Lucia Romiti Nelle foto: sopra, la prima casa della congregazione a La Louvesc, dove a soli 23 anni Teresa divenne superiora; sotto, l’abitazione della famiglia Couderc a Le Mas de Sablières. TESTIMONI DELLA FEDE Teresa Couderc Una vita consegnata a Dio gli speciali il nuovo giornale Perché questo libro Santa Teresa Couderc. Edizioni “Il Nuovo Giornale”, settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio Direzione e redazione: Piacenza, via Vescovado 5 Tel. 0523.325995 - Fax 0523.384567 e-mail: [email protected] Direttore responsabile, Davide Maloberti Stampa: Grafiche Lama, Piacenza Luglio 2008 Nel suo cuore ha abbracciato il mondo intero. Ogni giorno l’ha vissuto nel nascondimento, dedita alla preghiera incessante e all’ascolto della volontà di Dio. Teresa Couderc è stata un’innamorata di Gesù e delle anime. Sollecita al servizio, ha contemplato la Croce con uno zelo e una fedeltà rari. Giovanissima superiora della Congregazione Nascente, conduce con fermezza il timone della Congregazione nei periodi di tempesta, per lasciarlo prontamente in altre mani appena le viene chiesto. Una donna e una santa che insegna ad amare ogni giorno come fosse il primo; la perla su cui si fonda e cresce la Congregazione “Nostra Signora del Cenacolo”. Teresa, nata all’inizio del 1800 in Francia, a Sablières, è una di quelle figure che non si dimenticano. Indice FIN DA BAMBINA SI FORGIA UNA SANTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 Occhi che hanno visto il Signore . . . . . . . . . . . . . . . “ 1 Tempi difficili per i cristiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 4 DIO METTE LA SUA OPERA NELLE MANI DI TERESA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 “Lasciatemi partire, vi prego!” . . . . . . . . . . . . . . . . “ 6 Superiora a 23 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 8 “Prendi il bambino che giace sulla paglia” . . . . . . . “ 10 Arriva il giorno tanto atteso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 11 LA FORZA DELLA DEBOLEZZA . . . . . . . . . . . . . . . pag. 13 Sia fatta non la mia ma la tua volontà . . . . . . . . . . . “ 13 Come roccia su cui l’Opera cresce . . . . . . . . . . . . . . “ 15 Uno spirito da fondatrice. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 16 CONSEGNARSI: LA VOCAZIONE DI UNA VITA . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 20 Se livrer, un’esperienza mistica . . . . . . . . . . . . . . . . “ 20 NELL’ORTO DEGLI ULIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22 Tutto è dono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 22 La fecondità della Croce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 24 “Ricomincerei volentieri il cammino” . . . . . . . . . . . “ 25 L’Opera continua. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 27 L’AUTRICE Lucia Romiti, marchigiana, 27 anni, laureata in filosofia e giornalista dal 2004, ha frequentato, a Roma, il Master “Media Working Project” promosso dalla Pontificia Università Lateranense. Attualmente collabora con alcune testate locali, di cui una online, e alla redazione della rivista ufficiale del Rinnovamento nello Spirito. La vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29 Bibliografia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 32 FIN DA BAMBINA SI FORGIA UNA SANTA Occhi che hanno visto il Signore Una ragnatela di rughe che dicono fatica, sacrificio, vita donata. Il sorriso appena abbozzato di chi ama la riservatezza e il nascondimento. Due occhi vivi, profondi, che illuminano tutto il viso. E parlano. Parlano di amore e dolore, di attesa ardente e al tempo stesso paziente, di forza e dolcezza, di fermezza e sottomissione… Uno sguardo intenso, capace di vedere oltre… uno sguardo che ha catturato il Mistero. È suor Teresa. In quella fotografia che la ritrae negli ultimi an- Santa Teresa Couderc. ni, appare il dolce contrasto tra il naturale declino fisico della raccogliere pietra su pietra per codonna e la grandezza spirituale struire muretti e terrazze. A Le Mas, pochi chilometri dal della santa. Un dolce contrasto, come nella terra che ha visto la villaggio di Sablières, nel cuore sua nascita, dove la natura è ma- dell’Ardèche meridionale francegnifica, ma anche selvaggia e ru- se, era il primo febbraio 1805 de, tanto che nel vederla ci si do- quando il focolare di Anne Méry manda come è possibile gover- e Claude Michel Couderc si arricnarla. Lo si fa solo con un lavoro chì di una nuova luce: Marie Vicpaziente e ostinato, a dorso d’uo- toire, seconda di dieci bambini mo e a mani nude, chinandosi a che saranno allevati in questa nu1 Una veduta degli splendidi orizzonti naturalistici delle Ardèche. merosa famiglia. La loro casa era di pietra grigia come i blocchi di granito delle colline intorno; il cielo blu era illuminato dalla luce del sud; nell’aria il profumo delle ginestre. I Couderc vivevano su una grande proprietà di terre divise tra pascoli, boschi e campi, che apparteneva alla famiglia da più di duecento anni; la loro masseria era la casa principale di una frazione piena di vita che contava allora una quindicina di focolari. I genitori della futura Teresa erano figure considerate nel paese, godevano della stima e della fiducia del curato e della gente del villaggio. Entrambi avevano mantenuto ben salda la loro fede nella bufera della Rivoluzione francese prima e nei tempi difficili delle guerre rivoluzionarie e napoleoniche dopo. Claude, da giovane, aveva rischiato la vita facendo la guardia quando dei preti ribelli alla Costituzione civile del Clero, imposta dal regime, si rifugiavano a Le Mas e vi celebravano di nascosto la Messa. Adulto, aveva presieduto la Confraternita dei Penitenti Bianchi della parrocchia ed era stato per quarant’anni sindaco del comune di Sablières. La sua sposa, Anne, anche se gracile di salute, era una donna forte e saggia, di quelle a cui le altre erano solite rivolgersi per chiedere consiglio e appoggio. Alcuni uomini aiutavano 2 L’altare nella cappella di Le Mas, in armonia con la semplicità di Teresa. Claude nel lavoro dei campi, una donna dava una mano ad Anne nelle faccende pesanti di casa. Nella chiesa del villaggio, Maria Vittoria fu battezzata il giorno dopo la nascita, grazie alla sollecitudine per i sacramenti che apparteneva alle solide famiglie di una volta. Negli anni dell’infanzia si forgerà la futura suor Teresa, che ben presto imparò lo spirito di sacrificio, la solidità, la concretezza della vita di campagna, l’obbedienza e la devozione a Dio. Bambina, aiutava la mamma a fare il pane e ad accudire i fratellini; raccoglieva legumi, verdure e fiori nell’orto che era intorno alla casa; badava agli animali da corti- le e svolgeva tutti quei piccoli servizi che erano adeguati alla sua età. Nelle sue giornate c’era spazio anche per il gioco, ma non si dimenticava mai di recitare a lungo le sue preghiere. Un grande affetto circolava in famiglia; un legame profondo, fatto di gesti, di silenzio e non di troppe parole, alimentato dal lavoro e dalla vita in comune. A