Sebastiano Serra
(a cura di)
Sebastiano Moretti
Tutte le opere
Componimenti scritti, corrispondenze poetiche e versi superstiti delle gare
estemporanee del più popolare poeta civile in lingua sarda del primo ’900
Sebastiano Serra (a cura di), Sebastiano Moretti. Tutte le opere
Copyright© 2012 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizionidelfaro.it – [email protected]
Prima edizione: settembre 2012 – Printed in Italy
ISBN: 978-88-6537-132-9
Alla memoria di mio padre
che con stupore e riconoscenza
declamava i suoi versi,
di Cornelio Corona e di Francesco Madau
che gelosamente li custodirono,
di Giovanni Cappellu e di Antonio Stara
che in modo indelebile li scolpirono nella mente
e
alla innumerevole schiera di uomini e donne
che ne conservarono il ricordo
nonostante il potere
li avesse destinati all’oblio.
Sommario
Prefazione
Introduzione
13
Vincenzo Nurchi
29
La tragica morte del deputato Felice Cavallotti
39
Elegia Anacreontica
51
Cantone sarda pro su grande disastru de Montebezzu
75
Su gridu de su minadore
87
17
Sas garas poeticas in Sardigna ei sos suos imbroglios
103
Sa divozione in Sardigna
115
Confutazione critica
127
Boghes de Sardigna
141
Sa campana sarda
169
Su valore de sos sardos in gherra
187
Su Parnasu sardu
237
239
243
245
247
247
249
251
252
254
256
258
260
262
264
266
267
268
270
272
276
278
S’esule
Micheli Coga a Moretti
Risposta di Moretti a Micheli Coga
Bartolo Cinellu
Risposta del Moretti
Poddighe Salvatore
Risposta di Antonio Scanu a Poddighe
Risposta di Pietro Caria a Poddighe
Risposta di Moretti a S. Poddighe
A G. Antonio Oggiano
Sollecito allo stesso
Risposta di G. Antonio Oggiano
Risentimentu
Risposta del Masala
A Giuanne Zedda
A Ernesto Madeddu
Su perdonu
Risposta di A. Masala
In morte de Maria Cadone
A Luisi Pinna Angione
Risposta di Luisi Pinna Angione
A Pedru Caria
Risposta de Pedru Caria
A s’amigu Antoni Piludu
Risposta de Antoni Piludu
A Giuanne Selis
Testoni Salvatore a Moretti
Risposta a su collega Testoni
A Mauru Medde
A Pedru Caria
Risposta de Pedru Caria
Divagos a Nebodes e Nettas mias
A Luisi Pinna Angione
A s’amante difunta
A su cullega Antoni Farina
Risposta de Antoni Farina
A su carissimu Angelinu Pedrette
Risposta de Angelinu Pedrette
A Gavinu Contini
Risposta de Gavinu Contini
In memoria de Maria e Angheleddu Naitana
280
282
286
289
293
296
298
300
304
305
307
309
313
316
320
323
326
330
334
338
Origine astuzias e ingannos de sa femina delittuosa
343
Mussolini in Sardigna
369
Serenatas de amore
399
401
402
404
405
407
408
410
413
415
416
418
420
421
422
424
427
428
430
432
435
437
439
439
A Filumena
Dichiarazione
Petizione
A doppiu sensu
Muttos
Sos primos Amores
A s’amante fingida
A una presumida
Amore sintzeru
Elogiu a Paulina Caria
Fingìda
Sensazione
Soliloquiu
Fummu
A Comare
Incostanzia
A una vile
Sa mariposa
Rimproveru
Esortazione
Indecentzia
Blasfema
A Clori
A postu
Su retrattu
Malìa
Muttu
Su fiascu de Peppina
A una vana
A una millantadora
Supplica de Ninedda
Lamentu de un’isposu
Dichiarazione
Rifiutu
Cuntrastu matrimoniale tra Coitunda “s’isposa” Coilongu
“s’isposu” e Coibasciu “babbu de s’isposa”
Cuntrastu matrimoniale
Ironia pro unu bragheri
441
442
445
446
446
448
451
453
457
460
463
467
469
473
Componimenti vari
475
477
477
478
479
480
483
484
485
486
486
487
490
491
495
Poesie dialettali sarde
501
503
504
505
507
509
512
514
518
521
523
524
525
Composizioni inedite (1)
527
530
Risposta a Pedru Caria
A Giulio Fanari
A Bustianu Satta
A Pedru Caria
Risposta a “Su Deus sutta processu”
A Tortolì
Augurios a “Rassigna”
Su caddu
Su curridore
Pro unu coro
Chie lassat s’anzenu
A Peppinu Tronci e Peppina Cadone
A deus Baccu
A Venere
A s’amigu Giacintu
Al Sig. Ing. Riga
