SABATO 6 MARZO 2004
LA REPUBBLICA 33
DIARIO
di
INTERVISTA A GIULIANO AMATO
Roma
è una questione
riformista che oggi si
pone con una certa
urgenza a sinistra. La sinistra è divisa, frammentata, piena di dubbi
e di distinguo, ma in fondo i suoi
stati d’animo sono riconducibili a
una lunga eterna diatriba fra massimalismo e
riformismo. È
una situazione
che conosco benissimo», dice
Giuliano Amato,
«e non credo che
sia facile far
cambiare idea a
un massimalista. Quello che si
può fare è non
aver paura di dire in maniera
chiara che esistono modi diversi di essere di
sinistra».
È un fatto che
esistano più sinistre. Dirlo
non è superfluo?
«Dirlo in modo chiaro significa farla finita
con certe convivenze e con certi
linguaggi. La sinistra deve rivolgersi al Paese in modo chiaro e non
coltivare la sagra dell’ossimoro».
Ossimoro?
«Sì ossimoro, cioè violazione
reiterata e continua del principio
di non contraddizione. E visto che
ci siamo, occorre anche smetterla
con quella specie di sublimazione
del non essere che è il “né, né”, con
cui spesso e volentieri ci si sottrae
alla critica».
Qual è il rischio?
«Che quella parte dell’opinione
pubblica che prima guardava favorevolmente al centro destra e ora
sente il bisogno di qualcos’altro,
non riesca a capire che cosa la sinistra le offra. Quello che sente è solo una sommatoria cacofonica di
voci dominate dall’ossimoro».
Qualche esempio?
«Il più antico fra gli ossimori è
“siamo una forza di lotta e di governo”, ma anche parlare dell’uso
pacifico della risorsa militare, può
destare in molti un’analoga sensazione di sconcerto».
Chiarezza nel linguaggio è un
punto qualificante del
riformismo. E poi?
«Assumersi la responsabilità di governare allo scopo di risolvere i problemi».
Ogni politico condividerebbe un simile
proposito.
«Non ne sarei così
certo. Anzi ho l’impressione che all’interno della sinistra c’è una parte di militanti e dirigenti - dai neocomunisti ai post-comunisti per finire ai pacifisti assoluti - per i quali il ruolo della politica è rappresentare il problema, non necessariamente risolverlo».
È il vizio del massimalista?
«Sì, un vizio antico che si può far
risalire ad alcuni tratti dell’intellighenzia italiana. La quale fin dalla
formazione dello Stato nazionale
ha avuto un atteggiamento antigovernativo».
In fondo il compito di un intellettuale è criticare il potere, più
che condividerlo. O no?
«A un’affermazione del genere
non so che cosa opporre. È una posizione sempre vincente: tutti in
piazza e la sera in trattoria. Bisognerebbe assumersi la responsabilità di spiegare che si può qualche volta essere d’accordo con chi
ha preso una decisione di governo».
Lei insiste sulla chiarezza,
quando sa che il linguaggio della
politica tende a coprire certe cose
più che a svelarle.
«È vero, ma non si tratta sempre
di opportunismo. Semplicemente
i discorsi che si fanno, i messaggi
che si mandano, sono interpreta-
«C’
Un grande
arcipelago
dove
regnano
separazioni
e dubbi,
pieno di veti
e afflitto
da miopie
to sia quello di lavorare ai margini,
perché solo su questi si può incidere. Non sono d’accordo con chi dice che la differenza fra noi e la destra è solo di una migliore o peggiore gestione dell’esistente».
Le grandi questioni sono il futuro, ma la gente è più interessata al
presente.
«Siamo un
paese in pericolo proprio perché non riusciamo a dare la percezione di un futuro comune
agli italiani.
L’Europa invecchia, quale sarà
il destino di chi
ci vivrà fra venti
o trent’anni? Io
sono convinto
che queste domande hanno
una risposta
riformista».
L’impressione è che il riformismo è stato
spesso minoritario e non ha
mai avuto vita
facile in Italia. È
d’accordo?
«È vero sono rari i momenti in
cui si è avuta la sensazione che il
riformismo potesse prevalere. Perfino la famosa scissione di Livorno
del 1921 è sembrata più una lite fra
due massimalismi che un vero
confronto fra due visioni opposte
del mondo».
Il riformismo una identità ha
provato a darsela con la svolta di
Bad Godesberg. È possibile immaginare qualcosa di analogo oggi?
«Non penso che ci sia bisogno di
una nuova “Bad Godesberg”, che
fu peraltro una illusione statalista
dei socialisti del XX secolo».
