1
di
francesco bellomi
2
FACCIAMO CHE MI DIMENTICAVO DI ESSERE TRISTE E DIVENTAVO
ALLEGRO.
di FRANCESCO BELLOMI
PROPEDEUTICA DELL’IMPROVVISAZIONE
AVVERTENZA AI LETTORI.
In questo libro racconto una storia: la storia del mio rapporto con la musica, o meglio, con i
suoni. Una storia che mi ha portato a fare, un po’ perché lo volevo e un po’ per caso,
prima l’esecutore, poi il compositore, infine l’insegnante. L’improvvisazione e l’analisi sono
i due fili che attraversano tutto il mio percorso ma non sono diventato ne un improvvisatore
“professionista” ne un analista. Forse perché l’improvvisazione e l’analisi sono stati
semplici strumenti che ho adoperato, più o meno consapevolmente, per scoprire altre cose
che al momento mi parevano più importanti. Questo libro vuole essere un manuale, però
un manuale diverso da certi opuscoli che girano per i conservatori. Io non aspiro a nessun
tipo di “scientificità” nella trattazione degli argomenti connessi all’improvvisazione, e non
voglio nemmeno fare l’enciclopedia dell’improvvisazione. Quello che proporrò al lettore è
un semplice resoconto di quanto ho sperimentato nel mio personale percorso di
apprendimento e poi nel mio lavoro di insegnante.
I miei genitori mi hanno narrato un’infinità di volte un episodio della mia infanzia che io non
ricordo. Quando avevo due anni circa abitavamo in una casa di un piccolo paese. Io
giocavo sempre nel cortile con il cane. Ma su di un lato del cortile c’erano alcune
damigiane vuote. Il giorno che i miei genitori andarono a prenderle, per metterci del vino
scoprirono che la parte interna di ogni damigiana era andata in frantumi. Scoprirono anche
che il mio gioco era stato quello di lasciar andare all’interno dei ciascuna damigiana dei
sassi che io raccoglievo nel cortile. Lo scopo? Sentirne il suono probabilmente mentre il
sasso rimbalzava sul vetro. Per i miei genitori era chiaro, alla luce di quello che era
successo negli anni successivi, che da li iniziava il mio interesse per la musica. Tutto
sommato anche a me piace pensare che da questo episodio ha inizio il mio interesse e la
mia attenzione per i suoni, per i bei suoni.
La prima volta che ricordo di aver cercato di improvvisare con il pianoforte è stato a 13
anni, quando mio padre comperò da un lontano parente un vecchio pianoforte inglese con
meccanica a baionetta. Fu scelto più che altro perché era un bel mobile, ma il timbro di
quel pianoforte, che ancora possiedo, pur avendolo massacrato senza pietà negli anni
successivi, è ancora uno dei timbri più dolci ed emozionanti che io conosca. Su quel
pianoforte io annaspavo, prima di saper leggere le note e di riuscire a suonare un qualsiasi
pezzo scritto, cercando delle sonorità sui tasti bianchi che mi parevano molto espressive. Il
mio ricordo è molto vago ma credo che fossero delle cose di questo tipo:
ESEMPIO 1
3
Negli anni successivi ho studiato organo e ho affrontato l’improvvisazione in modo
prettamente scolastico: il famoso giro armonico nelle tonalità vicine che si deve fare al
quinto anno di organo. Ho cancellato qualsiasi ricordo di questa pratica. Ricordo invece
molto bene le ore che passavo a tu per tu con il mio “nuovo” pianoforte a cercare
disperatamente di scrivere musica. Non era una improvvisazione vera e propria ma una
ricerca della sonorità che avevo in testa per tentativi ed errori. Molti errori a giudicare dalle
poche cose che alla fine riuscivo a completare.
L’incontro ufficiale con l’improvvisazione vera e propria è avvenuto poco prima del diploma
di organo. Trovavo i manuali di improvvisazione disponibili sul mercato assolutamente
inutili, lacunosi, scritti per chi in sostanza sa già improvvisare, e non era il mio caso. Anche
l’incontro con uno straordinario improvvisatore1 si era risolto in una specie di delusione:
era chiaro che nessun improvvisatore superdotato avrebbe risolto i miei problemi. Gli
esercizi della seconda parte di questo libro sono quelli che io ho inventato per me stesso
per quella occasione. Mi sono serviti a superare la prova di improvvisazione del diploma di
organo. Negli anni successivi ho però scoperto, come insegnante, una dimensione ancora
più fondamentale dell’improvvisazione: quella dell’improvvisazione libera che è la base di
qualsiasi ulteriore sviluppo tecnico ed espressivo. A questa dimensione “pedagogica”
dell’improvvisazione sono arrivato però solo quando ho imparato ad “ascoltare” i miei
allievi, specie quelli più giovani, ed a intuire i loro bisogni, specie quelli inespressi. Ho fatto
quindi una sorta di cammino a ritroso per arrivare verso i trent’anni a praticare su me
stesso, dal punto di vista improvvisativo, quello che sarebbe giusto praticare a sette o otto
anni o prima ancora. Questa sorta di viaggio interiore verso il (mio) passato musicale è
raccontato nella prima parte del libro, quella intitolata propedeutica dell’improvvisazione.
1
Il m° Franco Bovina, ex insegnante di solfeggio presso il conservatorio di Verona, che è
a tutt’oggi il più straordinario virtuoso dell’improvvisazione che io abbia mai sentito in vita
mia.
4
In questi anni il panorama editoriale si è arricchito di numerosi testi sull’improvvisazione,
ma due testi sono stati per me determinanti: Jerry Coker “improvvisazione jazz” Muzzio
Editore e soprattutto Violeta Hemsy de Gainza, “L’improvvisazione musicale” Ricordi. Al
momento li ritengo i due migliori testi, che io conosca, sull’argomento.
RIFLESSIONI PRELIMINARI.
E’ forse impossibile scoprire quando, nella storia della musica occidentale, è avvenuto il
passaggio che ha trasformato una comunicazione sonora praticata e condivisa da tutti in
un’arte difficile e praticata solo da esperti e addetti ai lavori. Probabilmente tale passaggio
non è avvenuto in un momento preciso ma, per certi settori e generi, sta ancora
avvenendo. Certo è che negli ultimi secoli la musica colta occidentale ha finito per imporre
un modello di apprendimento della stessa nel quale un lungo tirocinio per l’acquisizione di
una tecnica di base è considerato un prerequisito essenziale per poter produrre arte.
Quanto questa dipenda da caratteristiche stilistiche “interne” alla musica e quanto invece
da più ampi condizionamenti culturali è un problema che non intendo affrontare in questa
sede. Chiunque abbia intrapreso anche per breve tempo gli studi musicali oggi, si sarà
inevitabilmente scontrato, o sarà incontrato, con le difficoltà di imparare una nuova
scrittura, determinate posizioni di parti del corpo (mani, braccia, labbra, ecc.) tutta una
seria di nozioni e abilità tecniche che sono considerate indispensabili per poter poi
produrre musica. Per i pittori le cose sembrano relativamente più facili: chiunque può
prendere un foglio di carta, dei colori, e dipingere quello che gli pare nel modo che più gli
piace. Il risultato potrà essere più o meno interessante o bello o “artistico” ma ciò
dipenderà poco dal fatto che si conoscono i nomi esatti dei colori, i nomi delle tecniche
grafiche, ecc.
E’ rarissimo trovare qualcuno che faccia la stessa cosa con uno strumento musicale; cioè
qualcuno che si sieda al pianoforte e che senza conoscere la “grammatica” della musica, o
meglio, senza essere cosciente e senza saper verbalizzare le regole che adopera, si
metta ad inventare qualcosa che gli piace per il solo gusto di esprimersi musicalmente.
Esistono, è vero, persone che suonano “ad orecchio” ma nella maggioranza dei casi
queste persone non inventano nulla e suonano della cose che hanno imparato a memoria
con sforzi più o meno grandi, riproducendo dei comportamenti musicali che sono già stati
inventati da musicisti cosiddetti “professionisti”. Non nego che questa attività di
“riproduttori ad orecchio” della musica non possa essere estremamente piacevole e
divertente ma lo scopo che mi prefiggo è un altro: imparare ad inventare una propria
personale musica. Mi piacerebbe che con la stessa facilità con cui si prende una matita e
si tracciano delle linee su di un foglio si fosse capaci di produrre dei suoni. Il disegno che
abbiamo fatto non ci piace? Possiamo sempre stracciare il foglio (o riciclarlo). I suoni che
abbiamo prodotto non ci soddisfano? Non abbiamo nemmeno bisogno di stracciare
qualcosa.
Fra quelli che proveranno a fare le attività sonore che proporrò in questo libro forse molti
non saranno soddisfatti di quello che produrranno inizialmente. A questi sarebbe facile dire
che portino un po’ di pazienza, che acquisendo determinate abilità le loro produzioni
musicali miglioreranno. In realtà non penso affatto che le cose stiano così. Ritengo che chi
inizia ad improvvisare non sia soddisfatto delle proprie produzioni perché non le sa
ascoltare. Siamo troppo abituati ad ascoltare una musica codificata, abilmente costruita,
formata in un certo modo. Siamo difficilmente disposti ad accettare ed apprezzare una
musica inventata secondo codici meno sofisticati. Soprattutto certe libertà che bisogna
avere il coraggio di prendersi spaventano più di qualche principiante.
5
Sia ben chiaro. Esistono anche persone che un bel giorno hanno scoperto di saper
improvvisare senza saper spiegare come hanno fatto ad imparare. Possiamo supporre
che siano persone molto abili nell’interiorizzazione di modelli e comportamenti motorio
musicali. A parte questi rari casi possiamo tranquillamente constatare che la maggioranza
delle persone (compresi molti esecutori musicali) non coltiva la pratica
dell’improvvisazione musicale e se la coltiva lo fa all’interno di ben precise categorie
stilistiche (jazz, musica leggera, musica popolare, ecc.).
Con questo lavoro mi rivolgo prevalentemente a chi, desideroso di imparare ad esprimersi
musicalmente attraverso l’improvvisazione, è a caccia di strategie e di percorsi di
esplorazione un po’ diversi da quelli suggeriti da molti manuali oggi in uso.
Non ho mai creduto utili certi trattati di improvvisazione che si limitano a dare le stesse
nozioni di un qualsiasi testo di composizione e a fare qualche esempio scritto di
improvvisazione. Queste nozioni servono solo a chi sa già improvvisare e vuole ampliare il
suo bagaglio di abilità e conoscenze. Ci deve essere una fase iniziale nella quale si usano
dei modelli più semplici (o meglio, più funzionali) di quelli dati dall’armonia tonale classica,
dal contrappunto barocco, dall’arte della diminuzione rinascimentale e barocca. D’altra
parte non sono mai riuscito a sopportare la rigida autodisciplina che viene generalmente
adoperata nei generi codificati di improvvisazione come il jazz. Solo l’idea di esercitarsi per
ore e ore trasportando gli stessi patterns in tutte le tonalità e in tutte le salse mi provoca un
attacco di nausea. Non riesco a concepire l’improvvisazione come la ripetizione, con
minime variazioni, di comportamenti assimilati e memorizzati; ma quante volte vengono
considerati pregevoli quei musicisti che suonano “dal vivo” come sul disco? Per me
l’improvvisazione è esplorazione e scoperta continui, non è possibile ripetere una propria
improvvisazione a meno che non sia completamente reinventata.
Parallelamente ho “scoperto” l’efficacia dell’improvvisazione come approccio allo
strumento (nel mio caso il pianoforte). Un allievo al primo anno di studio è generalmente in
grado, dopo qualche mese di lavoro equamente diviso fra esecuzione di musica scritta e
improvvisazione, di improvvisare brani di gran lunga più interessanti, ricchi, musicali, e
tecnicamente impegnativi di quelle che riesce ad eseguire leggendo lo spartito. Quasi tutti
gli allievi si rendono conto benissimo di questa cosa e ne traggono una notevole
gratificazione.
DAVANTI ALLA TASTIERA
Nel Film “Green card: matrimonio di convenienza” con Gerard Depardieu c’è una scena
bellissima, molto istruttiva. Il personaggio, un compositore fallito di musica leggera, si trova
in un salotto “bene” dove la padrona di casa ha appena finito di suonare Mozart al piano. Il
protagonista viene invitato a sua volta ad esibirsi, per timidezza e per buona educazione
non sa dire di no, ma poi, davanti alla tastiera passa attimi di assoluta indecisione. Infine
inizia bruscamente una torrenziale improvvisazione atonale e percussiva. Il lampadario
trema, è un’orgia di dissonanze. Tutto è forte e velocissimo, non ci sono respiri o
allentamenti della tensione. Quando improvvisamente l’improvvisazione finisce c’è negli
ascoltatori un attimo di silenzio. Il suoni hanno colpito in profondità.
ESEMPIO 2.
Il primo esercizio è questo: fai sulla tastiera la cosa più veloce, aggressiva, violenta,
sonora, “brutta” e casuale (dal punto di vista della scelta delle altezze) che ti sia possibile.
E’ chiaro che io non considero affatto brutte improvvisazioni di questo tipo, anzi, esse
possiedono spesso una energia straordinaria e una bellezza indicibile, ma si tratta di un
tipo di bellezza che non è per tutte le orecchie. Chiamare quindi “brutte” queste
improvvisazioni permette di “spegnere” momentaneamente il proprio senso critico: una
cosa quasi necessaria nelle fasi iniziali.
6
L’esercizio 2 può essere conveniente realizzato a quattro mani: insegnante più allievo. E’
abbastanza frequente che, alla fine dell’esercizio, si abbia il fiatone. Questo perché la
tensione necessaria a creare il tessuto sonoro richiesto è tale che, spesso, ci si dimentica
di respirare e il diaframma ricomincia a lavorare normalmente solo alla fine dell’attività.
Con il tempo si imparerà a non dimenticarsi di respirare anche nelle situazioni più tese.
Finita l’improvvisazione chiedo agli allievi di descrivermi a parole la tastiera del pianoforte.
Lo stile delle descrizioni varia considerevolmente da persona a persona: da chi si
accontenta di dire «Ci sono dei tasti» fino a chi mi descrive la forma e le dimensioni di
ogni singolo tasto, li conta!, mi dice i nomi dei suoni a cui corrispondono, ecc. Il grado di
accuratezza, la precisione o la fantasiosità di queste descrizioni verbali rivelano molto
chiaramente certi tratti del carattere e delle capacità osservative delle persone. Quasi tutti
osservano, fra le altre cose, che ci sono dei tasti neri e dei tasti bianchi, oppure dei tasti
“bassi” e dei tasti “alti”.2 Non ho mai sentito la descrizione di un non vedente ma credo che
sarebbe molto interessante. Chiedo spesso ai vedenti di chiudere gli occhi e descrivere
quello che sentono toccando la tastiera.
SUI TASTI NERI.
Tutti vedono o sentono, al tatto, la differenza fra tasti bianchi e tasti neri. Iniziamo dai tasti
neri perché sono più “dentro” allo strumento, perché sono più “difficili” (è facile scivolare
sui tasti bianchi), perché formano una scala pentafonica, perché mi sono più simpatici,
ecc. Suonare un tasto nero alla volta, nell’ordine che si preferisce. Poi passare al
seguente esercizio:
ESEMPIO 3
Suonare un tasto nero alla volta, ma procedendo il più velocemente e furiosamente
possibile. Grandi salti sulla tastiera. Rapidissimi spostamenti da un zona all’altra della
tastiera.
E’ importante osservare come l’allievo tiene le mani in questa attività. La varietà delle
posture “naturali” della mano è inimmaginabile e altamente rivelatrice delle attitudini
motorie, e forse non solo motorie, di ciascuno. Alcuni chiudono la mano a pugno tranne
l’indice che viene usato per “colpire” i tasti, altri assumono posture rigide e variamente
contratti, solo una minoranza assume una posizione aperta della mano, come se dovesse
planare sulla tastiera, e usano più di uno o due dita, A lezione finita annotare se possibile
su un quaderno una descrizione del modo spontaneo di atteggiare le mani. Personalmente
realizzo questo gioco di velocità sui tasti neri tenendo la mano aperta e utilizzando i soli
indici.
Questa attività, e tutte quelle che seguiranno, si possono realizzare a due e a quattro (o
tre o cinque o sei) mani. Generalmente uso entrambi i tipi (solistico e in duo o trio) di
realizzazione ma, soprattutto nella fase iniziale, privilegio le esecuzioni a quattro mani
(insegnante + allievo). Suonare a quattro mani è più bello, più rassicurante, più
coinvolgente. Se l’allievo dimentica momentaneamente, come succede, le regole
dell’attività, può lavorare temporaneamente per imitazione dell’insegnante.
Anche una attività semplice come questo esercizio viene realizzata in maniere molto
diverse: certi allievi dopo alcuni secondi cominciano ad usare maggiormente la mano
predominante e qualcuno arriva a dimenticare pressoché completamente l’esistenza
dell’altra mano che rimane inutilizzata. In questi casi propongo di ripetere l’attività usando
solo la mano non prevalente e poi entrambe le mani ma guardando sempre quella non
2
“Bassi” e “alti” rispetto al piano orizzontale, quindi una caratteristica prettamente visiva
che nulla ha a che fare con l’acutezza dei suoni.
7
prevalente. Prendere nota di questi vistosi sbilanciamenti a favore del lato prevalente.
Generalmente dopo qualche mese tutti riescono a controllare il loro lato dominante e a
non “dimenticare” quello non dominante. E’ interessante notare però che questo
sbilanciamento a favore del lato prevalente riappare spesso in situazioni di particolare
difficoltà (dovute a consegne troppo difficili e complesse o a eccessiva velocità) o in
situazioni di stanchezza, di demotivazione, di noia.
Ci sono alunni che concentrano il loro lavoro in una piccola parte della tastiera senza
spaziare ai lati. Per quello che ho potuto constatare, se tale comportamento permane
nonostante gli inviti verbali, gli esempi pratici e le attività appositamente pensate per
ampliare queste piccole “zone di lavoro”, ci si trova di fronte ad un notevole problema.
Insicurezza e carattere particolarmente ostinato sono probabilmente alla base di questo
comportamento. La strategia che ho usato in questi casi è quella di “allargare” il suonare i
tasti neri fino a suonare qualsiasi oggetto della stanza e obbligando quindi gli
improvvisatori a stare in piedi ed a compiere grandi spostamenti con tutto il corpo. Ad
esempio attraversare la stanze per andare a suonare la porta. Riducendo poi
gradualmente lo spazio a disposizione non viene però cancellato il gusto per i movimenti
ampi e veloci. In una fase intermedia si può decidere di suonare tutto quanto è
raggiungibile dalle proprie braccia stando seduti al pianoforte. A volte capitano allievi “iperesplorativi” che non hanno nessun bisogno di essere stimolati in tal senso. Allievi, ad
esempio, che “invadono” la mia zona di tasti neri nelle improvvisazioni a quattro mani.
Lavorare e suonare con queste persone è una vera gioia.
Se si osserva come viene svolta questa semplice attività si scoprono anche altre cose
molto interessanti.
