SABATO 6 MARZO 2004 LA REPUBBLICA 33 DIARIO di INTERVISTA A GIULIANO AMATO Roma è una questione riformista che oggi si pone con una certa urgenza a sinistra. La sinistra è divisa, frammentata, piena di dubbi e di distinguo, ma in fondo i suoi stati d’animo sono riconducibili a una lunga eterna diatriba fra massimalismo e riformismo. È una situazione che conosco benissimo», dice Giuliano Amato, «e non credo che sia facile far cambiare idea a un massimalista. Quello che si può fare è non aver paura di dire in maniera chiara che esistono modi diversi di essere di sinistra». È un fatto che esistano più sinistre. Dirlo non è superfluo? «Dirlo in modo chiaro significa farla finita con certe convivenze e con certi linguaggi. La sinistra deve rivolgersi al Paese in modo chiaro e non coltivare la sagra dell’ossimoro». Ossimoro? «Sì ossimoro, cioè violazione reiterata e continua del principio di non contraddizione. E visto che ci siamo, occorre anche smetterla con quella specie di sublimazione del non essere che è il “né, né”, con cui spesso e volentieri ci si sottrae alla critica». Qual è il rischio? «Che quella parte dell’opinione pubblica che prima guardava favorevolmente al centro destra e ora sente il bisogno di qualcos’altro, non riesca a capire che cosa la sinistra le offra. Quello che sente è solo una sommatoria cacofonica di voci dominate dall’ossimoro». Qualche esempio? «Il più antico fra gli ossimori è “siamo una forza di lotta e di governo”, ma anche parlare dell’uso pacifico della risorsa militare, può destare in molti un’analoga sensazione di sconcerto». Chiarezza nel linguaggio è un punto qualificante del riformismo. E poi? «Assumersi la responsabilità di governare allo scopo di risolvere i problemi». Ogni politico condividerebbe un simile proposito. «Non ne sarei così certo. Anzi ho l’impressione che all’interno della sinistra c’è una parte di militanti e dirigenti - dai neocomunisti ai post-comunisti per finire ai pacifisti assoluti - per i quali il ruolo della politica è rappresentare il problema, non necessariamente risolverlo». È il vizio del massimalista? «Sì, un vizio antico che si può far risalire ad alcuni tratti dell’intellighenzia italiana. La quale fin dalla formazione dello Stato nazionale ha avuto un atteggiamento antigovernativo». In fondo il compito di un intellettuale è criticare il potere, più che condividerlo. O no? «A un’affermazione del genere non so che cosa opporre. È una posizione sempre vincente: tutti in piazza e la sera in trattoria. Bisognerebbe assumersi la responsabilità di spiegare che si può qualche volta essere d’accordo con chi ha preso una decisione di governo». Lei insiste sulla chiarezza, quando sa che il linguaggio della politica tende a coprire certe cose più che a svelarle. «È vero, ma non si tratta sempre di opportunismo. Semplicemente i discorsi che si fanno, i messaggi che si mandano, sono interpreta- «C’ Un grande arcipelago dove regnano separazioni e dubbi, pieno di veti e afflitto da miopie to sia quello di lavorare ai margini, perché solo su questi si può incidere. Non sono d’accordo con chi dice che la differenza fra noi e la destra è solo di una migliore o peggiore gestione dell’esistente». Le grandi questioni sono il futuro, ma la gente è più interessata al presente. «Siamo un paese in pericolo proprio perché non riusciamo a dare la percezione di un futuro comune agli italiani. L’Europa invecchia, quale sarà il destino di chi ci vivrà fra venti o trent’anni? Io sono convinto che queste domande hanno una risposta riformista». L’impressione è che il riformismo è stato spesso minoritario e non ha mai avuto vita facile in Italia. È d’accordo? «È vero sono rari i momenti in cui si è avuta la sensazione che il riformismo potesse prevalere. Perfino la famosa scissione di Livorno del 1921 è sembrata più una lite fra due massimalismi che un vero confronto fra due visioni opposte del mondo». Il riformismo una identità ha provato a darsela con la svolta di Bad Godesberg. È possibile immaginare qualcosa di analogo oggi? «Non penso che ci sia bisogno di una nuova “Bad Godesberg”, che fu peraltro una illusione statalista dei socialisti del XX secolo». Immaginarono