4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 4.15. I contratti collettivi di lavoro 149 Al fine di evitare l’arbitrio padronale e la divisione del fronte dei lavoratori attraverso contratti di lavoro individuali, i movimenti sindacali si batterono per i contratti collettivi, nei quali venivano fissati per tutti i lavoratori di una determinata categoria professionale, le condizioni di lavoro, i livelli minimi di salario e altre garanzie. All’aumento della forza contrattuale dei lavoratori i proprietari di fabbrica e gli imprenditori risposero, a loro volta, con l’unione, creando associazioni padronali. Il rinnovo del contratto collettivo, di durata annuale, era spesso motivo di vertenza. Il seguente contratto fu stipulato nel luglio del 1919 in tempi di crisi economica e di tensione sociale. Contratto di lavoro Fra i padroni cementisti, piastrellai, gessatori, ecc. di Lugano e dintorni e la Sezione operai, aderente alla Federazione Muraria e alla Camera del Lavoro, viene stipulato il seguente contratto collettivo: Art. 1 - L’orario normale è – fino al 30 settembre – di 52 ore e mezza settimanali. Dal primo ottobre in avanti sarà di 48 ore settimanali. È introdotto il sabato inglese33. Nel 1920 l’orario di lavoro sarà quello stabilito fra la Società svizzera impresari costruttori e la Federazione Muraria. Art. 2 - È fatto un congruo aumento sulla paga oraria di ogni operaio, in modo che tanto con la settimana di 52 ore e mezza come con la settimana di 48 ore, l’operaio abbia a guadagnare lo stesso salario giornaliero come lavorando 60 ore. Art. 3 - Il lavoro straordinario nei giorni feriali deve essere retribuito con un aumento del 50%. Nei giorni festivi, come pure per il lavoro notturno, il soprassoldo sarà del 100%. Art. 4 - Sono stabiliti i seguenti minimi: a) Garzoni (boccia) cent. 40 all’ora per la settim. di 521/2 ore cent. 44 all’ora per la settim. di 48 ore b) Manovali sino a 18 anni cent. 57 all’ora per la settim. di 521/2 ore cent. 62 all’ora per la settim. di 48 ore c) Manovali da 18 anni in avanti cent. 73 all’ora per la settim. di 521/2 ore cent. 80 all’ora per la settim. di 48 ore d) Operai cent. 88 all’ora per la settim. di 521/2 ore cent. 94 all’ora per la settim. di 48 ore Art. 5 - Le multe non sono ammesse qualunque sia la destinazione della somma. Art. 6 - I padroni dovranno ammettere di preferenza operai organizzati ed inviteranno quelli non organizzati ad organizzarsi. Art. 7 - Il deposito cauzionale è di due giorni. Art. 8 - Il primo maggio è considerato giorno festivo. 33. Sabato pomeriggio libero. III. Società Art. 9 - L’assicurazione contro gli infortuni è completamente a carico del principale, compreso il premio per extra professionale. Art. 10 - La prima settimana di assunzione al lavoro è considerata come di prova e durante questo periodo il licenziamento reciproco potrà avvenire senza nessun preavviso. Dopo la prima settimana l’operaio è considerato stabile ed il licenziamento reciproco dovrà avvenire col preavviso di otto giorni. Art. 11 - La presenze convenzione entra immediatamente in vigore e la sua durata va fino al 1 luglio 1920. Se non sarà data disdetta un mese prima della scadenza, avrà vigore per un altro anno e così di seguito. Lugano, 24 luglio 1919 Fondazione Pellegrini-Canevascini, Camera del Lavoro, scatola 61 4.16. Lo sciopero delle sigaraie nel 1920 Gli anni del primo dopoguerra furono caratterizzati da lotte politiche e agitazioni legate alla difficile congiuntura economica, che culminarono nello sciopero generale del 1918. Gli operai conseguirono dei miglioramenti salariali e l’introduzione nel 1920 della settimana lavorativa di 48 ore. Il padronato cercò di approfittare delle divisioni interne al movimento operaio, per screditare le organizzazioni sindacali e ridimensionare alcune recenti conquiste. Nel 1920 uno sciopero coinvolse circa 1’400 sigaraie e durò quattro settimane. Le trattative tra fabbricanti e organizzazioni sindacali mediate dall’Ufficio cantonale di conciliazione (previsto dalla legge federale sulle fabbriche del 1914 e istituito in Ticino nel 1918) si protrassero a lungo anche per le divergenze tra la Camera del lavoro e il sindacato Cristiano Sociale. Si riproducono parte della corrispondenza del commissario di governo di Mendrisio e delle autorità di polizia e i telegrammi dei sindacalisti che denunciano il crumiraggio, la pressione padronale sulle operaie e la parzialità delle forze dell’ordine che, invece di limitarsi a garantire l’ordine pubblico, favorivano i proprietari delle manifatture. Si giunse finalmente a una composizione della vertenza, ma le difficoltà per mantenere unite le operaie e una crisi irreversibile dell’industria dei tabacchi, rivelarono la fragilità e il declino delle federazioni sindacali del settore. Mendrisio, li 29 giugno 1920 Lodevole Direzione di Polizia Bellinzona On. Sig. Cons. Direttore Continuo la cronica dello sciopero. Domenica dopo pranzo lo passai tutto a Chiasso per sentire le due campane. I padroni parlavano di far riprendere il lavoro a chi lo volesse per mercoledì. Le operaie parlavano di impedirlo. Rimasi d’accordo col Sergente che lunedì mattina mi avrebbe telefonato circa gli umori della piazza. Infatti ieri telefonò che vi era un po’ di elettricità per l’aria, diverse operaie intendendo lavorare. 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 151 Mandai subito questo Sergente con due uomini di rinforzo, i quali rimasero quasi tutto il giorno a Chiasso. Nella giornata ebbero campo di sorvegliare le fabbriche, dove alla mattina alcune hanno lavorato. Però la gendarmeria non fece che un servizio di sorveglianza senza avere avuto incidenti. Si spinse fino al Polus, dove sembrava vi fosse rumore. Infatti dentro lavoravano due muratori e le operaie vollero esserne convinte il che è stato permesso, presente la gendarmeria. Al dopo pranzo venne qui in ufficio il Sig. Soldini della fabbrica di Coldrerio a lamentarsi che venute in massa le operaie di Chiasso fecero cessare il lavoro, e domandò protezione per mercoledì. Gli promisi che sulla grande armata di cui dispongo gli avrei mandato un uomo o due secondo la disponibilità, ma invocasse il concorso della Municipalità. Così pure scrisse il Bruni per la fabbrica di Novazzano domandando protezione. Anche a costui risposi che avrei scritto al gendarme colà residente perché d’accordo colla Municipalità proteggessero la libertà di lavorare ed avrei mandato un uomo di rinforzo. In seguito andai a Chiasso per sentire della situazione e rimasi d’accordo che vi sarei ritornato oggi per sapere bene quali disposizioni saranno da prendersi per domani. Ieri sera appena ritornato mi giunse il seguente telegramma. Confermiamo che operaie crumire sono accompagnate gendarmi al lavoro protestiamo contro questo intervento partigiano gendarmi incaricati tutela ordine e non protezione crumiraggio chiediamo rispetto neutralità per impedire protesta generale della classe lavoratrice. Canevascini Gasparini Subito ritornai in ufficio e mandai il Sergente a Chiasso a domandare spiegazioni a quel sergente. Lo stesso rispose colla seguente dichiarazione scritta. Presa visione telegramma Canevascini-Gasparini, formalmente protesto e dichiaro false le osservazioni che gendarmi accompagnano al lavoro operaie crumire. Firma (?) Sergente Stamattina risposi a Canevascini e Gasparini Lugano, come segue: Gendarmeria presa visione vostro secondo telegramma ancora formalmente protesta dichiarando falsa vostra accusa accompagnare essa lavoro operaie. Pregarvi maggiore ponderazione Borella Commissario Così è dunque la situazione per domani. Novazzano vi saranno due uomini per la protezione domandata. A Coldrerio manderò pure due uomini per aderire alla domanda Soldini. Qui farò venire per domani il gendarme di Arzo, Capolago, e di Cabbio e ciò nella supposizione che dovrò pure mandare un rinforzo a Chiasso. Oggi dopo pranzo lo passerò nuovamente per intiero a Chiasso per sentire sul da farsi per domani. III. Società La S.S.O. dovrebbe pure fare sapere alla Camera del Lavoro che nessun gendarme impone il lavoro alle operaie, ma a chi domanda protezione la gendarmeria si fa un dovere di dire a chi del caso, che il lavoro è libero per tutti a chi vuol lavorare. Con perfetta stima Il Commissario di Governo Borella Telegramma, Chiasso 29 giugno 1920 Consiglio di Stato Bellinzona Assemblea scioperanti accettato proposte ufficio conciliazione sub conditione accettazione padronale non riprenderanno lavoro mancando tuttora tale accettazione che padroni negano. Massa profondamente irritata. Possibile reazione governo dovrebbe intervenire tutelare diritto sciopero ed operato ufficio di conciliazione. Notifichiamo che padroni fanno circolare liste con firme apocrife e false operaie pronte riprendere lavoro per ingannare altre scioperanti ed autorità. Simile procedimento inasprisce conflitto. Protestiamo intervento gendarmi protezione crumiraggio. Chiediamo garanzia libertà sciopero declinando ogni responsabilità se tutti questi atti non saranno impediti riservandoci chiedere unione sindacale svizzera dichiarazione boicotto contro produzione industria ticinese. Canevascini Gasparini Borella Gendarmeria Cantonale Ticinese Mendrisio, li 30 giugno 1920 Stazione di Mendrisio On.le Commissario di Governo Residenza Questa mattina in un col collega Rossinelli come da ordine ricevuto mi recai a Coldrerio a disposizione di quella lod.le Municipalità onde proteggere la libertà di lavoro delle sigaraie della ditta Soldini e Muller contro le dimostrazioni delle scioperanti di Chiasso. Alle ore 8 le operaie ripresero