° 1, Tip. Gallizzi], nel 1909 a Bonorva protesta con la giuria e, seppure invitato, non vi farà a lungo ritorno [Sardu so… N° 2 e N° 3]. Il successivo ‘tradimento’ dei nuovi amministratori di cui si sente vittima (“abbandonato da questi per essersi venduti al prete”) lo rendono di nuovo straniero nella sua patria e facile bersaglio dei suoi avversari. Vorrebbe come ricompensa del suo appoggio un posto di lavoro, magari da usciere, ma non lo ottiene. La situazione per lui è diventata di nuovo insostenibile. Scrive all’amico Marras in Argentina, anche lui a suo tempo fuggito in ‘esilio’ volontario, chiedendogli di cercargli al più presto una occupazione “nella bella America”. Non se ne fa niente, non sappiamo perché. Dieci mesi dopo risponde da Tresnuraghes allo stesso Marras, parlando dei suoi avversari: “Ma… a passu acceleradu est arrivinde/Sa die chi los comporo e los bendo”. Si illude, e il suo ottimismo sarà presto frustato. Nel 1910 si presenta a una gara pur non essendo stato invitato, per protesta contro il boicottaggio operato dagli altri improvvisatori e dai comitati filoclericali organizzatori delle feste. Il suo anticlericalismo raggiunge ora i toni più accesi. Appare quasi una sfida rabbiosa la pubblicazione nel 1911 de Sa divozione in Sardigna, oggetto di una critica da parte di un certo Salvatore Pintus di Tissi alla quale Moretti replica con una Controcritica, ma questo non fa altro che rarefare ulteriormente la sua presenza nelle gare per volontà del clero e degli organizzatori filoclericali: nel 1912 parteciperà solo a qualche gara. Di nuovo in miniera. È costretto a ripartire per la miniera: questa volta per quella di Montevecchio, non più diretta dall’ing. Castoldi… Rivive le sofferenze dell’esilio, del lavoro duro e dell’isolamento. Scrive lettere dolenti agli amici, le sue Tristia, per mitigarle. Nasce l’amicizia con Giulio Fanari insieme al quale produce un’opera pregevole, Voluntade e Destinu, della quale finora è stata pubblicata nel 1996 solo la parte composta da quest’ultimo [N. Cannella, Opere ritrovate di Giulio Fanari, G. Trois editore]. Vive un periodo di speranze e delusioni che lo spingono anche a isolarsi in campagna con un atteggiamento rinunciatario, nonostante gli stimoli di Fanari ad agire e a reagire. Partecipa nel 1913 ad alcune gare poetiche a Portotorres, a Buggerru, forse a Macomer. Inizia a firmare i suoi scritti con lo pseudonimo Timore, anagramma del cognome. Nel corso dell’anno lo troviamo a Golfo Aranci, non sappiamo perché. Nel 1914-1915 è a Oristano, forse anche ad Abbasanta, come impiegato del dazio. Negli anni del conflitto mondiale risiede a Iglesias ancora come agente daziario. 19 Sebastiano Moretti. Tutte le opere Continua a firmarsi con pseudonimi: Timore o, come nella risposta a Deus sutta processu di S. Poddighe del 1918, con Epifanio Murette. Già dal 1919, anno i cui pubblica una terza edizione ampliata di Boghes de Sardigna, scrive nella rivista degli ex combattenti sardi Il Solco. Nel 1920 completa e pubblica a Iglesias il I fascicolo di Su valore de sos Sardos in gherra (scritto per buona parte in età giovanile). Nell’anno successivo scrive e pubblica Sa campana sarda a sostegno delle liste dei Combattenti che in Sardegna assumono posizioni che a breve porteranno alla nascita del Psd’A. Secondo il racconto di tiu Cornelio Corona, Moretti partecipa nel 1920 a una gara nella quale il comitato propone agli improvvisatori un premio per chi in una ottava, o un sonetto, o altra composizione equivalente, esprima meglio l’andamento di una battaglia avvenuta nella grande guerra: Moretti canta la stanza N° 16 del Compendio e tragica fine di Umberto I. Viene richiesta loro anche una ottava sul dolore e Moretti canta quella riportata nella sezione Tentas a bolu. Nel 1921 pubblica nella tipografia Cugini Sanna di Iglesias Origine, astuzias e ingannos de sa femina delittuosa1, una feroce satira contro le donne e il I fascicolo de Su valore de sos Sardos in gherra, mentre a Sassari pubblica il II (dedicato a Eleonora d’Arborea) e i primi tre de Su Parnasu sardu, raccolta di una parte della sua corrispondenza poetica degli anni trascorsi in miniera. Un significativo elenco di poeti e di improvvisatori appare in questi ultimi, ma tra essi non figurano né Cubeddu né Pirastru… Sempre nel 1921 sappiamo che partecipa a una gara a Bortigali con Farina, Pirastru, Sassu [P. Pillonca, Chent’annos]. Il rientro definitivo a Tresnuraghes. Nel 1922 avviene il definitivo rientro a Tresnuraghes. Rientra anche l’amico G. Marras dall’Argentina ed entrambi si iscrivono alla locale sezione del PNF. Il 26 agosto dello stesso anno partecipa nel suo paese a una gara con Cubeddu, Testoni e Farina e canta per la prima volta nelle gare sui palchi (ma è davvero così?) una moda, quella in onore di S. Antonio [B. Muroni, Gente di Planargia, pag 170]. Partecipa a numerose gare di cui, spesso, non restano tracce: a Tortolì con Atzori e Sassu; a Tresnuraghes nel 1923 con Sassu e Piga, nel 