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.: Fafi - locarno autogestita [email protected] :.
Nell'ormai lontano 1971 a Locarno si sono alzate le
prime voci che rivendicavano il diritto di avere uno
spazio autogestito per attività sociali. Da allora sono
passati 33 anni, pieni di tentativi. Due
anni fa si è formato l’ ultimo gruppo: Lokarno Autogestita, che ha trovato nell'
ex-macello (ormai da più di dieci anni
usato solo come magazzino comunale)
gli spazi ideali per un centro sociale
autogestito. Il gruppo ha sempre scelto
la mediazione con il Municipio, al quale
ha anche presentato un avamprogetto,
ma i risultati ottenuti sono stati scarsi
e i bidoni troppi. Lokarno autogestita
in questi due anni ha organizzato serate di musica, teatri e proiezioni di film con lo scopo
di portare a Locarno una voce alternativa. Man mano
il numero dei suoi simpatizzanti è aumentato.
Sabato 28 agosto Lokarno Autogestita ha detto basta!
E l'ex-Macello pubblico di Locarno è diventato il tanto bramato Centro Sociale Occupato Autogestito
(CSOA). E’ partito infatti un primo programma di
"gestione sperimentale" della durata di 14 giorni, il cui
scopo era quello di dimostrare anche ai più scettici
che l'
autogestione, a
Locarno come ovunque,
è possibile. La mattina di
sabato 28 è avvenuta
senza il minimo problema l’okkupazione, si sono rotti i lucchetti dei
cancelli e gli autonomi si
sono impossessati dello
stabile; subito una cinquantina di compagni e
compagne ha cominciato a ripulire gli spazi che
si trovavano in condizioni di assoluto abbandono. Appena entrati, Lokarno Autogestita ha
chiesto di poter parlare
con la municipale designata per i rapporti fra
loro e le autorità, autorità
che da subito hanno deplorato l’ azione chiedendo agli okkupanti di abI massi ingenuamente posati dalla poli- bandonare immediatamente lo stabile. A dimozia per bloccare l’accesso allo stabile
strazione della loro scarsa apertura al dialogo, in serata hanno tolto a tutto
l’ex-macello sia la corrente elettrica che l’acqua. Per
quel che riguarda l’acqua è stata presto ripristinata
dagli autonomi, per l’elettricità invece grazie a tre generatori si è potuto lo stesso svolgere l’attività serale
(tre concerti) e rispondere ai bisogni più importanti.
Ma gli okkupanti si sono ritrovati a far fronte a un altro
problema: senza elettricità le carcasse di animali contenute in una cella frigorifera si stavano decomponendo. Il giorno dopo il municipio ha ricevuto una delegazione di Lokarno Autogestita ma non è stato possibile
instaurare un dialogo. Le possibilità erano due: o en-
tro mezzogiorno di lunedì gli autonomi lasciavano
lo stabile o sarebbero stati sgomberati. In assemblea Lokarno autogestita ha deciso di non abbandonare lo stabile ma di indire una conferenza
stampa per lunedì, appunto, alle 12.
I giornali borghesi si sono rilevati per
di più dalla parte degli autonomi. In
serata è arrivata una letteraultimatum dal municipio in cui finalmente prendeva una decisione
sull’avamprogetto di Lokarno Autogestita , la risposta fu: NO! Per quel che
riguarda questo municipio l’ex-macello
non è un luogo adatto per attività socio-culturali né ora né in futuro. Nella
lettera c’era anche una proposta di poter usufruire di due aule e di una palestra di una
scuola per poter finire di svolgere il periodo di sperimentazione gestionale, ovviamente bisognava
sottostare a una lista di divieti e finite le due settimane di attività abbandonare lo spazio. La lettera
finiva avvertendo gli autonomi che avevano tempo
fino a martedì alle 10 di mattina per lasciare lo stabile. Si sono susseguite infinite assemblee, sta di
fatto che gli autonomi sono rimasti dentro lo stabile
fino a mercoledì pronti in caso di uno sgombero a
fare resistenza passiva. Mercoledì gli animi erano
un po’ troppo accesi e nell’aria si sentiva lo sgombero troppo imminente. Nella serata gli autonomi
hanno deciso di abbandonare lo stabile per evitare
uno scontro violento con la polizia. Cinque persone
(esterne durante i due anni di esistenza a Lokarno
Autogestita) hanno lo stesso deciso di rimanere
dentro, per controllare la situazione una ventina di
automi ha passato la notte sul marciapiede fuori
dall’ ex-macello. A svegliarli alla mattina (quando
ormai anche i 5 erano usciti) ci ha pensato un ingente numero di polizia fra cui alcuni in tenuta antisommossa, è stato vietato alla stampa di accedere
alla zona e una quindicina di compagni e compagne sono stati raccolti da terra (erano su suolo
pubblico) e caricati sulle camionette. Sono stati
portarti in pretura e interrogati, a loro carico sono
stati inflitti tre capi d’accusa (danneggiamento, violazione di domicilio, disobbedienza a decisioni
dell’autorità); in mattinata sono stati tutti rilasciati. Il
giorno seguente sono stati chiamati in polizia a far
rapporto anche gli autonomi che avevano fatto parte alla delegazione per l’incontro con il municipio
domenica mattina.
Come protesta verso un sistema di governo che
vede nella repressione la soluzione dei problemi,
per chiedere l’annullamento delle accuse ai compagni/e arrestati/e e soprattutto per rivendicare a
grande voce un centro sociale a Locarno, sabato
11 settembre è stata indetta una manifestazione a
cui hanno partecipato circa 200 persone.
Ma l’unica risposta che il Municipio è stato in grado
di dare ai manifestanti è la decisione di mettere
all’asta il terreno dell’ex-macello!
La lotta a Locarno non si fermerà di certo qui, ma
si annuncia molto dura e difficile… Per l’autunno
sono già previste tante occasioni per far sentire la
voce di chi rivendica un diritto, perché
l’autogestione è un diritto.
2
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/
.: Luca - [email protected] :.
Con questo articolo non voglio presentarmi come concorrente leader degli studenti dicendo agli stessi cosa
devono fare o meno per intraprendere la lotta per una
scuola diversa ( o per una non-scuola); il mio unico
scopo è quello di trasmettere una voce dissonanante
rispetto a tutte quelle fatate dei vari sindacalisti, membri di comitato e collettivi (?) che hanno fatto della lotta
studentesca un mero strumento per saziare la loro infinita sete di protagonismo.
Lo voglio poco dopo l'inizio dell'anno scolastico per
evitare di sentirmi rinfacciare che noi anarchici arriviamo sempre in ritardo nelle lotte studentesche in Ticino.
Penso, che sia importante cercare di fare un bilancio di
quanto sia successo l'anno scorso e cogliere
l’occasione per iniziare a pensare al futuro. Per evitare
di ripetere gli stessi imperdonabili errori.
Sono tre anni che seguo e partecipo alle lotte studentesche e sono tre anni che non vedo progredire di un
passo le rivendicazioni urlate in piazza e sostenute da
molti studenti e non noto grandi, o lievi, cambiamenti o
miglioramenti nella scuola.
La scintilla che fa scattare tutti gli anni, e che fa levare
spade a destra e manca, è sempre la stessa: i soldi!
Poi, il tutto viene abbellito, altrimenti che brutta figura
da venali e assetati di potere che si farebbe. Allora, si
mettono in gioco paroloni come plularismo della scuola,
libertà dello studente e delle studentesse, rapporti più
umani fra le parti della scuola... insomma un mucchio
di bellissimi concetti che servono solo a mascherare
un unico interesse, quello di avere una scuola più ricca
perché solo così potremmo ottenere un istruzione di
alto livello.
"Tagliamo i fili ai nostri burattini"
Con questo slogan, cantato a scuarciagola da migliaia
di ragazzi che sono scesi in piazza con la voglia di
cambiare la scuola, ci si è presentati al palazzo del
Governo. Ma come, tagliamo fili ai nostri burattini e poi
si chiede dialogo e si va ad elemosinare qualche franco
in più dagli stessi Mangiafuoco? Io forse ho una visione
un poco diversa di emancipazione.
Ma vediamo di andare con ordine per ricostruire a
grandi linee quel che è successo nell'anno scolastico
appena passato.
Da quest'anno esiste un organo che dovrebbe rappresentare gli studenti e le loro lotte: il S.I.S.A ( Sindacato
Indipendente Studenti e Apprendisti ). Fin dall'inizio,
esso si è fatto portavoce delle esigenze che dovevano
venire direttamente dagli studenti e quindi si è opposto
indicendo scioperi - che sono in buona parte nati spontaneamente - e manifestazioni ai tagli imposti alla scuola dal preventivo del Governo.
Inizialmente mi sono detto che era fantastico vedere
tanti studenti e studentesse lottare assieme e scioperare per ottenere qualcosa di meglio di questo schifo che
ogni giorno dobbiamo affrontare e sopportare e che
osano propinarci come scuola di vita e cultura. Trovai
molto stimolante e magnifico vedere così tanta gente
partecipare ai punti di discussione organizzati.
Nonostante ritenessi ciò che stava succedendo veramente positivo e da sostenere, una pulce nell'orecchio
mi infastidiva tremendamente, mentre mi trovavo sul
piazzale della scuola a cantare "Bella ciao" e ad ascol-
tare i diversi discorsi susseguirsi. Infatti, erano proprio
quest'ultimi che mi lasciarono un po'di amaro in bocca.