Immaginarono che lo Stato potesse svolgere una funzione sociale.
«Ma in questo i socialdemocratici tedeschi erano stati preceduti
da Bismarck. Se posso dirlo con
franchezza, dovremmo liberarci
del complesso di non essere abbastanza di sinistra. Liberarci dalla
guida di certi sacerdoti di religioni
dismesse e cominciare a renderci
conto che l’orizzonte entro il quale
agiamo e pensiamo non è più lo
stesso».
Che cosa è cambiato?
«Fino a quando l’orizzonte statale era relativamente finito, e
saldo, non c’erano
problemi, il riformista
ha vissuto con una
specie di rendita di posizione».
Prodotta da cosa?
«Dall’età del fordismo, durante
il quale abbiamo costruito sistemi
pensionistici accettabili, ridistribuito ricchezza e servizi attraverso
il Welfare . Non dico che tutto questo era perfetto, ma quell’orizzonte oggi è più precario e minaccioso.
Un riformista deve saper affrontare con chiarezza le nuove domande che provengono dai diversi strati della società. E deve sapere che
su questo piano risposte massimaliste o populiste non risolvono il
problema, lo congelano».
La distinzione tra un massimalista e un riformista è chiara. E fra
quest’ultimo e un liberale?
«Potrei richiamarmi ad Amartya
Sen, ma preferisco citare Bobbio:
la differenza tra un liberale e un socialista è che un socialista vede la libertà in un senso molto più egualitario. Il che comporta in termini di
visione politica un insieme di azioni notevolmente differenti sia sul
piano dell’uso delle risorse che
delle priorità. La libertà eguale è diversa dalla libertà senza eguale».
Lei ha usato la parola socialista
invece di riformista, perché?
«So bene che esistono altri riformismi. Ma per me, per la storia della mia vita, le due cose coincidono».
Ecco che
cosa serve
perché la
lunga
diatriba tra
massimalisti
e riformisti
trovi infine
una soluzione
SINISTRE
L’eterno scontro fra le due anime
ANTONIO GNOLI
bili e vanno in più direzioni. Detto
questo, aggiungo che il riformista
non deve aver paura di affrontare
in modo chiaro quelle che sono le
differenze dalle altre sinistre. E soprattutto smetterla di subire veti,
ricatti, condizionamenti. La chiarezza può aiutare».
Lei Amato a quale riformismo si
richiama?
«Non appartengo alla razza dei
bartaliani, i quali dicono che è tut-
MASSIMO CACCIARI
SINISTRE.
DIFFICILE combattere contro la potenza
simbolica dei nomi. E bene la sanno sfruttare i nostri “grandi comunicatori”. Un’unica, solida, stabile radice forma
il termine “destra” pressochè in tutte le lingue indo-europee. Una radice che indica “destrezza”, forza, nobiltà. “Sinistra”, invece, chissà da dove viene. Genitori sconosciuti; figlia di nessuno. E quanti nomi per dirla! Ma tutti contenenti un
senso di debolezza, di precarietà, se non di sventura. Rimontare una simile china simbolica è arduo da sempre. Eroica pretesa voler dimostrare che la “sinistra” (left) è dalla parte della ragione e del diritto (right), oppure che è “da sinistra”
che traiamo gli auspici favorevoli per il nostro domani (ma così facevano gli etruschi, a differenza dei greci). Si tratta di una asimmetria fatale? Vi sono aspetti
della storia delle sinistre europee che sembrano fatti apposta per testimoniarlo:
lacerazioni, settarismi, inerzia ideologica hanno spianato e continuano a spianare la strada alle destre peggiori. Tuttavia, non è vietato sperare che si possa
finalmente giungere a dire : “siamo destri di mano perché mancini di cervello”.
Sì – il nostro cervello è mancino; non ama le vie “diritte”, non ama ripetere il già
detto; ricerca, inventa, innova. Per questo siamo “malfermi”, perché ci piace andare e scoprire; per questo siamo “deboli”, perché ascoltiamo e dubitiamo. E potremmo così anche, forse, pensare – pensare che dopo tanti tramonti di dèi e crolli di muri sia tempo e ora di finirla con queste metafore
del tempo perduto: “destra”, “sinistra” e, perché no?, “centro”.
“
“
to sbagliato e tutto da rifare. Ma rifiuto altresì l’accezione riduttiva
del riformismo come una cultura
politica che sceglie i problemi minori, perché i maggiori sono al di là
della nostra portata».
Questo a dire il vero è condiviso
anche da una parte del riformismo.
