PDF Compressor Pro 12 Speciale Sposi 15 maggio 2015 Profumo di fiori d’arancio N Collezioni primavera estate Abbigliamento elegante e casual Angolo Outlet Via Regione Sarda 14 VILLACIDRO tel. 070 9310084 el viaggio degli innamorati verso una vita felice assieme la tappa del matrimonio rappresenta un primo traguardo. C’è chi ha già deciso la data delle nozze, in primavera e in estate,come vuole una tradizione già presente sino dai tempi dei romani. Altri pensano invece all’autunno e all’inverno per un matrimonio più originale, fuori dagli schemi. Qualunque sia il periodo scelto, per il giorno del fatidico sì la sposa vuole sentirsi bellissima per esprimere al massimo la sua gioia. «I colori e l’acconciatura, spesso in armonia con il vestito, esaltano la personalità della sposa che di solito ha le idee chiare su cosa vorrebbe. Sentirsi naturale rende la sposa più bella », garantiscono Donatella e Stefania Saba, parrucchiere di Guspini. Altro simbolo della magia delle nozze è poi il bouquet della sposa.«Scelto ancora rigorosamente dalla suocera, anche se ormai vengono coinvolte con domande e piccoli sotterfugi anche le spose affinché il bouquet sia in linea con l’abito e sia quello preferito dalla protagonista della festa», precisa Sandra Lobina della Boutique del fiore di Guspini. Sul tipo di matrimonio c’è chi sceglie la cerimonia religiosa seguita da una banchetto tradizionale e chi invece sceglie il rito civile in una location suggestiva dal punto di vista artistico e culturale e una festa informale. In entrambi i casi, sempre più sposi si rivolgono a professionisti per gli allestimenti. «Siamo accanto agli sposi per creare il matrimonio che sognano. Di solito c’è un tema conduttore che viene richiamato in ogni dettaglio e che viene deciso insieme alla coppia», ricorda Federica Fadda di Pot Pourri Guspini. «Sempre più persone oltre che richiedere i fiori contattano per allestimenti completi », aggiunge Paola Orrù di Angolo Verde Villacidro. E poi arriva il momento della festa con tanti invitati pronti a fare baldoria in onore degli sposi in ristoranti rinomati come la Taverna Romana o in agriturismo come Casa Marmida, entrambi apprezzati nella zona per l’ottima cucina. Al momento dei saluti poi c’è un piccolo ricordo per gli invitati per ringraziarli di aver condiviso assieme attimi indimenticabili. Per tradizione si consegna una bomboniera: «Oggi si punta a qualcosa di molto originale o utile, come portagioie oppure portachiavi e cofanetti», spiega Gigliola Marrocu. E c’è infine chi decide di regalare i sapori della nostra terra.«Ci chiedono bomboniere di vino. Graziose bottiglie da 500 ml di vino da tavola o moscato diventano il famoso souvenir da portarsi a casa dopo la festa», conclude il viticotore Enea Sonedda . (t.e.) PACCHETTO SPOSA Pulizia viso Epilazione completa e sopraciglia Ricostruzione in gel mani e piedi Peeling corpo Prova trucco Trucco Sposa a 150 euro Vieni a trovarci nel Centro Beauty & Relax di Chiara Deidda Via Sassari 181 VILLACIDRO tel. 342 0625199 Bomboniere per emozioni da ricordare Allestimenti nozze civili e religiose Mazzo di fiori da sposa Viale Don Bosco, 62 Villacidro Bomboniere Allestimenti wedding Loggetta Piazza Frontera VILLACIDRO Via Santa Maria 30 Max Sabetta Cantante e presentatore per animazione nei matrimoni tel. 347 6091840 GUSPINI [email protected] PDF Compressor Pro 15 maggio 2015 SAN GAVINO SAN GAVINO La piazza è sporca? Non c’è problema. A San Gavino il sindaco Carlo Tomasi e l’assessore Stefano Musanti si rimboccano le maniche armati di scopa, paletta e secchio. Succede nella centrale piazza Marconi che dà sul Comune e sulla chiesa di Santa Chiara. Il primo cittadino ha appena finito di celebrare un matrimonio con rito civile e subito inizia la festa in piazza con la tradizionale rottura del piatto e il grano disseminato in buona parte della piazza. Gli uffici del Comune sono chiusi e la ditta delle pulizie non lavora. Che fare? Far finta di niente o agire? «Nella piazza – racconta il sindaco Carlo Tomasi – c’era almeno l’equivalente di un secchio di grano che avrebbe potuto creare un pericolo per i passanti ed in particolare per le persone anziane che passano nei pressi della chiesa o del municipio. Abbiamo comprato a San Gavino da commercianti locali scopa, paletta e secchio e ci siamo messi all’opera. Una signora anziana del gruppo dei festeggiati mi voleva aiutare, ma le ho detto di lasciar stare e di andare a divertirsi. Abbiamo voluto dare un piccolo segnale alla comunità». Sulla stessa linea l’assessore ai lavori pubblici e all’arredo urbano Stefano Musanti: «Dopo i classici festeggiamenti, abbiamo visto la piazza sporca e si sembrava carino intervenire. Magari la prossima volta ci daremo da fare 13 Il sindaco e l’assessore Musanti Cantieri comunali, in 18 al lavoro per la cura del verde puliscono piazza Marconi per coinvolgere gli sposi. In una comunità l’esempio lo devono dare gli amministratori per governare al meglio il proprio territorio. È importante essere presenti e attivi anche con i fatti. Siamo riusciti a strappare qualche sorriso e anche applausi dai passanti». Insomma da qui parte l’esempio per una costante cura del paese: «Ci vuole aggiunge Stefano Musanti una partecipazione responsabile sia nel rispetto dell’ambiente che degli edifici: lo spazio è di tutti sia dell’ambiente che delle diverse strutture. Ognuno deve fare la sua parte. Chi fa un danno lo fa a se stesso come quando compie un atto di vandalismo: ci vuole un senso della convivenza civile. Ora programmeremo delle giornate di sensibilizzazione aperte ai cittadini. Nei nostri interventi in questi primi mesi di amministrazione per prima cosa abbiamo pensato alla sicurezza dei cittadini con il posizionamento del guard rail in via Villacidro, in via Po ed ancora in via Goldoni e negli altri attraversamenti del Rio Pardu». Ora, dopo anni di lunghe attese, si aspetta il bando e il successivo appalto per la realizzazione della rotonda nell’incrocio all’uscita da San Gavino tra la statale 197 e la provinciale per Villacidro. Un’opera fondamentale per la sicurezza dei tanti automobilisti che ogni giorno transitano in quel punto. Gian Luigi Pittau VILLACIDRO Un nuovo centro per aiutare le donne vittime di violenze Donne minacciate e picchiate dal proprio marito o fidanzato, ragazze abusate dal padre orco o ancora peggio donne vittime della violenza assurda del proprio ex e uccise come è successo alla villacidrese Marta Deligia il 23 settembre 2013. E proprio nel Comune più popoloso del Medio Campidano sono sorti un nuovo centro antiviolenza e uno sportello antistalking ospitato nella Casa della salute in Viv Guido Rossa e aperto ogni giovedì dalle 10 alle 13. Gli altri otto centri sono aperti a San Gavino, Guspini, Gonnosfanadiga, Lunamatrona, Sanluri, Serrenti e Serramanna, sono finanziati da Regione e Provincia, e sono gestiti dalla cooperativa Adest di Santadi. I DATI La maggior parte delle violenze avviene tra le mura domestiche e secondo i dati dei centri antiviolenza del Medio Campidano, coordinati dalla pedagogista Cinzia Neri, l’età media delle donne che chiedono aiuto è di 38 anni e nel 2014 ci sono circa 70 situazioni di carico mentre nel 2013 ci sono stati 50 nuovi accessi. Nell’85 per cento dei casi è il marito che picchia la moglie o si tratta di un fidanzato che è stato lasciato. Spesso le vittime sono dei minori. Purtroppo la Regione ha ridotto i fondi in questo ambito, ma il servizio è garantito almeno fino a settembre 2015. Per entrare in contatto con i centri antiviolenza del Medio Campidano si può chiamare il numero nazionale 1522 e nei centri ad accogliere le donne che hanno bisogno d’aiuto c’è personale altamente qualificato. NUOVO SERVIZIO Lo sportello di Villacidro si aggiunge agli Il sindaco Terersa Pani altri 8 già esistenti: «Uscire dalla condizione di violenza che si vive è possibile. I centri - spiega il sindaco di Villacidro Teresa Pani - nascono per offrire alle donne vittime di violenza percorsi di aiuto e sostegno che permettano loro di riconquistare quella autonomia e quella libertà che consenta loro di riprendere in mano la propria esistenza e di condurre una vita serena. I Centri lavorano in raccordo con gli altri servizi presenti nel territorio e prevedono il servizio di ascolto, di accoglienza e di accompagnamento individuale, la consulenza psicologica e legale gratuita. La violenza contro le donne e i minori rappresenta un’emergenza che si riflette negativamente non solo sulla condizione psicologica e fisica delle vittime ma anche sulle persone che vivono a contatto con loro, soprattutto sui bambini e sulla società nel suo complesso”. Chiamando il numero verde 1522 e con la garanzia del mantenimento dell’anonimato, l’operatrice indirizzerà al Centro preferito e più vicino». Di fondamentale importanza è poi la relazione con i servizi sociali dei comuni, le forze dell’ordine e il sistema sanitario. Lo sportello è il cuore dell’attività: un operatore accoglie le richieste e getta le basi per un aggancio e l’eventuale elaborazione di un progetto. Può trattarsi di un’emergenza e quindi vanno incoraggiate la denuncia e l’allontanamento, oppure di consulenze di carattere psicologico e di un percorso di sostegno, di consulenze legali, sociali e pedagogiche. Inoltre il centro tutela i minori che possono essere vittime dirette o indirette di violenza in casa (per lo più) o in altri contesti. (g. l. p.) Rendere il paese più pulito e nello stesso tempo creare posti di lavoro per i disoccupati. È con questo obiettivo che l’amministrazione, grazie ai cantieri comunali finanziati, è riuscita ad assumere ben 15 operai scelti dal servizio sociale e tre capisquadra scelti dalle cooperative sociali che per tre mesi saranno impegnate nello spazzamento delle strade, nella cura delle aree verdi e nella bonifica delle discariche a cielo aperto che spuntano nei luoghi più insoliti del paese. Le persone sono al lavoro da qualche giorno e sono state divise in tre squadre che puliranno progressivamente l’intero paese. Strade, marciapiedi e piazze saranno ripulite dalle erbacce, dalla presenza di foglie e spazzatura. Importante anche l’aspetto sociale, come ricorda l’assessore Bebo Casu: «Il cantiere è stato realizzato grazie al finanziamento regionale di 85mila euro ed oltre al lavoro c’è il discorso dell’impiego di queste persone che possono essere utili alla collettività e che poi, grazie ai servizi sociali, potranno riprendere a camminare con le loro gambe. Purtroppo bisognerà trovare altre forme di finanziamento di questi cantieri dal momento che non c’è più l’Irap regionale che permetteva la realizzazione di questi interventi». Ora l’amministrazione comunale cercherà nuove forme di finanziamento lavorando sul bilancio comunale come ricorda il sindaco Carlo Tomasi: «Favoriremo l’apertura di nuovi cantieri. Il decoro urbano e le minime offerte occupazionali sono ritenute di rilevanza primaria nella nostra azione programmatica». Intanto il Comune prosegue la lotta contro chi abbandona rifiuti soprattutto in campagna anche se da qualche tempo si ha un migliore controllo del territorio grazie all’azione della compagnia barracellare e ai volontari dell’Anpana (associazione nazionale protezione animali natura ambiente). La vigilanza permetterà un risparmio alle casse del Comune che in passato ha speso più di 10mila euro per la bonifica di una discarica abusiva d’amianto in località “Funtan’e canna”. (g. l. p.) BARUMINI Proloco: si dimette il presidente Un fulmine a ciel sereno: a 16 mesi dalla sua elezione a presidente dell’Associazione turistica Pro Loco, Enrico Zucca, 26 anni, nel corso dell’assemblea dello scorso 3 maggio ha rassegnato le proprie dimissioni. «Mi dispiace, ma nonostante i buoni propositi e il mio impegno, sono rimasto deluso rispetto alle attese iniziali. La causa principale sta nella scarsa partecipazione della gente e dei soci alla realizzazione delle