Tagli tagli tagli.... si sentiva parlare solo di questo, e
dietro le nostre spalle i professori che ridevano contenti. Come?! Ridevano contenti durante uno sciopero che
loro non avevano indetto e al quale non partecipavano? Un po'bizzarra come cosa: insomma, è come se il
padrone, o il capo reparto, di una fabbrica ridesse contento di uno sciopero in corso.
Qualcosa cominciava a non convincermi, sarà per la
particolare avversione verso i professori che non mi
andava di veder sorridere beati durante uno sciopero
che, a mio modo di vedere, doveva far male anche a
loro in quanto nostri nemici, o chissà forse il continuo
ritorno di questa parolina magica: SOLDI.
Ad ogni modo gli scioperi e le discussioni sono continuate e si organizzava la prima mobilitazione studentesca dell'anno. Qualcuno già osava dire che non erano
i soldi che mancavano, era la libertà e la partecipazione degli allievi e delle allieve. Nessuno ascoltava, si
voleva andare diritti fino in fondo rivendicando il ritiro
del preventivo (anche perché così era più semplice
ricevere l'appoggio di alcuni partiti e sindacati ).
Abbiamo fatto la manifestazione e hanno cercato il
dialogo con il governo. Tutti gli allievi e tutte le allieve
se sono ritornati sui banchi di scuola e hanno continuato e seguire in modo del tutto distante e distaccato quel
che stavano facendo Governo e sindacati.
Invece di continuare sulla via degli scioperi, perché no,
anche ad oltranza se necessario, chiedere la vera emancipazione della scuola da ogni forma di governo
sia economico che politico, domandare la possibilità di
autogestire la scuola nella sua totalità dagli allievi; hanno continuato a chiedere il dialogo con il Governo che
ha fatto completamente i fatti suoi.
Risultato? La scuola non è cambiata per niente e i tagli
sono stati fatti comunque.
Quello che di positivo abbiamo potuto constatare è che
la possibilità di coinvolgere tutti quanti nella lotta per
qualcosa di diverso esiste ed è concreta. Però, adesso
bisogna cominciare ad ambire, tutti assieme a qualcosa di veramente alternativo e smetterla con i discorsi
da bravi politici “corretti”
Vorrei concludere questo breve scritto con una frase di
Michele Bakunin che, a mio modo di vedere, calza a
pennello per l’occasione: “E'ricercando l'impossibile
che l'uomo
ha sempre
realizzato il
possibile.
Coloro che si
sono saggiamente limitati a ciò che
appariva
loro
come
possibile,
non hanno
mai avanzato
di un solo
passo.”
.
(
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$
.: Giampi :.
Sabato 18 settembre, il movimento dei Senza Voce in
Ticino e il CSOA il Molino di Lugano, hanno indetto una
manifestazione per le strade di Bellinzona per richiedere
sia un’inchiesta sulla morte di Anthony, un minorenne
nigeriano trovato morto in una cella delle carceri pretoriali
della capitale, sia la chiusura immediata di queste famigerate prigioni. Nel corso del presidio, di fronte alle pretoriali, ecco l’intervento di un nostro compagno, Gianpi.
&
alle
carceri pretoriali sono ulteriormente peggiorate, con l'instaurazione dell'isolamento
assoluto del/della detenuto/a e di trattamenti puramente vessatori che nulla hanno a che fare con lo scopo delle indagini,
quali:
- la privazione dell'orologio (anche di plastica), allo scopo di fare perdere la nozione del tempo;
- la privazione dell'ora d'aria giornaliera,
allo scopo di rendere particolarmente duro
l'isolamento totale svolto in celle non arieggiate e male illuminate;
- la privazione della possibilità giornaliera
di lavarsi e (per gli uomini) di radersi (con
il sequestro anche del rasoio elettrico),
allo scopo di abbruttire l'essere umano;
- la privazione della possibilità di usufruire
di pasti caldi nei giorni in cui si svolgono
gli interrogatori, allo scopo di fiaccare
resistenza e lucidità;
- la privazione della possibilità di avere
qualsiasi strumento di passatempo, persino di walk-man musicali con cuffie (cosa
che genera regolarmente dissapori tra i
detenuti e tra i responsabili carcerari e la
magistrata dei minorenni, la quale acconsente alla distribuzione di simili oggetti), in
modo da aumentare lo stress e lo stato di
angoscia.
3
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5
%
- la detenzione preventiva alle carceri
pretoriali é stata sottoposta alla Polizia
cantonale, che si rifiuta di emanare un
regolamento carcerario che permetta al/
alla detenuto/a di conoscere i suoi diritti;
- che al momento dell'incarcerazione non
viene spontaneamente comunicato al
detenuto alcun suo diritto (nemmeno quello di ottenere il necessario per l'espletamento dei bisogni corporali fisiologici);
- che molti suicidi vengono evitati soltanto
perché i secondini, infrangendo le istruzioni di polizia, permettono qualche passeggiata nei corridoi ai detenuti che stanno
per scoppiare;
Dal decennio scorso la sicurezza dei cittadini è diventata
l’imperativo di ogni programma
di governo. In questi anni lo
Stato sociale sembra aver
sempre più difficoltà a sopravvivere, e a poco a poco si sta
trasformando in Stato penale.
Infatti, i problemi vengono
sempre maggiormente addebitati al singolo: la povertà,
l’emarginazione non sono più
problemi sociali, ma il risultato
della condotta individuale, questioni di competenza, di responsabilità. Lo Stato fa quindi
ricorso come referente unicamente all’individuo, o alla famiglia come controllo sui suoi
membri, e non alla società,
com’è organizzata. Arido di
progetti di cambiamento - se
non quello di assecondare gli
interessi del liberismo - cerca
di rispondere, nei confronti
della precarizzazione del lavoro, della disoccupazione e
quindi dell’ ”insicurezza” generale, avvalendosi sempre più
dell’apparato repressivo che
aumenta a vista d’occhio: magistratura, polizia, carceri, militarizzazione della società (vedi
per es. anche le proposte di
6500 soldati per Davos).
Qui, stiamo parlando di prigioni.
Il carcere appare una delle
risposte più semplici ed economiche al reale o sedicente disordine sociale.
Ma è veramente aumentato il
numero dei reati? L’allarme
sicurezza non è forse rimasto
costante? Questo obiettivo di
annebbiare la realtà non è forse stato alimentato dalla demagogia degli apparati statali e
dal sensazionalismo dei media?
In particolare, le pretoriali,
sono luoghi di penitenza, di
tortura, di agonia, condannate da tutti gli Stati dell’UE.
Ma qui, in Ticino, resistono ancora. Certamente sono in
fase di realizzazione le nuove carceri e bisognerà aspettare solo qualche anno, e forse qualche suicidio ancora.
Dopo la morte di Anthony, le richieste di trovare soluzioni più adeguate sono state accolte e per i minorenni, fra
poche settimane, probabilmente, non ci saranno più le
pretoriali.
Ma per gli adulti? Non sarebbe possibile inserirli provvisoriamente alla Stampa attuale, nelle celle attualmente a
disposizione di detenuti posteggiati da altri cantoni?
Tuttavia, anche se le carceri possono essere migliorate,
rimarranno sempre disumane: sono luoghi non luoghi,
fuori della società e del suo eventuale controllo, di segregazione, distruzione, fabbrica di inumanità, di desolazione, di sofferenza, di suicidio fisico e/o morale. Sostitute alla condanna a morte, ma spazio d’esercizio indiretto
del diritto di morte.
La nostra società non ha voluto trovare risposte al crimine diverse dall’internamento e scoprire sistemi di riparazione più che di espiazione.
Ma se accettiamo le prigioni come il male minore, necessario, ciò significa accettare che vi siano vincenti e perdenti, ricchi e poveri, boia e vittime, dittatori e sudditi,
governanti e governati, e così via ...
1
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$$
.: Coordinamento contro il razzismo e la repressione :.
Lugano, 11 ottobre 2004
A seguito della mobilitazione e
dell’interesse creatosi attorno al
caso di Antony, il giovane nigeriano
che, secondo la versione ufficiale,
si sarebbe suicidato nelle carceri
pretoriali di Bellinzona il 1. settembre scorso, nonché in ragione della
volontà di non rimanere indifferenti
alle logiche di repressione ed al
decadimento delle leggi migratorie
svizzere, si è creato in Ticino un
c oor dinam ento, c he tr ova
l’adesione di diverse realtà che si
muovono attorno a tali temi, con
lo scopo di promuovere iniziative
volte alla sensibilizzazione e alla
lotta contro il mancato rispetto
della dignità delle persone.
Non a caso ciò avviene anche a
seguito dei risultati delle recenti
votazioni, che hanno bocciato
tra l’altro le proposte per le naturalizzazioni facilitate, e che dimostrano che esiste
un clima di insicurezza, diffuso da chi, con temi
razzisti ed indegni, segue una logica ben precisa
volta allo sfruttamento a profitto di un’economia
capitalista ed antisociale.