«Lo so bene. Ma non sono d’accordo con chi sostiene che in una
economia globale il nostro compi-
34 LA REPUBBLICA
SABATO 6 MARZO 2004
LA PRIMA INTERNAZIONALE 1864
La riunione inaugurale si tiene a Londra nel
1864. Un emissario di Mazzini
rappresenta le società operaie italiane,
mentre a Marx è dato il compito di
redigere lo statuto provvisorio
LE TAPPE
PRINCIPALI
LA SECONDA INTERNAZIONALE
Nel 1889 i rappresentanti di numerosi
partiti europei si riuniscono a Parigi e
fissano come principale obiettivo del
movimento operaio la giornata lavorativa
di otto ore
RIVOLUZIONE D’OTTOBRE 1917
Con la conquista del potere dei
Bolscevichi in Russia si innesca una
serie di divisioni nel movimento
socialista che darà luogo alla nascita
dei partiti comunisti
STORIA DI UN CONCETTO E DELLE SUE DIVISIONI INTERNE
QUELLA SINISTRA ITALIANA
PRIMA E DOPO IL CROLLO
MASSIMO L. SALVADORI
l destino della “sinistra” – il cui
nome deriva dalla disposizione
topografica assunta
nel 1790 dai rivoluzionari rispetto ai difensori della monarchia collocatisi a destra nell’Assemblea nazionale
francese – è stato da un
lato di aver costituito
una delle forze che hanno dominato la storia
contemporanea, dall’altro di avere cambiato i propri connotati in
relazione sia ai propri
scopi sia ai mezzi per
raggiungerli e di essersi
divisa in diverse componenti giunte all’estremo a combattersi in
maniera anche distruttiva. In vero, ogni formazione politica ha
avuto la sua “sinistra”;
ma a caratterizzare
quest’ultima, dopo l’emergere in tutta la sua
portata della “questione sociale”, sono state
in primo luogo le strategie di lotta nei confronti del capitalismo e della proprietà privata e la
progettazione di una
nuova società, con il seguito di divisioni tra i rivoluzionari di diversa
corrente, uniti contro il
capitalismo di cui si
aspettava il crollo, e i
riformisti fautori di una
trasformazione graduale. Per circa due secoli la sinistra – socialisti, anarchici, comunisti - ha avuto la sua più
forte identificazione
con il movimento operaio e le sue organizzazioni e i suoi partiti.
Ma una cosa era la
volontà di combattere il
capitalismo e le sue istituzioni; un’altra trovare
i mezzi appropriati; e
un’altra ancora individuare il modello della
società post-capitalistica. La sinistra era mossa
nel suo insieme dall’ideale di una società
egualitaria; sennonché
anche i modi di intendere l’uguaglianza erano tutt’altro che scontati. Questi i grandi nodi
da sciogliere: bisognava
attendere il crollo del
capitalismo oppure
cercare di trasformarlo? Seguire la via della
rivoluzione o quella
delle riforme? Passare
attraverso la dittatura
dei rivoluzionari e abbattere le istituzioni
parlamentari oppure
mantenere l’eredità
del liberalismo? Dare
all’economia pianificata strutture
centralizzate dominate dallo Stato
oppure puntare su un sistema decentrato, cooperativistico, autogestito?
Il progetto pianificatore, centralistico, statalistico, elaborato da
Marx ed Engels (che rinviarono alla realizzazione del comunismo la
fine di ogni forma di costrizione
politica e sociale) prevalse nella seconda metà dell’Ottocento. Ma,
verso la fine del secolo, l’atteso
crollo del capitalismo non arrivava; e Bernstein, il padre di tutti i
riformisti socialisti, lanciò la sua
sfida. Attaccato dai marxisti come
un revisionista che svendeva il pa-
I
I LIBRI
NORBERTO
BOBBIO
Destra e
sinistra.
Ragioni e
significati
di una
distinzione
politica,
Donzelli 1994
AA.VV
Il concetto
di sinistra,
Bompiani
1982 (con
saggi di
Cacciari,
Flores
D’Arcais,
Vattimo,
Giorello)
V. FOA, A.
GIOLITTI (A
CURA DI)
La question
e socialista.
Per una
possibile
reinvenzione
della sinistra,
Einaudi 1987
MASSIMO L.
SALVADORI
Tenere la
sinistra. La
crisi italiana
e i nodi del
riformismo,
Marsilio 1992
G. BOSETTI
(A CURA DI)
Sinistra punto
zero, Donzelli
1993 (con
scritti di
Bobbio, Rorty,
Dahrendorf,
Walzer,
Sartori,
Zincone,
Veca…)
ADRIANO
SOFRI
Il nodo e il
chiodo. Libro
per la mano
sinistra, Sellerio
1995
ALBERTO
ASOR ROSA
La sinistra alla
prova.