Dichiarazione de amore
In morte de Gavinu Contene
A s’amigu Giuanne Mura
Amore Patriu 1
Amore Patriu 2
Passatempus
A sa diletta isposa
A Pietrinu
All’amico Antioco Corda di S. Gavino
Pro una dominiga de carrasegare
Voluntade e destinu
Composizioni inedite (2)
539
541
546
548
553
556
564
566
568
570
573
575
578
580
584
585
585
586
588
589
591
591
594
Modas
611
613
617
619
623
629
Tentas a bolu
633
Gare poetiche
651
653
666
687
710
726
743
Appendice 1 – Componimenti accertati ma non disponibili
Appendice 2 – Due manoscritti del poeta
Fonti e bibliografia
751
Pro su defuntu Frantziscu Matzone
In bidda mia ballos ch’ana fattu
A un’infame maridu
Risposta di Antonio Fiori
Controrisposta di Moretti
In onore di Uras Geltrude
A s’amigu Luigi Pinna
A s’istrinsecu Amigu e Patriota Bartolo Cinellu
A Gaitanu Idili
Soliloquio
Risposta di Moretti a Gavino Marras
Bachis Murone a Sebastiano Moretti
Risposta di Moretti
All’amico Francesco Nascimbene
A s’Uresu populadu
A Pietro Caria
A Pietrinu Vidili
A Don Efisiu Puddu
Brindisi per Eugenio Unali
A sos isposos Angelinu Morette e Maria Luisa Coga
A Clori
Cantone de sos imbriagones
Moda pro S. Antoni (Tresnuraghes)
Moda pro S. Antoni (Silanus)
Moda pro S. Sebustianu
Moda pro S. Tiriagos
Moda per S. Maria delle Grazie
Gara poetica a Guspini
Gara poetica a Portotorres (1912)
Gara poetica a Portotorres (1913)
Gara poetica Buggerru
Gara poetica a Iglesias
Su cane ei su matzone
753
757
Sebastiano Moretti
Tutte le opere
Sebastiano Moretti
(foto gentilmente fornita da Rosa Manca)
Prefazione
Quella notte del 1932 i sinistri bagliori di un falò (nella Pelcia de Tilìba, una grotta appena sotto il paese di Tresnuraghes spazzata via diversi decenni orsono dalle ruspe e dall’asfalto), dopo
la distruzione dei primi manoscritti in prossimità dell’abitazione, generarono inquietudine,
paura, sgomento nei tantissimi ammiratori del poeta appena scomparso.
Una parte della vasta produzione artistica e dei documenti andò così perduta, distrutta dai
suoi familiari, secondo le versioni concordanti dei nostri vecchi. Tuttavia la maggior parte dei
suoi versi – anche quelli più controversi – sono pervenuti fino a noi, grazie agli opuscoli pubblicati dall’autore in un trentennio, alle tante pagine trascritte da diversi concittadini e custodite talvolta fin troppo gelosamente, ad alcuni suoi manoscritti, alla straordinaria memoria di
tanti estimatori. Stampati nelle menti di questi, i versi di Moretti più significativi erano spesso
declamati come fossero massime e ciò ha permesso la loro divulgazione e salvaguardia per diversi decenni.
Scomparsi ormai quasi tutti coloro che lo conobbero personalmente, la progressiva ghettizzazione delle culture locali, sopraffatte da culture altre e ora dalla globalizzazione, sta cancellando via via nella memoria collettiva financo le tracce del nostro concittadino più illustre.
Ma perché, dopo tanti decenni dalla sua scomparsa, ha dovuto essere un ‘matematico’ (per
giunta di formazione scientifica) a ricercare tutto il materiale possibile, a raccoglierlo, sistemarlo e pubblicarlo in un volume come questo? Per caso e per necessità.
Per necessità, per colmare un inaccettabile vuoto: perché, conoscendo egli le conseguenze
di un ulteriore ritardo nella raccolta dei testi, ha sentito la responsabilità, nei confronti del
poeta ma anche del proprio padre suo grande estimatore, di impedire una progressiva e irreversibile perdita di conoscenza. Era urgente un recupero organico del materiale pubblicato e
non, talvolta conosciuto solo da pochissime persone, attualmente disperso, frammentato in
quaderni manoscritti, in fascicoli originali o ristampati, confusi con opuscoli a lui attribuiti ma
palesemente apocrifi.
