IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Antonio Dal Colle, Diario di Guerra A MONTEBELLUNA DOPO CAPORETTO 10 novembre 1917 (sabato) I nostri sono schierati sul Piave pronti a resistere. Il nemico li raggiunge. Per Montebelluna è un passaggio straordinario di soldati, carri, automobili – con un fango alto una spanna. I soldati della II Armata sono ancora in disordine nei nostri paesi producendovi danni straordinari. Nessun ordine di disciplina – molti soldati tornano a casa e si fermano per qualche giorno. Nelle case dei contadini si fanno delle grandi polente per i soldati affamati. I Guolo di Guarda ne fanno perfino 9 in una sera. A Boselli è succeduto Orlando, a Cadorna Diaz. Oggi si sentono i primi spari sul Piave: pare partano dal Montello. I paesi della destra del Piave devono sgombrare. Molti vengono trasportati al di là del Pò, altri si disperdono nei paesi sotto e attorno Montebelluna o nella campagna di Monteb. Le famiglie di S. Gaetano ne sono piene, in qualche famiglia ci sono 20, 30 e più profughi. Anche gli eroi di Montebelluna che in 8 giorni doveano portarsi a casa Trieste in saccoccia se ne sono andati in fretta. Forse si saranno fermati a Napoli, oppure sono ancora a gambe levate. I palazzi di Pieve chiusi, chiusi i negozi, le botteghe. I soldati non trovano più da mangiare. Però i nostri buoni contadini dopo di aver dato i figli alla patria e quanto aveano al governo danno anche il po' di polenta che hanno ai soldati. E poi chi sono i veri amanti dei soldati, della patria? Anche il Sindaco Dall'Armi e il Segret. Baratto se ne vanno; però prima il sindaco chiama Mons. Prevosto al quale dà degli incarichi. Giù a Pieve un rumore indiavolato di carri. Un rapporto dei carabinieri, datato 15 novembre 1917, segnala al prefetto: «Le autorità sottosegnate di Montebelluna abbandonarono già da 5 o 6 giorni i loro uffici e questa loro fuga fece cattiva impressione sulla popolazione rurale che quasi tutta è rimasta e avrebbe bisogno di consiglio e d'aiuto: sindaco, segretario e tutti gli impiegati (salvo il guardiano delle carceri); cancelliere, pretore ed ufficiale giudiziario; tutte le levatrici; tutti i medici civili compresi i due dell'ospedale e manicomio che vi abbandonarono 110 pazzi e 24 ammalate gravi, lasciandovi solo le suore; l'ufficiale postale e l'impiegato, che abbandonarono lettere e vaglia sul pavimento». (Archivio di Stato di Treviso, Gabinetto di Prefettura, b. 402, fase. Montebelluna, relazione datata 15 novembre 1917 del comando del 277 plotone regi carabinieri). [n.d.c.] BOMBARDAMENTI 14 novembre 1917 (mercordì) Durante la notte riprese il bombardamento – la battaglia infuria lungo il Piave. La donna che ieri rimase vittima di granata presso la stazione è una certa Zanatta di S. Gaetano. All'arme. Passano aereoplani nemici inseguiti dai nostri sempre a debita distanza. In campagna di Mont. concentramenti di truppe. Molte case sono piene zeppe. Anche a Busta, perfino l'oratorio è pieno di casse. Dal nostro campanile vengono fatte segnalazioni ad altri campanili. – A Guadagnin del M. V. hanno rubato perfino la caldaia per la polenta. Un grosso pallone areostato si innalza in Contea presso Bibari per osservazioni. Oggi il bombardamento diventa infernale nel medio Piave però cessa verso mezzogiorno. Altri areostati si levano. Verso le ore tre aeropl. nemici, quindi all'arme. Due si nascondono in mezzo alle nuvole e si mitragliano, uno precipita verso Maser – l'altro uscito dalle nuvole corre veloce verso il Piave – è austriaco – il caduto è nostro. Sopra il nostro campanile è posto un apparecchio telefonico, oltre quello che c'è della guardia antiaerea. Viene pubblicato un elenco di soldati fucilati a Treviso per ordine del maggior generale Graziani. Verso le ore 4 una forte detonazione a Pieve: una granata. Un'altra fischia per aria, anche questa sulla stazione poi un'altra, poi un'altra ancora. I danni materiali lievi, ma purtroppo ancora vittime: due soldati morti e tre feriti. L'ospitale civile è fatto ospit. mil. Le maniache dapprima a Castelfranco di poi vengono trasportate a Foggia. Qui rimangono 5 suore. E l'amministrazione? Anche Mazzarollo si è eclissato. Il buon Giuseppe Visentin resta e con lui il signor Prosdocimi. Mons. Vescovo Longhin manda una lettera al Prevosto confortandolo e nella quale parla delle tristi condizioni della sua diocesi, specie del basso Piave. Il Vescovo prega i suoi preti a rimanere fermi al proprio posto. Sì fermi sempre al nostro posto, in mezzo al nostro popolo e ciò perché è questo un dovere di giustizia e di carità cristiana. Il Signore certo ci salverà. Abbiamo fatto una promessa al Signore che se si scamperà da tanto flagello ogni anno si procurerà al popolo di Montebelluna un corso di Esercizi spirituali di 8 od 10 giorni – con funzioni funebri per le anime dei soldati morti in guerra. – Nella Chiesa Nuova saranno innalza1 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE ti altari uno al B. Cottolengo, uno al Ven. D. Bosco, e speriamo a C. Ferrini e a Pio X. – La promessa ha le firme del Prevosto, del cappellano, di Regina Furlan, donna di alto senno, madre del Prevosto e di Bordin Giovanni. Se il Signore ci scamperà ci daremo con più zelo a lavorare per la salute delle anime, specie nei giovani. Sera. Nuvolo – a Pieve passa qualche automobile. Silenzio assoluto, certo foriero di tempesta. Oggi è rimasto vittima dello scoppio di una bomba a mano verso i Borghi il giovinetto Bordin Antonio di Giuseppe di Contea di anni 14. Rimase cadavere sull'istante – una mano non fu nemmeno trovata. Era un povero disgraziato – orfano di madre – sapeva appena il Padre nostro – viveva col padre imparando a fare scarpe. Meglio così. Il Comunicato Diaz annuncia che il nemico ha passato il Piave a Zenson, ma che però è rattenuto dai nostri. La chiesa di Zenson è già incendiata. Anche la bella chiesa e campanile di Musile sono mezzi rovinati. Così si parla di altre chiese e campanili del basso Piave. D. Luigi Zambrando, vice cancelliere, è stato nominato commissario di requisizione per le opere pie della città di Treviso. 