“La tela della libertà” Dalle briglie della violenza alla trama di una nuova vita: un percorso di riscoperta Dott.ssa Antonella Curatolo Dott.ssa Serena Barbieri giovedì 9 febbraio 2012 2° incontro La presa in carico della donna maltrattata Il processo decisionale della donna maltrattata – le fasi di ricerca di aiuto. La rete informale della donna Il ruolo del volontario nel supportare la rete relazionale nella ricerca di aiuto della donna maltrattata. I concetti base della relazione di aiuto. − L’accoglienza ( il colloquio telefonico; il colloquio vis-à vis) − Il colloquio informativo motivazionale (l’invio) L’aiuto psicologico − La prevenzione − L’empowerment − L’auto-aiuto. giovedì 9 febbraio 2012 Il processo decisionale della donna maltrattata: gli stadi del cambiamento secondo il modello di Prochaska e DiClemente Precontemplazione Contemplazione Determinazione Azione Mantenimento Ricadute (motivazione fluttuante) giovedì 9 febbraio 2012 Non esiste il problema Potrebbe esserci un problema C’è un problema e devo risolverlo Lo sto risolvendo Il problema è risolto Precontemplazione Stato di equilibrio (patologico !) Minimizzazione dei danni e dei pericoli Pressioni vissute come fastidiose ASSETTO DIFENSIVO giovedì 9 febbraio 2012 Precontemplazione … La donna non è consapevole della propria condizione patologica non è preoccupata dei problemi derivanti da tale condizione, non è intenzionata al cambiamento. I meccanismi di difesa del tipo della negazione sono quelli più presenti ed evidenti, e pertanto la donna tende a dare spiegazioni razionaleggianti (“Che mio marito è un violento lo dite voi. È solamente un po’ nervoso e sotto stress”). La durata di questo stadio è potenzialmente illimitata. Il soggetto in precontemplazione per definizione non richiede aiuto, ma al suo posto tale aiuto può essere richiesto da un parente o, a causa delle percosse subite, la donna può essere condotta in ospedale, e qui inviata ad un esperto psicologo per una consulenza. giovedì 9 febbraio 2012 Contemplazione Riflessione sulla possibilità di uscire dalla violenza Ambivalenza: - razionalmente vedo gli svantaggi - emotivamente non ce la faccio giovedì 9 febbraio 2012 Contemplazione … Tale stadio è caratterizzato da una forte ambivalenza: − da un lato vi è consapevolezza che il problema è serio e che un cambiamento si impone, − ma d’altro canto non si è ancora pronti, non si riesce ancora a risolversi, si è intimoriti o terrorizzati dalla prospettiva di abbandonare il compagno. La donna in contemplazione continua ad oscillare tra i due poli, quello del mantenimento dello status quo per soddisfare tutte le valenze e quello del cambiamento che appare necessario (soprattutto se sono presenti figli piccoli), forse appetibile, ma ancora irraggiungibile almeno per oggi. giovedì 9 febbraio 2012 Determinazione Decisione di attivarsi Richiesta di aiuto Programmazione congiunta del trattamento (analisi della motivazione, delle paure, delle idee, delle difficoltà) Definizione degli obiettivi giovedì 9 febbraio 2012 Determinazione o Preparazione … In tale stadio la donna ha raggiunto il momento decisionale rispetto al cambiamento. Ha scelto di cambiare, è pronta. La consapevolezza del ruolo dell’abitudine comportamentale nella vita del soggetto, il ricordo dei suoi aspetti positivi è ancora vivo e presente, ma la pregnanza emotiva è smorzata, superata dalla coscienza dei problemi (il lato negativo), che domina il quadro. L’ambivalenza è attenuata, in un certo qual modo risolta. Questo stadio è di breve durata: si passa all’Azione o si torna indietro. giovedì 9 febbraio 2012 Determinazione o Preparazione … A differenza della donna in Contemplazione, in questo stadio la donna è incline ad accogliere le indicazioni e i consigli dei parenti, degli amici e dell’operatore, ma questi devono essere offerti, sempre nel rispetto dei tempi e della volontà della donna, evitando di pensare che al soggetto determinato si possano infliggere d’autorità le proposte che si ritengono migliori, senza confrontarle con il punto di vista della donna, con le sue informazioni, le sue propensioni, le sue ansie rispetto al trattamento, in una parola, con i suoi bisogni. giovedì 9 febbraio 2012 Azione Cambiamento Forti vissuti interiori (scoraggiamento/ euforia) Vulnerabilità (possibili cedimenti, regressioni) identificare situazioni di rischio e piani d’emergenza giovedì 9 febbraio 2012 Azione … Tale stadio è caratterizzato dall’effettiva interruzione del circolo della violenza, dal cambiamento. La donna inizia concretamente un percorso di uscita dalla violenza e di riappropriazione della propria indipendenza. Partecipa ad un progetto di uscita dalla violenza, intraprende un trattamento adeguato. Questo stadio per convenzione (non da tutti accettata) dura non più di sei mesi, nella logica secondo cui dopo sei mesi in cui il cambiamento è stato adottato, subentra un altro copione, quello della incorporazione del cambiamento nel nuovo stile di vita, che corrisponde ad uno stadio detto di Mantenimento. giovedì 9 febbraio 2012 Mantenimento Cambiamento stile di vita Rischio di ricadute (la donna torna sui suoi passi) Da tale stadio si può scivolare nella uscita definitiva dal problema, caratterizzato dall’adozione di un nuovo stile di vita, ma si può altresì sviluppare un rischio di Ricaduta che rappresenta il sesto ed ultimo stadio del cambiamento previsto nel modello di Prochaska e DiClemente. È possibile che la donna provi nostalgia del proprio compagno ed abbia desiderio di recuperare il rapporto. giovedì 9 febbraio 2012 Ricadute Inevitabili sentimenti di sconfitta e fallimento, frustrazione ecc. Ma ….ci può essere una rivalutazione dell’esperienza precedente e una riprogrammazione dell’intervento L’inserimento della ricaduta nel modello rende evidente l’idea che tale modello è ciclico, si ripete in permanenza nella vita di un soggetto. giovedì 9 febbraio 2012 Ruota del cambiamento