Per caso perché, appartenendo egli all’ultima generazione che ha conosciuto l’arte e il genio
dei grandi improvvisatori sardi, li ha apprezzati, ha sperimentato l’ammirazione dei padri per
loro e per Moretti in particolare, ha ascoltato fin da ragazzo i suoi versi mille volte da loro declamati, insieme ad aneddoti e a testimonianze.
Il problema deriva dal fatto che Moretti è stato scomodo da vivo: lo è stato per il potere politico ed economico da lui fustigati; lo è stato per la Chiesa, per il suo anticlericalismo viscerale
[“feroce” scrisse B. Muroni in Gente di Planargia]. Scomodo lo è stato anche da morto, se è vero
che finora gli è stata dedicata dal suo paese solo una piccola via e la sua opera – che ritengo abbia
globalmente un oggettivo valore storico-letterario, pur trattandosi di letteratura minore – è
stata ignorata e in parte rimossa dalle istituzioni locali, in un certo senso mantenuta in uno stato
semiclandestino per imbarazzi e condizionamenti di varia natura. Niente fu fatto infatti per un
cinquantennio fino al 1980, quando vi fu un tentativo di recupero della sua opera da parte della
13
Sebastiano Moretti. Tutte le opere
Pro Loco, che si esaurì però con la pubblicazione di soli cinque fascicoli ciclostilati: Su valore
de sos sardos in gherra I (a cura del compianto Billia Muroni), Su valore de sos sardos in gherra II
(a cura di Checco Dettori) e Su gridu de suminadore. S’esule. Modas (a cura dello scrivente) nel
luglio 1980, Boghes de Sardigna (a cura di Tittino Dettori) e Sa campana sarda (a cura di Giovanni Piras) nel luglio 1981. Successivamente nel 1994, sempre dalla Pro Loco, questi fascicoli
furono raccolti in un unico volume [Sebastiano Moretti, Opere scelte, S’Alvure]. La stessa Pro
Loco lo commemorò nel 1982 in occasione del cinquantenario della morte, organizzando una
conferenza (relatori Manlio Brigaglia, Paolo Pillonca, Giommaria Tuveri), una gara poetica con
undici improvvisatori (praticamente quasi tutti i migliori del tempo, a partire da Sotgiu, Piredda, Seu e Zizi) che ne onorarono la memoria senza chiedere compensi, e un concorso di poesia
in lingua sarda. Nel 2004 l’Amm. ne comunale organizzò una conferenza (relatori Paolo Pillonca, Nicola Tanda, Luciano Sechi e il sottoscritto). Infine un omaggio gli è stato tributato la
scorsa estate 2011 con il concerto letterario dal titolo Ite bellu su intender raccontare… finanziato
dalla Pro Loco e realizzato da un gruppo di musicisti (E. Luglié, C. G. Sanna, M. Fragiacomo,
G. Solinas, con Clara Farina voce narrante) su una selezione di versi tratti da varie sue opere.
Ora, a ottanta anni dalla morte, è giunto il momento per il suo paese di saldare fino in fondo
il debito nei suoi confronti, solo parzialmente onorato al rientro dall’esilio agli inizi degli anni
’20, affinché, col suo nome, se ne conservi per quanto possibile integra l’opera. Tutto il suo
paese, il cui nome fu divulgato grazie a lui in ogni angolo della Sardegna, dovrebbe onorarne la
memoria, riparando così – anche se tardivamente – all’ingiustizia che il poeta gridò con questi
versi tristi de S’esule:
Si b’esseran maneras
De poder cancellare
Sos natales ch’in te de’ apo tentu:
Pro chi nudda m’esseras,
Dia sagrificare
S’esistentzia mia cun cuntentu;
Ma… cale Geremia,
Trista Patria mia,
Ti cumpiango, e nde fatto lamentu!
De cuss’ infamidade
S’impronta tenes pro s’eternidade!
Alla sua morte, che si sappia, solo l’improvvisatrice Maria Farina, tra tutti i colleghi viventi,
lo commemorò: di altri non si ha memoria. Ecco i versi tratti da un opuscolo pubblicato dalla
stessa, versi – in particolare gli ultimi – che appaiono non di prammatica, di pura cortesia, ma
di nostalgia e di rimpianto:
Tresnuraghes pianghe dae coro
chi su santu dovere tou faghes,
pro cunfortu de fizu e de muzere
chi oe bestin de nieddu mantu,
e pensa ch’est un’eroe su ch’est mortu.
De fizu e de muzere pro cunfortu
chi oe bestin de nieddu mantu,
14
Prefazione
e faghe su dovere tou santu
ca de nieddu mantu bestin oe
e pensa chi su ch’est mortu est un’eroe.
