Anno XXXV · Settembre-Ottobre 2012 Periodico della Missione Cattolica Italiana di Ginevra 2012-2013 L’anno della fede la nuova evangelizzazione il vangelo di Luca Tanta luce forti proposte per la comunità Foto: Stefano CAVAPOZZI la vostra città, la vostra missione Missione cattolica italiana •15, rue de la Mairie · 1207 GENEVE tel. 022 736 83 82 · [email protected] •36, rue Jacques Dalphin · 1227 CAROUGE tel. 022 342 34 54 Missionari: P. Luciano COCCO, P. Martino SERRAGLIO Segreteria Da lunedì a venerdì: dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle ore 14.00 alle ore 18.00. Chiuso: sabato SS. Messe: · a Ginevra, sabato e prefestivi: ore 18.00; domenica: ore 10.00, ore 11.30 e ore 18.00; giorni feriali: ore 18.30. · a Carouge, sabato e prefestivi: ore 18.00; domenica: ore 10.00; giorni feriali: ore 19.00. Battesimi: 3ª domenica del mese: ore 12.30, con preparazione il 1o martedì del mese alle ore 20.00 Matrimoni: presentarsi almeno tre mesi prima. Sommario 4 La legge del mare 7 Cosa significa evangelizzare 10 Padre Rodenei 20 Mission linguistiques: une intégration en chantier Foto copertina: foto archivio Istituto italiano Ch. J. Attenville 20, 1218 Grand-Saconnex, tel. 022 798 17 20. Direttrice: sig.ra Sandra Olivet Opera per bambini in età scolastica da 4 a 12 anni Comunità Suore Orsoline: Ch. J. Attenville 20, tel. 022 788 01 30 Casa di riposo “La Provvidenza” 34, rue Jacques-Dalphin, 1227 Carouge tel. 022 304 41 41, fax 022 304 41 04, ccp nr. 12-12928-7. Direttrice: sig.ra Luciana Mühle Garderie (4-12 anni): 36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 20 94 Direttrice: Sr. Edoardina Comunità Suore Francescane 36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 70 30 2 Casa di riposo “Les Pins“ ch. de l‘Erse 2, 1218 Grand-Saconnex tel. 022 595 41 00 Direttore: M. Settembre-Ottobre Eric Marti 2012 Presenza Italiana Periodico della Missione Cattolica Italiana di Ginevra Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all‘Estero) e alla FSS (Federazione Stampa Scalabriniana) Direttore: Luciano Cocco Redazione: Martino Serraglio, Leandro Di Siena Massimo Giovannozzi, Enrico Norelli Abbonamenti / Pubblicità: Maria Alice Cantale Tipografia: “La Buona Stampa“, Via Fola, 6963 Pregassona Tel. 091 973 31 71 Tiratura: 6.800 copie Direzione e Amministrazione: Missione Cattolica Italiana Rue de la Mairie 15 · 1207 Ginevra Tel. 022 736 83 82 · Fax 022 786 71 09 Internet: http://www.missionecattolicaginevra.ch/ E-mail: [email protected] Versamenti per il giornale: CREDIT SUISSE SA · 8070 Zürich a favore di CH82 0483 5114 3366 9100 0 Missione Cattolica Italiana · 1207 Genève · Conto N. 80-500-4 RR-Grafik-Studio Roberto Ronca · Zollikofen-Bern · Tel. 031 914 04 65 E-mail: [email protected] editoriale NUOVA EVANGELIZZAZIONE Ci sono parole, come questa, che troviamo leggendo un articolo nella stampa cattolica ma anche negli altri media. Nuova evangelizzazione è appunto una di queste parole. Non si tratta di una espressione recente: già Giovanni Paolo II l’aveva utilizzata al momento del Giubileo dell’anno 2000. Il Papa era in effetti impressionato dalla frattura crescente tra la società odierna ed il messaggio del Vangelo. I tempi sono cambiati; stiamo vivendo in una società post-cristiana, per lo meno in Europa. Bisogna riprendere le basi stesse dell’evangelizzazione. E non perché la Chiesa avverta una notevole perdita della sua influenza o perché ci si renda conto che i praticanti siano sempre meno. No, quello che importa è il Cristo e il suo Vangelo, e la Chiesa sente il compito di farli conoscere e amare, mettendosi in dialogo con tutte le generazioni, in tutti i continenti. Ecco perché si avverte il bisogno di una nuova evangelizzazione. Nei giorni scorsi si è aperto a Roma il Sinodo dei vescovi proprio su questo tema. Questo termine Nuova evangelizzazione non è quindi una parola astratta o una espressione di moda nei corridoi del Vaticano. È un appello pressante rivolto a tutti i fedeli invitati a vivere con maggiore coerenza la propria fede e a riprendere con determinazione il cammino che porta verso Dio. Mi permetto di suggerirvi di prendere interesse a questo evento attraverso i media. Può darsi che dobbiate fare lo sforzo di cercare un po’, perché la Nuova evangelizzazione non è una priorità agli occhi del mondo. Eppure... + Pierre Farine Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 3 em i g r a z i o n e LA LEGGE DEL MARE Luisa Deponti, CSERPE Gestione delle frontiere e diritti umani dei migranti In una scena molto efficace del film "Terraferma" di Emanuele Crialese, ambientato a Lampedusa, i pescatori dell'isola discutono, in una sorta di assemblea, se l'antica legge del mare, che vieta di lasciare in balia delle acque chi si trovi in pericolo, non sia più da rispettare, in base a moderne leggi scritte, volute dall'Unione Europea. Il film in effetti si ispira alle vicende reali di alcuni equipaggi di navi incriminati per favoreggiamento all'immigrazione clandestina, quando invece non avevano fatto altro che soccorrere migranti nelle loro disperate traversate del Mediterraneo. Il "Mare Nostrum" è diventato non solo una pericolosa frontiera, un immenso cimitero per migliaia di persone, ma anche uno spazio in cui si intrecciano e si scontrano interessi e questioni di carattere politico, giuridico e umanitario. Mentre purtroppo anche nell'estate del 2012 non sono cessati i naufragi e le morti di migranti lungo le coste italiane e in altri punti caldi come i confini tra Turchia e Grecia e tra Marocco e Spagna, sul fronte del diritto si vanno chiarendo alcuni aspetti legali inerenti alle responsabilità degli stati. A livello europeo si sta riflettendo sull'importante impatto che può avere nella gestione delle frontiere la sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo che ha condannato l'Italia per il respingimento verso la Libia - avvenuto nel 2009 - di una nave di migranti fermata in acque internazionali e la successiva consegna delle persone alle autorità di Tripoli. La Corte ha riaffermato un principio fondamentale: il legittimo esercizio della sovranità statale, che si attua nel controllo delle frontiere e nella lotta all'immigrazione irregolare, non può avvenire a 4 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 prezzo di violare i diritti umani dei migranti e dei rifugiati, nemmeno quando non è ancora chiaro il loro status giuridico o ci si trova al di fuori del territorio nazionale. Una volta che i migranti e i potenziali rifugiati erano stati intercettati e trasferiti su una nave italiana, l'Italia era tenuta a evitare che fossero riconsegnati alla Libia. Il Governo, infatti, era già a conoscenza, in base a numerosi rapporti, del fatto che nei centri di detenzione libici avvenivano - e avvengono - gravi violazioni dei diritti umani. Inoltre, le persone fermate in alto mare non avevano avuto la possibilità, com'era loro diritto, di chiedere asilo politico. Un diritto che non avrebbero potuto esercitare in Libia, paese che non ha firmato la Convenzione di Ginevra per i rifugiati. La sentenza sta già avendo degli effetti molto importanti, perché di fatto condanna tutta la strategia dei respingimenti adottata dal Governo italiano nel 2009. l 28 luglio scorso, il Governo Monti ha annunciato formalmente al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa la rinuncia alla politica dei respingimenti. Il Mediterraneo non può essere una "no-law-zone", cioè un'area in cui non vige alcun diritto, né tanto meno una "Guantanamo in mare aperto". Ma le conseguenze riguardano tutti gli altri stati dell'Unione Europea. Si mette un vero e proprio punto di domanda alla cosiddetta "esternalizzazione" delle frontiere europee, cioè la tendenza dell'Unione Europea a spostare i controlli di frontiera e a bloccare i flussi migratori in aree internazionali o sul territorio di paesi terzi, dando addirittura in appalto queste attività a delle agenzie private. La responsabilità di uno Stato non finisce ai confini nazionali; vale a dire che, se un paese dell'UE consegna dei migranti irregolari ad un altro stato o affida a quest'ultimo il compito di fermare i movimenti migratori, è tenuto a verificare che il tutto avvenga senza violare la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. Quanto affermato dalla Corte di Strasburgo può produrre una "svolta culturale" in cui il rispetto dei diritti umani non è considerato in contraddizione, ma complementare alle legittime preoccupazioni riguardo alla sicurezza e al controllo dell'immigrazione. Una seconda "svolta" potrebbe consistere nel costruire dei ponti per l'accesso sicuro e protetto al territorio dell'Unione Europea per coloro che hanno diritto di asilo, in modo da evitare la "roulette russa" del Mediterraneo, ad esempio attraverso il reinsediamento (resettlement) per i rifugiati riconosciuti dall'Alto Commissariato dell'ONU. In questo tempo di crisi economica e politica per l'Europa, certo è difficile pensare ad una immeditata nuova apertura umanitaria nei confronti dei migranti e dei rifugiati. Ma a lungo termine la riaffermazione chiara della responsabilità per la vita e la dignità di ogni essere umano, anche in situazioni giuridiche incerte, è un segnale positivo e incoraggiante per il futuro di questo continente. BUONE PRATICHE DI INTEGRAZIONE CON GLI IMMIGRATI Buona pratica è: non chiedere “da dove vieni?”, ma chiederci: “dove stiamo andando tutti insieme?” Sempre la stessa domanda rivolta agli immigrati: "da dove vieni?”