Nella maggioranza dei casi l’attività viene realizzata attraverso un uso alternato delle due
mani: destra, sinistra, destra, sinistra, ecc. Suppongo che questo comportamento
spontaneo e naturale si da mettere in relazione con la struttura bilaterale del nostro corpo
e con alcuni comportamenti motori fondamentali (camminare a due e a quattro zampe).
Questa alternanza non c’è però nei bambini molto piccoli: quelli ai quali quando chiedi il
piede destro per infilare la scarpa ti offrono entrambi i piedi. Chiunque abbia osservato
cosa fa un bambino di uno o due anni alla tastiera avrà notato che i suoi gesti consistono
prevalentemente nel percuotere con ambedue le mani contemporaneamente la tastiera. A
tre e quattro anni è invece frequente vedere i bambini andare a suonare la nota più acuta
e quella più grave dello strumento, a costo di incredibili acrobazie sullo sgabello. Verso i
cinque anni è frequente percorrere tutta la tastiera da sinistra a destra e viceversa e
contare per quanto possibile i tasti. Questi comportamenti che appaiono in tutti i bambini in
modo abbastanza indipendente da fattori ambientali sono forse da mettere in relazione
con lo sviluppo psicofisico della persona. Che io sappia non esistono ricerche pubblicate
che riguardino lo sviluppo dell’espressione sonora analoghe alle numerose pubblicazioni
sui disegni dei bambini e sulla decifrazione e lettura degli stessi. Esistono, è vero, i lavori
di Werner3 di Gardner, Wolf4 e di Davidson5 che però si occupano esclusivamente delle
produzioni infantili vocali, e la loro preoccupazione costante sembra essere quella di
chiarire lo sviluppo del canto infantile in rapporto al sistema tonale. Quello che interessa a
3
Werner h., (1940) Comparative Psycology of Mental Development, New York,
International Universities Press, inc; Trad. it.: Psicologia comparata dello sviluppo mentale,
Firenze, Giunti-Barbera, (1970)
4
Gardner, H., Wolf, D. (1983), The wawes and streams of symbolisation, in D.
5
Davidson, L., (1985) Tonal structures of Children’s Early Songs, in Music Perception, 2,
361-374.
8
me è invece un codice più ampio e generale che metta in rapporto i comportamenti
generali della produzione sonora (tonale o non tonale che sia) con i comportamenti motori.
Un bambino posto di fronte ad un pianoforte userebbe le stesse strategie di esplorazione e
di manipolazione sopra descritte anche se l’accordatura del pianoforte fosse
completamente alterata e non tonale. Sono anche convinto che tutte le attività sonore
(quelle iniziali soprattutto) sono costruite prevalentemente secondo codici tattili, motori,
visivi e che solo in un secondo momento il sistema uditivo e quello mnemonico diventano
predominanti. Il che non significa affatto che gli altri aspetti scompaiano ma molto
probabilmente essi continuano ad operare ad un livello più profondo (subliminale?
Inconscio?) della comunicazione sonora.
Nel dare le consegne per l’esempio 3 non ho specificato in che modo finire l’attività. Ci
sono molti modi di concludere: c’è chi interrompe l’attività di punto in bianco con una
fermata netta e improvvisa (= non prevedibile); c’è chi scopre gradualmente nel corso
dell’improvvisazione di non avere regole per la conclusione e continua sempre più
intimorito e incerto, rallentando e guardandosi attorno, in qualche caso chiedendo
esplicitamente: “Come devo finire?”; c’è chi già al primo tentativo produce nella fase
conclusiva un climax subito seguito da una rapida caduta di tensione, utilizzando già in
embrione tutti gli elementi della cadenza. Nelle improvvisazioni a quattro mani il problema
è in parte risolto perché si instaura una comunicazione tra me (insegnante) e l’allievo e
quasi sempre i miei comportamenti conclusivi sono recepiti al volo e assecondati.. Però
non ritengo opportuno che l’insegnante si assuma sempre il ruolo di conduttore del gioco.
Nella maggior parte dei casi sono io che assecondo le intenzioni dell’allievo e “chiudo”
quando capisco che lui vuole “chiudere”.
Ripeto che è importante, già da queste prime attività, osservare l’allievo, senza metterlo in
imbarazzo, per cominciare a capire il suo stile motorio. Quasi nessuno esegue alla
perfezione le consegne date. Ho osservato allievi che “dimenticavano” cioè decidevano
più o meno coscientemente di ignorare o non rispettare completamente delle regole
ritenute non essenziali in quel momento e in quella data attività. C’è chi tralascia i grandi
salti per fare dei comodi ribattuti su pochi tasti vicini riuscendo così ad andare più veloce.
C’è chi dimentica gradualmente di fare gli staccati perché troppo impegnativi sul piano
muscolare. C’è chi dimentica di fare gli staccati solo con la mano non dominante e la
lascia riposare su tranquilli suoni tenuti. C’è chi imita molto il lavoro dell’insegnante e chi lo
ignora completamente. C’è chi si accorge di essere imitato in qualche particolarità
dall’insegnante e chi non se ne accorge affatto. C’è chi affronta il gioco con
determinazione e chi domanda dopo qualche secondo con uno sguardo supplichevole:
“Va bene così?” oppure “Devo continuare?”
Quando ne ho avuto la possibilità e ne ho sentito il bisogno ho utilizzato vari strumenti a
percussione per accompagnare le improvvisazioni dell’allievo. Qualche volta o usato
questi strumenti per dare un segnale che indicasse ad esempio la conclusione dell’attività
(un colpo di piatti, un rullo di tamburo, ecc.). Ho utilizzato spesso l’inversione dei ruoli: io
improvvisavo al pianoforte mentre l’allievo mi accompagnava e dava i segnali con le
percussioni. Sia che si lavori a quattro mani al pianoforte sia che si lavori con le
percussioni un aspetto interessante da analizzare è la coordinazione ritmica tra
insegnante e allievo.
In teoria l’esempio 3 dovrebbe essere svolto con un ritmo non misurato, dovrebbe essere
difficile per l’ascoltatore stabilire una pulsazione di base, un tactus comune. In realtà
succede spesso che ci si stabilizza poco a poco attorno ad un tactus condiviso e
relativamente costante. Quando questo succede cerco di fare in modo che ciò non diventi
la norma alterando volontariamente la pulsazione di base e improvvisando “contro” il
tempo dell’allievo. Solo in rarissimi casi mi sono capitati allievi capaci di conservare un loro
tactus, diverso dal mio, per più di qualche secondo. Ho valutato diversamente questa
9
capacità a seconda dei casi: chi generalmente si adattava ai miei cambiamenti di tactus e
solo in qualche caso (e con evidente sforzo di concentrazione e autocontrollo) era in grado
di mantenere il proprio tactus era in genere chi si dimostrava più coordinato e sciolto in
ogni attività. Chi invece prendeva sempre il solito tactus e lo manteneva invariabilmente,
senza sforzo apparente, per tutta la durata dell’improvvisazione nonostante le mie
“acrobazie” ritmiche per “buttarlo fuori”, era di solito rigido e bloccato anche in altre attività.
Soprattutto per questi ultimi allievi potrebbero essere utili le seguenti attività.
ESEMPIO 4
Si lavora per imitazione, in piedi davanti alla tastiera. Parte l’insegnante facendo un
percorso da sinistra a desta (o viceversa) sui tasti neri del pianoforte. L’allievo segue
cercando di imitare il più esattamente possibile il “percorso” dell’insegnante. Arrivato
all’estremità della tastiera l’insegnante passa dietro le spalle dell’allievo (che sta
completando il suo percorso) e ricomincia con un nuovo percorso dal punto di partenza.
L’attività è divertente e coinvolgente solo se viene fatta come una gara di velocità e
destrezza, se ad ogni nuovo giro il modo di fare il percorso cambia notevolmente. Il fatto di
doversi muovere velocemente con tutto il corpo finisce sempre per condizionare anche la
sola attività delle mani, inoltre, se l’insegnante-guida propone brusche fermante,
accelerandi, rallentandi, crescendi, diminuendi, ecc. in combinazioni sempre nuove ed
imprevedibili l’allievo si troverà a fare delle cose che da solo non avrebbe mai realizzato.
Una volta che il meccanismo dell’imitazione è stato sfruttato a fondo e si è costruito un
repertorio ricco di gesti si invertono i ruoli ed è l’allievo che “guida” e l’insegnante che
segue per imitazione.
Per fare l’attività dell’esempio n° 4 in modo molto veloce ci vuole scatto, nervosismo, una
buona coordinazione occhio-mano, più veloci si va e più è facile sbagliare: Questi errori
fanno parte dell’improvvisazione e la loro presenza è ineliminabile. La percentuale degli
errori sarà maggiore o minore a seconda della difficoltà delle consegne, del grado di
concentrazione, della stanchezza, ecc. nella maggioranza dei casi questi errori sono
creativi nel senso che rivelano nuove possibilità e nuove soluzioni che non si sarebbero
mai potute prevedere a freddo. Saper sfruttare e valorizzare gli errori nelle proprie
improvvisazioni è una capacità che deve assolutamente essere coltivata e sviluppata. Non
riesco a concepire una improvvisazione priva di imprevisti e di deviazioni, più o meno
grandi, del percorso di base. Ogni improvvisazione deve essere una ricerca ed una
scoperta continua di materiali prevedibili ma anche non prevedibili. Ritengo quindi
perfettamente logico che in una improvvisazione così concepita ci siano dei momenti di
caduta di tensione, di stanchezza.
ESEMPIO 5
Seduti alla tastiera. Partire come all’esempio 3 ma rallentare gradualmente man mano che
le mani si allontanano fra loro. Accelerare gradualmente man mano che le mani si
riavvicinano fra loro.
Se noi allontaniamo le mani verso le estremità della tastiera assai difficilmente riusciamo a
farle entrare entrambe nel nostro campo visivo e l’occhio è costretto a muoversi
velocemente da destra a sinistra per vedere dove sono i tasti neri.
E’ utile notare come, anche in una attività apparentemente facile ed elementare come un
rallentando, ognuno abbia un “suo” stile, un suo modo di rallentare. Mi è capitato una volta
il caso curioso di un allievo, diplomato in pianoforte, che, per quanto si sforzasse, non era
capace di realizzare un rallentando progressivo e graduale. Il suo rallentando era, per così
dire, “a terrazze”: un breve frammento ad una certa velocità accostato ad un frammento
successivo a velocità nettamente minore , e cosi via. Anche suonando a quattro mani non
riuscivo ad influenzare e “guidare” il suo rallentando. L’esempio classico del treno che
10
rallenta fino a fermarsi non sembrava avere nessun effetto su di lui. La richiesta di diluire il
rallentando in un tempo lunghissimo, come potrebbero essere cinque minuti d’orologio,
non ebbe effetto nel senso che, per quanto lui avesse davanti agli occhi un orologio con
cronometro che poteva tenere d’occhio durante l’improvvisazione, non riusciva ad
estendere l’esecuzione di un rallentando per più di trenta o quaranta secondi. C’era un
limite di lentezza oltre al quale i suoi gesti non scendevano in nessun caso. All’epoca non
riuscii a trovare alcuna strategia efficace. Il mio errore fu probabilmente quello di voler
insistere sul rallentando eseguito al pianoforte. Sarebbe probabilmente stato più utile
scendere giù in cortile e provare a correre rallentando fino a sembrare quasi immobili,
organizzare dei rallentandi di gruppo6 nei quali sincronizzare il proprio gesto con quello del
gruppo, ecc.
ESEMPIO 6
Rifare l’attività descritta all’esempio 5 ad occhi chiusi.
La tendenza, nelle ultime due attività è quella di rallentare e accelerare il meno possibile.
Invito allora, verbalmente e suonando, ad esagerare moltissimo i rallentandi e gli
accelerandi. Anche in questo caso ognuno ha il “suo” stile spontaneo di rallentando e
accelerando: a “terrazze”, molto breve, ecc. secondo una curva che è diversa per
ciascuno.
Lo studio delle “curve” dei rallentandi e accelerandi potrebbe essere molto utile in sede di
analisi dell’interpretazione e si potrebbero inventare dei giochi di imitazione per acquisire
la capacità di realizzare diverse curve secondo la propria volontà e anche la capacità di
imitare le curve dei grandi interpreti. Del resto questo già succede tutte le volte che si
ascoltano varie incisioni di uno stesso pezzo e si decide di risolvere quel certo passaggio
nello stesso modo dell’esecuzione di x y. L’assimilazione per imitazione è una prassi
corrente nello studio dell’interpretazione.
ESEMPIO 7.
Una mano rimane ferma su di un solo tasto mentre l’altra è libera di spaziare su tutti i tasti
neri anche con grandi salti. Sempre più veloce possibile.
Anche nella realizzazione di questa attività si tende ad affidare alla mano predominante il
lavoro più difficile (= muoversi molto sulla tastiera). Provare sempre a rovesciare il ruolo
delle mani. Inoltre, con questa attività, si scopre il pedale. La presenza costante di una
certa altezza durante l’improvvisazione avvicina immediatamente il risultato sonoro a
qualcosa di tonale; il suono maggiormente presente diventa subito lo sfondo, la tonica, il
punto di riferimento. All’interno di una stessa improvvisazione si può alternare la
distribuzione del lavoro fra le mani in modo che le mani si trovino impegnate
alternativamente nel ruolo di “suono fisso” e nel ruolo di libera ricerca sui tasti neri. La
“tonica” può essere sempre la stessa o cambiare ad ogni inversione del ruolo delle mani.
La mano libera può incrociare l’altra mano scavalcandola.
In questa fase si può già cominciare ad affrontare la scrittura musicale. Non intendo la
scrittura musicale convenzionale, che in questo contesto risulta scarsamente efficace, ma
scritture intuitive che aiutino la memoria a fissare certi percorsi sonori. Un bellissimo gioco
consiste nello “scrivere” sulla schiena dell’improvvisatore con il tatto il percorso da seguire
con una modalità che ricorda molto da vicino il pegno della lettera dei giochi infantili. Il
senso del tatto sulla schiena dell’improvvisatore diviene così il lettore di una scrittura
esclusivamente tattile. Il passo successivo è quello di inserire un passaggio intermedio nel
quale quello che io scrivo sulla schiena dell’improvvisatore prima di essere suonato deve
6
Come, ad esempio, il gioco delle onde da fare tutti insieme con delle vecchie tende sottili
o con dei paracadute usati.
11
essere disegnato su di un foglio di carta posto sul leggio. Consiglio di usare una penna o
matita per ciascuna mano contemporaneamente. Si ottengono disegni simili ai seguenti.
Una volta toccato l’aspetto della scrittura ogni gioco di improvvisazione può diventare
anche un gioco di scrittura. E’ molto importante cambiare costantemente la successione
delle operazioni. In alcuni casi si scrive quanto si è improvvisato per poi leggere in un
secondo momento la notazione. In altri casi prima si scrive e poi si suona, Non trascurare
mai di invertire i ruoli fra insegnante e allievo o fra i diversi allievi. Credo che l’insegnante
debba assolutamente mettersi in gioco e prendere spesso il posto dell’allievo nelle attività.
Ma, attenzione, in tal caso non fingere di essere allievi: non c’è niente di più assurdo e
noioso di un professionista che fa finta di non essere capace o di avere delle finte
difficoltà. I bambini individuano e rifiutano immediatamente tale falso modo di mettersi alla
pari. L’insegnante suona al meglio delle sue possibilità.
Più sopra ho detto che questi primi esercizi possono essere realizzati usando un solo dito
per ciascuna mano. Ovviamente questa non è l’unica realizzazione possibile: si possono
utilizzare le mani chiuse a pugno in varie posizioni, il palmo della mano aperta, la mano
rigida e verticale come nella famosa mossa del karatè. Oppure due dita per ogni mano
contemporaneamente (bicordi) o alternate in successione. Quest’ultima possibilità porta
facilmente ad un esercizio considerato, nel periodo barocco, fondamentale per la tecnica,
quello del trillo. Si possono usare tre dita per ciascuna mano, quattro dita (non utilizzando
il pollice) e infine con tutte le dita.
12
ESEMPIO 8
Ciascuna mano lavora su un numero molto limitato di suoni (tre o quattro tasti vicini).
E’ una attività più “ferma” e noiosa delle precedenti. Anche il risultato sonoro è
generalmente più povero. A questo punto può essere strategicamente utile lavorare sui
titoli. Il risultato dell’attività è abbastanza noioso: proviamo a renderlo ancora più noioso in
qualche nodo.
TITOLI PER ESPLORARE.
Sul pianoforte l’intensità dei suoni prodotti cambia a seconda della forza con cui si
abbassano i tasti. Se si sfiora un tasto leggermente il suono che ne uscirà sarà debole. Se
il tasto viene toccato troppo leggermente non ne uscirà addirittura nessun suono (solo il
rumore lievissimo del polpastrello e del legno). Man mano che i tasti vengono colpiti con
più violenza aumenta anche l’intensità dei suoni prodotti.
L’intensità dei suoni è una componente espressiva fondamentale. Prendendo in
considerazione il parametro dell’intensità abbiamo la possibilità di orientare
espressivamente le nostre improvvisazioni anche aiutandoci con titoli o immagini.
ESEMPIO 9
Si comincia lentissimi, con dei suoni staccati leggerissimi e lontani fra loro. Le mani,
sempre piuttosto lontane fra loro, si spostano con dei grandi (lentissimi) salti. Molto
gradualmente si accelera, si aumenta la forza e quindi l’intensità dei singoli suoni e le mani
restringono l’ampiezza dei loro salti. Si arriva fino al massimo della velocità possibile per
ciascuno. Proprio al massimo della velocità ci si interrompe bruscamente e
inaspettatamente con una lunga pausa. Si riprende ancora come all’inizio ma brevemente,
senza accelerare e con il pedale di risonanza abbassato. Lasciar vibrare fino alla completa
estinzione del suono.
TITOLO: LA CASCATA.
La pausa che interrompe questa attività poco prima della conclusione è la classica pausa
di sospensione. La sua durata non è fissabile in maniera precisa. Nella scrittura
tradizionale gli si metterebbe senz’altro la corona. Non tutti sanno eseguire delle belle
pause coronate. Ricordo che durante una prova con un violinista ci imbattemmo in una
pausa coronata che, all’interno di un adagio, aveva la stessa funzione di sospensione
improvvisa. (Il mio compito era quello di realizzare il basso continuo.) Il violinista faceva
sempre una pausa troppo breve e la ripresa del tactus di base sembrava arrivare sempre
troppo presto e non abbastanza “desiderata”. Ricordo che arrivai al punto di suggerire di
contare mentalmente durante la pausa, di fare un giro su se stessi, di fare un giro attorno
al leggio, di fare un giro attorno all’organo! Non ci fu nulla da fare: tutte quelle azioni erano
realizzate così velocemente e rigidamente che la pausa sembrava sempre troppo breve.