che lo Stato potesse svolgere una funzione sociale. «Ma in questo i socialdemocratici tedeschi erano stati preceduti da Bismarck. Se posso dirlo con franchezza, dovremmo liberarci del complesso di non essere abbastanza di sinistra. Liberarci dalla guida di certi sacerdoti di religioni dismesse e cominciare a renderci conto che l’orizzonte entro il quale agiamo e pensiamo non è più lo stesso». Che cosa è cambiato? «Fino a quando l’orizzonte statale era relativamente finito, e saldo, non c’erano problemi, il riformista ha vissuto con una specie di rendita di posizione». Prodotta da cosa? «Dall’età del fordismo, durante il quale abbiamo costruito sistemi pensionistici accettabili, ridistribuito ricchezza e servizi attraverso il Welfare . Non dico che tutto questo era perfetto, ma quell’orizzonte oggi è più precario e minaccioso. Un riformista deve saper affrontare con chiarezza le nuove domande che provengono dai diversi strati della società. E deve sapere che su questo piano risposte massimaliste o populiste non risolvono il problema, lo congelano». La distinzione tra un massimalista e un riformista è chiara. E fra quest’ultimo e un liberale? «Potrei richiamarmi ad Amartya Sen, ma preferisco citare Bobbio: la differenza tra un liberale e un socialista è che un socialista vede la libertà in un senso molto più egualitario. Il che comporta in termini di visione politica un insieme di azioni notevolmente differenti sia sul piano dell’uso delle risorse che delle priorità. La libertà eguale è diversa dalla libertà senza eguale». Lei ha usato la parola socialista invece di riformista, perché? «So bene che esistono altri riformismi. Ma per me, per la storia della mia vita, le due cose coincidono». Ecco che cosa serve perché la lunga diatriba tra massimalisti e riformisti trovi infine una soluzione SINISTRE L’eterno scontro fra le due anime ANTONIO GNOLI bili e vanno in più direzioni. Detto questo, aggiungo che il riformista non deve aver paura di affrontare in modo chiaro quelle che sono le differenze dalle altre sinistre. E soprattutto smetterla di subire veti, ricatti, condizionamenti. La chiarezza può aiutare». Lei Amato a quale riformismo si richiama? «Non appartengo alla razza dei bartaliani, i quali dicono che è tut- MASSIMO CACCIARI SINISTRE. DIFFICILE combattere contro la potenza simbolica dei nomi. E bene la sanno sfruttare i nostri “grandi comunicatori”. Un’unica, solida, stabile radice forma il termine “destra” pressochè in tutte le lingue indo-europee. Una radice che indica “destrezza”, forza, nobiltà. “Sinistra”, invece, chissà da dove viene. Genitori sconosciuti; figlia di nessuno. E quanti nomi per dirla! Ma tutti contenenti un senso di debolezza, di precarietà, se non di sventura. Rimontare una simile china simbolica è arduo da sempre. Eroica pretesa voler dimostrare che la “sinistra” (left) è dalla parte della ragione e del diritto (right), oppure che è “da sinistra” che traiamo gli auspici favorevoli per il nostro domani (ma così facevano gli etruschi, a differenza dei greci). Si tratta di una asimmetria fatale? Vi sono aspetti della storia delle sinistre europee che sembrano fatti apposta per testimoniarlo: lacerazioni, settarismi, inerzia ideologica hanno spianato e continuano a spianare la strada alle destre peggiori. Tuttavia, non è vietato sperare che si possa finalmente giungere a dire : “siamo destri di mano perché mancini di cervello”. Sì – il nostro cervello è mancino; non ama le vie “diritte”, non ama ripetere il già detto; ricerca, inventa, innova. Per questo siamo “malfermi”, perché ci piace andare e scoprire; per questo siamo “deboli”, perché ascoltiamo e dubitiamo. E potremmo così anche, forse, pensare – pensare che dopo tanti tramonti di dèi e crolli di muri sia tempo e ora di finirla con queste metafore del tempo perduto: “destra”, “sinistra” e, perché no?, “centro”. “ “ to sbagliato e tutto da rifare. Ma rifiuto altresì l’accezione riduttiva del riformismo come una cultura politica che sceglie i problemi minori, perché i maggiori sono al di là della nostra portata». Questo a dire il vero è condiviso anche da una parte del riformismo. «Lo so bene. Ma non sono d’accordo