AGENDE21 LOCALIITALIANE
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Per informazioni:
Indice -
“Globalizzazione e vita delle donne”
Saluti di Maria Pia Brunato Assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Torino
Saluti di Beppe Gamba Assessore allo Sviluppo Sostenibile e alla Pianificazione Ambientale
della Provincia di Torino
Introduzione di Laura Cima Consigliera di Parità della Provincia di Torino
1.
2.
Linda Laura Sabbadini - Direttore centrale ISTAT
Viviana Spadoni - Ministero dell'ambiente
TAVOLA ROTONDA
Moderatore: Laura De Donato - Giornalista
3.
Bianca Pomeranzi - Esperta del Ministero degli Affari Esteri: tematiche di genere e sviluppo
4.
Daniela Colombo - Presidente A.I.D.O.S. (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo)
5.
Aitanga Giraldi - Responsabile Politiche Pari Opportunità CGIL
6.
Patrizia Germini - Coordinatrice Nazionale C.N.I.F., Confesercenti
7.
Mara Rumiz - Presidente del Consiglio Comunale di Venezia
8.
Grazia Francescato - Co-portavoce dei Verdi Europei *intervento non corretto
9.
Maria Paola Azzario Chiesa - Presidente Centro UNESCO di Torino
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Primo
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
Laboratorio
Laura Franzos - Componente del Comitato Pari Opportunità INAIL
Teresa Bruneri - Coordinatrice del progetto "gender budgeting" Provincia di Genova
Paolo Natali - Dirigente Settore Ambiente Provincia di Bologna
Elisabetta Parisi - Fondazione per l'Ambiente Teobaldo Fenoglio, di Settimo Torinese
Maria Merelli - Lenove Studi e Ricerche Sociali S.r.l.
Claudia Rossi - Coordinatrice Commissione Pari Opportunità Cooperativa Toscana Lazio
Michele Zaffino - Responsabile di gestione ambientale del Consorzio Ambientale Castello
di Lucento
Massimo Marino - Esperto di organizzazione del sistema di gestione ambientale
Sintesi a cura di Carlo Luison - Consulente di Responsabilità Sociale delle Imprese e segretario
del Gruppo di Studio sul Bilancio Sociale
Secondo Laboratorio
17.
Silvia Macchi - Università di Roma "La Sapienza"
18.
Fanny Di Cara - Comune di Prato
19.
Pamela Meier - Assessore alla Viabilità della Provincia di Bologna
20.
Caterina Ruggeri - Assessore Pari Opportunità Comune di Cremona
21.
Luca Palese - Dirigente Settore Tempi e Orari della Città di Torino
22.
Aurora Tesio - Presidente IX Commissione Consiliare alle Pari Opportunità della Provincia
di Torino
23.
Victoria Franzinetti - Presidente del Comitato Pari Opportunità dell'Università degli Studi
di Torino
Sintesi a cura di Carlo Socco - Politecnico di Torino
Terzo Laboratorio
24.
Angela Calvo DEIAFA - CIRSde - Università degli Studi di Torino
25.
Armando Quazzo - Hydroaid - Scuola Internazionale dell'acqua per lo sviluppo
26.
Rosina Rondelli - Centro Triciclo
Paolo Romano - Amministratore Delegato Smat, Società Metropolitana Acque Torino
27.
28.
Silvano Ravera - Direttore Generale Autorità d'Ambito 3 Torinese
Sintesi a cura di Laura Cima - Consigliera di Parità della Provincia di Torino
globalizzazione e vita delle donne
Saluti delle autorità
Maria Pia BRUNATO Assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Torino
L'Assessore Maria Pia Brunato, anche a nome del Presidente della Provincia di Torino Mercedes
Bresso, saluta tutti i partecipanti al convegno pensato come una giornata di riflessione sulle politiche al femminile e su Agenda 21; ringrazia per la presenza Aurora Tesio Presidente della IX
Commissione Pari Opportunità e la Commissione Ambiente.
Beppe GAMBA Assessore allo Sviluppo Sostenibile della Provincia di Torino
Il mio compito è di portare, assieme ai saluti, un contributo rispetto a quello che è stato il percorso che noi abbiamo seguito nella pianificazione e realizzazione dei progetti di Agenda 21.
Chi ha seguito le vicende torinesi dal '95, si ricorda che il programma di governo dell'amministrazione provinciale di allora aveva come titolo "Lo sviluppo sostenibile di una Provincia
Europea", titolo che alcuni ritennero pomposo ed eccessivamente metaforico. In realtà, quel titolo non aveva solo una funzione di marketing elettorale per portare voti e poi lanciare un programma di governo "visibile".
Quel titolo aveva invece un profondo significato: rappresentava la consapevolezza del fatto che
l'area torinese avesse delle specificità e delle vocazioni che potevano essere sfruttate pienamente solo e nella misura in cui fossimo stati capaci di inserire la nostra azione amministrativa
e le politiche per lo sviluppo all'interno delle grandi correnti di modernizzazione e di innovazione della politica e dell'economia che, in Europa, erano all'ordine del giorno.
Contemporaneamente queste politiche non potevano non basarsi su un criterio, un principio e
un approccio di sostenibilità ambientale e sociale, oltre che evidentemente economica.
Noi abbiamo voluto lavorare molto e con metodo allo sviluppo di un piano d'azione per lo sviluppo sostenibile, al progetto Agenda 21; perciò solo nel 1998, dopo tre anni, siamo partiti concretamente con l'adozione della carta di Aalborg, e l'Agenda 21 è diventata, nella nostra provincia,
una strumento di integrazione e contaminazione culturale di altre politiche locali, e per questo
motivo devo ringraziare per il sostegno oltre che la collega Brunato, Assessore alle Politiche e
alla Solidarietà Sociale, anche un collega che oggi non c'è, il collega Buzzigoli e il collega Marco
Camoletto, che sono stati in successione gli Assessori alle Attività Economiche e che hanno
curato patti territoriali e l'utilizzo sul territorio dei fondi strutturali.
La collaborazione che è nata, con il loro accordo, sui tavoli dei patti territoriali, ha fatto si che
questi tavoli fossero sede di discussione degli investimenti pubblici e privati ma anche sede di
concertazione per l'adozione nell'azione concreta dei criteri di sostenibilità ambientale e sociale
e di condivisione degli obiettivi di equità sociale e di genere. Quei patti territoriali sono stati integrati, a un certo punto, da un vero e proprio protocollo concernente la sostenibilità ambientale,
sociale e di genere degli interventi, accordo sottoscritto dai diversi attori quali le imprese, le banche, le istituzioni locali, i consorzi pubblici e i consorzi privati.
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Beppe GAMBA Assessore allo Sviluppo Sostenibile della Provincia di Torino
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Non possiamo certo sostenere di avere orientato alla sostenibilità ambientale, sociale e di genere tutti gli investimenti per lo sviluppo del nostro territorio; però una buona parte dei 62 progetti
nei piani di investimenti ambientali, che comprendono i 27 progetti nati in seno all'Agenda 21,
hanno introiettato gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale di genere e questo rappresenta un precedente positivo che ora può essere replicato in sequenza.
Ad esempio: nella rimodulazione dei fondi strutturali che sta procedendo in queste settimane,
cioè la ridestinazione in seconda battuta dei fondi non utilizzati oppure derivanti da economie, i
partecipanti ai tavoli di concertazione hanno richiesto al team di Agenda 21 di produrre criteri
"ambientali" per la selezione dei progetti, ossia di trasformare il protocollo di sostenibilità
ambientale, sociale e di genere in criteri per la selezione che dovranno essere adottati dalle banche. Sono parziali ma importantissimi segnali di successo di una politica.
Non possiamo dire che il progetto Agenda 21 abbia raggiunto il 100% degli obiettivi, ma come
tutti i processi sociali è un lavoro in corso: infatti, si tratta di un processo ormai avviato sul territorio, un percorso condiviso da attori sociali, economici e istituzionali che non riguarda solo più
l'istituzione Provincia.
Sono molto contento che lungo questo percorso, a un certo punto, le donne che partecipavano
a vario titolo ai tavoli di concertazione, cioè le imprenditrici, amministratrici pubbliche, esperte e
animatrici, abbiano posto all'attenzione il tema dell'equità di genere. Tema che non era stato proposto dal team di Agenda 21 ma è sorto nel corso della discussione: considero questo fatto un
segno di vitalità del nostro processo, perché è cresciuto dal basso, è stato accolto e ha prodotto progetti concreti per favorire la partecipazione delle donne e la presenza del punto di vista
femminile nella programmazione.
Molte delle azioni del team Agenda 21 contengono oltre alla variabile ambientale anche quella di genere, e in particolare alcuni progetti sono specificatamente puntati a raggiungere quegli obiettivi di promozione del ruolo e della presenza delle donne nel mondo economico, e
nelle attività sociali, in coerenza con le politiche di promozione dell'equità di genere o delle
pari opportunità. Ciò non vuol dire che è stato fatto tutto e c'è ancora bisogno di politica, c'è
ancora bisogno di partecipazione, c'è bisogno di lavoro e che le amministrazioni continuino a
fare, nei prossimi mandati, la loro parte di sostegno e di promozione a questi temi, a questi
processi.
L'ultima annotazione che voglio fare è descrivere un po' il quadro italiano-europeo dell'Agenda
21. L'Italia è partita in ritardo, rispetto ad altre aree europee, nello sviluppo e nella partecipazione delle città ai processi di Agenda 21; poi ha recuperato rapidamente grazie a due diversi stimoli: da un lato la nascita del Coordinamento italiano delle città e delle province che sviluppano un Agenda 21 locale, e dall'altro il supporto che il Ministero dell'Ambiente ha fornito nel periodo 1999-2001 alle amministrazioni locali impegnate in questi processi.
Oggi siamo il paese europeo con il maggior numero di Agende 21; anche se da un punto di vista
dei risultati la realtà è diversa dai numeri, poiché ci sono situazioni avanzatissime e altre ancora a uno stadio iniziale, si tratta comunque di una realtà in grande movimento.
Ciò che differenzia l'Italia dal resto d'Europa, soprattutto del nord Europa, è che le Agende 21, i
processi di sviluppo sostenibile, i piani d'azione sostenibili italiani sono molto più caratterizzati
dal punto di vista ambientale, cioè tendono ad essere molto "verdi", e tendenzialmente si pongono un po' meno l'obiettivo della integrazione delle variabili sociali ed economiche nella loro
elaborazione.
Questo perché nascono connotate ideologicamente e culturalmente: l'Agenda 21 è spesso lo
strumento d'azione del solo Assessore all'ambiente e non di tutta l'amministrazione, Sindaco in
primis, diversamente da come avviene nelle altre città europee.
Nel resto d'Europa, le Agende 21 sono nate, per lo più, su spinta di gruppi locali, talvolta da soggetti economici e non solo su proposta dell'amministrazione locale, dell'istituzione. Il fatto che le
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Agende 21 siano nate dal basso, spesso da associazioni di volontariato, da gruppi politici,
ambientalisti, o da comitati di quartiere, o da gruppi di imprenditori, ha fatto sì che le tematiche
sociali siano state ampiamente considerate: ciò rende queste esperienze particolarmente interessanti tanto da poterne ricavare degli spunti da adattare alle nostre situazioni locali.
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globalizzazione e vita delle donne
Laura CIMA Consigliera di Parità della Provincia di Torino
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Ho parlato stamattina con Paolo Soprano del Ministero dell'Ambiente, che si scusa con tutte voi
per non esserci, dà la totale disponibilità e mi incontrerà personalmente nella prossima settimana.
Qui ci sono rappresentanze da tutta Italia, ringrazio tutte voi che avete creduto in questa iniziativa:
siamo tante, tanto è vero che abbiamo predisposto altre due sale perché in questa non ci stiamo
tutte.
Questo è un primo momento di confronto sui due aspetti di Agenda 21: il primo è quello che ha
dato il titolo a questa iniziativa "Globalizzazione e vita delle donne", e che riprende il convegno
fatto a Roma dalla commissione pari opportunità, dopo Johannesburg, riguardante la situazione
internazionale. Il secondo che riguarda Agenda 21 locale ha avuto inizio a Venezia, come ci racconterà la presidente del consiglio comunale di Venezia Mara Rumiz che finora ha tenuto questo
raccordo nazionale con noi. I due aspetti - che sono anche rappresentati dalle due sessioni del
mattino e del pomeriggio- sono entrambi importanti e vanno considerati insieme, perché Agenda
21, se non è vista solamente come un'agenda verde, è un contenitore che può avere dentro progetti di cooperazione decentrata. Quindi a noi interessa molto che in questa situazione drammatica nel mondo, le donne negli enti locali, le associazioni di donne, i comitati di pari opportunità si
muovano anche verso la cooperazione decentrata, tenuto presente che quella centralizzata vede
ogni anno ridotti i finanziamenti in finanziaria. Troverete nella cartellina tre allegati significativi.
Il primo è uno studio del WWF che analizza come la crisi ambientale, con i cambiamenti climatici,
si stia rapidamente aggravando. Ricordo che quando ho cominciato a fare politica, sembrava che
il problema ambientale avrebbe avuto conseguenze gravi sulle generazioni future; invece il clima
si sta modificando a una tale velocità, vedete come sta cambiando il clima estate e inverno in tutto
il mondo, senza più stagioni intermedie e con una estremizzazione anche nelle regioni che erano
temperate. Ci rendiamo quindi conto che stiamo assistendo nella nostra generazione a una crisi
profonda del pianeta che non sappiamo che conseguenze avrà.
Il secondo allegato è la conferenza stampa che ha fatto il PAM (Piano Alimentare Mondiale) per
quanto riguarda il peggioramento della situazione nel mondo per fame e malattie: negli incontri con
la FAO risulta evidente che gli obiettivi del millennio, che si trovano nel terzo allegato, inerenti la
necessità di tagliare drasticamente il numero delle persone che non hanno accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari non si stanno realizzando; mentre nel contempo aumentano i problemi di
siccità. Anche da noi, quest'estate, abbiamo avuto il problema dell'acqua con il Po e il black out.
Inoltre tutta la situazione internazionale è drammatica, sia per le due guerre in poco tempo, sia per
il terrorismo, i fondamentalismi e l'inquinamento dovuto all'incendio continuo dei pozzi; e poi le
bombe ad uranio che hanno già provocato morti e malattie gravi, e l'inquinamento dell'acqua nel
suolo. La situazione è ancora più grave se si guarda alla grave crisi degli organismi internazionali che avrebbero dovuto garantire un processo di miglioramento, primo fra tutti l'ONU. L'ONU ha
perso credibilità a causa della spaccatura che si è verificata a livello internazionale e con l'intervento in Iraq, da cui poi si è ritirato. Anche l'Unione Europea ha attraversato una grave crisi e il
WTO è fallito clamorosamente nell'ultimo vertice che si è tenuto a Cancun. Infine, la Banca
Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale sono criticatissimi in tutto il mondo, in quanto sono
ritenuti responsabili di alcune crisi mondiali come quella dell'Argentina, e comunque le loro politiche non hanno portato alla riduzione del divario di ricchezza. La crisi dell'attuale modello di sviluppo è evidente anche in Italia, vediamo Cirio e Parmalat che sono aziende non a caso alimentari,
ma c'è anche la crisi della Fiat e dell'auto che è considerata ormai da anni responsabile degli inquinamenti delle città e dell'invasione degli spazi urbani. Sono crisi legate chiaramente al modello di
sviluppo non compatibile: creano disoccupazione crescente, lavori precari in nero, immigrazione,
ecc.; in tutto questo processo sostengo che le donne hanno già un ruolo fondamentale nei luoghi
decisionali, ruolo che devono potenziare sempre più per poter invertire questo modello di sviluppo. Agenda 21 può essere il luogo dove possiamo misurare il nostro empowerment e la nostra
capacità di mainstreaming che contribuisca a ricercare uno sviluppo sostenibile. In ogni istituzioni
presentazione
Globalizzazione e vita delle donne
si può coinvolgere in Agenda 21, il sindaco, il presidente della giunta, quasi tutti gli assessorati che
sono in qualche misura toccati dal problema dello sviluppo sostenibile. E ovvio che il ministero dell'ambiente deve privilegiare queste politiche.
Primo. Sono stanziati troppi pochi fondi per le Agende 21 locali: c'è stato un bando nel 2002, nel
2003 non c'è stato il bando e non si sa quando sarà il prossimo. Mi pare che il bando del 2003
abbia visto concorrere più di 800 progetti quindi ha suscitato molto interesse. E' necessario uno
stanziamento di finanziamenti molto più significativo di quello che si è avuto finora, e che ogni anno
venga presentato un bando.
Secondo. Nei criteri di valutazione dei bandi, ho chiesto che fosse esplicitato un criterio di genderequality come esiste negli altri progetti, è ricordato dalle direttive europee, è attuato in Provincia di
Torino. La richiesta che facciamo al ministero è che attui un criterio di gender-equality nella valutazione dei progetti.
Terzo. E' necessario trovare iniziative che favoriscano e premino il buon lavoro delle donne in
Agenda 21. Potrebbe essere una pubblicazione di buone pratiche, come aveva fatto a suo tempo
nella pubblica amministrazione l'allora ministro Bassanini; oppure un premio per i progetti che
mirano a un cambiamento qualitativo nella vita delle donne.
Se questi tre punti non vengono attuati, avendo finito la prima fase del monitoraggio previsto da
Agenda 21 locale e dovendo passare alle azioni pratiche (come abbiamo fatto in Provincia di
Torino) c'è il rischio che dalle altre parti si fermi tutto. Come il Ministero dell'Ambiente ha misurato
quanta sensibilità il monitoraggio ha portato nei cittadini, negli operatori sociali, negli amministratori locali, su queste tematiche? Questa è una verifica da fare, e per questo ho chiesto all'ISTAT di
venire a parlare dei dati acquisiti, tenendo però presente che, nonostante l'iniziativa della ministra
di pari opportunità Laura Balbo e ripresa da me in questa legislatura, l'Italia non ha ancora una
legge sulle statistiche di genere: risulta quindi difficilissimo avere dati relativi a quante donne sono
interessate, quante si muovono e hanno cambiato la loro vita rispetto all’attuazione di azioni di
Agenda 21.
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Linda Laura SABBADINI Direttore Centrale ISTAT
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La disponibilità delle informazioni statistiche in un'ottica di genere, al fine della valutazione
della sostenibilità di genere costituisce un tema fondamentale affrontato a livello nazionale e
internazionale. Oggi attraversiamo una fase di forte criticità, non solo in Italia. Il problema di
portata internazionale, è quello delle statistiche di genere: il rischio è l'arretramento su questo terreno perché si investe sempre di meno nei fondi da dare alla statistica ufficiale e quando ci sono tagli da apportare queste sono le prime statistiche che vengono tagliate. Anche a
livello internazionale, l'ufficio statistico dell'ONU ha ridotto i fondi da assegnare alle statistiche
di genere.
E' evidente che ciò incide sulla possibilità di avere dati adeguati per le politiche, se mancano
i dati, non si può valutare l'impatto delle politiche in un'ottica di genere. D'altro canto alcune
statistiche sono regolamentate per legge, altre invece no; nel momento in cui gli istituti nazionali di statistica si trovano a dover fare la graduatoria delle statistiche da tagliare, diventa
quasi scontato che le statistiche non tutelate per legge, come quelle di genere, vedono tagliati i loro fondi.