1° febbraio 1918 (venerdì) Sono venuti questa notte. Dalle 11 alle 6 di questa mattina hanno volato i velivoli nemici sopra i nostri paesi. Danni rilevanti. Bombe circa 40. Distrutta la stalla di Marconato (Guarda) due mucche uccise, il resto della casa completamente [s]fasciato in un modo fenomenale. Cinque caddero sulle case di Guselotto o vicino, una sullo stabilimento grande, lo forò e infranse le numerose invetriate. Una sulla casa di Speronello. Una vicino all'ospitale, dietro la casa Saldan. Alcune dietro la Chiesa nuova, presso Garbuio e Gallina – qualche altra sulle vicinanze della stazione ed a Bocca Cavalla. Due bombe rovinarono completamente la casa di Polastra e mezza quella di Beppi **. Per fortuna tutti profughi. Quattro vicino sior Beppi Visintin: una sulla strada, una dentro in sala, e dopo di aver forato il tetto e i due piani superiori si conficò nel pavimento (terrazzi) restando inesplosa (a quanto pare) una terza sulla parte più bassa della casa, una quarta più in là. Vicino Poloni Nani una altra, una presso Bressan (capitello) rovinando il muro di cerchia, uno sull'orto della siora Beppa, rovinando parte del tetto della casa dei Noi (Bressan). Circa dieci bombe caddero più in la, sempre nella stessa direzione, sul terreno di Antonio Scandiuzzi, ma senza danni. Quest'oggi grande attività sul Montello. 2 febbraio 1918 (sabato) Li aspettavamo e purtroppo tornarono anche in questa notte dalle 9 alle 6 di questa mattina. Circa dieci bombe su Montebelluna, quasi tutte a S. Andrea bassa, presso le scuole. Tornarono anche a Treviso. Ieri notte a Treviso circa 150 bombe, questa notte 40. Anche a Paese ieri notte circa 20 bombe che fecero 7 morti e 30 feriti fra i soldati inglesi. Oggi il cannone tuonò sempre, in modo straordinario nel medio e basso Piave. Lo spavento nelle popolazioni per le incursione di notte è grande. Passano le notti intere senza dormire, sotto le scale, nei sotterranei, nelle trincee; molte famiglie se ne sono scavata una. Nel nostro campanile si ricoverano molte; i ragazzi di Bordin (una ventina) vi dormono quasi ogni notte. Povere creature quante sofferenze, quanti spaventi e quante conseguenze poi. Se fossero qui in queste notti quei quattro cialtroni che tanto gridavano alla guerra, ma che ora invece sono in tanta malora! Oppure se qualche visita facessero i velivoli nemici anche là dove meno si pensa a chi soffre e alla guerra, ma soltanto a godere! Sera calma e serena. Più tardi sorgerà la luna ed allora? Vedremo. 3 febbraio 1918 (domenica) Sono tornati gli uccellacci questa mattina alle 2 e fino alle 6 volarono soltanto su Venezia e dintorni. Il canno[ne]ggiamento era fortissimo – qui tremavano le lastre. Oggi sempre grande attività sul Montello e medio Piave. Val Bella è stata riconquistata. Alle S.S. Messe e funzioni sempre poca gente. Sera ore 6½; i velivoli sono di nuovo a Venezia ma per pochi minuti. Notte silenzio e calma. 4 febbraio 1918 (lunedì) Alle 2½ i mostri volanti sono sopra Treviso – Venezia, Castelfranco, Monteb. e paesi circonvicini. Girano fino alle 6½ bombardando Treviso e altre località. Alle 6 a Mont. circa 8 bombe; cinque delle quali sui campi di Menegon (Posmon). Ieri a Treviso dei veri disastri spaventosi. Oggi attività sul medio Piave e Montello. Sera, 6½, gli aereoplani sono a Treviso, da qui si vedono le bombe scoppiare. L'altra notte i lastroni della galleria e della sagrestia infranti. Calma e sereno; purtroppo torneranno i mostri. Questa notte una bomba cadde in villa Bertolini ma scoppiò nel tetto. 5 febbraio 1918 (martedì) 2 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Tornarono in diversi luoghi questa notte alle ore 3, lanciando bombe qua e là; soltanto verso le 6½ se ne andarono. Ieri sera a Treviso lanciarono molte bombe e produssero un disastro incredibile: palazzi, case, la prefettura, il palazzo Olivi, il Vescovado e molti altri fabbricati furono danneggiati gravemente. Il portone del Vescovado fu lanciato vicino alle gradinate del duomo. Vittime diverse. La città si fa completamente deserta; la costernazione regna ovunque. A Castelfranco, a Bassano, a Paese sempre bombe. Questa notte alcune in campagna a Montebelluna, senza danni. Oggi solita attività delle artiglierie, più intensa nel medio Piave, fino a sera. Circa 13 palloni sono in aria per le osservazioni. Nel nostro campanile si rifuggono molti con coperte, pagliericci, … povera gente, quanta compassione! 6 febbraio 1918 (mercordì) Anche ieri sera una visitina a Treviso di velivoli austr. Questa mattina tornarono alle 4½ fino alle 6½: due ore soltanto, non c'è male. Gravissimi sono i danni delle incursioni delle notti scorse. Oggi giornata calma. E mentre sono attesi nuovi avvenimenti e nelle trincee si soffre e si patisce nelle retrovie per le incursioni e per le tristi condizioni presenti, lontano, nelle città, si fa bella vita senza pensare alla guerra e a chi soffre per la guerra. 9 febbraio 1918 (sabato) Regna la calma, certo foriera di tempesta. Giornate di preparazione militare da ambo le parti. Il transatlantico Tuscania – che trasportava truppe americane in Francia – fu affondato da un sottom. tedesco. Cadorna, Porro e Cappello messi a disposizione del governo: sic transit gloria mundi. Quasi ogni famiglia si costruisce una trincea per difendersi dai bombardamenti. 