con chi sostiene che in una economia globale il nostro compi- 34 LA REPUBBLICA SABATO 6 MARZO 2004 LA PRIMA INTERNAZIONALE 1864 La riunione inaugurale si tiene a Londra nel 1864. Un emissario di Mazzini rappresenta le società operaie italiane, mentre a Marx è dato il compito di redigere lo statuto provvisorio LE TAPPE PRINCIPALI LA SECONDA INTERNAZIONALE Nel 1889 i rappresentanti di numerosi partiti europei si riuniscono a Parigi e fissano come principale obiettivo del movimento operaio la giornata lavorativa di otto ore RIVOLUZIONE D’OTTOBRE 1917 Con la conquista del potere dei Bolscevichi in Russia si innesca una serie di divisioni nel movimento socialista che darà luogo alla nascita dei partiti comunisti STORIA DI UN CONCETTO E DELLE SUE DIVISIONI INTERNE QUELLA SINISTRA ITALIANA PRIMA E DOPO IL CROLLO MASSIMO L. SALVADORI l destino della “sinistra” – il cui nome deriva dalla disposizione topografica assunta nel 1790 dai rivoluzionari rispetto ai difensori della monarchia collocatisi a destra nell’Assemblea nazionale francese – è stato da un lato di aver costituito una delle forze che hanno dominato la storia contemporanea, dall’altro di avere cambiato i propri connotati in relazione sia ai propri scopi sia ai mezzi per raggiungerli e di essersi divisa in diverse componenti giunte all’estremo a combattersi in maniera anche distruttiva. In vero, ogni formazione politica ha avuto la sua “sinistra”; ma a caratterizzare quest’ultima, dopo l’emergere in tutta la sua portata della “questione sociale”, sono state in primo luogo le strategie di lotta nei confronti del capitalismo e della proprietà privata e la progettazione di una nuova società, con il seguito di divisioni tra i rivoluzionari di diversa corrente, uniti contro il capitalismo di cui si aspettava il crollo, e i riformisti fautori di una trasformazione graduale. Per circa due secoli la sinistra – socialisti, anarchici, comunisti - ha avuto la sua più forte identificazione con il movimento operaio e le sue organizzazioni e i suoi partiti. Ma una cosa era la volontà di combattere il capitalismo e le sue istituzioni; un’altra trovare i mezzi appropriati; e un’altra ancora individuare il modello della società post-capitalistica. La sinistra era mossa nel suo insieme dall’ideale di una società egualitaria; sennonché anche i modi di intendere l’uguaglianza erano tutt’altro che scontati. Questi i grandi nodi da sciogliere: bisognava attendere il crollo del capitalismo oppure cercare di trasformarlo? Seguire la via della rivoluzione o quella delle riforme? Passare attraverso la dittatura dei rivoluzionari e abbattere le istituzioni parlamentari oppure mantenere l’eredità del liberalismo? Dare all’economia pianificata strutture centralizzate dominate dallo Stato oppure puntare su un sistema decentrato, cooperativistico, autogestito? Il progetto pianificatore, centralistico, statalistico, elaborato da Marx ed Engels (che rinviarono alla realizzazione del comunismo la fine di ogni forma di costrizione politica e sociale) prevalse nella seconda metà dell’Ottocento. Ma, verso la fine del secolo, l’atteso crollo del capitalismo non arrivava; e Bernstein, il padre di tutti i riformisti socialisti, lanciò la sua sfida. Attaccato dai marxisti come un revisionista che svendeva il pa- I I LIBRI NORBERTO BOBBIO Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli 1994 AA.VV Il concetto di sinistra, Bompiani 1982 (con saggi di Cacciari, Flores D’Arcais, Vattimo, Giorello) V. FOA, A. GIOLITTI (A CURA DI) La question e socialista. Per una possibile reinvenzione della sinistra, Einaudi 1987 MASSIMO L. SALVADORI Tenere la sinistra. La crisi italiana e i nodi del riformismo, Marsilio 1992 G. BOSETTI (A CURA DI) Sinistra punto zero, Donzelli 1993 (con scritti di Bobbio, Rorty, Dahrendorf, Walzer, Sartori, Zincone, Veca…) ADRIANO SOFRI Il nodo e il chiodo. Libro per la mano sinistra, Sellerio 1995 ALBERTO ASOR ROSA La sinistra alla prova. Considerazioni del ventennio 1976-1996, Einaudi 1996 ANTHONY GIDDENS La terza via. Manifesto per la rifondazione della socialdemocrazia, Il Saggiatore 2001 Per circa due secoli, socialisti, anarchici e comunisti, si sono identificati