Pro cunfortu de fizu e de muzere
chi su santu dovere tou faghes,
pianghe dae coro Tresnuraghes
chi has perdidu in Pitanu unu tesoro.
L’ana sentidu in tottu Logudoro
ca sa fama ch’aiat non fit vana,
chi cantaiat che poeta dottu
in Logudoro l’an sentidu tottu
ca sa fama ch’aiat non fit vana.
Tottu sentidu in Logudoro l’ana
ca che poeta dottu cantaiat,
e non fit vana sa fama ch’aiat
chi cantaiat che dottu poeta.
Pianalza non sias indiscreta
chi su meritu sou non li dias,
Pianalza indiscreta non sias
un’Arcadu a lu ponner in olvidu.
Pro cunfortu de fizu e de muzere
chi su santu dovere tou faghes,
pianghe dae coro Tresnuraghes
chi unu tesoro in Pitanu as perdidu.
Inue ana sa salma seppellidu
abbrunida piantabi una palma
e onore e gloria decanta igue…
Sa salma seppellida l’ana inue
abbrunida piantabi una palma,
inue seppellidu ana sa salma
igue onore e gloria decanta.
Abbrunida una palma bi pianta
e igue decanta onore e gloria.
E pro tennere eterna una memoria
a sos posteros tuos ch’an’ a bennere
eterna una memoria pro tennere
una PI e un’EMMA incidi a manu.
Pro cunfortu de fizu e de muzere
chi su santu dovere tou faghes,
pianghe dae coro Tresnuraghes
chi unu tesoro has perdidu in Pitanu.
15
Sebastiano Moretti. Tutte le opere
Anglona cun Tresgenta e Campidanu
render’ onores a s’estintu tenta,
ca fit distintu fra sos autores;
tenta a s’estintu de render’ onores
ca fra sos autores fit distintu.
Tent’a render’ onores a s’estintu
Campidanu e Anglona cun Tresgenta;
render’ onores a s’estintu tenta
Tresgenta e Campidanu cun Anglona.
E tesseli de laru una corona
in signu de affettu su pius caru
una corona tesseli de laru
e ponela in sa tumba memoranda.
E fagheli che deo propaganda
pro li dare s’onore meritadu.
Caru Pittanu, cullega istimadu,
cun megus non bi cantas pius in gara,
ma sa tua memoria m’est cara
chi finas mortu in sa tumba ti onoro.
Tresnuraghes pianghe dae coro.
In una gara a Tresnuraghes, dopo la sua scomparsa, probabilmente dalla stessa Maria Farina
piuttosto che dal padre Antonio, è stata cantata la seguente ottava (che contiene versi simili a
un’altra che Paolo Pillonca in Chent’annos dice essere stata composta da A. Cubeddu in onore
di G. Pirastru, deceduto come Moretti nel 1932):
Pesadinde da sa tumba Pitanu
e benidinde a su fiancu meu…
Unu tema cantamos manu manu
e personificamos su recreu.
Torra che paladinu, capitanu
de sas Musas mandadas da Deu,
pro rinnovare cun tegus sas garas
sena te bellas, ma cun tegus raras!
Tresnuraghes, 12 aprile 2012 16
S. Serra
Introduzione
Note Biografiche
Il 3 Giugno 1868, a Tresnuraghes nel rione S’Ulimu, nasce Sebastiano Moretti, più noto in
Sardegna come Pitanu Morete, da Antonio, mugnaio, e da M. Marchesa Cadoni.
L’adolescenza. Certamente, come tutti i bambini del tempo, aiuta il padre nel mulino sul Riu
Mannu ma, altrettanto certamente, ha la fortuna di studiare alcuni anni nel Seminario di Bosa.
Che frequenti il Seminario lo ricordano i suoi colleghi poeti (S. Poddighe in Su banchitu magicu, o S. Testoni nella gara del 1912 a Portotorres, ad esempio), ma è un fatto noto a tutti
coloro che l’hanno conosciuto. Sarebbe oltretutto davvero difficile comprendere il suo ricorso,
in diversi componimenti, a locuzioni latine grammaticalmente e sintatticamente corrette, se
Moretti fosse realmente un autodidatta come sostenuto nel 3° fascicolo di Sardu so… del 1982
(le informazioni riportate al riguardo non sono corrette, pur se fornite anche dal figlio del poeta: in fondo i contatti di questi con il padre sono eccezionali, dopo la separazione dei genitori
avvenuta a qualche anno di distanza dal matrimonio).
Ma il lavoro del padre gli va stretto e l’attitudine alla rima lo porta a cimentarsi giovanissimo, in una festa privata, con un affermato poeta improvvisatore locale Frantziscu Monte noto
Matzone: è questo il suo battesimo ufficiale come improvvisatore.