Quando si parla di globalizzazione si affronta un'ottica di sostenibilità anche di genere. A livello internazionale si pone il problema degli effetti di questi processi: il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, in termini di lavoro, di povertà ecc. In Italia è importate riflettere su ciò che sta accadendo. Rispetto alla condizione sul lavoro vista in un'ottica di genere,
va sottolineato il fatto che, negli ultimi 10 anni, la condizione femminile è notevolmente migliorata: 1.200.000 donne sono entrate ex novo nel mercato del lavoro. Abbiamo assistito ad un
inserimento massiccio in tutti i settori, trainato dal dei servizi. Non esiste più lo stereotipo della
donna come coadiuvante nell'agricoltura, o che fa il lavoro all'interno della pubblica amministrazione solo la mattina. Si sono sviluppate varie tipologie di lavori, con tanti orari: ci sono
donne che fanno il lavoro notturno, donne che fanno il lavoro serale, o quelle che lavorano a
turni, sono circa 600.000-700.000.
Parallelamente a questo processo importante di crescita dell'occupazione femminile, è
aumentato il lavoro a tempo determinato, soprattutto nelle fasce giovanili. L'Italia è stata
caratterizzata da buoni tassi di transizione verso il lavoro a tempo indeterminato che hanno
garantito una certa sostenibilità da un punto di vista delle condizioni complessive della donna.
Bisognerà vedere cosa succederà in futuro: i tassi di transizione da lavoro a tempo determinato a indeterminato continueranno ad essere elevati? Se così non sarà, ovviamente, si
avranno delle pesanti conseguenze, soprattutto nella fase della vita anziana a causa dello
spezzettamento della carriera lavorativa, situazione che si verificherà con più frequenza nel
segmento delle donne.
Due mondi completamente diversi sono emersi in questi anni: di questo milione e 200.000
donne inserite nel mondo del lavoro, un milione vive al centro-nord Italia. Nel centro-nord
Italia è cambiato completamente il quadro complessivo: le donne lavorano sempre di più; nel
sud Italia le difficoltà continueranno a permanere, ma emerge una pressione sul mercato del
lavoro da parte delle donne del sud che sono sempre più istruite e che cominciano a comportarsi sempre di più come quelle del centro-nord. Si tratta di una situazione in cui i bisogni convergono decisamente ma non altrettanto le opportunità, sia quelle di lavoro, che per le donne
al sud sono minori perché devono competere con gli uomini nella ricerca di una occupazione, sia quelle da parte dei servizi.
Infine, le donne del sud sono più svantaggiate perché prive di una rete di aiuto familiare: le
donne lavoratrici con figli piccoli del centro-nord, in particolare nel Veneto e nell'Emilia
Romagna, sono fortemente sostenute dai propri genitori. Al sud, dove le donne che lavorano
sono di meno, le lavoratrici hanno più figli di quelle del nord e hanno meno sostegno, sia dai
servizi sociali, sia dalla rete familiare che qui è impegnata soprattutto nel sostegno degli
anziani. Le donne lavoratrici del sud, infatti, si trovano a dover supportare i genitori anziani
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
che stanno in peggiori condizioni di salute rispetto a quelli del nord. A tutto questo si aggiunge che nel nord-est è più diffuso il lavoro part-time, formula che favorisce la conciliazione tra
i tempi di lavoro e i tempi di vita. Nel sud la situazione della donna lavoratrice presenta maggiori criticità; la crescita dell'occupazione femminile c'è stata nonostante tutto, ma è avvenuta
a scapito di un sovraccarico di lavoro familiare e di lavoro extra-domestico.
In terzo luogo, la crescita del lavoro femminile è stato un elemento di protezione dalla povertà: se cresce il lavoro femminile, questo protegge le donne e le loro famiglie dal rischio di
povertà.
Oggi esistono diversi tipi di povertà. Oltre alla povertà degli anziani e quella delle famiglie
numerose, emerge un rischio di povertà anche per le famiglie delle persone che lavorano
(working-poor). Alcune tipologie di famiglie con capofamiglia donna sono più esposte al
rischio di povertà: le famiglie di anziane sole, le monogenitore (pochissimi sono i casi di
monogenitore maschio), e il rischio di povertà per le famiglie guidate da donne è più alto nei
grandi centri.
Nelle famiglie in cui è solo la moglie ad essere disoccupata, il rischio di povertà è del 12,3%;
nella situazione inversa, in cui è solo il marito a non lavorare, il rischio di povertà arriva al
28,8%. E' quindi evidente la minore capacità reddituale della donna rispetto agli uomini, e ciò
è confermato anche a parità di titolo di studio.
Per quanto riguarda le tematiche ambientali, da quanto emerge dalle rilevazioni statistiche,
l'ambiente non è una dimensione che i cittadini italiani ritengono prioritaria tra i problemi del
paese. I problemi ritenuti prioritari, in ordine di importanza, sono: la disoccupazione, la criminalità, l'immigrazione, l'inefficienza del sistema sanitario, la povertà, e al 6° posto l'ambiente
(21% delle preferenze). I soggetti più sensibili al tema dell'ambiente sono le ragazze dai 14 a
19 anni, che collocano l'ambiente al 3° posto.
La cosa interessante è che,dal 1998 ad oggi, si registra una sensibilità crescente verso i problemi dell'ambiente. Nell'arco di soli 4 anni l'importanza che viene data alla tematica ambientale è cresciuta di ben 5 punti percentuali. In generale, i dati evidenziano la presenza di un
segmento molto motivato nei confronti delle problematiche ambientali, costituito dalle ragazze tra i 14-17 anni (21%), un altro segmento non particolarmente motivato, ma comunque
interessato (15%), e una gran massa di popolazione che non si sente coinvolta in questo tipo
di tematiche.
Se analizziamo i dati raccolti per grado di istruzione degli individui, possiamo osservare che
ben il 65% di coloro che hanno un titolo di studio medio-alto (diploma o laurea) ha un interesse verso le tematiche ambientali, indipendentemente dal sesso e la classe di età. Chi si
interessa all'ambiente, lo fa soprattutto attraverso i media (tv, radio, giornali), mentre per i giovani il canale di informazione è più spesso la scuola. Tra gli interessati, il 5% si attiva e partecipa alle iniziative di tipo ambientale, e anche in questo caso il dato cresce per le ragazze
tra i 14 e i 19 anni .
In generale, i cittadini dichiarano che i problemi ambientali non vengono affrontati in modo
adeguato e ciò a partire dall'informazione che danno i media su queste tematiche. Alla domanda: "quali sono i soggetti che possono cambiare qualcosa?", nel 68% dei casi, gli intervistati
individuano i cittadini stessi, al secondo posto seguono il governo, il parlamento e gli enti locali; al 3° posto vengono collocate infine le imprese (34,4%). I cittadini indicano come grosse
emergenze ambientali: l'effetto serra, il buco nell'ozono, l'inquinamento dell'aria, l'inquinamento dell'acqua, la produzione e lo smaltimento di rifiuti, i cambiamenti climatici, il dissesto
idrogeologico, la distruzione delle foreste.
Le giovani fortemente motivate collocano ai primi posti nella graduatoria i problemi dell'estinzione delle specie animali, dell'esaurimento delle risorse naturali, problemi che invece sono
considerati meno allarmanti dal complesso dei cittadini. La classifica dei problemi presenti
globalizzazione e vita delle donne
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Linda Laura SABBADINI Direttore Centrale ISTAT
nelle zona dove vivono i soggetti intervistati riguarda in ordine: il traffico eccessivo, l'inquinamento dell'aria e quello sonoro. Al 4° posto della classifica si posiziona la sporcizia delle strade, segnalata sia come problema collegato al comportamento dei cittadini, sia come conseguenza della disfunzione dei servizi di raccolta dei rifiuti.
Queste informazioni sono particolarmente preziose per capire alcuni aspetti della sostenibilità di genere. E' fondamentale che si ripeta la rilevazione sulla percezione e i comportamenti
ambientali per tenere sotto monitoraggio la situazione.
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globalizzazione e vita delle donne
Viviana SPADONI Ministero dell’Ambiente
Nell'ambito della nostra società, la sensibilità verso le tematiche ambientali sta crescendo in
maniera evidente; tale trend per quanto riguarda l'argomento "Agenda 21 Locale" è attestato
anche dal successo ottenuto dai bandi di Agenda 21 Locale, emanati dal Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio, che sia nella prima edizione, che nella seconda edizione hanno avuto
una risposta massiccia attraverso la presentazione di numerosi progetti, relativi a programmi di
Agenda 21 Locale.
Il problema grave è purtroppo la mancanza di appoggio ai programmi Agenda 21, quando si verificano i tagli ai capitoli di spesa; le risorse di bilancio, infatti, sono calate considerevolmente ed i
progetti di Agenda 21 Locale non possono contare per il futuro su finanziamenti pubblici. Tutti questi problemi uniti allo spaccato che ha autorevolmente e chiaramente delineato la Dott.ssa
Sabbadini potrebbero trovare, non dico delle soluzioni, ma una giusta collocazione all'interno dei
percorsi di Agenda 21 Locale, in programmi e obiettivi intermedi, quindi nella creazione di servizi
e nel passaggio da un programma ad un piano di azioni ed alla conseguente sua realizzazione.
Mi vorrei ricollegare anche a quanto è emerso dalla relazione del Dott. Gamba e da quella dell'On.
Cima: è vero che i progetti di Agenda 21 Locale hanno una maggiore possibilità di successo quando sono sostenuti dalle istituzioni e quando nascono dal basso, cioè come sono nati negli altri stati
in Europa. Abbiamo degli esempi di questo genere anche nel nostro Paese laddove il "forum" una
volta creato, va avanti indipendentemente dall'alternanza dei mandati politici e quindi dall'alternanza dei vari sindaci e delle istituzioni specifiche.
Le istituzioni siamo noi, non solo come cittadini ma anche come lavoratori all'interno delle istituzioni stesse; la nostra missione è quella di portare avanti, chiaramente, ciò per cui siamo stati formati e, di conseguenza il nostro credo è cercare di pervenire, di raggiungere l'obiettivo preposto.
Volevo anche segnalare che, nel secondo bando di programmi di attivazione e attuazione di
Agenda 21 Locale, tra i criteri di valutazione sono stati accolti quelli attinenti ai principi della "gender equality", che è stato considerato uno dei temi cosiddetti trasversali individuati nel programma
per l'attuazione del Piano di Johannesburg; quindi rimane da attuare, nel momento in cui l'istruttoria sarà conclusa, un'eventuale indagine, in questo senso chiaramente statistica, attraverso un
monitoraggio. Inoltre, un documento consultivo sulla prima esperienza di Agenda 21 locale è abbastanza vicino alla conclusione e pubblicazione, e sarà realizzabile con l'economia scaturita a
seguito della chiusura dei progetti di Agenda 21 Locale, tra cui anche quello della Provincia di
Torino. Questo ci fa rilevare come effettivamente le donne, come è avvenuto in questo caso specifico, sappiano gestire le risorse in maniera proficua.
Infine, il problema delle pari opportunità si pone e non è da trascurare. Vorrei ricordare che il comitato per le opportunità, che funzionava precedentemente, è stato esclusivamente nominale, cioè
non ha avuto mai una ricaduta effettiva. C'è stato un tentativo di portare il "telelavoro" tra le innovazioni a livello contrattuale, che comunque finora non ha trovato attuazione; per quanto riguarda
il part-time, nell'ambito della mia struttura, devo dire che le donne ne fanno un discreto ricorso, ed
è anche vero che le stesse sono le meno rappresentate nelle sedi in cui si prendono le decisioni;
per quanto riguarda la mia esperienza, le donne sono estremamente coraggiose, vanno avanti
molto spesso al di là di quelli che sono i mandati effettivi perché trascinano il gruppo e producono
buoni risultati.
Il mio intervento era tarato su tutt'altro, era tarato su un genere di rielaborazione storica dell'incontro tra il principio delle pari opportunità e la tematica dello sviluppo sostenibile, ma a questo punto,
visto l'andamento della discussione ed il tempo, è venuta meno l'opportunità di andare ad indagare su tutto questo; abbiamo sentito che in generale c'è un andamento in senso migliorativo della
condizione della donna. Quindi, dobbiamo vedere il nostro futuro "più rosa", approfittando di quelle circostanze e di quei particolari eventi, in cui il riconoscimento della posizione e della capacità
della donna possano essere tradotte effettivamente anche in norme, ovvero in tutela, altrimenti la
parità sarà raggiungibile in modo assai difficile.
globalizzazione e vita delle donne
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Bianca POMERANZI Esperta del Ministero Affari Esteri
Le tematiche di genere nel sistema ONU dopo la Millenium Declaration
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Vorrei ringraziare gli organizzatori del convegno sia per avermi invitata sia per avere pensato a
questo tipo di verifica sulle finalità di Agenda 21. Il tema della globalizzazione e vita delle donne è
stato nell'agenda delle Nazioni Unite per tutti gli anni '90, e alla fine di questi anni ha subito un radicale mutamento. Ciò che è mancato, a parer mio, nelle relazioni precedenti, è stata una specifica
menzione della guerra: tutti hanno detto, da Linda Laura Sabbadini all'assessore, che mancano i
fondi per la qualità della vita, questi fondi per la qualità della vita vanno da un'altra parte, sono
impegnati per una scelta di governance che non è senz'altro quella a cui avevano lavorato le
donne a partire dalla Conferenza di Rio. Io credo che questo aspetto di crisi delle Nazioni Unite
abbia un notevole interesse per la qualità della vita delle donne che sono cresciute nel sistema
delle Nazioni Unite, e che qui sono arrivate ad identificare delle strategie politiche di grande rilievo, tipo l'empowerment ovvero la presenza di soggettività femminile in tutte le tematiche sociali, e
il mainstreaming ovvero una visione del mondo da parte delle donne. La crisi delle Nazioni Unite
è iniziata con la caduta del muro di Berlino, ed è proseguita con la guerra del Kossovo dichiarata
dalla NATO e poi con la seconda guerra del Golfo, infatti in entrambi i casi è venuto a mancare un
ruolo ordinatore delle Nazioni unite, che tuttavia rimangono un perno centrale nella strategia di una
"governance democratica" a livello globale. Questo cambia totalmente gli scenari ed ha un effetto
negativo nei confronti delle azioni di difesa dell'uguiaglianza tra uomini e donne e di empowerment
delle donne dei singoli paesi che era l'obiettivo iniziale dell'anno internazionale della donna del
1975. Infatti, quando negli anni settanta fu lanciata dal Comitato Economico e Sociale delle Nazioni
unite la "Strategia per lo Sviluppo Internazionale per il secondo Decennio delle Nazioni unite" la
tematica delle donne iniziò a fare parte della strategia complessiva . In questa fase il contributo
della Commissione sullo Stato delle Donne continuava a denunciare la discriminazione contro le
donne come un problema di diritti umani, anche se da parte delle economiste e delle attiviste delle
organizzazioni delle donne e delle associazioni di volontariato per lo sviluppo si iniziava a porre in
luce la connessione tra condizione delle donne e povertà dei paesi del Terzo mondo. Non è un
caso che l'economista neo-classica Esther Boserup sia considerata la fondatrice della materia
"donne e sviluppo" sin dalla pubblicazione del suo libro "Il lavoro delle donne" nel 1970. La
Boserup infatti pose l'attenzione sulla divisione dei ruoli lavorativi tra uomini e donne e quindi sottolineò come le donne, in particolare nei paesi del Terzo mondo, privi totalmente di politiche di welfare, svolgessero delle funzioni essenziali nell'economia informale e di sussistenza, facendo vedere come il mancato calcolo di queste attività economiche non consentisse la corretta valutazione
dell'economia di quei paesi. Quell'analisi prese il nome di "donne nello sviluppo" (WID- Women in
Development) è segno una svolta radicale nella politica delle Nazioni unite nei confronti delle
donne. Svolta che fu sancita dalla proclamazione dell'anno Internazionale delle Donne nel 1975 e
dalla prima Conferenza delle Nazioni unite sulle Donne del 1975 a Città del Messico. La materia
"donne e sviluppo" divenne immediatamente istituzionale perché la pressione esercitata dai paesi
nord europei, dall'interno del sistema ONU e la pressione dei movimenti delle donne all'esterno di
tale sistema ebbero un impatto molto forte. A questo indubbiamente contribuì la grande copertura
mediatica assicurata in tutti i paesi occidentali dal fatto che i primi anni settanta avevano visto la
nascita del neo-femminismo . Parimenti i paesi del Terzo mondo stavano affrontando la normalizzazione a livello nazionale e quindi avevano il problema di mettere in pratica le politiche emancipazioniste che erano implicite nella ideologia di quasi tutti i movimenti di liberazione. Città del
Messico quindi segna un grande punto di convergenza tra le donne di tutto il mondo, che hanno
preso la parola nello spazio pubblico e nelle istituzioni .
Dopo città del Messico le Nazioni unite iniziano a finanziare progetti per le donne. Nel 1979 viene
firmata la CEDAW che è un pezzo forte di diritto, che tendeva a riconoscere la sovranazionalità
delle discriminazioni di sesso. Da allora e per circa venti anni si è avuto una crescita del sistema
delle politiche di genere in sede ONU. Crescita che ha trovato il suo punto più alto nella
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Conferenza ONU sulle donne di Pechino del 1995, che segna attraverso il riconoscimento della
centralità delle tematiche di genere nella politica , della necessità della promozione delle donne in
ogni società e della piena attuazione dei diritti delle donne come diritti umani , la centralità delle
donne nella globalizzazione. Di fatto, le Conferenze delle Nazioni unite negli anni novanta hanno
indicato le donne come "soggetti attivi" dello sviluppo sostenibile.
Il nuovo millennio si è aperto con una grande impegno a livello mondiale per la lotta alla povertà.
L'obiettivo di ridurre la povertà è stato oggetto di un vertice dei G8 e ha costituito il primo punto
dell'agenda dell'Assemblea Generale delle Nazioni unite del 2000, la Millennium Assembly.
Ugualmente impegnativo è stato lo sforzo compiuto dalla Banca mondiale con il rapporto 2000
mentre l'UNDP, ha prodotto contributi di grande importanza, frutto della collaborazione di studiosi
quali Amartya Sen1 , a cui in particolare si deve la definizione di un approccio innovativo basato
sul potenziamento delle "capacità" degli individui per ampliare la loro partecipazione alla vita economica e sociale e ridurre la crescente emarginazione. In questo contesto le donne, che da più di
trenta anni, hanno lavorato per mettere in evidenza il risvolto "umano" e "sociale" dello sviluppo e
che soprattutto nelle società del Sud del mondo sono le agenti principali della cura degli individui,
sono dunque divenute un soggetto importante dello "sviluppo sostenibile"2 . Questo indirizzo strategico è stato ribadito nel corso della recente Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle
Nazioni unite per la revisione della Piattaforma della Conferenza ONU sulle donne di Pechino,
chiamata WOMEN 2000 che rimanda ad una rinnovata attenzione al ruolo delle donne nello sviluppo nel contesto della globalizzazione3. Bastano pochi dati per far rilevare quanto sia fondamentale il ruolo delle donne nello sviluppo. Le donne costituiscono oramai più di un terzo della forza
lavoro mondiale, ma a causa delle discriminazioni, i due terzi degli 876 milioni di analfabeti sono
donne. Eppure la maggior parte del lavoro nel settore informale nei paesi del Sud del mondo viene
realizzato dalle donne che contribuiscono considerevolmente alla economia di sopravvivenza.