. Sempre la stessa domanda anche se lavorano qui, in Italia, si comportano e pagano onestamente le tasse da più di trent’anni! Anche se sono nati qui e, in vita loro, hanno conosciuto solo il nostro paesaggio nelle sue caratteristiche umane, culturali, storiche e, ... ahimé!, economiche e politiche. Scrive la comboniana Elisa Kidanè: “Da dove vieni?” è la classica domanda che viene rivolta a noi, “i diversamente visibili”, a ogni incontro. Non ci viene chiesto, per esempio, “come ti chiami?”, che sarebbe il primo passo per iniziare un dalogo alla pari. Il nome, che spesso, a priori, viene definito difficile o impronunciabile, pare sia l’ultima cosa che interessi all’interlocutore di turno. Da dove vengo? Già, come fosse semplice raccontare in due parole le mille traversie affrontate prima di approdare su terraferma. Pare che, una volta saputo l’origine di provenienza del “prodotto”, sia anche facile trovare una collocazione nella scala dei valori e, naturalmente, dalla risposta dipenderà anche il tipo di conversazione da intavolare. Seguiranno le solite frasi fatte: “E ti piace vivere più qui o laggiù da te?”. Con la certezza che la risposta non possa essere che “Certo che è meglio vivere qui”, il che confermerebbe l’intelocutore nella sua (presunta) invidiabile fortuna (autoillusione) di essere nato nel posto giusto... in Italia! E nessuno riuscirà a fermarlo nel porre altre banali domande. Cittadini non si nasce. Cittadini si diventa. Sempre la stessa domanda, come se il fenomeno migratorio fosse un’emergenza di questi giorni, e non un fatto strutturale da tre decenni. Sempre la stessa domanda ai migranti e ai loro figli (Seconda Generazione) eternamente percepiti come “altri”, esotiche curiosità di passaggio, e non come parte integrante delle nostre scuole, del nostro mondo produttivo, della nostra Agenzia delle Entrate, del nostro sistema contributivo, delle nostre organizzazioni sportive, delle nostre Ulss, delle nostre parrocchie, del nostro territorio. Sempre la stessa domanda, quando invece siamo chiamati a dare - tutti insieme - risposte alla stessa situazione: “Come uscire da questa crisi? Che Italia vogliamo per il futuro?" Quella parte d’Italia che evade le tasse, che si vanta se sfrutta, se specula, se spreca aumentando il debito pubblico, se per racimolare un pugno di voti impreca e divide, se, viola l’ecologia del territorio? O un’Ita- lia diversa? Di che tipo di “cittadini” ha bisogno questa “Italia diversa?”. Come si misura la vera appartenenza ad un Paese? Con cosa e con quanto si ama davvero un Paese? Con le parole autocelebrative o con i fatti quotidiani? Si è veri “cittadini” solo perché abbiamo un cognome con un certo tipo di fonemi dalle vaghissime assonanze latine con molte contaminazioni arabo-mediterranee e slavo-mitteleuropee, o perché pratichiamo un certo tipo di valori civici che sono alla base del nostro patto costituzionale? Non ci viene chiesto, per esempio, “come ti chiami?”, che sarebbe il primo passo per iniziare un dalogo alla pari. Cittadini non si nasce. Cittadini si diventa. Con la cultura della legalità che significa diritti e doveri per tutti, con giustizia sociale, con equità. Pagando le tasse e lavorando per la crescita, corresponsabili del Bene Comune. Non facendo domande sul passato, ma costruendo il futuro che avrà caratteri strutturali sempre più marcatamente pluriculturali e plurireligiosi. E allora, continua la comboniana Elisa Kidanè, quando avremo la possibiltà di incontrarci, perché non chiedere semplicemente "dove stiamo andando?". Ci stiamo tutti comportando come si deve, cioè stiamo tutti esercitando i valori della cittadinanza (diritti-doveri), per dare un futuro di dignità e di civiltà democratica ai giovani di questa nostra Italia? Solo allora ci sentiremo simili, compagni e compagne di viaggio, senza nessun luogo migliore o peggiore che possa fare la differenza, ospiti di una stessa creazione. Allora sarà bello che andiamo insieme verso un mondo più giusto, verso un luogo dove le odiose barriere sociali, politiche ed economiche, che dividono l’umanità in primo, secondo, terzo e quarto mondo, sono solo un retaggio del passato? Luciano Carpo Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 5 riflessione RISCOPRIRE LA GRATUITÀ La crisi economica che stiamo attraversando - crisi dai risvolti umani e sociali pesantissimi per così tante persone - ha però tra le sue conseguenze anche un’inversione di tendenza rispetto al progressivo rarefarsi della capacità di percepire cosa davvero conti nella verifica di questi ultimi decenni. Assistiamo oggi a una sorta di schizofrenia etica: da un lato confermiamo l’ormai ultrasecolare intuizione di Oscar Wilde secondo il quale "oggi si conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna", ma d’altro lato constatiamo la diffusione della pratica del dono. Dalle associazioni di volontariato di ogni tipo alle banche del tempo, da quanti usano ogni momento libero per condividere sulla rete conoscenze e progettualità a quanti continuano a dedicarsi al miglioramento delle condizioni di vita della collettività, troviamo sempre più persone capaci di "donare" gratuitamente risorse e capacità. Così quello che a prima vista sembrerebbe il pensiero dominante - cinismo del mercato, ricerca del proprio interesse, volontà di cavarsela a dispetto degli altri, monetizzazione di ogni attività, valutazione degli altri in base alla ricchezza posseduta... - è contestato silenziosamente da chi fa spazio alla gratuità, al prevalere del bene comune sul vantaggio personale. Apparentemente non c’è spiegazione alla logica del gratuito: "la rosa è senza perché", osservava già il poeta mistico Angelo Silesius nel XVII secolo. Così nel nostro mondo di dilagante dominio della redditività, dell’ottimizzazione dei profitti, la rosa custodisce la memoria attiva dell’essere senz’altra ragione che l’esserci. Oggi questo senso della gratuità sembra smarrito: non riusciamo più a vederla come ricchezza nelle nostre vite e nelle nostre relazioni, convinti di essere noi gli unici protagonisti di ogni cosa, coloro 6 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 che determinano l’evolversi delle vicende e delle società. Eppure non manca chi ci ricorda che, come la vita, il dono è qualcosa che ci precede, che esula dai diritti-doveri, che non può mai essere pienamente ricambiato, che nasce da energie liberate e origina a sua volta capacità inattese. La gratuità non è tale solo perché non comporta un prezzo, ma più ancora perché suscita gratitudine e, più in profondità ancora, perché sgorga da un cuore a sua volta grato per quanto già ha ricevuto. "Oggi questo senso della gratuità sembra smarrito: non riusciamo più a vederla come ricchezza nelle nostre vite e nelle nostre relazioni, convinti di essere noi gli unici protagonisti di ogni cosa" Nel dono autentico non si riesce mai a tracciare un confine certo e invalicabile tra chi dà e chi riceve: non perché vi sia il calcolo di chi pesa il contraccambio, ma perché, come dice Gesù, "c’è più gioia nel dare che nel ricevere" (At 20,35). Chi dona, infatti, gode a sua volta della gioia che suscita in chi riceve. D’altronde, il fondamento dell’amore è la rinuncia alla reciprocità e alla sicurezza che ne deriva: occorre indirizzare l’amore verso l’altro senza essere sicuri che l’altro ricambierà. di Enzo Bianchi Da tempo vado anche ripetendo che non dovremmo pensare al dono solo come a una possibile forma di scambio tra le persone: riscoprire la gratuità come istanza anche sociale costituisce un’esperienza liberante e arricchente per ogni tipo di convivenza. Lo ha ricordato con parole forti Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate: "La gratuità è presente nella vita dell’uomo in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza... Lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità". Se a livello personale e relazionale possiamo riscoprire la libertà profonda che il donare richiede e la gioia che suscita sia in colui che dona che in colui che riceve, a livello sociale ci è dato di prendere coscienza di come, anche nell’ottica mercantile ormai dominante, si possano concretamente immettere istanze di gratuita fraternità: la solidarietà umana, uno stile di vita più sobrio ed essenziale, una ritrovata dimensione di fratellanza universale non sono alternative alle ferree leggi economiche o all’esercizio della giustizia, ma sono anzi correttivi preziosi per una più equa distribuzione di quei doni naturali che sono intrinsecamente destinati a tutti. Come cristiani testimonieremo così l’unicità del Signore, dono sceso dall’alto che non ha cercato né atteso il nostro contraccambio per portare a tutti le ricchezze della sua grazia, il volto divino della gratuità. Senza il concetto di dono e di dono gratuito non sarebbe possibile un parlare cristiano perché, non lo si dimentichi, nel cristianesimo persino l’alleanza, che di per sé è bilaterale, è diventata alleanza unilaterale di Dio offerta all’uomo nella gratuità. chiesa COSA SIGNIFICA EVANGELIZZARE In questo mese che vede riuniti a Roma i vescovi intenti ad approfondire il tema della evangelizzazione, è parso utile riprendere questo testo molto conosciuto del card. Martini. Evangelizzare non significa necessariamente far cristiani tutti gli uomini né far tornare in chiesa tutti i battezzati e in particolare quelli che ci andavano e hanno smesso di andarci. Gesù ha evangelizzato bene anche a Nazaret o a Corazin o a Betsaida, dove la sua parola non è stata accolta (Mc 6,6; Lc 10,13). Evangelizzare significa anzitutto promulgare la buona notizia con fatti e parole e attuare l’annuncio così che sia possibile, a chiunque abbia la buona volontà, poter cogliere la buona notizia nelle sue forme più genuine e autentiche, e quindi approfondirla e, se lo decide, accoglierla. Dice la