manifestazioni effettuate. Le mie dimissioni vogliono essere una protesta per sensibilizzare i compaesani» dichiara Enrico Zucca. Eppure la Pro Loco nel 2014 ha avuto ben 130 soci tesserati. Ora sta ai sei membri del Consiglio di Amministrazione individuare in tempi brevi un nuovo presidente, visto anche l’approssimarsi delle iniziative estive già programmate. La preoccupazione si percepisce anche dall’umore di alcuni soci, i quali sostengono che per motivi di varia natura pochissime persone hanno tempo da dedicare alla Pro Loco. Certamente sarebbe una sconfitta per tutta la comunità locale, sede dell’unico sito Unesco della Sardegna, privarsi di un’associazione così importante anche sotto il profilo turistico. In molti sperano che in tempi brevi si possa individuare una soluzione per sostituire il presidente dimissionario e farla ripartire. Carlo Fadda PDF Compressor Pro 14 15 maggio 2015 PABILLONIS. ISTITUTO DI VIA BOCCACCIO P artecipa anche la classe quarta A della scuola primaria di Pabillonis alle innumerevoli iniziative promosse dall’Expo 2015. Gli alunni dell’istituto di via Boccaccio infatti, da alcuni mesi sono impegnati nelle attività di Together in Expo 2015. Il concorso proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è uno spazio digitale e interattivo, costruito attorno agli itinerari tematici di Expo Concorso Expo 2015: gemellaggio con il Brasile per gli alunni della quarta elementare Milano 2015 per dare voce ai docenti e agli studenti di tutto il mondo. «La classe si è gemellata per la partecipazione al concorso finale con il team Arara Vermelha, terza C della scuola EMEF Pracinhas da FEB di San Paolo Brasile. Il progetto presentato, dal titolo “Sardegna e Brasile incontro tra popoli e culture”, ha visto SAN GAVINO. CONVEGNO entrambe le classi impegnate nella preparazione di piatti tipici. I brasiliani si sono cimentati nella preparazioni dei nostri Mallorreddus alla campidanese mentre i ragazzi di Pabillonis hanno sperimentato diversi piatti brasiliani dalla Feijoada al Pao de queijo, passando per la Salada de arroz, per concludere con il Pao de lo recheado ALLE com cremi di morango e i gustosi Brigadeiros», spiega l’insegnante Graziella Gambella promotrice del progetto. Il gemellaggio a distanza funziona pienamente e i ragazzi inoltre, entusiasti dell’iniziativa, partecipano con trasporto anche alle Missioni. «Sono giochi interattivi e sfide organizzate attorno SCUOLE MEDIE “Scuola e Famiglia: un’etica familiare e sociale” “Un’etica familiare e sociale” e il rapporto tra scuola e famiglia. Sono questi i temi del convegno presentati dal docente Gianni Aresu che, nell’aula delle scuole medie, dà il benvenuto ai relatori e alla platea. Regalo graditissimo per gli ospiti è il calendario interreligioso realizzato dai ragazzi della seconda B delle medie insieme al professore Pierpaolo Saba. Il calendario include le religioni cristiane, musulmane ed ebraiche con fini culturali, di amore e rispetto verso ogni uomo, di sensibilizzazione al dialogo e all’accoglienza, ma anche pratici, dato che tali informazioni possono essere utili per scuole, ospedali e ovunque sia presente un’utenza di differenti religioni e professionalità. La dirigente scolastica Susanna Onnis saluta i genitori, gli alunni delle classi seconde e terze, i componenti del Consiglio d’Istituto, i sacerdoti delle due parrocchie, il comitato scolastico dei genitori di Sardara, l’assessore alla pubblica istruzione di San Gavino. «Cari ragazzi - rimarca la dirigente - siete persone e come tali vi consideriamo, siete alunni a scuola, figli a casa, nipoti con gli zii e i nonni, ma il nostro obiettivo resta quello di considerarvi persone anche se assumete diversi connotati in tante situazioni. Il delicato compito della scuola è quello di contribuire a costruire la personalità di ogni studente». A seguire il sindaco Carlo Tomasi cita il suo amore per la scuola dove si è formato e dove si educano e si incontrano i nostri futuri cittadini. Anche il vescovo monsignor Giovanni Dettori mette l’accento sull’importante ruolo della scuola nel fornire formazione ed educazione: «Valorizzare la relazione tra scuola e famiglia non significa soltanto saper relazionarsi con il proprio ambiente di vita, ma anche partecipare alla costruzione comune del mondo futuro». Parte dal maggiore della Guardia di Finanza di Cagliari, Vito Sivilli, la riflessione sul concetto che «la legalità fa bene a tutti e conviene sempre. Tutti abbiamo l’obbligo di educarci alla legalità, di informarci e di combattere gli evasori, i falsi invalidi, i truffatori, i ricicla- tori di denaro sporco e trafficanti di merce contraffatta». La docente di religione del liceo delle Scienze Umane Barbara Pinna affronta il tema del dialogo tra Gesù e Maria. «La Madonna è mamma e le sue parole nel vangelo sono vitali, sono poche ma molto significative. I suoi silenzi sono vitali anche più delle parole, ma dialoga con Gesù in ogni istante perché nessuno deve sentirsi solo. Ogni mamma deve saper dire di “no” quando è necessario e deve assumersi le proprie responsabilità, come fa Maria con Gesù», afferma l’insegnante. Successivamente il dirigente della Comunità terapeutica “San Michele” Giuseppe Dilernia evidenzia che «i ragazzi hanno già discusso in classe su problematiche giovanili e familiari tutto l’anno. Si sono affrontati argomenti riguardanti disagio, devianza e dipendenze attuali. Con Marco Statzu, docente di antropologia della Pontificia Facoltà Teologica, si è approfondito il tema della famiglia come risorsa e strumento nel processo di crescita. Oggi più che mai assume una notevole importanza la famiglia nell’educazione dei ragazzi, anche se è notevolmente cambiata rispetto al passato. Tra separazioni, divorzi e altri modelli spesso arrivano le crisi dei componenti familiari, ma l’importante è essere se stessi e sapersi accettare. Ognuno nasce con un dono... perciò alla fine ognuno fa quello che è ed è bello condividerlo con chi si ha accanto». Con il docente Vincenzo Muntoni si affronta il rapporto tra genitori e figli ai tempi dei nostri nonni: «Ormai si è modificato il concetto di obbedienza e in passato non c’era molto spazio per il conflitto: il genitore comandava e il figlio, volente o nolente, ubbidiva. Con le nuove tecnologie, i tablet e gli smartphone non esiste più il dialogo diretto ma occorre che ci si incontri tra generazioni attraverso la costruzione di un modello ideale di crescita, un percorso in cui ognuno ha la responsabilità del proprio compito. Il compito dei genitori e degli educatori è quindi quello di fare diventare i figli autonomi, capaci di stare al mondo, di relazionarsi con gli altri». (gi.ar.) al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” che implicano l’utilizzo di strumenti e/o canali digitali, così da unire gli aspetti educativi alle nuove tecnologie con la condivisione di fotografie, video, impressioni con le classi di tutto il mondo: attualmente la classe ha partecipato a 28 missioni con un punteggio di 315 punti e una posizione in classifica di tutto rispetto: 336° su 2708 squadre iscritte», spiega l’insegnante. Sogno nel cassetto? «Poter visitare l’Expo prima della chiusura, entro il prossimo ottobre: sarebbe un bellissimo regalo per i ragazzi che hanno lavorato con entusiasmo in tutti questi mesi», conclude maestra Graziella. Dario Frau Separazioni a basso costo al via anche a Villacidro È sufficiente il modico prezzo di 16 euro per la richiesta congiunta di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. L’amministrazione comunale ha recepito la legge del governo e le parti potranno rivolgersi al Comune per chiedere informazioni sulla documentazione occorrente e per fissare un appuntamento per il giorno dell’accordo. E la decisione dell’amministrazione non ha solo un aspetto economico, ma consente anche una semplificazione burocratica nella prima fase della separazione. Ci saranno comunque dei tempi di attesa, ma si eviteranno quelle lunghissime spese da sostenere tra parcelle agli avvocati e convocazioni nelle aule del tribunale. I coniugi potranno rivolgersi all’ufficio dello Stato civile del Comune mentre il versamento dovrà essere intestato alla tesoreria del Municipio. Per i villacidresi è peraltro un’assoluta novità: «Al momento - rimarca il sindaco Teresa Pani - nessuno lo ha richiesto. Non ci sarà bisogno di spendere soldi davanti agli avvocati. In ogni caso come primo cittadino farò tutti i tentativi di conciliazione possibili con una mediazione. La rottura di una coppia è sempre un qualcosa da scongiurare». Le condizioni per ottenere la separazione “low cost” sono precise. Ad esempio la procedura non è possibile quando ci sono di mezzo figli minori o maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, oppure economicamente non autosufficienti. Così dopo Monserrato, Carbonia e San Gavino, anche Villacidro applica la legge 162 del 2014 che disciplina appunto la procedura veloce per la separazione. Intanto l’appuntamento per la sottoscrizione dell’accordo da parte dei coniugi, con l’eventuale assistenza facoltativa di un avvocato, va richiesto all’Ufficio dello Stato civile presentandosi personalmente in orario di apertura al pubblico, telefonando allo 070 93442251 o inviando una email all’indirizzo servizidemografici@comune. villacidro.vs.it. Gian Luigi Pittau PDF Compressor Pro 15 maggio 2015 15 L’INTERVISTA Il sogno di Giuditta: diventare manager culturale “Essere imprenditori oggi significa avere il coraggio di credere in se stesssi, ma anche che qualcuno creda in noi e in ciò che facciamo” S ebbene oggi sia circondata dai marmi bianchi dell’aula magna di Economia a Cagliari, dove per lungo tempo ha vissuto e studiato, Giuditta Sireus è una giovanissima imprenditrice di Villacidro e questa mattina, nel suo sorriso, mentre spiega agli studenti quanto fiato ci vuole per correre dietro ai sogni, puoi leggere affetto, comprensione, consapevolezza e un pizzico di nostalgia, ma non necessariamente in quest’ordine. Giuditta, una laurea in storia dell’arte e un sogno grande come una casa: diventare manager culturale valorizzando i luoghi della sua infanzia, l’arte, la bellezza, il talento. La sua azienda “Itte, itinerari teatralizzanti” ha ormai due anni e mezzo ed è una delle realtà imprenditoriali più conosciute e apprezzate della provincia: nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo su una storica di trent’anni che, calcolatrice alla mano, progetta un’impresa fatta di numeri, conti, previsioni economiche, uno sguardo al manuale di matematica contabile e l’altro alle ballerine di Degàs. Nella sua esposizione, in cui i calcoli cedono volentieri il posto a citazioni della sua amata Maria Lai, c’è la prova che sogni e impresa sono due parole fatte per stare vicine. «A fronte della svalutazione delle belle arti io ribadisco che biso- gna crederci. Valorizzare l’arte, che è un patrimonio essenziale, di tutti, non di un pugno di privilegiati, significa garantire al paese entrate perpetue e benessere economico - afferma Giuditta Sireus, rivolta alla platea - ma perché questo avvenga è necessario un cambio di mentalità». Tecnico dei servizi educativi, operante in siti culturali e ambientali, la giovane di Villacidro si racconta in merito al suo percorso e all’esperienza di imprenditrice. Emozionata? «Un pochino. In realtà è la terza volta che parlo in convegno agli studenti di Cagliari, sempre su invito della docente Michela Floris che ringrazio di cuore. Per me è una missione parlare da giovane ai giovani e poter raccontare loro la mia esperienza. Il paradosso è che in questo ambiente i tecnici credono moltissimo in questa idea imprenditoriale, di contro, chi fa cultura dalle istituzioni, dagli istituti e dai privati non si interessa tanto a me». Perché? «Forse perché, senza voler essere presuntuosa, vedo il futuro e esploro la realtà attuale con idee innovative, che non sono ancora comprese sino in