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La Rivista Anno 105 - n.05 - Maggio 2014
Europa, ma non solo
DONNE CHE RACCONTANO ALTRE DONNE
La violenza di cui sono vittime
narrata al Palazzo delle Nazioni di Ginevra
Editoriale
di Giangi Cretti
La Rivista
Editore
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
Direttore - Giangi CRETTI
Comitato di Redazione
A.G. LOTTI, C. NICOLETTI,
S. SGUAITAMATTI
Collaboratori
C. BIANCHI PORRO, M. CALDERAN,
G. CANTONI, M. CARACCIOLO DI BRIENZA,
C. D’AMBROSIO, V. CESARI LUSSO,
M. CIPOLLONE, P. COMUZZI, D. COSENTINO, A. CROSTI, L. D’ALESSANDRO,
F. DOZIO, F. FRANCESCHINI, T. GATANI,
G. GUERRA, M. LENTO, R. LETTIERI,
F. MACRÌ, G. MERZ, A. ORSI, V. PANSA, C.
RINALDI, G. SORGE, N. TANZI, I. WEDEL
La Rivista
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Periodico iscritto all’USPI
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Al voto! L’esortazione ad esercitare quello che è
un dovere, ma soprattutto, e malgrado molti, un
diritto, non è enfatica e neppure casuale. Maggio,
per l’Unione europea, e di converso per l’Italia, ma
anche per la Svizzera, è un mese che, congedandosi, ci consegnerà decisioni significative per tutti i
cittadini; anche per quelli che, per disaffezione, incertezza e delusione, del diritto-dovere, anziché di
un pieno-a-rendere ne fanno un vuoto-a-perdere.
In Europa le elezioni, per i 751 deputati al Parlamento europeo (l’Italia ne elegge 73) che resteranno in carica per i prossimi 5 anni, sono in
programma nei 28 Paesi membri dell’Unione fra il
22 e il 25 maggio; tra il giovedì e la domenica, a
seconda delle tradizioni nazionali. I primi a recarsi
alle urne, giovedì 22 maggio, saranno i cittadini
della Gran Bretagna e dei Paesi Bassi; seguiranno,
venerdì 23, quelli dell’Irlanda e della Repubblica
Ceca. Mentre sabato 24, oltre ad essere il secondo
giorno di votazioni per la Repubblica Ceca, sarà la
volta di lettoni, maltesi e slovacchi.
Infine, domenica 25, sarà il giorno prescelto dalla
maggior parte degli stati membri: l’Italia, l’Austria, la Francia, la Germania, la Grecia, il Belgio,
l’Ungheria, la Bulgaria, la Croazia, Cipro, la Danimarca, l’Estonia, la Finlandia, il Lussemburgo,
la Spagna, la Lituania, la Polonia, il Portogallo, la
Romania, la Slovenia e la Svezia.
Una scadenza molto attesa e, forse del pari, temuta. Perché le elezioni Europee 2014 saranno
diverse dalle precedenti: per la prima volta il Presidente della Commissione Europea, in seguito al
Trattato di Lisbona, non sarà scelto solo dal Consiglio europeo, sulla base di equilibri intergovernativi, ma dovrebbe essere espressione del gruppo di maggioranza relativa. In altre parole, il voto
dei cittadini in qualche modo sarà più rilevante in
questa tornata elettorale: votando per un determinato schieramento si daranno maggiori possibilità al candidato Presidente della Commissione
Ue indicato da quell’area politica di poter esser,
successivamente, eletto a capo dell’Istituzione.
Ma le attese e, forse del pari, i timori sono legati al fatto che queste elezioni renderanno palese l’evanescenza o la consistenza dello spirito
antieuropeo di cui si sono avuti evidenti segnali
nelle recenti tornate elettorali in Francia, in Un-
gheria, e, anche se fuori contesto, lo scorso 9
febbraio in Svizzera. Lo stesso spirito che, nei vari
Paesi dell’Unione, alimenta la non sempre signorile propaganda di molte forze politiche, anche di
quelle sedicenti moderate.
Fra i tanti dubbi della vigilia, una certezza: un
parlamento europeo con una forte presenza di
partiti, seppur con dna politici diversi, contrari
all’Unione e alla moneta unica, conferma che
sarebbe sul viale del tramonto un sogno che non
ha mai visto l’alba: l’Unione politica europea.
Per l’Italia l’esito di queste elezioni viene letto,
purtroppo quasi esclusivamente, come una sorta
di Capo Horn del governo: se il partito che ne
detiene la premiership lo doppierà con il vento in
poppa, potrà dirigersi in mare aperto verso ambiziose mete lontane; diversamente, sarà costretto,
per poco ancora, a navigare a vista, cercando
l’approdo più vicino.
Maggio, anche per la Svizzera, che ovviamente
non è per nulla indifferente a quanto succede
nell’Unione, ha in calendario un’importante scadenza elettorale: sottoposti al parere dei cittadini, accanto a quelli cantonali, anche 4 quesiti
federali di forte impatto sociale, pertanto con
ricadute politiche rilevanti, che stanno polarizzando le posizioni.
Gli aventi diritto dovranno esprimersi su:
- il decreto federale concernente le cure mediche di base, che in virtù del nuovo articolo
costituzionale impegna la Confederazione e i
Cantoni affinché ovunque in Svizzera tutti ricevano rapidamente cure mediche di base di
elevata qualità.
- l’Iniziativa popolare «Affinché i pedofili non
lavorino più con fanciulli» che chiede che chi
è condannato per aver leso l’integrità sessuale
di un fanciullo o di una persona dipendente sia
definitivamente privato del diritto di esercitare
un’attività professionale od onorifica a contatto con minorenni o persone dipendenti.
- l’iniziativa popolare «Per la protezione di salari
equi (Iniziativa sui salari minimi)» che chiede
che la Confederazione e i Cantoni promuovano
contratti collettivi di lavoro che prevedano salari minimi e che sia introdotto un salario minimo
nazionale legale di 22 franchi all’ora, pari grosso
modo a 4000 franchi al mese.
- sulla Legge federale sul fondo per l’acquisto
dell’aereo da combattimento Gripen, che prevede di sostituire i 54 aerei da combattimento
F-5 Tiger, ormai obsoleti, con 22 moderni Gripen.
Contro la legge è stato chiesto il referendum.
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Sommario
La Rivista
1
4
17
Editoriale
Sommario
PRIMO PIANO
22-25 maggio 2014: Elezioni europee
Questa volta è diverso
Gli italiani residenti in Svizzera per
votare tornano in Italia
21
30
Confederazione elvetica 18 maggio 2014
Su che cosa si vota?
INCONTRI
«Fa’ agli altri quello che vorresti fosse
fatto a te»
Donne in carriera: Alessandra Rotondo
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46
48
50
52
54
63
66
70
71
76
77
CULTURA
Il Patto di Brunnen, 9 dicembre 1315
Dalla Svizzera degli Stati
alla Svizzera federale
Mikhail Bakùnin visto da Riccardo Bacchelli
Ambizioni e traversie dell’uomo meno
casalingo d’Europa
Pinocchio, le sue avventure e l’UNITRE
svizzera
“1900–1914. Missione Felicità“
Il mondo prima della Grande Guerra
Fino al 13 luglio al Museo nazionale di
Zurigo
Hans Erni, il grande visionario della
pittura svizzera
Alla Pinacoteca comunale Casa Rusca,
Locarno fino al 17 agosto
Donne che raccontano altre donne
La violenza di cui sono vittime narrata al
Palazzo delle Nazioni di Ginevra
DOLCEVITA
Un’invenzione della natura e della cultura
Anteprima Consorzio Chianti DOCG 2014
Eccellenza italiana in Gran Selezione
Anteprima Chianti Classico Gallo Nero l’originale
Antica distilleria Sibona
La storia & la distillazione
Dove, ancora oggi, i costumi, la lingua e
il cibo, parlano Arbëresh
A Civita, nel Cuore del Parco del Pollino
Jorge Lorenzo: Eccezionale Alfa Romeo
Fan
Opel ADAM VR/46 LE
La serie speciale firmata Valentino Rossi
Protagonista nei Trofei Abarth 2014
Spirito Harley-Davidson senza confini
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83
84
85
86
87
IL MONDO IN FIERA
Vinitaly 2014- Fiera Internazionale del vino e
dei superalcolici
Confermata la propria leadership
90
Samoter: Verona Fiere 8 - 11 maggio
Nuovi mercati e sostenibilità al centro
della 29ª edizione
CHIBIMART estate e CHIBIDUE: Fiera di
Milano, 16 - 19 maggio
Accessori e bigiotteria in fiera
Sposaitalia Collezioni: Fiera Milano 23 - 26
maggio
Vetrina di novità e tendenze
METEF 2014: Verona Fiere, 11 - 13 giugno
L’Expo Internazionale Alluminio e Fonderia
festeggia il suo decimo compleanno
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28
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IL MONDO IN CAMERA
«Barolo & friends event» il 26 maggio a
Ginevra
L’école du vin du Piemont à Genève
PACK&MOVE: Fiera di Basilea (MCH Messe
Schweiz), 9 - 12 settembre
Fiera professionale svizzera delle soluzioni
per la logistica e tecnica di imballaggio
Le Rubriche
Sommario
La Rivista
Madeinnovitaly …non solo “dolce vita“
Colloqui di consulenza individuale: meet
the chamber
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93
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96
Barolo & Friends event 2014 l’8 maggio alla
Zunfthaus zur Saffran di Zurigo
Dall’8 al 10 ottobre a Meyrin
I vini migliori – in ogni senso
Presentate a Ginevra
Eccellenze agroalimentari della Sardegna
Contatti Commerciali
Servizi Camerali
In breve
Italiche
Elvetiche
Europee
Internazionali
Cultura d’impresa
Burocratiche
Normative allo specchio
Angolo Fiscale
Angolo legale Italia
33
34
37
45
57
59
61
71
75
Angolo legale Svizzera
Convenzioni Internazionali
L’elefante invisibile
Scaffale
Benchmark
Sequenze
Diapason
Convivio
Motori
In copertina: 18 e 25 maggio scadenze elettorali importanti per la
Svizzera, l’Italia e l’Europa
In Breve
La Rivista
Reto Ceschi nuovo responsabile del Dipartimento Informazione RSI
Il Consiglio d’amministrazione della
SRG SSR, riunito sotto la presidenza di
Raymond Loretan e alla presenza del Direttore generale Roger de Weck, ha nominato Reto Ceschi nuovo responsabile
Più carne e più vino
senza dazi
Dal primo luglio sarà possibile importare
in Svizzera 5 litri di vino e un chilo di
carne o altri preparati senza pagare dazi.
Il Consiglio federale ha emanato oggi
una nuove disposizioni doganali per il
traffico turistico.
Il limite sotto il quale non sarà necessario pagare l’Iva rimane fissato a 300
franchi. Ma nel calcolo sarà inclusa tutta la merce importata, compresi le bevande alcoliche e i tabacchi.
La carne rientrerà in un unico gruppo tariffale. La quantità ammessa senza dover
pagare dazi sarà di un chilo, che si tratti di
carne fresca o di preparazioni di carne, di
carne condita o non condita. Il dazio sarà
di 17 franchi al chilo per ogni chilo supplementare. Finora era possibile importare mezzo chilo di carne fresca e 3,5 chili di
carne lavorata. Rimane in vigore una sola
eccezione: la selvaggina può continuare a
essere importata senza limitazioni.
Si potrà passare la dogana con 5 litri di
vino (o altre bevande fino a 18% vol) e
un litro di superalcolici (oltre 18% vol.)
6 - La Rivista maggio 2014
del Dipartimento Informazione RSI su
proposta della Direzione RSI e del Comitato del Consiglio regionale CORSI.
Ceschi succederà, il 1° giugno prossimo,
a Maurizio Canetta che, lo stesso giorno,
assumerà la Direzione dell’Azienda succedendo a Dino Balestra.
Reto Ceschi è nato a Locarno il 7 agosto 1962. Dopo aver conseguito, nel
1982, la patente di docente di scuola
elementare, si è iscritto all’Università di
Ginevra, dove ha ottenuto la licenza in
Scienze politiche (1985) e il diploma di
Studi superiori in Scienze economiche e
sociali, sezione Scienze politiche (1987).
All’Università di Ginevra è stato anche
assistente in Scienze amministrative
(1985-87). Nel 2014 ha conseguito il
Certificate of Advanced Studies (CAS)
in Sviluppo delle competenze personali e gestionali alla Scuola Universitaria
professionale della Svizzera italiana
(SUPSI).
Ceschi inizia alla RTSI il 1° ottobre 1987
quale praticante redattore al Quotidiano.
Il 1° ottobre 1989 entra a far parte della
redazione del Telegiornale dove sarà redattore, inviato, capo edizione e presentatore. Per quasi 20 anni conduce l’edizione principale delle ore 20.00. Dal 1992
al 1995 e dal 2000 al 2007 è responsabile
della redazione Esteri prima di assumere,
tra il 2007 e il 2010, la direzione del Telegiornale stesso. Nel 2009 Reto Ceschi
assume la responsabilità del settore Approfondimenti e dibattiti radiotelevisivi.
Dal 2007 ad oggi è anche produttore e
conduttore di Democrazia Diretta, l’appuntamento televisivo sulla politica federale e cantonale e di Classe Politique. Dal
novembre 2011 produce e presenta il dibattito settimanale d’attualità 60 minuti.
Attualmente, la quantità consentita era
di due litri fino a 15% vol., e un litro oltre 15% vol. In base alle nuove disposi-
103 milioni di euro:
Campari si beve Averna
in contanti
zioni, a partire dal sesto litro occorrerà
pagare un dazio di 2 franchi al litro (finora: fr. 0.60 dal terzo al ventesimo litro
e fr. 3 dal ventunesimo litro).
Potranno inoltre essere importati 250
sigarette o 250 sigari o 250 grammi di
tabacco (finora: 200 sigarette o 50 sigari o 250 g di tabacco), 1 chilo di burro o
panna e un litro di olio.
Scopo di questi cambiamenti - precisa
un comunicato dell’Amministrazione federale delle dogane - non è né aumentare le entrate doganali né incentivare
il turismo degli acquisti. Si tratta piuttosto di semplificare le prescrizioni per i
viaggiatori e accelerare la procedura di
riscossione dei tributi.
A medio termine sarà anche possibile
dichiarare elettronicamente mediante smartphone o tablet le merci prima
ancora di arrivare in dogana. In questo
modo si potrà conoscere in anticipo
l’importo del dazio e dell’imposta sul valore aggiunto dovuti per i beni acquistati nonché scegliere il valico di confine.
Gruppo Campari ha raggiunto un accordo per acquisire il 100% del capitale sociale di Fratelli Averna Spa, azienda con
sede a Caltanissetta, per un controvalore totale pari a 103,75 milioni di euro.
La cifra corrisponde a un multiplo di
9,2 volte l’EBITDA pro-forma nell’anno
fiscale terminato il 31 dicembre 2013.
Il controvalore totale dell’operazione
è composto di un prezzo (Equity Value) di 98 milioni e un debito finanziario netto pari a 5,75 milioni al 31
dicembre 2013. Il closing dell’operazione è previsto per il 3 giugno 2014
– si legge in una nota di Campari – e
il corrispettivo sarà pagato in contanti. Gruppo Averna è un’azienda leader
In Breve
nel mercato spirit in Italia, proprietaria di Averna, il secondo
amaro più venduto in Italia, e uno dei liquori italiani più conosciuti e apprezzati nel mondo. Inoltre, Gruppo Averna è
proprietaria di un portafoglio di prodotti premium, tra cui
Braulio, un amaro a base di erbe, Limoncetta, liquore dolce
naturale ottenuto dalla scorza di limone, e Grappa Frattina,
attraverso la quale il Gruppo Campari fa il suo ingresso nella
categoria della grappa.
“Con l’acquisizione di Gruppo Averna, continuiamo a migliorare il nostro portafoglio di prodotti premium e ci confermiamo
Gruppo di riferimento per quanto riguarda l’offerta di liquori
e amari italiani nel mondo – afferma Bob Kunze-Concewitz,
Chief Executive Officer di Campari -. Acquisiamo un portafoglio di marche contraddistinte da elevata qualità, profittabilità
e forte generazione di cassa. Questa acquisizione rappresenta
per noi un’opportunita’ di fare leva sulla nostra struttura distributiva diretta nei mercati chiave dei brand acquisiti al fine di
accelerarne la crescita in modo profittevole, in linea con la nostra strategia di crescita per acquisizioni. Oltre all’Italia, consolidiamo la nostra massa critica nei mercati chiave dell’Europa centrale, in particolare in Germania”.
A Videoex
il cinema sperimentale italiano
Videoex Festival di Zurigo - l’unico festival dedicato al cinema e video sperimentale in Svizzera - quest’anno ospiterà,
in un programma speciale, il cinema sperimentale italiano.
Detto programma si avvale della collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, la Cineteca di
Bologna, la Cineteca Italiana di Milano, l’Istituto Italiano
di Cultura di Zurigo e il Seminario di Romanistica dell’Università di Zurigo. Sarà inoltre parte dei programmi speciali
del Congresso dell’American Association of Italian Studies
(in programma all’università di Zurigo dal 23 al 25 maggio)
Il Festival, che si svolge dal 24 maggio al 1° giugno, nel cartellone dedicato alla produzione sperimentale italiana ha inserito:
• il remake de La Rabbia di Pier Paolo Pasolini (su ricostruzione di Giuseppe Bertolucci)
• Nostra Signora dei Turchi di Carmelo Bene
• le conquiste e i disastri dell’Italia coloniale di Mussolini
in Pays Barbare, di Yervan Gianikian e Angela Ricci Lucchi
• lo speciale Underground Sicily, con estratti da Cinico TV
e film di canecapovolto
• l’approfondimento dedicato al cinema sperimentale degli anni Sessanta e Settanta
• due focus sulle opere contemporanee
• il progetto Rewind Italia dell’Università di Dundee, sulla
nascita della videoarte in Italia.
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maggio 2014 La Rivista - 7
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La Rivista
Italiche
di Corrado
Bianchi Porro
La politica le istituzioni
e la vocazione al servizio comune
Rudi Bogni, Ferruccio de Bortoli e Lorenzo Ornaghi
invitati dallo studio legale insubrico Vestuti Cairoli, si
sono dati appuntamento a Lugano, in terra neutrale
presso la Sala Carlo Cattaneo del consolato generale
d’Italia, per discutere sull’attuale “disagio italiano”.
L’ex ministro italiano per i beni e le attività culturali e per lunghi anni rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi, ha insistito
sulla necessità di operare un profondo rinnovamento della
classe dirigente del Paese, perché il disagio incomincia da
ognuno di noi che ci troviamo in difficoltà nel separare i fatti
da ciò che viene rappresentato. Stiamo in effetti perdendo la
sana virtù del realismo, ha commentato Ornaghi. Di sicuro a
questo disagio contribuiscono i privilegi che talora sfiorano il
malaffare in un percorso duale all’interno del quale è difficile
dire se si usi la politica o si venga usati dalla politica stessa. La vita politica si caratterizza per lasciare le cose incompiute. Con la crisi economica dopo il 2008 il disagio appare
dunque assieme personale e collettivo, seppure comune non
solo all’Italia, ma all’insieme di questi odierni e tardi sistemi
democratici dell’inizio millennio. Naturalmente per l’Italia le
radici di tutto ciò risalgono assai indietro nella storia, con un
Risorgimento che ci appare tanto più incompiuto rispetto alle
grandi sfide del mondo moderno, con una prassi di stampo più
federalistico. Per uscire da questo disagio occorre un ceto politico diverso e una politica meno oppressiva in termini fiscali
e amministrativi. La politica deve essere capace di anticipare
i tempi in luogo di rimanere sempre più in arretrato, ha ribadito Ornaghi. Ma nemmeno possiamo affidare alla politica la
soluzione di tutti i problemi ed occorre che le parti vitali della
nostra società quali il volontariato e il mondo imprenditoriale
procedano ad un’assunzione di responsabilità superiore per
consentirci di essere protagonisti della nostra vita.
Rudi Bogni, già nelle alte sfere direttive di SBS e UBS e consulente della famiglia Bertarelli, è oggi nel Consiglio di amministrazione dell’istituto della famiglia regnante del Liechtenstein. Bogni ha sottolineato, con un certo stupore, risorgere
a seguito della crisi anche in Italia una sensibile disaffezione
nei confronti della mondializzazione. Gli italiani infatti, nella loro storia, sono stati i globalisti per eccellenza a partire
dal ‘400. Forse ha influito a questa disaffezione il periodo
di autarchia dell’anteguerra che la lasciato un retaggio non
ancora digerito. I mercati finanziari moderni in Italia si sono
poi sviluppati poco e tardi e, ancora oggi, sono insufficienti
per sostenere la crescita internazionale delle imprese, mentre
la stessa gestione dei fondi pensione è stata demandata allo
Stato più che all’iniziativa privata. Così è nata una sorta di
capitalismo dei poveri, basato su salari troppo bassi che ha
portato a gonfiare i sussidi, il welfare e lo Stato sociale. Infine, si è creata un’insofferenza nei confronti dell’acquisizione
dall’estero di imprese in Italia, con discorsi dai toni sciovinistici da nobili decaduti ed una presunzione di eccezionalità
che non giova alla maturità del mercato. Manca la capacità
di fare sistema e non bastano più oggi le buone notizie, la
qualità della vita o la ricchezza della cultura, che rappresentano un facilitatore per gli investimenti, perché hanno più
pregnanza le condizioni quadro. Bisogna dunque iniziare dai
giovani promuovendo l’intelligenza di viaggiare e il lavoro
all’estero per poi tornare ed essere protagonisti orgogliosi del
cambiamento di questo Paese.
Ferruccio de Bortoli infine, per anni direttore del Sole 24 Ore e
oggi del Corriere della Sera, ha invece sottolineato la forza del
mutamento politico ed economico in atto. Non ho mai visto,
ha commentato, un momento così favorevole al cambiamento come oggi in Italia, né tanta formazione di alta qualità
come nelle nostre università. Molte start-up stanno nascendo, i distretti hanno cambiato pelle e l’export sta ripartendo
alla grande, mentre molti laureati che hanno fatto esperienze
all’estero desiderano ritornare. Certo, occorre un cambiamento culturale da parte della classe politica e delle aziende: l’informazione spesso non è accettata e le domande scomode
da parte dei giornali sono giudicate “impertinenti”. Bisogna
invece individuare il centro decisionale e delle responsabilità,
perché altrimenti si debilita la democrazia in un paese che si
impoverisce nell’ineguaglianza. Ma il nostro, ha commentato
de Bortoli, è uno straordinario Paese che ha saputo fare anche
a meno del governo. Bisogna uscire da questa idea privatistica
della politica. Quanto all’Europa, che oggi è uno dei temi del
dibattito, essa deve certo dare risposte di reddito e di crescita,
altrimenti rischia di implodere nel solo aspetto maieutico della moneta. Ma oggi sentiamo feroci critiche da parte di Paesi
dell’Est che sono entrati nell’UE e dovrebbero ringraziarla per
lo sviluppo che ha permesso loro e per il più lungo periodo di
pace che abbiamo avuto. L’Europa è una scelta ed abbiamo
bisogno di politici maturi che non liscino il pelo agli umori del
proprio elettorato, riscoprendo la vocazione al servizio comune delle istituzioni.
maggio 2014 La Rivista - 9
La Rivista
Elvetiche
di Fabio Dozio
Se 4 mila franchi vi sembran troppi…
La Confederazione Svizzera adotterà un salario minimo,
come avviene in molti paesi del mondo?
Lo sapremo il prossimo 18 maggio, quando i cittadini
saranno chiamati alle urne per esprimersi sull’iniziativa sindacale “Per la protezione di salari equi”. Promossa
dall’Unione sindacale svizzera, l’iniziativa è stata bocciata
dal Parlamento e il Consiglio federale invita a respingerla.
Si propone di inserire nella Costituzione l’imperativo che
“il salario minimo legale ammonta a 22 franchi all’ora”.
Considerando la settimana lavorativa di 42 ore, ciò equivale a uno stipendio di 4 mila franchi lordi mensili, per
dodici mesi, senza tredicesima.
Attualmente si stima che in Svizzera vi siano circa 330 mila
posti di lavoro retribuiti meno di 4 mila franchi al mese. Considerate le deduzioni, (AVS, disoccupazione, secondo pilastro)
nella busta paga rimangono tre biglietti da mille. Ma c’è di
peggio, ovvero salari miseri e scandalosi. Nell’edilizia con il
meccanismo dei subappalti, fioriscono i casi di lavoro sottopagato. Il gioco al ribasso sembra non avere limiti. Poche settimane fa in Ticino è stato denunciato un caso di contratto per mille
franchi lordi per trenta ore settimanali. Già un anno e mezzo fa
la direttrice del Dipartimento Finanze ed economia del Canton
Ticino, di fronte ai risultati dei controlli statali, aveva detto:
“Sono salari inquietanti, scioccanti e improponibili.” Di fronte a
queste situazioni, la rappresentante del partito liberale radicale
in governo, ha espresso in più occasioni una “certa simpatia”
per il salario minimo, specificando che sarebbe opportuno applicarlo in modo differenziato.
Il fatto che l’iniziativa proponga un unico salario minimo di
22 franchi per tutta la Svizzera, sembra essere un tallone di
Achille. Tutti gli oppositori, politici, operatori del commercio
e dell’economia, sottolineano che non può essere stipendiato
nello stesso modo un cameriere di un paesino delle valli ticinesi
e un cameriere di Zurigo. Franco Ambrosetti, presidente della
Camera di commercio del Canton Ticino, ha scritto che: “Possiamo anche accettare un salario minimo a livelli più realistici
che considerino le diverse condizioni regionali”.
A questo proposito, va però ricordato che l’iniziativa stabilisce
che “per rapporti di lavoro particolari, la Confederazione può
emanare normative derogatorie”. E ancora, che “i Cantoni possono stabilire supplementi vincolanti al salario minimo legale”.
Dunque, ci sono le premesse per rendere più elastico il minimo
di 22 franchi l’ora, che peraltro andrebbe introdotto entro i
prossimi tre anni.
4 mila franchi al mese sono troppi? Molti ritengono di sì, e
anche l’opuscolo informativo distribuito da Berna in vista della
votazione sottolinea che l’Iniziativa propone un “salario minimo superiore a altri paesi”. La verità è che un confronto nominale non ha alcun senso e sfiora il ridicolo (grave però che lo
faccia il Consiglio federale o chi per esso in una pubblicazione
ufficiale!). Per un confronto, il criterio che sembra più attendibile è quello di far riferimento al rapporto tra il salario minimo
proposto e l’universo dei salariati. Prendiamo la Germania: il
salario minimo è fissato a 8,50 euro. All’est il 25% dei lavoratori ha salari inferiori a 8,50 euro, mentre all’ovest il 12%.
In Svizzera circa il 10% guadagna meno di 22 franchi l’ora.
Dunque la Germania intende fissare un minimo legale che, pur
essendo molto più basso che in Svizzera, è un obiettivo decisamente più ambizioso e costringerà l’economia tedesca (all’est
in particolare) a uno sforzo maggiore rispetto a quella elvetica.
Intanto quello di 4 mila franchi mensili è già diventato un
obiettivo e un traguardo per molte ditte e per molte aziende.
Un fenomeno particolare e degno di nota. Prima ancora che
il popolo decida sull’iniziativa, il mercato del lavoro si sta avvicinando ai 4 mila franchi mensili. Significa che la misura è
ritenuta sensata da molti imprenditori: Lidl, Aldi, Migros, Coop,
Denner, HM. Ma anche CoiffureSuisse adeguerà i contratti portando i minimi da 3500 a 3800. Il mercato si sta adeguando,
senza temere catastrofi. Chi continua a pronosticare un futuro
economicamente disastroso, se venisse applicato il salario minimo, è superato dai fatti.
Difficile oggi prevedere gli effetti della misura. Potranno essere variabili, ma verosimilmente non rovinosi. Se la Svizzera
dovesse perdere posti di lavoro sottopagati e occupati spesso e
volentieri da frontalieri, non sarebbe un danno, anzi, si rispetterebbe la volontà popolare espressa lo scorso 9 febbraio. È
però probabile che il salario minimo legale possa ripercuotersi
positivamente sull’economia. La stessa OCSE (Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico) riconosce che
possa essere uno stimolo al reinserimento professionale: il salario minimo rende più attrattivo il lavoro rispetto alle misure
di aiuto sociale.
Papa Francesco, tanto per citare colui che per molti è la massima autorità morale, ha riaffermato l’importanza della “giusta paga contro lo sfruttamento dei lavoratori”. La Costituzione
svizzera sancisce che “le persone abili al lavoro possano provvedere al proprio sostentamento con un lavoro a condizioni
adeguate”.
Dunque, se 4 mila franchi vi sembran troppi… provate voi a
campare con meno!
maggio 2014 La Rivista - 11
VIVERE
ALL’APERTO.
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La Rivista
Europee
di Viviana Pansa
Una grande coalizione anche in Europa?
Alcune significative indicazioni sul possibile esito delle elezioni europee emergono in queste settimane dai
risultati elettorali di due dei Paesi membri dell’Unione:
Francia e Ungheria. Non si tratta di una proiezione del
peso che le diverse formazioni politiche potrebbero assumere nel nuovo Parlamento, ma piuttosto di tendenze
che non potranno non condizionare parte dell’assetto
della futura assemblea legislativa e generare una più
profonda riflessione sull’impulso da imprimere al progetto europeo negli anni a venire.
Pensiamo alle elezioni amministrative francesi, con un elevato
astensionismo (un vero e proprio crollo dell’affluenza, con i non
votanti che hanno raggiunto la percentuale del 36% al primo
turno e il 38,5% al secondo), una sonora sconfitta del partito socialista del presidente François Hollande (una “punizione”
nei confronti della sua politica, cui è seguito un rimpasto di
governo) ed una imponente avanzata del Front National (arrivato oltre il 6% al secondo turno), il partito di estrema destra
guidato da Marine Le Pen, che ha fatto dell’uscita dall’euro e
della retorica anti-europeista i cardini della sua campagna elettorale. E alle presidenziali ungheresi, con la decisa vittoria del
leader nazionalista e conservatore Viktor Orban – che ottiene
la maggioranza assoluta al Parlamento anche in seguito alla
modifica della legge elettorale decisa dal suo stesso governo
nel 2012, - presidente la cui politica è stata più volte aspramente criticata dall’Unione per la progressiva erosione dei meccanismi indispensabili a garantire le libertà democratiche e che
contraccambia Bruxelles con la medesima diffidenza (“il posto
dell’Ungheria resta nell’Ue ma solo se ha un governo nazionale
ancora più forte”- ha detto Orban subito dopo la riconferma).
Anche qui le preoccupazioni maggiori derivano però dall’impennata di consensi ottenuti dalla formazione di estrema destra, xenofoba e antisemita Jobbik, arrivata al 21,4%, terzo
partito del Paese dopo i socialisti (che ottengono il 22%, poco
sopra il risultato ottenuto da Gabor Vona, leader di Jobbik).
A gettare le ombre più dense sul voto di fine maggio è dunque
l’appello lanciato dalla signora Le Pen per l’unione del fronte
anti-europeista, cui negli ultimi mesi hanno già risposto l’olandese Geert Wilders e la Lega Nord italiana e che potrebbe
compattare anche i secessionisti fiamminghi, i Veri Finlandesi
e il Partito della Libertà Austriaco. La crescita di consensi su
questo fronte potrebbe consentire la formazione di un vero e
proprio gruppo parlamentare nell’emiciclo di Strasburgo e Bruxelles (occorrono 25 europarlamentari eletti in almeno 7 Paesi
dell’Unione per dare vita ad un gruppo) e per scongiurare il pericolo dell’euroscetticismo una delegazione della Commissione
Affari Costituzionali del Parlamento Europeo è giunta a Roma
alla fine del mese di marzo per discutere anche di future riforme
istituzionali dell’Ue, in vista del semestre di presidenza italiano
dell’Unione.
Se Enrico Letta, nel corso del suo primo incontro pubblico a
Parigi successivo alla recente conclusione della sua breve esperienza di capo di governo, definisce la minaccia dei populismi
positiva perché “ci costringe a spiegare finalmente perché stiamo insieme e qual è l’anima dell’Europa”, non appare però così
semplice offrire a questo quesito una risposta convincente.
Soprattutto, se da un lato è matura la consapevolezza che le
istituzioni europee, seppure necessarie e fondamentali, risultino incomplete, dall’altro non è affatto semplice procedere di
comune accordo ad una loro riforma.
Anche in Italia è difficile dire se e quanto gli elettori premieranno il nuovo governo guidato da Matteo Renzi, che sollecita ad
uscire dalla sudditanza con l’Europa ma assicura fuori dai confini nazionali il rispetto di tutti i vincoli di bilancio – ma proprio
in questi ultimi giorni il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha comunicato ai vertici europei il rinvio del pareggio strutturale di bilancio al 2016, votato dal Parlamento italiano, - o se
avrà la meglio il Movimento 5 Stelle, la cui campagna elettorale
è affiancata dagli spettacoli del leader Beppe Grillo che insiste
sulla necessità di indire un referendum sull’uscita dall’euro e di
ridiscutere i trattati. Pesa soprattutto la fragilità della ripresa
italiana, con il tasso di disoccupazione che cresce sfondando
nuovi record, - peggiore, a febbraio, anche di Cipro e Grecia,
- ed è difficile dire quali ripercussioni avranno le parole del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che assicura l’intervento a sostegno della zona euro e contro il pericolo
deflazione “anche con misure non convenzionali”. Un intervento
auspicato ad inizio aprile nella riunione greca dell’Eurogruppo,
grazie anche ad un atteggiamento più morbido della Germania,
che ora teme anch’essa la stagnazione. Ottimista su interventi
di stimolo all’economia da parte della Bce è lo stesso ministro
Padoan, che parla di una “svolta” che potrebbe incidere sulle
percentuali di crescita del Pil degli Stati membri di un’area che
“ristagna – dice - ormai da 20 anni”. Il suo auspicio per l’Italia
è “una crescita molto più alta di quella che abbiamo conosciuto
negli anni che hanno preceduto la Grande Crisi, ricca di lavoro,
di nuova e buona occupazione”.
Tornando ai futuri equilibri del prossimo Parlamento Europeo,
c’è da chiedersi se, di fronte alla crescita del numero dei parlamentari anti-euro, non si presenterà quale soluzione effettivamente percorribile anche in questa sede quella di una grande
coalizione, alla tedesca, o delle larghe intese, all’italiana. Un
accordo tra Popolari e Socialisti che suonerebbe come necessario per la difesa del disegno europeo, accordo che per alcuni
segna la fine della politica, o meglio della politica come l’abbiamo sino ad oggi conosciuta, per altri un modo per non perdere
il contatto con la storia e con quelli che sono oggi i suoi veri
protagonisti.
maggio 2014 La Rivista - 13
La Rivista
Internazionali
di Michele Caracciolo
di Brienza
L’immigrazione dal Nord Africa:
un problema europeo?
L’Italia fu definita negli anni Sessanta la portaerei
del Mediterraneo. Ebbene oggi si trova ad essere il
punto di accesso all’Europa ricca e benestante per
migliaia di immigrati clandestini ogni anno.
Va bene, ma cos’è l’Europa? A suo tempo, Henri Kissinger ironizzava sull’idea d’integrazione europea dicendo: “Give me the number.” Intendendo il numero
di telefono da poter comporre per parlare con un
suo omologo.
Oggi si sono fatti passi avanti nel coordinamento della politica estera dei paesi membri rispetto agli anni
Settanta. Tuttavia, ciò non toglie che il richiamo del
Corriere della Sera del 22 aprile scorso appare quanto
mai vago: “Appello all’Europa: servono nove milioni di
euro al mese per l’operazione Mare Nostrum”. Europa
chi? Unione Europea? Sta di fatto che l’Italia si sta facendo carico di un problema che non è soltanto suo.
Perché non pensare ad un intervento in ambito NATO?
Non è altrettanto rilevante per la sicurezza dei membri
dell’Alleanza Atlantica il Mediterraneo di quanto sia
l’Afghanistan?
Dall’inizio del 2014 oltre 20’000 migranti sono approdati lungo le coste italiane. Durante tutto il 2013 sono
stati oltre 40’000. Un conto è il pattugliamento delle
coste di cui la Marina Militare italiana è responsabile,
un altro conto è poi l’accoglienza di queste persone
che spesso attraversano il braccio di mare che separa
la Libia dalla Sicilia dopo mesi di viaggio allucinante.
Molti di loro sono eritrei e siriani che fuggono da una
dittatura e da una guerra civile rispettivamente. Il diritto allo status di rifugiati sussiste. Per molti di loro
l’Italia è soltanto un luogo di transito. E poi ci sono i
minorenni. Secondo i dati di Terres des hommes riportati dal Corriere della Sera, l’anno scorso sono arrivati
circa ottomila minorenni non accompagnati.
che sfruttano il desiderio di queste persone di fuggire
dal loro paese alla ricerca di condizioni di vita migliore.
Spesso raggiungono un parente in Germania e sono disposti ad indebitarsi pur di pagare il prezzo di un viaggio di vari mesi dall’Eritrea via Sudan e poi in Libia.
Lungo le coste libiche pare ci siano migliaia di rifugiati in attesa della traversata. I campi di accoglienza
in provincia di Ragusa e dell’isola di Lampedusa sono
sotto pressione. Nonostante questo, l’indignazione del
paese e la sua naturale generosità s’è risvegliata in seguito al disastro di Lampedusa dell’ottobre scorso. Gli
italiani sono stati riportati brutalmente alla realtà dei
fatti: ci sono persone disposti amrire pur di emigrare.
L’Italia per via della sua posizione geografica si trova
ovviamente a dover affrontare la pressione dei migranti da paesi in via di sviluppo molto di più e in maniera assai più seria rispetto ad altre realtà alpine molto
sensibili, ma ben lontane dalle coste libiche. La repressione delle organizzazioni criminali che lucrano sulla
disperazione dei migranti è affrontata dalla magistratura italiana. Gli scafisti sono arrestati, ma è difficile
fermare i veri organizzatori. D’altro canto, la retorica
della pace e degli aiuti allo sviluppo quali toccasana
di questo problema che riguarda tutta l’Europa occidentale, in assenza di riscontri concreti, può apparire
politicamente corretto, ma nei fatti lascia il tempo che
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maggio 2014 La Rivista - 15
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La Rivista
22-25 maggio 2014:
Elezioni europee
Questa volta è diverso
Le elezioni europee del 22-25
maggio 2014 daranno agli elettori la possibilità di influenzare le
politiche future dell’Unione europea, eleggendo i 751 deputati al
Parlamento europeo che rappresenteranno i loro interessi per i
prossimi cinque anni. Ogni Stato
membro ha le proprie leggi elettorali e ciascuno stabilisce le date in
cui i cittadini andranno alle urne
durante il periodo elettorale di
quattro giorni compreso fra il 22
e il 25 maggio 2014. Gli elettori
italiani voteranno il 25 maggio per
eleggere 73 deputati. I risultati di
tutti i 28 Stati saranno annunciati
la sera di domenica 25 maggio.
Quanti deputati saranno eletti?
A seguito dell’adesione della Croazia
all’UE nel luglio 2013, i deputati al Parlamento europeo sono diventati 766, ma
questo numero sarà ridotto a 751 proprio a partire dalle elezioni del 2014 e
rimarrà invariato in futuro. Questi deputati rappresenteranno oltre 500 milioni
di cittadini di 28 Stati membri. I seggi
sono ripartiti tra i vari Stati dai trattati
dell’UE secondo il principio di “proporzionalità decrescente”, in base al quale
i paesi con una maggiore consistenza
demografica dispongono di più seggi rispetto ai paesi meno popolosi, ma questi
ultimi hanno più seggi di quanti sarebbero previsti applicando strettamente il
principio di proporzionalità.
Perché queste elezioni sono diverse?
In un momento in cui l’Unione cerca di
superare la crisi economica e i leader
europei riflettono su quale direzione
prendere in futuro, queste sono, a oggi,
le elezioni europee più importanti.
Oltre a consentire agli elettori di esprimere un giudizio sugli sforzi dei leader
dell’UE per affrontare la crisi dell’eurozona, e dare voce alle loro opinioni
sul progetto di una più stretta integrazione economica e politica, sono
anche le prime elezioni da quando, nel
2009, il trattato di Lisbona ha conferito al Parlamento europeo una serie di
nuovi e importanti poteri.
Una delle principali novità introdotte dal trattato consiste nel fatto che,
quando gli Stati Membri dell’UE nomineranno il candidato a presidente della
Commissione europea, che succederà
a José Manuel Barroso nell’autunno
2014, per la prima volta dovranno tenere conto dei risultati delle elezioni
europee. Il nuovo Parlamento dovrà
poi, riprendendo le parole del trattato, “eleggere” il presidente della Commissione. Ciò significa che gli elettori
avranno voce in capitolo su chi subentrerà alla guida dell’esecutivo dell’UE.