La gioventù. Successivamente si cimenta anche nelle composizioni scritte. A diciannove anni
scrive In morte de Frantziscu Matzone; nel 1893 compone A un’infame maridu, una tenzone
col poeta bosano Antonio Fiori che assume caratteri sempre più aspri. Non sappiamo però
quale lavoro svolga in questa fase della sua vita.
Gli influssi culturali che su di lui hanno avuto le idee della democrazia radicale sostenute
dall’avvocato Luigi Canetto e la critica protestante alla Chiesa cattolica del prete ribelle Angelo Cossu (entrambi suoi compaesani), la sua vis polemica, le aspirazioni non soddisfatte a un lavoro adeguato alle sue competenze, forse anche questioni di cuore, determinano però contrasti
con il potere politico, amministrativo e religioso locale. Tuttavia, se nel 1897 pubblica presso
la Tipografia Vescovile di Bosa una composizione indirizzata al negoziante bosano G. Nurchi
Baldino nella ricorrenza dell’anniversario della morte del padre, i rapporti con il clero, a questa
data, non si sono ancora deteriorati.
Si trova a fianco del maestro Gavino Marras, suo compaesano, nel sostegno dato nelle elezioni politiche 1897-98 all’avv. Poddighe contro il deputato Solinas Apostoli sostenuto invece
dalla giunta Zedda [G. M. Muroni, Gente di Planargia]. L’inimicizia con gli amministratori
e il clero costerà però cara a entrambi, costringendoli all’esilio: accusato di aver scritto e divulgato alcune composizioni diffamatorie e di minacce verso alcuni testimoni, è denunciato,
processato e assolto (il 5 Maggio 1898).
17
Sebastiano Moretti. Tutte le opere
Intanto scrive e pubblica, nella primavera del 1898 a Oristano, La tragica morte del deputato
Felice Cavallotti. Ma la vita diventa per lui sempre più insopportabile nel suo paese ed è costretto ad abbandonarlo.
In miniera. Cerca e trova lavoro nella miniera di S. Giovanni presso Gonnesa, nel 1899. Scrive
S’esule, dolorosa autodifesa ma anche orgoglioso atto di accusa verso il suo paese natio. Nelle
miniere dell’Iglesiente conosce lo sfruttamento operaio, la nostalgia degli amici, ma ne trova
di nuovi, minatori e poeti come lui: Pietro Caria di Macomer, Salvatore Poddighe e Antonio
Scano di Dualchi, Antonio Masala di Borore e altri ancora. Con loro si ritrova, in occasione di
feste, quando il lavoro e la fatica lo permettono, a improvvisare rime e a bere due bicchieri di
vino. Con loro, e in particolare con Pietro Caria e Salvatore Poddighe, inizia un sodalizio che
resisterà fino alla morte.
Appena dopo il regicidio di Umberto nel 1900 scrive e pubblica a Iglesias Compendio della
vita e tragica fine di Umberto I.
Nel settembre del 1901 sposa a Iglesias una giovane domestica di Abbasanta, M. Antonia
Sanna, che gli darà un figlio, Giovanni. Ben presto però il rapporto si deteriora: la moglie lo
abbandona alla volta di Napoli portando con sé il figlioletto.
Lavorando in miniera scopre e condivide con gli altri minatori il problema del loro sfruttamento da parte delle società minerarie, e scopre il bisogno di organizzazione nelle lotte operaie, il ruolo del sindacato, le idee e le battaglie del socialismo riformista diffuse dal dirigente
sindacale dei minatori iglesienti Giuseppe Cavallera. Nel 1903 (come lui stesso scrive, se non si
tratta di un errore di data, in una nota di Sos males chi affligin sa Sardigna ei s’urgente rimediu,
del 1906) pubblica probabilmente una prima edizione di Su gridu de su minadore.
Nel 1904 scrive e pubblica, ancora a Iglesias, Cantone cumposta pro su grande disastru sutzessu a sa miniera de Montebezzu, nella quale si preannuncia l’uscita di un altro volumetto dal
titolo Il prete, l’operaio e l’avvocato (ma di questo non resta traccia e non sappiamo se la composizione abbia visto davvero la luce, se sia stata mandata all’indice o se l’autore ne abbia modificato il titolo).