in una ventina il lavoro ma dal timore di essere sorprese dalle dimostranti alle ore 9 cessarono di propria volontà il lavoro e si recarono alle loro case. In tutta la mattina però non si videro nessuna delle scioperanti e perciò ritenendo inutile colà la nostra presenza rientrammo al posto alle ore 101/2 ant. Colla migliore stima Girami gend.me ASB, Polizia politica, scatola 8 4.17. La depressione economica degli anni Trenta e i soccorsi di crisi La crisi economica mondiale degli anni Trenta colpì pesantemente la già fragile economia ticinese, obbligando le autorità cantonali a intervenire in modo deciso per fronteggiare le urgenze economiche e sociali. Gli sforzi maggiori furono indirizzati al contenimento della disoccupazione, che nel 1935 superò il 10% della popolazio- 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 153 ne attiva. Già nel 1930, alle prime avvisaglie della recessione, il Dipartimento del lavoro, allora diretto dal socialista Guglielmo Canevascini, invitò i comuni a promuovere lavori pubblici, che occupassero soprattutto gli operai dell’edilizia (doc. A). Tramite l’Ufficio cantonale di collocamento, al quale fu affiancato dal 1930 un Ufficio di orientamento professionale, si cercò di favorire la riqualificazione dei senza lavoro per i quali si allestirono numerosi corsi di «rieducazione professionale». Tra il 1930 e il 1944 le casse di assicurazione versarono in sussidi di disoccupazione la ragguardevole somma di 14.5 milioni di franchi. La tabella (doc. B) quantifica per il mese di febbraio 1937, anno in cui la disoccupazione iniziò a decrescere, il numero dei senza lavoro,e indica la cifra di coloro che ottennero soccorsi in varie forme. Si presero anche delle misure per proteggere il mercato del lavoro ticinese con la revoca dei permessi rilasciati agli operai stranieri o cercando di favorire prioritariamente la manodopera indigena, come risulta dalla lettera dell’Ufficio cantonale del lavoro del 1937 (doc. C). La risposta della Camera del Lavoro pone però l’accento sulle peggiorate condizioni salariali e di lavoro che rendevano poco attrattivi i posti vacanti. Documento A Verso la fine del 1930 si cominciò a notare un peggioramento della crisi economica e quindi della disoccupazione. La nostra attenzione si accentrò, in un primo tempo, sul mercato del lavoro. E poiché nella industria edilizia i permessi provvisori di soggiorno per operai stranieri venivano a scadere a novembre, ne approfittammo per sostituire la mano d’opera estera con quella ticinese e domiciliata che era a disposizione. Abbiamo quindi diramato una circolare ai municipi per richiamare ad essi il dovere di promuovere e anticipare lavori pubblici per combattere la disoccupazione. «La crisi invernale – diceva la circolare – che normalmente si manifesta nei mesi di dicembre e gennaio è anticipata quest’anno con caratteristiche assai preoccupanti. Alla crisi dell’industria degli orologi e delle pietrine si è aggiunta, in queste ultime settimane, quella dell’industria edilizia. La stagione che sta per finire è stata cattiva. Nelle piazze principali del Cantone, salvo qualche rara eccezione, si è notata una sensibile diminuzione di attività nei confronti degli anni scorsi. Si contano già centinaia di disoccupati nell’industria edilizia. D’altra parte le notizie che abbiamo dai centri della Svizzera interna, fanno prevedere un anticipato ritorno della nostra emigrazione. Lo stesso Consiglio federale, su istanza dell’Unione sindacale svizzera, insiste presso le amministrazioni federali, cantonali e comunali perché facciano eseguire al più presto possibile i lavori pubblici allo studio, in modo da procurare lavoro alla mano d’opera disponibile. È nell’interesse diretto del paese che i disoccupati siano impiegati, per quanto ciò sia possibile, in lavori d’interesse collettivo. Si realizza così una economia sui sussidi di disoccupazione che la Confederazione ed i Cantoni versano alle Casse di disoccupazione e, ciò che è più importante, si evita all’operaio l’influenza demoralizzante della mancanza di lavoro. In vista di questa situazione il Cantone, rispettivamente il Dipartimento delle pubbliche costruzioni e quello dell’agricoltura intendono proseguire lavori che avrebbero dovuto essere sospesi sino all’anno prossimo e, mediante crediti domandati al Gran Consiglio, altre opere saranno presto cominciate. III. Società 68. «I tuoi figli hanno fame, la tua sposa ti considera un buono a nulla e anche la vita di famiglia che ti era così cara, fra malumori, dissidi, nervosismo dovuti alla miseria è diventata un inferno». Il disoccupato e la sua famiglia, da un opuscolo socialista del 1934. 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 155 Anche i comuni dovrebbero esaminare questo problema, che ha una importanza capitale per l’economia del Cantone: attivare gli studi per le opere previste e cominciarne la esecuzione in questi momenti di stasi. Anticipando i lavori pubblici si potrebbe arrivare a una migliore ripartizione delle attività in genere e aumentare, durante l’inverno, le possibilità di lavoro e di impiego, specialmente per i lavori compatibili con la stagione fredda.» Come era da aspettarsi la maggior parte dei comuni, pure riconoscendo la necessità di promuovere e anticipare i lavori pubblici, risposero di non poter far nulla per mancanza di mezzi finanziari. Rendiconto Dipartimento del lavoro, 1930, p. 44-45 Documento B Stato della disoccupazione nel mese di febbraio 1937 Distretto Totale disoccupati Edili Mendrisio Lugano Bellinzona Locarno Vallemaggia Riviera Blenio Leventina Totale Mese precedente 932 3’815 596 1’017 133 214 195 341 7’243 7’721 766 2’815 402 812 96 164 99 262 5’416 5’888 Assicurati contro disoccupazione 357 1’260 125 160 31 120 17 214 2.284 2.438 Dei quali con sussidi di crisi 49 448 137 149 – 23 – 2 808 694 Occupati in lavori per combattere disoccupazione 21 351 28 176 8 – – 21 605 528 Fondazione Pellegrini-Canevascini, Camera del Lavoro, scatola 74 Documento C Ufficio cantonale del lavoro Bellinzona, 20 luglio 1937 Oggetto: Penuria di personale femminile nel Mendrisiotto Tit. Camera cantonale del lavoro, Lugano Organizzazione Cristiano-Sociale, Lugano Unione disoccupati del Ticino, Lugano Unione disoccupati del Ticino (Apolitica), Lugano Lugano Le fabbriche di confezioni del Mendrisiotto risentono da qualche tempo della mancanza assoluta di sarte e sarti indigeni tanto che in questi ultimi tempi, per non metterle in difficoltà, abbiamo dovuto concedere la entrata temporanea di personale di oltre confine. Data la situazione accennata vorremmo pregarvi ora di volervi interessare presso le famiglie di operai di quella plaga, inscritti presso le rispettive vostre III. Società associazioni, affinché annuncino senza ritardo al nostro Ufficio i giovani e le giovani delle loro famiglie disposte di entrare nelle fabbriche sopra indicate per la istruzione. In questi momenti di crisi economica generale tutte le occasioni di lavoro devono essere prese in considerazione dalla nostra gente e perciò facciamo assegnamento sulla vostra preziosa collaborazione per la soluzione di questo problema, che permetterà di frenare la entrata ulteriore di mano d’opera dall’estero. In attesa di vostri caratteri in merito vi salutiamo con stima distinta. 21 luglio 1937 Lod. Ufficio Cantonale del Lavoro Bellinzona Conc.: Personale femminile del Mendrisiotto Possediamo il pregiato officio in data 20 corr. di cod. Lod. Ufficio Cantonale e ci affrettiamo a dire la nostra opinione in merito: 1. Nulla in contrario abbiamo a dar seguito all’invito contenuto nella lettera 20 corr. sullodata. 2. Osserviamo tuttavia che è assolutamente necessario mettere un termine agli abusi diventati la regola nelle fabbriche di confezione per quel che riguarda l’orario e le trattenute e multe. Il guadagno delle operaie è assolutamente irrisorio se si tien calcolo che esso è ottenuto non solo per le ore di lavoro in fabbrica, indicate nell’orario giornaliero, ma con anticipi e sorpassi normali, ormai, di detto orario e con completazione di lavori a casa. Ne consegue che i fr. 2-3 o 4.– che le operaie riescono a guadagnare lo sono con una occupazione non di 8 ore, bensì di 10-12 e anche più ore. Abbiamo denunciato casi di multe senza motivo e destinazione, ma non ci consta che siano stati presi dei provvedimenti. Si spiega quindi che non ci sia entusiasmo per lavorare in simili condizioni e crediamo sia ingiustificabile concedere permessi di entrata a mano d’opera d’oltre confine finché le condizioni suaccennate impediscono alla mano d’opera locale di occuparsi in dette fabbriche. Con stima. Fondazione Pellegrini-Canevascini, Camera del Lavoro, scatola 74 4.18. La pace del lavoro La crisi economica mondiale e la crescita della minaccia nazista misero a dura prova la coesione sociale e il consenso politico. Proprio per tutelare l’ordine sociale e ridurre la conflittualità del lavoro, il 19 luglio 1937 Konrad Ilg per la federazione degli operai metallurgici e orologiai e Ernst Dübi per l’associazione padronale dei costruttori di macchine e degli industriali metallurgici firmarono una convenzione, ben presto imitata dagli altri settori industriali, nota col nome di «Pace del lavoro». L’accordo favoriva la conciliazione, prevedeva il ricorso a negoziati e a giudizi arbitrali per regolare i conflitti salariali e proibiva lo sciopero e la serrata. Questo avvicinamento tra i partner sociali suscitò proteste nel partito socialista, soprattutto di chi vi vedeva un tradimento della tradizione marxista basata sulla lotta di classe. La convenzione del 1937 rappresenta 