casa Couderc si respirava un clima di unità, tenerezza e carità. Madre Teresa stessa lo ricorda quando, poco dopo la morte del padre, scriverà: “Quando non si hanno più né madre, né padre, allora si sente bene che si sono perduti i propri migliori amici… Spero che il ricordo del nostro ca3 tendo dalla gente e dal quel comune senso di religiosità innato. La furia dei Lumi aveva tentato di scacciare la fede; paradossalmente, la lotta per la libertà aveva privato molti della libertà fondamentale, quella di credere in Dio. Quando Teresa riceve la sua prima Comunione, è la Pentecoste del 1815: siamo nel pieno dei cosiddetti Cento Giorni. Per il generale Bonaparte la fine era iniziata qualche anno prima in Spagna, dove il suo esercito aveva trovato un popolo disposto a lottare per il ritorno del re e della Chiesa. Poi la campagna di Russia e, nel 1813, la sconfitta a Lipsia, quando si era trovato contro i popoli d’Europa. La restaurazione di Luigi XVIII durò poco: Napoleone, riuscito a sfuggire alla sorveglianza della flotta inglese, marciava su Parigi per riprendersi il potere. Un potere che durò esattamente cento giorni, fino alla sconfitta campale di Waterloo. Fu in questo clima incerto che Maria Vittoria si accostò all’Eucaristia; aveva dieci anni, e il curato di Sablières dichiarò che non aveva mai conosciuto bambini così ben preparati. Claude aveva fatto venire al Mas un vecchio istitutore per dare ai figli più grandi i primi rudimenti scolastici. Raggiunti i diciassette anni, l’adolescente Vit- ro padre vivrà sempre nella famiglia e che la carità, la pace e l’unione dei cuori vi regneranno dopo la sua morte come durante la sua vita”. A suo fratello maggiore Jean, che diventerà abate, la lega fin da subito un’intimità spirituale piena di tenerezza, che saprà godere dello scambio di due lettere l’anno, da tenere care sul comodino, da tornare a leggere nei momenti di nostalgia. Nelle lunghe e fredde serate invernali, Claude riuniva i suoi figli attorno al fuoco e leggeva loro storie edificanti e vite di santi; Teresa respirò quindi fin da piccola il profumo di un cristianesimo radicato e vissuto nella quotidianità. Tempi difficili per i cristiani Fuori dalle mura sicure della masseria dei Couderc infuriava il potere napoleonico. Certo, gli anni che erano stati i più bui del periodo post rivoluzionario per la Chiesa, erano passati, ma avevano lasciato dietro di loro terra bruciata: seminari chiusi, biblioteche date alle fiamme, molte comunità e congregazioni religiose scomparse. L’opera di scristianizzazione c’era stata eccome, molti sacerdoti erano stati ridotti a funzionari dello stato, e ora bisognava ricostruire. Ripar4 toria viene mandata al collegio di di portare alla luce quel desiderio Vans, tra i più stimati della regio- profondo di cui qualcuno si era ne e tenuto dalle Suore di San accorto da tempo. Giuseppe che, più o meno disperIl rapporto speciale che la sese durante la Rivoluzione, si era- condogenita dei Couderc aveva no allora riunite. Passano così tre con Gesù era precoce e visibile anni, dal 1822 al 1825, in cui Vit- già negli atteggiamenti della pictoria va a scuola da madre Casta- cola. Dice suo padre: “Dio ispirò nier, due volte arrestata sotto il di buonora Marie Victoire. La veterrore giacobino e sfuggita alla devamo calma e riflessiva: menmorte solo per tre si dedicala caduta di va alle sue Robespierre. occupazioni, meditava sulVittoria cola propria vomincia ad cazione”. amare uno stiArriva la prile di vita che mavera del le sarà ben 1825; lei anpresto familiacora non lo re. In alcuni sa, ma sta per periodi ritorna prendere la a Sablières, decisione dalla sua fami- Una fonte a Le Mas. fondamentale glia, ma in collegio si trova bene; “vi si di- della sua vita. Le scelte successivertiva”, racconta il curato del ve verranno di conseguenza, e sasuo villaggio. Il programma delle ranno tutte scelte di amore. Un religiose non aveva pretese intel- bel giorno Claude Couderc bussa lettuali, ma cercava di preparare alla porta del collegio: “Riporto a le giovani alla vita futura. Saper casa mia figlia, per farla parteciprendersi cura del focolare dome- pare alla missione che sarà tenustico era allora importante per ta dai sacerdoti di La Louvesc”, una ragazza, un vero e proprio dice alla superiora. Maria Vittoria corredo, se rafforzato dalla retti- fa i bagagli e ritorna a casa per tudine di giudizio, dalla sobrietà prendere parte con tutta la famiglia alla missione che avrebbe e dall’esattezza di espressione. Ma la vocazione la aspetta, per dovuto aver luogo nel villaggio. Vittoria sta arrivando il momento Era la prima dopo la Rivoluzione. 5 DIO METTE LA SUA OPERA NELLE MANI DI TERESA “Lasciatemi partire, vi prego!” Uno dei tre missionari diocesani venuti a predicare nella piccola parrocchia di campagna, era padre Etienne Terme. Trentatrè anni, è prete da dieci. È un uomo divorato dall’amore di Dio e dallo zelo apostolico, perfetto per convertire e suscitare dei discepoli. Proprio quello che occorreva ai francesi di allora: essere risvegliati nella fede e riabituati alla tradizione religiosa. Quando Vittoria viene condotta sotto il pulpito di padre Terme, ha quasi vent’anni, e certo suo padre non immagina che quell’incontro cambierà per sempre la vita della sua secondogenita. Padre Terme è un uomo molto amato dalla gente; schietto e persuasivo, autoritario e al contempo tenero, umile e generoso. Ben presto raccoglie le confidenze di Vittoria, che finalmente apre il suo cuore al sacerdote. La sua chiamata, infatti, anche grazie all’ascolto del Gesù predicato da padre Terme, Padre Etienne Terme. si fa più nitida; quella voce interiore che dolcemente la invitava a donarsi al Signore, diventa più ferma e distinta. Ma deve attendere ancora. Per lei l’inizio di una vita religiosa non è ancora arrivato. Padre Terme, una volta conosciuto il suo desiderio di consacrarsi, le propone di iniziare subito il noviziato ad Aps, oggi Alba la Romaine, presso la piccola comunità delle Suore di San Régis che lui stesso aveva fondato. Claude, però, non è d’accordo. A casa c’è bisogno di aiuto: 6 Régis, morto nel 1640. Teresa raccoglie così le sue poche cose e docilmente si incammina per la nuova via che il Signore le ha aperto davanti; il passo è fermo e calmo, la volontà fedele e costante. Siamo nel giugno 1827. Suor Agnès è nominata superiora del piccolo gruppo, mentre Teresa sarà la maestra delle novizie che da quel momento in poi padre Terme vuole che si formino nella casa di La Louvesc dove vengono accolte le pellegrine. Quel convento, sepolto sotto la neve durante gli interminabili mesi invernali, era considerato la casa madre dell’Opera. Un posto da lupi, proprio come suggerisce il termine. Posta a mille metri di altezza, soltanto in estate La Louvesc attirava, coi suoi fitti boschi di abete, folle di pellegrini; in inverno le montagne diventavano inospitali e toccava a suor Teresa e alle altre spostarsi dove l’urgenza apostolica le chiamava. Con generosità e slancio si portavano in una parrocchia