Anche in quel caso non riuscii a trovare una strategia efficace e capii che qualsiasi “trucco”
avrebbe fallito perché l’ostacolo non era musicale o tecnico. In quell’occasione ebbi una
sorta di conferma intuitiva che le pause sono le “finestre” della musica: attraverso di esse
si può guardare e ascoltare il mondo che vive al di fuori e attorno allo spartito musicale.7
7
Tutte le volte che mi è capitato di suonare in pubblico (e per un’organista è
un’esperienza pressoché quotidiana) per me è stato fondamentale ascoltare il pubblico. I
mille suoni che il pubblico produce, e che durante le pause sono estremamente evidenti,
sono la risposta più sincera e immediata a ciò che io propongo suonando.
13
Ma, sempre attraverso le pause, l’ascoltatore può sentire tutto ciò che vive “all’interno”
dello spartito musicale e ciò significa, in primo luogo il carattere, la personalità e il mondo
interiore dell’interprete. In quell’occasione ebbi la netta sensazione che una pausa molto
lunga, e soprattutto quando questa lunghezza è lasciata alla discrezione dell’esecutore,
può rivelare “troppo”, può lasciar vedere e sentire cose che non si vorrebbero comunicare.
Del resto è così anche nella vita di tutti i giorni, certi silenzi comunicano di più e meglio di
molte parole.
Oggi sono convinto che quando si presentano queste curiose “amusie” è perfettamente
inutile insistere e voler risolvere a tutti i costi quello che in realtà è una scelta ben precisa,
anche se spesso inconsapevole, o forse un sintomo. Credo che sia molto più utile, in
questi casi, fare un passo indietro per poter avere una visione più ampia della personalità
che abbiamo di fronte e lavorare sulle capacità piuttosto che sulle incapacità.
Variando le intensità dei suoni abbiamo, in linea di massima, i seguenti possibili
comportamenti:
• Tutti i suoni piano
• Tutti i suoni forte
• Passaggio graduale dal piano al forte e viceversa
• Molte note piano e ogni tanto qualcuna suona forte (il contrario sembra scarsamente
efficace sul piano percettivo)
• Zone caratterizzate da bruschi passaggi dal piano al forte e viceversa.
Si potrebbe fare un diagramma dell’andamento delle intensità
Forte
Piano
ESEMPIO 10
Improvvisare leggendo il profilo dinamico sopra riportato. Inventare altri profili, o ricavarli
da immagini, e improvvisare.
DURATE.
Fino ad ora abbiamo sempre cercato di percuotere i tasti molto brevemente cioè staccato:
come se i tasti scottassero. Introduciamo ora una nuova possibilità, quella di tenere i tasti
abbassati più o meno a lungo e ottenere così dei suoni più o meno lunghi. Ci si accorgerà
che, sul pianoforte, il suono continua, anche se con intensità sempre più debole, fino a
quando non togliamo il dito dal tasto. Solo se noi teniamo abbassato un tasto per
moltissimo tempo il suono si indebolisce progressivamente fino a spegnersi del tutto.
Esplorare le varie zone della tastiera e scoprire in quali zone i suoni durano di più.
Anche con questo nuovo “ingrediente” sono possibili diverse attività:
• Tutti i suoni possono avere più o meno le stessa lunghezza
• Si può passare da suoni lunghi (tenuti) a suoni brevi (staccati) sia bruscamente che più
o meno gradualmente
• Una mano improvvisa con suoni tenuti mentre l’altra improvvisa con suoni staccati
E’ possibile, con una semplice scrittura parametrica, tracciare un piano di quello che si
vuole improvvisare come, ad esempio, il seguente:
14
Tempo
Le linee lunghe indicano suoni tenuti e quelle brevi o i punti indicano suoni staccati.
Sostituendo alle linee lunghe il simbolo della semibreve e alle linee brevi quello della
croma possiamo già lavorare con i primi simboli della scrittura tradizionale
ee e e e w
w
w
eeew
eeeeeee
Disponendo le note non sulla stessa linea ma su altezze diverse possiamo già cominciare
a lavorare sulla dimensione dell’altezza e sulla sua notazione nella scrittura tradizionale.
ESEMPIO 11
Si inizia con dei suoni molto lunghi, fortissimi e lontani fra loro. Ad un certo punto,
improvvisamente ed inaspettatamente si passa a dei suoni brevissimi e leggerissimi, molto
veloci e vicini tra loro. Infine si conclude con dei suoni veloci sempre più forti, interrotti
sempre più spesso da suoni lunghi sempre più deboli e leggeri. All’ultimo suono lungo, che
va tenuto da una mano fino alla completa estinzione del suono, si sovrappongono isolati
suoni staccati sempre più deboli e lontani.
TITOLO: PAESAGGIO.
PEDALE DI RISONANZA
Se ora guardate verso i vostri piedi vedrete che nella parte bassa del pianoforte ci sono
due o tre pedali. Il pedale di destra si chiama pedale di risonanza e se voi lo tenete
abbassato con il piede ha la proprietà di lasciar vibrare i suoni anche dopo che voi avete
staccato il dito dal tasto.
ESEMPIO12
Improvvisare un piccolo frammento senza pedale di risonanza e poi cercare di ripeterlo
identico tenendo il pedale di risonanza sempre abbassato.
TITOLO: LE DUE CITTÀ.
15
Il pedale di risonanza può essere usato in molti modi:
• Lo potete tenere sempre abbassato per tutta la durata della vostra improvvisazione
• Potete abbassarlo e rialzarlo più volte, tenendolo o togliendolo più o meno a lungo
• Un effetto piuttosto raffinato si ottiene suonando prima molti suoni con il pedale
abbassato, poi due o tre suoni lunghi e, tenendo i rispettivi tasti sempre abbassati, si
toglie il pedale. In sostanza tutti gli altri suoni spariscono e rimangono solo quelli che in
quel momento si stanno tenendo abbassati.
ESEMPIO 13
Prima di improvvisare pensare a che cosa si vuole fare e costruirsi un semplice piano
mentale, o mappa, da seguire durante l’improvvisazione. Se si dimentica che cosa si era
deciso di fare vuol dire che la mappa è troppo complicata.
Può capitare durante l’improvvisazione che si sia talmente presi da quello che si sta
facendo che, si abbandoni momentaneamente il piano prestabilito. Queste deviazioni di
percorso sono senz’altro ammissibili e qualche volta succede che il risultato ci piaccia
talmente che vale la pena di annotarsi da una parte che cosa si era improvvisato per
saperlo ritrovare in improvvisazioni successive.
TITOLI PER ESPRIMERE
In tutte le attività proposte fino ad ora non si è mai messo in evidenza il carattere
espressivo delle improvvisazioni. Alcuni elementari comportamenti espressivi gli abbiamo
già incontrati. Per tutti infatti è istintivo e naturale, quando si procede lentamente, tenere i
suoni più lunghi, usare poca forza nell’abbassare i tasti e quindi produrre
complessivamente una sonorità morbida e dolce. Il risultato espressivo è qualcosa di
rilassato, privo di tensione, dolce e morbido.
Viceversa con la velocità risulta più naturale suonare note staccate, affondare con
violenza i tasti (fino a sentire bene il “fondo” del tasto cioè il punto di arrivo della corsa del
tasto con il legno che si appoggia sul feltro), dare in sostanza un carattere energico e
agitato.
Se consideriamo i due caratteri che abbiamo appena visto come due opposti possiamo
pensare a tutta una graduazione di caratteri intermedi.
ESEMPIO 14
Andare veloci ma evitare di percuotere con energia i tasti. Cercare invece una certa
leggerezza nella velocità. Per concludere non rallentare ma inserire via via della pause
sempre più lunghe.
TITOLO: UN VENTO LEGGERO, LEGGERO, LEGGERO…
ESEMPIO 15
Procedere molto lentamente con suoni lunghi e con una certa energia. Privilegiare la zona
grave (verso sinistra) della tastiera. Ad un certo punto cominciare ad abbreviare
gradualmente i suoni e salire verso la zona acuta. Concludere come all’esempio
precedente ma utilizzando i suoni acutissimi della tastiera.
16
TITOLO: ANDAVO AD UN FUNERALE ED ERO TRISTE. POI FACCIAMO CHE MI
DIMENTICAVO DI ESSERE TRISTE E DIVENTAVO ALLEGRA (Valentina, 8 anni).
Se si lavora con pazienza e determinazione alla ricerca di nuovi caratteri si potrà scoprire
una grande varietà di sfumature espressive. Solitamente nei primi tentativi non si riesce
che a fornire dei caratteri molto semplici e molto contrastanti. La vera difficoltà è rendere le
sfumature ma ciò non è dovuto tanto a problemi di tipo tecnico quanto piuttosto dalla
difficoltà di avere le idee chiare su che cosa si vuole esattamente esprimere. Credo che
per sapere che cosa si vuole esprimere sia importante avere molti stimoli culturali. Può
essere di aiuto avere in mente e voler esprimere musicalmente l’atmosfera di una certa
scena di un film, di una pagina di un libro, di un verso di una poesia, di un quadro, di una
fotografia, di un disegno geometrico, di un ricordo personale, ecc.
ESEMPIO 16
Leggere mentalmente il seguente testo e contemporaneamente improvvisare una musica
espressivamente affine:
“Non sembrava neppure un mezzogiorno d’inverno. Il sole lasciava cadere sulle strade
una chiarità morbida, che non bruciava, ma il cui calore accarezzava come una mano
femminile” [Jorge Amado, Capitani della spiaggia, Garzanti, 1988, pag. 113]
Se vogliamo indicare gli elementi espressivi che caratterizzano questo frammento
potremmo elencare sommariamente: dolcezza, morbidezza, tranquillità senza malinconia
ma con un pizzico di gaiezza.
Ecco altri frammenti dello stesso autore con caratteri diversi.
ESEMPIO 17
“Le colline, la musica della chitarra, il samba che un negro cantava, restavano indietro. I
piedi scalzi di Dora si bruciano sull’asfalto bollente. Zé Fuinha cammina tutto allegro
guardando la città per lui sconosciuta, i tram che passano affollati, gli autobus che
strombettano, la folla che riempie le strade.”
ESEMPIO18
“…mesi d’inverno in cui le piogge sono lunghe e Natale ancora molto lontano”
ESEMPIO 19
“La pace della notte avvolge il vecchio deposito”
ESEMPIO 20
Tutta l’immonda babele del frastuono.”
17
ESEMPIO 21
(agitandosi) Che tempesta! Che notte! Una certamente vera notte carezzevole, una notte
di Cina, una pestilenziale notte in porcellana di Cina. Notte di tuono nel mio ventre
incongruo. [Pablo Picasso, Il diavolo preso per la coda, Feltrinelli, 1964.]
ESEMPIO 22
- Ah! Come m’annoio…
Taci, che siamo in visita. [Pablo Picasso, Il diavolo preso per la coda, Feltrinelli, 1964.]
Volendo avere dei suggerimenti più astratti si potranno leggere gli scritti che parlano
specificatamente del carattere e dell’espressione di qualche cosa. Ad esempio Johann
Mattheson così descrive nel 17398 i caratteri delle varie tonalità:
• Qualcosa di devoto e quieto, ma anche qualcosa di grande, piacevole, felice…è
capace di rendere…la quieta dell’animo
• Esprime sentimenti di tenerezza e sollievo, nostalgia e soddisfazione, un lamento
misurato e una temprata allegria.
• Qualcosa di lamentoso e rilassato, invita al sonno.
• Penosa, assorta, turbata e triste, col desiderio di essere consolata, … adatta al
lamento.
• Carattere un po’ rude e arrogante, ma può esprimere anche gioia e felicità.
• Aspra e movimentata, adatta alle cose guerresche, rumorose, movimentate.
• Amabile e un po’ triste.
• Profonda e pesante, con qualcosa di disperato come l’angoscia della morte, ed è
straordinariamente movimentata. Produce una nera malinconia dalla quale non c’è
riparo, e lutto e paura.
• Divertente e brillante.
• Disperazione e mortale tristezza.
• Bizzarro, malinconico, svogliato.
• Languido e innamorato.
Nella Vita di Rossini di Stendhal si trovano molte descrizioni del carattere di certe musiche
che noi possiamo usare come modelli:
• Esso esprime perfettamente il tono e l’incanto di una conversazione amabile, tra gente
animata da sentimenti vivaci ma che non si lasciano andare alla felicità, per ora, di
parlarne.
• Tenerezza che non consente ne melanconia, ne sventura.
• Piccante e vivacissima.
• Grazia e leggerezza.
• Tragico e fosco.
• Dolce malinconia.
LA RIPETIZIONE DI QUALCOSA.
Nelle attività precedenti sarà capitato a volte di ripetere alcuni suoni o ritmi più volte. Il
procedimento della ripetizione verrà d’ora in poi usato volontariamente. Ci si accorgerà
8
Johann Mattheson, Der Vollkommene Cappelmeister,
18
che è molto facile ripetere brevi frammenti ma che man mano che la lunghezza del
frammento aumenta diventa sempre più difficile ricordarlo esattamente e quindi ripeterlo.
Nella ripetizione di un frammento possono intervenire modifiche più o meno rilevanti ma in
questo caso non si parla tanto di ripetizione quanto di variazione. Vedremo meglio il
procedimento della variazione più avanti. La ripetizione ha un effetto magico, quasi
ipnotico sull’ascoltatore. Una lunga serie di ripetizioni può rilassare o esasperare
l’ascoltatore a seconda delle sue aspettative e della concreta situazione comunicativa.
ESEMPIO 23
Iniziare in modo abbastanza casuale. Scegliere un frammento che piace particolarmente e
ripeterlo fino a quando ci si stanca di sentirlo, quindi passare ad altro. (La ripetizione può
essere realizzata da una sola mano mentre l’altra prosegue diversamente.)
ESEMPIO 24
Tentare di ripetere un frammento molto lungo. A meno che non si possieda una memoria
eccezionale non si riuscirà a ripetere il frammento esattamente. Ecco che invece di una
semplice ripetizione avremo una ripetizione variata.
RITMO E METRO.
Fino ad ora non ci siamo mai preoccupati di parlare del ritmo e del metro. Questo non vuol
dire che le improvvisazioni già realizzate siano senza ritmo. Il ritmo che è stato adoperato
in molti casi sarà stato quello che generalmente si definisce “ritmo libero” o “ametria”. Però
è probabile che in qualche caso il ripetersi di qualcosa abbia dato origine ad una
sensazione di pulsazione regolare, si tratta del cosiddetto “ritmo misurato”. Se ogni due o
tre o quattro o più pulsazioni ne incontriamo una più evidente delle altre allora avremo
anche un metro regolare. Riuscire a suonare secondo scansioni ritmiche e metriche
regolari è chiamato dai musicisti “andare a tempo”. Certamente la maggior parte della
musica che si ascolta ogni giorno è costruita secondo scansioni ritmiche regolari e
misurate, questo però non vuol dire che non si possa inventare una musica secondo ritmi
non regolari e non misurati. Il discorso sarebbe lungo e attraversa tutta la storia della
musica occidentale, nella quale coesistono sostanzialmente i due tipi di organizzazione
ritmica.
Nelle attività iniziali la richiesta di andare più veloce possibile spesso avrà portato a
realizzazioni in cui il ritmo è irregolare: le pause tra una nota e l’altra hanno durate variabili
quanto sono variabili i gesti della mano e del braccio sulla tastiera. Potrà anche essere
accaduto che in certi momenti si sia prodotta una pulsazione regolare che poi si perde per
difficoltà di esecuzione o per altri motivi.
Non mi permetterei mai di dire che chi non riesce a tenere una scansione regolare della
pulsazione non è capace di andare a tempo, che non sente il ritmo. Penso piuttosto che ci
perde il ritmo regolare lo perde per esprimere (rifugiarsi, rientrare) anche solo
momentaneamente un proprio personale ritmo, non regolare, non misurato, che esprime il
se musicale dell’individuo meglio e più chiaramente di qualsiasi altra cosa. Varrebbe la
pena di meditare sul fatto che in tutta la musica della tradizione occidentale, che è
dominata, da un certo punto della storia in poi, dal ritmo regolare, è sempre presente la
preoccupazione di poter suonare (almeno in determinati momenti) con un ritmo non
regolare.
Frescobaldi chiede ai suoi esecutori di “non star a battuta” per poter esprimere gli “affetti”
della musica. All’epoca di Mozart suonare “con gusto” era considerato un requisito
indispensabile per l’esecutore. Suonare “con gusto” voleva dire inventare abbellimenti
19
estemporanei, suonare rubato, rendere il carattere del brano. Per rubato si intende un
abbandono della pulsazione assolutamente regolare per concedersi delle deviazioni in una
irregolarità utile a fini espressivi. Il rubato è anche assolutamente indispensabile
all'esecuzione della musica ottocentesca e di molta musica del novecento.
Anche in questo caso possiamo pensare che vi sono due estremi opposti e
complementari:
• Suonare con un ritmo assolutamente preciso, regolare, costante.
• Suonare in modo assolutamente irregolare, libero, imprevedibile.
In realtà questi due estremi sono delle astrazioni. Umanamente è impossibile, oltre che
inutile, suonare in modo assolutamente regolare. L’assoluta regolarità di certe macchine
(sequencers, batterie elettroniche, ecc.) produce un’impressione di meccanico, di
artificiale, di amorfo. L’assoluta irregolarità ed imprevedibilità può essere per l’ascoltatore
una esperienza profonda ed intensamente poetica oppure in certi cari insignificante o
addirittura fastidiosa. Tutto dipende da come si ascolta: con quali aspettative, in quali
condizioni fisiche e mentali, ecc.
Quello che possiamo considerare un obiettivo per le nostre attività è conquistare la
capacità di decidere volontariamente quando tenere una scansione ritmica più regolare
possibile e quando invece lasciare la regolarità per l’irregolarità
ESEMPIO 25
Iniziare con una scansione regolare che poi viene abbandonata momentaneamente ma
non bruscamente. Anche il ritorno della scansione regolare avviene poco a poco. Ripetere
più volte in zone diverse della tastiera.
TITOLO: NUVOLE CHE PASSANO.
Nel caso si abbiano delle difficoltà, cosa piuttosto rara, a tenere una pulsazione regolare si
potranno realizzare delle improvvisazioni nelle quali si pensa ad una certa scansione
verbale mentre si improvvisa. A scuola sono spesso usati a questo scopo i nomi delle
persone.
ESEMPIO 26
Improvvisare sui tasti neri del pianoforte secondo il ritmo del proprio nome scandito
mentalmente. In alternativa usare il ritmo iniziale di una canzone che si conosce.
Ci si renderà conto che con queste ultime attività a ritmo misurato si è avuto un notevole
impoverimento sul piano espressivo. Risulta molto più difficile esprimere qualche cosa con
la preoccupazione costante di non sbagliare ritmo e raramente i nostri sforzi daranno dei
risultati fruttuosi. Abituarsi fin d’ora ad alternare momenti “meccanici” a ritmo misurato a
momenti “espressivi” a ritmo libero.
E’ necessario sperimentare un grande numero di cellule ritmiche per riuscire a conquistare
una certa disinvoltura ritmica. Le cellule ritmiche, per chi conosce la musica, sono facili da
reperire nell’oceano sterminato della letteratura, o, se si preferisce, si possono inventare in
proprio.9 Per chi non ha dimestichezza con la notazione tradizionale si può ricorrere al
linguaggio verbale, all’imitazione di modelli ascoltati, all’imitazione motoria dell’insegnante
o di altri musicisti. Una volta che si è deciso di utilizzare una certa cellula ritmica, si può
pensare ad introdurre della varianti alla cellula stessa.