L’esito del voto determinante
per l’elzione del presidente
Su 13 partiti politici europei, cinque hanno nominato un candidato per sostituire
l’attuale presidente della commissione.
L’EPP ha nominato Jean-Claude Juncker,
ex primo ministro del Lussemburgo ed
ex presidente dell’Eurogruppo, il PES ha
candidato Martin Schulz, attuale presidente del Parlamento Europeo, i Liberali
e i Democratici hanno optato per Guy
Verhofstadt, ex primo ministro del Belgio e attuale leader del gruppo dei Liberali al PE, i Verdi hanno nominato una
coppia di deputati, il francese José Bové
e il tedesco Ska Keller, mentre la Sinistra
Europea ha proposto Alexis Tsipras, leader del partito greco SYRIZA.
La nuova maggioranza politica che
emergerà dalle elezioni, inoltre, contribuirà a formulare la legislazione europea
per i prossimi cinque anni in settori che
spaziano dal mercato unico alle libertà
civili. Il Parlamento, unica istituzione
Gli italiani residenti in Svizzera per votare tornano in Italia
Alle prossime elezioni Europee gli italiani residenti in Europa voteranno nei seggi allestiti da Ambasciate e
Consolati il 23 e 24 maggio. Potranno votare nei seggi anche i connazionali temporaneamente all’estero
che lo hanno richiesto entro il 6 marzo scorso. Tutti gli altri – cioè i residenti nei Paesi extraeuropei ,
Svizzera pertanto compresa,– se vorranno votare, dovranno tornare in Italia.
Nonostante l’ordine del giorno approvato dal Governo circa la eliminazione dei seggi per far votare i
connazionali nei paesi europei di residenza- che non ha alcuna traduzione pratica, è partita la macchina
organizzativa che interessa la rete diplomatico-consolare in Europa.
La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle votazioni in Italia – fissate domenica 25 maggio – ha scandito
i tempi anche per il voto all’estero.
Dunque agli elettori iscritti all’AIRE sarà spedito (al momento in cui scriviamo questa nota dovrebbe già
essere stato recpaitato) dal Ministero dell’interno il certificato elettorale con indicati gli orari e la località
della votazione.
Il certificato è spedito anche agli elettori italiani che si trovano temporaneamente in un Paese dell’Unione
Europea per motivi di studio o lavoro, e ai loro familiari conviventi, che abbiano presentato apposita
domanda entro il 6 marzo scorso.
Gli elettori che, entro il quinto giorno precedente quello della votazione – dunque il 20 maggio – non
avranno ricevuto al proprio domicilio il certificato elettorale, potranno farne richiesta al Capo dell’Ufficio
consolare della circoscrizione di competenza.
Tra i compiti di ambasciate e consolati dei Paesi dell’Unione europea, anche quello di allestire i seggi e di
provveder al reclutamento di presidenti e scrutatori.
È previsto un compenso pari a 143.06 Euro per il Presidente e 122.40 Euro per Segretario e Scrutatore.
Tutti dovranno garantire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali che, come noto, non implica lo
spoglio delle schede o l’attribuzione di voti.
maggio 2014 La Rivista - 17
La Rivista
europea eletta a suffragio diretto, è oggi
uno dei cardini del sistema decisionale
europeo e contribuisce all’elaborazione
di quasi tutte le leggi dell’UE in parità
con i governi nazionali.
Compiti del Parlamento
Come detto l’esito delle elezioni al Parlamento europeo del 2014 determinerà,
per la prima volta nella storia dell’Unione europea, chi sarà alla guida della
Commissione europea, organo esecutivo dell’UE. Anche i candidati agli altri
portafogli di competenze della Commissione dovranno superare un processo di
rigoroso controllo parlamentare prima di
poter assumere la carica.
Una volta determinata la composizione
della Commissione, i deputati si dedicheranno ai loro principali compiti parlamentari. I deputati al Parlamento europeo
sono i legislatori dell’UE: senza il loro
contributo e la loro approvazione, la stragrande maggioranza delle leggi europee
non possono essere adottate. Con il trattato di Lisbona del 2009, il Parlamento
ha acquisito un potere effettivo in settori
importanti e decisivi, in particolare l’agricoltura e le libertà civili, per i quali in precedenza aveva solo un ruolo consultivo.
Il Parlamento ha anche poteri di controllo o di supervisione sulle altre istituzioni
dell’UE: controlla il loro operato e come
spendono il denaro dei contribuenti. Da
ultimo, ma non meno importante, il Parlamento funge da cassa di risonanza delle preoccupazioni della collettività e può
inserire nuovi temi nell’agenda politica
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18 - La Rivista maggio 2014
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La Rivista
Procedura per la nomina della Commissione
europea
•
Per la prima volta, gli Stati membri dell’UE
dovranno tenere conto dei risultati delle elezioni europee prima di scegliere un presidente
designato della Commissione. Queste le varie
fasi della procedura:
•
•
•
tenendo conto dei risultati delle elezioni europee, i capi di Stato o di governo degli Stati membri propongono un
candidato alla carica di presidente della
Commissione;
il candidato presenta i suoi orientamenti politici (in pratica, un manifesto) al
Parlamento;
il candidato deve essere approvato dalla
maggioranza assoluta dei deputati (376
su 751); se approvato, il candidato è
considerato “eletto” dal Parlamento; se
non è approvato, gli Stati membri devono presentare un nuovo candidato;
il presidente eletto e i governi nazionali
dell’UE concordano insieme un elenco
di candidati per gli altri portafogli di
competenze della Commissione (uno
per ogni paese);
•
•
•
i candidati sono sottoposti ad audizioni
di conferma al Parlamento (queste audizioni non sono formalità: in passato
il Parlamento ha respinto candidati che
riteneva inadatti);
il presidente e gli altri commissari, come
organo complessivo, sono quindi sottoposti a un unico voto di approvazione
da parte del Parlamento che richiede
la maggioranza semplice (maggioranza
dei voti espressi);
se approvata dal Parlamento, la nuova
Commissione è formalmente nominata
dai capi di Stato o di governo dell’UE.
maggio 2014 La Rivista - 19
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La Rivista
Confederazione
elvetica
18 maggio 2014
Su che cosa si vota?
Domenica di importanti decisioni quella che attende il prossimo 18 maggio i cittadini levetici
che, accanto a numerosi quesiti di rilievo cantonale, saranno
chiamati ad esprimere il proprio
parere su quattro quesiti di carattere federale. Un decreto e tre
iniziative, di forte impatto sociale, pertanto emotivo, e come tali
capaci di polarizzare l’lettorato.
In rapido elenco ecco i quesiti
sotto posti a votazione:
Decreto federale concernente
le cure mediche di base
(Controprogetto diretto
all’iniziativa popolare «Sì alla
medicina di famiglia», ritirata)
La domanda che figura sulla scheda è
la seguente:
Volete accettare il decreto federale del
19 settembre 2013 concernente le cure
mediche di base?
In virtù del nuovo articolo costituzionale la Confederazione e i Cantoni si
impegnano affinché ovunque in Svizzera tutti ricevano rapidamente cure
mediche di base di elevata qualità.
Iniziativa popolare «Affinché i
pedofili non lavorino più con
fanciulli»
La domanda che figura sulla scheda è
la seguente:
Volete accettare l’iniziativa popolare
«Affinché i pedofili non lavorino più
con fanciulli»?
L’iniziativa chiede che chi è condannato per aver leso l’integrità sessuale
di un fanciullo o di una persona dipendente sia definitivamente privato del diritto di esercitare un’attività
professionale od onorifica a contatto
con minorenni o persone dipendenti.
Iniziativa popolare «Per la
protezione di salari equi
(Iniziativa sui salari minimi)»
La domanda che figura sulla scheda è
la seguente:
Volete accettare l’iniziativa popolare
«Per la protezione di salari equi (Iniziativa sui salari minimi)»?
L’iniziativa chiede che la Confederazione e i Cantoni promuovano contratti collettivi di lavoro che prevedano salari minimi e che sia introdotto
un salario minimo nazionale legale di
22 franchi all’ora, pari grosso modo a
4000 franchi al mese.
Legge federale sul fondo per
l’acquisto dell’aereo da
combattimento Gripen
La domanda che figura sulla scheda è
la seguente:
Volete accettare la legge federale del
27 settembre 2013 sul fondo per l’acquisto dell’aereo da combattimento
Gripen (Legge sul Fondo Gripen)?
Si prevede di sostituire i 54 aerei da
combattimento F-5 Tiger, ormai obsoleti, con 22 moderni aviogetti Gripen.
L’acquisto sarà finanziato mediante un
fondo. Contro la legge è stato chiesto
il referendum.
Garantire cure mediche di
base di elevata qualità
Il sistema sanitario svizzero ha davanti
a sé sfide importanti. La popolazione
invecchia e aumenta il numero di pazienti affetti da malattie croniche che
necessitano di cure mediche. A medio
termine c’è il rischio di una carenza
di professionisti della salute qualificati. Per questo i cittadini Svizzeri
sono chiamati ad esprimersi a favore
o contro del decreto federale del 19
settembre 2013 concernente le cure
mediche di base.
Il fine del nuovo articolo costituzionale
è quello di rafforzare le cure mediche
di base nel loro insieme, promuovendo in modo mirato anche la medicina
di famiglia. La Svizzera ha un sistema
sanitario efficiente e di ottima qualità:
chi ha disturbi, si ammala o è vittima di
un infortunio riceve ovunque e rapidamente cure mediche adeguate. A medio termine, tuttavia, vi è il rischio che
quest’assistenza non possa più essere
garantita, in particolare a causa della
sempre più probabile carenza di medici di famiglia: molti medici di famiglia
aventi uno studio proprio si avvicinano
all’età del pensionamento e non trovano un successore. Tale professione risulta infatti sempre meno interessante
e spesso i giovani medici preferiscono
non esercitare in studi individuali.
Per preservare l’elevato livello qualitativo delle cure mediche di base e garantire ad ognuno di poterne fruire in
tempi brevi è indispensabile disporre
di un numero sufficiente di professionisti adeguatamente formati. È inoltre essenziale che i medici di famiglia
e le altre figure professionali (medici
specialisti, farmacisti, ergoterapisti, fisioterapisti, nutrizionisti, personale curante o assistenti di studio medico) collaborino strettamente. Fondamentale è
anche puntare in misura crescente su
nuovi modelli di fornitura dell’assistenza sanitaria, ad esempio studi medici
associati e centri sanitari, che agevolino la cooperazione tra le varie figure
professionali in ambito sanitario.
Il nuovo articolo costituzionale getta le
basi legali necessarie a tali fini: in virtù
del nuovo articolo la Confederazione
può infatti influire in modo mirato sulla formazione e sul perfezionamento
dei professionisti della salute; può, ove
necessario, emanare regole uniformi
maggio 2014 La Rivista - 21
La Rivista
riguardanti l’esercizio della professione valide in tutta la Svizzera, ed ha anche il compito di provvedere affinché
le prestazioni dei medici di famiglia
siano adeguatamente remunerate e le
cure mediche di base promosse attraverso misure appropriate (ad esempio
potenziando l’insegnamento e la ricerca su questo tema nelle università).
Consiglio federale e Parlamento raccomandano di accettare l’articolo costituzionale.
Affinché i pedofili non
lavorino più con fanciulli
Com’è possibile che agli autori di abusi
sessuali su minori o di violenze contro
persone bisognose ricoverate in istituti sia permesso di lavorare ancora con
fanciulli o altre persone vulnerabili?
Com’è possibile che non sia ancora
stato eliminato il rischio che tali terribili fatti si ripetano? Sono queste le
domande che stanno alla base dell’iniziativa popolare «Affinché i pedofili
non lavorino più con fanciulli».
Nonostante il diritto vigente preveda
la possibilità di vietare o impedire agli
autori di abusi di incontrare la propria
vittima o di avere contatti con altre potenziali vittime, tali provvedimenti sono
ritenuti troppo deboli: il Codice penale
prevede già un’interdizione dell’esercizio di una professione, ma si tratta di
un divieto di portata alquanto ristretta, limitato a cinque anni. Può inoltre
essere disposto soltanto se l’autore
commette un reato nell’esercizio della
sua professione e se sussiste il rischio
che abusi della sua attività per commetterne altri. Oggi le attività extraprofessionali svolte nell’ambito di associazioni o di organizzazioni ricreative
non possono essere vietate in tutti i casi
in cui sarebbe necessario. Per esempio,
un allenatore di una società calcistica
che ha abusato di una giocatrice può
eventualmente continuare a svolgere la
sua attività e commettere altri abusi. La
situazione deve cambiare.
L’iniziativa chiede che chi è condannato per aver leso l’integrità sessuale di
un fanciullo o di una persona dipendente sia definitivamente privato del
diritto di esercitare un’attività professionale od onorifica a contatto con
minorenni o persone dipendenti.
L’interdizione obbligatoria e a vita di
esercitare un’attività richiesta dall’iniziativa è però contraria a principi dello
Stato di diritto quali la proporzionalità dell’azione statale. Sarebbe, infatti,
sproporzionato obbligare i tribunali a
pronunciare in tutti i casi e automaticamente un’interdizione a vita di esercitare un’attività a contatto con fanciulli
o persone dipendenti senza distinguere
tra un reato grave quale uno stupro e
un delitto meno grave. Per questo motivo il Parlamento ha discusso diversi
controprogetti indiretti, non riuscendo
però a giungere a una soluzione condivisa dalle due Camere. Nella votazione
finale il Consiglio nazionale ha accettato l’iniziativa, mentre il Consiglio degli
Stati l’ha respinta. A causa di questa
divergenza il Parlamento non formula
nessuna raccomandazione di voto.
Dal canto suo, il Consiglio federale è
d’accordo sul fatto che chi è condannato per aver commesso un reato sessuale su un fanciullo – in particolare i
pedofili – non debba più poter lavorare
a contatto con minorenni. Ha pertanto
avviato una modifica del diritto penale ancor prima che l’iniziativa venisse
depositata. La modifica di legge, adottata nel frattempo dal Parlamento,
prevede un’interdizione di esercitare
un’attività più ampia rispetto a quella
prevista dall’iniziativa: l’interdizione
può infatti essere pronunciata non
soltanto in caso di reati sessuali, ma
anche in caso di reati contro la vita
e l’integrità fisica. Per queste ragioni
ritiene che l’iniziativa sia superata.
Una questione controversa
L’economia svizzera gode di buona salute. La grande maggioranza della popolazione ha un lavoro. Rispetto agli altri
Paesi, inoltre, i salari sono elevati e la
percentuale dei posti di lavoro a basso salario è esigua. In Svizzera i salari
sono negoziati tra le parti sociali per
22 - La Rivista maggio 2014
La Rivista
un’intera categoria o un’azienda oppure
sono frutto di un accordo individuale tra
il lavoratore e l’impresa. Lo Stato cerca
deliberatamente di non intervenire in
modo diretto nei processi di formazione
dei salari, ma si preoccupa di combattere gli abusi in ambito salariale.
Anche in Svizzera vi è un certo numero di posti di lavoro retribuiti con salari
relativamente bassi. Si stima che questa
misura interesserà circa 330 000 posti di
lavoro, ossia il 9 per cento del totale. Per
combattere la povertà e il dumping salariale, l’iniziativa popolare «Per la protezione di salari equi (Iniziativa sui salari
minimi)» chiede che la Confederazione
e i Cantoni promuovano la fissazione
di salari minimi nei contratti collettivi
di lavoro (CCL) e che la Confederazione
introduca un salario minimo nazionale
legale di 22 franchi all’ora, pari a circa
4000 franchi al mese per una settimana lavorativa di 42 ore. Questo salario
minimo costituirà per tutti i lavoratori
di ogni settore in Svizzera il limite inferiore vincolante del salario.
Consiglio Federale e Parlamento approvano tali obiettivi, ma considerano
il mezzo inadatto e potenzialmente
controproducente. Il salario minimo
richiesto sarebbe infatti di gran lunga superiore rispetto a quelli esteri;
ciò renderebbe significativamente
più onerosa l’assunzione di personale
poco qualificato e rischierebbe, quindi,
di portare all’eliminazione dei posti di
lavoro con stipendio più basso. Questo,
a sua volta, comporterebbe una drastica riduzione di opportunità di impiego
per giovani e persone meno qualificate e un conseguente aumento della
disoccupazione, soprattutto nei settori economici già deboli. Le misure di
sgravio fiscale e sostegno sociale, unite alla progressività dell’imposta sul
reddito, sarebbero, invece, strumenti
alternativi più efficaci e durevoli per
favorire un’equilibrata redistribuzione
dei redditi tra le economie domestiche e aiutare chi percepisce un salario
scarso o ha difficoltà nell’inserirsi sul
mercato del lavoro.
Spreco o necessità?
Al fine di garantire una difesa aerea ottimale dello stato svizzero, il Parlamento ha proposto con la legge federale
del 27 settembre 2013 l’acquisto di 22
aviogetti del tipo Gripen E, velivoli di
ultima generazione forniti dalla Svezia.
Questi ultimi si aggiungerebbero alla
flotta di 32 F/A-18 già in dotazione alle
Forze aeree e servirebbero a sostituire
54 F-5 Tiger, ormai obsoleti. La spesa
totale ammonterebbe a 3,126 miliardi
di franchi e andrebbe ripartita in maniera omogenea sull’arco di 11 anni
mediante la creazione di un apposito
fondo, alimentato con le risorse stanziate per le spese ordinarie d’armamento e gestito dal Dipartimento federale
della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS).
Il Parlamento sostiene la propria scelta
argomentando che la sicurezza del Paese, base per la prosperità, l’indipendenza e la neutralità svizzere, debba
essere mantenuta anche grazie a un’aviazione militare moderna e, pertanto,
efficiente. Poiché i Tiger, in uso da oltre 30 anni e non più in grado di rispondere alle esigenze attuali a causa
di limitazioni tecniche, saranno messi
fuori servizio entro il 2016, la flotta
esistente dovrà essere completata. In
caso di bisogno, infatti, i 32 F/A-18
sarebbero insufficienti per permettere
un controllo intenso dello stato.
La soluzione individuata sembrerebbe
essere la più ragionevole in termini di
prestazioni tecniche, equipaggiamento
e costi di acquisizione ed esercizio. Al
posto di 54 Tiger solo 22 Gripen saranno
introdotti a partire dal 2018 per almeno
30 anni: l’onere finanziario previsto sarebbe inferiore rispetto alle alternative
vagliate e le Forze aeree godrebbero di
un armamento ridotto, ma estremamente avanzato ed efficace. Tra il 2016
e il 2018 verrebbero invece noleggiati 11
Gripen C/D dell’armamento svedese.
La sostituzione viene considerata necessaria dati i numerosi compiti attribuiti alle Forze aeree svizzere: sorveglianza dello spazio aereo, protezione
del territorio, ricognizioni e supporto
alle Forze terrestri. Inoltre, si prevede
un ritorno positivo sull’economia svizzera, dal momento che il fabbricante
del velivolo e i rispettivi fornitori esteri
si impegnano ad assegnare a imprese
svizzere commesse per un importo pari
a 2,5 miliardi di franchi.
Tuttavia, contro la legge è stato lanciato un referendum, che chiama al
voto i cittadini svizzeri. Gli oppositori
dell’acquisto dei nuovi aerei da combattimento ritengono, infatt,i che la
spesa sia eccessiva e superflua, non
soltanto dal punto di vista finanziario,
ma anche da quello della sicurezza. Si
chiede che il ruolo di esercito e aviazione venga definito più chiaramente
e si auspica che i soldi dei contribuenti
vengano impiegati in settori che li necessitano con maggiore urgenza (AVS,
svolta energetica) o investiti in formazione e innovazione. Si calcola inoltre
che le spese d’uso e il probabile aggiornamento dei mezzi comporterebbero
un costo (circa 10 miliardi di CHF) molto superiore rispetto a quello stimato.
Infine, si evidenzia come il modello
Gripen E non esista ancora fisicamente, ma solo nella documentazione dei
fabbricanti e non vi sia dunque certezza riguardo alla sua efficacia.
Nel caso in cui la legge venisse respinta, l’acquisto dei Gripen non avrà luogo e il Parlamento stabilirà come impiegare le risorse ancora inutilizzate.
maggio 2014 La Rivista - 23
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Sab
Dom
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07.30-24.00
07.30-23.00
La Rivista
Cultura
d’impresa
di Enrico Perversi
Sperimentare Innovare Apprendere
La sperimentazione è uno dei fondamenti del Management 2.0: per esempio il nuovo auspicato processo di
formulazione della strategia consiste in un’evoluzione
rapida che sostituisce la pianificazione a lungo termine.
Si vuole cambiare attraverso innovazioni che derivano
da sperimentazioni avvenute con successo e capitalizzate in apprendimenti collettivi. È noto come nuovi
prodotti o servizi vengano introdotti su piccola scala
cercando di capire in tempi brevi la reazione del mercato prima di avviare investimenti molto rilevanti, oppure
come innovazioni radicali siano nate da qualcosa imparato cercando una soluzione per un problema diverso.
Vorrei quindi approfondire l’utilizzo della sperimentazione in ambito manageriale ed è interessante attingere a discipline diverse da
quella della pura gestione aziendale. A me sembra molto stimolante il lavoro di Bruno Munari, artista e designer, che nel suo libro
Da cosa nasce cosa ci propone una metodologia progettuale che è
anche una riflessione interessante sul concetto di creatività.
Vediamo come si può applicare al management: un problema
aziendale nasce da un bisogno, da una criticità, la strada verso la
soluzione tuttavia non risiede in un’idea geniale che magicamente
crei la novità, il punto di partenza è invece una definizione accurata
del problema DP che ne definisca anche i limiti. A questo punto è
chiaro per tutti di che cosa ci si sta occupando e quindi si può fare
un altro passo in avanti definendo le componenti del problema CP,
che ci consentono di valutare e risolvere tematiche più piccole e limitate, forse anche già affrontate con successo in altri ambiti. Ecco
quindi che è necessario documentarsi, avviarsi cioè a capitalizzare
l’esperienza attraverso una raccolta dati RD seguita da un’analisi
approfondita dei dati stessi AD per trasferire il tutto nel contesto
in cui operiamo.
Inizia poi la fase di progettazione del nuovo attraverso la creatività C che quindi sostituisce l’idea intuitiva di cui si parlava all’inizio
del processo. La creatività quindi si mantiene nei limiti del problema
definiti dall’analisi dei dati e dei sottoproblemi e può far ricorso a
componenti già note, ma assemblate in maniera nuova. In questa
sede vanno esaminati materiali e tecnologie MT disponibili, in senso
aziendale si può parlare anche di informazioni, metodologie o strumenti, per arrivare alla soluzione del problema da cui eravamo partiti.
Qui il progettista, o il gruppo di lavoro, compirà una sperimentazione SP, che consentirà di valutare la fattibilità, i vantaggi, i nuovi usi
di cose esistenti, in una parola si accumulerà conoscenza ed esperienza. Un risultato sono modelli M, cioè funzionamenti possibili su
scala ridotta che attraverso le opportune verifiche V ci porteranno
ai disegni costruttivi DC (o processi, procedure, strumenti, strutture
in ambito aziendale) che rappresentano la soluzione S al problema.
Questo è il processo che un grande designer ha applicato alla progettazione di lampade o sedie utilizzando il criterio della semplicità, ma è anche quello che Toyota ha applicato nei suoi programmi
di miglioramento continuo chiamati Kaizen, dove viene impiegato
il criterio della eliminazione degli sprechi di materiale, tempo o risorse in generale. Tale approccio ha consentito a Toyota di raggiungere i vertici del settore automobilistico ed il suo modo di operare
è diventato un vero e proprio modello organizzativo-gestionale che
è stato adottato in tutto il mondo in molti settori.
In sintesi Sperimentare, Innovare, Apprendere è il principio guida
per il raggiungimento di obiettivi in ambiti complessi quali sono
quelli in cui si muove un’azienda rispetto al mercato o un manager
rispetto al contesto gestionale della sua azienda. Ma è anche il
processo tipico di un percorso o di una sessione di coaching, vediamolo insieme: la prima domanda che un coach pone è “di cosa mi
vuoi parlare?” e poi “quale obiettivo ti poni?”. È interessante notare
che il coaching parla sempre di obiettivi e non di problemi, tuttavia il senso è esattamente lo stesso di quello di Munari, perché
si parte da un bisogno, dalla decisione consapevole di perseguire
una finalità. L’enunciazione dell’obiettivo tuttavia non è sufficiente,
segue una esplorazione per approfondirlo, delimitarlo in un ambito
di fattibilità e renderlo quindi raggiungibile. Si scompone quindi
l’obiettivo e spesso il coach chiede se in passato il cliente ha già
vissuto esperienze simili risolte brillantemente, questo consente
di fare leva sui propri punti di forza e di focalizzarsi sul futuro e
sull’azione. Si ricerca la consapevolezza su dove ci si trova e su
dove si vuole andare, su quali strumenti o modalità ci hanno fornito risposte soddisfacenti in passato, si definisce infine un piano di
azione da attuare nel breve termine che ci dia immediato riscontro
dell’efficacia delle nostre azioni. Spesso le azioni decise non sono
straordinarie, fantascientifiche o mai immaginate prima, sono cose
normali che derivano dall’avere esaminato l’obiettivo da punti di
vista alternativi.
Il coaching quindi esplicita la sua efficacia nel creare consapevolezza nel cliente, nel proporgli di assumersi la responsabilità del
proprio obiettivo e nel chiedergli di passare all’azione, cioè nello
sperimentare il nuovo. Sperimentazione ed azione sono quindi la
chiave del miglioramento che derivano dalla chiarezza e dalla fiducia. Nella mia pratica di coach spesso mi sono trovato ad accompagnare clienti in percorsi di sperimentazione di comportamenti che
hanno progressivamente creato apprendimenti e autostima fino a
permettere il raggiungimento di obiettivi molto sfidanti, il denominatore comune di queste esperienze molto diverse tra loro è stato
il fatto che ognuno ha definito la propria soluzione originale che è
risultata essere la migliore per il cliente in quel momento ed in quel
contesto. Il coach non ha insegnato nulla, ma ha accompagnato
nella sperimentazione e quindi nell’apprendimento.
[email protected]
maggio 2014 La Rivista - 25
La Rivista
Donne in carriera:
Alessandra Rotondo
“Fa’ agli altri ciò che vorresti
fosse fatto a te”
di Ingeborg Wedel
Questa giovane e bella donna non
ancora trentenne, ha già alle spalle
una notevole carriera. È capitano
della Guardia di Finanza e Comandante di un nucleo operativo.
Ma non voglio anticipare altro:
potremo conoscere ed apprezzare
la storia di Alessandra leggendo
quanto lei stessa ci ha confidato.
“Durante l’ultimo anno di liceo a Messina, dove sono nata il 13 dicembre
1984, chiacchierando di prospettive
future, amici Carabinieri mi parlarono di queste “accademie militari”, alle
quali si poteva accedere per concorso
dopo aver conseguito il diploma di maturità. Spinta dalla curiosità andai a
documentarmi in internet, e, dopo aver
fatto una valutazione insieme alla mia
famiglia su quale potesse essere l’accademia più adatta a me, ho scelto di
concorrere per quella della Guardia di
Finanza, Corpo a cui sono particolarmente legata anche per motivi affettivi, avendovi fatto parte mio nonno.
A 18 anni sono partita per Bergamo,
dove ho frequentato il trienno presso
l’Accademia della Guardia di Finanza e
ho conseguito la laurea di primo livello.
Ho quindi ultimato il mio percorso formativo a Roma, con il biennio di specializzazione ed il conseguimento della
laurea magistrale in “Scienze della sicurezza economico finanziaria”.
Finiti i 5 anni di Accademia, con il grado
di Tenente, ero pronta per cominciare la
mia carriera di Ufficiale alla Guardia di
Finanza. Nel 2008 sono stata assegnata
alla Scuola Ispettori e Sovrintendenti de
L’Aquila, con l’incarico di Comandante del Plotone Allievi e di insegnante
aggiunto in materie tecnico-professionali. La Guardia di Finanza ha deciso di investire sulle donne anche nella
26 - La Rivista maggio 2014
formazione dei Marescialli di domani.
Sono rimasta tre anni in servizio presso la Scuola di Coppito (AQ), un periodo intenso di emozioni ed esperienze;
molteplici le sfide affrontate e vinte,
nel bene e nel male. Dal terribile sisma dell’aprile 2009 al G8, nel mese
di luglio dello stesso anno, la scuola è
stata il centro nevralgico dei soccorsi e
dell’organizzazione e svolgimento del
grande evento internazionale.
In diverse e molteplici situazioni ho
operato, con incarichi di responsabilità, in team misti; ed è stato soprattutto
durante la maxi emergenza sismica,
dove emozioni, paura e coraggio sembrano amplificarsi all’unisono, che ho
saputo rimanere me stessa, lavorando
fianco a fianco con uomini e donne, in
una alternanza di ruoli e responsabilità
scanditi dal fine comune.
Nel 2010 sono stata trasferita al Gruppo
di Ancona e destinata a diventare comandante del Nucleo Operativo Pronto
Impiego, i cd. Baschi Verdi. Si tratta di
un Reparto Speciale della Guardia di
Finanza a proiezione esclusivamente
operativa e di pronto impiego che rappresenta l’elite della Guardia di Finanza nella lotta al terrorismo ed è, al momento, composto da soli uomini. Come
prima donna al loro comando dopo tre
anni, dico, con orgoglio, di aver vinto
una bella sfida, contro le reticenze ed
i retaggi maschilisti che, in taluni casi,
ancora tardano a sciogliersi.
Dal 14 agosto 2013 comando la Compagnia di Terni, un reparto territoriale,
che dà la possibilità di vivere tutte le
sfaccettature del nostro mestiere, dalla polizia tributaria a quella giudiziaria
ed amministrativa.
Formare una famiglia non rientra nei
progetti per l’imminente futuro, ma
desidererei diventare madre e dare a
mio figlio l’opportunità di vivere una
vita serena, senza troppi cambiamenti.
Come conciliare questo con la carriera, personalmente, non so, ma ho visto
colleghe più anziane fare egregiamente entrambe le cose. Ad ogni modo, per
i sacrifici affrontati e le soddisfazioni
ricevute, non è nelle mie intenzioni abbandonare la carriera”.
Cosa significa nel suo ambiente essere donna in carriera?
Per fare carriera, in ogni ambito, basta
avere le capacità e saperle sfruttare
al meglio, continuando a crescere e a
migliorarsi giorno dopo giorno. Serve
anche, a mio parere, la fortuna di incontrare persone che siano in grado
di apprezzare e valorizzare le abilità
di ciascuno, che sappiano sfruttarle
al meglio per il bene comune dando le
giuste gratificazioni, in uno spirito di
meritocrazia e giustizia.
Quanto ha impiegato per farsi
apprezzare, come militare, in
un mondo tradizionalmente
maschile?
La Rivista
Il muro delle resistenze viene abbattuto
dal carattere e non dal sesso. La diffidenza si supera dopo un periodo minimo di conoscenza reciproca. Normalmente, chi è timido avrà bisogno di più
tempo per emergere e farsi apprezzare.
Quali difficoltà ha incontrato?
Quelle intrinseche del mestiere consistono nel doversi adattare al nuovo
ambiente ed al nuovo incarico ad ogni
trasferimento. Non mi sono mai sentita in difficoltà in quanto donna.
Quando cessata la diffidenza
nei suoi confronti’
Nei reparti in cui non ci sono state
ancora colleghe di sesso femminile,
riscontro maggiore curiosità e diffidenza. Questo, tuttavia, è uno stadio
che si supera dopo poco tempo, ossia
quando il militare comprende di avere di fronte una “collega” e non una
donna.
Quali ostacoli ha affrontato?
Gli ostacoli sono da ricercare nei limiti imposti da leggi e regolamenti
o, peggio, dal pregiudizio, che non ci
permettono, ad esempio, di ricoprire
incarichi considerati “ad alto rischio”
o “pericolosi”. Il vero ostacolo è la discriminazione.
Ritiene di godere di particolari
vantaggi o svantaggi?
Non trovo svantaggi o vantaggi nell’essere donna in un ambiente militare.
Privilegi ne ha?
C’è chi considera un privilegio ciò che
io vedo come un limite, quindi credo
sia un discorso molto soggettivo, legato anche alle persone che ti circondano e al loro modo di vedere il nostro ruolo all’interno della Guardia di
Finanza.
L’intuito è una qualità soprattutto femminile?
La differenza si può cogliere nella
maggiore sensibilità della donna, che
in alcuni casi porta ad un approfondimento maggiore del problema ed allo
studio di molteplici soluzioni.
Quanto conta per la donna in
carriera l’arte della seduzione
anche allo stato inconscio?
Lascio l’arte della seduzione alla vita
privata. Una carriera costruita su queste basi non regala molte soddisfazioni,
è effimera. Preferisco essere apprezzata per il mio impegno e per le mie capacità. Tuttavia non nego che trovare
nel proprio percorso uomini sensibili al
fascino femminile possa portare, inevitabilmente, a dei vantaggi. Credo che,
in questo caso, l’importante sia, da
parte della donna, non approfittarne,
sia per coscienza sia per orgoglio.
Qual è la sua maggiore soddisfazione?
La stima dei colleghi. Ho sempre tenuto al rapporto umano, poiché il tempo
trascorso nell’ambiente di lavoro, in
molti casi, è più di quello trascorso in
famiglia. Creare, quindi, un clima sereno e di condivisione è fondamentale
anche per la buona riuscita del servizio
che siamo chiamati a prestare.
Che atteggiamento assume
verso i sottoposti donne?
“Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”, ergo mi comporto esattamente come vorrei si comportassero i miei
superiori con me, con imparzialità e
giustizia.
A che cosa ha dovuto rinunciare per la carriera?
Una professione, fatta con passione e
dedizione, assorbe moltissimo tempo,
a prescindere da quale esso sia. Ci
sono giorni in cui si fa sera in un lampo, senza che me ne renda conto; sono
quelli che preferisco, quelli in cui vado
a letto stanca, ma soddisfatta. Ciò inevitabilmente comporta delle rinunce,
per cui è importante saper conciliare
il lavoro con la vita privata, senza far
pesare la propria assenza al proprio
partner o ai figli, e ciò comporta un
sacrificio anche per le nostre famiglie,
a cui va un enorme grazie per la comprensione e per l’appoggio che ci danno quotidianamente.
Quali hobby riesce a coltivare?
Nel tempo libero mi piace fare escursioni in moto, andare al cinema o leggere un buon libro.
maggio 2014 La Rivista - 27
La Rivista
Burocratiche
di Manuela Cipollone
Maggio,
mese di elezioni,
non solo europee
Come confermato dal decreto del Presidente Napolitano, il prossimo 25 maggio, in Italia, sarà giorno
di votazioni in molte regioni.
Risparmio e razionalizzazione hanno fatto del 25
maggio un election day in Abruzzo e Piemonte, per
rinnovare la Giunta Regionale, ma anche in 4102
comuni.
51.034.571 milioni gli elettori chiamati alle urne,
oltre 47 milioni sul territorio nazionale, 3,6 milioni
all’estero: tra loro anche i connazionali in Svizzera
che, però, se vorranno votare alle Europee, dovranno tornare in Italia. Non essendo uno Stato dell’Ue,
in Svizzera non verranno costituiti seggi, come invece accadrà negli Stati membri, ad opera della rete
diplomatico-consolare. Anche per partecipare alle
elezioni amministrative, i connazionali dovranno
tornare nel comune italiano di residenza, facilitati
dagli sconti di Trenitalia e Società autostrade.
730 giorni per rispondere all’istanza dei cittadini
Oltre al decreto che ha indetto i comizi elettorali, in
Gazzetta Ufficiale sono stati pubblicati altri importanti
provvedimenti, come il decreto che anche quest’anno ha
prorogato la partecipazione italiana alle missioni internazionali e le iniziative di cooperazione allo sviluppo.
In vigore dal 2 aprile scorso un decreto dell’ormai ex Governo Letta che – in deroga a quanto previsto per le Pubbliche Amministrazioni - individua “i termini superiori ai
novanta giorni per la conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza del Ministero degli affari esteri”.
Nel decreto, firmato Letta-Bonino-D’Alia – si stabilisce che
“nei casi di accertamento del possesso della cittadinanza
28 - La Rivista maggio 2014
italiana e rilascio della relativa certificazione per tutti i
casi di acquisto della cittadinanza italiana ivi incluso quello della trasmissione iure sanguinis della stessa”, in caso di
“complesse istruttorie legate alla verifica delle documentazione prodotta, sia da autorità amministrative italiane
sia da analoghe istituzioni di stati esteri la cui completezza
è alla base del prosieguo del procedimento amministrativo”, i consolati hanno 730 giorni di tempo, cioè due anni,
per rispondere all’istanza del cittadino.
L’abolizione delle province è legge
Approvata dal Parlamento, dallo scorso 8 aprile l’abolizione delle province è legge. Accolto e accompagnato
da moltissime polemiche che non accennano a spegnersi
– anzi – il testo ha l’ambizioso obiettivo di adeguare l’ordinamento degli enti locali “ai principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza”. Dunque vengono istituite nove città metropolitane - Torino, Milano, Venezia,
Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria,
cui si aggiunge la città metropolitana di Roma capitale - viene ridotto il numero delle province e si dispone
l’unione di più comuni. In regione di queste modifiche, la
legge istituisce quali organi della città metropolitana il
sindaco, il consiglio e la conferenza “metropolitani”.
Il nuovo assetto dovrà entrare in vigore nel gennaio
2015, dunque la legge prevede che entro il prossimo 30
settembre dovranno svolgersi le elezioni del consiglio
metropolitano, mentre entro il 31 dicembre il consiglio
metropolitano dovrà approvare il proprio statuto.
Il 1º gennaio 2015 le città metropolitane subentreranno
alle province omonime, succederanno ad esse in tutti i
rapporti attivi e passivi e ne eserciteranno le funzioni,
“nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli
obiettivi del patto di stabilità interno”.
Il sindaco del comune capoluogo – sempre il 1 gennaio
2015 - assumerà le funzioni di sindaco metropolitano.
La composizione del consiglio metropolitano varia in
base alla popolazione del territorio e dura in carica cinque anni.
Quanto a beni e risorse, “spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della
provincia a cui ciascuna città metropolitana succede”.
Transitoria in attesa della riforma del Titolo V
La disciplina delle province, definite “enti di area vasta”, è espressamente qualificata come transitoria, cioè
nell’attesa che venga approvata la riforma costituzionale
del Titolo V e delle relative norme di attuazione. Norme
specifiche riguardano le province montane, cui le regioni riconoscono, nelle materie di loro competenza, forme
particolari di autonomia.
Infine, la legge detta alcune disposizioni sulle unioni e
fusioni di comuni. La disciplina delle unioni di comuni
viene semplificata con l’abolizione dell’unione di comuni
per l’esercizio facoltativo di tutte le funzioni e servizi
comunali. Restano ferme le altre due tipologie di unione,
quella per l’esercizio associato facoltativo di specifiche
funzioni e quello per l’esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali. Per quest’ultima viene confermato il
limite demografico ordinario pari ad almeno 10.000 abitanti, ma viene abbassato per i soli comuni montani a
3.000, e viene spostato il termine per l’adeguamento dei
comuni all’obbligo di esercizio associato delle funzioni
fondamentali dal 1° gennaio al 31 dicembre 2014.
– per “rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del
lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché a riordinare i contratti di lavoro vigenti per
renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze
del contesto produttivo nazionale e internazionale” – e,
infine, la delega in materia di conciliazione dei tempi di
lavoro con le esigenze genitoriali – per “contemperare i
tempi di vita con i tempi di lavoro dei genitori”.
Ancora all’esame del Parlamento è il decreto che contiene “disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro
di capitali detenuti all’estero, nonché altre disposizioni
urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di
termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi”.
Dal testo, è stata espunta la disciplina della voluntary
disclosure, che ora è oggetto di altri due disegni di legge che hanno l’obiettivo di disciplinare il rimpatrio e la
regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale.
Rilanciare semplificando
All’esame del parlamento mentre scriviamo un’altra
importante riforma del Governo Renzi: le “Disposizioni
urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la
semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”, meglio conosciuto come “jobs act”.