abbandonata, distante due ore di cammino, per dare lezioni ai piccoli poveri e, in assenza del parroco, far pregare quella buona gente. Passano due anni, la Provvidenza sta per modificare le car- Anne attende l’ultimo bambino, il piccolo Ferdinand, che sarebbe nato proprio in quell’anno. Vittoria sa attendere: lo spirito di sacrificio, l’obbedienza e la fiducia nelle vie di Dio sono innate in lei. Passa qualche mese e finalmente arriva l’inverno del 1826, quando la giovane può lasciare la sua masseria. Coglie infatti la prima buona occasione che ha per supplicare i genitori: “Lasciatemi partire, vi prego, pregherò tanto per voi il buon Dio perché benedica la casa e vi conservi in buona salute”. Il papà, racconta lui stesso, deve cedere alle sue insistenze e ai suoi pii desideri. La mamma, nonostante abbia bisogno dell’aiuto della figlia, sa intuire la profondità del suo tendere a Dio, e non vuole impedirle di donarsi a Lui. Ed eccola ad Aps, a nord ovest di Viviers, dove non tarda a diventare sorella Teresa. Finito il noviziato nella casa delle Suore di San Régis, nata per istruire e catechizzare i bambini del villaggio, padre Terme la chiama a La Louvesc con altre due Sorelle. Qui il sacerdote ha appena aperto un ospizio per le pellegrine che ogni anno vanno a pregare sulla tomba del gesuita san Giovanni Francesco 7 La Casa madre della congregazione a La Louvesc. te in tavola, e contro ogni previsione il ruolo di Teresa nella comunità religiosa cambia improvvisamente. sapevamo ciò che si faceva: Dio ha guidato ogni cosa”. Come fosse il suonatore di un’arpa, Dio ha soffiato sulle docili corde di Teresa uno spirito da fondatrice. Lei ha solo 23 anni, ma con l’aiuto divino è pronta a prendere il timone della nave, anche arrivasse un momento di tempesta; padre Terme è convinto delle sue qualità: la piccola superiora di La Louvesc ha “buona testa, buon giudizio e un discernimento degli spiriti che è raro trovare in una donna; grande possesso di sé, grande fermezza”. Superiora a 23 anni Suor Agnès è richiesta dallo zio, curato di Plagnal, per la sua scuola parrocchiale. Deve abbandonare La Louvesc. Chi potrà sostituirla come superiora? Padre Terme non ha dubbi: la responsabilità della comunità e della casa deve essere affidata a suor Teresa, nonostante la sua giovane età. “Né padre Terme né io – racconterà lei – 8 desinare quand’ecco in refettorio fa irruzione padre Terme. Era appena tornato dai propri Esercizi spirituali presso i gesuiti a Vals, vicino Le Puy. Era felice, aveva una grande notizia da annunciare: erano gli Esercizi di sant’Ignazio, fondatore dei Gesuiti, il metodo che mancava alla Congregazione nascente. Suor Teresa e le altre cominciano a formarsi per poter donare agli ospiti della casa questa nuova forma di preghiera particolarmente meditativa. Lei ne rimane subito affascinata, ritrovandovi l’abitudine alla contemplazione che aveva fin da bambina. Intanto padre Terme, spesso lontano per le missioni, incoraggia madre Teresa nella sua funzione di superiora; si preoccupa di impedirle di lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà esterne e dalle pene interne. Nelle lettere che le indirizza, scrive: “Lasciate fare al buon Dio e siate sicura che farà bene i vostri affari, tanto spirituali che temporali”; la invita ad accostarsi regolarmente all’Eucaristia e a “viaggiare con coraggio attraverso il deserto”, restando “generosa nel fare per Dio tutti i sacrifici che domanda”, badando a “volere sinceramente ciò che Egli vuole” e desiderando La sua fiducia era stata ben riposta. E presto la giovane gliene dà una prova. Le pellegrine che arrivavano nel piccolo convento erano talmente numerose da rendere difficile, per le suore della comunità, condurre una vita da autentiche religiose. C’era bisogno di maggiore silenzio, contemplazione e tempo per la preghiera. Come risolvere la questione? La nuova superiora ha le idee molto chiare: a La Louvesc si sarebbe data ospitalità solo alle donne che volevano santificare il loro soggiorno con uno sforzo di riflessione e di preghiera, anche solo per la durata di un triduo o di una novena. Teresa riesce a convincere padre Terme: la casa diventa un’oasi di ristoro dell’anima, che lì può avvicinarsi a Dio; quel convento vuole essere, da quel momento in poi, il luogo di un servizio apostolico grazie al quale approfondire la fede e imparare la vita cristiana. Per Teresa è il primo atto da fondatrice: nasce qui il futuro “Cenacolo”. Ma il Signore non lascia le sue opere a metà. Come insegnare a pregare? – si chiedeva Teresa –; quale metodo usare? Un giorno, le suore avevano appena finito il loro modesto 9 to alle sue figliole: “Ecco Colui che vi lascio come vostro sostegno, guida, conforto”. Padre Terme, il fondatore, era morto nel momento in cui, nella sua parrocchia natale di Plagnal, cominciava una serie di Esercizi in preparazione del Natale. La notizia cade come un fulmine a ciel sereno sulle giovani opere del sacerdote: come potranno sopravvivere alla sua morte improvvisa? Oltre al dolore del distacco, le suore si sentono orfane di un padre. Ma madre Teresa non si lascia abbattere; mai scoraggiarsi, le aveva insegnato padre Terme, ma lasciarsi semplicemente condurre dalla via dell’amore, procedere nel desiderio di fare la volontà di Dio, donandosi a Lui senza riserve. La grazia guida Teresa che, ancora una volta, dà prova del suo spirito di fondatrice. Una quindicina di giorni dopo la morte di padre Terme, viene aperto il suo testamento, redatto per l’ultima volta due anni prima: non parla che delle sue figlie del Ritiro, e lascia in eredità non solo la casa ma tutta l’Opera alla signorina Vittoria Couderc. E per il futuro di quell’Opera, a cui tiene di gran lunga più di se stessa, Teresa di “raggiungere una grande purezza di cuore”. Teresa non dimenticherà mai queste parole che nel suo animo puro, umile, guidato dallo Spirito Santo e affidato a Maria, troveranno terreno fertile. “Prendi il bambino che giace sulla paglia” È il 12 dicembre 1834. Sta arrivando una tempesta inaspettata che rischia di far vacillare la Congregazione nascente. A La Louvesc sono le sette di sera, la neve abbondante copre ogni rumore. Ad un tratto un violento bussare alla porta del convento fa sussultare le suore. Che succede? Chi può essere a quest’ora, in pieno inverno? Vanno ad aprire, agitate. Sulla soglia, un uomo dallo sguardo sconvolto, messaggero di una brutta notizia: padre Terme è morto. A 43 anni, quel sacerdote pieno di zelo era stato divorato da una polmonite. Prima di partire per la sua ultima missione si era come congedato dalla sua comunità; Teresa racconta che era visibilmente emozionato e che, deponendo sul tavolo il grande crocifisso di missionario che portava sempre su di sé, aveva det10 Renault, provinciale dei Gesuiti di Francia. Perché anche questo era scritto nel testamento di padre Terme. Teresa scrive a padre Renault: “Cosa sarà dell’opera di Dio? Dobbiamo abbandonarla? O possiamo sperare, reverendo padre, che lei verrà in nostro aiuto? Essendo ancora La cappella nella Casa madre a La Louvesc. nella culla, le occorre un pacomincia a lottare tenacemente, dre per formarla e una guida portando avanti le volontà di per dirigerla. Solo lei può darcolui che era stato la sua guida ci tutto ciò”. Il suo cuore di madre implora aiuto per la sua spirituale. In un giorno di pieno inver- creatura. E l’aiuto non tarda ad arrivano, la vediamo scendere da La Louvesc a Viviers, per parlare re. All’inizio esitante, il provincon il Vescovo. Lascia il con- ciale dei Gesuiti è convinto da vento all’alba; in certi punti del una voce interiore che pare amcammino la neve le arriva alle monirlo: “Prendi il bambino ginocchia e la fatica aumenta, che giace sulla paglia!”