Redemptoris missio (n. 20): la Chiesa è al servizio del Regno; lo è anzitutto con l’annunzio che chiama alla conversione: la Chiesa poi serve il Regno fondando comunità e istituendo chiese particolari e portandole a maturazione della fede e della carità, inoltre diffondendo nel mondo i “valori evangelici” che del Regno sono espressione e aiutano gli uomini ad accogliere il disegno di Dio; infine serve il Regno anche con la sua intercessione. Si evangelizza in molti modi. Tenendo presenti gli esempi contenuti nel Nuovo Testamento, possiamo distinguere i seguenti. Evangelizzare per proclamazione: è il modo di Gesù che “si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1 14-15). La proclamazione non è però limitata alle occasioni pubbliche. Può avvenire anche nel dialogo fraterno, come quello di Gesù con la Samaritana (Gv 4) o con i discepoli di Emmaus (Lc 24). Evangelizzare per convocazione: è l’andare a chiamare tutti al banchetto, come fanno i servi della parabola: “Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze” (Mt 22, 9). Evangelizzzare per attrazione: così fa la prima comunità di Gerusalemme che, anche senza inviare missionari, vede accorrere “la folla dalle città vicine a Gerusalmme” (At 5, 16). Evangelizzare per irradiazione: come la lampada sul candeliere o la città sul monte, “perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 16) o “come una lampada che arde e rispende”, alla cui luce ci si rallegra (Gv. 5, 35). Si evangelizza con una “condotta irreprensibile tra i pagani, perché... al vedere le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio” (1Pt 2, 12). Evangelizzare per contagio (è una sfumatura del modo precedente): come una lampada si accende da un’altra lampada, come un sorriso genera un altro sorriso. Può essere da persona a persona, da gruppo a gruppo, da gruppo a persone singole che sono contagiate dalla fede gioiosa di una comunità: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra” (Lc 12, 49). “Anche se alcuni si rifiutano di credere alla Parola” possono “senza bisogno di parole essere conquistati considerando la vostra condotta” (1 Pt 3, 1-2). Evangelizzare per lievitazione: è un modo meno appariscente, più lento e nascosto, come “il lievito che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti” (Mt 13, 33). Questo modo vale in particolare per l’ “evangelizzazione delle culture”. Tutti questi diversi modi non si distinguono sempre adeguatamente e si integrano a vicenda. Carlo M. Martini Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 7 ca l e n d a r i o p a r r o c c h i a l e novembre giovedi 1° novembre - Festa di Tutti i Santi · a Ginevra: Santa Messa, ore 20.00 · a Carouge: Santa Messa, ore 19.00 venerdi 2 novembre - Fedeli defunti · a Ginevra: Santa Messa, ore 20.00 · a Carouge: Santa Messa, ore 19.00 preparazione al matrimonio · martedì 6, 13 e 20, ore 20.15, · domenica 25, ore 9.30 "cuori aperti" (gruppo adolescenti) · 14 novembre e 28 novembre, ore 20.00 giovani adulti · 15 novembre, ore 20.45 · 20 novembre, ore 20.45 · 29 novembre, ore 20.45 gruppo insieme · giovedi 15 novembre, ore 14.15 donne di azione cattolica · domenica 11 novembre, ore 17.00 dicembre giovani adulti ritiro di Avvento: · 1 e 2 dicembre · 13 dicembre, ore 20.45 · 16 dicembre pranzo natalizio, ore 20.45 · 28 dicembre - 2 gennaio, Taizé a Roma battesimi · Léonie E. M.-T. Mangeat · William Muller-Rappard · Federico Calabrese · Adriano Ponzo · Maxim Guerrera · Tyler Minerba · Sarah V. Pieri matrimoni 08-09-12: Giuseppe Zambuto e Silvia Sframeli 27-10-12: Fabrizio Conti e Warisara Ratchawat defunti Silvano G. Fontana (84), Anna Maria Frasca (54), Cersario Marzano (46), Filomena Di Lonardo (76), Maria Cecchin (76), Vanna Maria Dafflon (96), Barbara Crasto Politi (46), Maria Barbagallo (87), Antonia Gensale (79), Dario Innocente (79), Filippo Scilipoti (76), Leonardo Lizzola (81), Giacomo Chimenti (46), Giuseppina Granatella (72), Vincenzo Santorsola (57) 8 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 il biglietto Insegnare la fede? Eravamo a parlare di catechismo. I libri seminati sul tavolo. I programmi da precisare, completare, caricare di note. Una catechista racconta delle sue vacanze, non proprio vacanze, un tempo da volontaria nell’Africa nera, con i bambini raccolti sulle strade, alcuni anche abbandonati con pochi giorni di vita. Una vacanza impegnata nel far rifiorire la vita. Il catechismo riprende. Non per insegnare la fede, ma per parlare al cuore. Per avvicinarsi al cuore di Dio, là dove il bambino riprende a vivere, e a sorridere dentro. A Roma parlano di vangelo Un dibattito che non finisce mai: ritornare a evangelizzare o solamente risvegliare una fede assopita? Insomma, riprendere tutto da capo, o ricordare quel che già si sapeva? Il Sinodo dei vescovi è un avvenimento importante nella vita della chiesa, e staremo attenti a quel che diranno, sperando che non sia una ripetizione di cose già dette in tanti documenti del passato. Intanto noi raccogliamo l’invito della chiesa diocesana che, a partire dall’Avvento prossimo, ci chiede di prendere in mano il vangelo di Luca, leggerlo in famiglia, in gruppo. Luca ci offre un bel regalo con le tante parabole di facile e gradita lettura, anche per i bambini. Sarà un vero aiuto per entusiasmarci di nuovo nella conoscenza di Gesù, e portarci ad un incontro personale e amichevole con Lui. La missione cerca testimoni I nostri gruppi si rimettono in strada, e stanno per metter giù un programma serio e robusto, per non perdersi nel giro di poche settimane. Più che stendere formule magiche, sentono l’esigenza di cercare e farsi testimoni. Irradiare valori forti, quelli che rispondono alla domanda, se pur silenziosa, dei giovani d’oggi. I giovani, loro, non hanno perso tempo, e sono già in azione. E in cordata, perché stanno camminando insieme, anche se poi ogni gruppo porta avanti un progetto diverso. E avvertono la necessità di essere testimoni, prima che animatori. Ricordano la famosa citazione di un papa, Paolo VI: “La testimonianza di una vita autenticamente cristiana è il primo mezzo di evangelizzazione. L’uomo contemporaneo infatti ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. P. Luciano vita di missione Il catechismo ha riaperto le porte All’inizio di ottobre, come da tradizione, è iniziato l’anno catechistico. Circa 200 ragazzi sono presenti nella nostra comunità di Ginevra-Carouge. Il mandto alle catechiste ha concluso la S. Messa di inaugurazione. Come sempre, chiediamo ai genitori dei ragazzi di essere i primi catechisti dei loro figli. Incontri giovani coppie Tra i giovani-adulti che frequentano la missione italiana quest'anno si è sentita la necessità di un cammino di coppia. In effetti molte sono le coppie di fidanzati e sposati che da tre anni a questa parte frequentano l'attività del coro o del gruppo-giovani. Oggi più che mai sentono il desiderio di un percorso pensato per la coppia, dove ci si possa rinforzare nella conoscenza reciproca e nel dialogo, ma anche aprirsi ad altre coppie che vivono esperienze simili. Sentono fondamentale pensarsi come coppia che cammina con Dio al suo fianco e lo cerca ogni giorno. Il primo incontro previsto avrà luogo nel pomeriggio di domenica 4 novembre P. Ennio Cavazzini Superiore della Regione G.B. Scalabrini di Europa e Africa, è deceduto in Brasile dove stava partecipando a una riunione dei Superiori Scalabriniani. Non aveva ancora compiuto 59 anni ed era stato eletto all’importante incarico da appena un anno. Era originario di Castel Goffredo (Mantova). La nostra comunità si unisce alla Congregazione scalabriniana ricordandolo con tanto affetto e simpatia, da tutti apprezzato per le sue notevoli qualità di formatore e per aver vissuto con grande dedizione il carisma del fondatore Mons. Giovanni Battista Scalabrini. Un pasto al giorno Don Marco Passera è stato nominato a Ginevra responsabile del catecumenato degli adulti. È una bella notizia per noi della comunità italiana sapere che don Marco potrà accogliere e accompagnare quanti, in età giovane e adulta, desiderano intraprendere un cammino che porta al battesimo e agli altri sacramenti. Le suore Orsoline celebrano "Siete buoni tralci, vivificati sempre dalla vite che è Cristo. Egli vi ama: abbandonatevi dunque interamente a Lui". È l'invito del beato Zefirino Agostini. Il 24 settembre scorso ha avuto inizio l'anno durante il quale ricordiamo il bicentenario della nascita del beato, fondatore delle suore Orsoline di Verona. Un’altra occasione per sensibilizzare i giovani e le giovani al carisma di questo beato, unitamente al carisma delle suore francescane di Susa e a quello del beato G. B. Scalabrini. P. Silvano è sempre presente Continuiamo a ricevere attestati di affetto e stima dalla Svizzera e dall’Italia dove P. Silvano ha operato facendosi conoscere e stimare come sacerdote, formatore e per la sua presenza nei media. L’abbiamo ancora ricordato in Missione il 5 ottobre, data dei primi trenta giorni dalla sua scomparsa, e giorno che ricordava i suoi 79 anni. L’Associazione Comunità papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, che da oltre 40 anni opera nel mondo dell’emarginazione al fianco di chi vive una condizione di povertà, disagio e abbandono, ha allestito in Missione uno stand per offrire un pacco di pasta e raccogliere un dono per la gente che vive di un solo pasto al giorno. “Dal 1985, grazie al progetto Un pasto al giorno diamo una risposta immediata a chi soffre di malnutrizione e di fame. Nelle nostre strutture di accoglienza, in Italia e nei centri nutrizionali, ogni giorno oltre 41.000 persone siedono a tavola trovando un pasto e il calore di una famiglia. Le richieste di aiuto che riceviamo dai nostri missionari sono crescenti, per questo abbiamo deciso di intervenire anche in Argentina, Congo, Ciad, Ruanda e Uganda”. Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 9 testimoni In mezzo a queste difficoltà noi cerchiamo di portare un messaggio di pace, di tolleranza, di speranza. La prima cosa da fare... PADRE RODENEI Padre Rodenei, missionario scalabriniano in Mozambico, ha trascorso qualche giorno tra di noi. Gli abbiamo chiesto di raccontarci... Come è nata la tua vocazione per il Mozambico? Da sempre volevo essere missionario in Africa o in America centrale, tra i piu poveri: annunciare la parola di Gesù ai più bisognosi. Nel 1995 sono stato chiamato in Svizzera. Così il mio sogno per l’Africa era sfumato, nessuna speranza. Dopo 11 anni in Europa, tra i migranti di lingua portoghese, spagnola e italiana, ecco che il mio sogno si è concretizzato: mi è stato chiesto di andare in Mozambico. Ho detto subito di sì! Arrivai in Mozambico nel 2007, tra i migranti e rifugiati a Nampula nel campo profughi di Maratane, dove sono già da 5 anni. Siamo nella Parrochia S. Francesco Saverio che comprende sette comunità. Svolgiamo attività pastorale e sociale: diamo cibo a bimbi in situazioni penose, e ci impegniamo nella formazione interculturale per i giovani provenienti da diversi paesi. Questo ha cambiato molto nella tua vita... Nella mia vita tutto è cambiato, e in tutti i sensi: sociale, pastorale, spirituale. La povertà in Mozambico colpisce subito al cuore: bambini, giovani e famiglie che sono sempre in 10 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 cammino nelle strade piene di polvere o nei sentieri in mezzo ai cespugli, le loro case fatte con fango e coperte di paglia, il cibo scarso. Ma vivono con semplicità, sempre il sorriso sulle labbra e l’accoglienza formidabile. Sono sempre vicini a noi, sorridono, ci accolgono con le braccia aperte. Sono parecchi i bambini orfani, curati dai nonni o dagli zii. Tanti giovani non possono andare a scuola; i pochi che ce la fanno poi non trovano lavoro, e li trovi lì a chiedere aiuto. I rifugiati portano con loro il trauma della guerra, la violenza, la paura. Esser loro vicini, amici, persone di pace, di fiducia. Loro portano con sè una storia di guerra, violenze, dolori, paure... Noi non siamo lì a giudicare, ma li sosteniamo nei bisogni essenziali: aiuti materiali, la sicurezza, la presenza di Dio, la preghiera. Concretamente abbiamo un progetto di alimentazione per i bimbi mal nutriti: tanti bambini curati in ospedale ma che poi non hanno niente. Li aiutiamo a ricuperare peso e salute. Una volta che sono fuori pericolo, li seguiamo ancora per altri due mesi fino a che diventano autonomi. E ci sono 150 bambini dell'asilo in cattive condizioni. Stando in mezzo a loro, uno vede subito che si può vivere con poca roba... Basta un piatto di riso con fagioli, e la festa è pronta! È più importante essere insieme che avere dei bei vestiti. C’è chi vi aiuta? Grazie a Dio sono tante le persone che ci vengono incontro. Abbiamo l’aiuto della Onlus ASCS (Agenzia scalabriniana per la cooperazione e lo sviluppo). Siamo in collegamento con la chiesa diocesana ed anche con il Governo. Non facciamo assistenzialismo, ma ci preoccupiamo della promozione della persona, dei giovani, degli adulti, delle coppie. Ci chiedono, con l’aiuto materiale, anche pace, giustizia, amore, solidarietà.. Le difficoltà sono tante. Davanti alle loro povertà noi ci rendiamo conto di non essere capaci di rispondere adeguatamente. In ogni momento uno si domanda: cosa posso fare? Sicuramente non è facile fare il “il buon samaritano”. Èvero che abbiamo un buon rapporto con loro e la comunicazione passa abbastanza bene, però capirci in profondità e sapere veramente cosa vogliono e cosa possiamo fare è un bel rebus. Quello che nel primo momento sembra essere semplice, cozza poi contro una serie di limiti, per cui dobbiamo soprattutto stare assieme e non tanto giudicare. Per arrivare a una vera comunicazione, si deve passare molto tempo a sentirli, ascoltarli, capirli. La religione che posto prende fra tanti problemi di prima necessità? Il loro senso religioso è molto profondo. La loro vita è tutta avvolta nel sacro: Dio è sempre presente. Sia la vita come la morte, tutto dipende dal Signore. In Mozambico la maggioranza della gente è musulmana. I cristiani sono in aumento negli ultimi anni. Tra loro si vive per lo più una religiosità tradizionale : il culto degli antenati, il rapporto con la natura. Vengono in chiesa e partecipano alla vita della comunità. La Chiesa incoraggia la formazione di “piccole comunità ministeriali", dove ciascuno esercita un ministero: catechesi, gioventù, famiglie, infanzia missionaria, vocazioni, caritas, laici, liturgia, migrazione, ecumenismo, ecc. Alla Chiesa chiedono di essere accolti come fratelli, persone riconosciute nella loro dignità. Condividere la propria esperienza e il rapporto con Dio è il più grande regalo che si possa fare loro. "Tutto quello che fai, che dai, se non c´è l´amore, non è niente”. Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 11 in r i c o r d o d i . . . Il nostro P. Silvano è ritornato Durante la celebrazione del funerale, il 7 settembre scorso, presieduto da Mons. Silvano Tomasi, Nunzio apostolico della S. Sede presso l’ONU, abbiamo raccolto alcuni interventi che hanno tracciato in sintesi la figura e l’opera di P. Silvano. P. Sandro Gazzola, vicario regionale dei padri scalabriniani Le parole del canto iniziale ci hanno introdotti in maniera molto bella alla celebrazione che stiamo per iniziare: è il saluto a P. Silvano. Il canto diceva "lascia la tua terra e va' dove ti mostrerò... il tuo Signore ti darà il centuplo quaggiù e l'eternità...". Ancora una volta la Parola del Signore si dimostra vera: p. Silvano ha lasciato tutto, si è fidato del Signore... Era figlio unico e ha trovato più di cento fratelli e sorelle... Ha lasciato la sua casa e ha trovato cento comunità che lo hanno accolto... Ha lasciato la sua terra e ha trovato tante terre dove lo attendevano i migranti... Salutare p. Silvano che ha raggìunto il suo Signore vuol dire in definitiva celebrare la Vita e chi ha creduto nella Vita. Con questa celebrazione vogliamo ribadire che noi cristiani crediamo con fermezza nel Signore che ha vinto la morte. P. Silvano ora ci attende in Paradiso. Sr. Ermelinda Pettenon, delegata delle religiose in Svizzera A nome delle suore scalabriniane e di quelle che operano in Svizzera il mio commosso grazie al Signore per averci fatto il dono di P. Silvano, e per l'opportunità di condividere il carisma del Beato Giovanni Battista Scalabrini, padre dei migranti. Ho avuto l'opportunità di sentire la sua mamma orgogliosa e felice di avere suo figlio missionario. P. Silvano è stato molto importante nella formazione teologica e religiosa di tante nostre consorelle, come predicatore e animatore di Esercizi spirituali. Grazie al suo entusiamo missionario e al suo stile fraterno e amichevole, tante di loro oggi sono suore missionarie scalabriniane a servizio e in cammino con i Migranti! 12 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 + Pierre Farine, vescovo ausiliare Au nom de l’Eglise de notre diocèse j’aime vous présenter mes condoléances et surtout ma communion aux fidèles de langue italienne au moment où le père Silvano Guglielmi est rappelé à entrer dans le face à face avec Dieu. Je voudrais vous dire combien j’ai apprécié ce confrère, la joie qu’il portait en lui et qui était communicative, son attention pastorale, la clarté de ses interventions. J’aimais beaucoup le rencontrer: il y avait entre nous une espèce de connivence. D’autant que par ma mère je suis originaire un peu de la même région. Et souvent nous échangions des propos dans la langue parlée au nord de l’Italie et du Tessin. Cet après midi vous lui dites à Dieu. Je suis en communion avec vous. Ne soyez pas tristes, au contraire rendons grâce à Dieu pour tout ce que nous avons reçu grâce à son ministère dans notre diocèse et ailleurs. Avec ma fraternelle amitié. nella casa del Padre don Carlo, delegato delle MCI in Svizzera Oggi è un giorno triste per le nostre M.C.L.I. In Svizzera. La perdita di P. Silvano ci addolora profondamente. Un missionario giovane non è più tra noi. Ma ci sentiamo anche riconoscenti per quanto ha fatto e ha rappresentato per le comunità di lingua italiana e per la Chiesa in Svizzera. Un uomo che ha speso tutta la sua vita di religioso in favore dei migranti, seguendo le orme del beato Scalabrini. Lo ricordiamo soprattutto per il suo impegno generoso e competente di responsabile e animatore dei corsi di Teologia per laici in lingua italiana in Svizzera dove tantissimi laici delle nostre comunità e i nostri assistenti e collaboratori pastorali si sono formati cristianamente e hanno acquistato competenze pastorali. Vivo in noi è il ricordo del suo entusiasmo, il suo amore per il Signore, la dedizione alla Chiesa. Che bello sarà stato, caro padre Silvano, udire la voce del tuo Signore che ti ha accolto così: Vieni Benedetto dal padre tuo: perché ero migrante e mi hai accolto! Sandro Giuliano, presidente del Consiglio di parrocchia Mi faccio portavoce della comunità italiana di Ginevra per salutare a nome di tutti P. Silvano. Lo abbiamo tutti conosciuto e apprezzato e ognuno di noi ne ha un ricordo personale. Sotto un’apparenza talvolta severa P. Silvano nascondeva un grande cuore. È stato sempre ed in ogni momento sacerdote a cui si poteva ricorrere. Schivo a parlare di se stesso e della sua salute anche quando era evidente che questa lo preoccupava. Parlava invece