Il decreto contiene interventi di semplificazione sul
contratto a termine e sul contratto di apprendistato, la
smaterializzazione del DURC, la delega in materia di ammortizzatori sociali – che ha lo scopo di “assicurare un
sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori che
preveda, in caso di disoccupazione involontaria, tutele
uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori,
di razionalizzare la normativa in materia di integrazione
salariale” – la delega in materia di servizi per il lavoro e
di politiche attive – per “garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su
tutto il territorio nazionale, nonché ad assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative” – la
Delega in materia di semplificazione delle procedure e
degli adempimenti –che “punta a conseguire obiettivi
di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di
costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, al fine di
ridurre gli adempimenti a carico di cittadini e imprese” –
la delega in materia di riordino delle forme contrattuali
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Rivista - 29
La Rivista
Normative
allo specchio
di Carlotta D’Ambrosio
L’Accordo di Libero Scambio
Svizzera – Cina:
una possibilità anche per le aziende italiane?
L’Accordo bilaterale di Libero Scambio tra Cina e Svizzera
(c.d. ALS), concordato in 9 tornate negoziali e sottoscritto a Pechino il 6.7.2013, diverrà operativo entro l’estate
del 2014, avendo superato in data 20.3.2014 il vaglio del
Consiglio degli Stati.
L’ALS, con precedenti nel Memorandum d’intesa tra i due Paesi
del 2007 e nel dialogo sui diritti umani del 1990, è stato incoraggiato dai dati relativi al commercio degli ultimi 2 anni: l’incremento dell’import cinese dalla Svizzera è stato del 145,5% nel
2013 e del 98,2% l’anno precedente.
I rapporti già esistenti e le potenzialità insite nel contare su un
partner commerciale come la Cina sono i presupposti di un Accordo che dovrebbe far aumentare il commercio tra i due Paesi
del 50% e le esportazioni svizzere in Cina fino al 63%, con pieno
vantaggio per le stesse aziende svizzere che così supererebbero le
società estere concorrenti.
Per aziende svizzere ci si riferisce a società di diritto svizzero,
incluse anche filiali e succursali in Svizzera di società straniere
(p.es. italiane), che vantino, in ordine al commercio dei prodotti, il
rispetto delle regole di origine necessarie per godere delle agevolazioni dell’ALS, territorialmente valido per la Cina, la Svizzera e il
Principato del Liechtenstein.
Sebbene l’ALS abbia un vasto campo di applicazione, il presente
articolo si focalizza sul commercio dei prodotti, rimandando ad
un prossimo numero le considerazioni sul commercio dei servizi,
la protezione dei marchi e brevetti e le regole sulla concorrenza.
In merito al commercio dei prodotti, per meglio comprendere la
reale portata delle nuove regole, è utile premettere che molte
delle importazioni da Cina a Svizzera, grazie al sistema di preferenze valido per i paesi in via di sviluppo, erano già in franchigia
doganale (cioè esenti dal pagamento di tributi e diritti doganali,
perché relativi a una temporanea importazione di materie prime
per manufatti da riesportare in Cina). Con l’ALS, i prodotti industriali, agricoli trasformati e di base, saranno esenti da quei dazi
svizzeri ancora applicati ai beni industriali cinesi; e l’area dei prodotti in franchigia doganale verrà estesa al tessile e alle scarpe.
Con l’Accordo cadrà l’obbligo di pagare dazi per il 20% delle merci esportate dalla Svizzera (ad es. in singoli segmenti dell’export
di macchinari come reattori, turbine a vapore e perforatrici di
profondità) conferendo a chi esporta dalla Svizzera (incluse anche
filiali e succursali in Svizzera di società italiane) un indubbio vantaggio rispetto ai loro concorrenti che esportano dagli USA, UE
e Giappone. In particolare, per i prodotti chimici e farmaceutici
è previsto uno smantellamento tariffario dei dazi doganali in 5
30 - La Rivista maggio 2014
anni ed in alcuni casi entro 10 o 12 anni come nel caso di pompe
per liquidi, macchinari per il riempimento, scambiatori di calore
e forni industriali. Le esportazioni di prodotti tessili entreranno in
franchigia doganale solo dopo 10 anni dall’ALS, ma per il settore
dei “tessili tecnici” il dazio zero è previsto a 5 anni. Anche per gli
orologi i dazi saranno ridotti gradualmente in 10 anni. Cioccolato
e confetture saranno posti in franchigia doganale entro 5 anni;
pasta, vino e bevande dolcificate soltanto entro 10 anni; i biscotti
entro 12 anni. Per i formaggi, i dazi doganali verranno diminuiti
nell’arco di 10 anni e portati a un tasso finale del 4,8%, mentre
quelli applicati ai principali prodotti di caffè nel giro di 10 anni
saranno ridotti dal 14,1% al 6%. Da sottolineare la presenza di
una clausola di verifica che sottopone le concessioni doganali a
riesame ogni due anni.
Le regole e i vantaggi descritti valgono se la lavorazione dei prodotti è stata effettuata nel Paese d’origine (per quanto ci riguarda
la Svizzera) così come descritta nelle regole di lista. Per i prodotti
industriali, l’origine è data dal cambiamento della voce di tariffa doganale (sigla conferita se la trasformazione effettuata nel
Paese ha determinato una classificazione del prodotto ottenuto
in una voce della tariffa doganale diversa rispetto a ciascuno dei
materiali non originari utilizzati) o in virtù di una creazione di
valore nel Paese (Svizzera) pari ad almeno il 40% del prodotto,
rispetto al prezzo franco fabbrica. L’origine è comprovata dal certificato di circolazione delle merci EUR.1 o da una dichiarazione
d’origine riportata sulla fattura o sul bollettino di consegna di
cui la controparte può chiedere la verifica entro 6 mesi dalla ricezione.
A salvaguardia di un certo equilibrio economico, l’ALS consente di
sospendere provvisoriamente determinate concessioni doganali,
qualora le importazioni dovessero aumentare tanto da minacciare o recare seri danni a un settore economico nazionale.
I vantaggi insiti nell’ALS sono evidenti. Il quadro sinteticamente
offerto dimostra che la Svizzera si sta predisponendo a divenire
il partner privilegiato di un gigante commerciale come la Cina e
che detta collaborazione nasce sotto regole d’origine improntate
alla liberalità. L’unica perplessità riguarderebbe le lunghe scadenze temporali per lo smantellamento tariffario (dai 5 ai 10 anni
fino ad arrivare in alcuni casi ai 12), i contingentamenti, le prove
da fornire e altre disposizioni che non faciliterebbero gli scambi
commerciali, con l’effetto di inibire a molte società, comprese le
filiali e succursali italiane, di sfruttare l’ALS fino a che lo stesso
non risulterà definitivamente vantaggioso.
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La Rivista
Angolo
Fiscale
di Tiziana Marenco
Restituzione di azioni
da parte di persona fisica:
Oneri deducibili e utile in capitale
In due recenti sentenze concernenti la restituzione di titoli azionari da parte di una persona fisica,
il Tribunale Federale Svizzero si è espresso a favore del contribuente, riqualificando la transazione
nel primo caso in onere deducibile dal reddito
imponibile e nel secondo caso in utile in capitale
esente da imposta.
Nella sentenza del 24 marzo 2014 riguardante il carattere
di onere deducibile di una restituzione di partecipazione
di collaboratori (2C_692/2013 / 2C_693/2013) il Tribunale Federale è stato chiamato a giudicare sulla restituzione di azioni bloccate effettuata da parte dell’allora
(2008) presidente del Consiglio di Amministrazione (CdA)
dimissionario dell’UBS allo scopo di attenuare il rischio di
un processo per responsabilità. Tale rischio derivava dal
fatto che, in concomitanza con le dimissioni, il CdA come
da contratto aveva ricevuto una sostanziosa somma di
buonuscita malgrado la situazione finanziaria disperata
della banca. Mentre era chiaro che il pagamento di buonuscita costituisce reddito imponibile, il carattere fiscale
della restituzione delle azioni bloccate dipende dalle circostanze. Nella fattispecie l’accordo transattivo concluso
nell’ambito delle dimissioni stabiliva che la restituzione
delle azioni avveniva su base volontaria da parte del CdA
dimissionario.
Le circostanze concrete erano tuttavia tali da indurre il
presidente dimissionario a restituire le azioni per sfuggire alla minaccia concreta di processo per responsabilità,
possibilità esplicitamente non esclusa dall’accordo transattivo che non prevedeva come d’abitudine una clausola
di saldo. Visto il nesso chiaramente esistente tra la buonuscita e la restituzione delle azioni bloccate, il Tribunale
Federale ha riconosciuto alla restituzione di azioni il carattere di onere deducibile dal reddito imponibile.
Nella sentenza del 2 febbraio 2014 (2C_368/2013 /
2C_369/2013) invece la restituzione di azioni era avvenuta in concomitanza con la liquidazione di un patto di
risoluzione di un contratto concluso anni prima in vista
della successione aziendale. Il successore si era allora
impegnato ad entrare in società accettando un incarico
lavorativo in posizione dirigenziale e pattuendo quale ricompensa la cessione graduale delle azioni della società.
Secondo il contratto un licenziamento era previsto solo in
caso di motivi gravi.
Quando, due anni dopo la conclusione del contratto,
il successore si licenziò e il venditore chiese all’arbitro
di statuire sulla restituzione delle azioni nel frattempo
trasferite al successore, nell’ambito della transazione
quest’ultimo si impegnò tra l’altro a restituire le azioni e
l’imprenditore, a sua volta, a pagare a vari titoli 4 milioni
di franchi, la somma di 2’157’368 franchi dei quali a titolo di pagamento per le azioni restituite.
Il Tribunale Federale, a differenza delle istanze cantonali,
ha constatato che la restituzione delle azioni per le quali
il successore aveva già acquisito un diritto in virtù della
sua attività lavorativa era avvenuta su base perfettamente volontaria e costituiva dunque una cessione a titolo
oneroso e non un indennizzo per rinuncia all’esercizio dei
diritti derivanti dal contratto di successione. In quanto
tale, la cessione dava luogo ad un utile in capitale su
patrimonio privato che in Svizzera è esente da imposta.
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maggio 2014 La Rivista - 31
La Rivista
Angolo
legale Italia
di Viviana Sforza
Le business warranties
nei contratti di acquisizione
Nel numero de La Rivista dello scorso febbraio abbiamo avuto modo di occuparci delle c.d. “dichiarazioni e garanzie”
(“representations&warranties”) nei contratti di acquisizione,
affrontando il tema dell’efficacia delle representations&warranties contenute nel contratto preliminare (le “business
warranties”) ma non riprodotte nel contratto definitivo di
compravendita.
In questo numero analizziamo un tema diverso ma ugualmente attuale, che viene in rilievo in una fase che potremmo
definire “patologica” del rapporto negoziale: la natura giuridica e il termine di prescrizione delle business warranties.
Ricordiamo che le business warranties rappresentano una parte essenziale del contratto di acquisizione: si tratta di un set in genere molto
ampio di dichiarazioni con le quali il venditore garantisce al compratore
la consistenza del patrimonio della società target oggetto di compravendita.
La prassi negoziale delle business warranties nasce dall’esigenza di
tutelare l’acquirente di un pacchetto azionario (o di un’azienda): secondo la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza arbitrale, poiché
l’oggetto della compravendita è costituito giuridicamente dalle azioni o
dalle quote della società, e non dai suoi beni o patrimonio, l’acquirente
non potrebbe ex lege invocare le garanzie legali per vizi o mancanza
di qualità promesse nel caso di vizi o problemi inerenti i beni o il patrimonio della società compravenduta. Le business warranties, ossia le
garanzie contrattuali a favore dell’acquirente che hanno espressamente ad oggetto i beni e il patrimonio della società compravenduta, sono
finalizzate a colmare questo gap, dando al compratore uno strumento
di tutela (il diritto all’indennizzo) azionabile nei confronti del venditore
ogni qual volta le dichiarazioni e garanzie prestate da quest’ultimo in
merito ai beni o al patrimonio si rivelino inesatte, non veritiere o non
corrette, e ciò determini un danno per il compratore.
Il diritto all’indennizzo del compratore si traduce (due facce di una
stessa medaglia) in un obbligo all’indennizzo per il venditore: accanto
alle business warranties, il contratto prevede l’obbligo del venditore di
manlevare e tenere indenne il compratore e/o la società venduta dalle
passività insorte a seguito alla non-conformità tra quanto dichiarato
dal venditore nelle business warranties e quanto effettivamente esistente nel patrimonio della società (ad esempio, un contenzioso non
comunicato, una passività fiscale non emersa, ecc..).
Normalmente questo diritto-obbligo può essere fatto valere in un arco
temporale, per prassi negoziale, di diciotto o ventiquattro mesi dalla
data del closing; fanno eccezione le business warranties di natura giuslavoristica e fiscale, e talvolta ambientale, i cui termini di prescrizione
vengono di norma fatti coincidere con i termini di prescrizione di legge
applicabili alle situazioni che costituiscono l’oggetto di tali dichiarazioni e garanzie.
Vi sono tuttavia una dottrina minoritaria e una giurisprudenza di merito prevalente secondo cui le business warranties sarebbero “qualità
32 - La Rivista maggio 2014
promesse” delle azioni o quote oggetto di compravendita, ex art. 1497
del codice civile, e, in quanto tali, sarebbero soggette al termine di
prescrizione di un anno1 dalla consegna delle azioni/quote, di cui all’art.
1495 del codice civile. Tale termine di prescrizione non sarebbe derogabile dalle parti, stante il principio di inderogabilità dei termini di
prescrizione di cui all’art. 2936 del codice civile.
Questo comporterebbe che il compratore non avrebbe più diritto ad
essere indennizzato per quelle passività scoperte dopo oltre un anno
dal closing; un rischio concreto se si pensa che le passività ine-renti i
beni o il patrimonio di una società difficilmente mergono entro un anno
dall’acquisizione.
Si tenga poi presente che la giurisprudenza di merito, pronunciatasi a
favore di questo orientamento penalizzante per l’acquirente, è quella
delle corti di appello, adite in sede di impugnazione dei lodi arbitrali2.
Dinanzi a questa pericolosa “zona grigia”, il 20 settembre 2013 è stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge volta
all’introduzione nel codice civile italiano, nell’ambito del libro dedicato
al contratto di compravendita, di una nuova sezione, intitolata “Della
vendita di azienda e di partecipazioni sociali”. Tale sezione contiene
due articoli, che fisserebbero a cinque anni il termine di prescrizione
delle azioni di indennizzo esercitabili dal compratore nei confronti del
venditore rispettivamente in caso di vendita di azienda e di partecipazioni sociali.
A detta dei proponenti, l’assenza di regole certe in materia rappresenterebbe un ostacolo alla crescita economica dell’Italia, perché, dinanzi al
rischio di una tutela giurisdizionale di solo un anno, disincentiverebbe
gli investitori stranieri all’acquisto di società italiane.
Il 7 novembre 2013 la proposta di legge è stata assegnata alla seconda
Commissione Giustizia delle Camere, ed è ad oggi in fase di esame. Nel
frattempo, la dottrina sembra non avere manifestato grande interesse
per questa proposta, salvo rare eccezioni3.
Si tratta sicuramente di una proposta che richiede interventi di approfondimento e revisione (il termine di cinque anni potrebbe, ad esempio,
non essere congruo e limitare l’autonomia negoziale delle parti in merito a quegli eventi – come le sopravvenienze fiscali o ambientali – che
di norme si verificano dopo cinque anni), ma rappresenta quantomeno
l’occasione del affrontare in sede legislativa uno dei temi da sempre più
dibattuti nell’ambito delle acquisizioni societarie.
[email protected]
1
Il termine di prescrizione di un anno dalla consegna della cosa è stato fissato
dal legislatore codicistico (nel 1942) avendo riguardo alla vendita 1di beni tangibili, e allo scopo di non lasciare troppa incertezza sulla conclusione effettiva
dell’affare; un caso, quindi, ben diverso da quello della vendita di una società.
2
I contratti di acquisizione prevedono spesso clausole arbitrali mediante le quali
le parti concordano di devolvere in arbitrato le controversie inerenti il contratto,
incluse, quindi, quelle che possono avere ad oggetto la violazione delle business
warranties.
3
Si veda MARCO SPERANZIN E ANDREA TINA, “Una recente proposta legislativa
in tema di trasferimento di aziende e partecipazioni sociali”, in Le Società 3/2014.
La Rivista
Angolo
legale Svizzera
di Massimo Calderan
Iniziativa popolare federale
«Per la protezione di salari equi
(Iniziativa sui salari minimi)»
Il 18 maggio 2014 in Svizzera il Popolo e i Cantoni
sono chiamati a votare l’iniziativa popolare, deposi-tata dall’Unione sindacale svizzera USS) il 23 gennaio 2012, «Per la protezione di salari equi (Iniziativa
sui salari minimi)».
L’iniziativa vuole modificare la Costituzione federale svizzera e obbligare, da un lato la Confederazio-ne e i Cantoni ad
adottare misure intese a proteggere i salari sul mercato del
lavoro e a promuovere i salari minimi “usuali” per il luogo, la
professione e il ramo nei contratti collettivi di lavoro (CCL), e
dall’altro lato la Confederazione a introdurre un salario minimo legale di CHF 22 all’ora (che corri-sponde a CHF 4’000
al mese (x12) per un lavoro a tempo pieno), valido a livello
nazionale per tutti i lavoratori. Tale salario minimo legale sarà
adeguato al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa e in seguito periodicamente, all’evoluzione dei salari e
dei prezzi dal 2011 in poi, almeno nella misura dell’indice delle
rendite dell’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS). Per rapporti di la-voro particolari, la Confederazione potrà emanare
normative derogatorie. I Cantoni potranno a loro volta stabilire vincoli supplementari al salario minimo legale.
Se l’iniziativa sarà accettata dalla maggioranza del Popolo e
dei Cantoni, il Consiglio federale dovrà porre in vigore la nuova normativa entro tre anni, quindi entro il 18 maggio 2017.
I promotori dell’iniziativa essenzialmente vogliono (i) lottare
contro la povertà in Svizzera, introdu-cendo salari minimi
“giusti” che consentano a tutti i lavoratori di poter vivere
dignitosamente, senza dover ricorrere agli aiuti sociali dei
Comuni; (ii) lottare contro il cosiddetto dumping salariale
da parte di aziende che mettono lavoratori stranieri e lavoratori locali gli uni contro gli altri corrispondendo loro
salari bassi o bassissimi; e (iii) proteggere le aziende corrette che pagano salari “dignitosi” dalla concorrenza sleale
da parte delle aziende che pagano salari molto bassi e che,
quindi, si possono permettere di offrire prodotti e servizi a
prezzi inferiori. I promotori dell’iniziativa sono convinti che
aumenterà il potere d’acquisto dei lavoratori, si creeranno
nuovi posti di lavoro, si rafforzeranno l’economia e la pace
sociale, e che ne trarranno beneficio anche le casse delle
assicurazioni sociali.
Il Consiglio federale e l’Assemblea federale raccomandano
al Popolo e ai Cantoni di respingere l’iniziativa. Malgrado
molti condividano nella sostanza le preoccupazioni dei
promotori dell’iniziativa, generalmente si dubita dell’efficacia della stessa, al contrario, si ritiene che avrebbe effetti
nocivi sul mercato del lavoro svizzero e sul funzionamento
del cosiddetto partenariato sociale tra datori di la-voro,
sindacati e lavoratori. Nel suo “Messaggio” del 16 gennaio
2013, il Consiglio federale fa notare che i salari più bassi
dipendono in ampia misura dal buon funzionamento del
partenariato sociale e dei CCL che, dal momento che è loro
conferito carattere obbligatorio generale, aiutano a consolidare i salari e le condizioni minime di lavoro in modo
idoneo e equo nei diversi rami di attività e nelle varie regioni. Il Governo sottolinea che con l’entrata in vigore il 1°
giugno 2004 delle misure collaterali alla libera circolazione delle persone stipulata con l’Unione Europea (tuttora in
vigore) è già possibile lot-tare in modo efficiente contro
il dumping salariale; qualora in un ramo o in una professione non esi-sta un CCL e si accertino abusi ripetuti, le
commissioni tripartite possono far emanare un contratto
normale di lavoro che preveda salari minimi. Al contrario dei promotori dell’iniziativa, il Governo è dell’opinione
che l’introduzione di un salario minimo nazionale potrebbe avere conseguenze negative sui salari “usuali”, che a
medio termine potrebbero appiattirsi sul livello del salario
minimo. Le autori-tà sostengono che il mercato del lavoro
svizzero funziona e non deve temere il confronto internazionale (vedi il basso tasso di disoccupazione, l’elevato
tasso di attività e i salari medi tendenzialmente in ascesa).
Sono convinte che salari minimi uguali per tutte le professioni, a tutti i livelli, in tutti i rami e in tutte le regioni
potrebbero mettere a repentaglio posti di lavoro e mettere
sotto pressione lavo-ratori meno qualificati, alcune regioni
e/o determinati rami economici. Il Governo fa notare che
le cause della povertà in Svizzera sono molteplici e reputa
che la lotta contro la povertà sia complessa e necessiti di
interventi a tutti i livelli.
Destano preoccupazione le molte iniziative degli ultimi anni
con lo scopo di introdurre nuove regole per il mercato del
lavoro (controllo dell’immigrazione; aumento del minimo
dei giorni di vacanze (non approvata); tetto massimo dei
salari dei manager di società quotate in borsa; salari minimi), spesso rigide e contrarie all’idea del mercato di lavoro
liberale funzionante che è senz’altro un atout fondamentale
per il successo economico della Svizzera.
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maggio 2014 La Rivista - 33
La Rivista
Convenzioni
Internazionali
di Paolo Comuzzi
Lotta agli strumenti “ibridi”
Nel grande mondo della “fiscalità” internazionale gli
strumenti ibridi hanno avuto ed hanno la loro fortuna in quanto hanno consentito e consentono di raggiungere uno scopo molto importante che consiste
nella deduzione di un costo nel paese (A) e nella non
tassazione del provento (o almeno nel deferral della
tassazione) nel paese (B).
In buona sostanza la società che finanzia una entità
residente fiscale in una diversa giurisdizione mediante
uno strumento ibrido potrebbe ottenere un duplice (e
interessante) effetto: 1) nel paese della finanziata riesce
a ridurre la base imponibile mediante l’appostazione di
un costo nel conto economico; 2) nel paese di residenza del finanziante non aggiunge materia imponibile in
quanto il provento si caratterizza come un provento a
tassazione “bassa” o come un provento la cui tassazione
viene differita (si pensi ad un semplice gioco come deduzione per competenza e tassazione per cassa).
Stabilito questo punto viene di interesse discutere di
quale sia l’atteggiamento che oggi le diverse amministrazione finanziarie seguono nel momento in cui si
trovano di fronte ad uno strumento “ibrido”.
Sarebbe interessante anche discutere di un secondo
tema che consiste nel chiedersi se uno strumento ibrido posto in essere anni addietro possa essere oggetto
di contestazione alla luce delle considerazioni che attualmente vengono pubblicate in sede OCSE e / o del
cd “agressive tax planning”.
Formuliamo questa considerazione perché possono
certamente esistere degli strumenti ibridi che sono
stati implementati anni addietro e che oggi sono oggetto di una contestazione per quanto riguarda le loro
conseguenze ma non sono accertabili con riferimento
al periodo di imposta della loro implementazione.
Commenti
Alcuni cenni storici e d’inquadramento
Prima di entrare nel merito di quella che è l’attualità del rapporto OCSE in materia di strumenti ibridi appare di un certo
interesse fare un cenno storico che ben consente di spiegare la
“potenza” di questi strumenti.
Fino alla riforma fiscale del 2004 era presente nell’ordinamento
italiano l’utilizzo del contratto di Associazione in Partecipazione che era lo strumento ibrido per eccellenza in quanto consentiva una deduzione in capo all’associante (diciamo la società
34 - La Rivista maggio 2014
italiana) ed una non tassazione in capo al soggetto estero e
questo per una delle seguenti ragioni: a) caratterizzazione dello strumento come uno strumento di equity e quindi applicazione del regime PEX al quantum percepito; b) riconoscimento
di una stabile organizzazione all’estero (in Italia) che il paese
dell’associante non vedeva e quindi non tassava ed esenzione
del reddito di questa stabile organizzazione nel paese del soggetto associato.
In questo modo si otteneva una sostanziale duplice non tassazione: nel paese dell’associato si aveva una deduzione del
costo e nel paese del soggetto associante non si aveva alcuna
imposizione.
Il solo costo che poteva incidere sulla validità economica di una
simile operazione era quello della ritenuta alla fonte eventualmente applicabile sul provento che il soggetto associante erogava al soggetto associato.
Non è invece uno strumento ibrido quello che si limita a consentire una doppia deduzione e che potrebbe consistere nella
seguente struttura: a) (A) apre una stabile organizzazione nel
paese (B) in cui deve comprare una partecipazione; b) la stabile
organizzazione si indebita e compra la partecipazione e quindi
opta per il consolidato fiscale; c) questo consente una deduzione di interessi sia nel paese della stabile organizzazione che nel
paese di residenza fiscale di (A).
In questa impostazione non esiste alcuno strumento ibrido ma
solo un debito che viene contabilizzato due volte in ragione del
principio della world – wide taxation che viene applicato nel
paese di residenza del soggetto (A).
In buona sostanza il legislatore italiano ha cominciato prima di
altri una lotta contro gli strumenti di carattere ibrido colpendo
ben 10 anni addietro lo strumento forse più semplice e anche
più utilizzato.
L’OCSE e gli strumenti ibridi
In primis va detto che l’OCSE ha dedicato un rapporto agli strumenti ibridi sancendo che “… This report deals with hybrid mismatch arrangements. These are arrangements exploiting differences in the tax treatment of instruments, entities or transfers
between two or more countries. Hybrid mismatch arrangements
have been encountered by tax administrations in many countries. They often lead to “double non-taxation” that may not be
intended by either country, or may alternatively lead to a tax
deferral which if maintained over several years is economically
similar to double non-taxation …”.
E’ del tutto evidente il rischio dello strumento ibrido: esso consente alla ricchezza di non essere tassata e tra un lungo deferral
e una non tassazione esiste una linea che è molto sottile e che
definire mobile è già dire chiara (quando sia lecito dire che una
componente di positiva non è sostanzialmente oggetto di tassazione non è materia di carattere fiscale ma è materia economica).
Oggi il paese in cui viene dedotto un costo appare poco propenso a consentire questa deduzione quando capisce che l’onere
dedotto non viene tassato o verrà tassato a “babbo morto” nel
paese di residenza del soggetto percettore.
In maggior dettaglio si intende per Hybrid instrument uno strumento che entra nella seguente casistica: “… Hybrid instruments: Instruments which are treated differently for tax purposes in
the countries involved, most prominently as debt in one country
and as equity in another country …”.
In buona sostanza siamo di fronte ad uno strumento che avendo una diversa caratterizzazione giuridico formale consente di
sfruttare una asimmetria che non è informativa ma legislativa
e che comporta il generarsi di conseguenze di carattere fiscale
come la non tassazione.
L’effetto che questi strumenti ottengono è il seguente “…Deduction / no inclusion schemes: Arrangements that create a deduction in one country, typically a deduction for interest expenses, but avoid a corresponding inclusion in the taxable income in
another country …”.
L’esempio tipico e più semplice di questa problematica di questa problematica è proprio il contratto di AIP che abbiamo
menzionato in precedenza: deduzione in un paese e non tassazione del provento nel paese del percettore in ragione di una
diversa caratterizzazione giuridica dello strumento e / o di una
fictio iuris (esistenza di una stabile all’estero).
Questa problematica degli strumenti ibridi genera anche problemi di correttezza in quanto, come indica l’OCSE, “…Fairness
relates to the fact that mismatch opportunities are more readily
available for taxpayers with income from capital, rather than
labour. The ability of a select group of taxpayers to reduce their
taxes could be perceived as unfair, thus affecting public confidence in the fairness of the tax system …”.
Appare del tutto evidente che la scoperta e quindi la implementazione di uno strumento ibrido non è faccenda per molti
ma per pochi eletti che possono intercettare informazioni circa
la legislazione di diversi paesi e quindi agire nei meandri della
legge facendo uso di maglie legislative che è complesso comprendere e che trovano una chiusura solo mediante modifiche
di carattere legislativo e / o interventi della giurisprudenza.
La conclusione della organizzazione OCSE è molto chiara e si
sostanzia nel dire che “…One preliminary conclusion is that hybrid mismatch arrangements that apparently comply with the
letter of the laws of two countries but that achieve nontaxation
in both countries, which result may not be intended by either
country, generate significant policy issues …”.
In buona sostanza il problema dello strumento ibrido, quando
viene scoperto, non è solo di tecnicismo fiscal ma è politico: le
persone informate dell’utilizzo di questi strumenti formulano
una considerazione evidente di scontento e chiedono la eliminazione di aree grigie sfruttate proprio da questi pochi eletti
che appaiono sempre più come dei furbi.
Avuto chiaro quanto sopra indicato è evidente la conclusione
che viene raggiunta in sede OCSE ovvero che si deve “lottare” contro lo strumento ibrido in quanto strumento che lede un
principio fondamentale delle convenzioni contro le doppie imposizioni e che consiste nell’evitare certamente la doppia imposizione ma anche la doppia non imposizione dello stesso reddito.
In buona sostanza ibrido è brutto (questa ormai la impostazione) e la lotta contro lo strumento ibrido può avvenire in modi
molto diversi e tra questi si ha:
• Clausola generale antielusiva che però presenta alcune
problematiche ed infatti si ha che “… although general
anti-avoidance rules are an effective tool, they may not
always provide a comprehensive response to cases of unintended double non-taxation through the use of hybrid mismatch arrangements …”.
• Clausole specifiche contro gli strumenti di carattere ibrido e qui possiamo dire che “…Domestic law rules which
link the tax treatment of an entity, instrumentor transfer
in the country concerned to the tax treatment in another
country appear to hold significant potential as a tool to
address hybrid mismatch arrangements that are viewed as
inappropriate …”.
Nessuno impone agli Stati il sistema di lotta ma possiamo dire
che la organizzazione OCSE chiede ai suoi aderenti di:
a) Consider introducing or revising specific and targeted rules
denying benefits in the case of certain hybrid mismatch
arrangements;
b) Continue sharing relevant intelligence on hybrid mismatch arrangements, the deterrence, detection and response
strategies used, and monitor their effectiveness;
c) Consider introducing or the revising disclosure initiatives
targeted at certain hybrid mismatch arrangements.
Conclusione
La conclusione in merito agli strumenti di carattere ibrido (nello
specifico quelli che sono a metà tra il debito ed il patrimonio) è
che i suddetti strumenti dovrebbero avere una vita abbastanza
breve in ragione dello svilupparsi dello scambio di informazioni tra le diverse amministrazioni finanziarie sempre più capaci
di mettere in evidenza atteggiamenti che formalmente sono
corretti se letti in modo non globale ma che appaiono tesi ad
ottenere un vantaggio fiscale forse non del tutto giustificato se
vengono letti in modo unitario.
In buona sostanza lo strumento ibrido (diciamo la nostra vecchia AIP) che consente di raggiungere il risultato ottimale della
doppia non imposizione ha certamente una vita molto breve in
quanto strumento che non ha alcuna sostanziale valenza di carattere economico se non quella di trattenere il reddito presso il
contribuente evitando allo stesso l’adempimento fiscale.
maggio 2014 La Rivista - 35
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La Rivista
L’elefante
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di Vittoria Cesari Lusso
Che cosa nasconde la scelta del nome?
La scelta del nome dei nostri figli è ben lungi dall’essere
un atto banale.
È anche ben lungi dall’essere una «vera scelta» da tutti i punti
di vista. Di fatto, i genitori e la famiglia sono condizionati da
molti fattori. In primo luogo, dalla cultura e dalla società in cui
vivono. Basta il confronto tra nazioni vicine come Svizzera e Italia per mostrare già tendenze diverse. Nella Confederazione non
ci sono statistiche a livello nazionale, ma soltanto per regione
linguistica.
Nell’area di lingua italiana la hit parade 2012 vede in testa per i
bambini i nomi: Mattia, Alessandro (che occupa stabilmente da
tempo i primi posti) e Leonardo; per le bambine: Giulia, Anna e
Sofia. Nella Svizzera romanda abbiamo da un lato Gabriel, Noah
e Nathan; dall’altro Emma, Cloé e Lara. Nella svizzera tedesca il
palmares per i bambini va a Léon, Noah, Lucas; per le bambine
a Mia, Lena, Elena.
Anche per Italia si potrebbe fare una differenza per regioni. I
nomi variano molto dall’Alto Adige alla Sicilia. Ma sarebbe
troppo lungo e ci accontentiamo delle statistiche nazionali. I
tre nomi preferiti nel 2013 risultano essere: Francesco (effetto
Papa?), Alessandro e Andrea per i maschi; Sofia, Giulia e Giorgia
per le femmine.
La scelta varia a seconda delle epoche storiche. Se
si prendono le statistiche dei nomi più diffusi tra la popolazione
italiana con oltre quarant’anni di età troviamo appellativi ben
più tradizionali. Per i maschi, Giuseppe, Giovanni e Antonio; per
le femmine, Maria, Anna e Giuseppina. Andando ancora più indietro nel tempo all’epoca delle famiglie numerose, era abbastanza frequente il ricorso a nomi di battesimo che semplicemente ricalcavano l’ordine di nascita: Primo, Secondo, Quinto.
La scelta esprime anche l’appartenenza a una comunità religiosa. Nella comunità ebraica, ad esempio, continuano a essere
molto diffusi i nomi evocatori della storia del popolo israelita
quali Abramo, Davide, Samuele e Norah, Eva, Rachele, Ruth, Sarah.
Inoltre, i nomi di battesimo riflettono il ceto sociale. Ad esempio,
presso i comuni mortali è quasi totalmente caduta in disuso la
trasmissione del nome da una generazione all’altra. Non così
quando la trasmissione comprende anche un regno, un titolo
nobiliare, un patrimonio industriale. Il nome di battesimo allora
è un marchio di superiorità da perpetuare. Noblesse oblige…
Nel corso del tempo sono sorte molte leggende
sull’influsso che il nome di battesimo avrebbe sul suo portatore.
C’è chi dice che il nome ci influenza attraverso le energie delle
lettere che lo compongono (resta da capire come si misurano
tali energie!). Altri pensano che sia un marchio dal significato
recondito, ma potente che condiziona il nostro carattere e il nostro destino. Nomen omen (Il nome è destino), secondo un detto
latino. Altri ancora credono che sia la chiave del nostro successo o insuccesso relazionale, poiché ci rappresenta come un
conciso biglietto da visita di fronte al resto del mondo. Così non
è, probabilmente. Più semplicemente, il nome reca in sé, in modo
più o meno esplicito, le aspettative di chi ci ha generati. Giorno
dopo giorno, contatto dopo contatto, queste vengono assorbite
dalla prole. I bambini fanno in fretta a capire ciò che fa felici
e gratifica mamma e papà, come adattarsi per farli contenti,
come provocarli per farli arrabbiare. In effetti, è questo l’elefante
invisibile che ci lega al nostro nome: le attese familiari che esso
condensa e che noi assorbiamo.
Domandiamoci dunque che cosa i genitori vogliono
trasmettere? Che cosa vogliono dimenticare?
In sostanza, un nome di battesimo più che rivelare qualcosa di
chi lo porta, costituisce uno straordinario indizio biografico sui
genitori e sulla stirpe familiare. Un filo di Arianna nel labirinto
psichico di papà e mamma.
Esso parla, a seconda dei casi, delle loro origini, dei legami di
appartenenza, delle aspirazioni sociali, dei progetti intimi della
coppia, dei sogni per l’avvenire, delle fantasie.
Nella scelta del nome c’è tutto il bagaglio culturale dell’individuo che entra in gioco con i suoi lati razionali, affettivi, inconsci.
La scelta è un momento chiave nella vita di coppia, che permette
di mettere a nudo preferenze, identificazioni, priorità, legami,
vecchie e nuove lealtà, capacità di negoziazione. Il nome di tuo
nonno? È vero che è bello, ma cosa diranno i miei genitori! Evitiamo i nomi di famiglia! Perché non scegliere qualcosa di più
attuale? Vediamo ad esempio tra i calciatori, tra le fotomodelle,
gli attori e le attrici! E perché no, un nome mitologico che non
passa mai di moda?!
Il processo di scelta può essere ancora più complesso nelle coppie
miste. Come l’esempio di un futuro papà di origine marocchina,
che pur essendo perfettamente integrato nella società italiana,
scopre la forza dei legami con la famiglia d’origine nel momento
della scelta del nome dell’erede. Dovrà chiamarsi come il nonno!
Non si discute. La giovane moglie siciliana non è d’accordo. Il
loro futuro è in Italia. Perché far rivivere il passato?
Un’altra coppia italo-francese trova un compromesso adottando
per i due gemelli i nomi della celebre coppia mista Sarkozy &
Bruni: Nicolas e Carla.
Rimane da chiedersi che cosa ne fanno le persone
del nome di battesimo che è stato loro attribuito. E dei no-
mignoli a esso collegati. Li adottano tali e quali? Li cambiano?
Come? Qui si può trovare qualche indizio di come ognuno noi
tenta di personalizzare il proprio percorso…
[email protected]
1
Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra la folla
con al sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile…
Dirige le collane Jonas: studi di psicoanalisi applicata (Franco Angeli) e Arcipelago:
ricerche di psicoanalisi contemporanea
maggio 2014 La Rivista - 37
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La Rivista
Dalla Svizzera
degli Stati a quella federale
Il Patto di Brunnen, 9 dicembre 1315
di Tindaro Gatani
«Siffatta Lega fu poi conosciuta e rinomata sotto il nome
di Confederazione (Eidgenossenschaft), e i popoli, ond’ella formavasi, denominaronsi
Confederati (Eidgenossen)». E
«questi vocaboli» si trovano per
la prima volta «nel patto di federazione conchiuso nel 1315»
a Brunnen. Stefano Franscini,
Statistica della Svizzera, Lugano 1827, pp. 1-2.
Anche dopo che Enrico VII di
Lussemburgo aveva concesso loro
«una conferma e un’estensione delle
loro franchigie (1309)», facendoli
diventare «soggetti diretti dell’Impero
sulla base di un titolo incontestabile», i
Waldstätten avevano fatto bene a non
sentirsi del tutto sicuri di conservare
quelle garanzie. Di lì a poco, gli eventi
avrebbero confermato la loro opinione.
La ragion di Stato avrebbe, infatti,
indotto l’Imperatore a riconciliarsi con
gli Asburgo. E «una delle condizioni
dell’intesa» era la restituzione a questi
ultimi dei loro vecchi possedimenti,
«specialmente quelli della Svizzera
centrale».
Fu «soltanto la morte improvvisa
di Enrico VII» (24 agosto 1313), a
impedire la revoca di quelle lettere, che
garantivano loro le franchigie imperiali.
Ancora una volta, i Confederati si
erano resi sempre più convinti «di
dover contare soltanto sulle proprie
forze» (Charles Gilliard, op. cit., pp. 2324). La loro preoccupazione maggiore
era quella di rompere il soffocante
accerchiamento
degli
Asburgo,
che dominavano ancora Glarona,
Einsiedeln e Lucerna, e li minacciavano
quindi da tre lati. Nello stesso tempo i
Ludovico IV il Bavaro, Bassorilievo,
Palazzo dei Papi Avignone.
Waldstätten, con Uri in testa, iniziarono
a cercare uno sbocco verso i territori a
Sud del Gottardo.
La lotta contro gli Asburgo
Dopo la morte di Enrico VII si aprì una
nuova lotta, per la successione sul
trono imperiale, tra gli Asburgo e la
Casa di Baviera. I contendenti erano
Federico I il Bello (1289-1330), figlio
dell’imperatore Alberto I d’Asburgo e
di Elisabetta del Tirolo-Gorizia, suo
cugino Ludovico (Luigi) IV il Bavaro
(1274-1347), figlio di Ludovico II di
Baviera von Wittelsbach e di Matilde
d’Asburgo, sorella di Alberto I.
Federico I il Bello, divenuto, in seguito
alla prematura morte del fratello
Rodolfo di Boemia e all’assassinio del
padre (1308), capo del suo Casato,
aveva passato la giovinezza insieme al
cugino Ludovico, al quale era legato,
oltre che dal forte vincolo di parentela,
anche da una stretta e fraterna
amicizia. Dopo la morte di Enrico VII di
Lussemburgo (24 agosto 1313), i due
cugini cominciarono, però, a litigare sul
diritto di successione al trono imperiale.
Il primo scontro frontale avvenne il
9 novembre del 1313, sui campi di
Gammelsdorf nei pressi di Frisinga,
dove Ludovico sconfisse Federico,
costringendolo intanto a rinunciare ai
suoi diritti sull’Alta Baviera. La lotta per
la successione portò all’incoronazione
contemporanea dei due cugini a
Imperatore: Ludovico ad Aquisgrana e
Federico a Bonn. I contrasti sfociarono
allora in una vera e propria guerra
civile, che oltrepassò gli stessi confini
della Germania.