. ma la serva di Dio non si stanca, non si ferma a riposare; il Arriva il giorno suo passo è sicuro, costante, sa tanto atteso bene qual è il suo compito: otSiamo nel 1835. È una limpitenere dal Vescovo che la comunità venga affidata a padre da mattina di aprile; il clima 11 naturalmente, tanto amore per quelle anime stanche che nella loro casa, in una cameretta povera ma linda, avrebbero trovato sul tavolo il catechismo della diocesi, l’Imitazione di Cristo e il regolamento. Teresa è più che mai abbracciata dall’amore di Dio, e lo comunica a coloro che la circondano; i tratti fini, i lineamenti delicati, abitualmente un dolce sorriso le illumina le labbra; non fa affidamento sulle sue forze, sa bene che senza di Lui non possiamo far nulla, e come il tralcio prende linfa dalla vite, non si stanca di lasciarsi inondare dalla forza dello Spirito Santo: si fa tutta a tutti, pronta ad accogliere sempre quello che il Signore le chiede. Con queste certezze d’animo, pronuncia i voti perpetui che la donano al suo Dio e alla sua famiglia religiosa per sempre. È il 6 gennaio 1837, Teresa ha 32 anni. Quanto aveva desiderato quel momento di unione con Dio! Quanto aveva immaginato, in silenzio, il giorno in cui sarebbe divenuta la sua sposa! È felice, ma il momento della prova, che tutti i santi accomuna, sta per arrivare. E per lei durerà anni. dolce della primavera ha sciolto quasi tutta la neve e per le vetture è più facile salire verso la montagna. Sulla strada principale che corre tra i boschi una carrozza è diretta al convento. Dentro, c’è padre Renault. Quando lo vede, Teresa sente allargarsi il cuore, e piena di gioia riunisce la comunità. Ci si confronta sulle origini e l’evoluzione dell’Opera, sulle difficoltà che erano sorte. Alla fine, si ritiene necessaria una separazione tra le Sorelle che volevano continuare con gli Esercizi e quelle che si dedicavano alle scuole e al catechismo. Le prime rimangono a La Louvesc, le altre potranno portare avanti la scuola, ma si rendano autonome. Una separazione profondamente dolorosa, ma necessaria perché la giovane Congregazione assuma la sua identità. Del resto – ricorda Teresa – tra tutte le opere che padre Terme aveva lasciato, la principale era quella dei Ritiri. Le quindici suore destinate all’Opera degli Esercizi cambiano nome; si chiameranno Religiose del Ritiro: cuffia bianca, mantellina viola sull’abito nero, croce e anello; poi, 12 LA FORZA DELLA DEBOLEZZA Sia fatta non la mia ma la tua volontà Renault decide di mandarla a Notre Dame d’Ay, un santuario mariano a 20 chilometri da La Louvesc. Vuole che si riposi, ma in realtà il suo obiettivo, più o meno cosciente, è di allontanarla per un po’. Ultimamente Teresa non godeva più della piena fiducia del padre gesuita. Qualcuno, all’interno della comunità, aveva seminato in lui qualche sospetto verso la superiora, e lo stava convincendo che era stata imprudente. Stavano venendo tempi difficili per la Congregazione; ancora una volta l’Opera tanto cara a Teresa stava per imbattersi in una tempesta. I familiari di suor Gallet impugnano il testamento della giovane per rivendicarne l’eredità. Le suore perdono il processo: il debito della Congregazione ammonta a 37 mila franchi; Teresa e le Sorelle devono condurre una vita di privazioni, anche se sopportate generosamente. Secondo i ragionamenti di padre Renault, è necessaria una svolta. Per Teresa inizia quel lungo periodo di prova che la vedrà A La Louvesc stavano per terminare i lavori della nuova cappella quando suor Elisa Gallet si ammala gravemente. Quei lavori erano stati possibili proprio grazie alle donazioni di questa giovane vedova entrata nella comunità a 18 anni. Teresa le voleva un gran bene e non si stancò di supplicare Dio per la sua guarigione: quando si trattava di se stessa, non chiedeva mai niente, accettava tutto, ma per le sue Sorelle pregava Gesù e Maria con audacia. La divina Provvidenza, però, ha disposto diversamente, e madre Teresa, come sempre, si rimette con amore ai suoi piani. Dio scrive dritto anche sulle righe storte, e per la superiora di La Louvesc la Sua volontà è cibo quotidiano: “Ciò che c’è di più grande, di più perfetto, di più utile – scrive – è fare la volontà del Padre celeste immolando la nostra”. Suor Gallet muore e madre Teresa ne cade ammalata. Siamo nel 1837. All’inizio di agosto padre 13 si getta ai piedi della Vergine. È ancora vivo, in lei, il momento in cui padre Terme aveva pronunciato un atto di rinuncia ad ogni diritto sulla casa e sull’Opera in favore della Regina del cielo. Da quel giorno, sono passati sei anni: è il momento di ricordare alla Madonna la promessa di consacrazione; Teresa le chiede di gradire l’offerta di se stessa e le affida le Sorelle tanto amate. È l’atto di una fondatrice. “Ti prego, o Madre buona, di venire in aiuto a tutte le anime che praticheranno i santi Esercizi del Ritiro nella tua casa. Dico, la tua casa: d’ora innanzi non la voglio più considerare che come appartenente a te, e se tu vuoi che porti ancora il nome di superiora, voglio che non sia che per rappresentarti; infatti, io mi dimetto oggi dalla mia carica”. La risposta della Vergine non tarda ad arrivare. Padre Renault decide di destituire Teresa, invitandola senza riguardi a rinunciare al suo ruolo. È da un po’ che nell’aria si sente pronunciare il nome di una certa madame de Lavilleurnoy, una vedova di buona educazione e soprattutto dotata di un solido patrimonio. Siamo nell’ottobre 1838; un bel giorno La Vergine Nera di Notre Dame d’Ay. sprofondare nella via dell’umiltà; il cuore gonfio per l’ingiustizia, preoccupata per il futuro della comunità religiosa, la sua consolazione è Maria. Un giorno, nel silenzio orante del santuario di Notre Dame d’Ay, 14 e lo zelo soprattutto per la nostra perfezione. È tempo ormai di lavorare e diventare delle buone religiose”. madre Teresa è convocata a Notre Dame d’Ay. La aspetta padre Renault. C’è poco da tergiversare, la decisione è stata presa; il padre gesuita non usa mezze parole: madame de Lavilleurnoy era predestinata da Dio a salvare l’Opera dal baratro della crisi finanziaria; l’unica capace di farlo. Dopo aver ascoltato queste parole, Teresa non perde tempo; il suo primo pensiero è correre dalla Vergine e attraverso di lei gettare ai piedi della croce lo smarrimento che