fondo». Immagina il futuro? «Esattamente… Il mio motto è sempre stato: “Sogna sempre, perché a furia di sognare i sogni diventano realtà”. È una frase di Maria Lai. Lei sì che vedeva oltre». Qual è stato il suo percorso? «Ho intrapreso un corso di alta formazione, uno dei primi promossi dalla Regione, per tecnico dei servizi educativi con funzione di promozione esterna operante in siti culturali e ambientali. È da quell’esperienza e dallo stage in Umbria presso il sistema museo che ho appreso nuove metodologie per trasmettere la cultura. Terminata questa esperienza ho iniziato le prime sperimentazioni con l’Associazione Elicrysum. Contemporaneamente studiavo per la specialistica. Ho partecipato con le socie di allora al primo concorso per idee imprenditoriali promosso dall’università e abbiamo vinto. Da lì ho capito che volevo puntare più in alto» Cosa significa essere imprenditori oggi? «Significa non cedere alla crisi, avere il coraggio di credere in se stessi e nel proprio sogno andando contro anche a chi per proteggerti ti dice di non avventurarti in un compito così “spericolato”. Significa avere la testa sempre in moto, le idee sempre in circolo. Significa credere nella formazione continua, perché la concorrenza è fortissima». La sua giovane età è penalizzante? “Molto. Si è più facilmente attratti dall’esperienza e dal nome noto che dalla novità. Essendo ancora poco conosciuta nel- l’ambiente difficilmente ho accesso agli uffici dei “grandi”, ma per ottenere uno sponsor o un contributo lotto con tutte le mie forze». Sorride, Giuditta, ricordando gli anni difficili della gavetta e del lavoro non retribuito. Qualche sassolino nella scarpa? «Sì. Le professionalità del settore culturale hanno una dignità e pertanto vanno riconosciute anche finanziariamente. C’è purtroppo una convinzione diffusa che queste debbano sempre lavorare gratuitamente, senza una retribuzione. È questo il motivo per il quale non si riesce a crescere e a dare valore al lavoro in questo campo. Credo che un’impresa debba reggersi senza i finanziamenti pubblici, ma il sostegno che i giovani imprenditori cercano spesso non è di tipo economico» E cosa cercate? «Solo qualcuno che creda in noi e in ciò che facciamo. Senza un piccolo incoraggiamento, che può sembrar poco ma quando si ha paura vale tantissimo, i più fragili perdono l’entusiasmo e abbandonano i propri sogni. Questo non è giusto». Lei ha una laurea prettamente umanistica. «Sì, sono laureata in beni culturali e specializzata in storia dell’arte». Tipi di lauree, come saprà, da molti sconsigliate… «Sì, purtroppo». Cosa dice a un diciottenne diviso tra la sua passione e ciò che gli altri si aspettano da lui? «Mi sento di dirgli che non è più tempo di aspettare che ci capiti la quasi impossibile occasione della nostra vita all’interno del migliore museo. La cultura può essere considerata come un settore economico vero e proprio, per cui amare l’arte e sperimentare è fondamentale, ma fare esperienza e formarsi in aspetti come quello manageriale lo è altrettanto» A conti fatti, se si guarda indietro, ne è valsa la pena? «Autogestirti, pianificare la tua vita lavorativa è straordinario, ma allo stesso tempo ti mette davanti a tantissime responsabilità perchè devi quotidianamente fare i conti con te stesso. Da queste riflessioni a volte nasce una crisi interiore, ti senti combattuto. Ma sì, decisamente ne è valsa la pena». Dubbi? «Sempre. “Sto facendo la cosa giusta?” è stata la domanda che mi sono posta più spesso in questi due anni. Gli infiniti sacrifici che costellano le nostre giornate, e che ormai ho imparato a non vivere come croce ma come opportunità. Bisogna seminare e attendere pazientemente, prima o poi i frutti del proprio lavoro si raccolgono». Francesca Virdis SAN GAVINO A Monumenti Aperti l’esibizione delle Sirene Mutanti In un’apoteosi di musica, luci e corpi scintillanti Marcella Ibba con le sue modelle, in occasione dei Monumenti Aperti di San Gavino, ha presentato le “Sirene Mutanti”. Piazza della Resistenza lo scorso 3 maggio, è stata presa d’assalto da numerosissimi compaesani che, dopo aver visitato i vari gioielli e ricchezze del paese, ha voluto assistere ad una breve sfilata di sette modelle che richiamavano la mostra “Abissi”, allestita nella sala espositiva “Rip-art” realizzata da artisti del paese, per dare il saluto alla quarta edizione dei monumenti aperti di San Gavino. Le protagoniste dell’artista rappresentavano sirene, prive di coda, quasi sospese negli abissi dell’oceano. Ricche ed elaborate acconciature, visi quasi mostruosi, bocche enormi e vitree, corpi, avvolti nel celofan e bagnati da una pioggia di brillanti e costellate da pesci, così si presentavano le “Sirene mutanti” su una lunga passerella che attorniava la fontana della piazza. Il loro lento movimento a suon di musica elettronica diveniva una metafora della ricerca e dell’esplorazione verso il profondo “io” capace di suscitare momenti di grande emozione da parte del pubblico presente. L’obiettivo dell’artista a tuttotondo era quello di rappresentare uno straordinario viaggio alla ricerca di luoghi più remoti ed ancora inesplorati della terra: gli abissi. Il loro era un vagare all’indietro e al rallentatore verso i più lontani e reconditi luo- Foto Casu ghi del mondo. Un viaggio nel tempo dove più ci si penetra negli abissi, più ci si allontana dai vincoli e dai controlli della società alla ricerca di una verità interiore che è ancora segreta e nascosta. Secondo la artefice l’unica “avventura” ancora possibile per l’uomo contemporaneo rimane la conoscenza di sé, l’inabissamento dell’io e nell’io, in quella parte di se stessi più profonda e arcaica, affrontando le tenebre dell’inconscio. Il suo viaggio negli abissi s’identifica con la personalità, la mente e il corpo, ossia come qualcosa di separato dalla vita e dal cosmo. Marcella ha immaginato che le sirene mutanti siano dotate di autocoscienza e percepiscano se stesse come individualità separate dall’oceano. Riconoscendosi come profondità si rendono conto della propria piccolezza rispetto all’immensa profondità del mare. Le sirene mutanti degli abissi rappresentano dunque il simbolo di una realtà quasi inquietante, celata dentro di noi; essa è la natura allo stato puro e custodisce il segreto delle nostre origini. Gli abissi quindi custodiscono il fondo oscuro e misterioso di ognuno di noi. Il piccolo io le identifica con le sirene mutanti, il grande io con l’immensità e la profondità degli abissi, quando l’io scompare, scompaiono sia le sirene sia gli abissi. Ciò che rimane è lo stato naturale, prima di cadere nel sogno del pensiero da cui deriva l’illusione dello spazio e del tempo. Quindici minuti di massima enfasi, forse troppo pochi per gratificare e quantificare le tante ore per la preparazione delle modelle. Tuttavia Marcella sa che questo fa parte del gioco e che il paese aspetterà, con ansia, la prossima edizione dei monumenti aperti per scoprire le sue prossime imprese. Marcella Pistis PDF Compressor Pro 16 15 maggio 2015 Collinas: “Alla scoperta dell’Antica Storia della Sardegna” S i è rivelata una grande festa culturale e artistica la giornata archeologica “Alla scoperta dell’Antica Storia della Sardegna”, tenutasi a Collinas lo scorso 26 aprile. Già dalle prime ore del mattino, numerosi cittadini del territorio si sono incontrati all’appuntamento organizzato da Nurtet Archeo Collinas, l’amministrazione comunale e la Proloco di Collinas, per recarsi alle Tombe dei Giganti di Sedda Sa Caudela, guidati dall’archeologo Nicola Dessì che ha illustrato in modo semplice la storia del bene archeologico, appassionando grandi e piccoli. Come da programma, hanno poi raggiunto la struttura comunale di Pranu Mannu per il pranzo comunitari e per ammirare l’esposizione “Dalla Dea Madre ai Nuraghi” di immagini scattate dal fotografo Nicola Castangia e illustrate da Dessì, PABILLONIS. ISTITUTO COMPRENSIVO L’artista Antonio Russo regala due dipinti alle scuole Aveva promesso un suo dipinto agli studenti delle scuole del paese in occasione della visita didattica organizzata nella mostra allestita nel palazzo Liberty dell’ex municipio e così è stato. Anzi, per la precisione, sono due i quadri che l’artista ha voluto donare, uno alla scuola Primaria e l’altro alla Secondaria di 1° dell’Istituto Comprensivo. “Visita la mostra e vincerai un quadro di particolare valore artistico”. Era questa la proposta che l’artista Antonio Russo aveva fatto in occasione della visita guidata degli studenti, programmata dall’Istituto Comprensivo, per il 17 marzo, alla sua personale. Una lotteria culturale alquanto originale, ma non insolita per l’estroso artista, siciliano di nascita, ma sardo di adozione, che vive da oltre quarant’anni a Villanovaforru dove ha il suo studio atelier. Le sue opere sono vendute e richieste in tutto il mondo. La sua arte surrealista è apprezzata molto a New York e Sidney. In programma, tra poco, la partecipazione alla collettiva d’arte “Premio Franca Rame” a Roma dove saranno presenti, oltre al premio Nobel Dario Fo, numerosi personaggi della cultura, del cinema e del giornalismo nazionale ed estero. Dopo la lezione teorica, gli studenti avevano partecipato all’estrazione di un biglietto dove in palio c’era appunto un dipinto dell’artista. I due quadri sono stati consegnati alcuni i giorni fa, nel corso di una cerimonia, nei locali di via Boccaccio. Dario Frau GONNOSFANADIGA Akomodiamoci a teatro L’Associazione teatrale “Komodìa” si costituisce per promuovere il teatro come forma di volontariato culturale. Nata su iniziativa di un gruppo di attori non professionisti che nel passato hanno sviluppato diverse esperienze importanti nell’arte della recitazione, si prefigge di continuare e diffondere l’arte dell’improvvisazione teatrale in tutte le sue forme attraverso spettacoli gratuiti e disinteressati da parte dei propri associati. Compongono il direttivo Nicolò Saiu Carta Cabras (presidente), Franco Anedda (vicepresidente), Antonio Carta (segretario), Carlo Sitzia (tesoriere), Giuliana Zurru (direttore artistico), Rosanna Sardu e Maria Bonaria Uccheddu (consiglieri). La finalità dell’associazione è quella di impegnarsi a tutelare il patrimonio culturale e linguistico sardo e veicolarlo in modo trasversale attraverso rappresentazioni teatrali che intende allestire anche a favore di coloro che più di ogni altro hanno bisogno di un sorriso (anziani, ammalati, disabili) creando in tal modo occasioni di raduni solidali nella più profonda dimensione sociale dove si annida la solitudine, la sofferenza, l’isolamento. In quest’ottica, il teatro diventa uno strumento accessibile là dove esistono situazioni di disagio grazie al patrimonio di un linguaggio comune che identifica la tradizione e la natura del popolo sardo, uno strumento in grado di regalare emozioni, sen- sazioni e suggestioni sulla trama di una ironia sottile che segna il confine tra finzione e realtà rappresentata con scene, talvolta paradossali, costruite ad arte per mettere a nudo certe verità scomode in un momento di catarsi collettiva in grado di tradurre momenti di malinconia e malessere in momenti di svago. Un primo esempio di tutto ciò si è avuto la domenica 19 aprile con il primo debutto a Gonnosfanadiga del gruppo teatrale “Komodìa” che di fronte a una folta platea ha rappresentato le difficoltà che spesso esistono nel rapporto tra genitori anziani e figli. La calorosa approvazione degli spettatori ha ampiamente dimostrato la validità dei principi ispiratori del gruppo, positivamente incoraggiato a continuare nella via intrapresa. Attualmente la neonata associazione non dispone di un adeguato impianto luci e voci che consenta il sereno svolgimento dell’attività, confida, comunque, sulla collaborazione dei propri sostenitori e delle pubbliche istituzioni per realizzare pienamente i fini che l’associazione si prefigge. Antonio Carta Saiu Cabras che ha condotto anche