A fianco di Federico I il Bello si schierò
il fratello minore Leopoldo I d’Asburgo
(1290-1326), che aveva ottenuto il
titolo di duca d’Austria e Stiria. Dopo
diversi anni di contrasti, Federico fu
nuovamente sconfitto, nella battaglia
di Mühldorf (28 settembre 1322), e
fatto prigioniero, insieme con 1300 suoi
soldati e cavalieri. Leopoldo I d’Asburgo
invocò allora la mediazione di re Carlo
IV di Francia e intercesse presso papa
Giovanni XXII per la liberazione del
fratello. Dopo tre anni di prigionia, su
pressione dello stesso Papa, Ludovico
IV il Bavaro liberò il cugino Federico,
che, in cambio della libertà e della
riconciliazione, si impegnò con il
Trattato di Trasnitz (13 marzo 1325) a
riconoscerlo Imperatore e a convincere
il fratello a fare altrettanto.
Tra anti-Imperatore
e anti-Papa
Non essendo riuscito, però, a indurre
il fratello Leopoldo a compiere quel
passo, rispettando il patto sottoscritto,
Federico, nonostante il Papa lo
avesse dispensato dal giuramento,
si consegnò di nuovo prigioniero al
cugino, che, commosso da «tanta
nobiltà», propose di condividere con
lui la corona imperiale come coreggente (1325). Quella decisione
non fu però riconosciuta né dal Papa
né dai principi elettori. Si rese così
necessario un nuovo trattato, quello di
Ulm (7 gennaio 1326), secondo il quale
Federico avrebbe ottenuto il titolo di
Rex Romanorum e Ludovico sarebbe
stato incoronato Imperatore. Federico
I, passato alla storia come antiimperatore del Sacro Romano Impero
anche con il nome di Federico III (dopo
Federico I il Barbarossa e Federico II di
Svevia), si spense il 13 gennaio 1330.
L’incoronazione di Ludovico IV il Bavaro
sarebbe stata, però, causa, ancora
una volta, di un nuovo scontro senza
quartiere tra Papato e Impero. Giovanni
XXII, al secolo Jacques Duèse, Pontefice
dal 1316 al 1334, il secondo della
Cattività avignonese, aveva conferito al
francese Roberto I d’Angiò, re di Napoli
maggio 2014 La Rivista - 39
La Rivista
Bonifacio VIII in un affresco di Giotto,
1300 ca.
(1277-1343), la reggenza imperiale per
l’Italia centro-settentrionale. Ludovico
IV, nel 1327, era sceso in Italia accolto
con grandi acclamazioni da parte
delle città ghibelline. Al suo seguito
c’erano anche vescovi e cardinali che
contestavano il Papa di Avignone, che
Ludovico IV aveva fatto dichiarare
«eretico e indegno», facendosi quindi
incoronare Re d’Italia con la corona
ferrea dei Re Longobardi, nel Duomo
di Milano, da Guido Tarlati, vescovo
scomunicato di Arezzo. Dopo aver
vagato con le sue truppe e il suo seguito
per diverse città e castelli, Ludovico IV
marciò su Roma, dove si fece incoronare
imperatore in San Pietro, con il nome di
Ludovico (Luigi) IV del Sacro Romano
Impero (1328), da Giacomo Sciarra
Colonna, capitano del popolo romano,
diventato già tristemente famoso
per l’oltraggio a papa Bonifacio VIII,
un episodio passato alla storia come
Schiaffo di Anagni (7 settembre 1303).
Bonifacio VIII, al secolo Benedetto
Caetani, Pontefice dal 1294 al 1303,
celebre per aver indetto il primo Giubileo
della storia della Chiesa, quello del
1300, era entrato in dissidio con il re di
Francia Filippo IV il Bello (1268-1314).
Due emissari del sovrano francese,
Guglielmo di Nogaret e appunto
Giacomo Sciarra Colonna, seguiti da
bande armate, si erano recate, nel
1303, ad Anagni, città natale del Papa,
per impedirgli la pubblicazione della
Bolla Super Petri Solio, che, tra l’altro,
conteneva la scomunica del re francese.
All’energico rifiuto del Papa di non
accettare l’imposizione di Filippo IV,
lo presero prigioniero e lo rinchiusero
nel palazzo di famiglia, sottoponendolo
a varie angherie e privazioni. Fu in
quei frangenti che, il 7 settembre
1303, lo Sciarra avrebbe oltraggiato
il Papa, reo, tra l’altro, di aver fatto
distruggere Palestrina, feudo della sua
40 - La Rivista maggio 2014
stessa famiglia. Per alcuni storici si
trattò, comunque, di un oltraggio più
morale che materiale. Bonifacio VIII,
liberato dai suoi concittadini, fece
ritorno a Roma, dove, dopo appena un
mese, si spense l’11 ottobre 1303. Per
assoggettare il Papato ai suoi voleri
e quindi agli interessi della Francia,
Filippo IV progettò il trasferimento
della sede papale dall’Italia alla Francia.
I Papi avignonesi
Dopo il breve Pontificato di Benedetto
XI (130-1304), e 11 mesi di tempestosa
vacanza, per intermediazione del
cardinale Napoleone Orsini, la scelta
del successore cadde su Bertrand de
Got, arcivescovo di Bordeaux, che resse
il Soglio di Pietro dal 1305 a1314 con il
nome di Clemente V. Dopo essersi fatto
incoronare a Lione, a partire dal 1309,
il nuovo Papa fissò la sua residenza ad
Avignone, allora feudo degli Angioini di
Napoli. La sede papale sarebbe rimasta
nella città francese fino al 1377, un
lungo periodo che passò allo storia
della Chiesa sotto il nome di cattività
avignonese per indicare la sottomissione
dei Papi al sovrano francese di turno.
Con uno dei suoi prima atti, Clemente
V, creò nove cardinali francesi e uno
inglese, mettendo così un’ipoteca
a favore del suo Paese sul prossimo
conclave. Clemente V riuscì a stento
a impedire a Filippo IV la celebrazione
di un macabro processo contro il
defunto papa Bonifacio VIII, ma,
come contropartita, dovette tuttavia
concedergli la soppressione dell’Ordine
dei Templari (1312) e l’incameramento
dei loro ingenti possedimenti da parte
della Corona, che, intanto, si era
rimpinguata anche con l’esproprio dei
beni degli Ebrei francesi.
Filippo IV il Bello, figlio di Filippo
III e quindi nipote di re Luigi IX il
Santo (1214-1270), nella frenesia
di rafforzamento della sua dinastia,
quella dei Capetingi, dal capostipite
Ugo Capeto (940-996), era entrato
in aperto conflitto con la Chiesa, per
essersi dichiarato unico vicario di
Cristo in Francia, cioè Papa nel suo
Paese, e per aver imposto delle tasse
anche sul clero. Colpito da ictus,
Filippo IV morì durante una battuta di
caccia nel 1312. La sua morte avrebbe
rafforzato la leggenda secondo la quale
essa era stata la diretta conseguenza
della maledizione del Gran maestro dei
Templari francesi, Jacques de Molay,
che aveva predetto la fine del monarca
entro lo stesso anno della confisca dei
beni del suo Ordine.
A Filippo IV il Bello sarebbero succeduti
sul trono francese Luigi X (12891316); Giovanni I il Postumo, re per
soli 5 giorni (15-20 novembre 1316);
Filippo V, re di Francia dal 1316 al
1322; Carlo IV, re di Francia dal 1322
al 1328, ultimo regnante della dinastia
diretta dei capetingi alla quale sarebbe
successa quella cadetta dei Valois con
la salita al trono di Filippo VI di Francia.
La lotta tra papa Giovanni XXII e
l’imperatore Ludovico IV il Bavaro
era divenuta intanto sempre più
incandescente. Lo scontro si protrasse
anche sotto i successivi Papi avignonesi:
Benedetto XII, Jacques Fournier (13341342) e Clemente VI (Pierre Roger de
Beaufort (1342-1352), che nel 1346
impose l’elezione dell’anti-imperatore
Carlo IV di Lussemburgo, ma la morte
di Ludovico IV il Bavaro, avvenuta
l’11 ottobre dell’anno dopo, evitò
l’annunciata guerra tra i due.
La battaglia di Morgarten
Agli inizi della lotta tra Federico
I il Bello e Ludovico IV il Bavaro, i
Waldstätten avevano appoggiato con
determinazione il secondo. Gli Asburgo,
che accerchiavano da tre lati i territori
dei Confederati, risposero allora, da
La Rivista
Battaglia di Morgarten, particolare sulla
facciata del Municipio Svitto.
una parte con una soffocate guerra
commerciale attraverso i loro agenti
doganali sul Lago dei Quattro Cantoni,
e dall’altra sostenendo l’abbazia di
Einsieldeln nella disputa sui confini
delle sue proprietà con Svitto.
Approfittando, ancora una volta,
della lotta tra i due cugini per il
trono imperiale, gli Svittesi avevano
eretto prima, nell’estate del 1312,
un vallo difensivo ad Altmatt a nord
di Rothenthurm e poi, nella notte tra
il 6 e il 7 gennaio del 1314, avevano
addirittura avuto il temerario ardire di
assalire la stessa abbazia, posta sotto
la protezione asburgica. Dopo aver
saccheggiato le riserve del convento,
avevano preso «il guardiano e i suoi
fedeli», tenendoli poi prigionieri per
undici settimane nella fortezza di
Altmatt, sulle alture a metà strada tra
Einsiedeln e Svitto. A quella blasfema
azione, l’abate di Einsiedeln rispose
con la scomunica e l’interdetto degli
Svittesi e Alberto I d’Asburgo bandì i
Waldstätten dall’Impero, dichiarando
decadute tutte le franchigie. Quel
bando era stato subito dichiarato nullo
da Ludovico IV il Bavaro (17 luglio
1315). I Confederati rimanevano così
«avogadria imperiale unitaria».
La misura era, però colma e gli
Asburgo, allarmati anche dal fatto che
alcuni sudditi dei loro domini limitrofi
cominciavano a simpatizzare per i Paesi
forestali, decisero di intervenire con la
forza. Si cominciò con il fare attaccare
dalla flotta di Lucerna alcuni villaggi di
Unterwalden e a incendiare alcune case
dei più fervidi sostenitori degli Svittesi.
Per dare una lezione a quei «contadini
e vaccari», ci voleva però un’esemplare
spedizione punitiva. Essendo Federico
I impegnato nella lotta con il cugino,
ci pensò allora suo fratello Leopoldo I
d’Asburgo duca d’Austria (1290 ca. –
1326). Dopo aver raccolto il fior fiore
delle sue milizie in Germania, in Austria
e nei suoi domini svizzeri, si accampò a
Zugo, da dove si mise in marcia verso
il passo del Sattel, con l’intenzione di
piombare dopo su Svitto. La formazione
asburgica pensava a una facile
operazione, limitata a dare una lezione
a quei ribelli, tanto che al seguito della
truppa c’erano anche dei contadini
che «portavano con sé le corde che
sarebbero servite a condurre il bestiame
confiscato ai montanari quale indennità
per la spedizione». I Waldstätten, che
avevano spiato a dovere i movimenti
degli Asburgici, li aspettarono al
passaggio obbligato lungo la sponda
del lago di Aegeri, predisponendo
sbarramenti con dei letzi (mura di
pietre e terriccio), palizzate lungo la
vallata, trappole di tronchi e macigni
sul pendio della montagna. Quando
il folto dell’avanguardia asburgica si
trovò nell’angusto passaggio, tra il lago
e la montagna, fu travolto da tutto un
improvviso rovinio di massi e tronchi
che, azionati ad arte, rotolavano giù
a grande velocità. Cavalieri e cavalli
imbizzarriti fuggirono per ogni dove,
mentre la fanteria, che seguiva a poca
distanza, veniva travolta e terrorizzata.
Lo scontro finale tra le forze asburgiche
e quelle dei Paesi forestali avvenne il
località Morgarten. I pochi Asburgici
che poterono si salvarono fuggendo
verso i boschi circostanti o gettandosi
nel lago, gli altri, la maggioranza, non
ebbero scampo. Era il 15 novembre
1315 e a sera sul terreno di battaglia
si contarono circa 1500 asburgici
massacrati da quei montanari armati
di picche e di corte mazze ferrate. I
Confederati avrebbero lamentato una
perdita di soli 12 uomini. Lo stesso
Leopoldo d’Austria, salvatosi a stento,
qualche giorno dopo, come racconta un
cronista d’epoca, giunse a Winterthur
«più morto che vivo, piangendo la
perdita di tanti amici ch’erano il meglio
del suo esercito».
Il Patto di Brunnen
L’esito della battaglia di Morgarten
destò grande impressione in tutta
Europa, perché era «la prima volta» che
«la nobiltà feudale era stata battuta
da un pugno di montanari» (Guido
Calgari, op. cit., pp. 130-132). «Di
colpo, i Waldstätten, la vigilia ancora
sconosciuti, divennero una potenza
del mondo. La rivolta mutò in una
rivoluzione, l’alleanza in uno Stato.
Per la prima volta si erge di fronte
agli Asburgo una potenza che non è
l’Impero… Se un secolo più tardi nulla
restava della potenza degli Asburgo
fra il Regno e le Alpi, ciò lo dobbiamo
alla battaglia di Morgarten» (William
Martin, op. cit., p. 35).
La vittoria di Morgarten fu il trionfo
completo e decisivo per la libertà del
primo nucleo della Confederazione
Elvetica. I Waldstätten, dopo qualche
giorno di festeggiamenti per la vittoria
riportata, non si addormentarono sugli
allori. Sapevano che, prima o dopo
gli Asburgo sarebbero ritornati per
vendicare l’atroce affronto. Bisognava
allora agire su due fronti: uno interno e
l’altro esterno, rafforzando l’alleanza e
cercando di rompere l’accerchiamento.
Così, a tre settimane dalla vittoria di
Morgarten, i rappresentanti dei tre
Paesi forestali, il 9 dicembre 1315,
si riunirono a Brunnen, sulla sponda
del Lago dei Quattro Cantoni opposta
ai campi del Rütli, per confermare
e ampliare il Patto del 1291,
trasformando l’alleanza in una Lega
difensiva. Nel nuovo Patto fu inserita,
a garanzia dell’unità futura della
Confederazione, «una clausola nuova
e importantissima», cioè «il divieto di
contrarre alleanze separate».
Il nuovo Patto, non era più segreto
maggio 2014 La Rivista - 41
La Rivista
Federico I d’Asburgo il Bello.
e riservato a pochi congiurati, che
conoscessero la lingua latina, ma
pubblico e diretto a tutti, per questo
fu redatto nel tedesco parlato
localmente. E siccome tutti dovevano
conoscere e sottoscrivere quel patto
con un giuramento solenne, fu
deciso di leggerlo e farlo approvare
nelle Landsgemeinden, le assemblee
pubbliche all’aperto, che funzionavano
da Parlamento. Da adesso in poi non
erano più Confederati solo i 33 che
avevano giurato in segreto sul prato del
Rütli, ma tutti gli abitanti dei tre Paesi
forestali. Ecco perché c’è anche chi
riterrebbe opportuno fissare la nascita
della Confederazione al 1315.
La disputa sul luogo e la data di nascita
della Confederazione, tra il Rütli 1291
e Brunnen 1315, è per Emilio R. Papa
«una oziosa questione storiografica».
Battaglia di Morgarten, dalla Tschachlatanchronik, 1470 circa.
42 - La Rivista maggio 2014
Lo stesso storico sostiene, tuttavia,
che «il nuovo patto», quello di Brunnen,
«è un insieme di grandi norme che
saranno lette e giurate — e lo saranno
per secoli — in ogni Landsgemeinde,
dai confederati… uomini uniti per
giuramento…»
e
«un’autentica
riforma costituzionale (la prima!) »,
che attribuisce «la politica estera alla
Confederazione» (Emilio Raffaele Papa,
op. cit., pp. 34-35).
È dunque con il Patto di Brunnen
che prende l’avvio pubblico e quindi
ufficiale
della
Confederazione.
Infatti, come ci fa osservare il
ticinese Stefano Franscini (17961857), studioso attento e puntuale
della storia del suo Paese: «Siffatta
Lega fu poi conosciuta e rinomata
sotto il nome di Confederazione
(Eidgenossenschaft), e i popoli, ond’ella
formavasi, denominaronsi Confederati
(Eidgenossen)». E «questi vocaboli» si
trovano per la prima volta «nel patto
di federazione conchiuso nel 1315» a
Brunnen (Stefano Franscini, Statistica
della Svizzera, Lugano 1827, pp. 1-2).
Gli Eitgenozen (i Confederati)
I nomi di Confederazione e di Confederati
li troviamo per secoli a indicare sia
la Nazione che i suoi abitanti. E «con
questi» nomi sarebbe stata «la Svizzera
nominata» ancora «nel trattato di
Westfalia l’anno 1648». Infatti «non è
ben certo quando le parole Svizzeri e
Svizzera siano state primieramente in
uso… il nome Svizzero fu per la prima
volta udito nella più antica guerra
fatta contro la repubblica di Zurigo dai
Confederati [22 luglio 1443] fra i quali
primeggiando allora per entusiasmo e
forse anche per bravura le genti di Svitto
(Schwyz), meritarono che il particolare
nome loro divenisse quello di tutti gli
uomini della lega». «Tal nome», cioè
Svizzeri, come nota ancora il Franscini,
«fu [tuttavia] in sulle prime un vocabolo
di spregio, dato ai Confederati dai loro
nemici a qualificarli gente di vil razza;
e forse continuò, come più scrittori
affermano, a essere parola dispregiativa
sino dopo la guerra di Svevia (1500)».
«In seguito, [però], il nome [Svizzero]
dato per contumelia divenne nome
illustre presso gli stessi discendenti di
quei primi che ne facevano uso in via di
sprezzo» (Ibidem).
Fu comunque a Brunnen che per
la prima volta fu coniata la parola
Eitgenoze, al plurale Eitgenozen, per
Eidgenosse / Eidgenossen (Confederato
/ Confederati). Nel testo originale
latino del Patto del Rütli, la parola
foederatus o foederati (confederato/i)
non compare, nemmeno una volta. In
esso, i contraenti si chiamano 6 volte
conspirati o conspiratori (cospiratori)
La Rivista
Giuramento del Rütli, monumento sulla
facciata del palazzo federale a Berna.
«Priva di un’unità di origine, di
razza, di lingua, di religione, la
Svizzera non è che l’opera dei
suoi figli e non esiste se non in
quanto essi lo vogliono... Libertà
e democrazia non sono, per il
popolo svizzero, una semplice
forma esteriore, ma qualche cosa
di più e di meglio: una struttura
dello spirito, un costume, una
tradizione, un modo di vita, una
norma costante di condotta individuale e sociale, morale e politica».
Presentazione
del volume
La Svizzera
prima della
Svizzera
Egidio Reale
***
«La Svizzera non è un’espressione geografica, ma una realtà
politica; la sua unità è morale,
fondata cioè sulla volontà e sulla
storia; per conseguenza, a rigor
di termini non si può parlare di
storia svizzera prima del sorgere
della Confederazione. E tuttavia
appare legittima la curiosità di
chi si chiede quali popoli abitassero il territorio elvetico fin dai
più antichi tempi, onde… riflettere sulla millenaria mescolanza
di razze, di tipi, di costumi, di
riti, di linguaggi, dalla quale
s’è formato il popolo svizzero
odierno, e sorprendersi magari o
addirittura edificarsi nel constatare come l’elemento spirituale
della volontà di unione abbia superato tante diffidenze fisiche di
origine e di stirpe».
Sarà presente l’autore
Guido Calgari
Non si può parlare di Storia della
Svizzera senza conoscere gli avvenimenti che precedettero la formazione del primo nucleo della Confederazione Elvetica, nel lontano 1291.
Bisogna, infatti, avere un quadro,
anche se solo per sommi capi, di
quei fatti che furono all’origine del
lungo e difficile percorso che, dopo
oltre cinque secoli, avrebbe portato
all’unità geografica e politica di questo Paese nei suoi confini attuali.
Storia molto complessa e ancora più
affascinante, se si considera che il
suo territorio non ha costituito «mai
un’unità né politica né linguistica», né
«culturale o economica».
C’è dunque una Storia della Svizzera prima della Svizzera, che bisogna
conoscere per capire a fondo gli avvenimenti che hanno portato poi alla
formazione e al duraturo mantenimento, nei secoli, della Confederazione Elvetica.
Tindaro Gatani, nostro prezioso collaboratore, ricercatore e appassionato
studioso dei rapporti italo-svizzeri, ha
raccolto l’invito di realizzare una sintesi della storia di questo Paese dalle
origini€ 20,alla fondazione della Confederazione.
Il risultato di questo lavoro sono le 13
puntate apparse sulla Rivista da gennaio 2012 a febbraio 2014, che, ora
dopo un’attenta revisione, rispondendo anche alla richiesta di molti lettori, vedono la luce sotto forma di un
volume.
Alla Svizzera prima della Svizzera risalgono anche le tre più avvincenti e
convincenti ipotesi sull’origine della croce federale, detta greca per la sua
forma: «La prima ne postula la derivazione dalla Legione tebana, il cui culto
era molto diffuso specialmente nel Regno di Borgogna; la seconda ne individua
l’origine nella bandiera di guerra del Sacro Romano Impero, la cui esistenza è
attestata sin dal XII secolo; la terza la fa risalire ai simboli della Passione di
Cristo, le Arma Christi, particolarmente venerati nella Svizzera centrale, e che
i Cantoni primitivi sembra potessero apporre a partire dal 1289 sulle loro bandiere rosse (dette “bandiere di sangue”», come era il caso di Schwyz (Svitto)
il cui stemma era ed è ancora uno scudo rosso con una croce bianca in alto a
destra (Fonte DSS: Dizionario Storico della Svizzera).
La bandiera rossocrociata fu, comunque, usata per la prima volta dai Bernesi
(alleati con gli Urani, Svittesi, Untervaldesi e Solettesi) nella battaglia di Laupen (21 giugno 1339). Per l’occasione queste truppe, comandate da Rudolf von
Erlach, adottarono un vessillo rosso con due strisce di stoffa bianca, estese fino
ai bordi, per distinguersi da quelle asburgiche, alleate di Friburgo e dei vescovi
di Basilea e di Losanna, che portavano la croce rossa di San Giorgio.
Quella della battaglia di Laupen, che si concluse con la sconfitta degli
“Austriaci”, non può essere considerata ancora bandiera svizzera, in quanto
Berna sarebbe entrata a far parte della Confederazione 14 anni dopo, nel 1353.
La bandiera, come la conosciamo oggi, è stata adottata ufficialmente il 12 settembre 1848, ma le sue caratteristiche furono fissate dal Consiglio federale il 12
dicembre del 1889: «Lo stemma della Confederazione è una croce bianca verticale, libera, in campo rosso, i bracci della quale, eguali fra loro, sono un sesto più
lunghi che larghi» (art. 111 della Raccolta sistematica del diritto federale).
Il formato della bandiera non è fissato da nessuna legge federale, tanto che
la Svizzera è l’unica Nazione che, oltre alla quadrata (come la vaticana), ne ha
una anche rettangolare, quella navale adottata nel 1941.
Il colore standard dello sfondo rosso è stato stabilito per legge soltanto il
1° gennaio 2007: esso deve corrispondere al rosso Pantone 485, che equivale
a 100% di magenta e 100% di giallo.
***
Tindaro Gatani, siciliano di Librizzi (ME), vive e lavora in Svizzera da
quasi cinquanta anni, collabora con «La Rivista» della Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera, diretta da Giangi Cretti, con il trimestrale «Civis» di
Trento, fondato e diretto da Domenico Gobbi e con il Corriere degli Italiani
di Zurigo. Si occupa di rapporti italo-svizzeri, di storia della cartografia e di
letteratura di viaggi.
00
dez uberein kommen, daz der Lender
enkeins noch der Eitgenoze enkeiner
dekeinen eit oder dekein Sicherheit
zuo dien uzeren tuon ane der anderen
lender oder eitgenozen rat. Ez sol ouch
enkein unser eitgenoz dekein gespreche
mit dien unzeren han ane der ander
eitgenoze rat oder an ir urloub, die wile
untz daz diu Lender unbeherret sint»
(da Die Bundesbriefe zu Schwyz, 1963,
S. 44–49).
Tindaro Gatani
A Wintetrthur
il prossimo 15 maggio
confederationis, nel senso però, come
ha tradotto lo stesso Chiesa, di antico
patto e non, quindi di Confederazione.
Da un attento confronto dei testi non
resta che dare ragione al Franscini e
riconoscere che, realmente, la parola
Eitgenoze (Eidgenossen / Confederati)
ricorre, per prima, ed è ripetuta per
ben 13 volte, chiara e netta, nel
Patto di Brunnen, come, per esempio,
nel seguente brano: «Wir sin ouch
Tindaro Gatani
La Svizzera
prima
della Svizzera
La Svizzera prima della Svizzera
e una volta coniurati (congiurati),
e, trattandosi di un atto segreto,
non poteva essere altrimenti. Sia
in tedesco, così come in italiano, la
traduzione, compresa quella fatta
da Francesco Chiesa, dal latino
conspirati o conspiratori e coniurati,
rispettivamente in Eidgenossen /
Confederati, è dunque una forzatura.
Nel testo latino appare, invece, una
sola volta l’espressione antiquam
Denis de Rougemon
Sulla copertina di Edoardo Lazzara
I quattro bracci della Croce, simbo
leggiano le quattro diverse lingue e
culture della Confederazione Elve
tica, e messi insieme, a parità d
spazio, rappresentano l’armoniosa
unione politica e morale della Na
zione. Al centro gli Elvezi costrin
gono i Romani a passare sotto i
giogo dopo averli vinti nella batta
glia di Agen nel 107 a.C., partico
lare di un quadro del 1858, olio su
tela, di Charles Gleyre (Chevilly
1806 – Parigi 1874).
ISBN 978-88-97000-00-0
Il volume sarà presentato il prossimo
15 maggio a Winterthur presso la
Vecchia Caserma (Tecnnikumstr. 8)
«Probabilmente Tell non è esi
stito, ma senza di lui la Svizzera
federale che oggi conosciamo
non sarebbe divenuta realtà…
Prima che nasca il primo germe
di ciò che diverrà, con l’aiuto d
Dio, la Svizzera odierna, vi sono
già stati molti secoli d’Europa e
la grande fioritura del Medioevo
Vi sono stati lo sviluppo dei mo
nasteri, l’impero carolingio, i
Sacro Romano Impero, l’arte ro
manica e le cattedrali, le Cro
ciate, la cavalleria e i Comuni…
Gli Svizzeri d’oggi hanno tutto
questo in comune con l’Europa
intera e i loro antenati vi hanno
partecipato con un ardore crea
tivo le cui tracce monumental
sono ancora visibili ai giorni no
stri… La storia di questa re
gione, in quanto “Svizzera”, non
avrà altri punti d’origine possi
bili, altrettanto convincenti, al
meno, quanto il 1291?».
alle ore 19.30. Organizza la Società
Cooperativa di Winterthur
Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo
speciale di CHF 25.— (+ costi di
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maggio 2014 La Rivista - 43
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Julius Baer è presente in 15 sedi in tutta la Svizzera. Da Ascona, Basilea, Berna, Crans-Montana, Ginevra, Kreuzlingen, Losanna, Lucerna, Lugano,
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La Rivista
Scaffale
Stefano Crupi
Cazzimma
(Mondadori pp. 252; € 16,00)
In una Napoli assolutamente autentica, brulicante e famelica,
con il suo caos perenne e una folla eterogenea ad animare i
suoi vicoli stretti, il giovane Sisto insieme all’amico Tommaso, detto Profumo, commette l’errore di dare vita a un piccolo
traffico di droga destinato a una ristretta cerchia di facoltosi
clienti. I due ragazzi credono di potersi arricchire indisturbati,
trascorrendo la loro vita tra pomeriggi nella sala giochi e serate
anfetaminiche, ma non hanno fatto i conti con Cavallaro, il
potente boss che tutto vede e tutto comanda. Sarà solo grazie
allo zio di Sisto, Antonio, suo padre putativo ed eminente personalità criminale all’interno del quartiere, che il ragazzo avrà
salva la vita, a patto però di macchiarsi di un peccato bruciante, capace di segnarlo profondamente. Come riuscirà a liberarsi
dal giogo che lo tiene legato a doppio filo alle sue colpe? Esiste
un modo per rimediare e rinascere? L’incontro casuale con una
ragazza getterà una luce diversa sulla vita di Sisto e lo spingerà
verso una nuova direzione, più consapevole, più adulta, capace
di farlo crescere e maturare. Con un linguaggio che non concede spazio a digressioni o a riflessioni sociologiche e un ritmo
serrato e coinvolgente, Cazzimma racconta il punto di vista di
una gioventù senza scopi, abulica, che si consegna agli eventi
soffocando ogni sussulto di ribellione, nella convinzione che le
cose capitino e che non ci sia nulla da fare, quasi a riflettere
implicitamente quel fatalismo tutto partenopeo con cui certi
comportamenti sono accettati e considerati immutabili.
Stefano Crupi, casertano, laureato nel 2002 in Economia e
Commercio presso l’università “Federico II” di Napoli, giornalista dal 2010, si occupa di libri e di economia. Ha scritto per
Linkiesta, Tuttiinpiazza.it, Fresco di stampa, Sportcasertano.it.
Cazzimma è il suo romanzo d’esordio
Wu Ming
L’Armata dei Sonnambuli
(Einaudi pp. 808, € 21,00)
«Te lo si conta noi, com’è che andò. Noi che s’era in Piazza Rivoluzione. Qualchedun altro te lo conterebbe - e magari te l’ha già
contato - come son buon tutti, cioè a dire col salinzucca di poi,
dopo aver occhiato le stampe sui libri, varda, c’è Madama Ghigliottina, c’è il ritratto di Robespierre, volti la pagina e c’è la mappa delle battaglie, e dal capo alla coda si snocciano gli anni così,
come fossero olive: 1789, 1793...»
1794. Parigi ha solo notti senza luna. Marat, Robespierre e
Saint-Just sono morti, ma c’è chi giura di averli visti all’ospedale di Bicêtre. Un uomo in maschera si aggira sui tetti: è
l’Ammazzaincredibili, eroe dei quartieri popolari, difensore della
plebe rivoluzionaria, ieri temuta e oggi umiliata, schiacciata da
un nuovo potere. Dicono che sia un italiano. Orde di uomini bizzarri riempiono le strade, scritte enigmatiche compaiono sui muri
e una forza invisibile condiziona i destini, in città e nei remoti
boschi dell’Alvernia. Qualcuno la chiama «fluido», qualcun altro
Volontà. Guarda, figliolo: un giorno tutta questa controrivoluzione sarà tua. Ma è meglio cominciare dall’inizio. Anzi: dal giorno
in cui Luigi Capeto incontrò Madama Ghigliottina.
Wu Ming è un collettivo di scrittori bolognesi attivo dalla fine
del XX secolo. Nel 1999, col nome Luther Blissett, pubblicarono il
romanzo Q (Einaudi Stile Libero). A partire dal 2000 hanno scritto
romanzi a più mani come 54, Manituana e Altai, romanzi «solisti», l’antologia di racconti Anatra all’arancia meccanica e diversi
«oggetti narrativi non-identificati» (Asce di guerra, Timira, Point
Lenana). Hanno anche scritto, con Guido Chiesa, la sceneggiatura
del film Lavorare con lentezza..
Alessandro Robecchi
Questa non è una canzone d’amore
(Sellerio pp.432; € 15,00)
Il romanzo d’esordio di uno dei migliori giornalisti satirici italiani.
Una storia irrefrenabile di delitti e scherzi del destino. Una vicenda
sghemba, esilarante e nera, tra malavita male organizzata e zingari
di cuore, autori di successo e televisione trash.
Un fortunato autore televisivo ha abbandonato la trasmissione cui
deve la fama e una discreta agiatezza. Si chiama Crazy Love e racconta la vita sentimentale della «né buona né brava gente della Nazione».
Sotterfugi, tradimenti, odio, passioni e rancori, al motto di «Anche
questo fa fare l’amore». Un enorme successo, ma lui non ne può più.
Felice e orgoglioso della sua scelta, una sera gli si presenta in casa un
tizio che cerca di ucciderlo. Si salva la vita, ma da qui in poi cominciano i guai. Una coppia di killer colti e professionali, due zingari in cerca
di vendetta, una giovane segugia col cuore in frantumi, collezionisti
e contrabbandieri di souvenir nazifascisti, qualche morto di troppo.
Sullo sfondo accanto a una Milano multietnica e luccicante, la vita
brulicante del campo rom, la sua cultura, la sua eticità.
Questo di Robecchi è un giallo e una commedia, tra Scerbanenco e
le canzoni di Enzo Jannacci. Una commedia nera, piena di suspense,
di sorprese e paradossi. Raccontata da una voce caustica e cattiva,
che tutto commenta e descrive con acuminata ironia, e che tiene in
equilibrio il sarcasmo ribelle e sfacciato del suo investigatore chandleriano appassionato di Bob Dylan e il cinismo a suo modo morale
del punto di vista criminale e della vendetta. A riprova che un thriller di qualità è sempre anche critica sociale e romanzo di costume.
Alessandro Robecchi, è stato editorialista de Il manifesto e una
delle firme di Cuore. È tra gli autori degli spettacoli di Maurizio
Crozza. È stato critico musicale per L’Unità e per Il Mucchio Selvaggio. In radio è stato direttore dei programmi di Radio Popolare,
firmando per cinque anni la striscia satirica Piovono pietre (Premio Viareggio per la satira politica 2001). Ha fondato e diretto il
mensile gratuito Urban. Attualmente scrive su Il Fatto Quotidiano,
Pagina99 e Micromega. Ha scritto due libri: Manu Chao, musica y
libertad (Sperling & Kupfer, 2001) tradotto in cinque lingue, e Piovono pietre. Cronache marziane da un paese assurdo (Laterza, 2011).
maggio 2014 La Rivista - 45
La Rivista
Mikhail Bakùnin
visto da Riccardo Bacchelli
di Giuseppe Muscardini
Ambizioni e traversie dell’uomo meno casalingo d’Europa.
Dal Photogrphisches Atelier
Ganz sulla Bahnhofstrasse ai
tumulti del Pontelungo, antico
viadotto sul fiume Reno alla
periferia di Bologna.
Vi sono date della storia che ricordiamo per essere state oggetto del
nostro personale interesse in anni in
cui, lettori onnivori, volevamo scoprire
il mondo nelle pagine dei libri. Mikhail
Bakùnin, il leggendario anarco-rivoluzionario che tanto influenzò il pensiero dei giovani della sua epoca, nacque
il 30 maggio di duecento anni fa nei
dintorni di Pryamukhino, in Russia. Ma
la ricorrenza bicentenaria non innesca
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo, Milano, Mondadori, 1965
Immagine di copertina
46 - La Rivista maggio 2014
Ritratto fotografico di Michail Aleksandrovic Bakunin realizzato a
Zurigo nel 1872 dal fotografo Johannes Ganz. Sul retro è presente
la dedica autografa: Per Smirnov come pegno per i futuri atti
collettivi rivoluzionari. Bakunin M. Zurigo, 9.VIII.1872.
obsolete rivendicazioni ideologiche, e
neppure nostalgie per gli slogan sessantottini di mezzo secolo fa, quando
le figure dei rivoluzionari del passato
si facevano icone di auspicati stravolgimenti. Semmai può tornarci alla
mente il Bakùnin del romanzo Il diavolo al Pontelungo, descritto da Riccardo
Bacchelli con tutte le sue debolezze e
i suoi entusiasmi, le amarezze, i trionfi
e gli insuccessi.
Nel 1874 si risolse di fatto in un insuccesso il tentativo di portare la rivoluzione a Bologna, con conseguente
arresto dei cospiratori e fuga repentina di Bakùnin che, travestito da prete, eluse la sorveglianza della polizia
e riparò nuovamente in Svizzera. La
città di Zurigo aveva accolto il pensatore russo nel 1872, come attesta
un ritratto fotografico realizzato da
Johannes Ganz con la dedica autografa: Per Smirnov, come pegno per le future azioni rivoluzionarie collettive. M.
Bakunin di Zurigo, 9.VIII.1872.
Il destinatario della fotografia era Valerian Nikolaevich Smirnov, uno studente della Facoltà di Medicina espulso
nel 1869 dall’Università di Mosca con
l’accusa di sedizione politica. Fuggito
dalla Russia dopo avere ricevuto una
citazione a comparire in giudizio, nel
1871 Smirnov prese dimora a Zurigo,
dove divenne Bibliotecario della Russische Bibliothek. Quella dedica apposta
su retro suona come un pronostico, se
si pensa alla naufragata sommossa di
Bologna del 1874, preparata a Zurigo.
Il ritratto fotografico del cinquattottenne Bakùnin realizzato da Johannes
Ganz nel proprio Atelier sulla Bahnhofstrasse, ci pare quello di un uomo di
età ben più avanzata. La barba bianca,
la zazzera scomposta, le mani grassocce appoggiate al bastone da passeggio,
rendono il suo aspetto ancor più senile.
La vita dell’esule e del fuoriuscito gli
Ritratto fotografico di Johannes Ganz
valse la nomea di uomo meno casalingo d’Europa, costretto com’era a continui spostamenti. Una vita certamente
poco confortevole, dettata da angustie,
viaggi lunghi e continui espedienti per
sfuggire alla Polizia. Ma non per questo priva di vezzi e vanità personali a
cui, in una città come Zurigo, era facile
cedere. Farsi ritrarre dal noto fotografo
Tagliando pubblicitario dell’Atelier
zurighese di Johannes Ganz
La Rivista
Il Pontelungo oggi
che tra il 1867 e il 1868 aveva pensato di erigere sulla Bahnhofstrasse
accoglienti spazi commerciali, tutto
sommato era un’ambizione legittima,
da soddisfare senza timore di cadere
in contraddizione con le proprie idee.
In quello stesso anno 1872 la fama di
Johannes Ganz si era poi ampliata grazie alla sperimentazione di un innovativo ritrovato per proiettare immagini,
brevettato con il nome di Pinakoskope.
L’apparecchio destava stupore, entusiasmando platee di studenti nelle aule
universitarie e curiosi in cerca di svago
e novità.
Ben diverso il clima sociale dell’Italia
post-unitaria, dove ancora si avvertivano gli echi della recente breccia
di Porta Pia, dell’affermazione della
borghesia e del lamento delle masse.
Bacchelli sapeva della tradizione libertaria di Bologna, della lotta serrata
fra tradizione e innovazione che aveva
segnato la storia della città. La generazione di Bacchelli era quella del conflitto, particolarmente aspro in Emilia,
Il Pinakoskope di Johannes Ganz
fra Chiesa e nascenti idee socialiste.
Per l’incipit del romanzo, lo scrittore
si appoggiò pertanto ad una vecchia
leggenda secondo cui un sacerdote di
Borgo Panigale, attraversando il ponte
sul Reno per dirigersi verso il centro
di Bologna, fu fermato dal diavolo travestito da gentiluomo. Circa il luogo
e la data dall’incontro, l’autore è preciso: “Il ponte di rossi mattoni si dice
Pontelungo, propriamente, e il giorno
era la vigilia di San Giovanni, 23 di
giugno”. Con modi pacati l’elegante
gentiluomo preannunciò devastazioni
ai raccolti e alle coltivazioni, con i rischi di una carestia per la gente del
luogo. Ma l’intervento dell’arciprete,
che riconobbe il Maligno sotto mentite spoglie, fu tempestivo e tra strepiti
e rintocchi di campane riuscì a scongiurare il pericolo.
Al travestimento del diavolo corrisponde nelle intenzioni letterarie di Bacchelli, quello di Bakùnin, il corpulento
rivoluzionario che per fuggire da Bologna dovette indossare un abito talare.
Osservando il ritratto fotografico zurighese di Bakùnin, risulta poco credibile
che il lungo viaggio da lui intrapreso
alla fine dell’estate del 1874 sia stato
compiuto senza inconvenienti. Con i
suoi due metri di altezza, la barba folta e gli occhi chiarissimi, Bakùnin non
passava di certo inosservato. Anche
vestito da prete. Ma il buen retiro svizzero, dove lo attendevano amici fidati,
lenì i patemi di un tragitto difficile e
rischioso. Bacchelli attribuisce al suo
protagonista in partenza da Bologna,
parole di speranza dettate dal conforto
che sa di trovare negli amici: “Tornerò
a Zurigo non per rifugiarmi vinto, ma
per celebrar la vittoria col migliore dei
miei amici. E vedrai che non avrò più
bisogno di cure”. Il migliore degli amici
a cui allude Bakùnin nel romanzo era
una personalità nota. Qui la finzione
Ritratto fotografico di Smirnov
letteraria non esige trasposizioni: il
nome di Adolf Vogt, il medico che
ebbe in cura il rivoluzionario, è preso
a prestito da Bacchelli dalle dirette testimonianze biografiche. Il dottor Vogt
immaginato da Bacchelli, si interessa
personalmente del cuore malandato di
Bakùnin, sollecitando amorevolmente
l’amico al riposo: “Ma ti sei riposato,
come ti prescrissi più di un anno fa?