con il movimento operaio e i relativi partiti L’ATLANTE Le lotte, le scissioni, gli anatemi e poi la grande disillusione per un capitalismo che non crollava Oggi tutto questo sembra preistoria di EDMONDO BERSELLI trimonio di Marx, egli teorizzò che occorreva unire le forze dei socialisti e dei liberali progressisti per strappare i miglioramenti possibili, che la democrazia liberale andava preservata, che il Parlamento era la palestra positiva della lotta politica e sociale. Il confronto tra rivoluzionari e riformisti dominò la scena per un ventennio prima del 1914. Ma lo spirito rivoluzionario aveva ad Oriente una grande riserva vergine. Bernstein esortava al riformismo nei paesi economicamente sviluppati dove esistevano le libertà politiche e civili. In Russia non vi erano né un capitalismo mo- Edmondo Berselli, direttore della rivista il Mulino, restituisce la complessa galassia della sinistra, le sue divisioni, i suoi collegamenti. Idealmente la storia, che in parte coincide con le vicende del movimento operaio, prende le mosse da Marx, dai socialisti alla Proudhon e Blanqui e dagli anarchici come Bakunin e Cafiero. Fin dall’origine dunque la sinistra è stata un movimento di separati, di massimalisti e riformisti, di velleitari rivoluzionari e di pragmatici. E oggi? Ecco quello che la mappa ci consente di capire niò come mai prima il movimento operaio internazionale. I socialdemocratici guardarono con avversione alla dittatura sovietica considerata una forma di dispotismo intollerabile; i comunisti e i loro sostenitori considerarono i socialdemocratici alla stregua dei più pericolosi nemici. La contrapposizione tra comunisti e socialdemocratici - con vicende che videro momenti di relativa intesa alternarsi al riaccendersi dei contrasti è continuata per un’intera epoca storica: gli uni aventi come obiettivo principale l’espansione del “campo socialista”, gli altri essendo impegnati nelle riforme e nello sviluppo della loro principale creatura: lo “Stato del benessere” (nato dalla convergenza con la sinistra liberale e cristiano-sociale e appoggiato “in via provvisoria” dai comunisti occidentali). In questo generale contesto si è collocata la vicenda della sinistra italiana, segnata nel Novecento: prima del 1915 dal fallito tentativo della corrente riformista di assumerne la guida; tra il 1919 e il 1925 dal gonfiarsi e sgonfiarsi del massimalismo, dalle lotte intestine tra socialisti e comunisti, dalla comune sconfitta ad opera della fascismo; dopo il 1945, trascorsa la fase dell’unità “socialcomunista” conclusasi nel 1956, da un socialismo minoritario divenuto “governativo” ma incapace di elaborare una coerente e adeguata cultura riformistica di governo e da un comunismo rimasto sino al 1989 ad oscillare tra “riformismo pratico” e una tradizione rivoluzionaria sempre più stanca e inconcludente. Ora la sinistra europea, crollato il sistema sovietico ed entrato in una crisi via via più profonda il Welfare, deve trovare le sue risposte di fronte a un’economia qualitativamente diversa da quella fondata sul capitalismo delle grandi fabbriche e sugli eserciti operai, che avevano costituito il fondamento della sua azione per due secoli; deve misurarsi con l’emergere di nuovi strati sociali, di nuove forme di produzione e di scambio e di una “questione sociale” dal volto non assimilabile a quello di un tempo. E dunque: quale sinistra? Quali i suoi compiti? Quali i suoi scopi? Quali le sue forme organizzative? Il riformismo ha vinto infine la sua battaglia. Ma anche qui: che cosa distingue il riformismo degli uni da quello degli altri? derno né libertà né parlamentarismo. E da quel paese il bolscevico Lenin, preso il potere nel 1917 con la rivoluzione di Ottobre, diresse il suo attacco al riformismo. La prima guerra mondiale, la rivoluzione russa, la devastante crisi sociale ed economica in Europa, il consolidamento del potere sovietico fecero dilagare da Mosca un duplice messaggio: che la guerra imperialistica aveva dato inizio all’era del crollo del capitalismo e che la via del riformismo era fallimentare, mentre la via rivoluzionaria aveva portato al sorgere del primo Stato socialista. Il leninismo