Anno XXXV · Settembre-Ottobre 2012
Periodico della Missione Cattolica Italiana di Ginevra
2012-2013
L’anno della fede
la nuova evangelizzazione
il vangelo di Luca
Tanta luce
forti proposte
per la comunità
Foto: Stefano CAVAPOZZI
la vostra città,
la vostra missione
Missione cattolica italiana
•15, rue de la Mairie · 1207 GENEVE
tel. 022 736 83 82 · [email protected]
•36, rue Jacques Dalphin · 1227 CAROUGE
tel. 022 342 34 54
Missionari: P. Luciano COCCO, P. Martino SERRAGLIO
Segreteria
Da lunedì a venerdì: dalle ore 9.00 alle ore 12.00
e dalle ore 14.00 alle ore 18.00.
Chiuso: sabato
SS. Messe:
· a Ginevra, sabato e prefestivi: ore 18.00;
domenica: ore 10.00, ore 11.30 e ore 18.00;
giorni feriali: ore 18.30.
· a Carouge, sabato e prefestivi: ore 18.00;
domenica: ore 10.00; giorni feriali: ore 19.00.
Battesimi:
3ª domenica del mese: ore 12.30,
con preparazione il 1o martedì del mese alle ore 20.00
Matrimoni: presentarsi almeno tre mesi prima.
Sommario
4
La legge del mare
7
Cosa significa
evangelizzare
10
Padre Rodenei
20
Mission
linguistiques:
une intégration
en chantier
Foto copertina: foto archivio
Istituto italiano
Ch. J. Attenville 20, 1218 Grand-Saconnex,
tel. 022 798 17 20.
Direttrice: sig.ra Sandra Olivet
Opera per bambini in età scolastica da 4 a 12 anni
Comunità Suore Orsoline:
Ch. J. Attenville 20, tel. 022 788 01 30
Casa di riposo “La Provvidenza”
34, rue Jacques-Dalphin, 1227 Carouge
tel. 022 304 41 41, fax 022 304 41 04,
ccp nr. 12-12928-7.
Direttrice: sig.ra Luciana Mühle
Garderie (4-12 anni):
36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 20 94
Direttrice: Sr. Edoardina
Comunità Suore Francescane
36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 70 30
2
Casa di riposo “Les Pins“
ch. de l‘Erse 2, 1218 Grand-Saconnex
tel. 022 595 41 00
Direttore:
M. Settembre-Ottobre
Eric Marti 2012
Presenza
Italiana
Periodico della Missione Cattolica Italiana di Ginevra
Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all‘Estero)
e alla FSS (Federazione Stampa Scalabriniana)
Direttore: Luciano Cocco
Redazione: Martino Serraglio, Leandro Di Siena
Massimo Giovannozzi, Enrico Norelli
Abbonamenti / Pubblicità: Maria Alice Cantale
Tipografia: “La Buona Stampa“,
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editoriale
NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Ci sono parole, come questa, che troviamo leggendo un articolo nella stampa cattolica ma anche
negli altri media.
Nuova evangelizzazione è appunto una di queste parole. Non si tratta di una espressione recente: già Giovanni Paolo II l’aveva utilizzata al momento del Giubileo dell’anno 2000. Il Papa
era in effetti impressionato dalla frattura crescente tra la società odierna ed il messaggio del
Vangelo. I tempi sono cambiati; stiamo vivendo in una società post-cristiana, per lo meno in
Europa. Bisogna riprendere le basi stesse dell’evangelizzazione. E non perché la Chiesa avverta una notevole perdita della sua influenza o perché ci si renda conto che i praticanti siano
sempre meno. No, quello che importa è il Cristo e il suo Vangelo, e la Chiesa sente il compito
di farli conoscere e amare, mettendosi in dialogo con tutte le generazioni, in tutti i continenti.
Ecco perché si avverte il bisogno di una nuova evangelizzazione.
Nei giorni scorsi si è aperto a Roma il Sinodo dei vescovi proprio su questo tema.
Questo termine Nuova evangelizzazione non è quindi una parola astratta o una espressione
di moda nei corridoi del Vaticano. È un appello pressante rivolto a tutti i fedeli invitati a vivere
con maggiore coerenza la propria fede e a riprendere con determinazione il cammino che porta
verso Dio.
Mi permetto di suggerirvi di prendere interesse a questo evento attraverso i media. Può darsi
che dobbiate fare lo sforzo di cercare un po’, perché la Nuova evangelizzazione non è una priorità agli occhi del mondo. Eppure...
+ Pierre Farine
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
3
em i g r a z i o n e
LA LEGGE DEL MARE
Luisa Deponti,
CSERPE
Gestione delle frontiere e diritti umani dei migranti
In una scena molto efficace del
film "Terraferma" di Emanuele
Crialese, ambientato a Lampedusa, i pescatori dell'isola discutono, in una sorta di assemblea, se
l'antica legge del mare, che vieta
di lasciare in balia delle acque chi
si trovi in pericolo, non sia più
da rispettare, in base a moderne
leggi scritte, volute dall'Unione
Europea.
Il film in effetti si ispira alle vicende reali di alcuni equipaggi di navi
incriminati per favoreggiamento
all'immigrazione clandestina,
quando invece
non avevano fatto altro che soccorrere migranti
nelle loro disperate traversate del
Mediterraneo.
Il "Mare Nostrum"
è diventato non
solo una pericolosa frontiera, un
immenso cimitero per migliaia di
persone, ma anche
uno spazio in cui si
intrecciano e si scontrano interessi
e questioni di carattere politico,
giuridico e umanitario. Mentre
purtroppo anche nell'estate del
2012 non sono cessati i naufragi e
le morti di migranti lungo le coste
italiane e in altri punti caldi come
i confini tra Turchia e Grecia e tra
Marocco e Spagna, sul fronte del
diritto si vanno chiarendo alcuni
aspetti legali inerenti alle responsabilità degli stati.
A livello europeo si sta riflettendo
sull'importante impatto che può
avere nella gestione delle frontiere la sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo che ha
condannato l'Italia per il respingimento verso la Libia - avvenuto
nel 2009 - di una nave di migranti
fermata in acque internazionali
e la successiva consegna delle
persone alle autorità di Tripoli. La
Corte ha riaffermato un principio
fondamentale: il legittimo esercizio della sovranità statale, che si
attua nel controllo delle frontiere
e nella lotta all'immigrazione
irregolare, non può avvenire a
4
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
prezzo di violare i diritti umani dei
migranti e dei rifugiati, nemmeno
quando non è ancora chiaro il loro
status giuridico o ci si trova al di
fuori del territorio nazionale.
Una volta che i migranti e i
potenziali rifugiati erano stati
intercettati e trasferiti su una
nave italiana, l'Italia era tenuta a
evitare che fossero riconsegnati
alla Libia.
Il Governo, infatti, era già a conoscenza, in base a numerosi
rapporti, del fatto che nei centri
di detenzione libici avvenivano -
e avvengono - gravi violazioni dei
diritti umani. Inoltre, le persone
fermate in alto mare non avevano
avuto la possibilità, com'era loro
diritto, di chiedere asilo politico.
Un diritto che non avrebbero potuto esercitare in Libia, paese che
non ha firmato la Convenzione
di Ginevra per i rifugiati.
La sentenza sta già avendo degli
effetti molto importanti, perché
di fatto condanna tutta la strategia dei respingimenti adottata dal
Governo italiano nel 2009.
l 28 luglio scorso, il Governo
Monti ha annunciato formalmente al Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa la rinuncia
alla politica dei respingimenti. Il
Mediterraneo non può essere una
"no-law-zone", cioè un'area in
cui non vige alcun diritto, né
tanto meno una "Guantanamo
in mare aperto".
Ma le conseguenze riguardano
tutti gli altri stati dell'Unione
Europea. Si mette un vero e
proprio punto di domanda alla
cosiddetta "esternalizzazione"
delle frontiere europee, cioè la
tendenza dell'Unione Europea a
spostare i controlli di frontiera e a
bloccare i flussi migratori in aree
internazionali o sul territorio di
paesi terzi, dando addirittura in
appalto queste attività a delle
agenzie private.
La responsabilità di uno Stato non
finisce ai confini nazionali; vale
a dire che, se un paese dell'UE
consegna dei migranti irregolari ad un altro stato o affida a
quest'ultimo il compito di fermare
i movimenti migratori, è tenuto
a verificare
che il tutto
avvenga senza violare la
Convenzione
Europea dei
diritti dell'uomo.
Quanto affermato dalla
Corte di Strasburgo può
produrre una
"svolta culturale" in cui il
rispetto dei diritti umani non è
considerato in contraddizione,
ma complementare alle legittime preoccupazioni riguardo alla
sicurezza e al controllo dell'immigrazione. Una seconda "svolta"
potrebbe consistere nel costruire
dei ponti per l'accesso sicuro e
protetto al territorio dell'Unione
Europea per coloro che hanno
diritto di asilo, in modo da evitare
la "roulette russa" del Mediterraneo, ad esempio attraverso il
reinsediamento (resettlement)
per i rifugiati riconosciuti dall'Alto Commissariato dell'ONU.
In questo tempo di crisi economica e politica per l'Europa, certo è
difficile pensare ad una immeditata nuova apertura umanitaria
nei confronti dei migranti e dei
rifugiati.
Ma a lungo termine la riaffermazione chiara della responsabilità
per la vita e la dignità di ogni
essere umano, anche in situazioni
giuridiche incerte, è un segnale
positivo e incoraggiante per il
futuro di questo continente.
BUONE PRATICHE DI
INTEGRAZIONE CON
GLI IMMIGRATI
Buona pratica è: non chiedere “da
dove vieni?”, ma chiederci: “dove
stiamo andando tutti insieme?”
Sempre la stessa domanda rivolta
agli immigrati: "da dove vieni?”.
Sempre la stessa domanda anche
se lavorano qui, in Italia, si comportano e pagano onestamente le
tasse da più di trent’anni!
Anche se sono nati qui e, in vita
loro, hanno conosciuto solo il nostro paesaggio nelle sue caratteristiche umane, culturali, storiche e,
... ahimé!, economiche e politiche.