Attento che ora ti parla il medico, e al
medico non è lecito mentire. Il medico
non è un confessore papista”.
Si percepisce nelle pagine de Il diavolo al Pontelungo un clima morale che
pone Bakùnin nella condizione di doversi rapportare con i fallimentari fatti
di Bologna nel contorno di amicizie
zurighesi e italiane, dal possidente pugliese Carlo Cafiero, da cui riceve consistenti aiuti economici, al connazionale Valerian Nikolaevich Smirnov. En
passant, tra fughe e arrivi, trova anche
il tempo per farsi ritrarre mettendosi
in posa nel celebre Photographisches
Atelier di Johannes Ganz, Bahnhofstrasse 40, Zurigo.
maggio 2014 La Rivista - 47
La Rivista
Pinocchio,
le sue avventure
e l’UNITRE svizzera
di Anna Rüdeberg-Pompei
L’UNITRE, Università delle 3 Età,
emanazione dell’UNITRE Nazionale Torino, ha trovato una
sua specifica funzione 10 anni
or sono, quando Michelangelo
Penticorbo, Presidente della Federazione Svizzera dell’UNITRE,
fonda le prime sezioni in Svizzera nei Cantoni di lingua tedesca.
L’Unitre, Università delle 3 Età svizzera
entra così a far parte di un movimento
silenzioso, ma molto efficace, in favore
della Lingua e Cultura Italiana, mettendo il suo accento sull’apprendimento
continuo in favore soprattutto degli
anziani italiani migranti di 1a generazione. Da allora 6 sono le sedi in Svizzera con 3 ulteriori sezioni attive per più
di 1000 studenti. La sua peculiarità è,
come per l’UNITRE in Italia (250 sedi),
di testimoniare la filosofia dell’Umanità, Universalità, Umiltà e Unione delle 3
età, tant’è che tutti i docenti, circa 200
, di cui moltissimi professori italiani in
Svizzera, prestano la loro scienza ed il
loro sapere in modo totalmente gratuito, forti di un volontariato convinto. Dal
2012 la Federazione Svizzera UNITRE
ha aderito con grande entusiasmo alla
richiesta di collaborazione richiestaci
dal Progetto Europeo del Pinocchio Forum, avvalendosi anche del patrocinio
dell’allora Ambasciatore d’Italia in Svizzera Carla Zuppetti.
Sostenere il dialogo tra le lingue
Come potevamo fuggire la tentazione
di un dovere che sentivamo nostro,
quello di palesare la valenza artistica e culturale del Pinocchio collodiano capace di valicare ogni confine
del globo terrestre ma anche capace
tramite l’UNITRE di pervadere le valli
svizzere dove molti studenti italiani di
48 - La Rivista maggio 2014
1a generazione ed altri erano pronti a
tale ascolto. Questi due aspetti specifici, quali l’identità fiorentina e italiana
di Carlo Lorenzini, detto Collodi, il suo
contenuto socio-analitico hanno alimentato il progetto internazionale di
scambi che anche dalla Svizzera tramite la lingua e cultura italiana possono
avere un’attualità internazionale.
In un momento storico come quello che
stiamo vivendo è di vitale importanza
culturale sostenere il dialogo tra le lingue in cui l’opera di Carlo Lorenzini è
stata tradotta ed entrare in contatto
con tutte quelle culture che l’hanno annessa, valicando i conflitti mondiali del
20° secolo e forse in certo qual modo
ponendo delle basi di una solidarietà
subliminale nel contesto di quel fenomeno che tocca ognuno di noi, che è
quello della globalizzazione mondiale.
Quest’ultimo aspetto esprime indubbiamente il viaggio transculturale che
l’inconscio umano con le sue emozioni,
tormenti e paure mette in atto continuamente nel farci affrontare, esigere
ed elaborare “gioie e dolori” senza dover
ottemperare a permessi e senza farci pagare dazi o sdoganamenti di sorta: sdoganamenti che Pinocchio ed il suo autore non hanno, forse, mai immaginato.
Carlo Lorenzini con il suo fine acume e la
sua grande cultura storico-letteraria ha
veicolato archetipi comuni a molte delle nostre culture, in particolare di quella
della mitologia greco-romana, del mondo sciamanico e totemico, euro-asiatico,
africano e americano pre –colombiano,
senza escludere le sue radici dalla tradizione giudaico-cristiana. Tali radici quali
l’identità fiorentina dei luoghi, l’italianità
della lingua e l’appartenenza transculturale ancorata nell’inconscio umano è volta a trovare una sempre rinnovata possibilità evolutiva, capace di accrescersi e di
tramandarsi grazie ad una osmosi psichica che in effetti trascende ogni confine.
Il progetto europeo del Pinocchio Forum
Il Pinocchio Forum è parte del Programma di apprendimento permanente
Grundtvig rivolto a persone, istituzioni
e organizzazioni che operano nel campo dell’istruzione degli adulti all’interno dell’Unione Europea.
L’UNITRE di Berna-Bienne, di Basilea
e di Lucerna hanno accompagnato
questo programma in tutti gli appuntamenti internazionali, fiorentini ed elvetici, allargando il raggio di interesse
intergenerazionale grazie all’inclusione
di Pinocchio nei diversi Corsi UNITRE
dell’Anno accademico 2013-2014. I
corsi di Letteratura italiana, di teatro,
delle divere arti e specialità artigianali
hanno potuto suscitare l’interesse non
solo degli studenti adulti, ma anche
degli studenti 65+.
Il progetto è, infatti, rivolto alla formazione di una coscienza che sviluppi la
creatività e diffonda la conoscenza del
territorio, della storia e delle tradizioni, per migliorare la collaborazione e
la responsabilità civica, per fornire un
supporto per lo sviluppo di programmi
innovativi e per valorizzare lo straordinario patrimonio culturale europeo.
Tutto ciò viene realizzato con un confronto tra le diverse interpretazioni del
racconto di Pinocchio e le fiabe europee e attraverso un Percorso Pinocchio
ricco di sorprese e di attività per bambini e cittadini adulti. Il progetto opera
in un dialogo intergenerazionale che
mira ad aumentare autostima e benessere. Esso s’impegna ad approfondire la
conoscenza delle affinità e differenze
tra le diverse culture ed incrementare
la comunicazione tra i paesi e le organizzazioni partners.
In questo contesto supportato dall’UNITRE in Svizzera il progetto si rivolge prevalentemente agli ultra cinquantacinquenni e intende tutelare il
La Rivista
patrimonio culturale legato alle Avventure di Pinocchio.
L’Evento Federale del 18 maggio 2014 si
è impegnato nel far conoscere le diverse
interpretazioni della fiaba di Pinocchio,
nel comprendere altri racconti educativi europei che identificano differenti
metodi di apprendimento nei diversi
luoghi partendo dall’origine fiorentina
verso quella italiana dato che Pinocchio
è stato considerato come un modello da
esportare in tutto il mondo. Il modello
Pinocchio ha avuto il grande vantaggio
di traghettare i suoi numerosi riferimenti alla vita quotidiana verso il recupero e la valorizzazione delle botteghe
storiche che identificano il “Laboratorio
di Pinocchio”, dove chiunque può imparare arti e mestieri, il patrimonio di
artigianalità italiana.
L’evento Federale UNITRE 2014 realizzato
sotto il patrocinio di S.E. Ambasciatore
d’Italia in Svizzera Cosimo Risi, s’inserisce con i relatori: dalla pittrice Caterina
Balletti al Direttore della Biblioteca Nazionale Generale di Firenze Maria Letizia
Sebastiani, al Professor Prandi ordinario
presso l’Università di Berna e con i ”laboratori-ateliers” dell’UNITRE in Svizzera, quale pietra miliare a conclusione del
percorso biennale internazionale e intende invitare non solo studenti e docenti
delle UNITRE Svizzere, ma anche tutte le
Famiglie Culturali Italofone che coltivano
e promuovono la nostra Lingua e la nostra
Cultura in Svizzera, in Italia e in Europa.
Domenica 18 Maggio 2014
dalle 10 alle 17
Mattenhofsaal Bahnhofstrasse 4, 3074 Gümligen
Ingresso gratuito
Programma
10:00 Accoglienza
10:15 Saluto di benvenuto
Dott. Michelangelo Penticorbo, Presidente Federazione Svizzera Unitre
Onorevole Monica Baldi
Ambasciatore Cosimo Risi
10:30 Pinocchio per tutte le età
Prof.ssa Ilia Bestetti Izar, Unitre Berna con Studenti Unitre Berna
11:15 Il Pinocchio dentro di noi: la via della trasformazione
Dott. Lucio Carraro, Unitre Lucerna
12:00 Musica
coro Armonia, Maestro Elvino Arametti
14:30 Danze
gruppo di danza Unitre Berna
15:00 Pinocchio nel Paese dei Libri
Prof.ssa Maria Letizia Sebastiani, Direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
15:45 Una classica «bambinata»:Pinocchio e la tradizione letteraria
Prof. Stefano Prandi, Ordinario di Letteratura Italiana all’Università di Berna
16:30 Ringraziamenti e arrivederci
Università di Berna - Istituto
di Italiano Sezione Letteratura
Martedì 20 maggio, ore 10.15
Berna, Lerchenweg 36, aula F -112
Conferenza di chiusura del corso La
poesia di Giuseppe Ungaretti dal naufragio alla Terra Promessa, del prof.
Carlo Ossola (Collège de France,
Chaire des Littératures modernes de
l’Europe néolatine)
“ils laissent leur formes / à des caveaux de verre”: Perfections du noir e altre perfezioni
La Sezione di Letteratura
dell’Istituto di Italiano
in collaborazione con
la Società Dante Alighieri di Berna
organizza
Lunedì 2 giugno ore 18.00
Berna, Lerchenweg 36, aula F021
Incontro con Stefano Benni
dialogherà con l’autore:
Stefano Prandi
maggio 2014 La Rivista - 49
La Rivista
Fino al 13 luglio
al Museo nazionale
di Zurigo
“1900–1914. Missione Felicità“
Il mondo prima della Grande Guerra
Nella sua nuova mostra, il Museo nazionale a Zurigo affronta gli anni che precedettero la
Prima guerra mondiale, un’epoca contraddistinta da una
fede incrollabile nella pace e
nel progresso, da numerose innovazioni tecnologiche e dalle
avanguardie artistiche. Come
«La bomba», un’automobile aerodinamica a forma di goccia,
artisti quali Picasso, Hodler,
Klimt o ancora Schiele incarnano gli sviluppi e il dinamismo di
quell’epoca.
La mostra «1900–1914. Missione felicità» ricorda sotto
certi aspetti l’epoca attuale,
senza tuttavia esprimere alcun
giudizio di valore.
Gli anni tra il 1900 e il 1914 sono segnati da scoperte e invenzioni rivoluzionarie, dal superamento dei ruoli assegnati tradizionalmente ai sessi, dalle
avanguardie artistiche, dall’esplorazione dell’inconscio e da un crescente
benessere, ma anche e soprattutto da
una fede incrollabile nella pace e nella
sicurezza. La mostra ripercorre gli anni
dirompenti che precedettero la Prima
guerra mondiale articolandosi in varie
«missioni felicità» tematiche.
Piuttosto che presentare una serie di
eventi storici, la mostra «1900–1914.
Missione felicità» preferisce concentrare la propria attenzione sugli aspetti della vita quotidiana. Gli anni tra il
1900 e il 1914 furono contraddistinti da radicali sconvolgimenti. In un
percorso aperto, la mostra rievoca la
frenesia – talvolta troppo vertiginosa
50 - La Rivista maggio 2014
– delle novità più o meno positive di
quegli anni: il femminismo, la pace
nel mondo, il traffico, il consumismo,
i grandi magazzini paradisiaci, le spedizioni al polo sud, Montessori e il
colonialismo, Proust e Kafka, l’interpretazione dei sogni e le rivoluzioni
artistiche di Kandinsky o Picasso.
L’esposizione presenta al pubblico l’universo di un’epoca – cent’anni orsono
– che potrebbe sembrare molto lontana e che invece ci è molto vicina.
Circa 300 oggetti riuniti in un
caleidoscopio
Per poter mostrare le numerose sfaccettature degli anni che precedettero
la Prima guerra mondiale, i commissari della mostra, Stefan Zweifel e Juri
Steiner, hanno riunito opere importanti di artisti quali Ferdinand Hodler,
La nascita del nuovo secolo. Sullo sfondo,
un ritratto di Valentine Godé-Darel con
la figlia Paulette dipinto da Ferdinand
Hodler, 1914.
Foto: Museo nazionale svizzero.
Opere di Kirchner e Picasso con, sullo
sfondo, l‘A.L.F.A. 40-60 HP Aerodinamica
(modello, 1914).
Foto: Museo nazionale svizzero.
Donne in gonna lunga in occasione di
una corsa durante un picnic degli impiegati della ditta Packard Motor Car Company, 1911, USA. © Bettmann/CORBIS.
Egon Schiele, Gustav Klimt, Ernst Ludwig Kirchner, Pablo Picasso e Vassily
Kandinsky fino a Emil Nolde o ancora
Umberto Boccioni. La mostra presenta
di oggetti d’interesse storico e culturale provenienti dalle collezioni del
La Rivista
L‘A.L.F.A. 40-60 HP Aerodinamica, (modello, 1914), proiezione sullo sfondo del
film «Le Voyage à travers l’Impossible» di
Georges Méliès.
Foto: Museo nazionale svizzero.
Museo nazionale svizzero, manoscritti di scrittori, filmati, scatti di fotografi celebri e anonimi appartenenti a
musei e a collezioni private, apparecchiature tecniche e sculture africane,
nonché registrazioni dell’epoca.
Oggi come allora:
tutto è possibile
La Prima guerra mondiale appartiene
alla Storia. La mostra non avanza
alcuna tesi in merito alle ragioni
o alle circostanze che provocarono la Grande Guerra. Si interessa
piuttosto all’atmosfera generale
che regnava in un periodo contrassegnato da sconvolgimenti talvolta troppo radicali per essere assimilati dalla popolazione, nonché
da un sentimento al contempo di
paura ed esaltazione per ogni novità. «L’insicurezza offre alla fantasia
e alla creatività spazi insospettati –
oggi come allora tutto sembra possibile in ogni momento. Vorremmo
offrire ai visitatori la possibilità di
immergersi in un’epoca e riviverla
come se ci fossero, cent’anni orsono», spiegano Stefan Zweifel e Juri
Steiner.
I grandi magazzini Jelmoli, 1903, Johannes Meiner, Zürich. © Baugeschichtliches
Archiv der Stadt Zürich.
maggio 2014 La Rivista - 51
La Rivista
Hans Erni,
il grande visionario
della pittura svizzera
Alla Pinacoteca comunale Casa Rusca,
Locarno fino al 17 agosto
Fino al 17 agosto 2014 la Città
di Locarno presenta un’importante personale dedicata a Hans
Erni. Testimone di un secolo di
storia, Erni è oggi considerato
uno degli artisti svizzeri più illustri ed eclettici di fama internazionale. A 105 anni si dedica
tuttora al suo lavoro con impegno instancabile, ottimismo,
chiarezza di pensiero e spirito
combattivo.
Nella sua lunga carriera artistica, Hans
Erni ha frequentato i più grandi esponenti dell’arte del Novecento: Kandinskij, Mondrian, Gris, Brancusi, Calder,
Moore, Arp, Hepworth, Braque e, soprattutto, Picasso che ha influenzato
il suo tratto grafico al punto da meritarsi anche l’appellativo di “Picasso
elvetico”.
Hans Erni nasce a Lucerna nel 1909,
terzo di otto figli. Dopo aver seguito
Autoritratto, 1993
52 - La Rivista maggio 2014
apprendistati come topografo e disegnatore del genio civile, nel 1927 intraprende la sua formazione artistica e
si iscrive alla Scuola di Arti e Mestieri
di Lucerna. In seguito diventa allievo
dell’Accademia Julian a Parigi e della
Scuola di Arti Applicate a Berlino. Tornato a Parigi frequenta molti artisti ed
è coinvolto in prima linea nella nascita
dell’arte astratta aderendo al gruppo
di artisti costruttivisti e surrealisti
“Abstraction-Création” e, nel 1937, è
tra i cofondatori dell’associazione “Allianz”.
In breve tempo sviluppa un proprio
stile originale, una sintesi fra l’astratto
ed il figurativo con risultati non lontani dal surrealismo, di cui costituisce
un esempio il manifesto murale “Die
Schweiz, das Ferienland der Völker” (La
Svizzera, terra di vacanza dei popoli).
Eseguito per l’Esposizione nazionale
svizzera del 1939, l’opera monumentale di 100 metri per 5 costituisce una
svolta decisiva nella carriera dell’artista. Grazie ad essa Erni ottiene il primo riconoscimento ufficiale e diviene
noto al grande pubblico.
Dal dopoguerra in poi seguono un periodo di viaggi in Europa, Africa, Stati
Uniti, India, Cina, una profusione di
lavori su commissione ed esposizioni
in Svizzera e all’estero (Londra, Rotterdam, Stoccolma, New York, Seattle,
Chicago, Montreal, Osaka, Melbourne,
Sydney, etc…) che fanno conoscere il
suo talento nel mondo.
In mostra una selezione di una settantina di opere presentate in ordine cronologico, dagli esordi degli anni Trenta
fino ai giorni nostri, che testimoniano
la ricchezza stilistica e la straordinaria
prolificità artistica di questo grande
visionario, decano dell’arte svizzera.
Erni è passato da protagonista nel
postcubismo (vedi opera n.1 “Stilleben mit Wasserkrug” nelle immagini
Clean energy, 1999
disponibili) e nel surrealismo (vedi
opere n.2 “Komposition 15” e n.3
“Neue Satelliten” nelle immagini disponibili), prima di trovare la sua via
in una sorta di realismo magico (vedi
restanti immagini disponibili).
Nel corso della sua lunga attività Erni
ha creato migliaia di opere: dai quadri di cavalletto agli affreschi (per la
Croce Rossa Svizzera, l’ONU e l’UNESCO), dai manifesti alle litografie,
dalle scenografie alle illustrazioni di
libri specializzati, enciclopedie e opere
letterarie, dalle ceramiche agli arazzi,
alle sculture.
Artista poliedrico nonché abile comunicatore, Erni privilegia i mezzi espressivi che permettono la diffusione di
massa, anzitutto, le arti grafiche e le
realizzazioni monumentali. Ad interessarlo sono gli effetti del progresso sul
nostro spazio vitale, con uno sguardo
attento ai temi sociali e ambientali. Di
qui la scelta delle tematiche predilette
dall’artista: i miti classici, il corpo, lo
sport, la musica, le scienze, i dualismi uomo-tecnica, tecnologia-natura,
economia-ecologia. Con un messaggio
chiaro: è possibile restare umani in un
mondo di uomini.
Pur non avendo mai fatto parte di un
partito, Erni è sempre stato un artista
politico. L’aver vissuto due guerre lo
ha portato ad acquisire una peculiare
sensibilità per i temi della pace e dei
diritti sociali. Ha dato il suo contributo artistico, ad esempio, a campagne
elettorali a sostegno del diritto di voto
alle donne e contro le armi nucleari.
Impegno che però gli costò la messa
al bando negli anni del dominio nazista in Europa fino agli anni Sessanta,
per il quale l’artista nel 2008 ricevette
le scuse ufficiali dall’allora presidente
della Confederazione svizzera Pascal
Couchepin.
Nel 1979 l’artista apre al pubblico un
La Rivista
Bios 1937,
Tempera su pavatex, 120x150 cm
Stillleben mit Wasserkrug 1933,
Olio su tela, 80x65 cm
André Bonnard e la Sfinge 1953,
Tempera su tela, 160x194 cm
proprio museo - da lui stesso definito
“luogo di riflessione” - all’interno del
Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna. Il museo raccoglie più di 300 opere
coronate
dalla grande pittura murale “Panta
Rhei” che decora l’auditorium, in cui
sono raffigurati i principali scienziati e
pensatori dell’Occidente.
In occasione del suo centesimo compleanno, il Museo d’Arte di Lucerna e
la Fondation Pierre Gianadda di Martigny gli hanno dedicato due importanti
retrospettive che rendono omaggio a
ottant’anni di inesauribile creatività.
Nello stesso anno, Erni presenta la
nuova opera monumentale “Ta panta
rei” (tutto è in movimento) che orna
l’ingresso principale dell’ONU di Ginevra. Il più grande affresco in ceramica
della Svizzera simboleggia la lotta per
la pace, la giustizia sociale e la libertà
di tutti i popoli del pianeta. Nel 1983,
d’altronde, le Nazioni Unite lo distinsero attribuendogli la Medaglia della
pace.
Anche se le sue opere sono state spesso oggetto di dibattiti negli ambienti
politici e culturali, Hans Erni conta
oggi sicuramente fra gli artisti viventi
più affermati e popolari in Svizzera.
L’evento espositivo, curato da Rudy
Chiappini con la collaborazione di Riccardo Carazzetti, direttore dei Servizi
culturali della Città di Locarno, è accompagnato da un catalogo in italiano
di 200 pagine, con immagini a colori
Albert Einstein 1941,
Tempera su tela, 200x180 cm
di tutte le opere in mostra e contributi
critici di Rudy Chiappini, Karl Bühlmann, Dora Imhof, Hans Ulrich Obrist.
SCHEDA TECNICA DELLA MOSTRA
SEDE: Casa Rusca
Pinacoteca comunale
Piazza San Antonio
CH - 6600 Locarno
Tel: +41 (0)91 756 31 85
ORARI: Da martedì a domenica 10.00–12.00 / 14.00-17.00
Lunedì chiuso
BIGLIETTI: Intero Fr. 8.Ragazzi, AVS e gruppi (minimo 10 persone) Fr. 5.Ingresso gratuito per le scuole
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI:
Servizi culturali - Città di Locarno
Casorella
Via B. Rusca 5 CH – 6600 Locarno
Tel.: +41 (0)91 756 31 70 Fax: +41 (0)91 751 98 71
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maggio 2014 La Rivista - 53
La Rivista
Donne
che raccontano altre donne
La violenza di cui sono vittime narrata
al Palazzo delle Nazioni di Ginevra
di Michele Caracciolo di Brienza
Il 26 marzo scorso, in occasione della 25ª seduta del Consiglio dei Diritti Umani, è stata
presentata la lettura di “Ferite
a morte” nella sala dell’assemblea del Palazzo delle Nazioni a
Ginevra. Si tratta di una narrazione delle violenze subite dalle donne in giro per il mondo.
Promosso da Serena Dandini,
autrice e presentatrice televisiva, l’evento ha attirato circa
mille persone.
La lettura pubblica è stata introdotta da Michael Møller, Direttore Generale Vicario dell’Ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra, da S.E. Amb.
Maurizio Enrico Serra, Rappresentante Permanente della Repubblica
italiana presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e le altre organizzazioni
Il manifesto dell’evento
54 - La Rivista maggio 2014
internazionali a Ginevra, e S.E. Amb.
Alexandre Fasel, Rappresentante
Permanente della Svizzera presso le
Nazioni Unite di Ginevra. Il progetto
ha ricevuto anche il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
e dell’associazione Cultura Italia –
Sans Frontières.
Per quasi due ore c’è stata una toccante carrellata di monologhi letti
da voci femminili. Donne che raccontano in prima persona la sofferenza di altre donne. Donne che
hanno avuto successo in vari ambiti
e che danno voce a questi brevi monologhi raccontando le emozioni e i
pensieri delle vittime della violenza domestica, degli aborti selettivi,
dell’induzione alla prostituzione.
Insomma con questi testi Serena
Dandini, in collaborazione con Maura Misiti, tocca tutti i termini che
riguardano la violenza e la discriminazione nei confronti delle donne e
dà voce alle vittime.
Carla Del Ponte, Maria Grazia Cucinotta, Fabiola Giannotti sono tre
donne che partecipano a questo progetto. Un magistrato, un’attrice, e
una scienziata danno voce alle vittime e mettono in atto una solidarietà
femminile spontanea che coinvolge
la platea. I brevi monologhi sono
tutti in prima persona e queste donne famose prestano la loro visibilità
ad una bellissima iniziativa. Il fatto
di essere conosciute in Svizzera, in
Italia e non solo serve per mobilitare
le coscienze di tutti e coinvolgere la
società civile su una questione molto
dolorosa e che è presente con gradi
diversi di gravità in molti paesi. Secondo un rapporto pubblicato l’anno
scorso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre un terzo della
L’auditorium in attesa dell’inizio
popolazione femminile è vittima di
violenza fisica o sessuale spesso da
parte del proprio partner.
La voce delle protagoniste
Sentiamo ora direttamente dalle
protagoniste di questa lettura e da
chi l’ha ideata che cosa porta questo
evento pubblico alle Nazioni Unite.
Carla del Ponte…
e Maria Grazia Cucinotta si soffermano
con i giornalisti prima della lettura scenica
La Rivista
Il palazzo delle nazioni a Ginevra
Maria Grazia Cucinotta: “Non lo
chiamerei uno spettacolo e neanche
una lettura scenica, perché non puoi
rendere tua una donna che non c’è.
Trovo che non sia corretto poiché non
la conoscevo. Per quanto mi riguarda leggerò in modo tranquillo. Dirò
però chi era questa donna e cercherò
di raccontare quello che lei provava
senza interpretarlo come attrice. So
da donna cosa può aver provato. Il
mio testo è molto forte perché parla di una donna che è stata uccisa
con 66 coltellate. Aveva già ricevuto
quattro coltellate. Era riuscita a sopravvivere. Aveva denunciato. Questa
storia è anche una denuncia contro le
istituzioni perché non hanno creduto che quell’uomo potesse uccidere
ancora. È molto triste, ma allo stesso
tempo è bene parlarne. È bene che le
istituzioni aprano gli occhi e siano
più severe e più precise perché, quando una donna muore, muore una vita
che genera la vita. Bisogna fermare
questo tipo di violenza e bisogna capire che uno schiaffo può diventare
un coltello, una pistola.”
Quale ruolo possono avere le madri
nell’educare gli uomini?
“Ad accettare la diversità, la non violenza. Le maestre sono fondamentali, non solo le mamme. Le maestre
passano molto tempo con i nostri
figli, dunque dev’essere un’educazione di base a 360°, dalla famiglia, alle
scuole fino alle istituzioni affinché
prendano dei provvedimenti più severi contro chi usa violenza.”
Una domanda a Serena Dandini.
Sono cresciuto a pane e ‘Avanzi’
(programma satirico della RAI andato in onda dal ’91 al ’93, N.d.R.)
ho dei ricordi straordinari di quella
stagione televisiva. Oggi purtroppo
non ritrovo quello spirito. Non riesco più a vedere dei programmi con
una tale ironia sulla società attuale. Cosa ne pensa? Non manca la
satira in Italia?
“Guardi sono assolutamente d’accordo con lei perché abbiamo passato un periodo di oscurantismo televisivo negli ultimi anni. È inutile non
dirlo perché la situazione di conflitto
di interessi che si è creata in Italia rispetto alle televisioni ha fatto sì che
ci fosse una serie di funzionari e di
capistruttura quasi più realisti del
re. Avevano una forma di terrore e di
autocensura perché era chiaramente
difficile fare altrimenti e quindi s’è
abbassato il livello di creatività. Lo
vedevo nei provini dei giovani. Erano
sempre di più piccoli tormentoni e
piccoli sketch. La satira è andata lentamente morendo. C’è stato un “diserbante” contro la creatività perché
quando tu vedi qualcosa che funziona cerchi di rifarlo perché vuoi essere preso. Naturalmente ciò riduce il
livello. Adesso mi auguro che la situazione cambi. Alla fine le cose che
funzionano rimangono e poi decide
anche la rete. Non a caso certi programmi sono ancora cliccati. Grazie
alla rete, il primo che riesce ad avere
quel tocco di genialità e riesce a passare, allora sfonda senz’altro.”
Questo lato drammaturgico di Serena Dandini mi era completamente ignoto, quand’è emerso?
“Anche a me era ignoto (risate). Mi
è scaturito. Quando io ho avuto difficoltà a fare il mio lavoro in televisione con la libertà che avevo sempre
avuto e quindi ho preferito… hanno
preferito, mettiamola come vi pare…
A volte la crisi è anche un’opportunità e avevo dentro tante cose diverse
da dire, da scrivere, da fare entrare
nella società civile, avere contatti
con altre persone. Questo periodo
mi ha dato l’opportunità di far scaturire appunto nuovi interessi, nuove
indignazioni che hanno portato al
pubblico questo lavoro di cui sono
veramente orgogliosa.”
Carla Del Ponte è una magistrato
svizzero. È stata procuratore capo
del Tribunale Penale Internazionale
per l’ex-Jugoslavia dal 1999 al 2007
e ambasciatrice della Confederazione in Argentina dal 2008 al 2011.
Un suo ricordo di Giovanni Falcone. Nel 2012 si sono commemorati
i vent’anni dall’attentato.
“Adesso, il 23 maggio, ci sarà di nuovo la commemorazione. Tutti gli anni
andiamo a Palermo a commemorare
il giudice Falcone. I miei ricordi del
giudice Falcone sono tantissimi e
ritengo che sia importante quanto
fa la sorella Maria Falcone con la
fondazione a lui dedicata, affinché
il ricordo di questo grand’uomo rimanga e continui da esempio per la
magistratura, per la lotta al crimine organizzato, la lotta alla mafia.
Sono molto fiera del lavoro che fa
la fondazione e io stessa ne faccio
parte. Sono nel comitato, anche se
purtroppo non posso partecipare
direttamente. Tuttavia, è importantissimo che Giovanni Falcone sia
sempre presente, non solo per coloro che l’hanno conosciuto ma anche
e soprattutto per essere davvero un
simbolo per la giustizia e per la lotta
al crimine”.
maggio 2014 La Rivista - 55
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La Rivista
Benchmark
di Nico Tanzi
SELFIE
E l’esposizione di sé
diventa la tendenza del momento
Nell’ultima puntata di questa rubrica, intitolata “I
media siamo noi”, segnalavo la tendenza a trasformare se stessi non solo in aggregatori di notizie, che
creano il proprio palinsesto personale, scegliendo
fra le migliaia di news con cui si entra in contatto
nella vita online, ma anche in contenuto, attraverso
l’esibizione di sé che caratterizza i social network.
Uno degli aspetti più macroscopici di questa tendenza è il “Selfie”. Ovvero, l’autoscatto realizzato con lo
smartphone e diffuso istantaneamente su Facebook,
Twitter o Instagram (o qualsiasi altro “social media”).
In sé non si tratta di una novità. L’autoritratto esiste da
sempre. Lo hanno praticato massicciamente i pittori, e con
grande varietà e fantasia: basti pensare a Michelangelo
che, nel Giudizio universale, aveva usato l’anamorfosi per
nascondere il suo volto nella pelle tenuta in mano da San
Sebastiano. Anche la fotografia non ha tardato a scoprirlo,
curiosamente per mano di una ragazzina russa, la tredicenne granduchessa Anastasia Nicolaevna, che si ritrasse
guardando l’obiettivo attraverso uno specchio (e poi spedì
la foto a un amico). Erano i primi del secolo scorso. Non
molti decenni dopo, con l’avvento dell’era popolare della
fotografia, la diffusione di massa dell’autoritratto sarebbe stata sancita definitivamente con l’introduzione nelle
fotocamere a buon mercato della possibilità di ritardare
lo scatto, dando al fotografo il tempo di mettersi in posa
davanti all’obiettivo.
Ma se l’autoritratto prima e l’autoscatto dopo ci sono sempre stati, perché solo adesso è diventato di moda, tanto
da portare alla nascita di un apposito neologismo? Una
parolina, “Selfie” appunto, cui l’alta cultura ha conferito
ufficialmente dignità artistica grazie a uno dei tre o quattro musei più importanti del mondo, il MOMA (Museum of
Modern Art) di New York, che nel 2013 ha proposto una
mostra (“Art in Translation: Selfie, The 20/20 Experience”)
in cui i visitatori erano invitati a fotografarsi davanti a
uno specchio.
A fare la differenza, naturalmente, non è il gesto in sé
(fotografarsi), ma il contesto comunicativo in cui esso ha
luogo. Ancora una volta potremmo dar ragione a McLuhan
e alla sua lapidaria affermazione che “Il medium è il messaggio”. Il messaggio, fatte le debite proporzioni, è sempre
lo stesso da secoli: l’immagine di sé. A cambiare è tutto ciò
che sta attorno a quel messaggio: l’immediatezza della fotocamera digitale, che nello stesso istante in cui premiamo
il pulsante di scatto ci offre il risultato del nostro gesto.
La capacità dei nuovi smartphone di produrre immagini
anche esteticamente di notevole qualità, grazie a filtri e
software facili da usare e applicazioni miracolose, prima
fra tutte Instagram. E soprattutto, la possibilità di inviare
quelle immagini agli amici in tempo reale o (ancora meglio) di condividerle sui social network.
Ed eccoci trasformati, appunto, in contenuti delle nostre stesse comunicazioni, preda dell’istinto narcisistico
che sotto sotto alberga in ognuno di noi. Va da sé che
una componente essenziale del processo è la selezione
delle immagini da “postare”. Facile comprendere perché,
scorrendo i post degli amici su Facebook, spesso si debba
trattenere un moto d’invidia. “Perché – ha scritto qualcuno – tutti frequentano bistrot berlinesi, hanno un incarnato fresco di SPA, si nutrono di sole cupcake e sushi
e abbracciano amori della vita?” La risposta è ovvia: non
ci mostriamo certo mentre siamo in coda in autostrada,
o stipati su un treno, o mentre apriamo un barattolo di
cibo in scatola in un anonimo appartamento di periferia.
Scegliamo con attenzione cosa esporre di noi stessi, in
base a quella che col tempo diventa una sorta di immagine ideale di sé.
Tutto falso? No, o almeno non del tutto. Non a caso le
opinioni sulla moda “Selfie” si dividono. Per alcuni, segnale
del disagio diffuso a convivere con la nostra vita e la nostra personalità nel loro complesso. Per altri, come Jenna
Wortham, che scrive di tecnologia per il New York Times,
“una sorta di diario visivo, un modo per celebrare la nostra
breve esistenza e per provare di essere stati qui”.
maggio 2014 La Rivista - 57
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La Rivista
Sequenze
di Jean de la Mulière
Snowpiercer
di Bong Joon Ho
Primo film in lingua inglese del regista coreano, Snowpiercer ci porta
per mano nel 2031, in un futuro non così lontano, in cui la Terra, in
seguito al fallimento di un esperimento per contrastare il riscaldamento globale, conosce una nuova Era Glaciale. Gli ultimi sopravvissuti vivono confinati in un treno rompighiaccio in grado di correre
perpetuamente attorno al globo. L’inventore di questa macchina perfetta, il misterioso Wilford, ha anche determinato un sistema sociale
su cui si regge l’equilibrio della comunità che abita i vagoni del treno.
In coda stanno i miserabili sfruttati che salirono a bordo gratis, verso
la testa del treno vivono invece nei privilegi i passeggeri di prima
classe. Ma la rivolta degli oppressi dalla coda del treno è oramai imminente e il suo leader, Curtis, attende solo il momento giusto per
tentare l’ardimentosa presa della testa del convoglio.
Considerato il più costoso film mai prodotto in Corea, violento, teso,
mai banale Snowpiercer colpisce grazie alla durezza delle immagini,
tra ralenti sanguinari e violenti scontri fisici, con una fotografia cupa,
sporca e glaciale, affermandosi come il raro caso di un’opera d’autore di grandi ambizioni commerciali che non sacrifica la visione del
suo regista sull’altare del successo di botteghino. In tal senso, Bong
Joon Ho ha portato sullo schermo il suo classico di fantascienza, che
non è solo un’efficace opera di intrattenimento (seppure saldamente
collocata all’estremo oscuro dello spettro dell’intrattenimento), ma
anche una profonda riflessione filosofica sulla natura dell’uomo e le
sorti dell’umanità, cupa e inquietante, disperata e appropriatamente
raggelante, ma al contempo venata di sapida ironia e aperta, che nel
finale cede il posto ad un abbacinante raggio di speranza, in grado di
illuminare la via ad un’improbabile ed impensabile salvezza, fisica ma
anche, se non soprattutto, umana.
3 Days to kill
di McG
Ethan Renner (Kevin Costner) è un agente della CIA.Un veterano con infinita esperienza e altrettanto sangue freddo,costretto aa abbandonare
la professione dopo che gli è stato diagnosticato un tumore al cervello
che gli lascia solo pochi mesi di vita. La CIA gli dà il benservito e a
Renner non resta che cercare di riparare il rapporto con moglie e figlia,
tenute sempre a debita distanza per proteggerle dai pericoli connessi al
suo lavoro. Proprio quando ha ormai deciso di voltare pagina, il passato
torna a bussare alla porta con un’offerta impossibile da rifiutare: la
nuova e ultima missione offre come ricompensa l’accesso ad una cura
miracolosa. L’agente segreto si ritrova così a bilanciare il tentativo di
ricostruire il rapporto familiare con l’incarico di fermare il terrorista
più ricercato del mondo, trovando un improbabile equilibrio tra i due
compiti più difficili che gli siano mai stati assegnati: catturare un pericoloso terrorista e proteggere la figlia adolescente,destreggiandosi tra
inseguimenti mozzafiato per la capitale parigina e i comuni problemi di
ogni genitore che si trova a gestire figli adolescenti.
È vero che la trama è poco plausibile e che le situazioni costeggiano il
ridicolo, ma a volte certe remore è meglio ignorarle e godersi lo spettacolo per quello che è. Troppo facile liquidare il film apportando come
motivazione i suoi difetti, si tratta comunque di un bel prodotto d’intrattenimento. Prevedibile e fracassone, certo, ma non è da un film d’azione che si può pretendere un solido ancoraggio alla realtà. Allora può
capitare anche di divertirsi come negli scambi di battute tra Costner
e l’autista di limousine iraniano, l’unico in grado di separare gli affari
sporchi del suo lavoro da quelli familiari, e dal quale il protagonista ha
continuo bisogno di consigli su come migliorare il rapporto con la figlia.
Un film che gigioneggia, gongolandosi nelle situazioni strampalate e
surreali che compongono un lavoro che fa gli occhi arcigni ma si ride
addosso,come un finto noir in auto riverenze semiserie da commediola
dove tutto concorre a formare un malizioso teatrino.
Un film d’azione usa e getta, che non vanta pretese se non quella di
divertire.
Grand Central
di Rebecca Zlotowski
Gary è un giovane ragazzo alla ricerca di un lavoro e con alle spalle
un passato apparentemente burrascoso. Grazie al suo carattere dinamico e spigliato, riesce ad entrare nelle grazie di due responsabili
di una squadra di tecnici che lavorano in unacentrale nucleare.Ottiene così un lavoro, un posto dove dormire e una sorta di “famiglia”
di cui sentirsi parte integrante. Quando però perde la testa per la
bellissima e provocante Karole, fidanzata di uno dei caposquadra,
Gary mette in pericolo non il suo lavoro, ma la sua stessa vita e
quella dei colleghi.
Opera seconda della registaRebecca Zlotowski, Grand Central, può
godere di un’ambientazione atipica e fortemente simbolica che le
permette di dare nuovo respiro ad un tema abusato come quello
dell’amore proibito. Tutta la trama si svolge, infatti, all’interno della
centrale stessa, nel campeggio intorno ad essa in cui vivono i dipendenti o comunque in bar o zone adiacenti, quasi come se per i
personaggi del film non vi fosse vita alcuna al di fuori della centrale.
Mentre Gary col tempo sembra diventare insensibile alle radiazioni
assorbite in centrale, e sempre più vittima del desiderio tanto da
indurlo ad ignorare la lealtà, l’amicizia, il buon senso,la regista e
sceneggiatrice è molto brava a costruire una trama che mantiene
la tensione alta per tutta la durata del film, sia per quanto riguarda
il pericolo rappresentato dall’adulterio e dall’eventualità di essere
scoperti, sia dal rischio che derivadirettamente da un lavoro che non
può prescindere da una rigorosa sicurezza.
maggio 2014 La Rivista - 59
«EY» indica Ernst & Young SA, Basilea, compagnia membro di Ernst & Young Global Limited, Londra, una società a responsabilità limitata di diritto inglese. ED 1015.