contemplazione precontemplazione ricaduta giovedì 9 febbraio 2012 determinazione azione mantenimento Uscire dalla violenza • Significa assumere la decisione di farlo e mettere in campo tutti gli strumenti per farvi fronte. • Uscire dall'isolamento e ricevere conferme sulla propria capacità di attivare risorse costituisce forse la condizione per pensare che sia possibile intraprendere un cambiamento. • Lo stimolo esterno può avviare percorsi di consapevolezza. giovedì 9 febbraio 2012 Bisogni della donna nella prima richiesta di aiuto • Nel momento della richiesta di aiuto emerge, almeno in un primo momento, la difficoltà da parte delle donne di riconoscere ed esplicitare uno specifico bisogno. • Inizialmente la donna si rivolge alla sua rete sociale di riferimento e solo con il passare del tempo comincia ad avvicinarsi ai servizi nel tentativo di porre fine alla situazione. • Nelle situazioni di emergenza e nella prima richiesta di aiuto, le donne evidenziano il bisogno di essere guidate nella gestione di cose pratiche, prevalentemente l'aiuto medico, economico o abitativo. La disponibilità da parte delle figure della rete ad essere presenti anche fisicamente è percepita dalle donne come segnale forte della loro volontà ad essere di supporto. • Le figure della rete possono essere di sostegno nella raccolta d'informazioni, nell’orientare verso riferimenti adeguati, e nell’accompagnamento verso strutture e professionisti, che possono rispondere specificamente ai loro bisogni. giovedì 9 febbraio 2012 Il ruolo del volontario delle Associazioni nella ricerca di aiuto Gli sforzi personali di una donna non sono sufficienti per permetterle di sfuggire alla violenza del partner, per tale motivo il sostegno da parte della rete formale/istituzionale può diventare decisivo nel momento in cui la donna decide di lasciare una relazione violenta. Molte donne cominciano a chiedere aiuto ai servizi solo quando la violenza diventa grave e può rappresentare un pericolo per sé e per i figli eventuali. Il primo momento di approccio con l’esterno può diventare un vero e proprio “vagabondare” da un servizio a un altro nella ricerca di una spiegazione a tutto ciò che le sta accadendo. In questa fase la domanda di aiuto raramente viene posta in modo diretto e chiaro, di conseguenza la competenza del volontario di orientare la donna e di fornire risposte più possibili adeguate può interrompere questo girovagare, quindi trattenere la donna e cominciare un percorso insieme a lei. giovedì 9 febbraio 2012 La richiesta di aiuto: a chi viene rivolta Nel maltrattamento le donne rivolgono il maggior numero di richieste di aiuto al di fuori della famiglia di origine, prevalentemente: agli operatori sociali/volontari (25%), agli amici (23%) alle amiche (22%). Nelle loro famiglia preferiscono chiedere sostegno a figure della famiglia allargata o alle sorelle (13%), lasciando per ultimi la madre (11%) e il padre (7%). Sono proprio questi ultimi i soggetti che reagiscono in maniera più normativa rispetto all'evento, soprattutto se la violenza porta ad una separazione e se la donna ha dei figli. Infatti non di rado il fallimento del matrimonio della figlia è vissuto come uno scacco a tutta la famiglia e in particolare ai genitori. La risorsa più efficace è fornita da: Dalle amicizie (in particolare quelle femminili) rappresentano la risorsa più efficace fornendo oltre il 45% degli interventi di supporto Dagli operatori sociali (21%) Dagli altri familiari (17%). giovedì 9 febbraio 2012 La richiesta di aiuto: a chi viene rivolta … Nell'abuso in famiglia le donne hanno come interlocutore privilegiato: il proprio partner o più spesso, il proprio ex compagno, che riceve il 45% di tutte le richieste fatte. le amiche (23%) l'aiuto professionale (21%). Tutte le figure, eccettuate la madre (legame spesso di estrema problematicità) e gli operatori sociali forniscono più interventi di aiuto di quante richieste hanno ricevuto. giovedì 9 febbraio 2012 I tipi di richiesta Nel 51% dei casi riguardano: Ascolto Solidarietà Comprensione Sostegno emotivo affettivo Rassicurazione Le donne giovani (18-28 anni) richiedono maggiormente comprensione e ascolto mentre le adulte (29/39) hanno dei bisogni più concreti quali l’accompagnamento, le informazioni su come muoversi e il sostegno materiale. giovedì 9 febbraio 2012 Tipi di richiesta … La richiesta di un sostegno "affettuoso" può travalicare anche i confini dei rapporti intimi e proiettarsi anche sulle relazioni con gli operatori professionali, che si vorrebbero "calde" ed emotivamente connotate. Tuttavia, l'intervento professionale, suscita aspettative particolari e/o preoccupazioni perché visto come routinario, normativo o di imposizione di comportamenti. giovedì 9 febbraio 2012 La rete informale In molti casi rappresenta l’unica risorsa per le donne (solo in seconda istanza vengono coinvolti soggetti preparati e appositamente formati per fornire tutela, aiuto e supporto) Il tipo di risposta ricevuta dagli altri (in particolare dalla persone più significative) sembra essere uno dei fattori decisivi non solo nel processo di denuncia e uscita dal maltrattamento, ma anche nel superamento degli effetti a lungo termine della violenza. La presenza, nella propria rete, di persone significative assume tanta più rilevanza quanto più coloro che ne fanno parte sono in grado di mostrare alla donna alternative - praticabili - alla situazione di emergenza e di crisi che sta vivendo giovedì 9 febbraio 2012 La rete informale… • La rete viene percepita dalle donne come fonte di stimolo a non abbandonare il proprio progetto. Attraverso l’incoraggiamento e la valorizzazione delle decisioni prese e delle scelte effettuate, le figure significative offrono la forza necessaria per superare i momenti critici e la paura di non farcela. • Nelle situazioni di abuso e violenza sessuale, le figure della rete, in alcuni casi, aiutano a non viversi come “vittime” e ad uscire