Il Coordinamento contro il razzismo e la repressione vuole dunque battersi contro le nuove e più
subdole forme di razzismo che influenzano la popolazione autoctona attraverso le scelte legislative e istituzionali, legittimando pratiche di discriminazione che tendono ad identificare il migrante
come nemico per la sicurezza e il benessere delle nazioni occidentali. In un vortice di luoghi comuni e pregiudizi, che si costruiscono anche grazie alle scelte informative che i mass media propongono al pubblico, spesso fuorvianti e incapaci
di rappresentare la complessa realtà che l’epoca
della new economy e della globalizzazione implica, questo gruppo si propone di studiare, sensibilizzare ed informare la popolazione sui temi più
ampi che riguardano le migrazioni e la repressione che tutta la società è costretta a subire. Il tentativo è quello di smascherare le facili banalizzazioni e di creare una coscienza di solidarietà attraverso una corretta informazione ed una presa
di posizione alternativa a quelle esistenti in Ticino.
Crediamo che alla base di qualsiasi opinione e
scelta politica dovrebbero sempre esserci il rispetto delle convenzioni internazionali che sanciscono le libertà individuali e i diritti umani. Alcuni
esempi a noi vicini dimostrano il contrario: un ragazzo che viene picchiato a sangue dopo un carnevale da due poliziotti, persone che vengono
fermate e perquisite cinque volte al giorno solo in
ragione del colore della loro pelle, agenti in tenuta
antisommossa che intervengono ad una
festa di liceali trattandoli come i peggiori delinquenti, l’autorità competente che si rifiuta di dare i
nomi dei poliziotti che hanno partecipato ad un
intervento soggetto a denuncie di violenza ed
abuso di potere.
Questi fatti, che sono solo alcuni di quelli noti,
dimostrano che si stanno oltrepassando limiti che
in realtà dovrebbero essere invalicabili. Riteniamo
gravissimo che un comandante della polizia cantonale si senta autorizzato dai suoi superiori e
dalla classe politica di affermare “un africano non
ha mica scritto in fronte se è uno spacciatore”, o
ancora “tutte le denuncie contro i funzionari di
polizia per violenza sono false”. In questo modo
si garantisce l’impunità, di fronte ad abusi ed atti
di violenza, di chi ha il mandato di esercitare la
forza pubblica e, d’altra parte, si legittima la criminalizzazione delle persone in base ad un pregiudizio relativo all’appartenenza sociale, fatto grave
che minaccia seriamente la sicurezza di tutti/e e il
rispetto della dignità dell’essere umano. Ancor più
deplorevoli sono le affermazioni del signor Brioschi, ex municipale di Lugano che aveva la gestione della seconda forza poliziesca del cantone,
il quale, esprimendosi sull’uso delle “botte” da
parte della polizia comunale, addirittura sostiene
che farebbero bene. La sicurezza sociale non
passa attraverso la criminalizzazione generalizzata e l’impunità degli uomini in divisa. Anzi. Contro
queste pratiche vigileremo e ci opporremo sempre, poiché non sono degne di una società che si
vuole civile.
Il gruppo si incontra ogni mercoledì alle 20’30
presso il CSA il Molino di Lugano
6 $
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.: Lorenzo :.
Insomma, la solita menata.
E come tutti gli anni mi pren(
+
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dono d’improvviso dei brutti
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e fastidiosi conati di vomito
al sol pensiero di dovermi
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sorbire la mia 16esima festa
nazionale.
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Decido dunque di comme$
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morare diversamente la
“mia” nazione e così alle
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9.00
di mattina partiamo per
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la manifestazione antifasci/
8
$ $sta….direzione Lucerna.
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Dopo un bel colonnone al
Gottardo e una sana dose di
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hardcore e crust verso mez8
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zogiorno siamo a Lucerna.
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Entrando in città passiamo
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$$
davanti ai tendoni del circo
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$
$
nock e già lì partono un paio
di bestemmioni. Posteggia: ;
mo la macchina e del tutto
ignari di dove sia il ritrovo
per la manif ci aggiriamo spaesati per la vie di Lucerna , tappezzando la città con adesivi di propaganda animalista.
Cominciano subito i primi dubbi-incertezze visto
che non vediamo nessuna faccia losca che potrebbe sapere dove si svolge la manifestazione. Decidiamo di dirigerci verso la stazione e dopo una decina di minuti tiriamo un sospiro di sollievo quando
dei ragazzi ci dicono dov’è la partenza e ci dirigiamo con loro sul posto.
Arriviamo davanti al fiume vicino al vecchio ponte e
notiamo che ci sono solo una decina di ragazzi che
stanno mangiucchiando qualcosa. Ritornano in un
lampo i dubbi-incertezze, della serie “minchia siam
messi bene!”. Conoscendo la puntualità delle manifestazioni non ci facciamo grossi problemi e decidiamo di mangiare anche noi qualche cosa
nell’attesa che arrivi altra gente. Non
facciamo in tempo a finire di mangiare che arrivano dalla stazione un
centinaio di compagni antifascisti in
prevalenza svizzeri tedeschi, ci
uniamo a loro e ci spostiamo vicino ad una banca. Incontriamo
subito dei compagni ticinesi per la
maggior parte amici del gruppo
Bonnot.
Dopo qualche minuto arrivano dalla parte opposta un altro centinaio
di persone se non vado errato gli
antifascisti di Losanna e Ginevra
che ci vengono incontro
scandendo cori antifascisti e antinazionalisti.
Si capisce al
volo che si
aspettano degli scontri visto
che tutti sono
muniti di passamontagna occhiali anti-lacrimogeni,
petardi, guanti, caschi,…noi non siamo da meno ci
copriamo il volto ci scambiamo un po’ di petardi
portati da casa. Inoltre uno dei due gruppi principali che hanno organizzato la manif ha provveduto ad
un minimo di sicurezza e d’aiuto in caso la situazione diventasse tragica ovvero: un servizio sanitario e dei numeri di telefono da chiamare in caso
d’arresti o abusi da parte della polizia.
In effetti, vista dal fuori sembra una manifestazione
black block poiché è difficile trovare qualcuno non
vestito di nero con il volto scoperto. È circa l’1.30 e
il corteo parte dopo il discorso iniziale fatto nelle
tre lingue (in italiano dal nostro caro compagno del
Bonnot Cristian) nel quale si spiegano le motivazioni di questa presa di posizione dei gruppi antifascisti svizzeri il primo d’agosto, ovvero: è inaccettabile che nel 2004 si permetta ancora che gruppi
nazi-fascisti, o in ogni modo razzisti possano pestare, linciare, maltrattare e perseguitare, minoranze etniche e tutto questo non viene fermato anzi è
in continuo aumento. Ma soprattutto, per premiare
questi cervelloni, gli si concede di nuovo (dopo che
gli era stato proibito) di festeggiare in allegria la
festa nazionale sul praticello del Grütli; tutti assieme ad alzare il braccio destro davanti alla bandiera. Principalmente é questa la rivendicazione della
manifestazione alla quale naturalmente si aggiunge il discorso antinazionale per ribadire che noi
non vogliamo più né bandiere né frontiere.
Così il corteo parte ed a prima vista contando la
gente che si sta a poco a poco unendo a noi siamo
circa in 250-300 (incredibile ma vero non si vede
polizia nei paraggi). Passiamo sul ponte principale
bloccando tutto il traffico e ci dirigiamo verso la
città vecchia. L’ambiente inizia a scaldarsi quando
arrivati di fronte ad una banca che finanzia
l’esercito qualcuno spara un paio di razzi contro le
finestre. Continuiamo a costeggiare il lago e ancora neanche l’ombra di uno sbirro. A un certo punto
svoltiamo a sinistra e entriamo nelle viuzze della
città vecchia. Tutti distribuiscono volantini
d’ogni genere sia tra noi che ai passanti, i petardi vengono sparati a raffica, lo slogan più
frequente è “Nazi raus” e si può
dire che ci stiamo facendo
sentire.
Non
s o
se
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/
.: red :.
La pedagogia libertaria è una grande sconosciuta:
resta tuttora ignota non solo al grande pubblico, ma
anche a coloro che si occupano di scuola e ai cosiddetti esperti di pedagogia. Eppure molte delle ideeforza dell'
educazione libertaria sono diventate parte
del senso comune pedagogico e hanno fatto da lievito alle sperimentazioni educative più avanzate e
interessanti. Il libro è strutturato come un lessico
essenziale (di oltre quaranta voci, con riferimenti
intertestuali) che, attraverso una ricognizione dei
temi, delle esperienze e dei protagonisti fondamentali, offre una prospettiva di lettura di quasi due secoli di elaborazioni pedagogiche libertarie. Libertarie
in senso stretto (da Bakunin a Faure, da Kropotkin a
Ferrer...), ma anche in senso lato (da John Dewey a
Mario Lodi, da Alexander Neill a Marcello Bernardi,
da Paulo Freire a Ivan Illich...). Idee per pensare
l'
educazione, ma anche strumenti di lavoro per cambiarla.
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È un periodico
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al contributo di tutt* i/l
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Filippo Trasatti (Rho, 1958) insegna filosofia e storia
in un liceo alla periferia di Milano. Si occupa di pedagogia libertaria e di formazione nella didattica della filosofia. È stato redattore di "Volontà" e attualmente è redattore per la sezione pedagogia della
rivista "école", oltre a collaborare da anni con il
mensile "A rivista anarchica".
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è l’impressione dei vicoli più stretti ma mi sembra
che la gente sia aumentata e stimo con Benji un
buon 500 persone.