11 febbraio 1918 (lunedì) Quasi tutte le famiglie di Monteb. stanno scavando delle fosse profonde per costruire la trincea famigliare in caso di incursioni e di altri pericoli. Sussidi. CONDIZIONI ECONOMICHE 14 marzo 1918 CONDIZIONI ECONOMICHE Sono semplicemente disastrose – Non si trova quasi nulla e quello che si può avere costa assai caro. Carne £ 4 al Kgr. Frumento £ 49 il quintale Pane £ 1 al Kgr. Granoturco £ 36.50 il quintale Vino £ 1.80 litro Ficchi secchi £ 3.50 il Kgr. Caffè £ 12 al Kgr. Burro £ 12 il Kgr. – e trovarlo. Zucchero £ 8 al Kgr. Formaggio £ 16 al Kgr. – e trovarlo. Uova £ 0.90 il paio Baccalà £ 11 al Kgr. – e trovarlo. Latte £ 0.50 il litro Petrolio £ 2.50 il litro Faggiuoli £ 2.60 il Kgr. Fieno £ 25 il quintale Patate £ 1 al Kgr. Avena £ 65 il quintale Olio £ 7 il litro Legna £ 16½ il quintale Così si dica di tutti gli articoli di necessità famigliare; ad es: un bicchiere che una volta costava 8 centesimi, ora costa centes. 70; un metro di tela che una volta costava 0.60 £, ora £ 5; e così via. Anche le paghe del resto sono spropositate. Puta caso un medico che tempo fa prendeva £ 3000, ora 6000, (e con tutto questo si domandano licenze e vacanze). 3 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Un ragazzo di 15 anni una volta prendeva 40 £ annue se a servizio, ora domanda £ 500. Un operaio per potare le viti domanda £ 7 al giorno e le spese. Un ragazzo di 12 anni che scoppa la strada prende £ 5. 9-13 agosto 1918 Finalmente è arrivato questo benedetto olio: dopo mesi! Lo si distribuisce colla tessera qui a Pieve nella casa di fianco alla farmacia Faggionato. Vedi sapienza: entrano in dieci o quindici, poi si chiude la porta, si distribuisce ad uno ad uno l'olio e poi ad uno ad uno devono uscire per la finestra facendo un salto nella strada. La scena è tragico-comica. Sono quasi tutte donne: chi resta impigliata colle vesti, chi cade per terra, chi rovescia la bottiglia del sospirato olio, chi indignata se ne va senza entrare. Eppure i distributori non sono ufficiali ma borghesi! Si vede che questi hanno imparato da quelli degli *** di sapienza cretina, poichè chi va col lupo impara a urlare. 1 e 2 marzo 1918 Calma sempre. Vengono distribuite le tessere per la compra dell'olio – l'elenco vien fatto in canonica. Distribuiamo 500 coperte ai profughi qui residenti. 15 ottobre 1918 Il vivere economicamente è diventato impossibile. Ecco alcuni prezzi dei primi generi: Frumento £ 60 il Q.le Granoturco £ 46 il Q.le Vino da £ 2-3 il l. Olio a £ 6 il l. Caffè £ 20-24 il Kg. Zucchero £ 4-4.50 il Kg. Formaggio a £ 25-30 il Kg. Cera £ 10-20 il Kgr. Scarpe a £ 50 il paio. Un uovo cent.mi 80 VACCHE IN AUTOMOBILE 17-18-19-20 maggio 1918 (ven. sab. dom. lunedì) Cielo sereno. Grande attività aerea. Frequenti all'armi. Si attende il grande urto franco-tedesco nelle Fiandre. Qualche granata a Caerano. Oggi – 20 maggio – sono arrivate a Montebelluna due vacche – vulgo donne – in automobile, accompagnate nientemeno che da un maggiore dei carabinieri per ordine del Comando della 2ª Armata – di santa memoria – con autorizzazione del Comando Supremo – poverino – di metter su bottega qui, cioè di aprire una o anche due case di tolleranza, dice il mondo, di vaccheria, cagnaria, porcelleria, dico io. Lasciarono il loro indirizzo per esservi chiamate appena trovata la casa. Governo schiffoso infame, diceva quel tale. Parono favole eppure è triste realtà. Mentre la patria è in pericolo e una terribile offensiva ci minaccia il Comando Supremo ha il lusso di occuparsi di far aprire luoghi d'infamia e proprio qui dove più terribili sono le conseguenze della guerra. Infami! Nessuna scusa possono addurre. Una solo ne trovo io, che cioè anzichè pensare alla patria si pensa alle paghe, a mangiare, a donne. Eppure Capporetto avrebbe dovuto insegnare qualche cosa, eppure si dovrebbe finalmente capire che questi luoghi di infamia sono i focolari di ogni male; se non altro quelle porche e vacche si fanno confidare tutti i segreti che poi con mezzi a loro solo concessi li confideranno al nemico. Cose d'infamia qui?!!! Sarebbe un rovinare il paese, la gioventù, un avvilire la popolazione. No, signori, colle cagnerie non si salva la patria, né si tiene in alto il morale né si ottiene resistenza, è il colmo del 4 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE disfattismo. Quanto a noi sacerdoti, l'autorità è già al corrente se riuscirà ad aprire questo mercato di vacche sotto i nostri occhi, in mezzo al nostro popolo, siamo risoluti ad avvisare della cosa la popolazione e poi di andarcene pei fatti nostri. Vedremo allora chi terrà alto il morale del popolo. Infami, schiffosi! – Ma succedono certi fatti di violenze anche a piccole bambine, invece essendoci la casa…? …Sciocchi, e non c'è la fucilazione per i disonesti, per i porci. – Ma diversi soldati sono ammalati di siffilide, invece essendoci…? – Stolti, e perché non cooperare colla autorità ecclesiastica nel mandare alla mallora quelle persone di malavita abusive? Il perché è uno solo: si vuole godere e godere; e mentre tanti e tanti soffrono certi ufficiali hanno il buon tempo di sprecare in orgie d'inferno le troppo pingui paghe che percepiscono. Se anch'essi avessero il rancio e pochi centesimi al giorno come i poveri soldati non avrebbero tanto morbin e non porterebbero l'infamia e la corruzione nei nostri paesi un po' stanchi della vita galante e porcaiuola di certa gente che la patria hanno sotto i tacchi. – Ad ogni ragionare con l'animale *** è inutile, ma anche noi faremo a nostro modo. Coraggio patria bella, che ormai vogliono acconciarti bene per le feste, vogliono mandarti nell'abbisso ultimo dell'estrema rovina. Per le vacche del governo automobili, benzina, permessi, per una povera madre che desidera baciare il figlio morente in zona di operazioni e in un ospitale – non ci sarà alcun permesso, ogni rifiuto per lei; ma coraggio, mentre tuo figlio muore sospirando il tuo volto, lì accanto le porche, le vacche del governo tripudiano in orgie infami, coll'elegante ufficiale d'Italia. – Basta, per carità, altrimenti comincio a venirmene fuori… LA BATTAGLIA DEL SOLSTIZIO 15 giugno 1918 (sabato) Hanno attaccato alle ore 3 di questa notte con una violenza inaudita, specialmente da Nervesa al basso Piave e sul Grappa. Il Piave pare in fiamme, il Grappa illuminato da continui bagliori; pare il finimondo. Ci alziamo e preghiamo