dila- SABATO 6 MARZO 2004 LA REPUBBLICA 35 IL RAPPORTO KRUSCËV 1956 Al XX congresso del Pcus (febbraio 1956) il nuovo leader sovietico Nikita Kruscëv denuncia i crimini di Stalin. Nello stesso anno l’Armata rossa reprime nel sangue la rivolta antisovietica in Ungheria I PADRI Un manifesto di propaganda sovietica con i “padri” del comunismo: da destra, Karl Marx, Friedrich Engels e Vladimir Lenin BAD GODESBERG 1959 Con la dichiarazione di Bad Godesberg la socialdemocrazia tedesca (Spd) si impegna a rispettare la “disciplina del mercato” e a praticare un distacco dall’interventismo dello Stato LA REVISIONE LABURISTA 1987 Il primo tentativo di staccarsi dai principi tradizionali si ha nel 1987 con la costituzione di un “Comitato di revisione delle politiche”. Tra le principali innovazioni la decisione di ridurre la dipendenza del partito dai sindacati LE IMMAGINI GLI AUTORI Le immagini che illustrano questo diario sono tratte da raccolte di manifesti, almanacchi, opuscoli di propaganda del movimento socialista, operaio e comunista, in particolare da “Le immagini del socialismo, Almanacco socialista del 1983”. Quella della propaganda è sempre stata un’esigenza primaria per il movimento operaio europeo e mondiale in modo particolare a cavallo tra Ottocento e Novecento quando si trattava di mettere in piedi un’opera di “alfabetizzazione” delle masse dei lavoratori alle tematiche delle lotte per i diritti sociali, come l’orario di lavoro, le condizioni sanitarie, il diritto di sciopero. Giuliano Amato, ordinario di Diritto costituzionale, oggi insegna Istituzioni europee all’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Militante e dirigente socialista, è stato due volte Presidente del Consiglio e ministro del Tesoro. Marc Lazar insegna all'Institut d'Études Politiques di Parigi è studioso della sinistra francese ed europea, con particolare attenzione alle vicende italiane. Massimo L. Salvadori è professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino. Studioso del Novecento e del movimento comunista. La sua ultima opera è “La solitudine dell’uomo onnipotente” pubblicata da Laterza DECISIONI POLITICHE ALL’INSEGNA DELLA CHIAREZZA, ANCHE SE TORMENTATE (segue dalla prima pagina) ono partiti che, nati il più delle volte dalla socialdemocrazia, o anche, come in Svezia, da un ex partito comunista completamente trasformato, si mostrano sensibili alle tematiche ecologiche, diffidenti verso l’Europa, strenui difensori del Welfare. I Verdi costituiscono un’ulteriore variante di una sinistra radicale con preoccupazioni post-materialiste; se in un primo tempo hanno rifiutato di scegliere tra sinistra e destra, ora optano generalmente per la prima, come nel caso degli ecologisti tedeschi, francesi e italiani. Restano infine i partiti comunisti, dovunque indeboliti, che esitano tra due strategie: allearsi con i partiti socialisti, come nel caso del Pdci o del Pc francese, e a seconda dei momenti anche in quelli dei comunisti spagnoli o di Rifondazione comunista; o preservare la propria autonomia sulla base dell’asserzione che destra e sinistra seguano le stesse politiche, contribuendo magari a far crollare l’intera sinistra, come Rifondazione comunista che nel 1998 ha provocato la caduta di Prodi. O come i trotzkisti francesi, che alle prossime elezioni hanno annunciato l’intenzione di partecipare ovunque possibile al secondo turno (a meno di una minaccia del Fronte Nazionale) e di rifiutare comunque la desistenza in favore dei candidati di sinistra. Accanto a queste diverse sinistre radicali, il cui peso elettorale – a parte il caso della Francia – rimane esiguo, emerge nella società civile una sinistra della sinistra. E’ un movimento eterogeneo, frammentato, senza una strategia coerente, profondamente diviso su un eventuale sbocco politico, sospettoso nei riguardi di supposti tentativi di strumentalizzazione da parte dei partiti socialisti o della sinistra radicale politica. E’ composto essenzialmente dagli “altermondisti”, a loro volta estremamente diversificati, dai “movimenti” italiani, da molteplici associazioni, reti di intellettuali ecc. Ma al di là delle divergenze e diffidenze reciproche tra i partiti