Tuttavia non si può certamente ignorare che i problemi attuali nella governance mondiale e la crescita dei conflitti armati e delle successive emergenze, rendono complicato il cammino dello sviluppo e quindi ci costringono a ripensare la strategia delle donne nel contesto delle Nazioni unite.
In sintesi, io ritengo che ci sia uno stato di crisi, legato allo scenario più generale che è riuscito ad
offuscare la lunga storia, di ormai 30 anni, che le donne, non solo occidentali, hanno percorso
all'interno delle Nazioni unite Ritengo tuttavia che ci siano, per l'Italia ma anche per il resto del
mondo, delle luci e delle ombre: una luce è stata, ad esempio, l'apertura fatta da due donne del
forum sociale appena tenutosi. Per riprendere in mano questa governance che è impazzita per la
strategia della guerra preventiva, per riprendere in mano questioni di governance a cui le donne
non si possono sottrarre, sia le donne delle istituzioni sia le donne delle società civile, bisogna
lavorare su livelli diversi territorialmente, cioè bisogna lavorare a livello locale, a livello di sistemi
multilaterali e a livello nazionale.
Ecco la mia proposta: le Nazioni Unite nel 2005 avranno 2 verifiche importanti: la verifica della
Commission for Women e Pechino + 10; la verifica del Millenium Round nel corso dell'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite a ottobre del 2005. Io credo che da febbraio 2004 a ottobre 2005, le
donne che stanno nelle istituzioni locali, nazionali e anche soprattutto quelle della società civile, le
femministe e quelle del movimento delle donne, dovrebbero lavorare per premere sulle istituzioni
con cui lavorano, e anche con le istituzioni nazionali, perché ci sia un'attenzione maggiore nei confronti dei processi di preparazione delle Nazioni Unite. In conclusione, mi sembra che tutto il processo dell'Agenda 21 vada a sostegno di un sistema di governance locale e globale da cui mi
aspetto una ripresa di avvicinamento ai processi decisionali da parte delle donne.
1
2
Si richiama in particolare il Rapporto Speciale dell'UNDP del 1998 sulla Povertà Umana che è basato sulle teorie dell'economista A. Sen.
Sia la Conferenza delle Nazioni unite sulla Popolazione del 1994 al Cairo che la Conferenza sulle Donne del 1995 a Pechino, hanno ribadito l'importanza dell'"empowerment" delle donne, ovvero del riconoscimento della loro autonomia e del loro potere decisionale, e del "mainstreaming",
ovvero della valorizzazione politica di queste soggettività femminili nella sfera pubblica come un pre-requisito per "la sicurezza politica, sociale, economica e culturale tra le popolazioni" (dalla Piattaforma di Pechino)
3 Il documento finale "Further actions and initiatives to implement the Beijing Declaration and the Platform for Actions", sottoscritto dai paesi membri delle Nazioni unite, consolida le tematiche del mainstreaming e dell'empowerment.
globalizzazione e vita delle donne
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Daniela COLOMBO Presidente di A.I.D.O.S.
Popolazione, povertà, ambiente e ruolo delle donne
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Negli ultimi cento anni, l'attività umana ha trasformato ogni parte del pianeta, non importa quanto
remota, e ogni ecosistema, dal più semplice al più complesso. Le scelte operate dagli uomini
hanno trasformato il mondo naturale, prospettando al tempo stesso grandi possibilità e gravissimi
pericoli per quanto riguarda sia la qualità e la sostenibilità delle nostre civiltà, che gli intricati equilibri della natura.
Dal 1960 ad oggi la popolazione mondiale è più che raddoppiata raggiungendo la cifra di 6,125
miliardi di persone: una crescita che si è verificata principalmente nei paesi del sud del mondo, nei
paesi più poveri. . In questo lasso di tempo l'umanità ha prodotto ricchezza fino a livelli inimmaginabili, eppure la metà della popolazione mondiale vive con meno di 2 dollari al giorno e 1,2 miliardi di persone vive con meno di un dollaro al giorno.
I consumi sono più che raddoppiati, aumentando principalmente nei paesi più ricchi e in quelli di
recente industrializzazione, come ad esempio la Cina. Abbiamo imparato a estrarre risorse e ad
usarle, ma non abbiamo imparato a gestire i rifiuti così prodotti: le emissioni di anidride carbonica
ad esempio nel 2000 sono state 12 volte superiori a quelle del 1900. E questo processo sta trasformando il clima del pianeta.
Il grande interrogativo del secolo attuale è se le attività del secolo scorso ci abbiano messo in rotta
di collisione con l'ambiente e se così è, quali misure possiamo prendere in merito. Come possiamo impegnare l'ingegno umano per garantire il benessere della popolazione e al tempo stesso salvaguardare la natura?
Ovviamente la gestione del pianeta e il benessere delle sue popolazioni sono responsabilità collettive e in questo processo si deve tener conto che oggigiorno ogni parte del mondo naturale e
umano è in connessione con tutte le altre. Le decisioni locali hanno un impatto globale, così come
le politiche globali, o la loro assenza, influiscono sulle comunità locali e sulle loro condizioni di vita.
Gli esseri umani hanno sempre trasformato il mondo naturale e sono stati da questo trasformati.
Le prospettive dello sviluppo umano dipendono attualmente dalla saggezza con cui sapremo gestire tale rapporto.
Naturalmente i problemi sul tappeto sono enormi. Mano a mano che la popolazione umana
aumenta e la globalizzazione, avanza le questioni politiche chiave rimangono le stesse: come utilizzare le risorse disponibili in termini di terre coltivabili e acqua per produrre cibo per tutti? Come
promuovere lo sviluppo economico e porre fine alla povertà, così che tutti possano sfamarsi, avere
una dimora dignitosa, accesso all'istruzione, ai servizi sanitari, a una vita dignitosa? E nel fare questo come affrontare le conseguenze sull'umanità e sull'ambiente dell'industrializzazione e di fenomeni quali il riscaldamento globale, i cambiamenti climatici e la perdita di bio-diversità?
La comprensione del tipo di legami esistenti tra popolazione e ambiente richiede un'analisi dettagliata dell'interazione di diversi fattori, quali il benessere economico, i consumi, le tecnologie, la
crescita demografica, ma richiede anche di prendere in considerazione questioni di origine sociale in passato ignorate o sottovalutate, quali i ruoli e le relazioni di genere, le strutture politiche e il
problema della "governance".
L'empowerment delle donne, ad esempio, costituisce di per sé uno dei fini dello sviluppo: ma la
rimozione degli ostacoli che impediscono alle donne l'esercizio del potere economico e politico
costituisce a sua volta un mezzo per porre fine alla povertà.
La salute riproduttiva è parte di un pacchetto essenziale di servizi in materia di assistenza sanitaria e istruzione. Rappresenta uno strumento fondamentale per il raggiungimento dell'empowerment delle donne, ma costituisce anche un diritto umano e comprende il diritto di decidere le
dimensioni della famiglia e l'intervallo tra una nascita e l'altra.
Ottenere condizioni di eguaglianza ed equità tra uomini e donne, garantire il diritto alla salute riproduttiva e fare in modo che individui e coppie possano scegliere le dimensioni della propria famiglia
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
contribuirà a rallentare la crescita demografica e a ridurre le dimensioni della popolazione mondiale futura.
Tra l'altro, un rallentamento della crescita demografica nei paesi in via di sviluppo sarà essenziale per alleviare la pressione ambientale. Infatti non si può ignorare che la crescita demografica continua ad essere più rapida dove i bisogni sono maggiori. Il tasso di fecondità raggiunge il suo massimo nei paesi più poveri e tra le persone più povere di tali paesi.
Ed è altrettanto vero che là dove i bisogni sono maggiori non viene offerta la libertà di scelta alle
popolazioni perché non sono disponibili servizi per la salute riproduttiva. Basti pensare che circa
350 milioni di coppie non hanno ancora accesso alla contraccezione moderna, e che ogni anno
quasi 600.000 donne muoiono per cause connesse con la gravidanza e il parto, il più delle volte
proprio perché non hanno accesso a questi servizi e decidono ad esempio di abortire in condizioni non sicure.
Non è possibile ignorare che dalle scelte effettuate e dagli impegni presi negli anni a venire dipende la possibilità che nel 2050 la popolazione mondiale raggiunga la proiezione massima di 10,9
miliardi di persone, quella minima di 7,9 miliardi o piuttosto quella media di 9,3 miliardi.
Negli anni '90 era chiaro che le azioni principali da intraprendere erano due: anzitutto garantire che
il diritto allo studio e alla salute, compresa la salute riproduttiva, diventi una realtà per tutte le
donne, in secondo luogo che si deve porre fine alla miseria delle persone che vivono con meno di
1 dollaro al giorno. Questi due obiettivi sono strettamente correlati poiché la maggioranza delle
persone in condizione di povertà assoluta è costituita da donne e dai loro bambini: prendere misure in una direzione rafforzerà le misure nell'altra.
I governi, i donatori internazionali, la società civile e il settore privato hanno tutti un importante
ruolo da svolgere per raggiungere tali obiettivi e per cercare di creare un circolo virtuoso tra famiglie più piccole e più sane, madri forti, bambini più sani, più scolarizzati, con maggiori opportunità
e una sempre maggiore stabilizzazione demografica e sostenibilità ambientale.
Le conferenze degli anni 90, Rio, Vienna, Cairo, Copenaghen, Pechino sono state tutte occasioni
in cui si sono compiuti passi avanti nel riconoscere l'importanza dei temi della popolazione, dei
diritti e dell'empowerment delle donne per l'agenda dello sviluppo. Ognuna di quelle Conferenze
aveva sollecitato una profonda revisione delle politiche e l'adozione di numerosi interventi specifici, compresa l'elaborazione e l'attuazione di piani nazionali nonché un mutamento delle politiche e
delle priorità nazionali. Si pensava che il progresso verso la realizzazione di uno sviluppo sostenibile fosse inarrestabile.
Quest'anno celebriamo il decimo anniversario della Conferenza del Cairo su Popolazione e
Sviluppo, durante la quale erano stati concordati una serie di obiettivi precisi ed espliciti, seguendo un'impostazione basata sui diritti umani e sull'autodeterminazione individuale. Tra questi figuravano la rimozione delle disuguaglianze tra i sessi a livello di istruzione primaria e secondaria
entro il 2005, e la garanzia dell'istruzione primaria per tutti entro il 2015, nette riduzioni della maternità materna, perinatale e della mortalità infantile al di sotto dei cinque anni e infine l'accesso universale entro il 2015 ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva compresi tutti gli strumenti per
una sicura e affidabile pianificazione familiare. Raggiungere questi obiettivi significherebbe inoltre
anticipare la stabilizzazione demografica. L'applicazione delle raccomandazioni del Cairo sullo sviluppo avrebbe contribuito alla riduzione della povertà e alla tutela dell'ambiente. Tra l'altro nel programma d'azione approvato dalla Conferenza del Cairo si era fatta una stima di quanti fossero i
finanziamenti necessari per raggiungere quegli obiettivi: 17,000 miliardi di dollari fino al 2000.
Questa cifra non è stata mai raggiunta e, mentre i governi dei paesi in via di sviluppo hanno fatto
del loro meglio, i paesi donatori non hanno mantenuto le promesse fatte. L'Italia è il fanalino di
coda , destinando alla cooperazione allo sviluppo solo lo 0,20 del prodotto interno lordo.
Ed invece, proprio la conferenza sull'ambiente di Johannesburg, nel 2002, ha dimostrato che non
possiamo dare niente per scontato e che le verifiche a dieci anni dalle altre Conferenze sono estre-
globalizzazione e vita delle donne
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Daniela COLOMBO Presidente di A.I.D.O.S.
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mamente pericolose perché è in atto un forte tentativo da parte di alcuni governi - Stati Uniti, Santa
Sede, alcuni paesi latino americani in testa, alcuni paesi musulmani - di riaprire gli accordi presi in
passato e di cambiarli, alterando l'impostazione che si era riusciti a dare sui diritti umani, sulll'empowerment delle donne, sulla salute riproduttiva. E' in atto un attacco contro il sistema delle
Nazioni Unite e un "defunding" delle sue istituzioni che non ha precedenti e che minaccia di annullare tutti i progressi fatti nell'ultimo decennio del secolo scorso. Anche in Europa la situazione è
destinata a cambiare con la vittoria della destra in molti paesi ma sopratutto con l'entrata di nuovi
paesi fortemente cattolici, Malta, Polonia, Croazia, Slovacchia, le Repubbliche baltiche. Perché
sono proprio le gerarchie cattoliche a sferrare gli attacchi più feroci. Basta pensare al "Lessico"
pubblicato pontificio consiglio per la famiglia che discute 76 termini considerati controversi (ideologia di genere, salute riproduttiva, omosessualità, discriminazione della donna, diritti sessuali e
riproduttivi, uguaglianza di diritti tra uomini e donnematernità senza rischio, etc.) per mettere a
disposizione dei cattolici uno strumento di lobby sui governi e parlamenti e in ocassione di conferenze internazionali.
Il movimento internazionale delle donne sta reagendo. Ma vi assicuro che è una battaglia difficilissima perché comunque le nostre forze, nonostante il grande impegno, sono limitate e la disparità
di fondi e di mezzi a disposizione è enorme. Di questo dobbiamo essere consapevoli. Ed è questa la denuncia che voglio fare oggi, anche per chiedere la vostra collaborazione.
AIDOS ha lanciato una campagna di "advocacy", di informazione e sensibilizzazione anche politica"Donne: Vite da salvare affinché nella cooperazione allo sviluppo del Governo e della cooperazione decentrata aumentino i fondi destinati a progetti e programmi per l'empowerment delle
donne, nei programmi di remissione del debito impegni i governi a dare priorità ai programmi di
istruzione e per la salute riproduttiva, affinché si ripristino e anzi si aumentino i finanziamenti
all'UNFPA e all'UNIFEM che l'anno scorso sono stati quasi dimezzati.
globalizzazione e vita delle donne
Aitanga Giraldi Responsabile Politiche Pari Opportunità della CGIL
Globalizzazione e diritti delle donne
Nel mondo globalizzato il 20% delle persone consuma l'83% delle risorse. Gli ultimi dati del rapporto FAO dimostrano come sia aumentato il divario tra i paesi ricchi e paesi poveri, spiegano la
strutturalità dei flussi migratori dal sud al nord del mondo e pongono un interrogativo sulla reale
volontà ed efficacia delle politiche concrete di aiuto ai paesi in via di sviluppo. Il ruolo protezionista che l'Europa ha giocato nella Conferenza dell'OMC di Cancun fotografa impietosamente lo
scarto tra pronunciamenti e pratiche concrete, ma anche il rifiuto nuovo di quella logica da parte
di molti paesi importanti, il Brasile, il Sudafrica e l'India ed altri ancora.
Il rapporto dell'ONU presentato nel 55° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo evidenzia come le donne e i bambini del mondo siano gli esclusi dal progresso sociale,
che l'emergenza dei diritti umani è donna, che il 70% dei poveri del mondo è donna. Le donne producono la metà del cibo e sono la maggioranza delle forza lavoro, ma guadagnano solo il 10% del
reddito mondiale e possiedono meno dell'1% delle proprietà.
Dalla combinazione di questi dati risulta chiaro che la globalizzazione ha indubbiamente una straordinaria potenzialità in termini di innovazione e di ricerca, ma che di fatto non ha prodotto né maggior ridistribuzione del reddito fra le popolazioni del mondo, né maggior diritti e meno povertà per
le donne.
In nessun Paese, neppure in quelli più ricchi e sviluppati le donne sono trattate in modo uguale
agli uomini. Non hanno a disposizione la stessa quantità di risorse e lo stesso sostegno alle loro
capacità, anche se è vero che i Paesi in via di sviluppo presentano i problemi più urgenti, poiché
la disuguaglianza di genere è strettamente correlata alla povertà. Perdura l'analfabetismo, di cui le
donne rappresentano il 63%; 2 milioni di donne all'anno sono infettate dal virus HIV e 1.2 milioni
di donne sono uccise dall'Aids; 2 milioni di bambine sono costrette a prostituirsi; 585.000 donne
muoiono ogni anno per cause legate alla gravidanza e al parto; 60 milioni di donne sono assenti
dalle statistiche a causa degli aborti selettivi; 130 milioni di donne hanno subito mutilazioni dei
genitali. Inoltre i 2/3 dei 40 milioni di rifugiati nel mondo sono donne e bambini.
Il Sindacato è in tutto il mondo uno degli strumenti di sviluppo della democrazia. Le donne iscritte
ai Sindacati che aderiscono nel mondo alla Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi
sono circa 63 milioni su un totale di 157 milioni. Le Organizzazioni sindacali crescono in generale
quasi esclusivamente grazie all'apporto delle donne, come dimostra il caso Australia dove nel
2000 vi è stato un aumento di più di trecentomila iscritte a fronte circa novemila iscritti o il caso
Europa dove fin dagli anni '80 l'aumento degli iscritti ai Sindacati è dovuto soprattutto all'adesione
delle lavoratrici. Si può affermare quindi che "le donne fanno bene al Sindacato", ma anche che "il
Sindacato fa bene alle donne". Infatti le differenze salariali fra uomini e donne in Europa sono inferiori laddove i sindacati sono più femminilizzati. Nei Paesi in via di sviluppo i diritti delle lavoratrici
sono più tutelati nei settori dove è presente il Sindacato. Lo stesso dicasi anche per gli Stati Uniti.
Parlare di globalizzazione e di diritti delle donne ha dunque un senso per il Sindacato, in particolare per la CGIL, se si affronta il tema dell'azione sindacale in una dimensione di genere internazionale e non più solo nazionale o territoriale, per le conseguenze che scelte assunte in sedi diverse da quelle nazionali hanno sulle condizioni materiali delle persone che rappresentiamo. Il rapporto nuovo e diverso tra imprese e territorio nella competizione globale, la delocalizzazione produttiva, gli effetti sulle economie delle scelte del WTO, del FMI e della Banca Mondiale, l'insicurezza che pervade tutte le società dimostrano come quella dimensione sia altrettanto necessaria
per ridefinire i valori cui ancorare la nostra azione e per misurare efficacia e razionalità della rappresentanza sociale e della rappresentanza politica.
Il Sindacato dovrà affrontare nei prossimi anni una sfida inedita: diventare protagonista della progressiva affermazione di un modello di sviluppo sempre più sostenibile.
Lo sviluppo è sostenibile quando tiene conto in modo equilibrato delle implicazioni sociali, ambien-
globalizzazione e vita delle donne
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Aitanga Giraldi Responsabile Politiche Pari Opportunità della CGIL
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tali ed economiche e dei diritti delle donne. In particolare le politiche per un'economia sostenibile
devono basarsi sul profondo rispetto per le esigenze di conservazione delle capacità di rigenerazione e assimilazione dei sistemi naturali, per l'applicazione delle norme fondamentali del lavoro,
dei diritti umani - e quindi delle donne - e delle convenzioni sull'ambiente e sulla tutela della salute. Deve essere inoltre affermato il primato di tali norme multilaterali rispetto alle regole commerciali.
Vi sono due modi di pensare lo sviluppo e di concepire la competizione.
Il primo modo deriva da un forte impegno nella ricerca e nella innovazione di processo e di prodotto, che assume la qualità come asse strategico per l'affermazione sui mercati, sapendo che
oggi parlare di qualità significa soprattutto parlare di sostenibilità ma anche di diritti del lavoro.