il laboratorio didattico di archeologia e sperimentazione, coinvolgendo bambini e adulti nella lavorazione e decorazione dell’argilla. «Un laboratorio molto divertente per i più piccoli – ha commentato il consigliere comunale Barbara Tuveri – ma che ha tirato fuori la vena artistica anche dei più grandi». Marisa Putzolu SANLURI. CONCERTO CELEBRATIVO Un brindisi ai 20 anni del Coro polifonico Il coro polifonico “Città di Sanluri” spegne 20 candeline. Per l’occasione, sabato 16 alle 19.30, presso il Teatro del Polo culturale, si terrà un Concerto celebrativo. In programma le più belle pagine corali delle opere di Giuseppe Verdi. «Abbiamo scelto - dice la presidente Anna Zuddas - di festeggiare col compositore italiano più conosciuto anche dai non appassionati di musica. Le sue opere ispirano sentimenti di grande intensità come anelito alla libertà e all’amor patrio, rievocano eventi che appartengono alla memoria storica degli italiani». A dirigere ci sarà il maestro Antonio Pittau, da oltre quindici anni alla guida del Coro. Racconta un po’ di storia, episodi cari ai 46 soci fondatori, a partire dalla fondazione, col maestro Angelo Vinci. «Il nome - aggiunge Zuddas - fu scelto perché fosse percepibile l’amore per la propria cittadina e la voglia di dare un contributo alla crescita culturale e musicale della comunità». Di quei soci fondatori, gli unici che possono dire “io c’ero” in quel settembre del 1995 sono i coristi Pinuccio Tronci, Piergiorgio Dore, Pinuccio Fenu, Simona Casta. In questi 20 anni, il gruppo ha animato tantissimi eventi, fra cui le festività religiose patronali, messe per matrimoni, le Celebrazioni civili per il 150° dell’Unità d’Italia nel 2011 e il 60° dell’Anniversario della Costituzione Italiana. Ha promosso rassegne di Cori Polifonici, ha realizzato un progetto con l’Istituto Alberghiero di Villamar e il Colli Vignarelli di Sanluri, ha collaborato con la banda Ennio Porrino di Arbus, Ponchielli di Sanluri e la Stanislao Silesu di Samassi con la quale ha partecipato alla prima nazionale del Requiem di Frigyes Hidas nel 2000; ha stretto legami con il coro polifonico parrocchiale San Sebastiano Martire di Arbus e gemellaggi con Cori d’oltralpe, i Cori di Annecy e La Roche nell’Alta Savoia. Ha saputo conservare i canti della tradizione sarda che si tramandavano oralmente, ma anche le composizioni musicali in lingua sarda del nostro concittadino Akino Congia. «Quindici anni fa, con l’arrivo del maestro Antonio Pittau, il coro ha gradualmente innalzato l’asticella sino a cimentarsi con musiche del repertorio classico tutt’altro che facili. A coloro che hanno tenuto alto il nome della nostra cittadina deve andare il plauso. Quello che ci aspettiamo nell’immediato futuro è vederlo ringiovanito nella sua formazione, un minimo di sostegno economico da parte delle Istituzioni e il teatro affollato sino all’inverosimile dai concittadini e dagli amici dei paesi vicini». Santina Ravì PDF Compressor Pro 15 maggio 2015 17 SERRAMANNA. SUCCESSO DELLA MANIFESTAZIONE “APERITIVO D’AUTORE” Incontri nella biblioteca comunale alla scoperta della lettura «Perchè ti piace leggere?» - «Perchè si scoprono tante cose nuove». Anna, sei anni, con la sua risposta semplice e acuta, lascia senza parole gli adulti intorno a lei. L’amore per la lettura, certe volte, è un piccolo tesoro che ci tiene per mano sin dall’infanzia, come se fosse parte del nostro patrimonio genetico, una nota che compone la sinfonia della nostra vita, accompagnandoci, sorprendendoci e facendoci volare lontano con la fantasia, ogni giorno. Anna ha avuto questa grande fortuna: il suo amore per i libri è nato insieme a lei e l’accompagnerà per sempre. Tanti e tanti libri che certe volte comprerà, ma tante altre volte prenderà in prestito in biblioteca. Tanti bambini non lo sanno, ma tutti, proprio come fa Anna, possono iscriversi in biblioteca e portare a casa i libri che vogliono e, dopo averli letti, restituirli e prenderne in prestito altri. Proprio per promuovere i libri e far conoscere la bellezza della lettura, la Biblioteca comunale “Giovanni Solinas” in collaborazione con l’associazione culturale “Gruppo F.R.A.D.E.S.”, con il patrocinio del Comune di Serramanna, già dal mese di febbraio ha portato avanti un progetto di attività, visite e incontri. Fa parte di questo progetto anche la manifestazione “Aperitivo d’Autore” che si è di recente concluso. Ogni giovedì, lettori di tutte le età hanno varcato la soglia della biblio- teca e hanno preso posto per assistere alla presentazione letteraria di turno: romanzi, favole e saggi di autori locali sono i protagonisti di questi piacevoli pomeriggi in compagnia, dove l’amore per la lettura è il collante che unisce tra loro persone in apparenza diverse e lontane. Ogni presentazione è stata una sorpresa: diverso libro, diverso autore, diverso modo di esporre, raccontare, leggere, spiegare. Ogni volta, soprattutto grazie alla preziosa collaborazione della bravissima bibliotecaria Fabiola e dei ragazzi di F.R.A.D.E.S. che accompagnano e guidano gli autori in questa emozionante avventura, un piacevole incontro di condivisione. E ogni settimana, sempre più gente affolla la biblioteca partecipando al piacevole evento. Si dice spesso che ormai non si legga più, ma non è così: i lettori ci sono sempre. Tanti. Si mimetizzano tra i non lettori senza ostentare la loro più grande passione, spostandosi tra realtà e voli nel loro mondo incantato fatto di fantasia e sogni, alternandosi tra pagine ingiallite dal tempo ed eBook Reader di ultima generazione. Escono allo scoperto, mostrando la loro natura di divoratori di inchiostro, solo durante le grandi occasioni. E la presentazione di un libro dentro una biblioteca, è un’occasione grandissima: cosa c’è di più meraviglioso per un lettore che stare seduto di fronte ad uno scrittore che presenta un libro e avere intorno centinaia di volumi che, in un muto invito, sussurrano “prendi me...prendi me...prendi me...”. Così mentre con un orecchio si ascolta l’autore che racconta il suo lavoro, con gli occhi ci si guarda intorno alla ricerca di un libro da portare a casa. Anche Anna fa così, anzi, lei non aspetta di arrivare a casa: lei, alla fine della presentazione, intanto che i grandi bevono il loro aperitivo, comincia sfogliare il libro che ha scelto e, seduta su una sedia rossa, guarda le illustrazioni e sogna una nuova storia che la farà volare lontano e che le farà scoprire tante cose nuove... Francesca Murgia Villacidro ha festeggiato i cento anni del romanzo “Marianna Sirca” di Grazia Deledda Pabillonis: azalea della ricerca Una storia d’amore e morte nella Sardegna barbaricina del primo ‘900: “Marianna Sirca” di Grazia Deledda compie cent’anni, ma non li dimostra. Sabato 2 maggio è stata Villacidro a omaggiare il romanzo della scrittrice sarda per eccellenza, con laboratori, dibattiti, interventi da parte di alcuni ospiti d’eccezione e specie attraverso una grande rievocazione storica che ha coinvolto cittadini, attività commerciali, pubblica amministrazione. Organizzato dall’azienda” ITTE itinerari personalizzati” con il patrocinio del comune, “Marianna Sircail centenario” si è avvalso della preziosa collaborazione del Club di Jane Austen, della Fondazione Dessì, dell’Istituto superiore Regionale Etnografico, dell’Ecole de Madame Foile e di un nutrito stuolo di ditte locali quali l’Alfa Editrice, il panificio Cinisu e l’Enoteca Vecchia Botte. “La rievocazione è stata realizzata interamente con oggetti originali - racconta l’organizzatrice Giuditta Sireus - e quale scenario più appropriato di quello offerto dal Mulino Cadoni? Un rapido passaparola tra le donne del club ha portato alla luce capolavori d’arte povera, tra cui seggiole e cassapanche in legno, vecchie madie, piccoli utensili da cucina, catini e ceste in vimini appartenute alle trisavole, fino all’elemento più caratteristico dell’intera rievocazione: un sobrio abito da signora borghese di inizio 900, fedelmente riprodotto da Federica Demontis. Gli scorci e prospettive deleddiane, già di per sé degne di nota, sono inoltre state arricchite dall’esposizione, tra gli arredi tradizionali, di alcuni abiti d’eccezione messi a disposizione dall’Associazione Thurpos Eritajos Orotelli e da Giovanni Loddo dell’ Associazione Barbagia Maschere Olzai. Al mattino di sabato, i piccoli della scuola primaria del circolo “A. Loru + Satta” sono stati portati in visita alle ambientazioni del romanzo e ai laboratori a loro dedicati. “ I bambini erano al settimo cielo, curiosi, entusiasti e molto divertiti. Una delle più grandi soddisfazioni - prosegue Giuditta Sireus - è stata proprio vederli sommergere me e le maestre di domande.” La manifestazione è proseguita nel pomeriggio con il laboratorio in lingua sarda riservato agli adulti, curato dall’esperto Pietro Perra per Alfa editrice, cui ha fatto seguito, in tarda serata, il dibattito interattivo aperto a tutti. “Sei grandi esperti per un convegno di disarmante bellezza - puntualizzano dal Club di Jane Austen - perché poter accogliere personalità del calibro di Neria de Giovanni, prima presidentessa dell’associazione internazionale dei Critici Letterari, nominata Donna dell’anno e insignita della Medaglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la sua attività, o aver conosciuto grandi nomi della cultura come quello di Francarosa Contu, responsabile dell’istituto superiore regionale etnografico, ci ha riempito d’orgoglio”. Al tavolo dei relatori figuravano anche il noto scrittore Francesco Casula, il presidente dell’Istituto per la storia dell’Antifascismo e dell’età contemporanea nella Sardegna Centrale Marina Moncelsi, Duilio Caocci per l’Università degli studi di Cagliari e Simone Pisano per la “Guglielmo Marconi” di Roma. La storia di Marianna Sirca, divisa in piccoli quadri simili a momenti narrativi, è stata intervallata dalle domande dei presenti agli studiosi e dalle letture animate a cura dell’attrice Noemi Medas, reduce dal successo del film “Perfidia” di Bonifacio Angius. “In oltre un centinaio hanno assistito al convegno e visitato i locali - conclude l’organizzatrice - ma la gioia nel vedere una comunità riunita, che nonostante l’orario tardo si è trattenuta nel cortile del Mulino degustando i prodotti del territorio e contribuendo a formare un’atmosfera conviviale e comunitaria così intensa, ci ha ricompensate ampiamente di ogni fatica . Non si semina invano, ma ricordiamo l’importanza di valorizzare la lettura e i circoli letterari, promuovendo le eccellenze sarde e non sminuendole o dimenticandole come spesso accade”. Francesca Virdis Anche quest’anno alcuni volontari hanno dato la loro disponibilità per distribuire L’Azalea della Ricerca, un’iniziativa che consente di finanziare la ricerca oncologica. Per tradizione, i fiori di AIRC arrivano nel giorno della Festa della Mamma e come sempre sono stati tanti i cittadini che hanno contribuito con l’acquisto di questo pianta floreale a finanziare le attività di ricerca per la lotta contro i tumori. Insieme alla piantina è stato consegnato anche un libretto-guida su informazioni inerenti due tumori più pericolosi, quello al polmone e quello al colon-retto: “essere informati è importante per fare la giusta prevenzione” ,spiegano le volontarie che da tanti anni si dedicano a questa forma di volontariato nel giorno della Festa della Mamma. Per aiutare la ricerca si può devolvere il 5X1000 nella dichiarazione dei redditi inserendo il codice fiscale dell’AIRC, 80051890152. (d. f.) Samassi: Deep Love Tattoo per ricordare Valentia Fais Il 23 e 24 maggio si svolgerà a Samassi la seconda edizione di “Deep Love Tattoo”, il Memorial dedicato a Valentina Fais. «Siamo convinti che anche un’esperienza dolorosa come la perdita di una persona amata possa diventare fonte di solidarietà e amicizia», queste le parole di amici e familiari che hanno dato vita alla manifestazione con lo scopo di raccogliere fondi