della sinistra radicale e le componenti di questa «sinistra della sinistra» nata dalla società civile, l’elemento unificante è fatto di sensibilità S LA SFIDA RIFORMISTA LANCIATA DALL’EUROPA MARC LAZAR LOTTE Sotto, due mezzi diversi di proselitismo: a sinistra, una cartolina che celebra il 1° maggio del 1902. A destra, la copertina di un opuscolo contro i crumiri comuni, con aspetti a un tempo inediti e antichi: l’ostilità alla globalizzazione nella sua forma presente, la condanna del capitalismo, l’antiamericanismo, la diffidenza verso l’attuale funzionamento della democrazia rappresentativa e la critica al riformismo. Queste tematiche, non sempre impostate negli stessi termini ma più o meno presenti in ciascuno di questi movimenti, costituiscono una vulgata, assai più che un’ideologia ben ordinata. Una vulgata che riattivando l’eredità del comunismo e del socialismo massimalista seduce, intellettualmente e politicamente, gran parte della sinistra, all’interno stesso dei partiti socialisti. Una vulgata che può contare su una base sociale formata da giovani, da laureati e da una parte del ceto medio urbano e dei funzionari; ed è veicolata da cantanti di talento – ad esempio Manu NORBERTO BOBBIO Chao – capaci di raggiungere un vasto pubblico. Come dimostra il suo innegabile successo nelle manifestazioni di piazza, nelle mobilitazioni collettive o forum delle idee, si tratta di un fenomeno sociale e politico complesso, che ripropone idee di vecchia data ma esplora anche percorsi inediti. Un fenomeno che rivela tutta la profondità del disagio sociale delle società europee (disoccupazione, po- MICHAEL WALZER Per quel che riguarda il futuro della sinistra l’umanità non è giunta affatto alla “fine della storia”, ma è forse soltanto al principio Uno dei grandi fallimenti del marxismo è che né Marx né nessun altro abbia mai sviluppato una teoria morale e politica del socialismo Destra e sinistra 1994 Politica e profezia 1987 ANTHONY GIDDENS JEAN BAUDRILLARD Socialismo e comunismo sono defunti eppure rimangono a ossessionarci. Non possiamo sbarazzarci dei valori e degli ideali che ne erano l’impulso La sinistra è Euridice: non appena il potere si volta per afferrarla, essa ritorna agli inferi, vergine e martire che l’ombra dei tiranni si divide La terza via 1999 I paradisi artificiali del politico 1978 vertà, rischio di tagli ai servizi pubblici ecc.) Un fenomeno che esprime l’esigenza di solidarietà a fronte delle ingiustizie e disuguaglianze del mondo, ma al tempo stesso anche la difesa intransigente di corporativismi spesso molto ristretti. E attesta l’insoddisfazione per la democrazia, formulata a volte nei termini della tradizionale ostilità verso la democrazia «borghese», con la rivendicazione di una chimerica democrazia diretta, ma spesso anche come espressione di una reale volontà di allargare le basi democratiche con una maggiore trasparenza, un controllo e un potere decisionale più estesi. Un fenomeno infine alimentato da una critica al riformismo, che talora ripete nei termini più triti la condanna comunista dei «social-traditori», ma nelle sue espressioni più stimolanti denuncia le incontestabili difficoltà incontrate dal riformismo al tempo della globalizzazione e delle trasformazioni profonde dei gruppi sociali. Tutto questo può autorizzare a dire che esistono in Europa due sinistre chiaramente identificabili – la prima radicale (non osando più definirsi rivoluzionaria) e l’altra riformista? Nulla di meno certo. Dal punto di vista dell’ideologia, tutto rimane aperto: sta ai riformisti separare il grano dal loglio; accettare le critiche fondate e respingere talune proposte con la massima fermezza, ma soprattutto proporre e ridefinire progetti mobilitanti e innovatori. Perché di fatto, molti di coloro che sono attratti dai partiti della sinistra radicale o dalla galassia movimentista, benché delusi, si dichiarano tuttora vicini alla sinistra e largamente favorevoli a soluzioni riformiste. Se durante il XX secolo socialisti e comunisti si erano scontrati in lotte fratricide spietate, in questo XXI secolo non si può dire che la guerra tra le due sinistre sia veramente ricominciata. Ma certo, se