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LA REGGIA
Francesco Marno
rimatore mantovano del ’500
"Il nostro collaboratore Giancarlo Ciaramelli è impegnato in una meritoria fatica editoriale denominata "Nuptalia", ovvero la raccolta di tutti i libretti di nozze custoditi nella
biblioteca Teresiana. Si tratta di un lavoro davvero improbo, visto che i testi non sono
custoditi in unico fondo ma sparsi tra i vari scaffali; ma, come sottolineavo, assoluta-
mente meritorio poiché mette in ordine (presumibilmente entro la fine dell'anno) 582
libretti (alcuni provenienti anche dall'estero) raccolti tra il 1502 e il 1900. Gli Autori dei
libretti provengono dalle più diverse regioni d'Italia; 119 sono mantovani, tra cui, appunto, l'autore che ora ci presenta in anteprima per La Reggia" (f.a.)
di Giancarlo Ciaramelli
ll’inizio
dell’Ottocento quando l’Arcadia
giunge al suo
epilogo, gli
offerenti i libretti di nozze che fino ad allora avevano preferito soprattutto
pubblicare componimenti
inediti di autori contemporanei, iniziano a riproporre
epitalami e imenei di auto-
neto venuti in suo possesso
che Carlo d’Arco nel suo
manoscritto Notizie delle
accademie, dei giornali, e
delle tipografie che furono in Mantova e di mille
scrittori mantovani vissuti
dal secolo XIV fino al presente (esclusi i viventi), ci
fa conoscere il mantovano
Francesco Marno, più noto
come vicario episcopale a
metà del Cinquecento, nella
terminato autore o per uno
specifico tema. Quanto alla
scelta di pubblicare le rime
del Marno, si pone in rilievo
il fatto che esse costituivano
un inedito, ma soprattutto
che egli possedesse, a giudizio di molti, un indubbio
talento rimasto celato durante la sua vita. Il canzoniere
di Marno faceva parte della
raccolta di manoscritti che
l’abate Giacomo Morelli
le stesse inclinazioni poetiche. Bisogna sottolineare
come l’ambiente ferrarese
e veneto del periodo fosse
particolarmente fervido di
interessi letterari e musicali
e fosse influenzato dalla figura di Pietro Bembo considerato l’iniziatore del petrarchismo. L’Università di
Ferrara era poi un importante
polo di attrazione nazionale
e internazionale frequentato
confutare una frase di Saverio Bettinelli contenuta nel
volume Delle lettere e delle
arti mantovane stampato nel
1774, in cui avrebbe confuso
Francesco Marno col nipote
Giulio: «Giulio Marni lodato è qual poeta elegante nelle poesie del conte d’Arco,
come pure Dionigio Preti».
Il Marno, suggerisce Carlo
d’Arco, era contemporaneo
di Niccolò d’Arco ed è ra-
vos caussa tenet diu morantes, lupi candidi utrique,
amati utrique, Marne, Preteque amabiles utrique? ....
Breves praecipitant, redite in
urbem, et mecum Bromio &
iocis vacate, et mecum studiis vacate honestis ... ».4
ri classici, riscoprendo anche la poesia del Petrarca e
dei suoi imitatori quattro e
cinquecenteschi che ben si
prestavano a tessere le lodi
della sposa, e delle gioie
dell’amore. Gli argomenti
dei libretti di nozze nel corso dell’Ottocento divennero i più svariati e quasi un
pretesto per pubblicazioni
che spesso non avevano alcuna attinenza con l’evento
nuziale, e l’unico elemento
caratterizzante rimaneva la
dedica iniziale. La ricerca
di autori inediti rimane comunque una costante di questo genere di pubblicazioni.
È grazie, infatti, ad alcuni libretti di ambito ve-
giovanile veste di rimatore.1
Per la verità in precedenza anche Leopoldo Camillo Volta nel “diarietto”
del 1785 dedica a Marno
qualche scarna notizia: «In
gioventù si esercitò privatamente a comporre sonetti,
e canzoni nel gusto del Petrarca, ed il suo canzoniere
tutt’ora inedito ci dimostra
ch’egli seppe felicemente
imitarlo per semplice suo
trattenimento senza farne
altra pompa».
Se leggiamo le dediche
dei libretti di nozze, oltre ai
consueti encomi agli sposi
e alle loro famiglie, si nota
come spesso si evidenzino i
motivi delle scelte di un de-
donò poco prima della sua
morte nel 1818 alla Biblioteca Marciana di Venezia
da lui diretta per oltre quarant’anni.2
Marno, infatti, considerava i suoi sonetti non degni
di particolare attenzione, ma
semplicemente frutto di una
passione che lo aiutava ad
affrontare gli impegnativi
studi che lo stavano attendendo, tant’è che, una volta laureatosi in “entrambe
le leggi” a Ferrara, decretò
anche la fine del giovanile
interesse. Si può ipotizzare che abbia lasciato la sua
raccolta manoscritta di sonetti a qualche più giovane compagno di studi con
anche da molti mantovani.3
Scrive il d’Arco: «Figlio di Antonio, nacque in
Mantova al finire del secolo
XV. Studiò giurisprudenza
a Ferrara dove si laureò il
31 ottobre 1527.
Tornato in patria venne
aggregato al Collegio dei
giureconsulti del quale al
1536 venne eletto priore.
Circa al 1538 ordinato sacerdote fu poi nominato canonico della cattedrale ed al
1546 eletto dal cardinale Ercole Gonzaga a suo vicario
episcopale. Non sappiamo
l’epoca della sua morte, ma
solo che egli ancora viveva
al 1550».
D’Arco poi si sofferma a
gionevole pensare che a lui
sia riferito.
Le poesie latine cui fa
accenno il d’Arco recano i
titoli Salutat Pontani effigiem e Ad Capilupos, Pretum
et Marnum (ndr. Ai fratelli
Ippolito, Lelio e Camillo Capilupi) in cui l’autore rivolge loro l’invito di ritornare
in città, lasciando ogli ozi di
campagna, per riprendere assieme gli studi.
Tu Latiis, Pontane, modis
cantabere tuscis, qualed dant
gemini, docta caterva, Lupi;
qualibus assiduos Marnus
meditatur amores, aut Veneris Pretus bella proterva
canit e più avanti Quid ruri
facitis, boni sodales? Quae
Venezia, 1856 (due opuscoli
offerti rispettivamente da due
amici della sposa Giulia Binetti, e dai fratelli della sposa);
Per le bene auspicate nozze
del signor Angelo Binetti colla signora Marietta Pedrocchi,
Padova, 1857; Per le faustissime nozze Troyer-Paolucci, Venezia, 1859.
2. Il codice è segnato Classe
IX, n. 300 e si compone di 184
fogli di 222x160 mm.
3. Cfr. Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara nei
sec. XV e XVI, a cura di Giuseppe Pardi, Lucca 1900. Il Marno
non compare in questo volume
perché non furono reperiti i diplomi dal 1520 al 1528.
4. Hieronymi Fracastori veronensis, Adami Fumani canonici veronensis, et Nicolai Archii comitis carmina. Tomus
II, Patavii, excudebat Josephus
Cominus, 1739, p. 197 e 222.
A
1. I libretti di nozze posseduti dal d’Arco e conservati
presso la Biblioteca Comunale
Teresiana sono: Per le faustissime nozze Chitarin-Binetti,
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Francesco Marno rimatore mantovano del