Scrive la comboniana Elisa Kidanè: “Da dove vieni?” è la classica domanda che viene rivolta a
noi, “i diversamente visibili”, a
ogni incontro. Non ci viene chiesto, per esempio, “come ti chiami?”, che sarebbe il primo passo
per iniziare un dalogo alla pari. Il
nome, che spesso, a priori, viene
definito difficile o impronunciabile, pare sia l’ultima cosa che
interessi all’interlocutore di turno.
Da dove vengo? Già, come fosse
semplice raccontare in due parole
le mille traversie affrontate prima
di approdare su terraferma.
Pare che, una volta saputo l’origine di provenienza del “prodotto”, sia anche facile trovare una
collocazione nella scala dei valori
e, naturalmente, dalla risposta
dipenderà anche il tipo di conversazione da intavolare.
Seguiranno le solite frasi fatte:
“E ti piace vivere più qui o laggiù
da te?”. Con la certezza che la
risposta non possa essere che
“Certo che è meglio vivere qui”, il
che confermerebbe l’intelocutore
nella sua (presunta) invidiabile
fortuna (autoillusione) di essere
nato nel posto giusto... in Italia!
E nessuno riuscirà a fermarlo nel
porre altre banali domande.
Cittadini non si nasce.
Cittadini si diventa.
Sempre la stessa domanda, come
se il fenomeno migratorio fosse
un’emergenza di questi giorni,
e non un fatto strutturale da tre
decenni.
Sempre la stessa domanda ai migranti e ai loro figli (Seconda Generazione) eternamente percepiti
come “altri”, esotiche curiosità
di passaggio, e non come parte
integrante delle nostre scuole, del
nostro mondo produttivo, della
nostra Agenzia delle Entrate, del
nostro sistema contributivo, delle
nostre organizzazioni sportive,
delle nostre Ulss, delle nostre
parrocchie, del nostro territorio.
Sempre la stessa domanda, quando invece siamo chiamati a dare
- tutti insieme - risposte alla stessa situazione: “Come uscire da
questa crisi? Che Italia vogliamo
per il futuro?" Quella parte d’Italia che evade le tasse, che si vanta
se sfrutta, se specula, se spreca
aumentando il debito pubblico,
se per racimolare un pugno di
voti impreca e divide, se, viola
l’ecologia del territorio? O un’Ita-
lia diversa? Di che tipo di “cittadini” ha bisogno questa “Italia
diversa?”. Come si misura la vera
appartenenza ad un Paese? Con
cosa e con quanto si ama davvero un Paese? Con le parole autocelebrative o con i fatti quotidiani?
Si è veri “cittadini” solo perché
abbiamo un cognome con un certo tipo di fonemi dalle vaghissime
assonanze latine con molte contaminazioni arabo-mediterranee
e slavo-mitteleuropee, o perché
pratichiamo un certo tipo di valori civici che sono alla base del
nostro patto costituzionale?
Non ci viene chiesto,
per esempio,
“come ti chiami?”,
che sarebbe il primo
passo per iniziare
un dalogo alla pari.
Cittadini non si nasce. Cittadini
si diventa. Con la cultura della
legalità che significa diritti e doveri per tutti, con giustizia sociale,
con equità. Pagando le tasse e
lavorando per la crescita, corresponsabili del Bene Comune.
Non facendo domande sul passato, ma costruendo il futuro che
avrà caratteri strutturali sempre
più marcatamente pluriculturali
e plurireligiosi.
E allora, continua la comboniana
Elisa Kidanè, quando avremo la
possibiltà di incontrarci, perché
non chiedere semplicemente
"dove stiamo andando?".
Ci stiamo tutti comportando come
si deve, cioè stiamo tutti esercitando i valori della cittadinanza
(diritti-doveri), per dare un futuro
di dignità e di civiltà democratica
ai giovani di questa nostra Italia?
Solo allora ci sentiremo simili,
compagni e compagne di viaggio, senza nessun luogo migliore
o peggiore che possa fare la
differenza, ospiti di una stessa
creazione.
Allora sarà bello che andiamo
insieme verso un mondo più giusto, verso un luogo dove le odiose
barriere sociali, politiche ed economiche, che dividono l’umanità
in primo, secondo, terzo e quarto
mondo, sono solo un retaggio del
passato?
Luciano Carpo
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
5
riflessione
RISCOPRIRE
LA GRATUITÀ
La crisi economica che stiamo
attraversando - crisi dai risvolti
umani e sociali pesantissimi per
così tante persone - ha però tra le
sue conseguenze anche un’inversione di tendenza rispetto al progressivo rarefarsi della capacità di
percepire cosa davvero conti nella
verifica di questi ultimi decenni.
Assistiamo oggi a una sorta di
schizofrenia etica: da un lato confermiamo l’ormai ultrasecolare intuizione di Oscar Wilde secondo il
quale "oggi si conosce il prezzo di
ogni cosa e il valore di nessuna",
ma d’altro lato constatiamo la
diffusione della pratica del dono.
Dalle associazioni di volontariato di ogni tipo alle banche del
tempo, da quanti usano ogni momento libero per condividere sulla
rete conoscenze e progettualità a
quanti continuano a dedicarsi al
miglioramento delle condizioni
di vita della collettività, troviamo
sempre più persone capaci di
"donare" gratuitamente risorse
e capacità.
Così quello che a prima vista sembrerebbe il pensiero dominante
- cinismo del mercato, ricerca
del proprio interesse, volontà di
cavarsela a dispetto degli altri,
monetizzazione di ogni attività,
valutazione degli altri in base alla
ricchezza posseduta... - è contestato silenziosamente da chi fa
spazio alla gratuità, al prevalere
del bene comune sul vantaggio
personale.
Apparentemente non c’è spiegazione alla logica del gratuito: "la
rosa è senza perché", osservava
già il poeta mistico Angelo Silesius nel XVII secolo.
Così nel nostro mondo di dilagante dominio della redditività,
dell’ottimizzazione dei profitti,
la rosa custodisce la memoria attiva dell’essere senz’altra ragione che l’esserci.
Oggi questo senso della gratuità
sembra smarrito: non riusciamo
più a vederla come ricchezza nelle
nostre vite e nelle nostre relazioni, convinti di essere noi gli unici
protagonisti di ogni cosa, coloro
6
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
che determinano l’evolversi delle
vicende e delle società.
Eppure non manca chi ci ricorda
che, come la vita, il dono è qualcosa che ci precede, che esula dai
diritti-doveri, che non può mai essere pienamente ricambiato, che
nasce da energie liberate e origina a sua volta capacità inattese.
La gratuità non è tale solo perché
non comporta un prezzo, ma più
ancora perché suscita gratitudine
e, più in profondità ancora, perché sgorga da un cuore a sua volta
grato per quanto già ha ricevuto.
"Oggi questo senso
della gratuità sembra
smarrito: non riusciamo
più a vederla come
ricchezza nelle nostre
vite e nelle nostre
relazioni, convinti di
essere noi gli unici
protagonisti
di ogni cosa"
Nel dono autentico non si riesce
mai a tracciare un confine certo e
invalicabile tra chi dà e chi riceve:
non perché vi sia il calcolo di chi
pesa il contraccambio, ma perché,
come dice Gesù, "c’è più gioia nel
dare che nel ricevere" (At 20,35).
Chi dona, infatti, gode a sua volta della gioia che suscita in chi
riceve. D’altronde, il fondamento dell’amore è la rinuncia alla
reciprocità e alla sicurezza che ne
deriva: occorre indirizzare l’amore verso l’altro senza essere sicuri
che l’altro ricambierà.
di Enzo Bianchi
Da tempo vado anche ripetendo
che non dovremmo pensare al
dono solo come a una possibile
forma di scambio tra le persone:
riscoprire la gratuità come istanza
anche sociale costituisce un’esperienza liberante e arricchente per
ogni tipo di convivenza.
Lo ha ricordato con parole forti
Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate: "La gratuità è
presente nella vita dell’uomo in
molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione
solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza... Lo sviluppo
economico, sociale e politico ha
bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al
principio di gratuità come espressione di fraternità".
Se a livello personale e relazionale possiamo riscoprire la libertà
profonda che il donare richiede
e la gioia che suscita sia in colui
che dona che in colui che riceve, a
livello sociale ci è dato di prendere coscienza di come, anche
nell’ottica mercantile ormai dominante, si possano concretamente
immettere istanze di gratuita
fraternità: la solidarietà umana,
uno stile di vita più sobrio ed essenziale, una ritrovata dimensione di fratellanza universale non
sono alternative alle ferree leggi
economiche o all’esercizio della
giustizia, ma sono anzi correttivi preziosi per una più equa distribuzione di quei doni naturali
che sono intrinsecamente destinati a tutti.
Come cristiani testimonieremo
così l’unicità del Signore, dono
sceso dall’alto che non ha cercato
né atteso il nostro contraccambio
per portare a tutti le ricchezze
della sua grazia, il volto divino
della gratuità.
Senza il concetto di dono e di
dono gratuito non sarebbe possibile un parlare cristiano perché,
non lo si dimentichi, nel cristianesimo persino l’alleanza, che di
per sé è bilaterale, è diventata
alleanza unilaterale di Dio offerta
all’uomo nella gratuità.
chiesa
COSA SIGNIFICA
EVANGELIZZARE
In questo mese che vede riuniti a Roma i vescovi intenti ad approfondire il tema della evangelizzazione, è parso utile riprendere
questo testo molto conosciuto del card. Martini.
Evangelizzare non significa necessariamente far cristiani tutti gli
uomini né far tornare in chiesa
tutti i battezzati e in particolare
quelli che ci andavano e hanno
smesso di andarci.
Gesù ha evangelizzato bene
anche a Nazaret o a Corazin o a
Betsaida, dove la sua parola non
è stata accolta (Mc 6,6; Lc 10,13).
Evangelizzare significa anzitutto
promulgare la buona notizia con
fatti e parole e attuare l’annuncio
così che sia possibile, a chiunque
abbia la buona volontà, poter
cogliere la buona notizia nelle sue
forme più genuine e autentiche,
e quindi approfondirla e, se lo
decide, accoglierla.
Dice la Redemptoris missio (n. 20):
la Chiesa è al servizio del Regno;
lo è anzitutto con l’annunzio che
chiama alla conversione: la Chiesa
poi serve il Regno fondando comunità e istituendo chiese particolari e portandole a maturazione
della fede e della carità, inoltre
diffondendo nel mondo i “valori
evangelici” che del Regno sono
espressione e aiutano gli uomini
ad accogliere il disegno di Dio;
infine serve il Regno anche con
la sua intercessione.