1924 con Piga, Tucconi e Sanna, nel 1925 con Cubeddu, Tucconi e Ninniri, nel 1926 e 1927 con Cubeddu e Testoni, nel 1928 o 1929 compone la moda a S. Tiriagos [B. Muroni, Gente di Planargia]; a Villanova, sicuramente con Piras, nel 1926 in cui canta la moda a S. Sebustianu; a S. Lussurgiu sempre nel 1926 con Piras; nel 1929 con Piras e Pulina, desumibile da una foto in [P. Pillonca, Remundu Piras OPERA OMNIA, pag. 258]. Nel 1923 scrive Mussolini in Sardigna, cronaca propagandistica del viaggio di Mussolini nell’isola. Nel 1925 pubblica a Sassari il IV fascicolo de Su Parnasu sardu intitolato Serenatas de amore, raccolta di componimenti d’amore ma anche di critica dei costumi e del carattere di giovani donne. Nel 1928 pubblica i componimenti satirici Cuntrattu matrimoniale tra Coitunda, Coilongu e Coibasciu e Ironia pro unu bragheri. Pubblica anche poesie nella rivista Rassegna Poetica Dialettale. Nel 1930 pubblica a Ozieri un’altra edizione di Origine, astuzias e ingannos de sa femina delittuosa. La composizione dell’opera deve essere avvenuta prima del 1915, come si può ipotizzare per il sistematico uso (rimasto anche nella edizione del 1930) della forma haere piuttosto che di aere per il verbo avere. 1 20 Introduzione Si ammala di diabete e dimagrisce tanto da essere irriconoscibile, vestito con gli abiti degli anni precedenti. Alcuni mesi prima di morire è in compagnia di amici a casa di un mio nonno e ha voglia di cantare, insiste, ma loro si ritraggono, non si sentono all’altezza. Canta, per incoraggiarli l’ottava riportata nella sezione Tentas a bolu. Gli amici, rincuorati, lo accontentano. Pochi mesi dopo, il 28 aprile del 1932 (simbolicamente il giorno della ricorrenza de Sa die de sa Sardigna che verrà istituita molti decenni dopo), muore lasciando un grande vuoto nella grande maggioranza dei suoi compaesani e un senso di sollievo in una piccola minoranza. Della sua tomba, del suo nome addirittura, non resta traccia nel cimitero del suo paese. Solo una targa lo ricorda, e solo dagli anni ’70, ai suoi compaesani che non l’hanno mai conosciuto. Il carattere Sicuro di sé, delle sue conoscenze (rispetto alla grande maggioranza dei suoi colleghi), della abilità tecnica posseduta (che gli deriva dalla continua ricerca di nuovi modelli) e della sua completezza come artista (nella poesia improvvisata e in quella scritta) è anche consapevole delle simpatie di cui gode presso il pubblico. Per questo pretende di essere rispettato, di essere riconosciuto il maestro, da parte dei colleghi improvvisatori e, se ciò non avviene, la sua bonarietà conciliante si trasforma in spavalderia e in aggressività anche sprezzante, come emerge da diverse ottave tentas a bolu, da alcune lettere a P. Caria e dai versi scritti all’amico B. Cinellu: “Mai no so’ istadu ’e coro duru/Ma… guai tocadu, e mi nde onoro”. Per questo suo carattere Barore Sassu, nella testimonianza riportata in Chent’annos da P. Pillonca, sostiene che era molto prepotente. La violenza verbale che appare in alcuni suoi scritti, in reazione a qualche provocazione o a un’offesa ricevuta, mostra una certa difficoltà nell’autocontrollo e assume talvolta un carattere anche volgare (che non si può tacere, perché oggettivamente contrasta col resto della sua produzione artistica che mal si concilia con queste cadute di stile). Per questo è relativamente facile, per un suo avversario o per chiunque altro, divulgare qualche composizione aggressiva e attribuirla alla sua penna. È un ragionatore con attitudine all’analisi, capace di argomentare a fondo la tesi di volta in volta difesa, e per questo apprezza e guarda con simpatia giovani di talento come Barore Sassu, Remundu Piras o Angelino Petretto. È un teatrante, abile a esprimersi anche con la mimica ed è versatile, capace di trattare ugualmente bene temi storici o d’attualità, impegnati o divertenti, caratteristiche che ne fanno un beniamino dei palchi. Ama cantare con gli amici poeti davanti a un fiasco di vino. Facile all’entusiasmo, le esperienze negative e le sconfitte ripetute lo portano per un lungo periodo all’isolamento, se non anche alla depressione. La funzione educatrice ed emancipatrice della poesia Moretti, come del resto i suoi amici minatori P. Caria e S. Poddighe, riconosce un ruolo fondamentale alla cultura e considera importante la funzione della poesia per la crescita intellettuale delle persone e la maturazione delle coscienze. Non a caso egli è uno dei personaggi de Su banchitu magicu di S. Poddighe, opera bernesca in cui i due amici sottraggono dall’oscurità della superstizione il terzo personaggio, Giuanne Soddu. Non per caso egli pone come incipit della edizione del 1919 di Boghes de Sardigna questi versi: “Operaiu, est tua unica cura,/in cantu podes de ti dedicare/a sa legenda pro illuminare/ ca mama de ischire est sa lettura”. E similmente P. Caria gli scrive: “… e proite est suzzedidu?/pro culpa ’e sa paga istruzione” mentre, rispondendo alla critica di S. Vidili a Sa mundana cumme- 21