in una stanza. Celebriamo in canonica e poi riponiamo il S.S. in luogo preparato, presso la scala. Alle 7 due velivoli, all'arme… Alle 7½ si sente nell'aria un certo odore strano, molti temono sieno i gas asfissianti e si mettono la maschera. Tutti hanno la maschera alla spalla. Granate fischiano e scoppiano alla stazione e a Pieve. Ore 8, il bombardamento infernale è sempre al massimo grado. Questa notte alle 3½ si udivano pianti e grida di bambini spaventati: impressione profonda. E perché non sono qui i guerrafondai di un giorno e i fanatici per la resistenza di adesso, e magari quei signori onorevoli ben lontani da qui? Basta, coraggio e fede. 17 giugno 1918 (lunedì) Notte d'inferno, mattina uguale. I nostri fanno 3000 prigionieri, abbattono 30 velivoli, respingono i nemici nell'Asolone e nel Solerolo che erano stati occupati dagli austriaci, i quali però restano ancora al di quà nell'alto Piave. Ore 8 i nostri tirano sempre con violenza. Si dice che il 5° Regg. stia per essere perduto. Ore 12 4 granata alla stazione. Riprende il bombard. sul Grappa che si prolunga fino alle 4. Ore 8. Violento fuoco nel Montello ed alto Piave. Notte infernale. Bertolini viene a vedere Montebelluna, visita gli affittuali. 18 giugno La lotta continua, specie nell'alto P. e nel Montello. Anche oggi giornata nuvolosa. Ieri pioggia dirotta. Prigionieri 4000, velivoli abbattuti ieri 44. E dei nostri? La battaglia più furiosa è sul Montello e sul Piave. Notte. Ancora tuona il cannone. 19 giugno 1918 (mercordì) La battaglia sul Piave e sul Montello sempre violenta. Gli Austriaci sono giunti sul Montello fino a Casa Serena – al segnale 279 – S. Mauro – S Andrea; si dice che gli Aust. siano una divisione. Anche nel basso Piave hanno parecchie anse. I nostri controattaccano. All'Osp. mil. di Montebelluna giungono moltissimi feriti, parecchi muoiono: oggi solo ce ne sono 7 di morti. Altri feriti – molti anzi – dovettero portarsi a piedi fino a Biadene e Montebelluna – insanguinati così che la strada Ciano-Biadene-Monteb. è macchiata di sangue: per essi – poveri figliuoli – non c'erano ambulanze, camions o automobili – no, ma per le troie degli ufficiali ci sono e camions e automobili per condurle quà e là dai porci vulgo ufficiali. Patria ingrata e fino a quando? Ore 5 pom – nuvole di velivoli nostri vanno dal Brenta al Piave. Passo per la Busta con D. Furlanetto, per il mio ministero. Un reggimento di fanteria il… va verso Montebelluna-Montello in camions. Come il solito ci 5 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE gridano dietro come a cani. Uno anzi si affaccia al camions e ci sputa addosso: vigliacco. Un tenente nel camions che seguiva se n'accorge e sorride di compiacenza: vigliacchissimo. Sera: bombardamento. Notte discretta. In Francia calma. 20 giugno 1918 (giovedì) Ore 2 ant. all'armi. Ore 4 nuovo all'arme, passano molti velivoli austr. – gettano 6 bombe a Pieve di piccolo calibro. Una scheggia fora la porta della farmacia dell'ospitale, rompe qualche vaso e va a conficcarsi nel muro. Ieri sera alle 5½ una granata cadde presso le nostre batterie da Poloni (Rive) uccidendo 5 soldati, un tenente: furono portati a Caerano. Oggi quasi sempre piova. Passano per Pieve molte ambulanze cariche di feriti. Dal nostro ospitale sono portati al cimitero ben 13 morti; altri 12 attendono per domani nella cella mortuaria dell'ospitale. Quanti dolori, quanto sangue. Il terreno di Menegon a Posmon fu occupato da cavalleria. Tutti i filari di viti e di gelsi con tende per soldati, i quali calpestano frumento, granoturco, erbaggi: un danno gravissimo. Perché non porre quelle tende sotto i folti alberi dei giardini dei signori di Monteb. che volevano la guerra? Sera: riprende il bombardamento sul Montello e medio Piave. 21 giugno 1918 Questa notte bombardamento terribile. Oggi diversi all'armi. Qualche granata sulle rive e verso Caerano. Questa sera 14 soldati morti sono trasportati quassù. Sera forte bombardamento; verso le 8 mi vengono a chiamare in fretta da una ammalata che poi muore poco dopo la mia visita: certa Minotto (Basso Pieve). Tanto nell'andare che nel tornare qualche granata fischia verso Caonada; mai paura: il Signore mi aiuterà. Mentre amministravo l'Estrema Unzione credevo che il soffitto della camera mi cadesse sulla testa: tanto forte era il bombard. Verso le nove ero a casa. Per la cronaca però devo notare che mentre il prete corre pronto presso l'inferma, il medico (Dott. Masi) chiamato pure d'urgenza non si fece vedere, ma si tenne al sicuro sotto il tunel nel suo letto. Si capisce: i preti sono vigliacchi, vero, signor Dottore? Eppure hanno diminuita l'elemosina di molto quest'anno, mentre il dottore l'ha dupplicata. Via, diamine, ci vuol tanto a capire: è perché il prete è tutto per gli austriaci; anche per le bombe e granate ha simpatia austr. Ha simpatia. Solo per la verità e per la storia, non per altro. 22 giugno 1918 (sabato) Notte infernale: bombe, cannonate, aereoplani. Volano dalle 10½ di ieri sera alle 3 di q. mattina. Qui circa 30 bombe di piccolo calibro: a Pieve, a S. Gaetano a Guarda. Bombe a Barcon, a Fanzolo, a Castelfranco, a Godego. Volarono per un'ora nel campo di aviazione con gettito di bombe. Il cannone non cessò un'istante di sparare. La povera gente passò molte ore nelle umide trincee. Oggi calma sul Montello e sul Piave, invece attività sulla fronte montana. Questa sera 16 sold. morti quassù, tra essi uno si crede fosse turco (certo nemico), raccolto dai nostri. Qualche all'arme. Giri di interdizione. 