Si evangelizza in molti modi.
Tenendo presenti gli esempi contenuti nel Nuovo Testamento,
possiamo distinguere i seguenti.
Evangelizzare per proclamazione: è il modo di Gesù che “si
recò nella Galilea predicando il
vangelo di Dio e diceva: Il tempo
è compiuto e il regno di Dio è
vicino: convertitevi e credete al
vangelo” (Mc 1 14-15).
La proclamazione non è però
limitata alle occasioni pubbliche.
Può avvenire anche nel dialogo
fraterno, come quello di Gesù
con la Samaritana (Gv 4) o con i
discepoli di Emmaus (Lc 24).
Evangelizzare per convocazione:
è l’andare a chiamare tutti al banchetto, come fanno i servi della
parabola: “Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che
troverete chiamateli alle nozze”
(Mt 22, 9).
Evangelizzzare per attrazione:
così fa la prima comunità di
Gerusalemme che, anche senza
inviare missionari, vede accorrere
“la folla dalle città vicine a Gerusalmme” (At 5, 16).
Evangelizzare per irradiazione:
come la lampada sul candeliere o
la città sul monte, “perché vedano
le vostre opere buone e rendano
gloria al Padre vostro che è nei
cieli” (Mt 5, 16) o “come una lampada che arde e rispende”, alla cui
luce ci si rallegra (Gv. 5, 35).
Si evangelizza con una “condotta
irreprensibile tra i pagani, perché... al vedere le vostre buone
opere giungano a glorificare Dio
nel giorno del giudizio” (1Pt 2, 12).
Evangelizzare per contagio (è una
sfumatura del modo precedente):
come una lampada si accende da
un’altra lampada, come un sorriso
genera un altro sorriso.
Può essere da persona a persona,
da gruppo a gruppo, da gruppo
a persone singole che sono contagiate dalla fede gioiosa di una
comunità: “Sono venuto a portare
il fuoco sulla terra” (Lc 12, 49).
“Anche se alcuni si rifiutano di
credere alla Parola” possono
“senza bisogno di parole essere
conquistati considerando la vostra
condotta” (1 Pt 3, 1-2).
Evangelizzare per lievitazione:
è un modo meno appariscente,
più lento e nascosto, come “il
lievito che una donna ha preso e
impastato con tre misure di farina
perché tutta si fermenti” (Mt 13,
33). Questo modo vale in particolare per l’ “evangelizzazione delle
culture”.
Tutti questi diversi modi non si
distinguono sempre adeguatamente e si integrano a vicenda.
Carlo M. Martini
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
7
ca l e n d a r i o p a r r o c c h i a l e
novembre
giovedi 1° novembre - Festa di Tutti i Santi
· a Ginevra: Santa Messa, ore 20.00
· a Carouge: Santa Messa, ore 19.00
venerdi 2 novembre - Fedeli defunti
· a Ginevra: Santa Messa, ore 20.00
· a Carouge: Santa Messa, ore 19.00
preparazione al matrimonio
· martedì 6, 13 e 20, ore 20.15,
· domenica 25, ore 9.30
"cuori aperti" (gruppo adolescenti)
· 14 novembre e 28 novembre, ore 20.00
giovani adulti
· 15 novembre, ore 20.45
· 20 novembre, ore 20.45
· 29 novembre, ore 20.45
gruppo insieme
· giovedi 15 novembre, ore 14.15
donne di azione cattolica
· domenica 11 novembre, ore 17.00
dicembre
giovani adulti
ritiro di Avvento:
· 1 e 2 dicembre
· 13 dicembre, ore 20.45
· 16 dicembre pranzo natalizio, ore 20.45
· 28 dicembre - 2 gennaio, Taizé a Roma
battesimi
· Léonie E. M.-T. Mangeat
· William Muller-Rappard
· Federico Calabrese
· Adriano Ponzo
· Maxim Guerrera
· Tyler Minerba
· Sarah V. Pieri
matrimoni
08-09-12: Giuseppe Zambuto e Silvia Sframeli
27-10-12: Fabrizio Conti e Warisara Ratchawat
defunti
Silvano G. Fontana (84), Anna Maria Frasca (54),
Cersario Marzano (46), Filomena Di Lonardo (76),
Maria Cecchin (76), Vanna Maria Dafflon (96),
Barbara Crasto Politi (46), Maria Barbagallo (87),
Antonia Gensale (79), Dario Innocente (79),
Filippo Scilipoti (76), Leonardo Lizzola (81),
Giacomo Chimenti (46), Giuseppina Granatella (72),
Vincenzo Santorsola (57)
8
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
il biglietto
Insegnare la fede?
Eravamo a parlare di catechismo. I libri seminati
sul tavolo. I programmi da precisare, completare, caricare di note. Una catechista racconta
delle sue vacanze, non proprio vacanze, un tempo da volontaria nell’Africa nera, con i bambini
raccolti sulle strade, alcuni anche abbandonati
con pochi giorni di vita. Una vacanza impegnata
nel far rifiorire la vita.
Il catechismo riprende. Non per insegnare la
fede, ma per parlare al cuore.
Per avvicinarsi al cuore di Dio, là dove il bambino riprende a vivere, e a sorridere dentro.
A Roma parlano di vangelo
Un dibattito che non finisce mai: ritornare a
evangelizzare o solamente risvegliare una fede
assopita? Insomma, riprendere tutto da capo,
o ricordare quel che già si sapeva? Il Sinodo
dei vescovi è un avvenimento importante nella
vita della chiesa, e staremo attenti a quel che
diranno, sperando che non sia una ripetizione
di cose già dette in tanti documenti del passato.
Intanto noi raccogliamo l’invito della chiesa
diocesana che, a partire dall’Avvento prossimo,
ci chiede di prendere in mano il vangelo di Luca,
leggerlo in famiglia, in gruppo. Luca ci offre
un bel regalo con le tante parabole di facile e
gradita lettura, anche per i bambini.
Sarà un vero aiuto per entusiasmarci di nuovo
nella conoscenza di Gesù, e portarci ad un incontro personale e amichevole con Lui.
La missione cerca testimoni
I nostri gruppi si rimettono in strada,
e stanno per metter
giù un programma
serio e robusto, per
non perdersi nel giro
di poche settimane.
Più che stendere formule magiche, sentono l’esigenza di cercare e
farsi testimoni. Irradiare valori forti, quelli che
rispondono alla domanda, se pur silenziosa, dei
giovani d’oggi.
I giovani, loro, non hanno perso tempo, e sono
già in azione. E in cordata, perché stanno camminando insieme, anche se poi ogni gruppo
porta avanti un progetto diverso. E avvertono
la necessità di essere testimoni, prima che animatori.
Ricordano la famosa citazione di un papa,
Paolo VI: “La testimonianza di una vita autenticamente cristiana è il primo mezzo di
evangelizzazione. L’uomo contemporaneo
infatti ascolta più volentieri i testimoni che
i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché
sono dei testimoni”.
P. Luciano
vita di missione
Il catechismo ha riaperto le porte
All’inizio di ottobre, come da tradizione, è iniziato
l’anno catechistico. Circa 200 ragazzi sono presenti
nella nostra comunità di Ginevra-Carouge.
Il mandto alle catechiste ha concluso la S. Messa di
inaugurazione. Come sempre, chiediamo ai genitori
dei ragazzi di essere i primi catechisti dei loro figli.
Incontri giovani coppie
Tra i giovani-adulti che frequentano la missione
italiana quest'anno si è sentita la necessità di un
cammino di coppia.
In effetti molte sono le coppie di fidanzati e sposati che da tre anni a questa parte frequentano
l'attività del coro o del gruppo-giovani.
Oggi più che mai sentono il desiderio di un percorso pensato per la coppia, dove ci si possa rinforzare nella conoscenza reciproca e nel dialogo,
ma anche aprirsi ad altre coppie che vivono esperienze simili. Sentono fondamentale pensarsi come coppia che cammina con Dio al suo fianco e lo
cerca ogni giorno.
Il primo incontro previsto avrà luogo nel pomeriggio
di domenica 4 novembre
P. Ennio Cavazzini
Superiore della Regione G.B.
Scalabrini di Europa e Africa, è
deceduto in Brasile dove stava
partecipando a una riunione
dei Superiori Scalabriniani.
Non aveva ancora compiuto
59 anni ed era stato eletto all’importante incarico da appena un anno.
Era originario di Castel Goffredo (Mantova).
La nostra comunità si unisce alla Congregazione
scalabriniana ricordandolo con tanto affetto
e simpatia, da tutti apprezzato per le sue notevoli qualità di formatore e per aver vissuto
con grande dedizione il carisma del fondatore
Mons. Giovanni Battista Scalabrini.
Un pasto al giorno
Don Marco Passera
è stato nominato a Ginevra responsabile del catecumenato degli adulti.
È una bella notizia per noi della comunità italiana
sapere che don Marco potrà accogliere e accompagnare quanti, in età giovane e adulta, desiderano
intraprendere un cammino che porta al battesimo
e agli altri sacramenti.
Le suore Orsoline celebrano
"Siete buoni tralci, vivificati sempre dalla vite che è
Cristo. Egli vi ama: abbandonatevi dunque interamente a Lui".
È l'invito del beato Zefirino Agostini. Il 24 settembre scorso ha avuto inizio l'anno durante il quale
ricordiamo il bicentenario della nascita del beato,
fondatore delle suore Orsoline di Verona.
Un’altra occasione per sensibilizzare i giovani e le
giovani al carisma di questo beato, unitamente al
carisma delle suore francescane di Susa e a quello
del beato G. B. Scalabrini.
P. Silvano è sempre presente
Continuiamo a ricevere attestati di affetto e stima
dalla Svizzera e dall’Italia dove P. Silvano ha operato facendosi conoscere e
stimare come sacerdote, formatore e per la sua presenza
nei media.
L’abbiamo ancora ricordato in Missione il 5 ottobre, data dei primi trenta
giorni dalla sua scomparsa,
e giorno che ricordava i suoi
79 anni.
L’Associazione Comunità papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, che da oltre 40 anni
opera nel mondo dell’emarginazione al fianco di chi
vive una condizione di povertà, disagio e abbandono, ha allestito in Missione uno stand per offrire un
pacco di pasta e raccogliere un dono per la gente
che vive di un solo pasto al giorno.