La tensione cresce un po’ quando passiamo davanti al McDonald’s perché molta gente vorrebbe
sfasciarlo ma alcuni ragazzi dell’organizzazione
lo proteggono poiché vogliono evitare che si rompa qualcosa e la colpa ricada su di loro. Dopo
quest’attimo d’agitazione il corteo riparte. Ci fermiamo poi in alcune piazzette dei vicoli dove vengono tenuti dei discorsi dagli organizzatori. Discorsi dei quali però non capisco praticamente
niente visto che il mio livello di tedesco equivale
(per rimanere in tema) al mio sentimento nazionale ovvero: nullo. Usciamo dalla città vecchia e
ci dirigiamo verso un altro ponte per tornare nella
zona della stazione. Il corteo continua tranquillamente a suon di slogan volantini e petardi a manetta e non incontriamo nessun (se non un povero sfigato agente comunale) poliziotto. Ad un certo punto quasi subito dopo aver passato il ponte
arriviamo davanti a due aste di una 10ina di metri, una con una bandiera svizzera e se non erro
l’altra aveva la bandiera del cantone Lucerna.
Dopo alcuni tentativi di togliere la bandiera svizzera finalmente un ragazzo si arrampica fino in
cima e riesce a strapparla e tutti esultano.
Arriviamo infine alla stazione dove dopo un discorso finale dopodiché ognuno se ne torna a
casa per la sua strada. Anche noi salutiamo gli
amici e ci dirigiamo alla ricerca della macchina.
L’impresa si fa ardua dato che non ci ricordiamo
affatto della strada che stiamo percorrendo e siamo costretti a chiedere informazioni.
Sono più o meno le 16.00 quando ripartiamo (un
po’ fiacchi e assonnati) verso Lugano.
In conclusione posso dire di essermi stupito parecchio per non aver visto neanche un misero
poliziotto per tutto il corteo visto che tutti si aspettavano scontri notevoli con le forze del disordine
e magari con gruppi d’estrema destra. Una manifestazione dunque molto tranquilla e pacifica nonostante l’aspetto guerrigliero che avevamo, e
altrettanto positiva per il fatto che è stata una manifestazione solo ed esclusivamente antifascista
senza nessun infiltrazione partitica o qualsiasi
altra pippa che spezzetti il corteo. Grande esempio dunque d’unità tra individui senza la solita
divisione in gruppi politici.
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.: Benji :.
Manca poco più di un mese alle presidenziali negli
Stati Uniti e George Bush è dato in vantaggio sul
suo avversario. Il momento decisivo del faccia a
faccia deve ancora venire; decisivo perché, secondo ciò che si legge sui giornali, questo scontro ha il
potere di spostare un buon venti per cento di voti
da una parte o dall’altra. Nonostante questo, è un
dato di fatto che la linea folle ma decisa, seguita dal
presidente uscente, riguardante la guerra al terrorismo, batte fino ad ora
la linea tentennante di
Kerry. Sembra quasi
che all’elettorato non
interessino i molti e
grandi errori commessi
dall’amministrazione Bush; a
partire dal fatto che
se si voleva combattere il terrorismo, il
paese da attaccare
non era l’Iraq di Saddam, per quanto spietato e tiranno fosse, bensì l’Arabia Saudita visto il
suo ruolo di finanziatore di gruppi terroristici. Anzi
probabilmente se si voleva combattere il terrorismo
era meglio stare a casa visto l’effetto contrario ottenuto attaccando l’Iraq: attentati tutti i giorni, sequestri di civili (ora addirittura di operatori umanitari),
tutte cose che nell’ottica dei terroristi sembrano
aver poco senso se non quello di destabilizzare
l’area mediorientale, dimostrando così agli USA di
aver per ora indubbiamente perso la guerra. Ma
questo sembra non contare perché, facendo leva
su odio e paura, naturali effetti dell’attacco
dell’undici di settembre, Bush rischia ancora di vincere con chissà quali conseguenze per la pace,
ormai quotidianamente calpestata.
Potesse almeno tranquillizzarci “l’alternativa
Kerry”… Lui per lo meno ritiene sbagliata la guerra
in Iraq, però, qualche tempo fa, ha affermato che
pure lui avrebbe attaccato l’Afghanistan. Mi pare
una posizione un po’ ambigua e per niente rassicurante; certo, se la sua vittoria servisse a migliorare
la situazione in Medio Oriente sarei felice, ma se
devo essere sincero non vedo segnali che facciano
pensare ad un futuro migliore.
Solo ieri la maggioranza degli svizzeri si è espressa
contro la facilitazione di naturalizzare gli stranieri di
seconda e terza generazione, dando ancora grande importanza alla nazionalità di un individuo, vista
come un valore che bisogna desiderare, meritare e
soprattutto difendere. E a riaccendere l’amore per
la patria, o forse la xenofobia, nei cuori di chi non
dava così importanza al sentimento nazionale ecco
arrivare nelle nostre case opuscoli di propaganda a
stampo razzista, con niente a che vedere con
l’oggetto in votazione, visto che gli islamici possono
venire in Svizzera a fare attentati anche senza farsi
naturalizzare (ormai islamico è sinonimo di terrori-
)
sta per troppa gente). Bell’esempio di civiltà libera
e democratica!
Così mi ritrovo molto spesso a riflettere sul senso
di continuare a credere in qualcosa che, se messo
in relazione a chi e a ciò che mi circonda, appare
sempre la cosa più perfetta da immaginare ma che
apparentemente è anche molto distante. Quando
arriverà una società eguale, giusta, anarchica?
Viene da sé la seguente domanda: Che futuro ha
la Rivoluzione?
Guardando al futuro della Rivoluzione dobbiamo
porci altre domande, concernenti le sue cause, la
probabilità che si verifichi, il luogo ove essa possa
avvenire e le modalità di svolgimento.
Le cause di uno scoppio rivoluzionario si concentrano essenzialmente nell’incapacità delle istituzioni nel far fronte ai nuovi bisogni sociali. È necessario sottolineare l’importanza che assumono le risposte date dalle autorità politiche alle domande di
un mutamento radicale; bisogni sociali e risposta
del sistema hanno dunque il ruolo di promotori inarrestabili dei movimenti rivoluzionari. Non è
sempre andando di male in peggio che si cade
nella Rivoluzione. Accade più spesso che un popolo, dopo aver sopportato quasi con indifferenza le
leggi più dure, le respinga violentemente quando il
loro peso diminuisce. Il male, che pazientemente si
tollerava come inevitabile, sembra impossibile da
sopportare dal momento che si affaccia l’idea di
sottrarvisi. Questa teoria, sviluppata da Tocqueville, importante studioso della Rivoluzione nel XIX
secolo, collega lo scoppio rivoluzionario alla diminuzione dell’oppressione e ad un lieve miglioramento delle condizioni di vita, che non tiene tuttavia il passo con le aspettative popolari.
In maniera differente, Marx indica come causa primaria della Rivoluzione la crescente pauperizzazione del proletariato; neppure un aumento del
tenore di vita dei lavoratori sarà sufficiente ad evitare lo scoppio. Sia che si accetti la prima teoria,
sia che si accetti la seconda, le probabilità che uno
o tutti questi avvenimenti si verifichino, nelle società industrializzate o nelle società in via di sviluppo,
non sono affatto limitate. Dunque una Rivoluzione
è possibile.
L’introduzione di tecnologie avanzate porta
all’emarginazione di strati sempre crescenti di lavoratori e ad una “nuova” categoria di essi che, pur
lavorando, vista anche la crescente precarizzazione del lavoro, non riesce a guadagnare abbastanza per vivere. Questa sempre maggiore presenza
della tecnologia nel sistema produttivo rischia di
metter fuori gioco il lavoratore salariato, coprotagonista del sistema capitalista. In questo senso possiamo dire che lo sviluppo economico capitalista
stia entrando in contraddizione.
Inoltre nei paesi sviluppati si rischia di andare in
contro ad una crisi di rappresentatività: gli esponenti politici tendono ad essere sempre più uomini
=
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$
ricchi e potenti che rappresentano sempre meno il
cittadino medio. Tanto per riallacciarmi al discorso
delle presidenziali: in linea teorica tutti potrebbero
diventare presidente degli USA, ma in realtà solo
chi ha tanti soldi può pensare anche solo di organizzare una campagna elettorale. La democrazia è
sempre più una maschera dietro cui si nasconde un
sistema oligarchico.
Un’alternativa che in genere si pone alla Rivoluzione sono le riforme; quanto è ancora ampio lo spazio riformistico per migliorare i sistemi capitalistici e
per adeguarli alle nuove esigenze? Le opinioni a
proposito non sono concordi: vi sono da un lato
coloro che sostengono che questo spazio è ancora
ampio, e dall’altro coloro che sostengono che il capitalismo stia finendo le proprie riserve ed è prossimo al suo crollo, aprendo la strada al socialismo.
Seguendo questo ragionamento si potrebbe ipotizzare che, visto che il capitalismo perirà dopo aver
sviluppato ed esaurito tutte le sue forze produttive,
la Rivoluzione socialista avrà prima luogo nei paesi
industrializzati avanzati. Avendo visto le cause di
una Rivoluzione, possiamo però dire che la probabilità che si verifichi uno scoppio rivoluzionario nei
paesi in via di sviluppo non è minore di quella che
si verifichi “da noi”.