23 giugno 1918 (domenica) Calma certo foriera di più aspra tempesta. Grande passaggio di artiglierie – di nuovo inglesi, bravi soltanto di mangiar marmelata e di giuocare il foot-bal. Alla chiesa assai pochi. Sera: si combatte al di là del Grappa – Bertolini è qui da 5 giorni. Quest'oggi furono portati al nostro cimitero altri 14 sold. morti. Pax Eis. 24 giugno 1918 Per tutta la notte lotta nel lembo estremo del Montello e sul massiccio dei Grappa, ove continuò per tutta la giornata. Si dice che dal Montello siano cacciati completamente; certo che oggi a Pieve c'era una vita insolita; bandiere, suoni di fanfare militari. Gli arditi poi fanno ciò che vogliono; rubarono in più luoghi: evviva l'Italia. Certo che l'offensiva austr. è fallita completamente. Intanto il Montello è coperto di morti e nuove lagrime scendono pei volti materni e nuovi pianti si elevano da vedove da orfani. A che pro? L'ARMISTIZIO 4 novembre 1918 Si suonano le campane a distesa. Anche Biadene risponde, qualche bandiera in piazza. Però le cose sono ancora confuse. I nostri sono appena giunti a Udine. Si dice anche a Trento, ma non si sa come. A Trieste per mare, però non molti e nel fratempo che la flotta austriaca passava nelle mani dei iugoslavi. Pare una cosa troppo fatturata; gatta ci cova. Si vede che è un piano prestabilito. 6 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Ad ogni modo checchè ne sia certo è che è firmato l'armistizio. L'anno scorso fuggivano i nostri, quest'anno gli austriaci; Ludit Dominus – è Dio che punisce i popoli a lui ribellatisi. Si dice che Trieste sia dei iugo-slavi, ma i nostri sono contenti ugualmente. Si parla questa sera di 5000 cannoni e 300.000 prigionieri. Troppa grazia S. Antonio; si può fare anche un pò di tarra, ad ogni modo i nemici sono perduti come i nostri a Caporetto e le armi italiane hanno il loro onore. I nostri fratelli d'oltre Piave soffersero immensamente durante il lungo anno d'invasione, furono derubati di tutto, di ogni bestiame, di tutte le campane, ebbero maltrattamenti, vessazioni. È vero che il nemico operava così perché in un paese non suo e che dovea sgombrare, ma quel sistema austriaco di spionaggio, di opprimere ogni libertà, di militarismo è qualche cosa di riluttante. Si dice che il Vescovo di Ceneda Mons. Beccegato non potesse conferire coi Suoi preti, né questi col Vescovo senza un permesso scritto sul come, sul quando, perché… Si dice anche che siano morti alcuni di fame; nessuna maraviglia se si pensa che tante povere famiglie non avendo terra erano prive anche del sussidio dei militari richiamati. Antonio Dal Colle, Diario di Guerra durante l'Offensiva sul Piave, a cura di Paolo Asolan e Gianna Galzignato, s.n.t. (stampa: Cornuda 1997). Isabella Bigontina Sperti, Una donna in guerra 22 febbraio 1918 Intanto gli Ungheresi, fatta eccezione di pochi, fra i quali il colonnello, continuano le loro vessazioni. Non solo tagliano i boschi a più non posso, ma bruciano tutto quello che trovano. Al casino della Vignota non c'è più un pezzetto di legname – in un batter d'occhio hanno portato via porte, finestre, scala, tutto! A Fontana hanno requisito un quintale di granoturco – bisogna essere nelle nostre condizioni per sapere il valore di quel grano! A noi fin'ora non è mancato nulla, ma è penoso oltre ogni dire il veder consumarsi i viveri senza speranza che vengano sostituiti con altro e tutti hanno fame! Da Spert, da Longarone, da Agordo tutti corrono, tutti chiedono grano. Il sig. De Gresti è andato da Silvia desolato dicendo: Muoio dalla fame… Dove arriveremo? Ho l'impressione che anche per loro vada diminuendo. Mi diceva il col. questa sera che con tutta probabilità dovranno mangiare parte dei cavalli – fieno non ce n'è e il vettovagliamento è così difficile. Anche le ultime bestie arrivate dall'Austria poche, piccolissime, magre – il pane è misto con granturco ma l'orgoglio è sempre alla stessa altezza. Che in Russia ritorni lo Csar? Non mi pare affatto vista la grande anarchia, che vi regna. Dio vi benedica. Buona notte, buona notte a tutti! 20 aprile 1918 Riprende solo oggi, sabato, il mio giornale. Ho passato due giornate indescrivibili – un continuo accorrere dì gente che non ha più niente da mangiare – e dover farmi forza per non dare anche l'ultima farina! Si aspettava sempre la decisione del municipio riguardo alla tessera – si sperava che il governo avrebbe provveduto qualche cosa – invece venne l'ordine di un'altra requisizione fra i contadini – i Bona dovranno dare Kg. 100 e così via – a Viel e Riva non ne hanno chiesto, nemmeno a me – Infatti non avrebbero proprio potuto in coscienza domandare ancora qualche cosa. Ieri venne tutta in lagrime una donna, certa Salvador che sta al di qua di Sopracroda – durante la notte le avevano rubato l'unica vacca che non era nemmeno di sua proprietà – ha un bambino di poco più di due anni e uno di pochi mesi! I danni che fanno i cavalli per le campagne sono indescrivibili – anche dove è seminato, non parliamo di dove c'è un filo d'erba – Col terreno bagnato a quella maniera (piove da 20 giorni) rovinano tutto ed io a correre da un colonnello all'altro, da un comando all'altro, senza riuscire a gran che. E minacciano i contadini! Che miscuglio di razze, che gente rozza abbiamo ora! Tutti ungheresi, croati, bosniaci, polacchi – certi visi che mettono paura. Ma credo dipenda anche dalla grande stanchezza della guerra e del cattivo trattamento. Ora i soldati non hanno più che gr. 100 di carne, … gr. di pane e li vedo a volte con una specie di polenta che deve essere il contorno della carne. Invece prendono cor. 70 al mese – che irrisione dove c'è fame! Bisogna sentire i discorsi, ed è questo che li forza a rubare dove ne trovano. Ieri, venerdì, grande avvenimento – Kg. 60 di patate per la frazione di Cavarzano a L. 30 il q. – L. 35 il minuto – ma solo per la semina, guai a chi ne mangia!! Abbiamo imparato così bene io e i capifrazione a infis…. dei regolamenti che abbiamo diviso fra tutti in parti uguali senza preoccupazioni. Naturalmente il ritornello era sempre: Ricordatevi di seminarle! La Mane si è messa a gridare: Datemele belle perché devo mangiarle! E tutti a ridere perché, ad onta della grande preoccupazione, qualche momento di buon umore si trova sempre. Ieri (19) Siora Rosina ha fatto la Pasqua – è stata una bella funzione intima – 7 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Silvia, Isabellina ed io ci siamo comunicate con lei qui, nella stanza da studio, piena di fiori. Quante preghiere, quanti palpiti per voi, miei cari lontani! Dio mi ascolti e vi faccia ritornare presto! Ogni tanto si sente il cannone – mi pare il saluto vostro, mi par di sentire una voce amica! Oggi spero di nuovo e mi sento l'animo più sollevato – come si sta bene quando rinasce la speranza!! Mi pare che in Francia l'offensiva vada diminuendo di intensità – ho letto in un giornale che in Ungheria c'è la minaccia dì disordini da parte degli operai – e per colmo il Sindaco ha detto a Gigio che c'è probabilità di poter avere la farina a L. 1 il Kg.. Domando io se non c'è di che sentirsi rianimare! Poi anche il sole ha fatto capolino, insomma mando a tutti voi con l'animo meno in tumulto, un'infinità di baci, di benedizioni e di Buona notte! 21 giugno 1918 Riprendo dopo tanto la penna Il giorno di S. Luigi (primo nome di Vich al quale ho mandato tutti tutti i miei auguri). Ritorno ora (10 p.m.) da città dove sono andata a vedere il bollettino, e ritorno calma e consolata in modo da non poter ridire. Parlavo e gesticolavo sola per la strada – meno male che faceva quasi buio. Insomma dal bollettino si vede proprio che l'offensiva è arrestata e arrestata senza che abbiano potuto sfondare. Chi può ridire l'angoscia, l'ansia di questa settimana terribile! Proprio oggi a otto, venerdì notte, (14) ha cominciato a tuonare il cannone come non lo si era sentito mai, nemmeno i primi tempi – e via giorno e notte senza tregua, senza respiro fino a ieri l'altro mattina alla cinque (mercoledì). Non avevamo più pace – per noi il cannone è l'amico lontano, è la voce che ci ridà la speranza, sono i nostri che ci ripetono che ritorneranno ma a sentire quell'inferno, il timore che il nemico sfondasse non ci dava tregua né giorno né notte – Con Silvia non si poteva rimanere a letto ed ella diceva: Potessi andare ad aiutarli! E nel primo giorno non è uscito il bollettino, ma nella mattina pare fosse un aviatore che avesse portato notizie che il Monte Grappa era stato preso e che dalla parte di Asiago fossero avanzati per 40 Km.!! Chi può figurarsi la desolazione di tutti! Qui in casa però né Silvia né io né Maria l'abbiamo creduto – mi pareva troppo grossa – però le gambe mi sostenevano appena quando Silvio è ritornato per direi l'esito del bollettino – del bollettino che non c'era!! Mi pareva di perdere la testa – ma dunque non c'è nulla di vero! Ma anche un piccolo successo sarebbe stato pubblicato, con l'attesa febbrile di tutti loro – non fosse altro che per incoraggiare i soldati. Soltanto il terzo giorno di mattina uscì il bollettino, consolante per noi, perché ad onta della lunghezza e della prolissità si vedeva chiaro che i nostri si erano difesi con valore estremo e che il nemico non era avanzato di un passo. – Notare che il col. von Kantz aveva letto egli stesso al sindaco nostro: "Insomma gli italiani, bravi artisti, bravi lavoratori, ma soldati niente. I nostri {sono} avanzati di molto – grande quantità di prigionieri – Monte Grappa preso" (l'aveva creduta anche lui). Il secondo giorno però ha detto che vi erano dei successi, ma non così grandi come si credeva – il terzo non ha più parlato affatto. A me che sono andata da lui proprio quel giorno ha detto: La varda quà che successo 21.000 prigionieri ed io, senza scompormi: Sì, sì; poveri disgraziadi; i vien quà anche lori a morir mezi da fame e basta. Perché dal giorno 8 maggio la popolazione non ha più avuto farina – e qui a Cavarzano sono senza dal 21! Come hanno vissuto tutti finora? Erbe, semola e brodo che con carità e instancabilità infinite Campanaro continua a distribuire alla cucina di beneficenza e qualche po' di farina che la gente si procura alle mense, ai comandi, vendendo per poco tutto quello che ha. Per un po' di farina si dà ogni cosa – all'Antonietta per un orologio bello d'argento volevano dare Kg. 7 di farina gialla. È arrivato anche il famoso granoturco, promesso da più di un mese, ma a tutto il comune di Belluno ne hanno assegnato q. 22 e mezzo, ciò che vale per 20 di farina, levate le tare e gli abitanti della sola città sono 4000!! Mezzo chilo a testa di farina per una volta! Governo ladro ecc… quando comincio cogli epiteti non la finirei più. Sono andata dal col. furibonda, perché alle frazioni non danno nulla, ma quando ho visto la quantità ho dovuto convincermi che era inutile insistere. Ma come si può avere il coraggio di affamare tutta una popolazione!! Dunque il grano è arrivato prima dell'offensiva, ma da quel giorno non è stato ancora assegnato al municipio e alla gente che domanda – qualche ufficiale, qualche sergente ha il coraggio di dire che vogliono veder prima come andrà l'offensiva! E la gente aspetta. Da noi è un pellegrinaggio continuo – fortuna che il tenente del macello ci dà ogni giorno un bel po' di sangue e qualche piede da distribuire alla povera gente. Ed è buono assai dopo che facciamo qui la cucina per lui. Ogni giorno manda un bel pezzo di carne, molta più di quella che occorre per lui e fra questa e quella che porta Cervèny non solo viviamo noi, ma facciamo il brodo anche per gli ammalati del paese con grande consolazione nostra. Perché la povera gente non ha più che quel sangue e quel po' di brodo. Quanta truppa è passata di qua prima dell'offensiva! Tutti dicevano di venire dalla Rumenia e dall'Ucraina – artiglieria e fanteria della I e VI divisione. Gli ufficiali, spavaldi molti; tutti si tenevano sicuri di sfondare al primo urto ed avevano delle espressioni di commiserazione per l'Italia e per le città che sarebbero andati ad occupare! E noi li vedevamo partire col cuore tremante pregando Iddio di disperderli o di farli scendere in Italia prigionieri. Che giornate tristi! Solo questo c'era di buono, che la 8 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE gente trovava