“Dal 1985, grazie al progetto Un pasto al giorno
diamo una risposta immediata a chi soffre di malnutrizione e di fame.
Nelle nostre strutture di accoglienza, in Italia e nei
centri nutrizionali, ogni giorno oltre 41.000 persone siedono a tavola trovando un pasto e il calore
di una famiglia.
Le richieste di aiuto che riceviamo dai nostri missionari sono crescenti, per questo abbiamo deciso
di intervenire anche in Argentina, Congo, Ciad,
Ruanda e Uganda”.
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
9
testimoni
In mezzo a queste difficoltà noi
cerchiamo di portare un messaggio di pace, di tolleranza, di
speranza.
La prima cosa da fare...
PADRE RODENEI
Padre Rodenei, missionario scalabriniano in Mozambico, ha trascorso qualche giorno tra di noi. Gli abbiamo chiesto di raccontarci...
Come è nata la tua
vocazione
per il Mozambico?
Da sempre volevo essere missionario in Africa o in America centrale,
tra i piu poveri: annunciare la
parola di Gesù ai più bisognosi.
Nel 1995 sono stato chiamato in
Svizzera.
Così il mio sogno per l’Africa era
sfumato, nessuna speranza. Dopo
11 anni in Europa, tra i migranti
di lingua portoghese, spagnola e
italiana, ecco che il mio sogno si
è concretizzato: mi è stato chiesto di andare in Mozambico.
Ho detto subito di sì!
Arrivai in Mozambico nel 2007, tra
i migranti e rifugiati a Nampula
nel campo profughi di Maratane,
dove sono già da 5 anni.
Siamo nella Parrochia S. Francesco Saverio che comprende sette
comunità. Svolgiamo attività
pastorale e sociale: diamo cibo
a bimbi in situazioni penose, e
ci impegniamo nella formazione
interculturale per i giovani provenienti da diversi paesi.
Questo ha cambiato
molto nella tua vita...
Nella mia vita tutto è cambiato, e
in tutti i sensi: sociale, pastorale,
spirituale.
La povertà in Mozambico colpisce
subito al cuore: bambini, giovani
e famiglie che sono sempre in
10
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
cammino nelle strade piene di
polvere o nei sentieri in mezzo
ai cespugli, le loro case fatte con
fango e coperte di paglia, il cibo
scarso. Ma vivono con semplicità,
sempre il sorriso sulle labbra e
l’accoglienza formidabile.
Sono sempre vicini a noi, sorridono, ci accolgono con le braccia
aperte. Sono parecchi i bambini
orfani, curati dai nonni o dagli zii.
Tanti giovani non possono andare a scuola; i pochi che ce la fanno poi non trovano lavoro, e li
trovi lì a chiedere aiuto. I rifugiati
portano con loro il trauma della
guerra, la violenza, la paura.
Esser loro vicini, amici, persone di
pace, di fiducia. Loro portano con
sè una storia di guerra, violenze,
dolori, paure...
Noi non siamo lì a giudicare, ma li
sosteniamo nei bisogni essenziali:
aiuti materiali, la sicurezza, la presenza di Dio, la preghiera.
Concretamente abbiamo un progetto di alimentazione per i bimbi
mal nutriti: tanti bambini curati in
ospedale ma che poi non hanno
niente.
Li aiutiamo a ricuperare peso e
salute. Una volta che sono fuori
pericolo, li seguiamo ancora per
altri due mesi fino a che diventano autonomi.
E ci sono 150 bambini dell'asilo
in cattive condizioni. Stando in
mezzo a loro, uno vede subito
che si può vivere con poca roba...
Basta un piatto di riso con fagioli,
e la festa è pronta!
È più importante essere insieme
che avere dei bei vestiti.
C’è chi vi aiuta?
Grazie a Dio sono tante le persone che ci vengono incontro. Abbiamo l’aiuto della Onlus ASCS
(Agenzia scalabriniana per la
cooperazione e lo sviluppo).
Siamo in collegamento con la
chiesa diocesana ed anche con il
Governo.
Non facciamo assistenzialismo,
ma ci preoccupiamo della promozione della persona, dei giovani,
degli adulti, delle coppie.
Ci chiedono, con l’aiuto materiale, anche pace, giustizia, amore,
solidarietà..
Le difficoltà sono tante. Davanti
alle loro povertà noi ci rendiamo
conto di non essere capaci di rispondere adeguatamente.
In ogni momento uno si domanda: cosa posso fare? Sicuramente
non è facile fare il “il buon samaritano”.
Èvero che abbiamo un buon
rapporto con loro e la comunicazione passa abbastanza bene,
però capirci in profondità e sapere veramente cosa vogliono e
cosa possiamo fare è un bel rebus.
Quello che nel primo momento
sembra essere semplice, cozza
poi contro una serie di limiti, per
cui dobbiamo soprattutto stare
assieme e non tanto giudicare.
Per arrivare a una vera comunicazione, si deve passare molto
tempo a sentirli, ascoltarli, capirli.
La religione che posto
prende fra tanti problemi
di prima necessità?
Il loro senso religioso è molto profondo. La loro vita è tutta avvolta
nel sacro: Dio è sempre presente.
Sia la vita come la morte, tutto
dipende dal Signore. In Mozambico la maggioranza della gente
è musulmana. I cristiani sono in
aumento negli ultimi anni.
Tra loro si vive per lo più una
religiosità tradizionale : il culto
degli antenati, il rapporto con la
natura.
Vengono in chiesa e partecipano
alla vita della comunità. La Chiesa
incoraggia la formazione di “piccole comunità ministeriali", dove
ciascuno esercita un ministero:
catechesi, gioventù, famiglie,
infanzia missionaria, vocazioni,
caritas, laici, liturgia, migrazione,
ecumenismo, ecc.
Alla Chiesa chiedono di essere
accolti come fratelli, persone
riconosciute nella loro dignità.
Condividere la propria esperienza
e il rapporto con Dio è il più grande regalo che si possa fare loro.
"Tutto quello che fai, che dai, se
non c´è l´amore, non è niente”.
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
11
in r i c o r d o d i . . .
Il nostro P. Silvano è ritornato
Durante la
celebrazione del funerale,
il 7 settembre scorso,
presieduto da
Mons. Silvano Tomasi,
Nunzio apostolico
della S. Sede presso l’ONU,
abbiamo raccolto alcuni
interventi che hanno
tracciato in sintesi la figura
e l’opera di P. Silvano.
P. Sandro Gazzola, vicario regionale dei padri scalabriniani
Le parole del canto iniziale ci hanno introdotti in maniera
molto bella alla celebrazione che stiamo per iniziare: è il
saluto a P. Silvano.
Il canto diceva "lascia la tua terra e va' dove ti mostrerò...
il tuo Signore ti darà il centuplo quaggiù e l'eternità...".
Ancora una volta la Parola del Signore si dimostra vera: p. Silvano
ha lasciato tutto, si è fidato del Signore...
Era figlio unico e ha trovato più di cento fratelli e sorelle...
Ha lasciato la sua casa e ha trovato cento comunità che lo hanno
accolto...
Ha lasciato la sua terra e ha trovato tante terre dove lo attendevano i migranti...
Salutare p. Silvano che ha raggìunto il suo Signore vuol dire in definitiva celebrare la Vita e chi ha creduto nella Vita.
Con questa celebrazione vogliamo ribadire che noi cristiani
crediamo con fermezza nel Signore che ha vinto la morte.
P. Silvano ora ci attende in Paradiso.
Sr. Ermelinda Pettenon, delegata delle religiose in Svizzera
A nome delle suore scalabriniane e di quelle che operano in
Svizzera il mio commosso grazie al Signore per averci fatto
il dono di P. Silvano, e per l'opportunità di condividere il
carisma del Beato Giovanni Battista Scalabrini, padre dei
migranti. Ho avuto l'opportunità di sentire la sua mamma orgogliosa e felice di avere suo figlio missionario.
P. Silvano è stato molto importante nella formazione teologica e
religiosa di tante nostre consorelle, come predicatore e animatore
di Esercizi spirituali.
Grazie al suo entusiamo missionario e al suo stile fraterno e
amichevole, tante di loro oggi sono suore missionarie scalabriniane a servizio e in cammino con i Migranti!
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Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
+ Pierre Farine, vescovo ausiliare
Au nom de l’Eglise de
notre diocèse j’aime vous
présenter mes condoléances et surtout ma
communion aux fidèles de langue italienne au moment où
le père Silvano Guglielmi est
rappelé à entrer dans le face à
face avec Dieu.
Je voudrais vous dire combien
j’ai apprécié ce confrère, la joie
qu’il portait en lui et qui était
communicative, son attention
pastorale, la clarté de ses interventions.
J’aimais beaucoup le rencontrer:
il y avait entre nous une espèce
de connivence. D’autant que par
ma mère je suis originaire un
peu de la même région.
Et souvent nous échangions des
propos dans la langue parlée au
nord de l’Italie et du Tessin.
Cet après midi vous lui dites
à Dieu. Je suis en communion
avec vous.
Ne soyez pas tristes, au contraire
rendons grâce à Dieu pour tout
ce que nous avons reçu grâce à
son ministère dans notre
diocèse et ailleurs.
Avec ma fraternelle
amitié.
nella casa del Padre
don Carlo, delegato delle MCI in Svizzera
Oggi è un giorno triste per le nostre M.C.L.I. In Svizzera.
La perdita di P. Silvano ci addolora profondamente. Un missionario giovane non è più tra noi. Ma ci sentiamo anche
riconoscenti per quanto ha fatto e ha rappresentato per le
comunità di lingua italiana e per la Chiesa in Svizzera.
Un uomo che ha speso tutta la sua vita di religioso in favore dei
migranti, seguendo le orme del beato Scalabrini.
Lo ricordiamo soprattutto per il suo impegno generoso e competente di responsabile e animatore dei corsi di Teologia per laici in
lingua italiana in Svizzera dove tantissimi laici delle nostre comunità e i nostri assistenti e collaboratori pastorali si sono formati cristianamente e hanno acquistato competenze pastorali.
Vivo in noi è il ricordo del suo entusiasmo, il suo amore per il Signore, la dedizione alla Chiesa.
Che bello sarà stato, caro padre Silvano, udire la voce del
tuo Signore che ti ha accolto così: Vieni Benedetto dal padre
tuo: perché ero migrante e mi hai accolto!