da quella solitudine che deriva dal sentirsi l’unica ad aver subito violenza. • Si sottolinea inoltre l’importanza di essere aiutata a ridimensionare l’evento, non attraverso la minimizzazione, ma attraverso la scoperta di nuove strategie per affrontare la situazione. • Anche la necessità di essere credute di esprimere la propria rabbia si rivela indispensabile per affrontare lo svelamento e il lungo processo di elaborazione del vissuto. giovedì 9 febbraio 2012 L’aiuto non richiesto In alcuni casi le donne, pur non chiedendo aiuto, ricevono interventi di supporto da parte della loro rete relazionale. Tali situazioni si rivelano particolarmente delicate perché rischiano di essere percepite come invasive, e di non corrispondere alla fase che la donna sta vivendo e di forzare situazioni non ancora mature. Il vissuto della donna sembra essere, in qualche caso, quello di subire le iniziative di sostegno, senza aderirvi pienamente, anche perché, in molti casi, chi mette in atto questi comportamenti lo fa più per rispondere al proprio bisogno di fare qualcosa e di aiutare, che non ascoltando quanto la donna sta richiedendo. giovedì 9 febbraio 2012 Rovesciamento dei ruoli Frequente è il timore espresso dalle donne nel coinvolgere persone cui sono legate affettivamente e verso le quali emerge un atteggiamento protettivo, di tutela e di salvaguardia dalla sofferenza che la rivelazione potrebbe provocare. Si assiste cioè a un rovesciamento dei ruoli vittima helper, laddove è chi dovrebbe fornire aiuto ad essere protetto da chi lo dovrebbe ricevere. giovedì 9 febbraio 2012 Aspettative della vittima e reazioni della rete informale Laddove esiste una aspettativa chiara essa è generalmente quella che le persone coinvolte esprimano degli atteggiamenti di comprensione, affetto, vicinanza emotiva, attenzione e maggiore cura. Si presume che chi ci vuole bene partecipi al nostro dolore e ci faccia sentire che possiamo contare su di lei/lui. Non sempre questa aspettativa incontra una risposta positiva, e le reazioni degli altri (allontanamento, sottrazione alla relazione, colpevolizzazione) possono giungere inattese e sorprendenti, difficili da comprendere e da sostenere. giovedì 9 febbraio 2012 Aspettative della vittima … Differenti sono anche le attese a seconda che ci si rivolga a uomini o ad altre donne. Riguardo alle aspettative da parte delle figure maschili (specie i padri e i partner), si evidenzia talvolta il bisogno di reazioni “forti” , di protezione, o di aggressione verso il responsabile della violenza. giovedì 9 febbraio 2012 Aspettative della vittima … Rispetto alle attese riguardo altre donne si evidenzia innanzitutto che le principali attese sono quelle di ricevere supporto emotivo prestato nella quotidianità, che abbia quindi caratteristiche di continuità e che sia esaustivo nel dare informazioni. giovedì 9 febbraio 2012 I limiti della rete informale … Chi viene coinvolto, anche indirettamente, in una vicenda di violenza può non riuscire a far fronte alle richieste o ai bisogni impliciti e spesso confusi della donna che le/gli sta accanto. E‘ frequente, nel corso del rapporto, che, persino le figure identificate come relazioni positive, manifestino comportamenti che non facilitano, o, addirittura, ostacolano il complesso lavorio di uscita dalla situazione violenta o - successivamente - di riparazione del trauma in cui le donne sono occupate giovedì 9 febbraio 2012 Reazioni della rete Le reazioni degli altri sono legate in maniera intricata a ciò che prova la donna direttamente coinvolta. Innanzitutto il vissuto di "vittimizzazione" si può riflettere su chi le sta attorno, specie se si tratta di un'altra donna che con più facilità rivede nell'amica, figlia, madre etc. uno specchio del proprio passato o percepisce nella sua storia una minaccia sinistra per il proprio futuro. Il confronto con l'altra può far riacutizzare ferite e dolori, portando in primo piano il vissuto e i bisogni di chi dovrebbe aiutare e facendo scivolare sullo sfondo le necessità della donna che in quel momento sta domandando sostegno giovedì 9 febbraio 2012 Reazioni della rete … Accanto alla paura per sé, la rete - specie gli amici e le relazioni meno strette - manifestano (spesso implicitamente) alle donne di essere preoccupati per lo stato in cui loro si trovano, perché non conoscono gli effetti della violenza, non sanno quanto possono durare o a cosa possono condurre. giovedì 9 febbraio 2012 Reazioni della rete … Analogamente anche la (auto) colpevolizzazione sembra trasmettersi da chi ha subito la violenza a quelle/i che ha intorno e viceversa, secondo un processo in cui le reazione delle une rinforzano e sono rinforzate da quelle degli/lle altre. La rete cerca di difendere se stessa e di proteggersi da quello che la violenza evoca, in termini di pericolo fisico ed anche di angosce legate alla perdita del senso di invulnerabilità ("se è accaduto a te, può accadere ancora e/o può accadere anche a me, a meno che non sia accaduto perché tu l'hai provocato, in questo modo potrò evitarlo se non mi comporterò come te"). giovedì 9 febbraio 2012 I bisogni di chi? Spesso la rete è così provata da non riuscire più assolutamente a distinguere i propri bisogni e le proprie paure da quelle dell'altra. Vive vere e proprie reazioni di panico, chiede essa stessa di essere rassicurata, facendo passare la propria sofferenza davanti a quella di chi ha subito il trauma. giovedì 9 febbraio 2012 Madri-figlie Nel rapporto madri – figlie, laddove la violenza, il maltrattamento o l'abuso siano già stati presenti nelle loro vite, la valutazione di quanto sta "ricapitando" alla figlia, nipote etc., non riesce a prescindere dal confronto con se stessa, con le proprie scelte, con gli aggiustamenti, i giudizi, gli stereotipi e le attribuzioni adottate per accettare, superare o giustificare la situazione personale. Questo può portare ad atteggiamenti normativi se non di svalutazione e