a favore dell’associazione Karibu Afrika Onlus & Acra San Geminiano. Si tratta di un passo importante fatto all’insegna della solidarietà e dell’amicizia, per continuare a ricordare la cara Valentina. L’evento si svolgerà nei locali della cooperativa “La Collettiva”. In entrambi i giorni è prevista una tattoo convention e l’intrattenimento per bambini a cura dell’associazione Badrunfa. Sabato 23 maggio si esibiranno i Train To Roots, diversi giocolieri, accompagnerà il tutto la body art e l’aerografia. Domenica 24 maggio alle 13 si svolgerà un pranzo di beneficenza aperto a tutti, la quota è di 15 euro che saranno devoluti all’associazione Karibu Afrika Onlus e all’Acra San Geminiano. Seguirà un’esposizione di auto e moto d’epoca con l’esibizione dei Billy Boys, degli Entroterra e altri gruppi. (c.o.) PDF Compressor Pro 18 15 maggio 2015 Dal Linas al Cho Oyu, Max Caria: ecco il mio primo 8000 L’alpinista di Oristano ha raccontato in un libro la sua avventura sulla sesta vetta del mondo di Paolo Salvatore Orrù “H o scalato le mie vette prima dentro e poi fuori”: l’avventura è prima di tutto sogno, poi diventa progetto, infine, ragione di vita. Certo, questo non è più il tempo delle storie raccontate dai nonni ai loro nipoti con le mani tese verso la brace. Però, nel libro “Cho Oyu, il primo sardo oltre gli 8000 metri” (Delfino editore), scritto dall’alpinista sardo Massimiliano (Max) Caria con la collaborazione di Alberto Cauli, lo specialista di storia contemporanea che l’ha aiutato a stendere il diario delle sue gesta, potrebbe determinare un felice ritorno, fra molti anni, a quel “c’era una volta” che ha accompagnato intere generazioni di bimbi: perché le storie raccontate da Max saranno la pietra miliare, il vademecum di chi vorrà mettersi alla prova in analoghe imprese. «Guardo frequentemente l’altimetro, la quota cresce lentamente al contrario della fatica. Intorno ai 4700 metri la traccia è ripida, ripidissima, sembra un muro. Rinuncio? L’idea mi attraversa i pensieri … Mi guardo attorno, non posso rinunciare; troppi allenamenti, troppi sacrifici, privazioni e speranze». Che montagna stava scalando Max quando il suo ego è stato travolto dai dubbi? In quel momento il suo sguardo era rivolto verso la vetta del monte Bianco. Ma è davvero importante sapere il dove o il quando? O meglio sapere che Max in quegli istanti ha avuto la meglio nei confronti della paura, la grande nemica di ogni uomo d’avventura? Quella decisione presa ai piedi del monte più alto d’Europa è l’inizio di tutto: il primo gradino di una lunga scalata. È per questo che dopo la “conquista” del Monte Bianco, e dopo un breve periodo di riposo passato a inseguire e fotografare i cervi, i mufloni, le codule, il mare e le vette della Sardegna, decide di sfidare il Cervino. «Sul Cervino si cammina leggeri, quasi a non voler disturbare”, spiegherà poi Max nelle sue note autobiografiche. L’alpinista sardo rispetta la natura, l’affronta senza arroganza: sa che da un momento all’altro potrebbe trasformarsi da madre in matrigna. Ma, “una nave in porto è al sicuro, ma non è per questo che le navi sono state costruite», disse una volta Benazir Bhutto (ex primo ministro del Pakistan). Forse è per questo che Max decide di staccarsi ancora una volta dalle dolci brezze del suo mare per arrampicarsi sulla vetta del Munt Kenia, un’aspra montagna che si slancia verso il cielo nella terra dei Masai. “La permanenza sulla vetta è stata rapida: qualche foto, il tempo di srotolare la bandiera della Sardegna e poi giù”. Il piacere dura poco, ma traccia un solco nella mente. Il Munt Kenia ha fatto capire all’ex Componidori della Sartiglia di Oristano che non ci si può cullare sugli allori, così decide di battere il ferro quando è ancora caldo: la scalata del Peak Lenin (7134 metri, Kirghikistan) è dettata da questa convinzione. “Il Peak Lenin sembrava non volersi far conquistare, come se stesse scacciando sempre più giù … si faceva fatica a respirare, la temperatura era tra i 15 e i 20 gradi sottozero” scrive Max. Ma la vetta è lì, e va conquistata. A missione compiuta, il Peak Lenin diventa il prologo del blitz sardo ad Atacama, dove “ogni passo è un’odissea, pare di stare tra le sabbie mobili, la neve cerca d’intrufolarsi dappertutto”, però il sardo non si scoraggia, vince e rilancia: vuole osservare il mondo dalla vetta del Cho Oyu 8.201 (al confine tra Cina e Nepal). «Guardavo Claudia e il piccolo Lorenzo e provavo una sorta di paura per questo ottomila che stavo andando a scalare», ha scritto Max, «al momento dei saluti pensai addirittura di mollare tutto e tornare indietro», in particolare quando «il proprietario dell’agenzia che organizza le spedizioni mi aveva dato una siringa con una fialetta di Desametasone, un salvavita». Solo gli incoscienti non hanno paura. «Poco prima dell’arrivo al Campo 2 ci trovammo a poca distanza da un’altra spedizione, e vidi davanti a me uno statunitense che cominciava a barcollare”, racconta ancora Max, “… Era perso, lo chiamavo, non rispondeva, come fosse morto in ginocchio». Un’immagine che allarma ma non impressiona più di tanto l’alpinista: «Durante la scalata del Yellow band (la parte soleggiata del Cho Oyu ndr) rischiai più volte lo svenimento, la mancanza di ossigeno si faceva sentire a ogni falcata, a ogni sforzo». Ci vollero sette ore, dopo un mese di acclimatazione, di questa estenuante marcia per raggiungere la vetta della Dea Turchese. «Feci velocemente qualche foto mentre l’ombra del Cho Oyu, enorme, si allungava per decine di chilometri sulla valle sotto di noi. L’aria era pulitissima, il cielo si presentava ancora come un tappeto fitto di stelle». E «l’Everest era alle mie spalle e si mostrava in tutta la sua maestosità … Cominciammo la discesa, verso quella parete che mi avrebbe riportato al campo base avanzato e da lì al campo base. Era fatta». Il rientro. “Ciao papà!”, mi salutò il piccolo Lorenzo, mio figlio, in braccio a Claudia, ero finalmente a casa». Il riposo del guerriero, si sa, non può durare in eterno: la mente di Max ha cominciato a scalare, da dentro, la vetta dell’Everest. C’è da scommetterci, presto l’alpinista di Oristano la scalerà anche da “fuori”. Villanovaforru FEDERAZIONE BANDE MUSICALI DELLA SARDEGNA Collettiva d’arte in onore alla Brigata Gramsci Campus di formazione per giovani musicisti Nell’ambito del 70esimo anniversario dalla Liberazione, il museo Sa Corona Arrubia, Museo naturalistico del Territorio “G. Pusceddu”, ospiterà fino al prossimo 30 giugno la collettiva d’arte “Un gagliardetto per la Brigata Gramsci” dedicata ai partigiani della Brigata intitolata ad Antonio Gramsci, partecipi della Resistenza per liberare l’Italia dal nazi-fascismo. La mostra espone gagliardetti, non di tessuto, ma di opere che si sono ispirate alla forma e sono l’interpretazione della Brigata Gramsci. All’iniziativa, ideata dalla Biblioteca gramsciana Onlus e organizzata in collaborazione con Nur, il consorzio Sa Corona Arrubia, Lichene Rosso, La Seggiovia e la Regione, hanno partecipato gli artisti Antonello Alloro, Elisabetta Ardu, Giuseppe Bosich, Corinna Cadetto, Ielmo Cara, Silvano Caria, Angela Carone, Donatella Casas, Jacopo Cau, Graziano Cecchini, Gianni Chessa, Diego Collu, Gianluca Concas, Giulio Concu, Federico Coni, Luca Cossu, Francesco Cubeddu, Deligia Bonacattu, Simonetta Figus, Roberto Floris, Marta Fontana, Simone Frau, Augusto Ghiani, Antonella Guidi, Antonio Ledda, Marco Lorenzetti, Maria Teresa Manias, Arnaldo Manis, Fernando Marrocu, Max Mazzoli, Maria Grazia Medda, Gigi Meli, Michele Melis, Roberto Meloni, Dina Montesu, Roberto Montisci, l’associazione Morsi d’arte, Gisella Mura, Gabriella Mura, Paolo Mura, Fabio Muscas, Viola Niccolai, Vittoria Nieddu, Salvatore Palita, Marco Pili, Alessandra Raggio, Eva Rasano, Antonello Roggio, Paolo Sanna, Giovannino Sedda, Antonella Serra, Massimo Spiga, Mariarosa Spina, Maria Spissu Nilsson, Luigi Todde, Monica Tronci, Franca Tronci e Michele Zucca. Marisa Putzolu Entro il 20 maggio i giovani musicisti, nati tra il 1998 ed il 2003 e appartenenti alle associazioni bandistiche della Federazione delle Bande Musicali della Sardegna, possono presentare domanda per partecipare alla terza edizione del campus di formazione per la rappresentativa regionale giovanile che si svolgerà dal 12 al 14 luglio nell’Hotel Setar di Quartu Sant’Elena. La manifestazione, organizzata dalla Federazione, ha l’obiettivo di dare opportunità di crescita ai giovani che operano nelle bande musicali dell’isola. Quest’anno a guidare la formazione sarà il maestro Franco Arrigoni di Como. «Maestro di grande esperienza e titolare di importanti incarichi a livello nazionale - fanno sapere gli organizzatori - . Dirige diverse formazioni, tra cui due svizzere (Novazzano e Bellinzona) e una italiana (Corpo Musicale di Cadorago)». Il noto maestro dirigerà i musicisti della rappresentativa regionale giovanile anche il 16 luglio nel concerto conclusivo del settimo concorso bandistico internazionale “Città di Sinnai”. (m. p.) PDF Compressor Pro 15 maggio 2015 19 SERRAMANNA Nessuno ha mai visto la leggendaria cripta San Leonardo, la chiesa dei misteri L a chiesa patronale di San Leonardo, costruita intorno al XVI secolo, sarà una delle mete di “Monumenti Aperti 2015”. I visitatori potranno ammirare il campanile a pianta ottagonale, unico in tutto il sud della Sardegna, la bellissima fonte battesimale, le meravigliose tele di Domenico Tonelli, l’antichissima cappella del Santissimo. Ciò che invece resterà chiuso e nessuno vedrà, è “la leggendaria cripta della chiesa di San Leonardo”. Infatti, anche se gli abitanti di Serramanna ne hanno sempre sentito parlare, questo luogo misterioso nessuno l’ha mai visto e nessuno sa se realmente esista. Da molte generazioni, “si dice” che dietro l’altare maggiore si nasconda l’ingresso di un luogo segreto. Le versioni sono tante: una cripta, ciò che resta di un’antica chiesa, un passaggio segreto che attraversava il paese e conduceva fino alla chiesa di San Sebastiano, un vecchio cimitero. Dicerie, “Contus de forredda” dei nostri nonni, leggende, oppure c’è qualcosa di vero? Le ricerche in rete, i vari testi su Serramanna e sulla chiesa, gli opuscoli pubblicati nel corso degli anni, conducono tutti allo stesso nome: Salvador Vidal, monaco e scrittore sardo vissuto tra il 1575 ed il 1647. Nel VILLACIDRO. L’ARTISTA AL 1639, nel libro “Annales Sardiniae”, raccontava che la chiesa di San Leonardo era stata costruita sopra ciò che restava di un’altra chiesa che custodiva preziose reliquie di santi (Subterranea subestalia ecclesia obruta). Forse la leggenda è cominciata proprio con questo libro, ma non abbiamo la certezza che sia attendibile. Proseguendo la nostra ricerca in biblioteca, troviamo per caso un atto notarile del 1696 nel quale “Giovanni Battista Crobu, Procuratore della parrocchiale chiesa del paese di Serramanna” affida al “maestro Bachisio Pirella, muratore” l’incarico di terminare i lavori già cominciati della cupola e dei tre bracci della soletta della chiesa. Nasce a questo punto una domanda: se quella zona era ancora in costruzione, l’altare dove si trovava? È possibile che, se la cripta c’è, non sia sotto l’altare maggiore che conosciamo oggi? Forse è necessario concentrarsi sulla costruzione più vecchia. All’interno della chiesa, la cappella di Santa Maria e quella della Madonna di Pompei sono le uniche che ancora conservano il pavimento antico. L’atmosfera profuma di un passato lontano. Potrebbero fornirci qualche indizio? “GRANDE Don Giuseppe Pes, l’attuale parroco, conferma che qualcosa c’è. «Nella pavimentazione della cappella del Santissimo, sembrerebbe che ci sia quantomeno un varco. Sarebbe bello poter scoperchiare quella fila di mattonelle per verificare cosa c’è sotto. Ma, per poterlo fare, occorre l’autorizzazione della Sovrintendenza Archeologica» Ed eccoci quindi, con un po’ di amarezza, giunti al capolinea: sotto