Sandro Giuliano, presidente del Consiglio di parrocchia
Mi faccio portavoce della comunità italiana di Ginevra per
salutare a nome di tutti P. Silvano. Lo abbiamo tutti conosciuto e apprezzato e ognuno di noi ne ha un ricordo personale. Sotto un’apparenza talvolta severa P. Silvano nascondeva un grande cuore. È stato sempre ed in ogni momento
sacerdote a cui si poteva ricorrere.
Schivo a parlare di se stesso e della sua salute anche quando era
evidente che questa lo preoccupava. Parlava invece volentieri
quando si trattava del “suo” giornale Presenza Italiana, che difendeva con una punta d’orgoglio. Se n’è andato discretamente, in
silenzio, nascondendo pudicamente la sua sofferenza.
Ora è nella casa del Padre e mi piace credere, come profondamente credo, che un giorno, quando il Padre ci chiamerà
a sé, P. Silvano sarà là anche lui a darci il benvenuto.
P. Silvano Guglielmi
P. Silvano nacque a Vergiate
(Varese). Fu ordinato sacerdote
il 12 marzo 1960.
Dal 1960 al 1971 fu professore
di lettere nel seminario di Cermenate. In seguito si trovò a
Piacenza come segretario del
Centro missionario e direttore
della rivista L’Emigrato italiano.
Nel 1979 viene traferito alla
Provincia S. Raffaele (SvizzeraGermania) con il compito di
servizio di informazione della
Congregazione.
Nel 1981 è nominato direttore
del CSERPE, incarico che coprirà
fino al 1998, quando viene assegnato alla missione di Ginevra.
A lui era stato affidato il settore
della stampa italiana, collaborando con numerose pubblicazioni scalabriniane e non
scalabriniane.
Fu l’iniziatore del pellegrinaggio annuale degli emigrati in
Svizzera-Germania a Lourdes.
Durante gli anni passati in Svizzera, come direttore del CSERPE,
P. Silvano si è dedicato alla formazione dei laici organizzando
e dettando corsi di teologia per
laici e pubblicando lezioni e
opuscoli.
È stato attivo in diversi progetti
di stampa riguardanti la nostra
Congregazione.
Nel 2005, centenario della morte del Beato Fondatore, ha curato le pubblicazioni su di lui, alcune delle quali furono pure
tradotte in varie lingue, tra le
quali “Un esodo e la sua Guida.
Il beato Giovanni Battista Scalabrini”, e la mostra fotografica
della storia del Fondatore e della
Congregazione.
Accettò la malattia con serenità e continuò ad essere attivo
fino a quasi la fine della vita.
È deceduto nell’ospedale di Ginevra la mattina del 5 settembre 2012.
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
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mondo scalabriniano
IN CAMMINO
CON I MIGRANTI
In ricordo di p. Silvano Guglielmi, scalabriniano, tornato lo scorso
5 settembre alla casa del Padre, riportiamo alcuni stralci di un suo
testo pubblicato integralmente nel quaderno semestrale “Traditio
Scalabriniana”.
“Ho lasciato il mio paese poco più
che tredicenne e da tempo ci ritorno solo di passaggio, solo qualche
ora, giusto il tempo per andare
al cimitero e salutare qualche
amico, logicamente invecchiato
come me. Ma lì mi sento ancora
a casa mia.
Respirare a pieni polmoni, anche
solo per pochi istanti, l’aria nativa
mi rinvigorisce. Quello è il mio
terreno naturale, anche se, parlando con l’uno e con l’altro dei
vecchi amici, subentra subito una
sensazione opposta: mi manca
l’aria! L’orizzonte si fa piccolo,
mi sento estraneo, ho voglia di
ripartire. Il perché è semplice: la
mia vita mi ha portato altrove;
ho incontrato contesti diversi; ho
smesso di fare classifiche di merito
tra nord e sud, tra Italia ed altri
Paesi, perché vivo una pluralità
di appartenenze, che fanno veramente mia patria il mondo intero.
Lo dico con piena coscienza, anche perché, riandando alla storia
di casa mia, ho scoperto che il
terreno nel quale sono cresciuto
era già plurale per tante ragioni.
La vita poi mi ha portato a scoprire altre ricchezze, che sono
diventate mie.
Da qualche tempo il nostro vocabolario sulle migrazioni si è arricchito […] ma aggiornate pure
i termini: siamo lì in difesa. In difesa di che? del nostro essere chi?
Io, ad esempio, […] non saprei con
quale area culturale ben definita
identificarmi.
Mi sento sintesi di una storia
millenaria come tutti gli altri e,
venendo al mio particolare, che è
poi simile per quasi tutti, penso a
mio nonno che nel 1886, undicenne, faceva il "bocia" in un cantiere
edilizio a Losanna, proprio qui,
dove a distanza di centovent’anni,
io mi ritrovo missionario.
Veniva da Mis di Sospirolo, nel
bellunese, e da semplice murato-
14
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
re, con coraggio e fantasia, si è
messo in proprio e ha cominciato a costruire strade e ferrovie in
Svizzera e Francia e i cinque figli
sono nati a tot chilometri uno
dall’altro, a seconda dello spostamento del cantiere.
È morto a quarant’anni nel 1915
ed è sepolto a Nancy. Nessuno
della famiglia ha avuto mai la
possibilità di fermarsi in preghiera sulla sua tomba. Ho letto da
qualche parte che uno sceglie
come sua Patria la terra dove sono sepolti i suoi. Io mi sento francese, anche perché là è nata mia
madre, figlia di emigrati.
Lo scorso anno, un nostro confratello, p. Eliseo Marchiori, al quale avevo dato alcune informazioni
generiche, ha trovato il paesino
dove è nata mia madre: trecento
abitanti, la vecchia chiesa, e mi
è venuta la voglia di andarci in
pellegrinaggio. Quel paese, Fréményl, è per me terra sacra.
Mio nonno Antonio, invece, il
padre di mio padre, negli stessi
anni lavorava in Prussia e lassù
ha lasciato metà della sua salute.
Datemi la licenza di sentirmi un
po’ tedesco: c’è un contributo
di famiglia anche nel progresso
grandioso di quella terra.
Mio zio Amilcare, fratello di mia
madre, ha sposato Sofia AbuKalil, araba, cattolica palestinese, nata a Gerusalemme. I suoi
erano mercanti ed erano finiti
dalle parti di Fiume, allora Impero austro-ungarico. Sono sempre
stato il suo nipote più coccolato.
Mi ha dato qualcosa di sé e ora,
ultra novantenne, mi telefona
ancora per sapere come va la mia
salute. È stata lei, durante l’ultima
guerra, mentre ero suo ospite in
Valtellina, a insegnarmi che non
dovevo dire niente a nessuno
degli ebrei che frequentavano
la sua casa e mi ha spiegato il
perché.
Il mio piccolo mondo di ragazzo
cominciava ad aprirsi su altri scenari. Ci penso adesso: una donna
araba che proteggeva una famiglia di ebrei. Lezione di vita che
non ho più scordato.
I miei compagni di scuola sono
distribuiti nei cinque continenti.
Ci sentiamo ogni tanto, qualcuno lo vedo al rientro in Italia e
mi portano il mondo in casa. Ed
è tutto un mondo di gente in
movimento verso Terre Promesse dai nomi più diversi, gente
che tenta l’avventura, con la valigia piena di speranza, gente
che è diventata la nostra grande famiglia, gente che amiamo, gente che riempie le nostre
giornate di affetti e di preoccupazioni.
Come si fa a dimenticare che noi
missionari scalabriniani siamo
nati sul marciapiede di una stazione e sulla banchina di un porto? Quella è stata la nostra culla:
[…] i crocicchi del mondo, dove
la gente si incontra, si scontra,
si unisce, si affratella e riprende il cammino, come diceva Scalabrini”. Ma permettetemi di
aggiungere altri elementi al formarsi della mia identità.
Un anno solo sono stato parroco
in Calabria, ma è forse l’esperienza che più mi ha segnato. La
Calabria da sempre cava di braccia per una emigrazione senza
fine, gente orgogliosa, dignitosa,
generosa. L’attuale parroco mi ha
invitato, dopo venticinque anni
dalla mia partenza, a predicare
la novena del patrono, S. Filippo
d’Agira, ed è stato come tornare
a casa dopo l’assenza di un sol
giorno. ‘Ti sei fatto terrone’, mi
diceva sorridendo mia madre.
E laggiù volevo chiudere i miei
giorni; avevo già scelto il vecchio
olivo pluricentenario sotto il quale essere sepolto, a due passi dalla
chiesa della Madonna del Lume.
È andata diversamente, ma la
Calabria me la porto in cuore da
quasi trent’anni. Anche quella è
terra mia, terra che mi ha rigenerato.
Vi conduco a Manfredonia in Puglia, da sempre porto dove si sono incrociate tutte le razze del
sud, dell’est e del nord.
Una parrocchia di periferia, fatta
tutta da gente che era scesa dal
Gargano a cercare lavoro e da
tecnici venuti dal nord Italia.
La chiesa, Cappella San Pietro, era
in un garage e ci stavano pigiate
duecento persone.
Ero diventato uno di loro e loro
mi sentivano così. Dio solo sa
quanto ho ricevuto e quanto
quel mondo abbia contribuito a
modificare ancora la mia fisionomia interiore. L’eterno conflitto tra nord e sud Italia?
In chiesa c’erano tutti, senza distinzioni, Matteo Starace, manfredoniano e ingegnere all’Anic,
e Alberto Buratti, nato a Budrio e
caporeparto. C’era Carlo Mezzanzanica da Rho e tutta la compagnia dei Pellegrino e degli Arena,
montanari.
Convivere, condividere, solidarizzare: erano queste le parole che
facevano unità, dentro e fuori la
chiesa e la fabbrica.
Idealizzo? Sì, a patto che mi consentiate di dare a questo verbo il
valore di scoperta di ideali. Scoperte e decisioni prese assieme.
Vi risparmio le altre tappe della
mia vita, ma, finito in Svizzera,
ricordo la risposta a un questionario che il nostro Centro Studi
di Basilea aveva sottoposto ai
ragazzi italiani della seconda
generazione: qual è la tua appartenenza?