Nello stesso anno, in occasione delle elezioni per lo scioglimento della Camera da parte di
Giolitti (in seguito al I sciopero generale proclamato in Italia principalmente a causa dell’eccidio di Buggerru), pubblica l’edizione a noi pervenuta di Su gridu de su minadore a sostegno
della campagna elettorale del socialista Giuseppe Cavallera. La pubblicazione stavolta avviene
a Sassari, presumibilmente perché, essendo il concorrente di Cavallera per il collegio di Iglesias
l’ingegnere on. Castoldi, proprietario della miniera di Montevecchio, incontra difficoltà con il
vecchio editore. Cavallera viene sconfitto e la reazione padronale agli scioperi del 1904 è molto
dura, con punizioni e licenziamenti.
Forse Moretti è una delle vittime di questa reazione e deve ancora fuggire se nel 1906 lo
troviamo residente a Sorso dove, forse, è arrivato già da qualche anno: si rifugia nel sassarese,
dove tradizionalmente è forte il partito democratico radicale.
Moretti improvvisatore professionista. Ora probabilmente vive grazie ai premi assegnati dalle
giurie ai vincitori delle gare poetiche nelle piazze dell’isola ma deve anche vendere i fascicoli
delle sue opere pubblicate.
Diventa un beniamino del pubblico se, come scrive il compianto Billia Muroni in Gente
di Planargia riprendendo la cronaca della Nuova Sardegna, la mattina dell’8 maggio 1906
Moretti è acclamato a Bono dal comitato e dalla folla in una manifestazione lungo le strade del
18
Introduzione
paese al grido di “Abbasso la camorra, viva Moretti”, dopo che nella sera precedente i colleghi
Testoni, Pirastru, A. Farina e la figlia Maria si rifiutano di cantare con lui non presentandosi
sul palco. Probabilmente è una risposta a questi fatti la scrittura e la pubblicazione a Sassari di
Sas garas poeticas in Sardigna ei sos suos imbroglios, in cui critica anche con ironia le scelte dei
comitati organizzatori, i colleghi che li ricattano e le giurie partigiane.
A giugno finisce di scrivere Sos males chi affligin sa Sardigna ei s’urgente rimediu che pubblica a Oristano.
Il rientro in patria. Rientra a Tresnuraghes, ormai apprezzato improvvisatore, per schierarsi nel
1907 con slancio “fiero e gagliardo” nella contesa elettorale per il rinnovo dell’Amm. ne comunale. I suoi vecchi avversari subiscono una disfatta. Nel 1908 integra e pubblica presso la tipografia U. Satta di Sassari una nuova edizione de Sos males chi affligin sa Sardigna, stavolta col titolo Boghes de Sardigna. Partecipa a gare poetiche ma, ad esempio, nel 1908 a Nuoro polemizza
col vincitore A. Cubeddu per la supremazia [Sardu so… N° 1, Tip. Gallizzi], nel 1909 a Bonorva
protesta con la giuria e, seppure invitato, non vi farà a lungo ritorno [Sardu so… N° 2 e N° 3].
Il successivo ‘tradimento’ dei nuovi amministratori di cui si sente vittima (“abbandonato
da questi per essersi venduti al prete”) lo rendono di nuovo straniero nella sua patria e facile
bersaglio dei suoi avversari. Vorrebbe come ricompensa del suo appoggio un posto di lavoro,
magari da usciere, ma non lo ottiene.
La situazione per lui è diventata di nuovo insostenibile. Scrive all’amico Marras in Argentina, anche lui a suo tempo fuggito in ‘esilio’ volontario, chiedendogli di cercargli al più presto
una occupazione “nella bella America”. Non se ne fa niente, non sappiamo perché. Dieci mesi
dopo risponde da Tresnuraghes allo stesso Marras, parlando dei suoi avversari: “Ma… a passu
acceleradu est arrivinde/Sa die chi los comporo e los bendo”. Si illude, e il suo ottimismo sarà
presto frustato.
Nel 1910 si presenta a una gara pur non essendo stato invitato, per protesta contro il boicottaggio operato dagli altri improvvisatori e dai comitati filoclericali organizzatori delle feste.
Il suo anticlericalismo raggiunge ora i toni più accesi. Appare quasi una sfida rabbiosa la
pubblicazione nel 1911 de Sa divozione in Sardigna, oggetto di una critica da parte di un certo
Salvatore Pintus di Tissi alla quale Moretti replica con una Controcritica, ma questo non fa
altro che rarefare ulteriormente la sua presenza nelle gare per volontà del clero e degli organizzatori filoclericali: nel 1912 parteciperà solo a qualche gara.