provava. Fu un attimo, perché la preghiera a Colui a cui aveva deciso di dedicare la vita, le donava subito nuova forza. Nessun rancore, forse un po’ di amarezza, ma vissuta nel silenzio e nel sacrificio. Non un segno di cedimento. Teresa prende carta e inchiostro, e scrive poche righe alle Sorelle. Le preparerà lei ad accogliere la nuova superiora. Il suo cuore è libero di amare infinitamente anche se è stato ferito: “Mie amatissime – scrive – la divina Provvidenza ci ha dato un nuovo segno delle sue paterne cure mandandoci una madre degnissima di tutta la nostra stima e di tutta la nostra fiducia… alleviamole il gran peso del superiorato con la nostra sottomissione, il nostro rispetto Come roccia su cui l’Opera cresce Bastano undici mesi di governo della nuova superiora per peggiorare, e di molto, la situazione economica dell’Opera dei Ritiri. Padre Renault si accorge dell’errore compiuto e invita Teresa a riassumere l’incarico, ma lei indirizza le Sorelle verso Charlotte Contenet, che ha delle reali capacità e un profondo senso religioso. Viene eletta. Contro ogni previsione, madre Contenet è molto dura con madre Teresa; la tiene in disparte affidandole sistematicamente lavori faticosi che l’allontanano dalla vita di comunità. Un giorno passa dal giardino padre Rigaud, che l’aveva conosciuta ai tempi di padre Terme, e la vede con il grembiule da lavoro, i piedi nel fango, le mani sporche di terra. In quel momento una religiosa chiede al padre gesuita una reliquia, e lui, indicando la figura curva della fondatrice che sta strappando le erbacce dall’orto, risponde: “Sorella mia, 15 rere sulla via della santità: ogni giorno diminuisce se stessa per far crescere Cristo. Mai un lamento. In lei è possibile intravedere l’umiltà di Maria, la serva che non fa domande e il cui cuore fertile tende all’invisibile. Accetta con gratitudine la sofferenza, madre Teresa; la sua è fedeltà piena. La natura ardente, viva e attiva di questa donna, è stata mortificata, ma non le importa. Anzi. Un giorno così incoraggia una Sorella: “La vostra tristezza passerà e sarete molto contenta di aver sofferto per Dio… Noi dovremmo prediligere tutto quello che ci fa soffrire, perché è una porzione della croce di nostro Signore... ditegli per consolarlo: fatemi la grazia di amare di essere umiliata e disprezzata per assomigliarvi un po’”. E in seguito dirà che le persone che l’hanno fatta soffrire sono state per lei strumenti di Dio. In due anni madre Contenet è riuscita a risanare i conti; il suo atteggiamento verso Teresa cambierà progressivamente. quando madre Teresa morirà potrà prenderne con tutta sicurezza, perché quella è una vera santa”. Madre Contenet cancella con un colpo di spugna il passato della Congregazione, crede necessario ricominciare tutto daccapo. Teresa ha 34 anni; viene spogliata di cariche e ruoli particolari, ma nessuno può toglierle il suo legame con Gesù, che diventa ogni giorno più forte. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se muore, porta molto frutto”. Lei sceglie di morire costantemente a se stessa per dar gloria a Dio. D’ora in avanti si farà come dimenticare, seguendo con discrezione gli avvenimenti, pregando ardentemente e intervenendo solo quando sarà necessario. È la roccia su cui l’Opera cresce e diventa stabile. Le Religiose del Ritiro cambiano il nome in Religiose di Nostra Signora del Cenacolo, abbracciando tutta la ricchezza spirituale racchiusa in questa espressione: preghiera, Eucaristia, affidamento a Maria, docilità allo Spirito Santo, missione. Così, lo spirito che ha sempre animato la fondatrice diventa lo spirito ufficiale della Congregazione. Intanto Teresa continua a cor- Uno spirito da fondatrice Nel 1842 accade qualcosa, e lo Spirito spinge l’umilissima 16 vendita uno stabile grande e conveniente. Ma il prezzo richiesto era troppo alto per le suore, bisognava aspettare, e la superiora generale torna a La Louvesc senza che le trattative si siano concluse. Intanto la voce di quell’eventuale acquisto si sparse, e siccome c’era chi aveva interesse a impedirlo, le cose divennero ancora più complicate. Teresa non può stare a guardare; si tratta della sua cara Opera e della volontà del Signore: quante anime, nella nuova casa di Lione avrebbero potuto conoscere l’amore di Gesù attraverso gli Esercizi! I tempi stringono, bisogna prendere una decisione, madre Contenet è lontana. Chiudere o no il contratto? Teresa si sente irresistibilmente spinta a rispondere di sì. La casa di Lione diventa del Cenacolo. Alla notizia, l’emozione della superiora è grande: prende le mani di Teresa, da quel momento non le lascerà La città di Lione nel XIX secolo. Teresa ad agire ancora una volta in maniera determinante per il futuro della Congregazione. È arrivato il momento di fondare una casa a Lione. I locali affittati inizialmente erano bui, umidissimi, per niente adatti al fine degli Esercizi. Nonostante questo, Teresa e un’altra Sorella vi si trasferiscono. Un anno dopo si presenta un’occasione insperata. Per dare alla comunità e alle anime una sede adeguata, il Signore usa come strumento un piccolo orefice della zona, a cui le suore si erano rivolte perché mancavano le croci per le cerimonie di professione. Il buon uomo portò a madre Contenet la notizia che sull’altopiano di Fourvière, proprio vicino alla chiesa, era stato messo in 17 Nelle foto: sopra, la camera dove Teresa Couderc viveva nella Casa di Fourvière a Lione; sotto, una religiosa della Congregazione di Nostra Signora del Cenacolo all’esterno della Casa di Lione. 18 tenet lascia la vita terrena, dopo aver combattuto con la malattia. Madre de Larochenégly prende il suo posto. Già da tempo Teresa era tornata ad essere apprezzata e sollecitata a prendere più direttamente parte alla vita della Congregazione. Si fa appello a lei nelle situazioni più delicate, come nel 1855: sulla famiglia religiosa, a Parigi, pesa la minaccia di una separazione; Teresa interviene e riesce a salvare l’Opera di Dio. Perché tante prove? “Il bene – scrive in una lettera – lo si paga a caro prezzo”. Nonostante sia stata “riabilitata”, negli anni che seguono la sua disposizione d’animo rimane la stessa; il suo desiderio è quello dell’oblio di sé; scrive più volte: “Che nessuno si occupi di me, che nessuno pensi a me che per ringraziare Dio delle grazie che mi ha fatto… La mia attrattiva mi porta sempre verso questa completa dimenticanza di me stessa”. Il Signore si fa conoscere sempre più da quest’anima ardente di amore, e le sta per donare straordinarie esperienze mistiche. più. L’aveva creduta una rivale, e si rende conto di quanto era stata tratta in inganno. La nuova fondazione si fa all’insegna della povertà, ma con tanto entusiasmo. Le Sorelle stesse si occupano del trasloco e delle pulizie dei nuovi locali. Madre Teresa e le altre lavano pavimenti, stipiti e porte con la soda, tanto da averne le mani ferite. La casa di Lione viene affidata a madre de Larochenégly, Teresa è assistente. È il 1844. Un giorno padre Fouillot, gesuita, viene a