Uno ha scritto: sono seduto tra
due sedie. Posizione scomoda
senz’altro, ma non osava scegliere. Doppia appartenenza e
doppia estraneità. Ma, insieme, ricerca di una sintesi, che per molti
dei nostri emigrati è avvenuta,
come si è realizzata per noi missionari. Non siamo più gli stessi
da quando ci hanno timbrato
per la prima volta il passaporto
alla frontiera.
Siamo ‘altri’. Cresciuti. Abbiamo
imparato il dialogo, il rispetto, il
senso più vero del pluralismo”.
“Del resto è cosa nota: il cammino
delle idee è di una lentezza disperante,
massime quando urtano interessi e
passioni, ma è continuo quando le idee
proposte sono giuste e di vera utilità.
Insistiamo adunque, poiché ogni
lentezza giunge alla meta, a condizione
che la stanchezza non vinca chi se ne è
fatto banditore”.
(G. B. Scalabrini, II Conferenza sull’emigrazione, Torino 1898)
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
15
pagina della bibbia
GESÙ, PRESENZA
DI DIO PER I POVERI
Nell’ultimo articolo abbiamo riflettuto sul modo in cui l’evangelista
Matteo fa iniziare l’annunzio di
Gesù con le Beatitudini, che aprono il "discorso della montagna".
Abbiamo ricordato che, mentre
Luca fa seguire le beatitudini da
altrettanti “ma guai a voi...” che
stigmatizzano la condizione opposta a quella di chi è dichiarato
beato, Matteo rinunzia in questa
grande apertura a ogni espressione
di condanna e concentra l’annunzio di Dio, portato da Gesù, sulle
dichiarazioni positive.
Vediamole, questa volta, un poco
più da vicino.
Due evangelisti riferiscono le beatitudini di Gesù: Matteo e Luca.
Vi invito a prendere i vangeli e a
leggerle. Nel vangelo di Matteo, si
trovano al capitolo 5, versetti 3 a
12; in quello di Luca, al capitolo 6,
versetti 20 a 23.
Scopriremo che Matteo ha sette
beatitudini, più una che si rivolge
ai discepoli quando saranno perseguitati a causa di Gesù; Luca ne
ha tre, più quella per i discepoli
perseguitati.
Quest’ultima è stata certamente
conservata dai primi cristiani perché
facevano spesso l’esperienza di essere calunniati, maltrattati, esclusi
per il fatto di affermare la loro fede
in Gesù figlio di Dio.
Le altre tre, Matteo e Luca le hanno certamente conservate perché
per i primi credenti in Gesù erano
le più importanti.
Su di esse vogliamo fermarci un
attimo. Prendiamo la forma di Luca, più breve:
Beati voi che siete poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che piangete adesso,
perché riderete.
Beati voi che avete fame adesso,
perché sarete saziati.
Le beatitudini non le ha inventate
Gesù. Nel Medio Oriente antico, e
particolarmente in Israele, costituivano un modo di congratularsi
con un individuo o con un gruppo
di persone, affermando che si trovavano in una condizione felice,
e in generale se ne aggiungeva il
motivo: “Beato te... (oppure: Beato
chi...) perché...”.
Un esempio famoso si trova proprio all’inizio del libro dei salmi
(Salmo 1,1-2): “Beato l’uomo che
16
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
non segue il consiglio degli empi...
sarà come albero piantato lungo
corsi d’acqua”. Un altro, all’inizio
del Salmo 32: “Beato l’uomo a cui
è rimessa la colpa e perdonato il
peccato”. A me piace molto - certo anche perché mi ci riconosco Siracide 26,1: “Beato il marito di
una donna virtuosa; il numero dei
suoi giorni sarà doppio”.
La beatitudine (come ogni forma
di congratulazione) si riferisce a
una condizione che esiste già nel
presente e che, come tale, rende
l’uomo beato: gli esempi che abbiamo citati sono chiari in questo
senso. Che la condizione di cui si
parla meriti una congratulazione è
poi di per sé evidente, soprattutto
negli ultimi due.
Ma è proprio qui che Gesù, proprio
mentre adotta un modo di esprimersi ben noto ai suoi ascoltatori,
sorprende loro e noi. Se infatti ogni
persona che consideriamo assennata capisce che si definisca beato
il marito di una donna virtuosa (e
oggi che l’uomo non sta più da
solo al centro, aggiungiamo: vale
naturalmente anche il reciproco!),
forse non ci appare altrettanto
assennato dichiarare beati coloro
che sono poveri, che piangono, che
hanno fame.
Potremmo ancora capire che Gesù esortasse a liberare i poveri, i
sofferenti, gli affamati dai loro tormenti. Potremmo ancora capire che
che dicesse: voi poveri, sofferenti,
affamati sarete beati in un’altra
vita. Così queste parole sono state
a volte interpretate.
Ma Gesù non dice questo!
Una beatitudine non dichiara che
qualcuno sarà beato in un futuro,
ma che lo è al momento in cui essa
è pronunziata. Se no, oltre tutto,
sembrerebbe uno scherzo atroce.
Soprattutto al tempo di Gesù, quando lo stato non metteva a disposizione (tranne le distribuzioni di
grano che la propaganda imperiale
organizzava nella città di Roma)
mezzi per assistere gli indigenti;
questi erano inesorabilmente condannati alla vergogna, al disprezzo
e alla morte.
Gesù sapeva bene quale fosse la
sofferenza dei poveri, degli indifesi, degli affamati di fame vera,
cronica, distruttrice del corpo e
dello spirito. Ma allora perché si
esprime così? Gesù si sta riferendo a
di Enrico Norelli
un’immagine di Dio che i suoi ascoltatori conoscevano bene: come
un re orientale, Dio ha tra i suoi
primi compiti quello di difendere i
deboli e gli oppressi, in un mondo
in cui chi ha denaro e potere trova
sempre il modo d’imporsi, ai danni
di chi potere non ne ha. Già i profeti d’Israele avevano denunciato le
bilance truccate dei commercianti,
le sentenze vendute dei giudici, le
leggi fatte a proprio vantaggio dai
potenti che se la intendevano tra di
loro; e avevano ricordato ai prepotenti che Dio protegge coloro che
essi imbrogliavano e schiacciavano.
La giustizia di Dio consiste in primo
luogo nel fatto che Dio si schiera
dalla parte degli indifesi.
Ma Gesù, adesso, aggiunge qualcosa, e qualcosa di decisivo: il Regno di
Dio ha già cominciato a manifestarsi, nell’azione e nella parola di Gesù
stesso. Matteo e Luca, concordi
nonostante le tante differenze nei
dettagli delle Beatitudini, scrivono
la prima con il verbo al presente:
dei poveri “è” il Regno. Non “sarà”.
Con Gesù, il Regno è già qui, anche
se, per ora, in modo visibile solo a
chi ha occhi per vederne i segni che
si manifestano nelle guarigioni, nelle espulsioni di demoni, negli atti di
amore che Dio compie per mezzo di
Gesù. Solo a chi sa che il seme si è
aperto e la piantina, sotto terra, ha
cominciato a svilupparsi. Il Regno si
rivelerà presto nella sua interezza, e
chi piange riderà, chi ha fame sarà
saziato. Qui, certo, c’è opposizione
tra un “adesso” di sofferenza e un
futuro di gioia.
Ma i poveri sono beati già ora: la
speranza che Gesù crea e annunzia
non è illusione, perché attraverso
di lui Dio sta già realizzando una
trasformazione profonda.
Gesù non ha disprezzato i ricchi e
i sazi, ma la prima parola del suo
annuncio è che il suo ministero è
il segno che Dio si è messo dalla
parte di chi, concretamente e orribilmente, soffre, e non ha mezzi
per sottrarsi a questa sofferenza
che gli sottrae la vita. Dio è vita, e
si fa carico di loro.
Ma allora è una faccenda che riguarda Dio e i poveri, mentre gli
altri stanno a guardare? Certamente no: perché quando Dio agisce,
semplicemente non è mai possibile
“stare a guardare”.
Ne parleremo un’altra volta.
un libro per voi
"IL COMUNE SENTIRE"
di Carlo M. Martini
Cari lettori della nostra rivista e
di questa rubrica, questa volta
la scelta del libro è piuttosto un
“pretesto”. Un pretesto perché
l’autore che vi proponiamo oggi,
di libri ne ha scritti tantissimi e
tanti sono stati scritti su di lui,
c’era quindi l’imbarazzo della
scelta. Ma è soprattutto un pretesto perché quello che più ci
preme è dare un saluto a questo
scrittore, questa persona che ci
ha lasciati da poche settimane.
Si tratta del cardinale Carlo Maria Martini.
Il Corriere della Sera gli chiede di
tenere una rubrica e rispondere
alle “lettere dei lettori” su temi
religiosi, etici, ecc.
Accetta con entusiasmo, dopo la
Bibbia la sua passione è sempre
stata il giornalismo. La sua rubrica ha grande successo.
Il libro che vi presentiamo si intitola “Il comune sentire”. Raccoglie tutte le lettere e le risposte
del cardinale ai lettori del Corriere della Sera.
La prima cosa che mi ha colpito,
più che le risposte di Martini, sono le domande dei lettori. Si rivolgono al cardinale con spontaneità e semplicità.
Domande molto varie, su argomenti diversissimi: attualità, famiglia, ateismo, fede, economia,
giustizia, lavoro, eutanasia, ecc.
Si nota una grande fiducia di
questi lettori, fiducia che qualsiasi cosa dicano non verranno giudicati, né rispediti al mittente con
poche parole e qualche certezza
superficiale.
Martini risponde, con frasi brevi,
facili da capire e rapide da leggere (si direbbe quasi che sia abituato a Twitter o Facebook ...!),
interessante per lui che era un
super-intelletuale!
Non si situa mai nella posizione
di colui che insegna, di colui che
ha già capito tutto e dispensa
generosi consigli.
Le sue frasi sono asciutte, non esita, non usa la retorica della falsa
modestia, ma la sua posizione è
Per lui la differenza tra
credenti e non credenti
non era essenziale.
Preferiva quella tra
“pensanti e non pensanti”:
“C’è in ognuno di noi
un ateo potenziale”.
di colui che cerca, cerca insieme
agli altri: “spero che anche chi
non è interessato possa vedere nel
proprio vescovo un compagno di
cammino e di ricerca”.
Per lui la differenza tra credenti e
non credenti non era essenziale.