la cappella di Santa Maria, la più antica di tutta la chiesa, potrebbe nascondersi la cripta che stiamo cercando, antiche sepolture dimenticate, un passaggio segreto che conduce chissà dove, oppure la chiesa sotterranea di Vidal, ma la nostra ricerca deve interrompersi di fronte al vicolo cieco delle regole e delle difficoltà burocratiche. Rimane la speranza che la Sovrintendenza Archeologica prenda in considerazione l’ipotesi di inviare persone con le giuste competenze per fare delle ricerche accurate. Il mistero della cripta perduta per ora resta irrisolto, ma forse in un giorno non lontano, in occasione dei futuri “Monumenti Aperti”, i visitatori potranno ammirare quel tesoro del nostro passato di cui in tanti parlano, ma che nessuno ha mai visto. Francesca Murgia CANALE DELLA PACE” Massimo Onnis vola alto N uorese di adozione ma villacidrese per nascita, Massimo Onnis vola a Venezia per esporre al Padiglione “Il Grande Canale della Pace”. La mostra, in programma fino al prossimo 22 novembre, vede quest’anno artisti provenienti da tutto il mondo. L’iniziativa, curata dal critico d’arte Gregorio Rossi, nasce in risposta al tragico momento storico attuale e si pone l’obiettivo di sensibilizzare il mondo con un messaggio di pace e contro le guerre, mentre gli artisti partecipanti si uniscono per dare forza a un’idea di fratellanza e di pace tra i popoli attraverso l’utilizzo del linguaggio universale. Ospiti d’onore alla cerimonia d’apertura del 9 maggio sono stati il Premio Nobel per la letteratura Dario Fo, il Premio Nobel per la pace Oscar Arias Sanchez e l’attrice-cantante Romina Power. Massimo Onnis ha risposto subito alla chiamata di Gregorio Rossi per un tema di grande importanza come la pace partecipando con la stessa opera precedentemente selezionata dallo stesso curatore per il Padiglione Costa Rica alla 56esima Biennale di Venezia, “Water, The origins of life - L’Acqua, le origini della Vita”, dalle importanti dimensioni di 2x2 metri, che vuole appunto rappresentare le origini della vita. «Sin dai tempi più remoti - dice - l’uomo ha riconosciuto nell’acqua la sorgente di tutta la vita e il legame con la spiritualità allo stato puro. L’acqua è tutti i liquidi, è fluida, in costante movimento, in costante cambiamento, a volte lento e quasi impercettibile, a volte veloce e precipitoso. In nessun momento è uguale a se stessa. L’acqua è profonda, è ricettiva e purificante, è terapeutica, portatrice di energie segrete e guaritrice pulita e trasparente, proprio come dovrebbe tornare l’essere umano, abban- donando ogni velleità di guerra». «Per partecipare al Grande Canale della Pace», aggiunge l’artista, «ho posticipato tre grandi mostre personali in Cina al 2016 (Shenzhen, Shanghai e Pechino) in quanto l’opera è stata opzionata da un collezionista russo che mi ha invitato a fare due mostre personali a Mosca e San Pietroburgo nei mesi di giugno e luglio (stiamo vedendo per le date) dove verrà presentata la collezione Deep Red in replica a novembre e dicembre a Dubai e Abu Dhabi». «Personalmente», sottolinea Massimo Onnis, «sono sempre stato convinto che la propria storia e la propria cultura fanno di ogni comunità un bene da tutelare e proteggere. È di basilare importanza considerare l’arte e la cultura non come un costo per la collettività, ma come un vero investimento per la politica e per la collettività. Un elemento fondamentale che bisogna saper valorizzare nel pieno rispetto della tradizione ma anche in una contemporanea prospettiva di innovazione. Costituisce un validissimo strumento per promuovere l’intero territorio a livello turistico e diffondere la conoscenza al di fuori dell’ambito locale. Chi investe in arte e cultura non sbaglia mai, e soprattutto non rimane indietro». Soddisfatto anche il vicesindaco nonché assessore alla Cultura del comune di Nuoro Leonardo Moro che si pronuncia con queste belle parole in favore dell’artista nuorese. «Siamo contenti ed onorati che un nostro concittadino stia percorrendo i più grandi palcoscenici dell’arte contemporanea a livelli elevatissimi. Le sue opere continuano a stupire per originalità e freschezza e hanno tracciato una vera impronta nel firmamento artistico internazionale. Il suo percorso artistico non fa altro che proseguire nella grande tradizione artistica nuorese ed esprime il concetto che si deve far vincere il linguaggio universale dell’arte. Sono convinto che la sua opera avrà un successo tale da farla stare accanto a quelle di artisti di spessore mondiale in un palcoscenico di altissimo livello come Venezia. La nostra città sarà al fianco a Massimo Onnis nel “Grande Canale della Pace”, con la speranza che il messaggio di pace arrivi ovunque». Massimo Onnis fa parte della ristretta cerchia di personalità villacidresi che eccellono nei rispettivi campi di attività, espone in tutto il mondo ed è conosciuto e apprezzato dalle gallerie d’arte più affermate. Gian Paolo Marcialis PDF Compressor Pro 20 15 maggio 2015 Serramanna INIZIATIVA DELL’ASSOCIAZIONE IL PUNGOLO Presentata l’ultima pubblicazione di Giulio Angioni L ’Associazione culturale Il Pungolo, con il patrocinio del Comune, nell’ambito della “Rassegna di Primavera”, ha proposto al pubblico serramannese la recentissima pubblicazione di Giulio Angioni, Sulla faccia della Terra, dove l’autore, nella già collaudata veste di narratore, ha voluto riportare all’attenzione dei lettori la cronaca romanzata di una vicenda fatta da persone che, anche in circostanze avverse della vita, si scoprono abili nel trovare soluzioni creative nel fare e capaci anche di gusto estetico. I fatti raccontati ci riportano nella Sardegna del XIII secolo; il lato oscuro del medioevo è solo il quadro storico nel quale si snodano le vicende di un gruppo di scampati, provenienti da luoghi diversi della nostra isola – immancabile il personaggio di Fraus, l’amata Guasila – e non solo, che loro malgrado stanno insieme confinati alle porte di Cagliari, nello stagno di Santa Gia, l’attuale Santa Gilla nelle cui rive la vita è difficile ma non impossibile e si trovano costretti a fare di necessità virtù, esperienza antica e sempre nuova nelle vicende umane. In questo modo la vita fatta di espedienti diventa un modo per acuire l’ingegno e trovare soluzioni inaspettate nonché efficaci per la sopravvivenza nella precarietà della malattia e nella cattiva sorte. Lo stile è avvincente, e il linguaggio risulta modulato per diverse possibilità di fruizione. Le tracce della sardità vissuta dai personaggi contraddistinguono un’appartenenza e forse un destino ma pagina dopo pagina ci si rende conto che il messaggio contenuto nell’opera assume un carattere universale e pertanto decisamente attuale. Alcuni significativi passi del volume sono stati presentati dalla voce narrante di Maria Grazia Cossu, che puntualmente accompagna gli autori invitati per la rassegna. Al termine di una breve lettura di qualche riga particolarmente interessante, si apre lo spazio al dibattito. Considerato lo spessore della formazione antropologica dell’autore, il taglio di natura sociologica emerge in modo del tutto evidente. Senza dubbio il libro, i cui fatti ci rimandano indietro di sette secoli, ha costituito uno spunto per diverse riflessioni nelle quali si riconosce, in parte, la situazione attuale, nelle contraddizioni che rendono incerto il futuro delle nuove generazioni; tensioni sociali, mancato o inadeguato processo di integrazione fra i popoli, difficoltà nei rapporti interpersonali, potere soverchiante della gestione strumentale nella comunicazione rispetto all’effettivo valore del contenuto di pensiero. Mentre si parla, il discorso, dal tema storico-letterario si sposta su argomenti di carattere più ampio. L’autore però in questa circostanza ha manifestato la volontà di intervenire preferibilmente come narratore; con rara abilità autoironica per quanti come lui in ambiente scientifico hanno condotto studi antropologici di natura accademica, ci ha informato sulla sua intenzione di compensare nel tempo, attraverso la produzione letteraria, i numerosi volumi già realizzati come saggista. Alcuni suoi commenti hanno quindi focalizzato la riflessione sull’attualità del messaggio narrativo collocato negli eventi passati, peraltro riportati con l’attenzione che meritano gli studi storici e antropologici. I problemi della condizione umana, di oggi come di ieri, sono stati e sempre saranno quelli dell’uomo reale - mette in evidenza l’autore – con le capacità ordinarie e straordinarie di cui egli è capace. Una di queste è quella estetica; la capacità connaturata all’uomo, attraverso la quale si può gustare il bello e si apprezza la vita, antidoto efficacissimo contro il male oscuro che oggi, molto spesso ,diventa assolutamente devastante proprio come la lebbra di ieri. Tuttavia, dalle sue stesse parole, - mi ritengo decisamente ottimista - rimarca il professor Angioni - le future forme di esistenza umana sono legate alla capacità di raffinare ciò che esiste oggi, anche dal punto di vista ideologico. Le grandi correnti di pensiero devono attualizzarsi, non come mero adeguamento quanto piuttosto in termini di qualità della vita, in definitiva nell’orizzonte di un nuovo umanesimo. SERRAMANNA La scultura, lavoro ed esaltazione della vita A chinni po su pai adi traballau e a domu no est torrau All’interno della manifestazione organizzata per la Giornata Cittadina dei Caduti sul lavoro, il promotore del comitato spontaneo Giuseppe Lasio ha organizzato in collaborazione con l’Associazione culturale Su Stentu ed il patrocinio dell’amministrazione comunale una mostra di pittura e scultura. Intorno al tema del “lavoro” il dibattito è sempre vivo, disoccupazione, riforme, sicurezza, precarietà, ma come possiamo trovare un filo conduttore tra il lavoro e l’arte? in particolare tra l’arte e la sicurezza nel mondo lavoro? Mario Becciu, scultore che mi ha accompagnato nella visita alla mostra, mi risponde che “la scultura, lavorare la pietra è fatica, ogni lavoro è faticoso e lo è ancor di più se non ci soddisfa, mentre il lavoro dovrebbe essere un piacere, le nostre opere vogliono trasmettere un messaggio di gioia per la vita, gioia per la nostra terra e le sue bellezze”. La mostra, curata dal direttore artistico Gianluca Devita, ha esposto le opere degli scultori Aldo Casti e Mario Becciu di San Sperate e Pino Pinna, serramannese di origini oggi residente a Serrenti. Tutti e tre legati da un’amici- zia ed una collaborazione solida e quarantennale, provenienti dalla scuola degli scalpellini di Serrenti, appassionati di archeologia ed arte. In una chiacchierata appassionata sull’archeologia sarda, il mio cicerone continua “speriamo che ora con l’eco dei Giganti di Monte Prama venga alla ribalta, e si dia il giusto spazio al grande popolo degli shardana” e sorridendo prosegue “ecco che possiamo spiegarci le origini del nostro carattere così orgoglioso e caparbio”. E con altrettanto orgoglio e consumata formazione artistica continua: “sarebbe bello parlassero solo le opere, ma, in una società troppo consumistica, abbiamo spesso bisogno di accompagnarle con le parole”. In una società frenetica, troppo veloce anche nelle nostre piccole realtà, dominata da un accentuato individualismo, emerge con forza un bisogno di ascolto e di condivisione delle attività quotidiane, delle scelte di vita come delle proprie opere e del proprio laboratorio. Fermiamoci piu spesso ad ascoltare. Elena Fadda Nel suo intervento abbiamo modo di ascoltare un eloquio elevato intercalato da alcune espressioni in sardo campidanese, in alcuni passaggi dove l’esposizione e il commento del testo sono veicolati da termini molto particolari. Questo avviene nel momento in cui si parla di rapporti di potere, giustizia sociale, uguaglianza, capacità di rendere più accettabile la propria condizione sociale ed esistenziale; argomenti comuni che contraddistinguono la vita di ogni giorno, per tutte le