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 157 un episodio centrale nella storia della Svizzera: da quel momento venne istituzionalizzata la stabilità sociale e politica del paese. L’ultimo grande sciopero risale infatti al 1918. Nell’intento di mantenere la pace sociale per tutti coloro che sono interessati all’esistenzaeallo sviluppo dell’industria svizzera delle macchinee della metallurgia, l’Associazione padronale svizzera dei costruttori di macchine e degli industriali metallurgici, l’Unione degli industriali metallurgici del Cantone Ginevra da una parte, e le seguenti organizzazioni operaie: la Federazione svizzera degli operai metallurgici e orologiai, la Federazione cristiana degli operai metallurgici della Svizzera, l’Associazione svizzera degli operai e degli impiegati evangelici, l’Unione svizzera dei sindacati autonomi e il sindacato autonomo del Cantone Soletta dall’altra parte, convengono di chiarire reciprocamente, secondo le regole della buona fede, le principali divergenze e gli eventuali conflitti, di cercare di risolvere quest’ultimi in base alle disposizioni della presente convenzione e di osservare durante la sua durata una pace assoluta. In conseguenza di ciò si deve considerare escluso qualsiasi mezzo di lotta, quale la messa all’indice, la serrata e lo sciopero, anche in merito ad ogni altra divergenza di opinione relativa alle condizioni di lavoro non specificate nella presente convenzione. Le parti convengono inoltre quanto segue: Art. 1 Le divergenze d’opinione e gli eventuali conflitti saranno innanzitutto esaminati e, se possibile, risolti nell’officina stessa. Saranno costituite commissioni operaie in tutte le officine, purché l’effettivo di quest’ultime lo giustifichi. Gli statuti e i regolamenti di queste commissioni non potranno contenere disposizioni contrarie alla presente convenzione. Le commissioni saranno elette dagli operai all’interno delle imprese. Art. 2 Le controversie che concernono i sottostanti punti delle condizioni di lavoro e a proposito delle quali non si è potuto raggiungere un’intesa amichevole tra padroni e operai, saranno trasmesse per esame e conciliazione alle istanze delle federazioni interessate: a) le modifiche generali dei salari […]; b) le modifiche della durata normale del lavoro; c) l’introduzione e l’applicazione di sistemi salariali e di accordi; […]. Art. 5 Se le istanze delle associazioni interessate non possono mettersi d’accordo, le questioni controverse specificate nell’articolo 2, saranno sottoposte ad una commissione di conciliazione, il cui scopo è di conciliare le divergenze collettive e di realizzare, se possibile, un’intesa. Le controversie relative all’interpretazione della presente convenzione, saranno pure sottoposte ad una commissione di conciliazione. […] Art. 10 Le parti si impegnano a far rispettare dai loro membri le disposizioni della presente convenzione; in caso contrario, la parte in colpa è responsabile della rottura della convenzione. M. Salamin, Documents d’histoire suisse 1848-1968, Sierre 1970, p. 95-96 III. Società 4.19. Lavoratori stranieri in Svizzera: gli stagionali Negli anni Cinquanta del Novecento l’economia svizzera imboccò una strada caratterizzata da una rapida crescita. La manodopera nazionale apparve incapace di soddisfare la forte richiesta della maggior parte dei settori produttivi e ciò fu compensato da una massiccia immigrazione di lavoratori esteri, provenienti soprattutto dall’Italia meridionale, ma anche dalla Spagna e dal Portogallo. Questo afflusso determinò una politica di controllo e contingentamento. Già nel 1925 un articolo costituzionale attribuiva alla Confederazione la facoltà di legiferare sull’entrata, l’uscita, il soggiorno e il domicilio degli stranieri e ciò permise di regolare il mercato del lavoro secondo le congiunture economiche. I lavoratori stranieri ottenevano statuti differenziati: i domiciliati usufruivano di un permesso A, gli annuali di un permesso B e gli stagionali di un permesso C. Questa suddivisione in categorie rigide metteva a disposizione degli imprenditori una forza lavoro stratificata e con scarso potere contrattuale. Il passaggio di statuto richiedeva molto tempo: dieci anni di lavoro continuativo in Svizzera per ottenere il permesso di domicilio; quattro stagioni per divenire un lavoratore annuale. Lo statuto più precario e che suscitò molte discussioni era quello di stagionale. In questa pagina tratta da uno studio sull’emigrazione italiana in Svizzera, pubblicato nel 1977, viene presentata la difficile e insicura condizione del lavoratore stagionale. Nel 1973 su quasi 900’000 stranieri, 193’766 appartenevano a questa categoria e i frontalieri erano 104’573. In quegli anni si stimava che vivessero in Svizzera da 25 a 30’000 lavoratori clandestini. La categoria dei lavoratori stagionali è stata correttamente definita il pilastro strategico del mercato elvetico del lavoro. Il contenuto dello «statuto» dello stagionale è tutto negativo. Nessuna mobilità, né geografica né professionale, gli è concessa; durante la stagione, lo stagionale non può neppure cambiare datore di lavoro. Non ha la sicurezza dell’impiego: il padrone può licenziare l’operaio nell’edilizia con ventiquattro ore di preavviso. Gli è assolutamente vietato di portare con sé la famiglia. Solo in rarissimi singoli casi, fuori contingentamento, alla moglie dello stagionale era a volte concesso di venire per un certo tempo a lavorare in Svizzera (per es. negli ospedali). Ora, un recente provvedimento lo vieta a tutte le donne che hanno figli in minore età. Con questa decisione le autorità svizzere mostrano anche di temere lo scandalo dei bambini clandestini («les enfants de l’ombre»), che taluni genitori cercano di tenere con sé (come potrebbero fare diversamente?). E sono bambini – 15.000 secondo un calcolo forzatamente approssimativo – che non possono andare a scuola né vivere la vita normale dei loro coetanei, che debbono restare nascosti in casa tutto il giorno, per timore di essere scoperti dalla polizia degli stranieri ed espulsi. Secondo le direttive interne, l’imprenditore è tenuto a fornire un alloggio «degno» al lavoratore stagionale ma quest’ultimo non può, in pratica, affittare a proprio nome degli alloggi, siano o no ammobiliati. I lavoratori stagionali sono ammucchiati, di solito in precarie condizioni igieniche, in luoghi lontani dai centri urbani e sociali (le famigerate baracche) o in vecchi edifici destinati alla demolizione. Questo tipo di alloggi, sui quali del resto l’imprenditore riesce a ottenere scandalosi profitti, costringe lo stagionale, una volta uscito dal luogo di lavoro, a sentirsi segregato in un ghetto. Lo stagionale è sottoposto al pagamento delle imposte ma non utilizza le infrastrutture (scuole, alloggi) cui generalmente que- 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 159 ste imposte sono destinate. L’imposta cui è sottomesso è applicata spesso sulla base di un supposto guadagno, superiore a quello reale e cioè moltiplicato per undici mesi. Lo stagionale è escluso dalle prestazioni integrative nell’assicurazione invalidità, dal diritto alle rendite straordinarie nell’assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti, non può beneficiare delle prestazioni mediche e di indennità di salario in caso di malattia che durante il suo soggiorno in Svizzera. È un disoccupato forzato durante la rottura stagionale obbligatoria del contratto di lavoro. È sottoposto al controllo sanitario all’ingresso in Svizzera all’inizio di ogni stagione ed è esposto al rischio di essere rinviato proprio per malattie contratte in Svizzera, durante la stagione precedente. L’elenco è eloquente. Lo «statuto» dello stagionale, senza riscontro nel resto d’Europa, è indubbiamente l’esempio più clamoroso dell’uso imperialista dell’esercito industriale di riserva, è l’esempio di un colonialismo a domicilio che costringe il proletariato straniero alla non-esistenza politica, alla discriminazione economica, alla segregazione sociale e lo sfrutta assegnandogli un ruolo preciso (i lavori più pesanti e umilianti, meno retribuiti) nei rapporti produttivi in cambio di una permanenza instabile e di un lavoro in ogni momento revocabile nel paese. D. Castelnuovo Frigessi, Elvezia, il tuo governo. Operai italiani emigrati in Svizzera, Torino 1977, p. XXXIII-XXXV 4.20. La pubblica assistenza nel Ticino dell’Ottocento Nel XIX secolo il timore che la pubblica assistenza potesse fomentare l’ozio determinò la quasi totale astensione dello Stato nell’ambito della socialità. Negli ultimi decenni dell’Ottocento iniziò a profilarsi anche in Svizzera il fenomeno del «pauperismo», come allora veniva definita la questione sociale. La nuova Costituzione federale del 1874 contemplò degli articoli che attribuivano allo Stato la facoltà di intervenire nell’ambito della socialità e del lavoro. Qualche anno prima, nel 1870, lo statistico Gottwalt Niederer pubblicò i risultati di una minuziosa inchiesta sul pauperismo nei cantoni svizzeri. Nelle pagine dedicate al Ticino, alcune delle quali sono riprodotte, emerge l’inconsistenza di un sistema assistenziale gestito quasi esclusivamente dai comuni e che aveva il paradossale effetto di costringere i poveri a ricorrere il meno possibile alla beneficenza pubblica. Secondo una legge del 1855 l’obbligo di provvedere agli indigenti gravava sul comune di attinenza e ciò determinava l’insorgere di interminabili litigi per accertare le responsabilità. Solo nel 1903, sebbene se ne dibattesse da decenni, una legge cantonale trasferì l’obbligo di assistenza ai comuni di domicilio, se il bisognoso vi dimorava da almeno vent’anni e gettò le basi per un intervento dello Stato a favore dei villaggi più provati dagli impegni assistenziali. Nel 1870 furono soccorse in Ticino, secondo il Niederer, 2’056 persone con una spesa complessiva di oltre 73’000 franchi. Leggi, regolamenti, ecc. Dalle informazioni che sono state fornite, non sembra che esista in questo cantone una legge sull’assistenza. In compenso, l’autore di questa statistica ha ricevuto i seguenti documenti: la legge sulle condotte mediche del 25 novembre 1870, diverse ordinanze del Consiglio di Stato sul modo di soccorrere i non patrizi in caso di malattia e sulla partecipazione alle spese derivanti da questa as- III. Società 69. Manifesto propagandistico del 1976 contro la disoccupazione e per la settimana lavorativa di 40 ore. 