Il secondo si attarda ad assicurarsi la capacità di acquisizione di spazi di mercato solo con politiche di abbattimento dei costi, a scapito delle lavoratrici e troppo spesso avvalendosi del lavoro
minorile.
Per il nostro Paese il primo modo è ricco di grandi potenzialità, anche se fortemente impegnativo
in quanto impone che il confronto avvenga con i protagonisti della fascia alta e dinamica del mercato internazionale, proprio dove negli ultimi anni abbiamo perso importanti posizioni.
Il secondo, se pagherà nel breve periodo, è però destinato a perdere progressive posizioni perché
nella fascia bassa del mercato i nostri competitori hanno molte più carte da giocare: costi del lavoro notevolmente più bassi, evasione dei diritti sociali, assenza di normative ambientali.
Ne consegue non solo che non esiste alternativa in assoluto, ma addirittura che nel nuovo scenario globalizzato, quella della qualità è una strada obbligata per il nostro paese. Anche perché non
dobbiamo dimenticare che con l'Euro sono venute meno alcune delle tradizionali leve utilizzate nel
passato per acquisire spazi di competitività.
La convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW,
1979) è il più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti
delle donne. Essa definisce "discriminazione contro le donne": "…ogni distinzione, esclusione o
limitazione basata sul sesso, che abbia l'effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizione d'uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo.
A questo si aggiungono gli impegni assunti dai Governi al termine della Conferenza mondiale di
Pechino del 1995 e ribaditi nell'assemblea "Pechino + 5", tenutasi a New York nel 2000, che comprendono sia la lotta alla povertà delle donne, sia l'impegno a favorire la partecipazione delle
donne al potere economico e politico.
Le politiche per le pari opportunità fra uomini e donne ricevono dunque un grande impulso nel
mondo a seguito della Conferenza mondiale di Pechino del 1995, ma dopo anni d'avanzamento,
che aveva prodotto interessanti risultati anche in Europa e in Italia, si registra una battuta d'arresto, perché una maggioranza di Paesi di destra inevitabilmente influenza questo tema anche nella
Unione Europea. Il testo della Convenzione Europea non aveva accolto ad esempio gli emendamenti presentati dai movimenti delle donne, a partire dalla Lobby Europea e dalla CES. E' del tutto
evidente come nella concitazione di raggiungere un accordo sulla Convenzione le questioni delle
pari opportunità fossero passate in secondo piano. Mi sarebbe ugualmente piaciuto che nella
Convezione fosse sancito il diritto all'autodeterminazione delle donne, perché avrebbe comportato legislazioni nazionali, anche sulle questioni della interruzione volontaria della gravidanza, problema non marginale rispetto all'allargamento di altri dieci Paesi. Come non marginale rispetto
all'allargamento saranno i diritti e le tutele del lavoro in generale e delle lavoratrici in particolare.
Sono in ogni caso ragionamenti superati dal fallimento della Conferenza intergovernativa e dall'amara considerazione che l'Unione Europea non ha una costituzione, non a causa della scarsa
attenzione ai diritti delle donne, ma di una pericolosa miopia politica dei Governi.
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
L'immagine adatta a descrivere la posizione delle donne nelle organizzazioni sindacali nel mondo
è a piramide. Sono molte, sempre di più alla base, ma poche, sempre di meno, quando si sale ai
vertici. Noi riteniamo, invece che la piramide vada progressivamente cancellata, perché una forte
presenza di sindacaliste in tutti i luoghi delle decisioni e delle trattative, a partire dal posto di lavoro fino ai livelli nazionali e internazionali, è la premessa indispensabile per garantire l'uguaglianza
di genere nel lavoro, come una democrazia paritaria in tutti gli organismi sovranazionali lo è per
rendere più agevole il cammino verso l'uguaglianza di genere nel mondo, che comincia dagli indicatori di alfabetizzazione e di istruzione, continua attraverso l'assistenza sanitaria che comprende
anche la libertà di scelta sulla propria fecondità mentre è importante che la famiglia e la società
accettino una più ampia partecipazione pubblica delle donne e che tutti gli ostacoli a tale partecipazione siano eliminati.
L'attuale Governo è totalmente insensibile a questa impostazione. Tant'è che, non contento di cancellare importanti diritti dei lavoratori e in particolare delle lavoratrici, di ridurre le tutele sanitarie,
di svuotare la scuola pubblica, di annullare l'idea stessa di giustizia, di sequestrare il sistema dell'informazione, di svendere il patrimonio pubblico, adesso vuole anche azzerare le leggi di tutela
ambientale. Quelle norme che, sulla base degli indirizzi europei, tutelano la sicurezza dei cittadini
dalle frane e dalle alluvioni, garantiscono la qualità dell'aria, impediscono alle attività produttive di
avvelenare i terreni e l'acqua, salvaguardando il mare, i parchi e il patrimonio naturale.
Gli elementi che connotano questa fase dell'economia italiana rispetto all'occupazione femminile
sono molteplici: tasso di occupazione ancora basso, elevato tasso di disoccupazione, scarsa partecipazione al mercato del lavoro delle classi di età più elevate, divario fra Centro Nord e Sud del
Paese, alta scolarizzazione, un forte invecchiamento della popolazione, tagli sempre più consistenti dei trasferimenti di risorse alle autonomie locali con conseguenti diminuzione dei servizi pubblici e aumento del costo dei servizi sociali di prossimità e per ultimo un tasso di fecondità, che se
pure in lieve aumento, rimane fra i più bassi nei Paesi economicamente sviluppati.
La soluzione di queste contraddizioni non è semplice e non può a essere data dal pressappochismo e dalle misure contraddittorie con cui l'attuale Governo affronta questi temi. Vi è, infatti, la
necessità di politiche complessive che tengano insieme fecondità, buona occupazione, diritti dei
padri e delle madri e centralità dei diritti dei bambini.
Le principali misure a favore delle pari opportunità e della conciliazione fra tempi di vita e tempi di
lavoro che sono offerte attualmente sono contenute in appositi capitoli del libro bianco sul mercato del lavoro, del libro bianco sul welfare, della legge 30 di riforma del mercato del lavoro e relativo decreto attuativo, a cui si aggiungono le nuove norme sui servizi alla prima infanzia approvate
alla Camera, l'assegno di mille euro per ogni secondo nato e successivi rigorosamente italiani o
europei senza alcun riferimento al reddito, la riforma Moratti con particolare riferimento alla abolizione del tempo pieno per le scuole elementari, la finanziaria 2004 e i tagli alle risorse destinate
agli Enti Locali. E' del tutto evidente come in realtà queste misure siano "a sfavore" delle lavoratrici e delle pensionate.
Il processo iniziato per una parità reale fra uomini e donne nel mercato del lavoro e nella società
si è dunque arrestato. La riforma del mercato del lavoro è la conferma del bilancio negativo delle
politiche di pari opportunità in Italia. Essa mette, infatti, in discussione conquiste già ottenute e
soprattutto la speranza di una nuova cultura della conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro
e della condivisione del lavoro di cura all'interno della coppia, obiettivo quest'ultimo non raggiunto, anche se nella passata legislatura erano state emanate leggi come la 53 che andavano in questo senso e che assegnavano uguali diritti e doveri alla maternità e alla paternità. La 53/2000
aveva recepito in parte l'elaborazione del pensiero femminile e le istanze delle donne del
Sindacato e attraverso un percorso legislativo si era così iniziato a superare la divisione netta all'interno dei sessi nell'attribuzione e nel valore del lavoro produttivo e riproduttivo.
I provvedimenti di questo Governo sia per quanto riguarda il mercato del lavoro, il welfare, la scuo-
globalizzazione e vita delle donne
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Aitanga Giraldi Responsabile Politiche Pari Opportunità della CGIL
la, la riforma della previdenza, propongono un modello familista, arretrato, con punte di integralismo preoccupante, dove alle donne si offrono lavori precari, ma che aumentano le percentuali dell'occupazione per raggiungere gli obiettivi di Lisbona, perché il nostro ruolo rimane relegato nella
casa, in famiglia.
Volutamente ho usato una parola pesante e cupa come integralismo. La legge sulla procreazione
medicalmente assistita, attualmente alla Camera per l'approvazione definitiva apre uno scenario
inquietante sul diritto all'autodeterminazione delle donne, perché legifera sul desiderio di maternità e il rapporto fra il corpo della madre e del nascituro. E' una legge violenta, cattiva, inapplicabile
e scientificamente sbagliata, ispirata apparentemente a principi etici, ma che viola l'etica del diritto ad essere madri, mentre uno stato laico non può imporre una morale religiosa. E' sbagliato che
lo faccia l'islamismo è sbagliato che lo facciano i cattolici. In questo come possiamo vedere esiste
la globalizzazione della negazione del diritto all'autodeterminazione!
La CGIL non si rassegnerà comunque alla legge oscurantista sulla fecondazione assistita approvata. Per questo abbiamo aderito alla manifestazione che si terrà il 24 gennaio a Roma per dire
"no ad una legge crudele.
Ho parlato anche delle questioni italiane perché è del tutto evidente che se l'abbassamento della
soglia dei diritti delle donne in Paesi come il nostro, dove il movimenti delle donne hanno conseguito grandi risultati, produce un effetto negativo nei paesi in via di sviluppo una legislazione internazionale arretrata può favorire l'arretramento nei paesi più avanzati nelle politiche di genere.
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globalizzazione e vita delle donne
Patrizia GERMINI Coordinatrice Nazionale C.N.I.F. Confesercenti
Sostenibilità economica e sviluppo delle piccole e medie imprese femminili
E' questo un convegno importante, di alto profilo, su temi ambiziosi e ringrazio per l'attenzione
rivolta al sistema delle piccole imprese e per opportunità di affrontare insieme questi temi confrontando le nostre differenti esperienze .
Rappresento il CNIF coordinamento nazionale dell'imprenditoria femminile Confesercenti, vi porto il
saluto delle imprenditrici Confesercenti da sempre vicine ai temi dello sviluppo etico e sostenibile.
Il ruolo del CNIF è quello di rappresentare la specificità del fare impresa al femminile nel contesto delle politiche nazionali sostenendo a livello territoriale tramite l'azione delle sedi Confesercenti
la nascita ed il consolidamento dell'imprenditorialità femminile nei settori di nostra competenza:
commercio , turismo e servizi.
Il mio compito oggi è quello di portare un contributo per cercare di rispondere ai seguenti quesiti:
Possono le piccole e medie imprese, in questo caso femminili perché il focus di oggi è questo, contribuire ad uno sviluppo sostenibile? Ed i concetti di sostenibilità economica possono coniugarsi
con le possibilità di sviluppo delle piccole e medie imprese femminili.
Una risposta affermativa non è assolutamente esaustiva. Occorre prima di tutto affrontare una
breve riflessione sulle imprese, sulla loro tipicità, sulle loro differenze e fornire un breve quadro
sulle imprese femminili in Italia.
Di solito, le imprese vengono trattate in termini neutri; ma così non dovrebbe essere se si guarda
ai numeri. In Europa le piccole e medie imprese rappresentano circa il 93% delle imprese europee, le microimprese rappresentano tra queste ancora un altro universo, molto particolare .Solo
questo per dire che le imprese non sono tutte uguali , le micro e piccole imprese non sono, contrariamente a quanto sembra essere il sentire comune, imprese facili da gestire. Non sono imprese semplificate nelle quali vengono a mancare i tipici processi gestionali, al contrario gestiscono
al loro interno tutte le complessità manageriali di una grande impresa con in più il fatto che tali
processi vengono gestiti dal poche persone, spesso una sola, sulle quali ricadono tutte le variabili organizzative e funzionali.
Questa concezione e generalizzazione comporta il fatto che , ancora oggi, numerosi documenti
internazionali continuano a parlare di imprese ed imprenditorialità in modo assolutamente NEUTRO , e questa neutralità spesso genera non conoscenza e mancanza di valorizzazione delle specificità del potenziale sociale ed economico espresso dalle micro-piccole imprese .
Analizziamo ora, un momento la realta' delle imprese femminili in Italia:
In Italia, nel 1992 è stata approvata la legge 215 che promuove la realizzazione delle pari opportunità per l'imprenditoria femminile. E' questo uno strumento abbastanza particolare, che promuove la creazione ed il consolidamento delle imprese femminili, che si pone come strumento di politica attiva per la realizzazione delle pari opportunità. E' una legge che non ha mai avuto vita facile se si pensa che solo nel '97 è stato possibile emanare il primo bando di applicazione.
Nel 4° bando chiuso nel 2002, sono state presentate 27.000 domande, di queste ne sono state
ammesse 22.000 e ne sono state agevolate solo 5.000., questo significa che 17.000 pratiche di
agevolazione sono rimaste sospese per mancanza di fondi. Sulle 27.000 domande, 22.000 sono
state ritenute idonee, quindi significa che le donne progettano imprese piccole ma le progettano
bene e che il problema principale è nella mancanza dei fondi.
Occorre quindi continuare a lottare per ottenere lo smobilizzo dei fondi previsti in Finanziaria.
La fotografia dell'imprenditorialità in Italia, è una fotografia in bianco e nero, proviamo ad analizzare questi dati per cercare un po' di colore.
Dall'analisi dei progetti per la costituzione e/o il potenziamento delle imprese femminili presentati
a valere sulla legge 215 si evince che: le donne gestiscono imprese innovative, in settori di competenza dell'Agenda 21, sono molto presenti nel settore dei servizi; fanno imprese molto orientate alla tutela e valorizzazione dell'ambiente, tantissimi sono i business plan che presentano la cer-
globalizzazione e vita delle donne
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Patrizia GERMINI Coordinatrice Nazionale C.N.I.F. Confesercenti
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tificazione ambientale come condizione di innovazione.. da questi pochi elementi ritengo che si
possa affermare che le imprese femminili sono delle imprese orientate quasi per "natura" alla sensibilità, alla responsabilità sociale perché sono microimprese che vivono nel contesto del loro territorio,
in rapporto con i soggetti, e traggono dal territorio le condizioni di sussistenza e consolidamento.
Dal '97 ad oggi, la legge 215, ha permesso la creazione di circa 50.000 posti di lavoro. La maggior parte delle donne che presentano progetti di impresa lo fa per collocarsi e per collocare altre
donne. Inoltre molte giovani, come citato nei precedenti interventi, proprio per le condizioni imposte dalla segregazione verticale se non anche orizzontale del mercato del lavoro, spesso cercano
di attuare progetti imprenditoriali per la realizzazione del sé, con l'utopia che la vita imprenditoriale sia più conciliabile con la vita personale. Questo non è vero, e su tutto basta citare la legge '53
sulla conciliazione, strumento per noi importantissimo ma oggi ancora inapplicabile alle piccole e
piccolissime imprese per la mancanza di regolamenti attuativi.
C'è un libro in Europa che si chiama libro verde dell'imprenditorialità, a mio avviso poco conosciuto, che invece dovrebbe rientrare all'interno dei documenti relativi ai temi dell'Agenda 21.
Questo libro è il frutto di un lavoro che si è venuto a determinare dopo Barcellona 2002, occasione nella quale si è affermato come l'imprenditorialità femminile riguarda prioritariamente le piccole imprese e di come queste imprese, sono imprese di successo, che agiscono sul e nel territorio di riferimento, comportando sviluppo economico e sociale per la collettività ma ancor prima
per le donne coinvolte . Quindi bisogna guardare a una dimensione imprenditoriale, evitando di
sottovalutare il significato della microimprenditorialità diffusa e cercando di non esaltare il fallimento come unico destino di queste attività. In Italia occorre rivedere la legislazione fallimentare ,
occorre considerare il fallimento imprenditoriale, ancor prima che un fatto economico come
fatto/fallimento personale.
La grande impresa redige il bilancio sociale, promuove la costruzione degli ospedali o le grandi
campagne comunicative di sensibilizzazione, invece la piccola impresa agisce su un territorio in
maniera sostenibile: dunque, le piccole imprese possono contribuire allo sviluppo sostenibile ma
lo possono fare solo se inserite nel contesto del territorio , dove devono trovare attenzione ed
essere riconosciute come attori attivi e devono essere coinvolte dalle pubbliche amministrazioni
nella definizione dei bilanci e nelle politiche di sviluppo locale .
Sul tema della CSR nelle piccole imprese, gli enti di formazione delle associazioni datoriali delle
piccole imprese, fra le quali Confesercenti, hanno realizzato un progetto ricerca finanziato
dall'Art.6 del FSE del quale ritengo utile, per i lavori di questa giornata, fornire alcuni dati.
La domanda posta alla base della ricerca era relativa a : come investire nella responsabilità sociale e soprattutto come valorizzare i comportamenti sociali delle piccole .
La ricerca dimostra che le piccole imprese percepiscono la responsabilità come un elemento del
proprio essere: io in quanto imprenditore agisco socialmente per il mio territorio di riferimento.
Riconoscono alla SA8000 una dimensione assolutamente corretta ma più collegabile ad una
dimensione aziendale che non è quella delle piccole imprese.
Le piccole aziende non si aspettano ricompense economiche conseguenti al loro agire responsabile, non credono che qualcuno valorizzi e che sia giusto valorizzare economicamente comportamenti etici , ma si aspettano un riconoscimento dal mercato, dai propri clienti.
La sfida, e questo i piccoli imprenditori lo hanno compreso bene, si gioca solo ed esclusivamente
sulla percezione del consumatore rispetto alla qualità di ciò che è venduto. Ci sarebbe molto da
dire su questa economia etica che mette al centro l'uomo, quindi l'impresa e le persone, e che
trova il proprio successo e sviluppo nell'attenzione posta a questi concetti.
La ricerca, mette anche in risalto, come le donne imprenditrici siano più disponibili rispetto al tema
della responsabilità sociale, che viene espresso in termini di sviluppo sostenibile sul territorio ma
che porta in se, come obiettivo trasversale, la valorizzazione di una dimensione più ampia tesa allo
sviluppo nel suo insieme.
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Concludo affermando che forse sono maturi i tempi per un "patto " fra imprese al fine di chiudere
la diatriba conflittuale tra la piccola e la grande impresa perché ognuno ha i suoi sistemi valoriali,
la propria dignità ed importanza .
Come Confesercenti dobbiamo confrontarci fra piccole aziende in un patto fra imprenditori rispetto ai temi della sostenibilità economica, perché solo agendo su un territorio possiamo contribuire
allo sviluppo e sostenere la crescita delle imprese.
Questa è una condizione di sviluppo inequivocabile: un territorio vive e si sviluppa se le imprese
vivono. Se le imprese muoiono, un territorio muore.
Occorre salvaguardare e promuovere il rispetto dell'ambiente, ma questo non significa essere
prioritariamente e politicamente "dei verdi" -come stamattina è stato detto - ma significa avere un
occhio orientato alle generazioni future, cercando di acquisire una visione dell'uomo collocato nella
natura e non contro la natura.
La trasversalità del nostro sguardo di donna ci aiuta in tutto questo.
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Mara RUMIZ Presidente del Consiglio Comunale di Venezia
L'Agenda 21 delle donne di Venezia
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A Venezia l'Agenda 21 è nata dall'alto, così come diceva l'assessore Gamba: è nata per volontà
della Fondazione Mattei, a metà degli anni '90; ha prodotto anche pregevoli lavori, soprattutto nel
campo dell'analisi dei flussi turistici e delle tematiche ambientali, ma senza riuscire a coinvolgere, nei fatti, sia l'Amministrazione nel suo complesso che le realtà presenti nel territorio.