giudizio, specie rispetto a situazioni di maltrattamento e abuso in famiglia. La colpevolizzazione è riferita a diversi livelli: - verso l’autore della violenza, - verso la donna, in quanto ritenuta colpevole di scatenare le situazioni di violenza. giovedì 9 febbraio 2012 Madri -figlie … La separazione tra i coniugi, in particolare, è vissuta dalle madri come un fallimento della figlia e quindi, indirettamente, anche proprio. Alcune addirittura si sentono in colpa, per essere la causa sotterranea dei comportamenti della figlia, delle sue incapacità e delle sue "testardaggini", quasi che si trattasse di una disfunzione del processo educativo. In molti casi la violenza subita dalla figlia - soprattutto se all'interno della famiglia, magari dal proprio marito o partner rappresenta un contenuto impensabile per le madri, la cui accettazione richiederebbe una profondissima ristrutturazione di tutta la propria visione di sé, della famiglia, del partner, della sessualità, dei valori … senza contare la capacità di accogliere e governare l'emersione violenta di emozioni (rabbia, paura, gelosia, dolore, impotenza). Appaiono quindi frequentemente reazioni di rimozione ed evitamento, strategie spesso analoghe a quelle di chi ha subito violenza, ma non sincronizzate sui bisogni, sui tempi e sulle fasi di rielaborazione della persona che richiede aiuto. giovedì 9 febbraio 2012 La reazione del partner (nel caso dell’abuso familiare o di violenza da parte di estranei) Non sono soltanto le madri a cadere nel circuito della colpevolizzazione: spesso infatti i partner manifestano comportamenti analoghi, faticando ad accettare l'accaduto, a credere alle parole della moglie o fidanzata e rimanendo sospesi tra atteggiamenti protettivi, aggressivi, di distanziamento ed evitamento del problema. giovedì 9 febbraio 2012 Reazioni della donna alle difficoltà della rete Le donne si rendono conto di mettere in difficoltà quelli che hanno accanto, difficoltà che si manifestano nell'incapacità di aiutare. Di fronte a queste manifestazioni a volte si mostrano comprensive, a volte arrabbiate, altre volte deluse o semplicemente rappacificate da un senso di conquistata autonomia, dal sollievo che procura la constatazione finale che gli altri non ci possono aiutare più di tanto, che hanno dei limiti. Il rischio è che si crei un ritiro degli investimenti verso gli altri, che non diviene autonomia ma tentativo disperato di "reggere il dolore", da sole. giovedì 9 febbraio 2012 Le reazione tipiche della rete in sintesi Le immediate reazioni della rete in ordine di grandezza risultano essere di rabbia, di impotenza, di paura. La paura in particolare è legata a situazioni oggettive di pericolo. Oppure al timore che una possibile ingerenza provochi reazioni violente. Verso il responsabile, il vissuto emotivo va dalla rabbia e dal disprezzo, per approdare in qualche caso alla pena. Pena dettata dal tentativo di leggere le motivazioni delle azioni dell'autore del fatto come derivate da un problema individuato nella vita passata dello stesso, spesso citando situazioni di maltrattamento vissute nella famiglia di origine e il tema della reiterazione della violenza. Oppure, facendo riferimento ad un elemento di genere, quasi un destino familiare culturale. giovedì 9 febbraio 2012 Le reazione tipiche della rete … La rabbia è un sentimento che emerge nel tentativo di spiegare la situazione. Essa viene provata sia verso la donna che subisce la situazione, sia verso l’autore dei fatti. Nei confronti della donna nasce dal fatto che ella non decida di interrompere la relazione di coppia. Contro l’autore dei fatti, il vissuto precedentemente citato di pena si tramuta in rabbia per il vedere comunque gli effetti della violenza sulla persona cara, che è percepita come debole e bisognosa di protezione. giovedì 9 febbraio 2012 Le reazione tipiche della rete … Oltre a queste reazioni, rilevanti sembrano essere i sentimenti di dispiacere, frustrazione ed impotenza dettati dalla consapevolezza raggiunta che l'uscita dal maltrattamento deriva da azioni che possono essere sollecitate, ma non ottengono alcun risultato finchè i tempi non sono raggiunti dalla donna. giovedì 9 febbraio 2012 Le reazione tipiche della rete … Riassumendo, il vissuto delle figure della rete risulta composito per la presenza di sentimenti di affetto e coinvolgimento da una parte e desideri di azione concrete, dall’altra. giovedì 9 febbraio 2012 Tempi della rete e tempi della donna Le figure della rete nutrono aspettative di risoluzione (in tempi relativamente brevi) della crisi indotta dalla situazione di violenza; tuttavia, sottostanno a decisioni che sono solo della donna e per un tempo che a loro non è dato sapere quanto lungo sia. I tempi di reazione della rete dipendono anche dal fatto che le figure stesse ripercorrono passivamente le dinamiche della situazione di violenza, sentendosi anche loro vittime dello stesso problema. giovedì 9 febbraio 2012 Tempi della rete e tempi della donna… Emerge, in buona parte dei casi, una sorta di rifiuto da parte delle donne delle soluzioni prospettate, non corrispondenti ai propri tempi, che genera nelle figure della rete un vivere la relazione come dipendenza, unitamente ai vissuti sopra descritti. Le figure della rete vivono il tempo sospeso della decisione come un tempo proprio e dal quale deriva in buona parte la sensazione di frustrazione e di dipendenza. giovedì 9 febbraio 2012 Le difficoltà della rete in sintesi Si riconferma come elemento di possibile criticità lo scarto tra aspettative, tempi e bisogni delle donne e delle loro reti Sapere chiaramente di “che cosa si tratta” non mette al riparo le figure della rete dal disorientamento che spesso provano quando le loro azioni “di supporto” o vengono rifiutate o risultano essere ancora “precoci” rispetto al bisogno delle donne. L’iperattività, l’aggressività, la rabbia e l’apatia che le donne mettono in atto risultano essere