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 161 sistenza, così come due decreti del Consiglio di Stato in base ai quali sono decretate delle multe contro le autorità comunali che tollerano la mendicità. Obbligo di assistenza e diritto di assistenza. In virtù delle leggi organiche comunali del cantone, ogni comune provvede all’assistenza dei poveri e inabili al lavoro. Ogni povero ha diritto di essere assistito, se il bisogno esiste effettivamente. Principio di attinenza o di domicilio. L’obbligo dei comuni è regolato in base al principio di attinenza, cioè è il comune di origine che è obbligato a soccorrere i poveri. Un nuovo progetto di legge del 27 aprile 1874 (progetto di legge sulla beneficenza ed assistenza dei poveri), elaborato dal Consiglio di Stato per essere sottoposto al Gran Consiglio, porta un cambiamento nel senso che quando il domicilio dura da 20 anni in un altro comune, con il pagamento delle imposte, è quest’ultimo obbligato all’assistenza. Assistenza di attinenti all’estero. L’assistenza si esercita anche nei confronti dei poveri domiciliati in altri cantoni svizzeri e all’estero, ma questi indigenti esterni possono essere costretti di tornare ad abitare nel loro comune di origine per aver diritto a ricevere i soccorsi. Categorie di assistiti. Né la legislazione né i regolamenti distinguono delle categorie di poveri; l’assistenza si esercita in tutti i casi di incapacità di lavoro, di malattia, ecc.; dove c’è un bisogno reale. Il Consiglio di Stato delibera sulle lamentele per rifiuto di soccorso e sui reclami relativi agli importi dei soccorsi. Obbligo di assistenza spettante ai genitori, ai comuni e allo Stato. L’obbligo di assistere esiste innanzitutto per i genitori in linea ascendente e discendente e per i coniugi tra di loro. L’assistenza del comune incomincia quando questi genitori non sono in grado di sovvenire ai bisogni dell’indigente. Lo Stato non partecipa finanziariamente alle spese necessarie per l’assistenza; accorda invece dei sussidi alle vittime di incendi, alluvioni ecc., sia prelevandoli sulle entrate pubbliche, sia ordinando delle questue straordinarie. Modalità di assistenza. L’assistenza ha luogo ora con soccorsi in denaro, ora con soccorsi in generi alimentari; il povero è mantenuto sia nella sua famiglia, sia in un’altra famiglia del comune; il mantenimento in un ospizio è più raro, perché sono molto pochi i comuni che hanno istituti di carità. Per le cure mediche e chirurgiche provvede la legge del 25 novembre 1870, in base alla quale il medico condotto nominato dal comune e sovvenzionato dallo Stato deve curare gratuitamente i malati poveri. La nomina di questi medici condotti è obbligatoria in tutto il cantone. La divisione delle condotte si opera secondo le condizioni topografiche del paese e secondo il numero della popolazione, in modo che la condotta abbia una popolazione domiciliata da 1.500 a 3’000 anime. Il medico-chirurgo della condotta è tenuto a prestare le sue cure a tutti i malati della sua condotta, compresi quelli del corpo di gendarmeria e delle prigioni; solo le operazioni chirurgiche per individui non indigenti sono fuori dai suoi obblighi. È tenuto a vaccinare rivaccinare, a sorvegliare le scuole comunali, le farmacie appartenenti a farmacisti o ad altri medici della sua condotta; esercita la medicina legale, e veglia sull’esecuzione delle leggi e decreti concernenti gli affari sanitari. La retribuzione dei medici condotti è fornita dai comuni, in ragione da 60 cent. a 1 fr. per ogni individuo della popolazione; deve in ogni caso essere di almeno 1’500 fr. per anno. Lo Stato dà un supplemento di 150 fr. per ogni condotta. Se le condotte nominano più di un medico o ripartiscono le differenti funzioni elencate sopra tra un medico e un chirurgo, gli emolumenti di ognuno devono essere di almeno 1’000 fr. I medici condotti III. Società sono nominati per 4 anni dalle assemblee comunali. Solo i medici diplomati sono eleggibili. Quando i comuni non sanno accordarsi sul luogo di domicilio del loro medico, questo luogo è designato dal Consiglio di Stato. Imposte per i poveri. Non è prelevata nessuna specifica imposta per i poveri. Si fanno rientrare le spese necessarie all’assistenza nel budget comunale di ogni anno. Restituzione dei soccorsi. La legge non ha disposizioni formali che prescrivono la restituzione dei soccorsi accordati; ma in realtà i comuni potrebbero esercitare il diritto di ricorso. Risorse per l’assistenza. Le principali risorse sono i redditi dei fondi dei poveri, i lasciti e le donazioni, e la metà delle multe incorse per contravvenzione ai regolamenti comunali. Misure adottate contro i fannulloni assistiti e contro i mendicanti. Le misure contro i fannulloni assistiti sono di competenza municipale. La mendicità e il vagabondaggio sono severamente proibiti. Spetta alla polizia e ai consiglieri municipali far eseguire la legge, e questi ultimi sono anche particolarmente responsabili della sua esecuzione, sotto pena di multa; secondo la circolare del Consiglio di Stato del 12 marzo 1873, questa multa è di 50 fr., ed è emessa sia contro i consiglieri municipali dei comuni dove i mendicanti sono arrestati, quando hanno mancato di vigilanza, sia contro quelli dei comuni d’origine, qualora si trovano nello stesso caso o hanno provocato il delitto di mendicità rifiutando i soccorsi. Autorità d’assistenza e loro attribuzioni. Le autorità preposte ai poveri sono i consigli municipali. Si può ricorrere in appello sulle loro decisioni presso il Consiglio di Stato, che esercita la sorveglianza generale e delibera sui reclami per via sommaria. Rapporti tra l’assistenza ufficiale e l’assistenza volontaria. Lo Stato non ha alcuna ingerenza nelle società di carità volontaria, se non che accorda un sussidio annuale di 800 fr., da ripartire tra le società svizzere di beneficenza all’estero. Esiste qualche società di mutuo soccorso alle quali lo Stato accorda certe agevolazioni, per esempio assegnando loro gratuitamente dei locali dove tenere le loro riunioni ed esonerandole dal pagamento delle imposte. L’ospedale cantonale di Mendrisio gode anche dell’esenzione dalle imposte. Conseguenze civili dell’assistenza. Le conseguenze civili per gli assistiti sono la perdita del diritto di voto per gli affari comunali, ma solamente nei casi in cui l’assistenza dura da un anno. La sorveglianza sulla frequentazione delle locande e sulla condotta in generale dei poveri è di competenza municipale. […] Effetti del sistema di assistenza in vigore. La conseguenza dell’attuale sistema di assistenza è che gli individui poveri fanno ricorso il meno possibile all’assistenza pubblica, perché in generale i comuni sono abbastanza severi a questo riguardo, e soprattutto non vedono di buon occhio gli assistiti che avrebbero potuto vivere onorevolmente e sono caduti in miseria per poltroneria, prodigalità o dissolutezza. Si può dire che gli aiuti in generale sono accordati solo alle persone che ne hanno realmente bisogno. G. Niederer, Statistique du paupérisme en Suisse pendant l’année 1870, Zurigo 1879, p. 48-49 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 4.21. Le casse malati comunali 163 Con la legge federale del 10 giugno 1911 sull’assicurazione contro le malattie furono istituite le casse malati comunali. In Ticino sorsero a partire dal 1919 e nel volgere di pochi anni conobbero una considerevole diffusione. Nel 1919 gli assicurati erano 30’510 e salirono a 80’187 (oltre la metà della popolazione cantonale) nel 1934. Alle quote versate dagli associati si aggiungevano i sussidi comunali e negli anni successivi anche il Cantone e la Confederazione contribuirono al loro finanziamento. Le casse malati conobbero un buon successo, specialmente nelle regioni di montagna, e garantivano prestazioni sanitarie soddisfacenti. Nel 1933 Antonio Galli presentò il sistema delle casse ticinesi all’assemblea della Società svizzera d’utilità pubblica. Il riferimento alle difficoltà finanziarie di alcune casse e alle maggiori esigenze sanitarie della popolazione cittadina rispetto a quella campagnola poteva rappresentare una giustificata preoccupazione sul futuro del servizio. Nel Cantone Ticino le prime casse sono sorte nelle regioni di campagna e nelle valli. Alla fine del 1932 esistevano, nel nostro Cantone, 51 casse con un totale di 84’178 assicurati. Le dette casse, a fine dicembre 1932, possedevano delle riserve per un importo di circa fr. 320’000. Il resto della popolazione ticinese (circa 75’000 ab.) era curato o a mezzo dei medici di condotta o a mezzo dei medici liberi. Alcuni centri del Cantone dispongono di medici, compensati dalla cassa comunale, per la cura dei non abbienti, e lasciano che la popolazione facoltosa si valga delle prestazioni dei medici liberi. Gli assicurati