i riformisti continueranno a non saper rispondere o a restare sulla difensiva, allora sì che una seconda sinistra finirà per cristallizzare e consolidare il proprio blocco elettorale e per erigere un edificio culturale e politico più solido. Ai danni della sinistra riformista. E a tutto vantaggio della destra. (Traduzione di Elisabetta Horvat) I FILM OTTOBRE La storia della Rivoluzione del 1917, protagonisti Lenin e le masse di Pietroburgo, eroe negativo Kerenskij, capo del governo rovesciato dalla presa del Palazzo d’Inverno. Girato nel 1927 da Sergej M. Eisenstejn I COMPAGNI Storia di uno sciopero nella Torino di fine ’800. Successi e fallimenti, divisioni in un movimento operaio che comincia a organizzarsi. Con Marcello Mastrioianni, regia di Mario Monicelli, del 1963 IL SOSPETTO La missione in Italia durante il fascismo di un militante comunista che dovrebbe scoprire una spia infiltrata nell’apparato clandestino del partito. Divisioni ideologiche e debolezze umane porteranno all’arresto di tutta la rete. Con Gian Maria Volontè, di Francesco Maselli. 1975 TERRA E LIBERTÀ Un giovane inglese volontario nelle Brigate Internazionali dutrante la Guerra di Spagna, testimone delle divisioni (e le violenze) tra comunisti e anarchici. Di Ken Loach, del 1995 Fondatore Eugenio Scalfari ALVOHXEBbahaajA CIDEDRDEDU 40306 9 770390 107009 Anno 29 - Numero 56 Direttore Ezio Mauro € 1,20 in Italia SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax 06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Roma. sabato 6 marzo 2004 € 1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna € 1,20 (Canarie € 1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr. 2,5 (con il Venerdì Fr. 2,80); Ungheria Ft. 350; U.S.A $ 1. Concessionaria di pubblicità: A. MANZONI & C. Milano - via Nervesa 21, tel. 02/574941 PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Austria € 1,85; Belgio € 1,85; Canada $ 1; Danimarca Kr. 15; Finlandia € 2,00; Francia € 1,85; Germania € 1,85; Grecia € 1,60; Irlanda € 2,00; Lussemburgo € 1,85; Malta Cents 50; Monaco P. € 1,85; Norvegia Kr. 16; Olanda € 1,85; Portogallo € 1,20 (Isole INTERNET www.repubblica.it Il capo dello Stato: “Niente clemenza per i crimini contro l’umanità”. A Roma il prefetto vieta le manifestazioni in programma per oggi AB DIARIO due sinistre Ciampi: “No alla grazia per Priebke” Leeterno scontro Polemiche sulla tregiorni nel Duomo di Milano QUEL DIRITTO A NON PERDONARE Tettamanzi adesso frena “L’invito a Sofri porta divisioni” tra riformisti e radicali MARC LAZAR MIRIAM MAFAI S COLAPRICO A PAGINA 21 Erich Priebke BATTISTINI, LA ROCCA e SANSA ALLE PAGINE 6 e 7 IAMO tutti un legno secco della storta pianta umana: Priebke che passa gli ultimi anni della sua vita nella casa romana del suo avvocato, Adriano Sofri che passa gli anni della sua maturità in una cella del carcere di Pisa, l’ignoto extracomunitario condannato per traffico di droga, la ragazza di Novi Ligure che ha ucciso la madre e il fratellino e che è stata condannata a non so quanti anni di carcere. Legni secchi della storta pianta umana. Ma nessuno, salvo Priebke, ha condotto al macello e macellato, con un colpo alla nuca, non so quanti giovani e meno giovani romani un giorno di marzo del lontano 1944. SEGUE A PAGINA 15 La decisione di Cgil, Cisl e Uil. L’astensione dal lavoro forse il 26 marzo. Il ministro del Tesoro: la mia proposta è a tempo Pensioni, sciopero generale Fassino: “Tremonti apre perché la sua politica è fallita” L’INCHIESTA Come sarà l’Asia di domani Shangai da Mao al lusso ROMA – Sciopero generale di quattro ore venerdì 26 marzo contro la politica economica del governo e la riforma delle pensioni. La decisione di Cgil, Cisl e Uil sarà formalizzata dall’assemblea unitaria dei delegati in programma mercoledì prossimo a Roma. Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, intanto, assicura che, dopo la presentazione in aula al Senato, prevista per martedì prossimo, la delega previdenziale potrà tornare all’esame della commissione Lavoro. La parziale retromarcia del governo non frena tuttavia la protesta dell’opposizione, che parla di «un ridicolo gioco dell’oca». CASADIO, DE GENNARO, LUZI e PAGNI ALLE PAGINE 2, 3 e 4 Il Consiglio dei ministri approva il ddl Fini: cade la differenza tra leggera e pesante Droga, il governo dice sì alla legge dei divieti IL METODO DEL DIALOGO E IL DOPO-BERLUSCONI MASSIMO GIANNINI OPO tre anni di scontri con le confederazioni, di liti con le opposizioni e di attriti con le istituzioni, Giulio Tremonti cambia passo. Finora aveva guardato al modello francese, tentato soprattutto da una rivisitazione muscolare del “colbertismo”. Adesso riscopre il fascino tentacolare dell’esprit républicain. La svolta del ministro dell’Economia va salutata con favore. Il “metodo repubblicano” lanciato da Tremonti nell’intervista di ieri a Repubblica segnala una possibile inversione di tendenza nelle strategie del centrodestra. Va incoraggiata con realismo, e non criminalizzata per pregiudizio. SEGUE A PAGINA 15 D dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI SHANGAI O vissuto a Los Angeles e a Parigi, oggi non ho dubbi: il centro del mondo si è spostato qui a Shanghai» dice Liu Tao, che per gli occidentali si americanizza il nome in Teddy Liu. 28 anni, giornalista del Jiefang Daily, Liu ha tutti i tratti della nuova middle class urbana che sta cambiando la storia della Cina. La moglie che lavora per una investment bank. La Chevrolet spider. La spesa all’ipermercato francese Carrefour. E l’orgoglio tipico dello “shanghainese”, cittadino di una metropoli di 20 milioni di abitanti che secondo Time avrà nel XXI il ruolo che fu di New York nel secolo scorso SEGUE A PAGINA 13 «H La svolta del governo Cina, stop alla supercrescita RENATA PISU A PAGINA 12 Una manifestazione antiproibizionista MOLA A PAGINA 9 A MAGGIORANZA dei partiti di sinistra europei ha finito per scegliere il riformismo – benché in certi casi, come in Francia o in Italia, la scelta non sia avvenuta senza tormenti. Così ricentrati, questi partiti evolvono in un panorama sempre più complesso. Di fatto, la sinistra riformista si trova a confronto con tre grandi sfide. Quella di una destra a sua volta in piena mutazione, con la forza crescente di partiti di tipo nuovo. Quella dei populisti xenofobi, antieuropei, autoritari e difensori di valori tradizionalisti, che spesso attirano un pubblico molto popolare e si collocano talora all’estrema destra, come il Fronte nazionale di Jean Marie Le Pen in Francia, mentre altre volte sono più difficili da classificare, come la Lega Nord. E infine, la sfida della sinistra radicale, che sta risorgendo in diversi paesi europei. Questa sinistra si presenta nell’arena politica sotto quattro forme. Esiste, com’è sempre esistita, all’interno dei partiti socialdemocratici e socialisti (ad esempio in seno all’Spd, al Labour, al PS francese e ai Ds) in quanto sensibilità o tendenze espresse da correnti più o meno forti, che cercano di influenzare l’orientamento generale del proprio partito; e possono rivelarsi utili per la sua leadership – quando la dialettica interna funziona bene – in quanto attirano una quota di elettori. Ma la sinistra radicale può affermarsi anche attraverso partiti minoritari che occupano l’area a sinistra dei partiti socialisti, come spesso avviene nell’Europa del Nord. SEGUE A PAGINA 35 CACCIARI, GNOLI e SALVADORI ALLE PAGINE 33, 34 e 35 L Nella gara degli ascolti il Grande Fratello supera il Festival. È la prima volta che accade Sanremo, il primato perduto Secondo i dati dell’Oms “A 15 diventa già un vizio” Indagine choc la prima sigaretta a undici anni ELENA DUSI A PAGINA 22 dal nostro inviato SEBASTIANO MESSINA SANREMO ER uno scherzo del destino, che deve avere un pallottoliere sadico, giusto nell’anno in cui festeggia il suo mezzo secolo la Rai subisce l’onta suprema della caduta della sua ultima roccaforte – il festival di Sanremo – espugnata nientemeno che dal Grande Fratello. L’Evento che una volta faceva fermare il paese, e davanti al quale fino all’altro ieri anche la concorrenza abbassava le armi in segno di rispetto, giovedì sera ha perso ingloriosamente la sua imbattibilità. SEGUE A PAGINA 40 SERVIZI ALLE PAGINE 40, 41e 42 P CON REPUBBLICA I Classici del fumetto è in edicola “Tarzan” A richiesta con Repubblica a soli 4,90 euro in più