Sono state proprio le donne, durante la fase preparatoria del Summit di Johannesburg a porre l'esigenza di un suo ripensamento, partendo dall'idea di costruire un 'Agenda 21 delle donne.
Oggi è l'intera Amministrazione Comunale che si è data l'obiettivo di ricostruire le modalità operative dell'Agenda 21, coniugando l'esigenza di sviluppare percorsi specifici (l'Agenda 21 delle
donne, ad esempio) con quella di assicurare principi condivisi e una capacità di sintesi unitaria in
grado di orientare le Amministrazioni.
L'azione delle donne a Venezia ha portato negli anni passati a dei risultati fortemente positivi, anche
perché, alla presenza forte di un movimento particolarmente vivace fino a un decennio fa, ha corrisposto la presenza all'interno dell'Amministrazione di figure che, pur essendo in numero del tutto
esiguo, hanno lasciato un segno nell'amministrazione stessa: sto pensando a Franca Bimbi, a
Luana Zanella, a Maria Rosa Vittadini, ma anche le funzionarie comunali, come Alberta Basaglia.
Mi è stato chiesto di portare qui a Torino l'esperienza maturata a Venezia. Lo faccio volentieri,
anche se devo premettere che questo non è un momento particolarmente felice per le donne (mi
sarebbe piaciuto dire per il movimento delle donne).
Il Comune di Venezia è sempre stato sensibile alle tematiche di genere, proprio perché le donne
hanno saputo farsi sentire, tant'è che sin dagli inizi degli anni 80 è attivo il Centro Donna, connotato proprio come "luogo delle donne". E' stato concepito come laboratorio aperto, con una propria specificità riscontrabile sia nell'organizzazione che nelle pratiche. Credo che si tratti di uno
dei pochi casi in cui un'Amministrazione Pubblica gestisce direttamente una struttura che ha come
obiettivo specifico l'elaborazione di politiche di genere. Non si tratta di un servizio per le donne. E'
- dovrebbe essere -una struttura le cui pratiche (professionali, organizzative, di relazione fra persone) sono orientate dalla cultura di genere. Le associazioni e i gruppi sono fattori costitutivi e
imprescindibili del Centro, contribuiscono direttamente e in piena autonomia all'elaborazione di
progetti e il modello organizzativo e gestionale è/dovrebbe essere pensato e sviluppato per realizzare tali progetti.
La cultura di genere non è, quindi, cultura sulla condizione della donna e non è neppure solo cultura delle donne. L'idea, piuttosto, è quella di partire dall'esperienza delle donne per orientare le
relazioni sociali, per promuovere la creatività e per sviluppare le reciprocità nei rapporti fra i sessi.
Il Centro Donna è luogo di elaborazione e di comunicazione culturale, di produzione di servizi alla
persona, di promozione del lavoro femminile, di cooperazione fra donne.
Penso di poter dire che rappresenta un'esperienza del tutto originale che potrebbe essere presa a
modello per altre strutture. I cardini su cui poggia - autonomia e specificità - derivano proprio dalla
sua origine.
Il Centro Donna, infatti, è nato dal conflitto tra le donne e l'Amministrazione. Fu proprio in seguito
all'occupazione di una villa che, nel 1980 le donne ottennero dal Comune un piano del Centro Civico
di Mestre per perseguire gli obiettivi che nel documento programmatico venivano così indicati:
1) istituire un centro di documentazione sulla condizione femminile a partire da una biblioteca specialistica nel settore e da un archivio;
2) realizzare momenti di incontro e di confronto tra donne aggregate e non, attraverso seminari,
dibattiti e conferenze;
3) coordinare e organizzare attività sociali e culturali proposte da donne;
4) proporsi come punto di riferimento e di raccolta delle domande e dei bisogni delle donne, per
assumerne il ruolo di portavoce.
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Da allora parecchia strada è stata fatta. In un primo tempo le iniziative si limitavano a incontri di
piccoli gruppi che sperimentavano nuovi linguaggi. C'è stato poi il momento dei grandi dibattiti,
delle assemblee affollate, dal desiderio/necessità di esserci e di determinare le scelte. Parecchi
gruppi sono nati attorno a specifici temi.
Oggi le iniziative del Centro Donna sono molteplici, dal dibattito alla produzione di spettacoli, all'organizzazione di rassegne cinematografiche, ai confronti con filosofie, ai corsi di formazione per
insegnanti, ma anche a quelli di apprendimento delle tecniche di fotografia, bioarchitettura, lingua
per le straniere, etc.
Non va poi dimenticato che all'interno del Centro Donna c'è una Biblioteca il cui catalogo comprende più di 12.000 volumi che spaziano dalla narrativa, alla storia femminista, alla salute, al diritto,
etc.. C'è anche un Archivio che raccoglie fotografie, volantini, manifesti, tesi di laurea e testimonianze varie.
In estrema sintesi si potrebbe dire che la qualità del Centro è data proprio dal doppio binario dell'azione: istituzionale, visto che si tratta di un servizio comunale; autonomo, in quanto luogo e strumento delle donne presenti nel territorio.
Fondamentale è non perdere mai di vista il fatto che il Centro è nato per dare voce alle associazioni e ai gruppi di donne, promuovendo la loro attività e rafforzando, di conseguenza, la loro autonomia. Lo dico perché oggi una tentazione di omologarlo agli uffici o ai servizi comunali c'è, forse
perché anche noi donne ci siamo un po' adagiate e non siamo state in grado di rigenerarci. Ma su
questo torno dopo.
L'esperienza del Centro Donna ha generato, nel 1994, il Centro anti-violenza, istituito con l'obiettivo di offrire un supporto alle donne in difficoltà, fornendo loro assistenza legale, psicologica, relazionale. Le linee organizzative erano tutte basate sull'idea di rete cittadina, attraverso un coordinamento forte tra i diversi soggetti che operano nel campo (ASL, Tribunali, Quartieri, Uffici del
Comune, associazioni del volontariato, cooperative di inserimento lavorativo, etc), con il comune
obiettivo di affrontare, possibilmente prevenendoli, il disagio, il maltrattamento e la violenza.
Sono circa quattrocento l'anno le donne che accedono al Centro anti-violenza. Esse sono di ogni
estrazione sociale e culturale, anche se la maggior parte di loro non è autonoma economicamente ed è madre, spesso di figli piccoli.
Come strumento indispensabile del Centro anti-violenza sono state istituite, nel 1997, le Case di
Accoglienza protetta. In esse trovano accoglienza temporanea quelle donne, spesso con figli, che
hanno la necessità di sottrarsi a violenze e maltrattamenti che metterebbero a rischio la loro incolumità. Proprio per tale ragione i loro riferimenti e i loro indirizzi sono tenuti segreti. Naturalmente
lo scopo nella Casa d'accoglienza è quello di aiutare la donna ad affrontare la sua situazione e a
recuperare autonomia. Le operatrici sostengono la donna nella ricerca di una soluzione abitativa,
nella ricerca di un lavoro, nella capacità di intessere relazioni.
Proprio per sviluppare l'esperienza del Centro anni-violenza, la nostra città ha partecipato, con il
ruolo di capofila, alla Rete delle città che operano per le politiche anti-violenza in un'ottica di genere, finanziata dal Programma Urban.
Un altro campo di intervento di grande significato è quello della Cooperazione Decentrata. Il nostro
Comune ha attivato diversi progetti di genere insieme con gli Organismi Internazionali e promuovendo la collaborazione tra città.
La prima azione è stata attivata nei confronti di Sarajevo, nell'ambito del programma di ricostruzione. Lì si è operato per la realizzazione di un Centro Donna, in grado di essere di riferimento a tutti
i problemi delle donne, dalle difficili relazioni fra etnie, alle violenze, ai disastri, anche psicologici,
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Mara RUMIZ Presidente del Consiglio Comunale di Venezia
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provocati dalla guerra e dalle distruzioni. Non si è certo trattato di fotocopiare l'esperienza veneziana, ma si è lavorato sul contesto locale, giovandosi dei collegamenti con le associazioni di
donne e con le ONG.
Altra esperienza interessante è quella condotta nella regione di Granma a Cuba. Con gli Uffici
della Cooperazione decentrata dell'ONU si è attivato un progetto, che ha messo insieme il nostro
Comune, la Regione Veneto, le Università Veneziane e Cubane e l'ASL Veneziana, per la bonifica di un'area paludosa ai fini di trasformarla in area agricola in cui impiegare personale femminile. Il progetto è ormai realizzato e al posto di una zona paludosa oggi ci sono orti e piantagioni di
banane e di juca e numerose donne, anche non più giovanissime, hanno iniziato per la prima volta
a lavorare. Ora esse stesse si stanno ponendo l'obiettivo di passare dalla sola produzione alla trasformazione dei prodotti (conserve e confetture) e alla loro distribuzione.
A Cuba sono attivi altri progetti di cooperazione di genere: con la Federazione delle Donne Cubane
si è aperto un Centro anti-violenza e con il Ministero della Sanità si è collaborato ad un progetto
di prevenzione del tumore al seno nelle zone isolate di Granma.
Ultima cosa che mi piace citare a proposito di cooperazione di genere, è il progetto di un centro
antiviolenza realizzato ad Algeri.
Per continuare nella presentazione dell'esperienza veneziana, devo ricordare che dal 1998 è attiva la Consulta delle cittadine per i tempi, la qualità della vita, i servizi della città e la valorizzazione delle differenze, rinnovata lo scorso anno.
E' un organo, naturalmente consultivo, di supporto all'attività del Consiglio Comunale e della
Giunta e agisce attraverso la formulazione di pareri e l'elaborazione di proposte relative alla qualità urbana complessiva e le sue varie articolazioni.
Della Consulta fanno parte le rappresentanti delle realtà associative femminili. Partecipano ai lavori le consigliere comunali, l'assessora, le consigliere di quartiere e di municipalità.
Dicevo all'inizio che a Venezia viviamo un momento critico su questi temi.
Da una parte c'è il tentativo da parte dell'Amministrazione di normalizzare le strutture, omologando il Centro Donna e il Centro anti-violenza agli altri uffici e servizi del Comune. Ciò porterebbe
inevitabilmente alla loro morte.
Dall'altra c'è stata anche la nostra incapacità a rigenerarci, a trovare temi e progetti che siano in
grado di attrarre nuove donne, di essere allettanti anche per le nuove generazioni.
La strada da intraprendere è proprio quella di assumere il tema dello sviluppo sostenibile, tanto più
che proprio su questo a Venezia si sta giocando una partita di enormi proporzioni.
Riuscire a sviluppare una progettualità di genere (per poi portarla al confronto con i giovani, con
il mondo delle associazioni, etc.) sul tema della chimica e della necessaria riconversione di Porto
Marghera rappresenterebbe un contributo fortissimo e costituirebbe, credo, anche un'occasione
di coinvolgimento di nuove donne.
Mi piacerebbe sapere se interessa anche ad altre l'approfondimento di genere su questi temi.
Sarebbe interessante costituire una rete di donne che si misurano con il ridisegno delle aree industriali, con l'esigenza di riconversione, che si pongono l'obiettivo di declinare assieme il bisogno di
occupazione e di sviluppo con quello della sicurezza dell'ambiente.
Sempre sul tema dello sviluppo sostenibile e della necessità di costruire nuove reti fra di noi.
La mia città, al pari di tante altre città d'arte in Italia, Firenze fra tutte, vive da qualche anno una
crisi data dalla sovraesposizione in chiave turistica. Un flusso turistico continuo, ormai spalmato in
tutte le stagioni, in costante, progressivo aumento: 14 milioni di turisti l'anno, contro i 65.000 residenti del centro storico di Venezia. Un presenza invasiva, ancora oggi non governata, che è entrata in conflitto con la "città normale". La capacità di produrre reddito delle attività legate al turismo
non trova concorrenza in altre attività, che vengono inesorabilmente espulse dalla città o che nella
città non trovano più conveniente restarci: prima le attività produttive, poi quelle dei servizi, compresa la Pubblica Amministrazione.
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Credo che questo sia un tema appassionante per noi donne, soprattutto se lo affrontiamo nella
nostra duplice veste: come cittadine delle città d'arte e come turiste consapevoli. In fondo ciò che
apprezziamo da turiste è la complessità dei luoghi (e non, quindi, le città museo). Nei luoghi ci
piace ricercare la traccia della vita di tutti i giorni, non amiamo le città senza radici e senza anima.
E da cittadine pretendiamo di trovare nella città qualità: servizi, trasporti, cinema, luoghi di incontro. Mettere insieme questi bisogni e costruire una riflessione e una progettualità, mi sembrerebbe
interessante e utile.
Ma completo l'illustrazione della nostra esperienza, facendo riferimento a Johannesburg.
In vista del Summit di Johannesburg, si è pensato di costruire un piccolo contributo partendo dalla
specifica esperienza veneziana. Nel maggio del 2002 si è organizzato il Forum Internazionale
Agenda 21 delle Donne: reti saperi e pratiche a confronto per un futuro sostenibile. E' stata un'importante occasione di analisi e di riflessione per le donne di Venezia poste a confronto con le
donne di tante diverse realtà, da quelle brasiliane, a quelle africane, intorno ai temi della globalizzazione, dello sviluppo sostenibile, della democrazia partecipata dal punto di vista di genere.
E' diventata, quindi, conseguenza naturale formare una delegazione composta dalla Presidente
della Commissione Pari Opportunità della Regione Veneto, dall'Assessora alle Pari Opportunità
della Provincia, dalla rappresentante di un'Associazione, dalla responsabile del Centro Donna e
dalla sottoscritta. L'obiettivo era quello di raccogliere informazioni sul campo, partecipare attivamente alla "Tenda delle donne", stringere relazioni con le donne degli altri Paesi, identificare le
buone pratiche cui ispirarsi per iniziative locali.
Johannesburg va richiamata se non altro perché gli unici risultati ottenuti sono ascrivibili alla capacità di fare lobbying delle donne e delle reti delle Autonomie Locali. Lo dico consapevole degli
scarsi risultati raggiunti dal vertice mondiale, dove noi (intese come donne ma anche come rappresentanti delle autonomie locali o della cosiddetta società civile o noi progressiste e progressisti) abbiamo dovuto giocare in difesa, abbiamo dovuto fare catenaccio per evitare che ci portassero via quel po' che eravamo riuscite a conquistare a Rio. Aggiungo che entusiasmante è stato scoprire a Johannesburg la straordinaria forza e vivacità delle donne africane, che hanno moltissimo
da insegnarci se non altro sulla capacità e velocità di praticare quelli che per noi sono obiettivi conclamati da anni ma ancora lontani dall'essere attuati. Mi riferisco alla presenza delle donne negli
organi di governo.
Su questo mi voglio soffermare, perché al di là dell'attualità delle proposte lanciate in questi giorni dal segretario dei DS (assicurare che il 50 % delle Giunte sia formato da donne) resta il triste
dato della presenza - o, meglio, assenza - delle donne nei luoghi della rappresentanza politica.
A Venezia, su 46 consiglieri comunali, solo 5 sono donne.
E' amaro constatare che l'esperienza condotta nel territorio e l'investimento in strutture non abbia
portato all'allargamento delle presenze.
Abbiamo passato il tempo a interrogarci, a proporre azioni positive, a introdurre percentuali. Ci
siamo dilaniate al nostro interno sulle quote. Tutto ciò non ha portato ad alcun risultato. E non
credo che sia più possibile continuare a piangerci addosso o recriminare o gridare allo scandalo.
Ho maturato la convinzione che il problema non sia risolvibile all'interno dell'attuale sistema della
rappresentanza, non tanto perché i maschi sono cinici e bari ma perché le regole attuali sono giunte al capolinea. Il problema vero è che noi, elette ed eletti nei Comuni, nelle Province, nelle
Regioni, alla Camera e al Senato rappresentiamo pochissimo la complessità di quanti vivono nelle
nostre città, nel nostro Paese. Il sistema della rappresentanza non coglie le specificità, le differenze; non sa rappresentare i molteplici soggetti: le donne, i giovani, gli anziani, gli extracomunitari, i
lavoratori, i precari, i disoccupati. Non si misura con i reali bisogni, non conosce i linguaggi, che
sono plurimi, non sa affrontare le complessità.
Emblematico è stato l'anno 2002: il ritorno in piazza di moltitudini; il risveglio della partecipazione,
le sale che traboccavano quando c'è padre Zanotelli o Gino Strada…
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Mara RUMIZ Presidente del Consiglio Comunale di Venezia
A tutto questo corrisponde l'incapacità dei Partiti di cogliere i bisogni, di elaborare proposte, di dare
adeguate risposte. Anzi, i Partiti e le Istituzioni sono sempre più autoreferenziali.
Io penso che quello a cui noi dovremmo guardare non è più soltanto il tema della rappresentanza
delle donne ma, considerando questa paradigmatica di altre specificità, farci carico del problema
complessivo.
Proprio perché abbiamo patito, patiamo, l'esclusione dai luoghi della rappresentanza politica,
abbiamo molto da dire sulla necessità di costruire nuovi scenari e nuove regole per la politica e
per i luoghi della sua rappresentazione. Si tratta di un obiettivo difficile, su cui non abbiamo modelli a cui riferirci. Si tratta, proprio per questo, di raccogliere la sfida, mettendo in campo le nostre
esperienze, i nostri saperi, la nostra passione.