presso le Casse malati ticinesi pagano delle quote che vanno da un minimo di 2.50-3 fr. a un massimo di 10.50 (Lugano) per associato. Queste quote, per quanto raddoppiate dai contributi dati dai comuni, sono indubbiamente molto modeste, e non possono accordare alle casse la elasticità di servizio che non solo sarebbe desiderabile, ma necessaria. Tutte le casse-malati del Cantone sono riunite in una Federazione detta Federazione ticinese delle Casse Malati istituita nel maggio 1921. È in corso di organizzazione, per opera della detta Federazione delle Casse malati, una Cassa di assicurazione per la lotta contro la tubercolosi in applicazione della legge federale del 13 giugno 1928 e dell’ordinanza federale del 31 marzo 1931 sulla tubercolosi. Praticamente nel Cantone, oltre che al diritto alla libera scelta del medico, gli assicurati presso le casse malati fruiscono del diritto alla libera scelta dell’ospedale. Quasi tutte le casse accordano l’intera prestazione per servizio medico, cura ostetrica, interventi chirurgici e ricovero in ospedale e al sanatorio: per quanto riguarda i medicamenti, invece, si verifica l’opposto e cioè la maggior parte delle casse hanno introdotto il cosiddetto quarto moderatore e limitano il loro contributo alla misura dei soli 3/4 della spesa. Le Casse-malati del Cantone Ticino hanno avuto, in complesso, un buon funzionamento. Contro 51 casse ora in esercizio sta il caso di 2 sole casse (Basso Gambarogno e Biasca) che dopo qualche anno di esercizio hanno dovuto essere sciolte. A Biasca dopo un primo scioglimento si è avuta la ricostituzione, la quale però non è stata duratura. Negli ultimi tempi hanno destato preoccupazioni e discussioni le casse III. Società di Lugano e di Faido. A Lugano il funzionamento è reso molto difficile dalla residenza di oltre quaranta medici ed anche dalla tendenza di un forte numero di assicurati a valersi delle prestazioni della cassa al di là dei mezzi di cui la cassa dispone. A Faido il disagio si presenta solo da alcuni mesi ed ha come causa la presenza di parecchi medici, ed anche, in confronto alle prestazioni degli assicurati a favore della cassa, una soverchia esigenza della popolazione in cure mediche ed in medicamenti. Presso alcune altre casse si stenta a mantenere l’esercizio in equilibrio: le difficoltà sono notevoli specialmente là dove esiste la libera scelta del medico e dove la cassa deve provvedere, a un tempo, al servizio in regioni del piano e in regioni della montagna; in generale si osserva che le popolazioni dei comuni a carattere urbano dimostrano esigenze, in fatto di cure, molto maggiori di quelle dei comuni di campagna e delle valli, e costituiscono per ciò, elementi di grave peso e pericolo per le amministrazioni delle casse. A. Galli, Le casse ammalati con particolare riguardo al Cantone Ticino, in Rivista svizzera d’utilità pubblica, n. 10, 1933, p. 8-9 4.22. L’introduzione dell’AVS A partire dal secondo dopoguerra un impetuoso sviluppo economico, che si protrasse fino alla metà degli anni Settanta, fu accompagnato da politiche volte a ridurre gli squilibri sociali. I drammatici effetti della crisi economica degli anni Trenta e la seconda guerra mondiale avevano dimostrato che lo Stato doveva assumere un compito regolatore, capace di assicurare a tutti i cittadini condizioni minime e dignitose di vita. Accogliendo i principi di giustizia, solidarietà e sicurezza sociale, fu avviata la costruzione di una rete di garanzie e previdenze grazie a politiche fiscali miranti a ridistribuire più equamente la ricchezza prodotta. Pilastro e simbolo dell’affermazione dello stato sociale in Svizzera fu l’introduzione dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS). Già nel 1925 il principio di un’assicurazione sociale era stato sancito da un articolo costituzionale, ma solo nel 1947 fu tradotto in legge. L’AVS fu osteggiata dagli ambienti conservatori e imprenditoriali, preoccupati per l’aggravio finanziario e riluttanti a riconoscere alle pubbliche autorità prerogative sociali giudicate eccessive. Dopo una grande mobilitazione propagandistica, come testimonia l’articolo di Libera Stampa del 1o luglio 1947, la legge fu comunque approvata in votazione popolare con 862’036 voti favorevoli e 215’496 contrari; la partecipazione fu quasi dell’80%. Appena pochi giorni… Cittadini! Pochi giorni soltanto ci separano dalla votazione sulla Assicurazione vecchiaia e superstiti. La situazione alla vigilia del voto è chiara. Da una parte tutte le forze progressiste e produttive del paese, le grandi organizzazioni di operai, di impiegati, di artigiani e di contadini. I partiti politici che hanno la responsabilità della vita del paese sostenuti dai gruppi religiosi e di utilità pubblica che lottano perché vi sia più umanità, più fraternità e solidarietà. Dall’altra parte i ricchi signori delle Camere svizzere di commercio e del padronato che sono preoccupati per i loro profitti e hanno già validamente assicurata la 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 165 loro vecchiaia. Essi sono sostenuti delle forze reazionarie dei partiti liberal-conservatori di Ginevra e Vaud e da una parte dei componenti del partito cattolico-conservatore, da quegli ambienti che durante tanti anni si sono entusiasmati per l’Italia di Mussolini, che hanno collaborato con la Lega Vodese e l’Unione nazionale fascista, che volevano chiudere il Consiglio nazionale e dare alla Confederazione un Landamano sul modello del Führer. Questi avversari speculano sull’egoismo e l’invidia e soprattutto sulla indifferenza degli elettori. Essi, demagogicamente, promettono un «progetto migliore». Cittadini! Non lasciatevi ingannare. Respingendo l’A.V.S. voi non otterreste una legge migliore, ma un nuovo rinvio di parecchi anni e l’abbandono di qualsiasi miglioramento per le assicurazioni sociali. Il risultato immediato di un eventuale rifiuto sarebbe innanzitutto che i 165’000 vecchi che hanno ricevuto un modesto soccorso durante gli ultimi anni invece di veder migliorare la loro rendita dal 1° gennaio 1948, si troverebbero davanti al nulla e dovrebbero nuovamente rivolgersi alla assistenza pubblica. Ognuno può capire che cosa questo significherebbe per le finanze dei comuni e dei cantoni. La nuova iniziativa che gli avversari dell’A.V.S. hanno intenzione di lanciare dimostra chiaramente che essi non vogliono creare una assicurazione vecchiaia che stabilisca un diritto di ricevere rendite, ma soltanto una istituzione di assistenza che distribuisca delle elemosine. Essi non vogliono che i vecchi ricevano le loro rendite dallo Stato a mezzo della posta, come cosa a loro dovuta, perché non vogliono che i vecchi possano conservare la loro dignità ed indipendenza di uomini e di cittadini. No! Essi vogliono umiliare i vecchi e costringerli ad andare a mendicare un aiuto dal prete o dal pastore ed a fare anticamera nell’Ufficio della pubblica assistenza. Cittadini! Non si può migliorare se non quanto già esiste. Se l’opera di solidarietà che è l’A.V.S. ha delle imperfezioni sarà facile eliminarle una volta che essa sarà entrata in vigore. Artigiani. Commercianti. Contadini! Non dimenticate che l’A.V.S. crea una capacità supplementare di acquisto di parecchie centinaia di milioni e che essa contribuisce così largamente a combattere le crisi, la disoccupazione ed il ribasso dei prezzi. Il commercio, l’artigianato e l’agricoltura saranno così liberati da grandi preoccupazioni. Non sono i ricchi signori della Camera di commercio che comperano i vostri prodotti, ma invece le centinaia di migliaia di famiglie che approfittano delle rendite dell’assicurazione vecchiaia e superstiti. E voi giovani! Quando si hanno vent’anni non ci si preoccupa ancora della propria vecchiaia. Ma che ne è dei vostri genitori? Quando essi non potranno più lavorare e che avranno spese le poche economie che avran potuto fare, essi cadranno a vostro carico. Dovrete alloggiare e nutrire i vostri padri e le vostre madri assieme ai vostri bambini. La Assicurazione vecchiaia vi libera da queste preoccupazioni, essa vi permette di consacrarvi completamente alla nuova generazione mentre che i vostri genitori, al beneficio di rendite ben meritate potranno organizzare la loro vita indipendentemente dall’aiuto dei loro figli. III. Società Operai! Socialisti! Il Partito socialista e l’Unione sindacale lottano da diecine di anni per l’assicurazione vecchiaia e superstiti che rappresenta per i lavoratori una parziale liberazione dalla miseria e dalla incertezza. È domenica ventura che questa lotta deve conchiudersi. È domenica che il popolo deciderà. Appena pochi giorni… Lavorate con tutte le vostre forze. Riunite il popolo, spronate a votare gli indifferenti, spronate i vostri compagni di lavoro, i vostri vicini, i vostri camerati sportivi. Nemmeno un voto vada perduto. Grazie ai vostri sforzi noi batteremo la reazione dei ricchi satolli. Cittadini svizzeri! Uno per tutti e tutti per uno! Fedeli allo spirito della Confederazione rafforzate e rinnovate la solidarietà del nostro popolo create una vera e vitale democrazia. Per l’Assicurazione vecchiaia e superstiti. votate SI Partito Socialista Svizzero Libera Stampa, 1o luglio 1947 4.23. Il tenore di vita negli anni Trenta e alla fine del XX secolo L’indice del costo della vita consente di misurare l’evoluzione dei prezzi dei generi di prima necessità e di valutare di conseguenza il tenore di vita della popolazione. In Svizzera queste rilevazioni statistiche iniziarono durante la prima guerra mondiale sulla base dei consumi familiari stabiliti nel 1912 e dei prezzi del giugno 1914. Il