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La Rivista
Diapason
di Luca D’Alessandro
Rocco Hunt
Papik
Ha partecipato e ha vinto: il rapper salernitano Rocco Hunt
è stato acclamato nella sezione ‘Nuove Proposte’ al Festival
di Sanremo. Il 25 marzo ha poi pubblicato l’album d’inediti
intitolato A Verità. Per Hunt, che nella vita ha conosciuto
poche soddisfazioni, quel 25 marzo era, come dice anche
il titolo di un brano, Nu Juorno Buono, un giorno buono.
L’artista è cresciuto nelle case popolari della zona orientale di Salerno, dove nascono inevitabili i sogni di una vita
migliore. Traspare il desiderio di poter vivere in una terra
libera dai problemi che la stanno devastando. Nonostante
i testi diretti, critici e potenti, Hunt crede in un futuro migliore. Oltre alla partecipazione del sassofonista e compositore napoletano Enzo Avitabile, nell’album ci sono altre due
importantissime collaborazioni con il mondo della canzone
d’autore. S’intitola Come una cometa il brano coprodotto da
Rocco Hunt e i Tiromancino, dove Francesco Zampaglione
ha curato la produzione e Federico, fratello di Francesco, ha
scritto e interpretato il ritornello.
L’arrangiatore e musicista romano Nerio Poggi ha dato, negli
ultimi anni, uno slancio al panorama Nu-Jazz, Jazz e Lounge internazionale. Per la Irma Records ha avuto l’occasione
di pubblicare diversi album, tra cui il suo album d’esordio,
Rhythm Of Life, contenente la canzone Staying For Good,
cantata da Alan Scaffardi. Con Sounds For The Road, Poggi dà il benvenuto alla bella stagione con un disco doppio contenente i classici del soul, dell’easy listening e del
jazz (compreso anche l’acid jazz), completamente rivisti e
rallentati sul piano ritmico. Concepito come un progetto di
collaborazioni, il disco di Poggi si presenta come un doppio
album suddiviso in un album jazz ed uno soul. I nomi presenti sono: Frank Mc Comb, Sarah Jane Morris, Mark Reilly
di Matt Bianco, Tom Gaebel, Fabrizio Bosso, Ely Bruna, Alan
Scaffardi, Walter Ricci, Francesca Gramegna, Dario Daneluz,
Frankie Lovecchio ed Erika Scherlin. Il singolo che ha preceduto l’album s’intitola Special Love, cantato da Ely Bruna.
A Verità (Sony)
Moreno
Incredibile (Universal)
Moreno Donadoni è un rapper italiano che ha intrapreso la
sua carriera tra l’altro grazie al talent show Amici di Maria
De Filippi. Oltre a ciò ha riscontrato diversi successi nell’ambito del freestyle vincendo concorsi regionali e nazionali.
Insieme a Rocco Hunt, Moreno può essere considerato uno
dei più importanti volti del rap italiano del momento. Lo
dimostra con il suo album intitolato Incredibile che non è
stato pubblicato solo per il semplice motivo di promuovere
un artista giovane, ma soprattutto per valorizzare questo
talento, per molti, appunto, “incredibile”. Infatti, non bisogna disprezzare che Moreno possa contare su una folta
schiera di featuring presenti all’interno della tracklist. Vi figurano Alex Britti nel brano Giro Tutto Il Mondo, Annalisa in
Ferire Per Amare, J-Ax in Col Sorriso e Fiorella Mannoia nel
brano Sempre Sarai. Un giovane artista, dunque, che indubbiamente saprà mantenersi a galla e rimanere presente al
pubblico. I requisiti sono buoni.
Sounds For The Road (Irma)
Duo Gazzana
Pulenc/Walton/Dallapiccola/Schnittke/Silvestrov (ECM)
È il secondo album delle sorelle Natascia e Raffaella Gazzana,
una violinista e una pianista, pubblicato presso la ECM New
Series; una collana di creazioni classico-moderne aggregata
alla celebre etichetta madre, la ECM di Monaco. L’opera è un
repertorio di composizioni di provenienza tedesca, francese,
italiana, inglese e russa. La Suite In The Old Style di Alfred
Schnittke, ad esempio, è una riflessione moderna su Bach e
Scarlatti. Manifesta la stessa intenzione Valentin Silvestrov
che nella sua composizione Hommage à J.S.B. del 2009 fa risorgere la tradizione di Johann Sebastian Bach, collegandola
ai tempi nostri. Luigi Dallapiccola invece con la Tartiniana
Seconda s’ispira alla musica barocca di Giuseppe Tartini. Per
finire, il Duo Gazzana si avvicina al jazz con Toccata, opera
di William Dalton, che all’età di vent’anni ha portato su carta
questa composizione ispirata a Duke Ellington. Le due maestre hanno realizzato un mélange acustico che comprende
varie tradizioni classiche, combinate con quelle moderne.
L’album è stato registrato a Lugano in estate del 2013.
maggio 2014 La Rivista - 61
La Rivista
Anteprima Consorzio
Chianti DOCG 2014
Un’invenzione della natura e della cultura
di Rocco Lettieri
Quando si parla di Chianti, si
parla di un vino, certamente,
ma ciò che emerge è la storia
di un territorio enologico immenso e vario, della sua storia
e della sua cultura enogastronomica.
Le anteprime toscane del 2014 saranno ricordate per una complessa organizzazione che ha messo in difficoltà
e in vari episodi i giornalisti nostrani,
ma ancor di più i giornalisti esteri che
non si spiegavano determinati ritardi
e notevole disorganizzazione, cambi
di hotel senza senso e tempi di spostamento davvero impietosi. Il tutto
Il banco dei vini di Chianti Rufina
affidato a Toscana Promozione di Firenze. Passiamoci sopra perché questa
è la prima edizione “consortile”.
Primo vero incontro a Villa Montalto
con prima presentazione ufficiale tra
giornalisti e buyers che ha prodotto
(non per infierire ancora) un caos indescrivibile tra persone sedute e le persone in piedi, tra bottiglie e sommelier,
tra chi parlava e chi non ascoltava,
senza possibilità di degustazione per
più di un’ora e quando è stato dato il
via, era impossibile girarsi tra personale di servizio, piatti, gente che beveva
e persone che volevano solo mangiare,
ecc. Meglio sorvolare sino all’incontro
tenutosi domenica mattina nella Fortezza da Basso. Finalmente uno spazio
decoroso adeguato alle aspettative,
all’interno del Padiglione Spadolini.
Terza edizione, ma per la prima volta,
il Chianti e i consorzi delle maggiori
menzioni specifiche si sono presentate
compatte per comunicare una Toscana
di qualità. Liberi di degustare per circa
due ore e poi conferenza stampa.
Giovanni Busi, Presidente del Consorzio Chianti, ha affermato: “Per la prima volta, siamo riusciti a riunire tutti i
consorzi di sottozona e ciò non può che
giovare alla manifestazione: il fatto di
stare tutti insieme è un vantaggio per
chi ci visita e si trova di fronte ad un
panorama esteso ma chiaro di ciò che
questa regione può offrire, una promozione che va a favore di ogni singola
azienda”. Busi ha proseguito dicendo:
“Quando si parla di Chianti, si parla di
un vino, certamente, ma ciò che emerge è la storia di un territorio enologico immenso e vario, della sua storia e
della sua cultura enogastronomica e
questo ci rende forti e riconoscibili: è
proprio questo che vogliamo comunicare alla stampa e agli operatori
durante questa giornata. Il Consorzio
si sta impegnando a promuovere in
maniera massiccia la diffusione della
cultura (e la storia) che sta (dentro e
fuori) il bicchiere. Un concetto di territorio e di una denominazione che vuole
esprimere qualità e al contempo emozioni forti e vere, durature”. C’è da dire
che nella stessa zona e nello stesso
padiglione si svolgeva anche la manifestazione BYWINE e, bicchiere alla
mano, si poteva dare anche un’occhiata ai numerosi produttori presenti. 269
buyers accreditati provenienti da ogni
parte del mondo: Usa, Canada, Brasile,
Cina, Sud Corea, Giappone, Danimarca, Vietnam.
Per la presentazione ai giornalisti (91
dall’estero e 97 dall’Italia), ben 258
vini di 81 produttori provenienti da
Grosseto, Livorno, Arezzo, Pisa, Lucca,
maggio 2014 La Rivista - 63
La Rivista
Il salone degustazione aveva spazi luminosi, tavolini comodi per degustare con
i sommelier e una temperatura ottimale
anche per i vini
Prato e Pistoia in rappresentanza delle
denominazioni: Carmignano, Bolgheri,
Terratico di Bibbona, Elba, Val di Cornia, Montecucco, Morellino di Scansano, Cortona, Chianti (Colli Senesi, Colli
Fiorentini e Chianti Rufina) e Valdarno
di Sopra.
Storia del Chianti
Il vino Chianti è un’invenzione della natura e della cultura della regione d’Italia più conosciutae amata nel
mondo. Le bellezze, la storia, le sensazioni, i sapori unici della Toscana si
ritrovano in questo vino che è uno dei
primi simboli del Made in Italy. Nella sua vasta area di produzione sono
presenti da secoli gli stessi vitigni: il
Sangiovese prima di tutti, al quale
possono aggiungersene in proporzione
minore anche altri, sempre comunque
coltivati nel territorio. La loro combinazione e il carattere, la corposità e i
profumi che terreni, altitudini e microclimi diversi gli trasmettono, danno
vita al Vino Chianti a Denominazione
di Origine Controllata e Garantita.
Della sua qualità si occupa dal 1927 il
Consorzio Vino Chianti.
I suoi controlli riguardano l’intero ciclo
di produzione - dalla scelta delle uve
alla vinificazione, dalla verifica delle
caratteristiche chimiche, fisiche e organolettiche all’imbottigliamento – e
la fedeltà ai criteri imposti nel 1967
dalla Doc e dalla Docg, riconosciuta
nel 1984. Il Consorzio è inoltre competente per i vini dei Colli dell’Etruria
Centrale Doc e per il Vin Santo del
Chianti Doc. Ad esso è stato affidato
dal Ministero delle Politiche Agricole il
controllo dell’intera filiera produttiva
vinicola italiana (controllo erga omnes). Il lavoro del Consorzio e dei propri soci - produttori, aziende storiche,
Il banco di vini dei Colli Senesi
64 - La Rivista maggio 2014
La Rivista
Il banco dei vini dell’Elba
commercianti e cantine cooperative
- garantisce la massima trasparenza
della produzione e del mercato del
Chianti Docg. Il Chianti DOCG è prodotto nelle province di Arezzo, Firenze,
Pisa, Pistoia, Prato e Siena.
Origine del consorzio
Il Consorzio Vino Chianti si è costituito nel 1927, ad opera, di un gruppo
di viticoltori delle province di Firenze,
Siena, Arezzo e Pistoia, allargando
successivamente la sua operatività a
tutta la zona di produzione, riconosciuta dal Disciplinare del 1967, poi
recepita nella Denominazione di Origine Controllata e Garantita riconosciuta nel 1984 e aggiornata, per ultimo, con decreto del 19 giugno 2009.
Oltre duemilacinquecento produttori,
che interessano più di 10.500 ettari
di vigneto per oltre 600.000 ettolitri
di Chianti delle varie zone e tipologie,
sono tutelati dal Consorzio che, per la
sua rappresentatività, ha ottenuto il
riconoscimento e l’incarico per la valorizzazione, la promozione e la vigilanza sulla denominazione Chianti con
Decreto del Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali del 3
settembre 2012.
La zona di produzione del Chianti è
costituita da territori delimitati per
legge, che si trovano nelle province di
Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e
Siena. Questo ambiente è caratterizzato da un sistema collinare a grandi
terrazze con vallate attraversate da
fiumi. Sempre con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali del 3 settembre 2012 è stato
concesso il riconoscimento e l’incarico
per la valorizzazione, promozione e vigilanza sulle denominazioni Vin Santo
del Chianti e Colli dell’Etruria Centrale. La denominazione “Colli dell’Etruria
Centrale” si pone in affiancamento
alla D.O.C.G. Chianti consentendo la
produzione nella stessa zona di vini di
qualità diversi dal Chianti prevedendo
oltre alla tipologia rosso, il bianco, il
rosato, il novello e il Vin Santo. Il riconoscimento della denominazione “Vin
Santo del Chianti”, con la possibilità di
usare le varie sottozone, segna un’importante tappa per la valorizzazione di
questo prodotto che tanto rappresenta per le tradizioni e le capacità produttive nella zona del Chianti e per il
quale il Consorzio si è a lungo battuto.
I vitigni fondamentali che concorrono
alla formazione del vigneto Chianti
sono i seguenti: Sangiovese minimo
70%, complementari fino al 30%, con
un massimo per i vitigni bianchi del
10% e del 15% per i vitigni Cabernet.
La resa massima di uva per ettaro è di
90 quintali per il Chianti, 80 quintali
per Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano,
Rufina e Montespertoli, 75 quintali per
il Chianti Superiore.
(www.consorziovinochianti.it)
La mia personale degustazione
Torniamo all’Anteprima del Chianti
2014 che ha presentato 82 Chianti
DOCG 2013, 40 Chianti DOCG 2012
e 48 Chianti DOCG Riserva 2011. Una
vera e interessante “free tasting area”
che finalmente aveva spazi luminosi,
tavolini comodi per degustare con i
sommelier e una temperatura ottimale
anche per i vini. Impossibile degustarli tutti. Ho scelto 2 aree: Consorzio
Chianti Colli Senesi 2013 e Consorzio
Chianti Rufina 2012.
Per i vini Colli senesi 2013 (13) le preferenze sono andate a: Castel di Pugna; Il Ciliegio; Bindi Sergardi; Campriano e Vagnoni. Per i Chianti Rufina
2012 (15), la più piccola tra le sette
specificazioni del Chianti e distribuita solo su 5 comuni, naturalmente
con ben altro carattere e qualità, ho
apprezzato: Fattoria Il Capitano, Frascole, Lavacchio, Travignoli e Marchesi
Gondi-Tenuta Bossi.
Tra le altre numerose aree ho preferito
e scelto il Consorzio dell’Elba. Gli ettari
vitati iscritti alla doc Elba e docg Elba
Aleatico sono circa 165, di cui 35 per
l’Elba Aleatico docg, i restanti 130 per
le diverse tipologie della doc Elba. Le
Aziende vitivinicole che imbottigliano
e commercializzano i Vini di loro produzione sono 17 associate Consorzio.
La Doc Elba comprende tutto il territorio dell’isola d’Elba. Le norme viticole
prevedono principalmente la coltivazione dei vitigni tradizionali nell’isola:
Trebbiano Toscano, Ansonica e Vermentino per le varietà a bacca bianca,
e il Sangiovese a bacca nera.
La Docg Elba Aleatico dev’essere prodotta solo ed esclusivamente dal vitigno Aleatico; è un Vino passito rosso
derivante dalla vinificazione di uve
appassite naturalmente, senza alcuna aggiunta di alcool o concentrati
zuccherini. Obbligatorio un periodo di
appassimento delle uve di almeno 10
gg. per raggiungere la concentrazione
prevista da disciplinare. Tra i vini più
qualificanti: Brut Cuvée A di Mola;
L’Ansonica Le Sughere 2012; Le Conche
del Granito 2012; Fattoria delle Ripalte
2012. Tra i rossi: L’Alicante della Fattoria delle Ripalte 2011; il Syrah Oglasa
2012 di Cecilia; l’Elba Rosso 2012 di
Acquabona. Della DOCG Aleatico Passito: Laurentium 2012 La Sughera, Aleatico Acquabona 2009, Aleatico 2010
della Fattoria delle Ripalte di Piermario
Meletti Cavallari che non avrebbe bisogno di presentazioni, ex Grattamacco.
Interessante e non solo per noi italiani
l’assaggio pomeridiano di “Panino al
lampredotto”, un bel boccone di street food che più toscano di così non
si può.
maggio 2014 La Rivista - 65
La Rivista
Anteprima
Chianti Classico Gallo Nero
l’originale
Eccellenza italiana in Gran Selezione
Il Chianti Classico Gran Selezione è stato
presentato a Palazzo Vecchio, nella famosa sala dei 500 (bellissima e unica al
mondo)
di Rocco Lettieri
Un gioiello del Made in Italy
e un capitale da tutelare nella
sua unicità e nella sua specificità territoriale non ripetibile
altrove
Di ritorno da San Gimignano, la solita
organizzazione di Toscana Promozione, non calcolando bene i tempi, ha
costretto tutti noi giornalisti a partecipare a Palazzo Vecchio, nella famosa sala dei 500 (bellissima e unica al
mondo), non come da programma in
abito nero (anche per il Gala diner…),
ma…vestiti come siete anche con il
fango sotto le scarpe. Gran brutta figura che noi non volevamo fare.
Presentazione quindi della “novità
2014” il Chianti Classico Gran Selezione, illustrato in pompa magna e
con video da validissimi relatori. Chiusura da parte del presidente del Consorzio Sergio Zingarelli. Poi a piedi con
poche indicazioni sino a Palazzo Corsini, ma non quello indicato di Santo
Stefano al Ponte, quello poco distante, sul Lungarno. Aperitivo con acqua
e bibite al prosecco e menta (sic)!!!
Appetizer da dimenticare (frittura di
palline di semolino al sentore di olio
di tartufo) e altre cose frivole e inutili.
Fortunatamente la cena, nella sala del
Trono, (tre piatti tre ben fatti) e con
in abbinamento i 33 vini del Chianti
Classico Gran Selezione è stata all’altezza. Anche se degustare 4/5 vini si è
rivelata un’impresa sia per noi seduti a
tavola sia per chi doveva servirci i vini.
Questi i vini GRAN SELEZIONE proposti per l’occasione: Badia a Passignano
2009 (Antinori nel Chianti Classico),
Castello di Brolio 2011 (Barone Ricasoli), Vigna del Capannino 2010 (Bibbiano), Mocenni Particella 89 2010
(Bindi Sergardi), Don Vincenzo 2009
66 - La Rivista maggio 2014
(Casaloste), Il Solatio 2010 (Castello
d’Albola), Castello di Ama 2010 (Castello di Ama), Castello Fonterutoli
2010 (Castello di Fonterutoli), Bellezza
2010 (Castello di Gabbiano), Castello
di Meleto 2010 (Castello di Meleto), Il
Puro 2010 (Castello di Volpaia), Bruciagna 2010 (Castello La Leccia), Vigna
La Prima 2010 (Castello Vicchiomaggio), Colle Bereto 2010 (Colle Bereto),
L’Imperatrice 2010 (Fattoria di Corsignano), Lama della Villa 2010 (Fattoria
di Lamole), Montemaggio 2009 (Fattoria di Montemaggio), Beatrice 2011
(Fattoria Viticcio), Vigna del Sorbo
2010 (Fontodi), I Fabbri 2011 (I Fabbri),
Il Margone 2010 (Il Molino di Grace),
Lornano 2010 (Lornano), Losi Millennium 2007 (Losi Querciavalle), Ottantuno 2010 (Luiano), Sergio Zingarelli
2010 (Rocca delle Macìe), Riserva Ducale Oro 2010 (Ruffino), Cellole 2010
(San Fabiano Calcinaia), Il Grigio da
San Felice 2010 (San Felice), Tenuta San Vincenti 2011 (San Vincenti),
Lilliano 2010 (Tenuta di Lilliano), La
Forra 2011 (Tenuta di Nozzole), Vignole 2009 (Vignole), Vigna Bastignano
2010 (Villa Calcinaia).
In cima alla piramide
qualitativa della DOCG
La tipologia Gran Selezione, come
ampiamente spiegato, va a collocarsi
in cima alla piramide qualitativa della
DOCG, sopra il Chianti Classico Riserva
e il Chianti Classico Annata: una top
edition che declina con eleganza la
migliore espressione dei vigneti aziendali. Il valore di questo prodotto andrà
L’anteprima si è tenuta come al solito nel
suggestivo scenario della Stazione Leopolda di Firenze, ormai consueta location
della manifestazione
La Rivista
a consolidare sempre di più, in Italia e
oltre i confini nazionali, la notorietà e
il prestigio di quello che è considerato
ormai un vero e proprio brand d’eccellenza, contraddistinto dal marchio
Gallo Nero: un gioiello del Made in
Italy e un capitale da tutelare nella
sua unicità e nella sua specificità territoriale non ripetibile altrove.
Le etichette della Gran Selezione si
caratterizzeranno per il perfetto equilibrio tra eleganza e potenza, la grande struttura e l’importante capacità di
invecchiamento, e grazie alla grande
versatilità - che contraddistingue
tutti i vini a denominazione Chianti Classico - garantiranno anche gli
abbinamenti più audaci con piatti di
diverse cucine internazionali. La Gran
Selezione, secondo le stime del Consorzio, rappresenta circa il 10% della
produzione del Chianti Classico, destinata a volare nel tempo per un valore
complessivo che si aggira tra i 70 e i
100 milioni di euro. Sono 35 milioni
le bottiglie di Chianti Classico DOCG
prodotte annualmente ed esportate in
oltre 50 paesi in tutto il mondo, dalla
vecchia Europa a Stati Uniti, Russia,
Cina e Brasile.
La storia (da capire)
Esiste da tempo una confusione idiomatico-geografica tra due diverse
DOCG: Chianti Classico e Chianti. Se,
infatti, in campo enologico convivono i due termini “Chianti Classico” e
“Chianti”, da un punto di vista storico-geografico esiste invece solo il termine “Chianti”. Nel consumatore, ma
anche negli addetti ai lavori, il confine
tra questi due ambiti si perde e il risultato è che troppo spesso il suffisso
“Classico” viene tralasciato. In realtà,
quel suffisso è veramente importante, perché distingue il vino Chianti
Classico dal vino Chianti: due DOCG
differenti tra loro, con un disciplinare,
una zona di produzione e un Consorzio
di tutela diversi. Era il 1716 quando il
Granduca di Toscana Cosimo III fissò in
un bando i confini della zona di produzione del Chianti, area compresa tra le
città di Firenze e Siena in cui nasceva
l’omonimo vino, che già allora riscuoteva grande successo. Allora nel territorio chiamato “Chianti” si produceva
il vino “Chianti”.
All’inizio del XX secolo, quando la
notorietà del vino Chianti aumentava di anno in anno e il territorio di
produzione non riusciva più a soddisfare la crescente richiesta nazionale
e internazionale, si iniziò a produrre
vino al di fuori della zona del Chianti delimitata nel 1716, chiamandolo
ugualmente “Chianti” o “vino prodotto all’uso del Chianti”. Fu così che nel
1924, i suoi produttori fondarono il
“Consorzio per la difesa del vino tipico
del Chianti e della sua marca d’origine” per tutelarne la produzione. Il
simbolo scelto fin da subito fu il Gallo Nero, storico emblema dell’antica
Lega Militare del Chianti, riprodotto
fra l’altro dal pittore Giorgio Vasari nella sua Allegoria del Chianti sul
soffitto del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. Nel
1932, attraverso uno specifico decreto ministeriale, fu aggiunto il suffisso
“Classico” per distinguere il Chianti
prodotto nella zona di origine. Da allora il vino Chianti è quello prodotto
al di fuori dell’area geografica chiamata “Chianti” (in diverse zone che si
aggiungono spesso al nome: Chianti
Rùfina, Chianti Colli Senesi, Chianti Colli Aretini, Chianti Colli Pisani),
mentre il Chianti Classico è il vino
prodotto nella zona di origine chiamata “Chianti”.
Chianti Classico: il consorzio
Dalla sua fondazione il Consorzio Vino
Chianti Classico si occupa della tutela,
della vigilanza e della valorizzazione
della denominazione Chianti Classico.
Dal Consorzio per la difesa del vino
Chianti e della sua marca d’origine del
1924 al Consorzio Vino Chianti Classico di oggi, l’organismo consortile ha
cambiato nomi e stili grafici del suo
marchio, dove da sempre, però, campeggia lo storico simbolo del Gallo
Nero. Oggi il Consorzio rappresenta
circa il 96% dei produttori della DOCG
e si conferma uno dei principali referenti delle istituzioni nazionali e comunitarie per il settore vitivinicolo. La
sua organizzazione interna prevede
strutture dedicate ad assolvere i suoi
compiti istituzionali: dal fronte della
salvaguardia e dei servizi, che vede
impegnato l’ufficio legale, a quello
della valorizzazione, affidato all’ufficio marketing e comunicazione. L’intera filiera, dalla produzione delle uve
all’imbottigliamento del prodotto, è
sottoposta ad un sistema di tracciabilità, i cui dati vengono inseriti in un
database informatizzato di pubblica
fruibilità. Un sistema che permette ai
consumatori di tutto il mondo di verificare la provenienza della bottiglia
che hanno acquistato attraverso il sito
web www.chianticlassico.com.
Il Consorzio attua, inoltre, un severo
controllo sul prodotto confezionato
già presente nei canali di vendita.
Anteprima Chianti Classico
Collection DOCG 2014
L’anteprima si è tenuta come al solito
nel suggestivo scenario della Stazione
Leopolda di Firenze, ormai consueta
location della manifestazione. Chianti
Classico Collection DOCG, ha presentato: 142 aziende con 769 etichette
maggio 2014 La Rivista - 67
La Rivista
in degustazione per un totale di 7988
bottiglie a disposizione di una squadra
di 50 sommelier. Oltre 200 i giornalisti provenienti da 30 diversi paesi del
mondo e più di 1300 gli operatori. 20
i campioni da botte 2013 in anteprima
e ben 33 etichette di Gran Selezione.
Come da tradizione il primo giorno è
stato dedicato esclusivamente alla
stampa nazionale e internazionale, il
secondo, dalle 13.00 in poi, ha visto la
partecipazione anche degli operatori
del settore per incontrare i produttori
e testare le diverse etichette in degustazione.
Partner della manifestazione sono stati anche quest’anno importanti nomi
dell’enogastronomia e dell’industria
a questa legata, come alcuni dei migliori prodotti DOP italiani che, sotto
il cappello istituzionale di AICIG (l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche), si presentano al
pubblico della Collection attraverso
incontri e degustazioni a cura dei responsabili del Consorzio del Prosciutto
di San Daniele, Consorzio Tutela Grana
Padano, Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop, Consorzio
per la tutela e la valorizzazione del
Pane di Altamura Dop, Consorzio del
Prosciutto Toscano, Consorzio Tutela Pecorino Toscano Dop, Consorzio
di tutela oliva da mensa D.O.P - La
Bella della Daunia - cultivar La Bella
di Cerignola, Consorzio Prosciutto di
Parma Dop, Consorzio del Formaggio
Parmigiano-Reggiano, Consorzio per
la Tutela del Formaggio Gorgonzola
Dop, Consorzio Mortadella Bologna.
Tra i partner storici della “Collection”
anche RCR, Firenze Parcheggi, l’Acqua
di Toscana® San Felice e Pulltex.
Con le modifiche al disciplinare di
produzione approvate dall’Assemblea
dei Soci del Consorzio Vino Chianti
Classico, nel gennaio 2013 è stato
dato il definitivo avvio ad un radicale processo di rinnovamento della
storica DOCG toscana, definito dalla
critica e dagli addetti ai lavori come
un vero e proprio “riassetto” della
denominazione. “Il Chianti Classico è
la prima denominazione al mondo ad
aver introdotto una nuova tipologia
di eccellenza nella propria piramide
qualitativa” afferma Sergio Zingarelli, Presidente del Consorzio Vino
Chianti Classico. “Un caso unico, una
sfida che il Gallo Nero lancia al mondo enologico nella convinzione che
per rinnovare una storia di 300 anni
caratterizzata da grandi passioni e
grandi successi, per valorizzare ulteriormente il territorio e affermarsi sui
mercati internazionali, sia necessario
continuare a credere ed investire sulla
qualità del prodotto”. É la prima volta che nella legislazione vitivinicola
italiana viene introdotta una nuova
tipologia di vino posta al vertice della
piramide qualitativa di una denominazione, ed è anche la prima volta
che una rivoluzione normativa di così
ampia portata viene conseguita grazie alle decisione degli stessi produttori, ovvero i circa 600 soci del Consorzio. Il Chianti Classico è la prima
denominazione in Italia a puntare
verso l’alto, a decidere di valorizzare
il tutto partendo dalle sue eccellenze
qualitative. Una decisione in controtendenza con quanto avviene nel resto del mondo, con l’obiettivo di stratificare verso l’alto l’offerta enologica
del territorio.
Chianti Classico Gran Selezione:
Carta d’identità
La mia personale degustazione
68 - La Rivista maggio 2014
Come detto, l’Anteprima del Chianti
Classico si è tenuta alla Stazione Leopolda: location affascinante per noi,
un po’ meno per gli stranieri. Basterebbero alcune informazioni in tutte
le lingue per spiegarne la storia della
Stazione e del suo recupero (oltremodo bellissimo). Comunque gli spazi
sono larghi, i tavoli ben distanziati, il
servizio dei sommelier ordinato e veloce. Bravi davvero. I numeri: 142 i
produttori. 270 i vini in degustazione:
48 per la vendemmia 2012; 76 dell’annata 2011; 25 del 2010; 5 del 2009;
30 le riserve dell’annata 2011; 49 le
riserve 2010; 31 le riserve del 2009; 4
le riserve del 2008 e, infine, 2 le riserve
del 2007 + le 33 bottiglie di Chianti
Classico DOCG Gran Selezione.
Come al solito si parte da più giovani ed io ho personalmente degustato tutti i 48 vini del 2012; 28 erano
“prova di botte”. Mi continuo a chiedere che senso abbia fare questi assaggi che si potrebbero fare, volendo,
bicchiere alla mano presso i produttori. Comunque non tutto il male
viene per nuocere, perché anche tra
questi vini qualcuno ne esce e a testa
alta. Ricordiamo che l’annata è stata
una delle più calde degli ultimi anni
e quindi alcolicità alta, estrazioni
abbastanza cariche che però non
hanno fortunatamente influito sui
colori (molta intelligenza in cantina)
e acidità vivide e nervose, non sempre adeguate ad un buon equilibrio
acido/tannico. Profumi netti, puliti,
intensi e balsamici; bocca calda ma
pochi i segni di vini “prugna”. Tra i
miei preferiti: Badia a Coltibuono;
Bibbiano; Castellare di Castellina;
Castello di Fonterutoli; Castello di
San Donato in Perano; Castello di
Vicchiomaggio; Fattoria Le Fonti;
Fattoria San Giusto a Rentennano;
Fèlsina; Monteraponi; Monsanto;
La Rivista
Querciabella; Rocca di Castagnoli;
Rocca di Montegrossi e Ruffino-Santedame.
Tra i 76 vini Chianti Classico DOCG
2011 le preferenze sono andate a: Casale dello Sparviere; Castello di Ama;
Castello di Radda; Castello di Volpaia;
Fietri; Isole & Olena; La Porta di Vertine; Le Cinciole; Nittardi; Panzanello;
Podere la Cappella; Poggerino; Riecine; San Fabiano Calcinaia; Tenuta di
Nozzole; Tenuta San Vincenti; Terrabianca-Scassino; Villa Calcinaia e
Villa Le Corti/Corsini. Già sapevamo
dell’annata 2011, dove il caldo di fine
Agosto e Settembre ha creato non pochi problemi ai viticoltori. Vendemmie
precoci per non portare in casa vino
marmellatosi. I vini pertanto, risultano ben equilibrati, con buona acidità
e tannini che difficilmente avevano
ricevuto dall’uva. Forse qualcuno ha
esagerato con il legno e con estrazioni
troppo lunghe. In considerazione di ciò
si può dire che i vini degustati si possono davvero dimenticare per qualche
anno in cantina, che potrà solo affinarli per quello che manca degustandoli oggi.
Impossibile degustare tutti i vini e pertanto ho dato spazio alle 33 “news”
DOCG Gran Selezione. Poco da dire per
non dire tutto. Critiche a questa nuova
iniziativa non sono mancate, ma diamo tempo al tempo e chiudiamo qui
il discorso. 5 erano i vini dell’annata Gran Selezione 2011 e su tutti un
breve commento: Fattoria di Lamole
– Vigna Grospoli (profumato, bocca
calda e finale con punta amarognola).
Fattoria
Viticcio – Beatrice (fruttato intenso
con balsamicità; buona l’acidità con
tannini ancora ruvidi). I Fabbri (naso
intenso di profumi di sottobosco; in
bocca un bel velluto, piacevole e lungo
nel retrogola). San Vincenti – Tenuta
San Vincenti (una bella novità: piacevole per intensità e freschezza; in
bocca grande armonia e legno appena accennato). Tenuta di Nozzole – La
Forra 2011 (naso boisè, spezie pesanti;
in bocca i tannini sono ancora astringenti, da farsi).
Le mie preferenze tra gli altri in degustazione e solo tra quelli dell’annata 2010 sono andate a: Barone
Ricasoli – Colledilà; Bibbiano – Vigna
del Capannino; Bindi Serigardi – Mocenni Particella 89; Castello d’Albola
– Il Solatio; Castello di Fonterutoli;
Castello di Meleto; Castello di Volpaia – Il Puro; Castello Vicchiomaggio
– Vigna la Prima; Fattoria di Corsignano – L’Imperatrice; Fattoria di
Montemaggio; Fontodi – Vigna del
Sorbo; Lornano; Luiano – Ottantuno;
Rocca delle Macie – Sergio Zingarelli;
San Fabiano Calcinaia – Cellole e Tenuta di Lilliano.
Chianti Classico: la leggenda
Il marchio che da sempre distingue le bottiglie di Chianti Classico è il Gallo
Nero, storico simbolo dell’antica Lega Militare del Chianti, riprodotto fra l’altro
dal pittore Giorgio Vasari sul soffitto del Salone dei Cinquecento, nel fiorentino Palazzo Vecchio. La storiografia di questo simbolo comprende anche una
singolare leggenda ambientata nel periodo medievale. La sua vicenda segnò
in pratica la definizione dei confini politici dell’intero territorio chiantigiano,
perché fu proprio il comportamento di un gallo nero a deciderne il destino. La
leggenda narra che nel periodo medievale, quando le Repubbliche di Firenze
e Siena si combattevano aspramente per prevalere l’una sull’altra, il territorio
del Chianti, proprio perché intermedio alle due città, fosse oggetto di dispute
pressoché continue. Per porre fine alle contese e stabilire un confine definitivo,
venne adottato un bizzarro quanto singolare sistema. Si convenne di far partire
dai rispettivi capoluoghi due cavalieri e di fissare il confine nel loro punto d’incontro. La partenza doveva avvenire all’alba e il segnale d’avvio sarebbe stato
il canto di un gallo. Decisione, quest’ultima, in linea con i costumi del tempo,
quando ancora i ritmi quotidiani erano scanditi dai meccanismi naturali. Nei
preparativi dell’evento doveva pertanto essere decisiva la scelta del gallo, più
che quella del destriero e del cavaliere. I senesi ne scelsero uno bianco, mentre
i fiorentini optarono per uno nero, che tennero chiuso in una piccola e buia
stia pressoché digiuno per così tanti giorni da indurlo in un forte stato di esasperazione. Il giorno fatidico della partenza, non appena fu tolto dalla stia, il
gallo nero cominciò a cantare fortemente anche se l’alba era ancora lontana.
Il suo canto consentì quindi al cavaliere di Firenze di partire Immediatamente
e con grande vantaggio su quello senese, che dovette attendere le prime luci
del giorno, quando il suo gallo, cantando regolarmente, gli permise di partire.
Ma dato il notevole ritardo che aveva accumulato nei confronti dell’antagonista, il cavaliere senese percorse solo dodici chilometri in solitudine, poiché
a Fonterutoli incontrò l’altro cavaliere. Fu così che quasi tutto il Chianti passò
sotto il controllo della Repubblica Fiorentina, molto tempo prima della caduta
di Siena stessa.
maggio 2014 La Rivista - 69
La Rivista
Antica distilleria
Sibona
La storia & la distillazione
L’Antica Distilleria Sibona S.p.A.
è locata nella zona del Roero, nel
Comune di Piobesi d’Alba a pochi chilometri da Alba. Nata un
centinaio di anni fa nella stessa area di una vecchia fornace,
la distilleria si trova al centro
di una importante area vinicola
dove sono coltivati i vitigni dei
più importanti vini piemontesi
: il vitigno di Nebbiolo (da cui
si ottengono i vini Barolo, Barbaresco e Roero nelle rispettive
zone di produzione), ed i vitigni
di Barbera, Dolcetto, Moscato,
Chardonnay, Arneis e Brachetto.
La Sibona è una delle distillerie storiche del Piemonte e possiede la vecchia licenza di distillazione N° 1 rilasciata dall’U.T.F (l’organo della finanza
che sovrintende
a tutte le
70 - La Rivista maggio 2014
operazioni effettuate nelle distillerie );
questo è sinonimo di un grande passato e prestigio.
Una vecchia locomotiva a vapore
Sin dalla sua nascita la Distilleria Sibona si è sempre considerata una azienda
artigianale con produzione di grappe
di monovitigno, tramite distillazione
in corrente di vapore delle vinacce fresche appena portate in distilleria. La
distillazione è iniziata tramite l’utilizzo
di una vecchia locomotiva a vapore che
ha successivamente lasciato spazio ad
alambicchi in rame. Le vinacce vengono distillate fresche, al momento del
loro arrivo in distilleria, accorgimento
che permette di estrarre ancor di più i
profumi e gli aromi della vendemmia.
Oltre all’attenta selezione delle migliori vinacce della zona, le grappe raggiungono la loro elevatissima tipicità e
nobiltà grazie ad accorta distillazione,
al costante adeguamento e miglioramento dell’impianto, all’esperienza di
tre enologi impegnati da diversi anni
nel campo dei distillati, all’eliminazione di teste e code, ed infine ad un
lungo periodo di invecchiamento principalmente in tonneau, che oltre a renderle morbide e piacevoli le arricchisce
ancor più in aromi e complessità.
Ultimamente sono stati fatti diversi
investimenti atti a consolidare l’organizzazione commerciale e soprattutto
la produzione ed infatti dal 2003 la
Distilleria, pur rimanendo sempre nel
comune di Piobesi d’Alba, si è trasferita in una nuova struttura, studiata in
ogni particolare; mentre è stata recentemente costruita la nuova cantina invecchiamento che ha permesso di ampliare in numero le botti in legno tra
cui le speciali botti di Porto, Madeira
e Sherry e Tennessee Whiskey da cui
derivano alcune delle nostre speciali
grappe riserva.
Una novità assoluta nel mondo
della Grappa
La Distilleria Sibona, Storica distilleria è
presente anche sul mercato svizzero con
il suo nuovo e prezioso gioiello: Grappa
XO (eXtra Old ), una novità assoluta nel
mondo della Grappa.
Una grappa che deriva dalla distillazione di una cuvée dei migliori vitigni
di Langa e Roero (Barbera e varietà di
Nebbiolo) invecchiata in seguito oltre
6 anni in tonneau. XO significa infatti
“extra old” ed è l’appellativo riservato ai
migliori distillati, a condizione che siano
invecchiati in legno per almeno 6 anni,
giungendo a una maturazione ottimale.
Nuovo look per le riserve Millesimate
Le preziosa linea delle riserve Millesimate Sibona assume un nuovo look
più elegante ed attraente. Gli speciali
decanter, infatti, sono state ridisegnati
e arricchiti con il logo dell’azienda in
rilievo sul vetro, stessa cosa per le cassette legno più uniformi ed eleganti.
Ogni confezione è inoltre fornita all’interno di una pergamena su cui oltre a
diverse notizie sul prodotto viene indicato il numero della bottiglia in questione e l’anno di imbottigliamento.
Il tutto si accompagna a grappe dal
lunghissimo invecchiamento che rappresentano l’indiscusso apice qualitativo della Distilleria Sibona, un esperienza sensoriale unica e inimitabile.
(www.distilleriasibona.it)
La Rivista
Convivio
di Domenico Cosentino
A Civita, nel Cuore
del Parco del Pollino
Dove, ancora oggi, i costumi, la lingua e il cibo,
parlano Arbëresh
A Cosenza, l’antica capitale dei Bruzi, oggi il più vivace
e importante centro economico della Calabria e base
principale per le escursioni nella Sila Grande e il Parco del
Pollino, il 25 ottobre 2013, nello storico Palazzo di Piazza
XV marzo, si è inaugurata la prima Enoteca Regionale
Provinciale. In quella occasione, alla presenza di migliaia di
persone che hanno partecipato all’evento, il Presidente della
Provincia di Cosenza, Gerardo Mario Oliverio, nel tagliare
il nastro, tra le altre cose, aveva affermato: “Nasce oggi,
nel Palazzo della Provincia di Cosenza, la prima enoteca
regionale da noi pensata come il tassello di una rete che ci
auguriamo possa vedere protagonisti anche altri territori
della Calabria. L’Enoteca – aveva poi concluso il Presidente intende avere una funzione di divulgazione ed informazione
sulla viticultura calabrese attraverso i vini, che grazie al
lavoro appassionato di tanti viticultori, la nostra regione in
questi ultimi anni, ha realizzato importanti traguardi nel
settore enologico, proponendo vini di altissima qualità che
hanno saputo affermarsi a pieno titolo tra le eccellenze
dell’enologia italiana”.
marzo, dunque, in attesa che iniziasse il convegno nella
moderna sala, pensata a supporto alle numerose attività
dell’enoteca, il viaggiatore goloso ha fatto un giro fra gli
scaffali integrati negli eleganti arredi in cui primeggia il
legno, che contengono più di 1600 bottiglie e che esaltano
al meglio le etichette della produzione cosentina e della
intera regione.