9
Per gli studenti un metodo di ritmica nel quale reperire con facilità moltissime cellule
ritmiche è: Bellomi, Musmeci, Sorelli, Quaderno di ritmica, Ricordi, 2000.
20
Fermarsi improvvisamente su di un suono per un certo tempo, senza proseguire, come
se ci si fosse dimenticati il seguito, dopo di che si può proseguire o ricominciare
daccapo.
• Ripetere la cellula ritmica a velocità diverse.
• Ripetere la cellula ritmica accelerando oppure rallentando.
Riuscire a padroneggiare l’aspetto ritmico delle proprie improvvisazioni è di gran lunga la
cosa più difficile e più importante. Quando si sa esattamente cosa fare dal punto di vista
ritmico qualunque scelta di altezze sembra logica e giusta. L’ascoltatore percepisce la
tensione e il carattere di un brano prima di tutto ritmicamente. Quali altezze vengono
utilizzate è un problema secondario. Si può arrivare al punto di usare una sola altezza ma
di farlo in modo ritmicamente così interessante da far dimenticare l’esistenza di tutte le
altre.
•
A PROPOSITO DELLE DITA.
Tutte le attività proposte fino a questo punto potrebbero essere realizzate suonando
unicamente con due dita. Io utilizzo gli indici. E’ molto utile realizzare gli esercizi
utilizzando un numero limitato di dita: due, tre o quattro per ogni mano. Le possibilità
“armoniche” in questo modo aumentano.
A PROPOSITO DEI TASTI.
Tutte le attività viste finora possono essere realizzate esclusivamente sui tasti neri. Ma
anche utilizzando solo i tasti bianchi. Oppure utilizzando in alcune parti i tasti neri e in altre
i tasti bianchi. Oppure, e il risultato è generalmente assai dissonante, i tasti neri con una
mano e i tasti bianchi con l’altra. Infine utilizzando tutti i tasti senza limitazioni. Si noterà
come il risultato armonico di questa ultima possibilità risulti estremamente dissonante e
atonale.
PER TROVARE ALTRI MATERIALI.
Un libro che contiene un grande numero di suggerimenti per attività di improvvisazione,
nel caso vocale, è Geometrie Vocali.10 Alcune attività, pensate per la voce, devono essere
modificate per poter essere realizzate con uno strumento, ma l’operazione e spesso facile
e, quando non facile, molto utile per sviluppare la capacità di trasferire le procedure da un
contesto all’altro.
Ecco alcune attività adattate per lo strumento molto simili a quelle suggerite in Geometri
Vocali.
ESEMPIO 27
Una mano propone una breve sequenza, come un richiamo. L’altra la riprende variandola
in un’altra zona della tastiera.
ESEMPIO 28
Una mano propone un’idea. Il frammento finale di questa viene ripreso e sviluppato
dall’altra mano così da creare una nuova melodia. La parte finale di quest’ultima serve alla
10
Fiorella Cappelli e Ida Maria Tosto, Geometri Vocali, Ricordi, 1993.
21
prima mano per iniziare una nuova sequenza. E così via.
TITOLO: DOMINO.
ESEMPIO 29
Una mano improvvisa e l’altra ripete le stesse cose in ritardo in un’altra zona della tastiera.
TITOLO: CANONE.
ESEMPIO 30
Le due mani cercano di improvvisare esattamente e contemporaneamente la stessa cosa
in due punti diversi della tastiera.
TITOLO: PARALLELISMO
ESEMPIO 31
Le due mani si muovono in modo speculare.
TITOLO: SPECCHIO.
ESEMPIO 32
Ciascuna mano lavora in modo indipendente alternando in maniera non prevedibile
momenti di attività a momenti di silenzio e immobilità.
TITOLO: SUONO - SILENZIO.
ESEMPIO 33
Una mano improvvisa una sequenza e l’altra risponde con un cluster o un accordo.
TITOLO: UNO - TUTTI
ESEMPIO 34
Una mano improvvisa una sequenza tranquilla con suoni lunghi mentre l’altra si
contrappone improvvisando in modo nervoso e scattante previ raffiche di suoni alternate a
silenzi.
TITOLO: CONTRAPPOSIZIONE DI SENSI.
ESEMPIO 35
Si scelgono due tasti a caso. Si improvvisa utilizzando esclusivamente i tasti interni a
questi limiti.
TITOLO: LIMITAZIONE DI CAMPO.
CASI NOTEVOLI DELL’IMPROVVISAZIONE.
In tutte le attività che abbiamo visto finora la componente del gioco motorio è molto forte,
probabilmente è la componente prevalente. Il risultato sonoro però non sempre
corrisponde alle aspettative dell’improvvisatore. Questo non è un problema con i bambini
22
che hanno ancora la mente aperta e accettano qualsiasi agglomerato di suoni senza
problemi (purché ci sia una qualche forma di coinvolgimento motorio o emotivo e
cognitivo). Per gli adulti e per chi ha già studiato musica invece questo è un bel problema.
Il caso classico è quello del diplomato che, non appena sente che la qualità sonora di
quello che improvvisa non corrisponde ai modelli che ha in testa, si blocca
immediatamente a causa proprio della sua capacità di autovalutazione e di autocritica.
Per questi “principianti esperti” propongo le seguenti attività.
ESEMPIO 36
Fingere di essere un attore del cinema che, in una scena, finge di suonare il pianoforte.
Poi durante il montaggio sarà inserita la registrazione di un vero pianista. Fare molta
scena, interpretare molto, cercare di esagerare moltissimo la gestualità per rendere il
carattere della musica che si finge di suonare. Equivale in un certo senso a fingere di
essere sordi.
ESEMPIO 37
Se si dispone di una tastiera o di un organo rifare alcune delle attività a strumento spento
e quindi muto. Esagerare moltissimo le intenzioni espressive in modo che chi guarda sia
perfettamente in grado di indovinare facilmente il carattere di quello che si sta
improvvisando.
TUTTI GLI IMPROVVISATORI HANNO I LORO “CASI NOTEVOLI”.
Ogni improvvisatore incontra, nel corso delle sue esplorazioni, dei materiali che lo
colpiscono particolarmente, che lo affascinano, che gli piacciono in un modo difficile da
spiegare razionalmente. Sono i materiali a cui ritorna spesso quando non ha voglia di
avventurarsi nel difficile e faticoso compito di una nuova esplorazione. Negli improvvisatori
professionisti questi materiali particolari diventano poi dei cliché che riaffiorano qua e la un
po’ in tutto il loro lavoro creando anche una unità stilistica. Questi materiali particolari che
io chiamo “casi notevoli” variano da individuo ad individuo ma alcuni sono talmente
funzionali che hanno attraversato secoli di storia. Nelle attività seguenti vedremo uno per
uno i “casi notevoli” che io ho incontrato e che ho utilizzato con i miei allievi.
ESEMPIO 38
23
Un suono tenuto fa da sfondo, l’altra mano improvvisa sui tasti bianchi. Quando non si
percepisce più la risonanza del suono tenuto si fa una pausa con la mano destra e si
ribatte il suono pedale. Si consiglia di respirare ad ogni ripercussione del suono tenuto e di
canticchiare a bocca chiusa seguendo con la voce la melodia dell’improvvisazione. La
mano destra si muove sulla tastiera preferibilmente per grado congiunto. Usare i salti con
molta parsimonia.
E’ l’attività più elementare che si possa pensare che presenti una articolazione
figura\sfondo (melodia e accompagnamento). Invece del re si può usare qualsiasi altro
tasto bianco ma le sonorità più dolci, che io prediligo in questo contesto, si ottengono con
il re e con il la come suoni “sfondo”. Il motivo è molto semplice: polarizzando su questi due
suoni si usano due scale modali (dorica e eolia). La sincronizzazione della respirazione
con ogni segmento dell’improvvisazione servirà a portare gradualmente ad acquisire il
senso della frase e la capacità di improvvisare per un certo numero di battute (otto o altro
che sia) senza dover contare le singole battute.
Vediamo ora alcune varianti.
ESEMPIO 39
Come all’esempio precedente ma aggiungendo un bicordo alla mano sinistra e alternando
re e la come suoni perno.
Un altro buon risultato si ottiene alternando mi e fa come suoni perno. La sonorità frigia
che ne deriva anticipa qualcosa della prossima attività.
ESEMPIO 40
24
La successione dei suoni nella parte grava è un frammento di scala discendente
(tetracordo frigio). L’attività può essere facilmente realizzata a quattro mani.(Ogni
pentagramma serve a due mani)
Il tetracordo frigio è uno di quei luoghi comuni dell’improvvisazione che ha attraversato
secoli di storia: da Frescobaldi al flamenco a pianisti jazz come Chick Corea. Nel periodo
barocco è stato un usatissimo basso per ciaccone e passacaglie. I brevi adagi disseminati
un po’ dappertutto nelle sonate per strumento solista e basso continuo chiudono quasi
sempre sulla cadenza frigia con degli svolazzi di carattere chiaramente improvvisativo allo
strumento solista.
L’accompagnamento così spinge maggiormente ad un carattere flamenco , soprattutto se
realizzato con dei ritmi spagnoleggianti:
ESEMPIO 41
Oppure anche così:
ESEMPIO 42
La mano destra sempre e solo tasti bianchi. Anche nell’ultima battuta dove il sol diesis si
scontra con il sol naturale.
ESEMPIO 43
25
In questo caso le due mani sono entrambe ferme su di un numero limitato di tasti. Cercare
la varietà ritmica e la ricchezza dinamica ed espressiva.
Il tetracordo in questo caso è diventato cromatico. Passa cioè per tutti i tasti neri intermedi
realizzando un frammento di scala cromatica. Questa attività può essere agevolmente
realizzata a quattro mani dividendo il lavoro fra i due esecutori. Uno lavora sul tetracordo
di accompagnamento e l’altro sull’improvvisazione della melodia. Quando si improvvisa a
quattro mani scambiare frequentemente i ruoli fra primo e secondo.
Può succedere che l’improvvisatore principiante sia in difficoltà, si muova troppo poco sui
tasti con un risultato poco gratificante. I questi casi dedico un po’ di tempo a delle attività di
improvvisazione “guidata” illustrate dagli esempi seguenti.
ESEMPIO 44
Mentre il maestro si accompagna con il tetracordo frigio o con qualcuna delle formule che
vedremo più avanti (progressioni armoniche per lo più) canta i nomi di alcune note che
l’allievo dovrà suonare subito dopo conservando anche il profilo ritmico.
La cosa più facile, per l’allievo ma anche per il maestro, è quella di cantare brevi
frammenti (quattro o cinque suoni al massimo) di melodie ritmicamente semplici che si
muovono per grado congiunto. Per gli allievi che non sanno ancora i nomi dei tasti è
possibile scrivere questi nomi sulla tastiera con un pennarello. Per chi ha paura di
sporcare l’avorio si potrà iniziare da un suono solo, che verrà indicato precedentemente
all’alunno, aggiungendo molto gradualmente le altre altezze vicine. In questo modo anche
il principiante imparerà gradualmente a trovare i suoni sulla tastiera.
In questo gioco introduco sempre alcune varianti:
• L’alunno mentre suona canta o dice contemporaneamente i nomi delle note che sta
suonando. Per chi ha paura a cantare è sufficiente dire che non deve cantare ma solo
dire il nome delle note, come nel solfeggio parlato. Gradualmente finirà per cantarle
senza accorgersene.
• L’alunno prima suona e dopo ridice o ricanta le note.
• L’alunno prima dice o canta le note e poi le suona. (Nel frattempo l’insegnante continua
con le sue formule di accompagnamento senza interruzioni e mantenendo per quanto
possibile una pulsazione di base).
• L’alunno prima dice i nomi delle note e poi l’insegnante le suona, infine le suona
l’alunno.
• L’alunno dice prima i nomi delle note e poi le suona.
• L’alunno dice o canta i nomi delle note e contemporaneamente suona senza più avere
l’input dal maestro che si limita ad accompagnare.
• Maestro e allievo dicono (o cantano) e suonano i nomi delle note a turno.
Spesso per accompagnare questa attività alterno il tetracordo cromatico discendente alla
seguenti progressioni che suono con la figurazione ritmica adatta alla situazione:
26
ESEMPIO 45
Oppure, più lunga:
ESEMPIO 46
Succede alle volte che gli improvvisatori non abbiano il senso della frase di otto battute.
Non è pensabile, nemeno per un esperto, che ci si metta a contare le battute mentre si
improvvisa: bisogna sentirla. Per esercitarsi a costruire frasi di otto battute utilizzo una
semplice “macchina”.
ESEMPIO 47
Prendere quattro sedie e rovesciarle sul pavimento a gambe all’aria mettendole in fila. Con
una penna o un battente percuotere una alla volta tutte e sedici le gambe compiendo un
percorso da sinistra a destra. Ripartire immediatamente dall’ultima gamba percossa e
rifare il percorso nella direzione inversa. Cercare che ogni colpo scandisca una pulsazione
costante. Contemporaneamente canticchiare improvvisando una melodia (essere intonati
non è obbligatorio) il cui inizio si ripeta all’inizio del percorso inverso e che si conclusa
all’ultima sedia.
Questo esercizio costringe a costruire frasi di otto battute in quattro quarti. Poco alla volta
si costruisce una sorta di automatismo. All'inizio il fatto che si sia impegnati con tutto il
corpo instaura una sorta di costrizione alla simmetria della frase.
• In una prima fase intermedia si potranno togliere le sedie e compiere gli stessi
movimenti come se le sedie ci fossero ancora.
• In una seconda fase potremmo compiere gli stessi movimenti in scala ridotta con un
dito che percuote le sedici pulsazioni su di un tavolo (però si pensa sempre alle quattro
sedie).
• In una terza fase si potrà solo immaginare di compiere i movimenti.
Gradualmente si dimenticheranno le sedie e la capacità di improvvisare frasi di otto battute
sarà conquistata.
L’esempio seguente può essere suonato a due e a tre o quattro mani. Il primo lavora solo
melodicamente facendo passare la melodia da una mano all’altra ed evitando di usare le
due mani contemporaneamente. Il secondo lavora di raddoppi o di pedali più o meno
fioriti.
27
ESEMPIO 48
E’ una specie di marcetta da suonare nell’accompagnamento con estrema precisione
ritmica. Lo staccato molto accentuato. Quando l’allievo fa la parte del secondo può
dividere i due suoni fra le due mani.
ESEMPIO 49
E’ ancora il tetracordo cromatico discendente ma sui tasti neri questa volta. La scala blues
è mi b, sol b, la b, la bequadro, si b, re b. Io la racconto sempre così: è fatta con tutti i tasti
neri più un tasto bianco – il la. Per chi non sa dov’è il la basta segnare tutti i la con un
qualche colore.
ESEMPIO 50
Solo sui tasti bianchi. Pedale sempre tenuto. La mano sinistra suona dolcemente un tasto
nella zona grave poi si sposta lentamente nella zona centrale e suona (dolcemente) un
qualsiasi agglomerato di tre o quattro tasti bianchi. Contemporaneamente la mano destra
si muove melodicamente per grado congiunto nella zona acuta.
TITOLO: CARTOLINA PER ERIK
ESEMPIO 51
28
Questo esempio ha innumerevoli realizzazioni possibili.
• Si suonano solo le prime due righe in alto a due mani oppure a tre mani dividendo la
seconda riga fra due mani.
• Solo prima e terza riga.
• Prime tre righe.
• Prima, terza e quarta riga.
• Tutte e quattro le righe contemporaneamente. In questo caso è possibile inserire delle
pause a piacere.
• A due mani saltando da una riga all’altra a piacere
Una scala di sol maggiore può essere raccontata così: tutti tasti bianchi tranne uno, il fa,
che è sostituito da fa diesis. Questa descrizione ha un vantaggio: non dice che il sol è la
tonica e quindi qualsiasi suono fra quelli considerati può essere la tonica o quella più
toccato originando così le varie scale modali. L’esempio seguente è stato il mio vero primo
“caso notevole”.
ESEMPIO 52
29
L’esempio seguente è invece una marcia molto pesante. Le note gravi della mano sinistra
sono il tamburo. Anche questo può essere suonato a tre o quattro mani affidando ciascuna
riga ad un esecutore. La scala usata è composta di tutti i tasti bianchi tranne il si: al suo
posto c’è il si bemolle. Inserire ogni tanto delle terzine di crome e dei ritmi puntati nella
parte del primo mi piace molto.
ESEMPIO 53
Una marcetta sui tasti bianchi.
ESEMPIO 54
30
Da suonare ovviamente a tre o quattro mani. Si può rendere più facile la scala pentafonica
sui tasti bianchi mettendo dei pezzi di nastro adesivo colorato sui tasti bianchi da non
usare.
L’esempio può essere ampliato nel modo seguente: (Ogni ritornello può essere ripetuto ad
libitum. Le ripetizioni riguardano ovviamente l’accompagnamento e non l’improvvisazione
melodica)
ESEMPIO 55
Una attività con l’ostinato nella parte acuta:
ESEMPIO 56
Sempre realizzabile sia a due che a tre e quattro mani. Un po’ più difficile a causa della
velocità della formula di accompagnamento.
31
ESEMPIO 57
ESEMPIO 58
Le note vuote della prima battuta sono quelle da toccare più frequentemente.
Lo stesso con una versione più adatta all’esecuzione a tre e quattro mani.
ESEMPIO 59
Ancora una variante dello stesso. Il punto di domanda vuol dire: cerca le scale adatte ai
singoli accordi. Se non vuoi cercare leggi la nota a piè di pagina.11
11
Fa maggiore per i primo tre accordi, la bemolle maggiore per il quarto e l’ultimo accordo.
32
ESEMPIO 60
Una Attività dal sapore orientale a causa delle seconde eccedenti.
ESEMPIO 61
Di tutte le attività qui proposte la seguente è quella che preferisco. Io la realizzo così: nella
prima battuta improvviso una proposta melodica sulla scala di la maggiore. Nella seconda
battuta ripeto in eco le ultime note della proposta. Dato che la scala di la maggiore e la
scala pentafonica non coincidono dal punto di vista intervallare l’eco ne risulterà
poeticamente variata.
ESEMPIO 62
L’esempio seguente è da realizzare a tre o quattro mani. Nella seconda e nella terza
battuta non è suggerita nessuna figurazione ritmica. Tocca all’improvvisatore di trovarne di
buone.
33
ESEMPIO 63
Altri due esempi da sviluppare a proprio piacimento.
ESEMPIO 64
ESEMPIO 65
Per finire:
ESEMPIO 66
Suonare una nota o un insieme di note (accordo) qualsiasi. Lasciar risuonare a lungo,
ascoltando. Ripetere con lo stesso suono o accordo o con un altro suono o accordo
qualsiasi. Continuare ad lib. Pedale sempre tenuto. Annotare gli accordi più belli.