Preferiva quella tra “pensanti e
non pensanti”: “C’è in ognuno di
noi un ateo potenziale”.
È quasi liberatorio sentir parlare
della fede, come qualcosa che
non è né scontato, né riservato
ai bravi ragazzi, ma che è soprattutto un “dono, che và chiesto
umilmente”.
Era profondamente radicato nella
cultura cattolica e anche nella
tradizione cattolica, ma cercava
di andare anche oltre.
È stato uno dei più grandi esperti
della sacra scrittura, della Bibbia.
Il suo brano preferito era “Lampada per i miei passi è la tua
parola, luce sul mio cammino”
(Salmo 118).
Attraverso la Bibbia cercava la
strada per il cristiano, ma anche
per ogni uomo. Non vedeva differenze sostanziali tra un percorso di umanità, di vita e uno religioso, di fede.
Mi viene da pensare che una delle ragioni del grande successo
che ha avuto Martini è stato il
bisogno di maggiore apertura
che tanti cattolici avvertono e al
quale per adesso non ricevono
risposta.
Martini rifletteva, proponeva,
criticava anche, ma la sua voce
era talmente autorevole che non
si poteva zittire facilmente.
Guardando la vita e gli scritti di
Carlo Maria Martini, si possono
trovare varie contraddizioni apparenti in lui: l’aspetto era severo e quasi altero; era di alta statura e di bella apparenza, il carattere invece era di grande dolcezza, umanità.
Le sue decisioni non sono state
facili da vescovo: anni del terrorismo, emergere dei movimenti e
di rivalità nella diocesi, Tangentopoli a Milano, ecc.
Ha sempre dimostrato coraggio
e si è esposto, ma dice di sé di
essere timoroso.
Il modo di parlare era austero
e quasi monotono, ma quello
che diceva era estremamente
all’avanguardia, quasi un pò rivoluzionario.
Al suo funerale un giornalista
chiede ad un autorevole gesuita
che usciva dalla chiesa: “che messaggio ci lascia Martini?”.
Risposta: "Non lascia un messaggio, lascia un’enciclopedia. Leggendo il libro “Il comune sentire”,
e quindi il dialogo con la gente,
viene da dire: “Lascia ancor di
più di un’enciclopedia: lascia una
vita vera e piena, lascia una fede,
che potrà essere lampada per i
nostri passi”.
G. Gambaro
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
17
solidarietà
Concert par la chorale MUSICANOVA
et spectacle folklorique par le ballet
I BALARINS DE RIVIERE
Samedi 15 septembre autour des 15 heures, dans la salle de spectacle de la Maison de Retraite du Petit-Saconnex, s’est déroulé un
concert choral suivi d’un spectacle de ballet.
Organisé par les EMS Les Pins et
La Provvidenza, (deux institutions créées par la volonté de la
Société de la Chapelle Italienne de
Genève) placé sous le patronage
de la FEGEMS, cet après-midi de
spectacle a été gracieusement
offert aux résidents des EMS du
canton.
Eric Marti, directeur de l’EMS Les
Pins, Luciana Muhle, directrice
de La Provvidenza, assistés de
l’animatrice Elisa Pinna ont été
la cheville ouvrière de cette magnifique prestation de chants et
danses populaires.
Dirigée par Maria Giovanna Michelini, la chorale MUSICANOVA,
a de multiples représentations
internationales à son actif. Elle
garnit son livre de voyages par
des concerts en Autriche, en Allemagne et en Suisse.
Le ballet folklorique I BALARINS
DE RIVIERE, sous la direction de
Elisa Cignini, n’est pas en reste.
18
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
Lui aussi, depuis 1965, est régulièrement sollicité et participe à
de nombreux Festivals Internationaux (le dernier en date sur la
Place Belle-Cour à Lyon).
Ces deux groupes, en provenance de Magnano in Riviera dans la
province de Udine - Frioul - nous
ont offert un spectacle de haute
qualité. Salle comble; sur près de
deux heures, les productions des
groupes nous ont ravis.
C’est dans un esprit à la fois ludique et culturel, avec le désir d’apporter par la musique, le chant, et
la danse folklorique, un moment
agréable et divertissant, lié à la
culture d’une région dont les
racines font partie intégrante du
folklore italien, que ce spectacle
a été organisé.
Ce concert spectacle, conçu dans
un rapport à l’italianité a été proposé et soutenu financièrement
par la Fondation Alphonse Carfagni, afin d’offrir prioritairement
aux résidents italiens des EMS du
Canton de Genève une après-midi
de culture agréable durant lequel ils pourraient se remémorer
des moments de leur jeunesse.
Souhaité dans un esprit de conviviale ouverture et s’appuyant sur
la diversité sociétale que représente aujourd’hui les résidents
des EMS, cette manifestation
artistique a été ouverte, aussi,
aux pensionnaires non italiens,
accompagnés, s’il le souhaitaient,
de leurs familles et amis.
Il eut été dommage de se priver
d’un tel moment d’émotion.
Un moment où la parole et la gestuelle, tous deux portés par une
musique traditionnelle, dépei-
Durant ces moments où les chants
nous ont emportés dans leurs voyages, il nous faut relever en particulier: Sciarazula marazula de
Giorgio Mainero; chant typique
du Frioul, qui remonte au XVème
siècle, que hommes et femmes
chantaient en formation séparée
pour évoquer la pluie.
Le ballet, quant à lui, n’a pas été
moins généreux. Une dizaine de
danses en costume traditionnel,
accompagnées par quatre musiciens, nous ont - par la grâce, de
la précision, du rythme et du geste - enthousiasmés.
Par sa singularité nous retiendrons: Il bal des gnozzis dont la
chorégraphie exprime les diverses étapes du péage; parcours
que doit assumer le marié avant
de rencontrer sa future épouse.
Pour conclure leur magnifique
tournée, la chorale MUSICANOVA
a chanté la Missa Prima de C.
Casini (1561-1632) à l’office de 10
heures, le dimanche à la Chapelle Santa Margherita de la Mission
Catholique Italienne.
A la sortie de la messe, pour ne
pas être en reste, le ballet nous a
proposé une agréable production,
sur le parvis de l’église.
JGC
gnent ces paysages frioulans et
le mode de vie de ce nord-est de
l’Italie.
Région de frontière, bordée d’un
côté par l’Autriche et de l’autre
par la Slovénie, où il y a encore un
demi-siècle, l’émigration dans les
familles était plus présente que le
pain sur la table. Oui, c’est de cela,
de ces faits de la vie quotidienne
des campagnes frioulanes chères
à Pasolini, mais aussi de ces séparations, de ces déchirures, que ces
chants et ces danses pour la plus
part nous parlent, en exprimant
l’amour et la nostalgie des gens
et des choses que les émigrants
laissaient derrière eux.
Ainsi la parole frioulane mise en
musique, autant que les danses
folkloriques exécutées, ont démontré de la part des interprètes une notable maturité artistique côtoyant une sensibilité
d’interprétation qui fait la part
belle aux traditions, dont les
deux groupes présents se sont
faits depuis des décennies de
merveilleux ambassadeurs.
Au programme du concert, quelques douze chansons frioulanes
et italiennes. Cerise sur le gâteau; pour rendre hommage au
public de langue française une
ravissante interprétation des Trois
Cloches qu’Edith Piaf porta à la
notoriété.
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
19
missioni linguistiche
MISSION LINGUISTIQUES:
UNE INTÉGRATION EN CHANTIER
Missions ou communautés linguistiques, elles sont multiples aux
quatre coins de la Romandie et
représentent d’ardents viviers de
la foi. Grosso modo, un tiers des
catholiques romands "viennent
culturellement d’ailleurs".
Italiens, Espagnols, Portugais,
Sud-Américains, Anglophones,
etc., ils sont plus de 200 000 à
vivre une foi souvent plus colorée
et démonstrative que celle des
catholiques d’ici. "Ils ne vivent
pas le christianisme comme nous",
souligne Myriam Stocker, nouvelle
coordinatrice de la pastorale pour
le diocèse de Lausanne, Genève
et Fribourg.
Grâce à eux, certaines messes
sont beaucoup plus fréquentées
et animées que celles des francophones! "Il y a régulièrement
300 à 400 personnes aux huit
messes dominicales, jusqu’à 1000
à l’occasion des grandes fêtes", se
réjouit l’abbé Thierry Schelling,
curé modérateur de RenensBussigny. Heureux prêtre face à
de telles assemblées! "Ils n’ont
donc qu’à nous rejoindre, à venir
à nos messes", lance le paroissien
lambda. Pas si simple!
Certes, une pastorale leur est
destinée, dite des migrants. Qui
doit se fondre dans celle dite territoriale. Belle intention!
"Il faut considérer que la pastorale des migrants n’est pas
une branche à option, mais une
branche incontournable dans la
conduite et la pastorale diocésaine", est-il écrit dans un document
diocésain de 2007, le plus récent
sur le sujet.1
"Avec leurs sensibilités propres,
les missions linguistiques contribuent à réaliser une Eglise "communion de communautés", une
Eglise aux multiples visages où
l’on peut vivre ensemble."
Sans doute, mais comment conduire un tel chantier? "Souvent,
dans le passé, les missions linguistiques et la pastorale territoriale
ont travaillé de manière parallèle.
Désormais, elles sont appelées "à
vivre ensemble" à tous les niveaux." Mais "il faut reconnaître
que les façons d’accompagner
les communautés linguistiques
demeurent différentes".
Et aujourd’hui, cinq ans plus tard,
où en est-on? "Nous avons pris du
retard", concède Myriam Stocker,
première femme à siéger au Conseil épiscopal. "C’est l’une de nos
priorités, notamment au sein de
la COR (Conférence des ordinaires
de Suisse romande), confie-t-elle,
et j’espère mettre en place dans le
courant de l’automne un groupe
de travail réunissant des prêtres,
des aumôniers de missions et des
laïcs pour approfondir ce sujet."
"Nous ne pouvons pas avoir deux
pastorales parallèles", avertit
Mme Stocker, sans mettre en
cause l’existence même des missions linguistiques: "Nous devons
collaborer entre animateurs des
missions et équipes pastorales
dans le but de profiter de cette
pluriculturalité, car nous avons
aussi à apprendre d’eux."
Et elle cite des exemples où le
train a déjà bien avancé, "surtout
là où les aumôniers des missions
linguistiques sont aussi à temps
partiel prêtres dans une UP. C’est
un élément facilitateur".