costo della vita passò in Ticino da 100 nel 1914 a 224 nel 1920; scese a 128 nel 1935 e aumentò a 209 alla fine della guerra. Negli anni Trenta, in tempi di crisi economica, furono anche promosse analisi riguardanti le «contabilità domestiche», che informavano sul potere d’acquisto e sulle principali categorie di spesa che una famiglia doveva sostenere. Si riportano i risultati della contabilità di 60 famiglie ticinesi durante il periodo ottobre 1936 e settembre 1937 e i dati relativi al Cantone Zurigo (doc. A). L’inchiesta sui redditi e i consumi del 1998 (doc. B) permette di stabilire interessanti confronti. Risulta infatti che il tenore di vita ticinese è rimasto inferiore rispetto alla media nazionale. Molto mutata è invece l’entità delle spese alle differenti voci, ciò che rivela una profonda trasformazione della qualità della vita. Se nel 1937 oltre un terzo del reddito era assorbito dalle spese per il vitto, nel 1998 le assicurazioni sociali, l’alloggio, la mobilità e pure il tempo libero rappresentano voci di spesa significative. Documento A L’Ufficio federale dell’industria, delle arti e mestieri e del lavoro, rispondendo ai desideri espressi da molte parti, ha compiuto nel periodo 1. ottobre 1936-30 settembre 1937 un’approfondita indagine sulle contabilità domestiche di ben 1’454 famiglie sparse in tutto il paese. Ottantacinque di queste, vale a dire il 5.85%, erano domiciliate nel Ticino. I relativi dati venivano raccolti dal nostro ufficio il quale controllava i libretti e li trasmetteva mese per mese all’ufficio federale suddetto. 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 167 Alla fine dell’accennato periodo l’ufficio federale allestì per ogni contabilità un riassunto delle entrate ed uscite, di cui venne mandata copia ad ogni singolo tenitore. Il riassunto si suddivideva nelle categorie e capitoli seguenti: Entrate. Entrate effettive: stipendi, guadagni accessori, ecc., entrate contabili: prelevamenti da libretti di risparmio, rimborsi di denaro dato in prestito, merci acquistate a credito, ricavo di altri prestiti. Uscite. Uscite effettive: fabbisogno della famiglia; uscite contabili: depositi sui libretti di risparmio, concessione di prestiti, rimborsi di prestiti, ammortamento debiti e saldi a pareggio. Le spese effettive vennero ripartite nelle seguenti categorie: 1. Generi alimentari 2. Generi voluttuari: bevande, tabacchi, spese d’osteria 3. Vestiario e calzature 4. Affitto 5. Arredamento: acquisto e riparazione di mobili, ecc. 6. Riscaldamento e illuminazione 7. Pulizia: salari per pulizia e bucato, articoli per i medesimi 8. Igiene: igiene del corpo, spese mediche, dentista, cure ospedaliere 9. Istruzione e ricreazione: scuola, libri, giornali, riviste, chiesa, vacanze e ricreazioni (compresi i viaggi), divertimenti (teatro, concerti, cinematografo, radio ecc.) 10. Trasporti: viaggi professionali ed altri, bicicletta, motocicletta, ecc. 11. Assicurazioni: sulla vita e sui beni, malattia, casse pensioni e di soccorso ecc. 12. Imposte e tasse 13. Spese di società e diverse: contributi sociali, spese di assistenza, regali, salari del personale di servizio, interessi, perdite, ecc. È in base a tali riassunti, limitati però alle 60 famiglie che continuarono l’azione anche nel periodo 1937/38, che siamo in grado di fornire le informazioni che seguono, accompagnate per ora da alcune brevi considerazioni. Uno studio più completo potrà apparire fra alcuni mesi, quando saranno conosciuti i dati riguardanti il suddetto secondo periodo scaduto il 30 settembre u.s. Questa seconda annata dovette essere introdotta soprattutto in seguito alla svalutazione del franco svizzero che portò, come noto, ad un aumento del costo della vita. La composizione delle economie domestiche I 60 tenitori ticinesi erano così suddivisi per gruppi professionali e per professioni: Impiegati pubblici Impiegati privati Totale Operai pubblici Operai privati Totale Totale complessivo […] Totale 24 11 35 % sul gruppo 68.6 31.4 100.0 % sul totale 40.0 18.3 58.3 19 6 25 60 76.0 24.0 100.0 31.7 10.0 41.7 100.0 III. Società Spese per famiglia, in franchi Categorie di consumo operai assoluti Alimentazione 1’552 Generi voluttuari 275 Vestiario 354 Affitto 463 Arredamento 123 Riscald. e illuminazione 165 Pulizia 56 Igiene 226 Istruzione e ricreazione 173 Trasporti 143 Assicurazioni 393 Imposte e tasse 159 Società e diverse 167 Totale 4’249 % 36.6 6.5 8.3 10.9 2.9 3.9 1.3 5.3 4.1 3.4 9.2 3.7 3.9 100.0 impiegati assoluti 1’726 236 504 726 170 236 73 204 407 128 457 333 258 5’460 % 31.7 4.3 9.2 13.4 3.1 4.3 1.3 3.7 7.5 2.3 8.4 6.1 4.7 100.0 totale assoluti 1’655 251 441 616 150 206 66 213 309 125 430 260 220 4’942 % 33.5 5.1 8.9 12.5 3.0 4.2 1.3 4.3 6.3 2.5 8.7 5.3 4.4 100.0 Si rileva che mentre gli operai spendono proporzionalmente di più per l’alimentazione, i generi voluttuari, l’igiene, i trasporti e le assicurazioni (per l’igiene e le assicurazioni si tratta evidentemente di casi particolari che hanno influito sulla media e che pertanto non sono determinanti), gli impiegati dispongono di maggiori mezzi per il vestiario, l’affitto, l’arredamento della casa, il riscaldamento e l’illuminazione, l’istruzione, la ricreazione e la società e sono costretti a sacrificare una percentuale più forte delle loro uscite per le imposte. Gli operai spendono per l’alimentazione e i generi voluttuari il 43.1% delle uscite, mentre gli impiegati non raggiungono che il 36%. A Zurigo le stesse percentuali sono rispettivamente del 35.6 e del 26.6%. Diamo d’altronde per confronto l’intera tabella di Zurigo […]: Zurigo Spese per famiglia, in franchi Categorie di consumo Aliment. e gen. volutt. Vestiario Affitto Arredamento Riscaldamento e illum. Pulizia Igiene Istruzione e ricreazione Trasporti Assicurazioni Imposte e tasse Società e diverse Totale operai assoluti 1’688 444 1’102 148 252 64 159 292 122 462 125 169 5’027 % 33.6 8.8 21.9 2.9 5.0 1.3 3.2 5.8 2.4 9.2 2.5 3.4 100.0 impiegati assoluti 1’853 631 1’463 263 349 122 306 553 226 559 340 304 6’969 % 26.6 9.1 21.0 3.8 5.0 1.7 4.4 7.9 3.2 8.0 4.9 4.4 100.0 totale assoluti 1’782 550 1’307 213 307 97 243 441 182 517 248 246 6’133 % 29.0 9.0 21.3 3.5 5.0 1.6 4.0 7.2 3.0 8.4 4.0 4.0 100.0 […] Si rivela fondata anche da noi la legge enunciata nel 1857 da Ernesto Engel, nel senso «che più una famiglia è povera e maggiore è la parte delle spese ch’essa deve sopportare per la sua alimentazione». La stessa legge vale oramai, in certo qual 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 169 modo; anche per gli affitti; mentre l’inverso si verifica specialmente per le spese concernenti l’istruzione e la ricreazione, le imposte e la categoria «società e diverse». ASB, Diversi, scatola 1173 Documento B La situazione reddituale determina in larga misura il comportamento in materia di consumi. Le economie domestiche ticinesi nel 1998 hanno speso in media 7’064 franchi al mese per beni di consumo, servizi e per trasferimenti (imposte, assicurazioni e contributi vari), contro 7’418 della media nazionale. Ciò vale al Ticino il terz’ultimo rango della graduatoria capeggiata dalla Svizzera del Nord-Ovest (7’897 franchi al mese), dalla Regione del Lemano e da Zurigo, e chiusa dalla Svizzera orientale e dall’Altopiano centrale. La porzione di reddito (medio) che viene riservata al risparmio in Ticino ammonta all’8.6%, in Svizzera all’11.2%. I maggiori risparmiatori sono gli zurighesi, con il 15.8%, seguiti dalla Svizzera centrale. Coloro invece che dedicano di meno al risparmio provengono dalla regione del Lemano, con una quota parte inferiore all’8%. Per quanto attiene al paniere tipo, di fronte a spese di trasferimento che in buona parte sfuggono al controllo dei consumatori, in quanto imposte dalla legge, i ticinesi, confrontati ad un reddito inferiore a quello di altre regioni del paese, si vedono costretti a contenere in misura superiore alla media le spese di consumo. La quota parte delle spese di consumo in Ticino, pari al 61.5%, contro il 38.5% per le spese di trasferimento (63% e 37% a livello nazionale), risulta la più bassa del paese. Le voci «Abitazione ed energia», «Prodotti alimentari e bevande analcoliche» e «Trasporti» rappresentano le categorie di spesa più importanti, tanto che complessivamente determinano un terzo delle uscite. Nel comparto delle spese di trasferimento, sono invece le uscite obbligatorie – «Imposte e tasse», «Assicurazioni sociali dedotte dal salario» e «Assicurazione malattia di base» – a pesare maggiormente sul budget, determinando oltre un quarto della spesa media complessiva. In questo ambito, in Ticino rispetto alle altre regioni del paese si spende meno per «Imposte e tasse» (831 franchi mensili contro 988 a livello nazionale), di più per l’assicurazione malattia di base (422 franchi mensili contro 346). Dal confronto con i dati dell’inchiesta 1990 sui consumi emerge come le economie domestiche ticinesi ed elvetiche, confrontate al difficile momento congiunturale degli anni Novanta, abbiano mantenuto praticamente invariate le quantità complessive di merci e servizi consumati. La struttura dei consumi ha invece subito notevoli mutamenti, primo fra tutti quello relativo all’aumento del peso delle spese di trasferimento a scapito delle spese di consumo, che in otto anni sono aumentate di 7 punti percentuali (da una ripartizione del 68.5% per le spese di consumo e del 31.5% per quelle di trasferimento al 61.5% e al 38.5%) e di 6.1 punti percentuali a livello nazionale. Le spese d trasferimento sono aumentate in tutte le loro voci, ma determinanti sono stati l’esplosione dei costi