34
FACCIAMO CHE MI DIMENTICAVO… SECONDA PARTE (ESERCIZIARIO)
Tra la prima e la terza parte c’è l’incontro con la teoria e l’armonia tradizionalmente intese.
Per affrontare senza fatica questa seconda parte è consigliabile conoscere gli intervalli e
saperli reperire sulla tastiera, conoscere le triadi (maggiori, minori, eccedenti e diminuite),
conoscere le principali scale e saperle reperire sulla tastiera.
ESERCIZI PREPARATORI
ESERCIZI CON LE TRIADI.
ESERCIZIO 1
Suonare sulla tastiera una serie di triadi maggiori con ambedue le mani a distanza di una
o più ottave fra loro. Curare che tutti gli accordi abbiano la stessa durata. Eseguire
l’esercizio a varie velocità. Cantare la nota superiore di ogni accordo.
Come sopra ma con triadi minori.
ESERCIZIO 2
35
Ora usando triadi diminuite.
ESERCIZIO 3
Usando sole triadi aumentate.
ESERCIZIO 4
Disponendo una serie di triadi aumentate a distanza di tono si ottiene la scala esatonale o
di Debussy.
Può essere utile in questa fase ascoltare quei brani che utilizzano in modo massiccio le
triadi aumentate. Ad esempio: DEBUSSY, Voiles (Preludes)
BERG, Sonata op. 1 per pf.
SKRYABIN, opere dell’ultimo periodo.
Ecco invece un elenco di brani dove vengono usate quasi esclusivamente triadi maggiori e
minori allo stato fondamentale:
AUTORI VARI (Gabrieli, Belaver, ecc.) a cura di Marco materassi,
Grechesche e Giustiniane, Suvini Zerboni.
Quasi tutte le frottole e le villanelle a tre voci
DEBUSSY, Canope (Preludes) e En Bateau (Petite Suite per pf. A 4 mani)
SATIE, molte opere del periodo “mistico” (1891 – 1895)
36
ORFF, Laudes Creaturarum, e quasi tutti i brani delle Musik fur Kinder (5
volumi)
J. LANGLAIS, Theme et Variations (in Hommage a Frescobaldi per organo)
– solo il tema.
P. HINDEMITH, Canzonetta da Concerto per organo e orchestra del 1962.
Quando si sarà acquisita la capacità di improvvisare con sicurezza gli esercizi precedenti
si potrà passare ai successivi. E’ anche importante acquisire la capacità di distinguere ad
orecchio i vari tipi di triadi.
Per sviluppare questa capacità registrare le proprie improvvisazioni. Quando si sarà
riempito un nastro intero riascoltarlo e mentre lo si riascolta trovare immediatamente la
triade corrispondente sulla tastiera (Autodettato).
RITMI PER LE TRIADI
Suonare una serie di triadi maggiori o minori adoperando il seguente schema ritmico
h q q \ h q q \ h q q \ ecc.
Ad esempio:
Utilizzare anche i seguenti schemi ritmici.
37
ESERCIZIO 6.
38
Questi sono solo alcuni esempi di schemi ritmici; ne esistono moltissimi altri. Raccomando
la ricerca di altri schemi ritmici da utilizzare in questi esercizi di improvvisazione. E’ molto
importante acquisire sicurezza ritmica. Gli esercizi potrebbero essere affrontati secondo
Il seguente ordine (difficoltà crescente):
a) Schema ritmico, uguale per le due mani, da ripetere come ostinato ritmico (l’armonia
invece cambia continuamente). Ad esempio:
39
b) Schema ritmico di una battuta, diverso per le due mani, da ripetere come ostinato
ritmico.
c) Utilizzare più schemi ritmici. Suonare alcune battute utilizzando il primo schema ritmico
scelto, poi alcune battute utilizzando il secondo, e così via. Nel momento del passaggio
fra uno schema ritmico e l’altro non perdere la pulsazione ma continuare a suonare
perfettamente in tempo.
d) Utilizzare più schemi ritmici uguali per le due mani e cambiare schema ad ogni battuta.
Una volta esaurita la serie degli schemi ricominciare da capo oppure riproporli per
moto retrogrado oppure risuonarli in un ordine a piacere. Inizialmente usare pochi
schemi ritmici, tre o quattro, poi aumentare gradualmente la quantità.
e) Rifare c) e d) utilizzando schemi ritmici diversi per le due mani.
N.B. Quando si arriverà all’improvvisazione vera e propria la struttura ritmica sarà
generalmente molto più semplice e ripetitiva di quanto non accade nei precedenti esercizi
(particolarmente e) il che consentirà di prestare molta più attenzione ad altri aspetti
(armonia, melodia, contrappunto, ecc.)
Tuttavia mi permetto di osservare che la totale padronanza ritmica spesso può salvare una
improvvisazione fiacca e malriuscita dal punto di vista armonico e melodico, inoltre non c’è
niente che possa giovare di più ad una improvvisazione quanto la varietà ritmica. Per finire
si consideri che certi ritmi sono già di per se così belli e carichi di tensione da far “vivere”
anche la più banale scelta di note. Ad esempio:
40
Per i precedenti esercizi di tipo ritmico gioverà molto lo studio con il metronomo o, in
mancanza di un metronomo, molto utili sono le tastiere con gli ostinati ritmici già
predisposti. Oppure trovare un amico che scandisca il ritmo di base con uno strumento a
percussione. Anzi, in quest'ultimo caso, la presenza di un estraneo spingerà a far meglio e
l’improvvisazione diventa già da ora collettiva con degli enormi vantaggi sul piano
musicale e su quello comunicativo. E’ sufficiente essere in due e già le idee “vengono” più
facilmente, ci si stimola e “carica” a vicenda, la presenza di un ascoltatore ci induce a fare
meglio.
ESERCIZIO 7
Esercitare la memoria a ricordare le successioni di accordi appena suonate ripetendole più
volte. Iniziare con una serie di pochi accordi e aumentare poco a poco la lunghezza
dell’esercizio.
FIGURAZIONI MELODICHE SULLE TRIADI
ESERCIZIO 8
Suonare con la mano sinistra una serie di accordi non troppo veloci e suonare invece con
la mano destra le note dei medesimi accordi una dopo l’altra come arpeggio (ascendente
o discendente)
41
ESERCIZIO 9
Simile all’esercizio numero 8 ma capovolgendo il ruolo delle mani: la destra tiene l’accordo
e la sinistra fa l’arpeggio.
42
ESERCIZIO 10
Rifare gli esercizi n° 8 e 9 applicando agli arpeggi i seguenti schemi ritmici. Inoltre
inventare per conto proprio altri incisi ritmici e utilizzarli.
Ecco alcune possibili realizzazioni:
43
Allenarsi a ricordare le figurazioni appena suonate ripetendole. Cominciare con esercizi di
poche battute per arrivare a ricordare 8 o 16 o più battute. Per questi primi esercizi
arrivare a ricordare 8 battute esattamente potrebbe essere già un buon risultato.
N.B. Questi primi esercizi non hanno di per se alcun significato espressivo, la loro unica
funzione è di rendere le dita prontamente ubbidienti al cervello nel realizzare l’accordo
voluto e le figurazioni pensate. Non ci si deve assolutamente preoccupare della bellezza
del risultato. Potrà succedere qualche volta di incontrare delle soluzioni molto belle, in tal
caso chi vorrà potrà annotarle per non dimenticarle e usarle frequentemente nelle proprie
improvvisazioni. A chi volesse avere un’idea precisa della qualità musicale delle proprie
improvvisazioni basterà registrarle e poi riascoltarle: avrà delle gradite sorprese.
FIGURAZIONI DI ACCOMPAGNAMENTO SULLE TRIADI
Fino ad ora abbiamo sempre avuto una delle due mani che suonava gli accordi nella
maniera più semplice possibile: cioè come suoni tenuti e lunghi. Vedremo ora tutta una
serie di formule di accompagnamento che, pur non obbligando la mano ad una posizione
diversa da quella dell’accordo, lo possono però convenientemente sostituire creando così
un movimento più interessante. Qualche esempio:
44
ESERCIZIO 11
Suonare con la mano sinistra una serie di accordi “figurati” secondo una delle formule di
accompagnamento sopra esposte.
ESERCIZIO 12
Scegliere una figurazione di accompagnamento per la mano sinistra. Utilizzare uno o al
massimo due accordi per ogni battuta e contemporaneamente eseguire degli arpeggi con
la mano destra (come all’esercizio n° 8)
45
ESERCIZIO 13
Per la mano destra si potranno utilizzare tutte le formule ritmiche proposte all’esercizio n°
10. Ma una volta scelta una certa formula ritmica utilizzarla a lungo. Anche per tutta la
durata dell’improvvisazione.
ESERCIZIO 14
Analogo al precedente. Qui però la mano destra potrà usare diverse formule ritmiche
mentre la mano sinistra continuerà con un’unica formula ritmica. La formula ritmica della
mano destra potrà cambiare ad ogni battuta oppure ogni due battute, o ogni 4, 8, 16
battute.
ESERCIZIO 15
Analogo al precedente ma qui la mano sinistra può cambiare formula di
accompagnamento durante l’improvvisazione (senza mai cambiare il metro e la pulsazione
di base). Consiglio di non cambiare troppo spesso formula di accompagnamento. Tre o
quattro formule diverse nell’ambito di un’unica improvvisazione possono bastare.
46
Se si ripetono troppe volte le stesse formule ci potrà essere della monotonia. Viceversa se
si cambieranno continuamente le formule ritmiche l’ascoltatore rischia di perdere il filo.
Bisogna quindi trovare un giusto equilibrio fra ripetizione e varietà. La misura di questo
equilibrio è personale e dipende da ciascuno di noi. Un valido aiuto sarà dato, anche in
questo caso, dal registratore. Riascoltare le proprie improvvisazioni con spirito critico sarà
la migliore scuola.
47
ALTRE FORMULE DI ACCOMPAGNAMENTO PER LA MANO SINISTRA (PIÙ AMPIE)
Inventare o trovare nella letteratura altre figurazioni di accompagnamento, (annotarle se
necessario) utilizzarle.
Esistono innumerevoli esempi, particolarmente nella letteratura barocca ma non solo, di
figurazioni sull’accordo (spesso coinvolgenti entrambe le mani) che vengono sfruttate per
tutta la durata del pezzo o quasi.
48
49
Trovare altre formule nella letteratura, annotarle se necessario, utilizzarle.
L’INCISO
L’inciso è la più piccola cellula ritmico-melodica generalmente modellato sulle note di un
dato accordo.
Ad esempio:
50
ESERCIZIO 16
Scegliere un inciso, scegliere una formula di accompagnamento e improvvisare
continuando con gli stessi schemi ritmici.
NOTE ESTRANEE ALL’ACCORDO (di passaggio, di volta, appoggiature, ritardi…)
La nota o le note di passaggio sono note diverse da quelle dell’accordo e servono a
collegare, con un frammento di scala, due suoni appartenenti all’accordo.
La nota di volta si trova fra due suoni di uguale altezza appartenenti all’accordo ed è presa
e lasciata per grado congiunto.
Le appoggiature sono note estranee all’accordo. Si trovano generalmente in battere e
risolvono per grado congiunto su una nota consonante (o dell’accordo).
51
I ritardi sono costituiti da note che erano consonanti nell’accordo precedente, rimangono
ferme (= legate) durante il cambiamento dell’armonia creando così una momentanea
dissonanza con l’armonia sottostante. La dissonanza si risolve facendo salire o scendere
la nota dissonante di tono o di semitono.
ESERCIZIO 17
Inventare e utilizzare incisi composti di note di passaggio e di volta.
Ad esempio:
Ecco, a titolo di esempio, alcuni incisi sull’accordo di do maggiore che utilizzano anche
note di volta, di passaggio, ecc.
52
ESERCIZIO 18
Scegliere un inciso per la mano destra, scegliere una formula di accompagnamento per la
mano sinistra e improvvisare usando solo questi due elementi.
Ad esempio:
53
ESERCIZIO 19
Scegliere due o più incisi e una formula di accompagnamento. Improvvisare alcune battute
utilizzando il primo inciso, poi alcune battute utilizzando il secondo inciso, e cosi via.
ESERCIZIO 20
Scegliere due o più incisi e due o più formule di accompagnamento e improvvisare
cambiando elementi tutte le volte che se ne sente la necessità.
Ad esempio
ESEMPI di figurazioni dell’accordo, tratte dalla letteratura, che utilizzano anche note di
passaggio, di volta, ecc.
Cercare nella letteratura e utilizzare anche altre figurazioni.
54
RIVOLTI
Finora abbiamo sempre usato accordi allo stato fondamentale, cioè formati da due terze
sovrapposte. Ad esempio così:
Ma gli stessi suoni possono essere disposti anche così:
Questa posizione, che vede la terza dell’accordo (il mi in questo caso) come suono più
grave si chiama I° rivolto.
La posizione che vede invece la quinta dell’accordo al basso (il sol in questo caso) si
chiama II° rivolto.
Improvvisando è più difficile usare accordi con i suoni molto distanziati fra loro. Meglio
iniziare usando posizioni vicine e comode per la mano.
Tutti gli incisi e le formule che abbiamo visto finora possono essere usati anche sulla
posizione di rivolto.
Ad esempio:
ESERCIZIO 21
Ricominciare dall’esercizio 1 e rifare tutti gli esercizi utilizzando esclusivamente accordi in
primo rivolto.
55
ESERCIZIO 22
Ricominciare dall’esercizio 1 e rifare tutti gli esercizi proposti fino ad ora usando solo
accordi in II° rivolto.
ESERCIZIO 23
Ricominciare dall’esercizio 5 e rifare tutti gli esercizi fino al n° 20 utilizzando con libertà e
varietà tutto il materiale visto fino ad ora.
ACCORDI DI SETTIMA
E’ formata da una triade maggiore più una terza minore.
ESERCIZIO 24
Rifare gli esercizi dal n° 5 in poi utilizzando solo l’accordo di settima di dominante. Al n° 21
utilizzare solo il I° rivolto di quest’accordo, al 22 solo il II° rivolto, poi si utilizzerà il terzo
rivolto ed infine tutto il materiale visto fino ad ora.
56
ESERCIZIO 25.
Analogo al precedente ma utilizzando uno per uno tutti gli accordi di settima sopra esposti.
ESERCIZIO 26
Analogo al precedente alternando in libera successione tutti gli accordi visti finora.
Faccio notare che utilizzando gli accordi di settima si ampliano notevolmente le possibilità
per quanto riguarda le formule di accompagnamento e gli incisi. Sono convinto che se si
sono fatti con determinazione con curiosità e attenzione gli esercizi fin qui proposti si sarà
già trovato molto materiale interessante anche dal punto di vista musicale. Anche se il
compito dei precedenti esercizi è semplicemente quello di rendere le dita obbedienti al
cervello. Non presento esercizi sugli accordi di nona, undicesima, tredicesima, ecc. perché
sono convinto che, a questo punto, ognuno dovrebbe essere in grado di fabbricarseli da
se. Per l’uso invece dei bellissimi “accordi sostitutivi” usati dai jazzisti rimando ai numerosi
manuali di improvvisazione jazz.12
12
Soprattutto quello di John Mehenegan, Contemporary styles – for the jazz pianist, Sam
Fox publishing company, inc.
57
TERZA PARTE
ESERCIZI IN STILE
58
TERZA PARTE – ESERCIZI IN STILE.
IMPROVVISARE UNA INTONAZIONE NELLO STILE DI ANDREA GABRIELI
Analizziamo il seguente esempio:
59
SCRITTURA.
2 battute di accordi fermi con le due mani con qualche nota di volta e di passaggio. Da
questo semplice comportamento possiamo ricavare alcuni esercizi per l’improvvisazione.
60
ESERCIZIO 1
Fiorire con note di volta inferiori e superiori tutte le note di un determinato accordo.
Ripetere l’esercizio su tutti gli accordi maggiori e minori.
Ad esempio:
Altri esempi:
61
SCRITTURA.
dopo le prime due battute l’intonazione di A. Gabrieli presa a modello prosegue con una
scrittura costituita da accordi tenuti in una delle due mani (generalmente la sinistra),
frammenti di scale ascendenti e discendenti (sia di crome che di semicrome) nell’altra
mano. Il tutto con un uso massiccio di note di passaggio e di volta.
Anche da questo secondo tipo di scrittura possiamo ricavare molti esercizi preparatori
come i seguenti.
ESERCIZIO 2
Mentre una mano tiene un accordo l’altra lo fiorisce con delle “tirate” o figurazioni a scala.
Qualche esempio da trasportare su tutti gli accordi maggiori e minori:
62
63
ESERCIZIO 3
Trovare nella letteratura dello stesso periodo altre formule simili alle precedenti
(passeggiate, tirate, trilli, ecc.) memorizzarle e utilizzarle in altri esercizi preparatori.
ARMONIA.
Se analizziamo gli accordi della mano sinistra scopriamo che:
1. Sono usati esclusivamente accordi allo stato fondamentale, con o senza la terza.
2. Ci sono continuamente quinte e ottave parallele che sono quindi “nello stile” e devono
essere utilizzate anche improvvisando.
3. Viene utilizzata una gamma ridottissima di accordi. Vediamo quali.
L’intonazione è nel primo modo (dorico). I suoi gradi sono
RE MI
FA
SOL LA
SI
DO
I°
II°
III°
IV°
V°
VI°
VII°
Ecco la successione dei gradi all’interno del brano.
(Ogni casella corrisponde a una battuta.)
I°
I°
I° V°
II°
V°
I°
IV°
VII°
III°
VII° IV° V°
III° VII° I°
V°
I°
IV° I° IV°
IV°
I°
Le uniche alterazioni usate sono Sib, FA#, DO#, SOL# e tutti gli accordi che contengono
uno di questi suoni possono averlo alterato o no.
I collegamenti più frequenti sono:
• 4a ascendente (o 5a discendente)
• 4a discendente (o 5a ascendente)
meno frequenti sono:
• 2a ascendente (due casi)
• 3a discendente (un solo caso)
Da queste osservazioni possiamo ricavare la seguente tabella:
I° GRADO
Può andare al
II° GRADO
Può andare al
V°
IV°
V°
II° GRADO
Può andare al
VII°
IV° GRADO
Può andare al
V° GRADO
Può andare al
VII°
V°
I°
I°
II°
III°
IV°
VI° GRADO
Non viene mai
usato
Può andare al
VII° GRADO
III°
VII°
I°
64
ESERCIZIO 4
Osservando la tabella sopra esposta suonare una serie di accordi lunghi con entrambe le
mani. Un solo accordo per battuta (8 quarti), oppure due accordi per battuta (4 quarti
ciascuno) oppure tre accordi per battuta (4+2+2 oppure 2+2+4)
ESERCIZIO 5
Analogo all’esercizio 4 ma ogni accordo verrà fiorito come abbiamo visto
precedentemente.
Adoperare anche tutte le altre fioriture memorizzate precedentemente.
ESERCIZIO 6
Analogo al precedente ma in questo caso la mano sinistra rimarrà ferma sull’accordo
desiderato e la destra improvviserà una o più figurazioni a scala.
Ad esempio (con un unico modello di figurazione):
65
CONSIGLI CONCLUSIVI.