Myriam Stocker Drapeaux de de
tous les pays aux balcons d'un
immeuble durant l'Euro de foot:
un symbole de la pluriculturalité
en ville de Renens.
Exemples de percées intéressantes: à Nyon, dans la région de La
Côte, et à Renens, dans l’Ouest
lausannois.
Curé de Renens, l’abbé Schelling
abonde dans ce sens: "Le fait que
don Daniele Colautti, Italien, soit
répondant de la communauté
portugaise, don Paulino Gonzalez, parfaitement francophone,
répondant de la communauté
hispanophone ou moi-même,
Suisse, répondant pour la communauté italienne, facilite beaucoup
les rapprochements entre les communautés".
"Bien sûr que nous travaillons à
l’interculturalité, mais il ne suffit
pas de dire que l’on veut une Unité pastorale pluriculturelle pour
qu’elle se fasse!
Il faut faire dans le concret - la
politique des petits pas - et nous
nous y employons, par exemple
en proposant régulièrement
des messes pour tous: chants en
diverses langues et ordinaire en
français."
"Les communautés ont une vie
parallèle, riche et variée, on doit
l’admettre. Ce que nous essayons
de faire, c’est de jouer le rôle de
jeteurs de ponts", ajoute l’abbé
Schelling.
Claude Jenny
Proposer la foi - planification pastorale, Diocèse de Lausanne, Genève et Fribourg,
2007
1
20
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
Consolato italiano a Ginevra
È con grande piacere che rivolgo
un primo saluto ai lettori del periodico “Presenza Italiana” della
Missione Cattolica Italiana a Ginevra ed ai connazionali tutti della
circoscrizione consolare.
Dopo poco più di due mesi in questa splendida città, sto iniziando a
conoscere la realtà vitale e composita della comunità italiana, che ha
saputo mantenere nel corso degli
anni forti legami con il territorio
di origine, le sue tradizioni e la sua
cultura.
In questo ambito, la presenza di una
fitta rete di associazioni è un elemento di importanza fondamentale
per cementare quel senso di appartenenza che ci lega tutti alla Patria.
Ringrazio quindi con particolare calore per lo spazio che ha voluto concedermi la Missione Cattolica. Ne conosco la consolidata presenza pastorale e sociale e l’impegno con cui realizza le
proprie iniziative da tanti decenni, con un’attenzione particolare ai cittadini italiani.
Da parte mia, e con la collaborazione di tutto il personale del Consolato, assicuro un costante
impegno per cercare di migliorare i servizi per l’utenza, cercando anche di usare al meglio le
tecnologie informatiche al fine di rendere le varie procedure più snelle ed agevoli.
Nel rinnovare quindi a tutti i miei sentiti ringraziamenti per la calorosa accoglienza che mi è stata riservata, mi è gradita l’occasione per inviare i miei più cordiali saluti.
Ginevra 28 settembre 2012
Andrea Bertozzi
Console Generale d’Italia
Avviso importante per l’utenza
Comunicazione agli uffici del Consolato
degli indirizzi di posta elettronica dei connazionali
Nello spirito di innovazione e semplificazione delle procedure del Ministero degli Affari Esteri e per
offrire ai cittadini all’estero servizi sempre più efficaci e tempestivi, si segnalano a tutti i connazionali
provvisti di posta elettronica gli importanti vantaggi della comunicazione del proprio indirizzo e-mail
all’Ufficio consolare di riferimento. In tal modo, potranno ricevere per posta elettronica, all’indirizzo comunicato, informazioni di carattere generale relative ai servizi consolari ed alle innovazioni
introdotte, e fruire, in prospettiva, di tutti i servizi che si renderanno prossimamente disponibili con
l’avvio della piattaforma SE.CO.LI. (“Servizi Consolari On-Line”), anche in vista delle nuove modalità
informatiche di voto previste per le future elezioni dei Comites.
Per quanto precede, si sarà grati ai connazionali che vengono in Consolato se potranno cortesemente comunicare al personale dell’ufficio il proprio indirizzo di posta elettronica al momento in
cui vengono ricevuti allo sportello. Gli indirizzi potranno essere altresì comunicati alla seguente
mail: [email protected]
Si raccomanda che tali comunicazioni siano inviate direttamente in Consolato. Si precisa poi che ad
ogni indirizzo di posta elettronica deve necessariamente corrispondere una persona fisica, con la
conseguenza che non potranno in alcun modo essere accettati indirizzi mail “collettivi” (ad es. unico
indirizzo per entrambi i coniugi o per nucleo familiare).
Gli indirizzi di posta elettronica comunicati dai cittadini saranno utilizzati dagli Uffici diplomatico-consolari nel rispetto della normativa sul trattamento dei dati personali, per fini esclusivamente d’ufficio.
Ginevra 24 settembre 2012
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
21
associazioni
alpini
L'artigliere alpino Dario Innocente - classe
1933 - è andato avanti.
Dario era il più anziano, sia d'appartenenza all'ANA Nazionale,
sia in veste di consigliere nel comitato
del Gruppo Alpini di
Ginevra.
Dario era immancabile, sempre pronto e disponibile per qualsiasi
lavoro.
Dario lascia un grande vuoto e un ricordo indelebile
a quanti lo hanno conosciuto e apprezzato.
Alla moglie Gianna, infaticabile e apprezzata aiutante degli alpini, va il nostro pensiero di affettuosa
commozione, nonché, le nostre più sincere condoglianze alla sua famiglia.
bergamaschi
organizzano la tradizionale castagnata, sabato 20
ottobre, a partire dalle ore 19.00, alla ferme Vecchio Vessy.
Verrà dapprima servito un piatto di pasta.
Per informazioni rivolgersi a:
Mario Arnoldi (tel. 022 341 40 36 )
Invitano i soci e simpatizzanti a partecipare alla tradizionale Festa di Santa Lucia, sabato 8 dicembre,
ore 19.30, Salle des Fêtes de Troinex, route de Moillebin 20, con l'orchestra Giuliano e i Baroni di 10
elementi.
La cena dev'essere prenotata presso il sig. Mario
Arnoldi (tel. 022 341 40 36 ).
Santa Lucia dei bambini, domenica 16 dicembre, ore
16.00, alla ferme Vecchio Vessy.
sardi
Sa jara a Ginevra con la partecipazione del gruppo
Sa jara de Tuili sabato 3 novembre dalle ore 19.00
in poi presso la sala comunale di Carouge.
Per informazioni varie e prenotazioni, pregasi telefonare ai numeri seguenti:
076 313 18 72 ou 022 800 16 44 ou 079 704 09 90.
il circolo acli di ginevra
organizza per sabato 24 novembre la cena sociale,
presso la M.C.I. di Ginevra.
Vi aspettiamo numerosi per trascorrere insieme una
serata conviviale.
Iscrizioni da farsi entro il 19 novembre, telefonando
ai seguenti numeri: 077 408 89 76 o 078 648 54 98.
fogolâr furlan
sabato 10 novembre, Festa sociale alla sala comunale di Corsier.
Menù tipico friulano, serata allietata dall'orchestra
"ARIZONA".
Sabato 15 dicembre, Festa di Santa Lucia, dalle ore
15.00 alle ore 18.00, nei locali della Missione.
Prenotazioni e informazioni varie presso:
Giuseppe Chiararia, tel. 022 734 43 67.
calabresi
organizzano la Festa di Natale, sabato 15 dicembre, alla Salle des fêtes de Carouge, 37 rue Ancienne,
Carouge, dalle ore 19.30 alle ore 2.00. Cena e serata danzante con “Il Duo di Casa Nostra”.
Per informazioni e prenotazioni per la cena, rivolgersi
a Silvio ISABELLA (022 320 15 87 o 079 611 24 62) o
a Gino ISABELLA (022 733 93 61 o 076 520 88 40).
Venite numerosi!
trevisani
invitano a passare "una domenica insieme", domenica 16 dicembre per incontrarci, vivere una giornata
in simpatica compagnia, scambiarci gli auguri di
buon Natale, con il seguente programma: ore 11.30
Santa Messa, ore 12.30 aperitivo seguito dal pranzo, menu sorpresa. Per partecipare è obbligatorio
prenotarsi, telefonando alla signora Laura Zottarelli
(022 731 41 61) oppure al signor Stefano Nobile (076
219 54 90 ore pasti) prima del 12 dicembre.
bellunesi
organizzano la Festa e Cena di Natale, sabato 17
novembre, alle ore 19.30 presso l’Ecole de Vernier
Place.
Alle ore 19.00 Babbo Natale porterà i doni per i
bambini fino ai 10 anni di età, iscritti entro giovedi
8 novembre.
La serata sarà animata dall’orchestra Il duo di Casa
Nostra.
Prenotazioni presso Giacobbe Capraro (tel. 022 794
25 80) e Silo Casanova (tel. 022 782 53 26).
22
Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012
In una radiosa domenica di sole, un centinaio di persone si
sono ritrovate per gustare i deliziosi prodotti tipici del Veneto
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1203 Genève / Suisse
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Mercoledì: 09.00-12.30
Giovedì: 14.30-17.30 - Venerdi: 09.00-12.30
Sabato e domenica: chiuso.
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alle ore 11.00.
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Signore Dio,
mi hai condotto per anni
con pazienza e bontà
tra molte sorprese
e non poche fatiche:
ho vissuto giorni di festa
e giorni di pianto;
ho avuto tanto da fare
ed è stato talvolta
così spontaneo cedere alla pigrizia
che ho finito per dimenticare
il perché delle cose
e troppo di rado ho ritrovato
l'umiltà e la fede
per dirti il mio grazie.
Gli anni che passano mi rendono
un poco più saggio e pensoso:
aiutami ad amare la vita
e a renderti sempre grazie
per i giorni che mi regali;
aiutami a non arrendermi
all'amarezza che critica tutto,
all'avidità che si attacca alle cose,
alla tristezza che s'affligge per nulla.
Dammi un po' di salute,
perché possa essere ancora utile;
ma dammi anche la fortezza e la pazienza
se la salute viene meno.
Dammi una fede forte
per esser fedele alla preghiera,
limpido nella testimonianza,
sereno nella prova,
vigile nell'attesa
del grande incontro con te.
(card. Carlo Maria Martini)
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L`anno della fede la nuova evangelizzazione il vangelo di Luca