categorie di persone ma che nello stesso tempo rimandano ad un più ampio problema di natura intellettuale. Come dire: il linguaggio è popolare, il significato no, anzi tende verso contenuti sempre più profondi. Questo forse potrebbe rappresentare un modo alternativo di intendere l’attuale concetto di identità regionale, talvolta ambiguo e che troppo spesso afferma l’importanza dell’elemento variabile, quello della parola rispetto alla durata della struttura di pensiero. Anche in questo senso il valore del gusto potrebbe costituire un punto di riferimento per apprezzare la propria condizione, forse preferibile rispetto a molte altre esistite in passato e sicuramente migliorabile per il futuro. Che significato possono trasmettere questi suggerimenti nei confronti dei lettori e del nostro pubblico di cittadini serramannesi? Certamente, come ricordato dalle parole della curatrice dell’incontro, il privilegio di aver accolto uno fra i più conosciuti autori nell’attuale panorama letterario isolano, nonché nel campo scientifico in ambito nazionale. E non ultima una speranza, quella di rilanciare l’interesse per la lettura e per le iniziative di carattere culturale, tanto nelle biblioteche come nei circoli spontanei come quello attualmente esistente, risorse preziosissime per rivitalizzare le attività sociali, la conoscenza reciproca e, come ricorda sempre Giulio Angioni, il gusto per la bellezza, della parola e della scrittura, anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni. Giovanni Contu PDF Compressor Pro 15 maggio 2015 LA SARDEGNA NEL CUORE 21 di Sergio Portas NEL CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA In trincea con il “grande” capitano Lussu C ome sia possibile non riuscire a riempire di gente la sala dei paesaggi di villa Ghirlanda a Cinisello, presente il sindaco della città, anzi la sindaca come vuole “Donne, grammatica e media” di Cecilia Robustelli, la presidente del circolo sardo AMIS che organizza l’evento, tre pezzi da novanta dell’intellighenzia sarda come Franco Siddi, già a capo del sindacato dei giornalisti italiani, Giacomo Serreli, celeberrimo giornalista di Videolina e Paolo Pillonca, scrittore tanto prolifico che non ci sarebbe spazio sufficiente a citare ogni suo libro, tutti invitati a parlare di Emilio Lussu nel centenario della grande guerra, è mistero glorioso che attiene per certo ai difetti della comunicazione. Possibile che sia sempre e solo una questione di soldi? Giacomo Serreli introduce i lavori dicendo che giornali come il “Guardian” hanno speso 50 milioni di sterline per una campagna tutta loro intitolata “No Glory in war”, e che di gloria nella prima guerra mondiale ce ne sia stata poca non occorre che siano gli inglesi a ricordarcelo. Franco Siddi (membro del Comitato Esecutivo Internazionale dei Giornalisti, chiosa la locandina) dovrebbe dire di Emilio Lussu e la Brigata Sassari, roba che neppure il più grande sintetizzatore mondiale di tutti i tempi riuscirebbe a sviluppare in meno di mezza giornata, quindi se la cava (poco e male a mio avviso) con una carrellata sullo scoppio della guerra in cui il primo ministro Salandra sembra prendersi quasi tutte le colpe di farci entrare l’Italia. Dice naturalmente dell’eroismo della “Brigata Sassari” nel Carso, delle due medaglie d’oro al valor militare che ebbe per quei combattimenti, delle pagine straordinarie di “Una anno sull’altopiano”, che Lussu scrisse nel ’36, esiliato a Parigi dopo la sua fuga da Lipari, confinatovi dal Fascismo (che gli “revocò” le quattro medaglie al valor militare che si era guadagnato) raccontando in stile giornalistico ciò che vide nelle trincee assieme ai suoi soldati, la maggior parte contadini e pastori della sua terra. Di Armungia Lussu, nel 1890 quando vi nacque contava un migliaio di abitanti, ora saranno meno della metà, il padre Giuanniccu di famiglia “nobile” (erano proprietari terreri) sposa una popolana suscitando grande scandalo in famiglia, un “babbu mannu” che porta il figlio a caccia con lui fin dai dieci anni del piccolo Emilio. Caccia al cinghiale anche, con una sola palla in canna, per dare all’animale una possibilità di salvezza. Ad Armungia si va a scuola fino alla terza elementare (altra non ce ne è), i figli dei “signori”. Emilio continua le sue a Lanusei e a Cagliari fino all’università: studia giurisprudenza. Quando tutta Europa si ammala di guerra è, come tutta o quasi la borghesia italiana, un interventista entusiasta. Al seguito di D’Annunzio e di coloro che vedevano nella guerra l’evento finale della riunificazione delle terre “irredente”: Trento e Trieste. Incuranti delle ragioni di chi aveva guidato la politica italiana negli ultimi vent’anni: Giovanni Giolitti era dell’avviso che con un comportamento incentrato sulla neutralità l’Italia avrebbe ottenuto dagli imperi centrali ogni compensazione territoriale avesse ritenuto di richiedere. E quasi tutto il Parlamento era con lui. Il governo e il re di tutt’altro avviso. L’entrata in guerra dell’Italia fu un vero e proprio colpo di Stato. Le masse popolari che avrebbero riempito le divise dei fantaccini non avevano voce in capitolo, né votavano, né erano scolarizzate. A comandarle all’assalto dei proletari con mostrine diverse saranno mandati i figli dei borghesi, come Emilio Lussu del resto, né si può dire che dovettero sparare solo a gente che parlava una lingua diversa che la loro, nelle divisioni asburgiche c’erano tanti “italiani”, appunto di Trento e Trieste mandati a morire per la gloria di Francesco Giuseppe, i “nostri” con in bocca l’urlo: “Savoia”! Inutile ricordare che i fanti della “Sassari” di italiano non parlavano neppure una parola. Parlavano sardo, naturalmente, e il sardo divenne presto la lingua della Brigata, 151° e 152° battaglione. Unico territoriale di tutto l’esercito italiano. Anche gli ufficiali che venivano nella brigata dal resto d’Italia capirono presto che se volevano sopravvivervi avrebbero dovuto “sardizzarsi”. I pastori che avevano lasciato il gregge alle donne e ai ragazzini, i contadini che bestemmiavano i loro campi incolti, si fecero portare al massacro come agnelli impotenti, dall’una e dall’altra parte delle trincee, ogni assalto alla baionetta era falciato come grano d’estate dalle nuove miracolose mitragliatrici. La gioventù d’Europa celebrò un suicidio di massa che ebbe termine solo alla fine del 1945, che l’intervallo tra le due guerre servì solo a mettere a punto sistemi d’arma e di massacro ancora più potenti. I totalitarismi nati dalla prima guerra mondiale, stalinismo e fascismo e nazismo, mutarono dalle trincee i loro statuti guerreschi con cui militarizzare tutta la società civile. Emilio Lussu si accorse subito che la guerra sognata tra i goliardi di facoltà era altra cosa della reale, ma la fece con la convinzione che un “capo” non diserta mai, specie se vede morire inutilmente i sottoposti che comanda. Paolo Pillonca dice la guerra criminalità perenne. Magari si poteva risparmiare il Tacito de “il pericolo germanico rimarrà sempre nella storia dell’umanità”, quei germani erano quelli di Vercingetorige del “De bello Gallico”, Erodoto va già meglio: “In guerra sono i genitori che seppelliscono i figli, l’ordine naturale delle cose è rovesciato”. Definisce Lussu grande scrittore, di questo vuole parlarci con “Un anno sull’altipiano”, una prosa che sconfina in poesia. Lussu in guerra un po’ come i protagonisti del “Il Cinghiale e il Diavolo”, racconto breve scritto nel ’37, ancora convalescente da un’operazione molto dolorosa che gli avrebbe impedito anche di andare volontario alla guerra di Spagna, dove sognava di organizzare una sua brigata sarda, che in effetti si formò dietro la bandiera dei quattro mori inquartati. Nel “Cinghiale”, dice Pillonca, troviamo una sublimazione del racconto orale, le frasi si susseguono stringate, secche, senza subordinate, quasi un ermetismo, ricordano il rimare di Ungaretti : “Si sta come le foglie sugli alberi d’autunno”. I cacciatori che si raccolgono intorno al fuoco, ognuno dicendo all’altro come il cinghiale gli fosse sfuggito quasi miracolosamente, l’otre di vino che passa di bocca in bocca, tutti analfabeti ma grandi narratori di storie. Non si fa fatica a ravvisare i tratti autobiografici del bambino Lussu, iniziato ai misteri della “caccia grande”, quella al cinghiale e al cervo, ai primi del novecento, la Sardegna una immensa distesa di boschi incontaminati. Le regole della caccia da interiorizzarsi e da rispettare se si vuole diventare “grandi” e rispettati, se si vuole guardare gli altri negli occhi sempre, inferiori o superiori che siano. Sempre a dorso di cavallo, chi va a dorso d’asino è quasi uomo di serie inferiore. La caccia, la guerra: una cosa di uomini. Le donne a casa ad aspettarli con l’ansia nel cuore. Scriverà alla mamma dall’altipiano di Asiago ogni giorno della sua guerra, Emilio. Dirà in seguito che non gli riusciva di sognare della Sardegna, la notte in trincea, non aveva bisogno di vederla in sogno che l’aveva presente ogni attimo del giorno. I suoi fanti, a riposo nelle retrovie, facevano gare di “strumpa”, giocavano a morra, facevano gare poetiche. Ogni tanto anche “bardane” di muli e cavalli verso altre brigate italiane di “amici-nemici”, non sardi, gente aliena. Da tenere sempre in sospetto. Giacomo Serreli ci fa sentire i Tenores di Orgosolo che cantano Orune e Bitti con su kentukinbantunu rezzimentu (il 151° era anche quello di Lussu), una roba che fa così: “ Su kentukinbantunu rezzimentu/ con su kinbataduos tottu impare/ non sozzis bois sos continentales/ ki azzis mantesu su trinceramentu/ Orune e Bitti cun zente orgolesa/ ja nde portan de pilu in su coro/ tottu su tzirkundariu de nugoru/ bi fit in sa brigada tattaresa/. E poi Franco Madau che canta una sua ballata: “Torra fillu miu”, che si può ascoltare anche nell’allestimento teatrale su Lussu che fece con Mario Medas e Pietro Marcialis. E ancora le launeddas di Andrea Pisu e la meravigliosa voce di Gavino De Lunas, l’usignolo di Padria, che si arruolò volontario nella prima guerra mondiale, ferito a una gamba, la scampò, per trovare morte da martire alle Fosse Ardeatine nella seconda. Inevitabile il “Dimonios” della Sassari che apre la sfilata del 2 giugno. Con la Carla Cividin, presidente dell’AMIS, che ne legge la traduzione in italiano. Scrive Mario Rigoni Stern nella prefazione a “Un anno sull’altipiano”: “Tra i veri Capitani Emilio Lussu è stato il più grande. Re pastore, nobile cacciatore, domatore di cavalli, uomo politico in prima linea nei momenti più importanti della storia d’Italia di questo secolo, narratore semplice come un classico antico, ma per me capitano. E basta.” PDF Compressor Pro 22 15 maggio 2015 LETTERE [email protected] ELEZIONI AMMINISTRATIVE A GONNOSFANADIGA Con mercoledì 6 maggio, i giochi sono fatti. Quattro liste. Quattro aspiranti sindaci + 60 candidati. Per tutti i gusti, o quasi... E se Antonio Albanese, o Maurizio Crozza, o Lucianina Littizzetto, come dice affettuosamente Fabio Fazio nelle sua trasmissione “Che Tempo Che Fa”, si dessero la briga di “esaminare” i “politici” candidati alle amministrative di Gonnos? Se ne facessero l’imitazione dei loro tratti (dis)umani? Considerate i 4 poveri diavoli che si sono candidati e si propongono per fare i sindaci: cosa mai avranno in testa per persuadere gli elettori? Quali programmi, quali novità, quali tecniche di consenso porteranno magicamente fuori dal cilindro per convincere gli indecisi? Per ora, mistero... Con tutto ciò, Albanese-Cetto La Qualunque non si lascerebbe sfuggire l’occasione di ironizzare sul nuovo che avanza: Franco Porta; o sull’antico ormai rancido: Franco Sotgiu; o gli esperti in allevamento di mandrie di porchette in frizer; o su certe dinastie tramontate: i Zurru, i Deias; o sull’inutile che si ricicla: Fausto Lecis; o sull’esperto in neocomunicazioni televisive, il videolinato Fausto Orrù. E la “quota rosa”? Vacci