Esercitarsi con l’aiuto del registratore. Controllare la durata della propria improvvisazione:
consiglio di non superare il minuto o i due minuti al massimo. Volendo è possibile tenere
presenti degli schemi formali tipo:
1. qualche battuta di accordi tenuti
2. qualche battuta di accordi fioriti
3. qualche battuta di accordi + scale
4. ancora accordi fioriti
5. accordi + fioriture a scala – conclusione.
PER ESERCITARSI:
Prendere l’incipit da intonazioni di Gabrieli, Merulo, ecc. e continuare diversamente
dall’autore improvvisando.
Un lavoro preliminare di “scomposizione” come quello che riguarda questa intonazione
può essere ripetuto su altri brani simili.
LETTURE CONSIGLIATE.
A. e G. Gabrieli, Toccate,
C. Merulo, Toccate,
G. Frescobaldi, Toccate,
A. Majone, Toccate.
66
IMPROVVISARE ALCUNE PARTITE SU DI UN’UNICA STRUTTURA ARMONICA.
Lo Ballo dell’Intorcia di Antonio Valente
67
ARMONIA.
LO BALLO DELL’INTORCIA.
Gli accordi sono tutti alla mano sinistra, tranne che nelle ultime variazioni. Sono tutti allo
stato fondamentale, Si procede quasi sempre per quinte e ottave parallele che sono quindi
“nello stile”. Il tema è di otto battute con gli accordi così distribuiti.
68
Sol m
Fa M
Sol m
Re M
Sol m
Fa M
Sol m re M
Sol M
Questi accordi si ripetono uguali ogni otto battute. La mano destra realizza un unico tipo di
figurazione degli accordi che cambia ogni otto battute. Le battute 5 e 6 sono sempre uguali
alle battute 1 e 2 di ciascuna frase.
ESERCIZIO 1
(per la mano sinistra o per entrambe le mani) scegliere una successione semplice di
accordi, lunga otto battute, (un accordo o al massimo due per ogni battuta). Ripeterla
molte volte utilizzando uno dopo l’altro i seguenti schemi ritmici.
Trovare o inventare altri schemi ritmici e utilizzarli.
Esercitarsi anche con le seguenti successioni di accordi.
1
2
3
4
5
6
7
8
FA M
FA M
RE m
RE m
SOL M
RE m
RE m
SOL M
DO M
DO M
DO M
LA m
DO M
LA m
LA m
RE m
RE m
RE m
FA M
FA M SOL M
SOL M
SOL m
SOL m
LA M
LA M
LA M
DO M
LA M
RE M
DO M
DO M
RE M
FA M
FA M
RE m
RE m
SOL M
RE m
RE m
SOL M
DO M
DO M
DO M
LA m
DO M
LA m
LA m
Rem
RE m DO M
RE m LA M
SOL m
FA M SOL M
LA m RE M
Sib m DO M
SOL m LA M
DO M (m) RE M
FA M
RE m
LA M
LA M
SOL M
RE M
RE M (oppure) m
SOL M
Trovare o inventare altre successioni di accordi simili, memorizzarle ed utilizzarle.
69
SCRITTURA.
Ecco le figurazioni melodiche usate, variazione per variazione, nel “Ballo dell’Intorcia”.
ESERCIZIO 2
Esercitarsi ad eseguire ognuna delle figurazioni appena viste su qualsiasi accordo
maggiore o minore.
Ad esempio:
70
Ecc. l’esercizio può essere completato utilizzando tutte le figurazioni proposte sopra.
Tuttavia è altrettanto importante ed utile inventare o trovare nella letteratura altre
figurazioni, memorizzarle ed utilizzarle.
ESERCIZIO 3.
Fare un lavoro analogo al precedente sul seguente brano di Bernardo Pasquini.
71
72
ESERCIZIO 4
Esercitarsi sui giri armonici già dati adattandoli al ritmo ternario.
Ad esempio:
73
CONSIGLI CONCLUSIVI.
Dopo una prima fase dove si utilizzerà un unico tipo di figurazione (per la mano destra) per
ogni variazione, si passerà ad usare più tipi di figurazioni SIMILI per ogni variazione,
realizzando così delle frasi meno schematiche.
LETTURE CONSIGLIATE.
Tutte le Partite, Passacaglie, Ciaccone, Variazioni, di B. Storace, G. Frescobaldi, S.
Scheidt, B. Pasquini, J. Cabanilles, J.P. Sweelink, ecc.
IL SENSO TONALE NEL COLLEGAMENTO DEGLI ACCORDI.
Se vogliamo utilizzare nelle nostre improvvisazioni uno stile meno arcaico dobbiamo fare i
conti con una sensibilità armonica non più modale ma tonale. Esistono due strutture tonali:
la scala maggiore e la scala minore (e tutte le relative trasposizioni). Nella scrittura tonale i
gradi della scala e gli accordi su di essi costruiti hanno dei precisi rapporti di attrazione –
repulsione. O meglio, questa è la nostra sensazione. La tonica (I° grado) è il centro
gravitazionale. Ciò significa che nella successione dei gradi è necessario assecondare le
abitudini dei compositori tonali.
Ecco una tabella dei collegamenti tonali più comuni partendo da ciascun grado della scala.
74
In questo stile inoltre è necessario evitare, per quanto possibile nell’improvvisazione,
quinte e ottave parallele.
Per abituarsi ad evitare quinte e ottave parallele si potranno fare i seguenti esercizi:
1. Svolgere per iscritto gli esercizi di armonia di un qualsiasi trattato.
2. Realizzare gli esercizi proposti dai trattati sul basso continuo13
3. Esercitarsi ad improvvisare delle successioni di accordi (non modulanti) secondo la
tabella data più sopra.
13
Due ottimi testi, molto chiari, sono H. Keller, Scuola della prassi del basso continuo;
Curci, 1988. Ma anche il trattato di Dandrieu nella ristampa anastatica delle Edizioni Forni
di Bologna.
75
4. Per la mano sinistra: un accorgimento semplice ed efficace per evitare le più evidenti
quinte ed ottave parallele è quello di alternare accordi in posizione stretta che
contengono la terza ad accordi in posizione lata senza la terza (che sarà allora
presentata solo alla mano destra).
Ad esempio:
5. Un valido aiuto, per evitare quinte e ottave parallele, è dato dall’uso dei rivolti in luogo
di alcuni accordi allo stato fondamentale.
Ad esempio:
L’improvvisazione tonale è una delle più difficili per due motivi:
• È irta di preoccupazioni “grammaticali” (quinte e ottave parallele, false relazioni,
modulazioni efficaci, ecc.)
• È lo stile verso il quale ciascuno di noi è più “competente” e dove quindi le scelte
inefficaci sono maggiormente evidenti.
Per superare brillantemente questo duplice ostacolo consiglio la lettura e l’analisi
quotidiane di quanta più musica tonale sia possibile ma soprattutto l’esercizio della
realizzazione del basso continuo. La letteratura non manca e la casa editrice SPES offre
un vasto catalogo di musiche in ristampa anastatica, per uno o più strumenti e basso
continuo, dove il basso va realizzato estemporaneamente.
Vediamo ora alcuni esempi non difficili di improvvisazione tonale e qualche idea di ordine
generale.
IMPROVVISARE VARIAZIONI E PARTITE NELLO STILE TONALE.
UN GROUND DI HENRY PURCELL. (1658? – 1695)
Si tratta di una serie di variazioni su di un basso ostinato. La presenza del basso ostinato
facilita le cose nell’improvvisazione riproponendosi sempre simile ad ogni variazione.
76
77
Ecco in sintesi gli accordi adoperati.
Si noterà l’assenza di quinte e ottave parallele. Molto più importante è notare la
successione dei gradi che corrisponde alle possibilità previste dalla tabella vista nei
precedenti capitoli.
I°
V°
VI° (II°) V°
I°
IV°
V°
I°
Ecco ora la struttura portante della melodia.
A titolo di esempio proviamo a costruire altre linee melodiche sullo stesso basso.
78
Come è possibile evitare tutte le scelte “non buone” improvvisando? E come è possibile
scegliere fra diverse soluzioni corrette quelle migliori dal punto di vista melodico?
Purtroppo non è facile inventare degli esercizi per evitare i problemi di cui sopra. E’
possibile solo dare qualche consiglio.
1. Inizialmente improvvisare comunque, anche con i parallelismi “proibiti”. Solo in una
fase successiva cercare di evitare quinte e ottave fra parti esterne (soprano e basso).
2. Cercare per quanto possibile che la linea melodica si muova per moto contrario rispetto
al basso.
3. Leggere a prima vista e analizzare quanta più musica tonale possibile.
SCRITTURA.
Si noterà in questo caso, a differenza delle partite di Valente, che ogni variazione è
caratterizzata da un certo tipo di figurazione ma vi sono piccole varianti in grande
abbondanza. Quindi l’unità all’interno della singola variazione è data, più che dalla
ripetizione di una figurazione su diversi accordi, dalla ripetizione di determinate formule
ritmiche. Solo nella prima riga abbiamo le seguenti figurazioni:
Ben sette figurazioni diverse. Gli elementi unificanti sono:
1. Il ritmo che è quasi sempre lo stesso.
2. Tutte le figurazioni melodiche si svolgono nell’ambito di una terza o, al massimo, di una
quarta.
79
ESERCIZIO 1
Ricavare, analogamente a quanto fatto per il brano di Valente, tutte le figurazioni presenti
nel brano preso a modello, Improvvisare prima adoperando un unico tipo di figurazione e
passare poi ad un comportamento più simile a quello di Purcell. Utilizzare intensivamente
accordi di settima, sia allo stato fondamentale che in rivolto, note di passaggio, note di
volta.
Ad esempio:
Dopo questi primi esercizi sarà bene passare ad utilizzare più figurazioni SIMILI all’interno
di una stessa variazione al fine di ottenere una linea melodica meno schematica e più
fluida.
ESERCIZIO 2
Improvvisare della variazioni anche su altri schemi armonici.
Esempi di schemi armonici utilizzabili:
80
ESERCIZIO 3
Cercare nella letteratura, o inventare, altri schemi armonici ed utilizzarli per le proprie
improvvisazioni. Cercare particolarmente nelle Ciaccone, Passacaglie, Ground, ecc.
81
UN TEMA CON VARIAZIONI DI LEOPOLD MOZART.
82
83
Si noterà come le variazioni 1 2 e 4 non fanno altro che riproporre le stesse note del tema
con figurazioni ritmiche diverse.
84
Le altre variazioni fioriscono la melodia e sono leggermente più complesse per poter
essere prese a modello in una fase iniziale.
ESERCIZIO 1
Sul principio delle tre variazioni sopra citate esercitarsi ad improvvisare sulla stessa
sequenza armonica, o su un’altra a propria scelta, delle variazioni utilizzando per ciascuna
variazione una delle formule seguenti.
85
86
87
Reperire nella letteratura o inventare altre semplici sequenze armoniche da utilizzare
come base per le proprie variazioni. Prendere da altri brani, o inventare, altre figurazioni
sull’accordo da utilizzare nelle proprie improvvisazioni. Analogamente a quanto detto in un
capitolo precedente consiglio di realizzare le prime variazioni utilizzando una sola
figurazione per variazione. Ciò rende il risultato musicale piuttosto meccanico ma il
procedimento è più semplice. Non appena ci si sentirà sicuri, ad esempio quando si
riuscirà ad andare perfettamente a tempo accelerando e rallentando quando si vuole in
modo espressivo, si potrà lavorare convenientemente con quelle piccole varianti che
rendono il tutto più fluido e che si improvvisano al momento a seconda della esigenze
melodiche o tecniche.
PROGRESSIONI
A questo punto, per allargare l’aspetto armonico sarà utile esercitarsi con delle
progressioni.
ESERCIZIO 1
Presa una qualsiasi progressione (da un trattato, dalla letteratura, ecc.) la si suonerà
adoperando delle figurazioni analoghe a quelle viste negli esercizi preparatori.
Ad esempio:
88
89
Soprattutto nella letteratura del periodo barocco è possibile trovare molte altre utili
progressioni. Ma non guasterà nemmeno una rivisitazione di qualche vecchio, o giovane,
trattato di armonia.
ESERCIZIO 2
Sulle stesse progressioni esercitarsi affidando alla mano destra un inciso melodico e alla
mano sinistra una figurazione di accompagnamento.
Ad esempio:
90
Ovviamente sarà utile anche lavorare con più incisi e più formule di accompagnamento
analogamente al lavoro fatto negli esercizi preparatori.
ESERCIZIO 3
Esercitarsi anche con altre progressioni.
Ad esempio:
91
92
MODULAZIONI
Il passaggio da una tonalità ad un’altra può essere fatto in moltissimi modi. Inoltre è
abbastanza assurdo studiare le modulazioni in modo astratto senza collocarle in un
preciso contesto ritmico, melodico ed espressivo. Tuttavia, in qualche raro caso può
tornare utile conoscere un sistema sbrigativo per passare da una tonalità all’altra. Ecco un
paio di sistemi.
1. È necessario andare con il basso sul quarto grado alterato della tonalità di arrivo. Su
questo 4° alterato (#) si colloca una settima diminuita. Segue il V° con quarta e sesta,
poi il quinto allo stato fondamentale o con la settima, infine si risolve sulla tonica
2. Un altro sistema è quello che utilizza il terzo rivolto della settima di dominante. Lo
schema è il seguente:
tonalità di
partenza
IV° della
nuova
tonalità con
6\4\2
III° della
nuova
tonalità con
6
IV° 5\3
V° 6\4 5\3
I°
In alcuni casi mettere subito il IV° della nuova tonalità suona un po’ duro. Sul IV° si
metterà allora prima una triade o primo rivolto e poi il terzo rivolto (2\4\6)
93
Uno dei difetti più appariscenti quando si improvvisa è l’abitudine istintiva ad insistere
troppo a lungo in una data tonalità. Per evitare la cosa consiglio i seguenti esercizi.
ESERCIZIO 1
Prepararsi mentalmente prima di improvvisare uno schema delle tonalità che si vogliono
toccare.
ESERCIZIO 2
Analizzare la struttura tonale di brani presi dalla letteratura musicale.
ESERCIZIO 3
Prendere ed utilizzare lo stesso schema tonale di un brano analizzato per fare una
improvvisazione.
ALCUNI PRELUDI DEL “CLAVICEMBALO BEN TEMPERATO” DI J. S. BACH.
Abbiamo già visto, a proposito delle figurazioni dell’accordo, alcuni esempi di scrittura tratti
da pezzi di J. S. Bach. Utilizziamo ora quei preludi che utilizzano un’unica figurazione
dell’accordo dall’inizio alla fine. Nel Primo volume sono il I° (do maggiore), il II° (do
minore), il VI° re minore, l’ XI° (fa maggiore), il XV° (sol maggiore), il XX° (la minore) il XXI°
(sib maggiore).
Dal preludio n° 1 si possono ricavare i seguenti esercizi:
ESERCIZIO 1
Suonare tutto il preludio ad accordi e non come è scritto.
AD ESEMPIO:
94
ESERCIZIO 2
Risuonare tutto il preludio utilizzando un tipo di figurazione diversa da quella dell’autore.
Ad esempio una delle seguenti.
95
ESERCIZIO 3
Scegliere una figurazione e improvvisare utilizzando le seguenti successioni armoniche
tratte dai preludi bachiani:
TONALITÀ MAGGIORE:
N. B. Negli esempi seguenti il numero romano indica la nota del basso, i numeri arabi
l’accordo come nel basso continuo.
I°
I°
(6,4,2)
VII°
(5,6)
I°
I°
(6)
I°
(6,#4,2)
VII°
(6)
VII°
(6,4,2)
VI°
(7)
II°
(7)
II°
(7,#3)
V°
(7)
V°
V°
(7 dim.)
I°
(b7)
IV°
(6)
IV°
(7)
IV°
(7 dim.)
#IV°
(7 dim.)
III°
(6)
b VI°
(7 dim.)
III°
(6,4,2)
V°
(7)
V°
(6,4)
I°
(6,4)
V°
(7,5,4)
I°
(7,5,4,2)
V°
(7)
I°
V°
(7,5,4)
V°
(7)
I°
(b7)
I°
V°
(#7,b6,4,2)
V°
(6,4)
TONALITÀ MINORE:
I°
b VI°
(6,4,b2)
VI°
V°
I°
(#7,6,4,
2)
I°
(6,4)
V°
(6,4)
#VI°
(7 dim.)
V°
I°
I°
(#7,6,4)
I°
II°
(6)
(b5,3)
V°
V°
(6,4)
(#7,6,4)
V°
I° II°
(6,4)(3,6)
I° I°
I°
I°
(7,#3) (6,4)
I°
(6)
III°
I°
b VII° b VII°
(#6,#4,2) (6)
(6,#4,2)
III°
II°
I°
(6,4,2)
(#6,b5,3) (6,4,2)
V°
V°
V°
V°
(6,4)
(6,4,2)
(#9,7)
(6,4)
I° IV° I° VII° I° IV° I° II°
I°
I°
(6,3)
(6) (6,3) (7,#3)(6,4)
b VII°
(6)
I° bVII°
(6,4,2)
V°
(#7,6,4,2)
I°
(#7,6,4,2)
96
TONALITÀ MAGGIORE:
I°
II°
(6,4)
II°
III°
(6,4)
VI°
(7,5,#3)
V°
(7)
IV°
(6,#4)
II°
(6)
V°
(7)
III°
(3,5)
IV°
(7 dim.)
V°
(7)
V°
(7)
II°
(7)
V°
(2,4)
III°
(7)
VI°
(2,4)
II°
I°
IV
I°
V°
(6,4)
#I°
(7 dim.)
b III°
(6,b4)
V°
(6,4)
V°
(6,4)
I°
(#7,6,4)
V°
IV°
(6)
VI°
IV°
V°
(6,4)
V°
(b3)
VI°
(6,4)
I°
(6)
b VII°
(6)
IV°
III°
(6)
V°
II°
(6,4,3)
VI°
(#6,4,3)
III°
(#6,4,3)
VI°
IV°
(6)
VII°
(#6,4,3)
II°
I°
V°
(#4,2)
(4,2)
I°
b VII°
I°
(#4,2)
(4,2)
(6,4)
b VII°
V°
I°
(4,2)
(7)
IV°
V°
V°
V°
(6)
(7)
(7)
(6,4)
V°
V°
V°
V°
(6,4)
(#7,b6,4,2) (#7,b6,4,2)
#I°
II°
II°
VII°
(7 dim.)
(7 dim.)
VII°
V°
V°
V°
(7 dim.) (7)
(7)
(6,4)
V°
V°
V°
V°
(6,4)
(#7,b6,4,2) (#7,b6,4,2) (b9)
I°
V° V° I°
(7 dim.) (6,4)(7)
I°
V°
V°
VI°
(5,#3)
VI°
II°
VII°
(7,#5,#3)
VI°
(#3,5,7)
IV°
(6,4,2)
II°
(7)
V°
(6,4)
IV°
(6,4,2)
VII°
(7 dim)
V°
(6,4)
I°
(7 dim.)