Ovunque però, affinché l’occasione rivoluzionaria
non vada perduta, è importante l’avanguardia rivoluzionaria organizzata attiva nella propaganda e
-
nell’elaborazione ideologica, poiché sono proprio
l’imborghesimento e l’apatia i due maggiori ostacoli. Dal momento che un cambiamento radicale è
tutt’altro da escludere, mi auto-rispondo alla domanda iniziale dicendo che ha sicuramente senso
continuare a credere nell’anarchismo; non avrebbe
piuttosto senso essere la causa della non riuscita
di un esperienza rivoluzionaria, non avendoci creduto.
Purtroppo, a causa della crescente potenza dei
mezzi di coercizione e di controllo a disposizione
dello Stato la riuscita di una Rivoluzione è più difficile. Infatti, fintantoché l’esercito e la polizia costituivano l’unico mezzo a disposizione del governo
per reprimere i conati rivoluzionari, la
sua disgregazione significava la
fine della resistenza governativa: al momento in cui i soldati si rifiutano di sparare sui
manifestanti la Rivoluzione è partita. Gli attuali
armamenti permettono
a pochi detentori del
potere di far fronte anche ad un gran numero
di rivoluzionari, aumenta quindi il rischio di alta
violenza in un ipotetica
repressione.
+"
.: red :.
B
Il prossimo 25 novembre presso il tribunale
Civile di Roma comincerà il processo intentato da
Trenitalia contro Fabrizio Acanfora; l'
azienda,
dopo aver rifiutato il ricorso presso l'
Ufficio Provinciale del Lavoro, ha denunciato Fabrizio per
ottenere il riconoscimento della legittimità del
provvedimento disciplinare di dieci giorni di sospensione, comminatogli nell'
agosto 2003 dalla
dirigenza trenitaliota ligure. Fabrizio, capotreno
genovese, in una lettera inviata al quotidiano a
tiratura nazionale "Il Secolo XIX" solidarizzava da
un lato con gli utenti costretti a sopportare ritardi
cronici e gravi disservizi; dall’altro difendeva e
riabilitava i suoi colleghi del personale viaggiante,
colpiti da mesi di insulti sulla carta stampata e sui
treni e lasciati in splendida solitudine dalla dirigenza aziendale.
Fabrizio, RSU all'
epoca dei fatti narrati, è stato
sanzionato per aver esercitato il diritto di espressione garantito dalla Costituzione ed il suo dovere
di rappresentante dei lavoratori. Noi tutti in qualità
di lavoratori, cittadini e utenti condividiamo il contenuto della lettera inviata il 16 luglio 2003, lottiamo per un trasporto pubblico e sociale e sosterremo Fabrizio fino in fondo in questa battaglia di
civiltà. Il 25 novembre 2004 presentiamoci tutti in
tribunale. Dimostriamo che punendone uno, ne
colpiscono cento. E cento rispondono.
(
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A
, "A
Il 16 settembre, cogliendo il pretesto di una
sfilata di auto d'
epoca, gli arnesi della reazione locale (l'
ex sindaco Ferri divenuto famoso una quindicina
d'
anni addietro, quando era ministro, per il limite di
velocità a 90 sulle autostrade) e nazionale (gli organizzatori della sfilata) hanno pensato bene di inserire alla guida di una delle sopraddette la cariatide
pretendente al trono dei Savoia.
Ad accogliere la sfilata, sulla piazza principale, spiccava uno striscione: W Bresci, in ricordo del tessitore di Prato tornato dall'
America per giustiziare il tiranno Umberto I.
Quando da qualche curioso o benpensante si è levato il grido "andate a lavorare!" rivolto ad un gruppetto di anarchici che contestavano "l'
invitato d'
onore" (guai pensare di mandare a lavorare Lui, deve
continuare a spassarsela sulla pelle dei comuni
mortali!), alta si è levata la risposta da parte di un
compagno che indossava la maglietta con la dicitura
"il lavoro nuoce gravemente alla salute".
Istantaneo l'
intervento, con tanto di manette, della
forza pubblica, con conseguente fermo per identificazione di tre anarchici presenti, e successivo rilascio.
Interpellato dai giornalisti, il pretendente re ha ammesso di
non essersi stupito più in tanto, in quanto abituato a subire contestazioni. Meno male!
*
2 #
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-
C
.: di www.indymedia.ch—[email protected] :.
Comunicato stampa 12 ottobre 2004
Giovedi'7 ottobre 2004, l'
FBI, su ordine federale,
ha richiesto a Rackspace (un provider statunitense)
di consegnare loro l'
hardware dei due server che
ospitano oltre venti nodi del network indymedia, tra
cui anche quello italiano e
molti progetti no-profit internazionali.
I due server si trovavano
nella loro filiale londinese e
Rackspace li ha consegnati
immediatamente, senza
prima avvisare gli amministratori delle macchine e
senza rendere note le basi
legali di questa consegna
in territorio britannico.
E'un atto intimidatorio. Un
atto teso ad inviare un
chiaro segnale a indymedia
e a tutt* coloro che immaginano una realta'altra impedendo tra l'
altro il rapido
ripristino dei siti.
Una delle fotografie incriminate
dei poliziotti travestiti da casseur
DDD
C
Le fotografie in questione ritraevano i due agenti,
travestiti da "casseurs" e infiltrati fra i/le manifestant* quanto meno per fotografare e schedare i/le
partecipant* se non per fomentare la violenza come si è potuto osservare in più occasioni. Le immagini erano apparse in rete in risposta alla pubblicazione delle fotografie di manifestanti "presunt*
blackblock"
sul
sito
della
polizia
ginevrina, invitando la popolazione alla delazione.
L'
operazione ha avuto poi risultati minimi: nonostante gli ingenui sforzi censori del potere costituito, le pagine indymedia dei vari paesi sono tornate
in rete nell'
arco di poche ore e grazie allo sforzo
coordinato di dozzine di mediattivist* in ogni parte
del globo.
Le fotografie "incriminate" sono tornate in rete, più
visibili di prima grazie all'
eco mediatica provocato
dalla vicenda e sono tuttora raggiungibili anche
dalle pagine di indymedia svizzera italiana.
Gli accordi multilaterali per estendere la legislazione di emergenza a ogni aspetto della vita e del
globo trovano in questo episodio una loro drammatica conferma, a dispetto di ogni definizione di diritti
civili, delle stesse legislazioni nazionali e delle liberta'
universali. Se per noi fare informazione equivale a dare ad ognun@ la possibilita'di pubblicare
il proprio punto di vista e le proprie esperienze sui
siti di indymedia, allora difendere la liberta'di espressione significa agire, ognun@ con modi, tempi e immaginazione propri, contro questo e tutti gli
Anche l'
ultimo frammento altri atti che la violentano quotidianamente cercandi liberta'che rimane piu' do di assoggettarla e rinchiuderla nei confini della
intimamente legato a o- logica strumentale di emergenza e unita'internagnuno di noi: la possibilita' zionale.
di esprimere le proprie
opinioni e conoscere quel- Pensiamo che questo attacco generalizzato alle
le altrui non e'piu'possibi- liberta'di ogni individuo necessiti di una risposta
le ne' nel proprio paese, vasta. Invitiamo quindi tutt* ad esercitare pressione
ne'a livello internazionale. e ad attivarsi sia sul piano delle forme che delle
pratiche, sia nella rete che nelle proprie realtà terriinformazione e'sovversione: Uno milIndymedia non conosce toriali. Oggi l'
ancora i motivi della sot- le centinaia di migliaia di sovversivi in ogni luogo.
trazione dei propri dati e
questo non e'un caso, perche'non e'più nemmeno Nota della redazione: Le due ahimsa (gli hd sequeFBI ad indymedia) sono state restituite a
necessaria alcuna giustifi- strati dall'
cazione pubblica per nega- rackspace nella notte del 13 novembre, restano
re la liberta'di informazio- tuttavia ancora oscuri i motivi che hanno portato al
ne e di espressione. Se sequestro.
fosse però confermata l'
ipotesi che l'
intervento è
stato eseguito su mandato
del governo svizzero (o su
richiesta dei due ispettori
ginevrini che hanno sporto
Come i mercati finanziari, oggi sono globalizzati
anche il controllo, la repressione della liberta'di
informazione, la guerra preventiva senza frontiere.
Come d'
altronde sta accadendo anche nel nostro
quotidiano. La posa indiscriminata di telecamere di
videosorveglianza, le schedature di massa in occasione di proteste (Landquart 03), le schedature dei
profili DNA, l'
irruzione della polizia nel mediacenter
dell'
Usine a Ginevra durante il G8, sono solo alcuni
esempi di questa inquietante tendenza.
" C
è un sito di contro-informazione indipendente
a pubblicazione aperta, nato in
occasione delle proteste di Seattle nel 1999 e presente in
Svizzera dal 2001 come in altri
centinaia di regioni sparse in
tutto il mondo. Giornalmente
offre, grazie ai contributi
dei/delle mediattivist*, numerosi articoli, dossier, punti di vista
alternativi e informazioni sulle
varie
mobilitazioni.
denuncia dopo che le loro foto erano apparse su
indymedia) si tratterebbe dell'
ennesimo caso in cui
con arroganza il potere utilizza la polizia per reprimere e mettere a tacere le voci discordanti.
,
-
%
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.: Vasco :.