confessare la comunità. Nella casa c’erano ancora i lavori; le suore utilizzavano come portalampada addirittura una scodella rotta. Sorge immediatamente un problema: come confessarsi se non c’era il confessionale? Lo zelo apostolico di Teresa non tarda a trovare una soluzione: la fondatrice trova in cucina una vecchia moschiera lasciata dagli inquilini precedenti, ne distacca la rete metallica e la fissa su alcune assi. Sa adattarsi, suor Teresa, al lavoro, alle difficoltà, alla prova: l’ha imparato fin da piccolina. Il 1850 è l’anno di una nuova fondazione: al numero 15 di rue du Regard nasce la casa di Parigi. Due anni dopo, madre Con19 CONSEGNARSI: LA VOCAZIONE DI UNA VITA Se livrer, un’esperienza mistica È il 26 giugno del 1864, una domenica. A Montpellier, dove si trovava dopo aver partecipato alla fondazione di un’altra casa dell’Opera, Teresa si ritira nel silenzio della sua stanza, e scrive. Le è successo qualcosa di importante, perché nell’angolo a sinistra del foglio si legge: a garder, “da conservare”. Lei non ama mettere nero su bianco il suo rapporto intimo con il Signore, ma questa volta è diverso; desidera che ciò che ha vissuto sia di aiuto per altre anime. Il suo è un testamento spirituale: quella mattina, preparandosi per la meditazione, aveva udito il suono delle campane che chiamavano i fedeli in chiesa; mentre desiderava di unirsi a tutte le messe che si celebravano, ecco vede “una moltitudine di altari nei quali si immolava contemporaneamente la Vittima adorabile; il sangue dell’Agnello senza macchia colava abbondantemente su ciascuno di questi altari”. L’anima di Teresa 20 viene subito presa da un sentimento di riconoscenza e al contempo di stupore: perché il mondo non era tutto santificato dal sangue di Cristo? E le parve udire la risposta: “Le anime mancano di generosità”. La mente di Teresa, illuminata dallo Spirito, trova una via concreta: “Il gran mezzo per entrare nella via della perfezione e della santità, è di consegnarsi al buon Dio. Ma cosa vuol dire consegnarsi? Io comprendo tutta l’ampiezza del senso di questa parola, ma non so spiegarlo. So soltanto che tale senso è estesissimo, che abbraccia il presente e l’avvenire. Consegnarsi è più che dedicarsi, è più che darsi, è persino più che abbandonarsi a Dio. Consegnarsi è, insomma, morire a tutto e a se stessi, non più occuparsi dell’io che per tenerlo sempre rivolto a Dio. Consegnarsi è… quello spirito di distacco che non tiene più a nulla, né alle persone, né alle cose, né al tempo, né ai luoghi. Si potrà forse pensare che è molto difficile fare questo. Tutt’altro. Nulla di più facile, nulla di più dolce da praticare. Si tratta di compiere una sola volta un atto generoso, dicendo con tutta la semplicità di cui l’a- nima nostra è capace: ‘Mio Dio, voglio essere tutta tua, degnati di accettare la mia offerta’. E tutto è detto. È necessario poi avere cura di mantenersi in questa disposizione d’animo, senza indietreggiare davanti ad alcuno dei piccoli sacrifici che possono servire a farci progredire nella virtù. Ricordarsi che ci si è consegnati… Oh, se si potesse comprendere in anticipo quali siano le dolcezze e la pace che si gustano quando non si mette alcuna riserva al Signore! Come Egli si comunica all’anima che lo cerca sinceramente e che ha saputo consegnarsi! Provate, e vedrete che in questo si trova la felicità che invano si cerca altrove. L’anima che ha saputo consegnarsi ha trovato il paradiso sulla terra, poiché gode già di quella pace soave che costituisce in parte la felicità degli eletti”. Se livrer: consegnarsi. Per Teresa, che ha 59 anni, è la conferma di tutta una vita; per l’Opera un testo fondante; per le anime che lo leggono un incoraggiamento alla santità, possibile nell’umanità limitata di ognuno. Attraverso Teresa, il buon Dio ci lascia un’esortazione e un metodo per raggiungere la felicità, già su questa terra. 21 NELL’ORTO DEGLI ULIVI Tutto è dono dedito a servire; la fondatrice se ne sta silenziosa, in un cantuccio di casa, a rattoppare le vesti delle Sorelle, e pur essendo lei stessa spesso malata, le assiste come infermiera. Siamo vicini al 1869, quando Dio le chiederà di tenergli compagnia nel Getzemani. Teresa stessa racconta di aver udito un giorno di qualche anno prima, distintamente, queste parole: “Tu sarai vittima di olocausto”. Lei aveva domandato che cosa significasse. “Nostro Signore volle ben spiegarmi che il fuoco del cielo discendeva sulla vittima di olocausto e divorava tutto senza eccezioni in maniera che non restava alcuna traccia, perché tutto era per Lui”. A questa richiesta Teresa si sente venir meno, ma non può non consegnarsi. Ancora una volta, come ha fatto ogni istante della sua vita. Da allora, la desolazione si impadronirà della sua vita interiore. Il suo osservatorio diventa il costato di Gesù; da lì sente il dolore lacerante del peccato La gloria di Dio e la salvezza delle anime: a Teresa non interessa altro. Prega per tutti, anche per “gli infedeli che non hanno la fortuna di conoscerLo”. Nei suoi colloqui con il Signore, gliene parla; si rammarica del fatto che non possono godere della sua tenerezza. Lei è sempre più centrata su Dio, naufraga in lui, ne gusta la presenza, e le sofferenze fisiche che cominciano a colpirla sono addolcite dalle consolazioni che le regala il suo Sposo. È il 1866. Teresa confida alla superiora: “Vidi scritto come in lettere d’oro questa parola, Bontà, che da lungo tempo ripetevo con indicibile dolcezza. La vidi scritta su tutte le creature animate e inanimate, ragionevoli o no… la vedevo persino sulla sedia che mi serviva da inginocchiatoio”. Quale esperienza più bella? Guardare ogni cosa come un dono e farsi riempire il cuore dalla gratitudine verso il Creatore. E il cuore generoso di Teresa è sempre 22 Nelle foto, l’inginocchiatoio nella tribuna della cappella della casa della Congregazione a Lione; qui pregava Teresa Couderc. 23 sua spina dorsale era compromessa. Tutte le volte che la andava a trovare, Teresa la incoraggiava: “Vengo a vedere se lei cammina”. E la invitava a chiedere la grazia perchè, le spiegava, “a Nostro Signore non è più difficile di guarire lei che di guarire il paralitico”. Da cinque anni, mattina e sera, la fondatrice pregava per la guarigione di quella Sorella inferma, chiedendo l’intercessione della Madonna di Lourdes. Quel giorno, era il 14 settembre, Teresa si reca da madre de Echeverria e… la vede camminare. I suoi occhi si riempiono di lacrime: era stata esaudita! La Sorella le racconta che dopo la Messa dell’8 settembre aveva potuto di nuovo camminare sulle sue gambe; addirittura era riuscita ad inginocchiarsi per la confessione. del mondo, dell’ingenerosità degli uomini. Si è offerta per cooperare con Cristo alla salvezza dell’umanità: “quando sono con Lui nell’Orto degli Ulivi… non oso più lamentarmi, perché le sue sofferenze sono ben più grandi delle mie… gli chiedo soltanto la forza di soffrire e l’amore della croce…”. Nel suo combattimento spirituale Teresa sceglie e sceglie ancora la volontà di Dio. È questa la sua vocazione: realizzare pienamente la sua libertà apparentemente rinunciandovi. Dopotutto, in uno dei suoi soliti slanci di amore gli aveva detto: “Ti amerei lo stesso, anche senza queste consolazioni!”