III°
II°
IV°
III°
(6)
V°
(7)
III°
(6)
b VI°
(7,b5,3)
V°
(7)
V°
(7)
TONALITÀ MAGGIORE:
I° I°(7) IV° I°(6,5,3)
V° V°(7) I° I°
III°(7,5,3) I°(6) I°(6,5)
II°(6) V°(7) I°(6) IV°(7)
VI°(6,4) VI°(#7,6,4,2)
VI°
II°(7,5,3) VII°(6) VII°(5,6)
VII°(#6) III°(7,#3) VI° VI°(7)
VI°(6)
V°(6,b3) I°(7) IV°(6,3) bVII(7) III°(#6) VI°(7,#3) II° II°(7)
IV°(7) (9) IV°(6)
IV°(6,4,2) III°(6,3) VI°(7)
IV° I°(6,4) IV°(6,4,2) II°(4,3)
I° (VI°) IV (V°) I°
VII°(7,#3) #V°(6) (6,5)
V°(7)
I°(b7)
II°(6) V°(7) I° I°(7)
97
TONALITÀ MAGGIORE
I°
I°(6,4)
V°
I°(7,4,2) I°
III°(7 dim.) #I°(7 dim.)
I°(#4,2) VII°(6) V° VI°(7) II°(#3)
II°
VII°(7 dim.) #V°(7 dim.)
VI°
#IV°(6) II°(7,#3)
V°(7) V°(6,4)
V°------------------------(3,5)(6,4,3)(6,4,2)(9#7)
V° I°(7)
IV° II°(7,#3)
V° V°(7)
I° IV° VII° III° VI°
(7)
II° V° I° IV°
VII° III° VI° II°
V° I° IV° VII°
III° VI° II° V°
I°
ESERCIZIO 4
Estrarre il piano tonale di altri brani di Bach e utilizzarlo in modo simile.
98
UN PICCOLO PRELUDIO NELLO STILE DI KREBS
99
100
101
SCOMPOSIZIONE
Battuta 1 Figurazione dell’accordo del primo grado (tonica) proposta prima dalla mano
destra e poi dalla mano sinistra.
Tre battute di progressione [I° - IV°, II°(#3) - V°, III°(#3) – VI°]. La mano destra ripete su
ogni accordo la figurazione dell’inizio. La mano sinistra esegue gli accordi con la formula
ritmica
102
Seguono altre quattro battute di progressione [II°(#3) – V°, I° - #IV°, VII° - III°, VI° II°(#3)]. La mano destra ripete su ogni accordo una figurazione derivata da quella iniziale.
La mano sinistra sottolinea le armonie facendo accordi ribattuti.
Segue una battuta di V° - II°(#3), V° - II°(#3) sempre con la stessa figurazione alla mano
destra e accordi a ogni quarto alla mano sinistra.
103
Due battute con figurazioni nuove e alternanza di V°, II°(#3) e I°. Interruzione della
figurazione di sedicesimi.14
Conclusione della prima parte sulla tonalità della dominante (sol maggiore). Alla mano
sinistra e al pedale la figurazione di inizio.
Già da ora possiamo utilizzare lo schema appena visto per improvvisare la prima parte di
un preludio. AD ESEMPIO:
Battuta iniziale:
14
Il frammento considerato si presta ovviamente a interpretazioni e descrizioni analitiche
ben più complesse. Ma più la descrizione è dettagliata meno è utile all’improvvisatore che
deve avere la mente “sgombra” per potersi concentrare su altri aspetti.
104
Progressione sulla figurazione iniziale:
Altra progressione con figurazione simile a quella iniziale:
Una battuta di alternanza fra la dominante e la dominante della dominante:
Altre due battute di alternanza fra tonica, dominante della dominante e dominante, con
figurazioni libere:
105
Infine l’accordo di dominante con la figurazione iniziale alla mano sinistra:
Ecco un’altra utilizzazione dello stesso schema armonico formale, partendo però con un
inciso diverso:
ESERCIZIO.
Scegliere o inventare altri incisi ed esercitarsi sullo stesso schema armonico formale.
Esempio di altri incisi:
106
Trovare nella letteratura o inventare altri incisi ed utilizzarli.
Vediamo ora la seconda parte del preludio.
Due battute di progressione [I° - IV° - VII° - III°(#3)] sulla stessa figurazione della prima
battuta.
Due battute di alternanza VI° - III°(#3) – VI° - III°(#3) (con rivolti) su una figurazione
identica a quella delle battute 6-8 della prima parte. Anche la mano sinistra esegue una
figurazione derivata da quella iniziale.
107
Due battute e mezza di figurazioni libere sulla successione [VI° - III°(#3) – VI° - II°(#3) –V
– II°(#2) – V° - I° - IV° - I°(#5) – IV° - VII°] seguite dalla cadenza verso la minore.
Seguono sei battute e mezza di progressione VI° - III°(#3) – VI° - V° - I° - IV° - II°(#3) – V°
- III°(#3) – VI° - V°. A partire dal ritorno a do maggiore viene ripresa integralmente la
struttura armonica iniziale con piccolissime varianti alle figurazioni. Si tratta di una vera e
propria ripresa.
Seguono tre battute di figurazioni libere sulla progressione: I° - IV° - VII° - III° - VI° - II° - V°
- I° - V° - I°.
108
Anche per questa seconda parte si ripropongono gli stessi esercizi della prima parte: cioè
ripercorrere lo stesso schema armonico formale utilizzando una figurazione di partenza
diversa da quella del brano preso a modello.
Ma è possibile anche un altro esercizio più creativo che consiste nel cambiare alcuni
elementi della struttura armonica usando, ad esempio, delle progressioni diverse da quelle
dell’autore.
AD ESEMPIO:
Una battuta di alternanza primo quinto primo quinto.
109
Due battute libere per cadenzare verso il sol maggiore:
Per finire: accordo di sol maggiore con le figurazioni iniziali.
ESERCIZIO 2
Prendere la figurazione tematica dell’autore e adoperarla sulla nuova struttura armonica.
110
AD ESEMPIO:
ESERCIZIO 3
Su questo nuovo schema armonico utilizzare altre figurazioni.
ESERCIZIO 4
Inventare altri schemi armonici simili (progressioni, modulazioni ai toni vicini, ecc.) e
utilizzarli adoperando diverse figurazioni.
ESERCIZI 5 E 6
Svolgere un lavoro analogo al precedente con i seguenti preludi. N.B. le doppie stanghette
segnalano i cambiamenti di scrittura.
111
112
113
114
115
LA FINTA POLIFONIA.
Improvvisando si può dare l’impressione di un movimento di tipo polifonico pur senza
staccarsi da una struttura armonica molto chiara e semplice. Basta avere l’accortezza di
utilizzare degli incisi il cui ambito melodico non superi l’intervallo di terza. L’inciso va
inserito qua e la all’interno dell’armonia tutte le volte (e sono molte) che sotto le dita capita
un intervallo di terza.
STRUTTURA ARMONICA:
INCISO UTILIZZATO:
RISULTATO:
116
Avere l’accortezza di mettere l’inciso ora in una voce ora nell’altra. Talvolta l’inciso può
essere presente contemporaneamente in due voci per terze parallele:
ALTRI INCISI UTILIZZABILI:
ESERCIZIO 1
Trovare altri incisi ed utilizzarli su qualunque successione di accordi.
N.B. La “finta” polifonia può essere realizzata a 2 voci, 3 voci, 4 voci, ecc.
ESEMPIO A DUE VOCI (sulle stesse armonie date precedentemente)
117
ESEMPIO A TRE VOCI:
PER SFUGGIRE AL LINGUAGGIO DELL’ARMONIA TONALE CLASSICA.
Tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento molti musicisti hanno cercato, ognuno con
mezzi propri e originali, di uscire dalla “prigione” del tonalismo. Chi rivolgendosi a modalità
più antiche (Faurè, Satie, Debussy, Malipiero, ecc.), chi saturando completamente le
possibilità cromatiche della tonalità (Schoenberg, Berg, Webern, Scriabine, ecc.), chi
inventando e utilizzando delle proprie scale personali (Messiaen, ecc.), chi ricorrendo ai
modi e alle scale della musica popolare (Bartok, Kodaly, Strawinsky del periodo russo,
ecc.).
Perfino il jazz, la cui armonia ha una base saldamente tonale, utilizza determinate sonorità
(sovrapposizioni di accordi, cromatismi di passaggio, collegamenti di gradi, scale modali,
accordi sostitutivi, ecc.) in modo nuovo e originale. Al fine dell’improvvisazione non tutte
queste tendenze sono facilmente praticabili. Non prenderò in considerazione l’iper
cromatismo e la dodecafonia ma solo i vari tipi di modalità.
• MODALITA’ ANTICA = scale modali gregoriane.
• MODALITA’ POPOLARE = scale prese dalla tradizione popolare europea
• MODALITA’ ARTIFICIALE = scale di invenzione.
Per la modalità all’interno del linguaggio jazzistico rimando ai molti buoni manuali
pubblicati sull’argomento.
MODALITA’ NATURALE (Satie: Gymnopedie)
Si utilizzano le antiche scale modali gregoriane (Dorica, frigia lidia, ecc.) usate però con la
massima libertà sia per quanto riguarda il passaggio da un modo all’altro )o alle possibili
trasposizioni) sia per quanto riguarda le aggregazioni verticali dei suoni (= accordi).
Ovviamente, all’interno della modalità è possibile utilizzare accordi o collegamenti che
ricordano il linguaggio tonale creando così una efficace ambiguità tra modalità e tonalità.
Il I° Modo (dorico o protus) parte e arriva sul secondo grado di una qualsiasi scala
maggiore:
118
Il II° Modo (frigio o deuterus) parte e arriva sul terzo grado di una qualsiasi scala
maggiore:
Il III° Modo (lidio o tritus) parte e arriva sul quarto grado di una qualsiasi scala maggiore:
Il IV° Modo (misolidio o tetrardus) Parte e arriva sul quinto grado di una qualsiasi scala
maggiore:
Il V° Modo (eolio) parte e arriva sul sesto grado di una qualsiasi scala maggiore:
Il VI° Modo (locrio) parte e arriva sul settimo grado di una qualsiasi scala maggiore:
119
A questo punto ognuno dovrebbe essere in grado di fabbricare da se i propri esercizi. In
ogni caso ecco ancora qualche spunto:
1. Scegliere una scala modale e suonare una serie di triadi allo stato fondamentale, con
entrambe le mani, su di essa costruite.
2. Lo stesso usando solo accordi in primo rivolto.
3. Lo stesso usando solo accordi in secondo rivolto
4. Lo stesso usando le settime.
5. Lo stesso usando tutti i rivolti delle settime
6. Lo stesso usando tutti gli accordi elencati fino a qui.
7. Lo stesso del n° 6 usando figurazioni degli accordi.
8. Come il n° 6 usando alla sinistra figurazioni degli accordi e alla destra uno o più incisi
melodici.
9. Come il precedente ma usando agglomerati armonici di tre o più suoni non strutturati
secondo una sovrapposizione per terze.
10. Come al precedente ma usando ogni tipo di accordo, figurazione, inciso, cambiamento
di modo, ecc.
Qualche esempio di accordi non per terze nel modo dorico:
Al fine di semplificare le cose è possibile raggruppare le scale modali a seconda della
presenza dei tasti neri. E’ possibile allora considerare tutti i seguenti modi come
appartenenti ad un unico meta-modo caratterizzato dalla presenza di: NESSUNA
ALTERAZIONE. A seconda che l’armonia o la melodia siano polarizzate attorno ad una
certa altezza sarà poi possibile indicare quale modo particolare si sta usando.
Procedendo con questo criterio i seguenti modi appartengono al meta-modo caratterizzato
dalla presenza di: DUE #.
120
Le seguenti al meta-modo di 3 bemolli.
121
Vediamo ora il seguente modello:
122
123
Numero battute
1 – 20
21 – 25
26
27 – 30
31
32 – 37
38 –39
40 – 59
60 – 64
65
66 – 69
70
71 – fine
Modalità usata
2#
Nessun accidente
1#
Nessun accidente
1#
2#
1#
2#
Nessun accidente
1#
Nessun accidente
1#
Nessun accidente
ACCORDI USATI:
Triadi maggiori e minori, settime e none di varie specie usate con libertà (= senza
preparazione e risoluzione)
SCRITTURA:
Un’unica formula di accompagnamento per tutto il brano. Molti pedali. Melodia alla mano
destra che si muove preferibilmente per grado congiunto usando unicamente due durate:
semiminima e minima puntata.
ESERCIZIO 1
Suonare con la mano sinistra un accompagnamento simile al modello su due accordi a
scelta, come ostinato. Provare su varie scale modali.
124
ESERCIZIO 2
Aggiungere con la mano destra una melodia, nello stesso modo della mano sinistra, che si
muova preferibilmente per grado congiunto.
N.B. la melodia può toccare o meno le note presenti nell’accompagnamento: le note
dissonanti rispetto all’accompagnamento non hanno qui l’obbligo di essere preparate e di
essere risolte.
ESERCIZIO 3
Improvvisare delle semplici melodie senza accompagnamento rimanendo all’interno di un
solo modo e adoperando pochissime durate diverse. (due o tre al massimo). Respirare
all’inizio di ogni frase e chiudere la frase quando il fiato è finito.
ESERCIZIO 4
Improvvisare con la sola mano sinistra un accompagnamento, in un solo modo, su pedale
al basso oppure su pedale interno.
125
N.B. Su pedale è possibile cambiare modo.
AD ESEMPIO:
La nota del pedale può diventare in certi casi estranea al modo utilizzato senza che questo
sia un problema. La melodia della mano destra invece seguirà i cambiamenti modali (=
modulazioni) dell’accompagnamento.
Esercitarsi anche con pedali nella parte superiore. (= melodia).
CONCLUSIONE.
Improvvisare delle Gymnopedies non troppo lunghe. Dare alle proprie improvvisazioni una
struttura A, A1 oppure A, B, A1, oppure A, B, B oppure A, A, B oppure A, B, B, A.
126
MODALITA’ DI DERIVAZIONE POPOLARE (pentafonia)
Scale pentafoniche
Ognuna della scale sopra riportate ha 12 possibili trasposizioni.
AD ESEMPIO:
ALTRO ESEMPIO:
127
Le scale pentafoniche offrono un valido aiuto per quanto riguarda l’aspetto melodico. Sono
invece assai meno interessanti dal punto di vista armonico in quanto su di esse è possibile
costruire una gamma di accordi molto ristretta.
Per ovviare a questo inconveniente ipotizziamo all’interno di una qualunque scala
pentafonica l’esistenza di note di passaggio cromatiche, tra un grado e l’altro della scala,
da utilizzarsi prevalentemente negli accordi.
AD ESEMPIO:
Cercare che in ogni accordo compaia almeno un suono della scala base. Più l’accordo
sarà ricco di note di passaggio più l’effetto sarà dissonante rispetto alla melodia e
viceversa.
QUALCHE ESEMPIO:
128
ESERCIZIO 5
Scegliere o inventare una melodia pentafonica. Improvvisare un accompagnamento che
utilizzi solo le note della scala base. Poi risuonare aggiungendo all’accompagnamento una
sola nota di passaggio cromatica: quella fra il primo e il secondo grado della scala base.
ESERCIZIO 6
Analogo al precedente ma utilizzando come nota cromatica di passaggio (o nota
“aggiunta” alla scala) solo quella posta fra il secondo e il terzo grado.
ESERCIZIO 7
Analogo utilizzando come nota aggiunta quella fra quarto e quinto grado della scala base.
129
ESERCIZIO 8
Utilizzando tutte le note “aggiunte” alla scala.
ALTRI TIPI DI SCALE (modi, scala blues, esatonale, ecc.)
Consideriamo una scale minore melodica ascendente:
A seconda del grado di partenza e arrivo otteniamo le seguenti scale modali:
Per semplificare potremmo raggruppare le precedenti scale a seconda dei tasti neri che
adoperano. Così per indicare tutti i modi riportabili alla scala minore melodica ascendente
di la indicheremo solo:
SOL# LA#
Ecco un esempio di tutte le scale modali appartenenti al modo: DO#
130
Ecco tutti i modi di questo tipo:
Partendo dalla scala minore armonica otterremo i seguenti modi:
N.B. Qualunque grado di una delle precedenti scale può essere il grado di partenza e
arrivo di una scala modale.
131
Per completare il discorso sulle scale elenchiamo altre scale molto usate: (non sono
ovviamente tutte le scale possibili)15
N.B. Più complessa è la scala, più è difficile utilizzarla disinvoltamente improvvisando.
Consiglio di utilizzare prima i modi più familiari, cioè quelli derivati dalla scala maggiore e
dalla scala minore melodica ascendente. Consiglio però anche di studiare attentamente
tutti gli altri tipi di scala elencati in tutte le loro trasposizioni. L’esercizio però non deve
essere meccanico, e quindi noioso, ma si deve svolgere attraverso una esplorazione
musicale. Scelta una scala se ne indagano le possibilità espressive improvvisando: non si
suona il terribile su e giù di quando si studiano le scale per memorizzarne la diteggiatura.
15
Un ottimo libro che illustra tutte le scale possibili e tutte quelle usate dai musicisti è:
Luigi Verdi, Organizzazione delle altezze nello spazio temperato, Diastema, Treviso, 1998.
132
Si potrà cominciare con lo usare un solo tipo di scala nelle proprie improvvisazioni, poi più
tipo di scala e più trasposizioni, ecc. Per esercitarsi si potrà utilizzare una successione
simile a quella degli esercizi preparatori nella seconda parte di questo libro.
ESERCIZIO 9
Scegliere Una scala modale e suonare una serie di triadi allo stato fondamentale con
entrambe le mani.
ESERCIZIO 10
Idem ma una delle due mani arpeggia gli accordi.
ESERCIZIO 11
Idem ma mentre una mano arpeggia l’atra esegue un inciso melodico.
ESERCIZIO 12
Idem ma alternando più incisi melodici e più formule di accompagnamento.
ESERCIZIO 13
Rifare gli esercizi precedenti usando:
- solo triadi in primo rivolto
– solo triadi in secondo rivolto
– solo settime
– solo rivolti delle settime
– qualunque agglomerato sonoro.
133
IMPROVVISARE PICCOLI PEZZI NELLO STILE DEI “FOR CHILDREN” DI B. BARTOK.
Osserviamo il seguente esempio.
La mano destra lavoro solo su cinque note vicine. La melodia si muove prevalentemente
per grado congiunto con qualche raro salto di terza. Vi sono delle note ribattute. La mano
sinistra accompagna eseguendo pochi accordi, spesso privi della terza. La modalità usata
è:
Tranne che a battuta 16 dove appare una sola volta il fa naturale.
134
ESERCIZIO 14
Improvvisare melodie sulle cinque note che abbiano una struttura fraseologica simile a
quella del modello.
135
ESERCIZIO 15
Aggiungere una o più figurazioni di accompagnamento su accordi del modo base.
N.B. Analizzare altri brani di Bartok, individuare le figurazioni di accompagnamento ed
utilizzarle nelle proprie improvvisazioni.