volentieri quando si trattava del “suo” giornale Presenza Italiana, che difendeva con una punta d’orgoglio. Se n’è andato discretamente, in silenzio, nascondendo pudicamente la sua sofferenza. Ora è nella casa del Padre e mi piace credere, come profondamente credo, che un giorno, quando il Padre ci chiamerà a sé, P. Silvano sarà là anche lui a darci il benvenuto. P. Silvano Guglielmi P. Silvano nacque a Vergiate (Varese). Fu ordinato sacerdote il 12 marzo 1960. Dal 1960 al 1971 fu professore di lettere nel seminario di Cermenate. In seguito si trovò a Piacenza come segretario del Centro missionario e direttore della rivista L’Emigrato italiano. Nel 1979 viene traferito alla Provincia S. Raffaele (SvizzeraGermania) con il compito di servizio di informazione della Congregazione. Nel 1981 è nominato direttore del CSERPE, incarico che coprirà fino al 1998, quando viene assegnato alla missione di Ginevra. A lui era stato affidato il settore della stampa italiana, collaborando con numerose pubblicazioni scalabriniane e non scalabriniane. Fu l’iniziatore del pellegrinaggio annuale degli emigrati in Svizzera-Germania a Lourdes. Durante gli anni passati in Svizzera, come direttore del CSERPE, P. Silvano si è dedicato alla formazione dei laici organizzando e dettando corsi di teologia per laici e pubblicando lezioni e opuscoli. È stato attivo in diversi progetti di stampa riguardanti la nostra Congregazione. Nel 2005, centenario della morte del Beato Fondatore, ha curato le pubblicazioni su di lui, alcune delle quali furono pure tradotte in varie lingue, tra le quali “Un esodo e la sua Guida. Il beato Giovanni Battista Scalabrini”, e la mostra fotografica della storia del Fondatore e della Congregazione. Accettò la malattia con serenità e continuò ad essere attivo fino a quasi la fine della vita. È deceduto nell’ospedale di Ginevra la mattina del 5 settembre 2012. Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 13 mondo scalabriniano IN CAMMINO CON I MIGRANTI In ricordo di p. Silvano Guglielmi, scalabriniano, tornato lo scorso 5 settembre alla casa del Padre, riportiamo alcuni stralci di un suo testo pubblicato integralmente nel quaderno semestrale “Traditio Scalabriniana”. “Ho lasciato il mio paese poco più che tredicenne e da tempo ci ritorno solo di passaggio, solo qualche ora, giusto il tempo per andare al cimitero e salutare qualche amico, logicamente invecchiato come me. Ma lì mi sento ancora a casa mia. Respirare a pieni polmoni, anche solo per pochi istanti, l’aria nativa mi rinvigorisce. Quello è il mio terreno naturale, anche se, parlando con l’uno e con l’altro dei vecchi amici, subentra subito una sensazione opposta: mi manca l’aria! L’orizzonte si fa piccolo, mi sento estraneo, ho voglia di ripartire. Il perché è semplice: la mia vita mi ha portato altrove; ho incontrato contesti diversi; ho smesso di fare classifiche di merito tra nord e sud, tra Italia ed altri Paesi, perché vivo una pluralità di appartenenze, che fanno veramente mia patria il mondo intero. Lo dico con piena coscienza, anche perché, riandando alla storia di casa mia, ho scoperto che il terreno nel quale sono cresciuto era già plurale per tante ragioni. La vita poi mi ha portato a scoprire altre ricchezze, che sono diventate mie. Da qualche tempo il nostro vocabolario sulle migrazioni si è arricchito […] ma aggiornate pure i termini: siamo lì in difesa. In difesa di che? del nostro essere chi? Io, ad esempio, […] non saprei con quale area culturale ben definita identificarmi. Mi sento sintesi di una storia millenaria come tutti gli altri e, venendo al mio particolare, che è poi simile per quasi tutti, penso a mio nonno che nel 1886, undicenne, faceva il "bocia" in un cantiere edilizio a Losanna, proprio qui, dove a distanza di centovent’anni, io mi ritrovo missionario. Veniva da Mis di Sospirolo, nel bellunese, e da semplice murato- 14 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 re, con coraggio e fantasia, si è messo in proprio e ha cominciato a costruire strade e ferrovie in Svizzera e Francia e i cinque figli sono nati a tot chilometri uno dall’altro, a seconda dello spostamento del cantiere. È morto a quarant’anni nel 1915 ed è sepolto a Nancy. Nessuno della famiglia ha avuto mai la possibilità di fermarsi in preghiera sulla sua tomba. Ho letto da qualche parte che uno sceglie come sua Patria la terra dove sono sepolti i suoi. Io mi sento francese, anche perché là è nata mia madre, figlia di emigrati. Lo scorso anno, un nostro confratello, p. Eliseo Marchiori, al quale avevo dato alcune informazioni generiche, ha trovato il paesino dove è nata mia madre: trecento abitanti, la vecchia chiesa, e mi è venuta la voglia di andarci in pellegrinaggio. Quel paese, Fréményl, è per me terra sacra. Mio nonno Antonio, invece, il padre di mio padre, negli stessi anni lavorava in Prussia e lassù ha lasciato metà della sua salute. Datemi la licenza di sentirmi un po’ tedesco: c’è un contributo di famiglia anche nel progresso grandioso di quella terra. Mio zio Amilcare, fratello di mia madre, ha sposato Sofia AbuKalil, araba, cattolica palestinese, nata a Gerusalemme. I suoi erano mercanti ed erano finiti dalle parti di Fiume, allora Impero austro-ungarico. Sono sempre stato il suo nipote più coccolato. Mi ha dato qualcosa di sé e ora, ultra novantenne, mi telefona ancora per sapere come va la mia salute. È stata lei, durante l’ultima guerra, mentre ero suo ospite in Valtellina, a insegnarmi che non dovevo dire niente a nessuno degli ebrei che frequentavano la sua casa e mi ha spiegato il perché. Il mio piccolo mondo di ragazzo cominciava ad aprirsi su altri scenari. Ci penso adesso: una donna araba che proteggeva una famiglia di ebrei. Lezione di vita che non ho più scordato. I miei compagni di scuola sono distribuiti nei cinque continenti. Ci sentiamo ogni tanto, qualcuno lo vedo al rientro in Italia e mi portano il mondo in casa. Ed è tutto un mondo di gente in movimento verso Terre Promesse dai nomi più diversi, gente che tenta l’avventura, con la valigia piena di speranza, gente che è diventata la nostra grande famiglia, gente che amiamo, gente che riempie le nostre giornate di affetti e di preoccupazioni. Come si fa a dimenticare che noi missionari scalabriniani siamo nati sul marciapiede di una stazione e sulla banchina di un porto? Quella è stata la nostra culla: […] i crocicchi del mondo, dove la gente si incontra, si scontra, si unisce, si affratella e riprende il cammino, come diceva Scalabrini”. Ma permettetemi di aggiungere altri elementi al formarsi della mia identità. Un anno solo sono stato parroco in Calabria, ma è forse l’esperienza che più mi ha segnato. La Calabria da sempre cava di braccia per una emigrazione senza fine, gente orgogliosa, dignitosa, generosa. L’attuale parroco mi ha invitato, dopo venticinque anni dalla mia partenza, a predicare la novena del patrono, S. Filippo d’Agira, ed è stato come tornare a casa dopo l’assenza di un sol giorno. ‘Ti sei fatto terrone’, mi diceva sorridendo mia madre. E laggiù volevo chiudere i miei giorni; avevo già scelto il vecchio olivo pluricentenario sotto il quale essere sepolto, a due passi dalla chiesa della Madonna del Lume. È andata diversamente, ma la Calabria me la porto in cuore da quasi trent’anni. Anche quella è terra mia, terra che mi ha rigenerato. Vi conduco a Manfredonia in Puglia, da sempre porto dove si sono incrociate tutte le razze del sud, dell’est e del nord. Una parrocchia di periferia, fatta tutta da gente che era scesa dal Gargano a cercare lavoro e da tecnici venuti dal nord Italia. La chiesa, Cappella San Pietro, era in un garage e ci stavano pigiate duecento persone. Ero diventato uno di loro e loro mi sentivano così. Dio solo sa quanto ho ricevuto e quanto quel mondo abbia contribuito a modificare ancora la mia fisionomia interiore. L’eterno conflitto tra nord e sud Italia? In chiesa c’erano tutti, senza distinzioni, Matteo Starace, manfredoniano e ingegnere all’Anic, e Alberto Buratti, nato a Budrio e caporeparto. C’era Carlo Mezzanzanica da Rho e tutta la compagnia dei Pellegrino e degli Arena, montanari. Convivere, condividere, solidarizzare: erano queste le parole che facevano unità, dentro e fuori la chiesa e la fabbrica. Idealizzo? Sì, a patto che mi consentiate di dare a questo verbo il valore di scoperta di ideali. Scoperte e decisioni prese assieme. Vi risparmio le altre tappe della mia vita, ma, finito in Svizzera, ricordo la risposta a un questionario che il nostro Centro Studi di Basilea aveva sottoposto ai ragazzi italiani della seconda generazione: qual è la tua appartenenza? Uno ha scritto: sono seduto tra due sedie. Posizione scomoda senz’altro, ma non osava scegliere. Doppia appartenenza e doppia estraneità. Ma, insieme, ricerca di una sintesi, che per molti dei nostri emigrati è avvenuta, come si è realizzata per noi missionari. Non siamo più gli stessi da quando ci hanno timbrato per la prima volta il passaporto alla frontiera. Siamo ‘altri’. Cresciuti. Abbiamo imparato il dialogo, il rispetto, il senso più vero del pluralismo”. “Del resto è cosa nota: il cammino delle idee è di una lentezza disperante, massime quando urtano interessi e passioni, ma è continuo quando le idee proposte sono giuste e di vera utilità. Insistiamo adunque, poiché ogni lentezza giunge alla meta, a condizione che la stanchezza non vinca chi se ne è fatto banditore”. (G. B. Scalabrini, II Conferenza sull’emigrazione, Torino 1898) Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 15 pagina della bibbia GESÙ, PRESENZA DI DIO PER I POVERI Nell’ultimo articolo abbiamo riflettuto sul modo in cui l’evangelista Matteo fa