comportamenti difficili da supportare da parte delle figure della rete. giovedì 9 febbraio 2012 Le difficoltà della rete in sintesi … Le risposte date soprattutto relativamente allo sfogo, all’aggressività, alla iperattività, al mutismo, all’ apatia e alla chiusura affettiva mettono in luce da parte delle figure della rete una difficoltà nel rispondere dovuta alla mancanza di strumenti di intervento. giovedì 9 febbraio 2012 Significato delle risposte della rete La rete di persone che sta attorno a donne con problemi di violenza sperimenta spesso effetti di vittimizzazione secondaria. Si tratta di reazioni ascrivibili ad un processo - spesso non completamente cosciente - di identificazione con la "vittima", che si possono manifestare con modalità simili a quelle vissute da chi ha subito direttamente il fatto. Tali processi hanno la funzione di proteggere le persone indirettamente coinvolte, dal trauma che si riflette su di loro, ma possono sovrapporsi e/o interferire negativamente con la capacità di comprensione e di sostegno alla donna, rafforzando in certi casi le sue strategie "maladattive" giovedì 9 febbraio 2012 Significato delle risposte della rete… Ad esempio, l'evitamento del problema può essere letto come una strategia difensiva al senso di non sapere che cosa fare.. Esso non è inteso come negazione dell'esistenza del problema, semmai come desiderio e tentativo inconsapevole di allontanare la propria sofferenza e quella della donna Anche il bisogno di fare qualcosa di concreto rappresenta una modalità per uscire dal disagio provato. giovedì 9 febbraio 2012 Aiuto alla rete della vittima E’ dunque necessario far sì che la rete, da potenziale, divenga reale ed utilizzabile dalla donna maltrattata Questo significa soffermarsi: da una parte, sulla domanda della rete, relativamente al bisogno di supporto, che non viene facilmente esplicitata e che spesso, in tal modo, non riceve risposte. Quando la domanda viene esplicitata, riguarda in genere: l’operatività (che cosa fare), le richiesta di informazioni più specifiche (consigli) sulle ricadute degli interventi messi in atto. dall'altra, sulle reazioni negative (ad es. reazioni d’impotenza e scoraggiamento), messe in atto dalla persone alle quali le donne hanno chiesto aiuto, che possono esser da loro vissute come distanza affettiva ed evitamento della situazione. giovedì 9 febbraio 2012 Progettazione di un servizio di sostegno alla rete A tal fine, dunque risulta fondamentale pensare e costruire un servizio di sostegno, per chi appartiene alla rete relazionale della donna, che fornisca conoscenze, relative: alle problematiche specifiche connesse alla violenza e al vissuto di chi la subisce alla modalità di sostegno. e strumenti per il potenziamento dell’efficacia delle reti di sostegno: Considerando che per le donne le maggiori difficoltà sono vissute all’interno delle relazioni più intime, si possono ipotizzare spazi di confronto e mediazione con le figure della rete di riferimento (famiglia d’origine, partners, amicizie). Si tratta di offrire un contesto di elaborazione che permetta, attraverso colloqui e piccoli gruppi familiari, di lavorare sulle relazioni e sulle conflittualità quotidiane. giovedì 9 febbraio 2012 Il sostegno alla rete e la variabile “tempo” Nella progettazione dell’intervento diventa prioritaria la variabile tempo, poiché è decisiva la fase in cui si realizza il sostegno, in rapporto al momento della violenza subita in atto recente lontana Con il passare del tempo, infatti, si modificano le relazioni esistenti tra la donna e la sua rete mutano i bisogni di entrambi Il momento in cui viene fornito aiuto rappresenta, dunque, una variabile importante. Sensibilizzare la rete rispetto a questo elemento, significa permettere di elaborare strategie di intervento che contemplino modalità e strumenti differenziati a seconda dei bisogni espressi dai soggetti coinvolti. In particolare sarà necessario individuare modalità di erogazione articolate lungo due assi temporali: interventi che rispondano alla situazione di emergenza interventi che forniscano sostegno prolungato nel tempo giovedì 9 febbraio 2012 Le finalità del sostegno alla rete … La prima finalità di un servizio di sostegno alla rete, si esplica attraverso un’attività di sensibilizzazione ed informazione orientata a diffondere una maggior consapevolezza circa: il fenomeno della violenza domestica, in generale, ed i suoi effetti sui rapporti interpersonali la necessità di dare visibilità alle difficoltà e ai bisogni (spesso inespressi) che emergono nella relazione con una donna che ha subito violenza. la “normalità” dei vissuti e delle difficoltà, di chi viene a contatto, indirettamente, con il fenomeno della violenza domestica (finalità di rassicurazione e normalizzazione). l’esistenza di Associazioni che si occupano dell’accoglienza alle donne maltrattate e delle altre strutture presenti sul territorio (“a chi rivolgersi”) giovedì 9 febbraio 2012 … le finalità del sostegno alla rete Un percorso di sostegno, rivolto a familiari, partners, amici ha, inoltre, lo scopo di: Favorire la rielaborare dei vissuti personali, relativi alla violenza ed alla relazione personale con la donna maltrattata proponendo spazi di ascolto e comprensione offrendo contesti di confronto e condivisione Favorire la messa in atto di strategie d’aiuto efficaci, offrendo indicazioni per affrontare la situazione in maniera adeguata (“cosa fare”, “cosa è meglio evitare di fare”) Presentare i servizi di sostegno (centralino telefonico; colloqui psicologici; gruppi di SelfHelp) offerti dall’ associazione. giovedì 9 febbraio 2012 Differenti modalità di intervento Centralino Informativo Colloqui individuali Gruppi di auto aiuto per sole donne Gruppi di auto aiuto misti Consulenze specifiche Materiali informativi ed opuscoli giovedì 9 febbraio 2012 Funzioni del Centralino Informativo con le figure della rete … Il Centralino Informativo