dell’assicurazione malattia (+7.8% di crescita reale annua in Ticino e +8% a livello nazionale), l’incremento dei contributi per le assicurazioni sociali e delle imposte. L’imposizione di trasferimenti più elevati, in un contesto di spesa complessiva immutata, ha determinato la contrazione delle spese di consumo nella maggior parte delle sue voci. III. Società Tra le spese che emergono quali voci «pesanti» nel paniere dei consumi di categorie economicamente più deboli si annoverano le spese per «Abitazione ed energia» e quelle legate alla cura della salute (sanità e assicurazioni malattia). «Abitazione ed energia» pesano significativamente sui bilanci dei disoccupati, impossibilitati ad adeguare i consumi in funzione della transitorietà della loro situazione, e delle economie domestiche di dimensioni ridotte, per il fatto che le pigioni per piccoli appartamenti sono relativamente care. Per la cura della salute, sono gli agricoltori e i pensionati, nonché le classi meno abbienti, a sborsare fino ad un quinto del loro budget. Entrambe queste voci hanno assunto nel 1998 un peso maggiore nel paniere di spesa sia ticinese che svizzero rispetto alla situazione radiografata nel 1990. Struttura delle spese nelle sette grandi regioni e in Svizzera, nel 1998 Grandi regioni svizzere* Totale ED Regione Alto- Svizzera del piano del NordLemano Centrale Ovest Distribuzione delle ED in % 100.00 18.73 23.00 13.36 Numero di persone per ED 2.43 2.45 2.47 2.37 Spese mensili medie per ED in Fr.7’418 7’752 7’037 7’897 Categorie di spesa Ripartizione in % 63.0 Spese di consumo Prodotti alim. e bevande analcoliche 8.3 Bevande alcoliche e tabacchi 1.4 Indumenti e calzature 3.6 Abitazione ed energia 17.9 App. domestici e manut. corrente 3.6 Sanità 3.1 Trasporti 6.9 Comunicazioni 1.7 Tempo libero e cultura 7.2 Insegnamento 0.4 Ristoranti ed alberghi 6.6 Altri beni e servizi 2.4 Spese di trasferimento 37.0 Ass. sociali dedotte dal salario 9.0 Ass. sociali degli indipendenti 0.6 Ass. malattia di base 4.7 Ass. malattia e incidenti complemen. 1.8 Altre assicurazioni 4.9 Imposte e tasse 13.3 Contributi, offerte e altre girate 2.7 * Zurigo Svizzera Svizzera orientale centrale Ticino 17.20 2.22 7’696 14.36 2.54 6’953 8.71 2.59 7’383 4.64 2.48 7’064 62.4 61.8 62.6 64.8 63.7 63.6 61.5 8.2 1.5 3.6 16.6 8.9 1.4 3.3 17.3 7.7 1.3 3.6 17.9 7.6 1.3 3.6 19.2 8.9 1.3 3.5 18.7 8.4 1.2 3.7 19.1 8.9 1.2 4.0 16.6 3.4 2.9 7.5 1.8 7.5 0.3 6.4 2.7 37.6 9.0 0.5 5.3 3.8 3.2 5.9 1.7 7.1 0.3 6.4 2.3 38.2 9.2 0.6 4.9 4.5 3.1 6.2 1.6 7.6 0.5 6.4 2.3 37.4 8.9 0.5 4.2 3.2 3.1 7.4 1.8 7.2 0.4 7.2 2.7 35.2 9.2 0.5 4.2 3.1 2.9 7.7 1.7 7.2 0.3 6.5 2.1 36.3 8.7 0.9 4.4 3.6 3.7 6.6 1.6 6.3 0.3 6.6 2.4 36.4 9.1 0.5 4.1 3.0 3.5 7.1 2.0 6.3 0.3 6.2 2.4 38.5 8.9 0.7 6.0 1.3 4.4 13.3 3.7 2.0 5.1 14.1 2.4 1.8 5.2 14.1 2.6 1.8 4.7 12.4 2.4 1.8 5.2 12.9 2.3 2.0 5.3 13.5 2.0 1.9 5.1 11.8 4.0 Regione del Lemano: GE, VS e VD; Altopiano centrale: BE, FR, JU, NE e SO; Svizzera del Nord-Ovest: AG, BL e BS; Zurigo: ZH; Svizzera orientale: AR, AI, GL, GR, SG, SH e TG; Svizzera centrale: LU, NW, OW, SZ, UR e ZG; Ticino: TI. [N.d.A.] F. B. Losa, Inchiesta redditi e consumi 1998, in Dati, statistiche e società, n. 3, 2001, p. 5, 13 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 4.24. I costi della socialità 171 Il campo d’azione dello Stato nell’ambito della previdenza e della socialità ha conosciuto negli ultimi decenni una forte espansione. Sulla base del principio che lo Stato deve provvedere al benessere dei propri cittadini, si è ampliata la rete delle prestazioni sociali. Così si sono susseguite le leggi relative all’assicurazione contro la disoccupazione e all’invalidità, ai sistemi pensionistici, al sostegno alle famiglie, alla politica in favore degli alloggi popolari, alla democratizzazione degli studi, ecc. L’art. 41 della nuova Costituzione federale emanata nel 1999 elenca gli obiettivi sociali (doc. A) che lo Stato si impegna a perseguire. Ma lo stato sociale comporta costi elevati e in rapidissima crescita. Il finanziamento delle rendite AVS è messo in pericolo dall’invecchiamento della popolazione e, come si può osservare dal documento B, le spese sostenute dalla Confederazione per la previdenza sociale sono divenute la voce di bilancio più importante, circa un quarto del totale. L’esplosione dei costi per l’assicurazione malattie è testimoniato sia per il Ticino che per la Svizzera dalle tabelle sull’evoluzione dei costi per assicurato dal 1975 al 1999 (doc. C). Documento A Capitolo 3: Obiettivi sociali Art. 41 A complemento della responsabilità e dell’iniziativa private, la Confederazione e i Cantoni si adoperano affinché: a. ognuno sia partecipe della sicurezza sociale; b. ognuno fruisca delle cure necessarie alla sua salute; c. la famiglia sia promossa e protetta quale comunità di adulti e bambini; d. le persone abili al lavoro possano provvedere al proprio sostentamento con un lavoro a condizioni adeguate; e. ognuno possa trovare, per se stesso e per la sua famiglia, un’abitazione adeguata e a condizioni sopportabili; f. i fanciulli e gli adolescenti nonché le persone in età lavorativa possano istruirsi e perfezionarsi secondo le loro capacità; g. i fanciulli e gli adolescenti siano aiutati nel loro sviluppo, cosicché diventino persone indipendenti e socialmente responsabili, e sostenuti nella loro integrazione sociale, culturale e politica. La Confederazione e i Cantoni si adoperano affinché ognuno sia assicurato contro le conseguenze economiche della vecchiaia, dell’invalidità, della malattia, dell’infortunio, della disoccupazione, della maternità, dell’orfanità e della vedovanza. La Confederazione e i Cantoni perseguono gli obiettivi sociali nell’ambito delle loro competenze costituzionali e dei mezzi disponibili. Dagli obiettivi sociali non si possono desumere pretese volte a ottenere direttamente prestazioni dello Stato. Costituzione federale della Confederazione svizzera del 18 aprile 1999 III. Società Documento B Spese della Confederazione in milioni di franchi (1850-1994) 1850 1880 1910 1938 1955 1975 1994 Amministra- Esercito zione generale, difesa giustizia e polizia nazionale l.l 1.4 2.9 12.6 13.0 46.5 68.0 218.0 114.7 739.6 638.7 2’813.3 1’792.8 5’935.4 Agricol- Costruzione tura e seltrasporti, vicoltura energia 0.0 0.1 0.2 2.4 6.1 6.8 76.1 26.0 216.1 101.2 1’368.6 2’280.9 7’599.0 6’589.5 Previdenza sociale 0.0 0.0 0.0 65.1 270.7 2’553.1 10’688.5 Educazione e scienza 0.0 0.6 4.9 17.5 61.3 1’407.9 3’102.5 Interessi passivi Altro 0.3 2.3 3.7 97.8 248.7 567.8 3’198.6 0.0 0.1 4.7 76.7 214.5 1’900.5 2’434.9 H. Ritzmann - Blickenstofer, L’Etat fédéral suisse: 150 ans d’histoire à la lumière de la statistique, Office fédéral de la statistique 1998, tabella G15 Documento C Costo medio in franchi per assicurato e tipo di cura, in Ticino, dal 1975 Spese per cura medica 1975 1980 1985 1990 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 Ass. 1975 =100 Di cui medici 231 276 441 600 730 863 865 1’056 1’140 1’204 1’243 100 120 191 260 316 374 374 457 494 521 538 – – – – – – 529 549 573 592 589 altri costi ambul. – – – – – – 336 507 567 612 654 Cura farmaceutica Ass. 1975 =100 123 157 231 307 393 394 387 438 445 491 522 Cura ospedaliera Ass. 1975 =100 100 128 187 249 319 320 314 355 361 399 406 185 256 371 532 797 695 697 683 622 645 631 100 139 201 287 431 376 377 369 336 349 341 Totale Ass. 1975 =100 539 690 1’043 1’439 1’919 1’953 1’949 2’177 2’207 2’340 2’396 100 128 193 267 356 362 361 404 409 434 445 Costo medio in franchi per assicurato e tipo di cura (senza assicurazione complementare per le cure ambulatoriali), in Svizzera, dal 1975 Spese per cura medica Di cui medici 1975 1980 1985 1990 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 213 266 377 516 623 – – 906 991 1’065 1’114 – – – – – – – 482 493 522 522 Altri costi ambul. – – – – – – – 424 498 543 592 Cura far- Cura ospemaceutica daliera 105 146 196 258 342 – – 325 347 379 402 150 239 361 532 761 849 895 497 488 502 500 Annuario statistico ticinese, 2002, p. 317 Totale Ass. 1975 =100 469 651 934 1’306 1’726 1’867 1’959 1’728 1’826 1’946 2’016 100 139 199 279 368 398 418 369 390 416 431 Di cui Ass. di base – – 832 1’113 1’428 1’516 1’578 1’728 1’826 1’946 2’016 Ass. compl. osped. – – 102 193 298 352 381 – – – – 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 4.25. Quale futuro per lo stato sociale? 