Considerazioni
del ventennio
1976-1996,
Einaudi 1996
ANTHONY
GIDDENS
La terza via.
Manifesto per
la rifondazione
della socialdemocrazia,
Il Saggiatore
2001
Per circa due secoli, socialisti,
anarchici e comunisti, si sono
identificati con il movimento
operaio e i relativi partiti
L’ATLANTE
Le lotte, le scissioni, gli anatemi
e poi la grande disillusione per un
capitalismo che non crollava
Oggi tutto questo sembra preistoria
di EDMONDO BERSELLI
trimonio di Marx, egli teorizzò che
occorreva unire le forze dei socialisti e dei liberali progressisti per
strappare i miglioramenti possibili, che la democrazia liberale andava preservata, che il Parlamento
era la palestra positiva della lotta
politica e sociale. Il confronto tra rivoluzionari e riformisti dominò la
scena per un ventennio prima del
1914. Ma lo spirito rivoluzionario
aveva ad Oriente una grande riserva vergine. Bernstein esortava al
riformismo nei paesi economicamente sviluppati dove esistevano
le libertà politiche e civili. In Russia
non vi erano né un capitalismo mo-
Edmondo Berselli, direttore della
rivista il Mulino, restituisce la
complessa galassia della sinistra,
le sue divisioni, i suoi collegamenti.
Idealmente la storia, che in parte
coincide con le vicende del
movimento operaio, prende le
mosse da Marx, dai socialisti alla
Proudhon e Blanqui e dagli
anarchici come Bakunin e Cafiero.
Fin dall’origine dunque la sinistra è
stata un movimento di separati, di
massimalisti e riformisti, di
velleitari rivoluzionari e di
pragmatici. E oggi? Ecco quello
che la mappa ci consente di capire
niò come mai prima il movimento
operaio internazionale. I socialdemocratici guardarono con avversione alla dittatura sovietica considerata
una forma di dispotismo intollerabile; i comunisti
e i loro sostenitori
considerarono i
socialdemocratici
alla stregua dei più
pericolosi nemici.
La contrapposizione tra comunisti e
socialdemocratici
- con vicende che
videro momenti di
relativa intesa alternarsi al riaccendersi dei contrasti è continuata per
un’intera epoca
storica: gli uni
aventi come obiettivo principale l’espansione del
“campo socialista”, gli altri essendo impegnati nelle
riforme e nello sviluppo della loro
principale creatura: lo “Stato del benessere” (nato dalla convergenza con
la sinistra liberale e
cristiano-sociale e
appoggiato “in via
provvisoria” dai
comunisti occidentali).
In questo generale contesto si è
collocata la vicenda della sinistra italiana, segnata nel Novecento: prima del 1915 dal
fallito tentativo della corrente riformista di assumerne la guida; tra il 1919
e il 1925 dal gonfiarsi e
sgonfiarsi del massimalismo, dalle lotte intestine
tra socialisti e comunisti,
dalla comune sconfitta ad
opera della fascismo; dopo il 1945, trascorsa la fase dell’unità “socialcomunista” conclusasi nel
1956, da un socialismo
minoritario divenuto
“governativo” ma incapace di elaborare una
coerente e adeguata cultura riformistica di governo e da un comunismo rimasto sino al 1989 ad
oscillare tra “riformismo
pratico” e una tradizione rivoluzionaria sempre più stanca e inconcludente.
Ora la sinistra europea, crollato il sistema
sovietico ed entrato in
una crisi via via più
profonda il Welfare,
deve trovare le sue risposte di fronte a un’economia
qualitativamente diversa da quella
fondata sul capitalismo delle grandi fabbriche e sugli eserciti operai,
che avevano costituito il fondamento della sua azione per due secoli; deve misurarsi con l’emergere
di nuovi strati sociali, di nuove forme di produzione e di scambio e di
una “questione sociale” dal volto
non assimilabile a quello di un
tempo. E dunque: quale sinistra?
Quali i suoi compiti? Quali i suoi
scopi? Quali le sue forme organizzative? Il riformismo ha vinto infine la sua battaglia. Ma anche qui:
che cosa distingue il riformismo
degli uni da quello degli altri?
derno né libertà né parlamentarismo. E da quel paese il bolscevico
Lenin, preso il potere nel 1917 con
la rivoluzione di Ottobre, diresse il
suo attacco al riformismo.