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globalizzazione e vita delle donne
Grazia Francescato Co-portavoce dei Verdi Europei
L'Agenda 21 in Europa
Se siamo qui tutte attente, vuol dire che abbiamo la consapevolezza che il momento è pericolosissimo. Mi fa piacere di essere la prima ed unica famiglia europea che viene rappresentata
da un portavoce donna e da un portavoce uomo, infatti ho un partner maschio che si chiama
Pekka Haavisto, ex Ministro dell'Ambiente Finlandese. In altre parole, in tutte le istituzioni siamo
eletti in 2. Il gruppo Verde al Parlamento Europeo ha un vicepresidente uomo, Daniel CohnBendit, e un presidente donna che è Monica Frassoni. Credo che questo sia un dato importante, credo che questo fatto di essere così fortemente presenti con un forte filone rosa nel verde
non sia estraneo alla capacità che abbiamo avuto in 2 anni, un tempo che è pochissimo in politica, di unire 32 partiti Verdi, dell'est e dell'ovest, e non in maniera così formale come i partiti
comunisti con Bertinotti ma piuttosto con principi guida uniti da un manifesto comune, una
comune campagna europea e da statuti comuni. Questa capacità di tessere delle tele non è
estranea al fatto che c'è una forte presenza della componente donne, fattore assolutamente
necessario perché il momento è pericolosissimo, c'è un ritorno indietro spaventoso e dobbiamo
dirci che il famoso sviluppo sostenibile tanto auspicato ormai è morto e sepolto. E la sepoltura
dello sviluppo sostenibile è avvenuta a Johannesburg. Io sono stata presente alla nascita di questa teoria dello sviluppo sostenibile quando era ancora un'eresia, nell'ormai remoto 1972 -sembrano secoli fa, infatti sono 32 anni-. Ero presente quando è stata formulata questa eresia dello
sviluppo sostenibile, cioè del matrimonio tra ecologia ed economia, che, come dico io, è riuscita a diventare ortodossia nel '92; ero presente quando a Rio de Janeiro, con grande solennità,
156 grandi del mondo hanno sancito la necessità che la sostenibilità diventasse la rotta lungo
la quale tutto il pianeta avrebbe dovuto viaggiare. L'illusione è durata poco, qualcosa è stato
fatto ma è durato poco, basta vedere come è stato faticoso e tormentato il viaggio dei famosi
protocolli di Kyoto, che devono ancora essere implementati, e Johannesburg ha segnato la
sepoltura di tutto. La teoria dello sviluppo sostenibile è diventata un mantra sempre evocato da
tutti quanti, da tutti i documenti dell'ONU e dell'Unione Europea nei quali lo sviluppo sostenibile
viene costantemente evocato ma molto raramente applicato. Nel frattempo, e soprattutto negli
ultimi 4 anni, qualcos'altro è accaduto nel pianeta, e non è un caso che siamo una delle poche
generazioni che ha girato la pagina del secolo testimoniando un cambio di epoca così clamoroso, così eclatante. In questi 4 anni, prendo Settle come momento topico in cui lo spirito dei tempi
è reso visibile, la globalizzazione intesa come mercato è avanzata, ha spiazzato l'intero pianeta, buttando a mare tutte le regole eccetto le regole del mercato per cui qualunque elemento
della nostra vita è diventato merce, a cominciare dai nostri stessi corpi, a cominciare dal nostro
stesso codice genetico, vedi gli OGM - questo impone una riflessione epocale anche al centrosinistra. Noi siamo di fronte a un cambiamento della natura stessa dei diritti, in cui c'è uno strano mix tra la necessità di difendere i diritti arcaici e quello di dimostrare la propria faccia, per
esempio delle donne afghane, o quello di avere accesso all'acqua, di difendere il proprio codice genetico: scusate, ma 10 o 20 anni fa qualcuno di noi pensava che avremmo dovuto difendere il codice genetico? la nostra proprietà? In pratica, siamo a metà strada, con un piede nella
Bibbia e un piede nel 2000; basta vedere le icone delle guerre attuali, in cui da una parte c'è
Osama Bin Laden, vestito come un profeta, però con il kalashnicov in mano, dall'altra c'è l'ipertecnologizzato soldato U.S.A. che utilizza tutte le tecnologie del terzo millennio. Quindi è cambiata la natura stessa dei diritti, ma quello che è cambiato di più è il fatto che il concetto di guerra si è ampliato. Bianca Pomeranzi diceva, visto che ci sono 57 conflitti nel mondo, che non è
soltanto la guerra con le armi che ci preoccupa. Ci preoccupa la guerra economica, cioè il fatto
che tutte le regole sono state spazzate via dalla sola ed esclusiva regola del mercato che trasforma tutto in merce. Questo è un grave problema, guardate che anche il commercio è un'arma di distruzione di massa e non soltanto le bombe più o meno intelligenti; e chi è stato, sicu-
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Grazia Francescato Co-portavoce dei Verdi Europei
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ramente molte di voi, a Settle o a Cancun l'ha visto con i propri occhi, questo è il trend che noi
dobbiamo vedere rispetto ad Agenda 21.
C'è il fatto poi che ormai c'è una prevalenza netta del business sulla politica, non è un caso che
Bush negli Stati Uniti ha un'amministrazione tutta fatta di ex imprenditori del petrolio e delle armi.
Non è casuale questo prevalere sulla politica del business, del mercato; non è casuale questo prevalere del concetto di merce su quello di servizio e di vita stessa, cioè si ha la trasformazione della
vita in merce che implica il cedimento della democrazia. Per la democrazia, la grande battaglia di
questo secolo sarà il confronto tra il potere di questi grandi circuiti finanziari internazionali, spesso
difficili perfino da stanare e identificare, e il potere di noi cittadini, lasciati nudi e crudi dalla mancanza di rappresentatività a livello istituzionale e a livello internazionale. Dove si può attuare la
resistenza? E qui vengo ad Agenda 21. La resistenza, paradossalmente, si attua in questo periodo soprattutto a livello locale; stiamo cercando di farlo anche a livello internazionale anche se è
molto difficile. L'argine a questa spaventosa conquista del mercato della globalizzazione si trova a
livello locale. E credo che questa politica del tassello, cioè mettere assieme tanti tasselli cercando
di creare un mosaico significativo, trovi in Agenda 21 uno strumento molto utile che sto attuando
nel piccolo comune Tricase di cui sono assessore. E' uno strumento che piace alle donne per gli
stessi motivi per cui non piace agli uomini cioè perché non è uno strumento di potere, almeno non
viene percepito come tale, ma è uno strumento di servizio alla comunità. Il 90% di noi quando va
in politica non lo fa per sete di potere, le assatanate di potere sono poche, ma lo fa perché vorrebbe dare, da un lato, un servizio alla comunità e dall'altro fare delle politiche di empowerment per
le donne. L'Agenda 21 va benissimo da questo punto di vista, perché dà un servizio alla comunità e permette l'empowerment dei cittadini, delle donne, di chi partecipa. Il 3° motivo per cui ci piace,
e non è un caso che a livello italiano e a livello europeo quasi sempre siano le donne i motori di
Agenda 21, è perché permette il recupero di un sistema di relazioni, di affetti in generale, dentro
la politica: fattore completamente estinto o distrutto perché in politica il rapporto è gerarchico,
esclusivamente gerarchico e anaffettivo, arido anche dentro il centrosinistra al di là della politica
ricorrente. Invece dentro Agenda 21, proprio come sapete, è previsto il forum, la relazione sullo
stato dell'ambiente; c'è tutto un processo, e come ha descritto molto bene Mara, si tratta di un processo fatto di tante voci, di un multilateralismo estinto a livello mondiale che però in Agenda 21 a
livello locale torna fuori. Ecco che Agenda 21 mette di nuovo in rete i rapporti circolari, non più i
rapporti gerarchici ma circolari, interdipendenti, assolutamente ecologici, perché l'ecologia è quella che ci insegna che tu sai chi è, che ogni cosa è collegata ad altre, che se c'è un mito devastante nel nostro tempo è quello del vincente in cui c'è una piramide in cima alla quale si trova il vincente, in questo caso il nostro Berlusconi. Ma è un modello che torna ovunque ed i perdenti non
si sa che fine facciano; mentre quello che noi dobbiamo fare come donne di Agenda 21 è proprio
ricollocare al centro della politica, non solo in senso istituzionale ma in senso più lato, questa rete
circolare di affetti e sentimenti di partecipazione. Quando si vanno a fare le cose di partito non a
caso ci sono solo 20-30 persone, quando invece si vanno a fare le cose di Agenda 21 c'è una fortissima partecipazione, questo perché si tratta anche di cose concrete e il bisogno di concretezza
è un altro grande bisogno di donne, che sono in grado di elaborare teorie, al contrario di quanto
pensano gli uomini, ma vogliono che queste siano tradotte in fatti concreti. L'ultimo motivo per cui
Agenda 21 piace alle donne e meno agli uomini è perché permette il recupero dei rapporti diretti
in un'epoca virtuale, in cui il mondo dei media ha il sopravvento sulla realtà. E' estremamente
importante rimettere in gioco i 5 sensi, quel tipo di rapporto in cui ci si parla, ci si ascolta, ci si vede,
ci si tocca, e si fanno le cose assieme; riparte questo rapporto autentico di cui c'è uno straordinario bisogno, mentre non a caso gli uomini privilegiano e adorano la macchina, il rapporto con internet tutto purché non ci sia il corpo di mezzo, non sto parlando di tutti gli uomini ma sto parlando
di quelli che hanno rifiutato il ruolo femminile. Se Agenda 21 ha successo o meno nell'attuare questo recupero di rapporti di partecipazione, questo dipende da come la si usa.
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Vi faccio tre esempi. Il primo esempio, a livello planetario, è quello del network cominciato a Settle
e che viene attuato a livello locale, molto spesso tramite Agenda 21, per liberare i territori locali dai
nefasti effetti del gas e degli accordi commerciali. E' chiaro che gli accordi commerciali che si fanno
a Doha piuttosto che a Cancun hanno immediatamente un effetto. Pensate a tutto il dossier agricoltura, al discorso sui servizi, sull'accesso all'acqua, all'istruzione, ai trasporti: quindi in genere si
usa lo strumento di Agenda 21 per contrastare nella pratica degli amministratori locali gli effetti
nefasti della globalizzazione. L'altro esempio che dobbiamo fare è europeo. Sono stata recentemente a Vienna, dove i verdi viennesi che hanno il 14%-32% nel 7° distretto-, hanno organizzato
a dicembre una tre giorni con 500 consiglieri, assessori, sindaci quindi amministratori locali, e in
particolare hanno organizzato una giornata di scambio centrata su Agenda 21 perché soprattutto
lì a Vienna, ma in moltissimi paesi europei soprattutto al Nord e al Centro Europa, viaggiano le
strategie dello sviluppo sostenibile. E' stata un'esperienza estremamente interessante, sopratttutto per alcune cose che hanno ottenuto grazie alla presenza di Monica, un'assessora che si occupa di introdurre nelle strategie comunali tutte le tematiche di genere. Vi dico solo 2 o 3 delle cose
molto belle che hanno fatto, la più interessante riguarda la costruzione di 250 case tutte fatte con
architettura biologica e per il risparmio energetico, poi la costruzione di 240 appartamenti in una
zona che si chiama "carfree" che sono occupati da persone,da coppie e famiglie che vanno ad abitare lì e rinunciano all'uso dell'automobile quindi non c'è bisogno di costruire parcheggi e i soldi
che servirebbero per i parcheggi e le varie attrezzature vengono utilizzati per altri servizi.
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globalizzazione e vita delle donne
Maria Paola AZZARIO CHIESA Presidente Centro UNESCO di Torino
Donne ed Organizzazioni Internazionali
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Il passaggio ad un mondo "globalizzato" è indubbiamente un fenomeno che investe tutte le attrici
e gli attori che sono autrici ed autori delle sue molteplici trasformazioni.
Le donne, l'altra metà del cielo, sono state attive ed indispensabili in ogni momento storico, normalmente le principali fautrici dei cambiamenti in positivo. Scarsa è però sempre stata la loro visibilità, nonché il riconoscimento delle loro azioni, da qui il perdurare di loro lotte e rivendicazioni per
il raggiungimento di una situazione paritaria nel rispetto dei doveri e nell'esercizio dei diritti.
Molto è già stato detto negli interventi che mi hanno preceduta e di cui condivido soprattutto la raccomandazione di "non abbassare la guardia".
Mi è stato chiesto di introdurre (non posso far altro nei dieci minuti che rimangono) la tematica del
rapporto tra le donne e le organizzazioni Internazionali.
Premesso che l'ONU e le organizzazioni che ad essa fanno capo stanno attraversando il periodo
di crisi e di riorientamento a tutti noto, dalla lettura dei documenti che si sono susseguiti, dal 1945
ad oggi, si può brevemente tracciare l'evoluzione dell'interesse nei confronti del soggetto donna.
Negli anni 50-60 i Grandi Programmi delineavano macro problemi quali la ricostruzione di scuole,
ospedali, edifici pubblici per l'Europa, ed ancora: l'analfabetismo, la fame, la povertà, la carenza di
acqua, l'attenzione all'ambiente, principalmente per i Paesi in via di sviluppo, senza indicazioni
specifiche dei soggetti sui quali e con i quali intervenire.
A decolonizzazione avvenuta si inizia a parlare anche di gruppi da tutelare e, almeno così è nei
documenti UNESCO, le donne sono per lungo tempo inserite nel gruppo dei "soggetti sfavoriti" e
la richiesta è quella di riservare loro programmi, principalmente di assistenza.
Sin dal 1953, per altro, l'ONU emana la "Convenzione internazionale per i Diritti politici delle
donne" (ricordiamo che in Italia il voto alle donne risale a pochi anni prima) e nel 1962 un'importante "Convenzione sul consenso della donna al matrimonio, l'età minima e le prassi di registrazione" (entrata in vigore, con molte controversie solo nel 1964).
La "Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne"
del 1979 segna un notevole traguardo delle lotte femministe che hanno ormai consolidato un movimento mondiale che ha il suo culmine con il Congresso Mondiale di Pechino nel 1995, il primo
sulla condizione femminile a 360°.
A Pechino si riconferma l'attenzione alla realtà di genere ed alla necessità di assicurare parità tra
uomo e donna in tutto il mondo.
Ciò ha comportato che le varie Agenzie Internazionali dichiarassero il tema di genere un tema "trasversale" e come tale, da considerare ed inserire ogni volta che si affronta una problematica, si
raccolgono dati di realtà, si stende un Progetto di attività.
Contemporaneamente cresce il numero delle funzionarie occupate nelle Organizzazioni ed anche
nelle ONG che lavorano sul terreno. Ciò favorisce una riflessione dall'interno ed una maggiore
tutela dei diritti, ma non fa diminuire la necessità, da parte della donna, di vigilare per essere ricordata e tutelata.
Vorrei portare l'esempio di un fatto vissuto in prima persona: nel 1999 l'UNESCO realizza la
Conferenza Mondiale "La scienza nel XXI secolo: un nuovo impegno" a Budapest.
La preparazione, molto accurata, ha visto l'organizzazione di 5 Fora per le donne scienziate in
Africa, Asia, America Latina, Europa e Mediterraneo1. Ogni Forum si concluse con una
Dichiarazione che, a partire dall'enunciazione di problemi, elencava richieste ritenute indispensabili ad un miglioramento della condizione della donna nel campo della scienza, nei diversi continenti.2
Ciononostante la bozza del Piano d'Azione della Conferenza non comprendeva nulla di specifico
a favore delle donne.
Inoltre il Programma stesso della Conferenza aveva in calendario un'unica Tavola Rotonda, tutta
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
al femminile, durante la quale le maggiori scienziate mondiali, in tre ore, potevano esporre il proprio punto di vista.
La fortuna di poter partecipare nella delegazione ufficiale italiana, ai lavori di Budapest, mi ha consentito di lavorare per quattro notti, a fianco delle rappresentanti degli altri paesi, per riuscire ad
inserire il paragrafo 90 nel Piano d'Azione definitivo, paragrafo di sintesi delle richieste e proposte
pervenute dai Fora e dalla Tavola rotonda: si trattava del paragrafo 90 su 96!!
Ancora, i documenti finali della Conferenza sottolineano l'urgenza per la scienza di recuperare il
proprio valore etico presso la cittadinanza a livello mondiale ed assegnano questo compito, principalmente alle donne.
In che modo? Attraverso un'educazione delle bambine e delle giovani donne che arrivi a mettere
in luce come l'educazione alla scienza sia la garanzia per il futuro dell'umanità. Le donne poi formeranno i propri figli e mariti.
Per continuare il discorso di chi mi ha preceduto le grandi occasioni di incontro sono importanti se
da esse si traggono spunti ed incentivi per i progetti locali, i quali riprendono i grandi ideali, li verificano con la realtà locale e li concretizzano in azioni che mobilitano persone e risorse del territorio.
In quest'ottica abbiamo operato perché il paragrafo 90 non rimanesse l'esempio di una rivendicazione fine a se stessa.
Abbiamo offerto all'UNESCO di realizzare a Torino, come Centro UNESCO e Forum Internazionale
delle Donne del Mediterraneo, alcune delle richieste del paragrafo 90 e, principalmente, la rete
internazionale di donne scienziate. Abbiamo così creato il Programma Ipazia3, dal nome della
matematica filosofa alessandrina del V secolo, uccisa a causa della propria libertà di pensiero ed
azione. L'intento è stato quello di costituire una rete internazionale di donne scienziate e tecniche
che si scambino sì notizie sulle reciproche ricerche e/o dati tecnici, ma siano anche stimolate a
riflettere sulla specificità del proprio ruolo, sull' importanza e sulle responsabilità che questo comporta.
Se si pensa che grazie alla scienza, fra un decennio, i bambini potrebbero essere principalmente
il frutto di una provetta, i cibi fabbricati in laboratorio, le armi chimiche diffuse ed usate su larga
scala, per citare solo alcuni degli usi negativi della scienza e della tecnica, è indispensabile riconoscere e praticare la propria responsabilità e l'essenzialità del proprio apporto.
Nelle Tavole rotonde organizzate a Melbourne, Sydnei, Torino, Pechino, Ouagadogou, Rabat tra
scienziate italiane e del luogo, abbiamo dibattuto questi temi. Abbiamo incontrato persone che
sostanzialmente denunciavano gli stessi problemi di casa nostra, cioè la scarsa rilevanza delle
donne, ma diverso era il modo di affrontare la realtà e cercare soluzioni. Ci ha colpito il grande
entusiasmo delle donne dell'Africa quando abbiamo lavorato con loro durante i tre giorni del settembre del 2003. Le esponenti dei 9 paesi dell'Africa Occidentale convenute erano di altissimo
livello tecnico e anche di profonda umanità, con una grande capacità di coinvolgimento delle proprie allieve e dei propri collaboratori sui temi femminili.
Analoga situazione l'abbiamo riscontrata in Marocco quando, a dicembre del 2003, abbiamo riunito le rappresentanti dei paesi del sud del Mediterraneo per un'altra Tavola Rotonda. Si trattava di
valutare, ad un anno dal termine del programma di formazione di formatrici, da noi attuato a Torino
dal 2000 al 2002, che cosa fosse rimasto dell'esperienza.
I 20 gruppi nazionali di donne scienziate, formate in Algeria, Albania, Egitto, Marocco, Tunisia,
Libano, Palestina, Giordania, Turchia, Siria, si sono presentate con i rapporti di altrettanti progetti
realizzati per un coinvolgimento, in totale, di 3.000 donne.
Le 80 formate a Torino sono state in grado di trovare l'appoggio delle istituzioni locali per la realizzazione dei loro progetti per la formazione di medici, ragazze, madri, sui temi dell'uso quotidiano
della scienza e della tecnica.
Durante le settimane di formazione a Torino era stato difficile far accettare che la formazione era
globalizzazione e vita delle donne
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Maria Paola AZZARIO CHIESA Presidente Centro UNESCO di Torino
finanziata dal MAE, mentre la realizzazione dei progetti, da loro creati, sarebbe stata a loro carico. Durante la formazione le abbiamo indirizzate a stendere progetti che potevano essere realizzati privilegiando l'utilizzo delle risorse presenti sul territorio e attraverso una migliore conoscenza
delle istituzioni. La riflessione sui concetti di solidarietà e cooperazione, differenti da quelli di assistenza e dipendenza era stata faticosa e contrastata, ma alle fine le donne avevano capito ed i
risultati ci davano ragione!!
Il risultato tangibile è che in questo momento ci sono 20 progetti di formazione in questi 10 paesi
del Mediterraneo, riferiti all'ambiente e alla salute della donna che si stanno sviluppando da 2 anni,
grazie al lavoro di gruppi di donne che lavorano alla ricerca di soluzioni locali, sfruttando le risorse locali.
Vorrei concludere questo mio intervento con il motto che ha accompagnato l'esperienza dei corsi
di formazione, che ho preso a prestito da un premio Nobel:
"Solamente chi è capace di sognare l'impossibile è capace di realizzare il possibile!"
Auguri a tutte e tutti noi.
34
1
L'incontro avvenne a Torino nel gennaio del 1999 acura del Centro UNESCO e del Forum Internazionale delle Donne del Mediterraneo, con la
collaborazione di tutte le istituzioni, strutture di parità ed ONG piemontesi e nazionali.
V. www.womensciencenet.org.
3 Oggi il Programma è consolidato nel Centro Ipazia, rete internazionale di donne e scienza, per ricerche, studi e formazione nel Mediterraneo e
Balcani.