Puntare sulla qualità e non sulla quantità
Dopo l’introduzione di Raffaello Senatore, direttore generale
dell’azienda, che ha voluto fortemente il convegno, il
giornalista della RAI, Antonio Lopez, che coordinava i lavori,
ha dato la parola al viaggiatore goloso, in quell’occasione
presente in qualità di “Santo Bevitore”, che ha approfondito
gli aspetti storici della viticultura. “La Calabria del vino
è in crescita – ha affermato il Santo Bevitore – e a tal
Terroir vitivinicolo tra tradizione, cultura
e innovazione
Ed è proprio qui, in questo nuovo “Tempio dell’Enologia
Calabrese”, che il viaggiatore goloso per il 10 di marzo,
è stato invitato a partecipare ai lavori di un convegno
organizzato dalla Senatore Vini, dove si è parlato del
“Il Terroir Vitivinicolo Calabrese tra Tradizione Cultura e
Innovazione”.
Il viaggiatore goloso conosce i Fratelli Senatore, Viticultori
da quattro generazioni, ormai da anni. Azienda di grande
competenza e passione, oltre a coltivare i vigneti di San
Lorenzo, Corfu Vecchiu e Corfu Novu nell’ambito della
DOC Cirò in sintonia, in equilibrio e rigoroso rispetto
dell’ambiente, “fanno” da sempre, eccellenti vini, ottenuti
da uve autoctone e internazionali nel loro patrimonio
aziendale che è rappresentato da 40 ettari di cui 30 circa
vocati a vigna con produzione di vini DOP e IGP. Quel 10
Il Direttore della Senatore Vini
consegna una targa ricordo al Santo Bevitore
maggio 2014 La Rivista - 71
proposito è da lodare lo studio condotto dalla Regione
Calabria finalizzato a conoscere le peculiarità ambientali e
a definire alcuni modelli produttivi identicativi. È necessaria
una valorizzazione della “vigna” calabrese attraverso una
viticoltura tradizionale, ma anche moderna e innovativa, che
punti sulla qualità e non sulla quantità”.
Sul valore della viticoltura calabrese si sono anche soffermati
il direttore del Quotidiano Matteo Cosenza, il presidente
dell’AIS Calabria Gennaro Convertini, e Rosario Branda,
presidente dell’Assapori. Le conclusioni del convegno sono
state affidate al “padrone di casa”, il Presidente della
Provincia Mario Oliverio, che ha voluto ricordare quanto è
uova peperone e cotiche
stato fatto per la valorizzazione dei vini calabresi, e quanto
“cammino dobbiamo ancora da fare, perché malgrado la
qualità dei prodotti e del gran lavoro svolto, non siamo
ancora presenti su molti mercati. E in Calabria, dove la vigna
e il vino hanno fatto storia, non esiste, purtroppo, la cultura
del bere bene e non si consumano vini calabresi”.
Da Saracena, Terra di Moscato…
Luigi viola, produttore del Moscato di Saracena
72 - La Rivista maggio 2014
Dopo il convegno, tutti in sala degustazione. Il Santo
Bevitore, però, stanco ed esausto per il lungo viaggio e la
lunga nottata, ha preferito andare a dormire, anche perché
l’indomani era atteso a Saracena da Luigi Viola, un vignaiolo
autentico, che nel Parco Naturale del Pollino, rappresenta la
storia del “Moscato di Saracena”.
Ed è stato così che di buon mattino, il viaggiatore goloso,
anche se il tempo si era messo al brutto, fatta la prima
colazione, si è messo al volante della sua automobile e,
percorrendo la Reggio Calabria-Salerno, ha puntato verso
Nord. È passato per Castrovillari e, in meno di un’ora, ha
raggiunto Saracena situata a 606 m. s.l.m. Ad attenderlo
in cantina, Luigi Viola stesso con i sui due figli: Claudio
ed Alessandro. Un vignaiolo umile, questo Viola. Uno che
conosce bene la sua piccola vigna e che produce un vino da
meditazione che stava scomparendo e che adesso grazie al
duro lavoro e la caparbietà di Luigi è tornato ad occupare un
posto di rilievo nel panorama vitivinicolo di tutto il meridione.
Premiato con i tre bicchieri per 6 ani consecutivi dalla guida
del Gambero Rosso, questo Blend di moscato, guarnaccia e
malvasia, durante la degustazione, al Santo bevitore, alla
vista, si è presentato limpido, con un colore giallo ambrato
lucente. Intenso al naso, dove sono emersi sentore di mele,
albicocche e fichi secchi. In bocca, infine, con un bouquet di
eleganza straordinaria, dove alle dolci note di frutta tropicale
e fichi secchi si sposano – in perfetta armonia – note floreali
di rosa appassita, di lavanda e agrumi. Lunghissimo il finale,
il Moscato di Saracena si va a nozze con pasticceria secca o
formaggi stagionati o erborinati.
La Ricetta
Strangule me Neneze
(Cavatelli al pomodoro e Neneze)
Ingredienti per 4 persone:
- 500 g di farina,
- due uova,
- acqua,
- sale,
- 1 litro di passata di pomodoro,
- 40 g di olio extravergine d’oliva,
- una cipolla,
- 400 g di ricotta fresca di pecora e capra,
- 400- 500 g di Neneze
(Erbetta della famiglia delle orticacee, che cresce spontanea sui prati del Parco del Pollino),
- 50 g di ricotta stagionata da grattugiare.
fritelle con la ‘nduja
…a Civita, il Paese Arbëreshë incastonato tra le rocce
Come previsto, si è messo a piovere. Ma il viaggiatore
goloso che non è tipo che si scoraggia al primo scroscio e
ritornato indietro e puntando verso Est, dopo Castrovillari, è
stato accolto da un piccolo paese incastonato tra le rocce,
uno dei Paesi più belli della Calabria, così definito per le
immense montagne che circondano la sua vallata, Civita è
uno scrigno che custodisce le antiche tradizioni del popolo
Arbëreshë (Albanese) che, alla fine del XV secolo s’insediò
nella contrada Castrum Sancti Salvadoris, oggi Civita.
Arrivando in Paese, molti gli aspetti e gli elementi d’interesse
hanno attratto la curiosità del viaggiatore goloso: Il ponte del
diavolo (costruito dal diavolo in una sola notte!), Il Canyon
o le Gole del Raganello, le case in pietra del centro storico
con i loro comignoli, chiamate “Case Kodra”, la fontanella
rivestita in pietra grigia e la chiesa Madre di Santa Maria
Assunta di rito greco con i suoi preziosi mosaici, situata
nella piazza del paese e costruita nella metà del 1660. E non
ultimo, l’osteria Kamastra di Enzo Filardi, che dopo la laurea
in legge, ha messo il diploma in un cassetto e ha preferito
dedicarsi al suo locale dove propone una cucina che esprime
tanto la tradizione culinaria della cultura Calabro-albanese.
Seduto attorno ad un elegante tavolo, il viaggiatore goloso
ha iniziato il suo pranzo con un antipasto misto di affettati
del Pollino: Prosciutto crudo di maiale nero, capicollo
civatese e soppressata Arbëreshë. Ha proseguito con fette
di pecorino-caprino civatese, le rapisà (erbe del pollino
saltate in padella), le frittelle alla nduja e la peperonata del
pastore(una zuppetta di peperoni, cipolla, pomodori, uova
fresche e cotiche di maiale). Ha continuato con un piatto
arcaico della tradizione pastorale arbëreshë:”Strangule me
Neneze”(Cavatelli con erbette del Polino), poi il cinghiale
stufato con patate arrosto, come secondo e, per concludere
i Krustull, che sono dei grossi gnocchi aromatizzati alla
cannella, farciti con miele. Enzo ha “innaffiato” il pranzo,
prima con un Rosso, iö Ricupo igt Esaro del 2005 dell’Azienda
Cantine Farneto del Principe di Altomonte(CS) e sul dolce ha
servito un bicchiere di Moscato di Saracena della Cantina
Viola, Saracena (CS) , senza dimenticare di augurarci : ”ju
bëftë mirë!”, Buon pro vi faccia!
Come li ha preparati lo chef Algieri:
Ha preparato prima i cavatelli, impastando la farina con le uova
, l’acqua e un pizzico di sale, fino ad ottenere un impasto omogeneo e morbido. Ha formato tanti bastoncini, li ha tagliati a
pezzetti di 2 cm. Li ha incavai con le dita, usando l’indice e il
medio. In un tegame con l’olio d’oliva e la cipolla affettata, ha
unito la passata di pomodoro, la ricotta e ha fatto cuocere per
10 minuti circa. A parte ha lessato, per alcuni minuti in acqua
salata, le foglioline della neneze. Ha lessato anche i cavatelli.
Li ha scolati, versati nella padella con la passata di pomodoro
e la ricotta, ha aggiunto le erbette, ha amalgamato il tutto, e
li ha serviti a tavola ancora fumanti, dopo averli spolverati con
ricotta stagionata.
Il Vino:
Il Rosso Ricupo, Cantine Farneto del Principe, Altomonte (CS).
Enzo Filardi grattugia la ricottina sulla pasta alla pastora (ricetta)
maggio 2014 La Rivista - 73
Vola in Europa da
109 CHF
Da Zurigo a
FIRENZE
TORINO
VERONA
GINEVRA
DUSSELDORF
LIPSIA
LIONE
LINZ
etihadregional.com
La Rivista
Motori
di Graziano Guerra
Nuova Vespa Sprint 125cc
Il filo rosso della leggenda
L’agile scooter continua sulla scia del successo che la
Marca ha vissuto negli ultimi 10 anni, passando da circa
60.000 unità l’anno nel 2004 a circa 190.000 nel 2013.
Un successo continuo che arricchisce l’ultra milionario
parco veicoli Vespa nei suoi quasi 70 anni di storia.
Le particolarità stanno nei dettagli, come i filetti rossi sulla
cravatta anteriore, la S rossa del logo “Sprint”, la sella di
taglio speciale, la fiancata bella liscia e filante, che più Vespa
non si può. È d’acciaio; sul manubrio, di nuova concezione,
la sola plastica concessa. La strumentazione è di facile lettura, unico neo: le verdi spie delle frecce dovrebbero essere
più luminose. Se piace la linea, piaceranno pure le sensazioni in sella, sicuri? Certo, perché la nuova Sprint è sicura in
tenuta e in frenata, la prova del nove è arrivata
sui sanpietrini delle strade romane in un giorno
di pioggia, e il motore è sempre di pronta
risposta.
La nuova Vespa Sprint si presenta
con
il
faro
trapezoidale che aveva il primordiale modello del 1965, ma
«sotto» è tutta un’altra cosa. Scocca di acciaio e un moderno
ottavo di litro 3 valvole, 4 tempi. La nuova «Sprint» arriva
dotata delle tecnologie più moderne del Gruppo. La scocca
è di acciaio, come tutte le ultime Vespe, e le ruote sono
da 12 pollici (la Primavera le ha da 11”) con cerchi in
lega di alluminio. È molto evidente il riferimento alla
Vespa Primavera, presentata a Swiss-Moto in prima
svizzera lo scorso febbraio, che ha sostituito la Lx.
Migliorata in tutto, la Sprint si distingue in particolare per
l’ergonomia meglio studiata e la nuova distribuzione dei pesi,
oltre a uno spazio sottosella che raggiunge ora i 16,6 litri. Il
motore è l’avanzatissimo monocilindrico 4 tempi 125cc con
distribuzione a 3 valvole e iniezione elettronica.
La nuova Vespa Sprint si potrà scegliere dai concessionari
ufficiali nei colori Montebianco, Rosso dragon, Nero lucido,
al prezzo di 5’395 franchi; da maggio pure nella versione con
ABS, un po’ più cara, costa infatti 5’995 franchi.
Vespa Sprint 125 cc – Dati tecnici
Motore: Monocilindrico 4 tempi a iniezione elettronica
Cambio: Variatore automatico CVT con asservitore di coppia
Struttura portante: Scocca in lamiera di acciaio con rinforzi strutturali saldati
Sospensioni: Anteriore: monobraccio con molla elicoidale e monoammortizzatore doppio effetto.
Posteriore: molla elicoidale con precarico regolabile in 4 posizioni
e monoammortizzatore idraulico a doppio effetto
Cerchi: in lega di alluminio pressofusa: ant. 2,50x12”; post. 3,00 x12”
Pneumatici: Tubeless: ant. 110/70-12”; post. 120/70-12”
Lunghezza/larghezza: 1.860/735 mm
Altezza sella: 790 mm
Passo: 1.340 mm
Capacità serbatoio carburante:
8 litri
Emissioni gassose e acustiche: Omologata secondo Multidirettiva Euro3
maggio 2014 La Rivista - 75
La Rivista
Auto Moto
News
Jorge Lorenzo
Eccezionale Alfa Romeo Fan
Jorge Lorenzo, il pluricampione spagnolo sarà l’eccezionale ‘Alfa
Romeo Fan’ per tutto il 2014. Un connubio vincente tra uno dei
piloti più conosciuti e apprezzati a livello internazionale e il marchio del Biscione che esprime al meglio lo stile e l’esperienza
motoristica italiana uniti a uno spirito unico e vincente fatto di
Opel ADAM VR/46 LE
La serie speciale firmata Valentino Rossi
Il testimonial di ADAM, Valentino Rossi, ha voluto apporre la
sua firma sulla chic urban car by Opel dando così vita alla serie
Addio a Massimo Tamburini
Ha disegnato le moto più belle del mondo
Dopo una lunga malattia si è spento lo scorso aprile all’età di
70 anni Massimo Tamburini, riconosciuto come il più grande
designer di moto al mondo. Tamburini è stato per più di 13 anni
a capo del centro di ingegneria e di progettazione MV Agusta Centro Ricerche Castiglioni di San Marino, a cui ha dedicato una
significativa parte della sua carriera, progettando con Claudio
Castiglioni le moto Cagiva, Ducati e MV Agusta, riconosciute
76 - La Rivista maggio 2014
sfide e competizione. Passione, dedizione, massima attenzione
alla tecnologia e alla meccanica, cura del dettaglio per ottenere
sempre il meglio: sono questi i valori che Jorge Lorenzo condivide
con Alfa Romeo e per i quali ha iniziato questa nuova importante
collaborazione. Jorge ha girato uno spot di 30” che propone un
susseguirsi d’immagini e suoni a ritmo serrato: la notte subentra al giorno, le strade metropolitane terminano su un circuito
dove sullo sfondo s’intravede la Yamaha YZR-M1 di Lorenzo. Alcune scene del filmato sono state girate sulla pista del Centro
Sperimentale di Balocco dove il 4 volte campione del mondo ha
potuto provare in anteprima la nuova Giulietta Riders. Alla fine
della sessione Jorge Lorenzo ha dichiarato: «Giulietta Riders è
un’auto da città e da viaggio, non da corsa, ma ti ci puoi divertire
tantissimo, soprattutto sulle curve, grazie al sistema DNA che ti
permette un settaggio sportivo della vettura togliendo il controllo di trazione. È un’automobile molto comoda all’interno mentre
l’esterno rappresenta lo stile Alfa Romeo, allo stesso tempo molto elegante, moderno ma sportivo; questo mi piace molto!».
In alcune tappe del Mondiale SBK Superbike 2014 - di cui Alfa
Romeo è Top Sponsor - Lorenzo porterà in pista la supercar Alfa
Romeo 4C nominata quest’anno Safety Car e Official Car
speciale VR|46 Limited Edition: una versione dai tratti marcatamente distintivi. Il pluricampione del mondo ha potuto dare
libero sfogo alla sua fantasia e personalizzare la vivace tre
porte, facendosi “guidare” dai suoi gusti e passioni. La serie
VR|46, ideata sulla base di ADAM SLAM, la personalità sportiva di ADAM, vanta elementi unici come la finitura del tetto,
disponibile a scelta tra nero carbon, nero opaco e grigio opaco,
che abbinate a quattro colori degli esterni - nero metallizzato,
giallo, rosso e bianco - permettono di comporre ben 12 look
diversi. A completare la livrea, il logo VR|46 - rigorosamente
nel colore di Valentino: giallo fluo – impresso sui montanti e
sul battitacco nero lucido. “Opel ADAM mi ha convinto subito:
e non solo per le linee, gli accessori, la tecnologia. Trovo davvero divertente la possibilità di poterla personalizzare con mille
varianti, ho provato tante combinazioni diverse: non so quante
siano, ma di sicuro abbastanza da potersi togliere qualche soddisfazione” – ha commentato Valentino Rossi.
come le più belle al
mondo. Tra queste
i cultori del motociclismo annoverano innanzitutto le
eccezionali Ducati
916, MV Agusta F4
e Brutale.
Nella foto:
C. Castiglioni (sin.)
e M. Tamburini con
la F4.
Protagonista nei Trofei
Abarth 2014
Consegnate le Abarth 695 Assetto
Corse Evoluzione
Sono state consegnate a Torino, ad aprile nella sede Abarth, le
prime 23 Abarth 695 Assetto Corse Evoluzione, che affiancheranno le Abarth 500 Assetto Corse e le Abarth 695 Assetto Corse
nei Trofei Abarth 2014. Tra le vetture consegnate ai Team, dieci
esemplari sono nuovi mentre i rimanenti sono stati aggiornati
Made in Italy vincente
Il team SHARP ha assegnato le 5 stelle
di sicurezza al casco GT Veloce di AGV
Safety Helmet and Assessment Rating Programme (SHARP) è un
programma, iniziato nel 2007 dal Dipartimento dei Trasporti inglese, che ha l’obiettivo di fornire a tutti i motociclisti una valutazione
indipendente sulla sicurezza di molti dei caschi oggi in commercio. Una ricerca del Dipartimento ha dimostrato che si potrebbero
Spirito Harley-Davidson
senza confini
Dopo India e Africa gli eventi internazionali H.O.G. 2014 approdano in Europa
Chilometri e chilometri da percorrere, mete da sogno in attesa di
essere esplorate, l’immancabile profumo dell’amicizia e all’arrivo
una grande accoglienza come solo Harley-Davidson sa regalare.
Questa la ricetta del club ufficiale H.O.G. (Harley Owners Group):
vivere e condividere la passione attraverso il viaggio, breve o lungo
che sia. Anche quest’anno Harley-Davidson propone un fitto calendario di eventi internazionali H.O.G., molti dei quali aperti a tutti
i motociclisti, che raccoglie le date dei più bei raduni in Europa.
Le destinazioni sono varie e abbracciano indistintamente le grandi
capitali, le città marittime, piccole province celate dalla natura e
siti storici. Il percorso 2014 degli eventi H.O.G. è già iniziato con la
prima tappa che si è tenuta a Goa, in India dal 17 al 18 gennaio.
Un’inaugurazione di stagione che ha visto migliaia di appassionati prendere parte alla seconda edizione di India Bike Week, unico festival locale dedicato ai motori e alla musica. Evento seguito
dai tecnici Abarth, in modo
da assicurare le stesse prestazioni per ogni pilota. La
nuova versione Evoluzione
presenta un motore potenziato, il 1.4 T-Jet, che passa da 200 a 215 CV a 5250
giri/minuto, con una diversa
curva della potenza disponibile, ancora più “racing”. La
Abarth 695 Assetto Corse
Evoluzione, nei numerosi
test cui è stata sottoposta, si è dimostrata più performante del
modello precedente, offrendo al pilota la sensazione di una guida
ancora più professionale.
salvare 50 vite ogni anno se
tutti i motociclisti indossassero solo caschi con punteggi
elevati della classifica SHARP.
GT Veloce di AGV ha ottenuto le 5 stelle anche grazie
al rivoluzionario sistema di
progettazione che parte dai
componenti a diretto contatto con la testa per raggiungere via via la calotta esterna. Il GT veloce è predisposto per un utilizzo GT e Sport Touring.
ai primi di maggio a Margate in Sud
Africa, e dall’elegante e intramontabile Euro Festival, Golfe de Saint Tropez
(8-11 maggio). Quest’ultimo, insieme
all’European Bike Week di Faaker See
(2-7 settembre), rappresenta uno dei
raduni più amati dal mondo H.O.G., da
diversi anni forte richiamo anche per
tutti gli appassionati di altre fedi motociclistiche. Imperdibile appuntamento sarà inoltre il Croatia Harley Days
inc European H.O.G. Rally, Biograd, in
programma dal 12 al 15 giugno. Un
evento che nel 2011 ha registrato l’affluenza di oltre 65.000 partecipanti. Unico nel suo genere per portata e partecipazione è il
World Ride (23-24 giugno) ovvero una due giorni che vedrà frotte
di motociclisti solcare contemporaneamente le strade di tutto il
mondo. Ogni chilometro percorso sarà registrato nel sito dell’evento e attraverso un contachilometri digitale, verrà calcolata la distanza collettiva percorsa da tutti i rider. L’obiettivo sarà superare il
risultato dello scorso anno: 30.280 partecipanti e 10MM di strada!
L’anno di grandi eventi internazionali si concluderà nella soleggiata
Mallorca, Spagna, con la Bike Week che andrà in scena dal 3 al 9
novembre. Dettagli su date e location sono disponibili on line sul
sito www.harley-davidson.it oppure www.hogeuropegallery.com.
maggio 2014 La Rivista - 77
La Rivista
Starbene
L’ora legale non è
un problema per la salute
L’ora legale è un falso problema per la salute. A ridimensionare
i molti allarmi che annualmente si ripetono, è il prof. Francesco
Peverini, direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca e
la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus, che sdrammatizza i “presunti effetti sfavorevoli legati all’introduzione dell’ora legale,
divenuti più un’astrazione che un vero problema. La questione
dell’adeguamento del nostro orologio biologico all’ora legale,
che si ripresenta appena la nuova ora subentra a quella solare,
modificando temporaneamente alcune abitudini quotidiane, è
infatti meno complessa e negativa di quanto si voglia far credere. La variazione di un’ora, infatti, è quasi impercettibile per il
nostro corpo: viene assimilata in brevissimo tempo e annullata
dalla quotidianità”. Secondo Peverini, “ritmi di vita e timori di
crisi ci hanno assuefatto a convivere con dosi elevate di stress
e a trovare rapidamente soluzione a molte situazioni difficili
(come il lavoro a turni), per cui lo slittamento di un’ora delle
lancette dell’orologio ormai rientra, anzi ricade, intollerabili
‘scossoni quotidiani’”. “Ora legale a parte”, ha aggiunto, “non
viene invece sottolineata l’esistenza di una più grave e generale
mancata presa di coscienza della rilevanza sociale e sanitaria
dei disturbi del sonno, in particolare dell’Osas (sindrome delle
apnee ostruttive in sonno), che costituiscono un considerevole
capitolo di spesa e che sono anche alla base dei micidiali colpi
di sonno al volante”. “Per queste patologie - ha proseguito Peverini - spendiamo ogni anno diversi miliardi di euro, da tre a sei
secondo stime molto difficili da effettuare. Non si conosce neppure con esattezza la percentuale di soggetti affetti in Italia da
apnee notturne; né si investe nella prevenzione e nella terapia
di questo disturbo. Anzi, c’è la tendenza a minimizzare culturalmente il problema e a spostare l’attenzione su aspetti legati
al benessere del singolo, mentre secondo gli ultimi studi internazionali le percentuali di incidenza della sola Osas sembrano
essere in realtà molto più alte di quanto ritenuto finora - fino
al 10% delle donne e 20% degli uomini, con punte fino al 30%
nel caso di soggetti con più di 45 anni – con una sorprendente
correlazione con la bassa condizione socio-economica”.
Pomodori verdi
per muscoli d’acciaio
Altro che body building e palestra. Per sviluppare bene i muscoli
e combattere l’atrofia muscolare, basterebbero i pomodori non
maturi. Il suggerimento arriva da alcuni ricercatori dell’Università dello Iowa che, dopo avere identificato alcuni composti della
78 - La Rivista maggio 2014
buccia della mele come agente di potenziamento muscolare,
ha trovato che anche i pomodori possono essere sfruttati allo
stesso scopo. L’agente responsabile si chiamerebbe Tomatina e
sembra essere persino più efficace della buccia della mela.
L’atrofia muscolare può essere causata dall’invecchiamento
o da moltissimi tipi di malattia tra cui insufficienza cardiaca,
cancro o lesioni di tipo ortopedico. Le persone divengono subito
deboli e stanche, e l’attività fisica viene particolarmente compromessa, così come il proprio stato di benessere psicofisico e
la qualità della vita. Tale condizione, inoltre, aumenta il rischio
di cadute o fratture. Le persone più colpite generalmente hanno
più di sessant’anni e, nei casi più gravi, si è costretti a vivere
in case di cura o passare parecchio tempo nelle strutture di
riabilitazione. Per tale motivo gli studi si sono concentrati nella
ricerca di una sostanza che potesse aiutare queste persone a
vivere più serenamente.
Attraverso lo studio della Tomatina, utilizzando uno strumento
di biologia dei sistemi chiamato “Connectivity Map”, sviluppato
dal Broad Institute del MIT e dell’Harvard School. si è potuto
scoprire che la sostanza è in grado di generare cambiamenti
nell’espressione genica. Sostanzialmente, l’opposto dei cambiamenti che si verificano nelle cellule muscolari quando le persone
sono affette da atrofia muscolare.
Il team di ricerca ha quindi scelto di testare gli effetti della Tomatina sul muscolo scheletrico. In primo luogo ha scoperto che
la sostanza stimola la crescita delle cellule muscolari umane
coltivate. Successivamente, ha provato ad aggiungere la Tomatina nella dieta dei topi da laboratorio. Dai risultati è emerso
che i topi che hanno assunto supplementi di Tomatina hanno
sviluppato muscoli più massicci e sono diventati anche più forti,
con maggior resistenza muscolare.
Ma la parte più entusiasmante è stata la scoperta che questa
sostanza è stata in grado di prevenire e curare l’atrofia muscolare. I risultati complete dello studio sono stati pubblicati sulla
versione online sul Journal of Biological Chemistry.
Mandorle salubre
alternativa ai piccoli snack
Che sia mattina o pomeriggio, non c’è niente di meglio di un
piccolo snack per tappare quel buco che si fa sentire nello
stomaco. Tuttavia, seppur pratici, certi spuntini che si trovano
in commercio, spesso non fanno bene alla salute, soprattutto
se li consumiamo quotidianamente.
Vi sono delle alternative indubbiamente più salutari che
possiamo portare sempre con noi, con il vantaggio che non
aumentano neppure il peso corporeo. Una di queste è rappresentata dalla frutta secca come le mandorle, che oltre a contenere preziose vitamine (come la E) e grassi monoinsaturi,
offrono diversi benefici per la salute.
Lo afferma uno nuovo studio pubblicato recentemente sul
Journal of Clinical Nutrition che indica la dose di circa 45
grammi di mandorle tostate come un ottimo metodo per ridurre il senso di fame e aumentare il proprio stato di benessere.
Uno studio clinico randomizzato condotto dai ricercatori della Purdue University ha perciò scelto di analizzare gli effetti
sulla salute e sul peso dei classici spuntini già pronti.
A motivo di ciò, sono stati reclutati 137 partecipanti ad alto
rischio diabete di tipo 2, poi suddivisi in cinque gruppi. Il primo non avrebbe dovuto assumere nessun tipo di noci e semi;
il successivo avrebbe dovuto seguire una colazione a base di
mandorle (45 grammi circa) e un altro gruppo la stessa quantità
durante la cena. Un ulteriore gruppo consumava uno snack la
mattina e, un altro ancora, 1,5 once (ca 45 gr.) di mandorle tra
un pasto e l’altro. Gli spuntini dovevano essere consumati entro
due ore dall’ultimo pasto o un paio di ore prima del seguente.
Per il resto, tutti i volontari, potevano seguire la loro dieta normale
senza preoccuparsi neppure dello stile di vita o dell’attività fisica.
Dalla valutazione compiuta sia sul tipo di alimentazione seguita, sia analizzando a digiuno i livelli nell’organismo di vitamina E, è emerso che nonostante siano state assunte oltre
250 calorie in più attraverso le mandorle non vi è stato alcun
aumento di peso nelle successive quattro settimane. Secondo
gli studiosi la ricerca suggerisce che le mandorle possono essere una buona opzione per la merenda, specialmente per le
persone interessate al peso corporeo. Se l’assunzione giornaliera di energia non è aumentata, sono stati segnalati livelli di
fame e desiderio di mangiare ai pasti successivi notevolmente
ridotti, in particolare quando le mandorle sono state consumate come spuntino. È tuttavia da annotare che lo studio non
sia stato eseguito a lungo termine al fine di osservare l’effetto
del consumo di mandorle nel tempo.
I legumi riducono
il colesterolo ‘cattivo’
Mangiare tutti i giorni legumi può abbassare significativamente
i livelli di colesterolo LDL o “cattivo”. È quanto emerge da una
recente ricerca canadese. Non è importante quali legumi scegliate, siano essi piselli, ceci, fagioli o lenticchie, vanno tutti bene,
purché prendiate la sana abitudine di consumarli ogni giorno.
Purtroppo in Italia, così come in altri Paesi, non è consuetudine assumere legumi in buone quantità; anzi, si è più propensi a mangiare un bel piatto di pastasciutta. Il classico piatto di
lenticchie viene relegato alle feste di fine anno o a pochi pasti
invernali. Invece ciò che può fare davvero la differenza è il consumo abituale.
Lo studio, coordinato dal dottor John Sievenpiper della divisione di Nutrizione Clinica dell’ospedale e Risk Factor Modification
Centre, mette in evidenza come una porzione quotidiana di questo genere di cibo possa apportare cambiamenti positivi ai livelli
di colesterolo LDL. Ciò si potrebbe tradurre nella riduzione del
5-6% di rischio di malattie cardiovascolari, ancora troppo diffuse.
La ricerca, pubblicata sul Canadian Medical Association Journal,
mostra come siano sufficienti 130 grammi o ¾ di tazza al giorno
di legumi per fare la differenza per la salute cardiovascolare. Per
mangiare sano non c’è bisogno di andare a scovare chissà quali
cibi esotici, ci sono infatti molti buoni legumi italiani, come per
esempio i fagioli di Controne (Salerno), di Bagnasco (Cuneo), i
Borlotti di Lamon (Belluno), Le lenticchie di Villalba (Caltanissetta), La Roveja - una sorta di ceci - di Civita di Cascia (Perugia), la
cicerchia di Serra Dei Conti (Ancona) o i Ceci di Pisa.
Lo studio del Dottor Sievenpiper, per arrivare a tali conclusioni,
ha esaminato 26 studi randomizzati e controllati che hanno preso in considerazione oltre mille partecipanti..
Tenere sotto controllo
del colesterolo riduce
il rischio di demenza
Tenere sotto controllo il colesterolo – e in particolare quello
cosiddetto cattivo, o LDL – pare riduca in modo significativo il
rischio di sviluppare una forma di demenza.
A venire in aiuto di questo concetto di prevenzione sarebbero le
statine, i controversi e dibattuti farmaci anticolesterolo. Questo
tipo di terapia è stata tuttavia trovata essere efficace da uno
studio pubblicato sull’International Journal of Cardiology.
Sono stati i ricercatori della National Taipei Medical University e della National Yang-Ming University di Taiwan, ad aver
trovato nelle statine un valido aiuto nel ridurre fino al 25%
il rischio di sviluppare la demenza, quand’anche un possibile
declino cognitivo e la malattia di Alzheimer.
I risultati dello studio suggeriscono dunque che vi possa essere
un ruolo importante del colesterolo in questo tipo di disturbi.
In più, pare che l’effetto sia dose-dipendente, ossia più alto
era il dosaggio di statine e più lungo era il periodo di trattamento, più si allontanava il rischio.
Nello specifico, i ricercatori hanno trovato che da un uso regolare, intrapreso in qualsiasi momento, il rischio di soffrire
di problemi al cervello si riduceva in media del 22%, rispetto
alle persone che non assumevano le statine. Tra i due sessi, ad
avere la meglio sarebbero però le donne, che in questo caso
vedono ridursi il rischio in media del 24%.
La possibilità che vi sia un’associazione tra il controllo del
colesterolo e un rischio più basso di demenza è stata anche
confermata da altri studi condotti su popolazioni di altri Paesi,
supportando quindi questi nuovi risultati.
In definitiva, livelli corretti di colesterolo fanno bene sia alla
salute cardiovascolare – che quando non c’è, ricordiamo, è la
principale causa di morte nel mondo occidentale – che alla
salute del cervello. E, a proposito di cervello e memoria, non
dimentichiamocelo la prossima volta che siamo tentati di seguire una dieta scorretta e ricca di grassi nocivi.
maggio 2014 La Rivista - 79
L A
C O N V E N I E N Z A
F O R Z A
È
L A
N O S T R A
M O T R I C E .
P i ù d i s p a r a t i s o n o i s e t to r i d ’i m p i e go e l e m e r ci d a t r a s p o r t a r e , p i ù a m p i a è
l a n u ov i s s i m a g a m m a d i m e z z i I ve co: co n g l i i n n u m e r evo l i m o d e l l i d i s p o n i b i l i – d a l
f u r go n e d i s u cce s s o DA I LY a l l ’a u to c a r r o S T R A L I S – of f r e i nf a t t i s o l u z i o n i
s u m i s u r a e q u i n d i d av ve r o co nve n i e n t i p e r og n i i n c a r i co d i t r a s p o r to . Pe r og n i c a r i co
e og n i d e s t i n a z i o n e , I ve co co nv i e n e s e m p r e .
I V E CO (Sv i z ze r a) S A , O b e r fe l d s t r a s s e 16 , 83 0 2 K l o t e n , t e l . 0 4 4 8 0 4 7 3 7 3 , w w w. i ve co . c h
La Rivista
Mondo
in Fiera
Vinitaly 2014- Fiera Internazionale
del vino e dei superalcolici
Confermata la propria leadership
CHIBIMART estate e CHIBIDUE:
Fiera di Milano, 16 - 19 maggio
Accessori e bigiotteria in fiera
PACK&MOVE: Fiera di Basilea
(MCH Messe Schweiz), 9 - 12 settembre
Fiera professionale svizzera delle soluzioni
per la logistica e tecnica di imballaggio
Sposaitalia Collezioni:
Fiera Milano 23 - 26 maggio
Vetrina di novità e tendenze
Samoter: Verona Fiere 8 - 11 maggio
Nuovi mercati e sostenibilità al centro
della 29ª edizione
METEF 2014:
Verona Fiere, 11 - 13 giugno
L’Expo Internazionale Alluminio e Fonderia
festeggia il suo decimo compleanno
maggio 2014 La Rivista - 81
La Rivista
Vinitaly 2014
Fiera Internazionale
del vino e dei superalcolici
Confermata la propria leadership
Verona - Internazionalizzazione,buye,export,bio e formazione: sono state queste le parole
chiave del 48° Vinitaly, svoltosi dal 6 al 9 aprile a Veronafiere insieme a Sol&Agrifood ed
Enolitech.
Il più importante salone mondiale dedicato al vino e ai distillati con oltre
4.100 espositori presenti su una superficie di 100mila metri quadrati netti si
è confermato il punto di riferimento
più dinamico e qualificato per la promozione commerciale e culturale di
questi prodotti sui mercati globali.
Per questo, Vinitaly, riesce ormai ad attrarre a Verona ogni anno una media di
oltre 140mila visitatori di questi oltre
50mila sono operatori esteri provenienti da 120 Paesi. La rassegna conferma
la sua leadership di principale piazza di
affari internazionale del vino, con un
aumento degli operatori del 6% .
L’affluenza di buyer dall’estero a Vinitaly in costante crescita negli anni
è una dimostrazione della centralità della nostra manifestazione per
gli operatori professionali di tutto il
mondo. Con 56.000 presenze estere
quest’anno su un totale di 155.000 saliamo al 36% di buyer internazionali.
Nella top ten quest’anno la Germania
al primo posto, con gli Usa quasi a pari
merito; seguono Gran Bretagna, Canada, Russia, Svizzera, Asia con Singapore, Hong Kong e Cina, la Francia
al settimo posto, Austria, Giappone.
All’undicesimo posto i Paesi Scandinavi con Danimarca, Svezia e Norvegia.
È ancora boom per il vino Made in Italy.
Mentre l’Italia a fatica quest’anno sta
provando a uscire dalla recessione, il
settore vinicolo in questi anni ha continuato a mostrare una solida crescita
basata sulla forza dell’export ma anche
sulla tenuta dei consumi interni. I dati
preconsuntivi del 2013 indicano un
balzo del 4,8% a 5,6 miliardi di euro
del fatturato aggregato delle che già
nel 2012 avevano evidenziato un progresso sostenuto del 7,7%. Il traino
dell’export gioca un ruolo decisivo, lo
scorso anno la spinta maggiore ancora
una volta è arrivata dall’estero (+7,7%)
con vendite in Italia a +1,8% che si
confronta con la contrazione della
manifattura (-0,3%) e il lieve progresso delle industrie alimentari (+0,3%).
Il successo del Wine made in Italy lo si
evince mettendo a confronto i padiglioni delle regioni di Nord, di Centro e Sud.
I padiglioni del Nord Italia: Il Prosecco
sembra dimostrarsi essere il prodotto
vitivinicolo di punta di questa zona
del Belpaese, seguito a ruota dal lombardo Franciacorta, il cui successo è
in costante crescita negli ultimi mesi.
Grande spazio anche per i bianchi fermi, di cui le regioni settentrionali si
confermano essere gran produttrici, in
special modo per il Lugana, il Malvasia, il Gewurtztraminer, il Sauvignon
e il Pinot Grigio.
I padiglioni del Centro Italia: I vini più
noti di questa zona d’Italia e di gran
lunga più apprezzati dai visitatori di
Vinitaly 2014 sono i rossi, tipici dei vitigni delle colline appenniniche e che
ben si abbinano ad una cucina saporita ed intensa come quella che solo
queste zone offrono. Grande spazio,
quindi, per il Chianti (e cos’altro si può
abbinare ad una fiorentina?), il Morellino di Scansano e il Montepulciano
d’Abruzzo, senza per questo trascurare
le innumerevoli varianti di Vin Santo.
I padiglioni del Sud Italia e isole: I vini
di questa zona italiana si contraddistinguono per essere per lo più rossi, sempre molto corposi e dalle tonalità di gusto davvero molto intense, come quelle
che si percepiscono dopo un sorso di
Primitivo, di Nero D’Avola o di Negramaro. Menzione speciale, infine, per il
Moscato di Pantelleria, dal gusto dolce
e in alcuni tratti addirittura liquoroso,
ideale da accompagnare ai dolci.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Ufficio di Ginevra
Rue du Cendrier 12/14
Case postale – 1211 Genève 1
Tel: 0041 (0) 22 906 85 95
Fax: 0041 (0) 22 906 85 99
www.ccis.ch
[email protected]
82 - La Rivista maggio 2014
La Rivista
PACK&MOVE:
Fiera di Basilea (MCH Messe
Schweiz), 9 - 12 settembre
Fiera professionale svizzera delle soluzioni per la logistica e tecnica di imballaggio
Manifestazione biennale di riferimento per il mercato svizzero nel comparto logistico e
della tecnica d’imballaggio, è
nata come fiera concomitante di Swisstech – Salone professionale internazionale per
i materiali, i componenti e la
costruzione modulare. Grazie
al successo dell’edizione 2012,
da quest’anno la fiera si è resa
indipendente e si terrà nella
cornice del nuovo padiglione
del complesso fieristico di Basilea, città che offre un vantaggio competitivo grazie alla
sua posizione di confine tra
Germania, Francia, Svizzera.
Il volume del mercato svizzero della
logistica è in continua espansione. Il
settore cresce e aumenta anche la sua
importanza per l’economia nazionale
svizzera e per il mercato del lavoro.
Il sesto studio sul mercato della logistica, condotto dall’Università di San
Gallo con la collaborazione di GS1
Switzerland, ha evidenziato un ulteriore slancio del mercato svizzero della
logistica.
Da un punto di vista economico globale, il settore logistico occupa poco
meno di 160’000 collaboratori e rappresenta, con un fatturato di 37 miliardi di CHF, il 6,8% del PIL elvetico.
Lo studio evidenzia come la globalizzazione dei mercati e la soppressione
delle barriere commerciali generino
una crescente dinamica in ambito logistico e nei relativi processi. Con oltre
454 milioni di tonnellate di merci trasportate, la logistica assume un valore
strategico sempre più importante.