Chi mai crederebbe che al giorno d’oggi in Italia
esistano popoli che vivono in mezzo alla natura,
lontani dai beni materiali, che hanno scuole autogestite e che non sono allacciati alla corrente elettrica?
Penso proprio che pochi ci crederebbero, invece
dagli anni ‘80, nell’appennino pistoiese, la comunità degli elfi ha occupato un agglomerato di ruderi e
terre abbandonati rivitalizzandoli incredibilmente.
Essi sono ca.150 e vivono di ciò che coltivano nei
loro orti, di ciò che raccolgono (frutti ed erbe spontanee) e grazie all’allevamento di animali in maniera totalmente indipendente.
Gli elfi alloggiano in case di pietra e legno e prediligono il lavoro manuale ma hanno accettato piccoli
compromessi, quali l’impiego, solo se indispensabile di un trattore e di un generatore.
Ognuno è libero di coinvolgersi nelle attività secondo la propria attitudine e disponibilità; tutte le fatiche che il singolo compie sono per il benessere
della collettività.
Promuovendo feste (v. raccolti) e partecipando a
manifestazioni vendendo i loro prodotti genuini riescono a mantenere una cassa comune utile per
acquistare alimenti e beni primari che non sono in
grado di autoprodurre.
Un sistema economico di questo tipo è molto efficiente, in quanto le distanze dal luogo di produzione sono inesistenti, i prodotti sono perfettamente
sani e conosciuti, non c’è sovrapproduzione e tutti
ricevono ciò che hanno bisogno per sopravvivere.
Le notizie arrivano solo di tanto in tanto, ma agli
elfi non manca nulla. La filosofia che essi seguono
@
-
è basata sul rispetto e dalla lontananza dai beni
materiali ( il rapporto con i
soldi è quasi inesistente)
senza però essere chiusi
di mentalità.
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E%
Tutti sono importanti ma
www.aamterranuova.it/rive
nessuno è indispensabile.
www.sostenibile.org/rive/
Tutto viene condiviso e
mensilmente, quando la
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luna è piena, avviene
l’incontro-festa dove in
E'UN LABORATORIO UMANO DI
cerchio si discute ogni
RICERCA
E SPERIMENTAZIONE i
problema sorto per ripricui
membri
pensano e lo dimostinare la fiducia e per
strando
che
un mondo diverso è
conoscersi meglio, in sepossibile
da
subito.
guito si canta e balla attorno al fuoco canzoni
, 5%
popolari fino a tarda notte.
- UN INSEDIAMENTO COMPLETO
Da una decina d’anni è
abbastanza piccolo da permettere
inoltre in funzione una
ai partecipanti di conoscersi, relascuola autogestita in semi
zionarsi ed interagire fra loro, di
collaborazione con una
riconoscere ed essere riconosciuti
scuola pubblica.
in modo che l'
individuo possa avere
Chi si reca in questo picuna effettiva voce - ma grande abcolo paradiso deve avere
bastanza da soddisfare, se non
solo buona volontà e spitutti, la gran parte dei bisogni umarito d’attamento.
ni.
- UN INSEDIAMENTO A TUTTO
CAMPO che cerchi di soddisfare i
bisogni di avere una abitazione, da
mangiare, lavoro, divertimento oltre
ai bisogni sociali, all'
educazione e
ai bisogni spirituali. Ma NON tutti i
bisogni economici possono essere
soddisfatti all'
interno del villaggio.
- IL SODDISFACIMENTO DEI BI%
SOGNI UMANI DI SVILUPPO abbondanza, confronto, contributo
attivo, auto-realizzazione, sensazione di essere a "casa", celebrazione, rituale, autostima.
- PROVVEDERE ALLA PROPRIA
CONTINUITA'NEL TEMPO PRESERVANDO IL FUTURO è un modello (ecologicamente, socialmente
ed economicamente) sostenibile,
agisce prevedendo gli effetti avanti
nel tempo per almeno 7 generazioni.
- RISPETTOSO DELL'
AMBIENTE
NATURALE E DI TUTTO IL RESTO per questo sono utilizzate fonti
di energia rinnovabili, riciclaggio dei
rifiuti come risorse, utilizzo di tecnologie appropriate, si custruisce utilizzando materiali e fornitori locali,
si mantiene la popolazione e le attività all'
interno della capacità di portata dell'
ambiente naturale, si favoresce una economia locale.
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.: gli Anarchici :.
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È sul sito elvetico ( indymedia. ch)
che il 7 ottobre sono apparsi i primi
messaggi in lingua tedesca inneggianti la necessità di mobilitarsi in
occasione del 23 e 24 ottobre: « I
ticinesi vogliono fare qualcosa – si
legge – altre informazioni seguiranno » . Poi, come detto, il messaggio
‘ brescinese’ inviato alle redazioni
da un indirizzo hotmail: « Vogliamo
veramente accogliere nella nostra
città questo personaggio? » . E ancora, riferendosi all’entourage forzista: « Saremo pronti ad accoglierli
come meritano » .
Domanda: Berlusconi, il ministro
degli esteri Franco Frattini e quello
del programma Claudio Scaiola
(quest’ultimo preso di mira per la
sua gestione del turbolento G8 di
Genova) correvano davvero il rischio di dover fare i conti in terra
elvetica con la rabbia dei loro nemici? Il quai di Lugano e l’attiguo salotto cittadino sarebbero veramente
stati lo scenario di una guerriglia
urbana? Difficile dirlo, ma anche
crederlo
Da ‘la regione’ del 13 10 04
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L'
esercito israeliano ha assassinato una tredicenne con ben 20 proiettili. Pensavano che aveva
con se una bomba. Hanno trovato solo libri. La
ragazza aveva lasciato la strada erroneamente
per via della nebbia mattutina. Negli ultimi giorni
terribili dell'
attacco israeliano già sono stati uccisi
86 palestinesi du cui almeno 15 ragazzi. 300 persone sono state ferite. Le persone malate di cancro non possono recarsi agli ospedali per curarsi numeri precisi non si sanno. Sharon, il primo ministro/assassino ha annunciato che queste azioni
continueranno. I morti vengono trasformati in cifre. Ma ognuno che ha potuto vedere con i propri
occhi i territori occupati può immaginare i
bambini che scappano dai militari, le case bombardate e demolite, la polvere soffocante, quella
tremenda sensazione di impotenza che sorge nella gola, la paura paralizzante, il frastuono delle
granate ad urto, i gas lacrimogeni, le sparatorie, il
dolore... e tutte quelle persone arrestate e portate
via dalle loro case.
E Sharon continua a fare il dio, continua a dire che si ritirerà... ma
gli attacchi proseguono. Continua a fingere che la morte di tante
persone a causa delle razze Kazam a Shderot non è colpa sua.
E Bush si finge arrabbiato... ma ogni minuto guadagna da ogni
pallottola. E il silenzio è assordante. A Tel Aviv si stanno preparando per il Love March. Non c'
è piazzetta senza la sua festa.
La distanza di pochi kilometri. Non di più. Bastano pochi kilometri perché le persone diventano solo delle cifre senza alcun significato. E'possibile non vedere, non sentire, non curare.
Venite venerdì alle ore 13 davanti al cinema Maxim (all'
angolo di
Ben Zion e King George) per un corteo di protesta dove grideremo la nostra opposizione all'
atrocità. Portate qualsiasi cosa purché fate un chiasso tremendo e gridate anche voi. Dobbiamo gridare il più forte
possibile... così forse qualcuno sentirà e forse non lo
dimenticheranno.
Anarchici e anarchiche di
Tel Aviv (trad di ainfos)
$
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/
/
.: Tratto liberamente da Umanità Nova, numero 31 del 10 ottobre 2004, Anno 84 :.
In procinto di lasciare la Casa Bianca, alla fine del
novembre 2000 Bill Clinton si fece fare un'
intervista
dal mensile Rolling Stone (che venne pubblicata solo
nel febbraio dell'
anno successivo quando alla guida
dell'
Impero c'
era già George Bush Junior), in cui faceva un franco bilancio dei suoi otto anni di presidenza.
Dopo essersi attribuito vittorie e meriti soprattutto in
politica estera (ahimè), l'
ex Governatore dell'
Arkansas
dedicava gran parte delle sue risposte ad una descrizione impietosa della società statunitense dove povertà, denutrizione, mortalità infantile, mancanza d'
igiene,
abbandono scolastico colpivano le classi meno abbienti e dove la quantità di detenuti era ormai "quasi
paragonabile a quella dell'
Unione Sovietica, prima
della Caduta del Muro". Tanto per non sbagliarsi, Clinton si dichiarava favorevole a tutta una serie di riforme
"radicali", dall'
istituzione di un sistema di assistenza
sanitaria pubblica alla depenalizzazione delle droghe
leggere, dal riconoscimento delle unioni omosessuali
ai sussidi per i disoccupati e all'
aumento delle tassazioni per le grandi imprese e per i redditi più alti. Alla
candida domanda dell'
intervistatore su come mai nei
suoi otto anni alla Casa Bianca non avesse neanche
provato a realizzare questi suoi buoni propositi, Clinton altrettanto candidamente rispondeva che durante il
suo primo mandato non poteva perché altrimenti non
sarebbe stato rieletto e durante il suo secondo mandato non voleva danneggiare il candidato democratico
che avrebbe preso il suo posto.
Clinton, secondo Gore Vidal (che pure lo considera il
presidente più colto e progressista della storia degli
Stati Uniti) è l'
emblema più significativo di un Partito
Democratico incapace di realizzare una propria politica autonoma e di fatto ostaggio dell'
aggressività della
destra statunitense.
Dal 1980, da quando Ronald Reagan è diventato presidente degli Stati Uniti, l'
alleanza tra destra del Partito
Repubblicano, fondamentalisti cristiani e Moral
Majority ha imposto un'
agenda politica fatta di guerre
"umanitarie" e "preventive", restrizione dei diritti civili,
selvaggia deregulation neoliberista. Il risultato è che
se il pianeta è percorso dalle bellicose armate statunitensi che impongono la Pax Americana a suon di
bombe e torture, negli USA dai primi anni Ottanta ad
ora la popolazione carceraria è quadruplicata (ed ha
sorpassato da tempo i due milioni di reclusi), mentre
la mortalità infantile è raddoppiata e i lavoratori americani che alla fine degli anni '
70 avevano l'
orario di lavoro più basso tra quelli dei paesi industrializzati, sono
da tempo quelli che lavorano di più. In questa situazione, gli otto anni di presidenza democratica tra il 1992
e il 2000 non hanno certo rappresentato un momento
di svolta, anzi, il Clinton che definisce nell'
intervista a
Rolling Stone il concetto di tolleranza zero "una barbarie giuridica" e che dice che il primo problema da risolvere dovrebbe essere quello della diffusione della povertà, è il presidente che firmò la legge dei Three Strikes Out per cui viene comminato automaticamente
l'
ergastolo a chi commette un nuovo reato dopo esser
già stato condannato tre volte al carcere per altri reati
(il primo caso in cui fu applicata fu per un ex detenuto
che aveva rubato UNA pizza) e che decise di sospendere i sussidi per le ragazze-madri.
Sicuramente, l'
arrivo di George Bush Jr alla Casa
Bianca ha rappresentato un'
ulteriore accelerazione in
questo processo di disfacimento della società statunitense. Presentatosi in campagna elettorale come
campione di un conservatorismo compassionevole
attento ai bisogni dei ceti meno abbienti, dopo la sua
fortunosa vittoria elettorale legata ai brogli in Florida
Bush è arrivato alla
Casa Bianca circondato dai più noti falchi dell'
estrema destra statunitense, dai
neocon Dick Cheney
e Condoleeza Rice al
fondamentalista cristiano Joh Ashcroft a
Donald
Rumsfield
che un intenditore
come Henry Kissinger definisce "la persona più crudele che
abbia mai conosciuto". La politica di Washington si è fatta
ancora più aggressiva dopo l'
11 settembre e mentre il Patriot
Act faceva stralo delle libertà di espressione e di associazione, gli Stati
Uniti post Twin Towers diventavano il regno della
paranoia e del sospetto e il governo si lanciava nelle
sanguinose avventure militari in Afganistan e in Iraq,
ormai protrattesi molto oltre le ottimistiche previsioni
degli inizi. Nonostante la sua politica evidentemente
sciagurata, però, Bush non ha incontrato alcuna resistenza da parte del Partito Democratico i cui esponenti alla Camera e al Senato hanno quasi tutti votato
a favore anche delle decisioni più dissennate dell'
attuale amministrazione statunitense.
Per questo non si capisce perché tanto entusiasmo
da parte della sinistra nostrana per la campagna elettorale in corso negli Stati Uniti. John Kerry è soprattutto un candidato d'
immagine. Se Bush è il classico
rampollo disgraziato di buona, ex studente ultimo
della classe, imboscato ai tempi della Guerra del Vietnam, ex alcolizzato ed ex cocainomane, con una
Happy Family formata da due figlie che hanno iniziato
da minorenni a frequentare le cliniche per alcolizzati e
tossicodipendenti e una moglie che va in televisione a
dire che il Prozac le ha salvato la vita, Kerry è il suo
contraltare rispettabile, ex studente modello, ex eroe
di guerra in Vietnam, ex attivista pacifista una volta
congedatosi, con una lunga storia di impegno politico
e sociale alle spalle. È molto più problematico però
capire quali siano le differenze tra i loro programmi
politici. Durante il confronto televisivo che ha aperto
la stagione dei dibattiti elettorale, il candidato democratico ha fulminato l'
avversario con l'
azzeccata battuta per cui "invadere l'
Iraq come risposta agli attacchi terroristici dell'
11 settembre 2001 è stato come se
Roosevelt avesse invaso il Messico dopo l'
attacco
giapponese a Pearl Harbour", ma ha dichiarato al
tempo stesso che le truppe non si possono ritirare dal
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“La Lunigiana, coi suoi castelli e i suoi paesaggi ameni, in
realtà è uno dei territori maggiormente militarizzati
d’Italia…vi sono depositi di armi “segrete” fra le quali non
è pura fantasia immaginare quelle nucleari leggere e
pesanti. Fabbriche di esplosivi e d’armi, poligoni di tiro
ove si sperimentano anche i “nuovi” metalli (uranio impoverito), discariche fuori dei limiti di accesso dell’uomo
comune, campi di addestramento ad uccidere anche
all’arma bianca”
Quello sopraccitato è solo uno dei diversi motivi che ha spinto i libertari della vicina penisola
ad organizzare una festa antimilitarista di quattro giorni
in Lunigiana (territorio situato a nord-ovest della toscana).
La festa, che più precisamente si è svolta a Coloretta di
Zeri durante uno splendido fine agosto, è stato un incontro costruttivo ed interessante, dove si poteva incontrare
gente venuta da diverse regioni d’Italia.
I pomeriggi
della festa erano dedicati alle discussioni ed ai dibattiti;
citandone sinteticamente alcuni, ricordo quelli di Italino
Rossi, storico e studioso dell’anarchismo e Maria Matteo
della redazione di Umanità Nova. Italino, ha fatto una
panoramica dell’antimilitarismo di inizio novecento, fino
allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, senza tralasciare di descrivere minuziosamente il caso Masetti, e la
“settimana rossa”. Maria Matteo, ha affrontato invece
1
temi più attuali: guerra preventiva, propaganda militarista
nelle scuole, professione militare. L’intervento di Maria è
servito per introdurre un dibattito sui metodi e sulle azioni
che si potrebbero intraprendere per contrastare la propaganda governativa; quella che ogni giorno
attraverso televisioni e giornali, ci vuole far sembrare indispensabile
l’esistenza del “proprio” esercito. Ci
siamo poi chiesti con che diritto i
potenti della Terra possono dichiarare se una guerra é:
“umanitaria”, “giusta” o “portatrice
di libertà”, mentre altre: “illegali”,
“disumane” o “sporche”. Concludendo sembra quasi inutile dirlo, ma a
mio avviso la critica al sistema militare
ed a quella del Potere deve continuare con
coerenza e tenacia.
Si sa che finché esisteranno soldati
pronti ad ubbidire, ci saranno sempre fiumi di sangue che
bagneranno la Terra, i quali fiumi faranno solamente germogliare i fiori dell’odio. Questo sinceramente non lo voglio, la Terra vorrei abitarla fraternamente, insieme a tutti,
e nel rispetto di tutti, lavorando e collaborando per il bene
della comunità, per la vera pace. Disprezzo quelle persone che ci tengono divisi con i loro confini e fanatismi religiosi, presupposti che servono a mantenere i loro sporchi
giochi di potere e ricchezze. Mai più in divisa! Né Patria
Né Chiese Né Guerre!
%
paese mediorientale e ha mostrato di accettare la
stessa impostazione aggressiva di Bush verso Iran
e Corea del nord. Quando si è trattato di parlare
della guerra al terrorismo, ha usato lo stesso linguaggio da cowboy di Bush, dichiarando "Io credo
che si debba essere forti, risoluti e determinati. Io
darò la caccia e ucciderò i terroristi, ovunque si trovino" e si è mosso agilmente sul terreno della paranoia diffusa parlando della proliferazione nucleare
come della minaccia più grave per la sicurezza nazionale e descrivendo uno scenario fosco in cui
"nell'
ex Unione Sovietica e in Russia ci sono più di
600 tonnellate di materiale nucleare non sorvegliato
(..) Ora, oggi, ci sono terroristi che stanno cercando
di mettere le mani su cose di questo tipo".
Bush e Kerry, d'
altronde, non sono neanche troppo
diversi tra di loro a livello biografico. Entrambi vengono dalla cosiddetta aristocrazia del New England,
formati dai discendenti dei primi coloni inglesi del
XVII e XVIII secolo e che da sempre rappresenta
l'
elite politica ed economica degli Stati Uniti. Le loro
stesse vicende personali si sono incrociate più di
una volta. Entrambi ex studenti di Yale, George W.
Bush e John F. Kerry sono tutti e due membri attivi
della più potente ed elitaria setta segreta d'
America,
la "Skull and Bones" ("Teschio e Ossa", o "Teschio
e Tibie") con sede proprio all'
università di Yale. Fondata 172 anni fa sul modello di analoghe associazioni segrete tedesche e con sede in un edificio di
Yale denominato "The tomb" (la Tomba), la setta è
fra le più esclusive, potenti e meno conosciute degli
interi Stati Uniti. Per decenni ha ammesso solo i figli
dell'
aristocrazia "wasp" (bianca anglosassone e
protestante), fino a diventare un'
anticamera del po-
.: di DB :.
tere americano: non solo vi sono passati Bush
padre e figlio, ma anche l'
altro ex presidente William Howard Taft, l'
ex ambasciatore americano nella Mosca di Stalin, Averell
Harriman, il fondatore del settimanale
"Time" Henry Luce, l'
ex capo della Cia
James Woolsey, il sottosegretario agli
armamenti John Bolton, il braccio destro
di Cheney, Lewis Libby, Paul Bremer III,
ex capo dell'
amministrazione alleata in
Iraq, e appunto il democratico John
Kerry. Tra l'
altro, essendo Kerry entrato a
Yale nel 1966 e Bush nel 1968, non si
può neanche escludere che i due si siano incrociati durante i rituali nella
"Tomba". Anche particolari di questo tipo
dimostrano quanto la politica istituzionale
statunitense sia dominata dal puro e
semplice spettacolo che nasconde la dura realtà di
un Partito Unico ancora formalmente diviso in due
correnti che affidano le proprie differenze allo stile
piuttosto che ai contenuti.
Gli scommettitori di Londra, che di queste cose se
ne intendono, hanno intanto deciso per la maggior
parte di non accettare più scommesse sulle elezioni presidenziali USA fino a quando non verranno
pubblicati i sondaggi elettorali dopo la cattura di
Bin Laden (data per certa entro il 2 novembre). I
cittadini americani, da parte loro, sono tutt'
altro
che interessati alla scelta del loro prossimo imperatore. Alle elezioni del 2000 ha votato solo il 27%
degli aventi diritto al voto e nulla fa pensare che
questa volta saranno di più a farsi prendere all'
amo del Kerry o del Bush di turno.
+ - $$
.: Olivier Fonte:”il canto anarchico in Italia” Franco Schirone, Santo Catanuto Ed: Zero in condotta :.
2
-
0
1 $
%
8
Sono molte le canzoni scritte per ricordare l’eroico
gesto del givane Caserio, nato a Motta Visconti, in
provincia di Milano, e ghigliottinato a Lione nel 1894.
Originario di una famiglia di contadini, diventa panettiere e si trasferisce a Milano prendendo contatto con i
movimenti anarchici locali riconosce la fondatezza
degli ideali libertari e decide
di unirsi a chi lotta per la liberazione degli oppressi.
Durante una manifestazione nel capoluogo lombardo,
viene arrestato e schedato come sovversivo, per questo motivo viene posto sulla lista nera, trovandosi così
negata la possibilità di trovare un lavoro in Italia.
Decide quindi di partire, si sposta in Svizzera, dove
conosce Pietro Gori che verrà in seguito accusato di
essere stato il mandante spirituale dell’attentato, e
successivamente in Francia, sempre allacciando contatti con i movimenti antiautoritari del luogo.
Il 24 giugno 1894 si reca a Lione per la visita
dell’allora presidente francese Sadi Carnot e avvicinatosi alla sua carrozza lo uccide pugnalandolo al fegato
al grido di: “Vive la Revolution! Vive l’Anarchie!”.
Durante il processo, che si concluderà con la sua condanna a morte e di cui riportiamo alcune frasi significative, mai rinnegherà il suo gesto ne le sue convinzioni libertarie andando al patibolo con la testa alta e
gli sfruttati del mondo nel cuore.
@
$$ %
Presidente: Nel 1892 foste arrestato perche’ facevate
propaganda anarchica tra i soldati?
Caserio: Sissignore!
P : Nel 1893 disertaste e rinnegaste, dopo la famiglia, la patria.
C : La patria è per me il mondo intero!
P : Avete frequentato certi anarchici ben noti a
Milano?
C : Anche se li avessi frequentati, non lo direi.
P :L’accusa pretende che frequentavate un parrucchiere anarchico.
C : Non potevo andare da un fornaio a farmi tagliare i capelli.
P : Quale diritto avete voi di uccidere il presidente
della repubblica? C’e’
una legge naturale che
impedisce di uccidere!
1 $
C : I governanti uccido- 2
no però…
=& /
2
1 $
>
P : Non avete anche 1894
detto che se foste tro- Testo di Pietro Gori - Musica di
vato in Italia avreste A. Capponi
colpito il re e il papa?
C : Oh no! Non escono Lavoratori a voi diretto è il canto
mai assieme.
di questa mia canzon che sa di pianto
e che ricorda un baldo giovin forte
Ardua è stata la scelta che per amor di voi sfidò la morte.
dei canti da pubblicare A te Caserio ardea nella pupilla
tra i molti a nostra di- de le vendette umane la scintilla
sposizione, abbiamo ed alla plebe che lavora e geme
scelto uno dei più famo- donasti ogni tuo affetto ogni tua speme.
si e più significativi. Il Eri nello splendore della vita
primo di cui non si co- e non vedesti che notte infinita
nosce l’autore, narra la notte dei dolori e della fame
delle risposte del Case- che incombe sull'immenso uman carnario al giudice che lo sta me.
interrogando.
E ti levasti in atto di dolore
Il secondo, che non è d'ignoti strazi altero vendicatore
potuto essere pubblica- e t'avventasti tu sì buono e mite
to per mancanza di a scuoter l'alme schiave ed avvilite.
spazio, come quello Tremarono i potenti all'atto fiero
pr ec edente,
r is al e e nuove insidie tesero al pensiero
all’anno della morte del e il popolo cui l'anima donasti
protagonista, ma in non ti comprese e pur tu non piegasti.
questo caso l’autore è E i tuoi vent'anni una feral mattina
conosciuto: si tratta del gettasti al mondo dalla ghigliottina,
già citato Pietro Gori, al mondo vil la tua grand'alma pia
autore di numerosi can- alto gridando: Viva l'Anarchia!.
zoni libertarie, sua la Ma il dì s'appressa o bel ghigliottinato
mai dimenticata”Addio che il tuo nome verrà purificato
Lugano bella”.
quando sacre saran le vite umane
e diritto d'ognun la scienza e il pane.
Dormi Caserio entro la fredda terra
donde ruggire udrai la final guerra
la gran battaglia contro gli oppressori
la pugna tra sfruttati e sfruttatori.
Voi che la vita e l'avvenir fatale
offriste su l'altar dell'ideale
o falangi di morti sul lavoro
vittime de l'altrui ozio e dell'oro
Martiri ignoti o schiera benedetta
già spunta il giorno della gran vendetta
della giustizia già si leva il sole
il popolo tiranni più non vuole.
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2L"J ,2 (ska alcolpunk da Brissago) +
(punk-rock)
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NO ?"6"BM6 M ?@&&@ (@&,2B" @P
Serata di discussione, dibattito e immagini a seguito
dell’esperienza vissuta in Palestina da alcuni militanti del
C.S.A. il Molino durante la raccolta delle olive.
Seguirà proiezione del film “Check Point”
23:00 B@J @&,2 ?, 1L"("& (latinoamericana militante) Il loro é un misto di ska, reggae, folk con forti influenze balcaniche e testi in italiano e spagnolo. Due ore
di concerto da ascoltare ma sicuramente da ballare!
% SA 6.12-23:00
:M@ (@6BQ
% VE 12.11-23:00
:&"M::"B@ "sono i figli dell’emigrazione: sono i
nomadi forzati, le radici senza terra. Per puro caso in
Africa ho scoperto le radici e le regole dei “griot”, i musicisti di corte. Si tramandano il loro sapere oralmente da
secoli, seguendo la linea paterna arrivando a parlare coi
tamburi per comunicare a chilometri di distanza, ma
soprattutto inventano portando dentro i loro segreti.
% SA 13.11-23:00
6"J MI"M , HM@BB@ (ska da Torino)
La ska band Rimozionekoatta si forma nel 1994 a Torino
(in tempi non sospetti, visto la commercializzazione dello ska oggi) e ha all’attivo oltre 130 concerti in tutta Italia.
% VE 19.11-23:00
B@ :MJ @2 (tango argentino)
Una serata di Tango Argentino con un quartetto d'
eccezione!
Violino: Esteban Raspo, fisarmonica: Luisa Beffa, pianoforte: Nuccio Trotta contrabbasso: Domenico Ceresa
% VE 26.11-23:00
6@?"1@& 2MR ? (reggae, afrohiphop) + " ?6@
(crossover)
% SA 27.11-23:00
BM6(,?M (ska, dub)
L'
ingranaggio è un viaggio tra dub e punk, miscelato
con ritmiche e sonorità elettroniche.
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si tengono ogni venerdì alle 21’00
presso il CSA il Molino di Lugano
(ex-macello). Stiamo lavorando al
nuovo circolo, chi avesse libri o altro
materiale prenda contatto!
6M 1M
% SA 30.10-21:30
2BM6"@ ?,&&@ B":6, (commedia di Dario Fo)
con Marco Fasola: narratore, Ioana Butzu: attrice, Dargo
Raimondi: creazione musicale e i musicisti dal vivo: Ioana Butzu: canto e percussioni, Marco Trosi: flauti, piccolo, percussioni, Marco Fratantonio: accordeon, armonium, percussioni, Dargo Raimondi: contrabbasso, basso, gmbri, rabab, Marco Fasola - voce, percussioni
23:00 @6B,J M ?"(i musicisti della Tigre con una
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versamenti: ccp
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[1] Foglio di agitazione a cura del gruppo