. “Mi ha preso in parola”, dirà in seguito. In questo stato permanente di sofferenza, che durerà fino alla morte, c’è però un momento di conforto che arriva inaspettato, nel settembre del 1872. L’8 settembre si compie una guarigione proprio grazie alle suppliche della fondatrice, che vive da alcuni anni nella casa di Lione. Era da qualche giorno che Teresa non entrava nella camera di madre de Echeverria. Da cinque anni la suora non poteva più muovere un passo: la La fecondità della Croce L’isolamento di Teresa cresce negli ultimi anni della vita; diventa quasi completamente sorda, fa fatica a respirare e ha dolori sempre più intensi. Ma non è questo che le pesa di più, quanto l’agonia di Cristo e, in lui, di tutta la Chiesa. Le Sorelle la vedono piange24 degli uomini non coincidono con quelli di Dio. Stéphanie non ha paura. Anzi, aspetta che la misteriosa suora parli, le dica qualcosa. Questa invece lascia parlare il suo sguardo, così profondo che sembra radicarsi in un altro luogo: è quasi un prolungamento dell’Infinito. La suora bellissima scompare. L’indomani la giovane racconta alla superiora l’accaduto, e chiede se per caso madre Teresa sta male. L’incontro della notte precedente le ha infuso tanta pace e fiducia nel cuore, e lei è convinta che quella suora sia la fondatrice. Quando vede una foto, non ha dubbi: era lei ad averle fatto visita. Viene subito rassicurata. Madre Teresa è viva. L’anno seguente, Stéphanie viene trasferita a Lione e di nuovo riconoscerà, in quell’anziana che cammina appoggiandosi ad un bastone, la suora misteriosa di quella notte. Intorno a lei, la stessa luce che si irradia. re spesso mentre in ginocchio, nella cappella del Cenacolo di Lione, prega incessantemente. Con gli occhi chiusi, madre Teresa singhiozza, soprattutto nella sera del giovedì e per tutto il venerdì. L’udito l’ha quasi abbandonata, e lei non si accorge nemmeno di essere sentita. È una creatura quasi totalmente immersa nell’al di là, ma il momento di lasciare la vita terrena non è ancora giunto. Eppure, nel maggio 1880, per un attimo alcune Sorelle che abitavano lontano da Lione avevano creduto che la fondatrice potesse essere salita in cielo. L’allarme era partito da madre Stéphanie, una giovane da poco entrata nel Cenacolo e talmente piena di ardore da avere una grande fretta di diventare santa. Stéphanie non aveva mai visto la fondatrice, ne aveva solo sentito parlare. Il 9 maggio 1880, in piena notte, è svegliata da uno scricchiolio. Si stropiccia gli occhi e vede sulla soglia della stanza una suora bellissima: la cuffia le incornicia il viso, gli occhi la guardano a lungo, pieni di bontà; sembrano invitarla con dolcezza ad imparare la virtù della pazienza, perché i tempi “Ricomincerei volentieri il cammino” Prima di chiamarla a sé, il Signore dona un’ultima consolazione a Teresa. 25 la voce di quelle anime: può farlo solo Teresa. È esclusivamente per lei quell’anticipazione di cielo. Il Signore la sta portando sul palmo della sua mano. Sabato 26 settembre, nel pomeriggio, la solleva verso di sé, togliendola alla vita terrena. È il 1885. Gli ultimi momenti di Teresa sembrano essere stati dolcemente illuminati da una presenza sensibile della Vergine: la via breve per arrivare a Gesù, quella via che Teresa non aveva mai smesso di percorrere, con l’entusiasmo dell’apostola. E poco prima di chiudere per sempre gli occhi a questa terra aveva esclamato: “Che cosa importa se i miei piedi nudi e feriti riempiono i miei zoccoli di sangue? Ricomincerei volentieri il cammino, ho trovato così bene il Signore!”. Aveva 80 anni. Paolo VI l’ha inserita nel numero dei santi e delle sante di Dio il 10 maggio 1970. Il corpo di Teresa Couderc è stato risparmiato dalla decomposizione e si trova nella cappella del Cenacolo di La Louvesc, che ha visto la nascita dell’Opera “Nostra Signora del Cenacolo”, presente oggi nei cinque continenti: dall’Europa alle Negli ultimi mesi le sofferenze fisiche sono aumentate e il deserto interiore continua a consumarla: “Mio Gesù – mormora spesso – unisco la mia agonia alla tua”. Un giorno confida alla nuova superiora: “Da ieri sono circondata da immense moltitudini che pregano incessantemente con un accento penetrante… Cantano pure in tono grave gli inni, i salmi, le preghiere liturgiche. Tutte supplicano, gemono, adorano la divina Maestà, la lodano tutte insieme con un’armonia, una fede, una speranza, un amore ineffabili. Credo siano le anime del Purgatorio. In certi momenti ne sono come tutta assorta poiché, mio malgrado, bisogna che mi unisca a loro… Questa mattina, allorché ho ricevuto la santa Comunione, esse hanno intonato il Te Deum. Al quarto versetto, nonostante i miei sforzi per occuparmi solo di Nostro Signore, ho dovuto seguirle e cantare con loro: ‘Santo, Santo, Santo il Signore…’. Era meraviglioso. Posso vivere ancora a lungo, ma non potrò mai dimenticare quell’armonia… Esse sono incessantemente là, non comprendo come non le sentiate!”. Certo la superiora non sente 26 per rispondere ai bisogni delle anime che cercano Dio. E oggi la famiglia della Congregazione si è allargata: ci sono anche laiche consacrate e membri della fraternità, tutti consegnati al soffio dello Spirito Santo. Per ognuno di loro l’esempio e l’eredità della fondatrice che, prima di tornare per sempre al “buon Maestro”, come era solita chiamarlo, ha avuto un ultimo pensiero per la sua famiglia religiosa: “Domando a Dio che non facciamo mai nulla per ostentazione, ma che compiamo il bene nell’ombra, considerandoci sempre coUn particolare del bassorilievo di Teresa Cou- me le più piccole derc realizzato dallo scultore Lello Scorzelli. nella Chiesa di Dio”. Americhe, dall’Asia all’Africa “Il Cenacolo - diceva, fra l’altro, Paolo VI il giorno della all’Australia. canonizzazione di Santa Teresa nel maggio 1970 - è una ConL’Opera che continua gregazione religiosa dedicata a Le suore del Cenacolo lavo- Nostra Signora, la Madre di rano in silenzio, ogni giorno, Cristo, che in mezzo alla prima 27 na: quello interiore, nel silenzio, nell’orazione, nella contemplazione, nell’intimo colloquio con Dio, nell’esercizio della sublime delicatissima deliziosa paziente arte della preghiera fino a fare di questa il proprio respiro, la propria personale pienezza, la propria comunione continua con Cristo; quella esteriore: che cerca di trasfondere in altri i tesori della verità e delle virtù, che fa dell’apostolato religioso l’esercizio della propria carità, è scuo“Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra” la di vita cristiana e di dottrina cristiana, è riLuca 12,49. fugio di silenzio e di comunità cristiana attende, in- meditazione, è clinica di riabivoca, riceve in nuova pienezza litazione per le forze morali e l’effusione dello Spirito Santo spirituali”. nel giorno di Pentecoste. È una “Oggi - concludeva il Papa -, formula religiosa semplice e assorbiti dal ritmo della nostra felice, è una sintesi di vita con- attività esteriore, affascinati templativa e attiva, di vita per- dall’incantesimo della scena sonale comunitaria e sociale di sensibile che ci circonda, sentiamo il bisogno e talvolta il silenzio e di parola”. “È una congregazione reli- dovere di recuperare noi stessi giosa - sottolineava Paolo VI - di risalire a Dio, di ricercare che celebra imitandoli e rivi- Cristo maestro interiore e di revendoli i due momenti dello spirare nel soffio misterioso Spirito di Gesù nella vita uma- dello Spirito Santo”. 