La prima guerra mondiale, la rivoluzione russa, la devastante crisi
sociale ed economica in Europa, il
consolidamento del potere sovietico fecero dilagare da Mosca un
duplice messaggio: che la guerra
imperialistica aveva dato inizio all’era del crollo del capitalismo e che
la via del riformismo era fallimentare, mentre la via rivoluzionaria
aveva portato al sorgere del primo
Stato socialista. Il leninismo dila-
SABATO 6 MARZO 2004
LA REPUBBLICA 35
IL RAPPORTO KRUSCËV 1956
Al XX congresso del Pcus (febbraio 1956)
il nuovo leader sovietico Nikita Kruscëv
denuncia i crimini di Stalin. Nello stesso
anno l’Armata rossa reprime nel sangue la
rivolta antisovietica in Ungheria
I PADRI
Un manifesto
di propaganda
sovietica con i
“padri” del
comunismo:
da destra, Karl
Marx,
Friedrich
Engels e
Vladimir Lenin
BAD GODESBERG 1959
Con la dichiarazione di Bad Godesberg la
socialdemocrazia tedesca (Spd) si
impegna a rispettare la “disciplina del
mercato” e a praticare un distacco
dall’interventismo dello Stato
LA REVISIONE LABURISTA 1987
Il primo tentativo di staccarsi dai principi
tradizionali si ha nel 1987 con la costituzione di un
“Comitato di revisione delle politiche”. Tra le
principali innovazioni la decisione di ridurre la
dipendenza del partito dai sindacati
LE IMMAGINI
GLI AUTORI
Le immagini che illustrano questo diario sono tratte da
raccolte di manifesti, almanacchi, opuscoli di propaganda del movimento socialista, operaio e comunista,
in particolare da “Le immagini del socialismo, Almanacco socialista del 1983”.
Quella della propaganda è sempre stata un’esigenza
primaria per il movimento operaio europeo e mondiale in modo particolare a cavallo tra Ottocento e Novecento quando si trattava di mettere in piedi un’opera di
“alfabetizzazione” delle masse dei lavoratori alle tematiche delle lotte per i diritti sociali, come l’orario di lavoro, le condizioni sanitarie, il diritto di sciopero.
Giuliano Amato, ordinario di Diritto costituzionale, oggi
insegna Istituzioni europee all’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Militante e dirigente socialista, è stato
due volte Presidente del Consiglio e ministro del Tesoro.
Marc Lazar insegna all'Institut d'Études Politiques di
Parigi è studioso della sinistra francese ed europea, con
particolare attenzione alle vicende italiane.
Massimo L. Salvadori è professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino. Studioso del Novecento e del movimento comunista. La sua ultima opera è “La solitudine dell’uomo onnipotente” pubblicata da
Laterza
DECISIONI POLITICHE ALL’INSEGNA DELLA CHIAREZZA, ANCHE SE TORMENTATE
(segue dalla prima pagina)
ono partiti che, nati il più
delle volte dalla socialdemocrazia, o anche, come
in Svezia, da un ex partito comunista completamente trasformato, si mostrano sensibili alle tematiche ecologiche,
diffidenti verso l’Europa, strenui difensori del Welfare.
I Verdi costituiscono un’ulteriore variante di una sinistra
radicale con preoccupazioni
post-materialiste; se in un primo tempo hanno rifiutato di
scegliere tra sinistra e destra,
ora optano generalmente per
la prima, come nel caso degli
ecologisti tedeschi, francesi e
italiani. Restano infine i partiti
comunisti, dovunque indeboliti, che esitano tra due strategie: allearsi con i partiti socialisti, come nel caso del Pdci o del
Pc francese, e a seconda dei
momenti anche in quelli dei
comunisti spagnoli o di Rifondazione comunista; o preservare la propria autonomia sulla base dell’asserzione che destra e sinistra
seguano le
stesse politiche, contribuendo magari a far crollare
l’intera sinistra, come
Rifondazione
comunista
che nel 1998
ha provocato
la caduta di
Prodi. O come
i trotzkisti
francesi, che
alle prossime
elezioni hanno annunciato l’intenzione
di partecipare
ovunque possibile al secondo turno (a
meno di una
minaccia del
Fronte Nazionale) e di rifiutare comunque
la desistenza in favore dei candidati di sinistra.
Accanto a queste diverse sinistre radicali, il cui peso elettorale – a parte il caso della
Francia – rimane esiguo, emerge nella società civile una sinistra della sinistra. E’ un movimento eterogeneo, frammentato, senza una strategia coerente, profondamente diviso
su un eventuale sbocco politico, sospettoso nei riguardi di
supposti tentativi di strumentalizzazione da parte dei partiti socialisti o della sinistra radicale politica. E’ composto essenzialmente dagli “altermondisti”, a loro volta estremamente diversificati, dai “movimenti” italiani, da molteplici
associazioni, reti di intellettuali ecc. Ma al di là delle divergenze e diffidenze reciproche
tra i partiti della sinistra radicale e le componenti di questa
«sinistra della sinistra» nata
dalla società civile, l’elemento
unificante è fatto di sensibilità
S
LA SFIDA RIFORMISTA
LANCIATA DALL’EUROPA
MARC LAZAR
LOTTE
Sotto, due
mezzi diversi
di proselitismo:
a sinistra, una
cartolina che
celebra il 1°
maggio del
1902. A
destra, la
copertina di
un opuscolo
contro i
crumiri
comuni, con aspetti a un tempo inediti e antichi: l’ostilità alla globalizzazione nella sua
forma presente, la condanna
del capitalismo, l’antiamericanismo, la diffidenza verso
l’attuale funzionamento della
democrazia rappresentativa e
la critica al riformismo. Queste
tematiche, non sempre impostate negli stessi termini ma
più o meno presenti in ciascuno di questi movimenti, costituiscono una vulgata, assai più
che un’ideologia ben ordinata.
Una vulgata che riattivando
l’eredità del comunismo e del
socialismo massimalista seduce, intellettualmente e politicamente, gran parte della sinistra, all’interno stesso dei
partiti socialisti. Una vulgata
che può contare su una base
sociale formata da giovani, da
laureati e da una parte del ceto
medio urbano e dei funzionari; ed è veicolata da cantanti di
talento – ad esempio Manu
NORBERTO BOBBIO
Chao – capaci di raggiungere
un vasto pubblico.
Come dimostra il suo innegabile successo nelle manifestazioni di piazza, nelle mobilitazioni collettive o forum delle idee, si tratta di un fenomeno sociale e politico complesso, che ripropone idee di vecchia data ma esplora anche
percorsi inediti. Un fenomeno
che rivela tutta la profondità
del disagio sociale delle società
europee (disoccupazione, po-
MICHAEL WALZER
Per quel che riguarda
il futuro della sinistra
l’umanità non è giunta
affatto alla “fine della
storia”, ma è forse
soltanto al principio
Uno dei grandi fallimenti
del marxismo è che né
Marx né nessun altro
abbia mai sviluppato una
teoria morale e politica
del socialismo
Destra e sinistra
1994
Politica e profezia
1987
ANTHONY GIDDENS
JEAN BAUDRILLARD
Socialismo e comunismo
sono defunti eppure
rimangono a ossessionarci.
Non possiamo sbarazzarci
dei valori e degli ideali che
ne erano l’impulso
La sinistra è Euridice: non
appena il potere si volta
per afferrarla, essa ritorna
agli inferi, vergine e
martire che l’ombra dei
tiranni si divide
La terza via
1999
I paradisi artificiali del
politico 1978
vertà, rischio di tagli ai servizi
pubblici ecc.) Un fenomeno
che esprime l’esigenza di solidarietà a fronte delle ingiustizie e disuguaglianze del mondo, ma al tempo stesso anche la
difesa intransigente di corporativismi spesso molto ristretti. E attesta l’insoddisfazione
per la democrazia, formulata a
volte nei termini della tradizionale ostilità verso la democrazia «borghese», con la rivendicazione di una chimerica democrazia diretta, ma spesso
anche come espressione di
una reale volontà di allargare le
basi democratiche con una
maggiore trasparenza, un controllo e un potere decisionale
più estesi. Un fenomeno infine
alimentato da una critica al
riformismo, che talora ripete
nei termini più triti la condanna comunista dei «social-traditori», ma nelle sue espressioni più stimolanti denuncia le
incontestabili difficoltà incontrate dal riformismo al tempo
della globalizzazione e delle
trasformazioni profonde dei
gruppi sociali.
Tutto questo può autorizzare a dire
che esistono in
Europa due sinistre chiaramente identificabili – la prima radicale
(non osando
più definirsi rivoluzionaria)
e l’altra riformista? Nulla di
meno certo.
Dal punto di
vista dell’ideologia, tutto
rimane aperto: sta ai riformisti separare
il grano dal loglio; accettare
le critiche fondate e respingere talune
proposte con la massima fermezza, ma soprattutto proporre e ridefinire progetti mobilitanti e innovatori. Perché di
fatto, molti di coloro che sono
attratti dai partiti della sinistra
radicale o dalla galassia movimentista, benché delusi, si dichiarano tuttora vicini alla sinistra e largamente favorevoli
a soluzioni riformiste. Se durante il XX secolo socialisti e
comunisti si erano scontrati in
lotte fratricide spietate, in questo XXI secolo non si può dire
che la guerra tra le due sinistre
sia veramente ricominciata.
Ma certo, se i riformisti continueranno a non saper rispondere o a restare sulla difensiva,
allora sì che una seconda sinistra finirà per cristallizzare e
consolidare il proprio blocco
elettorale e per erigere un edificio culturale e politico più solido. Ai danni della sinistra
riformista. E a tutto vantaggio
della destra.
(Traduzione
di Elisabetta Horvat)
I FILM
OTTOBRE
La storia della
Rivoluzione
del 1917,
protagonisti
Lenin e le
masse di
Pietroburgo,
eroe negativo
Kerenskij,
capo del
governo
rovesciato
dalla presa del
Palazzo
d’Inverno.
Girato nel 1927
da Sergej M.
Eisenstejn
I COMPAGNI
Storia di uno
sciopero
nella Torino
di fine ’800.
Successi e
fallimenti,
divisioni in un
movimento
operaio che
comincia a
organizzarsi.
Con Marcello
Mastrioianni,
regia di Mario
Monicelli, del
1963
IL SOSPETTO
La missione
in Italia
durante il
fascismo
di un militante
comunista
che dovrebbe
scoprire
una spia
infiltrata
nell’apparato
clandestino
del partito.
Divisioni
ideologiche
e debolezze
umane
porteranno
all’arresto
di tutta la rete.
Con Gian Maria
Volontè, di
Francesco
Maselli. 1975
TERRA E
LIBERTÀ
Un giovane
inglese
volontario
nelle Brigate
Internazionali
dutrante la
Guerra di
Spagna,
testimone
delle divisioni
(e le violenze)
tra comunisti
e anarchici.
Di Ken Loach,
del 1995
Fondatore Eugenio Scalfari
ALVOHXEBbahaajA CIDEDRDEDU
40306
9 770390 107009
Anno 29 - Numero 56
Direttore Ezio Mauro
€ 1,20 in Italia
SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax
06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b,
legge 662/96 - Roma.
sabato 6 marzo 2004
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INTERNET
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Il capo dello Stato: “Niente clemenza per i crimini contro l’umanità”. A Roma il prefetto vieta le manifestazioni in programma per oggi
AB
DIARIO
due sinistre
Ciampi: “No alla grazia per Priebke” Leeterno
scontro
Polemiche sulla tregiorni
nel Duomo di Milano
QUEL DIRITTO
A NON PERDONARE
Tettamanzi
adesso frena
“L’invito
a Sofri
porta divisioni”
tra riformisti
e radicali
MARC LAZAR
MIRIAM MAFAI
S
COLAPRICO
A PAGINA 21
Erich Priebke
BATTISTINI, LA ROCCA e SANSA ALLE PAGINE 6 e 7
IAMO tutti un legno secco della storta pianta umana: Priebke che passa gli ultimi anni
della sua vita nella casa romana del suo avvocato, Adriano Sofri che passa gli anni della sua
maturità in una cella del carcere di Pisa, l’ignoto
extracomunitario condannato per traffico di
droga, la ragazza di Novi Ligure che ha ucciso la
madre e il fratellino e che è stata condannata a
non so quanti anni di carcere. Legni secchi della
storta pianta umana. Ma nessuno, salvo Priebke,
ha condotto al macello e macellato, con un colpo
alla nuca, non so quanti giovani e meno giovani
romani un giorno di marzo del lontano 1944.
SEGUE A PAGINA 15
La decisione di Cgil, Cisl e Uil. L’astensione dal lavoro forse il 26 marzo. Il ministro del Tesoro: la mia proposta è a tempo
Pensioni, sciopero generale
Fassino: “Tremonti apre perché la sua politica è fallita”
L’INCHIESTA
Come sarà l’Asia di domani
Shangai
da Mao
al lusso
ROMA – Sciopero generale di quattro ore venerdì
26 marzo contro la politica economica del governo e la riforma delle pensioni. La decisione di Cgil,
Cisl e Uil sarà formalizzata dall’assemblea unitaria dei delegati in programma mercoledì prossimo a Roma. Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, intanto, assicura che, dopo la presentazione
in aula al Senato, prevista per martedì prossimo,
la delega previdenziale potrà tornare all’esame
della commissione Lavoro. La parziale retromarcia del governo non frena tuttavia la protesta dell’opposizione, che parla di «un ridicolo gioco dell’oca».
CASADIO, DE GENNARO, LUZI e PAGNI
ALLE PAGINE 2, 3 e 4
Il Consiglio dei ministri approva il ddl Fini: cade la differenza tra leggera e pesante
Droga, il governo dice sì
alla legge dei divieti
IL METODO DEL DIALOGO
E IL DOPO-BERLUSCONI
MASSIMO GIANNINI
OPO tre anni di scontri con le confederazioni, di liti con le opposizioni e di attriti con
le istituzioni, Giulio Tremonti cambia passo. Finora aveva guardato al modello francese,
tentato soprattutto da una rivisitazione muscolare del “colbertismo”. Adesso riscopre il fascino
tentacolare dell’esprit républicain. La svolta del
ministro dell’Economia va salutata con favore. Il
“metodo repubblicano” lanciato da Tremonti
nell’intervista di ieri a Repubblica segnala una
possibile inversione di tendenza nelle strategie
del centrodestra. Va incoraggiata con realismo, e
non criminalizzata per pregiudizio.
SEGUE A PAGINA 15
D
dal nostro inviato
FEDERICO RAMPINI
SHANGAI
O vissuto a Los
Angeles e a Parigi,
oggi non ho dubbi: il centro del mondo si è
spostato qui a Shanghai» dice Liu Tao, che per gli occidentali si americanizza il nome in Teddy Liu. 28 anni,
giornalista del Jiefang Daily,
Liu ha tutti i tratti della nuova
middle class urbana che sta
cambiando la storia della Cina. La moglie che lavora per
una investment bank. La
Chevrolet spider. La spesa all’ipermercato francese Carrefour. E l’orgoglio tipico dello “shanghainese”, cittadino
di una metropoli di 20 milioni di abitanti che secondo Time avrà nel XXI il ruolo che fu
di New York nel secolo scorso
SEGUE A PAGINA 13
«H
La svolta del governo
Cina, stop
alla supercrescita
RENATA PISU A PAGINA 12
Una manifestazione antiproibizionista
MOLA A PAGINA 9
A MAGGIORANZA dei
partiti di sinistra europei
ha finito per scegliere il
riformismo – benché in certi
casi, come in Francia o in Italia,
la scelta non sia avvenuta senza tormenti. Così ricentrati,
questi partiti evolvono in un
panorama sempre più complesso. Di fatto, la sinistra riformista si trova a confronto con
tre grandi sfide. Quella di una
destra a sua volta in piena mutazione, con la forza crescente
di partiti di tipo nuovo. Quella
dei populisti xenofobi, antieuropei, autoritari e difensori di
valori tradizionalisti, che spesso attirano un pubblico molto
popolare e si collocano talora
all’estrema destra, come il
Fronte nazionale di Jean Marie
Le Pen in Francia, mentre altre
volte sono più difficili da classificare, come la Lega Nord. E infine, la sfida della sinistra radicale, che sta risorgendo in diversi paesi europei.
Questa sinistra si presenta
nell’arena politica sotto quattro forme. Esiste, com’è sempre esistita, all’interno dei partiti socialdemocratici e socialisti (ad esempio in seno all’Spd,
al Labour, al PS francese e ai Ds)
in quanto sensibilità o tendenze espresse da correnti più o
meno forti, che cercano di influenzare l’orientamento generale del proprio partito; e
possono rivelarsi utili per la sua
leadership – quando la dialettica interna funziona bene – in
quanto attirano una quota di
elettori. Ma la sinistra radicale
può affermarsi anche attraverso partiti minoritari che occupano l’area a sinistra dei partiti
socialisti, come spesso avviene
nell’Europa del Nord.
SEGUE A PAGINA 35
CACCIARI, GNOLI
e SALVADORI
ALLE PAGINE 33, 34 e 35
L
Nella gara degli ascolti il Grande Fratello supera il Festival. È la prima volta che accade
Sanremo, il primato perduto
Secondo i dati dell’Oms
“A 15 diventa già un vizio”
Indagine choc
la prima
sigaretta
a undici anni
ELENA DUSI
A PAGINA 22
dal nostro inviato
SEBASTIANO MESSINA
SANREMO
ER uno scherzo del destino,
che deve avere un pallottoliere sadico, giusto nell’anno in
cui festeggia il suo mezzo secolo la
Rai subisce l’onta suprema della
caduta della sua ultima roccaforte
– il festival di Sanremo – espugnata
nientemeno che dal Grande Fratello. L’Evento che una volta faceva
fermare il paese, e davanti al quale
fino all’altro ieri anche la concorrenza abbassava le armi in segno di
rispetto, giovedì sera ha perso ingloriosamente la sua imbattibilità.
SEGUE A PAGINA 40
SERVIZI ALLE PAGINE 40, 41e 42
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L`eterno scontro fra le due anime