173 Il profondo mutamento che la congiuntura economica ha subito a partire dalla seconda metà degli anni Settanta e, parallelamente, l’aumento delle funzioni e dei costi a carico dello Stato, minacciano l’assetto dello stato sociale, criticato perché ritenuto troppo oneroso e di intralcio allo sviluppo economico. L’affermarsi di teorie neoliberiste che chiedono una ridefinizione del ruolo dello Stato, una volontà di rendere più snella ed efficiente la sua azione, e sollecitano la privatizzazione di molti servizi pubblici, ha influenzato l’orientamento politico in questi ultimi anni. Anche in Ticino negli anni Novanta si sostiene la necessità di ridimensionare lo stato sociale, nel tentativo di ridurre la spesa pubblica e favorire gli investimenti economici. Nel testo proposto (doc. A), tratto dal «Libro bianco» dell’economista Carlo Pelanda sulle prospettive economiche del Cantone, si caldeggia un nuovo concetto di politica sociale, più mirata e soprattutto meno costosa. Questo programma politico incontra però la ferma opposizione di chi teme lo smantellamento del sistema di solidarietà e di sicurezza sociale esistente con il conseguente ampliamento delle differenze sociali, che lascerebbe indifesi i gruppi più deboli, come viene sostenuto nel secondo documento. Documento A Lo Stato sociale del 2000 Non è pensabile che tutte le proiezioni competitive individuate nel modello a tendere possano realizzarsi senza profonde innovazioni nella organizzazione istituzionale della comunità. La socialità dello Stato, come configurata adesso – protezionismo, redistribuzione e regolamentazione – è il più grande ostacolo preliminare alla riforma competitiva del territorio. Il sistema va sostanzialmente deburocratizzato, ragionevolmente deregolamentato e 1’approccio redistributivo deve essere, quando possibile, modificato. Non è tanto, o solo, un problema di liberalizzazione. Si tratta piuttosto di elaborare nuovi sistemi di garanzia per la popolazione che non debbano dipendere da alte fiscalità, apparati burocratici e tutele economiche indipendenti dai reali andamenti del mercato. Per dirla in breve, lo Stato non deve perdere la sua «socialità», ma deve trasformarla affinché essa sia di aiuto e non di ostacolo al mercato come, invece, è ora. La riforma delle garanzie si basa su un punto principale. Invece di progettare la rete di protezione sociale come assistenzialismo, le risorse pubbliche dovrebbero essere indirizzate alla massimizzazione della probabilità che un individuo trovi un accesso competitivo al mercato. Questo significa investire molto, ed in forma personalizzata, sulla formazione dei giovani e sulla loro educazione continua quando opereranno nel mercato. Non necessariamente i servizi dovranno essere «pubblici» ed è meglio che la loro erogazione venga affidata a soggetti privati, in concorrenza tra loro, per una maggiore efficienza e riduzione di costi. Un’ altra nuova garanzia è quella di aumentare l’informazione che mette in contatto l’offerta e la domanda di lavoro. L’idea, per altro non nuova, è che uno si svegli alla mattina e veda sullo schermo del suo computer, o televisione, chi chiede e chi dà lavori, mettendo sempre in grado il cittadino di poter valutare le opportunità contingenti. Un tale sistema è meglio che sia privato, ma, vista la difficile remuneratività di esso, è più prudente pensarlo con il sostegno del denaro pubblico. Unire informazio- III. Società ne e formazione al servizio del mercato del lavoro è certamente un tipo di garanzia estremamente più efficiente e socialmente efficace che non quella legata ai primitivi, anche se necessari per mancanza di altro, sistemi di protezione assistenziale ora in atto. Ovviamente deve restare il diritto alla sicurezza sociale pubblica in casi in cui malattie o altre inabilitazioni impediscano ad un soggetto di poter operare in modo concorrenziale sul mercato. Ma il ricorso a questo tipo di assistenza deve essere assolutamente limitato ai casi di vero bisogno (reddito minimo garantito che sia veramente minimo). Tutto il sistema di garanzie indirette (protezionismo sindacale, spesa a sussidio di settori in crisi, rigonfiamento di apparati burocratici per dare stipendi, ecc.) deve essere progressivamente ridotto in quanto implica un freno non solo al mercato, ma anche allo sviluppo di una socialità più moderna ed efficace. Ovviamente ciò non può essere fatto fino a che la dinamica del mercato non sia fortemente orientata verso la crescita, ovvero verso una situazione che non rende necessaria la protezione economica indiretta. La politica ha il problema di usare la leva della liberalizzazione man mano che la crescita del sistema lo permetta, evitando così traumi sociali e rendendo morbida la transizione degli individui dal mercato protetto a quello libero e dalle vecchie garanzie a quelle nuove. L’assetto di crescita di un sistema, in sostanza, è di fatto la vera ed unica «garanzia» che uno Stato possa dare ai cittadini. La responsabilità della politica è quella di incentivare e spingere la comunità verso le riforme competitive proprio per non dover ricorrere a forme pesanti di assistenzialismo a causa della stagnazione economica e con le prime innescare una spirale peggiorativa a carico della seconda. Il paradosso è che per la politica è molto più facile assistere alla vecchia maniera che predisporre la comunità verso l’orizzonte delle «nuove garanzie». La competenza, responsabilità e stile richiesti al processo politico dalle seconde sono molto superiori alle qualità politiche necessarie per l’assistenzialismo. Per esso, infatti, basta votare una legge di spesa ed aumentare le tasse. Per le garanzie attive, invece, la politica deve diventare efficiente ed istruita per stimolare la comunità ad evolvere verso capacità concorrenziali complessive. Pertanto, la riforma del senso di responsabilità e competenza del personale politico è un precursore delle possibilità di riforma istituzionale. Il modello di «nuove garanzie» deve alimentarsi anche di un livello di tutela del cittadino che si collochi in una posizione intermedia tra potere pubblico e sfera privata. L’inefficienza della socialità redistributiva e protezionista, infatti, è dovuta alla rigidità del modo burocratico di gestione, ovvero il dover trattare gli individui in bisogno con forme troppo generali e standardizzate (anche se compensate da occasionali qualità sopra la media degli operatori sociali). La flessibilità della tutela può essere creata da un sistema di «fondazioni» non-profit e associazioni, di cui una parte indirizzi i capitali privati all’investimento e reinvestimento sui singoli individui in base ad un trattamento personalizzato. Queste potranno chiamarsi «fondazioni tutoriali» e di fatto avranno la facoltà e la missione di sostituire l’assistenza pubblica per casi di gravità intermedia. In sintesi, il ricorso all’assistenza pubblica diretta dovrà diventare un’«ultima spiaggia», cioè un’eccezione, e non la regola. Le fondazioni dovranno essere finanziate attraverso l’incentivo della defiscalizzazione dei contributi privati ad esse. Il potere pubblico dovrà, ovviamente, regolamentare il settore per evitare abusi e distorsioni. In generale, la riforma competitiva di un sistema sociale di ambiente europeo richiede la rielaborazione del sistema di garanzie trasformandole da passive ed 4. Problemi sociali, lavoro, legislazione sociale 175 inefficienti ad attive ed efficienti. Ciò significa passare dallo Stato sociale allo «Stato della crescita». Le garanzie attive, infatti, servono proprio ad orientare tutto il sistema verso la crescita economica e delle opportunità. Ciò risolve di fatto il problema di dare una configurazione di capitalismo di massa al sistema evitando il ricorso sbilanciato a risorse redistributive che uccidono i potenziali di crescita attraverso la fiscalità e la diseducazione dei cittadini all’attivismo economico. C. Pelanda, Ticino 2015. Libro Bianco sullo sviluppo economico cantonale nello scenario della globalizzazione, 1998, p. 232-34 Documento B Fine dello stato sociale? E ora torno al mio punto di partenza, la giustizia, e al problema di come metterla in pratica e per chi. In fondo, per gli autori del Libro bianco, nel nome della «competitività» e della «globalizzazione», non è solo necessario ma giusto imporre alla società qualsiasi sofferenza individuale e smembramento collettivo. Questo documento ideologico si fonda molto più sulla fede che su una «scienza» qualsiasi, economica o d’altra natura. Nel nome di un futuro migliore totalmente ipotetico si propone di sconvolgere il paesaggio umano e comunitario svizzero. Bisogna intaccare il sistema di sicurezza sociale e incatenare lo Stato. Bisogna aggirare il sistema fiscale per favorire i più agiati e «deregolamentare il mercato del lavoro» in modo da «rafforzare la libertà di ridiscutere i contratti con i partner sociali». In altre parole, occorre dare molto più potere a uno dei due «partner» rispetto all’altro. In questo migliore dei mondi possibili, l’impresa non avrà nessuna responsabilità particolare nei confronti dei suoi dipendenti, né nei confronti del pubblico in particolare, visto che può appellarsi alla cosiddetta «competitività mondiale». Fatte le debite proporzioni, questa teoria mi ricorda un certo cristianesimo: se lavorate sodo, fate sacrifici e soffrite in questo mondo, vi meriterete una vita eterna migliore. Nel contempo, mi ricorda anche la visione leninista del futuro radioso. La fede cieca non è appannaggio esclusivo dei pii e dei totalitari. Gli autori del Libro bianco, come gli adepti di una setta o di un partito totalitario, più che ragionare in modo obiettivo sull’economia svizzera, cercano di legittimare i loro ragionamenti. È come se dicessero ai cittadini elvetici: «Siamo collegati direttamente con il mondo esterno, siamo gli esperti e i portaparola della verità, sappiamo molto meglio di voi – che siete innocenti e ignari – che cosa convenga fare. Quindi sottomettetevi». Permettetemi di dire che questi signori sono completamente impantanati in un capitalismo anacronistico, risalente al XIX secolo, e che la strada del «successo» del XXI secolo non è senz’altro la loro. Il Libro bianco propone una specie di via dolorosa, in cui la gente si trascina in ordine sparso, ognuno per conto suo, scontrandosi con ostacoli immensi e subendo un livello di sofferenza massimo. Inoltre questa gente non ha alcuna certezza di giungere a destinazione, né di non trovarsi in un vicolo cieco. La strada verso il XXI secolo, invece, è quella in cui tutti i membri della comunità nazionale avanzano insieme, in cui ognuno si preoccupa per l’altro e nessuno finisce fuori strada. È così che si arriva anche al risultato economico auspicato. S. George - F. Sabelli, La Svizzera in vendita: obiezioni al pensiero unico, Lugano 1999, p. 104-105