2
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Primo laboratorio
Strumenti di programmazione
degli enti pubblici e strategie aziendali
per promuovere la sostenibilità ambientale,
sociale e di genere
globalizzazione e vita delle donne
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Laura Franzos Componente del Comitato Pari Opportunità INAIL
LA RESPONSABILITA’ SOCIALE COME STRATEGIA DI UN ENTE PUBBLICO
EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI RISCHIO: IL SISTEMA DI TUTELA SI EVOLVE VERSO
FORME DI TUTELA INTEGRATA. RILEVANZA DEL LAVORATORE RISPETTO AL DANNO
Estensione della tutela a soggetti che esulano dal rapporto di subordinazione:
•casalinghe
•Parasubordinati
•Dirigenti
•sportivi professionisti
Estensione dell’indennizzo non solo al danno lavorativo ma anche al DANNO BIOLOGICO.
Rilevanza ai sistemi di riabilitazione e reinserimento degli invalidi.
36
PROTOCOLLI DI INTESA con SSN Per:
•migliorare la qualità di vita degli invalidi
•realizzare un “Modello di Eccellenza “
I
EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI RISCHIO: IL SISTEMA DI TUTELA SI EVOLVE VERSO
FORME DI TUTELA INTEGRATA. RILEVANZA DEL LAVORATORE RISPETTO AL DANNO
Estensione della tutela a soggetti che esulano dal rapporto di subordinazione:
•casalinghe
•Parasubordinati
•Dirigenti
•sportivi professionisti
Estensione dell’indennizzo non solo al danno lavorativo ma anche al DANNO BIOLOGICO.
Rilevanza ai sistemi di riabilitazione e reinserimento degli invalidi.
PROTOCOLLI DI INTESA con SSN Per:
•migliorare la qualità di vita degli invalidi
•realizzare un “Modello di Eccellenza “
IMPORTANZA DEL SISTEMA DI PREVENZIONE PER ELIMINARE O RIDURRE IL RISCHIO
prima che possa nascere
•Finanziamenti agevolati per le “AZIENDE SICURE”
•Adozione di una logica di “WELFARE ATTIVO”
con interventi diretti alla formazione ed alla informazione dei lavoratori
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
LA QUALITA’ DEL SERVIZIO:
L’ENTE FOCALIZZA L’ATTENZIONE SUI PRINCIPI DELLA QUALITA’ DEL SERVIZIO;
IL CITTADINO – CLIENTE AL CENTRO DEL SERVIZIO AGENDO CON CRITERI DI
ECONOMICITA’ EFFICIENZA ED EFFICACIA;
NON SOLO IL RISPETTO DELLA “ QUALITA’ TECNICA” DEL PRODOTTO/SERVIZIO PER
LEGITTIMITA’ E CORRETTEZZA FORMALE MA SERVIZIO COME SODDISFAZIONE DEL
CITTADINO-CLIENTE.
VERSO LA RESPONSABILITA’ SOCIALE…
LA MAPPA DEGLI STAKEHOLDER
•LAVORATORI
•DATORI DI LAVORO
•INFORTUNATI
•RAPPRESENTANTI DEI CLIENTI/UTENTI
•FORNITORI
•ALTRE P.A.
•RISORSE UMANE
EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI RISCHIO: IL SISTEMA DI TUTELA SI EVOLVE VERSO
FORME DI TUTELA INTEGRATA. RILEVANZA DEL LAVORATORE RISPETTO AL DANNO
Estensione della tutela a soggetti che esulano dal rapporto di subordinazione:
•casalinghe
•Parasubordinati
•Dirigenti
•sportivi professionisti
Estensione dell’indennizzo non solo al danno lavorativo ma anche al DANNO BIOLOGICO.
Rilevanza ai sistemi di riabilitazione e reinserimento degli invalidi.
PROTOCOLLI DI INTESA con SSN Per:
•migliorare la qualità di vita degli invalidi
•realizzare un “Modello di Eccellenza “
IMPORTANZA DEL SISTEMA DI PREVENZIONE PER ELIMINARE O RIDURRE IL RISCHIO
prima che possa nascere
•Finanziamenti agevolati per le “AZIENDE SICURE”
•Adozione di una logica di “WELFARE ATTIVO”
con interventi diretti alla formazione ed alla informazione dei lavoratori
globalizzazione e vita delle donne
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Laura Franzos Componente del Comitato Pari Opportunità INAIL
IL CPO E LA FORMAZIONE
•Formazione per le componenti del CPO
•Azioni formative per Dirigenti e quadri
•Interventi formativi mirati alle donne
•AZIONI FORMATIVE DA SVILUPPARE:
•Formazione manageriale
•Formazione al femminile
•Simulatore Pari Opportunità
AZIONI FORMATIVE DA SVILUPPARE:
•Destinatari: personale assente per + di 30 gg. per malattia o cura della famiglia
Obiettivi:
•Gestire con percorsi formativi e informativi il periodo di assenza dal lavoro
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•Facilitare il rientro e il reinserimento con formazione assistita da un tutor
•Favorire la conciliazione del doppio ruolo con il telelavoro
•Offrire un supporto tecnico-normativo con l’opuscolo “Quando arriva un bambino”
TELELAVORO:
•Destinatari: dipendenti con esigenze di cura di figli minori di otto anni o di familiari conviventi
•Scopo: consente di conciliare le esigenze del personale e dell’amministrazione
•Caratteristiche: MASSIMA FLESSIBILITA
LA BANCA DEL TEMPO:
PROGETTO SPERIMENTALE PRESSO LA DIREZIONE GENERALE…
In futuro potrebbe essere ampliato ad altre realtà INAIL
ASILI NIDO – BABY PARKING LUDOTECHE:
•Scopo: intensificare i servizi sul territorio vicino ai luoghi di lavoro
•PROGETTO SPERIMENTALE PRESSO LA DIREZIONE Regionale CAMPANIA
RIEQUILIBRIO DELLA PRESENZA FEMMINILE NELLE CARRIERE. COME?
•Proporre questionario alle donne dirigenti candidate a promozioni e ai Dirigenti titolati ad affidare
incarichi di vicariato
•Evidenziare i problemi organizzativi ed elaborare nuovi modelli per la P.A.
•Elaborare un prodotto multimediale per la diffusione della cultura della parità
•Obiettivo finale: avviare un sistema in controtendenza negli incarichi propedeutici alle promozioni.
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
PROGETTO DONNA SALUTE LAVORO
OBIETTIVO: DIFFONDERE LE CONOSCENZE SULLE SPECIFICITA’ DEI RISCHI PROFESSIONALI DELLE
DONNE
PRODOTTI DEL PROGETTO:
* BANCA DATI AL FEMMINILE
* PUBBLICAZIONE “LA LAVORATRICE IN GRAVIDANZA: IL RISCHIO, LA PREVENZIONE, LA TUTELA
CODICE DI CONDOTTA IN CASO DI:
MOLESTIE SESSUALI
VIOLENZE MORALI
PERSECUZIONI PSICOLOGICHE
COMUNICAZIONE:
IL CPO E’ PRESENTE SUL SITO INAIL www.inail.it E SULLA INTRANET AZIENDALE
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•IL PROSSIMO FUTURO: LE PROPOSTE DI MIGLIORAMENTO
MIGLIORARE I TEMPI DI EROGAZIONE DELLE PRESTAZIONI
MONITORARE GLI EVENTI INFORTUNISTICI
POTENZIARE LE SINERGIE PER LA PREVENZIONE
AMPLIARE LA FUNZIONE SANITARIA
VALORIZZARE LE DIFFERENZE DI GENERE
globalizzazione e vita delle donne
Teresa BRUNERI Coordinatrice progetto “gender budgeting” Provincia di Genova
Il bilancio di genere, uno strumento per integrare la trasversalità pari opportunità
nella programmazione dell'ente pubblico.
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La Provincia di Genova ha istituito nel 2001 l'ufficio pari opportunità all'interno del Servizio Politiche del
Lavoro per sviluppare proposte concrete e indicazioni progettuali per meglio rispondere alle donne
disoccupate in cerca di lavoro utilizzando le possibilità derivanti dai fondi dell'Unione Europea.
Obiettivo dell'Ufficio è stato promuovere, sviluppare e gestire progetti innovativi non solo in merito
a contenuti o metodologie formative, ma anche per interventi sul contesto culturale e sociale di cittadini, istituzioni ed aziende partendo dall' assunto che : l'aumento dell'occupazione è direttamente legato alla possibilità di conciliare vita familiare e professionale
Se non si affrontano e risolvono nella società gli ostacoli sia culturali sia pratici all'inserimento ed
alla permanenza delle donne nel lavoro, se concretamente non si danno risposte in termini di conciliazione vita-lavoro, ogni sforzo motivazionale, orientativo e formativo è destinato ad un basso
tasso di risultato, generando anzi un effetto boomerang di demotivazione, frustrazione e depauperamento delle risorse umane femminili.
Con la riforma del collocamento e con le nuove liste di disoccupati alla ricerca attiva di lavoro, oggi
sappiamo che nella provincia di Genova gli iscritti ai Centri per l'Impiego sono circa 40.000 , il 70%
dei quali è rappresentato da donne di cui con più di 35 anni circa 7.000 che risultano inoccupate;
si tratta quindi presumibilmente di una parte consistente di lavoratrici mai in regola.
La sfida che questi numeri ci pongono è elevata e la risposta che la Provincia ha scelto è quella
di essere promotrice e regista del dialogo fra la realtà del lavoro femminile, le imprese, le organizzazioni dei lavoratori, la programmazione degli EE.LL., all'interno di un processo virtuoso, perché
consapevole e condiviso, di sviluppo locale.
E' nata quindi la necessità di elaborare nuovi e più efficaci strumenti di progettazione nelle politiche locali, che si integrino per rapportare l'azione politica della Provincia con i Comuni che operano nei servizi dedicati al sociale e nel sostegno della famiglia.
Il tema conciliazione vita/lavoro ed il tema qualità/sostenibilità del lavoro rappresentano quindi il
focus dell'attività dell'ufficio e si articola attraverso diversi progetti, fra cui l'analisi di genere del
Bilancio pubblico
L'Analisi di genere dei Bilanci Pubblici
Le attività messe in atto rivolte allo sviluppo di azioni positive aziendali, le attività formative mirate
all'inserimento lavorativo e le misure di accompagnamento a sostegno dell'inserimento delle disoccupate nel lavoro , si sono intrecciate con l'iniziativa dello studio del bilancio del Comune di Sestri
Levante; nel febbraio 2003 i risultati del nostro lavoro sono stati portati all'attenzione delle parlamentari della Commissioni Diritti delle Donne e P.O. del Parlamento Europeo, nel corso di un'audizione a cui hanno partecipato anche le colleghe del Governo Basco, dell'Istituto Emakunde.
Recentemente , nel novembre u.s., l'esperienza svolta a Genova è stata illustrata tra le esperienze innovative nel corso di un convegno del Ministero delle P.O. nell'ambito delle iniziative del
semestre italiano di presidenza dell'Unione Europea.
Poche sono le sperimentazioni in corso sull'applicazione ai bilanci pubblici delle teorie economiche a cui hanno dato il loro originale apporto le docenti economiste italiane che hanno organizzato nel 2000, per conto del Ministero P.O. e la Commissione P.O. nazionale il primo convegno italiano sul tema dell'analisi di genere dei bilanci, confrontando le esperienze ormai avviate a partire
dall' Australia.
Nel Parlamento Europeo la questione relativa ai finanziamenti che tengano conto della prospettiva di genere è stata sollevata per la prima volta nel 2001 e nella recente risoluzione del
Parlamento del 17 dic. 2003 troviamo tra gli obiettivi di programma sulle pari opportunità per le
donne e gli uomini nell'Unione Europea, al punto 18 :
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
" sottolinea l'importanza di una positiva attuazione della strategia quadro per la parità tra donne e
uomini, facendo riferimento alle priorità fissate per il 2003/2004 - le donne nel processi decisionale - evidenzia la necessità di promuovere la presenza delle donne nei luoghi decisionali del mondo
economico pubblico e privato; ribadisce la necessità che il piano di azione della strategia quadro
per la parità si focalizzi sulla promozione del gender mainstreaming nei settori economici, usando
azioni e strumenti specifici tra cui il gender budgeting;"
Le esperienze in corso hanno affrontato le problematiche del genere a livello statale o tutto al più
regionale; mancava però un punto di riferimento concreto per poter operare questo tipo di analisi
ad un livello territoriale più circoscritto, quale può essere un Comune o una Provincia.
Il Gender budgeting non riguarda l'elaborazione di un bilancio separato per le donne, esso riguarda piuttosto gli effetti del bilancio generale sulle pari opportunità per donne e uomini nel loro complesso.
Lo studio della Provincia di Genova è iniziato in via sperimentale nel 2002 utilizzando la disponibilità del Comune di Sestri Levante, ed è stato da subito messo in rete e relazione con diversi
interlocutori e livelli (dalla commissione Europea alle altre Province) consapevoli della sua caducità se fosse rimasto un'esperienza isolata, senza possibilità di essere riprodotto in altre realtà locali, per diventare uno strumento condiviso di valutazione e analisi dell'azione politica.
In tale direzione valutiamo come risultati importanti sul piano istituzionale i Protocolli d'Intesa che
sono stati firmati con la Provincia di Siena e Modena, il Protocollo firmato a novembre con il
Comune di Genova e le future possibilità di allargamento dell'intesa ad altri Enti Locali al fine di
costituire una consistente rete di Istituzioni che intende o sta già sperimentando la propria attività
in merito all'analisi di genere del bilancio pubblico.
La scelta di affrontare questa tematica a livello locale è interessante anche rispetto alle prospettive dello sviluppo istituzionale in senso federalista e del conseguente aumento delle competenze
attribuite agli Enti Locali.
Infatti il bilancio di genere, così come il bilancio sociale rappresenta uno strumento di vicinanza, di
riavvicinamento fra la società civile e le istituzioni, perché attraverso questo strumento di partecipazione si rimettono in circolo quei legami di fiducia e di confronto che è l'humus senza cui non
può essere vincente alcuna politica per le pari opportunità.
La metodologia della ricerca
I criteri dell'analisi sono quelli richiamati dalla teoria del "gender budget analysis" - equità, efficienza, trasparenza e consapevolezza-.
Per "equità" si vuole sottolineare l'apparente neutralità delle decisioni di bilancio, poiché le spese
maggiormente importanti per il genere sono di tipo corrente, possono essere, prima di altre, oggetto di eventuali tagli, generando quindi una non equa azione politica rispetto ai generi.
Con "l'efficienza" si vuole offrire una migliore conoscenza del proprio territorio e quindi raggiungere un ottimale impiego delle risorse ed un miglior coordinamento tra gli enti competenti.
Per "trasparenza" si intende l'esigenza di evidenziare nel quadro di un bilancio e di una complessiva azione politica, da questo rispecchiata, le aree di intervento maggiormente interessate dalla
disparità di genere e i margini di discrezionalità di esse.
La "consapevolezza" implica la necessità che gli amministratori siano partecipi di questa iniziativa,
ne condividano le finalità, in modo da aggiungere la prospettiva di genere tra gli strumenti di decisione, programmazione, della loro azione politica. Si richiede quindi che operino una riflessione
critica delle loro scelte nell'ottica di genere, appunto, e si impegnino in una più consapevole discussione, per l'assegnazione delle risorse di bilancio tra gli assessorati.
La valutazione della attività dell'Ente rispetto a queste categorie cerca di rappresentare di fronte
alla collettività l'impatto sociale rispetto al territorio di riferimento, elemento difficilmente leggibile
attraverso i documenti contabili e amministrativi di bilancio.
globalizzazione e vita delle donne
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Teresa BRUNERI Coordinatrice progetto “gender budgeting” Provincia di Genova
** Nell'indagine della Provincia di Genova per sviluppare un set di indicatori in grado di rappresentare la sostenibilità locale (conclusa nel giugno 2003) si fa riferimento a 4 indicatori tra quelli comuni europei volti a definire il percorso verso il profilo sostenibile locale:
1) soddisfazione dei cittadini con riferimento al contesto locale
2) mobilità locale e trasporti passeggeri
3) spostamento casa-scuola dei bambini
4) conoscenze e acquisto dei prodotti sostenibili da parte dei consumatori
42
Agenda 21**
La finalità della ricerca non sono le valutazione sulle azioni di bilancio, ma la proposta di spunti
critici per le decisioni di politica di bilancio e nella locazione delle risorse.
Ci siamo dati l'obiettivo di portare a termine un modello, che chiaramente potrà essere ulteriormente sviluppato, ulteriormente approfondito e questo è il proseguo del lavoro che ci vogliamo porre.
Abbiamo voluto fare un passo avanti, non solo dare una impostazione metodologica ma vedere,
applicandolo su un caso concreto, che tipo di indicatori potevamo trarne, che tipo di metodologia
di lavoro trasferibile ed ampliabile, potevamo portare avanti.
I destinatari principali della ricerca sono gli amministratori locali dell'ente. Ulteriori soggetti destinatari della ricerca sono gli amministratori degli altri enti locali (Provincia, Regione, Asl), ai quali si
suggeriscono valutazioni di genere nella definizione delle competenze dei rapporti di potere tra
enti, per ottenere un miglior coordinamento delle politiche, delle varie istituzioni ed un più efficiente utilizzo delle risorse.
Ultimo, ma non meno rilevante, destinatario è la cittadinanza, la comunicazione dell'operato di un
ente rispetto al genere, offre un ulteriore elemento di valutazione utile nelle decisioni elettorali.
Il nostro obiettivo è stato quello di creare i presupposti, all'interno del sistema dei decisori politici,
per costruire un processo condiviso da tutti per una rilettura dei bilanci di una chiave di genere.
I Contenuti della ricerca
Il punto di vista di questo tipo di ricerca è volutamente parziale, non si prendono in considerazione le molteplici attività svolte dall'Ente Locale, ma in via prioritaria quelle direttamente o indirettamente connesse al genere, per evidenziarne le problematiche.
Peraltro, questa modalità di lavoro, oltre che a rispondere ai bisogni concreti dei cittadini, li considera con bisogni diversi fra loro, diversi non solo per le generazioni, ma soprattutto per il genere.
Lo studio ha quindi scelto di riferirsi ad un target femminile, compreso nelle fasce di età lavorative
contemporaneamente impegnate nel lavoro di cura domestico, ritenendosi tale parte di popolazione principalmente coinvolta nella difficile sfida di conciliare lavoro e famiglia.
Il metodo prevede l'analisi e la comparazione della domanda potenziale di servizi con l'offerta esistente in modo da individuare dei margini di miglioramento nonché degli spunti di riflessione per la
formazione del bilancio di previsione.
Al fine di individuare la domanda potenziale di servizi occorre descrivere la popolazione secondo
variabili demografiche, lavorative, occupazionali e reddituali.
Per ricondurre ogni tipo di analisi al nucleo famigliare e cogliere l'impegno delle donne al suo interno
si individuano 4 fasce di età : nella fascia più ampia , quella compresa tra i 19 e 59 anni è inserita la
popolazione attivamente impegnata sia nel mondo del lavoro che nell'attività di cura della famiglia.
Il decennio in cui si riscontrano le principali difficoltà è quello tra i 29 e i 39 anni, periodo nel quale
si formano le famiglie e si verifica il picco di difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia che
decresce progressivamente lungo il periodo successivo (40-50).