Di nuovo in miniera. È costretto a ripartire per la miniera: questa volta per quella di Montevecchio, non più diretta dall’ing. Castoldi… Rivive le sofferenze dell’esilio, del lavoro duro e
dell’isolamento. Scrive lettere dolenti agli amici, le sue Tristia, per mitigarle. Nasce l’amicizia con Giulio Fanari insieme al quale produce un’opera pregevole, Voluntade e Destinu, della
quale finora è stata pubblicata nel 1996 solo la parte composta da quest’ultimo [N. Cannella,
Opere ritrovate di Giulio Fanari, G. Trois editore].
Vive un periodo di speranze e delusioni che lo spingono anche a isolarsi in campagna con un
atteggiamento rinunciatario, nonostante gli stimoli di Fanari ad agire e a reagire. Partecipa nel
1913 ad alcune gare poetiche a Portotorres, a Buggerru, forse a Macomer. Inizia a firmare i suoi
scritti con lo pseudonimo Timore, anagramma del cognome.
Nel corso dell’anno lo troviamo a Golfo Aranci, non sappiamo perché. Nel 1914-1915 è a
Oristano, forse anche ad Abbasanta, come impiegato del dazio. Negli anni del conflitto mondiale risiede a Iglesias ancora come agente daziario.
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Sebastiano Moretti. Tutte le opere
Continua a firmarsi con pseudonimi: Timore o, come nella risposta a Deus sutta processu di S.
Poddighe del 1918, con Epifanio Murette. Già dal 1919, anno i cui pubblica una terza edizione
ampliata di Boghes de Sardigna, scrive nella rivista degli ex combattenti sardi Il Solco. Nel 1920
completa e pubblica a Iglesias il I fascicolo di Su valore de sos Sardos in gherra (scritto per buona
parte in età giovanile).
Nell’anno successivo scrive e pubblica Sa campana sarda a sostegno delle liste dei Combattenti che in Sardegna assumono posizioni che a breve porteranno alla nascita del Psd’A.
Secondo il racconto di tiu Cornelio Corona, Moretti partecipa nel 1920 a una gara nella quale il comitato propone agli improvvisatori un premio per chi in una ottava, o un sonetto, o altra
composizione equivalente, esprima meglio l’andamento di una battaglia avvenuta nella grande
guerra: Moretti canta la stanza N° 16 del Compendio e tragica fine di Umberto I. Viene richiesta
loro anche una ottava sul dolore e Moretti canta quella riportata nella sezione Tentas a bolu.
Nel 1921 pubblica nella tipografia Cugini Sanna di Iglesias Origine, astuzias e ingannos de
sa femina delittuosa1, una feroce satira contro le donne e il I fascicolo de Su valore de sos Sardos
in gherra, mentre a Sassari pubblica il II (dedicato a Eleonora d’Arborea) e i primi tre de Su
Parnasu sardu, raccolta di una parte della sua corrispondenza poetica degli anni trascorsi in
miniera. Un significativo elenco di poeti e di improvvisatori appare in questi ultimi, ma tra essi
non figurano né Cubeddu né Pirastru…
Sempre nel 1921 sappiamo che partecipa a una gara a Bortigali con Farina, Pirastru, Sassu
[P. Pillonca, Chent’annos].
Il rientro definitivo a Tresnuraghes. Nel 1922 avviene il definitivo rientro a Tresnuraghes. Rientra anche l’amico G. Marras dall’Argentina ed entrambi si iscrivono alla locale sezione del
PNF. Il 26 agosto dello stesso anno partecipa nel suo paese a una gara con Cubeddu, Testoni e
Farina e canta per la prima volta nelle gare sui palchi (ma è davvero così?) una moda, quella in
onore di S. Antonio [B. Muroni, Gente di Planargia, pag 170].
Partecipa a numerose gare di cui, spesso, non restano tracce: a Tortolì con Atzori e Sassu; a
Tresnuraghes nel 1923 con Sassu e Piga, nel 1924 con Piga, Tucconi e Sanna, nel 1925 con Cubeddu, Tucconi e Ninniri, nel 1926 e 1927 con Cubeddu e Testoni, nel 1928 o 1929 compone
la moda a S. Tiriagos [B. Muroni, Gente di Planargia]; a Villanova, sicuramente con Piras, nel
1926 in cui canta la moda a S. Sebustianu; a S. Lussurgiu sempre nel 1926 con Piras; nel 1929
con Piras e Pulina, desumibile da una foto in [P. Pillonca, Remundu Piras OPERA OMNIA,
pag. 258].
Nel 1923 scrive Mussolini in Sardigna, cronaca propagandistica del viaggio di Mussolini
nell’isola.
Nel 1925 pubblica a Sassari il IV fascicolo de Su Parnasu sardu intitolato Serenatas de amore,
raccolta di componimenti d’amore ma anche di critica dei costumi e del carattere di giovani
donne.