svolge sia un lavoro prettamente informativo sia la fondamentale funzione di primo contatto con gli utenti tramite lo strumento dell’intervista L’intervista, nelle sue diverse forme, più o meno strutturate (intervista standardizzata, questionario, conversazione), è una modalità operativa e conoscitiva che consente di raccogliere dati in forma ragionata, per poterli poi utilizzare al fine di riorganizzare i servizi in funzione delle necessità dell’utenza stimola la partecipazione attiva della persona che chiama per chiedere aiuto, che viene coinvolta con domande atte a far emergere l’importanza di un suo coinvolgimento attivo nel problema per cui si è rivolta al servizio. giovedì 9 febbraio 2012 … funzioni del Centralino Informativo con le figure della rete. L'intervista rivolta alle figure della rete, attraverso una narrazione guidata della situazione critica e della relazione con la vittima, è finalizzata alla descrizione 1. del proprio vissuto aiuta a focalizzando l’attenzione sui propri sentimenti e sulle reazioni provate soddisfa il bisogno di esprimersi in libertà, di sfogarsi consente di trovare contenimento alle emozioni ed ai sentimenti suscitati dalla situazione di violenza. 2. delle azioni di sostegno messe in atto all'interno della relazione con una donna maltrattata attivando riflessioni riguardo l’aiuto che si è fornito, sulle proprie motivazioni personali nel fornire aiuto e sulle modalità del fornire aiuto rilevando in che modo questi abbiano influendo sulla donna mobilitando la presa di coscienza di aver fatto "quello che si poteva fare" in quei momenti oppure, in qualche caso, di aver sbagliato giovedì 9 febbraio 2012 Altri possibili interventi con le figure della rete Il colloquio individuale : il colloquio che viene pensato come individuale e rivolto alle figure parentali o amicali, è finalizzato a fornire informazioni specifiche sul tipo di aiuto da attuare con la vittima, a permettere di rielaborare il trauma subito attraverso lo sfogo. I gruppi di auto-aiuto: è inoltre possibile collegare l’intervento individuale ad una elaborazione in gruppi di auto-aiuto tematici, organizzati per tipo di violenza e di legame (ad esempio gruppi per partners di ragazze abusate, gruppi di amici di donne maltrattate). Relativamente alle funzioni del gruppo di auto aiuto, questo viene visto come il luogo ove molti supporti possono essere attivati, in prima battuta la possibilità di far uscire dall’isolamento le persone della rete che vivono questi fatti. Le consulenze specifiche: attivabili in funzione delle giovedì 9 febbraio 2012 Pronto intervento informativo È utile spiegare alle figure della rete che: Se si sentono confuse/ o e impotenti e sentono il bisogno di confrontarsi con qualcuno è importante pensare che: queste sono reazioni normali, la situazione è anormale. Non possono risolvere la situazione da sole, ma è meglio: rivolgersi ai Centri che si occupano di maltrattamento per raccogliere informazioni, confrontarsi con qualcuno e chiedere un aiuto per se stessi. giovedì 9 febbraio 2012 Suggerimenti sugli atteggiamenti da adottare con la donna In generale è bene informare la rete sull’opportunità di: Crederle Essere disponibile ad ascoltarla. Ricordare che l’ascolto è la prima azione concreta per affrontare e risolvere la situazione di violenza. Mantenere la riservatezza su quanto ti racconta. Non giudicarla e non colpevolizzarla anche se non sei d’accordocon il suo comportamento. Aiutarla a riconoscere di aver subito una violenza, non minimizzando la situazione. Rispettare i suoi tempi di decisione e di azione. Non imporle consigli. Non sostituirsi a lei nelle decisioni. Darle riferimenti di Centri e strutture a cui rivolgersi e accompagnarla se lei te lo chiede. giovedì 9 febbraio 2012 L’aiuto alla donna Il percorso di uscita dalla violenza: dal primo contatto alla definizione di un progetto LA TELEFONATA È il punto di partenza È importante che sia la donna stessa a prendere contatto con il Centro, perché ciò sta a significare che ha preso una decisione. In tale occasione la donna ha bisogno di: Parlare Sfogare la sofferenza Essere ascoltata in modo partecipe giovedì 9 febbraio 2012 L’operatrice Ascolta Guida con alcune domande il racconto Cerca di rassicurare, tranquillizzare Nel rispetto della segretezza, annota in una scheda le informazioni principali, anche per comprendere il livello di rischio al quale è esposta la donna ed i suoi eventuali figli Fornisce suggerimenti anche pratici per affrontare l’emergenza (ad es. consiglia la donna di andare in Pronto Soccorso, dichiarando nome e cognome; di raccogliere determinati documenti o di segnalare alle forze dell’ordine il suo nuovo recapito, nel caso in cui ci siano con lei dei figli minori) giovedì 9 febbraio 2012 Obiettivi del primo contatto telefonico Raccogliere informazioni Comprendere il tipo di maltrattamento Comunicare chi siamo e di cosa ci occupiamo, rassicurando la donna sulla segretezza Valorizzare l’iniziativa della donna Fissare l’appuntamento per un primo colloquio di accoglienza in sede giovedì 9 febbraio 2012 L'intervista rivolta alle donne E’ composta da due parti: una rappresentazione grafica della rete relazionale, che ne evidenzi l'ampiezza ma anche lo scarto esistente tra persone a cui la donna aveva pensato di chiedere aiuto (rete potenziale) e quelle a cui lo aveva chiesto effettivamente (rete reale). l'analisi di alcune relazioni significative tra quelle identificate nella mappa. Potrebbe esser utile offrire la possibilità di analizzare almeno 3 relazioni. giovedì 9 febbraio 2012 Rappresentazione grafica della rete relazionale giovedì 9 febbraio 2012 Il colloquio di accoglienza Di solito si tratta di due o tre colloqui, finalizzati principalmente alla costruzione di un’efficace relazione d’aiuto. Le operatrici presenti al colloquio sono due, una con il ruolo di conduttrice del dialogo, l’altra con il compito di osservare il linguaggio non verbale