La fascia successiva dai 60 agli 80 può considerarsi come l'area di supporto e assistenza che si
dedica al lavoro di cura dell'infanzia, dell'adolescenza e degli anziani senza essere impegnata nel
mondo del lavoro.
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
Pur uscendo dal mondo del lavoro si è infatti ancora attivi per poter fornire un sostegno alle famiglie dei figli e contemporaneamente supportare i parenti anziani della famiglia d'origine.
Le fasce d'età restanti quella da 0-18 anni e quella in cui rientra la popolazione utraottantenne,
comprendono la popolazione oggetto di cure che a seconda dell'età genera bisogni diversi sia nel
bambino che nell'anziano.
All'interno di ogni area vengono analizzati lo stato civile, le relazioni parentali, la composizione
quantitativa-qualitativa della famiglia.
Per valutare l'offerta dei servizi è necessario procedere ad una riclassificazione del bilancio per
aree tematiche individuando quali sono le aree direttamente inerenti al genere, quelle indirettamente inerenti al genere, le aree ambientali e quelle neutrali.
Al livello più alto vengono collocate le iniziative specifiche, direttamente atte ad agevolare la conciliazione tra lavoro e famiglia come gli incentivi alle donne sulla base del reddito, per la disoccupazione o le azioni mirate all'ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Allo stadio immediatamente successivo si colloca l'area degli interventi indirettamente mirati al sostegno del lavoro, in quanto in grado di compensare le disuguaglianze dovute al diverso ruolo all'interno della famiglia attraverso l'offerta di attività dedicate all'infanzia, all'adolescenza o agli anziani.
Si collocano in terza posizione le cosiddette aree ambientali che incidono su aspetti del territorio
particolarmente sensibili anche dal punto di vista di genere: la buona viabilità ed i trasporti influenzano l'organizzazione delle varie attività di una famiglia; la cura e la qualità dell'ambiente circostante e la possibilità di usufruire di parchi ed aree verdi rendono indubbiamente più agevole la vita e
l'assistenza per bambini ed anziani.
Le aree tematiche così definite (nel bilancio riclassificato) vengono analizzate singolarmente in
modo da poterle confrontare con le esigenze della popolazione già rilevate dall'analisi delle banche dati.
Per le descrizioni dei servizi si utilizzano delle schede dettagliate che mostrino per esempio le
strutture dedicate, la modalità di gestione, le modalità di erogazione del servizio, il personale
impiegato, cercando di cogliere tutti gli elementi utili che l'utente potrebbe richiedere al momento
di manifestare la domanda di accesso al servizio.
La ricerca procede quindi sia sul fronte dell'analisi della domanda che su quello dell'offerta dei singoli servizi incrociandoli anche attraverso degli indici specifici per il genere che permettano di analizzare l'attività svolta e diano un quadro di sintesi del lavoro.
Gli Sviluppi dell'analisi
Al momento attuale stiamo applicando la metodologia di analisi sul bilancio del Comune di Genova
(650.000 abitanti), e stiamo scambiando informazioni e progettualità con altre Province e Comuni
interessati e la rete delle consigliere di parità regionali ( Lombardia e Piemonte).
In collaborazione con ISFOL, Provincie di Modena e Siena, stiamo indagando l'impatto di genere
dell'utilizzo dei fondi del F.S.E. Ob. 3 per tutte le misure, dei trasferimenti di fondi regionali, dei
fondi propri della Provincia dedicati alle politiche formative del lavoro.
E' evidente che nel proseguo di questa attività si amplia lo scenario dei percorsi, delle banche dati
incrociabili, degli indicatori di genere possibili.
globalizzazione e vita delle donne
43
Paolo NATALI Dirigente Settore Ambiente della Provincia di Bologna
Il bilancio ambientale della Provincia di Bologna, uno strumento per integrare la trasversalità “ambiente” nella programmazione dell’ente pubblico
Integrazione degli strumenti per la sostenibilità: la “cassetta degli attrezzi”
Rapporti sullo stato dell’Ambiente
Indicatori sintetici olistici: Energia e
Impronta ecologica
Valutazione di Impatto Ambientale
Valutazione Ambientale Strategica
Integrazione degli strumenti per la sostenibilità: la “Cassetta degli attrezzi”
Agenda 21 Locale:
Processo attraverso il quale gli Enti Locali operano in collaborazione con tutti gli attori della
comunità locale per perseguire la Sostenibilità
Progetto LIFE TANDEM
Azione pilota per la promozione di EMAS presso gli Enti Locali che operano a vasta scala in
Tandem con Agenda 21 Locale
Progetto LIFE CLEAR
Primo progetto di Contabilità ambientale applicata agli Enti Locali per l’approvazione di “Bilanci
Ambientali”
44
Obiettivi:Trasversalità dell’Ambiente nelle politiche
–
Informazione, partecipazione e trasparenza
–
Miglioramento delle performances ambientali
–
Controllo dell’efficacia della spesa ambientale
PROGETTO LIFE “TANDEM”
Tandem tra istituzioni che operano sullo stesso territorio
(Comune – Provincia)
Tandem tra E.M.A.S. ed AGENDA 21 L
Tandem tra pubblico e privato
- Il Progetto ha come finalità quella di definire una metodologia applicabile da parte di una
P.A. che intenda registrare tutta o parte della propria organizzazione secondo il
regolamento EMAS, esplicitando le sinergie e le differenze tra istituzioni diverse che
operano sul medesimo territorio (es.Provincia e Comune capoluogo) ed evidenziando i
legami con il processo di Agenda21 L
- Workshop conclusivo febbraio 2004
- Registrazione EMAS dell’organizzazione “Provincia di Bologna” entro giugno 2004
PROCESSO DI AGENDA 21 LOCALE
Coinvolgimento degli Stakeholders provinciali nella definizione del Piano d’Azione
Locale
Impegno dell’Amministrazione e degli Stakeholders per la realizzazione di Azioni e
progetti Sostenibili per il Territorio:
Progetti dei Gruppi di Partnership
Piano Operativo della Provincia di Bologna
Focus trasversali di Agenda 21 (Ag 21 a scuola, Ag 21 nei parchi, Acquisti verdi)
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
•PROGETTO LIFE CLEAR
Contabilità Ambientale
Il Progetto, sperimentale rispetto alla prevista legge quadro in materia di contabilità ambientale, si
propone l’approvazione da parte di una ventina di enti partners, di un bilancio ambientale avente lo scopo
di documentare sia dal punto di vista fisico che economico-finanziario, la politica ambientale dell’Ente
stesso.
PROGETTO CLEAR: I PARTNER
Comune di Ferrara
Comune di Cavriago
Comune di Bergeggi
Comune di Ravenna
Comune di Reggio Emilia
Comune di Rovigo
Comune di Pavia
Comune di Varese Ligure
Comune di Castelnovo ne’ Monti
Fasi
Impostazione
operativa e
avviamento
1.1 Piano operativo e Kick-off
Comune di Grosseto
Comune di Modena
Comune di Salsomaggiore
Provincia di Bologna
Provincia di Ferrara
Provincia di Napoli
Provincia di Torino
LES ECOMAIRES
Regione Emilia Romagna
45
Sperimentazione
locale
2.1. Definizione del Gruppo di lavoro
locale, politiche, programmi e impegni;
definizione dell’ambito di applicazione
2.2. Identificazione degli interventi
ambientali, loro monetizzazione e
riclassificazione della spesa
Sottofasi
1.2. Mappatura degli
attori e dei dati per il
territorio di riferimento
1.3. Inquadramento
dati, indicatori e analisi
domanda esistente
2.3. Definizione mappa stakeholders
locali e loro coinvolgimento nella
identificazione degli aspetti ambientali
di maggiore significatività
Integrazione delle
esperienze:
il metodo CLEAR
Diffusione
3.1. Valutazione dei risultati
della sperimentazione
4.1. Sito web e
newsletter
3.2. Elaborazione e
redazione dei principi
contabili e del modello
CLEAR
4.2. Workshop
3.3. Messa a punto di
“Principi e pratiche CLEAR”
4.3 Volume e CD Rom
4.4 Convegno
nazionale, con
osservatori stranieri e
produzione di libri
4.5 Seminari e
valutazioni
2.4. Costruzioni modelli di rilevazione
e sottosistemi informativi
2.5. Rilevazione dati, misurazioni,
indicatori, convenzioni di stima,
modelli, reporting
1.4. Finalizzazione del
piano operativo locale
2.6. Estensione della sperimentazione
e adattamento di criteri di analisi
2.7. Primo bilancio ambientale e
integrazione con strumenti di
programmazione esistenti
Tempi
Dal 1/10/01
al 25/1/02
Dal 25/1/02
al 30/1/03
Dal 7/1/03
al 30/5/03
Dal 1/10/01
al 30/9/03
globalizzazione e vita delle donne
Paolo NATALI Dirigente Settore Ambiente della Provincia di Bologna
PROGETTO CLEAR
Progressiva
integrazione
delle politiche
ambientali nel
livello
decisionale
dell’Ente
46
(…approvazione
del bilancio
ambientale
contestualment
e al bilancio di
previsione)
Esplicitazione delle
politiche (VAS) e
delle attività
Definizione degli
indicatori (sistema dei
conti fisici ed economici)
“il piano dei conti”
Riclassificazione delle
spese ambientali
(conti monetari e
indicatori)
Redazione del
BILANCIO AMBIENTALE
(Progetto di Legge
Quadro)
Coinvolgimento
degli
interlocutori di
riferimento
nell’intero
processo di:
•Definizione
delle politiche
•Definizione
degli indicatori
•Comunicazione
dei risultati
PROGETTO CLEAR
I principali output del progetto sono:
I 18 bilanci ambientali approvati dai partner che testimoniano l’avvio del processo interno all’Ente
La redazione dei principi contabili CLEAR, dunque dei fondamenti di processo, di contabilizzazione e di reporting del Bilancio
Ambientale dell’Ente
PROGETTO CLEAR: GLI AMBITI PER LE PROVINCE
1. Ambiente naturale
2. Risorse idriche
3. Atmosfera, energia, rumore, elettromagnetismo
4. Territorio e uso del suolo
5. Attività produttive
6. Rifiuti
7. Trasporti e viabilità
8. Informazione, educazione, formazione e partecipazione
9. Gestione ambientale interna
10. Altri impegni ambientali
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
PROGETTO CLEAR: ESEMPIO CONTI FISICI
5. Attività Produttive
Competenza
Ambito
5.1
Agricoltura
……
Si ritiene interessante l’evoluzione subita dai metodi produttivi, ossia lo sviluppo di tecniche di coltivazione
ed allevamento che permettono di ottenere produzioni di qualità certificata. Per sostenere tale processo,
sono in atto iniziative che operano a diversi livelli, sia sugli operatori, attraverso corsi di formazione e servizi
di assistenza tecnica, sia sui cittadini mediante la promozione dei prodotti tipici del territorio bolognese e
l’educazione alimentare nelle scuole… …
Commenti
ai dati
Politiche
Favorire, grazie alle misure
Agroambientali (obiettivo 2
PRSR), l’agricoltura biologica
e la forestazione in pianura
Favorire, le imprese agricole
che migliorano lo stato
dell’ambiente e rispettano la
legislazione ambientale
Politiche ed
indicatori
fisici
Indicatori
Richieste di adesione
alla misura 2f
Richieste di adesione
misura 2h
Unità di
misura
N
N
Presenza di aziende
agricole biologiche
Corsi di formazione
Diffusione
agriturismo
Integrare il reddito agricolo
favorendo lo sviluppo delle
attività collegate
(agriturismo, fattorie
didattiche, servizi culturali,
ecc.)
Domande presentate
Domande liquidate
Rapporto domande
finanziate su richieste per
forestazione in pianura
Diffusione fattori
didattiche
Valore
1.960
827
%
58
%
3,6
N
N
4
104
Numero corsi
Partecipanti
Numero di aziende
agrituristiche attive
Fruitori del servizio di
alloggio
Pernottamenti
Numero attori didattiche
Classi in visita
Corsi di formazione per
operatori
Partecipanti
Incontri del coordinamento
fattorie didattiche
Azioni promozionali
N
88
N
2.380
N
N
N
Fig. 5.1.1
41
250
N
3
N
129
N
5
N
4
PROGETTO CLEAR: ESEMPIO CONTI FISICI
Competenza
7. Trasporti e viabilità
Ambito
7.1 Introduzione di principi di sostenibilità nella
pianificazione e nella regolazione della mobilità
Commenti
ai dati
……
Il numero di posti auto è un indicatore significativo che permette di evidenziare il grado
di interscambio nell’utilizzo complementare dei diversi mezzi di trasporto e per definire
l’articolazione dell’offerta di mobilità alternativa nel territorio provinciale… …
Politiche e impegni
-
-
Politiche ed
indicatori
fisici
-
-
Definire criteri di priorità di
attuazione dei PRG comunali per
favorire lo sviluppo insediativo
in prossimità delle fermate del
SFM
Concentrare i nuovi poli di
sviluppo presso le fermate
ferroviarie, piuttosto che presso
grandi assi stradali ed
autostradali
Ridurre il trasporto privato su
gomma di persone e di merci
Sviluppare e valorizzare la rete
del trasporto pubblico ad alta
capacità e le modalità di
trasporto non motorizzate ed in
sede propria
Individuare e qualificare i nodi
principali di interscambio fra
trasporto pubblico e privato
Sviluppare il traffico
aeroportuale
Indicatori
Spostamenti
pendolari per
modalità di
trasporto
Auto per
kilometro
Posti Auto
parcheggi di
interscambio
Voli, passeggeri,
merci trasportate
dall’Aeroporto
“G.Marconi”
Totale
(anno 1996)
Ripartizione modale
degli spostamenti
(anno 1996)
Totale giornaliero
Totale per ora di
punta
Unità di
misura
Valore
N
496˙694
Vedi figura
5.7.1
Veicoli *
Km/gg
Veicoli *
Km/ora
30.239.925
2.220.914
Totale esistenti
N
Totale previsti
(progetto SFM)
N
3.812
Passeggeri
trasportati / anno
N
3.440.051
Movimenti effettuati
/ anno
Merci trasportate /
anno
Posta trasportata /
anno
7.666
N
56.746
Tonn
22.569
Tonn
3.540
globalizzazione e vita delle donne
47
Paolo NATALI Dirigente Settore Ambiente della Provincia di Bologna
PROGETTO CLEAR: IL CONTO EPEA
Descrizione
2002
2001
2000
630.98.780
179.351
245.639
305.789
-
40.025.112
44.751
53.674
117.345
-
906.478
93.120
24.840
39.117
-
478.507
1.762.218
1.598.720
2.695
4.421.997
68.734.270
28
12.394
4.695.160
46.710.685
17.931
3.706.047
6.386.255
2002
2001
2000
1. Protezione dell'aria e del clima
2. Gestione delle acque di scarico
3. Trattamento dei rifiuti
4. Protezione del suolo, sottosuolo e falde
5. Abbattimento rumori e vibrazioni
6. Protezione del paesaggio e della natura,
recupero corpi idrici superficiali inquinati
7. Protezione contro le radiazioni
8. Spese per ricerca e sviluppo ambientale
9. Altre attività di protezione dell'ambiente
Totale
209.498
15.494
546.183
-
100.852
330.690
228.499
43.513
66.723
570.891
206.911
745.189
-
26603
976.531
476.327
2.695
337.461
1.135.238
173.612
551.997
2.405.698
204.631
2.270.675
1. Protezione dell'aria e del clima
2. Gestione delle acque di scarico
3. Trattam ento dei rifiuti
4. Protezione del suolo, sottosuolo e falde
5. Abbattimento rumori e vibrazioni
6. Protezione del paesaggio e della natura,
recupero corpi idrici superficiali inquinati
7. Protezione contro le radiazioni
8. Spese per ricerca e sviluppo am bientale
9. Altre attività di protezione dell'ambiente
Totale
Descrizione
Investimenti
Lire
48
Spese Correnti
Lire
PROGETTO CLEAR: CONTI MONETARI
Descrizione
1. Ambiente naturale
2. Risorse idriche
3. Atmosfera, energia, rumore, elettromagn
4. Territorio e uso del suolo
5. Attività produttive
6. Rifiuti
7. Trasporti e viabilità
8. Informazione, educazione, formazione e
partecipazione
9. Gestione ambientale interna
10. Altri impegni ambientali
Totale (escluso trasporti)
2002
2001
2000
2.756.849
245.774
127.558
921.145
558.567
245.639
62.971.222
3.056.579
464.833
158.979
1.128.657
1.209.438
200.108
40.082.927
959.083
539.121
108.974
2.444.050
1.081.652
138.671
862.268
495.372
93.104
5.763.048
409.164
252.436
6.627.758 6.386.256
Spese Correnti Lire
68.734.270 46.710.686 6.386.256
Totale
Descrizione
Investimenti Lire
1. Ambiente naturale
2. Risorse idriche
3. Atmosfera, energia, rumore, elettromagn
4. Territorio e uso del suolo
5. Attività produttive
6. Rifiuti
7. Trasporti e viabilità
8. Informazione, educazione, formazione e
partecipazione
9. Gestione ambientale interna
10. Altri impegni ambientali
Totale
2002
2001
2000
59.435
0
86.523
688.768
91.185
15.494
122.975
580.857
330.691
132.047
160.139
506.074
0
579.296
525.536
713.434
64.677
628.324
25.720
206.912
67.884
70.858
116.595
38.189
0
0
0
0
1.135.238 2.405.698 2.270.676
globalizzazione e vita delle donne
Globalizzazione e vita delle donne
PROGETTO CLEAR: RISULTATI RAGGIUNTI
Consuntivo 2000 - 2001 - 2002
Preventivo 2004
49
PROGETTO CLEAR: DA SEGNALARE
1. Trasversalità del fattore “Ambiente”:
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Difficoltà e successi
Volontà politica
Efficacia della spesa ambientale
Dare continuità evitando di cadere nella “routine”
Unificare i metodi CLEAR ed EPEA
Corretta identificazione delle spese ambientali
Integrazione della Contabilità Ambientale con il sistema di pianificazione e controllo di
gestione
Informazione e Partecipazione
Informazioni Provincia di Bologna
Responsabile dei progetti CLEAR e TANDEM:
ing. Paolo Natali - Direttore Settore Ambiente
tel. 051/659 8302
fax. 051/659 8550
mail [email protected]
[email protected]
Sito web: www.provincia.bologna.it/ambiente/
Sito Ufficiale del progetto CLEAR: www.clear-life.it/
globalizzazione e vita delle donne
Elisabetta PARISI Fondazione per l’Ambiente “T. Fenoglio” città di Settimo Torinese
Un’esperienza di Contabilità Ambientale presso il Comune di Settimo Torinese
La Contabilità Ambientale può essere definita come un
sistema che permette di rilevare, organizzare, gestire e
comunicare informazioni e dati ambientali, questi ultimi
espressi in unità fisiche e monetarie.
A seconda che l’utilizzatore del sistema sia
un’organizzazione pubblica o privata si parlerà di
50
contabilità ambientale pubblica o di impresa.
Se numerose aziende private nell’intento di migliorare le
strategie di comunicazione ambientale hanno sperimentato già
da tempo e con successo gli strumenti della Contabilità
Ambientale e del Bilancio Ambientale, tali strumenti non
risultano ad oggi altrettanto adottati da parte della pubblica
amministrazione.
Progetto della Fondazione per la messa a
punto di una metodologia per il
Comune di Settimo Torinese
globalizzazione e vita delle donne
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