iniziare l’annunzio di Gesù con le Beatitudini, che aprono il "discorso della montagna". Abbiamo ricordato che, mentre Luca fa seguire le beatitudini da altrettanti “ma guai a voi...” che stigmatizzano la condizione opposta a quella di chi è dichiarato beato, Matteo rinunzia in questa grande apertura a ogni espressione di condanna e concentra l’annunzio di Dio, portato da Gesù, sulle dichiarazioni positive. Vediamole, questa volta, un poco più da vicino. Due evangelisti riferiscono le beatitudini di Gesù: Matteo e Luca. Vi invito a prendere i vangeli e a leggerle. Nel vangelo di Matteo, si trovano al capitolo 5, versetti 3 a 12; in quello di Luca, al capitolo 6, versetti 20 a 23. Scopriremo che Matteo ha sette beatitudini, più una che si rivolge ai discepoli quando saranno perseguitati a causa di Gesù; Luca ne ha tre, più quella per i discepoli perseguitati. Quest’ultima è stata certamente conservata dai primi cristiani perché facevano spesso l’esperienza di essere calunniati, maltrattati, esclusi per il fatto di affermare la loro fede in Gesù figlio di Dio. Le altre tre, Matteo e Luca le hanno certamente conservate perché per i primi credenti in Gesù erano le più importanti. Su di esse vogliamo fermarci un attimo. Prendiamo la forma di Luca, più breve: Beati voi che siete poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che piangete adesso, perché riderete. Beati voi che avete fame adesso, perché sarete saziati. Le beatitudini non le ha inventate Gesù. Nel Medio Oriente antico, e particolarmente in Israele, costituivano un modo di congratularsi con un individuo o con un gruppo di persone, affermando che si trovavano in una condizione felice, e in generale se ne aggiungeva il motivo: “Beato te... (oppure: Beato chi...) perché...”. Un esempio famoso si trova proprio all’inizio del libro dei salmi (Salmo 1,1-2): “Beato l’uomo che 16 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 non segue il consiglio degli empi... sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua”. Un altro, all’inizio del Salmo 32: “Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato”. A me piace molto - certo anche perché mi ci riconosco Siracide 26,1: “Beato il marito di una donna virtuosa; il numero dei suoi giorni sarà doppio”. La beatitudine (come ogni forma di congratulazione) si riferisce a una condizione che esiste già nel presente e che, come tale, rende l’uomo beato: gli esempi che abbiamo citati sono chiari in questo senso. Che la condizione di cui si parla meriti una congratulazione è poi di per sé evidente, soprattutto negli ultimi due. Ma è proprio qui che Gesù, proprio mentre adotta un modo di esprimersi ben noto ai suoi ascoltatori, sorprende loro e noi. Se infatti ogni persona che consideriamo assennata capisce che si definisca beato il marito di una donna virtuosa (e oggi che l’uomo non sta più da solo al centro, aggiungiamo: vale naturalmente anche il reciproco!), forse non ci appare altrettanto assennato dichiarare beati coloro che sono poveri, che piangono, che hanno fame. Potremmo ancora capire che Gesù esortasse a liberare i poveri, i sofferenti, gli affamati dai loro tormenti. Potremmo ancora capire che che dicesse: voi poveri, sofferenti, affamati sarete beati in un’altra vita. Così queste parole sono state a volte interpretate. Ma Gesù non dice questo! Una beatitudine non dichiara che qualcuno sarà beato in un futuro, ma che lo è al momento in cui essa è pronunziata. Se no, oltre tutto, sembrerebbe uno scherzo atroce. Soprattutto al tempo di Gesù, quando lo stato non metteva a disposizione (tranne le distribuzioni di grano che la propaganda imperiale organizzava nella città di Roma) mezzi per assistere gli indigenti; questi erano inesorabilmente condannati alla vergogna, al disprezzo e alla morte. Gesù sapeva bene quale fosse la sofferenza dei poveri, degli indifesi, degli affamati di fame vera, cronica, distruttrice del corpo e dello spirito. Ma allora perché si esprime così? Gesù si sta riferendo a di Enrico Norelli un’immagine di Dio che i suoi ascoltatori conoscevano bene: come un re orientale, Dio ha tra i suoi primi compiti quello di difendere i deboli e gli oppressi, in un mondo in cui chi ha denaro e potere trova sempre il modo d’imporsi, ai danni di chi potere non ne ha. Già i profeti d’Israele avevano denunciato le bilance truccate dei commercianti, le sentenze vendute dei giudici, le leggi fatte a proprio vantaggio dai potenti che se la intendevano tra di loro; e avevano ricordato ai prepotenti che Dio protegge coloro che essi imbrogliavano e schiacciavano. La giustizia di Dio consiste in primo luogo nel fatto che Dio si schiera dalla parte degli indifesi. Ma Gesù, adesso, aggiunge qualcosa, e qualcosa di decisivo: il Regno di Dio ha già cominciato a manifestarsi, nell’azione e nella parola di Gesù stesso. Matteo e Luca, concordi nonostante le tante differenze nei dettagli delle Beatitudini, scrivono la prima con il verbo al presente: dei poveri “è” il Regno. Non “sarà”. Con Gesù, il Regno è già qui, anche se, per ora, in modo visibile solo a chi ha occhi per vederne i segni che si manifestano nelle guarigioni, nelle espulsioni di demoni, negli atti di amore che Dio compie per mezzo di Gesù. Solo a chi sa che il seme si è aperto e la piantina, sotto terra, ha cominciato a svilupparsi. Il Regno si rivelerà presto nella sua interezza, e chi piange riderà, chi ha fame sarà saziato. Qui, certo, c’è opposizione tra un “adesso” di sofferenza e un futuro di gioia. Ma i poveri sono beati già ora: la speranza che Gesù crea e annunzia non è illusione, perché attraverso di lui Dio sta già realizzando una trasformazione profonda. Gesù non ha disprezzato i ricchi e i sazi, ma la prima parola del suo annuncio è che il suo ministero è il segno che Dio si è messo dalla parte di chi, concretamente e orribilmente, soffre, e non ha mezzi per sottrarsi a questa sofferenza che gli sottrae la vita. Dio è vita, e si fa carico di loro. Ma allora è una faccenda che riguarda Dio e i poveri, mentre gli altri stanno a guardare? Certamente no: perché quando Dio agisce, semplicemente non è mai possibile “stare a guardare”. Ne parleremo un’altra volta. un libro per voi "IL COMUNE SENTIRE" di Carlo M. Martini Cari lettori della nostra rivista e di questa rubrica, questa volta la scelta del libro è piuttosto un “pretesto”. Un pretesto perché l’autore che vi proponiamo oggi, di libri ne ha scritti tantissimi e tanti sono stati scritti su di lui, c’era quindi l’imbarazzo della scelta. Ma è soprattutto un pretesto perché quello che più ci preme è dare un saluto a questo scrittore, questa persona che ci ha lasciati da poche settimane. Si tratta del cardinale Carlo Maria Martini. Il Corriere della Sera gli chiede di tenere una rubrica e rispondere alle “lettere dei lettori” su temi religiosi, etici, ecc. Accetta con entusiasmo, dopo la Bibbia la sua passione è sempre stata il giornalismo. La sua rubrica ha grande successo. Il libro che vi presentiamo si intitola “Il comune sentire”. Raccoglie tutte le lettere e le risposte del cardinale ai lettori del Corriere della Sera. La prima cosa che mi ha colpito, più che le risposte di Martini, sono le domande dei lettori. Si rivolgono al cardinale con spontaneità e semplicità. Domande molto varie, su argomenti diversissimi: attualità, famiglia, ateismo, fede, economia, giustizia, lavoro, eutanasia, ecc. Si nota una grande fiducia di questi lettori, fiducia che qualsiasi cosa dicano non verranno giudicati, né rispediti al mittente con poche parole e qualche certezza superficiale. Martini risponde, con frasi brevi, facili da capire e rapide da leggere (si direbbe quasi che sia abituato a Twitter o Facebook ...!), interessante per lui che era un super-intelletuale! Non si situa mai nella posizione di colui che insegna, di colui che ha già capito tutto e dispensa generosi consigli. Le sue frasi sono asciutte, non esita, non usa la retorica della falsa modestia, ma la sua posizione è Per lui la differenza tra credenti e non credenti non era essenziale. Preferiva quella tra “pensanti e non pensanti”: “C’è in ognuno di noi un ateo potenziale”. di colui che cerca, cerca insieme agli altri: “spero che anche chi non è interessato possa vedere nel proprio vescovo un compagno di cammino e di ricerca”. Per lui la differenza tra credenti e non credenti non era essenziale. Preferiva quella tra “pensanti e non pensanti”: “C’è in ognuno di noi un ateo potenziale”. È quasi liberatorio sentir parlare della fede, come qualcosa che non è né scontato, né riservato ai bravi ragazzi, ma che è soprattutto un “dono, che và chiesto umilmente”. Era profondamente radicato nella cultura cattolica e anche nella tradizione cattolica, ma cercava di andare anche oltre. È stato uno dei più grandi esperti della sacra scrittura, della Bibbia. Il suo brano preferito era “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Salmo 118). Attraverso la Bibbia cercava la strada per il cristiano, ma anche per ogni uomo. Non vedeva differenze sostanziali tra un percorso di umanità, di vita e uno religioso, di fede. Mi viene da pensare che una delle ragioni del grande successo che ha avuto Martini è stato il bisogno di maggiore apertura che tanti cattolici avvertono e al quale per adesso non ricevono risposta. Martini rifletteva, proponeva, criticava anche, ma la sua voce era talmente autorevole che non si poteva zittire facilmente. Guardando la vita e gli scritti di Carlo Maria Martini, si possono trovare varie contraddizioni apparenti in lui: l’aspetto era severo e quasi altero; era di alta statura e di bella apparenza, il carattere invece era di grande dolcezza, umanità. Le sue decisioni non sono state facili da vescovo: anni del terrorismo, emergere dei movimenti e di rivalità nella diocesi, Tangentopoli a Milano, ecc. Ha sempre dimostrato coraggio e si è esposto, ma dice di sé di essere timoroso. Il modo di parlare era austero e quasi monotono, ma quello che diceva era estremamente all’avanguardia, quasi un pò rivoluzionario. Al suo funerale un giornalista chiede ad un autorevole gesuita che usciva dalla chiesa: “che messaggio ci lascia Martini?”