Nel 1928 pubblica i componimenti satirici Cuntrattu matrimoniale tra Coitunda, Coilongu e Coibasciu e Ironia pro unu bragheri. Pubblica anche poesie nella rivista Rassegna Poetica
Dialettale.
Nel 1930 pubblica a Ozieri un’altra edizione di Origine, astuzias e ingannos de sa femina
delittuosa.
La composizione dell’opera deve essere avvenuta prima del 1915, come si può ipotizzare per il sistematico uso (rimasto anche nella edizione del 1930) della forma haere piuttosto che di aere per il verbo avere.
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Introduzione
Si ammala di diabete e dimagrisce tanto da essere irriconoscibile, vestito con gli abiti degli
anni precedenti. Alcuni mesi prima di morire è in compagnia di amici a casa di un mio nonno
e ha voglia di cantare, insiste, ma loro si ritraggono, non si sentono all’altezza. Canta, per incoraggiarli l’ottava riportata nella sezione Tentas a bolu. Gli amici, rincuorati, lo accontentano.
Pochi mesi dopo, il 28 aprile del 1932 (simbolicamente il giorno della ricorrenza de Sa die de sa
Sardigna che verrà istituita molti decenni dopo), muore lasciando un grande vuoto nella grande maggioranza dei suoi compaesani e un senso di sollievo in una piccola minoranza. Della sua
tomba, del suo nome addirittura, non resta traccia nel cimitero del suo paese. Solo una targa lo
ricorda, e solo dagli anni ’70, ai suoi compaesani che non l’hanno mai conosciuto.
Il carattere
Sicuro di sé, delle sue conoscenze (rispetto alla grande maggioranza dei suoi colleghi), della
abilità tecnica posseduta (che gli deriva dalla continua ricerca di nuovi modelli) e della sua
completezza come artista (nella poesia improvvisata e in quella scritta) è anche consapevole
delle simpatie di cui gode presso il pubblico. Per questo pretende di essere rispettato, di essere
riconosciuto il maestro, da parte dei colleghi improvvisatori e, se ciò non avviene, la sua bonarietà conciliante si trasforma in spavalderia e in aggressività anche sprezzante, come emerge da
diverse ottave tentas a bolu, da alcune lettere a P. Caria e dai versi scritti all’amico B. Cinellu:
“Mai no so’ istadu ’e coro duru/Ma… guai tocadu, e mi nde onoro”. Per questo suo carattere Barore Sassu, nella testimonianza riportata in Chent’annos da P. Pillonca, sostiene che era molto
prepotente. La violenza verbale che appare in alcuni suoi scritti, in reazione a qualche provocazione o a un’offesa ricevuta, mostra una certa difficoltà nell’autocontrollo e assume talvolta
un carattere anche volgare (che non si può tacere, perché oggettivamente contrasta col resto
della sua produzione artistica che mal si concilia con queste cadute di stile). Per questo è relativamente facile, per un suo avversario o per chiunque altro, divulgare qualche composizione
aggressiva e attribuirla alla sua penna.
È un ragionatore con attitudine all’analisi, capace di argomentare a fondo la tesi di volta in
volta difesa, e per questo apprezza e guarda con simpatia giovani di talento come Barore Sassu,
Remundu Piras o Angelino Petretto. È un teatrante, abile a esprimersi anche con la mimica ed
è versatile, capace di trattare ugualmente bene temi storici o d’attualità, impegnati o divertenti,
caratteristiche che ne fanno un beniamino dei palchi. Ama cantare con gli amici poeti davanti
a un fiasco di vino. Facile all’entusiasmo, le esperienze negative e le sconfitte ripetute lo portano per un lungo periodo all’isolamento, se non anche alla depressione.
La funzione educatrice ed emancipatrice della poesia
Moretti, come del resto i suoi amici minatori P. Caria e S. Poddighe, riconosce un ruolo fondamentale alla cultura e considera importante la funzione della poesia per la crescita intellettuale
delle persone e la maturazione delle coscienze.
Non a caso egli è uno dei personaggi de Su banchitu magicu di S. Poddighe, opera bernesca
in cui i due amici sottraggono dall’oscurità della superstizione il terzo personaggio, Giuanne
Soddu. Non per caso egli pone come incipit della edizione del 1919 di Boghes de Sardigna questi versi: “Operaiu, est tua unica cura,/in cantu podes de ti dedicare/a sa legenda pro illuminare/
ca mama de ischire est sa lettura”. E similmente P. Caria gli scrive: “… e proite est suzzedidu?/pro
culpa ’e sa paga istruzione” mentre, rispondendo alla critica di S. Vidili a Sa mundana cumme-
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