Per quanto riguarda l’industria degli imballaggi, è prevista una crescita per il settore dell’imballaggio del
2,1 % nel 2014. L’Istituto Svizzero
dell’Imballaggio (SVI) conta circa 250
aziende affiliate che impiegano oltre
19’000 persone. Nel 2011 ha registrato un fatturato di circa 6,7 miliardi di
franchi, in linea con i risultati dell’anno precedente. La cifra rappresenta
l’1,15% del Prodotto interno lordo
(586,8 miliardi di franchi). I settori
dell’imballaggio più significativi rimangono l’alimentare e farmaceutico.
Nel 2012 la fiera ha attirato un record
di 15’581 visitatori, in crescita rispetto al 2010 che ha contato, invece, un
volume di 12’086 visitatori. È una fiera
settoriale innovativa e di alta qualità,
che può coinvolgere sia le piccole imprese, le istituzioni e le associazioni
sia i leader con alta competenza gestionale nei vari settori food & beverage, tecnica di produzione, trasporto
e spedizione, ecc. Dal 2012 il carattere
di PACK&MOVE è stato rafforzato, stimolando l’attenzione dei partecipanti
e invogliando i dirigenti a parteciparvi,
attraverso l’organizzazione di eventi settoriali di alto livello all’interno
dell’area fieristica.
Per maggiori informazioni:
Sig. Luigi Palma
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123, 8002 Zurigo
Tel. 0041/44/289 23 29
Fax 0041/44/201 53 57
[email protected]
[email protected]
maggio 2014 La Rivista - 83
La Rivista
Samoter:
Verona Fiere 8 - 11 maggio
Nuovi mercati e sostenibilità
al centro della 29a edizione
La 29ª edizione di Samoter,
Salone internazionale triennale dedicato alle macchine da
movimento terra, da cantiere
e per l’edilizia, in programma
dall’8 all’11 maggio 2014 nel
quartiere di Veronafiere, rappresenta per il 2014 l’unica
manifestazione di riferimento
in Europa e in Italia. Il 2014
segna inoltre il 50º anniversario della nascita della manifestazione e vedrà il debutto di
Asphaltica, salone delle soluzioni e tecnologie per produzioni stradali, sicurezza e infrastrutture.
La grande varietà di prodotti esposti
alla fiera Samoter garantisce completezza e qualità dell’esposizione. Le
maggiori aziende produttrici di macchinari ed attrezzature possono incontrare, all’interno di un contesto altamente specializzato e professionale,
gli operatori del settore edile e della
cantieristica, potendo disporre di spazi
84 - La Rivista maggio 2014
e tempi ideali per presentare i prodotti e dedicarsi ad eventuali trattative
commerciali.
In linea con quanto iniziato nel 2011,
Samoter 2014 riproporrà il tema della
sostenibilità nella filiera delle costruzioni nella sua accezione più ampia,
ovvero di responsabilità economica,
sociale e ambientale. Obiettivo della
manifestazione sarà fornire un’occasione di conoscenza, formazione
e approfondimento sulla tematica,
analizzandola da diverse prospettive:
la sicurezza e l’attenzione al processo edilizio, il rapporto tra ambiente ed
economia, le norme e le leggi sui cantieri, i prodotti e gli strumenti, l’etica e
la progettazione.
La manifestazione rappresenterà anche l’occasione per un confronto tra il
settore e il governo, in particolare con
i ministeri dello Sviluppo Economico,
delle Infrastrutture e Trasporti e delle
Politiche Agricole e dell’Ambiente per
identificare le aree di investimento e i
piani di sviluppo per far ripartire il settore, vista la sfavorevole congiuntura
economica globale che sta vivendo.
Samoter si conferma anche quest’anno luogo privilegiato di incontro e
scambi commerciali: una delegazione
ufficiale di oltre quaranta operatori iracheni (imprenditori del settore
costruzioni, importatori di macchinari per il building, rappresentanti del
Ministero dell’Industria e del Commercio) sarà presente alla manifestazione, la quale rappresenterà per essi
un’importante occasione per toccare
con mano lo stato dell’arte della tecnologia nel settore delle costruzioni
dopo anni di isolamento dovuti alle
vicende belliche. Il settore delle costruzioni iracheno guarda infatti con
estremo interesse alle macchine da
cantiere e per l’edilizia europee ed
italiane in particolare.
“Gli iracheni hanno davvero una predilezione particolare per l’Italia, al punto
che le richieste di collaborazione e partnership con imprese italiane da parte
loro sono superiori alle offerte da parte
delle aziende italiane”: queste le parole di Ygor Scarcia, membro di Unido,
l’Organizzazione delle Nazioni Unite
per lo Sviluppo Industriale, che opera
dal 2007 in Iraq.
La 28ª edizione di Samoter, con oltre
900 espositori (di cui il 29% provenienti da Paesi esteri), ha rappresentato un successo e sembra ben promettere per le successive edizioni.
L’appuntamento per il 2014 è dunque
dall’8 all’11 maggio, dal giovedì al sabato, ore 9:30-18:00 e la domenica,
ore 9:30-16:00.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Ufficio di Ginevra
Rue du Cendrier 12/14
Case postale – 1211 Genève 1
Tel: 0041 (0) 22 906 85 95
Fax: 0041 (0) 22 906 85 99
www.ccis.ch
[email protected]
La Rivista
CHIBIMART estate
e CHIBIDUE:
Fiera di Milano,
16 - 19 maggio
Accessori e bigiotteria in fiera
Dopo l’edizione invernale, tornano con l’edizione estiva le
mostre d’affari concomitanti
ChibiMart e Chibidue, un duplice appuntamento imperdibile per i produttori e i buyer
di bigiotteria di tendenza e accessori di moda originali.
L’evento è fissato dal 16 al 19 maggio 2014 presso il quartiere cittadino
milanese fieramilanocity, dove grossisti e dettaglianti potranno incontrare
aziende nazionali e internazionali di
punta nel settore, scoprire le ultime
novità e cercare proposte creative tra i
prodotti offerti dagli 83 espositori presenti in fiera (il catalogo è disponibile
on-line sul sito www.ChibiMart.it).
Mentre ChibiMart, mostra di bigiotteria e accessori moda, si concentra sui
trend attuali già presenti sul mercato,
Chibidue, Salone internazionale della
bigiotteria e degli accessori moda e
capelli, si propone di anticipare lo stile
della stagione autunnale e invernale.
Protagonisti indiscussi della manifestazione sono dunque la gioielleria,
le pietre dure e preziose, l’argento da
indosso, gli accessori di moda e per
capelli, la pelletteria, gli oggetti etnici
e i complementi d’arredo, accanto ad
aree dedicate a profumeria, aromaterapia, naturalia, wellness, artigianato
e souvenir.
Anche quest’anno gli operatori professionali potranno beneficiare di
un’opportunità d’acquisto ormai consolidata nell’ambito della manifestazione: al fine di facilitare le transizioni
economiche, verrà infatti riproposta
la formula Cash&Carry, che consente
di vendere e comprare i prodotti sul
posto, garantendo così all’acquirente
l’immediata disponibilità della merce
e l’assenza di spese di spedizione.
Un altro vantaggio considerevole nel
partecipare alle due mostre d’affari
è costituito dalla possibilità per tutti
i visitatori preregistratisi sul sito di
ricevere l’ingresso gratuito per l’edizione autunnale di HOMI (fieramilano,
13-16 settembre), il Salone internazionale della casa (nuovo MACEF), un
altro importantissimo momento commerciale pensato per chi cerca idee
originali e utili in grado di attrarre e
soddisfare i consumatori.
Per i compratori sarà possibile, inoltre,
assistere gratuitamente (previa registrazione sul sito) a workshop tematici
realizzati da D4B (Data for Business),
agenzia di comunicazione specializzata nel web marketing e nel social
media marketing. In tale occasione
verranno esaminate le strategie migliori per usufruire delle nuove vie di
commercio aperte dal mondo digitale
in mercati mutevoli come quello della
moda e della bigiotteria. Al termine di
ogni intervento, gli interessati potranno ulteriormente avvalersi dell’esperienza dei relatori grazie a consulenze
personalizzate.
Aperte dalle 9:30 alle 18:30 (da venerdì 16 a domenica 18 maggio) e dalle
9:30 alle 16:00 (lunedì 19), ChibiMart
e Chibidue si rivelano per i visitatori
due occasioni di apprendimento, incontro e acquisto da non perdere.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Ufficio di Ginevra
Rue du Cendrier 12/14
Case postale – 1211 Genève 1
Tel: 0041 (0) 22 906 85 95
Fax: 0041 (0) 22 906 85 99
www.ccis.ch
[email protected]
maggio 2014 La Rivista - 85
La Rivista
Sposaitalia
Collezioni:
Fiera Milano 23 - 26 maggio
Vetrina di novità e tendenze
È fissato dal 23 al 26 maggio
2014 a fieramilanocity (Milano) l’appuntamento annuale con Sposaitalia Collezioni,
evento internazionale di riferimento per il settore wedding
fashion.
La manifestazione si terrà con un mese
di anticipo rispetto alle date tradizionali; un cambio voluto per soddisfare al
meglio le esigenze dei produttori e dei
buyer e per posizionare l’appuntamento
in modo ancor più efficiente e competitivo nel calendario.
Ospitando le collezioni sposa, sposo,
cerimonia e gli accessori più creativi e
di qualità, Spositalia Collezioni da sempre permette al compratore, grazie alla
particolare attenzione alle tendenze, di
avere una vasta e moderna panoramica
di tutte le novità di settore.
L’edizione 2013 si è chiusa con soddisfazione da parte sia di espositori che
di operatori: le 171 collezioni in mostra
dedicate a moda sposa, men’s wear e
accessori (+11% rispetto alla scorsa
edizione) e le sfilate programmate nei
quattro giorni di manifestazione hanno
attratto 6.798 operatori professionali, registrando un aumento del 3% sul
2012. Ad attirare l’attenzione di operatori italiani e stranieri ha concorso, in
particolar modo, la nuova sala sfilate
allestita ad hoc all’interno del padiglione, che ha ad esse donato un’atmosfera
suggestiva ed affascinante.
Tra i Paesi esteri con il numero più alto
di buyer presenti in manifestazione ricordiamo il Giappone, che ha segnato
un incremento del 44% sul 2012, e la
Corea del Sud (+26%). Anche Germania,
Gran Bretagna e Belgio hanno registrato aumenti a due cifre, confermando
Sposaitalia Collezioni la manifestazione
leader a livello mondiale per il settore
dell’abbigliamento da Sposa e Cerimonia; un evento ricco di contenuti di qualità e anticipatore di tendenze.
Anche per l’edizione 2014 Sposaitalia Collezioni si appresta a presentare
un’offerta ricca e completa. Le date e gli
orari previsti per la visita sono i seguenti: 23-24-25 maggio ore 10.00 - 19.00;
26 maggio ore 10.00- 16.00.
In attesa di Sposaitalia Collezioni a
maggio, è possibile restare aggiornati
e scoprire le tendenze del settore seguendo la manifestazione su Twitter (@
sisposaitalia, hashtag #SiSposaitalia),
Facebook (www.facebook.com/SiSposaitaliaCollezioni) e su Youtube (www.
youtube.com/SiSposaItalia).
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Ufficio di Ginevra
Rue du Cendrier 12/14
Case postale – 1211 Genève 1
Tel: 0041 (0) 22 906 85 95
Fax: 0041 (0) 22 906 85 99
www.ccis.ch
[email protected]
86 - La Rivista maggio 2014
La Rivista
METEF 2014:
Verona Fiere,
11 - 13 giugno
L’Expo Internazionale Alluminio e Fonderia festeggia il suo decimo compleanno
Con l’appuntamento estivo del
2014, Metef, evento biennale
dedicato alla filiera metallurgico-manifatturiera,
giunge alla sua decima edizione.
Dall’11 al 13 giugno saranno
presenti presso lo spazio fieristico di Veronafiere importanti espositori attivi nei settori
strategici della trasformazione di alluminio e metalli non
ferrosi, delle lavorazioni meccaniche, dell’estrusione, della
fonderia, della pressocolata,
della laminazione, della finitura, del recupero e del riciclo
di materiali industriali e della
produzione di tecnologie innovative per la componentistica
dei trasporti.
La fiera si presenta quest’anno in veste rinnovata. Non solo il calendario
espositivo è concentrato in tre giorni (11-13 giugno 2014, dalle 9°° alle
18°°), anziché in quattro come nelle
edizioni passate, ma anche la struttura dei saloni tematici specializzati
mostra alcune novità: accanto a Metef, Foundeq e Metalriciclo-Recomat,
sarà infatti presente l’area Alumotive
con soluzioni innovative per l’equipaggiamento di auto, veicoli commerciali e industriali, macchine agricole,
macchine per il movimento terra, treni
e metropolitane. Particolare evidenza
sarà data a contributi di successo nel
campo dell’alleggerimento del peso
dei veicoli tramite l’iniziativa “Save
the weight” e una “Poster Session”
permanente all’interno di Alumotive.
Tante sono le attività proposte
parallelamente: premiazioni, seminari, forum, momenti di dibattito, aggiornamento e networking, workshop,
presentazioni di progetti e persino un
incontro sportivo – il torneo Metef&Golf. Tra i temi che verranno discussi
si annoverano quelli tecnici, come gli
standard di qualità dei getti in lega di
alluminio, e quelli economici (l’analisi dello status del mercato a livello
mondiale, lo sviluppo dell’industria
dell’alluminio nei Paesi del Golfo e il
suo impatto su quella europea).
Il carattere internazionale dell’evento, capace di attrarre progettisti e
responsabili acquisti provenienti da
tutto il mondo, è confermato dai dati
dell’ultima edizione. Nell’aprile 2012
gli espositori furono 500 e 29 i loro
paesi di origine, mentre i visitatori,
provenienti da 69 nazioni diverse, superarono la cifra di 15mila. L’incidenza dei partecipanti esteri fu di oltre il
30%, con una crescita del 5% rispetto
all’edizione 2010. Quest’anno si prevede un ulteriore aumento grazie alle
collaborazioni con il Gulf Aluminium
Council e l’Iran Foundry Syndicate.
L’obiettivo dell’expo è duplice: da un
lato si mira a promuovere l’esperienza e l’eccellenza italiane nel contesto
di una competitività globale sempre
maggiore; dall’altro si offre una notevole opportunità di scambio e confronto con paesi in forte crescita nei
campi di produzioni metallurgiche e
trasformazioni downstream. Di particolare rilievo è quindi la possibilità di
sfruttare, nel corso della manifestazione, incontri B2B e servizi di trade
matching con committenti qualificati.
La fiera, vetrina di tecniche e prodotti di punta nel settore della metallurgia ferrosa e non ferrosa, è così
in grado di offrire soluzioni avanzate
e personalizzate a tutti gli interessati. Innovazione, comunicazione e
internazionalizzazione fanno di Metef
2014 un appuntamento fondamentale
per i protagonisti del comparto.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Ufficio di Ginevra
Rue du Cendrier 12/14
Case postale – 1211 Genève 1
Tel: 0041 (0) 22 906 85 95
Fax: 0041 (0) 22 906 85 99
www.ccis.ch
[email protected]
maggio 2014 La Rivista - 87
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La Rivista La Rivista
Mondo
in Camera
«Barolo & friends event»
il 26 maggio a Ginevra
L’école du vin du Piemont à Genève
Madeinnovitaly …non solo “dolce vita“
Colloqui di consulenza individuale:
meet the chamber
Barolo & Friends event 2014 l’8 maggio
alla Zunfthaus zur Saffran di Zurigo
I vini migliori – in ogni senso
Presentate a Ginevra
Eccellenze agroalimentari della Sardegna
Contatti commerciali
Servizi camerali
maggio 2014 La Rivista - 89
La Rivista
Mondo
in Camera
«BAROLO & FRIENDS
EVENT» IL 26 MAGGIO
A GINEVRA
comprend plusieurs soirées, les “Wine Tasting Experience ® le Piémont Dans Le verre”, dans lequelles les participants seront
introduits à la connaissance du Piémont
Il Consorzio I vini del Piemonte, dopo
il grande successo del settembre 2013
che ha registrato ben 400 presenze tra
professionisti e wine lovers, riconferma nel 2014 la terza edizione a Ginevra di “Barolo&Friends Event” che avrà
luogo lunedì 26 maggio, dalle ore
14.00 alle 21.00 presso la “Fumisterie
chez Ernest” (rue des Noirettes 21 –
1227 Carouge) per accogliervi in una
vera isola del Piemonte in presenza dei
produttori di vino e specialità locali!
et les grands vins de la région . Le restaurant “La Fumisterie chez Ernest” sera
l’hôte des soirées. Un restaurant «ami» du
Piémont, siège des deux premières éditions de Barolo & Friends à Genève.
Le programme comprend:
Informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Marianna Valle
Ufficio di Ginevra
Telefono: 022 906 85 95
Email: [email protected]
L’ECOLE DU VIN
DU PIEMONT A GENEVE
“L’école du vin du Piémont” prend forme
à Genève, un projet ambitieux du consortium “Vins du Piémont” Le programme
90 - La Rivista maggio 2014
- Les Crus du Barolo – 24.06.2014
- Les Crus du Barbaresco – 24.09.2014
- Verticale du Barolo – 15.10.2014
- Une soirée avec le producteur – 19.11.2014
Lors de chaque séance seront présentées
les caractéristiques du terroir et de la
région et seront dégustés 8 types de vin.
Pour plus d’informations:
www.amiando.com/MLHJMDG
[email protected]
MADEINNOVITALY …
NON SOLO “DOLCE VITA“
La CCIS organizza il primo evento Madeinnovitaly sull’innovazione high
tech italiana in lingua inglese, destinato alla business community italo-svizzera e internazionale di Zurigo, presentando alcune aziende start-up italiane
attive in alcuni dei seguenti settori:
Design, ICT, Cleantech e Aerospace.
Inoltre verrà presentata una start-up
italiana operante nel business development and investment che è già inserita con successo nel mercato svizzero (V3NTURES www.v3.vc).
Seguiranno le presentazioni sull’innovazione in Svizzera del Prof. Dott. Gian-Luca Bona, Direttore EMPA Svizzera, e
dell’Avv. Antonio Pavan, dello Studio Legale Pavan di Treviso, esperto di “crowd
funding” e collaboratore del Sole 24 ore.
Dopo la presentazione seguirà un
momento conviviale e di networking
presso il primo « sushi bar italiano » di
Zurigo : Dal Nastro.
17 giugno 2014, ore 18
Nadya Brykina Gallery e Ristorante
Bar Dal Nastro a Zurigo
Ingresso: CHF 80.- (…innovazione e
aperitivo inclusi…)
Per maggiori informazioni:
Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera
Bruno Indelicato
Tel.: +41 44 289 23 26
Fax: +41 44 201 53 57
E-Mail: [email protected]
COLLOQUI DI CONSULENZA
INDIVIDUALE:
MEET THE CHAMBER
Colloqui di consulenza individuale
gratuita in tutta la Svizzera per privati
e imprenditori soci della Camera
La Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera è l’attore principale per la
promozione economica e l’internazionalizzazione delle imprese italiane in
Svizzera e collabora strettamente con
l’Ambasciata d’Italia a Berna, l’ENIT, il
Sistema Camerale Italiano, Confindustria, enti locali e associazioni di ca-
La Rivista
tegoria per sostenere il Made in Italy,
gli investimenti italiani in Svizzera e i
flussi turistici svizzeri verso l’Italia.
• Volete avviare un’attività e non sapete da dove iniziare?
• Siete un’impresa italiana interessata
ad esportare ed investire in Svizzera?
• Siete un’azienda svizzera che vorrebbe crescere sul mercato italiano?
• Avete difficoltà di accesso al mercato svizzero o italiano?
• Altri quesiti?
Le risposte le trovate in Camera!
Ecco come:
1. diventate soci (scaricate la scheda)
2. prenotate una delle seguenti date
3. aspettate conferma della data
entro 24 ore
4. mandateci i Vostri quesiti con una
settimana di anticipo
“Meet the Chamber” a Ginevra
Presso la sede della CCIS
Rue du cendrier 12-14 1201 Genève
Marianna Valle/Fabio Franceschini
Tel: 0041 22 906 85 95
Email: [email protected]
- aprile: giovedi 10, martedì 29
- maggio: ven 9, giov 22
- giugno: giov 5, giov 19
“Meet the Chamber” a Zurigo
Presso la sede della CCIS
Seestrasse 123 8002 Zurigo
Christian Pitardi/Alessandro Babini
Ufficio Servizi alle imprese
Tel: 0041 44 289 23 23
Email:i [email protected]
- aprile: venerdÌ 11 e 25
- maggio: venerdì 9 e 23
- giugno: venerdì 13 e 27
“Meet the Chamber” a Lugano
Presso la Seal Consulting SA
Via Nassa 5, 6900 Lugano
Christian Pitardi/Fabio Franceschini
Ufficio Servizi alle imprese
Tel: 0041 44 289 23 23
Email [email protected]
- maggio: venerdì 16
- giugno: mercoledì 4
Il Vostro team “Meet the Chamber”
Christian Pitardi
[email protected]
Alessandro Babini
[email protected]
Marianna Valle
[email protected]
Fabio Franceschini
[email protected]
«MEET THE CHAMBER
PREMIUM»
COLLOQUI INDIVIDUALI SU
MERCATO EDILIZIO
E APPALTI SVIZZERI
Colloqui di consulenza individuale a Zurigo per facilitare l’accesso delle aziende
associate al mercato edilizio, dell’arredamento e degli appalti pubblici in Svizzera
La Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera arricchisce il suo programma di colloqui di consulenza individuale gratuita per i soci «Meet the
Chamber» con gli incontri a pagamento «Meet the chamber premium».
Questi incontro sono riservati ai soci
CCIS interessati ad approfondire due
aspetti specifici relativi al mercato
svizzero:
- Il funzionamento del mercato dell’edilizia e dell’arredamento in Svizzera
- Le modalità di accesso al sistema degli appalti pubblici in Svizzera
Su richiesta delle aziende e previo invio di un elenco di domande specifiche
sul tema d’interesse, la Camera calendarizzerà degli incontri di consulenza
con due professionisti (inizialmente
solo sulla piazza di Zurigo):
- Uno studio di architettura di Zurigo
per le aziende interessate ad approfondire la loro conoscenza delle dinamiche
di funzionamento del mercato dell’edilizia e dell’arredamento in Svizzera
- Uno studio legale specializzato di
Zurigo per le aziende interessate ad
approfondire la loro conoscenza delle
possibilità di accesso al sistema degli
appalti pubblici federali e cantonali in
Svizzera.
Ad ogni colloquio sarà presente un’unità di personale della Camera in affiancamento al professionista coinvolto.
Ai propri soci, la Camera applicherà
la tariffa oraria di Franchi 200 per
il colloquio individuale sul mercato
dell’edilizia e dell’arredamento e Franchi 350 per il colloquio individuale sul
sistema degli appalti pubblici svizzeri.
Le tariffe andranno ad esclusiva remunerazione del lavoro dei professionisti
coinvolti e se dovessero subire variazioni a causa di un elenco di quesiti
particolarmente impegnativi, l’azienda verrà avvisata in anticipo e potrà
eventualmente disdire l’incontro.
Le modalità e i costi per l’associazione alla Camera sono invece specificati
nella scheda che trovate sul cisto camerale: www.ccis.ch.
Per informazioni:
[email protected]
[email protected]
[email protected]
maggio 2014 La Rivista - 91
La Rivista
Barolo & Friends
event 2014 l’8 maggio
alla Zunfthaus zur Saffran
di Zurigo
I vini migliori – in ogni senso
Il Consorzio i Vini del Piemonte
l’8 maggio fa tappa a Zurigo
per la quarta volta presentando – in collaborazione con la
CCIS – vini e altre specialità
del Piemonte e d`Italia per far
vivere al pubblico di winelover
elvetici un’esperienza esclusiva
nel modo del gusto e dell’eccellenza.
Grande novità del Barolo & Friends
Event 2014 sarà la Lotteria Etica:
Adotta un Orto in Africa, un concorso
offerto in cooperazione con la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e a premi che metterà in
palio soggiorni in Piemonte, prodotti
enogastronomici, etc. Altra iniziativa
per rendere ancora più coinvolgente
l’evento sarà la Wine Game Area dove
winelover possono testare i loro sensi
del gusto.
In programma due sessioni di Walking
Tasting dove i produttori presenteranno i loro vini DOC e DOCG piemontesi,
e due seminari Wine & Food Moments
laboratori di abbinamento cibo-vino
con degustazioni di prodotti italiani.
Vi sarà inoltre la degustazione Verticale di Barbaresco Cru Pajè, condotta da Nicola Mattana, Ambasciatore
dei Vini del Piemonte in Svizzera. In
calendario anche due serate esclusive
“A cena con il Piemonte” al 7 e 9
maggio 2014 presso il Ristorante La
Tavola a Brüttisellen e il Ristorante
Toscano Puls 5 a Zurigo.
Posti limitati, si consiglia di acquistare
i biglietti in prevendita!
Programma 8 maggio 2014:
• 17.00 – 19.00 e 19.30 – 21.30: le
due sessioni Walking Tasting
• 18.00 e 19.30 Laboratori Wine &
Food Moments
• 19.30 Verticale Barbaresco Cru Pajé
Walking Tasting Session
Prevendita: CHF 20.-- ¦ Soci CCIS,
Slow Food Svizzera, Carte Blanche e
lettori Vinum CHF 15.-Alla cassa: CHF 25.-- ¦ Soci CCIS, Slow
Food Svizzera, Carte Blanche e lettori
Vinum CHF 20.-Wine & Food Moments
18.00 o 19.30, CHF 20.-Walking Tasting Session & Wine &
Food Moments
17.00 & 19.30 o 19.30 & 18.00,
CHF 35.-Verticale
Barbaresco Cru Pajè 19.30, CHF 40.-Walking Tasting Session & Verticale
17.00 & 19.30, CHF 55.-Piemont Dinner:
• 7 maggio ore 19.00
Ristorante La Tavola
(www.ristorante-latavola.ch,
email: [email protected])
• 9 maggio ore 19.00
Ristorante Toscano Puls 5
(www.ristorante-toscano.ch,
email: [email protected])
Adesione e maggiori informazioni:
• CCIS: Tel: 044 289 23 26
o email: [email protected]
• Prevendita online:
www.amiando.com/KDTKAEF
92 - La Rivista maggio 2014
La Rivista
Presentate
a Ginevra
Eccellenze agroalimentari della Sardegna
Lo scorso 3 marzo la Camera
di Commercio Italiana per la
Svizzera ha organizzato a Ginevra, in collaborazione con
la Camera di Commercio di
Sassari e l’Azienda Speciale
Promocamera, l’evento “Eccellenze agroalimentari della
Sardegna” per promuovere le
eccellenze enogastronomiche
della provincia di Sassari sulla
piazza della Svizzera francese.
Presso l’elegante Hotel Le Richemond
di Ginevra i lavori sono stati aperti da
una conferenza stampa alla quale hanno partecipato giornalisti di settore e
della stampa specializzata. A dare loro
il benvenuto il Segretario Generale della CCIS, Fabrizio Macrì, e il Presidente
della Camera di Commercio di Sassari,
Gavino Sini, il quale ha presentato non
solo le peculiarità e le bellezze del territorio sardo ma anche l’importanza che
ricopriva la missione per le ditte sarde
e la volontà di approcciare il mercato
elvetico con azione strategiche continuative nel tempo e di lungo periodo.
Le 11 aziende sarde presenti all’evento
hanno incontrato i professionisti elvetici del settore – importatori, ristoratori, sommelier, dettaglianti, grossisti
– nel corso di incontri BtoB e degustando la larga gamma di prodotti di
nicchia proposti : vini, olio extravergine di oliva, pane carasau, formaggi,
conserve di verdure, pasta fresca, pasta di grano duro.
A conclusione del workshop, un gruppo selezionato di importatori e giornalisti sono stati invitati a prendere parte alla cena a base di specialità sarde
presso il ristorante “Giardino Romano”
nel corso della quale i produttori hanno avuto modo di conoscere meglio gli
importatori e avere uno scambio proficuo riguardo ai loro prodotti.
maggio 2014 La Rivista - 93
CONTATTI
COMMERCIALI
Dal mercato italiano
OFFERTE DI MERCI E SERVIZI
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I - 23890 Barzago, frazione Verdegò, (LC)
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Via S. Vito 693
94 - La Rivista maggio 2014
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Fax 0039/ 059 789666
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plastica
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Via Bettisi 12 I - 48018 Faenza (RA)
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Fax: 0039/ 0546 662625
E-mail:[email protected]
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plastiche
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Via Bargnani, 7
I - 25132 S.Eufemia BS
Tel: 0039/ 030 3363211
Fax: 0039/030 3363226
E-mail: [email protected]
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I – 15060 Stazzano AL
Tel. 0039/0143 607911
Fax 0039/0143 61297
E-mail: [email protected]
www.schiavetti.it
Complementi di arredo urbano
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Via Vivaldi 30
I – 41019 Soliera MO
Tel. 0039/059 566612
Fax 0039/059 566999
E-mail: [email protected]
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Leva Spa
Piazza Amendola 12
I – 20149 Milano
Tel. 0039/02 24127.1
Fax 0039/02 24127130
E-mail: [email protected]
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Fax. 0039/0536 950055
E-mail: [email protected]
www.kamares.net
Impianti per produzione pneumatici
Italmatic Srl
Via dell’Artigianato 8/A
I – 20060 Cassina dè Pecchi
Tel. 0039/02 953000545
Fax 0039/02 95300199
E-mail: [email protected]
www.italmatic.net
Pasta fresca
Parma PaSt sas
Via Naviglio Alto 69
I – 43100 Parma
Tel. 0039 0521 798120
Fax 0039 0521 705612
E-mail: [email protected]
www.parmapast.it
Salumi
Cecconi Salumi
Via Laurentina Km 28,300
I – 00040 Ardea ROMA
Tel. 0039 069145050
Fax 0039 069145090
E-mail:
[email protected]
www.cecconisalumi.com
Quadri multi orologio per risparmio
energetico
Sanviti elettrocostruzioni srl
Via Palermo 5b
I – 43100 Parma
Tel: 0039/0521 774774
Fax 0039/0521 270780
E-mail: [email protected]
www.sanviti.it
Pasta fresca
Pasta Julia Spa
Via Piemonte Loc. S. Luciola
I – 06038 Spello PG
Tel: 0039 0742 3017 61
Fax: 0039 0742 3601812
E-mail: [email protected]
www.pastajulia.it
Accessori per parrucchieri
Annamery
Via delle Industrie 10/A
I – 23014 Andalo Valtellino SO
Tel. 0039/ 0341 941880
Fax 0039/ 0341 941880
E-mail: [email protected]
www.annamery.com
RICHIESTE DI RICERCA
AGENTI-RAPPRESENTANTI
• A pochi chilometri dall’aeroporto
internazionale di Milano Malpensa,
sull’asse autostradale che collega Milano con Varese, i laghi e la Svizzera c’è la
principale azienda italiana che produce
salmone affumicato : la Fjord SpA.
L’azienda iniziò nel 1969 la prima attività italiana specializzata nell’affumicazione del salmone , oggi a oltre 40
anni di distanza ha saputo conquistare
la leadership di settore che la annovera
tra le più importanti aziende europee di
salmone affumicato ed è a tutti gli effetti una azienda a ciclo completo nella
lavorazione del salmone.
La linea affumicati comprende oltre
al salmone, tonno, spada, storione e
altri ittici.
Il processo di affumicazione avviene
in maniera tradizionale, e richiede non
meno di 12 ore. Il prodotto affumicato viene presentato sul mercato in una
vasta gamma di formati e confezioni
tali da soddisfare le più svariate esigenze del consumatore.
L’azienda è interessata a entrare in rapporti di affari con agenti / distributori
interessati a vendere i suoi prodotti sul
mercato svizzero.
• Rapid Srl è una società commerciale
nata dalla lunga esperienza di un’azienda trentina leader nel settore del
noleggio e vendita di strutture ed allestimenti per eventi. Da qui l’idea imprenditoriale di persone affermate nel
medesimo settore, di creare una casetta pieghevole dalle dinamiche eccezionali per tempi d’installazione e
gestione logistica. Nella fattispecie il
prodotto RAPID si propone in maniera
trasversale a diversi ambiti di allestimento che spaziano dalle Manifestazioni Folkloristiche, alle Fiere e mercatini a tema vario oltre che natalizio,
all’impiego di questa quale infopoint.
• La ditta Baraclit Spa è l’azienda leader sul mercato italiano per la realizzazione di prefabbricati in cemento
armato.
Fondata nel 1946 nella provincia di
Arezzo, grazie all’impiego di sistemi
prefiniti all’avanguardia della tecnica
e di soluzioni costruttive adatte ad
ogni esigenza, dalle piccole realizzazioni agli edifici più complessi ha
raggiunto livelli di eccellenza assoluta nel suo settore. Con una superficie
produttiva di 300.000 mq e oltre 350
dipendenti l’azienda serve tutto il territorio nazionale e i mercati esteri limitrofi dallo stabilimento di Bibbiena,
il più grande centro di prefabbricazione italiano.
centri estetici e parrucchieri, e tutte
quelle categorie merceologiche che
richiedono una facile apparecchiatura
per gestire il front office con rapidità
(grazie alla possibilità di un collegamento a periferiche scanner) e necessitano tenere sotto controllo, senza
troppe difficoltà, l’incasso, le statistiche del venduto, fino ad arrivare ad
una semplice gestione del magazzino
per le giacenze e il sottoscorta. L’azienda è interessata a entrare in rapporti di affari con agenti / distributori
interessati a vendere i suoi prodotti
sul mercato svizzero.
Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
Seestr. 123, casella postale,
8027 Zurigo - Tel. 044/289 23 23
Fax 044/201 53 57
e-mail: [email protected]
www.ccis.ch
• La CEI SYSTEMS, è un’azienda specializzata nella commercializzazione
di apparecchiature elettroniche “dedicate” alla gestione del punto cassa.
L’azienda è nata nel 1997 e ha sede
a Grugliasco (To) in uno stabile di 3
piani suddivisi tra centralino, servizi e amministrazione. La
CEI si avvale inoltre del
contributo di molti
rivenditori in tutta
Italia. Ha iniziato
la sua attività con
la commercializzazione del sistema per la raccolta delle
comande in automatico
rivolti alla ristorazione per poi allargare
i propri orizzonti
verso
settori
anche molto diversi
come piccoli alimentari,
maggio 2014 La Rivista - 95
ATTIVITÀ E SERVIZI
Con i suoi circa 800 Soci la Camera
di Commercio Italiana per la Svizzera,
fondata nel 1909, è un‘associazione
indipendente ai sensi del Codice Civile
Svizzero. Il suo compito precipuo consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La
gamma dei suoi servizi, certificati ISO
9001, è molto variegata e comprende
tra l‘altro:
• Ricerche su banche dati di produttori,
importatori, grossisti, commercianti,
agenti/rappresentanti dei seguenti
Paesi: Italia e Svizzera
• Informazioni riservate su aziende
italiane: visure, bilanci, assetti societari,
protesti, bilanci, rapporti commerciali,
ecc. (disponibili on-line in giornata)
• Segnalazioni di potenziali fornitori ed
acquirenti
• Ricerca e mediazione di partners com
merciali italiani e svizzeri
• Organizzazione di incontri e workshop
tra operatori, con l‘ausilio di servizi di
interpretariato e segretariato
• Recupero di crediti commerciali, con
particolare riguardo alla ricerca di
soluzioni amichevoli e extragiudiziali
• Recupero dell‘IVA svizzera in favore
di operatori italiani, nonché dell‘IVA
italiana per imprese elvetiche
• Consulenza ed assistenza legale in
materia di diritto commerciale,
socitario e fiscale
• Assistenza e consulenza in materia
doganale
• Informazioni statistiche ed import/
esport
• Informazioni finanziarie e riservate
sulla solvibilità di imprese italiane e
svizzere
• Ricerca di prodotti, marchi di
fabbricazione e reperimento di brevetti
• Azioni promozionali e di direct
marketing
• Arbitrato internazionale
• Informazioni relative all‘interscambio,
normative riguardanti gli insediamenti
in Svizzera ed in Italia
• Seminari e manifestazioni su temi
specifici di attualità
• Traduzioni
• Viaggi di Studio
• Certificato di Italiano Commerciale
rilasciato in collaborazione con la
Società Dante Alighieri di Roma
96 - La Rivista maggio 2014
• Swiss Desk Porti italiani
• La CCIS fornisce informazioni su
Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza
ufficiale di Fiera Milano e di Verona Fiere
PUBBLICAZIONI
• La Rivista periodico ufficiale
mensile (11 edizioni all‘anno)
• Calendario delle Fiere italiane
• Annuario Soci
• Indicatori utili Italia-Svizzera
• Agevolazioni speciali per i Soci
• Recupero crediti in Svizzera
• Regolamento di Arbitrato e di
Conciliazione della Camera Arbitrale
della CCIS
• Compra-vendita di beni immobili in
Italia
• Costituzione di società affiliate di
imprese estere in Italia
• Il nuovo diritto societario italiano
• Servizi camerali
Rue du Cendrier 12-14,
Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel.: +41 22 906 85 95,
Fax: +41 22 906 85 99
E-mail: [email protected]
IVA-Nr. 326 773
Seestrasse 123,
Casella postale, 8027 Zurigo
Tel.: +41 44 289 23 23
Fax: +41 44 201 53 57
E-mail: [email protected]
www.ccis.ch
IVA-Nr. 326 773
RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI
Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e
dei bisogni del mercato elvetico e di
quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia svizzere
che italiane intenzionate ad esportare
RECUPERO IVA ITALIANA
Il servizio, offerto a condizioni molto
vantaggiose, è rivolto sia alle imprese
svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia
che alle imprese italiane che recuperano
l’IVA pagata in Svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e
la Svizzera, la legislazione italiana consente
agli imprenditori svizzeri di ottenere il
rimborso dell’IVA italiana. La CCIS:
• fornisce la necessaria documentazione;
• esamina la documentazione compilata;
recapita l’istanza di rimborso in Italia
all’Autorità fiscale competente;
• avvia e controlla l’iter della Vostra
pratica tramite il suo ufficio di Pescara;
• fornisce assistenza legale
RECUPERO IVA SVIZZERA
Grazie agli accordi di reciprocità tra
Italia e Svizzera la legislazione svizzera
consente agli imprenditori italiani il
rimborso dell’IVA svizzera. La CCIS:
• fornisce un servizio di informazione e
prima consulenza;
• diventa il Vostro rappresentate fiscale;
• esamina la completezza della Vostra
documentazione;
• invia la documentazione alle autorità
svizzere e segue l’iter della vostra pratica.
Informazioni più dettagliate contattare
la Camera di Commercio Italiana per la
Svizzera, Tel.: +41 44 289 23 23
i propri servizi e prodotti all’estero un’accurataricerca di controparti
commerciali. Attraverso un’analisi
sistematica del mercato obiettivo ed
identificati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare affidabili interlocutori nel settore
di riferimento, viene organizzato un
incontro presso le aziende target così
selezionate permettendo alle imprese
italiane o svizzere un rapido ed efficace ingresso sui rispettivi mercati di
riferimento.
Per ulteriori informazioni ed un preventivo sul servizio, potete contattarci al
seguente indirizzo mail [email protected]
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CHF 3 000.– Bonus Cash, prezzo di acquisto in contanti (netto) CHF 39 950.–. Media delle emissioni CO2 di tutti i veicoli nuovi di tutte le marche in commercio in Svizzera: 148 g/km. Con riserva di modifiche
di prezzo. Offerta valida per prime immatricolazioni fino a revoca. Per le offerte di leasing vale quanto segue: rata leasing mensile da CHF 369.–, pagamento straordinario CHF 10 738.–, durata 48 mesi,
10 000 km/anno, interesse annuo effettivo 3,9%, assicurazione casco totale e sulle rate obbligatoria ma non inclusa. Un’offerta di Jeep Finance. La concessione del credito è vietata se comporta un indebitamento
eccessivo del consumatore. Offerta non valida per grandi clienti (flotta F). Modello illustrato: Jeep Cherokee Limited 2.0 DSL AWD 9ATX, opzioni inclusi CHF 61 000.–, meno CHF 3 000.– Bonus Cash, prezzo di
acquisto in contanti (netto) CHF 58 000.–. Tutti i prezzi incl. IVA 8%.** Vale ciò che si raggiunge prima. Jeep è un marchio depositato di Chrysler Group LLC.
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La Rivista Anno 105 - n.05 - Maggio 2014
Europa, ma non solo
DONNE CHE RACCONTANO ALTRE DONNE
La violenza di cui sono vittime
narrata al Palazzo delle Nazioni di Ginevra
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AL VOTO! - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera