TRAGICA ALBA A DONGO
(Italia, 1950, DCP da copia 35mm di 1.015 metri, 38’, bn, sonoro)
Le immagini del film contenute nel dossier sono tratte dalla copia 35mm in nitrato di Tragica alba
a Dongo (Vittorio Crucillà, 1950), Deposito Famiglia Paternò-Pelos, Coll. Museo Nazionale del
Cinema.
Il “Dossier Tragica alba a Dongo” è stato realizzato da Claudia Gianetto (Responsabile della
Cineteca del Museo Nazionale del Cinema) con la collaborazione di Gianna Chiapello e i
contributi di Salvatore Paternò e del Laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna a
documentazione del restauro curato nel 2014 dal Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Per la proiezione o per la consultazione del film “Tragica alba a Dongo” contattare la Cineteca del
Museo Nazionale del Cinema: http://www.museocinema.it/cineteca.php
1
Regia e soggetto: Vittorio Crucillà
Sceneggiatura: Ettore Camesasca
Cronaca e commento: Vittorio Crucillà
Fotografia: Duilio Chiaradia
Musica: Ferruccio Martinelli
Interpreti e personaggi: attori non professionisti, tra i quali i coniugi De Maria
Doppiaggio: Voci della Compagnia di prosa della RAI di Milano con la direzione di Enzo Convalli
Produttore: Emilio Maschera e Ugo Zanolla
Segretari di produzione: Milli Bahar, Antonio Zanni
Produzione: National Film, Milano, Italia 1950
L. o.: dichiarata 1.150 metri, accertata 1.040 metri.
Dati tratti dal film e dalla documentazione di censura.
2
SINOSSI
Il 25 aprile 1945, ricorrenza ora celebrata in Italia
come Festa della Liberazione, è la data che segna per
il nostro paese la fine della Seconda Guerra
Mondiale. In quel giorno il Comitato di Liberazione
Nazionale, con comando a Milano, proclamò
l’insurrezione delle forze partigiane in tutti i territori
ancora non liberati dagli alleati e occupati dai
nazifascisti con l’ordine di condanna a morte per
Benito Mussolini e i gerarchi fascisti. Nel pomeriggio
del 25 aprile il Duce lasciò Milano per tentare di
raggiungere la Svizzera.
Differenti i resoconti dei fatti accaduti in quei giorni e
tuttora contrastanti le interpretazioni.
In Tragica alba a Dongo la voce di Vittorio Crucillà contestualizza gli eventi nel filmato che
ricostruisce le ultime ore di Benito Mussolini. Dopo i titoli di testa a scorrimento, le inquadrature
di due soldati alla guida di un camion si alternano a riprese in movimento del paesaggio sulle rive
del lago di Como. Il commento, mentre la colonna
militare percorre un lungo tratto di gallerie,
riassume il ventennio fascista dall’ascesa della
dittatura il 28 ottobre 1922 al tragico epilogo di
Dongo. Sull’entrata in Guerra dell’Italia il 10 giugno
1940, un montaggio d’immagini – le uniche di
repertorio documentario inserite nel film, creato
con riprese realizzate in pochi mesi appositamente
per la ricostruzione - mostra gli aerei in volo che
sganciano bombe e le città distrutte dai
bombardamenti, con file di soldati e mezzi militari.
Il filmato ritorna poi al racconto dei fatti avvenuti
nell’aprile del 1945, a partire dall’arrivo della
colonna di soldati tedeschi e gerarchi fascisti sulla strada che costeggia il lago.
Mussolini viene catturato nel pomeriggio del 27 aprile con uno sbarramento a Musso, riconosciuto
da una brigata partigiana mentre tenta di passare il confine travestito da soldato tedesco.
Raggiunto nella notte da Clara Petacci nella caserma della Guardia di Finanza di Germasino, viene
portato nella casa di una coppia di contadini – i coniugi De Maria - nella frazione di Giulino di
Mezzegra. Per impedirne il riconoscimento i
partigiani gli hanno bendato il capo, ma la signora
De Maria scopre la vera identità del prigioniero. Il
giorno seguente, 28 aprile, Mussolini e la Petacci –
mai inquadrati in volto, se non fugacemente vengono trasferiti in un luogo isolato e fucilati;
dopo questa esecuzione, sarà la volta di diversi
gerarchi fascisti a Dongo.
Il film si chiude con le immagini del camion che si
allontana con i corpi dei giustiziati per raggiungere
all’alba del 29 aprile Milano. “È una tragica alba,
un’alba che attende la sua aurora”, così chiude il
suo commento alle immagini Crucillà.
3
LA REALIZZAZIONE DEL FILMATO E IL BLOCCO DELLA CENSURA
“Gli interpreti di questo film-documentario sono, in gran parte, gli stessi interpreti e testimoni
oculari dell’episodio storico. Hanno collaborato il Comune di Dongo, partigiani, volontari della
guerra di liberazione, ex soldati della SS e i coniugi De Maria, i contadini presso i quali l’allora duce
del fascismo trascorse le ultime ore. […] La macchina da presa ha ricostruito e ripete fedelmente
fatti, cose, ambienti e uomini così come apparvero e agirono in quelle tragiche giornate di aprile.
Il tempo, i luoghi, i costumi e financo i gesti sono gli elementi che caratterizzano il valore
essenzialmente documentaristico di questa minuziosa ricostruzione della più misteriosa tragedia
politica del secolo. Ogni riferimento personale appartiene alla storia dei fatti”.
Vittorio Crucillà, dai cartelli in apertura del film.
Tragica alba a Dongo si presenta con le
caratteristiche di una produzione semiamatoriale,
un audio non privo di imperfezioni e immagini
talvolta sfocate, buie o polverose, realizzata da un
gruppo di giornalisti in soli quattro mesi a pochi anni
di distanza dalla morte del Duce. Il filmato venne
subito bloccato dalla censura italiana e mai
distribuito né in Italia né all’estero.
Le riprese iniziarono nel 1949 su iniziativa di due ex
partigiani (U. Zanolla ed E. Maschera) che
s’improvvisarono produttori. Della regia e della
sceneggiatura s’incaricarono due giornalisti (V.
Crucillà ed E. Camesasca) dei quali non sono note altre esperienze cinematografiche. L’operatore
(D. Chiaradia) fu uno dei pochi professionisti impiegati nel progetto che coinvolse anche coloro che
avevano realmente preso parte ai fatti. Il film, terminato nel 1950, nonostante i ripetuti tentativi
fatti dalla produzione non ottenne alcuna autorizzazione alla proiezione; l’improvvisata casa di
produzione fallì, gli autori si arresero e Tragica alba a Dongo fu quasi dimenticato.
Poche le notizie biografiche di Vittorio Crucillà:
secondo alcune fonti, nacque nel 1917 a Catania e
morì il 4 luglio 2008. Questi dati s’intrecciano e
confondono con quelli di un altro Crucillà, Alberto,
che lavorò come giornalista e fondò nel 1948 la
rivista Cinecorriere, bimestrale distribuito agli
addetti ai lavori del mondo del cinema. Alberto
Crucillà rivestì il ruolo di direttore responsabile fino
alla sua morte, a 91 anni. Le date potrebbero
essere una coincidenza o frutto di confusione.
Infatti, alcuni documenti dattiloscritti su carta
intestata “Omnibus settimanale d’attualità e di
cultura” sono firmati nel 1951 da Vittorio Crucillà con la qualifica di “Redattore di Omnibus”, una
rivista di attualità con sede a Milano edita come nuova serie dal 1948.
Duilio Chiaradia (1921-1991), al quale si deve la qualità della fotografia del film, è noto come
pioniere della ripresa sportiva. Chiaradia fece il suo apprendistato a Milano nello Stabilimento
Cortometraggio e Pubblicità. Durante la Seconda Guerra Mondiale prestò servizio presso i nuclei
foto cinematografici di guerra come operatore di ripresa. Terminata la guerra, collaborò alla
realizzazione di alcuni filmati, tra cui Tragica alba a Dongo. All’inizio degli anni Cinquanta entrò alla
Rai dove si affermò come operatore di importanti servizi giornalistici in Italia e all’estero.
4
STORIA DELLE COPIE
La pellicola sembrava ormai scomparsa, fatta eccezione
per una proiezione alla fine degli anni Ottanta (Zanolla
presentò il film alla 7a edizione del Festival Internazionale
Cinema Giovani, invitato da Alberto Farassino) e la
circolazione tra amatori di un riversamento in bassa
definizione.
Un articolo del 2010 indicava come possibili luoghi di
conservazione della pellicola l’Archivio Nazionale
Cinematografico della Resistenza a Torino e a Roma la
Scuola Nazionale di Cinema.
Il Museo già nel 2011 contattò entrambe le istituzioni e
con l’aiuto di Mario Musumeci e Paola Olivetti potemmo verificare che purtroppo non vi era e non
vi era mai stata in questi due archivi alcuna traccia della pellicola, se non appunto un riversamento
in dvd di bassissima qualità.
Il recente ritrovamento di una copia d’epoca 35mm affidata
al Museo del Cinema dalla Famiglia Paternò-Pelos e il
restauro conservativo realizzato dal Museo presso il
laboratorio L’Immagine Ritrovata sollevano il velo da
Tragica alba a Dongo, che è tornata in anteprima alla 33a
edizione del Torino Film Festival per narrare al pubblico con
rigorosa semplicità la sua storia.
È lo stesso signor Paternò a raccontare come sia avvenuto il
ritrovamento:
“Il padre di mia moglie, qualche anno prima di morire, mi
mostrò alcune pellicole che aveva acquistato a un mercatino dell'antiquariato di Trieste, negli anni
Sessanta o Settanta.
Nel 2005 morì, ma quando svuotammo la sua personale
soffitta di quelle pellicole non vi era alcuna traccia; nessuno
sapeva dove fossero, neppure la moglie. Solo qualche anno
dopo le ritrovai in Austria, nel bunker costruito sotto la loro
casa. Chiesi alla moglie cosa ne volesse fare e, non avendo
alcuna idea in proposito, mi disse di portarle in discarica.
Non le diedi ascolto: le riportai in Italia e a casa controllai
fotogramma per fotogramma, non sapendo che le pellicole
in nitrato sono altamente infiammabili. Nel complesso non
era molto chiaro ciò di cui il film parlasse e il titolo mi era
sconosciuto; facendo delle ricerche su internet ho capito che questa pellicola era il filmdocumentario realizzato tra il 1949 e il 1950 in cui si narra cosa avvenne durante le ultime ore di
Benito Mussolini.
Dopo l'interessante scoperta, mi misi in contatto con alcune Cineteche tra le quali il Museo
Nazionale del Cinema di Torino che fu subito interessato al film Tragica Alba a Dongo, me ne
propose la preservazione e il restauro e io, entusiasta, affidai la pellicola in deposito al Museo di
Torino.
La famiglia Paterno'- Pelos ringrazia il Museo del Cinema, il direttore Alberto Barbera e in
particolare tutto il personale della Cineteca per l'ottimo lavoro svolto. Ed è una grande emozione
che la pellicola ora restaurata possa finalmente essere proiettata in pubblico, a partire dalla
presentazione in anteprima alla 33a edizione del Torino Film Festival”.
5
RESTAURO CONSERVATIVO
L’intervento si è basato su un’unica copia matrice, depositata dalla Fam.a Paternò-Pelos al Museo
Nazionale del Cinema: due rulli di pellicola nitrato 35mm, bn, sonora, formato immagine 1:1,37,
metri 1.060 ovvero circa 90 metri in meno (corrispondenti a 3’) rispetto il presunto metraggio
originale del film.
Qualche ulteriore dato tecnico dall’ispezione in
laboratorio: i principali film stock dal negativo sono
Ferrania, Pancro e Ansco Supreme Pan. Il film stock
della copia positiva è uno solo, Ferrania. Dalle tracce di
stampa il laboratorio ha potuto stabilire che si tratta di
una copia nitrato di prima generazione, stampata
dunque direttamente dal negativo camera. La colonna
sonora è ottica ad area variabile singola bilaterale RCA
Duplex. Le giunte presenti sulla copia positiva sono in
maggioranza stampate ed erano dunque presenti sul
negativo montato. La presenza di sporadiche giunte
fisiche è sempre interna a una scena e presuppone la perdita di alcuni fotogrammi con
corrispondente lacuna “interna” sia d’immagine sia di suono. Al momento dell’ispezione la copia
era in buone condizioni di conservazione, con un restringimento fisiologico del 0,6 % e alcune
rotture sull’area delle perforazioni che sono state riparate con nastro adesivo per film a doppia
perforazione. Sulla pellicola erano presenti numerosi aloni che hanno reso necessario un lavaggio
in Lipsner Smith 8200 con Hidrofluoroetilene.
Le informazioni sia sul film sia sulla copia nitrato raccolte
e confrontate non hanno lasciato alcun dubbio circa
l’obiettivo dell’intervento: garantire la conservazione
dell’elemento e realizzarne un restauro che pur
migliorandone per quanto possibile la fruibilità ne
mantenesse tutte le caratteristiche, dall’originale ordine
di montaggio alle particolarità dell’audio.
La copia riparata e sottoposta a lavaggio chimico è stata
poi preparata per il passaggio di stampa sotto liquido
per la realizzazione di un 35mm controtipo negativo in
bianco e nero di conservazione. Per quanto riguarda il
restauro dell’immagine, il negativo è stato scansionato in alta definizione (2k) e i files sono stati
sottoposti a stabilizzazione e color correction al fine di correggere i difetti più evidenti migliorando,
laddove possibile, definizione e luminosità. Per quanto riguarda il restauro dell’audio, è stata
acquisita digitalmente la colonna ottica ed è stata sottoposta a un intervento non invasivo per
equilibrare musica e voci con una minima riduzione degli elementi di rumore.
Effettuate dal laboratorio con il Museo differenti prove al fine di scegliere il grado d’intervento più
adatto alle caratteristiche della copia di partenza, è stato infine realizzato un DCP in 2k proiettato
in anteprima al Cinema Massimo il 23 novembre 2015 in occasione del Torino Film Festival.
La versione restaurata di Tragica alba a Dongo è ora inoltre accessibile, per la consultazione a fini
di ricerca e studio, in supporti digitali che possono essere visionati contattando la Cineteca del
Museo Nazionale del Cinema (www.museocinema.it).
Le lavorazioni sono state realizzate presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna
(www.immagineritrovata.it), uno tra i migliori laboratori specializzati in restauro cinematografico
all’avanguardia nell’uso di tecnologie sia fotochimiche sia digitali.
6
DOCUMENTAZIONE D’EPOCA
Documentazione di censura da gennaio 1951 a ottobre 1961 [file accessibile sul sito/mostra
virtuale permanente "Cinecensura.com"].
Qui di seguito alcuni estratti selezionati dai documenti riordinati cronologicamente.
1. Su carta intestata Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ufficio Centrale per la Cinematografia domanda di
revisione presentata dalla National Film con sede in Via
Col. Moschin, 3, Milano in data 20 gennaio 1951. Alla
dicitura prestampata “la pellicola stessa vien per la prima
volta sottoposta alla revisione”, ha l’aggiunta manoscritta
“soltanto ai fini dell’esportazione”. Lunghezza dichiarata:
1.150 metri. Lunghezza accertata: 1.040 metri [la
lunghezza della copia restaurata dal Museo corrisponde
alla lunghezza accertata al primo passaggio in censura]. Il
sunto con i dati manoscritti è seguito dalla seguente nota
della censura, con timbro del 24 gennaio 1951:
“Revisionato il film il giorno 24 gennaio del 1951 si esprime
parere contrario all’esportazione, in quanto si ritiene che il
film possa ingenerare all’estero errati e dannosi
apprezzamenti sul nostro Paese (art. 4 del R. D. 24 settembre 1923, n. 3287)”.
2. Foglio interno dattiloscritto. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Direzione Generale dello
Spettacolo, Revisione Cinematografica Definitiva, Appunto per il sottosegretario di stato
[l’Onorevole Giulio Andreotti] a firma del Presidente della 1° Commissione: - La 1°
Commissione ha revisionato in data 24 gennaio 1951 il film dal titolo: “ALBA TRAGICA A
DONGO” [sic], Marca: Nationalfilm, Nazionalità: italiana. Giudizio: com’è detto in una
didascalia, all’inizio del film, il documentario (metri 1.040) riproduce “la nuda cronaca dei
fatti, cose, ambienti e uomini, così come apparvero e agirono in quelle tragiche giornata di
aprile. Il tempo, i luoghi, i costumi e financo i gesti e le parole sono gli elementi che
caratterizzano il film”. I personaggi centrali del documentario (Mussolini e Clara Petacci),
visti quasi sempre di spalle, sono abbastanza rassomiglianti. La Commissione, in relazione
alla richiesta di esportazione del film, ha considerato se il film stesso possa ingenerare o
meno, all’estero, errati e dannosi apprezzamenti sul nostro Paese (art. 4 del R. D. 24
settembre 1923, n. 3287). Dopo ampia discussione ha però dovuto concludere che il film
può di fatto danneggiare moralmente il nostro Paese, pur tenendosi conto delle particolari
circostanze nelle quali si sono svolti i fatti narrati nel documentario. Per tal motivo la
Commissione ha espresso parere contrario all’esportazione del film -.
3. 3.a Su carta intestata della redazione della rivista Omnibus Settimanale di Attualità e di
Cultura la richiesta a firma di Vittorio Crucillà di un’udienza all’Onorevole Giulio Andreotti,
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roma: “Illustre Onorevole, sarei molto
lusingato e altamente onorato se la S. V. mi concedesse una udienza per un breve colloquio
in merito alla cronaca cinematografica TRAGICA ALBA A DONGO – di cui sono l’umile
regista e soggettista – realizzata unicamente per l’estero da un gruppo di giornalisti
milanesi. RingraziandoLa, La prego di gradire i sensi della mia grande ammirazione. Con
cordialità, Vittorio Crucillà, redattore di Ominibus, Via Pietro Masetri I, Milano”.
7
Due appunti manoscritti: il primo “giovedì ore 18h30”
cancellato [probabilmente il primo appuntamento con
l’Onorevole annullato per mano di De Pirro], e sopra
“Venerdì ore 12,30” [ovvero, il secondo appuntamento
fissato da e con De Pirro].
3.b Telegramma [timbro del 27 febbraio 1950, ma i
dati lasciano supporre che il timbro rechi l’anno
sbagliato, che sia invece del 1951] di De Pirro a Crucillà
che segnala l’impossibilità dell’On. Andreotti a
riceverlo e fissa un appuntamento per il 2 marzo alle
12h30.
4. 4.a Foglio interno dattiloscritto datato Roma, 3 marzo
1951. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Servizi
Spettacolo Informazioni e Proprietà Intellettuale,
ufficio coordinamento - Appunto per S. E. il
Sottosegretario di Stato – Come da Suo incarico ho ricevuto il Sig. Crucillà il quale a nome
della “National Film” è venuto a parlarmi circa il diniego di visto della prima Commissione
di Censura per l’esportazione all’estero del documentario “Tragica alba a Dongo”. Ho fatto
presente al Sig. Crucillà che non era possibile ritornare sulla deliberazione della
Commissione e pertanto gli ho consigliato di rimettersi al giudizio della Commissione di
secondo grado. In relazione a ciò, il Sig. Crucillà ha fatto pervenire il ricorso in carta legale
accompagnandolo con una lettera diretta a V. E. e che io allego al presente appunto
unitamente al ricorso, [nota manoscritta aggiunta] dove egli illustra la penosa situazione
che avrebbe voluto di persona segnalare a V. E. Con ossequio, il Direttore Generale.”
4.b Domanda di I° Appello film “Tragica alba a Dongo” del 2 marzo 1951 su carta legale che
in sette punti illustra le ragioni che spingono la produzione a insistere nella richiesta del
rilascio della nulla osta compresa la disponibilità ad apportare eventuali modifiche richieste
(al punto 4).
4.c Lettera datata Milano, 2 marzo 1951, firmata [stessa firma che ricorre nei documenti
successivi] come il ricorso dal legale rappresentante per la National Film e indirizzata
all’On. Giulio Andreotti. “ Eccellenza, non è una supplica – ma quasi – la nostra, dato che ci
troviamo in una situazione veramente critica a causa del negato visto da parte della 1°
Commissione di Censura per la esportazione all’estero del documentario: TRAGICA ALBA A
DONGO. La medesima Commissione ha motivato tale diniego citando l’art. 4 della legge del
24.9. 1923 n. 3287. È ben vero che questa citazione ha ignorato tranquillamente un
discreto numero di articoli della Costituzione Italiana, tra i quali non ultimo l’art. 21
[dedicato alla libertà di stampa]. Comunque non ne vogliamo ad alcuno per questo.
Chiediamo soltanto a V. E. di personalmente intervenire con la Sua ben nota visione
obiettiva e con autorevolezza affinché la Commissione di 2a Istanza, cui abbiamo ricorso in
data odierna, a termini di legge, nell’esaminare il nostro film tenga conto dei seguenti
principii: 1) La ben più sanguinaria rivoluzione francese ha partorito fra gli altri il principio
cristiano più alto che illumina tutta la civiltà moderna, I DIRITTI DELL’UOMO; 2) Creare, noi
Italiani, un film a carattere documentario su quel periodo storico che all’estero è stato già
duramente falsato a tutto discapito dell’onore del nostro Paese. Come vede, Eccellenza, è
superato ogni concetto preventivo che neghi una illustrazione obiettiva, fedelmente esatta,
su fatti a tutti noti che magari ne hanno deformato, in mala fede, la sostanza. Questo film,
a differenza degli altri, qualche volta sovvenzionati, è una iniziativa scaturita da un gruppo
di giornalisti (ventitré) appartenenti a diverse idealità politiche, ma accomunatisi
8
nell’intendimento di creare un documentario sereno, scevro da alcuna passione di parte,
che valga ad illustrare allo stesso tempo, al mondo intero, come oggi si sappia da parte di
noi Italiani, guardare al recente passato senza partigianerie ma con occhio democratico e
con finalità, se mai, volte al miglioramento della Nazione attraverso le dure lezioni della
storia. I giornalisti in questione non hanno esitato, perciò, a sacrificare in questa impresa
tutte le loro economie personali sì che un rifiuto ripetuto significherebbe, per essi, e per le
loro stesse famiglie, la certa rovina essendosi essi stessi, fra l’altro, anche indebitati pur di
realizzare questo film. Vostra Eccellenza, che proviene dal giornalismo, non mancherà di
valutare in pieno e con competenza la portata di questo rifiuto il che inoltre si
ripercuoterebbe sulle famiglie di questi Suoi ex colleghi. Anche a V. E. sottolineiamo che
noi siamo disposti ad apportare al documentario tutte quelle modifiche che verranno
suggerite dalla Commissione. Ma, soprattutto, chiediamo a V. E. di personalmente vedere il
film: in quanto è in noi certezza assoluta che soltanto dopo ciò l’E. V., non ristretto nelle
idee da limitatezze burocratiche, potrà valutare in pieno, a ragion veduta, la fondatezza e
l’importanza per noi della nostra richiesta e il perché per ora noi abbiamo chiesto il visto
soltanto per l’estero che ci farebbe rientrare gran parte del capitale impiegato. Con
ossequio, per National Film.”
5. Appunto senza data che fa riferimento all’appunto del 3 marzo 1951. Il Direttore per la
Direzione Generale dello Spettacolo – Cinematografia – segnala al Sottosegretario di Stato
che la Società National Film ha presentato nuova istanza per sollecitare il nulla osta.
6. Atto di Diffida della Famiglia Mussolini redatto a Roma il
30 giugno 1951, notificato alla National il 6 luglio 1951 e
consegnato per conoscenza alla Direzione Generale dello
Spettacolo e al Presidente dell’ANICA. - Rachele Guidi ved.
Mussolini, Edda Mussolini ved. Ciano, Anna Maria
Mussolini e Romano Mussolini, rispettivamente vedova e
figli di Benito Mussolini […]. Premesso: che essi sono
venuti a conoscenza che la National Film di Milano ha
prodotto un film dal titolo “Tragica alba di Dongo” [sic] […
] non intendono consentire che, con il detto film, venga
comunque alterata la verità storica per quanto attiene al
loro Congiunto. DIFFIDANO la National Film […] a non
alterare arbitrariamente nel detto film la realtà storica in
modo da attribuire al loro Congiunto fatti e
comportamenti diversi da quelli derivanti dalle sue
effettive azioni.”
9
7. Stralcio della Delibera del Consiglio Comunale di Dongo in data 28 luglio 1951, n.22.
- Premesso che nel decorso anno 1950 qui giunse
varie volte una carovana cinematografica per un
film dei fatti svoltisi alla fine aprile 1945 e che dalle
Autorità locali, onde prevenire errori eventuali,
furono comunicate le notizie del caso. Constatata
invece con sdegno, quale primo deprecabile
risultato di quel lavoro, la recente pubblicazione
annunziatrice del film, di un “numero unico”
illustrato, intitolato “DONGO” (come già quello
coscienzioso del 1945 per opera di locali dirigenti
civili e religiosi) e tale da affermare gravi errori di
fatto; gravissima la falsa affermazione che le
fucilazioni perpetrate avvennero per opera “di un
plotone di esecuzione formato da Partigiani del
luogo”; ciò premesso, IL CONSIGLIO a pieni voti: 1°
Altamente protesta contro tale alterazione della
verità, deplorandola e smentendola in pieno,
mentre la denuncia alle Autorità tutorie
competenti, anche per l’annunciato film, ed alla ingannata pubblica opinione, essendo ben
noto che l’eccidio fu voluto e comandato personalmente da uno sconosciuto colonnello
“Valerio” accorso da fuori con una scorta di suoi fucilatori e persino con un autofurgone pel
già previsto trasporto dei cadaveri (sedici e non quindici come stampato) in violento
tragico contrasto coll’Autorità insurrezionale, questa sì del luogo; come pure in netto
dissidio con quella appositamente venuta da Como. 2° Rievoca il rifiuto eloquente del
capitano partigiano “Pedro” dato al “Valerio”, che gli aveva chiesto uomini da aggiungere
alla dozzina e mezza da esso “Valerio” portata; rifiuto anche di recente confermato in
persona a questa Autorità Comunale dal medesimo capitano “Pedro”. […]
8. Corrispondenza tra Comune di Dongo, Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero
dell’Interno tra il 1° agosto e il 7 settembre 1951 in riferimento alla Delibera di luglio. Il
Sottosegretario di Stato [l’Onorevole Giulio Andreotti] in data 10 agosto comunica al
Sindaco di Dongo che “questa Presidenza non ha mai autorizzato la pubblica
programmazione di detto film, del quale vietò, a suo tempo, anche l’esportazione, in
quanto avrebbe potuto ingenerare all’estero errati e dannosi apprezzamenti sul nostro
Paese.”
8.a In un documento un’affermazione pare dare maggiore luce a tutta la vicenda. Il
Direttore per la Direzione Generale dello Spettacolo – Cinematogr. in un Appunto per il
Sottosegretario di Stato del 28 agosto scrive: - Si fa riferimento alla nota apposta da E.V. in
calce al ritaglio riportante l’informazione data dal quotidiano “Il Momento” del 12.8.1951
relativa alla protesta del consiglio Comunale di Dongo, contro un film sugli episodi
insurrezionali del 1945, girato nella zona di Dongo. […] – Dopo avere riepilogato i divieti
imposti al film Tragica alba a Dongo e la diffida, il direttore aggiunge: - Com’è poi noto
all’E.V. la casa “National Film” fu tempestivamente avvertita, prima dell’inizio della
lavorazione del film, che difficilmente sarebbe approvato in sede di censura. – [forse non
accidentalmente non vi è alcuna traccia di questo avvertimento tra la documentazione
10
rimasta, ma appare qui evidente quanto ne fosse per contro al corrente il Sottosegretario
di Stato].
9. Blocco corrispondenza dal 20 settembre al 30
luglio 1953 in cui la National Film chiede
risposta al ricorso già presentato alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri,
indirizzando più comunicazioni a Giulio
Andreotti, Sottosegretario di Stato e a Nicola
De Pirro, Direttore Generale Servizio
Spettacolo. La National da un lato sottolinea le
difficoltà economiche e il rischio di fallimento,
dall’altro tenta di far leva su due punti in
particolare. Il primo, è segnalare all’On. Giulio
Andreotti che l’atteggiamento sinora corretto
non ha dato risultati e che: “L’ E.V. consideri
che la pellicola in oggetto è di facile smercio su
qualsiasi mercato ed i produttori hanno quindi
dovuto resistere pressioni e lusinghe intese a
dar luogo ad un’esportazione clandestina. Essi
sono rimasti tanti mesi in attesa disciplinata di
decisioni superiori e si augurano che essa
attesa non venga delusa”. Il secondo punto fa riferimento a più antichi rapporti tra la
produzione e la Presidenza del consiglio dei Ministri, come nella comunicazione del 27
marzo 1952 anche questa indirizzata all’On. Giulio Andreotti: “ Eccellenza, come volevasi
dimostrare siamo giunti alla liquidazione della ns. società. E purtroppo a questo ci siamo
arrivati spendendo e impegnandosi fino all’ultimo limite delle ns. risorse economiche
mentre i molti risorsi presentati sono stati tranquillamente ignorati sebbene le ns. visite e i
ns. scritti si sono costantemente susseguiti dall’8 gennaio 1951 a tutt’oggi. […] Le
confessiamo con ciò la ns. amarezza tanto più sentita in quanto da parte ns. ci riteniamo in
perfetta regola perché prima di iniziare il film Vi abbiamo inviato con lettera raccomandata
il copione, in seguito a ciò abbiamo seguito scrupolosamente le Vs. istruzioni impartiteci
tramite l’Ufficio Stampa di Milano, durante la lavorazione poi Vi abbiamo chiesto se il film
si doveva interrompere della qual cosa gli interpellati hanno sempre invitato a continuare;
abbiamo pagato le tasse di censura oltre a quelle di visione copione, e con tutto ciò
abbiamo avuto il noto esito, mentre assistiamo alla tranquilla proiezione di un numero
infinito di films storico-esplosivi sul tipo di Romel [sic] etc. Nell’aprile del 1953, dopo
averne ricevuta richiesta con un telegramma, la produzione (ormai in liquidazione) invia
una copia del film al Direttore Generale del Sott. allo Spettacolo per la revisione in appello:
“Segnaliamo frattanto che la copia in parola presenta alcuni difetti (rigature, fondù,
dissolvenze, musica, parole ecc.) dovute al numero rilevanti di visioni effettuate (prove)
come pure al fatto che la copia in oggetto è il primo positivo realizzato.” Il 19 giugno 1953
la Commissione di Revisione Cinematografica di Secondo Grado, presieduta dall’On. Giulio
Andreotti conferma il parere contrario all’esportazione della pellicola.
10. Corrispondenza tra maggio 1959 e ottobre 1961, dalla quale si deduce che gli autori di
tragica alba a Dongo abbiano compiuto altri tentativi di ottenere il passaggio in censura,
ma senza successivi passaggi o riscontri positivi. Su carta intestata “Ugo Zanolla Stampa
Press Milano” U. Zanolla con Vittorio Crucillà ed Emilio Machera inviano una raccomandata
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in data 15 giugno 1961 a S. E. prof. Renzo Helfer, Sottosegretario Ministero Turismo e
Spettacolo, con la speranza di attirare a distanza di dieci anni un’attenzione positiva sul
progetto del film. Ma i fatti confermano che nessun divieto venne cancellato e il film
“scomparve”.
11. Copertina del “Copione definitivo Ultimissimo Copia approntata mt 1.150” con una serie di
fìdati sul cast e sulla realizzazione del film. Qui compare il metraggio di 1150 metri
associato a una durata di 57’. In altri documenti, riportato metraggio di 1040 metri ma
anche una durata di 51’.
 Opuscolo “Dongo!”, Nuove Edizioni A, Milano, giugno 1951 [Collezioni Museo Nazionale
del Cinema, Dono Giorgio Milani 2015]
[scaricabile da www.museocinema.it/museo_e_scuola.php?id=29 ]
In copertina, oltre
l’indicazione “200 foto” e il
costo di “Lire 100”, si legge:
“Dongo! Per la prima volta
nel mondo un’impressionante
documentazione fotografica
sulla fine di Mussolini e dei
gerarchi a Dongo”.
Nell’ultima di copertina, poi:
“La più grande tragedia
storica in un eccezionale
documento cinematografico
sulle ultime ore di Mussolini,
il film che tutto il mondo
attende”. Si tratta di un
opuscolo in carta povera
bianco e nero, a parte
l’utilizzo a effetto del colore
rosso a inizio e fine
pubblicazione, offre 35 pagine ricche di immagini – seppur riproduzioni di pessima qualità –
correlate da didascalie e testi. A parte poche immagini di repertorio che non compaiono in
Tragica alba a Dongo, tutte le altre sono tratte dal filmato. Nelle prime pagine è
riproposto, con alcune varianti, il testo del commento di Vittorio Crucillà con dovizia di dati
e di date. Nel complesso, sia nell’impostazione grafica sia nella descrizione delle immagini,
la pubblicazione ricorda lo stile popolare dei cineromanzi. Per inciso, se i testi sempre sono
costruiti nell’intento di attrarre l’attenzione con il sensazionale, non sempre la narrazione è
coerente con quanto mostrato nel film, in particolare in più punti appaiono arricchimenti di
tono melodrammatico. Un’ambiguità amplificata anche dai primi piani di Benito Mussolini
e Claretta Petacci inseriti tra i fotogrammi riprodotti nonostante i loro volti non mai
appaiano mai nelle riprese.
 Breve trafiletto non firmato tratto da “La voce dello spettacolo”, a. V, n. 9 nuova serie, 15
luglio 1951, pag. 3.
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“ A Roma temono le ombre del passato?
I censori della Direzione Generale Dello Spettacolo si palleggiano, spaventati, da oltre 6
mesi il film-documentario ALBA TRAGICA A DONGO [sic]. Come è noto, un gruppo di
giornalisti italiani ha realizzato una cronaca cinematografica della fine del fascismo e del
suo capo: essa, prima ancora di apparire, suscitò un’eco internazionale e disparati
commenti. Niente paura, signori Censori della Direzione Dello Spettacolo: si tratta soltanto
di un film-documentario assolutamente obbiettivo sulla fine di Mussolini e dei suoi
fedelissimi.”
 Articolo dal fascicolo di "Tempo" del 1953, firmato C.F., pag. 14-15, 53 con 5 fotografie e
relative didascalie.
“LA MORTE DI MUSSOLINI IN UN FILM CHE NON SI E’ VISTO MAI.
Tragica alba Dongo realizzato tre anni fa sui luoghi stessi della tragedia e la partecipazione,
fu misteriosamente inghiottito dal silenzio: oggi riappare e forse potrà essere proiettato.
Si torna a parlare di Tragica alba a Dongo, il film che racconta le ultime ore di Mussolini e
della Petacci, dalla cattura alla fucilazione. La censura, dopo più di due anni di veto ostinato
e silenzioso, è tornata improvvisamente sull’argomento. Vuole rivederlo in sede di appello,
subito, e così è possibile che da un giorno all’altro vengano incollati sui muri i primi
manifesti.
Fu un gruppo di giornalisti indipendenti, nel 1950, a elaborare l’idea di un documentario da
girarsi in loco. Un’idea come tante altre, con il vantaggio di non essere stata ancora
sfruttata. Prospettarono l’affare a uno sparuto gruppetto di finanziatori un tantino ingenui,
i quali, profani di cinematografo, dapprima rifiutarono, poi ci ripensarono, diedero una
piccola somma con molta reticenza, poi un’altra, poi un’altra ancora, finché si trovarono
seriamente impegnati.
Tragica alba a Dongo riuscì ottimamente, tanto da “sembrar vero”. Non soltanto venne
girato sui luoghi autentici, ma furono ingaggiati veri partigiani che agirono nella zona. La
regia venne affidata allo stesso giornalista che aveva steso il soggetto, Vittorio Crucillà,
coadiuvato da un regista di professione, Enzo Convalli, il quale impiegò le voci della
compagnia della radio per il doppiaggio (le voci dei partigiani autentici vennero conservate
tali e quali): la sceneggiatura fu di un altro giornalista, Ettore Camesasca, a sua volta
aiutato da uno specialista francese, Paul Remy. Ferruccio Martinelli, musicista
cinematografico, venne chiamato per il commento musicale, e a Duilio Chiaradia, uno dei
migliori operatori italiani, venne affidata la macchina da presa.
Forte di questo eterogeneo complesso di giornalisti ed esperti del cinema, la spedizione
partì alla volta di Dongo, tallonata dai produttori che si preoccupavano di non spendere
troppo. Ma dimenticavamo le figure di Mussolini e della Petacci: il primo personaggio
venne affidato a un attore di professione, noto per la sua somiglianza col Duce, Nino Poli; il
secondo, a una completamente sconosciuta allieva di una scuola di recitazione di Milano.
Né l’uno né l’altra vengono mai fatti vedere in faccia, perciò la loro recitazione è limitata ai
piedi e alla schiena. Ciò non toglie che a volte l’illusione sia ugualmente perfetta. […]
Il film termina facendo vedere il camion carico dei diciassette cadaveri che, seguendo una
fila di pioppi, si dirige verso Milano, verso Piazzale Loreto. È l’alba del 29 aprile e la visione
di questo tragico fardello umano suggerisce il significato allegorico di tutta un’epoca che se
ne va per dar luogo a una nuova, che porti nuove speranze. Così, secondo tutte le
cronache, accadde nella realtà, e il film che la riproduce secondo una tecnica all’italiana di
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toni grigi, nudi, realistici, riesce a tratti assai suggestivo. I dialoghi sono ridotti
all’essenziale. Il commento musicale è incalzante e basato su un tema che si ripete come
un leitmotiv alla Terzo uomo. La ricostruzione dei luoghi e delle date è stata veramente
lodevole, grazie non soltanto al comunicato a suo tempo diramato dal Ministero degli
Interni e ai vari scritti pubblicati, ma anche alle testimonianze degli abitanti lungamente
interrogati. Nessuna polemica emerge da questo film, il cui scopo è stato puramente
commerciale alla maniera di un sensazionale “fumetto”. Naturalmente la cosa arrivò alle
orecchie della famiglia Mussolini che, Rachele in testa, inviò una diffida alla Casa
produttrice avvertendola di guardarsi bene dall’alterare i fatti. Ma nessuno si era mai
sognato di farlo. Era proprio con la scrupolosa osservanza dei fatti che i produttori si erano
messa la coscienza a posto e meglio di così non si poteva fare. La censura però, dopo aver
tuttavia approvato tacitamente soggetto e sceneggiatura, pose il veto. Ora vedremo se,
come pare, si è decisa a ricredersi. Certo è che gli improvvisati produttori di questo film
difficilmente si occuperanno ancora di industria cinematografica.” C.F.
RIAPPARIZIONI E SPARIZIONI DI UN FILM
Scheda catalogo del 7° Festival Cinema Giovani, 1989
Il neorealismo in cinquanta film
Una ricostruzione della fuga, dell'arresto e dell'esecuzione di Benito Mussolini, Claretta
Petacci e dei gerarchi fascisti realizzata nei luoghi dove si svolsero i fatti. Su questo film,
mai uscito pubblicamente e che non ha mai ottenuto il nulla osta di circolazione, non esiste
ovviamente alcuna documentazione critica. Nel giugno 1951 fu tuttavia pubblicato e messo
in vendita a Milano un fascicolo, intitolato Dongo!, che annunciando l'imminente uscita del
film ne pubblicava "200 fotografie" come illustrazioni a una drammatizzata narrazione
giornalistica degli ultimi giorni di Mussolini. Esiste inoltre un testo dattiloscritto anonimo
risalente al 1953 che ripercorre le vicende produttive e giuridiche del film nella forma di un
articolo d'appoggio per aiutare l'uscita del film stesso e denunciarne il presunto
boicottaggio operato dalla burocrazia e dalla politica "romane".
È sulla base di tali documenti e della testimonianza, pur velata a distanza di tempo da
alcune dimenticanze, del produttore Ugo Zanolla, che sono state compilate le note
informative che seguono.
Le riprese di Tragica alba a Dongo iniziarono nel 1949 su iniziativa di due ex partigiani e
successivamente agenti del PWB americano, Ugo Zanolla e Emilio Maschera, facenti parte
all'epoca di una banda che agiva nella zona degli avvenimenti ma separatamente da quella
che condusse le operazioni di arresto del duce. Si incaricarono della regia e della
sceneggiatura due giornalisti di cui non si conoscono altre esperienze cinematografiche
mentre era un professionista l'operatore Duilio Chiaradia. "Neorealisticamente" non
professionisti furono anche gli attori, ma con una curiosa particolarità: erano in molti casi
gli stessi che avevano partecipato ai fatti: alcuni dei partigiani che avevano arrestato
Mussolini e Claretta Petacci, un soldato tedesco che faceva parte della colonna in fuga e i
coniugi De Maria presso cui i due prigionieri avevano passato la loro ultima notte di vita. Il
film, realizzato evidentemente con tecniche e tempi più amatoriali che professionali,
doveva essere pronto già nel 1950. In quell'anno furono fatti comunque vari passi per
dargli una identità giuridica: dichiarazione di "inizio lavorazione", presentazione della
sceneggiatura per l'approvazione preventiva, presentazione del film finito al Ministero per
l'ottenimento del visto di censura. Nel frattempo tuttavia oltre alle pratiche ufficiali vi
sarebbero stati vari contatti informali fra la produzione, la Prefettura di Milano e la
Presidenza del Consiglio per "trattare" il problema di un soggetto giudicato ancora
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pericoloso, e che forse rivelava episodi poco graditi. Il primo parere della Commissione di
censura fu comunque negativo sulla base del R.D. 24/9/1923 e cioè per motivi di "ordine
pubblico". Il film fu ripresentato alla Commissione d'appello, presumibilmente in una
versione accorciata di alcuni minuti e da cui erano state eliminate le allusioni più sgradite,
ma pare che la pratica restasse insabbiata per almeno due anni, fino cioè all'aprile 1953
quando in occasione delle elezioni politiche si pensò che il film potesse ritrovare motivi di
interesse.
Fu infatti proprio in questa circostanza che la Commissione di revisione invitò con un
telegramma la produzione a ripresentare copia del film per un nuovo esame. Non è chiaro
a questo punto se il film rimase ancora bloccato perché ritenuto ancora pericoloso, o per il
motivo opposto (forse era diventato invece inoffensivo e politicamente non utilizzabile) o
per semplici ragioni di mercato, derivanti da una lunghezza anomala e da una mediocre
qualità spettacolare. Non è nemmeno chiaro se il visto di censura fu ancora negato o se i
due improvvisati produttori semplicemente si stancarono di sollecitarlo ulteriormente. Il
foglio dattiloscritto sopra citato, unico documento d'epoca, ricorda solo "la tragicommedia
di due uomini pacifici che non volevano essere produttori cinematografici e che in effetti,
dopo questa esperienza, giurano solennemente che non lo faranno mai più". Il giuramento
fu mantenuto e il film è rimasto per oltre 35 anni, e fino ad ora, nel magazzino di uno di
loro.
A. F. (Alberto Farassino)
Articolo del 19 giugno 2010 di Elena D’Ambrosio.
Quel film sul duce caduto nell'oblìo.
Il nostro giornale alla fine del 2009 ha condotto un'inchiesta circa un misterioso fascicolo
pubblicato nel 1951 e intitolato "Dongo", una raccolta di 200 fotografie sulla fuga, l'arresto
e l'esecuzione di Mussolini, della Petacci e dei gerarchi fascisti. Sono state formulate
diverse ipotesi su queste immagini. Ora sappiamo per certo che Dongo fu una sorta di
"promo" per il lancio di un film che poi non uscì nelle sale cinematografiche e sparì nel
nulla. Si tratta di "Tragica alba a Dongo".
"La Provincia" ha trovato la pellicola: la custodisce la Cineteca Nazionale di Roma e una
copia è posseduta dall'Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino.
Ricostruiamo in dettaglio la vicenda davvero singolare di questo film rimasto a lungo
nell'ombra. A riaprire la questione è stata innanzitutto la casuale lettura di un articolo
pubblicato il 6 giugno 1953 sul periodico "Tempo", dal titolo: «La morte di Mussolini in un
film che non si è mai visto». Il film è, appunto, "Tragica alba a Dongo", realizzato tre anni
prima proprio negli stessi luoghi dove si svolsero i fatti. La pellicola - rivela il rotocalco bloccata dalla censura nel 1951, si apprestava ad essere sottoposta di nuovo, in sede
d'appello, al giudizio della Commissione di revisione cinematografica. La rivista pubblica
anche alcuni fotogrammi del film che risultano praticamente identici alle foto comparse sul
fascicolo Dongo.
(Estratto dall'articolo di Elena D'Ambrosio, pubblicato nell'edizione de "La Provincia" del 20
giugno)
TRAGICA ALBA A DONGO - RASSEGNA STAMPA 2015
Rassegna stampa relativa alla presentazione in anteprima del restauro nell’ambito del 33°
Torino Film Festival, a cura di Veronica Geraci, Responsabile Ufficio Stampa del Museo
Nazionale del Cinema. [scaricabile da www.museocinema.it/museo_e_scuola.php?id=29]
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