cauto, Albanese, sulla presenza di “pilu pi tutti” in Consiglio... La “quota rosa”, tutto sommato, pare proprio quella che ha dato i maggiori risultati, dicono i gonnesi, attraverso un impegno costante e coerente. Non hanno fatto male, nel DS, a candidare Pinuccia Peddis come sindaco. Ha dato buona prova di sè, in altre circostanze, anche nella LIVAS. Certo, Lucianina Littizzetto - e noi con lei - se la spasserebbe un mondo con il suo “I dolori del giovane Walter” a confronto con “La Jolanda furiosa” Spietatamente, se si pensa ai “politici”, agli elettori di Gonnos fa capolino in testa, appunto, la faccia di Antonio Albanese. O di [email protected]. O della Littizzetto. I lineamenti di Cetto La Qualunque emergono dalla bruma dei politici casalinghi. E i compaesani non pensano che non ce ne siano: c’è davvero, tra i politici di più o meno vecchia data, un fortissimo “crozzismo”, persistente, diffuso ed esteso, si racconta, che spinge questi personaggi a ritenersi come razza eletta, e ad impossessarsi delle stesse battute di Crozza riproponendole come originali! Si potrebbe fare un elenco notevole di questi aspiranti al massimo del cursus honorum”, che brigano per affermarsi, con promesse più o meno occultate e rintanate nei meandri di pateracchi e delle cose che non si possono dire in pubblico, perché son cose poco lavate, spesso opache e cupe, al limite talvolta dell’onestà e della correttezza, come vogliono i dettami della “old politique”. I politici, poi, si lamentano che i cittadini votanti non capiscono nulla, che son come caproni e pecore e passano dove loro vogliono. Ecco perché l’Italia è un gran paese; ecco perché Gonnos lo è altrettanto: gli elettori sono asini caproni, che si lasciano incantare come delle allodole allo specchio! Loro preferiscono altri volatili: la gazza ladra, magari! Queste cose pensano i politici degli elettori: sono asini caproni. E si lasci da parte, per carità, il discorso sui giovani... È difficile capire, si dice, che cosa si candidi a fare l’ex sindaco Porta: sembra che capeggi una lista di semigiovani, congiuntamente allo “spin doctor” Franco Sotgiu e al mallevadore Luigi Corda, che tiene su famiglia e a cui deve pensierosamente pensare. Il candidato Franco Porta, in fin dei conti, forse stanco e annoiato della vita d’ufficio, ritenta la deconcentrazione della sua ragion d’essere a questo mondo riciclandosi, alla soglia della saggezza dei 70 anni, come politico. Non gli importa proprio nulla se gli elettori ricordano che trascorse i primi due anni del suo mandato di dieci anni fa a brigare per mandar via dall’apparato amministrativo un segretario comunale suo amico che non gli stava a genio; o a prendersela coi dipendenti che, secondo lui, erano del tutto improduttivi; che impiegò gli altri due anni a rovesciare le carte e i progetti del famoso tunnel di via Porru Bonelli, sul quale si erano spese ingenti risorse nella predisposizione del piano stesso. Gli è che Franco Porta pensa in grande, è un Uomo della Provvidenza, della presunzione “ante litteram”, ha sistemi e tattiche che toccano le stelle, li sa spendere bene quando ne parla con gli elettori: solo che, alla prova dei fatti, le sue celebri strategie cadono rovinosamente dall’alto degli astri e si spiaccicano al suolo. Non ne azzecca una. Considera gli elettori come scolaretti da biasimare e sgridare! E la lista cappeggiata dall’ing. insegnante Marras? “Promette bene - dicono gli intenditori - Ma sembra troppo elitaria. Lontana dagli interessi quotidiani dei cittadini.” E il sindaco “in pectore” Fausto Orrù? È poco conosciuto. Gli elettori lo scoprono, però, improvvisamente ora, pieno di ideali politici. Chi l’avrebbe mai detto? Bene. Bene. Bene! Non fa nulla, anche se maturati in età... adulta. A guardarli in faccia, dicono i cittadini, certuni hanno proprio un muso da squali, con un dentiera a raggiera, prominente, immensa come quella di Formigoni, pronta a mordere dove ci son quattrini, lucri e rendite, benefici, tavolate e commensali con i quali condividere lo spasso e la scorpacciata. Gli aspiranti sindaci, sono persuasi gli abitanti, dovrebbero subito proporre, come un tempo, che la “prestazione” la daranno senza costo: perciò niente rimborsi, niente indennità, niente fondi spese, niente trasferte, niente diarie. Niente di niente: “Per il bene dei cittadini, lavoreremmo finalmente gratis!” E i giovani? E le quote rosa? Sembrano molti i candidati. Finalmente! Chissà. Si starà a vedere. Comunque, ha proprio ragione Santina Ravì: c’è davvero una corsa forsennata e sfrenata verso le poltrone. E, se per poco non li prendi sul serio, i vecchioni riciclati, fanno persino finta di offendersi: “come”, sembrano dirti: “noi lavoriamo per il popolo, per i poveri, per i disoccupati...Poveri? Disoccupati? Ma non ci avevo pensato prima!” E concludono, come Cetto la Qualunque col suo motto elettorale - : “‘n culo ‘u popolo! W su pilu! Cchiù pilu pi tutti”. Augusto Tomasi “L’ASSESSORE PISU NON SA REDICONTARE ANALITICAMENTE” Gentile Direttore, in questi quattro anni l’assessore alla Pubblica Istruzione di Sardara non è stato né produttivo né presente e quando gli è stato chiesto di provvedere a risolvere le problematiche della scuola con il suo operato non ha fatto altro che confermare le sue mediocri qualità politco-amministrative. Con una interrogazione presentata dal nostro gruppo in Consiglio Comunale, gli si chiedeva di rendicontare “analiticamente”, per il periodo 2011/2014, le spese sostenute con il contributo mensile (di 10,50 euro) versato dalle famiglie per ciascun figlio frequentante la scuola dell’infanzia. La risposta fornita ci ha stupito, ma dopo qualche attimo lo stupore ha lasciato spazio all’ilarità. L’Assessore, dopo aver affermato che alle mamme era stata data risposta nelle varie riunioni, si è lasciato andare a considerazioni politiche verso la precedente amministrazione, dimenticando quanto ha ereditato dalla Giunta Zucca. Vale la pena elencare alcune opere realizzate, che lui non riesce a vedere: - Scuola dell’infanzia ampliata; - Plesso scolastico dotato di spazi ricreativi e sportivi che i comuni del circondario ci invidiano; - Finanziamento per la ristrutturazione dell’ex Scuola materna di via Trento per realizzare l’asilo nido; - Stanziamento in bilancio per acquisto di giochi per la scuola dell’infanzia, che lo stesso assessore si è fatto sottrarre da sotto il naso dai propri colleghi di Giunta, destinandoli ad altri interventi; - Messa in sicurezza degli edifici scolastici; L’elenco potrebbe continuare anche su contributi per gite d’istruzione etc. Noi del gruppo consiliare “Nuove Iniziative”, ora nei banchi di minoranza, possiamo affermare di aver amministrato e portato in cassa diversi finanziamenti. Per l’attuale assessore probabilmente restano da elencare solamente i fallimenti dei pochi finanziamenti richiesti, le cui domande sono state respinte dalla Regione Autonoma della Sardegna per errori o imprecisioni. Raggiunge il massimo delle sue qualità quando nella risposta all’interrogazione di cui sopra si permette di giudicare la precedente Giunta per giustificare la mancata risposta ai genitori sulle spese (ci piace rimarcare “analitiche”) sostenute con il contributo da loro versato mensilmente. Supera ogni limite permettendosi di esporre o di far esporre a scuola la risposta politica all’interrogazione. Alcuni genitori hanno chiesto, stupiti, come mai all’ingresso della scuola dell’infanzia sia stata affissa integralmente la risposta all’interrogazione e non “esclusivamente” la rendicontazione, per niente analitica delle spese sostenute, come da loro richiesto. L’Assessore Pisu negli incontri con i genitori avrebbe dovuto rendicontare sul “lavoro dei suoi quattro anni”, e non scaricare le sue responsabilità su altri. Questo è un atteggiamento teso a nascondere l’inerzia e l’incapacità politica non adatta al ruolo ricoperto. Un invito: la smetta con questo atteggiamento e amministri il paese con maturità e responsabilità nel rispetto dei cittadini della comunità di Sardara. I Consiglieri del Gruppo Consiliare del Comune di Sardara “NUOVE INIZIATIVE” LA STORIA INSEGNA MA L’UOMO NON APPRENDE GIOVANNI XXIII Di cosa parlano a bocca piena i mass media attualmente? Da che mondo è mondo nel quotidiano si verificano fatti di ogni genere. Oggi si tende a strumentalizzare fatterelli e fattacci che ieri passavano in sordina. Per forza, questi tendono a propinarci con fare eclatante l’informazione, bombardandoci come volessero farci il lavaggio del cervello. Vedi il G8 del 2001 di Genova, l’irruzione della Polizia nella scuola Diaz, occupata arbitrariamente dai dimostranti: qualcuno in quel frangente s’è fatto prendere la mano. Solo per questo vogliamo criminalizzare tutto l’operato delle forze dell’ordine? Andiamoci cauti e prendiamo in esame tutto l’operato di quelle giornate, e non facciamoci condizionare dal fatto che il nostro ordinamento legislativo non prevede attualmente per le forze dell’ordine l’incriminazione per il reato di tortura. Da ex celerino quale sono, voglio rispolverare due frammenti di storia da me vissuti, inerenti gli anni di piombo, dedicati a quelli di mente corta e disinformati. I fatti che voglio revocare si sono verificati nel 1969. Ero di stanza a Torino, la città era un vero e proprio calderone a causa del così detto “Autunno caldo”, le lotte e conquiste dei metalmeccanici, la guerriglia urbana tra studenti e forze dell’ordine, la scuola italiana era al collasso e frange di comunisti spalleggiavano i movimenti studenteschi. La caserma era precettata, licenze e permessi revocati e sospesi sino a nuovo ordine. Nel leggere in bacheca gli ordini di servizio apprendo d’essere comandato di pattuglia, e un mio amico e collega mi propone di voler fare scambio di servizio: non ho nulla in contrario e dopo previa autorizzazione del nostro comandante, esce in servizio con altri quattro colleghi a bordo di una Giulia. Nel volgere di due ore, alla centrale radio operativa perviene un messaggio: la nostra volante è stata oggetto di un attentato con una bomba molotov. Il mio amico e collega è rimasto gravemente ustionato, la prontezza di un ragazzo gli ha salvato la vita avvolgendolo con il suo maxi cappotto, ma ne avrà poi per parecchi mesi. A novembre vengo inviato con tutto il reparto a Milano, dove, il giorno 19, il collega Antonio Annarumma a bordo di una campagnola viene barbaramente assassinato a colpi di tubo per impalcature, e i colpevoli non verranno mai scoperti. La rabbia e lo sgomento offusca le nostre menti, abbiamo poca esperienza data la nostra giovane età e ben presto, in occasione di un picchettaggio non autorizzato, il diavolo ci mette la coda. Come sempre, nel caso di questi eventi, siamo inquadrati alla mercè dei facinorosi, soggetti al lancio di monetine ed epiteti irripetibili. Fremevamo dal livore represso, e allorquando il commissario di turno si cingeva della fascia tricolore intimando loro di sciogliersi in nome del Popolo Italiano, se l’appello veniva ignorato ci veniva impartito l’ordine di attaccare. Come un’orda selvaggia, ubriachi di adrenalina ci fiondavamo su chiunque incrociassimo, menando senza alcun distinguo. Il nostro armamentario per l’ordine pubblico era composto da due manganelli, uno scudo, un casco, un moschetto 91 che serviva per sparare candelotti lacrimogeni. Uno dei manganelli era lungo 60 cm. circa e aveva l’anima cava e qualche mente machiavellica la riempiva con pallini da caccia creando un corpo contundente micidiale. Durante le esequie di Annarumma si presentò un esponente del movimento degli studenti per dimostrare estraneità ai fatti, gli saltammo addosso e solo l’intervento del nostro Commissario lo salvò dal linciaggio. Se oggi viviamo in uno Stato di diritto, lo dobbiamo all’abnegazione delle Forze dell’Ordine che mai sono state al soldo di un padrone. Là dove manca l’ordine regna il caos, pertanto aborriamo l’anarchia. Gigi Arixi