. Risposta: "Non lascia un messaggio, lascia un’enciclopedia. Leggendo il libro “Il comune sentire”, e quindi il dialogo con la gente, viene da dire: “Lascia ancor di più di un’enciclopedia: lascia una vita vera e piena, lascia una fede, che potrà essere lampada per i nostri passi”. G. Gambaro Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 17 solidarietà Concert par la chorale MUSICANOVA et spectacle folklorique par le ballet I BALARINS DE RIVIERE Samedi 15 septembre autour des 15 heures, dans la salle de spectacle de la Maison de Retraite du Petit-Saconnex, s’est déroulé un concert choral suivi d’un spectacle de ballet. Organisé par les EMS Les Pins et La Provvidenza, (deux institutions créées par la volonté de la Société de la Chapelle Italienne de Genève) placé sous le patronage de la FEGEMS, cet après-midi de spectacle a été gracieusement offert aux résidents des EMS du canton. Eric Marti, directeur de l’EMS Les Pins, Luciana Muhle, directrice de La Provvidenza, assistés de l’animatrice Elisa Pinna ont été la cheville ouvrière de cette magnifique prestation de chants et danses populaires. Dirigée par Maria Giovanna Michelini, la chorale MUSICANOVA, a de multiples représentations internationales à son actif. Elle garnit son livre de voyages par des concerts en Autriche, en Allemagne et en Suisse. Le ballet folklorique I BALARINS DE RIVIERE, sous la direction de Elisa Cignini, n’est pas en reste. 18 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 Lui aussi, depuis 1965, est régulièrement sollicité et participe à de nombreux Festivals Internationaux (le dernier en date sur la Place Belle-Cour à Lyon). Ces deux groupes, en provenance de Magnano in Riviera dans la province de Udine - Frioul - nous ont offert un spectacle de haute qualité. Salle comble; sur près de deux heures, les productions des groupes nous ont ravis. C’est dans un esprit à la fois ludique et culturel, avec le désir d’apporter par la musique, le chant, et la danse folklorique, un moment agréable et divertissant, lié à la culture d’une région dont les racines font partie intégrante du folklore italien, que ce spectacle a été organisé. Ce concert spectacle, conçu dans un rapport à l’italianité a été proposé et soutenu financièrement par la Fondation Alphonse Carfagni, afin d’offrir prioritairement aux résidents italiens des EMS du Canton de Genève une après-midi de culture agréable durant lequel ils pourraient se remémorer des moments de leur jeunesse. Souhaité dans un esprit de conviviale ouverture et s’appuyant sur la diversité sociétale que représente aujourd’hui les résidents des EMS, cette manifestation artistique a été ouverte, aussi, aux pensionnaires non italiens, accompagnés, s’il le souhaitaient, de leurs familles et amis. Il eut été dommage de se priver d’un tel moment d’émotion. Un moment où la parole et la gestuelle, tous deux portés par une musique traditionnelle, dépei- Durant ces moments où les chants nous ont emportés dans leurs voyages, il nous faut relever en particulier: Sciarazula marazula de Giorgio Mainero; chant typique du Frioul, qui remonte au XVème siècle, que hommes et femmes chantaient en formation séparée pour évoquer la pluie. Le ballet, quant à lui, n’a pas été moins généreux. Une dizaine de danses en costume traditionnel, accompagnées par quatre musiciens, nous ont - par la grâce, de la précision, du rythme et du geste - enthousiasmés. Par sa singularité nous retiendrons: Il bal des gnozzis dont la chorégraphie exprime les diverses étapes du péage; parcours que doit assumer le marié avant de rencontrer sa future épouse. Pour conclure leur magnifique tournée, la chorale MUSICANOVA a chanté la Missa Prima de C. Casini (1561-1632) à l’office de 10 heures, le dimanche à la Chapelle Santa Margherita de la Mission Catholique Italienne. A la sortie de la messe, pour ne pas être en reste, le ballet nous a proposé une agréable production, sur le parvis de l’église. JGC gnent ces paysages frioulans et le mode de vie de ce nord-est de l’Italie. Région de frontière, bordée d’un côté par l’Autriche et de l’autre par la Slovénie, où il y a encore un demi-siècle, l’émigration dans les familles était plus présente que le pain sur la table. Oui, c’est de cela, de ces faits de la vie quotidienne des campagnes frioulanes chères à Pasolini, mais aussi de ces séparations, de ces déchirures, que ces chants et ces danses pour la plus part nous parlent, en exprimant l’amour et la nostalgie des gens et des choses que les émigrants laissaient derrière eux. Ainsi la parole frioulane mise en musique, autant que les danses folkloriques exécutées, ont démontré de la part des interprètes une notable maturité artistique côtoyant une sensibilité d’interprétation qui fait la part belle aux traditions, dont les deux groupes présents se sont faits depuis des décennies de merveilleux ambassadeurs. Au programme du concert, quelques douze chansons frioulanes et italiennes. Cerise sur le gâteau; pour rendre hommage au public de langue française une ravissante interprétation des Trois Cloches qu’Edith Piaf porta à la notoriété. Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 19 missioni linguistiche MISSION LINGUISTIQUES: UNE INTÉGRATION EN CHANTIER Missions ou communautés linguistiques, elles sont multiples aux quatre coins de la Romandie et représentent d’ardents viviers de la foi. Grosso modo, un tiers des catholiques romands "viennent culturellement d’ailleurs". Italiens, Espagnols, Portugais, Sud-Américains, Anglophones, etc., ils sont plus de 200 000 à vivre une foi souvent plus colorée et démonstrative que celle des catholiques d’ici. "Ils ne vivent pas le christianisme comme nous", souligne Myriam Stocker, nouvelle coordinatrice de la pastorale pour le diocèse de Lausanne, Genève et Fribourg. Grâce à eux, certaines messes sont beaucoup plus fréquentées et animées que celles des francophones! "Il y a régulièrement 300 à 400 personnes aux huit messes dominicales, jusqu’à 1000 à l’occasion des grandes fêtes", se réjouit l’abbé Thierry Schelling, curé modérateur de RenensBussigny. Heureux prêtre face à de telles assemblées! "Ils n’ont donc qu’à nous rejoindre, à venir à nos messes", lance le paroissien lambda. Pas si simple! Certes, une pastorale leur est destinée, dite des migrants. Qui doit se fondre dans celle dite territoriale. Belle intention! "Il faut considérer que la pastorale des migrants n’est pas une branche à option, mais une branche incontournable dans la conduite et la pastorale diocésaine", est-il écrit dans un document diocésain de 2007, le plus récent sur le sujet.1 "Avec leurs sensibilités propres, les missions linguistiques contribuent à réaliser une Eglise "communion de communautés", une Eglise aux multiples visages où l’on peut vivre ensemble." Sans doute, mais comment conduire un tel chantier? "Souvent, dans le passé, les missions linguistiques et la pastorale territoriale ont travaillé de manière parallèle. Désormais, elles sont appelées "à vivre ensemble" à tous les niveaux." Mais "il faut reconnaître que les façons d’accompagner les communautés linguistiques demeurent différentes". Et aujourd’hui, cinq ans plus tard, où en est-on? "Nous avons pris du retard", concède Myriam Stocker, première femme à siéger au Conseil épiscopal. "C’est l’une de nos priorités, notamment au sein de la COR (Conférence des ordinaires de Suisse romande), confie-t-elle, et j’espère mettre en place dans le courant de l’automne un groupe de travail réunissant des prêtres, des aumôniers de missions et des laïcs pour approfondir ce sujet." "Nous ne pouvons pas avoir deux pastorales parallèles", avertit Mme Stocker, sans mettre en cause l’existence même des missions linguistiques: "Nous devons collaborer entre animateurs des missions et équipes pastorales dans le but de profiter de cette pluriculturalité, car nous avons aussi à apprendre d’eux." Et elle cite des exemples où le train a déjà bien avancé, "surtout là où les aumôniers des missions linguistiques sont aussi à temps partiel prêtres dans une UP. C’est un élément facilitateur". Myriam Stocker Drapeaux de de tous les pays aux balcons d'un immeuble durant l'Euro de foot: un symbole de la pluriculturalité en ville de Renens. Exemples de percées intéressantes: à Nyon, dans la région de La Côte, et à Renens, dans l’Ouest lausannois. Curé de Renens, l’abbé Schelling abonde dans ce sens: "Le fait que don Daniele Colautti, Italien, soit répondant de la communauté portugaise, don Paulino Gonzalez, parfaitement francophone, répondant de la communauté hispanophone ou moi-même, Suisse, répondant pour la communauté italienne, facilite beaucoup les rapprochements entre les communautés". "Bien sûr que nous travaillons à l’interculturalité, mais il ne suffit pas de dire que l’on veut une Unité pastorale pluriculturelle pour qu’elle se fasse! Il faut faire dans le concret - la politique des petits pas - et nous nous y employons, par exemple en proposant régulièrement des messes pour tous: chants en diverses langues et ordinaire en français." "Les communautés ont une vie parallèle, riche et variée, on doit l’admettre. Ce que nous essayons de faire, c’est de jouer le rôle de jeteurs de ponts", ajoute l’abbé