da scambiare e la miseria non era grande quanto ora. Oggi proprio il von Brandstátter, un tipo magnifico di tirapiede di tutti, diceva con una faccia tosta unica: Sa che i nostri sono già a Treviso! e mia sorella senza scomporsi: Lo credo! Da Oderzo a Treviso c'è tanto poco! sabato 6 luglio Il pane per i soldati è ridotto a gr. 100 – ora ne hanno 360 gr. con gr. 100 di carne – e non si trova nemmeno da scambiare. La gente {fa} dei sacrifici enormi – un paio di scarpe nuove furono scambiate per Kg. 2 di farina gialla – tre metri di tela per gr. 900 di farina, due lenzuola di lino nuove da letto matrimoniale per Kg. 2 farina, gr. 500 zucchero, una pagnotta e qualche etto di sale. Abbiamo consegnato i bachi – Kg. 100 con 2 di scarto – quando ho sottoscritto per la semente era in Febbraio – davvero che mi illudevo di consegnare le gallette ai nostri! Grazie a Dio però i nostri sono padroni di là del Piave forse di più non si può aspettarsi. Il cannone ha battuto con grande violenza la notte passata e questa mattina e pare più vicino. Il sergente ha detto che gli italiani hanno guadagnato altri due Km. – c'è chi dice che i nostri sono al canale S. Boldo, sarà vero? Quello che è certo è che i loro bollettini sono sempre più laconici, e che il loro orribile Giornale, la Gazzetta del Veneto, è sempre più fegatoso e più nauseante, e da qualche giorno non pubblica bollettini italiani – gli ufficiali sono molto seri e laconici quanto i bollettini – da tutto questo si deduce che per loro non la va troppo bene – e, al solito, l'animo si solleva. Si sono veduti passare per Belluno diretti a Feltre 20 camions di germanici. Dove andranno? Sarà vero che qualche divisione tedesca deve arrivare su questo fronte? Al primo momento ho preso paura, ma ora il cuore mi dice di non temere, ed ho in me una tale sicurezza di successo che nemmeno le divisioni germaniche potranno scuotere. Buona notte, buona notte laggiù! Dio vi protegga e vi benedica sempre sempre! Una donna in guerra. Diario di Isabella Bigontina Sperti: 1917-1918, a cura di Adriana Lotto, Associazione Veneta per la storia locale, Vicenza, Cierre, 1996. Mario Bernardi, Di qua e di là dal Piave La pubblica istruzione La pubblica istruzione: al momento dell'occupazione la maggior parte degli edifici scolastici era intatta. Anche gli insegnanti elementari erano in gran parte rimasti. L'apertura delle scuole primarie fu, di conseguenza, uno dei primi provvedimenti dell'amministrazione militare dello S.M. di Boroevic, ma al momento della ripresa delle lezioni (che avvenne nei soli distretti interessati alla linea del fronte), si scoprì che le attrezzature didattiche e le suppellettili erano state bruciate a scopo di riscaldamento o rubate o disperse. Solo nella primavera del 1918 fu dunque possibile dare inizio alle lezioni, nella maggior parte dei casi disertate dagli alunni. Era fatto obbligo ai singoli comuni il pagamento degli stipendi agli insegnanti. In caso di non reperibilità dei titolari delle cattedre, veniva autorizzata l'assunzione di esperti o l'affidamento delle scuole a sacerdoti residenti nei luoghi interessati. L'esperimento ebbe comunque risultati assai scarsi e fu molto spesso sospeso, per costringere gli alunni al lavoro di raccolta degli ortaggi e delle foglie di gelso necessarie all'allevamento dei bachi da seta. Completamente paralizzato fu invece l'insegnamento nelle scuole superiori, perché la maggior parte degli insegnanti e degli allievi erano fuggiti nel territorio italiano oltre Piave. I fabbricati scolastici divennero – in questo caso – alloggi per le truppe. Le condizioni sanitarie Le condizioni sanitarie della popolazione durante il periodo dell'invasione furono dolorosissime. La commissione d'inchiesta del nostro Governo testimonia come «la discesa del nemico nelle fiorenti e laboriose province di Udine, Belluno, Venezia, Treviso, determinò la comparsa di malattie infettive da cui il paese era quasi immune» [tipo il vaiolo, ecc.]. Le truppe nemiche crearono intorno a sé, dovunque si fermarono, un ambiente, quanto a pulizia, innominabile, determinando il rapido propagarsi e l'aggravarsi di malattie nuove ed antiche (influenza, pellagra, tubercolosi e via dicendo). Lo stato di denutrizione in cui le popolazioni furono tenute dal nemico esaurì d'altronde le difese organiche, rendendo le persone facile preda di ogni infezione morbosa. Il saccheggio di buona parte delle farmacie, il sequestro da parte del nemico per scopi militari di tutti gli ospedali civili, eccetto quello di 9 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Feltre, e spesso l'immediato sgombero d'autorità dei malati civili ivi degenti (come a Oderzo, Motta di Livenza, Udine, Cividale, San Daniele, ecc. ecc.), aggravarono talmente la situazione delle popolazioni, che in talune zone divenne veramente tragica. Al servizio ospedaliero si provvide anche riservando in qualche ospedale militare « ex civile » (come a Motta di Livenza e a Oderzo), qualche angusto reparto alla popolazione degente. Questi spazi erano però dei semplici granai, dove i malati più che guarire morivano, oppure si trattava di qualche reparto ospedaliero privo di lenzuola, di coperte, di materassi, dove non vi era altro conforto che la buona volontà del personale civile assistente. Al servizio medico si provvide per mezzo dei «Condotti» distrettuali, dei medici militari degli ospedali da campo, dei pochissimi medici civili rimasti o dei nostri ufficiali medici prigionieri cui fu concessa una limitata libertà per il loro esercizio professionale, che ben pochi accettarono, preoccupati com'erano di dover essere comandati in servizi di assistenza ai feriti dell'esercito austroungarico. Riferisce Christine Horvath Mayerhofer che su tutto il territorio occupato (circa un milione di abitanti) erano in attività prima del conflitto circa 300 medici. Di questi ne erano rimasti solo 19. Si ricorse allora alle prestazioni dei sanitari