Spesso Bartok usa un’unica formula di accompagnamento per tutto il brano. (come
nell’esempio seguente che si offre come modello da smontare per ricavarne ulteriori
esercizi.)
136
Consiglio di lavorare molto sui seguenti meravigliosi brani di Bela Bartok:
- For Children (due volumi)
– Mikrokosmos (sei volumi)
– Danze popolari rumene
– Sonatina per pianoforte.
– 14 Bagatelle op. 6
137
IMPROVVISARE UNA CADENZA O UNA CORONA
Nei capitoli precedenti sono stati forniti dei percorsi per impadronirsi dei rudimenti
dell’improvvisazione non jazzistica. La trattazione è stata il più possibile concisa perché il
vero oggetto di un libro come questo è altrove: è il suonare improvvisando e mai nessuna
pagina scritta potrà dar conto della enorme quantità di variabili in gioco in una azione così
complessa come quella di improvvisare musica. Esistono dei casi però dove i compositori
hanno "scritto” le improvvisazioni: si tratta delle cadenze d’autore e di tutti quei frammenti,
sparsi per la letteratura, dove si mima una situazione improvvisativa. Nei secoli passati
ogni musicista degno di questo nome sapeva improvvisare le sue cadenze e le sue
corone. Oggi non è più così. Molti strumentisti brillantemente diplomati in conservatorio o
nelle più roboanti accademie private, e perfino alcuni compositori, non sanno improvvisare
alcunché.
Ho sempre pensato che se gli studenti di conservatorio, invece di perdere tempo a
realizzare allucinanti bassi numerati e improbabili modulazioni con il “trucco”, si
esercitassero ad improvvisare gli abbellimenti appropriati, le cadenze e le corone nel
repertorio che lo richiede, potrebbero tranquillamente imparare qualcosa che servirà loro
per tutta la vita. Ve li immaginate degli esami di armonia complementare dove invece del
basso dato, della melodia di corale, ecc. succede che lo strumentista o il cantante ha un
certo numero di ore di tempo per elaborare una cadenza per una sonata o un concerto o
un’aria. Ma il tutto senza scrivere. Al termine della clausura si esegue il brano con la
cadenza appena messa a punto. Non vi sembrerebbe un approccio all’armonia ben più
fruttuoso che quello oggi in auge? Del resto è noto che quasi tutti gli studenti
generalmente dimenticano nel giro di tre mesi tutto quello che hanno imparato nel corso di
Armonia Complementare. No, non proprio tutto, di solito ricordano bene due cose: che non
si possono fare le quinte e le ottave parallele.
In questo capitolo mi propongo di aprire una strada che mi auguro sarà percorsa,
approfondita e ampliata da molti altri.
TRATTATI
La letteratura è semplicemente sterminata. Impossibile farne un resoconto. Un buon punto
di partenza è la lettura delle voci:
prassi esecutiva
abbellimenti
improvvisazione
diminuzione
di una buona enciclopedia della musica. La bibliografia rimanderà ai testi di riferimento, i
quali a loro volta rimanderanno a ulteriori testi, ecc. In pratica non c’è trattato, fino alla
prima metà dell’ottocento, che non prenda in considerazione anche le cose che l’interprete
deve improvvisare: abbellimenti, corone, cadenze, accompagnamenti, ecc.
Per i tastieristi un buon manuale di partenza (non troppo antico) è il Saggio di metodo per
la tastiera di Carl Philipp Emanuel Bach, Edizioni Curci, 1973. Questo autore dedica uno
specifico capitolo (pp. 137-139) all’ornamentazione delle corone.
Ecco i suoi esempi:
138
Primo esempio
Secondo esempio
Terzo esempio
139
Quarto esempio
Quinto esempio
Sesto esempio
Settimo esempio
140
ANALISI DI CADENZE D’AUTORE
Tutte le cadenze del periodo classico e romantico16 hanno in comune i seguenti tratti:
1. Un rubato costante.
2. Una grande abbondanza di figurazioni non tematiche (arpeggi, arpeggi spezzati, scale,
scale cromatiche, trilli) che le avvicinano molto, se non ci fosse il rubato, alla scrittura
dello studio.
3. Una grande imprevedibilità armonica. Le progressioni non sono mai mantenute per
molto tempo, spesso ci sono delle svolte tonali repentine. Oppure, viceversa, certi
accordi sono dilatati in modo abnorme attraverso figurazioni “non tematiche”.
4. Qua e la appaiono delle citazioni tematiche che però si “sciolgono” quasi subito in
figurazioni più neutre (scale arpeggi, ecc.)
5. Tutto l’andamento è a grandi “onde” nel senso che ci si muove spaziando molto sulla
tastiera ma raramente con grandi salti, più spesso raggiungendo e abbandonando
gradualmente la zona grave e la zona acuta.
6. Parallelamente ci sono delle onde di intensità che sottolineano il raggiungimento dei
culmini (all’acuto o al grave) della tensione attraverso dei crescendo e diminuendo
paralleli.
7. Le figurazioni polifoniche (imitazioni, fugati, ecc.) sono quasi del tutto assenti.
Mozart ha scritto un grande numero di cadenze per il concerto per pianoforte e orchestra
n° 12 il la maggiore K. 414 (1782). La prima, che è una delle più lunghe di questo
concerto, può essere analizzata e smontata per poter costruire su di essa una serie di
esercizi analoghi a quelli visti nei capitoli precedenti.
16
J. S. Bach presenta anche delle cadenze che sono assolutamente compatte come
scrittura (ad esempio quella della fuga in re minore BWV 948 per cembalo). Queste
cadenze, la cui scrittura è assolutamente assimilabile a quella dello studio sono le più
difficili da improvvisare perché richiedono un controllo armonico totale. La scrittura è
talmente povera che tutta l’attenzione dell’ascoltatore è concentrata sul movimento
armonico.
141
142
ANALISI
Battute 1 - 2
La prima battuta presenta una scala ascendente, molto veloce, probabilmente
accelerando, basata sull’accordo di dominante. La seconda battuta presenta una serie di
arpeggi spezzati discendenti basati sull’armonia di tonica.
143
ESERCIZIO 1
Eseguire, a partire dalla zona centrale della tastiera, con una o con entrambe le mani, una
veloce scala ascendente sulla dominante di una qualsiasi tonalità, in accelerando. Arrivati
al culmine melodico eseguire una serie di arpeggi spezzati discendenti sull’armonia di
tonica della stessa tonalità fino a ritornare nella zona centrale della tastiera
Altezze-------------------
Il tutto può essere sintetizzato con il seguente grafico:
Salita a
scala
dominante
Nota ferma
seguita da scala veloce
Discesa a
arpeggio
tonica
quartine di sedicesimi
Ovviamente si possono ricavare altri esercizi. Qualche esempio:
ESERCIZIO 2
Eseguire una rapida scala ascendente basata su di un qualsiasi accordo subito seguita da
arpeggi spezzati discendenti su di un qualsiasi altro accordo.
ESERCIZIO 3
Eseguire una rapida scala discendente in rallentando subito seguita da arpeggi spezzati
ascendenti in accelerando. (accordi a libera scelta)
ESERCIZIO 4
Eseguire degli arpeggi spezzati ascendenti in rallentando subito seguiti da una scala
discendente in accelerando. (accordi a libera scelta oppure in progressione)
ESERCIZIO 5
Utilizzare lo schema ritmico delle battute 1 e 2 (oppure di altre battute scelte a piacere) per
improvvisare con altre figurazioni e altri accordi.
Battute 3, 4, 5, 6.
Le battute dispari presentano in arpeggio spezzato ascendente basato sull’accordo di
settima di dominante (batt. 3) e su quello di diminuita del quarto grado innalzato (batt. 5).
144
Le battute pari presentano arpeggi spezzati discendenti simili a quelli di battuta 2 sulla
dominante (batt. 4) e sulla triade diminuita del VI° grado.
Battute 7, 8.
Arpeggio
Arpeggio
Arpeggio
Arpeggio
ascendente ascendente ascendente ascendente
V°
I°
V°
I°
Battute 9, 10, 11, 12.
Arpeggio ascendente in sedicesimi sull’armonia di dominante (batt. 9, 10). Fioritura a
terzine dell’accordo di dominante (batt. 11). Questo è uno dei rari casi nei quali non c’è
escursione verso l’acuto o verso il grave: la figurazione è statica. Scala discendente a
terzine sull’armonia di dominante (batt. 11).
Battute 13\19.
Citazione tematica. In questo caso ovviamente la scrittura è “statica” e non assomiglia a
quella tipica della cadenza. La stessa cosa si ripeterà tutte le volte che, in una cadenza,
appaiono temi o figurazioni tratte dal movimento citati più o meno alla lettera.
Battute 20, 21, 22, 23.
nota
Ar..
S.
Ar.
nota
VI°
III°
IV°
bVI° #6
Indica la presenza di una nota tenuta o di un accordo
S.
indica la presenza di una scala ascendente o discendente a seconda della
direzione della freccia.
Ar.
Indica la presenza di un arpeggio ascendente o discendente a seconda della
direzione della freccia.
145
Battute 24\28
Presenza di una fioritura dell’armonia statica dal punto di vista del profilo melodico.
Ipotizzabile un diminuendo. Interruzioni della scrittura con pause improvvise. (batt,26, 27,
28.
Battute 19\30
Arpeggio spezzato discendente sull’accordo #IV° 7 dim.
Battute 32\35
Figurazione “anfibia”: un po’ arpeggio spezzato e in po’ scala. Prima ascendente poi
discendente.Sull’armonia di tonica in 64.
Battuta 36
Serie di arpeggi verso l’acuto con sottolineatura e rinforzo della nota di partenza.
Battuta 37, 38
Arpeggio spezzato ascendente seguito da scala discendente che si conclude su trillo.
Armonia: I° in quarta e sesta, V° settima.
Battute 39\41
Trillo su dominante fiorita, scala cromatica ascendente, ancora trillo su dominante non
fiorita. Tonica.
Come si può vedere nella cadenza viene adoperato un ristretto numero di gesti strumentali
basati in larga parte su stereotipi motori: scale, arpeggi, arpeggi spezzati, trilli, fioriture
varie, ecc. Questi gesti strumentali sono in larga parte intercambiabili, tranne il trillo
sull’armonia di dominante che è quasi sempre usato come segnale conclusivo. Quello che
è essenziale è la disposizione a “salita e discesa” di quasi tutti i gesti. Quandi il gesto si
“ferma” su alcune altezze è perché si vuole creare una sospensione dopo aver toccato un
culmine (acuto e talvolta grave). Oppure è perché appare una citazione tematica.
Riassumendo i gesti “chiave” di questa cadenza come di molte altre sono tre:
altezze
SCHEMA UNO
dinamica
146
SCHEMA DUE
Altezze
dinamica
Rallentando…………...Accelerando….…
..
SCHEMA TRE
pausa
Rallentare…………………………………….
ESERCIZIO 6
Riconoscere i precedenti schemi nelle altre cadenze di questo concerto o in altre cadenze
dello stesso autore o di altri del periodo classico. Trarre dal materiale così schematizzato
ulteriori esercizi sul modello di quelli appena visti.
FRAMMENTI SCRITTI DAL CARATTERE DI IMPROVVISAZIONE.
Capita talvolta nella letteratura scritta che gli autori scrivano quello che in realtà potrebbe
essere improvvisato. Le Musiche di J. S. Bach sono piene di casi del genere. Un esempio
fra i tanti è quello del Preludio (o Fantasia) in la minore BWV 922 per clavicembalo. Un
esercizio estremamente utile è quello della ricerca e dell’analisi studio di tali “cadenze
scritte” allo scopo di trarne ulteriori esercizi.
147
BIBLIOGRAFIA NON SPECIFICA.
Questo libro non è basato su una approfondita consultazione di manuali specifici, ma
piuttosto sulla ricerca personale e sulla sperimentazione in vivo delle proprie ipotesi. Una
vasta bibliografia che sciorini decine di manuali di improvvisazione che la cui lettura mi ha
provocato dei sonori sbadigli mi sembrerebbe in qualche modo fuori luogo. Se lo scopo
non è quello dell’erudizione musicologica ma quello di imparare ad improvvisare allora è
meglio non leggere nella fase iniziale certi ponderosi trattati come quello di Marcel Duprè.
Però in molti libri ho trovato cose che mi sono sembrate utili per costruire, per spiegare,
per smontare e analizzare, per raccontare fatti e situazioni tipiche dell’improvvisazione.
Molti di questi libri non parlano di musica ma sono testi di psicologia, o di disegno, o di
pedagogia, o sono dei romanzi o dei racconti. In ognuno di loro ho trovato delle chiavi per
aprire porte che nessun trattato di improvvisazione musicale era riuscito a farmi vedere.
AUTORE
Oliver Sachs
Manfredo Massironi
A. Guarnieri
Corazzol
Raymond Queneau
Gianni Rodari
Fiorella cappelli e
Ida Maria Tosto
William Least HeatMoon
Georges Ifrah
TITOLO
L’uomo che scambiò
sua moglie per un
cappello
Comunicare per
immagini
Erik Satie tra ricerca
e provocazione
Esercizi di stile
La grammatica della
fantasia
Geometrie vocali
EDIZIONE
Adelphi
ANNO
1986
Il Mulino
1989
Marsilio Editori
1979
Einaudi
Einaudi
1983
1973
Ricordi
1993
Prateria
Einaudi
1994
Arnoldo Mondadori
editore
Einaudi
Rizzoli
1989
Ricordi Unicopli
Edizioni 10\17
1985
1992
Il Mulino
Giunti Barbera
1988
1984
Einaudi
La Nuova Italia
Sperling & Kupfer
1977
1992
1978
Storia universale dei
numeri
Raymond Queneau I fiori blu
Ernest Bornemann Dizionario
dell’erotismo
R. Murray Schafer
Il paesaggio sonoro
Autori vari (atti del
Dall’atto motorio alla
convergno)
interpretazione
musicale
John A Sloboda
La mente Musicale
Viktor Lownfeld e W. Creatività e sviluppo
Lambert Brittain
mentale
Jean Jaques Nattiez Il discorso musicale
Duccio Demetrio
Micropedagogia
A. Lapierre e B.
I contrasti e la
Aucouturier
scoperta delle
nozioni fondamentali
1967
1984
148
A. Lapierre e B.
Aucouturier
A. Lapierre e B.
Aucouturier
Grace J. Craig
Jorge Amado
Marvel Moreno
Associazioni di
Sperling & Kupfer
contrasti. Strutture e
ritmi.
Le sfumature
Sperling & Kupfer
1978
Lo sviluppo umano
Tocaia grande
A dicembre
tornavano le brezze
1982
1985
1991
Il Mulino
Garzanti
Giunti
1978
Dato che non è una vera bibliografia non è in ordine alfabetico ma nell’ordine con il quale
ho appoggiato sul tavolo i miei libri.
INDICE
FACCIAMO CHE MI DIMENTICAVO DI ESSERE TRISTE E DIVENTAVO ALLEGRO................................. 2
DI FRANCESCO BELLOMI ........................................................................................................................................... 2
PROPEDEUTICA DELL’IMPROVVISAZIONE ......................................................................................................... 2
AVVERTENZA AI LETTORI. ..................................................................................................................................... 2
RIFLESSIONI PRELIMINARI. .................................................................................................................................. 4
DAVANTI ALLA TASTIERA....................................................................................................................................... 5
TITOLI PER ESPLORARE....................................................................................................................................... 12
TITOLI PER ESPRIMERE ....................................................................................................................................... 15
LA RIPETIZIONE DI QUALCOSA.......................................................................................................................... 17
RITMO E METRO.................................................................................................................................................... 18
PER TROVARE ALTRI MATERIALI. ...................................................................................................................... 20
CASI NOTEVOLI DELL’IMPROVVISAZIONE....................................................................................................... 21
FACCIAMO CHE MI DIMENTICAVO… SECONDA PARTE (ESERCIZIARIO).............................................. 34
ESERCIZI PREPARATORI......................................................................................................................................... 34
ESERCIZI CON LE TRIADI. ................................................................................................................................... 34
RITMI PER LE TRIADI............................................................................................................................................ 36
FIGURAZIONI MELODICHE SULLE TRIADI ...................................................................................................... 40
FIGURAZIONI DI ACCOMPAGNAMENTO SULLE TRIADI................................................................................ 43
L’INCISO ................................................................................................................................................................. 49
NOTE ESTRANEE ALL’ACCORDO (di passaggio, di volta, appoggiature, ritardi…).......................................... 50
RIVOLTI ................................................................................................................................................................... 54
ACCORDI DI SETTIMA .......................................................................................................................................... 55
149
TERZA PARTE – ESERCIZI IN STILE...................................................................................................................... 58
IMPROVVISARE UNA INTONAZIONE NELLO STILE DI ANDREA GABRIELI .............................................. 58
SCRITTURA. ............................................................................................................................................................ 59
SCRITTURA. ............................................................................................................................................................ 61
ARMONIA. ............................................................................................................................................................... 63
CONSIGLI CONCLUSIVI........................................................................................................................................ 65
IMPROVVISARE ALCUNE PARTITE SU DI UN’UNICA STRUTTURA ARMONICA....................................... 66
ARMONIA. ............................................................................................................................................................... 67
SCRITTURA. ............................................................................................................................................................ 69
CONSIGLI CONCLUSIVI........................................................................................................................................ 73
IL SENSO TONALE NEL COLLEGAMENTO DEGLI ACCORDI.......................................................................... 73
IMPROVVISARE VARIAZIONI E PARTITE NELLO STILE TONALE. ............................................................... 75
UN GROUND DI HENRY PURCELL. (1658? – 1695)........................................................................................... 75
UN TEMA CON VARIAZIONI DI LEOPOLD MOZART. ....................................................................................... 81
PROGRESSIONI .......................................................................................................................................................... 87
MODULAZIONI .......................................................................................................................................................... 92
ALCUNI PRELUDI DEL “CLAVICEMBALO BEN TEMPERATO” DI J. S. BACH. ............................................ 93
UN PICCOLO PRELUDIO NELLO STILE DI KREBS............................................................................................. 98
LA FINTA POLIFONIA. ........................................................................................................................................... 115
PER SFUGGIRE AL LINGUAGGIO DELL’ARMONIA TONALE CLASSICA. .................................................. 117
MODALITA’ NATURALE (Satie: Gymnopedie).................................................................................................... 117
MODALITA’ DI DERIVAZIONE POPOLARE (pentafonia) ................................................................................. 126
ALTRI TIPI DI SCALE (modi, scala blues, esatonale, ecc.).................................................................................. 129
IMPROVVISARE PICCOLI PEZZI NELLO STILE DEI “FOR CHILDREN” DI B. BARTOK............................ 133
IMPROVVISARE UNA CADENZA O UNA CORONA ......................................................................................... 137
TRATTATI .............................................................................................................................................................. 137
ANALISI DI CADENZE D’AUTORE..................................................................................................................... 140
FRAMMENTI SCRITTI DAL CARATTERE DI IMPROVVISAZIONE.................................................................. 146
BIBLIOGRAFIA NON SPECIFICA.......................................................................................................................... 147
Scarica

formato PDF