Schelling. Claude Jenny Proposer la foi - planification pastorale, Diocèse de Lausanne, Genève et Fribourg, 2007 1 20 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 Consolato italiano a Ginevra È con grande piacere che rivolgo un primo saluto ai lettori del periodico “Presenza Italiana” della Missione Cattolica Italiana a Ginevra ed ai connazionali tutti della circoscrizione consolare. Dopo poco più di due mesi in questa splendida città, sto iniziando a conoscere la realtà vitale e composita della comunità italiana, che ha saputo mantenere nel corso degli anni forti legami con il territorio di origine, le sue tradizioni e la sua cultura. In questo ambito, la presenza di una fitta rete di associazioni è un elemento di importanza fondamentale per cementare quel senso di appartenenza che ci lega tutti alla Patria. Ringrazio quindi con particolare calore per lo spazio che ha voluto concedermi la Missione Cattolica. Ne conosco la consolidata presenza pastorale e sociale e l’impegno con cui realizza le proprie iniziative da tanti decenni, con un’attenzione particolare ai cittadini italiani. Da parte mia, e con la collaborazione di tutto il personale del Consolato, assicuro un costante impegno per cercare di migliorare i servizi per l’utenza, cercando anche di usare al meglio le tecnologie informatiche al fine di rendere le varie procedure più snelle ed agevoli. Nel rinnovare quindi a tutti i miei sentiti ringraziamenti per la calorosa accoglienza che mi è stata riservata, mi è gradita l’occasione per inviare i miei più cordiali saluti. Ginevra 28 settembre 2012 Andrea Bertozzi Console Generale d’Italia Avviso importante per l’utenza Comunicazione agli uffici del Consolato degli indirizzi di posta elettronica dei connazionali Nello spirito di innovazione e semplificazione delle procedure del Ministero degli Affari Esteri e per offrire ai cittadini all’estero servizi sempre più efficaci e tempestivi, si segnalano a tutti i connazionali provvisti di posta elettronica gli importanti vantaggi della comunicazione del proprio indirizzo e-mail all’Ufficio consolare di riferimento. In tal modo, potranno ricevere per posta elettronica, all’indirizzo comunicato, informazioni di carattere generale relative ai servizi consolari ed alle innovazioni introdotte, e fruire, in prospettiva, di tutti i servizi che si renderanno prossimamente disponibili con l’avvio della piattaforma SE.CO.LI. (“Servizi Consolari On-Line”), anche in vista delle nuove modalità informatiche di voto previste per le future elezioni dei Comites. Per quanto precede, si sarà grati ai connazionali che vengono in Consolato se potranno cortesemente comunicare al personale dell’ufficio il proprio indirizzo di posta elettronica al momento in cui vengono ricevuti allo sportello. Gli indirizzi potranno essere altresì comunicati alla seguente mail: [email protected] Si raccomanda che tali comunicazioni siano inviate direttamente in Consolato. Si precisa poi che ad ogni indirizzo di posta elettronica deve necessariamente corrispondere una persona fisica, con la conseguenza che non potranno in alcun modo essere accettati indirizzi mail “collettivi” (ad es. unico indirizzo per entrambi i coniugi o per nucleo familiare). Gli indirizzi di posta elettronica comunicati dai cittadini saranno utilizzati dagli Uffici diplomatico-consolari nel rispetto della normativa sul trattamento dei dati personali, per fini esclusivamente d’ufficio. Ginevra 24 settembre 2012 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 21 associazioni alpini L'artigliere alpino Dario Innocente - classe 1933 - è andato avanti. Dario era il più anziano, sia d'appartenenza all'ANA Nazionale, sia in veste di consigliere nel comitato del Gruppo Alpini di Ginevra. Dario era immancabile, sempre pronto e disponibile per qualsiasi lavoro. Dario lascia un grande vuoto e un ricordo indelebile a quanti lo hanno conosciuto e apprezzato. Alla moglie Gianna, infaticabile e apprezzata aiutante degli alpini, va il nostro pensiero di affettuosa commozione, nonché, le nostre più sincere condoglianze alla sua famiglia. bergamaschi organizzano la tradizionale castagnata, sabato 20 ottobre, a partire dalle ore 19.00, alla ferme Vecchio Vessy. Verrà dapprima servito un piatto di pasta. Per informazioni rivolgersi a: Mario Arnoldi (tel. 022 341 40 36 ) Invitano i soci e simpatizzanti a partecipare alla tradizionale Festa di Santa Lucia, sabato 8 dicembre, ore 19.30, Salle des Fêtes de Troinex, route de Moillebin 20, con l'orchestra Giuliano e i Baroni di 10 elementi. La cena dev'essere prenotata presso il sig. Mario Arnoldi (tel. 022 341 40 36 ). Santa Lucia dei bambini, domenica 16 dicembre, ore 16.00, alla ferme Vecchio Vessy. sardi Sa jara a Ginevra con la partecipazione del gruppo Sa jara de Tuili sabato 3 novembre dalle ore 19.00 in poi presso la sala comunale di Carouge. Per informazioni varie e prenotazioni, pregasi telefonare ai numeri seguenti: 076 313 18 72 ou 022 800 16 44 ou 079 704 09 90. il circolo acli di ginevra organizza per sabato 24 novembre la cena sociale, presso la M.C.I. di Ginevra. Vi aspettiamo numerosi per trascorrere insieme una serata conviviale. Iscrizioni da farsi entro il 19 novembre, telefonando ai seguenti numeri: 077 408 89 76 o 078 648 54 98. fogolâr furlan sabato 10 novembre, Festa sociale alla sala comunale di Corsier. Menù tipico friulano, serata allietata dall'orchestra "ARIZONA". Sabato 15 dicembre, Festa di Santa Lucia, dalle ore 15.00 alle ore 18.00, nei locali della Missione. Prenotazioni e informazioni varie presso: Giuseppe Chiararia, tel. 022 734 43 67. calabresi organizzano la Festa di Natale, sabato 15 dicembre, alla Salle des fêtes de Carouge, 37 rue Ancienne, Carouge, dalle ore 19.30 alle ore 2.00. Cena e serata danzante con “Il Duo di Casa Nostra”. Per informazioni e prenotazioni per la cena, rivolgersi a Silvio ISABELLA (022 320 15 87 o 079 611 24 62) o a Gino ISABELLA (022 733 93 61 o 076 520 88 40). Venite numerosi! trevisani invitano a passare "una domenica insieme", domenica 16 dicembre per incontrarci, vivere una giornata in simpatica compagnia, scambiarci gli auguri di buon Natale, con il seguente programma: ore 11.30 Santa Messa, ore 12.30 aperitivo seguito dal pranzo, menu sorpresa. Per partecipare è obbligatorio prenotarsi, telefonando alla signora Laura Zottarelli (022 731 41 61) oppure al signor Stefano Nobile (076 219 54 90 ore pasti) prima del 12 dicembre. bellunesi organizzano la Festa e Cena di Natale, sabato 17 novembre, alle ore 19.30 presso l’Ecole de Vernier Place. Alle ore 19.00 Babbo Natale porterà i doni per i bambini fino ai 10 anni di età, iscritti entro giovedi 8 novembre. La serata sarà animata dall’orchestra Il duo di Casa Nostra. Prenotazioni presso Giacobbe Capraro (tel. 022 794 25 80) e Silo Casanova (tel. 022 782 53 26). 22 Presenza Italiana Settembre-Ottobre 2012 In una radiosa domenica di sole, un centinaio di persone si sono ritrovate per gustare i deliziosi prodotti tipici del Veneto in un clima di grande amicizia e di convivialità. DU BOULEVARD AGENCE HYUNDAI Vente voitures neuves et occasions. Réparations toutes marques 7, boulevard d’Yvoy 1205 Genève tél. 022 328 45 95 fax 022 781 31 41 10, ch. de Maisonneuve 1219 Châtelaine (GE) tél. 022 797 17 87 fax 022 797 19 19 Atelier: Av. de Châtelaine 43 1203 Genève / Suisse Tél. + Fax:022 781 56 26 Natel: 079 431 66 29 Bureau: Av. de Bel-Air 47a 1225 Chène-Bourg Tél.: 022 349 37 39 Fax: 022 349 52 72 E-mail: [email protected] LABORATORIO DENTISTICO Riparazioni rapide di protesi dentarie a prezzi ragionevoli Marcuzzo Mauro 15, Cité Vieusseux tél. 022 345 15 67 (Bus 10: arrêt Vieusseux · Tram: 14 e 16) Indirizzi utili Consolato Generale d’Italia a Ginevra, rue Charles-Galland 14, 1206 Ginevra, tel. 022 839 67 44 Orari di apertura: Lunedì: 09.00-12.30 - Martedì: 14.30-17.30 Mercoledì: 09.00-12.30 Giovedì: 14.30-17.30 - Venerdi: 09.00-12.30 Sabato e domenica: chiuso. Ente italiano Socio-assistenziale Rue de l’Athénée 26, 1206 Genève, tel. 022 346 89 49 Aperto martedì, giovedì e venerdì dalle ore 9.00 alle ore 11.00. COMITES - Comitato per italiani all’estero Rue de l’Athénée 26, 1206 Genève, tel. 022 346 99 13 Patronato ACLI 76 rue de Carouge, 1205 Ginevra, tel. 022 781 09 32 Patronato INCA-CGIL - Ch. Surinam 5, case postale 346, 1211 Genève 13, tel. 022 344 71 72 Patronato ITAL-UIL - Rue J.-Necker 15, Case postale 1941, 1211 Genève 1, tel. 022 738 69 44 Couple et famille 12 rue Adrien Lachenal,Presenza 1207 Genève, 022 736 14 55 Italianatel. Settembre-Ottobre 2012 pubblicità · pubblicità · pubblicità · pubblicità · pubblicità · pubblicità · pubblicità GARAGE-CARROSSERIE 23 JAB 1207 Genève Missione Cattolica Italiana 15, rue de la Mairie · 1207 Genève Signore Dio, mi hai condotto per anni con pazienza e bontà tra molte sorprese e non poche fatiche: ho vissuto giorni di festa e giorni di pianto; ho avuto tanto da fare ed è stato talvolta così spontaneo cedere alla pigrizia che ho finito per dimenticare il perché delle cose e troppo di rado ho ritrovato l'umiltà e la fede per dirti il mio grazie. Gli anni che passano mi rendono un poco più saggio e pensoso: aiutami ad amare la vita e a renderti sempre grazie per i giorni che mi regali; aiutami a non arrendermi all'amarezza che critica tutto, all'avidità che si attacca alle cose, alla tristezza che s'affligge per nulla. Dammi un po' di salute, perché possa essere ancora utile; ma dammi anche la fortezza e la pazienza se la salute viene meno. Dammi una fede forte per esser fedele alla preghiera, limpido nella testimonianza, sereno nella prova, vigile nell'attesa del grande incontro con te. (card. Carlo Maria Martini)