e di annotare le modalità di comunicazione. giovedì 9 febbraio 2012 Il primo colloquio di accoglienza Durante il primo colloquio di accoglienza la conduttrice cerca di mettere la donna a suo agio e di capire che tipo di persona ha davanti. L’operatrice parla alla donna dell’associazione, delle sue attività e del suo modo di lavorare. Alla donna viene fornita immediatamente la garanzia che tutto ciò che verrà detto durante il colloquio rimarrà rigorosamente segreto. Solo nel momento in cui si è stabilita un minimo di relazione è possibile cominciare a parlare del disagio dando alla donna la possibilità di raccontare il tipo di violenza subita ed il modo in cui lei l’ha vissuta. giovedì 9 febbraio 2012 I protocolli di rilevazione Uno strumento molto utile nel colloquio di accoglienza, è il questionario. Esso viene fatto compilare a ciascuna donna in forma anonima, al fine di definire gli di episodi di violenza in rapporto a: il tipo (sessuale, fisica, psicologica) l’ambito (familiare, extrafamiliare, lavorativa) la collocazione temporale (ultimo anno, anni precedenti con riferimento a tappe biologiche specifiche come l’infanzia e l’adolescenza) gli autori gli effetti per la salute. Obiettivi di tale questionario sono far considerare il servizio contattato, come un luogo competente ad affrontare questa problematica orientare la donna al riconoscimento della violenza e della sua gravità. giovedì 9 febbraio 2012 La conclusione del primo colloquio Al termine del primo colloquio le operatrici sottopongono alla donna le opportunità che l’associazione può offrirle e prendono accordi con lei (ad es. consulenza legale, psicologica, etc.) Le operatrici si consultano dopo il primo colloquio e si preparano al secondo, ponendosi come finalità principale quella di aiutare la donna a prendere coscienza di eventuali incoerenze, di chiarirle, e di affrontarle per superarle. giovedì 9 febbraio 2012 I contenuti dei colloqui Molte donne ancora non conoscono i loro diritti Continuano a subire sulla base di una valutazione erronea, spesso condivisa anche dagli operatori sociali, che è meglio tollerare, è meno dannoso per sè e per gli altri cercare di gestire dall'interno una situazione di violenza, piuttosto che procedere in un' azione di rottura. Attraverso il colloquio di accoglienza le donne vengono informate dei rischi che corrono sul terreno della salute personale e di quella dei figli, dei modi per affrontarli dei principi per attuare una appropriata prevenzione della violenza sui centri di aiuto specifici, anche grazie la diffusione di brevi opuscoli giovedì 9 febbraio 2012 … i contenuti dei colloqui successivi Il primo atto della prevenzione è saper riconoscere, dietro un malessere fisico o psichico, una condizione di violenza. È importante che l’operatrice aiuti la donna ad accettare la sua rabbia, facendogliela percepire come forza vitale, su cui far leva per compiere il cambiamento. È importante anche cercare di valorizzare il diritto/dovere della donna di avere cura di sé e di trovare tempi per il proprio svago Esempio: suggerendo di scrivere una lista dei propri meriti e risorse di progettare il futuro di fare sogni, ecc.. giovedì 9 febbraio 2012 Peculiarità del colloquio di accoglienza Il colloquio di accoglienza deve permette la comprensione dei problemi, per tale motivo deve essere centrato sulla persona non direttivo. Ciò significa: Mettere la donna a proprio agio Porre attenzione al suo vissuto Sforzarsi di vedere le cose dal punto di vista della donna Rispettare la donna e non giudicare Aiutare la donna a migliorare la sua capacità di comunicare e di riformulazione il suo problema giovedì 9 febbraio 2012 Obiettivi dei colloqui di accoglienza Accogliere Analizzare la situazione di difficoltà presente e passata Valutare il rischio Capire i veri bisogni della donna Individuare insieme le risorse su cui lei può contare (famiglia, amici, rete sociale, etc.) Definire gli accordi (cosa farà lei e cosa noi) Definire gli obiettivi ed i passi concreti da compiere per raggiungerli Valutare insieme i tempi per realizzare l’uscita dal maltrattamento giovedì 9 febbraio 2012 Ostacoli alla relazione, durante l’accoglienza Paura dell’aggravarsi delle violenze Paura di non farcela da sole Paura di perdere i figli La paura può generare indecisione, il ritorno sui propri passi, un blocco nel processo di denuncia del maltrattatore, ecc.. giovedì 9 febbraio 2012 … ostacoli alla relazione durante l’accoglienza Senso di inadeguatezza spesso instillato in loro dal maltrattatore Rassegnazione Confusione Solitudine Ambivalenza verso soggetto maltrattante Senso di colpa Difficoltà ad iniziare sostegno psicologico Problemi di rapporto con la madre (se si tratta di minorenni) giovedì 9 febbraio 2012 Il colloquio motivazionale Obiettivo generale del colloquio è: aumentare la motivazione intrinseca della donna ad innescare un cambiamento nello stile di vita Attraverso il colloquio motivazionale, si procede cercando di facilitare lo sviluppo delle potenzialità e l’emergere delle risorse del soggetto, trasmettendo abilità e competenze, innescando, in tal modo, il processo di cambiamento. giovedì 9 febbraio 2012 Principi del colloquio motivazionale … Esprimere empatia (mettendosi nei panni della donna) Aumentare la frattura interiore (evidenziando gli elementi di incoerenza) Aggirare e utilizzare la resistenza (non tentare di convincere, non forzare la mano, ma assecondare, evidenziando indirettamente le conseguenze..) Sostenere l’autoefficacia la convinzione di poter cambiare è un potente elemento motivante giovedì 9 febbraio 2012 … principi del colloquio motivazionale La componente essenziale del colloquio motivazionale è la sua natura collaborativa: ma l’unica responsabile della scelta e della sua realizzazione è la donna, non l’operatrice Laddove la donna non sia la vera protagonista delle proprie scelte, il rischio è quello di sostituirsi a lei nelle decisioni; in