militari austriaci, ungheresi e tedeschi, e all'ausilio dei sacerdoti, che dovevano girare per i casolari di campagna portando il loro aiuto ed il loro consiglio. Gravissimo comunque si presentò il problema della lotta contro la malaria, che insorse rabbiosa nella primavera del 1918, specie nelle zone palustri prospicienti la costa e che (assieme alla febbre spagnola di cui diremo più avanti) rappresentò il fatto di maggiore gravità per le popolazioni civili ma anche per le truppe dell'esercito occupante. Sorsero – nell'occasione – dei lazzaretti di ricovero per militari (Oderzo, San Donà di Piave, San Stino, Torre di Mosto, Motta di Livenza, Portogruaro), e si provvide ad evacuare d'autorità tutti i paesi posti lungo la linea Torre di Zuino - Portogruaro, relegando le rispettive popolazioni in una «zona chiusa». Ciò avvenne nei territori più colpiti dal fenomeno delle febbri malariche, dove i malati furono lasciati in compagnia di qualche medico italiano prigioniero, sprovvisto di chinino e di qualsiasi mezzo di cura efficace. Uno dei problemi più drammatici del periodo che precedette la fine del conflitto fu la cosiddetta febbre spagnola. L'infezione, proveniente dalla penisola iberica (da qui il suo nome), si era propagata con grande velocità in tutto il bacino del Mediterraneo. Nei mesi di luglio ed agosto, dopo che il contagio si era esteso a tutte le province meridionali della penisola, aveva invaso la pianura padana oltrepassando agevolmente la barriera del Piave, senza che la linea di combattimento potesse opporsi all'invisibile forza che non conosceva confini e non rispettava – nel suo dilagare – le opposte frontiere di violenza e di morte. La spagnola colpì principalmente vecchi e bambini, ma lo spaventoso stato di denutrizione nel quale la popolazione si trovava creava un ambiente particolarmente favorevole all'espansione del morbo fra i residenti. I sintomi della malattia si manifestavano improvvisamente, con grandi brividi di freddo, perdita immediata delle forze, nausea, diarrea e febbre altissima che, mal sopportata dai soggetti più deboli, portava al decesso in poche ore. Danni di guerra La perdita del patrimonio zootecnico nelle province invase sfiorava il 67%, e, su un territorio di 1.300.000 ettari (di cui 840.000 di superficie agraria e 203.000 di terreno boschivo), risultavano distrutti 130.000 fabbricati, ed avevano subito danni 300 municipi, 900 scuole e 70 ospedali. Mario Bernardi, Di qua e di là dal Piave. Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano, Mursia, 1989, pp. 89, 92, 160, 185. Salari e calorie Immobilizzata dal gigantesco apparato repressivo, la classe operaia non riesce a far fronte all'impennata inflazionistica che proprio in quegli anni, accelerata dalla crescente svalutazione della lira nei confronti delle principali monete, raggiunge livelli senza precedenti, con un aumento dei prezzi dei generi di consumo, tra il 1914 e il 1918, di oltre il 300% contro un aumento dei salari monetari di poco superiore al 150%, cosicché si può dire, nonostante la contraddittorietà delle fonti, che i salari reali si siano praticamente dimezzati nel corso del conflitto. Le inchieste condotte in questi anni sulle condizioni di vita dei lavoratori e sui bilanci familiari, citate da S. Somogyi in un importante saggio dedicato a Cento anni di bilanci famigliari in Italia (1857-1956), dimostrano una compressione dei redditi familiari operai al di sotto dei limiti fisiologici. In particolare dalle 10 IL VENETO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE ricerche di A. Pugliese sul reddito di alcune famiglie operaie milanesi nel 1913, 1916 e 1917, scelte tra quelle non «eccessivamente disagiate», risulta che i contenuti calorici, già ampiamente inferiori all'indispensabile nel 1913 (delle 51 famiglie solo 13 superavano le 3000 calorie e le altre 38 si avvicinavano assai al minimo di 2069 calorie), erano scesi nel marzo 1916 a livelli intollerabili con punte minime di 1852 calorie. Mariella Berra e Marco Revelli, Salari, in Storia d'Italia, a cura di F. Levi, U. Levra, N. Tranfaglia, Firenze, La Nuova Italia, 1978, vol. 3, p. 1178. Conseguenze economiche della guerra Se la guerra era stata un evento di drammatica rilevanza storica per l'intero paese, il Veneto in particolare ne aveva conosciuto le conseguenze più dirette e devastanti; senza contare che il conflitto aveva interessato parti periferiche della regione per tutto l'arco della sua durata, va ricordato che tra l'ottobre 1917 e l'ottobre 1918 la linea del fronte la aveva attraversata sulla direttrice Altopiano di Asiago – Grappa – Montello – Piave, cointeressando totalmente o parzialmente quattro province, mentre le rimanenti erano state dichiarate zona d'operazione. Pesante era quindi il bilancio in termini di spogliazione delle terre invase, di distruzioni conseguenti alle operazioni belliche, di requisizioni a fini militari dei prodotti alimentari e del patrimonio zootecnico. Moreno Guerrato, la cui fonte è un opuscolo di Silvio Trentin del 1923, scrive che « l'invasione nemica [aveva interessato] un territorio di 1 500 000 ettari con una popolazione di quasi 2 000 000 di abitanti. Non meno di 130 000 [erano] gli edifici privati distrutti o inutilizzabili, mentre danni e rovine notevoli [avevano subito] 300 municipi, 900 scuole, 70 ospedali. In totale l'opera di ricostruzione [riguardò] un complesso di locali pari a circa 32 milioni di metri cubi». Mentre la produzione industriale della regione era alle prese con i problemi della riconversione, fu l'agricoltura a pagare i prezzi più elevati della distruzione fisica del territorio e dei danni patiti dal patrimonio zootecnico. La situazione era dunque drammatica per le popolazioni, che vedevano tendersi patologicamente il livello dei prezzi. Ernesto Brunetta, Dalla grande guerra alla Repubblica, in Storia d'Italia. Le regioni dall'unità a oggi. Il Veneto, Torino, Einaudi, 1984, p. 913. 11