28 La vita 1 febbraio 1805 2 febbraio 1805 Maggio 1815 1822 Primavera 1825 Inverno 1826 Giugno 1827 1828 Secondogenita di una famiglia numerosa, nasce a Le Mas, in Francia, a pochi chilometri dal villaggio di Sablières, nell’Ardèche meridionale. I genitori, Anne e Claude Couderc, sono proprietari terrieri che conducono una vita semplice e godono della stima di tutti. Il padre lavora la terra con l’aiuto di alcuni operai, la madre è casalinga. Sono persone profondamente cristiane. Viene battezzata nella chiesa del villaggio. Riceve la prima comunione nel giorno di Pentecoste. Viene mandata nel collegio delle Suore di San Giuseppe, a Vans, per ampliare l’istruzione ricevuta in casa da un anziano maestro. Vi rimane tre anni, con qualche ritorno a casa. Il padre va a riprenderla per farla partecipare alla missione che si terrà a Sablières in occasione della Pasqua. La predicazione a cui assiste, rende nitida in lei una vocazione già nata da tempo; si confida con uno dei tre missionari, padre Etienne Terme, che diventa sua guida spirituale. Lascia la famiglia per recarsi ad Aps, oggi Alba la Romaine, dove inizia il noviziato nella comunità delle Suore di San Régis, fondata da padre Terme. Il 27 marzo veste l’abito e prende il nome di suor Teresa. È chiamata da padre Terme, con altre due Sorelle, a La Louvesc, dove il sacerdote ha aperto un ostello per accogliere le pellegrine che si recano alla tomba del gesuita san Giovanni Francesco Régis. Qui è maestra delle novizie e svolge opera di apostolato tra la gente. È il primo seme della futura Congregazione “Nostra Signora del Cenacolo”. A soli 23 anni diventa superiora della casa di La Louvesc, che presto trasforma da ospizio di accoglienza ad oasi di preghiera in cui praticare anche gli Esercizi spirituali ignaziani. 29 12 dicembre 1834 Aprile 1835 1836 6 gennaio 1837 Agosto 1837 Ottobre 1838 1839 1842 1844-1852 A 43 anni muore di polmonite padre Terme, che le lascia in eredità la casa e l’Opera. Il padre provinciale dei Gesuiti, padre Renault, sollecitato da Teresa, affronta le difficoltà della Congregazione nascente, decidendo una separazione tra le suore votate al catechismo e le suore degli Esercizi. Queste ultime prendono il nome di Religiose del Ritiro. Il vescovo di Viviers approva le nuove Regole delle religiose del Ritiro. Teresa pronuncia i voti perpetui: ha 32 anni. Padre Renault la invia al santuario mariano di Notre Dame d’Ay, non lontano da La Louvesc, al fine di allontanarla. In lui era stato seminato il sospetto che le difficoltà economiche in cui versava la Congregazione fossero responsabilità di Teresa. Qui, il 15 agosto, pronuncia in segreto un atto di consacrazione alla Vergine, nominando Maria superiora dell’Opera e promettendo di obbedire sempre alla voce della Grazia. È deposta da padre Renault che la sostituisce con madame de Lavilleurnoy, una vedova molto ricca da poco novizia. Dopo undici mesi la nuova superiora ha condotto la Congregazione alla rovina e si ritira. Prende il suo posto madre Contenet. Madre Contenet è molto dura con Teresa; le fa svolgere lavori faticosi che la allontanano dalla vita di comunità. Lei accetta di essere messa da parte, e la sua emarginazione durerà a lungo. Nel frattempo la Congregazione è confermata nella via mariana e le suore assumono il nome di Religiose del Cenacolo. Grazie alla prontezza di intervento di Teresa, le suore riescono ad acquistare a Lione, nell’altopiano di Fourvière, una casa adeguata allo svolgimento degli Esercizi. Qui è assistente e condivide con entusiasmo le privazioni necessarie a questa nuova fondazione. Madre Contenet si ravvede su di lei. Anni di intensa collaborazione e profonda intimità spirituale con madre de Larochenégly. Quest’ulti30 ma, alla morte di madre Contenet, nel 1852, viene eletta superiora. Marzo 1855 Viene chiamata nella casa di Parigi, fondata cinque anni prima, dove riesce a rasserenare gli animi, evitando una separazione lacerante tra le Sorelle e rinsaldando la comunione all’interno dell’Opera. 1860 Teresa è inviata nella comunità di Montpellier, dove è assistente della superiora; la sua vita spirituale conosce anni di splendida pienezza, nonostante le sofferenze per le difficoltà di questa piccola fondazione. 26 giugno 1864 Appunta su un foglio l’esperienza mistica in cui il Signore le indica la via per la santità: se livrer, consegnarsi, perdersi in Dio. 1866 Confida alla superiora di aver visto scritta, come in lettere d’oro, la parola “Bontà” su ogni cosa animata e inanimata. Il suo cuore è pieno di consolazione. 1867 La casa di Montpellier viene chiusa e Teresa torna a Lyon-Fourvière, che non lascerà più. 1869 Comincia il lungo periodo di deserto interiore che durerà fino alla sua morte. Teresa accetta di condividere nel Getzemani l’agonia di Gesù. Settembre 1872 Ottiene dalla Vergine la guarigione miracolosa di madre Echeverria, una Sorella inferma per la quale pregava da anni. Maggio 1880 Una notte appare a madre Stépanie, una giovane da poco entrata nel Cenacolo che ancora non la conosce; la guarda senza parlare ma infondendole pace e fiducia. 26 settembre 1885 Si spegne serenamente confortata dalla presenza della Vergine. Negli ultimi mesi ha avuto la consolazione di partecipare ai canti e alle preghiere di moltitudini di anime accanto al suo letto. Ha 80 anni. Viene inumata qualche giorno dopo a La Louvesc. 12 maggio 1935 Pio XI la riconosce Venerabile. 4 novembre 1951 Pio XII la dichiara Beata. 10 maggio 1970 Paolo VI la proclama Santa. 31 Bibliografia TESTI: COTTA GIOVANNA, Nel cuore di Dio nel cuore del mondo, Gribaudi, Torino 1983. GIOANNINI MARIO, Ricomincerei volentieri il cammino, Gribaudi, ristampa Milano 2004. PAULE DE LASSUS R.C., Thérèse Couderc 18051885 la femme-la sainte, Quelques essais sur sa personnalité et sa spiritualité, Lescuyer, Lyon 1985. STUDI, OPUSCOLI, RIVISTE: Nostra Signora del Cenacolo, Antologia dei Documenti della Congregazione, Tipografia poliglotta vaticana, 1985 Celebrando il bicentenario di Teresa Couderc, opuscolo in lingua francese, inglese e italiana, a cura della Congregazione, 2005 Sainte Thérèse Couderc 1805-1885 Fondatrice de Notre-Dame du Cénacle, pubblicazione a cura della Congregazione “Notre Dame du Cénacle”, Lione 2005 Nostra Signora del Cenacolo Piazza Madonna del Cenacolo, 15 00136 Roma - Tel. 06.354.200.51 06.354.200.52 - Fax 06.354.200.53 www.cenacoloitalia.it 32