questi casi è probabile che la donna non collabori, generando frustrazione negli operatori dei servizi. giovedì 9 febbraio 2012 Obiettivi del colloquio motivazionale prestando costante attenzione alle aspirazioni e ai bisogni della donna, rispettando la sua autonomia individuale 1. aiuta la donna ad accrescere la comprensione di sé e della situazione 2. mira a riattivare le risorse della donna interne esterne giovedì 9 febbraio 2012 Le risorse interne Grazie ad una relazione empatica è possibile aiutare la donna a riattivare le sue risorse. In tal modo la donna può scoprire le capacità utilizzare in modo più costruttivo le sue risorse per resistere alla violenza del maltrattatore. Tra le principali ricordiamo: La rabbia (potente molla per reagire) La capacità di resistenza (fondamentale perchè la strada verso l’autonomia ed il cambiamento è lunga e tortuosa) Capacità di attivare strategie di difesa La determinazione (per affrontare gli ostacoli di una vita da sole) La forza interiore giovedì 9 febbraio 2012 Le risorse esterne Il recupero dello stato precedente di salute è possibile quando vengono attivate risorse in grado di favorire la riacquisizione della propria funzionalità sociale (familiare, lavorativa, economica, relazionale). Queste risorse sono individuabili: nei servizi sanitari disponibili (percorsi diagnostici ad hoc, visite specialistiche, terapie specifiche, servizi psicologici ospedalieri e territoriali) nei servizi di comunità (associazioni di categoria e noprofit), nei servizi professionali nelle istituzioni religiose nella rete sociale stessa giovedì 9 febbraio 2012 Atteggiamento corretto dell’operatrice Nel colloquio motivazionale l’operatrice evita ogni atteggiamento autoritario giudicante direttivo non costringe la donna al cambiamento generalizza si fa influenzare da pregiudizi giovedì 9 febbraio 2012 Nel colloquio motivazionale l’operatrice esplora la problematica sostiene la donna cerca di creare un’atmosfera interpersonale positiva che tenda al cambiamento rispetta i tempi e le modalità di espressione della donna ascolta e osserva tutela la segretezza delle informazioni si mostra empatica Counselling individuale ed empowerment Nel corso dei colloqui individuali di counselling vengono • valutati i bisogni e le preoccupazioni della donna • stabilite delle priorità Si farà un piano per il counselling individuale, durante il quale • si discuteranno con lei tutte le possibili opzioni a sua disposizione • le si fornirà sostegno nel raggiungimento dei suoi obiettivi. Le donne maltrattate necessitano di sostegno • nelle loro decisioni, • nel processo di empowerment, ovvero nel rinforzo della loro autostima e determinazione. E’ importante far sentire alle donne che esse hanno il potere e il diritto di scegliere. giovedì 9 febbraio 2012 Invio Necessità di prevedere un protocollo di valutazione ad uso dei vari operatori che consenta una prima indagine clinicodiagnostica, orientata a ipotizzare un’eziologia radicata in episodi di violenza o in una condizione di violenza abituale Necessità di interventi mirati, personalizzati e integrati a seconda dell’età della vittima della tipologia di violenza delle persone coinvolte (altri familiari). Il progetto di presa in carico è complesso e delicato è necessaria competenza specializzata da parte degli operatori e coordinamento tra strutture della rete socio-sanitaria. Servizi di Pronto Soccorso, per tutte le evenienze che riguardano incidenti di natura imprecisata con specifico riferimento a quelli definiti come incidenti domestici. Servizi specialistici: ginecologici, ortopedici, gastroenterologici, cardiologici, psicologici e psichiatrici. giovedì 9 febbraio 2012 I gruppi di auto-aiuto Si tratta di un'importante opportunità di sostegno, nonchè di ulteriore confronto con persone che hanno attraversato simili difficoltà. Sono possibili anche gruppi specifici per i familiari, per facilitare il passaggio a nuovi e più soddisfacenti modi di rapportarsi alla donna. giovedì 9 febbraio 2012 Obiettivi generali dei gruppi di Auto Aiuto: Aiutare i partecipanti ad esprimere i propri sentimenti Sviluppare la capacità di riflettere sul proprio stile comportamentale Aumentare la stima di sé, delle proprie abilità e risorse, lavorando su una maggiore consapevolezza personale Aumentare le capacità individuali nell’affrontare i problemi Facilitare la socializzazione giovedì 9 febbraio 2012 Fattori d’aiuto e processi che avvengono nei gruppi di self-help: Identificazione con i pari (come momento di scambio e apprendimento). Sviluppo e facilitazione della comunicazione. Sviluppo delle opportunità di socializzazione. Supporto emozionale (come processo di riduzione della distanza sociale tra i membri). Manifestazione di sé. Chiarimento di un problema. Informazione / educazione. giovedì 9 febbraio 2012 Opuscoli informativi Oltre alla compilazione del questionario raccolto in forma anonima, i servizi indicati potrebbero opportunamente mettere a disposizione delle donne, che vengono in contatto con loro, dei brevi opuscoli informativi su: la violenza ed i rischi più frequenti per la salute i modi per affrontarli con riferimento anche a centri di aiuto specifici. giovedì 9 febbraio 2012 Alcuni centri antiviolenza presenti in Lombardia Aiuto Donna-Uscire dalla Violenza- Bergamo (BG). Associazione Donne contro la Violenza, Crema (CR). CADOM, Monza (MI). Casa delle Donne, Brescia (BS). Casa di accoglienza delle donne maltrattate, Milano (MI). Centro Aiuto Donna, Magenta (MI). Cerchi d’acqua Coop. Soc. A.R.L., Milano (MI). Donne contro la Violenza, Pavia (PV). Donne insieme contro la violenza, Pieve Emanuele (MI). EOS – Centro di ascolto e accompagnamento contro la violenza, le molestie sessuali e i maltrattamenti alle donne e ai minori – Varese (VA). Soccorso Violenza Sessuale, Clinica Mangiagalli, Milano (MI). Telefono Donna Como, Como (CO). Telefono Rosa, Mantova (MN). giovedì 9 febbraio 2012